Allora i giudei
raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal
tempio. Gv 8 Vs 59 Primo tema.
Titolo: Solo il Pensiero di
Dio può sopportare Dio.
Argomenti: L'insopportabilità
per l'uomo della Parola di Dio. La
sopportazione nell'uomo è data dalla sua capacità di comprendere. La
capacità di comprendere deriva da ciò che l'uomo ha interiorizzato. Il
raccoglimento nel Principio avviene attraverso il Pensiero di Dio. L'incompiuto
è il principio della menzogna, della pazzia e della violenza dell'uomo. Le pietre
rappresentano l'incompiuto che c'è nell'uomo. Non
ci possono essere due unificazioni. Sopportare
Dio come causa ma non come fine.
26/Ottobre/1986
Casa di preghiera Fossano.
Siamo
giunti alla conclusione del capitolo ottavo di San Giovanni.
E la
conclusione è triste.
I giudei,
viene detto qui, di fronte all'affermazione di Gesù: "In verità, in verità
Io vi dico, prima che Abramo fosse, Io sono", presero delle pietre per
scagliarle contro di Lui.
Questo
capitolo qui inizia con le pietre e termina con le pietre.
Ѐ iniziato
con uomini che volevano scagliare pietre per lapidare una donna sorpresa in
flagrante delitto di adulterio e termina con uomini che vogliono scagliare
pietre contro Gesù.
Dalle
prime pietre contro una donna, a queste pietre contro Gesù, c'è un significato
profondo.
Ne
parleremo poi.
Adesso
prima di tutto, dobbiamo cercare di approfondire il significato di queste
pietre.
Qualcuno
questa settimana mi ha chiesto il significato di quanto è scritto qui nel
capitolo ottavo dell'Apocalisse, nel versetto quinto in cui viene detto:
"Poi l'angelo prese l'incensiere e il turibolo, lo riempì con il fuoco
preso dall'altare e lo gettò sulla terra. Ne seguirono scoppi di tuoni,
clamori, fulmini e scosse di terremoto".
Ecco il
tema, l'argomento di oggi è proprio questo incensiere, questo turibolo che
serviva nel cielo per adorare Dio.
"Gli
furono dati molti profumi perché li offrisse con le preghiere di tutti i santi
bruciandoli sull'altare d'oro posto davanti al trono".
L'argomento
di oggi è questo incensiere fatto per offrire preghiere al Santo dei Santi, al
Dio eterno, Assoluto che viene rovesciato sulla terra con tutte le conseguenze.
Noi qui ci
troviamo con uomini che di fronte alla parola di Dio, quella parola che abbiamo
visto è un ponte che collega il nostro mondo finito con l'infinito di Dio, di
fronte a queste parole qui, meravigliose e sublimi di Gesù che dice:
"Prima che Abramo fosse, Io sono", abbiamo uomini che non passano
all'infinito della parola, ma si fermano al di qua del ponte.
Si fermano
cioè a osservare queste parole nello schema della loro materialità, nello
schema della loro esperienza, della loro conoscenza e non cercano di vedere le
cose dal punto di vista di Dio.
Perché
abbiamo detto che si passa al di là del ponte e si cerca il significato infinito
che ogni parola che essendo parola di Dio reca a noi, in quanto si cerca di
vedere la cosa dal punto di vista di Dio.
Fintanto
che le cose noi le vediamo dal nostro punto di vista che è il punto di vista dei
nostri sensi, dei nostri sentimenti, delle conoscenze che noi facciamo del
nostro mondo, fintanto che noi osserviamo le cose da questo punto di vista,
certamente noi restiamo al di qua del ponte e perdiamo la grazia, l'occasione
che ogni parola di Dio, giungendo a noi offre per passare nel cielo di Dio a
vedere le cose nella luce di Dio.
La
salvezza sta nel giungere a vedere le cose dal punto di vista dello Spirito
Dio, nell'unità di Dio.
Qui invece
di fronte a queste parole qui di Gesù: "Prima che Abramo fosse Io
sono", a qualcuno saltarono i nervi.
E queste pietre sono proprio il
significato di questi nervi che rivelano quanto l'uomo sia debole a sopportare ciò che non riesce
a capire.
Questa
debolezza che c'è nell'uomo da che cosa è formata, da che cosa è determinata?
Questa
violenza che un certo momento si scatena nell'uomo, perché l'uomo diventa
violento e diventa violento verso ciò che non riesce a comprendere.
Gesù dirà:
"Il mondo mi odia perché Io non li giustifico, perché Io non sono del mondo,
perché Io dimostro che le opere del mondo sono malvagie".
E noi
vediamo che qui nel Vangelo, soprattutto in quello di San Giovanni, tutte le
volte che Gesù afferma queste parole meravigliose che ci fanno passare
nell'infinito, dell'assoluto di Dio quali queste: "Prima che Abramo fosse,
Io sono", oppure quando dice nel capitolo decimo: "Io e il Padre
siamo una cosa sola", tutte le volte che Gesù afferma questo, ne segue che
gli uomini prendono le pietre per lapidarlo.
Ecco
abbiamo "Io sono" come argomento di Dio e abbiamo le pietre come
argomento dell'uomo.
E queste
pietre argomento dell'uomo sono espressione della debolezza di nervi dell'uomo
nel sopportare.
C'è una
parola di Dio che è insopportabile all'uomo e dobbiamo chiederci qual è la
fonte di questa insopportabilità.
Perché
queste cose che vengono dette qui, in quanto vengono dette, sono parole di Dio
per noi, e anche questa scena di uomini che prendono delle pietre per
scagliarle contro Gesù, è parola di Dio per noi, di cui noi dobbiamo cercare la
lezione, il significato per la nostra vita vera.
Perché
tutto quello che viene detto, viene detto per evitare a noi l'errore, viene
detto per farci entrare nella vita, la sintesi di tutti gli errori è quello di
Giuda.
Giuda è
stato un attore, per evitare che tutti noi fossimo dei Giuda.
Quindi
anche qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato c'è, soprattutto
dobbiamo chiederci che cosa Dio ci voglia significare di Sé in questi uomini
che hanno crisi di nervi.
L'uomo è debole ma perché questa
debolezza?
Abbiamo
trovato uomini e soprattutto qualche donna e donna molto peccatrice che di
fronte alle parole di Gesù, altrettanto incomprensibili all'aspetto umano, al
volto umano, hanno aderito, hanno adorato, hanno compreso, hanno creduto.
E ci sono
invece uomini forse molto religiosi che si credono molto giusti, figli di
Abramo, uomini che ritenevano di avere per padre Dio, che di fronte a queste
parole di Gesù entrano in crisi, non sopportano.
Questa
parola di Gesù, questo: "Io sono" rappresenta questo turibolo che
viene scagliato sulla terra e produce fulmini, terremoti, tuoni clamore.
È la
parola insopportabile sulla terra: "Io sono".
Quella
parola nel cielo di Dio serve per adorare Dio, per glorificare Dio, per pregare
Dio, nel cielo di Dio si riconosce Dio attraverso il "Io sono" di
Dio.
Dicendo:
"Tu sei" e soltanto proclamando e glorificando il "Io sono"
di Dio, noi partecipiamo di quello che Dio è e non parlando di noi. Questa
parola meravigliosa che ci rende partecipi, che ci è data per renderci
partecipi della Verità di Dio, della Vita di Dio proiettata in terra produce
violenza, produce guerra, produce crisi, produce pazzia, produce morte, questa
stessa parola, perché l'uomo non la sopporta.
La
sopportazione dell'uomo è data dalla capacità di comprendere.
Là dove
l'uomo non può comprendere, non può sopportare.
E cos'è
che forma nell'uomo la capacità di comprendere?
L'interiorizzazione
non avviene senza l'uomo e l'interiorizzazione è quest'opera di raccoglimento
di tutte le cose nel principio luce che portiamo dentro di noi e il principio
luce è Dio Creatore, Dio è il principio di tutto .
Noi
interiorizziamo nella misura in cui raccogliamo ogni cosa in questo Principio.
Nella
misura in cui raccogliamo in continuazione in questi Principio.
Quest'opera
di raccoglimento, d'interiorizzazione non avviene senza di noi.
Il che vuol
dire che noi corriamo il rischio, ogni giorno di perdere contatto con questo
principio.
Gesù dice:
"Chi con me non raccoglie disperde".
Il raccoglimento in questo
Principio avviene attraverso il Pensiero di Dio.
Gesù dice,
Lui che è Pensiero di Dio: "Chi con me non raccoglie disperde".
Il
Pensiero di Dio proprio perché è Figlio di Dio: il Pensiero di Dio, accoglie
tutto da Dio e riporta tutto a Dio e proprio in quest'opera di accoglienza di
tutto da Dio e di riporto di tutto a Dio, c'è questa partecipazione continua a
ciò che Dio è.
Ora di
Gesù dice: "Chi con me non raccoglie".
Evidentemente
dicendo: "Chi con me non raccoglie" ci fa capire che c'è il rischio,
c'è la possibilità di non raccogliere e non raccogliendo noi perdiamo contatto
con il Principio.
Perdendo
questo contatto con il Principio ecco che in noi non si forma
quell’interiorizzazione che è principio luce in noi, che dà a noi e la capacità
di comprendere e quindi dà noi la capacità di sopportare.
Tutto
quello che noi non colleghiamo con il principio resta incompiuto in noi e
quando abbiamo parlato di questo fatto incompiuto (segno di Dio perché tutto è
segno di Dio, tutto è parola di Dio tutto è opera di Dio) abbiamo visto che
quest'opera può restare in noi incompiuta.
Questo incompiuto è il principio
della menzogna nell'uomo.
Perché
questa incompiutezza si forma in un campo di passione di assoluto, qual è
l'uomo.
L'uomo è
una passione di assoluto e quando lui non riporta un segno di Dio a Dio, non lo
riporta nel Principio, questo segno diventa per lui oggetto di passione,
diventa per lui scopo di vita, scopo del suo stesso pensiero, quindi diventa
movente in lui.
A questo
punto l'uomo tende a fare di un segno, di un frammento dell'opera divina, tende
a farne un tutto, appunto perché è dominato dalla passione di assoluto e quindi
diciamo che tutto ciò che l'uomo ama, tutto ciò che l'uomo fa oggetto di
pensiero, lo ama e lo fa oggetto di pensiero come cosa assoluta e vuole che sia
assoluto.
Tutti
segni e le opere di Dio che Dio fa giungere a noi non sono assoluti, perché
assoluto è solo Dio, ma sono mezzi che Dio fa giungere a noi, per dare a noi la
possibilità di raccoglierli in Lui.
Perché
nella misura in cui noi raccogliamo in Lui, noi veniamo a conoscere Lui.
Tutti
questi frammenti che Dio ci fa arrivare, uniti alla nostra passione di
assoluto, vengono deformati perché vengono da noi voluti come termini assoluti.
Ora quando
un frammento vuole essere tutto, qui abbiamo l'inizio della menzogna dell'uomo,
abbiamo l'inizio della pazzia ma abbiamo anche l'inizio della violenza.
E abbiamo
l'inizio delle pietre.
Abbiamo detto che cosa significano
per noi queste pietre?
Queste
pietre rappresentano tutti i segni di Dio, tutte le parole di Dio, tutte le
opere di Dio, che non vengono riportate a Dio, che restano in noi come
frammenti dell'opera di Dio e che assumono in noi però l'aspetto di assoluto.
Un mezzo
che viene da noi posto come fine del nostro vivere, del nostro pensare, del
nostro agire, diventa una pietra.
Tutto ciò
che venendo da Dio, non viene riportato a Dio, diventa materia, diventa pietra.
E diventa
argomento di violenza, di violenza contro il cielo.
Perché
rende noi incapaci di sopportare le cose del cielo.
Quando noi
viviamo per una cosa, il nostro desiderio, la nostra passione è quella cosa lì.
Abbiamo
detto che quando una cosa è oggetto del nostro pensiero, da oggetto di
desiderio diventa movente del desiderio stesso.
Per cui
Gesù diceva: "Se Abramo desiderò vedere il mio giorno, è perché è stato
mosso dal mio Pensiero", quindi ciò che Abramo desiderò vedere fu il
movente del suo stesso desiderio, il principio del suo stesso desiderio.
Quando noi
desideriamo una cosa, pensiamo a una cosa, quella diventa il movente, il
principio.
Ma se questa
cosa non è Dio, è altro da Dio, ecco che noi abbiamo un Principio in conflitto
con un altro principio.
Non ci
possono essere due unificazioni.
Allora
l'unificazione in un frammento, in un segno di Dio diventa opposizione al tutto
che Dio è.
Per
questo: "Io sono" di Cristo diventa insopportabile a noi e diventando
insopportabile, noi adesso ci difendiamo con le pietre, ci difendiamo cioè con
i nostri argomenti, con le nostre ragioni, con i nostri diritti, con le nostre
leggi, con le nostre regole, con tutto ciò che non è Dio e che noi opponiamo a
Dio per giustificare noi di fronte all'esigenza di Dio.
In tutto
c'è una lezione positiva di Dio.
Anche qui
dobbiamo chiederci quale sia la lezione positiva di questa insopportabilità, di
uomini che prendono delle pietre, prendono argomenti, i loro argomenti
materiali che possono anche essere regole di vita religiosa, per giustificare
il rifiuto del "Io sono" di Cristo.
Il
significato positivo è che ci rivela il luogo in cui si forma la capacità di
sopportare Dio.
Il luogo in cui è possibile
sopportare Dio è solo il Pensiero di Dio.
Solo il
Pensiero di Dio può sopportare l'essere di Dio.
Ogni altro
pensiero non può sopportare Dio come Colui che è.
L'uomo nel
pensiero di se stesso, può sopportare Dio come Creatore, può sopportare Dio
quindi come Colui che opera in tutte le cose, per cui noi nel pensiero del
nostro io, possiamo anche ritenere di avere quella fede che accoglie tutto da
Dio.
Nel
pensiero del nostro io noi, non possiamo assolutamente sopportare Dio come
Colui che è.
Perché
"Io sono" di Dio è il Fine.
Noi
sopportiamo Dio come Principio, non possiamo sopportare Dio come Fine.
Soltanto
nel Pensiero di Dio, noi possiamo sopportare Dio come Fine.
Perché
solo il Pensiero di Dio ha Dio come essere di Sé, come principio di Sé.
Allora
i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose
e usci dal tempio. Gv 8 Vs 59 Secondo tema.
Titolo:
L'evidenziazione della zeta.
Argomenti: L'amore senza
misericordia. Pietre all'inizio e pietre alla fine. Passaggio
dall'esterno all'interno. Solo
il Pensiero di Dio può portare l'essere di Dio. Il
tempo è l'evidenziazione del nostro interesse primo. Essere
segnati dal Tau, dal fine. L'uomo
è caratterizzato dal fine. L'evidenziazione
dei nostri rapporti con Dio. I
rapporti che abbiamo con le creature sono rapporti con Dio.
2/Novembre/1986
Casa di preghiera Fossano.
Restiamo
nell'ultimo versetto del capitolo ottavo, il versetto 59 dove si dice che alla
dichiarazione di Gesù: "Prima che Abramo fosse, Io sono", i giudei
presero delle pietre per scagliarle contro di Lui ma, Gesù si nascose e uscì dal
tempio.
Abbiamo
visto domenica scorsa il significato di queste pietre che i giudei presero per
scagliarle contro Gesù.
Abbiamo
visto come in esse siano significate tutte le ragioni, tutti i motivi, le giustificazioni
con cui noi cerchiamo di giustificarci davanti a Dio, per sottrarci all'impegno
in quell'unica cosa necessaria, per la quale Lui ci ha creati.
Tutti
gli uomini sono stati creati per cercare e per conoscere Dio.
Siamo
stati creati per entrare nella vita eterna e questa deve essere la vera
occupazione della nostra vita, mancando la quale manca tutto.
Abbiamo udito in un salmo che a un certo momento c'è
quest'interrogazione: "Forse il tuo amore è senza misericordia?".
Arriva
un giorno in cui l'amore è senza misericordia.
Poiché
l'amore diventa esigenza di Verità e non accetta che ci siano delle
falsificazioni, non accetta i bari.
Domenica
scorsa abbiamo accennato
al fatto che il capitolo ottavo si caratterizza in questo, sia all'inizio sia
al termine abbiamo le pietre. Inizia con i giudei è che vogliono scagliare
pietre contro una donna colta in flagrante delitto di adulterio e termina con
le pietre che i giudei vogliono scagliare contro Gesù.
Abbiamo
accennato al fatto che questo non è un fatto senza significato, d'altronde
tutto quello che riguarda Gesù, ha un significato profondo.
Non
c'è nulla di banale nella nostra vita, tutte le cose che sono state scritte e
che sono avvenute, in quanto sono avvenute hanno un significato profondo per
noi.
Così
in questo capitolo ottavo, questo iniziare con le pietre e questo terminare con
le pietre, ha un significato profondo.
L'argomento
di questa sera è questo.
Gesù
di fronte ai farisei che volevano lapidare quell'adultera, tolse le pietre
dalle mani di loro.
Questo
già ci fa intuire che Gesù toglie le pietre da coloro che vogliono giudicare e
condannare gli altri ma poi, le attira su di Sé.
All'ultimo
infatti i giudei prendono le pietre per lapidare Gesù.
Come
Gesù tolse le pietre dalle mani dei farisei che volevano giudicare e condannare
in base alla legge di Mosè quell'adultera?
Le
tolse dicendo: "Chi di voi è senza peccato scagli contro di lei una
pietra".
"Chi di voi è senza peccato" ecco la lezione
profonda, il primo
passo che Gesù fa fare all'uomo.
Perché
gli uomini in quanto trascurano Dio, si volgono sempre alle cose esteriori, si
volgono a criticare, a condannare, a giudicare, a misurare gli altri.
Questa
è una conseguenza del fatto che trascurano Dio.
E
Gesù fa fare il cammino a rovescio.
Il
primo passo che Gesù fa compiere nella vita di ogni uomo è quello di rivolgere
l'attenzione, di convertire l'attenzione dall'esterno all'interno: "Chi di
voi è senza peccato".
Anziché
guardare il peccato fuori, guarda il peccato dentro.
E
abbiamo la lezione della pagliuzza e della trave che c'è nell'occhio di ognuno
di noi: "Non cercare di togliere la pagliuzza che sta nell'occhio del tuo
fratello ma, osserva la trave che tu porti nel tuo occhio".
Ecco
quest'opera di conversione: non modificare l'esterno, non giudicare l'esterno
ma, rifletti sul peccato che è dentro di te.
Di
fronte alla dichiarazione di Gesù: "Chi di voi è senza peccato scagli per
primo la pietra contro di lei", se ne andarono tutti.
Evidentemente
sapevano a quale rischio si sarebbero esposti se fossero rimasti.
Ora
questa interrogazione questo mettere il punto sopra il peccato che ogni uomo
porta dentro di sé, ci fa capire come tutto il mondo esterno sia opera di Dio,
quindi anche in quest'adultera sorpresa in flagrante adulterio, c'era l'opera
di Dio.
Abbiamo
visto quando abbiamo fatto il confronto fra capitolo settimo e il capitolo
ottavo come in quest’adultera ci fosse un’opera di Dio proprio per questi
farisei.
Il
mondo esterno è creazione di Dio, è opera di Dio, è specchio, quindi è un
invito a rientrare in noi stessi, per osservare quello che portiamo dentro di
noi, quello che c'è di errato nei nostri rapporti con Dio.
Qui
Gesù ha liberato quella donna, poi abbiamo però detto che il capitolo si
conclude con i giudei che prendono le pietre per lapidare Gesù: c'è uno
sviluppo.
Quelle
stesse pietre che Gesù tolse dalle mani dei giudei, adesso le hanno messe nelle
mani dei giudei contro di Sé.
Qui
dobbiamo chiederci quale significato, quale lezione per la nostra vita
personale c'è in questo fatto.
Gesù
che toglie le pietre dalle mani di coloro che vogliono giudicare e condannare
gli altri e le mette e le attira sopra di Sé.
Gesù
è il Pensiero di Dio tra noi, è il Dio tra noi.
Il
peccato dell'uomo è proprio questo trascurare Dio, questo non riportare le cose
a Dio, non recuperare in continuazione il Principio ma tenere le cose staccate
da Dio.
Cristo
mettendo l'accento su questo poi ogni opera ancora verso questi farisei, per
cercare di recuperarli.
E abbiamo in tutto il capitolo ottavo, uno sviluppo
meraviglioso di due grandi linee.
Abbiamo
un crescendo, una serie crescente di dichiarazioni di Gesù, che tendono a un
limite.
Il
limite è quello che Lui dice all'ultimo: "Io sono, prima che Abramo fosse,
Io sono".
Così
Gesù, su come prima dichiarazione, comincia a dire: "Io sono la Luce del
mondo".
E
poi dirà che chi gli rende testimonianza è il Padre.
Poi
c'è tutto uno sviluppo successivo di dichiarazioni, di affermazioni.
E
una serie crescente però in contrapposizione a questo c'è un'altra serie
crescente, è la serie crescente di opposizione a Lui.
E
abbiamo visto quante sono le resistenze, le opposizioni che fanno, la critica
che fanno i farisei, man mano che Gesù aggrava la sua dichiarazione.
Fino
ad arrivare ad affermare quella parola che è insopportabile per l'uomo, se
l'uomo non ha maturato dentro di sé l'Intenzione di Dio, se l'uomo non ha
maturato in sé il Pensiero di Dio.
Poiché
solo il Pensiero di Dio, solo il Pensiero di Dio può portare l'essere di Dio.
Altrimenti
la dichiarazione del "Io sono" di Dio diventa insopportabile e
diventando insopportabile ecco qui che ci troviamo con i farisei che cercano
adesso di uccidere Gesù, perché ha detto una cosa insopportabile.
Proprio
in questa insopportabilità,
per evitare questa insopportabilità, Gesù opera tutte queste dichiarazioni per
cercare di liberarli dal loro peccato.
Noi
tendiamo sempre a coprire il nostro peccato con delle giustificazioni, con
delle ragioni: "Io ho i buoi, io ho i campi, io ho la moglie, io ho la
figura, io ho la carriera, io ho il denaro".
Abbiamo
un'infinità di giustificazioni con cui noi cerchiamo di nascondere il nostro
peccato, però c'è uno sviluppo, c'è un divenire nell'opera di Dio, attraverso
la quale, Dio rende evidente l'intenzione fondamentale della nostra vita.
Ecco
il tempo che passa, la vita che passa, il senso del tempo sta tutto qui: è un
processo di evidenziazione di quello che portiamo nel nostro cuore,
dell'interesse principale del nostro cuore.
Come
lo evidenzia?
Lo
evidenzia facendo sempre una selezione continua di valori e Dio ci propone in
continuazione Se stesso.
Ma
proprio attraverso queste proposte che Dio ci fa, Dio ci fa correre il rischio
dell'indurimento del nostro cuore.
E qui
vediamo quanto il cuore si sia indurito.
Ma
Dio da parte sua opera attraverso la dichiarazione di Sé, di quello che Lui è,
prima di tutto di quello che Lui è nei nostri riguardi e poi di quello che Lui
è in Sé, per suscitare in noi, per formare in noi quell'intenzione che rende
noi capaci di sopportare la sua Verità.
Poiché
se arriva il giorno in cui la dichiarazione della sua Verità non trova in noi
questo desiderio di Lui, posto al di sopra di tutto, questo provoca la non
sopportazione, porta al rifiuto, porta alla ribellione, porta quindi
all'incapacità di restare alla presenza di Dio.
Ecco
Dio opera, prima che avvenga questo giorno, affinché non avvenga.
Poiché
quando Dio dice a noi: "Io sono" il tempo finisce e se in questo
giorno, dicendo questo, in noi non è avvenuta precedentemente
l'interiorizzazione della Verità di Dio, in modo da formare in noi
l'Intenzione, il Pensiero di Dio, succede quello che abbiamo visto qui nella
conclusione.
Abbiamo
detto che in questi due sviluppi che troviamo nel capitolo ottavo, dall'inizio
fino alla fine, abbiamo delle dichiarazioni crescenti di Gesù che si concludono
con: "Io sono" e abbiamo delle ribellioni crescenti di coloro che lo
stanno ascoltando che concludono nella grande ribellione.
Questa
è dichiarazione per ognuno di noi, per evitarci di giungere a quel giorno.
Poiché
necessariamente, fatalmente la vita che passa ci porta, ci costringe a
evidenziare il nostro interesse principale, la nostra intenzione principale e
la Verità a un certo momento ci può offendere.
Abbiamo visto nell'Apocalisse che prima che l'angelo getti il turibolo
con la brace ardente sulla terra, per sconvolgere tutta quanta la terra, prima
di giungere qui, noi abbiamo nel capitolo precedente un angelo che è invitato a
segnare sulla fronte, tutti coloro che hanno l'Intenzione di Dio.
Quel
famoso "Tau" di cui parla Ezechiele.
Il
"Tau" è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico.
Sarebbe
quindi come dire che tutti quanti fossero segnati dalla zeta nel nostro
alfabeta, dal fine.
Segnando
il "Tau" cosa si voleva indicare?
Si
diceva agli angeli devastatori di non nuocere alla terra, perché prima dovevano
essere segnati tutti con questa lettera sulla fronte.
Essendo
l'ultima lettera dell'alfabeto è il fine.
Tra
l'alfa e l'omega è l'omega.
Dio
dice: "Io sono l'alfa e l'omega", in greco.
Per
noi è: "Io sono la a e la zeta".
Ciascuno
è segnato non con il principio, è segnato nel fine.
Ecco
ogni uomo sarà caratterizzato dal fine che porta dentro di sé sulla fronte,
nella mente, nel pensiero.
Dio
opera per segnare ognuno con il fine al quale ha dedicato la sua vita o sta
dedicando la sua vita.
Perché
questa è la condizione, è la premessa per rendere gli uomini capaci di portare
la Verità di Dio che certamente si manifesterà.
La
nostra vita è tutta un cammino verso la grande rivelazione della Verità e della
presenza di Dio in tutto.
Questo
già si fa capire come nell'episodio di quell'adultera, già ci fosse
un'intenzione che poi attraverso lo sviluppo è giunta a una maturazione.
Cioè
quei i farisei che volevano lapidare l'adultera, portavano già in sé, quella
stessa avversione verso Dio, verso la Verità di Dio, pur professandosi seguaci
di Mosè, scrupolosi della legge di Dio, portavano già su in sé, questa
avversione, quell'odio verso Dio che si evidenzierà, che Cristo parlando con
loro evidenzierà.
Loro
non si rendevano conto all'inizio e Dio ha parlato con loro per cercare di
capovolgere quest'intenzione contraria a Dio che portavano dentro di sé.
Se
avessero creduto agli avvenimenti, alle parole, alle opere che Gesù faceva
davanti a loro, avrebbero capovolto la loro intenzione e si sarebbero orientati
a cercare Dio al di sopra di tutto.
Già
nel fatto di non aver cercato il significato di Dio in quell'adultera verso la
quale loro cercavano soltanto di applicare la legge, se avessero avuto presente
Dio Creatore, certamente, si sarebbero chiesti il significato, che cosa Dio
voleva dire loro attraverso quella donna.
In
quanto hanno cercato di giudicarla, di condannarla, già in questo si rivela
un'intenzione profonda nel loro cuore di avversione verso Dio.
Gesù
parlando ha evidenziato.
Questa
intenzione che noi nascondiamo.
Perché
fintanto che viviamo sulla nostra terra, abbiamo tante ragioni, tante
giustificazioni che noi usiamo come schermo per nascondere la nostra vera
intenzione.
Ma
l'opera di Dio fa sì che a un certo momento questa deve venire fuori.
C'è
da augurarsi che prima che la Verità di Dio si manifesti in modo chiaro e crei
in noi una grande ribellione, un grande rifiuto, l'impossibilità di
sopportarla, c'è da augurarsi che in noi avvenga il capovolgimento
dell'intenzione.
Quello
che noi tendiamo nascondere è sempre il rapporto con Dio.
Questo
rapporto che loro avevano con l'adultera non era un rapporto con l'adultera,
era un rapporto con Dio.
E
tutti i rapporti che noi abbiamo con le creature, con il mondo, con il nostro
mondo, noi crediamo che siano rapporti con il mondo, sostanzialmente,
profondamente è un rapporto con Dio.
Allora
i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e
usci dal tempio. Gv 8 Vs 59 Terzo tema.
Titolo: La stella assenzio dell'Apocalisse.
Argomenti: La vita è
caratterizzata dal fine. L'opera
di Dio evidenzia il nostro amore. Tutto
è sacro. Causa,
effetto e fine. Il fine non lo vediamo, perché è legato all'intenzione di
Colui che opera. Il
superamento del pensiero del proprio io è condizione necessaria per cogliere la
finalità delle opere di Dio. Vivere vuol dire unificare in un fine. La
perdita di significato delle cose. Le
conoscenze degli uomini non considerano il fine. Il
conflitto tra le scienze e la vita.
9/Novembre/1986
Casa di preghiera Fossano.
Qui
si dice: "I giudei presero appiglio alle pietre per scagliarle contro Gesù
ma Gesù si nascose e uscì dal tempio".
Abbiamo
visto come in queste pietre che i giudei prendono per scagliarle contro Gesù,
sia evidenziata l'intenzione che già avevano i giudei nel lanciare le pietre
contro l'adultera.
Tutto
questo è una conseguenza del fatto che non capirono lo spirito della legge.
Lo
spirito, cioè l'Intenzione di Dio.
Abbiamo
visto domenica scorsa,
l'importanza dell'intenzione cioè del fine: "Saranno segnati dal tau, dal
fine coloro che cercano Dio al di sopra di tutto".
Perché
la vita è caratterizzata dal fine.
Noi
nasciamo tutti da uno stesso Principio, uno solo è il Creatore.
Noi
nasciamo tutti per opera di Dio ma, non tutti abbiano lo stesso fine e ci differenziamo
non per l'origine, ci differenziamo per il fine.
Vivendo,
in un modo o nell'altro noi, determiniamo una finalità, un amore che poniamo al
di sopra di tutto e il tempo che passa, la vita che passa, l'opera stessa che
Dio sta facendo con noi nella nostra vita, evidenzia (ognuno sarà segnato da-)
l'amore che abbiamo coltivato, che abbiamo messo al di sopra di tutto, per cui
abbiamo sempre avuto tempo, quell'amore per cui siamo sempre stati disponibili,
quell'amore che abbiamo messo in cima i nostri pensieri.
Questo
sarà evidenziato perché quello, sarà il nome con cui ognuno di noi sarà
segnato.
Coloro
che cercano Dio prima di tutto, che hanno Dio in cima ai pensieri della loro
mente, saranno segnati dal tau, proprio dal fine.
Abbiamo
detto che non importa il segno del "tau", importa il significato.
In tutte le cose quello che importa è il significato.
Perché
Dio opera tutto nel suo Pensiero, Dio è uno solo, tutto viene da Dio e tutto
Dio opera per Se stesso, quindi per manifestare, per rivelare Se stesso.
Tutte
le cose che Egli fa, le fa nel suo Pensiero e in quanto le fa nel suo Pensiero,
in tutte le cose c'è una Finalità divina.
Possiamo
dire che l'universo è teologico come la storia è teologica.
Tutto
è storia sacra.
Ogni
giorno è una storia sacra, è una pagina di storia sacra che si svolge nella
nostra vita.
E
la nostra vita stessa è storia sacra ugualmente ed è sacra proprio perché
conduce verso un Fine ben preciso.
Il
fine è quello che Dio ha voluto creando l'universo, creando ognuno di noi.
Dio
ci ha creati per conoscere Lui.
Quindi
in tutte le cose noi dobbiamo preoccuparci di conoscere il Pensiero di Dio
perché dobbiamo preoccuparci di conoscere il Fine.
Questo
sarà il vero nome.
Abbiamo
detto che siccome Dio
in tutte le cose non fa altro che significare Se stesso, tutte le cose sono
fatte sotto questo segno: causa, effetto e fine.
Abbiamo
anche detto però che causa ed effetto si manifestano indipendentemente da noi,
per cui noi assistiamo alla creazione che è tutta fatta per cause ed effetti.
In
tutte le cose Dio significa Se stesso, quindi Dio significa Se stesso come
Creatore e Dio significa Se Stesso per l'opera che Egli fa, quindi causa ed
effetto.
Questo
arriva a noi senza di noi.
Tutte
le cose arrivano a noi con questo sigillo: "Non ci siamo fatte noi, un
Altro ci ha fatte".
Quindi
noi siamo fatti spettatori di opere che recano a noi questa testimonianza.
Questo
è compatibile nel pensiero del nostro io.
Appunto perché si tratta di cose
che arrivano a noi senza di noi.
Il
Fine invece non lo vediamo.
Infatti
il grande problema che assilla ogni uomo è sempre il significato: perché c'è l'universo,
perché c'è la vita, perché succedono queste cose, quale è il significato di
tutto questo?
L'uomo
s'interroga ma difficilmente riesce a trovare la risposta.
Quindi
cause ed effetti sono evidenti, il fine non è evidente.
C'è
un fine nell'universo ma il fine sempre in relazione alla volontà di colui che
opera le cose, poiché Colui che opera tutte le cose è Dio Creatore, il Fine di
tutte le cose che avvengono, quindi il significato di tutte le cose è legato
alla Volontà di Dio.
La
Volontà di Dio che è la sua intenzione.
L'intenzione di un essere è relativa a ciò che un essere
è.
Ne
deriva che l'intenzione si può solo dedurre da un essere.
Quindi
se Dio fa arrivare a noi i suoi segni indipendentemente da noi come cause ed
effetti, non fa arrivare a noi la finalità per cui fa le cose.
Perché
la finalità con cui fa le cose, cioè la sua Intenzione può essere dedotta
soltanto contemplando ciò che Dio è.
Può
essere dedotta da Dio.
L'Intenzione
viene da Dio.
Ora,
in quanto viene da Dio, presupposto perché noi possiamo accedere alla
conoscenza dell'Intenzione con cui Dio fa le cose, è quella del superamento del
nostro io.
Fintanto
che noi siamo e restiamo nel pensiero del nostro io, noi assistiamo a tutte le
opere di Dio come causa ed effetto ma restiamo sempre col punto interrogativo
circa il perché, non sappiamo perché le cose sono così.
Non
c'è nessuna scienza che risponda al perché delle cose.
Il
perché è soltanto Dio che lo dice.
Ma
poiché questo è in relazione al Pensiero, all'Intenzioni di Dio e questo viene
da Dio, si richiede, da parte nostra, il superamento del pensiero del nostro io
(non possiamo pensare contemporaneamente due cose) per elevarci col pensiero in
Dio.
Certo,
se noi potessimo elevarci col pensiero a Dio, noi saremmo del tutto esclusi
dalla possibilità di accedere alla conoscenza del perché delle cose, della
finalità delle cose.
Ma
Dio ha posto in noi il suo Pensiero.
Il
che vuol dire che, attraverso il Pensiero di Dio (è questa la porta per
accedere), noi possiamo elevare la nostra mente a Dio per contemplare da Dio il
fine della sua opera.
Se
noi ci raccogliamo nel Pensiero di Dio, proprio nel Pensiero di Dio e da Dio,
noi possiamo conoscere, capire (perché veniamo convinti da Dio) circa la
finalità per cui Dio fa tutte le cose.
Allora
nel pensiero del nostro io, noi conosciamo le cose come causa ed effetto e la
conclusione è che al posto del fine abbiamo il nulla.
Causa,
effetto, nulla.
Noi
esperimentiamo la fine di tutte le cose ma, dove vadano queste cose noi, non lo
vediamo, la finalità non la vediamo.
Quindi
causa, effetto, nulla.
Se
invece siamo nel Pensiero di Dio, noi contempliamo tutte le opere di Dio come
causa, effetto, fine.
Teniamo
presente che il fine è la condizione per la vita, perché la vita vale in quanto
è finalizzata.
Noi
viviamo in quanto tendiamo a un fine, perseguiamo un fine.
E
quando perseguiamo un fine cosa tendiamo a fare?
Noi
tendiamo a unificare ogni cosa del nostro mondo in quel fine lì.
Tendiamo
a realizzare quel fine lì.
Un
albero ha una sua finalità: è quella di trasformare tutti gli elementi della
sua terra, tutti gli elementi che può assorbire, nella costruzione della sua
vita, del frutto, del fiore eccetera.
Così
anche noi, noi abbiamo tutto un mondo che Dio ci mette a disposizione e vivendo
noi raccogliamo questi elementi di questo mondo in un fine, in un nostro fine.
E
la vita è questa: nell'unificare, cioè nel sottomettere ogni cosa a un fine.
Teniamo
presente che ogni uomo è essenzialmente passione di assoluto.
L'uomo
è passione d'assunto.
Passione
di assoluto vuol dire che quando l'uomo ha un fine tende a sottomettere tutto
il mondo, tutto l'universo, tutte le cose a quel fine.
L'uomo
a quel fine non si accontenta mica di sottomettere solo una cosa o qualcosa.
L'uomo
quando ha mangiato non è soddisfatto soltanto perché ha mangiato, vuole avere
il magazzino pieno di cibo.
L'uomo
quanto guadagna, non si accontenta mica di quello che guadagna, lui vuole
guadagnare tutto.
Appunto
perché l'uomo è dominato da questa passione di assoluto.
Teniamo
presente anche che lui non può mica dimettere questa passione, perché questa
passione è una conseguenza della presenza dell'assoluto nell'uomo.
In
quanto diciamo "passione" vuol dire che la patisce e se la patisce
non è mica libero di liberarsene, non è libero di farla fuori.
L'uomo
subisce questa passione di assoluto.
E
proprio questa passione di assoluto lo porta a sottomettere tutto l'universo a
quel fine per il quale lui vive.
Quando
l'uomo si trova nel pensiero del suo io e quindi considera le cose come causa
ed effetto, in quanto le considera soltanto come cause ed effetto e non vede il
Fine di Dio nelle cose, il fine è quello lui attribuisce alle cose.
Se
l'uomo non cerca Dio, se non supera il pensiero del suo io, l'uomo
necessariamente strumentalizza tutte le cose alla sua finalità.
Ma
la sua finalità non è la Finalità di Dio.
Perché
l'uomo per poter aver presente il Pensiero di Dio deve superare se stesso e deve
dedurre, contemplare le cose in Dio e da Dio.
Perché
soltanto se contempla le cose in Dio e da Dio, allora lui può vedere il
Pensiero, il Fine di Dio e allora può partecipare di questa Finalità, può
allora raccogliere tutte le cose in Dio e allora qui partecipa della Verità ed
entra nel Regno di Dio.
Si
entra nel regno di Dio cercando in tutto il Pensiero di Dio e quindi
raccogliendo tutto in Dio.
Dio
ha dato a noi la passione dell'assoluto, proprio per dare a noi la possibilità
di entrare nella conoscenza di Dio, di avere cioè Dio come fine.
Qui
restiamo nella Verità, non deformiamo la Realtà, perché tutte le cose sono
fatte da Dio in questo Fine, per il suo Pensiero e se noi abbiamo come fine il
Pensiero di Dio, noi rispettiamo la Verità delle cose che Dio opera, non
violentiamo le cose.
Se invece noi non abbiamo Dio come fine, necessariamente usiamo violenza
alle cose, non possiamo rispettare le cose, né le cose, né le creature né gli
uomini.
Necessariamente.
Quanto
più noi conosciamo le cose in questo rapporto di causa ed effetto, quanto più
le conosciamo, tanto più noi possiamo violentare le cose, perché le possiamo
asservire ai nostri fini.
Ma
perché i nostri fini non sono Dio, queste si finiscono in niente, si finiscono
nella morte, nel non significato.
Cioè
noi asservendo le cose al pensiero del nostro io finiamo con questo tremendo
vuoto: noi priviamo tutte le cose del loro significato.
Perché
il nostro io, di per sé, non ha un significato e noi asservendo le cose ad
altro da Dio, noi perdiamo il significato delle cose.
Ma
perdendo il significato delle cose, noi perdiamo la vita.
Perché
quando le cose possedute da noi, usate al nostro fine, perdono di significato,
per noi non sono più motivo di vita.
Una
cosa ci crea perché ha un senso, in quanto ha un significato.
La
nostra stessa vita, quando non ha più senso, non è più sopportabile.
Noi
non cercando Dio in tutto e non cercando il Pensiero di Dio in tutto, noi rendiamo
il nostro mondo invivibile, quindi ci scaviamo la tomba, costruiamo la nostra
morte.
Quando
abbiamo annunciato il tema di oggi, abbiamo detto della stella di cui parla
l'Apocalisse che si chiama Assenzio, che precipitando sulla terra avvelena, intossica,
inquina tutte le acque.
Per
cui tutti coloro che ne bevono restano avvelenati, muoiono.
Questa stella che si chiama Assenzio è la scienza, sono le scienze
dell'uomo.
Le
scienze degli uomini sono costruite su queste due grandi categorie di causa ed effetto.
Le
scienze non considerano il fine.
Tutta
la conoscenza degli uomini è fondata sul rapporto tra causa ed effetto tra le
cose.
Ma
proprio perché considerano soltanto causa ed effetto, quindi non considerano il
fine (le scienze non considerano il fine delle cose) non tengono presente Dio e
proprio in questo diventano motivo di annullamento del significato delle cose.
Attraverso
le scienze dell'uomo possiede, strumentalizza, fa asservire tutte le opere di
Dio ai suoi fini ma, proprio facendole servire ai suoi fini, l'uomo si priva
del significato vero delle cose.
Privandosi
del significato delle cose, si priva della vita.
Possiamo anche dire che tra le scienze e la vita c'è un
conflitto.
Le
scienze hanno poco a che fare con la vita vera dell'uomo, perché non parlano
del fine delle cose, del fine della vita.
A
questo punto dobbiamo ancora dire, come detto prima che le scienze rendono il
mondo invivibile all'uomo e già ne stiamo facendo esperienza.
Né
possiamo pensare che bastino le lotte dei Verdi, degli ecologisti o di coloro
che vogliono difendere la natura per riparare il mondo da questa invivibilità
alla quale approda la conoscenza dell'uomo.
Non
è sufficiente tutta la campagna per rispettare la natura, perché ci stiamo
accorgendo che avvelenando il mondo distruggiamo noi stessi, distruggiamo la
nostra possibilità di vita.
Non
è sufficiente.
Perché
non è sufficiente?
Perché
l'uomo non può annullare la sua passione di assoluto e se l'uomo non ha Dio
come fine, proprio perché non può annullare la passione di assoluto, per questa
passione di assoluto deve distruggere tutto, perché deve asservire tutto ciò
che non è Dio, deve fare il niente e facendo niente lui stesso diventa niente.
L'unica
soluzione per rendere vivibile il mondo a noi, è quella di collegare tutta la
creazione, tutte le opere di Dio con il loro Fine.
Perché
la Vita sta nel Fine e il fine è il Pensiero di Dio e soltanto se noi non
trascuriamo il Pensiero di Dio, anzi solo se noi cerchiamo in tutto il Pensiero
di Dio, anche l'ambiente attorno a noi diventerà per noi aiuto di vita.
In
caso diverso noi verremo a trovarci con un mondo che c'intossica e che renda a
noi impossibile il vivere.
Allora
i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e
usci dal tempio. Gv 8 Vs 59 Quarto tema.
Titolo: "Chi è come
Dio?".
Argomenti: Le
parole di Gesù c'impongono il superamento della nostra mentalità. Il
fine per cui l'uomo vive è il suo principio. Le
pietre rappresentano le ragioni che gli uomini oppongono a Dio. Il
conflitto fra le ragioni dell'uomo e le ragioni di Dio. Le
scienze conducono alla morte poiché ignorano il fine delle cose. Fare
del nostro vero Principio il nostro fine. Noi abbiamo
coscienza solo del fine che perseguiamo. Il
conflitto nel pensiero tra Dio Principio e il nostro fine diverso da Dio. Non
possiamo sostenere la presenza di due finalità nella nostra vita.
23/Novembre/1986
Casa di preghiera Fossano.
Restiamo
ancora in questa conclusione del capitolo ottavo, in cui troviamo questi giudei
che danno di piglio alle pietre per scagliarle contro Gesù, ma Gesù si nascose
e uscì dal tempio.
Abbiamo
visto che la conclusione di tutto questo capitolo si raccoglie in due grandi
termini: "Io sono" la dichiarazione di Gesù ed è l'argomento di Dio, il
grande argomento di Dio e poi le pietre, le pietre che l'uomo scaglia contro il "Io sono" di Gesù ed è
l'argomento dell'uomo.
Ѐ
la conclusione di due grandi serie di argomenti che si svolgono qui nel
capitolo ottavo, iniziando dalle pietre che i giudei volevano scagliare contro
quella donna adultera colta in flagrante delitto.
Abbiamo
visto come in questo sviluppo di pietre ci sia un profondo significato.
Ma già nella prima affermazione di Gesù: "In verità, in verità prima
che Abramo fosse, Io sono", abbiamo già in queste parole di Dio
l'affermazione di una cosa che non è comprensibile dall'uomo, nella sua
situazione di tempo e di spazio.
Abbiamo
visto come queste parole ci costringano, se vogliamo entrare nell'intelligenza
di esse e non scartarle, ci costringano al superamento della nostra mentalità,
al superamento delle nostre esperienze, poiché certamente Gesù nacque millenni
dopo Abramo, per cui nella nostra categoria di tempo in cui, quello che è prima
è prima e quello che è dopo è dopo, noi non possiamo capire queste parole di
Gesù che dice: "Prima che Abramo fosse, Io sono".
Quindi
c'impegna a un salto, a un salto dal nostro mondo al mondo dello spirito, dal
mondo sensibile, dal mondo delle nostre esperienze al mondo dell'intelligenza e
del pensiero là, dove le categorie di tempo e di spazio non servono più.
Nella
nostra mentalità quello che è dopo è dopo, quello che è prima è prima e qui
invece in queste parole che dice Gesù quello che è prima diventa dopo e quello
che è dopo diventa prima.
E
abbiamo visto quando abbiamo meditato su quest’affermazione come in quel dopo
di Abramo ci fosse un prima.
In Abramo che rappresenta la fede di un uomo, in Abramo
abbiamo l'uomo come passione di assoluto.
In
Abramo che desidera vedere il giorno di Dio, abbiano questa passione di
assoluto che desidera vedere l'assoluto ma, proprio questa passione, questo
desiderio di una cosa, questa finalità, ci fa capire come Abramo fosse mosso
dal Pensiero di Dio.
Per
cui il Pensiero di Dio era prima di Abramo, perché era il movente, era la causa
del suo desiderio, della sua passione quindi della sua vita, della sua stessa
vita.
La
caratteristica della vita di Abramo (definizione che dà Gesù) fu questo
desiderio di vedere il giorno di Dio, di vedere il Pensiero di Dio.
Ecco
la finalità è quella che caratterizza l'uomo.
Questo
fine caratterizzò Abramo.
Questo
fine caratterizza ogni uomo.
Ogni
uomo è definito dal fine per cui vive, da ciò che desidera.
Per
cui il fine per cui vive, cioè quello che viene dopo, è quello che lo determina,
quindi è la sua causa, quindi è il suo principio, quindi è il suo padre.
Qui
la parola di Dio ci fa fare un salto di qualità, un salto dal mondo sensibile,
dal mondo esperimentato dall'uomo, al mondo del pensiero, ci porta nel mondo
del pensiero ed è nel mondo del pensiero che noi abbiamo l'intelligenza.
Quindi
questo "Io sono" di Dio si presenta a noi nel mondo del pensiero.
E
poi abbiamo le pietre.
Le
pietre che gli uomini scagliano contro questo mondo del pensiero, contro il
Pensiero di Dio.
Scagliare le pietre contro la Verità di Dio è ridicolo ma noi abbiamo visto
che in queste pietre vengono significate le ragioni che gli uomini oppongono
agli argomenti di Dio, alle esigenze di Dio.
Nelle
pietre sono significate le esperienze degli uomini, gli argomenti degli uomini,
con cui gli uomini tendono a giustificare la loro assenza al problema di Dio.
Già qui s'intuisce una conflittualità, l'inizio una conflittualità, la
conflittualità tra l'uomo e Dio, tra l'uomo che vuole giustificarsi e Dio che
afferma le sue esigenze, le esigenze della sua Verità.
L'argomento
di questa sera è proprio questo conflitto di cui parla l'Apocalisse nel
capitolo dodici, dove si dice: "Nel cielo scoppiò un conflitto, Michele e
i suoi angeli combattevano contro il drago, il drago combatteva insieme con i
suoi angeli ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo".
Già
qui intuiamo l'annuncio di questo conflitto profondo che si forma fra Dio e le
ragioni degli uomini fondate sulle esperienze, fondate su quello che l'uomo
prova nel suo mondo, sulle scienze degli uomini.
Domenica scorsa abbiamo parlato delle scienze degli
uomini che sono
fondate sulle esperienze degli uomini.
Scienze
che sono tutte fondate sul rapporto tra causa ed effetto.
E
abbiamo visto come le scienze conducano l'uomo alla non più vita, poiché
rendono il mondo invivibile all'uomo.
Abbiamo
anche visto perché, perché la vita dell'uomo è essenzialmente fine, finalità.
L'uomo
vive è in quanto ha un fine.
L'uomo
quando si basa sulla sua esperienza, praticamente ha una sua scienza, la
scienza del suo mondo.
Le
scienze e l'esperienze dell'uomo considerano le cose come causa ed effetto, in
questo rapporto causa-effetto, ma non le considera come fine.
L'uomo
nel pensiero del suo io, contempla ogni cosa e gli è facile contemplare ogni
cosa in questo rapporto di causa ed effetto ma il fine gli sfugge.
Abbiamo
visto che il fine sfugge all'uomo, perché il fine di una cosa richiede sempre
la presenza, la conoscenza dell'intenzione di colui che opera quella cosa.
Il
Fine della creazione presuppone in noi la conoscenza dell'Intenzione del
Creatore ma, l'Intenzione del Creatore dipende da ciò che il Creatore è.
L'intenzione
di uno dipende da ciò che uno è.
E
per giungere a conoscere ciò che uno è, bisogna superare il pensiero del nostro
io.
Fintanto
che non superiamo il pensiero del nostro io, noi siamo chiusi fuori, non
possiamo intendere il Fine delle cose, il Fine della creazione, non possiamo
quindi intendere il Fine della nostra vita.
Noi
ci fermiamo soltanto a causa ed effetto.
Quando
noi ci fermiamo a causa-effetto, la conclusione è il nulla, concludiamo con la
morte.
Quindi
tutta la conoscenza che è fondata su causa-effetto ci conduce alla morte.
Le
scienze non salvano l'uomo, le scienze non salvano il mondo e non possono
salvare il mondo e l'uomo, le scienze non possono nemmeno salvare se stesse,
perché considerano soltanto i rapporti causa effetto.
Per
salvare l'uomo ci vuole causa-effetto e fine.
Causa-effetto-fine.
Allora
qui approdiamo non al nulla ma approdiamo al Pensiero di Dio e quindi
approdiamo alla vita eterna.
Conoscere
Dio è vita eterna.
Abbiamo
detto che nel capitolo ottavo ci sono questi due grandi argomenti.
Il
"Io sono" di Dio conclude in infinito, vita eterna.
Le
pietre, questi argomenti, queste ragioni con cui gli uomini tendono a
giustificare la loro assenza dall'impegno a cercare e a conoscere Dio, le
pietre concludono con il niente, il vuoto, la morte.
Siccome
però l'uomo non sopporta il vuoto, il niente, concludono con l'angoscia.
Ora questi argomenti, queste pietre che sono le ragioni con cui gli uomini si
difendono di fronte alle esigenze di Dio, anche queste, essendo ragioni degli
uomini, fanno parte del pensiero dell'uomo.
E
allora nel pensiero dell'uomo noi troviamo, quello che dice il Signore:
"Io sono", troviamo cioè la proposta del Dio che si annuncia a noi e
si annuncia a noi senza di noi, Dio Creatore si presenta a noi senza di noi,
indipendentemente da noi e proprio perché si annuncia a noi senza di noi, noi
non siamo coscienti, non ne prendiamo coscienza però, subiamo le conseguenze.
La
conseguenza l'abbiamo vista, è la passione dell'assoluto.
Passione
di assoluto che portata nel piano del pensiero diventa passione di verità e
quindi passione di unità.
In
quanto Dio si presenta a noi come Colui che è, quindi come il Principio di ogni
cosa, si presenta a noi come fine, perché si presenta a noi, al nostro pensiero
come Colui al quale tutto dobbiamo riportare, al quale tutto dobbiamo riferire.
Essendo
Principio noi dobbiamo accogliere tutto da Lui ma, proprio perché Principio,
questo Principio seminato in questo pensiero che è passione di unità, presenta
a noi quest'esigenza di riportare tutto a Lui.
E
questo riportare tutto a Lui, fa di Lui Principio, il nostro fine.
Solo se noi abbiamo Dio come fine qui adesso, abbiamo la possibilità di
conoscere consapevolmente, quindi di prendere coscienza di quello che Dio è.
Perché
noi in realtà abbiamo coscienza solo di quello che noi desideriamo, solo del
fine che noi perseguiamo.
Fintanto che il nostro fine non è Dio, cioè non è il nostro principio,
noi davanti a noi abbiamo e quindi abbiamo presente e quindi esperimentiamo e
quindi conosciamo, noi esperimentiamo come fine altro da Dio, perché abbiamo
altro da Dio presente.
Ora
l'avere nel nostro pensiero un fine diverso da Dio e avere nel nostro pensiero
Dio, perché Dio è presente nel nostro pensiero, prima di noi, indipendentemente
da noi, l'avere nel nostro pensiero che è una passione di unità, l'avere la
presenza di Dio che si proclama Lui Principio di tutte le cose che noi non
possiamo smentire e avere nel nostro pensiero altro da Dio come fine della
nostra vita, è introdurre nel nostro stesso pensiero un principio di
conflittualità, quindi di tragedia nella nostra vita.
Siamo
noi che introduciamo la tragedia nella nostra vita e la introduciamo proprio
per questo, perché noi poniamo un fine davanti ai nostri occhi diverso da Dio.
Ed
è in nome di questo fine che noi poi portiamo nelle nostre mani le pietre per
lapidare il "Io sono" di Dio e crediamo di giustificarci.
Non
ci giustifichiamo perché di fronte alla Verità di Dio "Io sono",
nessuna nostra giustificazione è sostenibile.
Ma
prima che Dio annulli tutte queste nostre ragioni, noi abbiamo questo conflitto
fra ciò che Dio afferma e ciò che noi affermiamo.
Ciò
che Dio afferma l'abbiamo visto nell'Apocalisse, è la lotta che fa l'arcangelo
Michele.
"Michele"
vuol dire "chi è come Dio".
"Chi
è come Dio", è questa parola che viene contrapposta a tutte le ragioni con
cui noi crediamo di giustificarci davanti a Dio.
Noi
crediamo di giustificarci davanti a Dio, di giustificare la nostra sottrazione
alle esigenze, agli impegni che Lui ci presenta come Principio, quindi come
Fine e quindi si presenta come esigenza di averlo in noi come motivo del nostro
vivere.
Di
fronte alle esigenze di Dio noi opponiamo il padre, la madre, i figli, la
moglie, i campi, i buoi, il lavoro, la società, la figura, abbiamo un'infinità
di argomenti, di ragioni con cui noi crediamo di giustificarci.
Di
fronte a ogni ragione nostra, a ogni nostro argomento, noi troviamo
quest’arcangelo Michele che dice a noi: "Chi è come Dio?".
Tu
opponi il padre? "Chi è come Dio?".
Tu
opponi la società? "Chi è come Dio?".
Tu
opponi un'istituzione? "Chi è come Dio?".
Tu
opponi una legge? "Chi è come Dio?".
Tu
opponi una regola? "Chi è come Dio?"
Tu
opponi un rito? "Chi è come Dio".
Ed
è proprio ponendo questo: "Chi è come Dio?" che mette in evidenza questo
"Io sono", solo Dio è Luce.
E
lo dice nel nostro pensiero.
Allora
noi capiamo che questo conflitto che si scatena nel cielo (il cielo rappresenta
il nostro pensiero), di cui parla l'Apocalisse, questo conflitto si scatena nel
nostro pensiero.
Qui
lo presenta come fatto futuro ma, non è un fatto futuro.
Abbiamo
detto che le parole di Dio non ci portano mica in una situazione futura, le
parole di Dio ci portano nel campo dello spirito a trovare Dio nel nostro
pensiero.
Perché
Dio abita nel pensiero.
Dio
è Spirito e vuole adoratori in spirito e verità.
Allora
quello che si dice futuro, non è una cosa che avverrà, è una cosa di cui noi
dobbiamo prendere coscienza, perché è un conflitto che portiamo già in noi, nel
nostro pensiero.
Il
cielo rappresenta il nostro pensiero.
Dio
abita nella nostra anima, Dio abita dentro di noi, quindi è nella nostra anima
che c'è questo conflitto e le parole di Dio operano per condurci a prendere
consapevolezza di questo conflitto che portiamo dentro di noi e che è un
conflitto insostenibile che ci porta alla morte proprio perché insostenibile.
Noi non possiamo sostenere la presenza di due finalità
nella nostra vita.
Noi
possiamo giungere alla conoscenza di Dio e quindi alla pace, soltanto in quanto
perseguiamo un unico fine e questo fine coincide con il nostro Principio.
Il
Principio è dato a noi senza di noi: Dio e questa è la luce che illumina ogni
uomo che viene a nascere sulla terra, il nostro fine deve coincidere con questo
Principio.
Quindi
noi dobbiamo avere come fine Dio stesso.
Soltanto
quando avremo come fine, quindi avremo presente a noi Dio come nostro fine,
perché quello che forma l'uomo è il fine e non è il principio, soltanto lì noi
usciremo dalla conflittualità e noi troveremo la nostra pace.
Allora i giudei
raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma
Gesù si nascose e usci dal tempio. Gv 8 Vs 59 Quinto tema.
Titolo: La desolazione
dell'abominazione.
Argomenti: Il
conflitto fra le ragioni di Dio e le ragioni dell'uomo. L'assenza
di Colui che è sempre presente. In
cielo si vede la presenza di Dio, in terra no. Non
vedere più la vera Realtà in conseguenza del conflitto con Dio. La
presenza di Dio che ci fa esperimentare la sua assenza. Quello
che è sempre presente al pensiero dell'uomo è il fine. Non
avendo Dio come fine, noi esperimentiamo l'assenza di Dio. La
perdita di significato della vita. Il
tempio vuoto è conseguenza dell'azione dell'uomo.
30/Novembre/1986
Casa di preghiera Fossano.
Ci
fermiamo ancora per l'ultima volta sul versetto 59 del capitolo ottavo di San
Giovanni e qui c'è la conclusione di tutto.
Qui
i farisei diedero di piglio alle pietre per scagliarle contro di Lui ma, Gesù
si nascoste e uscì dal tempio.
Abbiamo
commentato le parole precedenti.
Questa
sera ci rimane l'ultima affermazione: "Gesù si nascose e uscì dal
tempio".
Anche
qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato ci sia in questo fatto
per la nostra vita personale, che cosa Dio ci vuole rivelare di Sé in questo.
Perché
in tutto quello che è avvenuto nella vita di Gesù, sia parole che fatti,
essendo Gesù il Figlio di Dio tra noi, il Pensiero di Dio tra noi, è
rivelazione di quello che avviene nella nostra vita personale, quindi è lezione
per questo.
Per
questo non bisogna mai intendere le cose al passato e nemmeno intenderle al
futuro, sono lezioni per la nostra vita personale, soprattutto per condurre noi
a scoprire il mistero che portiamo in noi.
Noi
siamo portatori del mistero di Dio.
L'uomo
è portatore della presenza di Dio, di quest’assoluto, di questo infinito, di
questo eterno che abita in noi.
Ogni
uomo è tempio di Dio e tutti i nostri problemi sono determinati da questa
presenza dell'assoluto in noi.
Fintanto
che noi non teniamo presente questa presenza di Dio in noi, tutti i nostri
problemi sono avvolti nella notte, sono avvolti nel mistero.
"Gesù
si nascose e uscì dal tempio", questo avvenne dopo il conflitto.
Domenica
scorsa abbiamo considerato il conflitto.
Il
conflitto che avviene nella nostra mente, nel nostro pensiero tra Colui che è
presente: Dio e i nostri argomenti, le nostre ragioni che sono fondate sulle
nostre esperienze, sulle esperienze del pensiero del nostro io, sulle
esperienze che il pensiero del nostro io, a contatto della creazione di
Dio, fa.
Abbiamo
visto come proprio per queste esperienze, si formi un conflitto tra ciò che noi
sappiamo e ciò che Dio dice.
Un
conflitto che arriva all'insopportabilità.
Quando
Gesù dice: "Prima che Abramo nascesse, Io sono", dice all'uomo che si
basa sulla sua esperienza, una cosa insopportabile.
Anche qui di fronte a queste parole, a questo fatto che avviene dopo il conflitto,
c'è una lezione profonda ma, subito c'è un problema ed è questo: in Gesù che si
nasconde ed esce dal tempio, c'è l'annuncio, la rivelazione di Dio che si può
nascondere e uscire dal tempio.
Tempio
di Dio è ogni uomo.
Nasce
il problema: è possibile e come, quando e perché?
Ѐ
possibile che Dio che è presente in tutto, si nasconda ed esca dal tempio?
Evidentemente
Dio non si sposta da un luogo all'altro.
Colui
che è assoluto, non abita mica in luoghi definiti.
Lo
spostamento da un luogo all'altro, avviene in chi abita in luoghi definiti,
finiti.
Dio
è infinito, Dio abita solo in se stesso quindi evidentemente Dio non si sposta
né si nasconde.
Allora
c'è questo problema: che cosa vuole significare a noi Gesù che è il Dio tra
noi, nascondendosi e uscendo dal tempio?
Apparentemente
per noi è impossibile che Dio si nasconda, che Dio esca dal tempio, poiché Dio
è sempre presente, perché Dio non si muove.
Eppure
c'è un'esperienza ed è un'esperienza esistenziale di ogni uomo, quella
dell'assenza di Dio.
Nascondersi
vuol dire rendersi non più presente.
Ѐ
esperienza di ogni uomo proprio l'assenza di Dio, il vuoto, il silenzio di Dio,
Dio che non si trova più.
Ogni
uomo fa quest'esperienza, la esperimenta.
Ma
poi c'è anche la parola stessa di Gesù che dice: "Dove Io sono voi, non
potete venire".
Proprio
in questo capitolo sentiamo tutte le domeniche leggere la parola di Gesù che
dice: "Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù, dove Io sono voi, non
potete venire".
Aggiunge
ancora: "Voi avete occhi e non vedete".
Il
che fa pensare che noi possiamo avere occhi e non vedere.
Non
vedere che cosa?
Non
vedere ciò che è presente.
Abbiamo
l'esperienza esistenziale che ogni uomo fa: l'uomo costata molte volte questo
vuoto, quest'assenza di Dio e abbiamo la parola stessa di Dio che dice a noi
questa impossibilità a trovare la sua presenza, a trovare Lui.
E
poi abbiamo quando letto nell'Apocalisse.
Quello
che avvenne dopo il conflitto.
Dopo
il conflitto tra l'arcangelo Michele contro Satana e i suoi angeli dice
l'Apocalisse: "Non si trovò più in cielo luogo per essi e Satana fu
precipitato in terra".
In
questo Satana che viene precipitato in terra, dopo il conflitto (il conflitto
era "chi e come Dio?"), c'è la chiave di volta per questo Gesù che si
nasconde e che esce dal tempio.
Cosa
significa che per Satana non ci fu più luogo in cielo e che fu precipitato in
terra?
Cosa vuol dire cielo e cosa vuol dire terra?
Gesù
a un certo momento in una sua parabola dice: "Gettatelo nelle tenebre
esteriori" perché uno non aveva l'abito delle nozze per restare al pranzo
di nozze, per restare nel Regno di Dio.
"Gettatelo
fuori nelle tenebre esteriori", quindi fa coincidere questo "fuori
tenebre esteriori" con Satana che viene precipitato in terra.
Cosa
significa cielo e cosa significa terra?
Il
cielo è il luogo in cui si vede la presenza di Dio.
La
terra è il luogo in cui non si vede la presenza di Dio.
Sulla
nostra terra noi non vediamo la presenza di Dio, noi vediamo la presenza di
tutte le creature, vediamo la presenza dei corpi, vediamo la presenza degli
uomini, vediamo la presenza delle pietre, quelle famose pietre che vengono
gettate contro il "Io sono" di Dio, ma non vediamo la presenza di
Dio.
Allora
dobbiamo chiederci perché in cielo si vede la presenza di Dio e in terra non si
vede la presenza di Dio?
Abbiamo
già detto le domeniche scorse che Dio manifesta a Se stesso, rivela la sua
presenza sono nel suo Pensiero.
Solo
il Pensiero di Dio può portare la presenza di Dio.
Il
cielo allora è il Pensiero di Dio, è dove si vede in tutto il Pensiero di Dio.
Nel
Pensiero di Dio si vede la presenza di Dio.
La
terra è il luogo in cui non si vede il Pensiero di Dio.
E
come mai non si vede il Pensiero di Dio?
Forse
la terra non è anche opera di Dio?
Forse
la terra non appartiene al cielo di Dio?
Certo
anche la terra appartiene al cielo di Dio però, la terra è tutto ciò che noi
esperimentiamo nel pensiero del nostro io.
Tutto
ciò che noi esperimentiamo nel pensiero del nostro io, non viene riportato nel
Pensiero di Dio senza di noi.
Qui
c'è l'arresto.
Il
pensiero del nostro io può essere un posto di blocco.
Noi
possiamo fermarci a quello che appare al pensiero del nostro io, a quello che
sembra, a quello che noi tocchiamo, a quello che noi vediamo.
Quando
noi diciamo: "Le cose sono così perché io le vedo così",
evidentemente facciamo dipendere la realtà da quello che noi vediamo, da quello
che noi tocchiamo.
Ma
noi, senza renderci conto, proprio in quanto facciamo dipendere la realtà da
quello che il nostro io esperimenta, da quello che il nostro io tocca, noi
escludiamo la vera Realtà, la Realtà è Dio.
Tutta
la terra e tutte le cose che noi esperimentiamo e tocchiamo, sono soltanto
segni di questa grande Realtà maiuscola che parla a noi e che opera in noi.
La stessa passione di assoluto che caratterizza l'uomo, è
un segno della presenza di Dio.
Però
noi possiamo rivolgere questa passione di assoluto a ben altro da Dio e allora
possiamo fare della passione di assoluto la causa, il motivo per creare in noi
una frattura tra noi e Dio, una frattura tra noi e la Realtà.
Perché
abbiamo detto che Dio è la Realtà che parla a noi.
Tanto
è vero che noi per restare a contatto con questa Realtà, dobbiamo sempre tenere
presente Dio, Colui che è: "Io sono", la sua opera e il pensiero di
noi stessi.
In
tutto è Dio che parla con ognuno di noi.
Quindi
abbiamo Dio, la sua parola e noi, il fine al quale Dio fa giungere il suo
parlare.
Se
invece noi ci fermiamo a questo rapporto orizzontale tra i segni di Dio e il
nostro io e diciamo che questa è la realtà, succede che noi apportiamo una
frattura nel nostro pensiero, in noi, fra i segni e Dio, tra noi e la Realtà.
Ora,
il non vedere più la Realtà maiuscola, è chiamato in termini tecnici
schizofrenia ed è qui che si esperimenta l'assenza.
L'assenza,
abbiamo detto è Gesù che si nasconde, è Dio che si rende assente, che non si fa
più vedere: è una conseguenza di un conflitto.
Dio
è il presente, quindi Dio si nasconde in conseguenza del conflitto.
Ma
il conflitto nasce in quanto noi opponiamo le pietre.
Le
pietre sono le ragioni che noi esperimentiamo nel nostro io, le nostre ragioni
materiali, le ragioni del nostro mondo, quindi noi opponiamo a Dio, agli
argomenti di Dio, i nostri argomenti, le nostre ragioni: "Io ho i buoi, i
campi e la moglie non posso venire".
E
Gesù dice: "Questi non gusteranno la mia cena".
Ecco
la frattura ecco l'assenza.
Quindi Dio è il presente, sempre presente però, a un certo momento le ragioni che
noi opponiamo a Dio, prevalgono sulla presenza stessa di Dio.
Sembra
strano questo: le ragioni che noi opponiamo a Dio, sono più forti di Dio in noi
e creano l'assenza.
Cioè
fanno a noi esperimentare l'assenza di Dio.
Prevalgono,
non è che annullino Dio e la sua presenza.
Tant'è
vero che quando noi esperimentiamo l'assenza di qualche cosa, è perché questo
qualche cosa l'abbiamo presente in qualche parte di noi, altrimenti non
constateremo mica l'assenza.
Noi
constatiamo l'assenza, in quanto abbiamo presente quello che noi cerchiamo,
quello che noi desideriamo, l'abbiamo presente in noi, dentro di noi, nel
nostro pensiero e non lo vediamo davanti a noi, non lo vediamo nel campo che
esperimentiamo.
Quella
presenza che ci fa toccare con mano l'assenza, quella non la cancelliamo mica, ed
è quella che ci crea il tormento dell'assenza, che ci fa patire l'assenza.
Quindi
l'assenza di Dio è ancora una parola di Dio, una parola della presenza di Dio.
Se
Dio non fosse presente in noi, noi non constateremo l'assenza di Dio.
Per
questo dico che prevale la nostra ragione che opponiamo a Dio e ci fa
esperimentare l'assenza, l'assenza nello sperimentato ma, mica l'assenza nel
pensiero.
Perché
proprio la presenza di Dio nel nostro pensiero, ci fa toccare con mano
l'assenza.
Ma cosa ci vuole allora per esperimentare la presenza?
Ho
detto molte volte che l'uomo è fatto, caratterizzato dal fine.
Il
fine è ciò che veramente l'uomo, l'uomo ha presente e il fine, ciò che lui
desidera, ciò a cui rivolge il suo pensiero e questo l'ha veramente presente.
Per
poco che l'uomo dimenticasse il fine, dove deve andare cioè, non l'avesse
presente, immediatamente sbanderebbe ed entrerebbe in crisi.
Quindi
quello che caratterizza e che è sempre presente al pensiero dell'uomo è il
fine.
Questo
ci fa capire perché l'uomo esperimenta l'assenza di Dio.
L'uomo
esperimenta l'assenza di Dio fintanto che non ha Dio come fine.
Perché
se non ha Dio come fine, ha un altro fine ed è proprio quest’altro fine da Dio,
che porta via a noi l'esperienza di Dio (non la presenza di Dio, perché Dio non
può essere cancellato), porta via a noi l'esperienza della presenza di Dio.
Perché
noi esperimentiamo il fine.
Noi
abbiamo presente il fine e fintanto che non abbiamo Dio come il nostro fine,
personalmente, e quindi non cerchiamo, non dedichiamo la nostra vita a
conoscere Lui, noi ci offriamo all'esperienza dell'assenza di Dio, del vuoto,
del silenzio.
E
quando la vita perde di significato non è più sopportabile.
L'assenza
di Dio esperimentata da noi, semina in noi la morte, semina in noi
l'insopportabilità della nostra stessa vita, perché priva noi del significato
delle cose.
Ciò
che dà significato delle cose, alla nostra vita è il Principio ma, il Principio
in quanto diventa per noi fine, in quanto tutte le cose noi le riportiamo al
Principio.
Soprattutto
quando il nostro vivere lo riportiamo al Principio.
Per
cui è questo fine che coincide col Principio che dà significato alla nostra
vita.
La
mancanza di significato crea la desolazione e abbiamo questo "Uscì dal
tempio".
Dio
che esce dalla sua casa, è l'esperienza della desolazione, della solitudine.
Nel
Vangelo si parla, quando si annuncia la fine del mondo, cioè il crollo di tutti
valori, di un tempo: "In cui vedrete l'abominazione della desolazione
posta là, dove non dovrebbe esserci", cioè posta nel tempio sacro dove non
dovrebbe esserci.
Eppure
voi vedrete.
La
parola di Dio è per ognuno di noi, il che vuol dire che nella nostra vita
personale arriva un giorno in cui ognuno di noi vedrà l'abominazione della
desolazione posta là, dove non dovrebbe esserci.
Perché
noi siamo tempio di preghiera, tempio in cui Dio è sempre presente perché è
sempre esposto.
Tanto
esposto che noi non possiamo dimettere la nostra passione di assoluto.
La
passione di assoluto è espressione di questo Dio che è presente in noi, che è
esposto in questo tempio, sempre.
"Dove
non dovrebbe esserci" e c'è un'aggiunta, quando Gesù dice questo dice:
"Chi legge intenda".
Ѐ
un invito a capire.
Direi
che questa frase, invito a capire è molto importante perché l'abominazione
della desolazione è una frase che non si capisce.
Non
si capisce proprio per le parole come sono state messe.
"Abominazione"
vuol dire (se ci fermiamo soltanto latino) ciò che nasce dall'uomo.
"Desolazione"
il "de" significa lontananza e quindi è questa solitudine che si
verifica nella lontananza.
Nel
rapporto come sono poste le parole non si capisce.
Si
capisce se noi vediamo la desolazione dell'abominazione cioè la solitudine, il
vuoto che si esperimenta per azione dell'uomo.
Il vuoto nel tempio, questa desolazione si esperimenta in conseguenza del
conflitto ma il conflitto non è opera di Dio, il conflitto è opera dell'uomo,
quindi è in conseguenza dell'azione dell'uomo che l'uomo esperimenta l'assenza
di Dio.
Perché
l'uomo diventa figlio delle sue opere, quindi figlio della sua azione e quando
lui non riporta le cose a Dio, non ha Dio come fine, il fine diverso da Dio,
quindi quest'azione dell'uomo (Dio essendo la Verità vuole che tutte le cose
siano riportate a Lui: "Dà a Dio quello che è di Dio") interrompe,
rompe questo ritorno a Dio e lo rompe soltanto dentro di sé.
Ma
proprio rompendolo dentro di sé, lui ne subisce le conseguenze.
Le
conseguenze sono questa solitudine, questo tempio vuoto.
Tempio
vuoto vuol dire che la nostra terra, la nostra casa, la nostra vita, il nostro
parlare diventano solo più segno.
Il
rito diventa una recitazione, la parola senz'anima e non dice più niente, la
lettera è senza spirito e uccide.
La
vita diventa recitazione, diventa routine, diventa abitudine, ecco il tempio
desolato, abbiamo i segni ma non c'è più la presenza di Lui che dà significato
a tutto.
Abbiamo
la tomba vuota, abbiamo l'orma che ha lasciato Colui che è passato.
Noi
vediamo le orme ma Lui non lo vediamo più.
Tutto
questo è conseguenza del fatto che l'uomo ha posto come fine altro da Dio.
Ora
porre come fine altro da Dio è chiudere il cerchio che ci esclude da Dio.
Poiché
la presenza è data dalla fusione di due termini: Principio e fine.
Quando
il nostro fine coincide con il Principio noi facciamo esperienza della presenza
di Dio ma, quando il nostro fine è diverso dal Principio, dal Creatore noi
facciamo l'esperienza dell'assenza.
Ora
quando noi poniamo nella nostra vita altro come nostro fine, siccome il fine è
quello che determina noi e quindi diventa il nostro principio, noi poniamo
altro da Dio come principio e come fine nostro.
Avere
altro da Dio come principio e come fine vuol dire mettersi al posto di Dio,
perché non c'è nessuna cosa creata che sia o che possa essere principio e fine.
Quando
noi poniamo altro come nostro fine e lo poniamo come nostro principio, noi
suscitiamo l'ira dell'arcangelo Michele: "Chi è come Dio".
Quel
conflitto che avviene nel nostro pensiero.
Il
nostro pensiero è là dove Dio è presente.
Non
possiamo opporre a Colui che è Principio e Fine altra cosa come principio e
come fine.
Se
lo facciamo noi sperimentiamo la desolazione che deriva dall'abominazione cioè
che deriva dall'azione dell'uomo.
Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di
lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio. Gv 8 Vs 59
Riassunto Prima parte
Riassunto Domenica – Lunedì.
Argomenti: L’immoralità è
finalizzare a sé – La scienza – L’io che si fa centro – Collegare tutto con
Dio – Strumentalizzare la creazione – Il bisogno di capire – Il peccato è
omissione – L’albero della scienza del bene e del male – I dieci lebbrosi – Dio opera convincendo
– L’interesse personale – L’angoscia e il suicidio – Dare a Dio ciò che è
di Dio – Le scienze rendono il mondo invivibile – Conflitto assoluto/
relativo – Sopportare l’essere di Dio – Dio principio e Dio fine – L’Io sono di Dio – L’amore senza
misericordia – Immersi nel regno di Dio – Il Tau – Il fine caratterizza
l’uomo – I rapporti con le creature e Dio – Sottomettere la creazione – La significazione
della Trinità – Conoscenza di causa/effetto – Approvazione o rifiuto della creazione – Stella assenzio – La venuta dello
Spirito santo – La Parola e la Realtà – L’arca di Noè – L’ecologia – La responsabilità
personale – Solo il Pensiero di Dio contempla il Padre -
16/Novembre/1986 Casa di
preghiera Fossano.
Allora i giudei raccolse
pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio. Gv 8 Vs 59 Riassunto seconda parte
Riassunto Domenica – Lunedì.
Argomenti: Conflitto tra due
principi – Scollarsi dalla Realtà – L’armonia con Dio – Gli argomenti umani
– Essere virtuosi – Cielo e terra – Le tenebre esteriori – Collegare con Dio – Sentito dire e ricerca
personale – Cercare in tutto il Pensiero di Dio – Segni nuovi o vecchi – Il peso dell’io – I segni macchiati – Il tradimento
della parola – L’assenza di Dio – Intelletto e esperienza – Esperimentare Dio – La Parola diventa
fuoco – Il compimento di Dio – Soggettività e oggettiva – Il dubbio – Il pubbicano – Il figliol prodigo – I cuori si rivelano – La fine del mondo – Zichichi – Il sentimento – La paura – Trovarsi a destra o a
sinistra di Dio – Interiorizzare – Non sopportare l’amore di Dio – Siamo fatti in
coppia – Tormentati dai nostri idoli – In tutto trattiamo con Dio – Spirito e lettera – In tutto trattiamo
con Dio – L’adultera e Gesù – L’esterno e il nostro interno -
7/Dicembre/1986
Casa di preghiera Fossano.