I genitori
risposero: "Sappiamo che costui è il nostro figlio e che è veramente nato
cieco".
Gv 9 Vs 20
Titolo: I limiti del sapere umano.
Argomenti: Il metro con cui
l'uomo misura. Perdita contatto con la
realtà dinamica: dalla retta al punto. Le cose
che gli uomino conoscono e quelle che non conoscono. La giustificazione delle cose si trova solo nel Creatore. Il sapere umano va verso lo zero, il sapere divino verso
l’infinito: entrambi sono talenti di cui Dio
premia l’interesse. L'esperienza
dell'assenza di Dio e l'esperienza della presenza di Dio si concludono in Dio
che vuole farsi conoscere.
8/Novembre/1987 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo al versetto 20 del capitolo nono di San Giovanni.
Qui si dice: "I suoi genitori risposero: sappiamo
che costui è veramente nostro figlio e che è nato cieco".
Questa è la risposta dei genitori del cieco,
all'interrogazione dei giudei, i quali dubitavano che quell'uomo (guarito da
Gesù in giorno di sabato) fosse veramente cieco.
Questi problemi sorgono proprio perché Gesù volle guarire
in giorno di sabato.
I giudei quindi dubitavano che quell'uomo cieco fosse stato veramente cieco dalla nascita: a tanto arriva
l'uomo quando ha difficoltà ad accogliere lo Spirito di Dio e le opere dello
Spirito di Dio: arriva a travisare la realtà ed è un rischio frequente.
L'uomo nel pensiero che porta con sé ha una chiave di
lettura del mondo e degli avvenimenti.
Infatti ogni uomo è un'interprete degli avvenimenti che
accadono e ogni uomo diventa un giudice che osserva e giudica.
Ognuno legge il mondo e gli avvenimenti secondo una sua
chiave di lettura, ognuno legge secondo quello che ha in testa.
Per questo corre il rischio di travisare tutta la realtà.
Non basta che l'uomo veda con gli occhi, tocchi con le
mani, quello che conta per l'uomo è quello che ha in testa.
L'uomo osserva e giudica secondo quello che ha in testa,
secondo quello che ha presente nella mente, lui misura tutte le cose.
Ed ecco Gesù che dice: "Con il metro che voi avrete
adoperato per misurare gli altri sarete misurati".
Questo ci fa capire che l'uomo è la misura di tutte le
cose però, può adoperare metri diversi.
Che cosa è questo metro?
È quello che ogni uomo ha in testa, quello in cui crede,
la realtà che porta nell'anima.
La realtà per i farisei era la legge, il sabato e
misuravano gli uomini con questo metro, misurarono anche Gesù, Figlio di Dio
con questo metro.
E misurandolo con questo metro hanno concluso:
"Quest'uomo non è da Dio".
Lo mandarono a morte proprio a causa di questo metro.
Ora vediamo i farisei che cercano nella gente una
giustificazione (l'uomo è sempre alla ricerca di qualcuno che gli dia ragione),
che dia valore a quanto hanno detto.
Hanno chiesto al cieco stesso: "Secondo te chi è
colui che chi ha guarito?".
Il cieco ha dato la risposta che poteva dare: "È un
profeta".
Adesso vanno dai genitori di quel cieco: "E voi cosa
dite?".
Questi rispondono: "Noi sappiamo che questo è nostro
figlio e che è nato cieco".
Quando l'uomo non interroga Dio, necessariamente
si ripiega sulle creature, perché ha bisogno di andare alla ricerca di una
giustificazione, alla ricerca di una ragione degli avvenimenti.
Gli avvenimenti non stanno su da soli, non hanno una
ragione in sé e allora l'uomo va alla ricerca di una ragione.
Tutti gli avvenimenti appartengono alla creazione di Dio.
Dio solo è il Creatore.
Tutto quindi ha una ragione solo in Dio.
Ma quando l'uomo trascura Dio, l'uomo va alla ricerca
della giustificazione delle cose degli uomini.
Facendo così perde il contatto con la realtà.
La realtà è dinamica, cammina verso una meta e la meta e
Dio.
Quindi richiede che l'uomo continui su questo cammino
fino ad arrivare al fine.
Se l'uomo non s’impegna con Dio, non passa il varco, si
discosta dalla realtà.
Per restare con una realtà in movimento dobbiamo essere
anche noi in movimento altrimenti perdiamo contatto.
L'uomo perde il contatto con la realtà quando si ripiega
verso le creature e così facendo inaugura il moto circolare.
La sua vita diventa una routine, diventa abitudine, rito,
tradizione.
È il ciclo, è l'uomo che inaugura la vita ciclica.
Non abbiamo più l'uomo che cammina su una strada verso
una meta ma, l'uomo che gira intorno a se stesso come il cane che gira su se
stesso per cercare di mordersi la coda.
Le creature non sono in grado di dare una certa risposta
all'interrogazione dell'uomo.
Il cieco interrogato rispose: "Colui che mia guarito
è un profeta".
I genitori interrogati dicono: "Costui è nostro
figlio e sappiamo che è nato cieco".
Ma i giudei avevano interrogato i genitori chiedendo
"come", volevano sapere la ragione per cui aveva riacquistato la
vista.
C'era stato un cambiamento: prima era cieco, ora ci vede
e ogni cambiamento richiede una giustificazione.
Avevano chiesto la ragione di questo.
Ma i genitori non possono dare la ragione, non possono
dire come quel loro figlio aveva avuto la vista.
Infatti diranno: "Come abbia avuto la vista noi non
lo sappiamo, però una cosa possiamo dire: che è in nostro figlio e che è nato
cieco".
Più in là il cieco stesso dirà, di fronte al continuo
interrogare dei giudei: "Io una cosa sola so: prima era cieco e ora ci
vedo".
Qualche cosa sanno quindi gli uomini.
Però quello che non sanno è il perché delle cose, la
ragione.
Abbiamo quindi due grandi campi: un campo di cose che
l'uomo sa e un campo di cose che l'uomo non sa.
Ci sono cose che l'uomo può dire e ci sono cose che l'uomo
non può dire.
Cos'è ciò che l'uomo può dire?
L'uomo può dire quello che esperimenta, quello che vede e
tocca, può dire le cose della sua terra.
La terra è tutto ciò che è compatibile con il pensiero
dell'uomo.
Dio è, infatti parla all'io dell'uomo, gli parla in cose
che sono per lui accessibili, per cui l'uomo fa certe esperienze.
L'uomo vivendo sulla terra raccoglie tutto un campo di
conoscenze attorno al suo io e fa la scienza, la quale è caratterizzata da tutto
quello che l'uomo può esperimentare.
La scienza fa capo a quello che l'uomo vede e tocca,
anche se usa degli strumenti sofisticatissimi, è sempre l'uomo che misura tutte
le cose.
Questo è il campo della scienza umana è il campo delle
cose che l'uomo può dire.
Poi c'è il campo delle cose che l'uomo non può dire, il
campo delle cose che appartengono al cielo, cose che l'uomo non può
esperimentare perché sono trascendenti l'uomo.
Qui si tratta di cose di cui l'uomo non può parlare: il
perché delle cose,la giustificazione.
L'uomo non può dare la ragione dell'universo.
Nessuna scienza umana può dire perché si nasce, si vive,
si muore.
Il perché delle cose non è nell'uomo.
Quindi abbiamo uno sbaglio di campo quando l'uomo si
rivolge alle creature per cercare la ragione delle cose.
È un errore di cui l'uomo è responsabile, di cui porterà
le conseguenze.
L'uomo sa di fare un errore di campo perché sa che lui
non è il Creatore, non è lui che fa le cose, il Creatore è un altro.
Allora se il Creatore è un altro, la ragione delle cose è
in quest'altro.
Se l'uomo vuole cercare la giustificazione delle cose,
deve alzare gli occhi a quest'Altro, deve interrogare quest'Altro altrimenti
diventa responsabile del suo errore.
Gesù stesso rimprovera sua madre e suo padre dicendo:
"Non sapevate che Io mi devo trovare nelle cose del Padre mio?".
È il rimprovero che noi udiremo farci da tutte le
creature se viviamo per esse.
Tutte le creature a un certo momento ci rimprovereranno
questo: "Tu sei vissuto per cercare una giustificazione in noi, non sapevi
che non ci siamo fatte da sole? Che un altro è il Creatore? Che la ragione del
nostro esistere, del nostro vivere, nel nostro morire è nel nostro
Creatore?".
È lì che va cercata la ragione delle cose ed è lì che noi
possiamo trovare la luce su quello che accade.
Quindi c'è un errore di campo.
La realtà esterna del mondo è in movimento, è dinamica,
quindi è finalizzata.
La conoscenza che l'uomo ha, è fatta non del perché delle
cose ma, dalla conoscenza dei rapporti tra le cose.
Tutte le scienze conoscono le cose per il rapporto che
passa tra loro, non conoscono il perché ma quello che esse sono in rapporto
alle altre.
L'uomo è un essere che stabilisce dei rapporti.
Tutta la realtà che l'uomo esperimenta è in movimento,
s'interiorizza, diventa pensiero nell'uomo e questo pensiero si raccoglie
davanti al varco del Pensiero di Dio.
Questo varco è proposto all'uomo.
Di fronte alla proposta egli può passare attraverso
questo varco o non passare attraverso questo varco.
Se passa, continua il cammino.
Quindi continuando il cammino si alza a cercare il perché
delle cose e interroga Dio.
Il che vuol dire che tutte le cose vengono da Dio e
ritornano a Dio e se noi seguiamo il movimento delle cose, noi le raccogliamo
alla Presenza di Dio, cerchiamo presso Dio la giustificazione, il significato
di quanto accade.
Siccome Dio è Colui che è, e in tutte le cose non fa
altro che significare Se stesso, interrogando Dio noi riceviamo da Dio la
ragione delle cose.
Con Dio e da Dio noi abbiamo la possibilità di leggere la
realtà del mondo che Dio ci presenta, poiché tutto è scrittura.
Con Dio noi abbiamo la possibilità di leggere le Parole
di Dio.
Abbiamo detto che se l'uomo si ripiega su se stesso
inaugura il cerchio.
La sua conoscenza, il sapere umano verso quale limite va?
Il limite dello zero, il vuoto, il niente.
L'uomo che attraversa il varco del Pensiero di Dio si
eleva e attinge da Dio l'infinito.
L'uomo che non attraversa il varco va verso il vuoto.
La Parola di Dio infatti dice: "Senza di me fate
niente".
O l'uomo cerca la ragione delle cose di Dio o conclude
nel niente.
È il limite del sapere umano, ed è limite che dobbiamo
aspettarci dalle scienze: si va verso il niente.
Abbiamo quindi questi due grandi campi con due grandi
limiti: il campo del sapere umano che va verso lo zero e il campo della
Sapienza che viene da Dio e che è vita eterna.
Ma anche nel campo del sapere umano, cioè nel campo di ciò
che l'uomo può dire c'è un significato, come c'è un significato nel campo delle
cose che l'uomo non può dire.
Tutte le cose che l'uomo può dire invocano, nel loro
vuoto, nella loro incompiutezza, di cercare altrove la ragione delle cose.
Nell'incompiutezza di tutte le cose c'è la testimonianza
del bisogno che l'uomo ha di Dio.
L'uomo ridotto a niente scopre nel suo errore questa
grande testimonianza: il suo grande bisogno di Dio.
Tutto il sapere umano mentre si conclude nel niente,
diventa una fame d'Assoluto.
Ma anche tutto ciò di cui l'uomo non può parlare, diventa
un bisogno di elevarsi a Dio, perché soltanto in Dio e da Dio si trova la
giustificazione delle cose.
Questi due grandi campi concludono verso un grande
valore: l'interesse per Dio.
Allora noi capiamo che sia ciò che l'uomo esperimenta,
sia ciò che l'uomo non può esperimentare, sia ciò di cui l'uomo può parlare,
sia ciò di cui l'uomo non può parlare rappresentano tutto un mondo: il mondo
dei talenti che Dio dà all'uomo.
I talenti sono dati all'uomo per suscitare in lui
l'interesse.
Infatti Dio premierà non i talenti ma l'interesse che
avremmo saputo trarre da essi.
Il cielo e la terra (quello che esperimentiamo è quello
che non esperimentiamo) rappresentano tutti talenti che Dio dà all'uomo
affinché nell'uomo si formi l'interesse per conoscerlo.
Nel mese di novembre nel calendario è stato scritto:
"Dio si annuncia in un crescendo di assenza e si fa conoscere in un
crescendo di presenza".
Ecco la sintesi dell'argomento di questa sera.
Era già stato annunciato nel mese di ottobre: la
conoscenza di Dio è il principio di ogni vera conoscenza, perché soltanto in
Dio noi troviamo il perché delle cose.
Tutta l'esperienza che l'uomo fa delle cose va verso
niente, il nulla.
Tutti gli annunci di Dio si concludono nell'assenza di
Dio.
Gesù dice: "Non aspettatevi di vedere venire il
Regno di Dio nelle cose esteriori".
Il Regno di Dio è dentro di noi.
Il Regno di Dio è in Dio, si riceve solo da Dio, ecco perché
Dio si fa conoscere attraverso un crescendo di presenza.
Ma se noi restiamo negli annunci e non alziamo gli occhi
a Dio, noi facciamo esperienza di un crescendo di assenza.
Questi due campi, l'esperienza dell'assenza di Dio e
l'esperienza della presenza di Dio si concludono in un punto unico: Dio che
vuole farsi conoscere.
Eligio: Questi farisei che rappresentano noi, cercano di
soddisfare il desiderio insopprimibile di significato in una direzione
sbagliata: le creature ci dicono qualcosa ma non ci dicono la ragione di quel
qualcosa.
Luigi: Non possono: impotenza.
C’è un campo che è riservato a Dio.
Il perché delle cose è riservato a Dio e noi dobbiamo
saperlo, perché la ragione delle cose è nell’autore.
Nessuna creatura è creatore.
La creatura è creatura in quanto è effetto.
Nell’effetto non abbiamo la causa.
La ragione dell’effetto è nella causa, quindi devi alzare
gli occhi alla Causa, a Dio e tu sei responsabile perché sai che non sei tu il
creatore ma è un altro.
Qui scatta la responsabilità, perché tu sapevi.
Eligio: Se certe domande le rivolgo alle creature...
Luigi: Cerchi la ragione in un luogo sbagliato: vai a cercare
stelle alpine in un campo di grano.
Eligio: Quindi la vera risposta la devo cercare su un piano
trascendente.
Tutta l’esperienza che si forma in me...
Luigi: Quest’esperienza è per formare in me interesse per Dio,
sono i talenti che ti sono dati per formare in te interesse per interrogare
Dio.
Tutta l’esperienza che l’uomo fa di realtà esteriori
cadendo in un campo d’assoluto suscita interesse per-.
Perché hai bisogno di una ragione.
Tu non sopporti il cambiamento, hai bisogno di trovare
una ragione che ti giustifichi il cambiamento.
Perchè l’animale sopporta il cambiamento e l’uomo non lo
sopporta? Perché l’uomo ha bisogno di trovare una ragione al cambiamento?
Tutto avviene per formare in te l’interesse,
l’interrogazione.
Tu puoi però rivolgere il tuo bisogno di giustificazione,
anziché al Creatore alle creature, cioè a quella realtà che tu hai presente ai
tuoi occhi: qui abbiamo l’errore di campo.
Il guaio dell’uomo non sta nell’esperimentare cose di
mondo, il guaio è quando l’uomo dà una giustificazione diversa da Dio alle cose
del mondo.
La grande disgrazia dell’uomo sta qui, quando comincia a
giustificarsi: “Io ho i buoi, i campi, la moglie, non posso venire, abbimi per
giustificato”: costoro certamente non assaggeranno la Cena.
Tutte le cose arrivano a te per formare l’interesse per
una giustificazione, se tu usi un tuo metro umano, tu giustifichi ed escludi la
ricerca di Dio.
A un certo punto tutti entrano (malati, zoppi, peccatori)
ma colui che ha dato una giustificazione non entra.
Questo ti fa capire che tutto quello che Dio ti fa
esperimentare, è per formare in te l’interesse per cercare una ragione delle
cose e questa ragione la devi cercare presso l’autore delle cose: quindi
interrogare Dio.
L’uomo è stato creato per interrogare Dio.
Dio ci ha creati perché noi dialogassimo con Lui.
Rosanna: Quando l’uomo è ridotto a niente scopre questo bisogno di
Dio ed è ancora misericordia di Dio.
Luigi: Sì, è misericordia di Dio che ci fa toccare il nostro
niente.
Quando tu stai correndo al margine del suicidio, lì ti
devi aspettare la meraviglia, perché toccando con mano il tuo niente sei alla
vigilia di toccare il Tutto.
Dio non annulla tutto per crudeltà, annulla tutto per
salvaci: solo riconoscendo il tuo niente, sei alla vigilia di scoprire il suo
tutto.
Fintanto che credi di essere qualcuno non puoi scoprire
il tutto di Dio.
Rosanna: E non senti la nostalgia di ciò che hai perso.
Luigi: In Dio ritrovi tutto perché in Dio tutto è presente.
Noi siamo fatti essenzialmente di passato e di futuro.
Il bambino è tutto futuro, il vecchio è tutto passato:
niente presente.
In Dio invece è tutto presente.
Per cui in Dio, anche il passato e il futuro si
recuperano in una presenza.
Per cui scoprendo la presenza di Dio, in questa presenza,
tu recuperi tutto e recuperando tutto, tu stesso sei fatto immortale, sei fatto
eterno.
Giovanna: Dio si annuncia in un crescendo di assenza?
Luigi: Tutta la creazione è un annuncio di Dio e tutta la
creazione finisce in un cimitero.
Cioè, tutta la creazione è corpo, se io vivo per il corpo
finisco in niente.
Il corpo è annuncio di Dio, tutto l’universo è corpo,
tutto questo annuncio di Dio si conclude in un assenza, perché la presenza la
trovo soltanto in Dio.
Dio rivela la sua presenza solo in Dio, quindi le
creature mi dicono di cercare Dio ma di cercarlo in fretta.
Se io non lo cerco in fretta, io resto bruciato, la
passione d’assoluto che porto in me mi brucia tutto.
Le cose sono annunci di Dio che mi dicono di affrettarmi
a conoscere Dio.
Solo nel pensiero di Dio troviamo Dio, ecco il varco:
“Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me” e Cristo è il pensiero di
Dio, quindi solo in Dio possiamo conoscere Dio.
La vita viene dalla vita.
Anche la morte mi annuncia la vita ma io non trovo la
vita nella morte: la vita la trovo nella vita.
Tutti gli annunci di Dio si concludono in un assenza di
Dio.
La conoscenza di Dio si conclude in un crescendo di
presenza di Dio.
Claudio: Difficile per l’uomo è mettersi in silenzio ad ascoltare
Dio, magari quando si è in crisi...
Luigi: Capisci perché quindi Dio ti mette in crisi.
Che sia difficile siamo d’accordo ma la difficoltà non
giustifica l’assenza.
Anzi la difficoltà è un test che misura il grado
dell’amore.
Perché più c’è amore, più c’è forza per superare le
difficoltà.
Linuccia: Non possiamo vedere Dio nella creazione, è giusto?
Luigi: Nel pensiero dell’io non possiamo vedere Dio.
Dio si annuncia, ci chiama nella creazione ma è come un
rumore, sento il rumore ma non vedo da dove viene.
Tutta la creazione è un rumore che arriva a noi da parte
di Dio, è Dio che chiama ma non lo vedo e non lo vedrò se non supero me stesso.
I genitori
risposero: "Sappiamo che costui è il nostro figlio e che è veramente nato
cieco".
Gv 9 Vs 20
RIASSUNTI Domenica
– Lunedì.
Argomenti: L’esigenza di significato del mondo esterno – Il mutare delle
cose e il loro permanere nel pensiero – Il ritorno
della creazione a Dio – La fuga della realtà –
La fame di presenza – Dio è l’unico essere presente – Dio ha in Sé la ragione di tutto -
15/Novembre/1987 Casa di preghiera Fossano.