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Quegli dunque rispose loro: "Se sia peccatore non lo so. So soltanto che ero cieco e che ora vedo chiaro".

Gv 9 Vs 25 Primo tema.


Titolo:  La via della Luce: l'intelligenza.


Argomenti: Nello Spirito l'essere è conseguenza della conoscenza. Il rischio del giudicare. Prima e dopo l'incontro con Gesù. L'autorità della luce. L'uomo vede la notte perché ha la luce in sé. Partecipare alla presenza di Dio che l'uomo porta in sé. La via dell'intelligenza. La nostra intelligenza è illuminata da ciò cui guarda. Superare tutti i segni: Dio si fa conoscere solo da Se stesso.


 

14/Febbraio/1988 Casa di preghiera Fossano.


Quegli dunque rispose loro: "Se sia peccatore non lo so. So soltanto che ero cieco e che ora vedo chiaro".

Qui è l'uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù in giorno di sabato che risponde alla richiesta che i farisei gli avevano fatto dicendogli: "Dà gloria a Dio, noi sappiamo che quest'uomo è peccatore".

Evidentemente i farisei, l'autorità di Gerusalemme, chiedevano a quell'uomo guarito da Gesù, un'adesione a quanto gli proponevano.

"Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore", chiedevano un atto di sottomissione, un atto di ubbidienza come un rendere gloria a Dio.

Confondevano la gloria di Dio con l'ubbidienza a loro.

Quel cieco risponde: "Se sia peccatore, non lo so, so soltanto che io ero cieco e che ora vedo".

Anche questa è una Parola di Dio per noi, quindi dobbiamo chiederci che cosa Dio ci vuole significare attraverso questo cieco, che di fronte a questa proposta, di fronte all'insidia tesagli dai farisei, dall'autorità, risponde in questi termini.

Qual è la lezione per noi?

Cosa Dio ci vuole significare per la nostra vita essenziale?

Cosa Dio ci vuole rivelare di Sé?

Quando abbiamo parlato della gloria, abbiamo visto che questa è possibile, non dicendo parole, non cantando, non trovandoci qui o là, non facendo questo piuttosto che quello, ma la gloria di Dio sta nel conoscere Dio.

Abbiamo anche visto che questa conoscenza è solo possibile nel Figlio di Dio.

Gesù dice: "Io vado a preparare a voi un posto, affinché dove Io sono siate anche voi e possiate vedere la mia gloria".

La sua gloria, la gloria del Figlio, è la conoscenza del Padre.

Vedere quindi la gloria del Figlio è vedere, é conoscere il Padre.

Questa conoscenza del Padre è possibile solo nel luogo in cui il Figlio riceve il suo: "Io sono", l'essere.

Abbiamo visto che il Figlio riceve l'essere dalla conoscenza del Padre.

Conoscendo il Padre riceve dal Padre l'essere del Padre e quindi conosce Se stesso come Figlio.

Nel campo dello Spirito, l'essere è conseguenza della conoscenza.

Esattamente il rovescio di quello che avviene invece nel campo materiale.

Nel campo del mondo sensibile noi prima incontriamo gli esistenti e poi la conoscenza di questi.

Questo ci fa già a capire il rischio che noi corriamo nel giudicare.

Quel rischio in cui è venuto a trovarsi quell'uomo cieco guarito da Gesù che di fronte alla proposta/insidia dei farisei: "Noi sappiamo che Costui è peccatore", lo invitavano a giudicare Colui che l'aveva guarito, lo invitavano a giudicare Colui dal quale aveva ricevuto la luce.

Qui possiamo capire il rischio che corre la creatura quando giudica.

Infatti Gesù dice: "Non giudicate".

Quando si dà un giudizio, si attribuisce qualcosa a qualcuno secondo i sensi e attribuiamo qualcosa a quello che noi vediamo, tocchiamo.

Nel mondo naturale, secondo quello che appare ai nostri occhi, quello che appare ai nostri sensi, ai nostri sentimenti, secondo quello che appare ai nostri occhi sono le creature che noi vediamo, tocchiamo ma, che non conosciamo.

Soltanto nel mondo dello spirito prima conosciamo e poi riceviamo l'essere.

Giudicando quindi secondo quello che appare, noi attribuiamo i fatti e gli avvenimenti alle cause che appaiono, cioè generalmente noi attribuiamo all'uomo.

Ma proprio in quanto noi giudichiamo e attribuiamo una cosa a qualcuno, noi arrestiamo in noi il processo della conoscenza.

Il rischio sta lì, di fermarsi nel processo della conoscenza.

Perché quando noi conosciamo la causa di una cosa, non abbiamo più bisogno di andare oltre, abbiamo giustificato la cosa.

Solo se noi ci manteniamo aperti alla luce che viene dal Principio, da Dio, e solo in quanto noi non giudichiamo, quindi non attribuiamo le cose alle creature che vediamo ma, cerchiamo la giustificazione delle cose e delle creature nel Creatore, nel Principio, solo così ci manteniamo aperti alla luce.

Se giudichiamo prima, noi soffochiamo in noi il cammino della luce, lo interrompiamo e interrompendolo ci priviamo della luce.

Ecco il motivo per cui gli uomini esperimentano la notte, le tenebre, esperimentano di non capire: perché si fermano a metà strada, non riportano tutto a Dio, non riportano tutto nel Principio, non riportano tutto nella Sorgente della luce.

In quest'uomo cieco dalla nascita che dice: "Se sia peccatore io, non lo so, so soltanto che ero cieco e che adesso ci vedo", c'è una ribellione a ciò che affermava l'autorità.

E dice una cosa grande: "Io so soltanto una cosa: prima ero cieco, adesso ci vedo".

Dice un prima e un poi.

"Prima ero cieco, adesso vedo".

Prima di che cosa?

E adesso dopo che cosa?

Prima dell'incontro con Gesù.

L'incontro con Gesù fu determinante per lui, determinò in lui un prima e un dopo.

"Prima di incontrare Gesù io ero cieco" (sapeva di essere cieco).

"Dopo aver incontrato Gesù vedo".

È una testimonianza meravigliosa.

Testimonia l'autorità della luce.

Per lui quello che vale è la luce, non quello che dicono gli uomini, fosse anche l'autorità più grande di questo mondo.

Quello che conta è la luce che l’ha illuminato.

Che quell'Uomo sia peccatore o non sia peccatore non interessa, interessa la luce.

Con ciò rivela, testimonia noi che la più grande autorità è la luce che illumina, che fa vedere, che fa capire.

San Paolo dirà: "Un tempo vivevate senza Dio (cioè un tempo vivevate senza sapere, dove andare), adesso state camminando con Colui che ha illuminato le vostre anime" (adesso state con Colui che vi ha fatto vedere dove andare).

Prima non sapevano a cosa servisse la vita, adesso sanno a che cosa serve la vita.

Ecco la luce che è entrata nell'uomo, ecco l'autorità.

L'autorità viene dalla luce, dalla Verità, la Verità quando arriva illumina.

Quest'uomo era cieco, ma aveva più luce nella sua anima, nel suo cuore, di tutti quei farisei che dicevano: "Noi sappiamo".

È proprio perché era cieco, è potuto essere illuminato dalla Verità.

Tutti coloro che si avvicinano al Gesù dicendo: "Noi sappiamo, devono essere prima accecati".

Anche Nicodemo nella notte, quando s'incontra con Gesù, incomincia dicendo: "Noi sappiamo che tu vieni da Dio, perché nessuno può fare le opere che Tu fai, i miracoli che Tu fai se non Colui che viene da Dio".

Non era una testimonianza buona perché Gesù gli dice: "In verità vi dico che se uno non rinasce da Dio, non rinasce dall'alto, non può vedere la luce", non può dire: "Noi sappiamo".

I farisei dicono anche qui: "Noi sappiamo".

Quel cieco li smentisce dicendo: "Io so una cosa sola, so soltanto la mia cecità, so soltanto la mia luce".

Quello che ogni uomo sa è questo: ogni uomo sa di non sapere, oppure ogni uomo sa di sapere.

Se è nella notte, sa di essere nella notte, sa di non capire.

Se è nella luce, sa di essere nella luce, sa di capire.

Dobbiamo chiederci, perché tutto è Parola di Dio, cos'è questo sapere dell'uomo, dell'uomo che sa la sua notte e dell'uomo che sa la sua luce.

Come fa un uomo a sapere di non sapere?

Da cosa gli deriva, come potrebbe sapere di non sapere se non vede la luce?

Questo caratterizza il mistero dell'uomo, caratterizza l'uomo.

L'uomo è la creatura che si differenzia dagli altri animali proprio perché sa di non sapere oppure sa di sapere.

Sa di non capire oppure sa di capire.

Sa di essere nella luce oppure sa di essere nella notte.

Da cosa gli deriva questo?

L'uomo non potrebbe vedere la notte, cioè non potrebbe vedere la mancanza della luce, se non avesse già presente la luce.

Ma chi ha presente la luce partecipa della luce quindi vede la luce.

Come mai invece l'uomo ha presente la luce e vede la mancanza della luce?

Quando uno vede una privazione, una mancanza di qualche cosa è perché ha presente quel qualcosa.

Colui che vede la mancanza della luce è perché ha presente la luce.

Questo ci fa capire questo fatto: c'è una luce presente nell'uomo indipendentemente dall'uomo, senza la partecipazione dell'uomo e c'è invece una luce che è partecipata dall'uomo.

Soltanto quando una luce è partecipata, l'uomo vede la luce.

Come l'uomo nell'anima patisce la passione della Verità, ma non partirebbe tale passione se non avesse già presente la Verità, così l'uomo patisce la notte.

"Tu non cercheresti se non mi avessi già trovato".

L'uomo è una passione di Assoluto e abbiamo detto molte volte che questa passione di Assoluto è una conseguenza della presenza in lui dell'Assoluto.

L'uomo ha presente l'Assoluto, eppure patisce l'Assoluto perché non vede l'Assoluto, lo cerca in tutto ciò che cerca e tutto quello che cerca vuole che si Assoluto.

Tutto questo ci testimonia che c'è una presenza dell'Assoluto, della Verità, della luce nell'uomo indipendentemente dall'uomo, senza l'uomo.

Fintanto che una cosa è presente in noi senza di noi, noi non la vediamo, noi non sappiamo cosa sia, la subiamo, subiamo la presenza della luce, la presenza dell'Assoluto, della Verità, di Dio ma, non sappiamo né che cosa sia la Verità, né che cosa sia la luce, né che cosa sia l'Assoluto, né sappiamo chi sia Dio.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi, lascia in noi un marchio, un'impronta, un segno.

Il fatto che l'uomo sappia di non capire, il fatto che l'uomo si accorga di non vedere la luce, è segno del divino che l'uomo porta dentro di sé, è segno della luce che l'uomo porta dentro di sé.

È una testimonianza della presenza dell'Assoluto, della Verità, di Dio, per cui l'uomo patisce questa presenza fin tanto che non partecipa di questa presenza.

Ma allora dobbiamo chiederci qual è la via perché l'uomo possa partecipare di questa Presenza?

Qui vediamo che quest'uomo cieco dalla nascita è stato guarito da Gesù ma, non sapeva chi fosse Gesù: "Quell'uomo che chiamano Gesù" dice ma, non sapeva chi fosse.

Egli ha ottenuto la guarigione degli occhi, è passato dalla cecità alla vista per l'incontro con Gesù.

Non aveva però ancora ricevuto la luce nell'anima.

La riceverà dopo, quando avrà un secondo incontro con Gesù, quando sarà stato scacciato (e necessario prima essere scacciati) dal tempio, dalla sinagoga, dai farisei, dall'autorità.

Allora avrà un secondo incontro e in questo secondo incontro riceverà la luce nell'anima: "Sono Io che parlo con te".

Questo cieco ha ricevuto la luce degli occhi.

Abbiamo visto le domeniche scorse che gli occhi vedono ma non capiscono quello che vedono, così anche tutti i nostri sensi.

Se gli occhi vedono ma non capiscono, evidentemente gli occhi non sono la via per partecipare alla luce.

Ci sono due grandi mondi in noi.

Dio creando l'uomo ha fatto il cielo e la terra.

Il cielo nell'uomo, la terra dell'uomo.

Abbiamo il mondo delle cose che si vedono e non si capiscono e abbiamo il mondo delle cose che non si vedono se non si capiscono.

È molto importante.

Tutte le cose che si vedono e non si capiscono sono le cose che dipendono dai nostri sensi cioè, da tutto quello che appartiene al mondo del sentimento.

Tutto quello che fa parte di ciò che noi esperimentiamo appartiene al mondo che noi tocchiamo, vediamo ma, che non capiamo.

Tutti quei mezzi attraverso i quali noi vediamo, esperimentiamo, tocchiamo, sentiamo in questo mondo, non sono validi per condurci a conoscere la Verità, per condurci a vedere la luce.

Dobbiamo chiederci quale sia la via se c'è, per giungere a vedere la luce, perché soltanto in quanto noi giungiamo a vedere la luce partecipiamo di essa.

Altrimenti la luce c'è, è presente in noi, ma noi esperimentiamo la notte.

La Verità si trova solo conoscendola.

Solo se c'è una via, una capacità, una facoltà che non trova, se non intendendo, questa è la sola via per giungere alla Verità, perché fintanto che noi usiamo dei mezzi che ci fanno incontrare, toccare, vedere cose che non capiamo, certamente questi non sono vie valide per arrivare alla conoscenza della luce.

Soltanto se abbiamo una facoltà che non vede fin tanto che non conosce, soltanto questa è la via che ci dà la possibilità di trovare la Verità, di trovare la luce: è la via dell'intelligenza.

Solo l'intelligenza in noi è quella facoltà, quella capacità per cui noi non vediamo fintanto che non capiamo.

La differenza fra gli occhi e l'intelligenza è questa: gli occhi vedono ciò che non capiscono, l'intelligenza non vede fintanto che non capisce.

Quindi l'intelligenza è cieca fintanto che non capisce.

La Verità si trova solo conoscendola, quindi alla Verità si può giungere soltanto attraverso l'intelligenza.

Dio è la Verità e poiché la Verità si trova soltanto attraverso l'intelligenza, Dio si può trovare solo attraverso l'intelligenza.

Questa è la via.

Abbiamo detto che alla Verità non si giunge attraverso i sensi, gli occhi e tutte le cose sensibili.

Se l'intelligenza dell'uomo è l'unica via per arrivare a vedere, a esperimentare la luce, nell'intelligenza non devono entrare né quello che vedono gli occhi, né quello che sentono le orecchie.

Non si arriva l'intelligenza né con parole, né con sentimenti, né con istituzioni.

Se noi subiamo tutto quello che è oggetto dei nostri sensi, ne deriva una cosa sola: tra la nostra intelligenza e Dio non può esserci che un rapporto diretto, cioè ci deve essere l'esclusione di ogni altro mezzo, di ogni parola, di ogni creatura, di tutto ciò che non è Dio. La nostra intelligenza ha la possibilità di un rapporto diretto con Dio.

Sant'Agostino diceva: "Tra la nostra intelligenza e la Verità non c'è interposta nessuna creatura".

Dicendo nessuna creatura dice: nessun sentimento nessun senso, nessuna parola, nessun pensiero di uomo: quindi rapporto diretto.

L'intelligenza vede la Verità?

Ma l'intelligenza fa tanti errori.

Noi con intelligenza facciamo tanti errori, sbagliamo e se sbagliamo, vuol dire che non vediamo la Verità.

Ma questo è un segno grande: la Verità non dipende dalla nostra intelligenza ma è la nostra intelligenza che dipende dalla Verità.

Allora diciamo che la nostra intelligenza ha la possibilità di vedere la Verità.

È vero che tra la nostra intelligenza e la Verità non è interposta nessuna creatura ma, noi possiamo interporre.

Adesso capiamo perché sappiamo di essere nella notte, perché fintanto che noi mettiamo tra la nostra intelligenza e la Verità, delle creature, noi facciamo una cosa non vera ed esperimentiamo la notte, perché fra la nostra intelligenza e la luce non deve esserci interposta nessuna creatura.

Però noi possiamo interporla e allora subiamo la notte, capiamo di non capire.

Abbiamo detto che questo è un segno grande per farci capire che la Verità non dipende dalla nostra intelligenza ma, la nostra intelligenza dipende dalla Verità.

Cosa vuol dire questo?

Vuol dire che soltanto se la nostra intelligenza guarda la Verità, resta illuminata dalla Verità.

La nostra intelligenza da sola è cieca e fintanto che essa guarda altro dalla Verità, non può vedere la Verità perché resta illuminata da ciò a cui guarda.

Solo se la nostra intelligenza guarda la Verità, soltanto se guarda la Verità rimane illuminata dalla Verità, qui abbiamo la partecipazione, qui entriamo nella luce.

La nostra intelligenza ha la possibilità di guardare la Verità perché c'è un rapporto diretto tra essa e la Verità.

Quel cieco è passato dalla notte alla luce attraverso l'incontro con Gesù.

Gesù è il Figlio di Dio, è il Pensiero di Dio.

Tra il Pensiero di Dio e Dio non c'è interposta nessuna creatura, per questo vede Dio: non c'è interposta nessuna creatura, nessun segno di Dio, nessuna parola, nessun sentimento.

Nel Figlio di Dio c'è piena conoscenza, perché c'è un rapporto diretto con esclusione di ogni altra cosa.

Il Figlio si conosce nel Padre perché riceve l'essere dal Padre, perché è in un rapporto diretto con il Padre.

Gesù dicendo: "Io voglio che dove Io sono siano anche loro", invita noi in questo rapporto diretto, con esclusione di ogni segno, di ogni parola, di ogni sentimento, di ogni creatura, perché solo lì si trova la luce, solo li c'è la partecipazione a quella luce che già portiamo dentro di noi, quella luce che illumina ogni uomo che viene a nascere in questo mondo.

Ogni uomo è portatore di questa luce ma, fin tanto che l'intelligenza dell'uomo mette in mezzo tra sé e la Verità, tra sé e Dio, fra sé e la luce, i segni, le parole, le creature eccetera, questo gli impedisce di vedere la luce.

Quindi le parole, i segni, le creature sono cose utili ma a un certo momento devono essere tutte superate poiché non c'è nessuna parola che faccia conoscere Dio.

Solo Dio fa conoscere Se stesso.

Abbiamo detto che tra il Figlio di Dio e Dio non c'è interposta nessuna creatura, nessun segno e noi siamo chiamati a essere lì.

Perché è solo lì che il Figlio riceve il "Io sono", l'essere dal Padre e siccome il Figlio chiede che anche noi siamo lì, vuol dire che anche noi dobbiamo trovarci in questo rapporto diretto con il Padre, per avere la possibilità di ricevere la luce, perché la luce conosce soltanto questa via e nessun'altra.



Quegli dunque rispose loro: "Se sia peccatore non lo so. So soltanto che ero cieco e che ora vedo chiaro".

Gv 9 Vs 25  Secondo tema.


Titolo:  L'estasi di Ostia.


Argomenti: Dio solo ha la giustificazione di Sé in Se stesso. Fra la nostra intelligenza e la Verità, non è interposta nessuna creatura. Permanere nella Verità. La luce viene da-. La luce non giunge a noi senza di noi ma non è opera nostra. È ascoltando la Parola di Dio che si giunge alla Verità. Unificare l’opera di Dio con Dio attraverso la parola di Cristo. La conoscenza ci fa essere.


 

21/Febbraio/1988 Casa di preghiera Fossano.


Siamo ancora nel versetto 25, dove il cieco guarito da Gesù in giorno di sabato rispose i farisei, all'autorità di allora, che gli aveva proposto: "Dà gloria a Dio, noi sappiamo che quest'uomo è peccatore", dicendo: "Se sia peccatore non lo so, so soltanto che ero cieco e che ora vedo".

Con questo abbiamo visto che quest'uomo, che era stato cieco e cieco dalla nascita, rivelò una grande cosa: per lui la vera grande autorità non era negli uomini ma nella luce, poiché a ciò che gli viene proposto dall'autorità: "Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore", lui risponde: "Se sia peccatore non lo so".

Offende la proposta dell'autorità di allora, però manifesta questo: "So soltanto che ero cieco e che ora vedo".

Abbiamo visto domenica scorsa il valore, l'importanza di questa testimonianza: testimonianza della luce.

Cosa che rivela il fatto che l'uomo sa di non sapere e che quando vede la luce sa di vedere la luce.

L'uomo è un essere che sa quando non sa e sa quando sa.

Cos'è questo sapere?

Che cosa rivela?

Che cosa testimonia?

Intanto il fatto che lui si rifiuti di accogliere il giudizio dei farisei, si rifiuti cioè di giudicare Colui che l'ha guarito, rivela quanta saggezza ci sia in lui se teniamo presente che Gesù dice: "Non giudicate".

Il giudicare è la prima insidia che si presenta agli uomini nelle cose del mondo.

E abbiamo anche visto quali sono le conseguenze di questo giudicare.

Giudicare vuol dire attribuire qualcosa a qualcuno.

Siccome tutto è di Dio, tutto va riportato a Dio.

Quando invece noi giudichiamo, attribuiamo qualche cosa a qualche causa che noi vediamo, che noi tocchiamo, di cui noi facciamo esperienza.

Per questo il Signore ci dice: "Non dovete giudicare", tutte le cose che vi si presentano, non attribuitele alle creature, alle cose, alla natura, alle leggi, perché nelle cose c'è un mistero profondo.

In tutte le cose, in tutti gli avvenimenti c'è una Parola di Dio che giunge a voi, c'è l'infinito, c'è l'eterno che bussa alla vostra porta. Giudicando voi arrestate questo processo di infinito che arriva voi, poiché attribuendo una cosa a qualcuno, voi riconoscete la giustificazione di un avvenimento, di un fatto, di una parola, in una creatura, anziché riportarla al Creatore.

E come attribuiamo qualche cosa a una creatura, arrestiamo in noi il processo della ricerca della vera Causa.

Vera Causa di tutto è Dio, e Dio in tutte le cose ci sollecita ad alzare gli occhi a Lui, ad elevare la nostra mente a Lui, perché soltanto elevando la nostra mente a Lui, abbiamo la possibilità di ricevere da Lui (da Lui!), la conoscenza della vera causa, poiché Dio opera tutto per far conoscere Se stesso, quindi in quanto opera tutto per far conoscere Se stesso, in tutte le cose che Egli fa, opera per sollecitare noi ad elevare la mente a Lui (elevare la mente a Dio vuol dire pregare), perché solo da Lui c'è la possibilità di ricevere la luce su di Lui.

Colui che parla in tutto, si fa conoscere soltanto per mezzo di Se stesso.

Per questo è necessario fare questo passaggio e non giudicare, perché giudicando ci arrestiamo a delle cause seconde e non cerchiamo più la Causa prima e quindi non rendiamo più gloria di Dio.

Rendere Gloria vuol dire riconoscere ciò che uno è: poiché Dio è il Creatore di tutte le cose, rendere Gloria Dio, già nel campo della fede, campo della creazione, vuol dire riconoscere che Dio è il Creatore di tutte le cose e riconoscere che Dio è il Creatore di tutte le cose vuol dire escludere di attribuire le cose ad altro o ad altri.

"Non avere altro Dio all'infuori di Me".

Quindi non giustificare le cose in altro.

Questo vuol dire: "Non avere altro Dio all'infuori di Me".

Non giustificare le cose in altro, non giustificare gli avvenimenti, i fatti in altro o in altri, perché uno solo è il Creatore e quindi uno solo è Colui al quale tu devi rivolgere la tua ricerca per trovare la ragione, la giustificazione, la verità delle cose.

Ci troviamo con questi due grandi fatti: fatti che arrivano a noi senza di noi: la creazione di Dio.

Tutta la creazione arriva noi senza di noi.

E tutto il mondo che è soggetto ai nostri sensi, ai nostri occhi, agli orecchi, e tutto quello che arriva noi senza di noi.

Noi lo vediamo, lo tocchiamo, lo sentiamo, lo ascoltiamo, però non sappiamo che cosa sia.

Poi c'è tutto il mondo che non arriva noi se non è intelletto da noi.

Tutto quello che vediamo con i nostri occhi, lo vediamo, lo abbiamo presente, ma non lo intendiamo.

Invece tutto il mondo che è da intendere, noi non lo vediamo.

E non lo vediamo fintanto che non lo intendiamo.

Domenica scorsa abbiamo detto che l'unica via (la via alla luce), l'unica via attraverso la quale possiamo giungere alla luce, cioè possiamo giungere a capire quelle cose che soltanto se intellette vengono trovate, è la via dell'intelligenza.

Soltanto l'intelligenza ha questa prerogativa: essa non vede fintanto che non intende.

Tutti i nostri sensi vedono, sentono, toccano prima di intendere.

Le cose che arrivano a noi senza di noi, le vediamo, le abbiamo presenti però non sappiamo che cosa siano, soprattutto non sappiamo che cosa significhino.

Solo la nostra intelligenza non vede le cose, fintanto che non le intende.

La Verità si coglie soltanto intendendola e non la si vede fintanto che non la si intende.

E allora la via per arrivare alla Verità è soltanto l'intelligenza.

Dio è la Verità.

Per Verità s'intende quell'Essere in cui c'è la ragione di tutte le cose.

Dio è il Creatore, quindi essendo il Creatore, in Lui c'è la ragione di tutte le cose, quindi Lui è la Verità.

Abbiamo detto che la Verità non si trova se non conoscendola.

Dio non lo si può trovare se non conoscendolo.

Ma la Verità noi la possiamo trovare soltanto attraverso l'intelligenza, quindi Dio lo possiamo trovare soltanto attraverso l'intelligenza.

Questo "soltanto" vuol dire che, mentre tutte le cose ci annunciano Dio, Dio solo è il rivelatore di Se stesso, perché Lui non ha la giustificazione di Sé in altro, Lui solo ha la giustificazione di Sé in Se stesso: per questo Dio solo è rivelatore di Se stesso.

E se Dio è il rivelatore di Se stesso, ecco che soltanto se c'è la possibilità di un rapporto diretto con Dio, abbiamo la possibilità di conoscere Dio.

Tutto ciò che non è Dio, ci annuncia Dio, ma non può darci Dio.

Soltanto attraverso quella facoltà che ci mette in rapporto personale, diretto con Dio, possiamo avere Dio.

Quando diciamo rapporto diretto, s'intende esclusione di ogni altra creatura in mezzo, di ogni segno, di ogni parola.

Sant'Agostino affermava che tra la nostra intelligenza e la Verità non c'è interposta nessuna creatura.

Qui abbiamo la chiave di lettura per capire perché in noi ci sono le tenebre e quand'è che in noi si forma la luce.

Perché se fra la nostra intelligenza e la Verità non è interposta nessuna creatura, fintanto che tra la nostra intelligenza e la Verità c'è interposta qualche creatura o qualche segno o qualche parola, non possiamo vedere la Verità, perché la Verità esige questo rapporto diretto: solo Dio è rivelatore di Se stesso.

Allora le tenebre si formano in noi, non perché non ci sia la luce, non perché non ci sia la Verità o la Verità non sia presente a noi ma, perché tra la nostra intelligenza e la Verità abbiamo interposto altro e questo dà luogo alle tenebre.

Quindi le tenebre sono un sovraccarico.

È necessario recuperare questo rapporto diretto con Dio.

Il tema di oggi è: l'estasi di Ostia.

L'estasi di Sant'Agostino e di sua madre, alla vigilia della morte di questa, quando si trovavano a Ostia, in attesa di imbarcarsi per l'Africa.

Facevano ritorno in Africa, dopo aver soggiornato parecchi anni sia a Roma che a Milano, dove a Milano, Agostino finalmente si era convertito ed era stato battezzato.

Proprio in questa estasi, una delle pagine più belle che abbia l'umanità e che troviamo nel libro delle "Confessioni" di Sant'Agostino, proprio qui Agostino manifesta come alla Verità si giunga soltanto escludendo tra la nostra intelligenza e Dio ogni intermediario, ogni creatura, ogni segno, ogni parola.

Leggo perché abbiamo detto che è il tema di oggi.

Dal libro nono capitolo decimo.

Qui Sant'Agostino dice:

Quando già era vicino il giorno della sua partenza (della mamma), Tu (Dio) conoscevi quel giorno ma, a noi ancora restava ignoto, avvenne, credo per occulta disposizione delle tue vie, che ci trovassimo soli, essa ed io, affacciati a una finestra aperta sul giardino interno della casa dove abitavamo presso Ostia, alle foci del Tevere e dove, lontano dal chiasso, dopo le fatiche del lungo viaggio ci si rimetteva le forze per la navigazione.

Parlavamo fra noi soavissimamente e dimentichi del passato e volti all'avvenire, ci domandavamo, sempre al cospetto della Verità, ossia di Te, quale fosse mai quella via eterna dei beati che nessun occhio vide, nessun orecchio udì, che rimane inaccessibile alla mente umana.

Ogni parola va meditata perché rivela questa profondità di cammino verso la Verità, verso Dio.

Dice:

Dimentichi del passato e volti all'avvenire.

Chi si volta indietro non può cogliere la Verità, la Verità è sempre davanti a noi.

E poi dice:

Che nessun occhio vide, nessun orecchio udì.

Ecco non c'è nessun senso attraverso il quale noi possiamo arrivare alla Verità, quindi esclusione di tutto quello che si vede, di tutto quello che si tocca.

E prosegue.

La bocca del nostro cuore si apriva avida al fluire celeste della tua fonte, della fonte di vita che è in te, per esserne un poco, quanto era possibile alla nostra intelligenza, irrorati, sì da riuscire a formarci un'idea di tanta sublimità.

Giunti a una prima conclusione che qualsiasi piacere dei sensi del corpo, anche nel maggior splendore fisico, non solo non deve essere paragonato alla felicità di quella vita, ma nemmeno nominato, ci rivolgemmo con maggior intensità di affetto verso l'Essere in sé, e percorrendo a poco a poco tutte le creature materiali, fin su in cielo da cui il sole, la luna e le stelle piovono la loro luce sulla terra.

La nostra vista interiore si spinse più in alto nella contemplazione, nella enumerazione, nell'ammirazione delle tue opere e giungemmo al pensiero umano, e passammo oltre per raggiungere gli spazi dell'inesauribile ubertà ove tu pasci eternamente Israele con il cibo della Verità, dove vita è la sapienza che dà l'essere a tutte le cose, alle passate e alle future, ed essa non ha successione ma è come fu, come sarà, sempre, anzi meglio, non esiste in Lei il "fu", e il "sarà", ma solo "è", perché è eterna.

Il "fu" e il "sarà" non appartengono all'eternità.

Parliamo, aneliamo ad essa, ed ecco la sfiorammo un poco in uno slancio del cuore e con un sospiro vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito, per ridiscendere al suolo delle nostre voci, dove la parola ha inizio e dove si esaurisce.

Quale possibilità di confronto fra essa e il tuo Verbo che permane in Se stesso e non invecchia e rinnova tutto?

E dicevamo: se taccia il subbuglio della carne, se tacciano le immagini della terra, dell'acqua, dell'aria, se taccia il cielo è la stessa anima taccia e superi se stessa non pensando più a sé, se tacciano i sogni e le rivelazioni della fantasia e ogni parola e ogni segno e tutto quello che è mutevole, se taccia tutto interamente, e del resto, se si voglia prestare ascolto, tutte le cose dicono: "Noi non ci siamo fatte ma ci ha fatte Colui che vive l'eterno", se, detto questo, tacciono esse pure perché si sono rese attente al loro Creatore e parlasse Lui, Lui solo, non per il loro tramite ma direttamente, sì che noi potessimo ascoltare la sua voce, non voce di uomo, non voce d'angelo, non schianto di nubi, non enigmatiche similitudini ma Lui e Lui che in tutte queste cose amiamo; se Lui potessimo ascoltare senza tutte queste cose, come ora abbiamo sorpassato noi stessi in una fuggevole intuizione, delibando la sapienza eterna tutto sovrastante, se quest'istante si perpetuasse, via dileguate tutte le altre visioni di gran lunga inferiori e quell'istante rapisse, assorbisse, avvolgesse l'estatico (il contemplatore) nelle profondità del gaudio in modo che la vita perpetuasse quella fugace intuizione che ne fece sospirare, non è questo il senso di: "Entra nella gioia del tuo Signore?"

E quando, quando?

Forse quando tutti risorgeremo ma non saremo tutti mutati?

Questo dicevamo anche se non in tal modo e non con tali parole.

Ma Tu Signore, sai pure che in quel giorno, dopo quei discorsi, quando già questo mondo con tutti i suoi allettamenti per noi era diventato spregevole, ella disse: "Figlio, per conto mio nulla più mi attrae in questa vita. Che cosa io vi faccia qui, perché ancora vi rimanga, non so.

Ogni mia speranza in questo mondo è compiuta.

Una cosa sola mi faceva desiderare di vivere ancora un poco: vederti cristiano e cattolico prima di morire.

Iddio mi ha dato anche più del mio desiderio, perché ti vedo diventato suo servitore nel disprezzo della felicità terrena.

Che faccio qui?".

Ecco qui termina questo racconto, dopo pochi giorni la mamma muore e viene sepolto ad Ostia.

Questo l'abbiamo letto a conferma dell'argomento di domenica scorsa.

A Dio si giunge soltanto togliendo di mezzo, facendo tacere tutte le creature, tutte le parole, tutti segni, cioè mettendoci in un rapporto diretto: "Fate diritte le vie del Signore".

Mettetevi in questo rapporto diretto tra la vostra anima e Lui, tra la vostra mente e Dio, tra la vostra intelligenza e Lui che è la Verità.

Però c'è un fatto, qui si dice: "Per un istante cogliemmo e poi subito ridiscendemmo".

Un istante e c'è da chiedersi ed è l'argomento di oggi, perché le loro anime non rimasero?

Vedere la Verità vuol dire rimanere nella Verità.

Perché l'accolsero per un istante e subito ritornarono giù nelle cose del mondo?

Ora Gesù promise la venuta dello Spirito Santo, Spirito Consolatore, Spirito di Verità, come uno Spirito che "Resterà sempre con voi", quindi non è la visione di un attimo per poi ridiscendere, ma è una luce che rimane per sempre, al punto che "Vi condurrà a vedere la Verità in tutto".

E allora dobbiamo chiederci perché e che cosa significa questo istante di questa visione di Sant'Agostino e di sua madre che colgono la vita eterna, l'essere in sé, un attimo e poi non possono restare.

Evidentemente quella visione non era Pentecoste, poiché nella Pentecoste Gesù assicura: "Io, quando me ne sarò andato, vi manderò dal Padre lo Spirito Consolatore che resterà con voi per sempre", il che vuol dire che "Voi resterete con Lui per sempre". Qui abbiamo un'ascensione, cioè un mettere a tacere tutte le cose, tutte le creature, per raccogliere tutti i nostri pensieri, tutta la nostra mente in un unico pensiero: Dio e in quell'unico pensiero è scattata una scintilla.

Però evidentemente per giungere allo Spirito di Verità non basta mettere a tacere tutte le cose.

Gesù dice: "È necessario che Io me ne vada".

Abbiamo il processo di distacco perché in Gesù abbiamo la ricapitolazione di tutta l'opera di Dio, quindi di tutto quello che Dio fa arrivare  a noi senza di noi.

Gesù dicendo: "È necessario che Io me ne vada", ci fa capire la necessità che tutte le creature passino.

Perché devono passare?

Per lasciare a noi la possibilità di questo rapporto semplice e diretto, a tu per Tu con la Verità di Dio.

Però Gesù non dice soltanto: "È necessario che Io me ne vada", aggiunge "Quando me ne sarò andato, vi manderò lo Spirito di Verità".

Questo ci fa capire che la venuta dello Spirito di Verità, la luce in noi è costituita da questi due grandi elementi: prima il distacco quindi superamento di tutte le cose ("È necessario che io me ne vada"), secondo la venuta del Padre.

Senza questa venuta del Padre, noi cogliamo un attimo la Verità ma non possiamo restare.

Questo ci fa capire che la capacità di restare, non è data a noi dal fatto che superiamo tutte le cose.

Non basta, è necessario questo certo (Gesù dice: "È necessario che io me ne vada"), quindi è necessario che tutte le cose siano superate, perché fintanto che tra la nostra intelligenza, tra la nostra mente, tra la nostra anima e Dio c'è interposto qualcosa, qualche creatura, qualche segno, qualche parola, non possiamo cogliere la Verità.

Questo è necessario però non è sufficiente.

La Verità, la luce non viene a noi automaticamente: se venisse automaticamente sarebbe imposizione, cioè arriverebbe a noi senza di noi.

Non basta che io tolga tutto di mezzo per trovarla.

La Verità viene da-, non viene da quello che tolgo io.

La Verità viene da Dio: "Ve la manderò dal Padre".

Abbiamo San Giacomo che dice che ogni dono vero, quindi ogni Verità, quindi ogni luce, viene dall'alto, dal Padre della luce: viene dall'alto.

Quindi non viene da noi che togliamo di mezzo tutte le cose, ma viene dall'alto, dal Padre della luce: ogni dono perfetto, ogni dono vero.

È questa venuta da-, che forma in noi la capacità di restare sempre con-.

Qui dobbiamo tenere presente che c'è un momento in cui la luce splende anche nella nostra anima indipendentemente da noi, noi la cogliamo ma non possiamo sostenerla, non possiamo portarla.

Gesù stesso dice: "Ho tante cose da dirvi (quel "tante cose" è la Verità, è l'infinito) ma non potete portarle".

Ecco, fintanto che le cose arrivano a noi senza di noi, non le possiamo portare, perché tutto quello che arriva a noi, arriva a noi per imposizione, perché arriva  a noi indipendentemente da noi e tutto quello che arriva a noi indipendentemente da noi, fa parte dell'opera di Dio e in quanto arriva a noi senza di noi non è intelletta, e quello che non è intelletto non è sopportabile, non possiamo smentirlo però non lo possiamo intendere.

Questo ci fa capire che la luce non giunge a noi senza di noi: non per opera nostra, ma non giunge a noi senza di noi.

Mentre ciò che vedono i nostri occhi, ciò che sperimentiamo con i nostri sensi, anche le nostre intuizioni (qui c'è stata un'intuizione,un'intuizione profondissima, ma che era arrivata loro unicamente perché avevano tolto tutto di mezzo ma, non fu sufficiente perché non poterono restare), mentre tutte le cose che arrivano a noi indipendentemente da noi, sono esperimentate da noi ma, non sono capite da noi, la luce non può arrivare a noi senza di noi.

Allora dobbiamo chiederci in che cosa consista questo "non senza di noi", perché il "non senza di noi", non vuol dire che arrivi a noi per opera nostra, però non senza l'opera nostra.

Dobbiamo chiederci in che cosa consista.

Ci sono questi due grandi fatti: fatti che si impongono a noi e fatti che non s'impongono noi: la luce non s'impone a noi.

Arriverà il giorno in cui s'imporrà ma, questo appartiene alle cose che noi vediamo, che tocchiamo, che subiamo e che non possiamo sopportare.

Ci sono cose che ci sono imposte perché arrivano a noi senza di noi, tra queste cose che ci sono imposte, noi non vediamo la luce, non vediamo la Verità.

Allora la Verità ci è soltanto proposta.

E fintanto che ci è proposta, è data a noi la possibilità di giungere ad essa.

Ma per giungere a quanto ci è proposto, noi dobbiamo già averlo in noi, perché non potremo dedicarci a qualcosa, se questo qualcosa non fosse già presente in noi in qualche modo.

La luce viene da Dio, viene dalla Verità.

Dio dà a noi la sua Verità, ma la presenza della sua luce in noi senza di noi, per noi è notte, è tenebra.

Noi non possiamo smentirla.

Tant'è vero, abbiamo detto le domeniche scorse, che le tenebre sono costituite dalla presenza della luce.

Questo cieco dice: "Io ero cieco", sapeva di non vedere.

E come faceva a sapere di non vedere se non avesse avuto la presenza della luce in sé?

L'esperienza della notte è una conseguenza della presenza della luce ma, una presenza della luce in noi senza di noi.

La luce in noi senza di noi, non diventa luce senza di noi, senza la partecipazione nostra.

Come quel cieco è passato dalla notte alla luce?

"Io una cosa sola so: prima ero cieco adesso vedo".

Adesso sa di vedere.

Come è passato da quel prima a questo adesso?

Prima era cieco, adesso vede.

Come è passato?

Attraverso l'incontro con Gesù, attraverso l'incontro con la Parola di Dio.

È la Parola di Dio che ci fa passare, se ascoltata.

Cioè noi entriamo nella luce ascoltando.

Non per iniziativa nostra.

Non basta mettere tutto a tacere.

È necessario mettere tutto a tacere ma, è necessario per giungere alla luce che questa luce venga da-.

E come viene da?

Viene da-, in quanto noi ascoltiamo Colui che parla con noi.

Gesù dice: "Io ve lo manderò".

"Io, Parola di Dio, Parola che voi ascoltate, Io, Parola di Dio, se me ne sarò andato ve lo manderò dal Padre".

Quindi è ascoltando la Parola di Dio che si giunge a vedere lo Spirito di Verità con la capacità di restare in questo Spirito di Verità. Quindi è solo e tutto opera di Dio.

Nell'opera di Dio ci sono due tempi: abbiamo Dio che opera in noi senza di noi la creazione, la stessa luce di Dio in noi, la Presenza di Dio in noi, è tutta opera che Dio fa indipendentemente da noi.

Tutto quello che noi riceviamo indipendentemente da noi costituisce due dati: Dio e l'opera di Dio, la creazione di Dio.

Questi due dati in noi, fintanto che non vengono rapportati, unificati non ci fanno entrare nella luce.

La luce è rapporto tra questi due dati.

I dati arrivano a noi senza di noi.

A-La Presenza di Dio, la Verità di Dio, Dio Creatore, questo sapere che esiste una Verità, vuol dire che l'uomo porta in sé la Verità indipendentemente da sé.

B-La visione delle opere della Verità, la creazione stessa, la nostra vita e tutto quanto è l'altro termine del rapporto.

L'uomo è colui che sa che esiste una Verità, ma non sa che cosa sia questa Verità.

Fintanto che fra questi due dati non scatta il rapporto (il rapporto non scatta senza di noi), fintanto che non c'è questa unificazione, non scatta la luce e noi non percepiamo la luce.

Ora come questo rapporto può essere costituito?

Per opera nostra?

No, perché la nostra intelligenza non vede fintanto che non intende.

Ma come fa ad intendere se non vede?

Evidentemente il vedere dell'intelligenza dipende dall'intendere.

Ma per intendere (la nostra intelligenza da solo è cieca) la nostra intelligenza deve guardare, essa riceve la luce da ciò cui guarda.

Ma come fa a guardare se non vede?

Ecco il rapporto, quindi la luce, fra i due termini che arrivano noi senza di noi, si forma ascoltando la Parola di Dio.

È questo il secondo tempo dell'opera di Dio.

È Dio che parlando con noi costituisce il rapporto tra le sue opere è Lui stesso.

È per questo che si richiede la dedizione della creatura.

Per cui quei due termini che sono dati a noi, non vengono rapportati tra loro senza di noi.

Ma non basta l'opera nostra: non per opera nostra ma, non senza l'ascolto da parte nostra della Parola di Dio.

È la Parola di Dio che stabilisce il rapporto.

È la Parola di Dio che fa sorgere la luce, se questa Parola viene da noi ascoltata, custodita, meditata fino a quel livello in cui manda a noi dal Padre lo Spirito di Verità che illumina e chi ci dà la possibilità di restare nella luce.

Lunedì 22/Febbraio/1988

Luigi: Per capire si richiede la partecipazione nostra e la partecipazione dall’origine.

Tu capisci in quanto giustifichi la cosa nell’origime.

Nel pensiero del tuo io non puoi vedere Dio e non hai quindi la possibilità di capire, di conoscere.

Per arrivare a conoscere si richiede il superamento del tuo io, perché solo vedendo le cose nel Principio e dal Principio tu capisci le cose.

Le cose che arrivano ai tuoi sensi, “dipendono” dal tuo occhio che vede e che sente ma non le vedi mica dal Principio, allora tu le cose le noti, le vedi presenti però non le capisci.

Se quello che tu vedi fosse voluto da te, allora tu lo capiresti, perché potresti giustificarlo in te, ma il nostro io non giustifica niente.

Le cose sono in relazione al tuo io, però il tuo io non giustifica niente e allora non capisci niente.

Devi quindi superare il pensiero del tuo io, perché nel pensiero del tuo io non puoi vedere Dio, per giustificare le cose nella loro vera causa cioè Dio.

Il tuo io non giustifica niente, tu il filo d’erba lo vedi, però non lo giustifichi mica, tant’è vero che tu non sai cosa sia il filo d’erba, perché non sei tu che lo fai, devi trovare Chi fa il filo d’erba e lì hai la giustificazione.

Luigi: Il vedere è una conseguenza dell’aver capito.

Infatti tu la verità, quando la capisci, allora veramente la vedi.

Prima no, prima non puoi smentirla, però non la capisci e quindi non la vedi.

Questo ci fa capire che nel campo della verità, quindi nel campo dell’assoluto le cose si posseggono soltanto conoscendole.

Nel nostro campo dei sensi, tu puoi possedere una cosa o una persona, però non le conosci.

Nel campo naturale dell’io, tu possiedi le cose però non le conosci, nel campo dello spirito, se non conosci non possiedi.

Evidentemente il campo vero è quello dello spirito.

L’intelligenza è l’unica via che per vedere deve conoscere, invece tutte le altre vie vedono prima di conoscere. Allora quest’ultime non ti danno la verità.

Luigi: Tu hai due termini (Dio e opera di Dio) ma non hai il rapporto fra i due, non conoscendo il rapporto fra i due, i due termini ti causano la notte.

C’è Dio e c’è la creazione però fintanto che tu non conosci il rapporto che passa fra Dio e la creazione, sei nella notte, non capisci.

I dati arrivano a te senza di te, ma il rapporto non arriva a te senza di te.

La parola di Dio stabilisce il rapporto fra questi due dati, però si richiede la nostra dedizione a questa parola di Dio.

Per cui si entra ascoltando Dio, non inventando i rapporti, perché tu puoi inventare i rapporti però lavori di fantasia: allora resta sempre il dubbio, sei tu che pensi, invece si entra nella verità ascoltando.

Luigi: La parola di Cristo a un certo momento si ritira e ti mette in rapporto diretto con il Padre, per poter ricevere dal Padre, non più paraola come segno ma parola come presenza, cioè il Figlio, il pensiero di Dio.

La Parola ci porta fino a quel livello dove noi possiamo adesso guardare il Padre, guardando il Padre adesso riceviamo non più la parola-segno ma la parola-presenza, essere persona, la persona del Figlio.



Quegli dunque rispose loro: "Se sia peccatore non lo so. So soltanto che ero cieco e che ora vedo chiaro".

Gv 9 Vs 25  Terzo tema.


Titolo:  La natura dell'intelligenza (la città che discende dall'alto).


Argomenti: La condizione per restare nella luce. I due mondi dell'uomo:imposto/proposto. L'intelligenza non vede, fintanto che non capisce. L'intelligenza intende soltanto nella misura in cui riceve, da sola è cieca. La Parola di Dio rapporta l'effetto con la Causa. L'intelligenza si forma nella misura in cui riceve dalla Causa. La luce non s'impone, si propone. L’intelligenza si forma per rapporto diretto con la Luce, richiede-Trascendere tutto+capacità di restare. La capacità di restare ci viene dallo Spirito che viene solo DAL Padre.


 

28/Febbraio/1988 Casa di preghiera Fossano.


Dobbiamo fermarci ancora sul versetto 25 del capitolo nono di San Giovanni, dove si dice che quell'uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù il giorno di sabato, alla richiesta dei farisei, l'autorità di allora, di dare gloria di Dio ("Noi sappiamo che quest'uomo è peccatore"), rispose: "Se sia peccatore io non so, so soltanto che ero cieco e che ora vedo".

Domenica scorsa ci siamo soffermati sull'episodio dell'estasi di Ostia di Sant'Agostino e di Monica sua madre, e abbiamo visto come proprio eliminando tutto quello che c'è nel mondo esterno, tutto quello che è sentimento, tutti quelli che sono i pensieri della nostra anima, fossero giunti all'intuizione della vita eterna, un'intuizione che, confessa Sant'Agostino nelle sue "Confessioni", durò un attimo, poi dovettero ridiscendere alle cose comuni.

Abbiamo visto qual è la condizione per vedere ma, ci siamo anche chiesti perché non poterono restare.

Il problema è quello della conoscenza.

Siamo partiti dal fatto che questo cieco a un certo momento dice: "Io so una cosa sola: prima ero cieco e adesso vedo", ed è ciò che ogni uomo può testimoniare, può confessare.

Ogni uomo è un testimone della propria cecità e quando riceve la luce diventa un testimone della luce che ha ricevuto.

Ogni uomo sa di non capire.

Noi tutti siamo fatti spettatori della creazione, dell'universo, di tutti i fatti che accadono: siamo fatti spettatori, testimoni di essi, però una cosa sappiamo: tutto è mistero, tutto è avvolto in una notte.

E ci siamo anche chiesti come facciamo a saperlo.

Perché l'uomo sa di non sapere?

Il fatto di sapere di non sapere è una conseguenza del fatto che nell'uomo c'è la luce e nello stesso tempo c'è la vocazione alla luce.

L'uomo è un portatore della luce, è un portatore della Verità.

Non sentirebbe il problema se non fosse chiamato, vocato, destinato alla soluzione del problema stesso.

Quindi l'uomo in quanto sente un problema, e già chiamato alla soluzione, altrimenti Dio non gli farebbe sentire il problema.

Se noi sentiamo il problema della notte, delle tenebre, del mistero, è perché siamo chiamati alla luce, non solo, ma portiamo in noi la testimonianza stessa della luce.

Il problema adesso è: qual è la condizione per restare?

Il tema di oggi è: la città che discende dall'alto.

Prendiamo come pensiero guida quello che abbiamo letto nella preghiera di Salomone a Dio per ottenere la sapienza in cui dice: "Senza la sapienza da Te mandata nulla vale".

Abbiamo visto che il problema della luce, della conoscenza è in relazione, poiché la luce c'è, a tutto ciò che s’interpone tra noi e la luce, tra la nostra intelligenza e la luce.

Sant'Agostino dice che tra la nostra intelligenza e la Verità non è interposta alcuna creatura, alcun segno, alcuna parola, alcun angelo, tanto meno alcuna istituzione.

Tra la nostra intelligenza e la Verità, tra la nostra anima e Dio non è interposta alcuna creatura.

Ma proprio qui, noi capiamo anche perché ci sono le tenebre, perché dicendo che fra la nostra intelligenza e Dio non è interposta alcuna creatura, si dice anche che non deve essere interposta alcuna creatura.

Fintanto che tra la nostra intelligenza e Dio noi interponiamo creature, parole, pensieri, sentimenti, regole, non possiamo vedere la luce, non possiamo vedere la Verità.

Sant'Agostino intuì con sua madre la luce in un istante, ma la intuì proprio perché trascese tutto quello che è creazione, tutto quello che è mondo fuori di noi e tutto quello che è mondo dentro di noi, perché dice "Superammo anche tutti i pensieri delle nostre anime", ed è già quanto lui affermava dicendo che se vuoi attingere la Verità devi passare dalle cose esteriori alle cose interiori, perché la Verità abita dentro di te (la Verità abita dentro l'uomo).

Ma poi è anche necessario trascendere tutto quello che portiamo dentro di noi, perché la Verità, la luce, si attinge solo da Dio: "La luce dalla luce", "Nella tua luce noi vedremo la luce", però non poterono restare perché?

E allora il problema è: qual è la condizione per restare?

Essi intuirono.

E questo ci fa capire che quando noi eliminiamo tutto ciò che non è Dio tra la nostra intelligenza e Dio, tra la nostra anima e Dio, siamo condotti a intuire la Verità.

Ma intuire non è ancora intendere.

C'è differenza fra l'intelligenza e l'intuizione.

Noi ci troviamo con due mondi: un mondo che arriva a noi senza di noi, e un mondo che non arriva a noi senza di noi.

Il mondo che arriva a noi senza di noi, è tutto quello che si afferma su di noi, è ciò che arriva a noi attraverso i nostri sensi.

Tutta la creazione di Dio arriva a noi senza di noi.

E proprio perché arriva a noi senza di noi, noi la vediamo, la tocchiamo, la esperimentiamo, però non la capiamo.

C'è invece tutto un altro mondo che non arriva a noi senza di noi e questo è il mondo dei doni maggiori di Dio: la conoscenza, l'intelligenza, la vita eterna.

La conoscenza di Dio non arriva a noi senza di noi.

Tutto ce lo annuncia e ce lo annuncia indipendentemente da noi.

Tutti sono invitati.

Le Parole di Dio arrivano a noi indipendentemente da noi, si affermano, però la conoscenza di Dio, l'intelligenza, la comprensione non arrivano a noi senza di noi.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi, è imposto a noi e, proprio perché è imposto, non è intelletto, e non può essere intelletto, perché tutto quello che arriva a noi e s'impone su di noi è tutto rapportato al nostro io: è il nostro io che subisce.

Subisce (come una macchina fotografica) l'impressione dell'opera di Dio.

È Dio che entra nel nostro mondo, è Dio che entra nel pensiero del nostro io e si annuncia, si afferma, s’impone.

Noi avvertiamo che le cose arrivano a noi, s’impongono su di noi, tant'è vero che quello che vediamo non possiamo dire di non vederlo.

Si è affermato, ha lasciato una traccia su di noi.

Però proprio il fatto che non capiamo quello che si impone su di noi, questo ci fa capire che non siamo noi a volerlo, siamo noi a subirlo.

Quindi non siamo noi che vediamo: è qualcuno che ci fa vedere.

I nostri occhi vedono e non capiscono.

Invece l'intelligenza non vede fintanto che non capisce.

E allora qui si forma il problema: come la nostra intelligenza può giungere a capire?

Proprio perché non vede, fintanto che non capisce, l'intelligenza è l'unica via per arrivare alla luce, per arrivare a Dio, per arrivare alla Verità.

La Verità, infatti, non si trova se non conoscendola.

Invano gli uomini cercano la Verità correndo a destra e a sinistra, e invano cercano la Verità analizzando il mondo attorno a loro: sono condannati al fallimento.

Poiché la Verità non si trova fuori di noi.

La Verità non si trova tra le cose che arrivano a noi indipendentemente da noi, perché la Verità si trova solo conoscendola, quindi non è tra le cose che s’impongono.

Soltanto se in noi c'è una facoltà che non vede fintanto che non intende, noi possiamo per essa, giungere intendendo a vedere, giungere a vedere la Verità, poiché la Verità si trova solo intendendola.

E fintanto che, anche se ne sentiamo parlare, noi personalmente non intendiamo la Verità, non la vediamo.

Non la possiamo smentire, poiché la Verità trascende tutto, si afferma su di noi, ma non la vediamo.

Non possiamo smentirla, ma non la vediamo.

Non vedendola non possiamo restare con essa.

Soltanto se in noi c'è una facoltà che non vede fintanto che non intende, questa è l'unica via per giungere a vedere la Verità.

Perché fintanto che noi vediamo le cose senza intenderle e quindi tutto il mondo che arriva noi attraverso i sensi, certamente attraverso questi noi non possiamo attingere la Verità.

Abbiamo anche detto che l'intelligenza, siccome non vede fin tanto che non intende è cieca.

Come fa a intendere quello che non vede?

Abbiamo già accennato al fatto che l'intelligenza intende soltanto nella misura in cui riceve.

Se Dio non parla ("Senza la sapienza da Te mandata nulla vale"), se Dio non si annuncia, la nostra intelligenza è cieca. La nostra intelligenza da sola è cieca.

S'intende in quanto si vedono le cose nella Verità e si vedono le cose nella Verità in quanto si vedono giustificate.

Per giustificare bisogna vedere quella che è l'opera del Creatore.

L'effetto bisogna vederlo nella causa.

In noi c'è la presenza del Creatore, c'è la presenza di Dio: la Verità abita dentro di noi, noi siamo portatori della Verità, tant'è vero che siamo fame di Verità, bisogno di Assoluto, e proprio perché siamo passione di Assoluto (passione vuol dire che patiamo questa presenza dell'Assoluto), questo è segno che l'Assoluto è dentro di noi: noi lo portiamo come un dato.

E portiamo anche l'opera del Creatore, l'opera di Dio, come un altro dato.

Due sono i dati: la causa e l'effetto: per questo noi avvertiamo il mistero.

Questo rapporto è soltanto la Parola di Dio che lo mette.

Soltanto Colui che viene dall'alto ci può condurre a vedere le cose in alto.

Ora non potrebbe condurci se non ci fosse la possibilità di seguirlo.

Quindi l'intelligenza di per sé è cieca.

Ma, se qualcuno la conduce per mano e la conduce a vedere la Causa, qui ha la possibilità d'intendere.

Dio parla e parlando forma in noi l'intelligenza.

Come parlando forma in noi l'orecchio per intendere le sue Parole, così Dio parlando forma in noi l'intelligenza. L'intelligenza si forma in noi intendendo e per quanto s'intende.

L'intelligenza si forma nella misura in cui riceve da- (la luce discende dall'alto) e la creatura diventa intelligente nella misura in cui ha ricevuto dalla Causa.

Quindi se la Causa, cioè se Dio, se il Creatore non parla a noi, la nostra intelligenza è cieca, ma se parla, dà a noi la possibilità d'intendere.

Dico possibilità: non è imposizione, perché se fosse in imposizione, saremmo nel campo dei segni, degli effetti e tutto quello che è imposizione sul nostro io, ci acceca, ci fa toccare il mistero, non c'illumina.

Quindi l'intelligenza non può essere un'imposizione.

Può essere una proposta.

Dio parlando ci fa una proposta: la proposta di Sé, se noi ascoltiamo la Parola di Dio e vi poniamo mente, riceviamo la luce.

Per questo non si arriva alla luce senza di noi.

Però la luce non è opera nostra.

La luce è opera di Dio, non s'impone, si propone.

E allora richiede la partecipazione nostra: "Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te".

Colui che in tutto opera e parla e fa segni di Sé, non ti fa capire il significato, non t'illumina senza di te.

E che cosa è questo "senza di te"?

È proprio la creatura che, ascoltando la Parola di Dio, cerca di capire quello che Dio le propone, quello che Dio significa e come cerca di capire?

Cerca di capire in quanto Dio parlando (poiché la Presenza di Dio è in noi) ci riporta alla sua Presenza, se noi lo ascoltiamo e lo seguiamo, noi giungiamo all'intelligenza di Lui.

L'intelligenza si forma ascoltando, ricevendo da-.

Se noi ascoltiamo ma, non cerchiamo di capire siamo fatti stolti, non si forma in noi il intelligenza.

Noi siamo creature in formazione, non siamo fatti.

Anche la nostra intelligenza e un intelligenza che si sta formando ma, si forma per un rapporto diretto verso la luce. Fra la nostra intelligenza e la Verità non è interposto niente.

Quindi prima di tutto bisogna trascendere tutto, perché fintanto che in noi c'è qualche cosa in mezzo, quindi non c'è un rapporto diretto e personale con Dio, per noi ci sono le tenebre.

Ma se noi superiamo tutto, noi abbiamo la possibilità della luce.

Possibilità della luce che non è ancora possibilità di restare nella luce.

La capacità di restare viene dallo Spirito che discende dall'alto, dallo Spirito di Verità.

Perché Gesù dice di mandarlo dal Padre: "Lo spirito che resterà con voi per sempre", quando parla della sua necessità di andarsene dicendo: "È necessario che Io me ne vada".

Ci fa capire come sia necessario che tutto ciò che non è Dio se ne vada da noi.

Quindi tutta l'opera di Dio, tutta la creazione di Dio che si conclude (il compimento dei tempi di Cristo) nel Cristo, il Verbo di Dio incarnato fra noi, tutta quest’opera a un certo momento deve essere superata, deve andarsene, perché altrimenti lo Spirito non può venire a noi.

Lo Spirito di Dio non viene dalla creazione, non viene dai segni, lo Spirito di Dio non viene nemmeno dal fatto che noi stessi togliamo tutto di mezzo tra il nostro pensiero e Dio.

Abbiamo detto che Sant'Agostino e Santa Monica in quel punto d'intuizione, non hanno ricevuto lo Spirito Santo, hanno tolto tutto quello che impediva loro di intuire la luce eterna.

Tra la loro mente, tra la loro intelligenza e la Verità hanno tolto tutto quello che era interposto.

Però non basta togliere tutto per ricevere lo Spirito.

Gesù dice: "È necessario che Io me ne vada", quindi questo è necessario.

Ma non è sufficiente.

Infatti, Egli aggiunge: "Quando me ne sarò andato, vi manderò lo Spirito dal Padre".

Quindi è necessario che a un certo momento tutti i segni si ritirino da noi.

I segni si possono ritirare in due modi: si possono ritirare perché noi superiamo tutto come han fatto Sant'Agostino e sua madre che a un certo momento hanno trasceso tutti i segni esterni e tutti segni interni, tutte le parole, tutto quanto per raccogliersi unicamente nel Pensiero di Dio.

Ma può anche darsi che i segni ci siano tolti.

Arriva un momento in cui tutto Dio ci toglie.

Tutto ciò che non è Lui, Dio ce lo fa sparire, ce lo elimina, ci annulla tutti i valori per cui noi viviamo diversi da Lui, per cercare di salvare le nostre anime.

Perché la salvezza sta nel rapporto personale con Dio.

Se la salvezza non stesse in un rapporto personale con Dio, Dio non ci annullerebbe ogni cosa.

Tutto questo è necessario ma non è sufficiente.

Non basta togliere da noi ogni cosa, non basta morire, non basta che Dio ci conduca alla morte per vedere la Verità. Tutto questo è necessario ma non è sufficiente: lo Spirito di Verità viene dal Padre e solo dal Padre.

Gesù prima di partire affida i suoi discepoli, i suoi apostoli al Padre, perché è dal Padre che devono ricevere lo Spirito di Verità.

E qui aggiunge: "Il quale resterà sempre con voi".

Ecco, è lo Spirito che viene dal Padre, che viene dall'alto, che forma in noi la capacità di restare sempre con Dio, perché Lui resta sempre: ecco l'intelligenza.

L'intelligenza si forma da-, è formata da-, riceve l'essere da-.

Si diventa intelligenti non in quanto si va verso qualche cosa ma, in quanto si discende da qualche cosa.

La città di Dio è la città della luce, è la città della sapienza mandata da Dio, è la città che discende dall'alto.

Lo Spirito dice Gesù, venendo in voi resterà sempre con voi.

È proprio questo Spirito che rimane sempre con noi che dà a noi la possibilità di restare sempre con Dio, perché non siamo noi che possiamo restare con Dio.

È soltanto se riceviamo lo Spirito che resta sempre con noi, che questo dà a noi la possibilità di restare sempre con Lui.

E allora abbiamo questi due grandi tempi nell'opera di Dio: il tempo dell'opera in cui Dio fa tutte le cose per annunciarci che Lui esiste: e sono i segni di Sé.

Ed è in questo tempo che rientra anche il tempo in cui Dio annulla tutti i suoi segni, dopo averci annunciato la sua Verità, per portarci al rapporto personale con Lui.

E poi abbiamo il tempo in cui Dio ci manda il suo Spirito e questo non lo manda a noi senza di noi.

Arriva il momento in cui la Verità s'impone, ma in questo caso la creatura non è più in grado di comprenderla, anche se non può smentirla e non è più in grado di restare.

Bisogna che lo Spirito venga in noi prima che la Verità di Dio s'imponga.

Quindi richiede la partecipazione da parte nostra.

Abbiamo visto che l'intelligenza si forma nella misura in cui si riceve da Dio, nella misura in cui si riceve da Dio lo Spirito.

Ricevendo la comunicazione di Dio, la luce da Dio, proprio questa forma l' intelligenza.

Allora la nostra intelligenza acquista l'esistenza, acquista l'essere dalla comunicazione.

È la conoscenza della Causa (che è la conoscenza da Dio del Padre) che forma, fa essere la nostra intelligenza.

Colui che riceve l'essere dal Padre è il Figlio di Dio.

Il Figlio di Dio contemplando il Padre riceve l'essere dal Padre, perché contemplando il Padre, vede l'opera del padre, vede Se stesso perché Lui è l'opera del Padre.

Il Figlio di Dio si conosce come opera del Padre, come generato dal Padre.

E come si conosce?

Contemplando il Padre.

Riceve tutto dal Padre.

Conoscendo il Padre riceve l'essere.

L'Essere è uno solo e le Persone sono due.

Anche la nostra intelligenza riceve l'essere dalla conoscenza del Padre.

Qui capiamo come l'intelligenza sia un segno del Figlio di Dio e come la nostra intelligenza che si forma per conoscenza, ci rivela che l'essere viene dalla conoscenza.

Per cui nel campo dello spirito l'essere viene dalla conoscenza e non al rovescio.

L'essere viene dalla conoscenza, si forma conoscendo.

Qui abbiamo la testimonianza che è proprio in questa intelligenza che, ricevendo l'essere da Dio, si fa una cosa sola con il Figlio stesso di Dio.

Luigi: L’intelligenza è cieca, quindi essendo cieca, se è condotta a vedere vede, ma bisogna che sia condotta.

Infatti Gesù dice: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”.

Il che fa capire che noi con tutta la nostra intelligenza siamo nell’impotenza.

“Me” è il pensiero di Dio, è il verbo di Dio che parla con noi, quindi parlando con noi conduce noi (intelligenza cieca).

L’intelligenza intende in quanto vede ma come fa a vedere se è cieca? Chi è che la conduce alla sorgente?

La nostra intelligenza è la capacità di riconoscere una cosa che viene dalla sorgente, che viene dal principio, però il principio non lo vede mica. Chi è che lo conduce a vedere il principio?

Se qualcuno la conduce a vedere il principio, qui sì l’intelligenza ha la capacità di vedere.

L’intelligenza si forma per discendenza dal principio.

Costata quello che viene da-. Dal principio, ma chi mi conduce al principio?

Soltanto Colui che viene dal principio, che è il principio.

Per cui nessuno può salire in alto se non Colui che discende dall’alto.

Colui che conosce il principio, colui che è nel Padre, nel seno del Padre, mi può condurre, allora condotto a-, ricevo da-, allora qui l’intelligenza si forma, acquista l’essere dalla conoscenza, però questa conoscenza la riceve in quanto ascolta la parola di Dio, ma non è sufficiente l’ascolto, ci vuole la dedizione alla parola ricevuta.

Bisogna che si dedichi fino ad arrivare ad intendere la parola di Dio in ciò che la parola di Dio le dice.

La parola è ancora un segno, la parola arriva a noi indipendentemente da noi.

Cristo parla tra noi indipendentemente da noi.

Non è detto che quando Lui ha parlato io veda. No!

Bisogna che io mi dedichi alla sua parola: “Se resterete nelle mie parole giungerete a conoscere la Verità”.

Allora è Lui che conduce, soltanto che condotto da Lui, Lui cosa mi porta a vedere? (Lui parla solo del Padre).

Mi porta a vedere il principio.

Adesso dal principio si forma l’intelligenza.

Per cui l’intelligenza è ciò che io ho visto dal principio.

Nel principio e dal principio.

Vedendo da-.

Non in quanto vado verso.

In quanto vado verso sono ancora sempre condotto.

In quanto ho visto da-, sono diventato intelligente.

L’intelligenza si forma per quello che ho visto dalla causa.

La conoscenza della causa mi fa conoscere gli effetti.

Eligio: Più che nell’intelligenza sono entrato nella conoscenza...

Luigi: La conoscenza che cosa è?

È intelligenza di-.

Cioè è il collegamento dell’effetto con la sua causa.

Ma tu colleghi l’effetto con la sua causa, in quanto contempli la causa, in quanto qualcuno ti ha condotto a contemplare la causa.

Conoscendo la causa, tu adesso giustifichi l’effetto.

Come il Figlio di Dio, contemplando il Padre conosce Se stesso? Contemplando il Padre vede l’opera che il Padre fa e l’opera che il Padre fa è il Figlio.

E allora lì si scopre come Figlio.

E anche noi siamo destinati a scoprirci (per opera del Figlio) come figli di Dio: “Ha dato loro la potenza di diventare figli di Dio”.

E come ci ha dato questa potenza?

In quanto il Figlio parlando con te, ti conduce a conoscere il Padre e dal Padre vedi il tuo io nuovo che nasce dal Padre e formi una sola cosa con il Figlio.

E tutto questo è opera del Figlio.

Però a un certo momento il Figlio stesso ti affida al Padre perché tu stesso possa vedere quello che il Figlio vede: “Io voglio che dove Io sono, siano anch’essi e possano vedere la mia gloria”.

La sua gloria è il Padre.

“Dove Io sono” è dove Lui riceve l’essere.

Tra il Figlio e il Padre non c’è interposta nessuna creatura, nessun segno, nessuna parola.

Niente!

È presenza con presenza.

Il Figlio contemplando il Padre riceve l’essere:”Io sono” dal Padre.

Lui dice: “Io voglio che dove Io sono siano anch’essi perché possano vedere la mia gloria”:

Perché: “Vedere la mia gloria”?

“Affinchè essi ricevano l’essere dal Padre e formino una cosa sola, come noi formiamo una cosa sola”.

Il Figlio rimane sempre con il Padre, anche quando s’incarna e viene nel mondo Lui resta sempre col Padre, perché questo?

Intanto ci fa capire quale è la condizione per potere restare con il Padre: tu resti nella misura in cui ricevi da-, dal principio.

Ecco questa è l’intelligenza che si forma in noi.

Abbiamo la condizione per vedere e la condizione per restare.

Sant’Agostino la condizione per vedere l’ha detta chiaramente: eliminiamo tutto quello che c’è in mezzo, poiché le tenebre sono formate non dalla mancanza di Luce ma sono formate dal fatto che tra la tua intelligenza e la verità vi sono creature, è l’interposizione che t’impedisce di vedere e quindi ti fa esperimentare le tenebre.

I segni sono necessari per sollecitarti a cercare la Verità, per cui i segni arrivano a te indipendentemente da te e ti annunciano il principio ma poi è necessario superarli.

Quindi in un primo tempo è necessario che tu guardi con gli occhi e vedendo con gli occhi vedi le creature, i segni, le parole di Dio che arrivano a te indipendentemente da te ma se tu vuoi intendere devi chiudere gli occhi.

Eligio: Però chi mi fa chiudere gli occhi e superare i segni?

Luigi: Prima di tutto è la passione d’assoluto e di verità che porti in te, tu t’accorgi che quello che costati con i sensi non è la verità.

Perché tu vedi ma non capisci.

Perché vedi e non capisci?

L’animale vede ma non sente il bisogno di capire.

Perché invece noi sentiamo il bisogno di capire?

Perché t’accorgi di non capire?

Appunto perché porti in te questo bisogno di verità.

Quindi c’è in te l’opera di Dio e Dio però tu t’accorgi di non capire perché non colleghi le due cose.

Non le riesci a collegare.

Ora qui questo cieco nato che rappresenta ognuno di noi, come ha acquistato la vista?

Dall’incontro con Cristo.

E questo incontro con Cristo è la parola di Dio.

È la parola di Dio che l’ha illuminato.

Per cui in noi c’è la cecità determinata da Dio e dall’opera di Dio, però noi non riusciamo a fare il rapporto.

Però sentiamo il bisogno del rapporto.

Però la mia intelligenza è cieca e non posso vedere il principio, solo la parola di Dio può collegarmi al principio, alla città santa.

La parola di Dio è quella che ti collega tutta l’opera di Dio col Padre.

Ti riporta sempre al principio, riportato al principio ti dà la possibilità...

Non te lo impone, perché nell’imposizione tu subisci, in quanto subisci non puoi capire perché lo riferisci al tuo io, è il tuo io che subisce e il tuo io non giustifica niente e quindi è notte.

Tu riesci a trovare la luce soltanto in quanto riesci a giustificare ma per giustificare devi essere in collegamento con il principio in cui c’è la ragione di tutte le cose che noi chiamiamo Verità: il principio è Dio Creatore.

Soltanto in quanto puoi vedere le opere di Dio in Dio e da Dio puoi restare.

Per cui non basta andare verso-, anche se andando verso, arriva un momento in cui tu intuisci, eliminando tutto intuisci, perché resti in rapporto diretto.

Ma se tu in quest’intuizione non discendi, non derivi da-, non partecipi.

Il Padre non ti comunica suo Figlio senza di te, perché i figli di Dio nascono da Dio non inconsciamente, non per un atto magico ma per partecipazione personale.

Il Figlio di Dio è generato dal Padre ma per partecipazione personale, non per un atto magico.

Noi come figli nasciamo da padre e madre per un atto magico e non sappiamo come, invece il Figlio di Dio nasce per partecipazione personale, per conoscenza.

Quindi soltanto in quanto noi possiamo partecipare di questa conoscenza, noi partecipiamo dell’opera di Dio ed è questo che ci rende intelligenti.

Dio in tutti i suoi segni non fa altro che manifestare, significare Se stesso, poiché Lui solo è.

L’intelligenza è la significazione in noi della seconda persona della Trinità, del Figlio di Dio, perché la nostra intelligenza è fatta dalla conoscenza, conoscendo acquista l’essere, cioè è la comunicazione che mi dà l’essere, per cui se io non ricevo da-, io perdo l’essere, c’è una diminuzione di essere.

La Luce l’abbiamo in quanto partecipiamo alla sorgente della Luce.

La Vita l’abbiamo in quanto partecipiamo alla sorgente della Vita.

Noi siamo in quanto partecipiamo di Dio ma se io non partecipo, io perdo tutto e quindi assisto al niente, non posso annullarmi perché sono opera di Dio e non posso annullare le opere di Dio, però assisto al mio niente, assisto alla mia perdita di vita e io divento contemplatore della mia morte anzichè essere contemplatore della vita.

Dio è il vivente e io vivo in quanto partecipo con Dio.

Dio è la Verità e io partecipo della Luce in quanto partecipo della Verità.

Io sono, non perché dico:”Io sono” ma in quanto dico:”Tu sei”, cioè glorifico Dio, partecipo di quello che Dio è, e come partecipo?

Conoscendo.

Eligio: La conoscenza è un fatto graduale e progressivo.

Luigi: Infatti siamo in formazione e anche la nostra intelligenza è in formazione.

Eligio: Ma prima di ricevere l’essere da Dio...

Luigi: Ricevi in quanto conosci...l’anima è condotta ma non per imposizione perché si richiede la partecipazione consapevole.

Man mano che conosci da Dio le cose, si forma in te l’intelligenza.

Per cui la tua intelligenza è costituita da quanto tu hai ricevuto di comunicazione dal principio.

Allora è la comunicazione che ti fa essere, ti fa essere intelligente.

Eligio: La conclusione sarebbe poi il dono dello spirito.

Luigi: Sì.

Eligio: Da quel momento allora l’intelligenza riceve l’essere.

Luigi: Sì e forma una cosa sola con il Figlio.

Rosanna: Vivere per Dio è raccogliere tutto in Dio.

Luigi: Infatti ascoltando la parola di Dio se tu ti dedichi a essa, dedicandoti cosa succede?       

Tu vivi per-, t’impegni per-.

E impegnandoti, vivendo per-, si forma in te il legame forte, abbiamo detto che in noi si forma un legame forte in quanto viviamo per una cosa.

Se io vivo per una creatura, si forma in me un legame forte con quella creatura ed è questo legame forte che determina tutto di me.

Soltanto se Dio diventa il mio scopo di vita, diventa il mio fine e quindi io vivo per Dio, si stabilisce in me un legame forte con Dio.

Perché noi siamo fatti dal legame forte, tutto è determinato e condizionato da quel legame.

Per cui se io vivo per altro da Dio, anche se apparentemente sono religiosissimo, è tutta cornice, io sono determinato da ciò per cui io vivo.

Soltanto se vivo per Dio, sono determinato da Dio quindi sono motivato da Dio e Dio diventa la mia motivazione, il mio principio, il mio padre, perché diventa la motivazione del mio vivere.

Ecco allora si stabilisce il legame forte che mi fa restare.

Noi invece abbiamo molta difficoltà a restare con Dio, perché?

Perché noi facciamo tanti riti e funzioni, però viviamo per altro.

Praticamente, perché quello che importa è questo.

Praticamente tu ogni giorno per che cosa vivi?

Quello ti determina tutto.

Quello è il legame forte con cui tu resti unito.

Tu resti sempre unito col tuo fine, perché il fine l’hai sempre presente, perché è ciò per cui tu vivi.

Il resto è cornice.

Questa cornice qui è tutta supplemento, non è vita, il quadro è determinato da ciò per cui tu vivi.

Fintanto che noi non viviamo per Dio e quindi Dio diventa il nostro fine, non si stabilisce questo legame forte che ci fa essere e quindi che ci fa stare.

Perché è il legame forte che ci fa stare.

Logicamente se io ho stabilito un legame forte con altro da Dio, io resto con questo e trovo una difficoltà enorme a pensare a Dio a restare con Dio.

A un certo momento diventa impossibile, perché si va verso l’irreversibilità.

Io resto con ciò per cui io vivo.

Io resto con quello.                  

Rosanna: Lo Spirito Santo quando viene m’illumina tutto quello che ho raccolto in Dio.

Luigi: Certamente, perché arriva un momento in cui la Verità s’impone e bisogna che noi arriviamo prima.

Ecco per cui è necessario che ci sia in noi l’opera e la parola di Dio, il Figlio di Dio.

Lo Spirito Santo non dice nulla di nuovo ma illumina tutto quello che trova del Figlio, ora se in noi non c’è niente del Figlio di Dio non illumina niente, anzi quello che noi crediamo luce diventa notte per noi.

Perché lo Spirito Santo che viene dal Padre illumina tutto ciò che Dio noi abbiamo del Figlio.

Tutto ciò che tu avrai creduto alla parola del Figlio di Dio, quello ti sarà illuminato, ma se tu non hai creduto niente, Dio ti annulla tutti quelli che sono i tuoi valori, pero in questo caso tu assisti soltanto al tuo spogliamento, alla tua notte, perché non c’è nulla da illuminare, non hai nulla del Figlio.

Per cui più noi portiamo in noi parole del Figlio di Dio e più andiamo verso la grande illuminazione dello Spirito Santo, perché lo Spirito Santo: “Vi illumina, vi farà capire tutto quello che Io vi ho detto” e che noi abbiamo accolto ma se io non ho accolto niente...

Silvana: La parola intesa del Cristo ci conduce a vedere dal Padre...

Luigi: È il vedere da Dio che forma in te l’intelligenza.

In quanto tu vedi dalla Causa.

Anche umanamente parlando, una cosa la capisci in quanto la vedi nella sua causa.

È la causa che t’illumina, fintanto che vedi gli effetti ma non vedi la causa tu non capisci.

È la conoscenza dell’effetto nella sua causa e dalla sua causa che forma in te l’intelligenza.

Quindi l’intelligenza si forma così.

Silvana: E questa è ancora conoscenza per fede?

Luigi: È per fede, perché tu credendo cerchi.

Già per fede, per esempio, tu puoi partire da Dio Creatore e Dio Creatore tu lo credi per fede, perché per fede? Perché vedi la creazione.

La creazione certamente non l’hai fatta tu e nessuno di noi, infatti noi siamo sorpresi dagli avvenimenti.

Noi siamo delle macchine fotografiche che vengono impressionate dagli avvenimenti ma gli avvenimenti arrivano a noi indipendentemente da noi, tu le cose le vedi, mica perché tu le vai a cercare, le cose arrivano a te, indipendentemente da te.

Tutti i giorni, noi siamo bombardati da avvenimenti che arrivano a noi indipendentemente da noi, quindi s’imprimono su di noi.

Quindi certamente non dipendono da noi, perché noi li subiamo, non sono le cose che si affermano su di noi, perché loro non ci conoscono, e allora chi è che fa il fotografo qui?

Cioè chi è che imprime su di me i fatti e gli avvenimenti?

Noi il più delle volte diciamo: “Sono io che vedo”, ma tu subisci, quindi è un altro che ti presenta le cose.

Il tuo vedere è un subire.

Quindi noi riceviamo delle cose che non capiamo, che non sappiamo cosa siano.

Quello che vedo con gli occhi lo vedo, lo costato, lo esperimento ma non so cosa sia, non lo intendo.

Per intenderlo devo vederlo nella causa ma io non ne sono la causa, quindi non lo giustifico e se non lo giustifico non lo capisco.

E dove troverò la giustificazione?

Soltanto in quanto trovo la causa.

Soltanto quando trovo Colui che fa le cose, e non basta Colui che non solo fa il filo d’erba ma che anche scrive il filo d’erba dentro di me.

Colui che fa il filo d’erba fa anche me che vedo il filo d’erba.

Noi ci fermiamo a “Vedo il filo d’erba”, nossignore, c’è Dio , c’è il filo d’erba e ci sei tu che vedi il filo d’erba.

Ora Colui che fa il filo d’erba, quel filo d’erba lo fa arrivare a te.

Per cui tu lo ricevi come imposizione e non puoi dire di non avere visto il filo d’erba.

Tu lo hai visto.

E chi te lo ha fatto vedere?

Tu no, perché l’hai subìto, l’hai ricevuto.

Il filo d’erba mica si è presentato a te.

Quindi c’è uno che fa la creazione e la presenta a te.

Ora, soltanto in quanto tu hai la possibilità di vedere l’opera di Dio in Colui che fa l’opera e quindi la giustifica, lì hai l’intelligenza, avendo l’intelligenza, adesso puoi restare.

Quindi tu per fede dici che esiste il Dio Creatore perché esiste la creazione.

Questa non è conoscenza di Dio, è conoscenza per fede, perché tu conosci Dio Creatore perché c’è la creazione.

Ma conoscere Dio perché c’è il mondo non è la vera conoscenza di Dio.

Dio esiste indipendentemente dal mondo.

E fintanto che tu conosci Dio soltanto in funzione del mondo, tu non conosci veramente Dio, questa è conoscenza per fede.

Ma se tu adesso parti da questa fede: “Dio è il Creatore” e cominci a vedere le cose dal punto di vista di Dio Creatore, per fede tu cominci a capire tante cose.

Ad esempio: a cosa serve la vita?

Se Dio è il Creatore tutte le cose sono fatte solo per Lui, perché non esiste un altro essere, Lui solo è, allora la mia vita serve per conoscere Dio, soltanto per conoscere Dio.

Dio non mi ha creato per l’umanità, non mi ha creato per la società, non mi ha creato per mantenere il mondo, m’ha creato per Sé.

Se tu parti per fede da Dio Creatore, già capisci che tutto ciò che esiste e tutto ciò che accade è opera di Dio, tutto, ti piaccia o non ti piaccia.

Perché Lui è il Creatore.

Ora, ci sono degli avvenimenti che mi possono piacere ma ci sono avvenimenti che possono tutt’altro che piacermi, eppure li devo accettare, perché Dio è il Creatore.

E tutto quello che m’accade, mi piaccia o non mi piaccia, devo accettarlo perché c’è la mano di Dio, è Dio che me lo presenta perché è Lui il Creatore, quindi nulla accade che non sia voluto da Lui.

Perché soltanto se tu accetti tutto da Dio, tu cominci la tua vita spirituale, la tua vita interiore, se accetti da Dio solo quello che ti conviene, tu non ti muovi mica.

Partendo per fede da Dio Creatore tu cominci a predisporti ad accettare tutto, anche le cose che ti sono contrarie.

Perché se accadono è Dio che le vuole.

E se Dio me le presenta, “Signore che cosa mi vuoi dire?”.

Perché se io accetto soltanto quello che mi piace, io non mi muovo.

Se accetto in nome di Dio quello che non mi piace: “Signore perché mi presenti una cosa che mi scandalizza? Perché mi presenti cose che non sono sopportabili?”

Perché?

Tutto appartiene alla creazione di Dio, perché Dio è il Creatore e quindi m’impegna a superarmi per cercare un motivo, una ragione a tutto questo.

E questo ti muove e avviene per un processo di fede.

Per fede tu cominci a credere in Dio perché non sei tu che fai le cose, non sai ancora chi sia questo Dio, però in quanto tu cominci a vedere le cose dal punto di vista di Dio Creatore, per fede cominci a capire che tante cose della tua mente devono essere cambiate e tutto questo ti porta poi dopo ad aprirti al Cristo.

Raffaella: L’intelligenza non vede fintanto che non vede le cose discendere da Dio...

Luigi: Sì perché l’intelligenza non vede fintanto che non intende.

I nostri occhi vedono ma non capiscono cosa siano le cose.

Quindi con gli occhi io prima vedo e poi cerco di capire, invece con l’intelligenza se tu non intendi, non capisci, non arriverai mai a vedere, c’è prima quindi il processo della conoscenza e poi il processo della presenza.

Raffaella: Non s’intende fin quando non si deducono le cose da Dio, quindi l’intelligenza o c’è o non c’è, allora il processo ascensionale della fede, quando Dio mi fa capire qualcosa non è vera conoscenza.

Luigi: Mi forma.

Noi siamo in formazione.

L’errore che noi facciamo è dire: “Io sono”, no, tu sei una creatura in formazione.

Anche l’intelligenza non l’ha, è in potenza, cioè l’intelligenza è in formazione, tu sei tutta in formazione, non sei ancora “fatta”, Dio ti sta facendo.

Ma come ti sta facendo?

Perché Dio creando l’uomo ha detto e quindi dice:”Facciamo l’uomo”, non ha detto: “Sia fatto l’uomo”.

Quel “facciamo” è un invito alla collaborazione, come se dicessi: “Facciamo Raffaella”, facciamo nel senso che non è ancora fatta.

Tu ti formi con Dio ma collaborando con Dio.

Noi siamo a “immagine e somiglianza”, quindi l’uomo è  un essere che si forma, cresce contemplando Dio, è guardando Dio che tu “diventi”, che tu sei “fatta”.

“Senza la sapienza da Te mandata nulla vale”, l’intelligenza è proprio il nostro elemento costitutivo della figliolanza di Dio, è per intelligenza che diventiamo figli di Dio, perché a Dio si arriva soltanto con l’intelligenza.

Questa facoltà però è in formazione: la tua intelligenza si forma nella misura in cui tu partecipi alle cose che vengono dalla causa.

Come Dio forma il tuo orecchio e parla al tuo orecchio, Lui parlando forma in noi l’intelligenza se noi partecipiamo.

Giovanna: La luce in noi è già presente ma noi non la vediamo perché interponiamo qualcosa fra la nostra intelligenza e la luce, però anche se togliamo tutto non restiamo nella luce...

Luigi: Togliendo tutto siamo ancora nel campo dell’intuizione.

L’intuizione non è ancora intelligenza.

Perché tu intuisci senza capire “come”, l’intelligenza capisce il “come”.

A Dio non si arriva con l’intuizione, a Dio si arriva con l’intelligenza, quando intuisci non sai il come, quindi è ancora una cosa che arriva a te indipendentemente da te.

Direi che è ancora nel campo delle cose che ti sono imposte.

Arriva un momento in cui la Verità s’impone, l’animo intuisce, non può smentire, nemmeno il demonio può smentire la Verità, la subisce.

C’è un momento in cui la Verità s’impone, tu la intuisci ma non puoi restare.

Con l’intelligenza tu resti.

Il paradiso è costituito da possibilità di conoscere Dio, l’inferno è costituito da impossibilità di conoscere Dio, però non puoi negare Dio.

Quindi l’intuizione arriva a te indipendentemente da te.

L’intelligenza non arriva a te senza di te.

Giovanna: Però nell’intuizione c’è anche una partecipazione attiva nel togliere ciò che si frappone fra l’intelligenza e la luce.

Luigi: Sì, però non è sufficiente togliere tutto per ricevere lo spirito di verità.

Altrimenti lo spirito di verità verrebbe per opera tua.

Lo spirito di verità non viene per opera tua.

Non è che tu togli tutto di mezzo e arriva lo spirito di verità...

Anche il Figlio a un certo momento si ritira, però l’iniziativa è del Padre.

Non si entra per iniziativa nostra nel regno della verità.

Si entra su iniziativa di Dio.

Guido: La fede senza le opere è morta...

Luigi: Abbiamo detto molte volte che “le opere” non è quello che noi comunemente intendiamo di correre per il mondo.

La fede è proposta di cose che ancora tu non capisci, opera della fede è tendere a capire.

La fede ti propone e tu devi desiderare di capire, perché se non desideri capire quello che la parola ti propone, tu non hai fede, anche se nominalmente hai fede ma hai solo il vestito della fede, sei verniciata di fede, ti manca la sostanza.

La fede ti parla di una cosa che ancora non capisci e allora tu devi credere, devi desiderare cioè di capire quello che la fede ti propone e devi sperare, perché se non speri ovviamente non t’impegni.

Devi sperare di arrivare a capire quello che la fede ti propone.

La fede è una strada per condurti alla vita eterna.

E tu devi arrivare dove ti porta la strada.

Guido: Senza la rivelazione della parola di Cristo, non si può arrivare a conoscere Dio.

Luigi: Cristo è passaggio obbligato.

Perché Cristo ti dice delle cose che nessuna creatura, nessun profeta, nessuna religione ti può dire.

Tutto è aiuto ma Dio è uno solo e la via che conduce a Dio è una sola.

Non c’è nessuno che abbia parlato e che potrà mai parlare come Cristo.

Guido: E il suo messaggio ci è arrivato per grazia di Dio...

Luigi: Tutto è grazia di Dio.

Tu entri nel regno della verità facendo conto solo su Dio.

La Verità ti viene solo da Dio.

Non è opera dei tuoi sforzi, virtù o volontà, la verità è dono e dono gratuito di Dio.

Dio è libero, nessuno lo può costringere.

Noi siamo oggetto d’amore di Dio perché nessuno lo obbliga Dio a crearci.

Quindi noi siamo creature volute liberamente da Dio quindi atto d’amore.

Anche la conoscenza da parte di Dio è un dono libero di Dio, nessuno costringe Lui a farsi conoscere.

Per cui noi entriamo nel regno della verità, soltanto facendo conto su Dio.

Teresa: Dio parlando forma l’intelligenza in noi, ci conduce al principio.

Luigi: L’intelligenza si forma dal principio.

La parola di Dio parlando con me mi conduce al principio e noi conosciamo venendo da-.

Per cui ci vuole la dedizione, la partecipazione personale.

La parola di Dio e anche la parola di Cristo, arriva a me indipendentemente da me e non è che mi conduca automaticamente alla verità.

Quanti hanno ascoltato il Cristo e lo hanno mandato a morte?

Non basta che la parola di Dio arrivi a noi...”Se resterete nelle mie parole”.

E come faccio io a restare in una parola?

Cosa vuol dire restare?

Io resto in quanto cerco di capire.

Non resto in quanto registro le sue parole su un registratore o le recito a memoria.

Non basta che io ripeta delle parole.

Bisogna applicare la mente, parabola del seminatore: chi porta frutto è colui che pone mente alla parola del Signore.

E con pazienza, fino ad arrivare al frutto.

La mente è quella che collega, che cerca di capire.

Pinuccia B.: La nostra intelligenza attuale che ci permette di capire le parole di Cristo è destinata a trasfigurarsi quando....

Luigi: La nostra intelligenza è destinata a trasfigurarsi in Figlio di Dio, a fare una cosa sola con il Figlio di Dio, perché il Figlio di Dio è tutta intelligenza del Padre.

Il Figlio si conosce come pensiero del Padre.

E noi siamo creati per giungere a formare una cosa sola con il Pensiero del Padre.

Perché soltanto nel pensiero del Padre, noi conosciamo il Padre e conosciamo noi stessi.

Noi ci conosciamo soltanto in quanto ci contempliamo in Dio.

Solo conoscendo Dio noi conosciamo l’uomo.

È un errore dire: “Conosci l’uomo e conoscerai Dio”, non è vero.

Conosci Dio e conoscerai l’uomo.

Pinuccia B.: Quindi se uno non si dedica alla parola, l’intelligenza è un segno come tutti gli altri destinato a morire.

Luigi: Certo, tutto quello che non è capito è destinato a perdersi.

Soltanto che perdendolo, resti perduta.

Franco: La presenza di Dio che viene svelata a noi giorno per giorno, è già presente in noi.

Luigi: Certo, Lui è già presente, se non fosse presente tu non capiresti niente.

Se Dio non fosse già presente in te, indipendentemente da te, nemmeno la parola Dio la potresti capire.

Se dici “Dio” a un cane il cane non capisce, lo dici ad un uomo e l’uomo capisce.

Capire vuol dire riferire a una cosa presente.

Dio è presente in te, indipendentemente da te.

Allora se Dio fa sentire la sua parola a te, tu allora capisci qualche cosa.     

Tu stesso ne senti il bisogno, perché vedi che le creature non sono Dio e senti il mistero: non capisci, e già perché non le colleghi con Dio.

In noi c’è l’esigenza di collegare le opere di Dio con Dio che è esigenza di verità, esigenza di Luce.

Franco: Se invece questa presenza fosse svelata in noi sarebbe imposta.

Luigi: Sarebbe imposta e tutto quello che tu vedi senza capirlo è perché è imposto, per cui è necessario superare tutto quello che t’arriva attraverso i sensi, perché tutto quello che tu vedi a un certo punto ti diventa ostacolo a capire.

Per questo dico che l’unica via è l’intelligenza, perché l’intelligenza non vede fintanto che non capisce, qui abbiamo il cammino di collegamento con la verità.

La nostra intelligenza è Dio, perché la nostra intelligenza è la causa: tu conosci una causa piccola e la tua intelligenza è piccola, tu conosci una causa grande la tua intelligenza è grande, se tu conosci una causa infinita la tua intelligenza è infinita.

Quindi c’è il passaggio dal tuo mondo finito, al mondo infinito di Dio, c’è un passaggio di qualità.

Dio è la causa universale di tutto, in cui c’è la ragione di tutto, in cui tutto è giustificato: la tua intelligenza diventa infinita.

Cosa vuol dire andare in alto?

Perché andando in montagna allarghi la tua visuale, se tu ti porti in Dio causa infinita contempli tutto, ecco l’intelligenza che diventa infinita.

Franco: E per portarci in questo punto di vista ci vuole una parola esterna.

Luigi: Una parola che ti raccoglie, perché la tua intelligenza è cieca, se non fosse cieca non sarebbe più intelligenza, perché tu vedresti: i tuoi occhi vedono ma non sono intelligenti.

Maria Pia: La vita è comunione...

Luigi: Noi non siamo viventi e siamo scemi se non partecipiamo a Dio, perché praticamente non partecipiamo alla vita.

Tu puoi offrire a Dio il tuo pensiero, poi devi aspettare che Dio dica: “Questo è mio”, perché facendolo suo lo assorbe in Sè e c’è la comunione.

Delfina: L’intelligenza è tutto ciò che approda a qualcosa di vero.

Luigi: L’intelligenza è ciò che si riceve da una causa.

Perché in termini di vero non ci siamo ancora.

Perché anche l’albero è vera ma io non la capisco.

Tu sei intelligente in quanto hai in te la ragione dell’albero, quindi hai la causa.

L’intelligenza viene dalle cause. Dalla conoscenza delle cause.

La vera causa è il Creatore, quindi soltanto quando vedi da-, si forma in te l’intelligenza.

Delfina: Basterebbe pensare al perché della creazione...

Luigi: Ma il perché lo sentiamo tutti, capire il perché è difficilissimo.

La risposta al perché ti viene soltanto da Colui che fa le cose.

Solo in Dio troverai la ragione, la giustificazione di tutto, perché Lui è il principio di tutto.

Se io invece cerco di giustificare con altro, mi accorgo che a un certo momento mi trovo di fronte a un muro.

Tutte le scienze sono destinate a un certo momento a trovarsi di fronte a un muro, perché non riescono più ad andare avanti.

Delfina: Ma tu hai detto che la creatura è in formazione, questa formazione può bloccarsi.

Luigi: Si perché noi cresciamo a immagine e somiglianza di ciò che contempliamo, se io contemplo un cane tutta la vita, all’ultimo divento un cane.

Siamo fatti per crescere a immagine e somiglianza di-.

Se tu ti contempli in Dio, cresci a immagine e somiglianza di Dio ma proprio con questo destino, noi corriamo il rischio vivendo per la terra di diventare figli della materia.

Perché noi diventiamo figli di ciò in cui ci contempliamo, per cui viviamo.

Franca: Il rapporto fra Dio e la creazione è la parola di Dio che lo stabilisce.

Luigi: Sì, perché la parola arriva a te senza di te, l’intelligenza della parola non arriva a te senza di te.

Però è la parola che stabilisce il rapporto.

Perché il Figlio di Dio conosce il rapporto che c’è tra il Padre e la creazione di Dio, noi no, la nostra intelligenza è cieca, se ascoltiamo la parola di Dio, ecco che scatta la luce.

Franca: Però il rapporto è lo Spirito Santo.

Luigi: Certo.

Margherita: L’esperienza della presenza oggettiva in noi, senza la possibilità di permanere è in questo campo dell’intuizione?

Luigi: Sì, tu non puoi permanere se Lui non parla, perché è Lui parlando con te che ti offre la possibilità di permanere se tu cerchi di capire puoi permanere nella parola.

Poi la parola ti conduce al Padre, perché è dal Padre che ricevi lo Spirito che ti fa veramente permanere.

Margherita: Questo pensiero oggettivo di Dio in noi che cosa è?

Luigi: Il pensiero di Dio in noi è il Figlio di Dio in noi, è la chiave.

Se tu non hai il pensiero di Dio, tu puoi sentire delle parole ma non hai la possibilità di intenderle. Quello che ti dà la possibilità d’intenderle è il pensiero di Dio in te.

Perché quando tu intendi cosa fai?

Interiorizzi, cioè riferisci un segno che ti arriva a qualche cosa che hai dentro di te.

Ecco per cui bisogna sottomettere tutto al pensiero di Dio e quando avrai sottomesso tutto al pensiero di Dio allora il pensiero di Dio ti consegna al Padre.

Ma devi sottomettere tutto.

Quindi il pensiero di Dio è un dato a noi  come punto fisso di riferimento per poter arrestare le sue parole, perché tu le sue parole le devi collegare con il pensiero e allora qui hai la possibilità di capire.

Tu puoi dirlo a parole che resti nel pensiero di Dio ma non puoi restare, la possibilità di permanere ti verrà dal Padre con lo Spirito Santo, quello ti formerà poi una sola cosa con il Figlio, t’inserisce nella Trinità di Dio.

Nino: Noi prima della giustizia essenziale non siamo neppure capaci di intelligenza.

La capacità d’intelligenza ci deriva dall’attrazione del Padre che ci fa incontrare il Figlio.         

Allora noi diventiamo capacità d’intelligenza, capacità di libertà, capacità di verità.

Se noi restiamo fedeli a questo desiderio di conoscere la Verità, siamo sulla strada corretta che può portarci a diventare figli di Dio.

Figli di Dio non si diventa senza di noi ma non lo si diventa per opera nostra.

Rina: Noi dobbiamo togliere ogni cosa che s’interpone tra noi e Dio.

Luigi: Ecco quello che crea le tenebre è tutto quello che s’interpone tra la nostra anima e Dio.

Però questo non è sufficiente per restare.

Lunedì 29/Febbraio/1988

Luigi: L’intuizione è una cosa differente dall’intelligenza.

L’intuizione arriva a te senza di te mentre l’intelligenza non arriva a te senza di te.

Luigi: La verità si trova solo conoscendola, quindi fintanto che non trovo una facoltà che non vede finché non conosce, io non ho la possibilità di conoscere la verità.

Le cose che s’impongono tu le vedi prima di conoscerle, quindi evidentemente non sono la verità.

Tutta la creazione, tutte le cose che arrivano a te attraverso i sensi, prima le esperimenti e poi le conosci, quindi evidentemente non possono essere la verità.

La verità la trovi solo conoscendola, direi che prima c’è la conoscenza e poi c’è la presenza.

Luigi: Il finito non può restare con l’infinito, c’è un salto di qualità.

Il finito, fintanto che è finito, non può restare con l’infinito.

Soltanto se il finito diventa infinito viene assorbito dall’infinito.

Luigi: La Parola è quella che mi collega l’opera del Creatore con il Creatore e collegandola fa luce, mi dà cioè la possibilità di capire.

Se l’ascolto allora capisco.

Ma i due termini del rapporto sono già in noi indipendentemente da noi: Dio è presente in noi, l’opera di Dio è presente in noi indipendentemente da noi, la parola di Dio stabilisce il rapporto tra ciò che è già presente in noi.

Perché se non fossero presenti in noi, noi non potremmo intendere la Parola, per intendere la Parola bisogna che i termini siano già presenti, altrimenti io sento la Parola ma non capisco niente.

Luigi: È lo Spirito che venendo a noi, rende noi capaci di restare poiché la Parola è un attimo.

Perché la Parola o ci fa passare allo spirito o altrimenti tu perdi la Parola, la mantieni come memoria ma quella non ti serve più, la Parola t’introduce, però è lo Spirito quello che ti fa restare.

Quindi soltanto in quanto viene a me lo Spirito che rimane sempre con me, dà a me la possibilità di restare sempre con Dio.

Ma senza lo Spirito non posso restare.

La parola è una novità che dura un attimo ma o passi al pensiero allo spirito o altrimenti la parola è perduta, anche se la registri.

Franco: Quindi questo passaggio che lo Spirito ci fa fare, avviene su ogni segno...

Luigi: Non su ogni segno poiché lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, quindi non procede da ogni segno.

La funzione della Parola è quella di condurti al Padre, al Principio.

L’uomo è caratterizzato da questo: ha presente il Principio e ha presente l’opera del Principio, quindi ha presente l’effetto del Principio ma non ha presente il Fine, tu il Fine non lo vedi.

Allora la Parola è quella che ti giustifica l’opera nel Creatore, il segno nello Spirito, nel Principio.

Quindi ti dà la possibilità di arrivare al Padre: la funzione del Cristo: ti raccoglie, ti porta in un rapporto diretto fino a darti la possibilità di-.

Dal Padre adesso per discendenza tu conosci il Figlio, perché nessuno conosce il Figlio se non il Padre, dal Padre e dal Figlio adesso arriva lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo non è che proceda dal segno raccolto in Dio, non è sufficiente.

Franco: Non c’è un po’ di spirito per ogni segno?

Luigi: Ma lo Spirito è in tutto.

Se non ci fosse il Principio in noi, noi non capiremmo nessuna Parola.

Quindi la Parola mi collega con il Principio, collegandomi con il Principio mi dà la possibilità d’intendere.

In tutto l’universo c’è il Verbo di Dio che parla con noi in tutto.

In tutto l’universo c’è lo Spirito Santo che parla con noi in tutto che m’illumina e mi fa capire tutto, però la scoperta di cosa è questo Spirito di Verità in cui tutto è fatto, lo troverai soltanto in quanto avrai conosciuto il Padre e il Figlio.

Perché se ti dice che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ti segnala la via attraverso la quale tu puoi arrivare allo Spirito Santo.

Altrimenti non ti direbbe che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

Quando ti dice: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre”, è per dirti quale è la via per conoscere il Figlio, quindi non illuderti di avere conosciuto il Figlio fintanto che non hai conosciuto il Padre.

Solo attraverso il Padre io posso giungere a conoscere il Figlio.

Fintanto che non m’arriva lo Spirito Santo, io non ho la possibilità di restare sempre, vado e vengo.

Allora la luce che ricevo anche attraverso il Figlio, non è una luce attraverso la quale posso restare, perché per poter restare devo avere lo Spirito che rimane sempre.

Vedendo la Verità di Dio in tutto ho la possibilità di restare presente a Dio in tutto.

Come sul Tabor, vedono la luce sul volto del Figlio, però non possono restare.

Noi vediamo raggi di luce ma non possiamo restare, cioè non possiamo inserire tutto di noi.

Per restare devi trovare questo Spirito che resta con te in tutto.


Quegli dunque rispose loro: "Se sia peccatore non lo so. So soltanto che ero cieco e che ora vedo chiaro".

Gv 9 Vs 25 


RIASSUNTI. Domenica-Lunedì.


Argomenti:  Dar gloria a Dio è conoscerlo. La disubbidienza all’autorità. L’uomo e la donna. Restare in tutte le Parole di Cristo. L’autorità della Verità. L’essere si riceve dalla conoscenza. Servire due padroni. La realizzazione è in Dio. Non giudicare. I segni macchiati.  Conoscere Dio è vivere.

 

L’abitudine di non pensare. Capire il significato della sofferenza. Le insidie di Davide. La creatura dell’io. Il rapporto naturale tra la Madonna e Cristo. Maria è stata salvata dal Figlio. La persona è nascosta all’altro anche Dio. In  terra tutto è in parallelo al cielo di Dio. La potenza del pensiero: macchiare tutto il mondo.


 

6/ Marzo/1988 Casa di preghiera Fossano.