Allora gli
domandarono: "Come si sono aperti i tuoi occhi?" Gv 9 Vs 10
Titolo:
"Come?"
Argomenti: L'uomo
non sopporta il mutamento. Dio
abita nel pensiero. Il Principio
d'identità. Il
bisogno di conoscere il come. Dove/perché/quando/come. La volontà deve vedere il come. La necessità di vedere uno che ha risolto il nostro
stesso problema. Il come è la
strada.
17/Maggio/1987 Casa di preghiera Fossano.
- Esposizione Luigi Bracco -
Ci troviamo nel versetto dieci del capitolo nove di San
Giovanni.
Qui i giudei chiedono a quel cieco dalla nascita, guarito
da Gesù: "Come si sono aperti i tuoi occhi?".
Prima c'era stata tutta la discussione su questa novità
che si era presentata in quell'uomo mendicante ("Erano abituati a vederlo
mendicare sui gradini del tempio, cieco"), quella novità dopo che quel
cieco si era incontrato con Gesù.
E abbiamo visto che l'incontro con Gesù reca sempre una
novità nella nostra vita.
La novità essenziale è quella della luce che illumina i
nostri occhi.
Noi siamo sempre ciechi fintanto che non incontriamo Dio.
Tanto più ciechi, quanto più crediamo di vedere, tanto
più poveri quanto più ci crediamo ricchi e tanto più infermi quanto più ci
crediamo sani, l'incontro con Gesù guarisce.
Abbiamo visto come fece per guarire quel cieco nato.
Mise del fango sugli occhi gli disse: "Va a lavarti
nella piscina di Siloe", quegli andò si lavò e tornò che ci vedeva.
Il
cambiamento avvenuto in quest'uomo, per coloro che hanno
abituati a vederlo e quindi avevano in lui un punto fisso di riferimento, crea
un disorientamento: "È lui? Non è lui?" e lui che dice "Sì, sono
proprio io".
E qui è adesso gli chiedono: "Come si sono aperti
tuoi occhi?".
Tutto è scena, quindi tutto è opera di Dio, tutto è
parola di Dio per noi.
Anche qui dobbiamo quindi chiederci quale lezione, quale
significato, per la nostra vita personale, sia contenuto in queste parole:
"Come si sono aperti i tuoi occhi?", quale significato c'è in questa
gente che interroga, che chiede "come, in che modo" è avvenuto questo
cambiamento in lui.
E già abbiamo visto che il cambiamento in un campo di
assoluto qual è l'uomo (l'uomo è un essere fatto per l'assoluto) provoca una
crisi.
L'uomo non sopporta i mutamenti, appunto perché è fatto
per l'assoluto e l'assoluto è immutabile.
L'uomo è fatto per la verità, la verità non cambia e
quindi l'uomo ha bisogno di punti fissi di riferimento che sono a fondamento
della sua mentalità, a fondamento dei suoi giudizi, a fondamento della sua
vita.
Quando questi punti fissi di riferimento mutano, crollano
e tendono a crollare perché sono opera di Dio, questa fine di tutti i nostri
punti fissi di riferimento porta l'uomo in crisi e l'uomo non può sfuggire a
questa crisi, come non può sfuggire alla passione di assoluto che l'uomo porta
in sé, la porta in sé proprio perché porta la presenza di Dio e Dio è assoluto.
Non può sfuggire come non può sfuggire alla presenza di
Dio, l'uomo è una creatura di Dio e Dio creando l'uomo ha messo nell'uomo il
suo Spirito, la sua Presenza.
Per effetto di questa Presenza di Dio nell'uomo, l'uomo
porta con sé questa passione di assoluto.
Questa passione di assoluto, necessariamente gli rende
insopportabile ogni mutamento.
Di fronte a ogni mutamento lui ha bisogno di
giustificare, trovare una giustificazione.
Ha bisogno di trovare una ragione, cioè un punto fisso di
riferimento per sostenersi, altrimenti non si sostiene.
Quando l'uomo non si sostiene, entra in crisi, una crisi
d'identità, una crisi di non più significato della sua vita, non più
significato delle cose stesse.
Tutto questo Dio lo opera (opera anche le crisi
dell'uomo) per condurre l'uomo a scoprire il vero punto fisso di riferimento,
quindi centro luce, il vero punto fisso di riferimento è Dio e l'uomo fintanto
che non giunge ad avere in Dio il suo punto fisso di riferimento, fintanto che
non giunge a far conto su Dio per tutto e di tutto, l'uomo sarà sempre soggetto
a queste crisi.
È Dio che opera per salvarlo, per condurlo a individuare,
a scoprire quell'assoluto nel quale veramente trova la sua pace, trova la sua
vita e non è più soggetto a crisi.
Quindi Dio opera veramente per condurre l'uomo nella
luce, per condurre l'uomo nella vita, per condurre l'uomo nella pace.
Abbiamo detto che qui dobbiamo chiederci il significato per
la nostra vita personale di queste parole, di quest'interrogazione. Perché
l'uomo interroga?
Perché chiede il "come" di un avvenimento di
cui è stato fatto spettatore?
Gli
ultimi argomenti di queste domeniche, abbiamo visto riguardano
proprio come la verità abiti nel pensiero.
Per cui tutto il mondo esteriore, attraverso tutti gli
avvenimenti, tutti fatti, anche la nostra stessa vita ci porta di fronte a
quest'uscio, a questa apertura, di fronte a questa verità: Dio, la verità non
abita fuori di noi, la verità abita dentro di noi.
È inutile quindi cercarla altrove, la devi cercare dentro
di te se la vuoi trovare.
Dentro di te dove?
Nel pensiero.
Dio abita nel pensiero dell'uomo.
La verità abita nel pensiero dell'uomo e si può trovare
solo nel pensiero dell'uomo.
Il più delle volte noi anziché pensare a Dio e quindi
anziché cercare la verità attraverso la dedizione del nostro pensiero a Dio,
noi rivolgiamo il nostro pensiero ancora al mondo esteriore.
E abbiamo visto che si forma un circolo chiuso, perché il
mondo esteriore ci invita a pensare, se noi col pensiero ci rivolgiamo al mondo
esteriore, non facciamo che continuamente sentirci dire da mondo esteriore:
"La verità non abita fuori di te, la verità abita dentro di te".
Il cerchio si chiude e noi concludiamo in niente.
Evidentemente noi dobbiamo cessare di rivolgere il nostro
pensiero alle cose esteriori e dobbiamo rivolgere il nostro pensiero a Colui
che abita nel nostro mondo interiore e che non è nelle cose esteriori, quindi
soltanto in Dio.
A un certo momento noi dobbiamo rivolgere, dedicare il
nostro pensiero a Dio, perché soltanto lì noi possiamo trovare la verità.
E poi un
altro argomento su cui ci siamo soffermati è quel principio
d'identità che caratterizza l'uomo.
Per cui ogni uomo sa di essere, sa di essere una persona,
ogni uomo sa di essere un io.
Cosa è che rende l'uomo consapevole di essere?
Abbiamo visto che questa consapevolezza di essere viene
all'uomo dal fatto che ha presente l'Essere, Dio.
È la presenza di Dio in noi, senza di noi,
indipendentemente da noi, è questa presenza di Dio in noi che fa di noi degli
esseri consapevoli, degli esseri che sanno l'Essere.
La nostra coscienza di essere è un sapere l'Essere.
Sappiamo l'Essere perché l'abbiamo presente.
Quindi, punto luce che illumina il nostro io, che rende
noi coscienti di essere, è dato da ciò che noi abbiamo presente.
Se abbiamo presente Dio, allora coincide con la verità.
Abbiamo visto che il nostro pensiero ha questa tremenda possibilità
che è capacità del pensare stesso, quella di eleggere il proprio genitore.
Dedicandosi a-, elegge il proprio padre.
Se si dedica Dio, elegge Dio come suo padre e qui siamo
nella verità perché è Dio il nostro Creatore, quindi il nostro Padre.
Ma se noi dedichiamo il nostro pensiero ad altro,
eleggiamo altro come nostro padre, come nostro genitore.
Ed è proprio questo avere un altro genitore che porta noi
poi a quelle famose crisi d'identità.
A un certo momento non sappiamo più chi siamo, non sappiamo
più per che cosa vivere.
Proprio tenendo presente, prima di tutto che la verità si
trova nel nostro pensiero e che è possibile trovarla solo nel nostro pensiero e
che Dio abita nel nostro pensiero e che è possibile solo trovarlo attraverso il
nostro pensiero e tenendo presente che la coscienza di essere che caratterizza
l'uomo è determinata dalla presenza di Dio in noi, adesso possiamo capire il
valore l'importanza di queste parole che dicono a quel cieco: "Come si
sono aperti i tuoi occhi?".
Chiedere:
"Come si sono aperti tuoi occhi?" vuol dire chiedere:
"Come hai potuto vedere? Come sei giunto alla luce?".
Dobbiamo chiederci perché nell'uomo e quando nell'uomo si
forma questo bisogno di interrogare circa il "come", il modo,
attraverso cui uno ha fatto per arrivare a-.
Quando uno è malato, va sempre cercare qualcun altro che
sia stato malato come lui e gli chiede: "Come hai fatto per guarire? Dove
sei andato? Quali cure ha fatto?", c'è bisogno di questa ricerca:
"Come?".
Quando e perché, si forma nell'uomo questo bisogno di
interrogare per conoscere il modo per arrivare alla luce?
Qui ci troviamo con un uomo che è arrivato alla luce.
Tutti gli uomini sono dei ciechi, sono dei malati e
quindi di fronte a questo fatto ecco che sorge l'interrogazione: "Come hai
fatto ad arrivare alla luce?".
Evidentemente perché ognuno ha bisogno di sapere la via
per arrivare alla luce.
Per capire
quando sorge in noi questo bisogno, dobbiamo tenere presente che
la vita è un cammino, è una strada e quando si parla di strada, la prima cosa
che si presenta è, dove conduce, cioè il fine.
Il primo problema è "dove"?
E soltanto quando noi ci siamo convinti del luogo, della
meta, sorge in noi il "perché?".
Perché dobbiamo camminare verso quella meta?
Perché dobbiamo tendere a quel fine?
Cioè noi andiamo alla ricerca dell'importanza per
giungere a quel fine.
Perché fintanto che in noi non si forma la convinzione
dell'importanza che ha, il giungere, il camminare verso quel fine, la nostra
volontà non può scattare, non scatta e noi non possiamo volere una cosa di cui
non siamo convinti come importanza.
Per cui la nostra vita è un cammino, ed essendo un
cammino la prima cosa che si presenta è il fine, ma poi è il valore,
l'importanza, il "perché?".
E poi il soggetto, chi deve tendere a questo fine?
È ognuno di noi, tu stesso.
Quando?
Subito, oggi.
E poi a questo punto, se la nostra anima si è convinta
del un fine da raggiungere, del valore, dell'importanza e a camminare verso questo
fine, quando ha preso coscienza che è lei stessa che si deve impegnare per
camminare verso questo fine e oggi subito, a questo punto sorge
l'interrogazione "Come? In quale modo, come posso fare?".
Quel
giovane ricco chiedeva a Gesù: "Cosa posso fare per
arrivare alla vita eterna?".
All'uomo non è sufficiente conoscere il fine verso il
quale deve tendere, non è sufficiente sapere l'importanza di arrivare a quel
fine, non è sufficiente sapere che è lui stesso che si deve impegnare per arrivare
a quel fine e che si deve impegnare subito oggi.
Tutto questo non è sufficiente se lui non vede come fare
per arrivare a quel fine.
Ecco quel "come" ci presenta la via, il modo
che io posso fare per arrivare a quella meta.
Perché la meta mi è stata indicata, è stata detta
l'importanza, il valore, la bellezza tutto quanto, mi è stato detto anche che
io stesso devo arrivare là, però: "Come fare?".
E basta questo non sapere come fare, per bloccarci.
Non
basta la nostra volontà, noi magari vorremmo, però fin tanto
che la nostra volontà non è illuminata dalla via, dal modo, dal come, noi non
possiamo camminare verso la luce.
Abbiamo bisogno di vedere cioè un altro.
Noi abbiamo un problema ma fintanto che non vediamo come
un altro ha risolto questo problema, noi non sappiamo risolvere il nostro
problema.
Noi sappiamo che dobbiamo arrivare a quella meta: noi
siamo stati creati per conoscere Dio, sappiamo che tutto dipende dal conoscere
Dio nella nostra vita però, come?
Fintanto che noi non vediamo davanti a noi, uno che abbia
risolto per noi, il nostro problema, noi non sappiamo come si fa a risolvere
questo problema perché non vediamo il come.
Vediamo la
meta ma noi siamo qui e non vediamo la strada.
Quindi il come rappresenta la strada.
Abbiamo bisogno che qualcuno ci faccia vedere la strada
che collega la meta con il punto in cui siamo e quindi con i problemi, con la
situazione ambientale, mentale eccetera, in cui noi ci troviamo.
E fintanto che noi non vediamo questo collegamento che è
la via, che è la strada, tra il punto in cui uno si trova e la meta alla quale
deve arrivare si è paralizzati, pur sapendo, pur desiderando, pur volendo
arrivare alla meta, noi siamo paralizzati, non possiamo camminare.
E allora dobbiamo chiederci perché Dio ci ha fatti così.
Cioè non ci basta vedere il fine, la meta, non basta
vedere l'importanza della meta, abbiamo bisogno di vedere come.
Questo come, è rappresentato da un altro che ha risolto
il nostro stesso problema, che si trovava nella nostra situazione, vedere come ha
fatto per risolverlo, come è arrivato alla meta, come è arrivato alla luce e
vedendo come lui ha fatto, adesso possiamo fare noi, ma soltanto in quanto
vediamo.
Perché siamo fatti così?
Abbiamo bisogno di copiare, abbiamo bisogno di vedere un
altro.
C'è una ragione profonda, perché in tutte le cose che Dio
fa, ci rivela qualche cosa di Se stesso.
In tutte le lezioni dobbiamo sempre chiederci cosa Dio ci
rivela di Sé.
Qui ci fa capire una cosa essenziale ed è questa: Dio non
è soltanto la meta, il fine, Dio non è soltanto il valore, l'importanza ma Dio
è anche la via, la via per arrivare a Lui.
Gesù stesso dice: "Io sono la via, la verità e la
vita", cosa significa?
Significa che soltanto guardando Dio, possiamo capire il
modo per arrivare a Dio.
Ma per guardare Dio, io devo averlo presente in qualche
modo, non posso guardare una cosa che è assente, che ignoro.
Per questo Dio ha posto in noi il suo Pensiero, prima che
noi siamo in grado di guardare a Lui.
Perché questa è la condizione per imparare come.
Dio ha posto in noi il suo Pensiero, il suo Verbo e noi
siamo portatori del Pensiero di Dio, proprio perché soltanto guardando avendo
in noi il Pensiero di Dio, possiamo guardare Dio.
Come possiamo guardare Dio?
La verità abita nel pensiero.
Quindi noi possiamo guardare Dio non con gli occhi
naturali, non attraverso il mondo esterno, perché la verità non abita nel mondo
esterno, la verità abita nel nostro pensiero ed è proprio questa presenza, la
presenza del Pensiero di Dio in noi, nel nostro pensiero che costituisce il
nostro sapere di essere, costituisce il nostro io.
Noi siamo formati in coppia.
Noi siamo formati soprattutto dalla presenza di Dio e dal
pensiero nostro che guarda Dio.
Ora soltanto in quanto in noi c'è la Presenza di questo Pensiero
di Dio, noi possiamo dedicare il nostro pensiero a Dio, possiamo cioè guardare
Dio.
Ed è proprio dedicando il nostro pensiero a Dio che noi
vediamo in questo Pensiero di Dio la via per arrivare a vedere, la via per
arrivare a conoscere Dio.
Infatti, Gesù, Figlio di Dio e quindi Pensiero di Dio tra
noi dice: "Il Padre ama il Figlio e gli dimostra tutto quello che
fa".
Il modo, la via, e il come possiamo fare per arrivare
alla meta, sta nel vedere un altro che fa quello che noi dobbiamo fare.
Dio è Colui che opera tutto, Dio è Colui che dimostra
tutto quello che opera, lo dimostra a suo Figlio, cosa significa questo? Noi
attraverso il Pensiero di Dio in noi, attraverso il Figlio di Dio, noi abbiamo
la possibilità di vedere come Dio opera.
Siccome Dio opera per manifestare Se stesso, per farsi
conoscere, attraverso il Pensiero di Dio, noi abbiamo la possibilità di vedere
come Dio opera per dare la luce e vedendolo il come, abbiamo la possibilità
adesso anche noi di giungere alla luce.
"Come si sono aperti i tuoi occhi?".
Ecco, abbiamo la possibilità di-.
Questa possibilità però presuppone che il nostro pensiero
possa pensare Dio, non solo ma si dedichi a Dio, perché la luce viene solo da
Dio.
Dio viene da Dio in noi, la luce viene dalla luce, quindi
escluso ogni altro mezzo.
Dio in noi è meta, è fine, è scopo, è vita, ma è anche
via e se questa è la via, tu non volgerti altrove, se non vuoi concludere nella
notte, se non vuoi fallire, cioè se vuoi evitare di non giungere a quella meta,
a quel destino per il quale sei stato creato.
- Conversazione -
A.: È facile costatare che Dio è il principio di ogni
cosa, la creazione non l’abbiamo fatta noi e non si è fatta da sé.
Quindi riconoscere che tutto ha la sua origine in un
principio trascendente, non è difficile.
E non è neppure difficile riconoscere che Dio non può
avere un fine diverso da Sé nel suo operare.
Ma conoscere il Principio della nostra esistenza non
vuole ancor dire conoscere la strada attraverso la quale realizzare il fine per
cui esistiamo.
Il grosso problema è questo.
La domanda che fanno questi giudei, è la domanda che ci
facciamo noi molto sovente.
Non c’è altra conclusione che questa e cioè che solo Dio
può essere la strada.
E se dobbiamo guardare Lui per raggiungere questa meta,
in qualche modo deve essere presente.
Ed è presente nel suo pensiero in noi.
Tutte le volte che noi guardiamo fuori dal nostro
pensiero in cui si trova Dio e la Verità stessa, noi entriamo in crisi.
Noi poniamo le nostre fondamente su cose instabili,
spinti però dall’esigenza dell’immutabile.
Ecco allora la crisi d’identità.
L’identità del nostro io viene solo da Dio, da cui riceve
l’essere, da cui riceve l’esistenza.
La realizzazione e la consapevolezza di questa identità, viene
solo dal Pensiero di Dio che riporta la consapevolezza del nostro stesso
esistere dinanzi a Dio stesso.
Luigi: Dio manifesta tutto il suo operare a suo Figlio e se noi
siamo con suo Figlio, partecipiamo di questa manifestazione dell’opera di Dio.
Quindi conoscendo come Dio opera, qui ho il “come”.
A.: La difficoltà è quella di restare con il suo Figlio,
con il suo Pensiero.
Lui parla a noi, in qualunque situazione noi ci troviamo.
Però per la debolezza propria della natura umana, non
sempre noi siamo presenti al suo parlare.
Quindi non sempre ci arriva la luce che collega il nostro
pensiero, con il Pensiero di Dio che portiamo in noi.
Luigi: Il nostro pensiero ha la possibilità di unirsi al
Pensiero di Dio.
Perché
quando pensiamo Dio, noi pensiamo Dio con il Pensiero di Dio.
Il che
vuole dire che il nostro pensiero, ha la possibilità di unirsi al Pensiero di
Dio.
Col
Pensiero di Dio, riceve da Dio quello che Dio manifesta al suo Pensiero.
Per cui il
Figlio, contemplando il Padre, conosce quello che il Padre opera.
E
conoscendo quello che il Padre opera, ha la Luce su di Sé.
Conosce Se
stesso.
A.: Il Figlio abita nel Padre e il Padre abita nel
Figlio.
Noi invece non abitiamo nel Pensiero di Dio.
Luigi: Il nostro grande problema è che Dio abita nel nostro
pensiero, noi con il nostro pensiero non abitiamo in Dio.
Dio abita
in noi, noi non abitiamo in Dio.
È da
questo che nasce tutta la problematica dell’uomo.
Tutta la
tristezza dell’uomo.
A.: Noi pur sforzandoci, non riusciamo a comprendere,
allo stesso modo del Figlio l’operare del Padre, per operare noi allo stesso
modo.
Luigi: La condizione per capire è quella di restare uniti al
Pensiero di Dio, fintanto che il Pensiero di Dio, mi fa vedere quello che opera
il Padre.
Perché è
vedendo come opera che io imparo il “come”.
A.: Però questa visione del “come” è dopo la Pentecoste.
Noi vediamo che il cammino che ha fatto l’anima più bella
che è la Madonna, il “come” non lo conosceva mica.
Cioè Lei serbava nel segreto ma “come” operasse il Padre
non lo sapeva.
Luigi: È la condizione per arrivare alla Pentecoste.
È proprio
quel tempo di veglia infinita, quel silenzio, quel raccoglimento nel Pensiero
del Padre che è poi il Figlio.
A.: Quindi solo a Pentecoste realizzata, vi è per l’anima
la possibilità di vedere “come” il Padre opera...
Luigi: Però a questo punto, uno sa già quale è la via.
La via per
arrivare a trovare la Luce, è il Pensiero di Dio.
Per cui io
mi devo dedicare al Pensiero di Dio: la Verità non si trova altrove, la Verità
si trova nel tuo pensiero, la coscienza del tuo io è formata dalla presenza di
Dio in te.
Questa
presenza di Dio in te, che ti dà la possibilità di pensare Dio, ti fa capire
che soltanto nella misura in cui tu pensi a Dio, vedi la via per arrivare a
Dio.
Per cui Dio
stesso è rivelatore di Se stesso.
Allora
quando ho capito che solo lì posso trovare la Luce, non mi volgo altrove e se
mi volgo altrove prendo solo delle cantonate e non concluderò mai niente.
Perché
oramai mi è stato segnalato che la Luce la troverò lì e non altrove.
Solo Dio è
rivelatore di Se stesso, la Luce mi viene dalla Luce.
Il punto
luce è Dio, quindi guarda Dio e aspetta, perché solo da Dio, riceverai quella
luce che è necessaria per vivere.
Perché
nella Luce c’è la vita.
B.: Ma quando si rimane nel Pensiero di Dio, c’è un
momento in cui non si vede.
Luigi: Sì, perché il Pensiero di Dio guarda Dio.
Col
Pensiero di Dio cosa fai?
Pensi Dio
con il Pensiero di Dio.
Il
Pensiero di Dio, che è il Figlio di Dio in noi, ha questa potenza, questa
possibilità: guardando il Padre, vede quello che il Padre opera.
Siccome il
Padre genera suo Figlio, conosce Se stesso come Figlio di Dio.
E se noi
formiamo una cosa sola col Figlio, ci troviamo cioè in quel punto in cui si
trova il Figlio, possiamo vedere quello che vede il Figlio.
Perché la
Luce viene dal Padre e soltanto se sono con il Pensiero di Dio e guardo Dio,
ricevo l’essere di Dio.
Il nostro
pensiero, implicitamente elegge il suo genitore, diventa figlio di ciò a cui si
dedica.
Per cui tu
dedicandoti a Dio, diventi figlio di Dio.
Ma come lo
diventi?
Mica
automaticamente.
Lo diventi
in quanto contemplando il Padre, contemplando Dio.
Il Figlio
di Dio, il Pensiero di Dio ti fa vedere quello che il Padre fa, quello che il
Padre genera e il Padre genera il Pensiero di Sé.
È lì che
scopri la luce.
La notte è
fatta da due termini: io credo in Dio ma credo anche al mio io, e questo mi
crea la notte.
I diue
termini che non sono unificati.
E fintanto
che non vedo il mio io assorbito nella luce di Dio, io la luce non la ricevo,
perché c’è sempre il mio io che mi mette nella notte.
Perché non
collego le due cose.
B.: Quando Dio crea, crea nel Pensiero di Se stesso, però
c’è una differenza tra un albero, un animale o l’uomo.
Creando Dio pone il suo pensiero in tutto.
Però soltanto l’uomo ha la coscienza di essere.
Luigi: Sì, perché soltanto l’uomo ha presente il Pensiero di
Dio.
Non è il
Pensiero di Dio l’uomo ma ha il Pensiero di Dio.
L’albero
non sa di essere, l’uomo sa di essere perché ha presente il Pensiero di Dio.
L’uomo sa
l’Essere.
B.: Dio creando l’uomo cosa esprime di Se stesso? Il suo
pensiero?
Luigi: Dio pone nell’uomo il suo Pensiero.
Infatti
Dio formando l’uomo, ha posto il suo Spirito nell’uomo.
Ponendo il
sio Spirito nell’uomo, l’uomo è diventato una passione d’assoluto, un desiderio
di Verità.
L’uomo ha
un anima.
Cosa vuole
dire anima?
Anima è
questo desiderio di Verità.
Per cui tu
non ti accontenti di mangiare, di lavorare, di guadagnare, di stare bene
fisicamente.
Perché non
ti accontenti?
L’animale
quando ha mangiato e si è riprodotto non ha problemi.
Perché noi
invece si?
Appunto
perché c’è quest’anima in noi, questo desiderio di Verità.
E come mai
l’uomo porta questo desiderio di Verità?
Perché l’uomo
interroga?
A che
serve la vita?
Perché, dove,
quando, come?
Sono gli
interrogativi fondamentali.
E perché l’uomo
s’interroga?
S’interroga
perché porta questa passione d’assoluto, assoluto che non trova in ciò che
esperimenta.
E fintanto
che non lo trova trova niente, perché tutto muta, tutto passa, tutto muore.
Questa
passione d’assoluto testimonia la presenza dell’assoluto in noi e ci rende
inquieti di fronte al relativo e ci fa capire di essere ciechi.
Quando io
non capisco, quando tutto il mondo è mistero, confesso di essere cieco.
Ma non mi
rassegno a essere ciecho, invoco la luce.
Quando noi
sentiamo un problema, è perché abbiamo già in noi la soluzione del problema
stesso.
Altrimenti
non sentiremmo il problema.
Certo che
si richiede la dedizione.
Dio si è
donato a noi, Dio abita in noi, non è detto che noi ci doniamo a Dio, non è
detto che noi abitiamo in Dio.
Allora c’è
la frattura con Dio, perché noi ci dedichiamo ad altro.
Però
siccome ci dedichiamo ad altro da Dio con la passione d’assoluto, tutto quello
che guardiamo, vogliamo che sia assoluto.
Ed entro
in crisi, perché quello non è assoluto.
C.: Tutti sappiamo che l’uomo è fatto in coppia con
Dio...
Luigi: Magari lo conoscessero tutti!
Quando uno
dice “io”, non si sente mica parte di una coppia!
Soltanto
guardando a Dio noi capiamo di essere in coppia.
Ma se non
guardiamo Dio, noi siamo una unità autonoma.
E io
affermo me stesso.
C.: L’uomo da solo non è niente ma siccome sappiamo che
siamo fatti in coppia con Lui, fintanto che non troviamo la nostra identità in
Dio, noi non siamo in pace.
E la via per giungere all’unione con Dio è la croce.
La via dell’intelligenza è un ipotesi utopistica.
Luigi: La via è quella dell’intelligenza.
Perché si
giunge a Dio solo attraverso il pensiero.
La croce
di Cristo è un passaggio obbligato per morire a noi stessi.
Cioè
quando tu non arrivi per intelligenza, devi arrivare per sofferenza, per
tribolazione, perché Dio opera per salvarti.
La crosce
rappresenta questa tribolazione attraverso cui tu sei chiamata a morire a te
stessa, per entrare nel Pensiero di Dio.
Ma non è
sufficiente la croce, perché tu puoi patire tutti i dolori di questo mondo ma
se non sei intelligente, cioè se non cerchi il significato delle cose presso
Dio, tutti i dolori e le croci non ti servono, tu le maledici.
C.: Ma Dio opera perché noi lo possiamo conoscere...
Luigi: Ma certo.
C.: Dio ci crea per farsi conoscere, quindi sarebbe
assurdo che poi ci lasci affogare nella nostra sofferenza.
Luigi: Certo ma non è detto.
Non è
automatica la cosa.
Non siamo
rotelle inserite in una macchina, siamo persone.
Dio non ci
lascia mancare nulla ma si richiede da parte della creatura la dedizione.
Lui viene
a morire sulla croce però: “Capisci quello che ti ho fatto?”.
C.: Comprendendo la morte di Cristo in croce, il nostro
conflitto con Dio cessa.
Luigi: Se moriamo a noi stessi.
D.: Il giovane ricco era già all’ultimo interrogativo.
Luigi: Si era convinto della meta, la vita eterna è conoscere
Dio.
Si era
convinto dell’importanza di questo.
D.: Era arrivato al “come” e poi è ritornato indietro?
Luigi: Evidentemente è possibile.
Noi
arriviamo sempre all’interrogazione, è come se andassi a trovare una persona,
suono il campanello di casa e poi dopo me ne vado via.
Non
aspetto che mi apra la porta, non aspetto per entrare, per ascoltare.
La maggior
parte delle nostre preghiere sono fatte così.
Noi
arriviamo solo a sunare il campanello di Dio, arriviamo alla porta e poi
scappiamo.
Non hai
pregato, per pregare devi entrare.
Pregare
vuole dire ascoltare.
Noi il più
delle volte arriviamo a interrogare e poi non abbiamo la pazienza di fermnarci
in quella veglia che è necessaria per arrivare ad ascoltare la risposta.
Pilato ha
fatto la domanda: “Cos’è la Verità?”, non ha avuto la pazienza di ascoltare.
Noi magari
interroghiamo ma parliamo noi e non abbiamo la pazienza di ascoltare la
risposta.
Per cui
noi interroghiamo e Lui quando vuole risponderci non ci trova più.
Bisogna
mettere tutto a tacere, fare silenzio in noi per arrivare ad ascoltare la
risposta che Dio dà, alla nostra interrogazione.
E.: Il Padre si comunica solo al Figlio...
Luigi: Solo al Figlio, non a noi, solo al Figlio.
E.: Quindi la via per noi è il Figlio.
Luigi: Certo.
Per cui se
non dedichiamo il nostro pensiero al Pensiero di Dio, noi non possiamo vedere “come”
si giunge alla Luce.
“Come ti
si sono aperti gli occhi”, non possiamo vedere il “come”.
Il “come”
è nel Figlio di Dio, nel Pensiero stesso di Dio.
Fintanto
che io cerco Dio cerco la luce o nelle parole che dicono gli uomini certamente io
sono destinato al fallimento, perché non cerco la luce nel Pensiero di Dio.
Dio solo è
rivelatore di Se stesso.
Se Dio
solo è rivelatore di Se stesso, soltanto rivolgendomi a Dio posso ottenere da
Dio la rivelazione di quello che Dio è, cioè la conoscenza, la luce e quindi
illuminare i miei occhi.
Attraverso
tutti gli avvenimenti e i fatti, Dio ci porta a scoprire il luogo in cui noi
possiamo trovarlo.
Prima noi
siamo sbandati, crediamo di trovare Dio in tutte le cose, nelle creature, nei
poveri, nella natura.
A poco per
volta, attraverso tutte le lezioni della vita, Dio ci conduce a scoprire il
campo in cui Lui si trova.
E si cessa
quindi di cercare altrove.
Questa è l’opera
che Dio fa nella nostra vita.
Per questo
Dio ci delude, abbatte tutti i nostri punti fissi di riferimento.
Anche le
parentele, a un certo momento spariscono.
Non
conosciamo più né genitori né figli.
Perché
dobbiamo imparare ad avere Dio come unico punto fisso di riferimento.
E
conoscere tutte le cose in relazione, in rapporto a Dio.
Gardando
tutte le cose dal punto di vista di Dio, lì abbiamo la luce.
Il Padre è
la sorgente della vera Luce.
F.: Spesso Dio ci viene presentato come qualcuno che
troviamo nei fratelli...
Luigi: Se Dio non lo trovi dentro di te non lo trovi certo nei
fratelli.
Se non
cerchi Dio al di sopra di tutto, non puoi amare il prossimo.
Prima di
tutto devi amare Dio.
Prima di
tutto sei stato creato per conoscere Dio.
Gli altri
sono un banco di prova della tua ricerca personale di Dio.
Noi
dimentichiamo la ricerca personale di Dio e cerchiamo di salvare il banco di
prova.
Evidentemente
ci condanniamo al fallimento.
“Ama il
Signore Dio tuo”, questa deve essere la nostra grande preoccupazione.
Amare
vuole dire cercare la presenza.
Amare
vuole dire cercare la conoscenza dell’essere amato.
G.: Il Figlio viene dal Padre e va al Padre e noi
dobbiamno ricevere dal Padre e riportare al Padre.
Luigi: Ci vuole questo raccoglimento nel Pensiero di Dio.
Perché il
Pensiero di Dio è il campo in cui ci è dato conoscere Dio.
Dio si
trova soltanto in suo Figlio.
“Nessuno
può venire al Padre se non per mezzo di Me”, questa è la via.
La via
obbligata ce la rivela, però non dobbiamo accontentarci delle parole.
Tutto è
segno dei grandi rapporti tra la nostra anima e Dio.
E fintanto
che non arrivo a capire che cosa i segni mi indicano dei rapporti della mia
anima con Dio, io non ho mica capito, non ho letto correttamente.
Leggere
vuole dire arrivare al pensiero contenuto nel segno.
Dio in
tutte le sue opere scrive il suo Pensiero, scrive Se stesso.
E fintanto
che io non arrivo a capire che cosa Dio mi dice di Sé, io non ho letto, sono un
analfabeta.
Per questo
il Signore dice: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio”.
“Non
preoccupatevi del mangiare e del vestire”, noi perdiamo tutto il nostro tempo e
tutta la nostra vita e il nostro pensiero nei problemi del mangiare e del
vestire, figura, carriera, denaro.
E l’essenziale?
Noi siamo
stati creati per cercare e per conoscere Dio, “tutto il resto ti sarà dato in
sovvrapiù.
Il pane
della conoscenza di Dio è il pane che tu devi preoccuparti di mangiare, mica il
pane materiale, infatti Gesù li rimprovera: “Non cercatemi per il pane che
passa”.
Questo
pane non ci è dato senza la nostra dedizione.
H.: Avere Dio come punto fisso di riferimento, significa
dedicare a Lui il nostro pensiero. Quindi quando pensiamo ad altro da Dio, non
abbiamo Dio come punto fisso di riferimento.
Luigi: Certo.
Noi
facciamo di cose o persone i nostri punti fissi di riferimento e diciamo che la
tale cosa è avvenuta perché quel tale è così.
Il mio
punto fisso di riferimento è quello.
Mi fermo
alla persona.
La persona
non è l’operatore.
Chi opera
in tutto è Dio.
Dio è il
creatore e anche nella persona c’è un messaggio di Dio.
Fintanto
che io non arrivo a Dio mi fermo all’operare della persona, del gatto, del caso
o della natura.
Ma nel
regno di Dio non c’è niente di autonomo da Dio.
Tutto è
opera di Dio.
Quindi
essendo tutto opera di Dio, tutto è Parola di Dio.
Anche l’uomo
è una parola di Dio per te.
Quindi in
tutto tu vedi l’opera di Dio e cerca il Pensiero di Dio.
H.: Quindi finché veco l’operare degli uomini e non di
Dio, non ho Dio come punto fisso di riferimento.
Luigi: Certo.
H.: E le nostre crisi avvengono per questo fatto.
Luigi: Certo, ti sei appoggiato su un bastone tarlato e come t’appoggi
quello si rompe.
H.: Quindi noi sbagliamo nel conoscere le persone.
Luigi: Sbagli, come t’illudi di conoscere te stessa, così t’illudi
di conoscere gli altri.
Metti un
etichetta e t’illudi.
Poi scopri
che girata la pagina è tutt’altro.
La vera
conoscenza (anche delle persone) si ha solo in Dio e da Dio.
In caso
diverso tu ti fermi all’apparenza.
Appare
così a te...ma “Non giudicare”.
Il Signore
mentre fa le cose to dice di non giudicare.
E perché
non devo giudicare?
Perché
devo cercare il Suo Pensiero.
Giudicare
vuole dire attribuire e tu attribuisci i fatti agli uomini anziché a Dio.
H.: Quindi conoscere una persona vuole dire vedere il
Pensiero di Dio in quella persona.
Luigi: Sì, altrimenti non la conosci.
Cioè
prendi una cantonata e ti apri al periodo delle crisi.
M.: La nostra grande difficoltà è restare nel Pensiero di
Dio.
Luigi: Prima di tutto perché noi non siamo capaci a far tacere
il nostro io.
Anche
quando ci mettiamo in silenzio ed in ascolto continuiamo a parlare.
Continuiamo
a borbottare noi.
La prima
condizione per ascoltare un altro è tacere.
M.: Noi possiamo far tacere il nostro io solo se
ascoltiamo Lui.
Luigi: Sì ma tutte le parole inutili che noi diciamo, cioè
quelle parole che noi diciamo d’iniziativa nostra ci dominano.
E noi non
siamo liberi di liberarci di esse.
È una
illusione quella di crederci liberi, non siamo liberi.
Noi saremo
liberi quando conosceremo la Verità, Dio.
È la
conoscenza della Verità che ci fa liberi.
Cosa vuole
dire non essere liberi?
Vuol dire
che io vorrei far tacere il mio io ma non posso farlo tacere.
N.: Il mondo è stato creato da Dio...
Luigi: È creato attualmente, perché Dio è fuori del tempo.
N.: E al centro di questo mondo c’è l’uomo che può
goderne ma che ha il problema di ricondurre questo mondo non al suo io ma al
Pensiero di Dio.
Luigi: Bisogna precisare bene cosa vuol dire quel “goderne”,
altrimenti sfasiamo tutto.
N.: Secondo me vuole dire essere nel mondo ma non del
mondo.
Luigi: Ma io sono nel mondo ma non del mondo, in quanto m’interesso
di Dio.
Non m’interesso
del mondo ma m’interesso di Dio.
Cioè in
quanto cerco sempre di capire, che cosa Dio attraverso il mondo mi vuole
comunicare, ma il mio interesse primcipale è Dio.
Noi
apparteniamo al nostro interesse.
Se io m’interesso
del mondo, io appartengo al mondo.
Anche se
mi dico cristiano.
Tu per che
cosa vivi?
Se vivi
per il mondo appartieni al mondo.
Solo se l’interesse
principale della tua vita è quello di conoscere Dio, appartieni a Dio.
Il mondo è
opera di Dio ma Dio non è il mondo.
N.: Però uno non può mai sapere se è del mondo o è di
Dio.
Luigi: Quel “mai” lo escluderei, algtrimenti Dio ci avrebbe
presi in giro.
Infatti
Gesù stesso dice: “Vi sono alcuni tra voi (che ascoltate) che arriveranno a
vedere il regno di Dio in tutta la sua grandezza prima di morire”.
Quindi
esclude il “mai”.
Dio ci ha
creati per arrivare a conoscerlo, quindi non ci ha creati per gioire del mondo.
Dio ci ha
creati per la vita eterna e la vita eterna sta nel conoscere Dio.
“Dio vuole
che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità”.
Quindi la
vita eterna sta nel conoscere la Verità e Dio ci ha creati per questo.
Il mondo è
un mezzo.
Il mondo è
una grammatica che insegna a noi a leggere le cose di Dio.
Ma noi non
siamo creti per godere del mondo o per possedere il mondo.
Perché in
questo caso siamo posseduti dal mondo.
Siamo
stati creati per conoscere Dio e per godere di Dio.
O.: Prima di poter conoscere il mondo bisogna conoscere
Dio.
Luigi: Il mondo ti mette in movimento verso Dio.
Dio è il
Padrone, quindi bisogna cercare il padrone e non i servi.
Dobbiamo
interessarci più del padrone che dei servi.
O.: Ma quando non si conosce ancora Dio, le cose del
mondo possono aiutare.
Luigi: Possono aiutarti ma possono anche intralciarti.
Se tu sei
orientata a Dio, hai la passione per Dio, allora tutto ti aiuta, nel senso che
ti conferma che devi cercare prima di tutto Dio.
Se non
cerchi Dio, è come se tu andassi in una città di cui non conosci niente: resti
in balia di tutto e di tutti.
Prima
studia la mappa così saprai orientarti e riconoscere le informazioni false.
Allora se
la meta è Dio, se la preoccupazione è Dio, allora tutte le creature sono delle
ottime servitrici.
Tutta la
creazione è fatta bene.
Ancora
adesso, perché è opera di Dio.
La
creazione è continua, ancora adesso è fatta da Dio ed è fatta bene.
Ma fatta
bene come serva, non come padrona.
Se noi
mettiamo la creazione o le creature come padrone nostre e viviamo per quello,
creazione e creature sono delle pessime padrone.
Ci mettono
in crisi tutti i momenti.
Se noi
abbiamo Dio come interesse principale e allora le creature sono delle serve,
allora sono delle ottime servitrici.
Sercono
molto bene se tu hai come fine la conoscenza di Dio.
Non vivere
per le cose che passano, cerca Colui che non passa.
Se c’è la
ricerca di Dio prima di tutto, allora si cammina bene nel mondo.
Perché non
c’è nulla che ti tocchi nel mondo.
Ma se
invece non sai dove andare, non hai una meta, tutto ti tocca e t’inquina.
La cosa
veramente importante è sapere per ciò che sei stato creato: per conoscere Dio.
La mia
preocciupazione principale deve essere cercare Dio, conoscere Dio.
Allora a
tutte le cose che vedi chiedi che cosa ti dicono di Dio.
E se uno
ti parla di politica, affari o sport non ti interessa.
Con questa
interrogazione: “Che cosa mi dici di Dio?”, tutte le creature diventano delle
ottime servitrici.
O.: Quindi ogni persona che incontro è stata creata per
conoscere Dio?
Luigi: Certo, è parola di Dio per ognuno di noi.
O.: Però a volte si cerca la Verità nelle persone...
Luigi: E allora sbagli, perché la Verità si trova dentro di te.
Sant’Agostino
dice: “Ho sempre cercato la Verità fuori di me e ho sempre sbagliato. A un
certo momento ho capito che la Verità era dentro di me”.
Bisogna
capire che Dio attraverso tutte le opere che fa, c’invita a passare dall’esterno
all’interno, perché Dio abita dentro di noi, nel nostro pensiero e al di sopra
del nostro pensiero, nel suo Pensiero.
In noi c’è
il Pensiero di Dio.
Cercalo lì
e lì troverai la Luce.
Ma devi
cercarlo dentro di te, fintanto che lo cerchi fuori prendi soltanto cantonate.
Troverai
tante parole e risposte degli uomini che però non ti possono dare solo quello
che solo Dio ti può dare.
Solo in
Dio, noi troviamo la luce della nostra vita.
P.: La via dell’intelligenza, presuppone che la creatura
sia già stata illuminata...
Luigi: La via dell’intelligenza presuppone che la creatura
riconosca che Dio è il Creatore.
Il primo
dato è questo: non sei tu il creatore delle cose.
Un altro
crea le cose e basta un filo d’erba per riconoscerlo.
Non sei tu
che fai le cose.
Non sai
ancora chi sia quest’altro che fa le cose, non importa ma già sai che non sei
tu.
Il fatto
di sapere che non sei tu, già t’impone di non vivere per te stesso, di non
avere il pensiero del tuo io al centro.
Sei in
casa d’altri e in quanto sei in casa d’altri, devi cercare il padrone, capire l’intenzione,
la volontà del padrone, imparare a rispettare il padrone.
Perché
siamo in casa d’altri.
Il padrone
è un altro.
Allora non
vivere come se fossi tu il padrone.
Noi ci
comportiamo nel mondo come se fossimo noi i padroni.
A un certo
momento il vero padrone ci scaccia fuori, ed è logico.
Q.: Il “come” è solo il Pensiero di Dio che può
rivelarlo.
Luigi: Sì, perché il Padre dimostra, manifesta al Figlio tutte
le cose che fa.
E il “come”
è vedere come un altro fa.
Non basta
sapere che io devo arrivare là, devo vedere come posso fare per arrivare là.
Soltanto
se vedo uno che nella mia situazione risolve il mio problema, posso capire il “come”.
Solo
vedendo come fa l’altro, e l’Altro è Dio, solo vedendo come opera Dio, io
imparo il come.
Ora, Dio
rivela come opera, solo a suo Figlio.
Solo se
sono con suo Figlio, ho la possibilità di capire “come”.
Altrimenti
sono convinto che devo arrivare là, ma come faccio?
E resto
paralizzato.
Questo ci
fa capire che la nostra volontà non è libera di volere.
R.: L’uomo ha bisogno di un maestro...
Luigi: Dio si fa Maestro nostro.
Il che
vuole dire che ci prende come bambini, si fa compagno e ci fa vedere dove
dobbiamo mettere i passi.
Lui stesso
dice: “Io ho affidato le mie creature, le mie pecore a dei pastori, ma quei
pastori hanno amato la lana, la carne delle mie pecore, non hanno curato le mie
pecore, adesso andrò Io a fare il Pastore delle pecore”.
Questo “andrò”
futuro lo dice per farci prendere coscienza che Dio oggi è il nostro vero
maestro.
S.: La creatura facendo la giustizia essenziale riconosce
che Dio è il Creatore e mettendolo al di sopra di tutto, incontra poi il Cristo
che gli parla di Dio...
Luigi: Chiariamo bene le cose.
Riconoscendo
che Dio è il Creatore, noi abbiamo la possibilità di riconoscere la meta, il
fine per cui siamo stati creati.
Dio opera
tutto per Se stesso, quindi sei creato per conoscere Dio.
Poi si
scopre l’importanza, il valore della conoscenza di Dio e poi si arriva al
problema di come fare per giungere a conoscere Dio.
Ma in
quanto uno si è convinto che deve arrivare là e che quello è molto importante
per la sua vita.
E che è
lui stesso che si deve impegnare, non arriva automaticamente.
E si deve
impegnare subito, altrimenti si resta occupati dalle cose del mondo.
A questo
punto scatta la domanda: “Come faccio?”.
Quindi in
quanto nella mia anima si sono formate certe convinzioni, a questo punto nasce
in me l’interrogativo: “Come?”.
S.: E bisogna individuare il Cristo. Però quando io
incontro il Cristo che mi parla di Dio, non so ancora che è presente dentro di
me.
Luigi: Certo.
S.: Sarà l’approfondimento a cui mi portano le parole di
Cristo. Ma queste parole del Cristo, sono già raccolte a mia insaputa nel
Pensiero di Dio?
Luigi: Ma già tutta la creazione è tutto già Vangelo.
Perché
leggiamo il Vangelo, questo libretto scritto 2000 anni fa?
Perché
riscontriamo nel Vangelo le lezioni della vita.
Le lezioni
che Dio ci dà tutti i giorni, attraverso tutte le cose.
Come
faccio io a dire che il Vangelo è importante?
Perché lo
ritrovo tra le mie esperienze di vita.
Questo libretto
risponde ai miei problemi che sono maturati, perché Dio scrive già attorno a
te.
Tutti i
problemi della tua vita si incarnano in te e ti mettono di fronte a un punto
interrogativo a cui solo il Vangelo può rispondere.
Dio è
fedele in tutto il suo operare.
Quello che
Lui dice nel Vangelo, l’ha già detto in tutta la creazione.
La
vecchietta analfabeta che non conosce il Vangelo, se pensa Dio, se contempla
Dio, se lo sente cantare il Vangelo dentro di Sé.
Perché è
sempre tutto opera di Dio.
Dio parla
sempre lo stesso linguaggio, non parla mica linguaggi diversi.
Non parla
linguaggi diversi a un analfabeta o a un dottore.
Il suo
linguaggio è unico per tutti.
Ed è
Cristo che mi conduce a prendere consapevolezza.
In un
primo tempo io credo che la Verità sia fuori e opero e agisco per cambiare il
mondo, poi mi fa scoprire che il mondo è Dio che lo fa, quindi è assolutamente
inutile che io mi agiti, non serve a niente.
E Dio fa
il mondo proporzionato alla nostra situazione, al nostro rapporto con Dio.
Se tu
cambi il tuo rapporto con Dio, Dio ti cambia il mondo attorno a te.
Dio non ha
mica nessuna difficoltà a cambiare il mondo.
Non siamo
mica noi che cambiamo il mondo.
Siamo noi
che dobbiamo cambiare verso Dio.
Dobbiamo
cambiare il nostro rapporto con Dio.
Quindi è
tutto un fatto interiore.
È il mio
rapporto interiore con Dio che è sballato.
È tutto un
cammino interiore, è la via del pensiero che dobbiamo imparare a percorrere
dentro di noi.
S.: Una volta messo Dio prima di tutto, è poi tutto Dio
che opera in noi...
Luigi: Ma anche mettere Dio prima di tutto è opera di Dio.
Cioè se tu
metti Dio prima di tutto, l’opera è di Dio.
Se non
metti Dio prima di tutto, l’opera è tua.
Tutto è
grazia di Dio.
È Dio che
parlando con noi, conduce noi a prendere consapevolezza della via attraverso la
quale si giunge a conoscere Dio.
È Lui che
ci conduce ma noi dobbiamo essere attenti a Lui.
T.: Cosa è più importante? Interrogare Dio o fare
silenzio dentro di noi?
Luigi: Tu devi fare la domanda e poi fare silenzio per
ascoltare la risposta.
Noi il più
delle volte interroghiamo ma non facciamo silenzio per ascoltare la risposta.
La domanda
è importantissima perché è Dio che ce la fa fare.
È Dio che
pone in noi la domanda.
Basta
pensare Dio e Dio subito ci propone delle domande.
Tu fai una
domanda in quanto ti senti interessato.
Senti un
problema e il tuo perché diventa una preghiera, però devi tacere.
T.: Quindi è una cosa interiore, non sono domande
esteriori.
Luigi: A beh certo, non è quello che dici con le labbra che
conta.
È tutto un
problema di pensiero.
Tu puoi
dire da mattina a sera “Signore io ti amo” e poi essere con il pensiero chissa
dove.
Quello che
conta è il pensiero.
Quello che
forma l’uomo è il pensiero.
T.: E il cuore...
Luigi: Ma il cuore è il pensiero.
Il cuore è
un muscolo, il cuore è una pompa meccanica.
Non
facciamo della poesia, dobbiamo restare nella verità.
T.: Ma Gesù parla di cuore...
Luigi: Per gli ebrei il cuore era la mente, il pensiero.
V.: Dio è il nostro fine ed è anche la via, come è detto
nel Vangelo di oggi.
Noi perà dobbiamo guardare a Lui.
Luigi: Per cui Lui stesso diventa la mia via.
Ma se
guardo Lui.
“Facciamo
l’uomo”, noi non siamo “fatti”.
Ancora
adesso Lui sta dicendo “facciamo”, quindi noi siamo in formazione.
Siamo in
gestazione.
Ora
siccome dobbiamo crescere a imnmagine e somiglianza di-, dobbiamo avere sempre
l’occhio del pensiero attento a guardare Lui.
Perché noi
cresciamo a immagine e somiglianza di ciò a cui pensiemo.
Se io
guardo l’animale, io cresco a immagine e somiglianza dell’animale.
Se tu
guardi il cielo, cresci a immagine e somiglianza del cielo.
Noi
diciamo: “Sia fatta la tua volontà come in cielo”, o Dio mi prende in giro,
oppure ho la possibilità di vedere come si fa la volontà di Diomin cielo.
Perché
soltanto se vedo come la volontà di Dio si fa in cielo, ho la possibilità di
farla in terra.
Ma se non
vedo come si fa in cielo, io fischio.
E lo
diciamo tutti i giorni nel “Padre nostro”.
Noi lo
diciamo a parole, ma lo pensiamo?
Ci
rendiamo conto di quello che diciamo?
Cioè Dio m’invita
a vedere come la volontà di Dio si fa nel suo cielo.
E il suo
cielo è il suo pensiero.
Solo vedendo
come si fa la volontà di Dio in cielo, posso farla nella mia terra.
T. : Ci vuole comunque la mediazione di una creatura,
come questo cieco che ci dica dove guardare.
Luigi: Si è immerso nelle acque di Siloe.
Quando
abbiamo parlato di quello, abbiamo visto che Siloe significa “mandato” e il “mandato”
rappresenta il Cristo.
Cristo è
il cielo di Dio e bisogna immergersi in questo cielo, perché la Luce venga a
noi.
Non
fermarti però al Cristo fisico.
Il Cristo
fisico è soltanto un mezzo, un punto di contatto ma poi tu devi arrivare alle
parole, al pensiero del Cristo.
Se tu
ascolti una persona parlare ma tu non arrivi al pensiero di quella persona, tu
fraintendi tutto.
E così noi
possiamo fraintendere il Cristo.
Quanti
hanno visto Cristo e lo hanno mandato a morte?
L’hanno
frainteso.
Hanno
detto che era un bestemmiatore, un indemoniato, un pazzo.
Bisogna
arrivare al pensiero.
- Riassunto Lunedì -
Luigi: Osservando il Figlio che è il Pensiero di Dio, io
osservo quello che il Figlio vede.
Il Figlio
vede il Padre che gli dimostra quello che fa.
Cioè il
Padre genera il Figlio, ma il Padre genera il Figlio non con un atto magico,
per cui il Figlio resta sorpreso.
Il Figlio
lo vede come dimpostrazione di quello che il Padre è.
Per cui il
Figlio partecipa alla sua generazione.
Il Figlio
partecipa alla sua generazione dal Padre.
Cioè non
nasce come nasciamo noi dai genitori, per un atto magico, inconsapevolvente.
Il Figlio
partecipa aòlla sua nascita che è una generazione eterna, quindi partecipa in
continuazione.
Come
partecipa?
Contemplando,
guardanmdo il Padre.
Il Figlio
è tutto pensiero del Padre, guardando il Padre, vede nel Padre la ragione di
Sé.
Per cui
scopre se stesso come pensiero del Padre, generato dal Padre.
Infatti l’intenzione,
il pensiero di uno, deriva da ciò che uno è.
Soltanto
conoscecendo ciò che uno è, conosco anche la sua intenzione, il suo pensiero.
Allora qui
partecipo della generazione del suo pensiero.
Cioè
conoscendo l’essere di uno, conosco anche la sua intenzione.
Il che
vuol dire che ho partecipato personalmente alla nascita di quell’intenzione da
quell’essere.
- Conversazione -
A.: Il fine è la prima cosa da mettere e l’importanza del
fine viene dopo, ma io quando scelgo un fine è perché già lo ritengo
importante.
Luigi: Noi nel nostro errore facciamo così.
Noi nel
pensiero del nostro io facciamo così.
Ma se noi
pensassimo a Dio, prima sceglieremmo il fine voluto da Dio e poi ne scopriremmo
l’importanza.
Ma nel
pensiero del mio io, non mi chiedo a che cosa serve la vita.
Nel
pensiero del mio io il fine l’ho già: la mia vita serve per glorificare me
stesso e poi vado a scegliere quei mezzi che glorificano me stesso.
Ma qui
sono io che mi mangio con la mia stessa bocca.
Qui non
vado a cercare il fine per cui Dio mi ha creato e poi mi adeguo.
Il fine io
lo do come scontato, il mio fine sono io.
Devo
pensare a me.
Devo
vivere per me.
E adesso
vado a cercare quei mezzi che più mi aiutano per sbarcare il lunario, per
accrescere il mio benessere, per far risaltare la mia figura.
E quei
mezzi che possono servire la mia ambizione, diventano il mio fine e io vivo per
quelli.
Ma questo
nel pensiero dell’io e il pensiero dell’io ci fa sempre sbagliare.
Invece se
io tengo presente Dio, non scelgo automaticamente me stesso come fine, prima
cerco di capire il fine per il quale Dio mi ha creato.
Perché mi
hai dato l’esistenza?
A cosa
serve la mia vita?
Poi mi
adeguo a questo e cerco i mezzi per giungere al fine voluto da Dio.
A.: Faccio coincidere il fine con il principio.
Luigi: E allora lì scopro l’importanza che ha per me il
conoscere Dio.
Scoperta l’importanza
di un valore, la mia volontà diventa capace di volerlo.
Prima lo
vuole, però è paralizzata.
Esperimento
la paralisi, fintanto che non vedo “come” giungere a conoscere Dio.
So che
devo conoscere Dio, però non so come fare.
A.: Che differenza c’è tra il cercare quello che Dio mi
dice di Sé nei segni e il raccogliere i segni nel Pensiero di Dio?
Luigi: Per giustizia devo cercare quello che Dio mi dice di Sé
nei segni che mi presenta.
Perché
tutto è creazione di Dio, tutto è parola di Dio e per giustizia devo attribuire
alle parole di Dio, l’intenzione di Dio e non la mia.
Altrimenti
fraintendo tutto.
Se penso a
me e non penso a Dio, la natura che mi è
attorno, i fatti che avvengono, io li guardo sotto il punto di vista del mio
interesse.
E qui
attribuisco agli avvenimenti e alle cose la mia intenzione.
E
naturalmente fraintendo, il mio io mi fa sbagliare tutti i giudizi.
Per
giustizia devo cercare il Pensiero di Dio, ma proprio cercando il Pensiero di
Dio, cerco Cristo.
Perché il
Pensiero di Dio è Cristo.
Il Cristo esterno
mi conduce a scoprire la presenza di Cristo in me, che diventa la porta per
arrivare a conoscere come giungere alla vera conoscenza di Dio.
Ma io devo
partire dal fatto che non sono io il creatore.
È un altro
il Creatore.
Quindi essendo
un altro il Creatore, in tutte le cose devo cercare il suo Pensiero, la sua
intenzione, il suo fine.
Per non
rivestire le cose delle mie intenzioni che sarebbe una ingiustizia.
Tutto
questo mi porta al Cristo, poiché Cristo è il Pensiero di Dio in tutte le cose.
Cristo è
il Pensiero di Dio tra noi.
È Quello
che mi aiuta a capire quello che io voglio capire.
Già nel Cristo,
Verbo di Dio incarnato abbiamo un “come”.
Perché io
desidero conoscere il Pensiero di Dio, però non so come fare, sono paralizzato.
So che
devo cercare il Pensiero di Dio ma come fare?
Finalmente
arriva Cristo che mi parla di Dio e del suo Regno.
Il suo Regno
cosa vuole dire?
Vuol dire “come”
Dio regna in tutte le cose.
Come Dio
opera per manifestare il suo Pensiero.
In Cristo
trovo Uno che mi aiuta nel raggiungere il mio scopo.
Per cui
Lui mi deve tracciare la strada.
Lui
diventa il “come” per me.
A.: Condotta a scoprire il Pensiero di Dio, devo poi
raccogliermi in questo pensiero.
Luigi: Ma il raccogliermi in Dio è il mio scopo.
Era il mio
scopo già dall’inizio.
Se io
sinceramente cercavo il Pensiero di Dio, trovando il Pensiero di Dio cosa
faccio?
Non faccio
altro che restare lì, perché ho trovato quello che cercavo.
Il Figlio,
il Pensiero di Dio è la condizione essenziale per arrivare al Padre.
Trovato
quel “Io”, attraverso di Lui, io posso arrivare al Padre.
Per cui
Lui diventa il modo, il come per arrivare al Padre.
“Nessuno
può arrivare al Padre se non per mezzo di Me”.
Nessuno
può arrivare sulla cima del Monviso, se non attraverso quel sentiero.
Quel
sentiero diventa il modo per me, per arrivare sulla cima del Monviso.
B.: Il problema è come poter ascoltare Cristo, come
potere fare silenzio in noi.
Luigi: Noi quando parliamo di silenzio non sappiamo cosa sia.
Il
silenzio è dato dall’attenzione a uno solo.
Il rumore è dato dall’attenzione a tanti.
Se io
cerco di fare attenzione a due o tre persone che parlano insieme, io
esperimento il rumore e non il silenzio.
E sono
disturbato, non riesco a seguire nessuno.
Ci sono troppi
che parlano dentro di me, non riesco a seguire nessuno, non riesco a capire.
Il
silenzio invece è dato dall’attenzione a uno solo.
Il Cristo
parlando, mi conduce al Pensiero di Dio in me.
E quindi
mi raccoglie in un unico pensiero, poiché mi fa capire che tutto dipende da
quello.
Quando io
ho capito che tutta la via vita dipende da Uno, la mia attenzione è concentrata
in quell’Uno.
Qui ho il
silenzio.
Il rumore
c’è quando io ritengo tante cose importanti.
In me
quindi c’è una sorgente di rumore che m’impedisce di capire.
Perché mentre
sto attento ad uno, sono disturbato da un altro, perché anche l’altro per me è
importante.
Fintanto
che Dio non diventa per me, l’unica cosa veramente importante, io non riesco a
fare silenzio, perché ho introdotto in me una fonte di disturbo, causata da
tutto ciò che per me è importante.
Per cui
non riesco a seguire.
Ma se c’è
questa semplicità di cuore, che è poi purezza di attenzione, che è unico amore,
questo forma in me quel silenzio che mi rende capace di ascoltare uno solo.
E quando
ascolto Uno solo, quell Uno mi rivela il Padre.
Il Figlio
di Dio, il Pensiero di Dio, essendo tutta contemplazione Padre, vede quello che
il Padre fa.
Conoscendo
il Padre, conosce quello che il Padre fa.
E siccome
il Padre genera suo Figlio, Lui conosce Se stesso ma conosce Se stesso partecipando
dal Padre alla sua nascita, alla sua generazione.
Quindi
conosce Se stesso come generato dal Padre.
Ma conosce
Se stesso come Figlio del Padre, proprio in quanto è tutto sguardo verso il
Padre.
Allora noi
guardando al Figlio, partecipiamo di questo poiché a questo punto, anche noi
siamo un pensiero unico di Dio come il Figlio.
E quindi
qui partecipiamo anche alla nostra nascita dal Padre.
Conoscendo
il Padre, partecipiamo alla nostra nascita, perché conosciamo noi come pensiero
del Padre.
C.: Dio opera in un certo modo ma non è che noi dobbiamo
operare come Lui per arrivare alla Luce.
Lui fa in un modo e non è che noi facendo come Lui
arriviamo alla Luce, noi dobbiamo cercare di capire cosa fa Lui.
Luigi: La Luce viene da una sorgente.
E si
attige la Luce, soltanto in quanto si attinge dalla sua sorgente.
Io dico
una parola, solo se tu la colleghi con la sua sorgente la capisci.
Ma se tu
senti soltanto la parola e non hai la possibilità di collegarla col pensiero
che sta dietro alla parola, tu la parola non la capisci.
Quello che
ti fa capire la parola è il pensiero.
Per cui
attingi la luce, in quanto l’attingi nel suo principio.
Se tu
ricevi una parola ma non vedi il pensiero significato da quella parola, tu non
capisci la parola.
Tu senti
soltanto la parola, non capisci il pensiero, la parola la senti ma non arrivi
al pensiero, alla sorgente.
Non
capisci la parola perché non vedi il pensiero.
Il che
vuole dire che la luce della parola, non si attinge nella parola ma nella
sorgente della parola, cioè nel pensiero.
C.: Però la Luce quando arriva a me...
Luigi: No, la Luce arriva a te in quanto tu l’attingi nel suo
principio.
Il Figlio
di Dio, tu lo conosci, soltanto in quanto lo attingi dal Padre.
Ma se non
lo attingi dal Padre, tu non conosci mica il Figlio di Dio.
Tu puoi
dire di credere per sentito dire, però tu non hai attinto.
La luce ha
la caratteristica che si conosce solo nella sua sorgente.
L’esempio
più facile da capire è quello della parola e del pensiero.
La parola
ti arriva ma se tu non la colleghi col pensiero, se non la vedi dal pensiero,
tu non capisci la parola.
La parola
è arrivata ma la luce sulla parola non c’è.
La luce
sulla parola scatta in quanto tu vedi il pensiero.
Il
pensiero che è significato dalla parola.
Per cui la
Luce di Dio si attinge soltanto dal Padre.
Anche la
luce sul Figlio, si attinge solo dal Padre.
C.: Ed è come Dio opera questa luce...
Luigi: Sì, però questo “come” Dio opera, lo puoi capire
soltanto in quanto conosci che cosa è il Padre.
Perché il
Figlio è Figlio, proprio perché contempla il Padre.
Contemplando
il Padre, essendo pesniero del Padre, vede quello che il Padre è, vedendo
quello che il Padre è, vede l’intenzione del Padre, quello che il Padre opera.
Vedendo
quello che il Padre opera, vede Se stesso, scopre Se stesso come opera del
Padre.
Il Figlio
di Dio è l’opera del Padre.
“Le cose
che Io vi dico, non sono Io che le dico ma è il Padre che le dice in Me”.
Quindi
vedi l’opera del Padre?
Per cui
soltanto se tu guardi al Padre, capisci l’opera che fa il Padre e allora
conosci il Figlio.
Conoscendo
la causa, tu conosci l’effetto.
Se tu non
conosci la causa, tu vedi l’effetto, però non sai il perché dell’effetto.
Quindi la
luce viene dalla causa.
C.: Il Figlio è come se non esistesse, è come la luce,
non si può dire che la luce esiste, esiste la sorgente della luce.
Luigi: La sorgente ti fa arrivare la luce.
Infatti se
non ci fosse qualche ostacolo, tu la luce non la vedresti mica.
C.: Ci sono ostacoli fra la sorgente della luce e il mio
occhio.
Luigi: Certo.
Altrimenti
la luce non la vedi mica, la luce è invisibile.
Tu la luce
la vedi, perché s’incontra con qualcosa che non è luce.
E allrora
tu dici che è illuminato.
Tu la
sorgente della luce la vedi ma la luce no.
La luce è
messa in evidenza dalle impurità che la luce incontra, dal nostro io.
C.: Ma di per sé la sorgente è luminisa.
Luigi: La sorgente è luminosa.
Però tu
questa radiazioni, le vedi in quanto la luce trova qualcosa d’impuro che le
evidenzia.
Per cui tu
non vedi la luce, vedi l’effetto della luce, però non capisci.
Tu vedi l’ambiente
illuminato, però non conosci cosa è che te lo illumina, fintanto che tu non
conosci la sorgente dalla luce, la causa.
Conoscendo
il sole capisci perché l’ambiente resta illuminato.
Altrimenti
tu subisci l’effetto: la parola ti arriva, la senti la parola, però non
capisci.
Se una
persona straniera mi parla, io sento le parole straniere, quindi le parole mi
arrivano, però io non capisco.
Non
capisco il pensiero di quella persona, fintanto che non arrivo a collegare la
parola con il pensiero di quella persona straniera.
La luce è
la via che conduce alla sorgente della luce.
Cristo è
via verso il Padre.
Io non so
che cosa sia questa via, però in quanto mi conduce al Padre, dal Padre io
conoscerò perché la via è così.
Dal Padre
io conosco il Figlio ma fintanto che non arrivo al Padre, non conosco il
Figlio.
Però
conosco dove mi conduce il Figlio.
Infatti la
luce, mi fa vedere la sua sorgente, il punto da cui parte, la stella.
Però io
non conosco la luce, fintanto che non conosco la causa, non conosco cioè la
sorgente.
Quando
conosco la sorgente capisco perché dalla sorgente deriva quella certa
radiazione.
E la
radiazione arriva dove sono io, con la mia impurità, mi colpisce, mi mette in
evidenza e allora mi fa guardare alla sorgente.
C.: Ma la luce scientificamente come si propaga?
Luigi: La luce è radiazioni, sono fotoni.
È un
materiale radioattivo.
La luce è
una radiazione.
Noi
vediamo solo per parti, non vediamo mica tutto.
Quella è
una radiazione visibile, infatti la chiamano la finestra ottica.
È soltanto
una piccola gamma delle radiazioni che arrivano a noi.
Noi
diciamo che il mondo è così, ma lo vedo così perché lo guardo soltanto da
questa fessura.
Ma il
mondo è molto diverso.
Io lo vedo
da quella fessura e dico che il mondo è così come lo vedo.
Ma lo vedo
così, perché a me arrivano soltanto quelle radiazioni in un determinato limite.
Così per l’occhio
e anche per l’orecchio.
Ma la
gamma delle radiazioni è immensa.
Ma noi non
cogliamo tutte le radiazioni: gli ultra suoni, le onde radio non le captiamo
mica, eppure ci sono.
Noi siamo
immersi in queste onde radio, però non le captiamo.
Un
apparecchio adatto le capta, quindi evidentemente queste radiazioni ci sono.
Noi siamo
come degli apparecchi che possono captare le radiazioni luminise.
Noi
vediamo solo per parti, non vediamo l’universo come è.
La luce ha
la caratteristica che mi segnala sempre la sorgente.
Ma
fintanto che non arrivo a conoscere che cosa è la sorgente, io subisco l’effetto,
sono illuminato, però non capisco cosa è la luce.
Tutto è
segno: la luce diventa la parola.
La parola
arriva a me, mi segnala che c’è uno che parla, non sono io che la dico la
parola, è un Altro che la dice a me.
Quindi la
parola mi fa pensare a quello che parla con me.
Ma
fintanto che non conosco chi è Colui che parla con me, io non conosco la
parola.
D.: Dio parla con me ma io non capisco la parola se non
conosco Dio...
Luigi: Infatti il primo passo è scoprire che siamo ciechi, cioè
che non capiamo.
Perché
quando io so di essere cieco, sono preparato per incontrare il Cristo.
In quanto
capisco di non capire, io patisco, soffro, quindi invoco qualcuno che mi aiuti
a capire quello che io ho bisogno di capire.
Incontrando
il Cristo, incontro chi stavo aspettando.
L’attesa
mi prepara all’incontro, se io non l’attendo, anche se lo incontro, non so cosa
farmene perché non sento il bisogno di Lui.
Ecco
perché Dio prima provoca in noi il “perché?” e poi ci dà la risposta, ma prima
vuole che noi interroghiamo.
Quindi Dio
forma noi come bisogno di Lui, e questo bisogno mi darà la possibilità di
individuare e di gustare il Cristo che risponde a questo mio bisogno.
E.: Sembrerebbe che bisogna essere già nel Padre per
capire la via Cristo.
Luigi: No, la via la noto in quanto so che devo arrivare là, ma
io sono qua.
La via è
un tratto, che collega il punto in cui io mi trovo, con il punto in cui debbo
andare.
Se
collega, vuole dire che deve arrivare ai miei piedi, altrimenti non mi collega
mica.
Perché se
la strada per arrivare là, parte lontano da me, io non so cosa fare tra il
punto in cui sono e dove comincia la strada.
Quindi la
via è via, in quanto arriva ai miei piedi e mi collega con il fine.
Qui vedo
il modo per arrivare al fine.
Cristo è
proprio uno che collega il punto in cui io mi trovo con il fine, foss’anche io
in un punto disperato: “Padre perché mi hai abbandonato?”.
Il Cristo
è la strada.
Per cui
Lui viene a stabilire un tratto continuo, tra il punto in cui io mi trovo o mi
vengo a trovare, fossi anche sul punto del suicidio e me lo collega con la
meta, con il fine.
Certo io
devo essere convinto che devo arrivare a quel fine là.
Solo
vedendo la strada ho la possibilità di camminare, se non la vedo no.
Quando
Gesù dice di essere la via, i giudei si domandano come un “io” possa essere una
via.
In realtà
Gesù è via.
Ed è via
soprattutto quando arriviamo al Pensiero di Dio.
Perché
proprio il Pensiero di Dio, diventa il “come” per potere conoscere il Padre.
Perché
fintanto che io ho altri pensieri e non sono pensiero unico di Dio, io non
posso arrivare al Padre.
Fintanto
che Lui è presente con la sua presenza fisica, è vero che Lui è un punto d’attacco
ma se Lui rimane come presenza fisica, io non posso arrivare allo Spirito.
Perché ho
la presenza fisica di Cristo che mi disturba.
Non sono
tutto pensiero del Padre.
Invece
devo arrivare lì.
Ecco
allora che Lui si fa strada.
Si fa
strada prima venendo come presenza fisica e si fa strada andandosene via come
presenza fisica ma dopo avermi condotto a scoprire il Pensiero di Dio in me,
come presenza oggettiva.
A questo
punto, Lui può dirmi “ciao”, perché io sono collegato con il suo Pensiero.
Ed è
attraverso questo pensiero di Dio oggettivo in me che arrivo poi dopo al Padre.
E.: E il fatto di diventare pensiero unico del Padre,
dipende dai nostri sforzi?
Luigi: È Dio che mi fa pensiero unico ma in quanto io ascolto.
Quindi Lui
parla per condurmi lì.
Infatti
Lui mi parla solo del Padre in tutte le cose.
E
parlandomi del Padre, forma nella mia mente questo unico pensiero.
Non
preoccuparti del mangiare, il mangiare è un pensiero.
Non
preoccuparti del vestire, il vestire è un pensiero.
Non
preoccuparti della giustizia umana, anche questo è un pensiero.
Ti sgombra
da tutti i pensieri diversi dal Padre, perché tutto dipende dal Padre,
portandoti a conoscere il Padre, se lo ascolto.
Lui l’opera
la fa e mi conduce a vedere che l’unica realtà da cui tutto di me dipende è
quello.
Quando io
mi sono convinto (ascoltando Lui) che tutto della mia vita, del mio mondo
dipende da questo unico pensiero, adesso ho scoperto il vero valore.
Scoperto
il vero valore ecco che qui ho un unico pensiero.
Io sono
schiavo di pensieri diversi da Dio, poiché ritengo importanti altre cose oltre
a Dio e sono queste “altre cose che mi fregano.
Ascoltando
Cristo, le “altre cose” scompaiono.
Per cui
ascoltando il Cristo mi accorgo che divento puro pensiero del Padre.
E.: Il puro pensiero di Dio è alla Pentecoste, non prima?
Luigi: Si ha già prima, perché è la condizione per arrivare al
Padre.
“Io ve lo
manderò dal padre”, quel “Io” è un pensiero puro.
È un
pensiero unigenito quindi puro.
Io devo
essere con quel “Io”, altrimenti lo Spirito (Pentecoste) non lo ricevo mica dal
Padre.
E.: A Pentecoste non si hanno pensieri diversi da Dio?
Luigi: Se io ascolto uno che è appassionato di footbal, quello
mi rienpie la testa di footbal, più lo ascolto e più il footbal mi ossessiona,
lo stesso con Cristo che ti parla del Padre ma il suo parlare è convincente,
perché parla la Verità: “Tu solo hai parole di vita eterna”.
È un
parlare di Verità che convince.
Per cui io
cammino su una strada che mi convince.
E tanto
più mi convince, tanto più mi purifica; “Siete puri, a motivo delle parola che
Io vi ho detto”.
Sono
queste parole che ci fanno passare da servi a figli.
Il servo è
uno che ha tanti interessi, ma che è costretto ad ubbidire.
E.: L’unigenicità, dipende dal fatto di avere un unico
pensiero?
Luigi: Certo
F.: Fino a che punto abbiamo bisogno di segni per entrare
nella vita trinitaria?
Luigi: Essendo nel Pensiero di Dio, sapendo che tutto è di Dio,
si rispetta tutto, non ci si ferma perché sono segni.
Il
Pensiero di Dio, a un certo punto mi pone un problema: io chi sono?
In quanto
Dio forma in me un problema mi dà la possibilità di una soluzione.
Però devo
sempre essere attento agli aiuti che Dio mi dà.
Aiuti che
mi possono venire anche da un segno esterno.
E se sto
attento mi accorgo che quella parola che mi arriva è un aiuto che arriva a me
senza di me (esterno), per camminare in quel pensiero che si è formato in me
come problema.
Con le sue
stesse opere Dio commenta Se stesso.
Io però
devo essere attento, devo avere cioè dentro di me il problema.
Se in me
si è formato l’interesse, l’interrogazione, allora tutto quello che mi arriva,
io lo vedo sotto quest’angolatura e allora lo vedo bene.
Tutto
diventa servitore, per quello che Dio ha posto in me.
Mi aiuta a
fare qualche passo.
E vedo
tutto come pensiero, non la vedo come cosa materiale.
G.: Hai detto che si forma il problema”chi sono io?” o “chi
è Dio?”.
Luigi: È la stessa cosa.
H.: Ma se io penso qualcosa di diverso da Dio, non è
detto che questo altro sia un valore per me.
Luigi: Sono altri amori.
H.: Anche se sono cose di cui farei volentieri a meno di
fare e di pensare?
Luigi:
Certo.
Sono tracce
che porto in me di amori di cui mi sono reso schiavo.
Una cosa
se è entrata nella mia vita, è perché l’ho amata, ho avuto dell’interesse per
quella.
Siccome
noi non siamo liberi, non è che quando la cosa mi pesa, io me ne posso
liberare.
Tu non te
ne liberi più, te ne libererà Dio.
Tu sei
costretta a girarci attorno.
Il
problema non è quello di liberarmi dalla schiavitù del mondo, il problema è
quello di crescere nel Pensiero di Dio.
Mano a
mano che cresco nella conoscenza di Dio, Dio mi libererà.
Ma è Dio
che mi libera.
La tanta
conoscenza di Dio mi libera da tutte le schiavitù del mondo.
L’unico
punto su cui posso fare leva è il Pensiero di Dio.
E in
qualsiasi luogo io mi trovi, io posso pensare Dio.
M.: Abbiamo tanti passaggi da fare con Cristo.
Luigi: I tanti passaggi sono determinati
dalla molteplicità di interessi che portiamo in noi, perché il nostro io è un
moltiplicatore di interessi.
L’io vede
tutte le cose a cui guarda come importanti.
Come
determino una cosa importante, ne divento schiavo: “Non posso vivere senza
cotoletta, senza sigarette, senza televisione”.
Automaticamente
divento schiavo della cotoletta, delle sigarette, della televisione.
Noi ci
creaiamo tutto un campo di schiavitù ritenendo necessarie le cose.
Il parlare
di Dio mi fa revisionare tutte le mie schiavitù, perché mi fa vedere la non
necessarietà di una cosa in rapporto a Dio.
Dimenticando
Dio mi creo una infinità di schiavitù.
Siccome
queste schiavitù mi disturbano, Gesù viene e mi fa vedere che tutto è già
fatto.
Tu pensa
solo a Dio che Dio pensa a tutto.
- Fine -