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Dicevano ciò tendendogli insidie per avere di che accusarlo. Ora Gesù, essendosi chinato, scriveva col dito in terra.

Gv 8 Vs 6 Primo tema.


Titolo: La parola scritta.


Argomenti: Lettera (farisei) e Spirito (Gesù) della legge a confronto. Il silenzio di Gesù. Terra & cielo. Parola scritta e parlata. È la parola parlata che ci salva.


 

26/Febbraio/1984  Fossano.


Chi diceva ciò erano scribi e farisei che avevano condotto quel mattino, di fronte a Gesù, una donna sorpresa in adulterio.

Dobbiamo tenere presente che in questa donna sorpresa  in adulterio c'era lo specchio dell'adulterio spirituale e profondo in quegli scribi e farisei che il giorno precedente si erano rifiutati di ascoltare l'ammonimento di Nicodemo a non scartare, a non giudicare Gesù senza averlo prima ascoltato.

Adulterio vuole dire distacco, rifiuto di una unione e siccome ogni uomo è stato creato unito a Dio, questo rifiuto ad ascoltare Dio è un adulterio spirituale e Dio scrive attorno a noi lo specchio di questo per recuperarci e renderci consapevoli del male che portiamo dentro di noi.

Qui ci troviamo con questi scribi e questi farisei che, senza saperlo, portando di fronte a Gesù questa donna sorpresa in adulterio flagrante, portano lo specchio di se stessi e loro chiedendo di lapidarla, chiedevano di essere lapidati.

Vedremo che Gesù salvando quella donna, cerca anche di salvare loro dalla lapidazione.

Comunque qui abbiamo adesso questi due animi a confronto diretto.

Abbiamo l'animo di coloro che si sostengono sulla lettera della legge (scribi e farisei), per i quali la giustizia sta nel far valere le norme di un codice, nell'applicare le norme di questo codice o nel far valere una istituzione o una regola di vita.

Abbiamo invece lo Spirito della legge che è Gesù, Gesù stesso dirà in un altro luogo: "Mosè ha scritto di Me".

Quindi Lui è la legge, Lui è lo Spirito della legge.

Qui abbiamo a confronto diretto la lettera della legge con lo spirito della legge.

Abbiamo visto la volta scorsa un confronto di due giustizie, c'è una prima giustizia che sta nell'applicare le norme di un codice a un reato, a una mancanza, a una colpa e c'è invece la giustizia che cerca l'intenzione del legislatore che cerca di conoscere l'animo di Colui che ha dato questa legge, che cerca di conoscere Dio.

Qui abbiamo la rivelazione anche dei cuori, coloro che seguono la lettera della legge: "Tendevano insidie a Gesù per avere di che accusarlo", ecco il tribunale.

Chi fa della giustizia una applicazione di norme e di regole, tende a vedere, a scoprire delle colpe, tende a fare un tribunale, tende ad accusare.

Qui dice che Gesù chinatosi scriveva con il dito in terra.

Direi che Gesù si rifiuta di raccogliere l'insinuazione, si rifiuta di raccogliere la proposta, la richiesta, quasi li ignora: è il silenzio di Gesù.

La prima cosa che dobbiamo chiederci è il significato di questo silenzio.

Il significato per la vita personale di ognuno di noi, perché tutto quello che è avvenuto e detto nel Vangelo, essendo Parola e opera di Dio è per ognuno di noi, quindi è lezione di vita eterna per ognuno di noi.

Quale è il significato di questo silenzio di Gesù? Di questo suo rifiuto a volere guardare, a raccogliere una offesa?

Qui coloro che parlano sono coloro che propongono, quindi sono scribi e farisei, sono gli uomini, non è più Gesù.

Gesù è il Maestro ed è Lui che dovrebbe veramente parlare mentre qui abbiamo altri che parlano e Gesù tace, abbiamo le posizioni capovolte.

Gesù fa silenzio per una cosa ben chiara, per non giudicare.

Gesù infatti non è stato mandato per giudicare l'uomo ma per salvarlo.

Quindi questo silenzio non è per giudicarli ma per salvarli, se avesse parlato li avrebbe giudicati, perché essi stavano parlando al posto di Dio, stavano facendo una giustizia che non potevano fare, perché chi fa la giustizia è Dio: "Non giudicate".

Di fronte a colui che parla, di fronte a colui che giudica e si arroga il posto che spetta a Dio non c'è che da fare che un giudizio e questo giudizio scatterà poi a un certo momento perché questi scribi e farisei si intestardiscono e non sanno cogliere la misericordia del Signore.

Comunque in questo silenzio c'è questa volontà di Gesù di non volerli giudicare.

Però il Vangelo ci dice anche che scriveva con il dito in terra.

Anche qui dobbiamo chiederci il significato e l'intenzione di questo scrivere di Gesù.

Non parla ma scrive.

Qui c'è la presentazione di due parole, la parola parlata e la parola scritta e anche qui, dobbiamo chiederci il significato di questo.

Gesù è la rivelazione della presenza di Dio tra noi, è il Dio tra noi e quindi è la rivelazione di quello che avviene nella nostra vita personale con Dio, è la rivelazione dell'opera di Dio tra noi.

La lezione del silenzio di Gesù  di fronte a questa proposta di giudizio da parte degli altri deve farci vedere il silenzio di Dio nel mondo.

Questi scribi e farisei cercavano di presentare motivi di accusa a Gesù stesso e gli uomini cercano sempre dei motivi per accusare Dio e cercano dei motivi per accusare Dio, per giustificare il loro rifiuto di Dio: "Ah se Dio ci fosse! Perché questo e perché quest'altro?".

"Se Dio ci fosse" ecco questa continua presentazione di motivi di accusa a Dio.

È il parlare degli uomini, eppure di fronte a queste accuse, Dio tace, fa silenzio, è il silenzio di Dio nell'universo.

Ma qui adesso abbiamo visto anche il significato di questo silenzio, perché quello che avviene in Gesù è rivelazione di quello che avviene in Dio.

Se il silenzio di Gesù è per non giudicare quegli uomini, il silenzio di Dio nel mondo è per non giudicarci, è per non condannarci, è misericordia di Dio.

Ma qui è anche detto che Gesù scriveva con il dito in terra.

Quindi mentre Dio tace tra noi, scrive sulla nostra terra e qui dobbiamo richiamare il concetto di terra.

Abbiamo visto che Dio all'inizio creò il cielo e la terra e il concetto di terra è un concetto contrapposto al concetto di cielo.

Cielo è tutto ciò secondo cui si vedono le cose secondo Dio.

Direi che il cielo rappresenta tutte le cose in relazione a Dio e la terra rappresenta tutte le cose in relazione all'uomo, in relazione all'io dell'uomo.

Quindi abbiamo un mondo che ci sovrasta e che è tutto secondo Dio ed abbiamo un mondo, la terra che è in relazione al nostro io su cui noi possiamo scrivere la nostra volontà, le nostre opere, le nostre intenzioni, i nostri pensieri.

Al centro della terra c'è il pensiero del nostro io e questo è evidente, perché gli uomini quanto più pensano a se stessi, più accumulano pietre o terra attorno a sé, credendo che il loro prestigio cresca proporzionalmente a ciò che posseggono.

Gli uomini accumulano pietre e poi ci salgono sopra a fare il monumento.

Cosa può significare allora questo Dio che tace e scrive sulla nostra terra?

Abbiamo visto che c'è una distinzione da fare tra parola scritta e parola parlata.

La parola parlata è quella che esce dalla bocca di colui che parla.

La parola parlata è quella che è detta dalla presenza di un essere.

La parola scritta è invece un segno lasciato alla presenza di un altro essere.

La parola parlata richiede silenzio, ascolto, dedizione da parte di colui che la riceve, richiede sopratutto intelligenza alla presenza di colui che la dice.

Chi determina il tempo dell'ascolto, dell'intelligenza è colui che parla e se colui che ascolta non è disponibile, non è attento, non può giungere all'intelligenza della parola che gli viene detta.

Nella parola scritta invece la cosa è invertita.

Nella parola scritta, la parola resta a disposizione di colui che la vuole leggere.

Quindi possiamo dire che nella parola scritta, il tempo della lettura è determinato da colui che legge e non da colui che scrive.

Nella parola parlata il tempo invece è determinato da colui che parla.

Se noi lasciamo passare questo tempo, quando colui che parla ci dice la sua parola, noi perdiamo l'occasione; è quel Dio che bussa alla porta della nostra casa e se noi lo lasciamo passare non avremo più la possibilità di ascoltare quella parola, sopratutto non avremo più la possibilità di intendere quella parola.

Mentre invece la parola scritta è sempre a nostra disposizione.

Apparentemente sembrerebbe che sia da preferirsi la parola scritta perché è a nostra disposizione sempre, apparentemente....

Perché chi ci salva non è la parola scritta ma è la parola parlata.

Il concetto di salvezza sta nel concetto di superamento di noi stessi.

Ora chi dà a noi la possibilità di superare il pensiero del nostro io è la presenza dell'altro.

Soltanto quando l'altro è presente a noi e parla con noi, offre a noi la possibilità della liberazione, del superamento del pensiero del nostro io e quindi della salvezza.

Infatti Gesù dice che l'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, non di ogni parola scritta: "Di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio".

Dalla bocca, quindi dalla presenza di Colui che parla.

Perché c'è questo ricevere vita e salvezza da questa presenza?

Perché soltanto la presenza di una persona che parla con noi, dà a noi la possibilità, che è grazia, di superare il pensiero del nostro io e di partecipare del mondo dell'altro, del cielo dell'altro, se quell'altro che parla con noi è Dio quindi di entrare nel Pensiero dell'Altro e quindi di giungere allo Spirito dell'Altro.

Questo ci fa capire che la Parola parlata è una occasione preziosa, è il trade d'union, attraverso la quale possiamo passare dalla nostra terra al cielo, dal nostro io allo Spirito di Dio, dalla lettera allo Spirito.

È attraverso la Parola parlata che noi possiamo conoscere Dio ma, allora cosa ci sta a fare a questo punto la parola scritta?

Abbiamo detto che Dio tace, fa silenzio per non giudicare l'uomo, quindi è un atto di misericordia, però scrive sulla terra e a questo punto dobbiamo chiederci che cosa scrive sulla terra.

Se quello che salva l'uomo è la presenza di Dio che parla con noi, Dio scrive sulla nostra terra la sua presenza.

La parola scritta è un annuncio, un segno, fatto nel nostro corpo, a nostra disposizione, per dire a noi che Dio esiste, che Dio è presente, cioè per dare a noi la possibilità di ascoltare la parola parlata, quindi per darci la possibilità di passare dalla parola scritta alla parola parlata.

Soltanto se noi giungiamo alla Parola che esce dalla bocca di Dio, quindi che esce dalla presenza di Dio, noi abbiamo la possibilità di passare allo Spirito delle cose, di passare alla conoscenza di Dio, cioè di superare il nostro mondo finito, per essere fatti partecipi del mondo infinito di Dio.


N.: La parola scritta è annuncio di Dio in ogni segno e la legge è la sintesi dei segni, la parola scritta, è annuncio di Dio nella creazione, l'uomo che lo coglie e lo può cogliere dopo che ha sentito la parola che esce dalla bocca di Cristo e l'ha persa, l'uomo che lo coglie ancora, si sveglia all'attrazione di Dio, al desiderio di conoscere Dio.

Il desiderio di conoscere Dio, hai detto un altra volta, in realtà è Cristo.

Il desiderio di Dio è l'unico mezzo (l'annuncio di Dio non è sufficiente) per arrivare a Dio.

Il Pensiero di Dio è l'unico mezzo, per arrivare allo Spirito di Dio che è lo Spirito di Verità, è Pentecoste ed è quello che ci permetterà di vedere la Verità tutta intera, di non perderla. perché fin che non siamo arrivati alla Verità intera, noi siamo sempre in bilico tra l'andare avanti con Cristo e il guardare indietro il nostro mondo, tra il fermarci al segno o superarlo nel Pensiero di Dio.

E' già Spirito di Dio ma non è ancora lo Spirito che noi intendiamo definitivo che ci impedisce cadute e dubbi.

Luigi: Sì, la parola scritta ha come scopo quello di presentarci la presenza di Dio ma non ci salva.

Perché la parola scritta non ci libera dal pensiero del nostro io, noi la parola scritta, possiamo benissimo leggerla con il pensiero del nostro io e fraintenderla.

Quello che ci salva, è la parola ascoltata dalla bocca di Dio, dedotta da Dio.

N.: Io non ho sentito ancora tutta la cassetta di lunedì, ho ascoltato solo l'inizio, però mi è sembrato di cogliere per la prima volta quel concetto del superamento dell'io.

L'io che si sottomette alla legge, non può in nessun modo superarsi, perché è solo, qualunque cosa faccia sarà sempre e solo l'io, non c'è nessun altro con lui, se lui non si trasferisce nell'altro, in Dio, non avrà mai l'occasione di superarsi, non potrà mai da solo superarsi.

Luigi: Quando diciamo legge diciamo anche regola, diciamo anche codice, diciamo istituzione, diciamo famiglia, diciamo società, diciamo convento, diciamo tutto ciò che è diverso da Dio, per cui noi possiamo vivere per altro da Dio.

N.: La legge riassume tutti i segni, noi possiamo fermaci ai segni (ambigui) senza passare al significato, cioè allo Spirito.

Luigi: I segni non ci liberano dal pensiero dell'io.

N.: Proprio perché non ho nessun altro, sarò sempre io, qualunque cosa faccia.

Qualunque cosa mi sogni di fare, anche la più grandiosa, bruciassi anche il mio corpo, sono sempre io che lo faccio, non riesco a trasferirmi nell'Altro.

E' solo trasferendomi nell'Altro che l'Altro mi libera dal pensiero del mio io.

B.: Lei diceva che quello che ci salva è la presenza, nella parola scritta c'è sempre la presenza.

Luigi: C'è l'annuncio della presenza.

La presenza di Dio è in tutto, però non è la parola che esce dalla bocca di Dio.

La natura , la creazione è parola che ci annuncia la presenza di Dio ma non è Dio che parla.

Tant'è vero che nella parola scritta, il tempo è determinato da me, sono io che determino il tempo della lettura o quindi dell'ascolto di quella parola.

Quando invece abbiamo Lui che parla, è Lui che mi determina il tempo dell'ascolto.

E se io non sono disponibile e quindi non sono attento quando Lui parla, io non passo al suo Pensiero.

Come Lui cessa di parlare, io ho perso l'occasione per conoscere il suo Pensiero, non ho ascoltato quella Parola.

B.: Invece nella parola scritta c'è sempre la possibilità di passare al pensiero.

Luigi: No, nella parola scritta c'è la possibilità di passare alla Presenza, quando questa presenza qui parla, allora si passa al pensiero.

Gesù lo dice chiaramente: "L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio", non della parola scritta sulla nostra terra.

Sulla nostra terra, la nostra terra è nostra terra in quanto c'è il pensiero del nostro io, quindi è Dio che scrive nel pensiero del nostro io o nell'espressione del pensiero del nostro io, è Dio che occupa una parte del nostro corpo per dire: "Questo è mio, ci sono Io", ma il fatto di avvertire che sulla mia strada c'è un altro, non è ancora che io sia salvato.

Sulla mia strada a un certo punto incontro magari un altro che mi attraversa la strada, che mi impedisce di fare quello che io vorrei, è un altro che scrive sulla mia terra, quindi si presenta, però non è detto che adesso io mi apra a Lui.

La parola scritta è per salvarmi.

Sulla mia terra, sono io che parlo, questi farisei, stavano parlando loro, avrebbero dovuto presentarsi a Gesù e lasciare parlare Gesù, invece sono loro che parlano, sono loro che tendono a sottomettere Gesù:"Gli tendevano insidie".

Qui sono i farisei i maestri, non è Lui il maestro.

Ecco il capovolgimento.

Mentre avrebbero dovuto presentarsi come discepoli per ascoltare gli argomenti che Gesù presentava loro, mentre sono loro che presentano a Gesù i loro argomenti, sono loro che esaminano Gesù, non è Gesù che esamina loro.

Per questo Lui tace.

Se Lui avesse parlato, a questo punto avrebbe dovuto giudicarli e condannarli.

E scrive però sulla loro terra, per annunciare la sua salvezza.

Il silenzio di Dio è per farci prendere coscienza dell'errore che portiamo in noi.

Dio tace per non giudicare e per dare a noi la possibilità, nel silenzio di sentire rimbombare dentro di noi il nostro errore...può darsi che noi prendiamo consapevolezza del male che portiamo in noi o che abbiamo fatto.

P.: Il passaggio dalla parola scritta alla presenza, non è detto che avvenga.

Luigi: Non è detto che avvenga, la parola scritta è un annuncio.

P.: Perché avvenga?

Luigi: Bisogna che Dio mi faccia attento a Lui.

Se uno mi chiama, non è detto che io segua la voce.

Se uno si annuncia, non è detto che io vada a cercare quel uno.

Dio si annuncia in tutto, tutto è segno di Dio nel mio mondo, è Dio che mi sta toccando in qualche modo.

P.: Quindi può passare inosservato.

Luigi: Non inosservato, perché in quanto mi tocca si fa  osservare, non è detto che adesso io...

P.: Mi metta ad ascoltare.

Luigi: Perché la parola parlata richiede dedizione, è necessario che io taccia.

P.: La parola scritta...

Luigi: Io sto parlando della parola parlata.

La parola parlata richiede dedizione.

Dedizione cosa vuole dire?

Silenzio di tutto di noi.

L'ascolto è già amore, perché quando io ascolto un altro, ascolto l'altro in quanto mi offro ad amarlo.

Uno che è attento a un altro, già è entrato nell'amore.

Lui si annuncia ma può darsi che noi gli rifiutiamo il nostro amore.

L'annuncio, la parola scritta è un invito a entrare nell'amore, se entriamo nell'amore allora ci offriamo all'ascolto di Lui che parla e allora questo ascolto, ci fa conoscere il suo Pensiero.

P.:La parola scritta è a nostra disposizione?

Luigi: Sì.

P.: Quindi è a nostra disposizione sempre?

Luigi: Non è a nostra disposizione la parola parlata.

P.: Pero nella parola scritta è a disposizione nostra il tempo dell'ascolto?

Luigi: No. Il tempo della lettura, non il tempo dell'ascolto.

P.: Non è detto che leggendo io ascolti.

Luigi: Io posso ascoltare me stesso, lei legge il Vangelo e può leggerlo nel pensiero del suo io, può leggerlo per cultura, può leggerlo per recitare.

P.: C'è differenza tra l'attenzione alla parola scritta e alla parola parlata?

Luigi: La differenza sta nella presenza o meno di un essere che parla. Si passa dall'assenza alla presenza.

P.: Però io posso ascoltare solo se ho una presenza, anche la parola scritta, l'ascolto solo se ho una presenza e allora che differenza c'è tra questo ascolto tra la parlata e la scritta?

Luigi: La parola scritta sono io che la leggo.

La parola parlata è Lui che mi parla.

P.: Mi può sorprendere.

Luigi: Lasci stare la sorpresa, è parola che viene da Lui, non sono io che l'attingo, viene da Lui, è parola che discende, che esce dalla sua bocca, dal suo pensiero.

P.: L'ascolto della parola scritta è passaggio obbligato per arrivare alla parola parlata?

Luigi: Certamente.

Noi non possiamo ascoltare la parola parlata se non superiamo il pensiero del nostro io.

P.: Quindi nell'ascolto della parola scritta, c'è ancora il pensiero del nostro io.

Luigi: Ma non è un ascolto, è una lettura.

P.: E quando l'ascolto faccio il passaggio alla parola parlata?

Luigi: L'ascolto presuppone sempre la presenza dell'altro, se non c'è la presenza dell'altro, io non ascolto.

E.: Questi farisei, sono nella condizione di capire che Dio tace per salvarli?

Quando noi capiamo che Dio tace per salvarci?

Luigi: Noi non possiamo capire questo, per capire questo noi dobbiamo avere lo Spirito.

Però c'è una cosa che noi possiamo capire: io sono lasciato solo con il mio specchio, là Dio tace.

Cosa vuole dire che Dio tace? Mi lascia da solo con il mio specchio.

Loro avevano davanti quella donna adultera che era lo specchio dell'adulterio che loro portavano in sé.

La lezione più efficace la troviamo con Tommaso.

Tommaso dice una stupidaggine.

"Se io non vedo e non tocco, io non credo".

E' una stupidaggine perché anche qui vuole sottomettere Dio ai suoi sensi, mentre qui i farisei cercavano di sottomettere Dio alla legge.

"Se io non vedo e non tocco non credo", tende a sottomettere alla sua esperienza la fede.

Invece la fede ci è data non come fine ma per arrivare all'esperienza di Dio.

"Io esperimento e poi dopo credo" è un capovolgimento di termini.

Tommaso ha fatto un errore e il Signore lo lascia macerare  in questo errore per otto giorni.

Otto giorni di silenzio di Dio.

All'ottavo giorno si ripresenta e Tommaso crolla.

Vuol dire che quegli otto giorni sono stati efficaci per fargli capire il suo atto superbo.

Quando noi facciamo i superbi, questa parola superba, questo atto superbo che noi facciamo ci rimorde dentro.

Morde, morde, morde, fintanto che a un certo momento arrossiamo di noi stessi e quello è il momento in cui forse abbiamo la possibilità di aprirci, perché ci vergogniamo di noi.

E.: Come l'anima avverte il silenzio di Dio se Dio parla sempre?

Luigi: Il silenzio di Dio è una parola di Dio, però io dico una bestemmia e Dio non mi fulmina, quello è il silenzio di Dio e a un certo punto, io resto con la mia bestemmia e con il fatto di non essere stato fulminato.

E.: Il silenzio di Dio consiste in una particolare parola?
Luigi: Certo.

Il silenzio è una parola, una parola efficacissima.

E.: E come l'anima avverte questa parola?

Luigi: Io offendo una persona e questa persona qui tace, non mi dice niente e io resto con la parola che ho detto, io vorrei che quella persona reagisse.

Se quella persona non reagisce, io resto solo con il mio peccato ed è questo che mi brucia.

Noi restiamo bruciati dalle nostre parole.

Se Dio non ci libera, noi restiamo bruciati dalle parole che abbiamo detto non secondo Dio.

Quelle ci bruciano, ci distruggono.

Le tue parole ti giustificheranno, le tue parole ti condanneranno.

E.: Il silenzio è avvertito dall'anima come un assenza.

Luigi: Certo.

Come Dio che non interviene.

E.: E questo lo fa sempre attraverso la parola scritta.

Luigi: Sì, la parola scritta è un annuncio ma non mi salva.

E' una cosa su cui dobbiamo riflettere, perché è molto importante il fatto che la parola scritta non ci salva.

Quello che ci salva è la parola parlata.

E.: Quello che ci salva è la persona.

Luigi: E' la presenza di quella persona che parla con me.

Perché soltanto in quanto parla, offre a me la possibilità di un passaggio dal mio mondo al suo mondo, ora se il mio mondo è finito e il suo mondo è infinito, io qui ho il passaggio dal finito all'infinito, cioè, ho il passaggio dal mio pensiero al Pensiero di Dio.

Noi da soli, come diceva lui, per quanti salti mortali noi facciamo, non possiamo superare il nostro finito, solo se l'altro che è infinito, parla con me, offre a me la possibilità di passare al suo infinito.

Una persona che parla con me, è una grazia immensa, noi non ce ne rendiamo conto ma una persona che parla con noi, è una grazia immensa, perché offre a noi la possibilità di dimenticare noi e di entrare nel mondo dell'altro.

E.: Ma quindi noi non siamo salvati dal suo silenzio, poiché il silenzio di Dio è una parola scritta, che funzione ha la parola scritta?

Luigi: La parola scritta è il nostro rapporto con il corpo di Dio, ad esempio con un segno di Dio fatto nella nostra terra, cioè nel mio mondo.

E' Dio che nel mio mondo ha messo una traccia di Sé.

Cioè è Dio che mi attraversa la strada ad esempio.

E.: Per cui io l'avverto come presenza.

Luigi: Ho la possibilità, per cui io non potrò ignorarlo. Non posso ignorarlo.

E.: Da questa parola sarò giudicato.

Luigi: Da questa parola sarò giudicato, non sarò salvato ma sarò giudicato.

Se invece passo da questa parola alla presenza di Dio e ascolto la Parola di Dio, allora resto salvato dalla parola.

P.: Allora è solo se io scopro che c'è il Pensiero di Dio dentro di me, è solo questo che mi dà la possibilità di ascoltare?

Luigi: Sì, è soltanto la presenza di Dio nel verbo stesso di Dio.

Altrimenti è tutta parola scritta.

La parola scritta vale, non è che non sia valida.

P.: La parola scritta è mezzo per scoprire il Pensiero di Dio?

Luigi: Sì, perché mi annuncia la presenza, se adesso mi interesso di questa presenza, giungendo a scoprire questa presenza, adesso ho la possibilità di ascoltare quello di cui mi parla questa presenza, è una cosa diversa.

P.: E' il dialogo tra il Pensiero di Dio in me e il Padre.

Luigi: No, è Lui che parla con me.

Certamente parla del Padre, è logico ma parla con me.

Colui che parla, è anche lo stesso che m'illumina le cose che parla che me le fa capire, per cui se a me manca la presenza dell'Altro, io ricevo le parole ma non ho la possibilità di intenderle nel suo Pensiero, perché mi manca la presenza, allora quella diventa una parola scritta.

Per cui, Dio che parla, è anche Dio che spiega a noi le sue parole.

Tra il Dio che parla e il Dio che spiega, ecco la presenza.

Cioè, il maestro che parla, richiede l'attenzione alla sua presenza, affinché l'allievo possa capire il significato di quello che Lui dice.

C.: Quindi la parola scritta è un annuncio.

Luigi: Ci annuncia la presenza di Dio.

C.: Se rimane scritta?

Luigi: Se rimane soltanto scritta, su quella parola scritta, noi vediamo ancora il pensiero del nostro io.

Nella parola scritta c'è il pensiero del nostro io.

Infatti il tempo della lettura è determinato da me, quindi sono io che leggo, sono io che intendo, fraintendo ma credo d'intendere.

Per cui posso anche leggere il Vangelo e intenderlo come norma di vita mia nel mondo, sono sempre io, non mi libero dal pensiero del mio io.

C.: La parola scritta è un aiuto.

Luigi: E' un aiuto per giungere alla presenza di Dio.

Se giungo alla presenza di Dio e se Dio parla....

Bisogna che Lui parli, è la sua Parola che mi libera, Dio non è una statua, posso anche intendere Dio come una presenza statuaria.

Chi mi libera è Lui che parla con me, quindi che assorbe il mio mondo nel suo mondo, il mio rumore (il mio io è rumore) nel suo silenzio.

N.: Il Vangelo può essere parola scritta o parola parlata, però se noi non ci rifacciamo sempre al Principio, cioè al Dio Creatore, noi non abbiamo la possibilità di arrivare al Vangelo-parola parlata.

Bisogna sempre riconquistare quella sapienza iniziale, sempre ritornare al Dio Creatore.

Dio Creatore- desiderio di conoscerlo- mezzo giusto per arrivare al Vangelo, per arrivare al Cristo.

Luigi: I segni s'illuminano soltanto nel Principio e il Principio è il Padre, in quanto derivano, discendono dal Padre.

N.: Bisogna sempre recuperare quel Principio.

Luigi: In modo da ascoltarlo da quel Principio.

N.: Altrimenti noi ci avviciniamo al vangelo in modo sbagliato.

Luigi: Fraintendiamo e lo prendiamo come regola di vita, come regola sociale, istituzione, come tante cose.

N.: Quindi è sempre l'attrazione del Padre iniziale.

Luigi: A fondamento ci deve essere sempre Dio Creatore di tutte le cose, se io mi ritengo il Creatore di tutte le cose, allora sono io che scrivo ed è finita, intendo tutte le cose come parole di uomini.

Però se io la parola scritta la ricevo da Dio, cioè scritta da un altro mi dedico all'altro.

Abbiamo visto che ci sono due giustizie, c'è una giustizia che ci illude di essere giusti: "Signore io ti ringrazio perché pago le imposte, perché faccio digiuno, perché sono giusto".

Questa è la giustizia che ci inganna: "Signore io ti ringrazio perché sono nato italiano, sono nella chiesa cattolica e sono salvo", è una giustizia che ci inganna.

C'è invece l'altra giustizia che ci porta a cercare il Pensiero di Dio.

U.: Perché Dio scrive sulla polvere?

Luigi: La nostra terra è polvere e anche noi siamo polvere.

Questo scrivere di Dio in terra è scrivere nel mondo del nostro io.

E' Dio che entra nel mondo del nostro io.

Per cui, attraverso qualche segno di Sé, ci fa capire che Lui c'è e questa è scrittura nel mio mondo, nella mia terra, nella mia polvere.

Lei stessa mi diceva la sua esperienza, è Dio che ha scritto nella sua polvere ma perché ha scritto?

Ha scritto per dirle: "Io ci sono".

Però adesso che le ha detto: "Ci sono", lei può vedere che Lui c'è e continuare per il suo mondo, oppure può incominciare a interessarsi di Lui perché c'è.

U.: E quando è che Dio fa silenzio?

Luigi: Fa silenzio quando io non faccio quello che vuole Lui.

Quando io vado avanti per la mia strada, Lui mi lascia seguire quelli che sono gli interessi del mio cuore, Lui tace, come se non ci fosse.

Cioè. io dico che domani andrò al tale posto e domani vado nel tal posto, oppure io dico che quello che conta è il denaro, oppure quello che conta è la salute o gli uomini e la politica che fanno tutto e Dio tace, non mi dice più niente.

Tant'è vero che noi siamo nel dubbio se Dio esista o non esista: dico una bestemmia e Dio non mi fulmina, come mai?

E' come se trovo una persona per la strada e la offendo e lui non reagisce.

Quello è l'unico modo per farmi capire l'errore che porto in me.

T.: E il passaggio dalla parola scritta alla parola parlata?

Luigi: Abbiamo detto che nella parola scritta, il tempo della lettura dipende dal nostro io.

Nella parola parlata, il tempo invece è determinato da chi parla, cioè, è l'altro che parla con me, che determina a me, il tempo dell'ascolto.

Quando l'altro parla, in quanto lui parla, mi può comunicare un pensiero, però se io non sono disponibile, sono occupato in altro, quando smette di parlare, io non ho approfittato dell'occasione per capire quello che lui mi voleva comunicare. L'occasione è perduta.

Ecco, qui abbiamo Lui che parla.

Il tempo è determinato da Lui, non è determinato da me.

Nella parola scritta il tempo è determinato da me ma proprio perché è determinato da me, non mi salva.

La parola scritta è utile, serve, però non mi salva.

U.: Però è determinante...

Luigi: E' determinante in questo senso che io lo perdo.

U.: Ma se io riesco a interpretare un segno?

Luigi: Non è lei che interpreta dei segni, se è il mio io che interpreta i segni, fraintendo. Bisogna sempre interpretarli alla luce di Dio.

Dio è presente, naturalmente per potere ascoltare la parola dalla sua bocca, debbo già essere stato condotto a scoprire la sua presenza.

E' quindi la parola che viene e deriva dalla sua presenza, cioè se io devo raccogliere nel Principio, viene dal Principio, da Dio Creatore.

Quindi questo segno, questo fatto, questa realtà, questa creatura, perché Dio l'ha voluta così?

Perché Dio mi presenta questo avvenimento?

Perché questa norma, questa regola?

Bisogna cercare il Pensiero di Dio.

La parola parlata mi conduce a scoprire il Pensiero di Dio nelle cose.

Dio, parlando con me, conduce me a scoprire il suo Pensiero che è poi il Pensiero del Padre e del Figlio.

Come una persona che parli con me, dà a me la possibilità, io posso essere distratto, è l'invito a cena: "Venite alla cena che tutto è pronto".

"Ma io ho i buoi, i campi, la moglie, gli affari non posso venire, abbimi per giustificato... non parteciperanno alla cena".

Quindi Dio che parla, è questo Dio che mi offre l'occasione di passare al suo Pensiero, io però posso non amare, non essere attento a Lui perché ho altri amori.

L'entrata nel Regno di Dio, avviene sempre in quanto uno fa conto su Dio, per cui magari arriva il momento in cui siamo disponibili per ascoltare Dio e Lui non parla, perché si sottometterebbe al pensiero del mio io.

Quindi il suo silenzio è proprio una grazia, una misericordia di Dio per farmi capire che io sono su una strada sbagliata.

Fintanto che cerco di sottomettere tutto a me, se Lui si lasciasse sottomettere a me, impedirebbe a me di arrivare a Dio.

O.: La parola parlata richiede ascolto.

Luigi: L'ascolto è amore.

Dio è amore in tutto, anche nella parola scritta, in tutte le cose e tutto lo fa per salvarci, il difetto è nostro.

O.: Il passaggio dalla parola scritta alla parola parlata non è questione di tempo.

Luigi: Certo, non è problema di tempo.

N.: Questo presuppone quello che diceva ieri a proposito del buon ladrone.

Chissà quanta macerazione interiore prima di arrivare a quel punto lì.

C'è tutto un processo che deve essere rispettato dentro di noi, se no, il Vangelo, rimane parola scritta, non diventa obbligatoriamente parola parlata.

Per diventare parola parlata bisogna che io veda la parola scritta nella creazione, che mi apra al pensiero di un Dio Creatore che deve aver avuto una intenzione in tutto quello che ha fatto, allora la giustizia essenziale, allora il desiderio di capire il pensiero di questo Dio Creatore, allora la chiave per arrivare a capire questo col Cristo che io porto dentro di me, con  il Pensiero di Dio che io porto dentro di me, perché è sempre il Pensiero di Dio dentro di me che mi fa capire questa come parola parlata, se no per me non diventa parola parlata.

E' la parola dentro che me la fa diventare parlata.

Cioè, è quella sintonia tra il mio desiderio di conoscere Dio e questa rispondenza esterna che trova una risonanza interna, se non non succede niente, non scatta niente.

...Luigi: Cristo che muore in croce (parola scritta) rivela la colpa che è in me, se lo ricevo da Dio, scoprendo la colpa che è in me, ho la possibilità, adesso di entrare in rapporto con Dio e qui entriamo nella parola parlata.

La lettura può essere fraintesa e può anche essere invece intesa.

Se io ritengo di non avere nulla a che fare con la morte di Cristo duemila anni fa, io fraintendo, non leggo bene, perché leggo nel pensiero del mio io: "Io sono nato duemila anni dopo e non ho niente a che fare con quella morte", quindi mi metto fuori e non ricevo su di me la lezione di Dio.

Perché nel pensiero dell'io non la ricevo, perché nel pensiero dell'io sono nato duemila anni dopo.

P.: Cioè non ascolto, leggo semplicemente.

Luigi: Non leggo niente! Fraintendo. Non ascolto!

L'ascolto avviene solo in quanto muoio a me stesso, quindi in quanto passo attraverso la morte del Cristo.

Se non passo attraverso la morte del Cristo, io non arrivo ad ascoltare la Parola.

P.: Quindi quando passo attraverso la morte del mio io ascolto la parola scritta.

Luigi: No, perché la parola scritta è sempre parola scritta, la parola parlata non si offre alla lettura.

La parola scritta è una parola che si offre alla lettura, cioè alla lettura del mio io che determina il tempo.

Ora, in quanto determino il tempo, posso fraintendere e posso anche intendere.

Perché la parola scritta mi è scritta, perché io intenda la presenza di Dio, che Dio è presente, che Dio è il Creatore.

Sempre attraverso la parola scritta, sia chiaro.

Perché la legge non ci è stata data perché la fraintendiamo, la legge di per sé è cosa buona.

La legge però è scritta, scritta su pietra però è scritta.

Quindi essendo parola scritta si offre al mio tempo (quando io ho tempo, quando io voglio) per essere letta.

P.: E lì è necessario il superamento del mio io?

Luigi: No, per intenderla, siccome è scritta nel mio io, per intenderla bisogna sempre tenere presente il rapporto con Dio Creatore.

E' Dio Creatore che parla nel mio mondo.

Quindi è sempre parola scritta.

P.: Quindi è sempre nel pensiero dell'io.

Quindi può essere intesa bene o male.

Luigi: Può essere intesa bene con il Pensiero di Dio.

Ma fintanto che non arrivo alla presenza di Dio, cioè a questa parola che esce dalla bocca di Dio che è un termine più approfondito...

La parola parlata è una cosa molto diversa dalla parola scritta.

P.: Non è che la parola scritta diventa parlata, è che viene superata.

Luigi: Siamo su un altro mondo.

Siamo su due piani completamente diversi.

Abbiamo detto che abbiamo la terra e il cielo.

La parola parlata è nel cielo di Dio.

La parola scritta è sulla nostra terra.

E.: Ho capito bene? La parola scritta è possibile intenderla nel pensiero dell'io con il Pensiero di Dio?

Luigi: Sì.

E.: E come è possibile questo?

Questi farisei erano nel pensiero dell'io e hanno ridotto la parola di Dio nel pensiero dell'io.

Luigi: Non nel pensiero dell'io ma è con il pensiero dell'io che noi capiamo, perché è Dio che parla nel pensiero del mio io, che scrive nel mio mondo, per cui io seguendo una mia intenzione, una mia volontà, a un certo momento mi vedo attraversato da una volontà diversa, è un conflitto di volontà.

E' il mio io che si vede limitato da-.

E chi è che ti limita?

C'è un altro che mi sta limitando.

Io voglio raccogliere denaro all'infinito, e a un certo momento Dio mi butta tutto in aria, c'è un altra volontà che si oppone alla mia.

Questo conflitto di volontà tra la volontà di Dio e la volontà del mio io mi annuncia che c'è un altro che opera nella mia vita, c'è un altro che si presenta, se adesso mi rendo attento a quell'altro, ho la chiave per la parola scritta.

E.: Quando dici: parola parlata, siamo già fuori del campo dei segni? Siamo già nel rapporto personale con Dio?

Luigi: La tua adesso, è parola parlata.

Tu mi stai parlando, usi dei segni parlandomi, mi stai parlando con la tua presenza.

Io posso essere distratto, posso anche non seguire il tuo pensiero e non arrivo a capire il tuo pensiero.

Posso essere attento a te, a te presente che mi stai parlando, se sono attento a te, in questa attenzione c'è amore per l'altro, perché mi debbo dimenticare di me, se io sto pensando a me stesso, al mio mondo, non posso seguire il tuo pensiero e non arriverò certamente al tuo pensiero, tu mi parli ma io sono in un altro mondo.

Qui abbiamo la parola parlata.

La parola parlata che richiede la presenza dell'altro, perché è la presenza dell'altro che mi fa la parola parlata.

E se adesso io mi offro a Lui, Lui mi fa entrare.

Cioè, in questa parola parlata, è Dio che assorbe la mia terra nel suo cielo, trasforma la mia terra in cielo, nel suo cielo.

Cioè, tu in termini poveri, assorbi il mio mondo, la mia situazione, direi la mia non intelligenza del tuo pensiero e mi porti nel tuo pensiero, con la tua presenza, mi stai trasferendo nel tuo pensiero.

Per cui a un certo momento dico: "Ho capito, ho capito il tuo pensiero".

E.: poco fa però hai detto che Cristo fa parte della parola scritta, io immaginavo Cristo come parola di Dio incarnata che parla a noi, pensavo che la parola parlata fosse la parola che il Figlio di Dio ha dato a noi e invece tu dici che quella è parola scritta.

In che rapporto sono Cristo e la parola parlata di Dio, là dove Cristo va inteso come parola scritta.

Luigi: E' il Verbo, cioè il Verbo di Dio e qui abbiamo la parola parlata di Dio...

N.: Scusa, la parola parlata è sempre una parola ascoltata dentro di noi, consapevolmente, cioè sapendo che è Dio che parla in quella parola.

E' sempre una cosa interiore, non può mai essere esterna.

E.: Ma esige il superamento del segno?

N.: Ogni segno va sempre riportato in Dio, si capisce, più che mai il segno Cristo, il segno esteriore Cristo va riportato nel Verbo che hai dentro di te.

Deve scattare quella rispondenza, tra la parola esterna e quello che ascolti dentro.

E.: Ma la parola esterna è la parola scritta.

N.: E questa è parola scritta duemila anni fa, noi la possiamo leggere o la possiamo buttare via, la possiamo leggere nel pensiero del nostro io o la possiamo leggere nel pensiero di Dio.

Per leggerla nel Pensiero di Dio, io devo ascoltare Dio dentro di me, altrimenti non la capisco per niente.

Tu vedi le centinaia di interpretazioni diverse del Vangelo che si fanno in giro.

E.: Ma questa parola che tu rapporti al Maestro interiore che rapporto ha, a sua volta con la parola parlata?

N.: E' la parola parlata che ti dice: "Guarda che quella parola esterna (parabola) prendila su di te, vedila nel mio Pensiero, nell'adultera, vedi il tuo adulterio, eccetera".

Tu devi passare in tutto dalla materia allo Spirito, Lui scrive sulla nostra terra ma scrive cose di Dio, se non abbiamo il Pensiero di Dio in noi, non le potremo mai capire.

Luigi: Quando Dio mi fa arrivare la sua parola, io devo essere disponibile: "Io sono uno che bussa alla porta, se qualcuno mi apre, io entrerò e cenerò con Lui".

"Se qualcuno mi apre".

Cioè, Dio è uno che parla, però noi possiamo essere disponibili o non essere disponibili.

G.: Quindi dobbiamo essere sempre attenti a Lui che parla.

Luigi: Certo, se invece ritengo di essere io a determinare il tempo, rimango nella parola scritta e non arrivo alla parola parlata, mi chiudo nel mio mondo, non passo dalla mia terra, dalla mia polvere al cielo di Dio.

Il cielo di Dio è determinato da Dio che parla con me, il Dio che parla con me è il Dio che mi pensa, è il Dio che mi ama e allora uno si sente pensato e conosciuto.

Invece quando non arriviamo qui, noi ci sentiamo sempre soli, anche quando leggiamo la Parola di Dio, perché sono io che leggo, sono io che cerco di capire, sono io che mi rendo disponibile, sono sempre io.



Dicevano ciò tendendogli insidie per avere di che accusarlo. Ora Gesù, essendosi chinato, scriveva col dito in terra.

Gv 8 Vs 6 Secondo tema.


Titolo: La chiave di lettura.


Argomenti: Parola scritta e parola parlata.  Per restare alla presenza di chi parla, bisogna intendere le sue parole.  Incapacità di ascolto. La parola scritta è relativa al nostro io. Gli "ometti". Il problema dell'uomo è la chiave di lettura. Ci troviamo nella Parola parlata, quando tutto di noi fa silenzio. Gli argomenti di Dio sono rivelazione di ciò che Dio è. La legge di Mosè. Desiderare la Presenza di Dio è appartenere a Cristo.


 

4/Marzo/1984  Fossano


Questi scribi e farisei che avevano colto quella donna in flagrante adulterio chiedono a Gesù che cosa dica Lui, circa la condanna che Mosè aveva espresso per tali donne.

E qui il Vangelo ci dice che essi dicevano questo per avere di che accusarlo ma, Gesù chinato scriveva con il dito in terra.

Questo scrivere in terra di Gesù ci apre agli argomenti della parola scritta e quindi anche della parola parlata.

C'è cioè una parola che è con voce e c'è una parola che è senza voce.

La parola è un segno e la parola scritta è un segno lasciato da uno che è passato, che non è più presente.

La parola parlata è la parola che esce dalla bocca con la voce, quindi è un segno lasciato da uno che è presente.

Tutta la differenza sta lì.

Noi però non possiamo restare presenti a Colui che è presente e che parla con noi, se non intendiamo le sue Parole mentre Lui ce le dice.

E per intenderle è necessario contemplare le sue Parole in quella sorgente in cui Lui le contempla, perché altrimenti non le intendiamo e se non le intendiamo, non possiamo restare alla sua Presenza.

Accade così che Dio si rende assente a noi.

Ogni parola che giunge a noi, quando non è capita è portata via.

Da che cosa è causato questo?

Abbiamo visto la volta scorsa che noi siamo condizionati dalle parole che diciamo o meglio dalle parole che il nostro io dice, poiché la creatura è fatta essenzialmente per l'ascolto, non è fatta per parlare, Dio è Colui che parla,Dio è il Verbo che parla in tutto, in principio era il Verbo.

Noi siamo creature fatte per accogliere il Verbo di Dio e attraverso il Verbo di Dio, giungere alla conoscenza di Dio.

Se invece parliamo noi, le parole che noi abbiamo detto fanno rumore dentro di noi, ci disturbano nell'ascolto, ci impoveriscono e a un certo momento ci rendono addirittura incapaci di ascoltare.

Sono le nostre parole che ci rendono incapaci di ascoltare.

E quando uno è incapace di ascoltare, non può restare alla presenza di Colui che parla.

Incapacità di ascoltare è incapacità di amare.

Quando uno è incapace di amare, a lui non si può fare altro che dargli da leggere.

Nasce così la parola scritta che è il segno lasciato da Colui che è passato, da Colui che non è più presente.

Non possiamo restare alla presenza di Colui che parla, se non intendiamo le Parole che lui dice.

Quindi la condizione per poter restare alla Presenza di Colui che parla, è sempre quella di capire le Parole che Lui dice e per capire le Parole bisogna attingere alla stessa Fonte, alla stessa Sorgente le cose che Lui dice, bisogna contemplarle nel suo Principio, in caso diverso perdiamo la presenza.

Restiamo distratti dalle parole che noi stessi abbiamo detto o che diciamo, sono le parole del nostro io che ci distraggono dall'ascolto o ci impediscono l'ascolto.

Quando la creatura diventa incapace di ascolto, quindi incapace di amare, ad essa non si può fare altro che dare da leggere.

Quindi la parola scritta, è sempre relativa al nostro io, perché è data a noi, nell'assenza di colui che parla a noi.

Tutta la creazione e tutto l'universo, essendo segno di Dio è Parola di Dio ma, nell'universo noi non vediamo la Presenza di Dio, per questo diciamo che tutto l'universo è Parola scritta di Dio, è scrittura.

È scrittura per noi, è scrittura fatta nel pensiero del nostro io.

Resta il problema di come fare per leggere.

Come fare per leggere la parola scritta?

Quale è la chiave per leggere ciò che è scritto ed intenderlo. È il tema di questa sera.

La parola è segno ed in quanto è segno contiene, porta un significato e questo significato è rivolto a noi, è per noi, per il nostro io.

C'è una grande differenza che vedremo poi alla fine tra la parola scritta e la parola parlata.

Quello che dice a noi la parola scritta, è immensamente lontano da quello che dice a noi la parola parlata.

La parola parlata ci rivela qualche cosa di immensamente superiore da quello che è la parola scritta, perché la parola scritta è relativa al nostro io.

Ma come fare per potere intendere, per potere leggere, per potere capire il significato di quello che è scritto, di quello che Dio ci presenta in tutta la creazione e in tutto l'universo?

Cioè come fare per intendere i segni di Dio?

Nel pensiero del nostro io succede un fatto strano ed è che il mondo davanti a noi assume due aspetti: ci sono le cose che possiamo dire essere cose, realtà, cioè cose che non sono segni e ci sono invece delle cose che sono segni.

Ci sono delle cose che non portano alcun significato come può essere un mucchio di pietre, presso Dio sia chiaro che tutto è carico di significato ma, nel pensiero del nostro io ci sono cose che sono solo cose, sono cioè la realtà in cui ci troviamo e ci sono cose che invece sono cariche di pensiero, cariche di una intenzione.

Chi va in montagna sa, che giunti a un certo livello, dove non ci sono più sentieri, intorno ai 2500 metri, ci sono delle pietre che contengono dei segni ma, pietre che contengono dei segni non in quanto ci sia sopra una scritta ma, in quanto sono disposte in un certo modo.

Li chiamano "ometti" e servono per indicare la strada giusta, il sentiero, il cammino da fare dove non ci sono più né sentieri, né strade.

Chi li nota, nota soltanto un mucchio di pietre ma, un mucchio di pietre  disposto con intelligenza a forma di piramide.

Ci sono tante pietre, tutta la montagna è piena di pietre, se c'è una cosa che non manca in montagna sono le pietre.

Però tutte le pietre non hanno un significato ma, queste pietre disposte in un determinato modo, sono cariche di significato.

E come si intende il loro significato?

Chi si trova di fronte a queste pietre si trova con un suo problema, con un argomento suo, l'argomento e il problema è sapere quale è la direzione buona verso cui andare e allora guardandosi attorno nota questo segnale, questo segnale che porta un significato, una intenzione, fatto da un essere intelligente, non sono più pietre messe a "caso", sono pietre disposte con una intenzione e allora indicano il sentiero da percorrere.

Quale è stata la chiave di lettura per intendere?

La chiave di lettura è stato il problema che l'uomo portava dentro di sé.

Cioè l'uomo viene a trovarsi senza più tracce di sentiero, non sa più dove andare.

Ecco, quando noi perdiamo la Presenza di Dio, arriva un momento che non sappiamo più dove andare, non sappiamo più quale sia il significato della nostra vita, né quale sia il significato di tutte le cose attorno a noi e allora se ci guardiamo attorno, se troviamo qualche cosa in cui ci sia un pensiero, quel pensiero lì, porta una risposta al nostro problema.

La chiave di lettura sta qui, in quanto troviamo attorno a noi, la risposta al nostro problema.

Bisogna che ci sia un problema e bisogna che ci sia un segno con una intenzione che risponda al problema che portiamo dentro di noi, allora abbiamo capito.

Colui che guardando quell'ometto di pietra, ha ricevuto la segnalazione, si è trovato in accordo, in armonia con colui che ha fatto quell'ometto di pietra e lo ringrazia, perché gli ha risolto un problema.

Chi non sa più dove andare, ha bisogno di segnali e segnali scritti, non c'è lì l'uomo che gli parla, c'è un segnale, una scritta, l'"ometto" è una parola scritta.

Tutto l'universo è parola scritta di Dio per noi che abbiamo perso il sentiero e che non sappiamo più per che cosa vivere.

La parola scritta è per il pensiero del nostro io ma, il pensiero del nostro io è fatto di un problema, è fatto di un dubbio e bisogna che questo problema qui lo abbia molto presente, perché soltanto così si ha la chiave di lettura.

Se io andassi in montagna a cercare cristalli o a cercare stelle alpine e guardassi questi ometti di pietra per avere l'indicazione di dove si trovano le stelle alpine, certamente sbaglierei perché quelle indicazioni non rispondono al mio problema, quello non è fatto per indicare il luogo in cui ci sono le stelle alpine ma, è fatto per indicarmi il sentiero che conduce alla vetta.

Con Dio è lo stesso, tutto dipende da quella intenzione che portiamo dentro di noi come problema essenziale.

Cioè, in quanto abbiamo perso la Presenza di Dio, noi abbiamo perso il senso della vita, abbiamo perso il sentiero, però dobbiamo portare in noi questo problema, dove è il sentiero?

Soltanto portando in noi questo problema abbiamo la possibilità di avere la chiave di lettura dei segni che Dio ci manda, poiché Dio scrive sulla nostra terra e scrive sulla nostra terra la risposta al nostro problema.

Ma se noi, anziché portare in noi questo problema che deriva dall'assenza di Dio, noi portiamo un altro problema, i segni che noi vediamo attorno a noi ci deludono, non rispondono a quella che è la nostra attesa, ci convogliano verso luoghi dove noi non troviamo le stelle alpine che noi cerchiamo.

Ecco, abbiamo visto già la volta scorsa che la parola scritta di Dio è per convogliarci alla Presenza di Dio che noi abbiamo smarrito, che noi abbiamo perduto.

Tutta la creazione, parola scritta di Dio, ci convoca alla Presenza di Dio, perché soltanto convocati alla Presenza di Dio, noi avremo la possibilità di ascoltare Parole di Dio.

La parola parlata è quella che ci salva, la parola scritta non ci salva.

La parola scritta ci indica il sentiero per arrivare alla vetta, ci indica il sentiero per arrivare alla presenza di Colui che ha da dire a noi una parola che nessun segno nella creazione può dirci, poiché la parola che esce dalla bocca di Dio non è più un segno.

Tutta la creazione serve e tutte le cose che dicono i servi non possono minimamente sfiorare la Parola che ha da dire a noi Dio.

San Giovanni della croce a un certo punto rivolgendosi a Dio dice: "Cessa di mandarmi dei servi che non mi possono dire ciò di cui ha bisogno la mia anima".

Forse che i servi sono negativi? No, tutto è positivo: la legge è positiva ha il valore di condurci a Colui che ha da dirci una parola che nessun altro può dire.

Qui possiamo capire quando ci troviamo con la parola scritta e quando è che ci troviamo con la parola parlata.

Fintanto che noi ci rivolgiamo a Dio, interroghiamo Dio ma, con nostri argomenti e quindi siamo noi a parlare, c'è il nostro io che parla (si ha la Presenza di Dio quando si ascolta, non quando si parla), fintanto che siamo noi a parlare, noi siamo nella parola scritta.

Ci troviamo invece nella parola parlata dalla bocca di Dio, quando tutto in noi fa silenzio per ascoltare non più gli argomenti nostri o i problemi nostri ma per ascoltare l'argomento o gli argomenti che Dio vuole comunicare noi.

Fintanto che noi abbiamo dei problemi nostri o argomenti nostri, c'è il nostro io che parla e anche se chiediamo luce a Dio, noi ci troviamo nella parola scritta di Dio, la quale parola scritta non può salvarci poiché è come la legge. Però ci convoglia alla Presenza di Dio.

Soltanto se in noi facciamo silenzio di tutto, alla Presenza di Dio, allora siamo fatti capaci di ascoltare gli argomenti di Dio. Quando siamo disponibili per ascoltare gli argomenti di Dio, qui ci troviamo nella parola parlata di Dio.

Gli argomenti di Dio sono rivelazione di ciò che Dio è.

Possiamo allora intuire cosa significa Gesù quando dice: "Mosè ha scritto di Me", troviamo sempre stano il fatto che Mosè, dando una legge abbia scritto di Cristo.

Mosè è parola scritta, rientra quindi tra le parole scritte di Dio per noi, parole che ci convogliano a Lui.

Tutta la legge di Mosè dipende dal primo comandamento: "Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso".

Amare vuole dire cercare la presenza.

Tutta la creazione, tutto l'universo dice a noi: "Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso", ossia ci dice di cercare la Presenza di Dio.

Tutta la creazione ci convoglia alla Presenza di Dio, ci fa pensare Dio.

La legge di Mosè che è una sintesi di tutto quello che si dice nella creazione, dice a noi: "Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente,  con tutte le tue forze, con tutto te stesso", ci fa pensare Dio.

Ora, desiderare la Presenza di Dio, pensare Dio è appartenere a Cristo, perché Cristo è il Pensiero di Dio tra noi.

Per questo giustamente, Gesù ha detto che Mosè ha scritto di Lui.

Se noi intendiamo veramente l'anima, il significato della legge, noi capiamo quanto Mosè abbia scritto del Cristo.

Mosè ci convoglia a Cristo e Cristo ci convoglia al Padre, perché soltanto dal Padre, noi potremo ricevere quella parola che rivela a noi il Padre ed il Figlio, rivela cioè ciò che Dio è.


M.: Mi sembra che il punto centrale sia l'amore nostro, unicamente per Dio, noi non siamo capaci di restare perché non amiamo.

Luigi: Perché non intendiamo le parole che Dio dice a noi.

In quanto non intendiamo perdiamo la presenza.

Possiamo restare alla presenza di uno, solo in quanto capiamo quello che quell'uno ci dice, altrimenti noi andiamo a passeggio, anche se quell'uno ci sta parlando. Noi con la nostra mente andiamo a passeggio, perché non capiamo.

Allora lavoriamo di fantasia, andiamo in giro e non possiamo restare.

Non possiamo restare alla presenza di uno se non capiamo le parole che ci dice, solo che per capire le parole di uno, dobbiamo contemplarle nella stessa sorgente in cui lui le contempla.

E' lì tutta la nostra difficoltà a restare con il padre e con il Figlio.

Il non ascoltare poi è il non amare e quando uno non è capace di amare, a quell'uno si può soltanto dare da leggere.

M.: Se non ama non sa ascoltare e quindi è impossibilitato a stare alla presenza di quell'uno che parla.

C'è un passaggio obbligato dalla parola scritta alla parola parlata.

Un segno, quindi la parola scritta, intesa nel Pensiero di Dio, presuppone che io ascolti la parola parlata di Dio, che io quindi entri alla presenza di Dio e ascolti da Lui questo o è soltanto una luce maggiore che mi porta verso la presenza.

Non so se mi sono spiegato, se è già la presenza, oppure se è soltanto...

Luigi: Teniamo presente che Dio è sempre presente in tutto.

Dio parla con noi in tutto, siamo noi che siamo incapaci a restare a questa presenza e allora Lui scrive per terra, perché se parlasse ci giudicherebbe,  infatti nel momento in cui Lui ha parlato qui li ha giudicati.

Se Lui parlasse ci giudicherebbe, perché noi non dobbiamo parlare.

Questi giudei stanno chiedendo un giudizio e si stanno condannando.

Perché in quella donna, colta in flagrante adulterio, erano essi stessi, era specchio per loro.

Chiedendo un giudizio su quella donna, chiedevano un giudizio su sé.

Gesù non parla per non condannarli.

Scrive per terra, può darsi, non è detto che la parola scritta faccia vedere il cammino che devono fare, cioè questo superamento di se stessi, questo entrare in silenzio per mettersi ad ascoltare Dio.

Loro erano arrivati a Gesù parlando, non ascoltando.

Non sono arrivati per ascoltare gli argomenti di Gesù, sono arrivati per imporre a Gesù un loro argomento.

E.: Il segno inteso nella presenza di Dio, può essere la parola parlata?

Luigi: Quel segno ci annuncia la presenza ma va intelletto, cioè bisogna sapere leggere.

Per sapere leggere, bisogna vedere quel segno come risposta al problema che porto in me per l'assenza.

M.: Però presuppone un ascolto, presuppone già che io mi ponga disponibile per ascoltare una parola parlata.

Io mi devo porre in ascolto, devo avere dentro di me quel problema, quindi il segno viene illuminato, viene intelletto nel Pensiero di Dio, però presuppone che io mi ponga in ascolto.

Luigi: No, il punto di partenza è sempre Dio che è il Creatore di tutte le cose.

Dio Creatore di tutte le cose, però non lo abbiamo presente, perché noi possiamo arrivare alla presenza di Dio e restare alla presenza di Dio soltanto in questo vuoto di tutto di noi, quindi anche di tutti i nostri problemi, non avere più nessun nostro argomento, per essere disponibili per ascoltare i suoi argomenti.

Perché sono i suoi argomenti che mi mantengono alla sua presenza.

Sono i suoi argomenti che mi rivelano, che mi fanno conoscere ciò che egli è, i miei no.

Però se io ho presenti i miei argomenti, io posso soltanto leggere la parola scritta, se leggo la parola scritta in questa intenzione, questa mi convoglia alla presenza ma mi convoglia alla presenza in quanto mi invita al silenzio totale: non parlare più, nemmeno dei tuoi problemi, presentati così, per ricevere i suoi problemi.

Quindi noi partiamo da una situazione in cui abbiamo tanti problemi, per giungere a questa situazione in cui ascoltiamo i problemi di Dio.

Metti a tacere tutto di te, per essere disponibile ad ascoltare ciò che Lui ha da dirti.

Lui ha da dirti qualcosa di molto superiore ai tuoi problemi.

Per questo non preoccuparti di togliere la zizzania, questi sono problemi tuoi, apriti all'ascolto di ciò che Dio vuole comunicarti che vale molto di più di tutti i tuoi problemi e dei tuoi argomenti.

M.: La parola scritta è purificazione.

Luigi: Ecco, è purificazione, mi annuncia la presenza di uno.

Io mi ero dimenticato, tutta la creazione mi annuncia che Dio c'è.

Per cui nel nostro mondo ci sono tante cose che sono a caso.

Le pietre in montagna sono disposte a caso, però ci sono certe pietre non più disposte a caso.

Quelle che mi aiutano sono quelle che non sono disposte a caso.

Le cose che sono disposte a caso, non mi aiutano più, quella è una realtà, non mi parlano, quelle che sono disposte con una intenzione sì, ma l'intenzione deve corrispondere al mio problema, al problema che porto in me.

Quelle cose che contengono un intenzione, contengono una intenzione per me, per il mio problema, perché io mi presento di fronte a queste con un mio problema: a cosa serve la vita?

M.: Però questo nel pensiero del nostro io.

Luigi: Infatti la parola scritta è per il pensiero del nostro io e ci parla della presenza di Dio nel pensiero del nostro io.

E' per il pensiero del mio io.

M.: Ma allora ci sono dei segni che per noi non rispondono al nostro problema?

Luigi: No, i segni in quanto segni contengono una intenzione, siccome sono opera di Dio, Dio scrive per me, Dio scrive per ognuno di noi, però il più delle volte, noi guardiamo i segni con un altra intenzione, non con questo problema qui.

Cioè, io guardo l'ometto in montagna come il luogo in cui posso trovare del quarzo o delle stelle alpine e naturalmente mi convogliano male, perché io non ho trovato quello che io cercavo.

Quei segni lì non erano fatti per convogliarti al luogo in ci sono le stelle alpine.

Quindi tutti i segni che Dio ci dà, quindi che arriva a noi con intenzione, sono per convogliarci alla presenza di Dio, per annunciarci che Dio esiste e per convogliarci alla presenza di Dio.

Ma se noi guardiamo questi segni con un altra intenzione, noi restiamo deviati da questi stessi segni, per cui esperimentiamo il fallimento.

M.: Dio non va strumentalizzato ai nostri bisogni ma va cercato per quello che è.

Luigi: Certo, si capisce.

Quindi Dio scrive ancora in terra, cioè scrive nel pensiero del nostro io, cioè scrive nella nostra notte, in questa assenza sua, la parola scritta è la parola lasciata da uno che è assente da noi, per richiamarci alla sua presenza.

Lui mi fa arrivare un biglietto, lo fa arrivare a me che mi sono dimenticato di Lui, per dirmi: "Vieni a Me che Io ti accolgo", mi convoca alla sua presenza.

Questa è la parola scritta, è un invito a prendere contatto con Lui.

M.: In qualunque segno della creazione, Dio mi dice qualcosa di Sé, però la creazione è parola scritta.

Luigi: E' parola scritta nel pensiero del mio io, è terra.

Dio che scrive in terra è Dio che scrive nel pensiero del mio io.

La terra è tutta in relazione al mio io.

Fa riferimento al mio io.

Ora Dio scrive qui in terra.

Il mio io, perché quando io mi separo da Dio, Dio non diventa più la mia realtà, la realtà diventa la terra, diventano le creature, diventa il mondo.

Questa diventa la mia realtà.

Diventando realtà, non è più segno!

Quando io mi separo da Dio, per cui Dio non è più la mia realtà, la realtà diventa quello che io vedo e che io tocco.

Questa è la realtà.

Ma se è realtà, io non vado più a cercare il segno, il significato di quello.

Quella è la realtà!

Il segno adesso diventa altro.

Il segno sarà la creatura che adopera queste cose per comunicare qualcosa.

Ora, Dio in questa realtà mia, nel pensiero del mio io, scrive qualche cosa.

Cioè, quello che per me è realtà, cioè fatto a caso, pietre, Dio me le dispone in un certo modo e li carica di un suo pensiero.

Un pensiero per rispondere ad un mio problema.

Perché io è vero che sono di fronte a questa realtà ma il mio io porta con sé un problema.

Ed è il problema di non sapere più che cosa fare, non sapere più dove andare.

M.: Ma Dio mi rivela Se stesso tanto nella parola parlata che in quella scritta.

Luigi: Mi annuncia Sé, la parola scritta è un annuncio, non è conoscenza, mi annuncia.

M.: Però rivela già qualche cosa.

Luigi: Sì, mi annuncia che Lui c'è.

Io me ne ero dimenticato ritenendo che la realtà sia la mia terra, in questa realtà che è il mio mondo, che è la mia terra, che è la mia casa, che è la mia famiglia, la mia regola, la mia istituzione, il mio partito, in questa realtà qui, Dio scrive qualcosa di Sé e dice a me, magari attraverso il passare di tutte le cose che Lui c'è.

M.: Quindi io in un segno, anche intelletto nel Pensiero di Dio, posso soltanto intuire la sua presenza.

Luigi: E' un annuncio.

Riconoscendo, sapendo che Lui adesso c'è, c'è tutto il problema della ricerca e poi sopratutto devo imparare a fare tacere in me tutti i miei argomenti, per aprirmi ad ascoltare i suoi argomenti.

Quello che mi salva sono i suoi argomenti, non sono i miei argomenti, anche risolti alla luce di Dio, i miei problemi non mi salvano ancora.

Chi mi salva sono gli argomenti che escono da Dio, la parola che esce dalla bocca di Dio, quella mi salva e mi fa vivere.

Cosa vuol dire che mi salva e mi fa vivere?

Vuol dire che mi inserisce  nella conoscenza di Dio, quindi nella vita eterna.

M.: Quando ho inteso un segno, quindi ho avuto una luce, va rivisto tutto dentro di noi sotto questa luce.

Luigi: Certo.

M.: Questo serve soltanto a mettere a tacere tutto dentro di noi?

Luigi: L'annuncio è: Dio c'è, io credevo che la realtà fosse altro e che poi dopo la morte magari Dio mi giudicherà, no, il problema è diverso: Dio è presente in tutto, Dio mi sta parlando in tutto, Dio opera in tutto.

Dio non è più uno che mi aspetta al traguardo.

Dio è uno che sta parlando con me, a me oggi.

Allora il problema è di restare alla sua presenza e di ascoltare e di capire quello che Lui mi dice.

Scoperto questo, adesso il problema è il rapporto con questo Essere che è presente in tutto ma che io non vedo e che sopratutto non sono capace ad ascoltare.

Allora tutto va revisionato qui, perché tutto devo subordinare a questo rapporto, a questo rapporto con questo essere presente.

E.: L'uomo nasce con l'incapacità costituzionale di intendere la parola parlata. Quindi il problema si sposta sulla possibilità di intendere la parola scritta. Ed è evidente che la possibilità di intendere la parola scritta, cresce proporzionalmente alla riduzione del pensiero del nostro io.

Luigi: Prima di tutto devo capire quello che mi annuncia la parola scritta.

Ma  quello che annuncia la parola scritta, l'annuncia nel pensiero del mio io.

E.: L'atteggiamento forse più disponibile per avere l'intelligenza della parola scritta sia quella di cercare di fare tacere gli argomenti del mio io mettendomi in ascolto, perché anche la parola scritta richiede l'intelligenza, come la parola parlata.

Quindi la parola scritta, per fede posso collegarla con Dio.

Luigi: Ma vedi la parola scritta, è proprio scritta perché tiene presente un mio problema.

Cioè, io capisco la parola scritta, proprio in quanto ho presente un mio problema.

Ritorno all'esempio delle pietre in montagna.

Io capisco quello che mi dice quel mucchietto di pietre, proprio perché ho un mio problema.

Il mio problema è dove andare?

Io non so dove andare.

A destra, sinistra, avanti, indietro? Non ci capisco più niente.

Ho un segnale.

Il segnale preso fra le parole messe a caso.

L'alfabeto, a un certo punto ti viene raggruppato in certe parole, qui abbiamo un pensiero.

Io posso anche scrivere, battere a macchina come una scimmia tutti i tasti e vengono soltanto delle parole ammucchiate che non mi dicono niente, non sono segni.

Il segno è segno in quanto porta un intelligenza in quanto tiene presente il mio problema.

Cioè, io mi presento con un mio problema: "Non so dove andare", il segno che ha un'intelligenza, mi dice: "Va qui".

Mi convoglia ma convoglia il mio problema, quindi risponde al mio problema, non mi rivela Dio.

E.: Tutta la creazione però è un segno di Dio per risolvere questo problema, non c'è un segno che non possa dare una risposta a questo mio problema.

Luigi: No, guarda, noi ci troviamo di fronte alla creazione, come di fronte a una montagna tutta piena di pietre, sparse.

E.: La creazione è una somma di segni che ha la sua cima in Cristo...

Luigi: Nel Pensiero di Dio ma nel pensiero del mio io, nella creazione c'è tanto caso operante, cioè ci sono tante pietre sparse. Ce ne è soltanto qualcuna che è raccolta con un pensiero, che risponde al mio problema ma altrimenti c'è tutta una realtà che non è più significante per me, perché è realtà.

E' realtà fatta a caso, perché io non so l'origine. Però per me è realtà e quello è fatto a caso, sono le pietre sparse che non mi dicono niente.

Quello che mi dice qualcosa è quello che mi porta un pensiero.

Quello che reca un pensiero, sono le pietre raccolte in un certo modo intenzionale, c'è una intenzionalità.

Si capisce che nel Pensiero di Dio non esiste il caso, anche le pietre hanno il loro significato ma in Dio.

Nel pensiero del mio io il caso c'è eccome se esiste e quanto opera.

Quello che invece opera con intelligenza, non più caso, è quello che tiene presente me, allora qui ho una intelligenza, è quello che risponde al mio problema, allora qui ho l'intelligenza.

Ma perché risponde al mio problema, l'altro non  risponde al mio problema.

E.: Posso scoprire il mio problema indipendentemente da Dio?

Luigi: Il mio problema me lo porto addosso, proprio perché mi sono separato da Dio.

Non posso restare alla presenza di Dio perché non capisco le sue parole e non capisco le sue parole perché non le vedo, non le contemplo nella sua sorgente, nel Padre e più mi allontano da Dio e più mi carico di problemi.

Il problema piomba su di me, indipendente da me.

Io sono sento il problema, proprio in quanto sono lontano da Dio.

In Dio non sono più problemi, sono pace, sono contemplazione, sono gioia, sono canto.

Lontano da Dio invece sono problemi terribili, esistenziali, diventa inferno.

Nell'inferno c'è il problema, problema senza soluzione.

Non è che io possa avere un problema senza Dio, è proprio allontanandomi da Dio che mi carico di problemi, di contraddizioni.

E.: La domanda che io volevo fare è ancora diversa, posso scoprire la realtà di questo problema se non riesco a intuire o collegare questo problema a Dio?

Io posso soffrirlo il problema ed è l'inferno.

Luigi: Sì, il problema lo subisco.

E.: Ma la possibilità di capire questo problema, di individuarlo, di centrarlo come problema, come avviene per l'anima se non lo collega a Dio. Altrimenti resta solo problema.

Luigi: Sì, è un problema che patisco.

E.: L'uomo può tornare alla presenza di Dio, soltanto quando scopre che porta questo problema...

Luigi: No, debbo osservare i segni di Dio esterni, alla luce di questo problema mio che subisco, nonostante me.

Perché io non voglio subire certi problemi, eppure me li porto addosso e più sono lontano da Dio e più me li porto addosso.

Adesso, Dio che scrive sulla mia terra, è Dio che scrive nella mia terra questo problema, è Dio che scrive su questo mio problema, in questo mio problema, per dirmi: "Il sentiero è quello".

Ad esempio, problema scritto: "io non so per che cosa vivere", parola scritta, Mose: "Ama il Signore con tutto te stesso".

E' parola scritta che mi dice che la mia vita mi è stata data per quello.

P.: Nel Pensiero di Dio tutto è segno, quali sono quelle realtà che sono segno nel pensiero del mio io?

Luigi: Sono quelle realtà che conoscono il mio problema.

P.. Cioè è la parola di Dio.

Luigi: Certo è la Parola di Dio. Però è quell'intelligenza che conosce me.

Io mi trovo di fronte a una realtà che non mi conosce.

"Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso",  qui trovo la risposta a quello che è il mio problema.

P.: Ma la parola scritta per me è parola.

N.: Non obbligatoriamente: "Cerca il Signore Dio tutto con tutte le tue forze" e tu seguiti a vedere i segni come realtà o come roba relativa al tuo io, vai avanti per la tua strada.

P.: Ma tra tutti i segni, ci sono dei segni che rispondono al mio problema e segni che non rispondono, io vorrei individuarli.

Luigi: I segni li può individuare, soltanto se li osserva dal punto di vista del suo problema.

Ritorno, perché mi sembra semplice all'argomento degli ometti in montagna.

Lei si trova con tante pietre, tante rocce, però ha un suo problema, dove andare?

A un certo momento nota delle pietre che sono disposte con intelligenza, non più a caso.

P.: La bibbia?

Luigi: Certo la Bibbia è anche parola scritta, è logico. In quanto vedo parole non disposte a caso ma non disposte con intelligenza, lì ho una risposta. In quanto mi vedo conosciuto in quel problema. Cioè trovo la risposta al mio problema.

E' un annuncio.

Q.: La parola parlata è quella che ci salva ma noi non possiamo entrare in quella parola parlata.

Luigi: Non siamo in grado di ascoltarla perché siamo troppo disturbati dalle nostre parole.

Q.: E quindi se l'unica cosa a cui noi possiamo accedere è la parola scritta che però non ci salva...

Luigi: No, la parola scritta in quanto è scritta, Dio qui scrive con il dito in terra, è non per condannare ma per salvare.

La parola scritta che è scritta per noi, è scritta per condurci alla salvezza, non ci salva ma ci annuncia la presenza di Dio, ci annuncia il sentiero.

Io quando ricevo l'annuncio del sentiero, non sono ancora salvato, devo percorrerlo quel sentiero, se percorrendo il sentiero arrivo là, dove volevo arrivare, io dico: "Adesso io ho trovato la salvezza".

Quindi la parola scritta è per salvarmi, non mi salva di per sé ma mi indica il sentiero da percorrere per arrivare a Colui che mi salva.

Colui che mi salva è la presenza di Dio trovata, trovata la presenza di Dio se mi metto in quelle condizioni per potere ascoltare, questa parola mi salva, mi salva in quanto mi fa conoscere la Verità.

Ma chi mi fa conoscere la Verità è la Parola parlata, cioè è Dio che parla con me.

Quando io non sono capace a restare con questo Dio che parla con me, allora Lui mi manda dei biglietti scritti, in qualunque lontananza io venga a trovarmi, Lui mi fa arrivare dei biglietti scritti.

Questi biglietti scritti, mi dicono ancora che Lui mi pensa, che Lui mi vuole salvare, quindi la sua volontà di salvezza c'è, altrimenti avrebbe interrotto con me qualsiasi rapporto.

Se mi manda dei biglietti vuol dire che mi invita a riprendere contatto.

Però il fatto che io riceva il biglietto, di per sé non vuol dire che io abbia ripreso il contatto, posso, dico: "Mi ha mandato un segno di Sé", quindi vuol dire che mi offre la possibilità di contatto.

Adesso dipende...la parola scritta si offre al mio tempo.

Adesso, io l'ho sempre a disposizione questa parola scritta.

Mi posso applicare a questa parola, quando e come voglio.

Certo, presenta un inganno, perché appunto è a mia disposizione.

Però adesso sono io che determino il tempo per leggere o per non leggere, per seguire o non seguire.

Però la parola scritta, in quanto arriva a me, è un offerta ancora di salvezza.

Noi possiamo anche illuderci che leggendo arriviamo a Dio, no guarda che fintanto che tu non arrivi ad ascoltare quello che Lui ha da dire a te, tu non sei salvo.

Con la parola scritta, tu sei soltanto in quest'offerta di avvicinamento a Dio.

Non è che noi siamo condannati, la parola scritta è per salvarci, però di per sé non ci salva.

P.: E' per portarci alla presenza che ci salva.

Luigi: Ecco. E' un invito. SE la parola scritta mi invita, vuol dire che allora ho la possibilità.

La parola scritta in quella parabola di quegli invitati a nozze è rappresentata da quei servi che dicono: "Venite che le nozze sono pronte" e quelli dicono che hanno altro da fare.

La parola scritta è rappresentata da quei servi che dicono: "Venite, il pranzo è pronto".

Non sono andati, però in quanto hanno ricevuto il messaggio: "Venite", avevano la possibilità di andare.

Quindi se la parola scritta mi convoglia alla presenza di Dio, mi dà la possibilità, non è detto ma mi offre la possibilità.

In quanto mi dice: "Guarda che Dio esiste".

Allora se mi annuncia che Dio esiste, adesso mi posso impegnare e occupare di Dio.

Q.: La parola scritta è sempre una risposta a un nostro problema.

Luigi: E' per il pensiero del mio io.

Q.: Mentre la parola parlata dovrebbe essere...

Luigi: Argomento di Dio, è Dio che mi parla di Sé e mi parla di Sé, solo quando io non più argomenti miei.

Q.: E questo quando può succedere nella nostra vita?

Luigi: Quando ascoltando la parola scritta e seguendo quindi l'invito, ho messo a tacere tutto di me e mi sono reso disponibile per ascoltare Dio.

Q.: Ma noi essendo terra, non avremo sempre un problema nostro?

Luigi: Il problema nostro è causato proprio dalla lontananza da Dio.

Più noi siamo lontani da Dio e più noi siamo carichi di problemi, di contraddizioni, il problema è una contraddizione, per cui io ho un pensiero ma subito ne ho un altro che mi contraddice.

La contraddizione dentro e fuori di noi, è causata dalla tanta lontananza da Dio.

In Dio c'è armonia di tutto, quindi c'è pace.

Più noi siamo lontani da Dio e più noi siamo immersi in queste contraddizioni, in questa conflittualità che portiamo addosso.

Allora cosa succede? Se Dio mi manda un biglietto, più mi avvicino a Lui e più questi problemi sono messi a tacere, poco per volta, quanto più cammino verso di Lui, tanto più mi accorgo che i problemi si sciolgono e a un certo punto mi sento libero e disponibile per ascoltare soltanto Lui.

Se il mio rapporto è molto distante con Dio, dei problemi ne ho addosso, ma se io cerco di risolvere i miei problemi sto fresco, sono come una mosca nella ragnatela che più si agita e più si avvolge nella ragnatela.

I nostri problemi non si risolvono per iniziativa nostra o per il tanto nostro agitarci, si risolvono modificando il rapporto tra la nostra anima e Dio, cioè modificando la distanza.

Ora, se Dio mi manda una lettera scritta mi invita a modificare la distanza.

Basta che io cominci a pensare qualcosa di Dio che già qui si è realizzato un avvicinamento, un cambiamento di questo rapporto.

Ma come c'è stato questo avvicinamento, certi problemi cominciano a sciogliersi.

B.: Lei ha detto che una volta ricevuto l'annuncio, il biglietto, siamo noi adesso a determinare il tempo.

Luigi: Sì, perché l'annuncio è offerto a me.

Nella parola parlata chi determina il tempo è colui che parla, per cui se io non sono immediatamente disponibile ad ascoltare e a capire colui che parla, io perdo l'occasione e non ce l'ho più, perché il tempo è determinato da colui che parla.

Nella parola scritta il tempo invece è lasciato a colui che ascolta, cioè a colui che legge.

Io se ho una parola scritta, se ho un biglietto, lo posso leggere quando mi fa comodo, il tempo è offerto a me, quindi sembra che qui abbiamo una parola privilegiata, perché adesso è offerta a me, no, c'è un inganno, perché in quanto è offerto a me, io posso leggerla secondo angolature diverse.

Comunque la distinzione sta in questo, che nella parola parlata il tempo è determinato da colui che parla e se io non sono immediatamente disponibile quando quello lì parla, io ho perso l'occasione, quindi il tempo è determinato da colui che parla, nella parola scritta il tempo (scelta) invece è determinato da colui che ascolta, è Dio che si sottopone alla creatura.

B.: Tutto è volontà di Dio e noi crediamo di essere liberi, crediamo di potere fare, non è volontà di Dio il fatto che Dio abbia rinviato la lettura di questo segno?

Luigi: No ma vede, tutto nel Pensiero di Dio se guardiamo a Dio è segno di Dio, se noi non guardiamo a Dio e quindi pensiamo a noi stessi, l'universo diventa la realtà, la mia realtà dalla quale sono condizionato e che mi crea i problemi.

Qui l'universo non è più segno, allora non è più segno? No, è segno visto da Dio ma visto nel pensiero del mio io no.

E così è lo stesso. Dipende sempre tutto dall'angolatura con cui noi guardiamo le cose.

Certo nel pensiero del mio io dico che questo muro qui è soltanto un segno ma nel pensiero del mio io quel muro è una realtà e mi spacca la testa.

B.: Ma pensavo alla possibilità di scelta, io mi posso dedicare o posso anche non dedicarmi.

Luigi: Nel pensiero dell'io, perché è Dio che si sottomette. Dio che scrive in terra è il Cristo che si mette nelle mani dell'uomo. In quanto si mette nelle mani dell'uomo è Dio che si offre, il tempo è ancora Lui che lo determina ma si mette nelle mani dell'uomo.

Quindi apparentemente è l'uomo che vince.

N.: Dio ce lo crea proprio questo bisogno, perché noi a un certo punto entriamo nella confusione, entriamo nel conflitto, non capiamo più niente di questa vita, ci sentiamo nella necessità di arrivare a questa verità, a questo bisogno di assoluto che portiamo tutti dentro di noi e che noi possiamo soffocare o dirigere da altre parti.

Tutte le cose sono annuncio di Dio che crea.

Abbiamo visto molte volte che per arrivare a negare Dio, dobbiamo pensare Dio.

Il Pensiero di Dio è in noi, è il primo e più grande dono ma a un certo punto ci troviamo anche nella confusione.

Questo Pensiero di Dio se lo accogliamo è quello che fa sorgere in noi il pensiero di un creatore.

Ma il pensiero di un creatore non è ancora quello che ci salva.

Perché il pensiero del Creatore è un annuncio che noi possiamo ricevere e poi scartare.

Il momento in cui io mi rivolgo a Dio per capire qualcosa, sono in ascolto della parola parlata, quando Lui parlerà, capirò qualcosa.

Luigi: No, fintanto che tu ti presenti a Dio per risolvere i tuoi problemi, tu sei nella parola scritta.

N.: Io sono arrivato a Dio per quel problema lì, non capivo niente.

Luigi: Non dico che non serve, quello ti convoglia alla presenza di Dio, ma siamo sempre nella parola scritta.

P.: Parola scritta intesa.

Luigi: Parola scritta accolta, intesa nel tuo problema.

P.: Non so se ho capito bene, per distinguere bene la parola scritta dalla parola parlata, finché io intendo una risposta a un mio problema, sono nella parola scritta, parola parlata è quando Dio mi parla di Sé. Non che mi risponda a un mio problema.

B.: Volevo capire un po' meglio questo "mio problema", questo problema è un problema comune o personale?

Luigi: Personale.

B.: Il problema di tutti è poi arrivare alla conoscenza di Dio. Però il segno che Gesù ci scrive in rapporto a questo problema, è un problema di uomini?

Luigi: Problema di uomini. Qualunque problema.

B.: Qualunque stupidaggine?

Luigi: Qualunque stupidaggine.

B.: Non capisco perché nel rapporto con Dio posso portare dei problemi, posso portare qualunque segno o per forza devo portare un problema? Se io nel segno cerco Dio, io non porto il problema a Dio.

Luigi: Ma vedi, una cosa sono i segni che mi annunciano Dio, e una cosa è Dio che mi parla di Sé.

Tutte le cose che mi dicono i segni, sono cose immensamente distanti da quello che Dio mi può dire, Dio ha una parola da dire personalmente alla nostra anima che non c'è nessun segno, nessuna creatura, nessuna legge, nessuna istituzione, nessuna autorità che la può dire.

Per questo Lui ci convoca alla sua presenza personalmente, tutto l'universo deve fare silenzio dentro di noi, per ricevere questa parola e soltanto ricevendo questa parola c'è una nascita nuova che è una nascita da Dio, un nome nuovo che discende da Dio.

Questa è una novità assoluta che si forma in noi.

Questa parola che riceviamo da Dio, genera in noi una creatura nuova, il Figlio di Dio.

V.: La parola scritta mi indirizza, però devo avere dentro di me l'intenzione di Dio.

Luigi: Nella parola scritta Dio si sottomette a noi, cioè, tutta la parola scritta che è parola creata da Dio, si ricapitola, si riassume in Cristo.

Cristo è proprio Dio che si viene a sottomettere a noi.

La parola scritta è sottomessa a noi, a noi che cosa? Cosa è questo "noi"?

I problemi che portiamo dentro, perché noi siamo un problema.

Cristo è Dio che si sottomette a questo problema, per dare a noi la possibilità di un aggancio, per cui noi ci vediamo proprio in questa sottomissione, perché sono io che parlo.

Fintanto che sono io che parlo e  non sono in puro ascolto di Dio, posso essere salvato solo da un altro che si sottomette a me.

Soltanto che sottomettendosi a me, lega me a Sé e una volta che sono legato, adesso mi conduce dove vuole Lui.

Ma per legarmi, Lui si sottomette, si lascia uccidere, Lui si lascia uccidere in croce da me, e si sottomette fino a quel punto, fino alla morte.

Cioè, si fa opera mia, Dio Creatore si fa opera mia ma lei capisce che io nel mio orgoglio sono legato alla mia opera e non mi stacco più?

Come le donne si sottomettono tutte all'uomo e poi lo conducete dove volete voi.

K.: La parola scritta, non potrebbe essere parola che esce dalla bocca di Dio, però in termini della terra per farsi capire a noi?

Luigi: In termini della terra, si capisce.

K.: E quindi è una parola parlata. E' una parola che attraverso le cose che noi capiamo ci dice cose di Dio.

Luigi: No, qui Dio si sottomette a noi e entra negli schemi nostri ma proprio il riportare a Dio i segni, mi deve portare a quest'ascolto di Dio.

Tutta l'opera di sottomissione che fa è per portarci a quest'ascolto.

Nella parola scritta, non ascolto la parola di Dio, gli argomenti di Dio, quello che Lui ha da dire a me.

"Finora vi ho sempre parlato in parabole, viene il giorno in cui non vi parlerò più in parabole ma apertamente vi farò conoscere il Padre.

Qui abbiamo una novità assoluta, la conversazione è diversa.

Dio parla a noi in parabole, questo parlare in parabole cosa vuol dire?

Si sottomette al pensiero del nostro io, per formare me a quell'ascolto della parola nuova che non è più in parabole, in cui apertamente mi rivela il Padre.

La parola che esce dalla sua bocca, non ha più bisogno di essere parola, è presenza, è costatazione di presenza.

E' il Figlio unigenito che apertamente mi parla del padre, dal Padre poi...

Comunque c'è una nascita nuova.

C'è un io nuovo che discende da Dio.

Prima abbiamo l'io che sale verso Dio, l'io che sale verso Dio è l'io che è carico di argomenti, di problemi, di tenebre, che ha bisogno di luce, si capisce che sale verso Dio seguendo la parola scritta. Ma sale verso Dio.

Poi abbiamo un io che discende da Dio.

P.: Però quando noi ascoltiamo il Cristo che parla del Padre, questa è parola che esce dalla bocca di Dio.

Luigi: Questa è sempre parabola.



Dicevano ciò tendendogli insidie per avere di che accusarlo. Ora Gesù, essendosi chinato, scriveva col dito in terra.

Gv 8 Vs 6 Terzo tema.


Titolo: L'interesse è la chiave d'ascolto della parola parlata.


Argomenti: Parola scritta e parlata. Il limite della Parola scritta.  La chiave di lettura per la Parola scritta è l'intenzione che portiamo in noi.L'intenzione & la lettura. Lo scopo della Parola scritta di Dio.     L'interesse & l'ascolto.   La Parola parlata ci fa conoscere Dio. Le due risposte di fronte all'annuncio della Verità. L'interesse per conoscere Dio, mette a tacere tutto in noi. Valore & interesse. Come si mantiene l'unione con Dio. L'interesse per capire la Parola parlata ci conduce alla conoscenza di Dio.


 

11/Marzo/1984  Fossano


Questi scribi e farisei, avevano presentato a Gesù questa donna colta in flagrante adulterio a Gesù, chiedendogli che cosa Lui ne pensasse di fronte all'ordine di Mosè che aveva ordinato di lapidare tali donne.

Qui si afferma che dicevano ciò tendendogli insidie per avere di che accusarlo e Gesù scriveva in terra.

Abbiamo visto la chiave di lettura domenica scorsa di quello che Dio scrive sulla nostra terra. 

Ci sono Parole scritte e ci sono Parole parlate.

Le Parole scritte sono segni lasciati in noi da Uno che è assente.

Dio è sempre presente ma per noi è assente in quanto non lo vediamo.

La Parola parlata invece è il segno lasciato in noi da Chi è presente.

Abbiamo anche detto quale è lo scopo e la funzione della Parola scritta e quella della Parola parlata.

Noi possiamo soltanto essere salvati dalla Parola parlata, dalla Parola che esce dalla bocca di Dio, cioè possiamo essere salvati soltanto da quel segno lasciato in noi dalla presenza di Dio.

La Parola scritta è scritta proprio perché Dio non può parlare a noi e non può parlare a noi, perché siamo noi che parliamo.

La Parola scritta è tale in quanto noi, anziché ascoltare parliamo e in quanto noi parliamo veniamo a trovarci nella impossibilità di ascoltare.

Dio scrive sulla nostra terra, proprio perché noi ci siamo resi incapaci di ascoltarlo.

Dio ci ha creati per l'ascolto, perché Lui solo è il Verbo che parla in tutto: la sua creazione è tutta una Parola di Dio per noi.

Evidentemente quindi se tutto è Parola di Dio, Dio ci ha formati per l'ascolto e ci ha resi capaci di ascolto, poi è successo qualcosa in noi, per cui noi siamo diventati incapaci di ascoltare.

Incapaci di ascoltare, quindi incapaci di amare.

E quando si è incapaci di amare, non c'è altro da fare che dare da leggere la Parola scritta.

Quindi la Parola scritta è tale in quanto è fatta per noi, nel pensiero del nostro io e considera i nostri argomenti, considera le cose in relazione ai nostri argomenti e in relazione alle nostre intenzioni.

La chiave di lettura per la Parola scritta è l'intenzione che portiamo in noi.

Ma proprio perché la chiave di lettura è l'intenzione che portiamo in noi, questo ci fa capire quanto noi siamo esposti all'errore nella lettura della Parola scritta.

Siamo esposti all'errore, perché in noi possiamo avere altre intenzioni.

La Parola è scritta per noi nella nostra intenzione ma se noi, nella nostra intenzione non abbiamo presente Dio Creatore e la sua Volontà, noi fraintendiamo quello che è stato scritto e quello che è scritto.

Lo fraintendiamo perché lo interpretiamo nella intenzione che portiamo in noi.

Infatti a quello scriba che gli chiedeva circa il primo comandamento, Gesù disse: "Tu che cosa vi leggi?".

Tutta la creazione, tutta la legge, tutti i comandamenti si offrono alla nostra lettura  ma noi cosa vi leggiamo? Come leggiamo?

Tutto dipende dall'intenzione che portiamo dentro di noi.

Ma adesso è importante capire per quale motivo Dio scrive sulla nostra terra.

Quale è lo scopo per cui Dio scrive sulla nostra terra?

Evidentemente, siccome abbiamo smarrito la presenza di Dio e noi non vediamo più la sua presenza, Dio scrive sulla nostra terra, per annunciarci, per richiamarci alla sua presenza, per richiamarci alla sua Verità.

Siccome la Parola scritta è fatta per noi, è fatta nel pensiero del nostro io, ne deriva che ciò che annuncia la Parola scritta non può essere ignorato da noi.

Se la Parola scritta annuncia a noi la Verità di Dio, ecco che Dio è Colui che nessuno può ignorare.

Nessuno può ignorare ma non conoscere, perché la Parola scritta è soltanto un annuncio.

La Parola scritta ha un limite e il limite è proprio questo: il limite dell'annuncio.

La Parola scritta ci annuncia Dio ma non può farcelo conoscere.

La Parola scritta annuncia a tutti gli uomini, scrive per tutti gli uomini la Verità di Dio, la presenza di Dio in tutto, lo annuncia per tutti ma non lo fa conoscere e non lo può fare conoscere.

Ecco il limite della Parola scritta.

La Parola scritta non ci può fare conoscere Dio.

E siccome la salvezza dell'uomo sta nel conoscere Dio, la Parola scritta non ci salva perché non può farci conoscere Dio.

Forse allora la Parola scritta è inutile?

Tutt'altro, perché la Parola scritta annunciandoci Dio, invita noi a quel silenzio, a far tacere tutto di noi, per disporci all'ascolto di Dio, poiché Dio solo è il rivelatore di Sé, Dio solo può farci conoscere Se Stesso.

Dio solo è Colui che fa conoscere la sua Verità alla creatura.

La Parola scritta annuncia Dio, la parola parlata lo fa conoscere.

Ma per passare dalla Parola scritta alla Parola parlata, bisogna capire l'Intenzione, l'Intenzione della Parola scritta e l'Intenzione dobbiamo averla in noi, altrimenti noi non siamo capaci di leggere, manca a noi la chiave di lettura.

L'Intenzione è la chiave di lettura che ci consente di leggere correttamente.

Questa Intenzione è quella di condurre noi a quel silenzio di tutte le nostre parole, di tutti i nostri argomenti, di tutti i nostri problemi per disporci all'ascolto degli argomenti di cui parla a noi Dio.

Noi di fronte all'annuncio della Verità di Dio possiamo rispondere in due modi.

Noi possiamo interrogare Dio circa i nostri problemi, circa i nostri argomenti.

Qui questi scribi e questi farisei interrogano Dio circa i loro argomenti e noi possiamo fare altrettanto interrogando Dio circa i nostri problemi e le nostre questioni ma intanto siamo sempre noi che parliamo e siamo sempre nella Parola scritta.

Oppure, di fronte all'annuncio della Verità di Dio, della presenza di Dio, noi possiamo aprirci all'interesse per conoscere Dio.

L'interesse per conoscere Lui, mette in noi a tacere tutti i nostri problemi, tutti i nostri argomenti e ci porta in quel silenzio che è la condizione per ascoltare la Parola parlata di Dio.

Ecco quindi la funzione molto importante di tutta la Parola scritta: è quella di convincerci della Verità di Dio e dell'immenso valore che Dio ha per la nostra vita.

Perché soltanto conoscendo il valore scatta in noi l'interesse e solo scattando in noi l'interesse per Dio, noi possiamo mettere a tacere tutto il resto.

Fintanto che noi ci rivolgiamo a Dio con i nostri problemi, con i nostri interessi noi non possiamo ascoltare Dio.

Nel nostro mondo in cui tutto è Parola di Dio, proprio in quanto noi non unifichiamo in Dio, noi veniamo a trovarci in una infinità di contraddizioni e quindi di problemi.

E noi possiamo portare a Dio questi problemi qui, cioè questo rumore del nostro mondo.

Ma fintanto che noi portiamo a Dio i nostri problemi di creature (finiti), noi restiamo nel Pensiero di Dio, solo per quel tanto che dura il nostro problema.

Problema risolto, problema dimenticato e l'unione con Dio è passata e noi non possiamo permanere nel Pensiero di Dio.

Eppure l'unione con Dio è una cosa importantissima per la nostra vita, perché come perdiamo l'unione con Dio, immediatamente noi cadiamo schiavi delle passioni di tutti i segni di Dio, cioè di tutte le creature e veniamo quindi lacerati da tutti segni finiti.

Come fare per mantenere allora questa unione con Dio?

Si mantiene l'unione con Dio in quanto non si parla noi ma si ascolta Dio.

Ecco perché dico che è la Parola parlata, quella che esce dalla bocca di Dio quella che ci salva, in quanto si ha interesse per ascoltare gli argomenti di Dio, ciò di cui Dio parla a noi, non ciò di cui noi parliamo a Dio.

Ma non basta per restare uniti a Dio ascoltare le Parole di Dio, bisogna avere interesse per capire le Parole che escono dalla bocca di Dio.

È proprio questo interesse per capire gli argomenti di Dio che ci mantiene uniti a Dio, poiché l'interesse per capire ciò di cui parla a noi Dio, ci conduce a conoscere Dio.

È il tanto interesse per conoscere Dio che ci mantiene uniti a Dio, avendo dimenticato tutto il resto, qui abbiamo il silenzio di tutta la creazione di Dio, di tutto l'universo, il silenzio in noi ma, questo silenzio in noi, non avviene in quanto tutto il mondo finisce, tutto il mondo tramonta, avviene in quanto noi abbiamo scoperto qualche cosa di molto importante per noi, infinitamente più importante di tutte le cose del mondo e di tutte le cose del nostro io.

Quando abbiamo scoperto questo qualche cosa di molto più importante per noi, allora per noi è facile mettere a tacere tutto e entrare in questo silenzio che ascolta la Parola di Dio.

La chiave di ascolto è proprio questo interesse per capire la Parola parlata, cioè l'interesse per capire la Parola che esce dalla bocca di Dio.