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"Ve lo ho già detto e voi  l'avete ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?" Gv 9 Vs 27  Primo tema.


Titolo:  La bellezza di Dio.


Argomenti: L'amore insopportabile. L'attrazione per la Verità. L'uomo è schiavo della bellezza. Analizzare la bellezza. Possedere la bellezza. Cercare il significato della bellezza. La bellezza non salva. La Verità diventa bellezza.


 

10/Aprile/1988 Casa di preghiera Fossano.


Siamo al versetto 27.

Qui ci troviamo con quell'uomo che era stato cieco dalla nascita, guarito da Gesù in giorno di sabato, che risponde all'interrogazione, una interrogazione ripetuta diverse volte dai farisei, i quali avevano chiesto: "Che cosa ti fece? Come ti aprì gli occhi?".

Questo cieco dà una risposta sorprendente.

Dice: "Ve lo ho già detto e voi non l'avete ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?"

È una risposta sorprendente perché egli dapprima aveva detto che non sapeva chi fosse Gesù: "Quell'uomo che chiamano Gesù".

Adesso sa che aveva dei discepoli e fa dell'ironia con i farisei stessi.

Un'ironia abbastanza profonda se teniamo presente che poco tempo prima, proprio i farisei avevano rimproverato le guardie, quando le avevano mandate per arrestare Gesù, dicendo: "Siete stati anche voi sedotti da Gesù?".

Adesso questo cieco sta ribaltando sui farisei stessi la loro interrogazione.

Dice: "Volete forse farvi anche voi suoi discepoli?".

Cioè: "Siete stati forse anche voi sedotti? Voi che accusate gli altri di lasciarsi sedurre?".

Evidentemente se uno ritorna parecchie volte a interrogare sulle stesse cose, è perché è attratto, preso.

Come erano presi questi farisei?

Noi possiamo essere presi in due modi: perché riconosciamo la Verità o perché rifiutiamo la Verità.

Sia in modo che nell'altro noi restiamo presi.

Attorno a Gesù si troveranno tutti, sia gli amici che i nemici, sia i credenti che gli atei.

Gli uni perché attratti dalla Verità, gli altri nello sforzo di rifiutare la Verità.

In un modo o nell'altro parleranno tutti di Lui.

Saranno tutti raccolti alla sua Presenza.

Abbiamo visto le domeniche precedenti come Dio opera per mantenere la sua attrazione negli uomini.

Abbiamo visto, riferendoci alla parabola di Gesù del figliol prodigo, come il padre mantenne l'attrazione verso di sé, seminando l'amore in quel figlio che se ne voleva andare lontano.

Prima di lasciarlo andare lontano, seminò l'amore in quel cuore e lo seminò concedendo tutto quello che il figlio chiedeva.

Sarà proprio questo pensiero d'amore che, nel momento critico in cui quel figliolo verrà trovarsi lontano dalla casa del padre, che gli farà desiderare il ritorno.

Abbiamo visto anche che proprio in quel ritorno c'è stato il momento della rivelazione dei cuori.

Il figlio maggiore che era sempre rimasto nella casa del padre, che in tutto aveva fatto la volontà del padre e aveva ubbidito ai comandi del padre, che aveva fatto tutto quello che voleva il padre, proprio in quel momento in cui suo fratello ritorna, non riesce a sopportare l'amore del padre.

"Tutto quello che è mio è tuo", disse il padre al figlio maggiore.

"Tu sei sempre con me".

Eppure l'elemento determinante non è stato questo, non bastò.

Questo per farci capire che non basta fare tutto quello che Dio comanda, non basta fare la Volontà di Dio, non basta essere con Dio, perché noi ci illudiamo di essere con Dio, non basta restare nella casa del padre, perché noi ci illudiamo di essere nella casa del Padre.

Quel figlio maggiore non conobbe il cuore del padre pur facendo tutto quello che voleva il padre.

Pur restando nella casa del padre, non conobbe il cuore del padre.

E quando il cuore del padre si manifestò nel far festa a suo fratello che era ritornato ("Perché era morto ed è resuscitato") il figlio maggiore non riuscì a sopportare quell'amore.

Allora c'è un amore che un certo momento diventa insopportabile.

Al figlio maggiore non bastò vedere l'amore del padre.

Anzi gli creò un'offesa.

Quello stesso amore che per il figlio minore fu una festa, per il figlio maggiore fu motivo di grande tristezza, motivo di fuga dalla casa del padre perché adesso sarà lui che scapperà, perché adesso è per lui che la casa del padre sarà diventata insopportabile.

Quindi non basta che l'amore di Dio si manifesti, non è sufficiente, perché quello stesso amore quando si manifesterà potrà creare gioia o profonda tristezza, attrazione o fuga.

Che cos'è che ha determinato in quei due fratelli il momento preciso dell'attrazione per il padre?

Abbiamo visto che il figlio minore vide la concessione del padre, vide quello che il padre gli aveva concesso.

Il figlio maggiore invece vide quello che il padre non gli aveva concesso.

Ecco il punto.

Il figlio minore vide quello che il padre gli aveva concesso.

Sta proprio lì l'attrazione, nel vedere quello che Dio ci dà.

Invece il figlio maggiore vide quello che il padre non gli aveva concesso: "Nemmeno un capretto per fare festa con gli amici".

Misurava tutti doni del padre, misurava tutto questo in funzione di quello che il padre non gli aveva concesso, ecco il motivo della fuga.

Abbiamo visto come Dio mantiene l'attrazione verso di Sé e abbiamo visto anche come le creature possono restare nell'attrazione di Dio.

L'attrazione è un'energia e noi abbiamo raffrontato l'attrazione di Dio con la presenza di una corrente in una presa.

La spina può essere inserita nella presa e può darsi che nella presa non ci sia corrente.

L'attrazione è corrente.

Ora noi dobbiamo essere uniti a Cristo.

Cristo è la presa.

Ma non basta che la spina sia inserita nella presa.

Può darsi che nella presa non ci sia corrente.

Abbiamo detto che la condizione perché nella presa ci sia corrente è che la presa sia collegata con la centrale.

La corrente viene dalla centrale.

Che cosa significa questo?

È necessario che la creatura e quindi anche Cristo (Cristo è la sintesi di tutta l'opera creatrice di Dio), sia mantenuta unita al Creatore, altrimenti la corrente non passa, anche con Cristo.

Infatti Cristo stesso dice: "Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre".

Questo ci fa pensare che possono esserci uomini che vanno a Cristo ma, non attratti dal Padre.

In questo caso non c'è la corrente, non c'è l'attrazione per il Padre.

Condizione essenziale è che ci sia questa comunione.

Questa unione tra la centrale e la presa avviene dentro l'uomo, non fuori.

Perché è l'uomo che può separare la creazione del Creatore.

È l'uomo che può dividere e questo avviene soltanto dentro l'uomo, perché tutta l'opera indipendente dall'uomo e unità a Dio, perché è tutta creazione di Dio.

L'uomo però dentro di sé può creare una divisione, può non riportare le cose di Dio, può non mantenere l'unione tra l'opera di Dio e Dio stesso e allora la corrente non c'è più nella presa.

Però abbiamo anche detto che in questo caso l'uomo resta fulminato.

Quando la creatura non è collegata con il Creatore, l'uomo resta bruciato.

Tutte le volte che non riferiamo le cose a Dio noi siamo dominati dal sentimento, cioè dal legame con la creatura.

E abbiamo detto che il sentimento diventa la tomba dell'attrazione per la Verità: non si interroga più.

Si può fare salotto, però sostanzialmente non c'è più interesse per conoscere la Verità, per conoscere Dio, si è bruciati dalla creatura, ci basta la creatura, il sentimento lega alla creatura e brucia.

Dicendo "brucia", ci fa pensare che ci sia un'energia che brucia e allora dobbiamo chiederci: ma in questa presa a cui non arriva più la corrente che cosa c'è che brucia?

Da che cosa la creatura resta bruciata?

Quando non collega con Dio, la creatura è bruciata dalla bellezza della creatura.

L'argomento di questa sera è appunto questo: la bellezza, soprattutto la bellezza di Dio.

C'è una bellezza in tutta la creazione, c'è una bellezza in ogni creatura, anche quando la creatura non è collegata con il Creatore, perché tutta la creazione è opera di Dio, essendo opera di Dio, in tutta la creazione si manifesta qualche cosa di Dio.

Dio è uno e in tutta la creazione si manifesta questa unità di Dio, per cui tutte le creature sono uno, sono individui, nessuna creatura si confonde con un'altra e questa unità nella diversità è la bellezza.

La bellezza è il segno di un'unità che si irradia su una molteplicità o su una diversità di cose.

È questa la bellezza nella creazione, ed è questa bellezza in ogni creatura che attrae l'uomo.

Ora in quanto attrae, fa subire una passione all'uomo.

Già questo far subire una passione all'uomo fa capire che l'uomo non è libero, quindi non può resistere alla bellezza delle creature.

L'uomo può resistere all'attrazione della Verità perché la Verità non la vede, l'uomo può vedere la Verità soltanto quando lo trova, primo no.

La Verità non si vede perché trascende l'uomo.

Noi vediamo le creature, la creazione, non vediamo Dio.

Quindi le creature s'impongono su di noi.

Dio non si impone, Dio si propone a noi.

Ma cosa vuol dire questo?

Vuol dire che noi verso la Verità siamo liberi nel senso che non la subiamo.

Dio opera convincendo, non imponendo, quindi tutta la sua opera è un'offerta a noi, un richiamo verso la sua Verità, non è un'imposizione della Verità.

Invece la creazione s'impone a noi.

S'impone al punto tale che quando anche noi non vogliamo vederla, l'abbiamo già vista, quando non vogliamo udirla, l'abbiamo già udita.

La creazione di Dio e tutte le creature noi le vediamo prima ancora di decidere verso di quelle.

E se ogni creatura ha la sua bellezza, la bellezza della creatura s'impone sull'uomo al punto che egli non è libero verso la bellezza delle creature.

L'uomo può resistere alla Verità, non può resistere alla bellezza.

Sia chiaro che quando l'uomo non mantiene l'attrazione per la Verità di Dio al di sopra di tutto, non può resistere all'attrazione della bellezza delle creature che incontra, appunto perché soltanto la Verità fa libero l'uomo  e fintanto che l'uomo non conosce la Verità non è libero e se non è libero è schiavo e se è schiavo è succube.

Succube di che cosa?

È succube di quello che vede, di quello che incontra.

La Verità si trova solo conoscendola.

La bellezza proprio perché s'impone, non sappiamo cosa sia.

La subiamo, cioè sentiamo l'attrazione per le cose belle, però non sappiamo che cosa siano, soprattutto non sappiamo perché siano attraenti.

Quando uno subisce non capisce.

L'uomo subisce l'attrazione della creatura ma non sa che cosa è.

Perché l'uomo subisce quest'attrazione?

Perché è esaltato dalla bellezza.

L'uomo trova nella bellezza un'esaltazione della sua vita, cioè un di più.

Noi guardando riceviamo.

E quando guardiamo qualche cosa in cui c'è dell'unità, siccome noi siamo attratti dall'unità (e la vita è unificazione), il vedere qualcosa in cui c'è una manifestazione di unità (la bellezza è la manifestazione dell'unità nella diversità), noi sentiamo (è un sentire, sentimento) un "di più" che si forma nella nostra vita, un aumento di vita che chiamiamo gioia, piacere (la bellezza piace).

La bellezza crea  un sentimento di piacere in quanto c'è un aumento di una partecipazione di vita.

Là dove invece vediamo della bruttezza (bruttezza è disordine, non visione di unità, bruttura) li c'è una privazione di vita e noi la chiamiamo tristezza e quindi fuga.

Però noi non sappiamo cosa sia la bellezza che ci attrae e proprio perché non sappiamo cosa sia, noi attratti, desideriamo conoscere che cosa è che ci attrae.

Quindi la bellezza della creatura ci fa desiderare di capire, di conoscere, che cos'è questo che ci attrae.

Ecco perché quando uno è attratto da una creatura desidera conoscere quella creatura, desidera conoscere ciò che l'attrae perché sta subendo una passione.

Come l'uomo risponde a questo desiderio di conoscere ciò che l'attrae?

Abbiamo tre risposte.

Abbiamo la risposta del bambino che rompe il giocattolo che gli piace, perde il giocattolo e trova niente.

Noi diciamo che è la risposta del bambino ma, è la risposta di tanti uomini adulti.

L'uomo che analizza ciò che lo attrae.

L'uomo analizzando distrugge ciò che l'attrae, lo perde e non capisce ciò che l'attrae.

È una risposta sbagliata.

Abbiamo un'altra risposta per cercare di capire che cos'è che ci attrae, perché quando uno subisce una passione, desidera capire (noi siamo fatti per la Verità) che cosa è che l'attrae.

Questo noi lo chiamiamo amore, sostanzialmente è un desiderio di capire che cosa c'è nella creatura che ci attrae. Quest'altra risposta è quella di voler possedere la creatura che ci attrae, credendo che possedendola la conosciamo.

È un'altra cantonata degli uomini.

La maggior parte degli uomini consuma tutta la sua vita nell'analizzare ciò che piace loro, oppure nel voler possedere ciò che li attrae.

Non è possedendo che si conosce.

C'è ancora una terza risposta a ciò che ci attrae ed è cercare il significato.

Ma per cercare il significato di quello che ci attrae bisogna avere attrazione per Dio.

Soltanto se noi teniamo presente Dio che ci presenta la bellezza delle creature, perché la bellezza esercita un'attrazione su di noi, soltanto se teniamo presente Dio, anziché cercare di analizzare la creatura (perché la distruggiamo, quindi la perdiamo), anziché di cercare di possedere la creatura, noi cerchiamo presso il Signore di capire che cosa vuole dirci, il significato di questa bellezza che Lui semina attorno a noi in tutta la creazione.

Lo scopo della bellezza siccome è una passione che l'uomo subisce, per cui non è libero di non subire, è di far sentire il bisogno di capire e di conoscere.

Qui capiamo che la bellezza è proprio quell'ancella che la Verità manda nella sua cittadella, su tutte le strade per chiamare tutti coloro che incontra alla sua Città.

Ecco la bellezza, l'opera creatrice di Dio per attrarci a Sé.

Dio non lo vediamo perché essendo Verità non lo possiamo vedere fintanto che non lo troviamo.

È soltanto trovandolo che noi capiremo la bellezza di Dio ma, questo sarà una conseguenza, non una premessa.

Nella creazione abbiamo la bellezza come premessa ed è quello che ci fa tribolare tutta la vita, perché prima vediamo la bellezza, poi cerchiamo di capire.

Invece nella Verità prima capiamo, poi vediamo la bellezza.

Dobbiamo chiederci allora: la bellezza ci salva?

No, la bellezza da sola non ci salva anzi, la bellezza da sola rende schiavi o meglio aumenta la situazione della nostra schiavitù.

La bellezza da sola non può salvare l'uomo.

Quindi come il sentimento diventa la tomba dell'attrazione per Dio, così la bellezza diventa la schiavitù dell'uomo perché la bellezza da sola non salva.

Ci chiediamo allora qual è la funzione della bellezza?

È di sollecitarci a conoscere la ragione di essa, perché la ragione di essa, della bellezza è nel Creatore.

Le creature sono belle perché sono un riflesso del Creatore.

Ma in che cosa sta la bellezza di Dio?

Abbiamo detto che la bellezza è unità nella diversità.

Dio è tre Persone distinte, diverse, che non si confondono l'una con l'altra eppure è un Essere unico.

Ecco, qui abbiamo una unità nella diversità.

L'unità nella diversità è bellezza.

Qui sta la bellezza di Dio.

E proprio perché in Dio c'è questa unità che s'irradia sulle tre Persone diverse, sulla diversità, questa è bellezza perché bellezza è unità nella diversità.

Tutta la creazione è bella perché c'è unità.

Tutta la creazione è fatta in un Pensiero.

Noi non sappiamo che cosa sia la bellezza però da Dio possiamo capire.

Ecco perché noi siamo attratti, siamo attratti perché vediamo una unità.

L'unità centrale.

Ogni creatura essendo opera di Dio è una e si distingue da tutte le altre.

Quanto più è una nella diversità di tutto il suo vivere, di tutte le sue manifestazioni, è un'unità che s'irradia, quindi diventa attraente.

Ognuno di noi è costituito dalla Presenza di Dio, dalla Verità in noi (che nessuno può ignorare perché Dio è il Creatore), e dalle creature, la bellezza delle creature.

Siamo praticamente costituiti da questi due grandi fattori e dalla coscienza di quello che abbiamo presente.

Cioè noi abbiamo la Verità che non vediamo ma che non possiamo ignorare.

C'è un divenire: noi stiamo andando verso la manifestazione della Verità.

Arriva il giorno in cui la Verità si imporrà.

Il tempo che passa è Dio che viene.

Che cosa vuol dire?

Viene un giorno in cui la Verità si imporrà, cioè verrà il giorno in cui la Verità si manifesterà in tutte le sue opere.

Ma a questo punto cosa succede?

La Verità che si manifesta in tutte le sue opere è la suprema bellezza della Verità.

La bellezza sta nel unità che si irradia su una diversità.

Quando la Verità di Dio si manifesterà in tutta la creazione, in tutte le creature, in tutte le opere di Dio, noi avremo a questo punto la Verità che diventa bellezza.

Ma la Verità che diventa bellezza può creare una tragedia, perché noi alla bellezza non possiamo resistere.

La bellezza è attrazione cui non possiamo resistere.

Alla Verità noi possiamo resistere ma alla bellezza non possiamo resistere.

Può diventare una tragedia, perché se dentro di noi non è maturato il desiderio della Verità al di sopra di tutto, succederà che quando la Verità diventa bellezza, noi non potremo resistere alla Verità, a questa bellezza.

Saremo attratti da questa ma saremo respinti dalla Verità.

Per questo diventa una tragedia.

Saremo attratti respinti dalla stessa cosa.

Noi stiamo andando verso questo giorno.

Allora possiamo dire che quando la Verità diventa bellezza e diventa certamente bellezza, perché arriva un certo momento in cui la Verità si manifesterà per quello che è su tutto, quando la Verità diventa bellezza, per noi inizierà l'Apocalisse.



"Ve lo ho già detto e voi  l'avete ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?" Gv 9 Vs 27  Secondo tema.


Titolo:  I tempi della bellezza.


Argomenti: La bellezza è unità nella diversità. La bellezza brucia. Dio è somma bellezza. È l'intenzione dell'uomo che dà bellezza alle cose. Adamo ha visto in Eva la proiezione di sé. La funzione della bellezza. I tre modi con cui l'uomo cerca di conoscere ciò che l'attrae. Attrazione, conoscenza, delusione.


 

17/Aprile/1988 Casa di preghiera Fossano.


Restiamo fermi al versetto 27 in cui quel cieco nato, interrogato per la terza volta risponde ai farisei: "Ve lo ho già detto e voi l'avete bene ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?". Abbiamo visto che questo cieco fa dell'ironia verso questi farisei.

Intanto però fa pensare che questi farisei avessero una particolare attrazione per quello che aveva fatto Gesù.

E ci siamo chiesti quale fosse la fonte di quest'attrazione.

L'uomo quando non collega le creature con il Creatore, finisce di restare bruciato dalle creature.

Abbiamo paragonato le creature a una presa di corrente e perché nella presa di corrente ci sia la corrente è necessario che essa sia collegata con la centrale.

Se la presa rappresenta le creature, la centrale è Dio, però è necessario che ci sia il collegamento tra Dio e le creature. Se manca questo collegamento, nella presa la corrente non arriva e, abbiamo detto, in questo caso si resta bruciati dalle creature.

Il collegamento avviene dentro l'uomo perché è solo dentro l'uomo che le creature vengono disunite dal Creatore.

Solo nell'uomo può succedere questo, tant'è vero che Dio creando l'uomo ordinò: "L'uomo non separi quello che Dio ha unito".

Gesù lo conferma quando gli si fanno dei problemi di giustizia dicendo: "Date a Dio quello che è di Dio".

Dare a Dio vuol dire mantenere questa unione tra l'opera di Dio e Dio stesso, tra la creazione e il Creatore.

Quindi è necessario che dentro l'uomo si mantenga l'unione, il collegamento tra la presa di corrente e la centrale, tra le creature e Dio.

Quando questo collegamento è difettoso, quando non avviene, quando cioè noi non riportiamo le cose in Dio, succede che restiamo fulminati dalle creature stesse.

Ma ci siamo chiesti se nella presa di corrente non arriva la corrente, come può succedere questo cortocircuito?

Come può succedere che la creatura resti bruciata se non c'è la corrente?

Abbiamo visto che nelle creature, anche separate da Dio, c'è una corrente (attrazione) ed è la bellezza.

Ogni creatura è bella.

La bellezza è l'unità nella diversità e ogni creatura è un'unità, una'unità che non si confonde con nessun'altra creatura. Ci siamo anche chiesti donde derivi questa bellezza nelle creature.

Abbiamo visto che essa deriva dalla bellezza di Dio.

Dio è il Creatore.

Dio è somma bellezza.

In che cosa consiste questa somma bellezza?

Dio è un essere unico in tre persone.

Siccome la bellezza è l'unità nella diversità, qui abbiamo tre persone che sono una diversità l'una dall'altra ed abbiamo l'unità.

Dio è un Essere unico: quindi abbiamo un'unità nella diversità, in cui Dio è somma bellezza.

E proprio perché Dio è somma bellezza, per questa sua bellezza, Lui in tutta la sua creazione non fa altro che manifestare Se stesso e quindi manifesta anche questa sua bellezza in tutte le creature.

È questa bellezza che brucia!

Brucia quando noi non colleghiamo le creature con il Creatore.

Perché brucia?

Brucia perché è un unità.

L'unità in quanto tale si diffonde.

La bellezza è irradiazione di sé.

In quanto è unità, si irradia nella diversità.

E quanto più si espande, si diffonde nella diversità, tanto più la creatura è bella.

Per questa irradiazione, l'unità della creatura diventa attraente.

La luce che s'irradia è una luce che attrae.

Anche in noi c'è questa unità che s'irradia su tutte le cose.

E anche noi diventiamo dei centri di attrazione.

L'uomo staccato da Dio corre questo rischio: di essere bruciato, attratto dalla bellezza delle creature.

Qui abbiamo visto questi farisei che interrogano in continuazione quel cieco guarito da Gesù, per sapere come Gesù l'ha guarito.

È già diverse volte che lo interrogano, sono diventati ripetitivi al punto tale che quel cieco stesso guarito dice: "Ve l'ho già detto e l'avete anche ascoltato. Perché volete ancora sentirlo di nuovo?".

In questo si rivela che questi farisei erano attratti da Gesù.

Quando uno interroga e insiste nell'interrogare, è perché è attratto, attratto e bruciato.

Ma non è che questi farisei fossero sedotti da Gesù, cioè ammaliati dalla sua bellezza.

Che cos'è che li attraeva?

Che cos'è che li seduceva?

Gesù era uno che li disturbava mica poco.

Li disturbava perché stava buttando in aria la loro bellezza: contraddiceva la loro bellezza.

Qui troviamo delle creature che sono attratte da  Gesù ma sono attratte per cercare di annullare quell'elemento in cui Gesù li stava disturbando.

Cioè loro vedevano che la loro unità si diffondeva: era un centro di attrazione: e qui s'incontrano con Uno che sta minando questo centro di attrazione che è in loro.

Allora è per difendere la loro bellezza che adesso cercano di lottare contro Gesù.

In un modo o nell'altro, sia che uno sia affascinato, sia che stia lottando contro è sempre sedotto da-.

Sono due facce di una stessa attrazione.

Essi erano attratti dalla loro bellezza perché bello e ciò che diffonde la sua unità su una molteplicità, su una diversità. Essi essendo il centro, maestri, diffondevano, difendevano la loro posizione, la loro centralità su tutte le genti, su tutto il popolo.

E qui sono stati posti di fronte a Uno che sta sgretolando questa loro bellezza.

Questo ci fa capire che la bellezza delle cose non sta tanto nelle cose, è l'uomo che dà bellezza le cose, è l'uomo che dà unità alle cose, cioè è l'uomo che proietta sulle cose il suo pensiero, la sua intenzione.

Questi farisei avevano una loro intenzione e sono rimasti attratti da Gesù perché volevano proiettare la loro intenzione su di Lui.

È l'uomo che proietta attorno a sé la sua intenzione, il suo pensiero, i suoi desideri.

Infatti l'uomo profondamente, sostanzialmente, essenzialmente è una passione di Assoluto.

Questa passione di Assoluto è profondamente un desiderio di essere, ed è per questo desiderio di essere che l'uomo dà unità a tutte le cose.

E quando vede qualcosa che conferma in lui questo desiderio di essere, lui dice che la cosa è bella.

Ma la cosa è bella perché conferma lui.

Una creatura diventa tanto più bella, quanto più noi vediamo in essa noi stessi, il nostro desiderio, il nostro stesso pensiero, quando vediamo che in essa si realizza il nostro desiderio.

Adamo a un certo momento vide Eva e le disse: "Ecco l'osso delle mie ossa, la carne della mia carne".

Ha detto ad Eva che era bella.

Ha detto, ha proclamato la bellezza di Eva dicendole: "Ossa delle mie ossa, carne della mia carne".

Ha proclamato la bellezza di Eva perché?

Perché vide in essa la realizzazione di un suo desiderio, di un suo sogno: Eva realizzava il sogno di Adamo, è quindi Adamo che dà bellezza ad Eva e la dà proprio dicendo: "Ossa delle mie ossa", cioè ha visto in Eva la proiezione di sé. Vedendo la proiezione di sé, ha visto la conferma di sé, la conferma del suo sogno, la conferma del suo desiderio.

Per questo dico che è l'uomo che dà bellezza alle cose, alle creature.

Noi stessi diciamo che la bellezza dà gioia, piace.

Perché dà gioia, perché piace la bellezza?

Perché è un aumento di vita.

Praticamente una creatura che piace, è una creatura che dice a noi: "Tu sei", ci conferma del nostro essere.

Ma cosa siamo noi?

Noi siamo essenzialmente desiderio, siamo passione di Assoluto, passione di essere.

E trovando una creatura che conferma a noi questa passione di essere, questo desiderio, che dice a noi: "Tu sei, sono contenta che tu ci sia", conferma noi.

Per questo dico, dà gioia, piacere.

La bellezza piace.

La passione di Assoluto è indefinita perché l'uomo non conosce l'Assoluto, l'Assoluto per conoscerlo bisogna desiderarlo e desiderarlo in modo specifico.

La verità si trova solo conoscendola.

A questo punto però la creatura resta bruciata dalla bellezza, attratta, per cui abbiamo  l'uomo che a questo punto è passione di Assoluto ed è passione di bellezza.

La bellezza è una passione ben definita perché è desiderio della creatura bella.

L'uomo resta attratto da quello in cui ha visto la conferma di sé o meglio la conferma del suo desiderio.

La funzione della bellezza è proprio quella di dare un volto alla passione di Assoluto che l'uomo porta con sé.

La passione di Assoluto che è indefinita, siccome l'uomo quando ama, ama con la passione di Assoluto, qui incomincia  a diventare definita: l'uomo è attratto dalla creatura bella.

Qui la sua passione diventa ben definita: lui vuole quella creatura, ama quella creatura.

Quando uno fa esperienza del bello, fa esperienza di quest'attrazione e quest'attrazione lo porta a desiderare di conoscere ciò che l'attrae, che cos'è questa creatura che l'attrae.

L'uomo è attratto ma l'attrazione è un sentimento, un sentimento che s'impone sull'uomo.

Tutto quello che s'impone sul uomo, l'uomo non lo conosce.

Quindi l'uomo subisce un sentimento, l'attrazione verso una creatura, però non sa ciò che sia questa attrazione e allora essendo attratto da-, tende ad avvicinarsi, per conoscere che cos'è in quella creatura che lo attrae.

Abbiamo visto in quali modi l'uomo cerca di realizzare questa conoscenza di ciò che l'attrae.

Abbiamo accennato al bambino che distrugge il suo giocattolo perché è attratto dal giocattolo, ogni uomo è questo bambino che crede di conoscere distruggendo, e come lo distrugge?

Analizzando.

Uno dei modi con cui l'uomo cerca di conoscere la creatura che l'attrae è analizzandola.

Crede che analizzando possa conoscere, invece distrugge la creatura.

Un altro modo attraverso cui gli uomini cercano di conoscere la bellezza delle creature che li attrae è il possesso, la conclusione di ogni amore della creatura verso un'altra creatura.

Ma non è che possedendo si conosca.

Ciò che uno possiede non lo conosce.

C'è la terza via e qui approdiamo alla vera conoscenza di ciò che è la bellezza e capiamo anche la funzione della bellezza.

La funzione della bellezza è quella di farci cercare presso Dio il significato di quest'attrazione, perché anche l'attrazione è un segno di Dio e se noi manteniamo il collegamento con Dio, noi cerchiamo il significato di questa attrazione presso Dio.

È l'unica via attraverso cui si approda alla conoscenza della bellezza, quindi alla funzione della bellezza.

La bellezza ha la funzione di portare noi a cercare Dio, come d'altronde è la funzione di tutte le opere di Dio, per cui Dio attraverso la bellezza ci attrae.

La bellezza di per sé non salva, anzi di per sé ci rende schiavi, succubi.

Con la bellezza Dio ci unisce a una sua creatura e attraverso i travagli con questa creatura, ci porta al desiderio di conoscere il significato presso Dio, quindi dà un volto alla passione di Assoluto.

Ecco la funzione dell'attrazione per la bellezza: quella di dare un volto alla passione di Assoluto che portiamo in noi e che è indefinita.

Attraverso la passione per la bellezza, Dio ci porta a definire la passione dell'Assoluto.

La passione di Assoluto è la ricerca di Dio, la quale è condizione essenziale per giungere a conoscere Dio, perché Dio appartiene ai doni maggiori, anzi Dio è il dono maggiore e i doni maggiori non si ottengono se non desiderandoli e desiderandoli specificatamente.

Per cui l'attrazione verso la bellezza che è un'attrazione specifica, conduce noi a specificare la passione dell'Assoluto, a desiderare in modo preciso di vedere, di conoscere il volto di Dio, il volto della Verità, il volto dell'Assoluto.

Questo pensiero, questo desiderio, questa ricerca è la condizione essenziale per poter trovare Dio, per poter conoscere Dio.

Ogni uomo essendo creatura di Dio porta con sé un'unità che riversa sulla molteplicità delle cose, tende ad essere attratto dalla bellezza delle creature in quanto vede se stesso in essa.

In realtà però le creature non realizzano l'uomo.

L'uomo crede che la creatura sia bella perché lo esalta, perché soddisfa il suo desiderio, il suo sogno.

L'uomo crede, perché vede la creatura in lontananza.

Cioè la nostra lontananza da Dio provoca la lontananza dalle creature e quanto più la creatura è lontana da noi, tanto più per noi è oggetto di proiezione di noi stessi e noi possiamo riflettere noi stessi su di essa, quindi vederla bella.

Ma la vediamo bella in lontananza.

Quando si è attratti da una creatura, il primo passo è tendere ad avvicinarla.

Abbiamo così i diversi tempi della bellezza (il tema di oggi è i tempi della bellezza).

C'è un primo tempo che è l'attrazione, attrazione perché l'uomo vede nella creatura la realizzazione di un suo sogno, di un suo desiderio e dice: "È bella".

Vede un suo pensiero in essa ma la vede così perché è lontana.

Poi cercando di avvicinarsi, la cosa assume un altro aspetto.

Abbiamo secondo tempo, l'ho chiamato miraggio, fata Morgana, cioè quanto più uno cerca la bellezza nella creatura, tanto più questa bellezza sfugge.

Possiamo raffrontare la bellezza all'orizzonte.

Il bambino che cerca di raggiungere l'orizzonte per vedere il punto di unione tra il cielo e la terra.

L'orizzonte è bello.

È bello perché?

Perché c'è l'unità nella diversità, l'unità tra cielo e terra.

Quindi si resta attirati, l'unità attrae.

Il bambino che cerca di raggiungere l'orizzonte per vedere il punto di contatto tra il cielo e la terra si accorge che quanto più cammina tanto più l'orizzonte si allontana.

A un certo momento è un infinito e lui si ritrova su se stesso.

Ecco ciò che succede nella nostra vita.

L'uomo cerca di capire, di avvicinarsi alla creatura che l'ha attratto, la creatura è bella ma, più l'avvicina più la bellezza sfugge perché in realtà nella creatura non c'è l'incarnazione dell'interesse dell'uomo.

Le creature sono di Dio e quanto più ci avviciniamo, tanto più queste rivelano di appartenere a un altro.

Arriviamo al terzo tempo della bellezza in cui c'è il rifiuto, la creatura bella rifiuta.

Perché rifiuta?

Da che cosa è determinato questo rifiuto? 

È la porta della bellezza che si chiude.

Una delle porte che introducevano al tempio era la porta bella, la porta della bellezza.

Arriva un certo momento in cui questa porta bella si chiude, non si entra più del Tempio.

Quando e come la porta bella, la porta della bellezza si chiude per noi?

È il terzo tempo dell'avvicinamento alle creature.

Più uno si avvicina a una creatura e più  scopre che quella creatura è fatta da un altro.

Praticamente ama un altro.

Noi che credevano in lontananza che quella creatura fosse fatta da noi: "Osso delle mie ossa carne della mia carne" e realizzasse il nostro amore, avvicinandola scopriamo che essa è fatta da un altro, realizza un altro amore.

A questo punto non c'è più bellezza, la porta della bellezza si chiude, noi siamo respinti, non possiamo sostenere.

E tutto questo che cosa ci insegna?

Ci insegna che le creature appartengono a Dio.

Quando si è bruciati dalla bellezza a un certo momento ci si trova di fronte a una porta chiusa, perché arriva un certo momento in cui la creatura rivela che non è effetto nostro, fosse effetto nostro sarebbe bella, perché la bellezza si trova in quanto uno vede il proprio pensiero incarnato nell'altra creatura, realizzato nell'altra creatura.

Quando si vede che l'altra creatura realizza un altro pensiero, qui ne restiamo chiusi fuori.

Intanto però ci rivela un disegno: le creature sono fatte da Dio, quindi non possiamo realizzare un rapporto orizzontale.

Nessuna creatura incarna nostro pensiero, perché ogni creatura incarna il Pensiero di Dio e solo se noi a questo punto abbiamo superato il pensiero del nostro io, abbiamo posto Dio al centro, cioè solo se noi abbiamo posto l'interesse per la Verità al di sopra del pensiero del nostro io, noi possiamo intendere il significato della creatura.

Cioè si entra nel Regno di Dio non attraverso la porta della bellezza ma, attraverso la porta della Verità.

Ma la porta della Verità, siccome la Verità non è attraente perché non è bella (è bello ciò che si vede, la creatura si vede, la Verità non si vede) si apre soltanto quando si cerca la Verità e la si cerca senza vederla, la si cerca in modo specifico, si giunge a vederla come l'essere del nostro amore, come il principio del nostro desiderio, il principio della nostra stessa esistenza, e soltanto vedendo la Verità si vede la bellezza della Verità.

Nel campo della Verità, nel campo dello Spirito, la bellezza è proprio il rovescio della bellezza nel campo della creatura.

Nel campo della Verità la bellezza è una conseguenza della conoscenza della Verità, invece nel campo della creatura noi troviamo prima la bellezza, poi scopriamo quello che la creatura è, e quando scopriamo quello che la creatura è, la creatura non è più bella.

Non può essere bella, perché era bella in quanto incarnava un nostro pensiero.

Nessuna creatura incarna un nostro pensiero quindi non è più bella per il pensiero del nostro io.

Nel pensiero del nostro io, prima siamo attratti dalla bellezza, poi arriviamo all'essere della creatura.

Nel campo della Verità prima arriviamo alla Verità, arriviamo a Dio, poi vediamo la bellezza di Dio.

Quando vediamo la bellezza di Dio, siccome la bellezza attrae, si stabilisce un legame di fine (il legame di fine è l'unione forte), allora qui non possiamo sopportare la presenza di tutte le cose in quanto le proiettiamo nel fine, le vediamo come mezzi per il fine.

Tutte le cose e tutti tempi sono soltanto un mezzo.

Anche la bellezza stessa, l'attrazione della bellezza, è soltanto mezzo per condurci a Dio.

Ma noi i mezzi li sopportiamo in quanto ci siamo proiettati in Dio, cioè abbiamo messo Dio al di sopra di tutto come nostro fine.

Soltanto se noi ci proiettiamo verso il futuro, viviamo per il futuro, sopportiamo il presente, per cui il presente diventa una categoria del futuro, un mezzo del futuro, un mezzo lo sosteniamo soltanto in quanto tendiamo a un fine, in caso diverso il mezzo diventa insostenibile.

Ecco, soltanto con Dio noi abbiamo la fonte della vera bellezza, abbiamo la possibilità in Dio e in Dio soltanto, di trovare l'armonia con tutte le creature.



"Ve lo ho già detto e voi  l'avete ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?" Gv 9 Vs 27  Terzo tema.


Titolo:  Passaggio all'infinito.


Argomenti: Verità & bellezza. La lontananza è data dall'ignoranza. Atto e potenza. Dio è atto puro, pura intenzionalità.


 

24/Aprile/1988 Casa di preghiera Fossano.


Restiamo ancora nel versetto 27, dove quel cieco guarito da Gesù dice ai farisei che lo interrogavano: "Ve l'ho già detto e voi l'avete ben ascoltato. Perché volete sentire di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?".

Domenica scorsa abbiamo visto l'argomento dell'attrazione che Dio esercita attraverso tutta la creazione: l'attrazione della bellezza delle opere di Dio, la bellezza della creazione, la bellezza delle creature.

Abbiamo visto i tempi della bellezza.

Sono tre: il primo è l'attrazione, il secondo tempo l'abbiamo chiamato miraggio, fata Morgana, si arriva poi all'ultimo tempo che è la conclusione di questo cammino dell'attrazione della bellezza, cammino che avviene per tutti: la porta chiusa.

Cioè la porta della bellezza si chiude, l'uomo si sente rifiutato da ciò che l'aveva attratto.

In un primo tempo l'uomo è attratto perché nella bellezza vede una sua gioia.

La bellezza è significata dall'unità nella diversità e l'uomo essendo essenzialmente passione di Assoluto è una passione di unita e più trova questa bellezza attorno a sé, più è attratto.

Notiamo che questa non è un'attrazione libera: l'uomo non è libero di rifiutarsi a quest'attrazione, egli la subisce, non può farne a meno, perché ciò che rende l'uomo libero è la conoscenza della Verità.

Se la bellezza non è la Verità, l'uomo di fronte alla bellezza non è come di fronte alla Verità, non è come l'uomo che conosce la Verità.

L'uomo che conosce la Verità è libero, l'uomo che vede la bellezza non è libero, necessariamente è attratto.

È attratto perché vede in essa allo sviluppo, l'integrazione della sua stessa vita.

La sua vita è desiderio, è passione di unità, quindi quanto più l'uomo vede quest'unità nelle creature attorno a sé, tanto più ne è attratto, però è attratto da una cosa che non conosce.

Infatti quando l'uomo è attratto, desidera avvicinarsi per conoscere cos'è ciò che l'attrae.

Abbiamo visto che si fanno degli errori, perché?

Il bambino attratto dalla bellezza del suo giocattolo lo rompe, l'uomo adulto attratto dalla bellezza della creatura tende a possederla.

Prima che l'uomo giunga a quella maturità tale da capire che non deve mai cercare né di rompere, né cercare di possedere, perché la Verità si contempla senza metterci le mani, fintanto che non arriva a questo punto, l'uomo commette errori.

Quanto più l'uomo si avvicina alla bellezza che l'attrae, tanto più va incontro alla fata Morgana, il miraggio, la bellezza che gli sfugge.

Il bambino più cammina verso l'orizzonte è più l'orizzonte gli sfugge.

Ogni creatura è un orizzonte, non si può possedere.

La conoscenza della bellezza non si possiede, si contempla.

Si arriva infine all'ultimo tempo in cui l'uomo constata che quella creatura che per lui era bella, e abbiamo detto che era bella perché vedeva il suo desiderio proiettati in essa ("Osso delle mie ossa, carne della mia carne"), appartiene ad altri.

Quindi non incarna il suo desiderio umano, ma incarna un altro desiderio.

Quella creatura appartiene a un altro amore.

A questo punto la porta della bellezza si chiude perché l'uomo non vede più se stesso o il suo desiderio.

Ciò che era bello non è più bello e se non è più bello, la porta si chiude per lui.

Non c'è più attrazione, anzi c'è rifiuto perché vede, constata che quella creatura bella è oggetto di un altro amore, vive per un altro amore.

Questo arriva sempre, necessariamente, in un modo o nell'altro, nella vita dell'uomo, perché ogni creatura che l'uomo tende a fare sua, in realtà non appartiene all'uomo.

Nessuna creatura appartiene all'uomo, la creatura è di Dio e appartiene a Dio, quindi subisce la passione di Dio volente o nolente. Subisce la passione di Dio anche se rifiuta di Dio, perché ogni creatura subisce la passione dell'Assoluto e non c'è nessun uomo che posso sostituirsi all'Assoluto, per cui un certo momento questa creatura amata, rivela che non è l'incarnazione del desiderio dell'uomo.

Quindi l'uomo si vede tradito.

In tutto questo c'è una funzione che è la funzione della bellezza.

La prima funzione è di dare un oggetto specifico alla passione dell'Assoluto che l'uomo porta con sé, ed è una testimonianza, un effetto della presenza dell'Assoluto nell'uomo, è aspecifica, non ha un volto, tant'è vero che l'uomo ritiene Assoluto tutto quello che incontra: "Forse è questo? Forse  è quell'altro?".

È come una donna che aspetti un amore e di fronte tutti gli uomini che incontra si domanda: "Forse è questo? Forse è quell'altro?".

Così è lo stesso, perché è ciò che portiamo dentro di noi che ci fa interrogare, aspettare, invocare.

La passione della bellezza è per dare un volto alla passione di Assoluto, per renderlo specifico, per dare un orientamento.

Ma,  a poco per volta proprio questa passione della bellezza, portando l'uomo a costatare che la creatura non è un osso delle sue ossa, non è una carne della sua carne e  non può esserlo, forma nell'uomo un'altro orientamento, non più l'orientamento alla bellezza ma, alla Verità: capire il significato di queste cose, capire perché l'uomo è stato tradito.

Perché è avvenuto questo?

Perché la bellezza illude?

In tutto questo c'è una funzione ed è quella di portare l'uomo alla maturità verso quel fine per cui è stato creato: l'uomo è stato creato per conoscere Dio, nel conoscere Dio è la vita vera, la vita eterna, la vita quindi senza tramonto, senza mutamento.

Creato per questo fine, l'uomo deve giungere a quella maturità tale da capire (ed è Dio che opera tutto questo per farlo giungere a questo) che lui non può giungere al suo fine, cioè alla conoscenza di Dio, se non lo desidera in modo specifico, perché il fine è un dono maggiore e i doni maggiori non si ottengono se non vengono desiderati e desiderati specificamente.

Ho detto che l'uomo è schiavo e sbaglia perché non conosce la Verità.

È per questo che un certo momento passa attraverso questo cammino della bellezza che l'attrae e lo rende schiavo, perché la bellezza di per sé non salva.

La bellezza rende schiavi: è la Verità che salva, è la conoscenza della Verità che salva.

"Conoscerete la Verità è la Verità vi renderà liberi", "Dio vuole che tutti si salvi non giungano conoscere la verità", quindi si salvino (salvarsi equivale conoscere la Verità), quindi la nostra salvezza sta nel giungere a conoscere la Verità.

Ci siamo chiesti perché l'uomo faccia quest'errore.

Fa l'errore di essere attratto dalla bellezza perché è lontano.

Fintanto che il suo oggetto bello è lontano da lui, lui resta attratto da questa bellezza in quanto la vede lontana.

Poi quanto più si avvicina, tanto più questa bellezza sfugge, fino ad arrivare a quello che per lui è tradimento, fino ad arrivare ad annullare quest'attrazione di bellezza, fino al rifiuto.

L'oggetto amato per la sua bellezza è tale, fintanto che è lontano.

A questo punto dobbiamo chiederci che cosa vuol dire lontano.

Perché lontano attrae e vicino invece rifiuta?

Abbiamo detto che la creatura vicina rivela il suo amore, la sua intenzionalità, la sua natura, mentre se la creatura è lontana è bella perché è oggetto di proiezione del desiderio che l'uomo porta in sé.

Fintanto che questa è lontana, l'uomo può proiettare il pensiero di sé ed è il pensiero, è il desiderio che dà unità, quindi dà bellezza alla creatura stessa.

È l'intenzione dell'uomo che dà unità all'oggetto e dando questa unità la vede bella, quindi resta attratto.

Ma da che cosa è data la lontananza?

È data dall'ignoranza.

È l'ignoranza che ci fa lontani da-, e ci dà la possibilità di essere attratti.

Nell'ignoranza noi vediamo la creatura umana, non vediamo la volontà della creatura, non vediamo l'amore di quella creatura, non vediamo il fine di quella creatura, l'intenzione che porta quella creatura.

Soprattutto non vediamo ciò da cui essa dipende.

Come vediamo le creature?

Nell'ignoranza noi vediamo le creature come un essere che può essere rivestito della nostra intenzione, appunto perché non vediamo l'intenzione della creatura.

Gli antichi chiamavano questa situazione "stato di potenza".

Cioè in lontananza, nell'ignoranza, noi vediamo la creatura in una situazione di potenza non in una situazione di atto.

Facevano distinzione tra atto e potenza.

Atto è l'intenzione che dà forma a una creatura.

Potenza invece è quello stato in cui la creatura si presenta da essere informata.

All'inizio della creazione di Dio, tutto era in situazione di potenza, nel significato di questo termine, in quanto tutta la creazione era da informare.

Poi Dio Creatore incomincia a dire la sua Parola, incomincia a parlare e man mano che parla ecco, tutta quella creazione informe (che all'inizio era caos e all'ultimo saremo anche caos) a poco per volta che Dio parla, prende forma.

È la Parola di Dio che dà forma e la creazione diventa atto.

Allora abbiamo la creazione ordinata.

Così è la vita di ogni uomo.

Nella lontananza noi non vedendo l'intenzione, quindi non vedendo la Parola di Dio nella creatura e non vedendo l'intenzione della creatura, noi rivestiamo la creatura della nostra intenzione.

Nella nostra ignoranza tutto si presenta a noi in stato di potenza e non in stato di atto.

L'atto da noi è invisibile, non lo vediamo, tant'è vero che Dio che è atto puro è invisibile a noi.

Dio è tutta intenzione, è tutto spirito, e tutta finalità: ma questo noi non lo vediamo.

Tant'è vero che noi nell'ignoranza, anche rivolgendoci a Dio, anche credendo in Dio, consideriamo Dio in situazione di potenza cioè in situazione tale di Essere che può essere informato della nostra intenzione.

Siamo noi nella nostra ignoranza  che informiamo Dio: "Signore ricordati di amarmi, ricordati del tuo amore, abbi misericordia".

Siamo noi che informiamo Dio, siamo noi che tendiamo a piegare Dio.

Ecco come noi consideriamo Dio nella situazione della nostra ignoranza, noi non lo consideriamo per quello che è.

Dio è atto puro cioè è pura intenzionalità quindi pura finalità.

Ecco l'errore che facciamo ed è l'errore che noi facciamo per la nostra ignoranza verso la creatura lontana.

La lontananza è data da questa ignoranza.

Per questo errore, non incominciamo a proiettare la nostra intenzione su quella creatura, diventiamo figli della nostra opera, della nostra intenzione, diventando figli di-, diventiamo schiavi.

Schiavi di quella unità intenzionale che abbiamo proiettato sulla creatura, per cui essa diventa amabile per noi, o meglio, in termini materiali, diventa strumento per noi, per il nostro fine.

L'intenzione è in noi.

Questa intenzione che noi proiettiamo su-, mentre invece non dovremmo proiettare una nostra intenzione.

Nel Regno di Dio si cerca di conoscere l'Intenzione di Dio in tutte le opere di Dio.

Non proiettiamo le nostre intenzioni.

Soltanto con Dio noi siamo liberi.

Perché siamo liberi?

Perché non proiettiamo più la nostra intenzione sugli altri ma, cerchiamo di vedere l'Intenzione di Dio.

Altrimenti noi saremo schiavi di tutte le bellezze che si presentano, soprattutto le bellezze degli angeli.

È quanto più una creatura è bella, tanto più ci renderebbe schiavi.

No, nel Regno di Dio si vedono le bellezze ma non si è schiavi delle bellezze, invece nella nostra vita terrena, noi vediamo le bellezze e siamo schiavi delle bellezze.

Perché siamo schiavi?

Perché proiettiamo la nostra intenzione sulle creature e vediamo soltanto le creature!

Guai se vedessimo gli angeli!

Dio opera per farci maturare.

Al centro di tutto questo, siccome è la nostra intenzione che ci porta sbagliare, sta il pensiero dell'io.

È questo è il nostro punto di vista.

Noi osserviamo le creature che Dio ci presenta dal punto di vista della nostra intenzione, quindi dal punto di vista del nostro io.

Il fallimento di quest'attrazione della bellezza della creatura, perché si giunge sempre fallimento, ha la funzione di farci giungere a questa convinzione: dobbiamo spostare il nostro punto di vista.

Le creature non appartengono all'uomo, quindi non ricevono informazione dall'uomo.

Tutte le creature appartengono a Dio e siccome l'uomo tende a proiettare, ad informare le creature di sé, naturalmente arriva al fallimento perché Colui che Regna è Dio non sono le creature, sono gli uomini, non siamo noi.

Tutte le creature vengono da Dio e vanno verso Dio, è questo che a noi sfugge quando vediamo le creature nella nostra ignoranza.

Noi vediamo le creature non vediamo da dove vengono soprattutto non vediamo dove vanno.

È per questo che vedendo le creature noi cerchiamo di farle entrare dove vogliamo noi, invece loro vanno dove vuole Dio, non dove vogliamo noi.

Le creature ritornano verso Dio e man mano che tornano verso Dio deludono noi, perché noi vorremmo che andassero dove vogliamo noi.

Le creature del vediamo, Dio non lo vediamo.

Dio e atto puro, non lo vediamo.

È Intenzionalità pura, Spirito, non lo vediamo.

Eppure siamo stati creati per vederlo anzi, Gesù stesso dice che la vita vera sta nel vedere, sta nel conoscere Dio.

Abbiamo letto stamattina nel Vangelo che lo vedremo come Egli è.

Siamo stati creati per giungere a vedere Dio come Egli è, non certamente fuori, è logico.

Come Egli è: Lui è Colui che è, spirito, atto puro, intenzionalità pura.

Tutta la creazione, tutte le creature noi le vediamo.

Ora tutte le creature vanno verso Dio ma noi non troveremo mai un momento di questa creazione, di queste creature che vanno verso Dio, non vedremo mai un punto in cui la creatura tocca Dio.

Tutte le creature tendono a Dio, camminano verso Dio ma, il punto in cui incontrano Dio non lo vediamo, perché le creature sono finite.

Siccome vengono da Dio, tutte ad ritornano a Dio.

Per questo c'è il fallimento lungo il cammino se noi  tendiamo a orientarle creature a un fine diverso da Dio.

Le creature necessariamente vanno verso Dio.

Tutte anche quelle che lo bestemmiano, tutte quante si troveranno davanti al trono di Dio.

Tutte le creature vanno verso Dio per opera di Dio, il Creatore è Dio.

Se noi tendiamo (è il problema della bellezza) ad orientare le creature a un fine nostro, a far servire le creature a un fine nostro, a far servire le creature un fine diverso dal loro, arriva certamente il momento del fallimento, perché Colui che opera tutto è Dio, non noi, per cui noi dovremmo rimangiarci l'errore.

Siccome tutte le creature vanno verso Dio, si avvicinano sempre più a Dio, però per quanto si avvicinino non toccheranno mai Dio, non ci sarà mai un punto in cui la creatura che noi vediamo (nemmeno Cristo come uomo) tocchi Dio, cioè si identifichi con Dio.

Dio non si confonde mai con la creatura.

Gesù stesso dice: "È necessario che Io me ne vada (se ne vada, se ne va il Padre) altrimenti lo Spirito di Verità non può venire in voi".

Con questo ci rivela che non c'è il punto in cui la creatura fa vedere il volto di Dio.

Nella creatura non si può vedere il volto di Dio.

È necessario che tutta la creazione passi.

Per quanto tutta la creazione, per quanto tutti i segni di Dio si avvicinino a Dio, non ci sarà mai, non si vedrà mai il punto di contatto con Dio.

In matematica si dice asintoto, "a" vuol dire senza, "sin" vuol dire insieme, quindi non c'è mai il punto di congiunzione, non si toccano.

Per quanto la creatura si avvicini all'infinito, non toccherà mai in infinito.

La creazione appartiene a questo.

Tra il finito e l'infinito c'è un salto di qualità.

Anche noi siamo stati creati per giungere a Dio.

Questo ci fa capire che a Dio non si giunge attraverso la creazione.

A Dio si giunge personalmente, solo personalmente, senza più la creazione, solo con il pensiero, con intelligenza, se Dio dà a noi questo pensiero, questa intelligenza.

Quindi Dio diventa un limite e l'universo, la creazione, le creature, tutto è una successione che tende ad avvicinarsi infinitamente a Dio ma non lo tocca mai.

Ora quando c'è questa successione di termini che tende a un fine senza mai congiungerlo, noi abbiamo un limite.

Tutto tende a limite.

Dio, l'infinito, l'Assoluto, l'eterno è un limite ma, a questo limite si giunge soltanto attraverso il pensiero, attraverso l'intelligenza, quindi è un fatto personale, non è più un fatto di creazione esteriore.

Arriva un certo momento nella nostra vita in cui noi dobbiamo fare un salto di qualità.

Prima di tutto bisogna scoprire il fine a cui tendono tutte le cose, bisogna scoprire che tutte le cose vengono da Dio e tutte vanno a Dio, per evitare di rivolgerci ad altro fine.

Quando si è scoperto il fine, bisogna scoprire come si va verso questo fine, per cui c'è tutto un tratto nella nostra vita, quando è orientata, che tende al fine.

Ma noi ci siamo ancora, perché fin tanto che si tende  al fine, noi non giungiamo ad esso perché anche noi siamo creature.

Il fine si tocca soltanto in un punto solo che non è più creazione, che non è più creatura, che non è più il nostro io.

Al fine si giunge in quanto uno guarda dal fine.

È un salto di qualità.

Non si tratta più di andare verso, si tratta di saltare nel Fine per guardare dal Fine, cioè a Dio si giunge soltanto con Dio.

Tutta la creazione, tutte le opere di Dio, Cristo stesso, ci conducono fino su quell'orizzonte in cui è possibile guardare al Fine ma, il salto da quell'orizzonte al limite, al fine che è Dio, questo non avviene più attraverso l'esterno, questo avviene solo attraverso il pensiero che pensa Dio, attraverso l'intelligenza che pensa Dio.

Si tratta di fare quel salto nel fine attraverso cui, ecco il punto di vista che si diceva prima, attraverso cui si guarda dal fine, si guarda cioè dall'infinito, dall'eterno, dall'Assoluto che è Dio, si guarda verso le opere di Dio.



"Ve lo ho già detto e voi  l'avete ascoltato. Perché volete sentirlo di nuovo? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?" Gv 9 Vs 27 


RIASSUNTI Domenica – Lunedì.


Argomenti: La consacrazione dell’opera di Dio – La bellezza è unità nella molteplicità – Dio è somma bellezza – Verità e bellezza – Desiderare specificamente i doni maggiori - I tempi della bellezza – Dio si rivela solo nel suo Pensiero – La passione d’assoluto -


 

1/ Maggio /1988 Casa di preghiera Fossano.