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E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".

Gv 9 Vs 19 Primo tema.


Titolo: Come fare per non uscire dalla realtà.


Argomenti: La realtà non è statica ma dinamica. Solo attraverso il Pensiero di Dio si entra nel cielo di Dio. Passaggio dalla realtà relativa al nostro io, alla realtà relativa a Dio. La realtà va a Dio che abita nell'uomo.


 

25/Ottobre/1987 Casa di preghiera Fossano.


Siamo al versetto 19 del capitolo nono di San Giovanni.

Qui troviamo i giudei che non credettero che quell'uomo che era stato guarito da Gesù dalla sua cecità, fosse mai stato cieco.

In realtà era nato cieco ed era stato guarito da Gesù di sabato.

Questi farisei non ritennero che l'opera compiuta da Gesù fosse da Dio, poiché aveva fatto nel giorno di sabato, una cosa che non era lecito fare secondo la legge.

Gesù apparentemente aveva trasgredito la legge, per cui i farisei avevano concluso: "Quest'uomo non è da Dio".

Quindi ora vanno a cercare una giustificazione del giudizio emesso da loro, per potersi convincere di quello che essi avevano dichiarato, cioè che Gesù non aveva fatto il miracolo.

La prima loro reazione fu: non credettero che quell'uomo fosse nato cieco.

Dopo aver interrogato lui che risponde: "È un profeta", non soddisfatti, vanno a interrogare i genitori.

Ci troviamo di fronte a degli uomini che stanno andando alla ricerca di una giustificazione di una cosa che non può essere giustificata.

Questi uomini hanno trascurato Dio, perché non hanno cercato il significato di quello che Gesù aveva fatto in giorno di sabato.

Dobbiamo sempre tenere presente che Dio è il Creatore di tutte le cose che accadono, per cui dobbiamo in tutto sempre interrogare Lui su cosa vuole significare a noi di Sé, attraverso la sua Parola.

In tutte le cose dobbiamo elevare la nostra mente a Dio, per chiedere a Lui il significato di quello che Lui ha fatto, questo è il vero pregare.

Dio fa tutte le cose per dare a noi la possibilità di entrare in preghiera.

Pregare vuol dire trasformare tutto quello che ci accade, in motivo di preghiera, in motivo d’interrogazione verso Dio per ricevere da Lui quella luce che non può essere ricevuta se non lo interroghiamo.

Colui che ha fatto tutte le cose senza di te, non te le illumina senza di te, cioè non te le illumina se tu non elevi la mente a Lui, per ricevere da Lui il significato di quello che ha fatto.

Ci troviamo con uomini che non hanno interrogato Dio, l'unico Maestro di ogni uomo.

Non si sono rivolti a Gesù per chiedergli la ragione per cui aveva trasgredito il sabato.

Sono andati a interrogare le creature, per primo l'interessato, poi i superiori di questo interessato: i suoi genitori.

Evidentemente ci troviamo con uomini sbandati che hanno perso il criterio della realtà, della verità e stanno andando a destra e a sinistra per cercare una giustificazione di quello che non è giustificabile.

Hanno emesso un giudizio, ora vanno a cercare i motivi per sostenere questo giudizio.

Qui vediamo i preavvisi di quel giudizio con cui condanneranno a morte Gesù.

Prima condannarono a morte Gesù, poi andarono a cercare delle testimonianze per giustificare la loro condanna.

L'uomo che perde il rapporto con la verità, emette dei giudizi e poi va alla ricerca delle giustificazioni per sostenere quello che ha detto.

L'uomo qui ha perso il punto fisso di riferimento.

L'argomento di oggi è questo: come fare per evitare di perdere il contatto con la realtà.

Abbiamo già visto che la condizione per non cadere in balia del mondo è il manto della vergine che è caratterizzato dal fatto di operare in tutto, rispettando l'iniziativa di Dio.

Ciò che parte da noi, d'iniziativa nostra, ci sgancia dalla realtà, ci mette in balia di quello che si dice, delle impressioni, dei sentimenti.

Il problema centrale è questo: che cosa possiamo fare per stare in questa iniziativa di Dio?

L'uomo è creato in una realtà.

A un certo momento perde il contatto con la realtà.

L'uomo è fatto spettatore della creazione di Dio, questa è la sua realtà.

Abbiamo visto che tre sono coloro che rendono testimonianza all'uomo: l'acqua, il sangue e lo spirito.

La realtà è ciò che rende testimonianza all'uomo, è ciò che esiste indipendentemente dal pensiero dell'uomo, quindi è ciò che si afferma sull'uomo ed è prima di tutto la realtà esteriore, la creazione di Dio.

Dio ogni giorno fa arrivare noi qualche cosa che non dipende da noi per darci una possibilità, quindi ci testimonia la sua Presenza, la sua opera.

Questa realtà non è statica.

Abbiamo visto che la realtà è costituita dalla creazione esteriore che conduce l'uomo di fronte a un muro, al varco della testimonianza dello spirito.

L'acqua che diventa specchio dell'uomo, il sangue passione di Assoluto e la presenza dello Spirito, del Pensiero di Dio.

La realtà di fronte cui l'uomo si trova, non è statica, è dinamica.

Se è un cammino dove va?

Dove va questo mondo che è soggetto al tempo?

Questo mondo fatto di creature che passano e muoiono?

Che significato ha tutto questo?

La risposta che danno a noi tutte le creature, tutta questa realtà che passa e che suscita in noi l'interrogazione sul senso di questo passare, è: Gesù che passa.

Se passa, non sta, e dove va?

Il problema centrale è come fare per non perdere il contatto con la realtà.

Noi corriamo il rischio di andare dietro alle nostre fantasie, alle nostre illusioni, di perdere il contatto con la realtà.

Il problema è di camminare anche noi, se vogliamo restare in questa realtà che cammina, che va verso Dio.

Tutta questa realtà è in movimento a senso unico.

Il tempo passa a senso unico, non si torna indietro, non si ripassa due volte nello stesso punto.

Se si va a senso unico, noi non possiamo tornare indietro.

Che senso ha il fatto che noi non possiamo tornare indietro?

Noi perdiamo il contatto con la realtà proprio perché ci voltiamo indietro.

Non andiamo avanti proprio quando non guardiamo dove la realtà va.

Soltanto se guardiamo là, dove la realtà va e prendiamo coscienza di dove va questa realtà in cui noi siamo immersi, soltanto così possiamo restare con la realtà.

Se ci voltiamo indietro, mentre la realtà va avanti, noi perdiamo il contatto e incominciamo proiettare i nostri pensieri sulla realtà. Dove va questa realtà che passa?

Va verso Dio.

Tutto viene da Dio e tutto ritorna a Dio.

Dio dove è?

Dio abita dentro l'uomo, è inutile cercarlo fuori.

Fuori tutto ci parla di Dio ma, nulla è Dio.

Fintanto che l'uomo cerca la verità fuori, non la trova.

La verità abita dentro l'uomo.

Dio abita dentro l'uomo.

Se tutta questa la realtà in movimento va verso Dio, entra nell'uomo, s’interiorizza nell'uomo.

Tutte le cose passano e diventano pensiero nell'uomo.

Tutta la realtà esterna la possiamo ritrovare solo come ricordo, come pensiero nostro, non possiamo ritrovarla uguale, non possiamo recuperare nemmeno un istante passato che è entrato nel nostro pensiero, tra i nostri pensieri.

La verità abita tra i pensieri dell'uomo ed è nei pensieri dell'uomo che abita Dio.

Tutto va verso Dio, perciò tutto va verso il luogo in cui c'è il Pensiero di Dio, quindi entra nella mente dell'uomo e bussa alla porta di questa testimonianza dello Spirito che ognuno porta con sé e che è il Pensiero di Dio in noi.

Qui di fronte a questo varco può succedere che l'uomo non passi, perché se tutte le cose vanno verso Dio e convergono qui, invitano noi a entrare nel Pensiero di Dio, per non perdere il contatto con la realtà che è una Presenza in noi senza di noi.

La perdita vera del contatto con la realtà avviene sempre nel nostro pensiero, nel nostro pensiero quando noi non facciamo il passaggio a un'altra Presenza, alla Presenza oggettiva, quindi realtà del Pensiero di Dio in noi.

Il passaggio obbligato per arrivare alla realtà di Dio.

Se perdiamo il contatto con la Presenza, ci perdiamo nei nostri pensieri e andiamo avanti solo più per abitudini, riti, tradizioni, senz'anima.

Non c'è più nulla che convalidi in noi ciò che diciamo.

Per non perdere il contatto con la realtà bisogna seguire il dato esteriore che Dio concede compatibile con il nostro io e che subito passa al nostro pensiero e dal pensiero ci impegna ad andare là, dove la realtà va.

Per ritrovare la Presenza è necessario passare per questo Pensiero di Dio che portiamo in noi e così entrare nel cielo di Dio.

È necessario passare dalla terra al cielo personalmente per restare nella realtà, per non perdere il contatto con la realtà, per non arrivare al non significato del tutto.

Siccome tutto va a Dio, necessariamente noi dobbiamo andare a Dio per non perdere il contatto con la realtà.

Per andare a Dio dobbiamo entrare nel cielo di Dio.

Abbiamo questi tre passaggi da fare: prima di tutto per non scollarci dalla realtà, dobbiamo credere all'annuncio della creazione che ci viene dato senza di noi e che ci annuncia Dio.

Noi dobbiamo credere all'annuncio della creazione che ci annuncia Dio, anche se ci annuncia ciò che non vediamo, perché è opera di Dio e non è opera nostra.

Riceviamo l'annuncio quindi dobbiamo aderire, dedicarci a ciò che ci viene annunciato.

Tutta la creazione ci annuncia Dio, perciò dobbiamo dedicarci a quest’annuncio per restare nella realtà.

Dedicando la mente a Dio dobbiamo dedurre da Dio per restare nella realtà.

La città di Dio discende da Dio.

Soltanto guardando le cose da Dio, noi restiamo nella Presenza di Dio.

Solo attraverso il Pensiero di Dio si entra nel cielo di Dio.

Il Pensiero di Dio è una porta che lascia passare una persona sola per volta, si entra personalmente non in gruppo.

In terra la realtà è determinata dall'acqua, dal sangue, dallo spirito.

Noi dobbiamo passare dalla realtà che è relativa al nostro io che è che soltanto annuncio, segno della realtà che è relativa al Padre, cioè alla realtà che ha come punto di riferimento Dio.

La prima realtà ha come punto di riferimento il nostro io, ma questa è in movimento.

Appena giunge già passata.

Questa realtà è una pedana di lancio per entrare nel cielo di Dio.

Per entrare dobbiamo superare il pensiero del nostro io, dedicarci a ciò che la Parola di Dio ci annuncia e impegnarci in Dio per guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Qui abbiamo come punto fisso di riferimento Dio.

Si entra nel cielo di Dio in quanto le cose non sono più viste nel pensiero del nostro io, di ciò che esperimentiamo, ma sono contemplate in Dio.

Piero: Solo cogliendo l’annuncio, quindi tutta la creazione di Dio come Parola di Dio e la cogliamo in quanto poniamo mente e cerchiamo di capire, siamo raccolti nel Pensiero di Dio ed è solo in questo luogo interiore, in questo Pensiero di Dio che noi siamo fatti capaci di portare poi la rivelazione della Presenza in noi...

Luigi: Di cogliere prima di tutto.

Di cogliere la presenza oggettiva.

La realtà.

Perché l’importante è non scollarsi dalla realtà, perché altrimenti cominciamo a vaneggiare.

Qui abbiamo la lezione grande di San Paolo alla lettera ai Romani.

Dove dice che tutta la creazione ci annuncia Dio, ci porta cioè a conoscere che c’è un Creatore ma il guaio è che gli uomini, avendo saputo che Dio esiste non lo hanno glorificato, così hanno cominciato a vaneggiare, a perdersi dietro i loro pensieri.

Tutta la creazione essendo in cammino ci conduce verso una meta e te lo annuncia passando.

Tutte le creature perché sono soggette al tempo?

Appunto perché diventano una direzione.

La realtà è dinamica, quindi direzionale.

Ti orienta verso Dio.

Te lo annuncia in quel modo.

Ora, se tu non ti impegni a guardare quel luogo, corri il rischio di perdere il contatto con la realtà.

Perché il mondo esterno che in un primo tempo è realtà, nel secondo tempo non è più realtà, diventa soltanto un riflesso del tuo pensiero.

Per cui tu vivi una realtà ma in quanto la vedi in rapporto col tuo pensiero.

Se noi diciamo no al Pensiero di Dio non troviamo più nel mondo la realtà “innocente” di prima, questa realtà resta macchiata dal nostro no.

Per cui cominciamo a correre dietro alle nostre fantasie.

L’importante è andare dietro l’annuncio per restare con una realtà, con una presenza, perché anche quando pensiamo Dio, non deve essere un pensiero nostro, altrimenti è fantasia.

Dobbiamo venirci a trovare con la presenza di Dio.

Dobbiamo trovare Dio come un Essere presente nel nostro pensiero.

È il contatto con una presenza che dà sostanza ai nostri pensieri.

È la realtà che deve farmi pensare, non devo essere io a pensare la realtà.

Piero: In questa realtà del pensiero oggettivo di Dio che è una realtà, siamo fatti capaci di portare la rivelazione della presenza in noi del Padre e del Figlio.

Luigi: Cioè di passare nel cielo di Dio in cui il punto fisso di riferimento deve essere Dio e non più il nostro io.

Qui in terra diciamo che una cosa esiste perché io la vedo, nel cielo di Dio no, la cosa esiste perché c’è Dio, la cosa è riferita a Dio, non è più  riferita al nostro i0.

Tutto viene da Dio.

Per questo dico che la città di Dio discende da Dio.

Per cui bisogna dedicarsi a Dio e guardare da Dio.

Discendere da Dio per vedere poi dopo la presenza di Dio in tutti i suoi segni.

Per restare nella realtà.

Per non vaneggiare dietro ai nostri pensieri.

Giovanna: Tutta la creazione entra in noi.

Luigi: Sia che la riportiamo o che non la riportiamo a Dio.

Se la riportiamo a Dio unifica tutto di noi nel fine, se non la riportiamo ci fa scoppiare.

Perchè è tutto un mondo che entra in noi e che non viene ordinato, è come se noi lasciassimo entrare in casa nostra tanti oggetti senza preoccuparci di ordinarli.

Tutti i giorni noi siamo bombardati da notizie e da avvenimenti che entrano in noi e che attendono che noi li mettiamo in ordine, che li riportiamo a Dio.

L’anima di tutto questo movimento è un po’ l’anima del movimento di questi farisei.

Loro stanno andando a cercare di giustificare qualche cosa che non riescono a giustificare, stanno cercando delle prove per giustificare quello che non riescono a giustificare.

Stanno scoppiando.

L’anima del movimento verso Dio è il bisogno di giustificazione.

Giustificare è l’espressione della passione d’assoluto.

La passione d’assoluto è passione di unità e ci porta al bisogno di vedere tutto raccolto in una unità.

Solo in Dio tutto è raccolto nell’unità.

Solo nell’unità di Dio tutto si raccoglie e si ordina e tutto è in pace.

Ma se noi non riportiamo in Dio tutta questa folla di fatti e parole che entra in noi e preme presso il varco del pensiero di Dio in noi, se non passa, crea la congestione in noi e ci fa scoppiare.

Giovanna: Però tutta questa massa di segni essendo già entrata in noi non possiamo smaltirla...

Luigi: Dobbiamo smaltirla!

Proprio questa folla, premendo a un certo momento ci fa sentire questo grande bisogno di metterci in silenzio e di prendere contatto con Dio, cioè di passare attraverso questo varco.

Perché se trascuro Dio a un certo momento c’è un disastro dentro di me.

Impazzisco, non posso farne a meno, perché tutto quello che non è riportato a Dio m’intossica è come un cibo che m’avvelena.

Ora, tutte le notizie che arrivano a noi sono come un cibo che arriva a noi deve essere assimilato e siccome sono segni di Dio, solo con Dio possono essere assimilati.

Tutto deve essere assimilato in Dio.

Tutto quello che non viene assimilato in Dio ci intossica.

Linuccia: Il nostro io interpreta le cose secondo la sua convenienza, viene a trovarsi di fronte a una grande confusione.

Luigi: Non solo ma perde anche il contatto con la realtà.

Perché la realtà esterna, in un primo momento ci sostiene poi a un certo momento resta tutta avvelenata dal pensiero del nostro io.

Dai nostri stessi pensieri resta tutto avvelenato e non c’è più niente che ci dia vita.

Noi proiettiamo su tutto e su tutti il nostro stato d’animo.

A questo punto qui non riceviamo più aiuto dalle cose, perché non siamo passati con le cose.

Le cose sono venute a noi per darci la possibilità di passare a Dio ma se noi non siamo passati a Dio la nostra intossicazione si riversa su tutte le cose e noi non possiamo liberarci dal pensiero del nostro io che macchia tutte le cose attorno a sé, per questo non c’è più la realtà.

Non vediamo più nelle cose una realtà oggettiva opera di Dio, vediamo nelle cose l’ombra del nostro io.

Guido: Come si può aiutare chi si trova in questa situazione?

Luigi: Il punto d’aggancio è Dio Creatore, se non si crede in Dio Creatore non si può fare assolutamente niente.

Dio è Creatore, conseguenza di Dio Creatore: tutto è opera di Dio, per cui tutto devi accoglierlo dalle mani di Dio.

Una creatura è fratturata appunto perché ha attribuito le cose alle creature anziché a Dio e ha cominciato a vaneggiare ritenendo tutto opera dell’uomo, alla società, alla natura o al caso.

Una delle più grandi cause delle malattie mentali e degli esaurimenti è data dall’attribuire le cose alle creature anziché al Creatore.

In quanto le distogliamo da Dio per attribuirle alle creature vuol dire che c’è già l’io di mezzo.

L’unica salvezza è riferire tutte le cose a Dio.

Bisogna riportare a Dio e se c’è la fede in Dio c’è la possibilità, perché tutto è possibile a chi crede, a chi non crede non è possibile nulla.

Maria Pia: L’importanza di assumersi la responsabilità di quando arriva l’annuncio e partire immediatamente riportando tutto a Dio...

Luigi: Ho detto che è una porta che lascia passare uno per volta...non si passa in due...uno per volta.

Si entra personalmente attraverso il pensiero.

Sei solo tu che pensi, l’altro non può pensare per te, è un lavoro di pensiero di mente.

Teresa: Dio si annuncia attraverso la creazione per invitare l’uomo a seguirlo...

Luigi: Un momento, la creazione entra dentro di noi, diventa pensiero nostro, non è un annuncio fuori, si capisce che è segnalazione ma c’è la realtà, la realtà che entra e diventa pensiero e come è diventata pensiero, quello fuori è solo più ricordo, non mi muove più, adesso è nel pensiero che gioco la mia partita.

O m’impegno a pensare a Dio o non ottengo più la segnalazione fuori.

Perché si va a senso unico e quando la creazione ti ha detto che va a Dio, me lo dice una volta sola, non me lo dice due volte.

La seconda volta è già macchiata dal pensiero del mio io e non me lo dice più.

Va a senso unico, non posso bagnarmi due volte nella stessa acqua.

Quando la creazione m’ha detto una cosa e quindi è entrata nel mio pensiero, se io non rientro in me stesso e lavoro di pensiero, la creazione non mi dice più altro.

Ha detto tutto quello che doveva dirmi, non me lo ripete più.

Quindi il cammino passa dal mondo esterno al mondo interno senza di noi ma come diventa pensiero, questo cammino qui non va più avanti senza di noi.

Il che vuol dire che se io non mi raccolgo nel pensiero di Dio, tutto resta fermo e mi fa scoppiare.

Perché tutta la creazione si interiorizza e diventa pensiero indipendentemente da noi ma i pensieri in noi che sono riflesso della creazione qui non vanno più avanti senza di noi.

Lì si forma la congestione mentale.

Per cui se noi personalmente non chiudiamo gli occhi al mondo esterno il cammino si blocca.

Devo raccogliere e unificare in Dio, per vedere da Dio (deduzione) che cosa Dio mi significa di Sé.

Maria: Bisogna morire al pensiero del nostro io.

Luigi: Non puoi pensare a Dio se non dimentichi te stessa.

Tutte le cose arrivano a noi nel pensiero del nostro io.

Sono testimonianze sulla terra quindi sono compatibili con il pensiero del nostro io.

Ma una volta entrate nel pensiero, io non posso pensare a Dio e pensare a me stesso contemporaneamente, Dio non è più compatibile con il pensiero del mio io.

Il mio io non entra nel cielo di Dio.

Quindi devo superare il pensiero del mio io.

Un allievo in classe che pensa a se stesso, non può seguire le lezioni del maestro, deve dimenticarsi, per trasferirsi nell’altro.

Così per noi.

Come le cose diventano pensiero, chiedono a noi di superare il pensiero del nostro io e di dedicarci al pensiero di Dio.

Il pensiero di Dio è uno solo: non è compatibile con un altro pensiero.

Quindi o penso a Dio o penso a me stesso.

Se penso a me stesso, non faccio altro che accumulare tutte le notizie che mi vengono dal mondo e fermarle lì: non posso unificarle.

Per cui resto straziato, resto diviso: da impressioni, sentimenti, abitudini.

Il cammino verso Dio è un cammino dinamico: a senso unico, quindi lineare.

Ma se non concludo in Dio, io comincio a girare.

Divento un cerchio.

Comincio a girare attorno a quello che non ho raccolto.

Quindi tutto quello che non raccolgo in Dio, diventa in me rotatorio.

Ed è un cerchio che si stringe sempre di più, diventa sempre più piccolo: le persone anziane girano attorno a un mondo piccolissimo, diventano ripetitivi.

Il che vuol dire che a un certo punto, il moto lineare che doveva concludere verso Dio, ha cominciato a ripiegarsi e a diventare un cerchio e qui abbiamo l’isolamento, a un certo momento si stringe tanto che diventa un punto e scompare.

Delfina: Perché è così difficile per noi arrivare alla verità?

Luigi: Perchè è difficile per noi superare il pensiero del nostro io.

La grande difficoltà sta lì.

Gesù stesso dice che la strada è difficile.

Il posto di blocco per ogni uomo è il pensiero di se stesso: “Ma mì, ma mì, ma mì”.

La situazione in cui mi trovo io non è mai la situazione dell’altro e lì è il posto di blocco.

Non andiamo al di là e invece noi dobbiamo superare i nostri sentimenti, le nostre impressioni, dobbiamo superare tutto di noi, per riportare tutto a Dio.

Quello è il cammino, perché tutte le cose arrivano senza di noi.

I sentimenti arrivano senza di noi.

E qui c’è il pensiero del nostro io, è da qui in avanti che le cose non camminano più senza di noi, ed è lì che bisogna impegnarsi, è lì che bisogna pregare sempre.

Gli uomini sono disposti a fare qualunque cosa per salvarsi: sacrifici, rinunce, offerte ma non ha pensare.

La cosa più difficile è pensare.

Quando all’uomo dici che deve pensare Dio, l’uomo non sa più cosa fare.

Ed è il lavoro essenziale da fare questo: pensare.

Perché la verità abita nei nostri pensieri.

Cina: Il bisogno di essere giustificati.

Luigi: Ma qui stanno andando a cercare giustificazioni.

Quando condannano Gesù fanno a cercare dei testimoni, vanno a cercare delle giustificazioni per giustificare la loro condanna di Gesù.

Loro lo avevano condannato già prima, come noi che prima parliamo e poi andiamo a cercare delle ragioni per giustificare quello che abbiamo detto.

Ecco il capovolgimento, mentre dovremmo essere sempre mossi dalla realtà.

La vera giustificazione è soltanto in Dio.

Soltanto cercando Dio noi troviamo la vera giustificazione delle cose.

Altrimenti impazziamo.

Dario: L’essenzialità di mantenere una unità interiore nostra con il pensiero di Dio, si possono leggere tutte le cose guardandole da una dimensione superiore.

Luigi: Sì, prima di tutto bisogna credere, perché tutto quello che accade non sono io che lo faccio.

Quindi in quanto ti accade per opera di un altro, anche se non lo capisci: credilo e desidera capire. Perché è per metterti in movimento, quindi cerca.

Eleva la tua mente a Colui  che ti ha fatto arrivare questo.

Noi il più delle volte guardando una fotografia diciamo che è una bella fotografia ma noi ignoriamo sempre il fotografo.

Nella fotografia non ci sono soltanto i volti o i paesaggi che tu vedi nella fotografia, c’è anche chi ha fatto la fotografia.

Noi siamo spettatori del mondo e diciamo che è una bella fotografia ma noi non vediamo chi ci presenta questa fotografia.

Quindi nella realtà non c’è soltanto quello che vediamo e tocchiamo, c’è anche chi presenta a noi questa realtà ed è quello che dobbiamo tenere presente.

Tu vedi una casa ma non vedi soltanto la casa: un insieme di mattoni, no, c’è anche il pensiero di chi l’ha costruita.

Quindi tu non vedi soltanto la realtà materiale.

Senza un pensiero tu vedi un mucchio di pietre ma per passare dal mucchio di pietre alla casa ci vuole un pensiero ed è il pensiero che bisogna vedere.

Noi partiamo da un mondo che inizia con il caos, l’indeterminazione, a fondo del mondo materiale c’è l’indeterminazione: niente giustificato: è un mucchio di pietre.

A poco per volta tu inizi a vedere che questo mucchio di pietre si edifica in una casa: una costruzione meravigliosa.

Qui non c’è solo un mucchio di pietre, qui nella indeterminazione incomincia l’ordine, quindi c’è un pensiero: non ignorare il fotografo.

Quindi tu vedi una cosa ordinata.

Il massimo ordine, tu lo troverai nel pensiero di Dio.

Noi passiamo da questi due grandi estremi: massimo disordine, indeterminazione fino al pensiero di Dio, qui diventa tutto pensiero, qui abbiamo la pace, abbiamo il tutto ordinato, ma è tutto ordinato nel pensiero.

Dobbiamo tenere presente che la realtà per noi non è data soltanto da quello che noi vediamo ma anche da chi mi presenta quello che io vedo.

Per cui noi siamo fatti dalla realtà che vediamo e da Chi mi presenta questa realtà.

Io dico che vedo ma in realtà è uno che mi fa vedere, è uno che me lo presenta.

Il sole io lo vedo con gli occhi ma non sono i miei occhi che fanno il sole, è qualcuno che presenta ai miei occhi il sole.

Quindi abbiamo nella realtà questi tre dati: chi fa le cose e le presenta a noi, il nostro io che le percepisce e la cosa in sé, noi dobbiamo sempre tenere presenti questi tre dati per restare nella realtà.

Basta che ne dimentichiamo uno e noi cadiamo nell’astrazione.

La realtà è dinamica, in fisica si studia la statica che è un astrazione, si considera la cosa come se non fosse in movimento, è un astrazione questa, anche i numeri sono delle astrazioni, quindi vuol dire che noi dimentichiamo un dato.

La realtà è data da questi tre grandi elementi: la realtà che vediamo, colui che presenta a noi questa realtà e noi che percepiamo la realtà.

Per restare nella realtà noi dobbiamo sempre camminare con questi dati qui.

Dario: Quindi la realtà definitiva è quella della Trinità che in noi è presente nel pensiero di Dio.

Luigi: Per cui devi passare attraverso il pensiero di Dio per entrare nel cielo di Dio.

“Io sono la porta”, è la porta del cielo.

Una porta attraverso cui si passa personalmente, uno per uno e entrando nel cielo i punti fissi di riferimento non sono più nel tuo io ma sono nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.

L’anima del movimento è dato dalla giustificazione e tu adesso non cerchi più la giustificazione in quello che puoi esperimentare, nel cielo una cosa è giustificata in quanto la puoi vedere nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.

Quella triade che tu trovi in terra, va di presenza in presenza, fino a concludersi nella presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e se noi interrompiamo il cammino a metà strada, noi incominciamo a vaneggiare nell’astrazione.

O arriviamo in questa realtà (Padre, Figlio, Spirito Santo) in cui tutto viene giustificato o iniziamo a vaneggiare dietro l’astrazione dei nostri pensieri.

Le astrazioni avvengono perché nei nostri pensieri c’è la fame d’assoluto che mi porta ad estrapolare il dato che ho esperimentato e a farlo universale.

Silvana: Se si cerca ma non si vede ancora si resta a contatto con la realtà?

Luigi: Si resta in contatto con la realtà in quanto si cerca il pensiero di Dio, anche se non si conosce ancora.

Chi cerca già appartiene a-, in quanto ha interesse per-.

La conoscenza viene solo da Dio, pero non viene senza di noi, non è automatica, richiede la partecipazione nostra, perché i figli di Dio nascono da Dio consapevolmente, per partecipazione personale.

Bisogna passare attraverso l’annuncio che arriva, la dedizione della mente e la deduzione da Dio.

Per restare nella realtà io passo da quello che è il mondo esterno al mondo del pensiero e nel pensiero, per restare nella realtà, devo camminare, cioè passare attraverso il pensiero di Dio, per entrare nel cielo di Dio e cercare la giustificazione delle cose nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.

Paola: Tutto sta andando in una direzione sola, che noi ne siamo consapevoli o meno e a un certo punto la porta si chiude e noi o saremo entrati o resteremo fuori e questo entrare si attua giorno per giorno.

Luigi: “Chi con me non raccoglie...”, quindi bisogna raccogliere tutto in Dio.

Altrimenti si disperde e si resta dispersi.

Gina: Non dobbiamo giustificarci nel mondo sensibile...

Luigi: Guai a giustificarci.

Quando io dico: “Io ho i buoi, i campi, la moglie e non posso venire” e credo di giustificarmi mentre tutto il mondo mi giustifica, Dio non mi giustifica.

Infatti: “Costoro non assaggeranno la mia cena”.

Cioè entreranno magari i ciechi, gli storpi, i malati, i morti saranno costretti ad entrare ma quelli che si giustificano, quelli non entreranno, quindi l’elemento proprio determinante è questo.

Uno può dire: “Signore io non ce la faccio, sono povero e peccatore” e viene salvato, un altro che si giustifica no.

Paolo: L’importanza del manto della Vergine, imparare a restare nell’iniziativa di Dio.

Luigi: Tu capisci che per restare nell’iniziativa di Dio tu devi camminare, perché la realtà cammina ed è dentro di te che devi fare il lavoro essenziale.

Pinuccia: Noi perdiamo il contatto con la realtà perché cerchiamo la nostra giustificazione nelle creature e non nel Creatore.

Luigi: Ci giustifichiamo con le creature anziché cercare la giustificazione presso Dio ma noi non cerchiamo la giustificazione presso Dio perché sappiamo già che Dio non ci dà la giustificazione, perché Dio ci disapprova e allora andiamo a cercare altri che ci approvino.

Praticamente noi andiamo a cercare qualcuno che dica quello che vogliamo noi, dato che certamente Dio non giustifica quello che vogliamo noi.

Pinuccia: E devo preoccuparmi di stare nell’iniziativa di Dio, iniziativa di Dio concretizzata nella realtà che Dio mi presenta.

Luigi: Questa realtà che è in cammino, per cui io devo seguire il cammino, se io non cammino perdo il contatto, perché la realtà non resta più come prima.

La realtà non è statica, l’albero non è sempre un albero, apparentemente sembra che sia sempre un albero, in realtà non è più un albero, perché a un certo momento l’albero diventa soltanto un mio pensiero, una proiezione del mio pensiero se io non l’ho portato in Dio.

Pinuccia: La realtà esterna dura e un attimo e poi s’interiorizza, anche se noi non vogliamo.

Luigi: Indipendentemente da noi.

Pinuccia: Altrimenti si accumula in noi.

Luigi: Si accumula e ci fa scoppiare.

Pinuccia: Lo scopo di tutti questi dati è quello di farci scoprire il pensiero di Dio presente in noi, però se noi non ci dedichiamo questo non avviene.

Luigi: E allora tutto diventa un manicomio...per questo hanno eliminato i manicomi, anche quello è un segno.

Lunedì 26.10.1987

Luigi: Siccome Dio è il Creatore, solo in Dio c’è la giustificazione di tutte le cose.

Se io anzichè raccoglierle in Dio voglio raccoglierle in un altro principio, a un certo momento devo falsificare le cose, perchè le cose non entrano in un altro principio giustificante, uno solo è il Creatore, quindi soltanto in Lui c’è la ragione di tutte le cose.

Se io voglio giustificare nell’uomo oppure nella natura oppure nel caso, qualche cosa entra ma qualcosa non entra e allora quel qualcosa che non entra io lo devo falsificare.

Portando la passione dell’assoluto, questa passione ci costringe a unificare tutto, però se noi raccogliamo là dove non possiamo raccogliere tutto, qualcosa ci resta fuori e allora noi subiamo questa deformazione.

Luigi: Importante è restare sempre nella realtà, altrimenti noi lavoriamo di fantasia e con la fantasia travisiamo tutto.

Importante è avere in noi un punto reale di riferimento.

Si tratta di vedere cosa vuol dire realtà e quale è la condizione per restare nella realtà.

La realtà è una presenza che s’impone sull’uomo.

Questa presenza si sviluppa fino ad arrivare al Tu di Dio.

Però bisogna passare di presenza in presenza.

Si evolve partendo da ciò che è presente al pensiero del nostro io fino ad arrivare al Tu di Dio e se noi non facciamo i passaggi a un certo momento ci scolliamo dalla realtà, perché la realtà sta diventando il Tu di Dio.

A un certo momento ci troviamo di fronte alla presenza oggettiva del Tu di Dio.

Luigi: Realtà è ciò che si afferma su di noi indipendentemente da noi.

Quello è reale, reale è ciò che esiste indipendentemente da me, dal mio pensiero.

Per cui si fa pensare da me.

La novità che arriva in quanto novità, s’impone su di me, mi fa pensare a quello però esiste indipendentemente dal mio pensiero.

Il sole si fa guardare dal mio occhio, io vedo il sole, però il sole esiste indipendentemente da me, se l’occhio rappresenta il pensiero e il sole la realtà, come il sole esiste indipendentemente dall’occhio che lo guarda, così la realtà esiste indipendentemente dal pensiero che la pensa.

Arriva un momento in cui noi confondiamo talmente le cose, per cui la realtà è quello che noi pensiamo, per cui diventa l’oggetto del nostro pensiero.

Luigi: La realtà non è statica, la statica è un astrazione, la realtà è dinamica, per cui se noi la rendiamo statica astraiamo e ne perdiamo il contatto, invece bisogna seguirla come seguiamo una strada. Io devo seguire la strada fino a dove mi conduce.

La realtà si muove verso-.

Adesso bisogna vedere dove va questa realtà ma è in movimento.

Il tempo è in movimento, la vita è in movimento, niente è fermo, tutto muta, tutto cambia.

Luigi: “Chi messa mano all’aratro si volta indietro non è fatto per il Regno di Dio”.

Chi si volta indietro si scolla dalla realtà, perché la realtà sta andando verso una meta.    

Soltanto se cammini rimani con la realtà, altrimenti la perdi.

Se ci voltiamo indietro proiettiamo i nostri pensieri sulle cose e anziché vedere le cose come segni di Dio, vediamo le cose come segni nostri o segni dei nostri interessi, per cui cominciamo a vedere tutto il mondo e tutte le creature in funzione del pensiero del nostro io.

E allora tutta la realtà diventa una proiezione del pensiero del nostro io.

Anziché vedere la realtà come segno di Dio al nostro pensiero, vediamo la realtà come un segno del nostro pensiero.

Vedi come astraiamo e perdiamo il contatto con la realtà.

Se tu stai con una persona che sta andando verso una meta, se tu non cammini con questa persona ne perdi il contatto.

Cristo che è la conclusione, la pienezza dei tempi è la sintesi della realtà e Cristo va, Cristo non è uno che sta, se noi non camminiamo con Lui dove Lui va, noi perdiamo il contatto con Cristo, ci scolliamo da Lui e a un certo momento scopriamo di essere soli, magari lo pensiamo ancora come un ricordo, però ci accorgiamo che non è più una realtà per noi: ci siamo voltati indietro.

Luigi: Giungere a vedere il significato di un segno è grazia di Dio, però il desiderio, la preghiera è quello che mi mantiene in cammino, è necessario che noi trasformiamo tutto in preghiera. Non vocale ma preghiera come desiderio di capire che cosa Dio ci vuol significare di Sè in quello che ci ha fatto arrivare.

Ogni avvenimento si deve trasformare in una interrogazione verso Dio, per ricevere da Dio la luce, perché la luce viene da Dio, non viene dall’avvenimento.

L’avvenimento ci sollecita ad elevarci a Dio, quindi se io sento questa sollecitazione per capire quello che Dio vuol dirmi di Sè, entro in preghiera e già appartengo alla Luce.

Anche se la Luce non mi è ancora arrivata già appartengo.

Luigi: Tutto diventa pensiero.

Un avvenimento in pochi secondi o cambia o scompare.

E quando è cambiato o scomparso cosa rimane in noi?

Rimane il pensiero di quello che abbiamo visto.

Vuol dire che quella realtà esterna, è diventata pensiero nostro.

Adesso è qui nel pensiero che deve avvenire qualcosa.

Luigi: Tutto ci conduce indipendentemente da noi, perché tutte le cose diventano pensiero.

Noi adesso ci troviamo qui: parliamo, conversiamo, poi ognuno ritorna a casa sua.

La nostra conversazione qui è scomparsa.

La nostra presenza in questa stanza è scomparsa.

Però ognuno andando a casa sua cosa porta?

Porta il pensiero.

Adesso a casa, nel pensiero, ognuno in preghiera raccoglie alla presenza di  Dio quello che si è detto, per portarlo nel pensiero di Dio, per vederlo secondo Dio, ed è lì che adesso avviene la luce.

Non basta sentire le cose qui, bisogna poi personalmente portarle alla presenza di Dio, a quella presenza di Dio che portiamo in noi.

Quindi le cose arrivano a noi senza di noi, s’impongono, s’interiorizzano, diventano pensiero, non basta, adesso qui la cosa non va più avanti senza di noi: bisogna collegare quello che è diventato pensiero con il pensiero di Dio che portiamo in noi tra i nostri stessi pensieri.

Cioè bisogna unificare per vedere da Dio la Luce, il Giudizio su quello che Lui ci ha fatto arrivare.

Cioè praticamente quello che Lui ci ha voluto dire di Sé in quel segno che ci ha fatto arrivare o in quella parola che ci ha fatto ascoltare.

Se non lo facciamo, lì possiamo cominciare a vaneggiare nei nostri pensieri come dice San Paolo nella lettera ai Romani: “Avendo capito che Dio esiste non lo hanno glorificato come Dio e allora hanno cominciato a vaneggiare nei pensieri, Dio li ha abbandonati ai desideri dei loro cuori in modo che hanno cominciato a fare quello che non conveniva”.

Ecco dove avviene l’involuzione perché avendo conosciuto l’esistenza di Dio dovevano glorificarlo.

A un certo momento Einstein (non per giudicarlo) nel suo pensare ha capito che Dio esisteva e in quel momento avrebbe dovuto passare dagli studi di fisica alla ricerca di Dio.

Avendo conosciuto che Dio esiste, sei impegnato adesso a passare dal tuo mondo materiale, sensibile, all’interesse per conoscere Dio.

Si glorifica in quanto uno si dedica con la mente a quello per dedurre da quello.

Luigi: Abbiamo un cambiamento che è molto importante cogliere: le cose quando arrivano a noi, arrivano a noi per opera di Dio, quindi operano su di noi un effetto, esempio guardo il sole e il sole mi riscalda e m’illumina.

Il sole che è un segno di Dio crea un effetto su di me.

Quindi  le cose arrivano a noi con una causa che provoca in noi un effetto.

Come arrivano poi nel pensiero, anzichè diventare causa diventano effetto di-, per cui diventando effetto sollecitano noi a cercare la causa di quell’effetto lì.

Prima sono causa in noi di qualcosa. ma entrando in noi diventano effetto di qualcosa che ancora non vediamo che è Dio, per cui noi dobbiamo passare dall’effetto alla causa.

Le cose quando arrivano a noi sono una causa, perché provocano in noi un effetto: vedo un albero e l’albero causa in me qualche cosa, una notizia arriva a me senza di me, quindi in quanto arriva senza di me, provoca in me un effetto, quindi l’albero diventa causa di qualcosa che io subisco: effetto. Sole-occhio illuminato. Ma come diventa mio pensiero, qui diventa già effetto di qualcos’altro.

Non è più causa, diventa effetto e come effetto mi sollecita a passare alla causa, alla causa di questo pensiero che porto in me, ed è lì che io corro il rischio di non passare alla causa, alla causa di questo pensiero che è il pensiero di Dio.

Pinuccia: Oppure posso risalire alla causa che ha provocato questo pensiero: il sole, l’albero.

Luigi: No, il sole provoca in me un effetto e causa un pensiero ma questo pensiero in me non è effetto del sole, perché il sole esiste indipendentemente da me...ieri ho fatto l’esempio della fotografia, quello che noi trascuriamo generalmente è il fotografo.

Tu vedi una fotografia e vedi che cosa rappresenta quella fotografia, ma stai attento che in quella fotografia c’è anche chi l’ha scattata che noi ignoriamo sempre.

Se tu vedi una casa, non vedi solo la casa, devi vedere anche il pensiero di chi l’ha costruita.

Nella casa c’è del materiale ma non c’è solo il materiale, altrimenti sarebbe un mucchio di materia, mattoni.

Invece quel mucchio di mattoni è stato trasformato in una casa, quindi c’è un pensiero, c’è una finalità.

Allora devi vedere la casa, il materiale e devi vedere il pensiero di chi l’ha costruita.

Ora, quando noi vediamo il sole, non è il sole che parla a me, non è il sole che entra in me, c’è l’autore che vede me e vede il sole, per cui nella realtà “sole” è compreso: -colui che crea il sole e che me lo presenta, -io che sono spettatore. –il sole stesso.

Colui che crea il sole è Colui che me lo fa diventare pensiero.

Solo se tengo presente questi tre fattori, la realtà è veramente realtà.

Non è l’albero che si fa vedere da me, cosa vuol dire questo “far vedere”, è perché diventa pensiero.

Colui che ha creato l’albero ha creato me con la mente che osserva per capire l’albero che Lui mi presenta.

Quindi noi dobbiamo sempre tenere presente queste tre dimensioni che sono poi: l’acqua, il sangue e lo spirito: realtà esterna, l’osservatore della realtà esterna e Colui che fa osservare, Colui che parla all’osservatore.

Teresa: In una lettera è più facile non fermarsi al pezzo di carta.

Luigi: Certo, perché in una lettera è evidente chi me la manda. Invece di fronte a una fotografia, generalmente trascuriamo il fotografo.

Noi siamo spettatori di-.

Praticamente l’universo è televisione.

Se noi andassimo in un popolo primitivo con una televisione, quelli certamente andrebbero a scrutare cosa c’è nella televisione che fa vedere certe figure e direbbero che è la televisione stessa che produce certe figure, non penserebbero alla stazione trasmittente.

Ora, tutto l’universo è praticamente un apparecchio televisivo, noi ci fermiamo a quello, non pensiamo mica che c’è una stazione trasmittente: Dio è la stazione trasmittente.

Dio che trasmette, trasmette a noi che siamo spettatori, quindi Lui tiene presente noi e a noi presenta la televisione.

Ci deve essere Uno che fa la cosa fuori e che dà a noi la capacità di vedere la cosa fuori ed è lì la cosa più difficile.

Dio non fa mica solo la creazione esterna, Dio fa in noi un occhio, un orecchio, un cervello, una capacità per vedere la cosa che è fuori.

Colui che fa le cose, fa anche la creatura che osserva le cose.

Luigi: Abbiamo un capovolgimento, perché prima (realtà esteriore) abbiamo una causa su di noi, nel pensiero abbiamo un effetto verso una causa che ancora non vediamo.

Ed è qui che il più delle volte avviene il difetto da parte nostra perché noi non raccogliamo i nostri pensieri nel pensiero di Dio che diventa causa dei nostri pensieri, perché in realtà il pensiero di Dio è la causa dei nostri pensieri.

Se non raccogliamo i pensieri in Dio, perdiamo il contatto con la realtà e allora a noi resta l’idea, la memoria, il ricordo di una cosa ma ne abbiamo perso la realtà, è come se avessimo presente la fotografia di una persona che non c’è più, noi sì guardiamo la fotografia, abbiamo il ricordo di quella persona, pensiamo quella persona, però lei non c’è più, la realtà non c’è più.

La cosa veramente importante è non perdere il contatto con la realtà.

Il pensiero di Dio è la porta, la condizione essenziale attraverso cui avviene questo capovolgimento con cui noi entriamo nel cielo di Dio.

Nel cielo di Dio la testimonianza, cioè la giustificazione non è più in noi, sulla nostra terra la giustificazione è in quanto io vedo la cosa, poiché la cosa è relativa all’io, nel cielo di Dio le cose non sono relative all’io, le cose sono relative a Dio, quindi son giustificate in Dio, per cui qui nel cielo di Dio, noi cerchiamo la giustificazione nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.

Nel cielo di Dio le cose non sono giustificate perché io le vedo così, quello non interessa più, le cose sono giustificate in quanto Dio le vede così.

Quindi noi cerchiamo la ragione e la giustificazione in Dio.

Allora qui abbiamo una giustificazione eterna.

Questa diventa vita eterna, non muta più.

Maria Pia: Importante è non accontentarsi delle cose...

Luigi: Non dobbiamo accontentarci, perchè se ci accontentiamo noi le cose le riferiamo solo al nostro io e il punto fisso è il nostro io ma noi non siamo i creatori, il nostro io non è il vero punto fisso di riferimento.

Il punto fisso di riferimento è Dio.

Noi non siamo la verità.

La vera giustificazione è in Dio, quindi quando noi diciamo che la cosa è così perchè io la vedo così, io la penso così, certamente queste sono delle falsificazioni.

La vera giustificazione è soltanto in Dio, però in Dio si richiede la dedizione del nostro pensiero al suo pensiero, della nostra mente a Lui, per vedere le cose dal suo punto di vista, perché Dio non si confonde mai con il nostro io, il Suo pensiero non si confonde mai con il nostro pensiero.

Allora si richiede questo superamento che noi chiamiamo morte al nostro io, per vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Dobbiamo superare noi stessi per guardare le cose dal punto di vista di Dio, certo questo non potremmo mai farlo se Dio non si concedesse per primo, se Dio non ci desse la possibilità di pensarlo: se io non ho la possibilità di arrivare su una vetta, non potrò mai vedere le cose da quella vetta.

Dio per primo quindi ci deve concedere il suo pensiero per darci la possibilità di passare dal nostro pensiero al suo pensiero, per vedere le cose dal suo pensiero.

Teresa: La realtà è la cosa e chi mi presenta la cosa...

Luigi: E noi che la osserviamo.

C’è una terna che portata nel cielo di Dio è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Teresa: Se noi stacchiamo le cose da Chi le ha fatte ci sfugge la realtà.

Luigi: Ci sfugge la realtà, per cui le cose diventano soggettive.

Cominciamo a rapportarle al nostro io.

Allora ci chiudiamo in un mondo soggettivo che ci porta poi a travisare tutto.



E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".

Gv 9 Vs 19 Secondo tema.


Titolo: Chiedere per vedere.


Argomenti: Solo Dio ci può rivelare il "come" delle cose. Si chiede con la mente. Guardare dal punto di vista di Dio.


 

1/Novembre/1987 Casa di preghiera Fossano.


Restiamo ancora nel versetto 19 del capitolo nono di San Giovanni.

I giudei chiedono ai genitori di colui che era cieco (cieco dalla nascita e guarito da Gesù in giorno di sabato): "È questo vostro figlio che voi dite nato cieco? E come mai adesso vede chiaramente?".

Domenica scorsa abbiamo visto che la realtà in cui noi ci troviamo, è una realtà in movimento, non è statica ma dinamica.

Essendo in movimento è necessario chiederci dove essa vada.

Abbiamo visto che la realtà in cui ci troviamo, quella del mondo esterno, s’interiorizza nell'uomo e diventa pensiero dell'uomo. L'esterno passa nell'interno dell'uomo e qui diventa pensiero.

Tutti questi pensieri che sono pensieri delle cose esteriori, dei fatti di cui Dio ci fa spettatori, si affollano davanti a un varco, il varco della testimonianza dello Spirito.

Ogni uomo porta con sé tre testimonianze, anzi l'uomo è tre testimonianze.

Quella del mondo esterno, quella della sua passione di Assoluto e quella dello Spirito, cioè del Pensiero di Dio.

Tutte le cose arrivano all'uomo incompiute: l'uomo osserva l'incompiutezza delle cose.

San Paolo dice: "Tutta la creazione geme soffre in attesa della rivelazione del Figlio di Dio".

Geme e soffre perché è incompiuta, in attesa della rivelazione.

E soffre nell'uomo, nell'interno dell'uomo come pensiero.

Il che vuol dire che tutta la creazione, diventando pensiero dell'uomo è un incompiuto, è una sofferenza, fin tanto che l'uomo non passa attraverso questo varco che è il Pensiero di Dio.

L'uomo subisce la sofferenza di tutta la creazione che attende di ricevere la luce di Dio, di essere conclusa, poiché tutte le cose vengono da Dio e tutte le cose ritornano a Dio.

Tutte le cose vengono da Dio senza di noi (la realtà è dinamica, si muove, entra dentro di noi, diventa pensiero), ma non ritornano a Dio senza di noi ed è qui che l'uomo corre il rischio di scollarsi dalla realtà.

Perché se l'uomo non passa attraverso questo varco e non riporta tutte le cose a Dio, comincia a girare intorno a se stesso, quel moto rettilineo che è rappresentato dalla realtà che cammina verso Dio (universo uguale unità verso un fine), per l'uomo diventa circolare, diventa una routine.

Cioè al posto della ricerca di Dio l'uomo comincia a celebrare i riti, a vivere di abitudini, a fare le cose tanto per farle e a giustificare se stesso secondo i propri interessi ("Io ho i campi, i buoi, la moglie non posso venire").

Praticamente l'uomo si volta indietro verso quella creazione che in lui è diventata pensiero e che si sta affollando davanti al varco del Pensiero di Dio per passare, poiché soltanto passando trova il suo compimento.

Tutta la creazione si compie nel cielo di Dio, nel cielo in cui chi rende testimonianza non è più l'acqua, il sangue, lo Spirito ma nel cielo di Dio, chi rende testimonianza sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e questi tre sono Uno.

Qui nel cielo di Dio abbiamo una testimonianza eterna che non è più il movimento, è vita eterna.

Tutte le cose ci conducono qui, in questa luce, ma non senza di noi.

E proprio per questo, l'uomo corre al rischio, anziché continuare la direzionalità della realtà nella sua dinamicità, di voltarsi indietro verso quella creazione da cui è partito questo movimento verso il cielo.

Voltandosi indietro s’inaugura nell'uomo quel moto circolare, di routine in cui l'anima si spegne, le cose perdono significato, la vita si spegne.

Qui ci troviamo con uomini che chiedono ai genitori (alle creature) la ragione: "Come mai adesso vede?".

Questi uomini non avevano creduto che quell'uomo fosse nato cieco, quindi sono in contraddizione, non credono che sia stato cieco e vanno a interrogare i genitori perché ora vede chiaramente.

È la contraddizione in cui si trova ogni uomo quando, anziché cercare la ragione delle cose e dei fatti in Dio, la cerca negli uomini.

Chiedono come mai vede chiaramente.

In questo cieco dalla nascita è rappresentato ogni uomo, perché ogni uomo è cieco dalla nascita, poiché quello che vede (le cose esteriori) non sono illuminate.

Tutto quello che vediamo nel mondo esteriore, è sempre compatibile col nostro io, cioè è relativo al pensiero del nostro io.

Le cose sono così perché noi le vediamo così.

Ma noi non siamo la verità.

Tutta la realtà esterna per noi è mistero e noi ci accorgiamo di questo mistero.

Ecco perché diciamo che ogni uomo è cieco, perché l'uomo costata di non vedere.

Noi viviamo di impressioni, di sentimenti: Sant'Agostino diceva: "Se qualcuno mi chiede che cosa è il tempo io non so rispondere". E non solo il tempo, ma la vita, l'uomo, la natura, l'universo.

Proviamo a rispondere che cos'è.

Nessuna scienza può rispondere che cos'è l'universo, che cos'è l'uomo, che cos'è il tempo.

L'uomo è un cieco e per questo è rappresentato da questo cieco dalla nascita.

Questa guarigione è altamente significativa per ogni uomo.

Il chiedere come questo cieco abbia avuto la vista, è molto significativo per la vita di ogni uomo, perché l'uomo essendo cieco sta disperatamente invocando la luce.

Ognuno di noi è quel cieco di Gerico che chiede a Gesù: "Signore che io veda".

È l'ansia di ogni uomo: vedere, perché ci accorgiamo che prendiamo delle cantonate ogni momento.

Parliamo in modo sbagliato, giudichiamo in modo sbagliato, facciamo delle scelte sbagliate, tutto perché non vediamo, non sappiamo.

Per questo l'episodio di questo cieco dalla nascita e di questa guarigione è molto significativo per noi.

È molto importante questo "come" che chiedono i farisei.

Come?

Ma chiedono nel luogo sbagliato perché non c'è nessun genitore e nessuna autorità che possa dire come la luce giunga alle anime, come l'uomo venga illuminato.

Chiedere il "come", è chiedere la ragione del passaggio dalla cecità alla luce.

Nessun uomo conosce le vie attraverso cui la luce entra nell'anima.

Questo è un errore di campo.

Cercano nella creazione, cercano nella creatura una cosa che la creatura assolutamente non può avere, perché la ragione delle cose non è nella creatura, non è nella creazione.

La creatura è un effetto.

La ragione delle cose è nel Principio, nel Creatore, Dio.

Allora dobbiamo smettere di interrogare le creature per cercare da esse la ragione, la giustificazione delle cose: non troveremo mai la ragione delle cose nella materia.

La ragione delle cose è il Creatore che fa la materia, che fa la natura, che fa l'uomo.

La ragione è nel Principio.

Per cui fintanto che noi non proseguiamo quella via della realtà che tende a ritornare a Dio, fintanto che non rivolgiamo la nostra interrogazione al Creatore, non troveremo mai la risposta alla nostra richiesta, come non la trovarono quei farisei che rivolsero la domanda ai genitori del cieco.

Neppure un genitore può sapere come mai il figlio sia cieco e come abbia riavuto la vista.

L'uomo è un mezzo attraverso cui Dio opera per raggiungere un fine, il che vuol dire che la giustificazione è solo in Dio.

Solo elevando il nostro pensiero a Dio possiamo trovare il "come".

Qui capiamo che le cose si ottengono in quanto si eleva la mente a Dio, al Creatore.

"Qualunque cosa chiederete al Padre vi sarà data".

È nel Principio che si scopre la ragione delle cose.

L'uomo è un'esigenza di risposta, di compimento delle cose che porta in sé incompiute.

Questa è la vera richiesta che l'uomo sente.

Tutti i pensieri dell'uomo si affollano davanti a questo varco del Pensiero di Dio ma non passano senza l'uomo.

Se non passano attraverso questo varco, tutti i pensieri non assimilati in Dio, ci intossicano.

Tutto quello che non raccogliamo in Dio, ci avvelena, ci distrugge.

Noi siamo avvelenati da tutto ciò che non riportiamo in Dio.

Le cose non restano innocenti, giungono a noi da parte di Dio innocenti ma, se noi non le riportiamo Dio, esse ci avvelenano, ci distruggono, ecco la necessità di passare attraverso questo varco e questo passaggio consiste nel portare la nostra mente a Dio per cercare in Dio la ragione, il "come" la luce arriva noi.

Tutto arriva noi perché noi lo riportiamo a Dio, per farci elevare la mente a Dio (ecco la vera preghiera che non sta nel dire delle parole, ma nell’elevare la mente a Dio per chiedere a Lui la luce).

La luce è chiedere la giustificazione di quello che Dio ci ha mandato, per chiedere a Dio il significato delle cose, bisogna passare attraverso il varco.

Il tema di questa sera è proprio: chiedere per vedere, non chiedere di vedere ma, per vedere.

In un primo tempo chiedere è parlare: "Signore aiutami, fammi vedere, dammi questo".

Ma presso Dio non ci sono parole e non si usano parole.

La vera preghiera interessa la mente.

Cosa vuol dire chiedere con la mente?

Vuol dire rivolgere il pensiero a Dio per ottenere da Dio la luce.

"Senza la sapienza da Te mandata a nulla vale".

Chiedere vuol dire rivolgersi come una tazza vuota, con la mente, per guardare Dio, per ottenere da Lui la sapienza.

Gli atti essenziali dell'uomo sono costituiti dall'adesione all'annuncio, dalla dedizione all'annuncio, dalla deduzione da Dio.

Soprattutto la luce viene per deduzione da-.

Ma la sapienza che viene da Dio non viene automaticamente.

La nostra mente è chiamata a glorificare Dio perché riconosce che tutto viene da Dio e tutto va riportato a Dio per vedere come Dio fa le cose, come Dio opera questo tutto che arriva noi per condurci a glorificarlo e renderci coscienti della sua opera.

La luce è giustificazione delle cose in Dio, ma chi giustifica è Dio.

Ora per partecipare a questa giustificazione bisogna vedere come Dio opera.

Ma per vedere come Dio opera bisogna avere la possibilità di guardare Dio.

Dio che non vediamo nel pensiero del nostro io.

Questo ci fa capire che l'uomo ha la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di un altro.

Noi abbiamo la possibilità di superare noi stessi per portarci a guardare le cose dal punto di vista di un altro.

Se siamo chiamati a glorificare Dio, a vedere la luce che viene da Dio, dobbiamo avere in noi la possibilità di vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Questa possibilità sta solo nel pensiero, non viene né dalle nostre virtù, né dai nostri sacrifici ma solo col pensiero.

Possiamo trasferirci nel Pensiero di Dio che portiamo in noi, per vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Non solo ma siamo chiamati a vedere quello che l'uomo è di fronte a Dio.

L'uomo è persona in quanto è di fronte a Dio, in quarto porta in sé la Presenza di Dio e col pensiero ha la possibilità di trasferirsi alla sua Presenza e guardare le cose da Dio.

Solo qui, in Dio e da Dio l'uomo è fatto partecipe del "come" quest'uomo ha riavuto la vista.

Ora possiamo capire perché Gesù l'abbia guarito in giorno di sabato.

Il sabato è il giorno del Signore, il giorno in cui tutto è riferito a Dio, tutto è riportato nel suo compimento (sabato in ebraico vuol dire compimento).

Sabato è il giorno in cui le cose sono compiute, il giorno in cui noi abbiamo portato le cose in Dio: è qui che viene la luce.

Per questo Gesù ha guarito il cieco di sabato e i giudei avevano concluso che quell'Uomo che aveva guarito in giorno di sabato non era da Dio.

Eligio: La ragione delle cose è solo in Dio.

Luigi: E da Dio.

Eligio: Il mondo esteriore non raccolto in Dio è un corpo estraneo che ci avvelena...

Luigi: Diventa un principio di disgregazione.

Diventa corto circuito, perché il pensiero non portato in Dio, diventa motivo d’interpretazione della realtà esterna.

Eligio: Il passaggio alla Luce è portare la nostra mente a Dio, non è un movimento attivo dell’io...

Luigi: Quella è continuazione del cammino dell’universo, della realtà.

Ora la realtà è Dio che la fa e noi corriamo il rischio, non passando di scollarci dalla realtà, perché la realtà è in movimento e io resto con la realtà in quanto seguo questo movimento: Tutto viene da Dio e tutto ritorna a Dio, io per restare con la realtà devo andare a Dio, altrimenti mi separo, comincio a fantasticare, adesso il mondo diventa una mia fantasia.

Il mondo diventa un astrazione e io credo di essere realista.

Il mio mondo diventa un mondo fantastico proiezione dei miei pensieri staccati da Dio.

Eligio: Divento un visionario.

Quindi portare la mente a Dio vuol dire chiedere a Dio, da Lui la ragione dei segni che ci fa arrivare e che costituiscono la realtà sensibile.

Rosanna: Ma se l’uomo è ben ancorato a questo principio non interroga più...

Luigi: Ben ancorato a questo movimento io direi...interroga sempre.

In quanto uno accetta tutto da Dio, non può fare a meno di chiedere a Dio il significato di quello che Dio fa.

Rosanna: E Dio non può attraverso avvenimenti successivi fargli capire queste cose?

Luigi: No, la Luce non viene dall’esterno, la Luce non viene dagli avvenimenti. Gli avvenimenti sono per farci chiedere.

Come la parola, la parola non m’illumina il pensiero, la parola mi mette in movimento verso il pensiero ma solo quando arrivo al pensiero, io capisco il significato della parola.

Cioè è il pensiero che m’illumina la parola, non è la parola che m’illumina il pensiero.

La parola che m’arriva mio mette in situazione di attenzione verso-.

Però Colui che parla è Colui che m’illumina se io sto attento.

C’è sempre una doppia fase, c’è la fase di Colui che parla a me e parla a me senza di me e c’è l’altra fase in cui io devo fare attenzione a Colui che mi sta parlando per arrivare a capire il suo pensiero e io posso essere distratto, mentre l’altro mi parla io posso pensare ad altro, non arriverò mai al pensiero.

L’Altro parla a me senza di me, il pensiero non può rivelarmelo senza di me.

Ora, se tutto è creazione di Dio, non è sufficiente che io accetti tutto da Dio, perchè tutto è parola di Dio e se Dio parla parla per cosa? Per rivelarmi il suo pensiero, il suo pensiero chi è? Suo Figlio.

Quindi io mi scollo dall’intenzione di Dio, in quanto accetto tutto da Dio e non m’impegno a cercare di guardare da Lui per ricevere da Lui il suo pensiero.

Il suo pensiero è generato solo da Dio non è generato dalle cose.

Il pensiero non nasce dalle cose.

Quindi Dio fa arrivare a me le cose e sono tutte parole sue, ma il suo pensiero è generato solo dal Padre.

Le cose quindi mi sollecitano a elevare il mio pensiero, (perché solo con il pensiero posso trasferirmi altrove dal mondo in cui mi trovo fisicamente) per vedere da Dio la generazione del suo pensiero.

E fintanto che non vedo dal Padre la generazione del suo pensiero, io non posso capire tutte le opere che fa Dio.

Per cui non sono le cose successive che Dio mi presenta che mi spiegano le anteriori, no, quello che mi spiega le cose è il pensiero ma il pensiero generato dal Padre.

Rosanna: Quindi la creatura deve essere raccolta in questo pensiero.

Luigi: Sì, perché tutto quello che fa Dio, lo fa per condurmi a vedere il suo pensiero, tutta la creazione è un parlare di Dio ma in quanto è parlare, è per condurmi alla rivelazione del suo pensiero.

Per cui la conclusione di tutta l’opera di Dio è il suo pensiero.

Allora io devo seguire questa linea dell’opera che Dio fa per condurmi a vedere il suo pensiero, ma il suo pensiero non viene dalla creazione, il suo pensiero è generato da Lui, è unigenito e allora fintanto che io non guardo al Padre e dal Padre non vedo come genera il suo Figlio, io non arrivo al pensiero di Dio.

Giovanna: Soltanto ricevendo la Luce vediamo come si passa dalla cecità alla Luce.

Luigi: Quindi i doni di Dio noi li riceviamo soltanto conoscendo Dio, è la conoscenza di Dio che mi conduce a vedere la presenza di Dio.

La presenza di Dio procede da- e in quanto procede da-, richiede da noi il ricevere il Padre e il Figlio.

Dal Padre e dal Figlio procede la presenza di Dio.

Altrimenti non arriveremmo mai alla presenza di Dio.

Linuccia: Noi abbiamo due vite, una nel pensiero di Dio e una nel pensiero dell’io che si ferma alle giustificazioni causa effetto...

Luigi: Si però queste giustificazioni causa-effetto sono tutte relative, io nel mondo non potrò mai trovare la ragione per cui un albero è un albero, il perché. La ragione l’ho soltanto presso Dio, Dio non fa altro che significare Se Stesso, quindi non fa altro che significare la sua Trinità, fintanto che quindi non arrivo, per grazia di Dio a vedere come Dio significa Se stesso non sono nella Luce.

Tutta la creazione, ogni avvenimento, essendo significazione di Dio e espressione di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo e fintanto che noi non vediamo questo, noi non possiamo intendere la ragione delle cose, perché la ragione sta lì, la ragione sta nella Trinità di Dio.

Linuccia: Glorificare vuol dire vedere il pensiero di Dio nelle cose.

Luigi: Glorificare vuol dire riconoscere la verità di questo, non dirlo a parole.

La gloria vuol dire riconoscere la cosa per quello che è.

Dio non ha mica bisogno di gente che canti e gli rivolga delle lodi e gli suoni il violino, sia chiaro, Dio vuole soltanto creature che riconoscano la sua verità.

Dio vuole la convinzione.

Linuccia: Dio ci ha dato la possibilità di staccarci dall’io per unirci a Lui.

Luigi: E questo avviene solo con il pensiero.

Noi siamo tutti in questa stanza e solo col pensiero ognuno di noi può andare chissà dove.

Ma solo col pensiero, perché fisicamente continuiamo a essere qui.

Questo è quello che veramente conta.

L’uomo ha la possibilità con il pensiero di trasferirsi in Dio, quindi di guardare le cose dal punto di vista dell’eternità, dicevano i padri antichi.

Guardare dal punto di vista di Dio.

Se tu incominci a guardare le cose dal punto di vista dell’eternità, tu incominci a vivere nell’eternità.

Ognuno di noi vive là, dove ha il pensiero.

Il nostro fisico può stare benissimo ma se il nostro pensiero è in qualche preoccupazione, noi siamo terribilmente angosciati.

Noi viviamo molto di più là dove abbiamo il pensiero che non là dove abbiamo il corpo, quindi il nostro pensiero è molto più  importante della nostra vita fisica, ecco quello che dobbiamo veramente curare.

Silvana: Praticamente possiamo restare nell’iniziativa di Dio elevando la mente a Dio per ricevere da Lui la Luce su quello che ci ha fatto arrivare.

Luigi: Farei un piccolo appunto, non “praticamente” ma “teoricamente”.

Perché teoricamente vuol dire contemplare in Dio.

“Praticamente” è tutta un astrazione, la realtà è teorica che vuol dire contemplare le cose in Dio e quella è la realtà.

Si resta nell’iniziativa di Dio in quanto si fa il cammino che Dio ci traccia.

Il fiore e l’avvenimento sono realtà, ma io devo seguire questa realtà che è dinamica e che entra nel mio pensiero e che nel mio pensiero diventa una esigenza di Luce, se io seguo questo io appartengo all’iniziativa di Dio.

Ma se ci ripieghiamo come hanno fatto questi farisei verso i genitori, per sapere il “come”, noi ci scolliamo dall’iniziativa di Dio, abbiamo iniziato a girare su noi stessi.

Qui cominciamo a fare la trottola.

Qui comincia la routine.

E qui perdiamo il significato.

Maria Pia: Pensavo alla lettera di San Paolo: “Voi siete stati predestinati, giustificati e glorificati in Dio”, quindi questi passaggi strettamente personali per arrivare proprio a vivere in Dio...

Luigi: Se ci manteniamo nell’iniziativa di Dio.