Di nuovo
interrogarono il cieco: "Tu che cosa dici di Colui che ti ha aperto gli
occhi?".
Egli rispose: " È un profeta".
Gv 9 Vs 17 Primo tema.
Titolo: La fuga da Dio.
Argomenti: La differenza tra la creatura e il Creatore. Il
Principio dell'uomo è Dio. Il nostro io non giustifica
niente. Come Dio ferma l'uomo nella sua fuga verso il niente.
27/Settembre/1987 Casa di
preghiera Fossano.
Siamo nel versetto 17, qui si dice che i farisei di nuovo
interrogarono quel cieco che era stato guarito da Gesù: "Tu che cosa dici
di Colui che ti ha aperto gli occhi?", egli rispose: "È un
profeta".
Qui ci troviamo con questi farisei che si rivolgono
all'uomo, interrogano l'uomo.
Interrogano l'uomo riguardo a Colui che l'ha guarito
dalla sua cecità.
Quindi se teniamo presente quanto abbiamo considerato
nelle domeniche precedenti, sorge subito la domanda: perché questi farisei
anziché interrogare Dio, interrogano l'uomo?
E dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato,
che cosa Dio vuole indicare a noi, attraverso questo fatto: uomini che interrogano
l'uomo per conoscere chi è Colui che l'ha guarito?
Teniamo presente che loro avevano già affermato che
quest'uomo che l'aveva guarito, non era Dio: "Non è da Dio perché non
osserva il sabato".
Quindi avevano già in se stessi un'opinione, diciamo un preconcetto,
avevano già emesso un giudizio.
La Parola di Dio insegna a tutti dicendo: "Quando
hai bisogno di luce, chiedila a Dio, chiedila al Padre, il quale non la rifiuta
a nessuno”.
L'uomo è fatto per la luce e in Principio la luce era il
Verbo e la luce era la vita degli uomini: conoscere Dio, potere dialogare con
Dio, poter interrogare Dio su tutto.
Adamo tutte le sere dialogava con il suo Signore, e se
dialogava interrogata, chiedeva.
Poter dialogare con il Signore, poterlo ascoltare, poterlo
interrogare, qui sta la vita essenziale dell'uomo.
Allora dobbiamo chiederci come mai qui invece, ci
troviamo con uomini che non interrogano Dio, non si raccolgono in preghiera,
non rientrano in se stessi per ascoltare quello che il Verbo interiore, quello
che il Maestro interiore ha da dire loro? Ed è il Maestro di ogni uomo, perché
ogni uomo porta in sé il Maestro della sua vita.
Perché questi uomini anziché raccogliersi in preghiera,
rientrare in se stessi, si rivolgono all'uomo?
Anche se quest’uomo è un uomo guarito da Gesù,
interrogano la creatura anziché il Creatore.
Tenendo presente la Parola di Dio diciamo che c'è un
guasto, c'è un errore: dov'è questo guasto, dov'è questo errore?
Soprattutto perché la creatura a un certo momento
preferisce interrogare la creazione, interrogare la creatura, interrogare gli
uomini, conoscere gli uomini, riempirsi di cultura degli uomini anziché
interrogare Dio, anziché riempirsi di conoscenza di Dio? Per rispondere a
questo, dobbiamo prima di tutto osservare che differenza passa
tra il Creatore e la creatura, fra l'uomo e Dio.
Ciò che subito si presenta ai nostri occhi come
differenza è questo: la creazione, le creature si vedono, Dio non si vede.
Cosa significa questo?
Che cosa vuole dire che le creature si vedono e Dio non
si vede?
La creazione è fatta per gli uomini, quindi è fatta nel
pensiero dell'uomo.
Tutta la creazione è manifestazione di Dio e in quanto è
manifestazione di Dio all'uomo, è fatta per il pensiero dell'uomo.
In quanto è fatta per il pensiero dell'uomo, la creazione
è compatibile con il pensiero dell'uomo, compatibile appunto perché parla
all'uomo, parla all'uomo nella situazione in cui si trova, cioè nel pensiero di
se stesso, è Dio che parla all'uomo nel pensiero dell'uomo.
Per questo gli uomini vedono le creature, le creature
appaiono all'uomo, Dio invece non si vede.
Che cosa vuole dire?
Vuole dire che Dio non è compatibile con l'uomo, cioè Dio
non si vede nel pensiero dell'uomo.
La prima conseguenza è che fintanto che l'uomo resta nel
pensiero di sé, non può conoscere Dio, non può vedere Dio, non può contemplare
Dio.
Però vede, esperimenta, tocca la creazione, tocca le
creature.
Proprio da questo rapporto tra vedere e non vedere, fra compatibilità
e di incompatibilità del pensiero del nostro io, qui noi possiamo capire perché
l'uomo quando trascura Dio, "naturalmente" sia portato a rivolgersi
alle creature anziché al Creatore.
Perché le creature sono la realtà che egli vede.
Per l'uomo la realtà è data dalla creazione, non è data
da Dio.
Quando l'uomo trascura Dio, Dio per lui non è una realtà,
non lo può ignorare però non lo vede e non lo tocca, quello che vede e tocca è
la creazione, è la creazione di Dio.
Questa è la realtà che l'uomo interroga, è la realtà alla
quale si riferisce quando trascura Dio.
Ma succede che se l'uomo trascura Dio,
se non tiene presente Dio, l'uomo perde il principio della sua identità, non sa
più chi esso sia.
Perché Dio è il Principio dell'uomo.
Il Principio dell'uomo non è l'uomo, il Principio
dell'uomo è Dio.
E quando l'uomo trascura Dio, non conosce più se stesso.
Perdendo il Principio d'identità, l'uomo adesso va alla
ricerca di ciò che lui ha presente.
Ha trascurato Dio, quindi va alla ricerca di ciò che lui
ha presente: la creazione.
Va alla ricerca della giustificazione di sé, della
ragione di sé.
E qui abbiamo un capovolgimento, il capovolgimento sta
nel fatto che l'uomo anziché cercare la Realtà, cerca la ragione di quello che lui
è nella creazione.
Anziché cercare lui di aderire alla Realtà, lui va alla
ricerca di una realtà, perché abbiamo detto che trascurando Dio, la prima
conseguenza è che l'uomo perde il principio di identità, non sa più chi egli
sia.
Quindi il suo primo bisogno è questo: la giustificazione
di sé, e questa giustificazione di sé, lui non la cerca presso Dio, perché non
lo vede, la cerca presso la realtà che vede.
È un capovolgimento di termini, perché a questo punto,
noi abbiamo l'uomo che si mette come punto fisso di riferimento e cerca la
giustificazione di sé nella creazione, nelle creature, negli uomini, in quello
che dicono gli uomini.
È come se dovessimo adattare un cappello a una testa o
una scarpa a un piede, noi avremmo soltanto due soluzioni possibili o adattiamo
il cappello alla testa o adattiamo la testa al cappello, o adattiamo la scarpa
al piede o adattiamo il piede alla scarpa.
Non ci sono altre soluzioni.
L'uomo che cerca Dio adatta il cappello
alla testa, ma l'uomo che non cerca Dio, pialla la testa per renderla
adatta al cappello.
Abbiamo l'inversione dei termini: è l'uomo che non si
adatta a Dio, che non cerca la giustificazione di sé in Dio ma, cerca nella
creazione la giustificazione di sé.
Quindi l'uomo sa quello che vuole e va alla ricerca della
realtà che si adatti alla sua realtà, a quello che lui vuole, abbiamo detto che
c'è un capovolgimento dei termini, c'è un’inversione.
Solo che se l'uomo cerca la giustificazione di sé nella
realtà attorno a sé, in realtà non si giustifica e abbiamo le lezioni spesso
ripetute nel Vangelo di Gesù che dice che l'uomo che si giustifica dicendo:
" Io ho i buoi, ho i campi, ho la moglie", non è giustificato.
Non è giustificato per il fatto che al centro di
tutte queste giustificazioni c'è un'inversione di giudizi, c'è il pensiero
dell'io come punto fisso di riferimento.
Quando abbiamo parlato della "insidia al
calcagno", abbiamo detto che chi contempla Dio non si lascia insidiare al
calcagno perché abbiamo detto che le insidie al calcagno, sono tutte le ragioni
del mondo (queste ragioni si possono sintetizzare in campi, buoi, moglie) con
cui gli uomini credono di giustificare la loro vita.
Chi contempla Dio, riconosce che al centro di queste
ragioni, c'è il pensiero dell'io, e il pensiero dell'io non è giustificato e
non è giustificante.
Perché Dio è giustificante.
Dio è il Creatore, il nostro io non è il creatore, quindi
non giustifica niente in sé e non è giustificante assolutamente niente.
Quindi se al centro di tutte le nostre ragioni c'è il pensiero
dell'io, certamente tutte le nostre giustificazioni, tutte le nostre ragioni,
non sono valide e Gesù dice: "Non assaggeranno la mia cena".
Tutte queste giustificazioni di sé (buoi, campi, moglie)
che l'uomo cerca nel mondo, hanno come centro, come punto fisso di riferimento
il pensiero dell'io dell'uomo, praticamente è l'uomo che tende a farsi centro
di un suo mondo.
E che cosa succede?
Succede che l'uomo non troverà assolutamente la
giustificazione di sé, fino a quando non troverà un mondo che sia lo specchio
di sé, un mondo in cui lui possa rispecchiare il suo io, un mondo che sia il
prodotto del suo io.
In realtà tutto il mondo, essendo creazione di Dio, non
ha come centro il pensiero dell'uomo.
Tutta la creazione è fatta nel pensiero dell'uomo, per il
pensiero dell'uomo, ma non ha come centro il pensiero dell'uomo.
Centro della creazione è il Pensiero di Dio.
Il fine della creazione è il Pensiero di Dio.
L'uomo, cercando di giustificare se stesso, profondamente
cerca un mondo di cui lui sia centro ma, poiché questo mondo qui non esiste,
avviene questo fatto: la fuga dell'uomo da tutta la creazione.
L'uomo che ha trascurato Dio, a un certo momento deve
fuggire da tutta la creazione di Dio, non trova un luogo per sé e questa fuga
da Dio dove si concluderà?
Dove andrà a finire l'uomo che sta
cercando un mondo in cui possa specchiare se stesso?
L'uomo si fermerà soltanto là, dove troverà l'immagine di
sé, l'immagine speculare, lo specchio, lo specchio di sé.
L'uomo cercando una creatura, sta cercando una creazione
in cui possa specchiare se stesso.
Si fermerà solo là, dove l'uomo potrà vedere se stesso,
li è il punto di arresto.
Qui scopriamo la struttura della creazione di Dio.
Dio non abbandona l'uomo che sta fuggendo da Lui ma, opera
per cercare di fermarlo nella sua fuga, poiché in realtà l'uomo fugge verso il
niente, poiché non c'è nessuna realtà creata che abbia come centro l'io
dell'uomo.
Dio non abbandona l'uomo nella sua fuga da Dio ma, cerca
di salvarlo, come?
Per salvarlo deve fermarlo nella fuga, non c'è altra
soluzione.
E per fermarlo nella fuga che cosa deve fare Dio?
Deve concedere all'uomo quello che l'uomo sta cercando,
perché soltanto concedendoglielo, l'uomo è fermato nella sua fuga, perché
l'uomo non si rende conto che sta fuggendo verso il niente.
L'uomo è fermato nella sua fuga soltanto in quanto trova
lo specchio di sé, cioè trova una creatura, trova una realtà in cui possa
manifestare se stesso.
Qui possiamo capire tutto il processo della creazione di Dio.
Abbiamo detto che tutta la creazione di Dio, è
manifestazione di Dio all'io dell'uomo, quindi è segno di Dio.
Questo segno di Dio deve essere un processo di discesa,
di concessione all'uomo, sino a quel livello in cui l'uomo vede nella creatura
sé, può vedere nella creatura se stesso.
Abbiamo nella creazione di Dio dei segni.
Ogni segno, per essere segno, deve portare l'impronta di
Colui che lo fa, cioè l'impronta di Dio, l'impronta del Creatore e deve portare
l'impronta della creatura, altrimenti non è il segno.
Abbiamo detto che la creazione è manifestazione di Dio
all'io dell'uomo, quindi ci deve essere qualche cosa dell'io dell'uomo. Allora
in ogni segno, l'uomo trova qualcosa di sé e c'è qualcosa di Dio.
Quel qualcosa di sé, gonfia l'uomo, approva l'uomo, quel
qualcosa di Dio, impegna l'uomo a pensare, a superarsi.
Succede che l'uomo che trascura Dio, si ferma ai segni di
Dio soltanto per quello che riflettono di sé, per quello che gli danno di
gioia, per quello che gli danno di approvazione.
Ma quando il segno, la creatura di Dio, la creazione di
Dio, impegna l'uomo a superarsi, a pensare, l'uomo qui trascura e allora
abbiamo il processo di fuga.
Fuga dell'uomo non soltanto da Dio ma, anche da tutti i
segni di Dio.
Una fuga verso quei segni in cui l'uomo vede solo se
stesso.
E allora questa creazione è un processo decrescente dal
segno che richiede tutto Pensiero di Dio, al segno in cui si vede soltanto il
pensiero dell'uomo, creature che richiedono l'intervento dell'uomo per
esistere.
È un po' come nel corpo dell'uomo, nel corpo dell'uomo ci
sono organi che funzionano indipendentemente dalla volontà dell'uomo e ci sono
organi che richiedono la partecipazione della volontà dell'uomo.
Ci sono organi che non funzionano senza la volontà dell'uomo
e così dico è un po' lo specchio di quello che è tutta la creazione. Nella
creazione ci sono cose che esistono indipendentemente dal pensiero dell'uomo
ma, ci sono cose che non esistono indipendentemente dal pensiero dell'uomo, e
arrivando all'ultimo livello, ci sono cose che non possono stare su senza il
pensiero dell'uomo.
È la concessione crescente di Dio alle esigenze dell'io
dell'uomo quando è in fuga da Dio.
Perché soltanto concedendosi, Dio ferma l'uomo nella sua
fuga.
Voi capite che a questo punto si delinea chiaro il
sacrificio del Cristo.
In Cristo noi abbiamo la sintesi di tutta la creazione di
Dio, di tutta l'opera di Dio.
L'opera di Dio è fatta non nel pensiero dell'uomo, è
fatta nel Pensiero di Dio.
Qui si delinea in Cristo proprio questo disegno
dell'opera di Dio verso l'uomo che è in fuga da Lui per salvare l'uomo.
Cristo si concede tutto all’uomo, per cui a un certo
momento l'uomo vede.
Gesù dice "È necessario, è necessario" perché
capisca il disegno del Padre.
È necessario che Cristo si metta nelle mani dell'uomo.
È necessario che l'uomo faccia di Lui tutto quello che
vuole, in modo da vedere in Cristo se stesso, il suo io, il suo io che si è
affermato.
Soltanto che l'io dell'uomo quando si afferma distrugge,
uccide.
Ecco l'opera di Dio.
Il Cristo che viene a morire, viene a morire nell'uomo.
Perché?
Per fermare l'uomo nella sua fuga da Dio, e qui adesso
l'uomo vede lo specchio di sé, ha trovato il mondo, ha trovato la creazione in
cui finalmente vede se stesso, ha trovato la sua morte.
A questo punto qui l'uomo è fermo, è bloccato, ed è in
questo punto qui che è possibile la ricostruzione dell'uomo.
Abbiamo chiamato il tema di oggi la fuga da Dio, questo
processo di decadenza, poiché in realtà l'uomo ha la sua vita in Dio.
Però l'uomo non può raggiungere Dio se non supera se
stesso, se non supera il pensiero di sé e non s'impegna nel Pensiero di Dio.
L'uomo trascurando Dio va alla ricerca di sé nella creazione e più cerca sé
nella creazione e più tocca con mano il niente della creazione che lui fa,
perché lui stesso non pensando, non applicando il Pensiero di Dio alla
creazione, opera l'annullamento della creazione, opera l’annullamento del
Cristo.
È questo processo qui di distruzione e di morte che c'è
nella creazione, per cui la creazione è destinata di per sé, priva del Pensiero
di Dio nell'uomo, è destinata a una fine, è destinata a un annullamento, alla
morte, ma anche in questa morte, in quest’annullamento, in questo niente che
l'uomo costata, proprio lì l'uomo ha la possibilità di ritrovare Dio.
L'uomo costata questo niente come opera sua, perché Dio
si è concesso nelle mani dell'uomo, quindi lo costata come opera sua. Nel punto
in cui l'uomo tocca con mano il niente come opera del proprio io, proprio lì ha
la possibilità di ritrovare Dio.
Di nuovo interrogarono il cieco:
"Tu che cosa dici di Colui che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: " È un profeta".
Gv 9 Vs 17 Secondo tema.
Titolo: L'unico varco.
Argomenti: Trascurando Dio l'uomo non sa più chi è. Dio si mette
nelle mani dell'uomo. Le tre testimonianze del cielo e
le tre testimonianze della terra.
4/Ottobre/1987 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo nel versetto 17, in cui si dice che i farisei, di
nuovo interrogarono quel cieco che era stato guarito da Gesù e gli chiedono:
"Tu che cosa dici di Colui che chi ha aperto gli occhi?".
Egli rispose: "È un profeta".
Domenica scorsa abbiamo meditato la prima parte di questo
versetto, oggi dobbiamo soffermarci sulla seconda parte, cioè sulla risposta
che il cieco dà, sulla testimonianza che il cieco dà all'interrogazione dei
farisei.
Quei farisei avevano già giudicato Gesù, dicendo che non
era da Dio, perché non aveva rispettato il sabato.
Qui quel cieco dice: "È un profeta", cioè è da
Dio.
C'è quindi una contraddizione, il cieco contraddice
quello che hanno detto i farisei.
Domenica scorsa abbiamo considerato la prima parte,
abbiamo visto la ragione per cui gli uomini preferiscono interrogare le
creature anziché Dio.
In realtà Dio è il loro Maestro, Dio è la vera Sorgente
che illumina la mente di ogni uomo, perché Lui stesso dice di non dare a
nessuno il nome di maestro, quindi noi non dovremmo interrogare nessun altro
ma, interrogare il nostro Maestro che è Dio.
Dio ci rivela la nobiltà con cui Lui considera ogni uomo,
perché vuole essere Lui stesso il Maestro di ogni uomo.
Eppure gli uomini preferiscono interrogare le creature,
conoscere quello che dicono le creature, conoscere quello che fanno le
creature, anziché interrogare Dio, anziché conoscere quello che Dio fa, anziché
ascoltare quello che dice Dio. Ci siamo chiesti perché.
Abbiamo visto che l'uomo interroga le creature perché le
creature lui le ha presenti, le ha presenti nel pensiero del suo io.
Infatti, la creazione e tutte le creature sono
compatibili con il pensiero dell'io dell'uomo.
Dio invece non è compatibile con il pensiero dell'io dell'uomo,
tant'è vero che l'uomo non vede di Dio, vede le creature ma, non vede Dio.
Per conoscere e per vedere Dio, l'uomo deve superare il
pensiero di se stesso, perché Dio si conosce soltanto nel Pensiero di Dio, non
nel pensiero delle creature, non nel pensiero dell'uomo.
Anche se le creature manifestano, annunciano Dio, lo
annunciano, le creature annunciano Dio ma, non lo fanno conoscere.
Dio si conosce soltanto nel suo Pensiero, nel suo cielo.
Ecco allora che l'uomo prova questa difficoltà ad ascoltare
Dio, a pensare Dio, perché questo Pensiero richiede il superamento di se stesso
e del suo mondo.
E allora ecco la facilità per l'uomo a trascurare Dio e a
rivolgersi alle creature.
Abbiamo anche visto che cosa l'uomo cerca dalle creature
trascurando Dio.
L'uomo trascura la Sorgente di se stesso e trascurando la
Sorgente di se stesso, l'uomo perde la sua identità, l'uomo non si conosce più.
La vera conoscenza si ha nella causa.
Dio è la causa dell'uomo.
L'uomo trascurando la sua Causa, il suo Principio,
trascurando Dio non conosce più se stesso, non sa più chi egli sia. Questa è la
prima conseguenza del trascurare Dio.
Eppure l'uomo ha un'esigenza tremenda di giustificazione.
Ecco allora questa corsa dell'uomo a interrogare il mondo
che gli sta attorno, perché gli dica quello che lui è.
Avendo trascurato la sua Sorgente, l'uomo adesso si
rivolge a tutte le creature perché in fondo gli dicano chi lui è, lo
giustifichino, gli diano un nome.
E abbiamo visto come questo porti l'uomo a una grande fuga,
la fuga da Dio, ma anche la fuga da tutte le creature, perché non c'è nessuna
creatura che possa dire all'uomo di egli è.
Dio solo può dire all'uomo chi egli è.
Allora c'è questa fuga dell'uomo, questa fuga verso il
niente.
Senza Dio l'uomo esperimenta il niente cioè, da principio
incomincia a esperimentare una diminuzione di essere, una diminuzione di luce,
una diminuzione di vita, fino a scendere poco per volta verso l'esperienza
della vanità del tutto: "Tutto è vanità, vanità delle vanità".
Questa è un'esperienza che ogni uomo fa, è un'esperienza di ogni uomo nel mondo, di ogni uomo che vive
pensando a se stesso: la sua vita si riduce a niente.
Abbiamo visto che prima che l'uomo tocchi il niente, Dio opera
per cercare di fermare questa fuga e per fermare questa fuga è necessario che
Dio si metta nelle mani dell'uomo, poiché l'uomo può essere fermato solo in
quanto incontra una creatura in cui possa esprimere tutto se stesso, di cui lui
possa essere il centro, una creatura che gli si metta nelle mani e gli dica:
"Fa di me tutto quello che vuoi".
A questo punto l'uomo resta fermato nella sua fuga ma, a
questo punto l'uomo uccide la creatura che gli si mette nelle mani.
Ed è da qui che Dio, avendolo fermato nella fuga, adesso
opererà attraverso questa morte e abbiamo la morte del Cristo in cui si
sintetizzano tutte le morti, le morti di tutte le creature sulle quali l'uomo
esprime se stesso.
Attraverso questa morte, Dio opera adesso per recuperare
l'uomo dal suo pensiero, per salvarlo.
Adesso abbiamo visto quello che l'uomo chiede alle
creature, vuole dalle creature, pretende dalle creature.
La conclusione è che l'uomo delle creature cerca la sua
causa, cerca un suo nome, ed è condotto toccare con mano che le creature sono
effetto suo, ed è lui che dà il nome alle creature.
Adesso dobbiamo chiederci che cosa le creature dicono
all'uomo, che cosa testimoniano all'uomo.
Qui hanno interrogato un cieco guarito da Gesù e questo
cieco ha detto, ha testimoniato che Gesù è un profeta.
Gli hanno chiesto: "Tu che cosa dici di Colui che
chi ha guarito in giorno di sabato?".
Lui risponde: "È un profeta".
Che cosa vuole dire è un profeta?
È uno che è da Dio.
I farisei abbiamo visto, lo avevano già classificato:
"Non è da Dio".
In fondo in fondo, l'uomo interrogando le creature, le
interroga su Dio e tutte le creature testimoniano, rendono una testimonianza a
ogni uomo.
L'uomo sostanzialmente è un essere che riceve
testimonianza.
Come riceve questa testimonianza?
C'è nella prima lettera di San Giovanni,
un brano che adesso è stato tolto, è stato tolto perché dicono che nei
testi originali non ci sia ma, in un versetto viene detto: "Tre sono
coloro che rendono testimonianza in cielo: il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo e tre sono quelli che rendono testimonianza in terra: lo spirito, l'acqua
e il sangue".
Qui ci troviamo di fronte a dei termini che dobbiamo
cercare di capire, per renderci conto in che cosa consista questa
testimonianza.
Prima di tutto il cielo, che cosa s’intende per cielo?
Abbiamo visto parecchie volte che il cielo è ciò che ha
come punto fisso di riferimento Dio, essendo Dio il punto fisso di riferimento
nel cielo, nel cielo chi ci dà testimonianza è solo Dio.
Quindi nel cielo non si entra né con il pensiero del
nostro io, né con i nostri sentimenti, né con le nostre conoscenze sensibili o
di sangue, non si entra con i parenti, con le istituzioni, con i conoscenti,
non si entra con le scienze del mondo, poiché tutte le conoscenze del mondo
sono riferite al pensiero del nostro io.
Abbiamo visto che il pensiero del nostro io non è
compatibile con il Pensiero di Dio, quindi non entra nel cielo di Dio. Quindi
quello che viene scritto in queste parole di San Giovanni nella prima lettera è
vero, è giusto, nel cielo tre sono coloro che rendono testimonianza: il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo, nessun altro.
Per cui se non si forma nell'anima dell'uomo questo
sguardo semplice, puro, che è lo sguardo di Maria, l'uomo non può ricevere
queste testimonianze del cielo di Dio, che sono le vere testimonianze.
Però San Giovanni dice anche che tre sono coloro che
rendono testimonianza in terra: lo spirito, l'acqua e il sangue.
Che cosa è la terra?
La terra, la creazione è tutto ciò che è compatibile con
il pensiero dell'io dell'uomo, quindi è ciò che si riferisce all'io dell'uomo.
E su questa terra che è compatibile con l'io dell'uomo,
che Dio dà queste tre testimonianze: lo spirito, l'acqua e il sangue.
Allora dobbiamo cercare di renderci conto, perché in
queste tre testimonianze abbiamo quello che dicono le creature all'uomo, la
testimonianza che rendono le creature all'uomo.
Il tema di questa sera è proprio la parola, la
testimonianza, che la creazione, che tutte le creature danno all'uomo. Danno all'uomo
sulla terra, quindi nel pensiero dell'io dell'uomo.
L'uomo è costituito essenzialmente da questi tre grandi
fattori:
A-Il mondo esterno creazione di Dio.
B- La passione d'Assoluto che porta in sé e che determina
tutto di lui, l'uomo è sempre dominato da questa passione di Assoluto. Passione
di Assoluto che lo porta alla passione per l'unità, alla passione per la
verità. L'anima dell'uomo è essenzialmente una passione di verità, un bisogno
di unificare tutto, di semplificare tutto in un unico pensiero, in un unico
impegno.
C-Poi l'uomo è costituito dallo spirito: dal Pensiero di
Dio.
Quindi abbiamo il Pensiero di Dio, la passione di
Assoluto che l'uomo esperimenta in tutto il mondo esterno.
Questi tre fattori formano una cosa sola, formano l'uomo.
Ogni uomo, ognuno di noi è formato da questi tre fattori,
e riceve testimonianza da queste tre cose.
Abbiamo la testimonianza del mondo esterno, del mondo
sensibile, abbiamo la testimonianza che subiamo dalla passione dell'Assoluto e
abbiamo la testimonianza del Pensiero di Dio in noi.
San Giovanni dice tre sono le testimonianze sulla terra:
l'acqua, il sangue e lo spirito.
Allora possiamo dire che l'acqua rappresenta il mondo
esterno infatti, tutto il mondo esterno si conclude nell'essere specchio dell'uomo,
tutta la creazione e tutte le creature a un certo momento non fanno altro che
rispecchiare il volto dell'uomo.
L'uomo ritrova se stesso nella creazione.
Il sangue è la passione che l'uomo subisce, la passione
dell'Assoluto.
Lo spirito è il Pensiero di Dio.
Qual è la testimonianza che la creazione dà all'uomo?
L'uomo nel mondo esterno che cosa cerca?
L'uomo nel mondo esterno cerca se stesso.
Gesù semplifica con i buoi, i campi e la moglie e dice che
queste ragioni non sono valide, non giustificano affatto l'uomo.
L'uomo ritiene di essere giustificato, perché l'uomo va
sempre alla ricerca di una giustificazione avendo trascurato Dio. L'uomo cerca
una giustificazione nel mondo esterno, perché cercando una giustificazione
cerca il pensiero di se stesso. Al centro dei campi, dei buoi e della moglie
c'è il pensiero del nostro io.
Il quale pensiero del nostro io è nudo, senza ragione,
non è giustificato, perché non giustifica niente.
Il pensiero del nostro io non è una causa, il pensiero
del nostro io è un effetto, la causa è Dio.
Il pensiero del nostro io non è giustificato, è nudo.
E allora tutte quelle giustificazioni che l'uomo cerca
nel mondo esterno, hanno come punto fisso di riferimento il suo io.
Allora il mondo esterno non può giustificare
assolutamente niente, come l'io dell'uomo non può giustificare niente del mondo
esterno.
La conclusione è che quanto più l'uomo scruta il mondo
esterno, tanto più viene a trovarsi di fronte a un muro, a un certo momento
l'uomo non può più andare avanti.
L'uomo osserva, l'uomo scruta, ma a forza di analizzare,
a forza di scrutare, a un certo momento l'uomo che cerca la sua causa trova
invece la sua opera.
Andando a fondo a un certo momento l'uomo viene a trovarsi
di fronte agli effetti di sé e quando viene a trovarsi di fronte agli effetti
di sé, qui si trova di fronte al muro, non ha più niente di oggettivo su cui
fare riferimento, non fa altro che toccare se stesso in tutto ciò che tocca.
A questo punto non può fare altro che alzare le mani e
cessare di analizzare, cessare di osservare, cessare di cercare nel mondo
esterno la testimonianza di sé, perché il mondo esterno non fa altro che
testimoniargli il suo volto.
E l'uomo stesso guardando il suo volto non si conosce,
poiché non ha la giustificazione di sé.
A questo punto l'uomo ha una sola via di uscita, non
potendosi più rivolge al mondo esterno, perché il mondo esterno non fa altro
che ripetergli se stesso, non gli rimane che rientrare in se stesso.
Il passaggio cioè dal mondo esterno al mondo interno.
Quindi la prima grande testimonianza di tutta la
creazione, la testimonianza dell'acqua é questa sollecitazione all'uomo a
separarsi dalla creazione per rientrare in se stesso, perché fuori non trova la
verità.
Fuori non fa altro che trovare il suo nome.
La testimonianza della creazione è cioè un invito a
pensare.
L'unico varco per uscire dalla soggettività, per scappare
dalla soggettività dell'uomo, è trovare un punto di realtà, un punto di entità,
e questo sta nel pensiero.
Poi abbiamo la testimonianza del sangue, questa passione
di Assoluto che si conclude con la morte del Cristo.
E anche qui nella morte del Cristo, l'uomo si specchia se
stesso: "Ecco l'uomo".
E in quanto l'uomo ritrova, vede se stesso, anche qui
l'uomo vede, viene messo di fronte alla crisi della sua identità, alla sua
giustificazione.
L'uomo ha bisogno di capire perché uccide, perché
distrugge la creatura che si mette nelle sue mani.
E anche qui non può trovarla fuori, non può trovarla
nelle sue opere, perché nelle sue opere trova se stesso.
Anche qui l'unica via di uscita è il pensare, non c'è
altra possibilità di uscire dalla soggettività del pensiero del nostro io, se
non il pensiero.
E di qui la grande testimonianza dello spirito in noi,
questa porta aperta che è il Pensiero di Dio.
Quindi fintanto che l'uomo, sollecitato dall'acqua e dal
sangue, non rientra in se stesso e non s’impegna pensare Dio, quindi a pensare
nel Pensiero di Dio, l'uomo non fa altro che aggirarsi come ubriaco fra le sue
stesse opere, fra i suoi stessi pensieri, fra le sue stesse parole, sempre
posto di fronte a se stesso che è un'incognita.
Poiché l'unica ragione e quindi l'unica giustificazione,
l'unica conoscenza oggettiva che l'uomo può trovare di sé, è soltanto in Colui
che l'ha creato o meglio in Colui che lo crea, in Colui che lo vuole, quindi
soltanto nel Pensiero di Dio.