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Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Primo tema.


Titolo: Solo il Pensiero di Dio può sopportare Dio.


Argomenti: L'insopportabilità per l'uomo della Parola di Dio. La sopportazione nell'uomo è data dalla sua capacità di comprendere. La capacità di comprendere deriva da ciò che l'uomo ha interiorizzato. Il raccoglimento nel Principio avviene attraverso il Pensiero di Dio. L'incompiuto è il principio della menzogna, della pazzia e della violenza dell'uomo. Le pietre rappresentano l'incompiuto che c'è nell'uomo. Non ci possono essere due unificazioni. Sopportare Dio come causa ma non come fine.


 

26/Ottobre/1986  Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti alla conclusione del capitolo ottavo di San Giovanni.

E la conclusione è triste.

I giudei, viene detto qui, di fronte all'affermazione di Gesù: "In verità, in verità Io vi dico, prima che Abramo fosse, Io sono", presero delle pietre per scagliarle contro di Lui.

Questo capitolo qui inizia con le pietre e termina con le pietre.

Ѐ iniziato con uomini che volevano scagliare pietre per lapidare una donna sorpresa in flagrante delitto di adulterio e termina con uomini che vogliono scagliare pietre contro Gesù.

Dalle prime pietre contro una donna, a queste pietre contro Gesù, c'è un significato profondo.

Ne parleremo poi.

Adesso prima di tutto, dobbiamo cercare di approfondire il significato di queste pietre.

Qualcuno questa settimana mi ha chiesto il significato di quanto è scritto qui nel capitolo ottavo dell'Apocalisse, nel versetto quinto in cui viene detto: "Poi l'angelo prese l'incensiere e il turibolo, lo riempì con il fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra. Ne seguirono scoppi di tuoni, clamori, fulmini e scosse di terremoto".

Ecco il tema, l'argomento di oggi è proprio questo incensiere, questo turibolo che serviva nel cielo per adorare Dio.

"Gli furono dati molti profumi perché li offrisse con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro posto davanti al trono".

L'argomento di oggi è questo incensiere fatto per offrire preghiere al Santo dei Santi, al Dio eterno, Assoluto che viene rovesciato sulla terra con tutte le conseguenze.

Noi qui ci troviamo con uomini che di fronte alla parola di Dio, quella parola che abbiamo visto è un ponte che collega il nostro mondo finito con l'infinito di Dio, di fronte a queste parole qui, meravigliose e sublimi di Gesù che dice: "Prima che Abramo fosse, Io sono", abbiamo uomini che non passano all'infinito della parola, ma si fermano al di qua del ponte.

Si fermano cioè a osservare queste parole nello schema della loro materialità, nello schema della loro esperienza, della loro conoscenza e non cercano di vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Perché abbiamo detto che si passa al di là del ponte e si cerca il significato infinito che ogni parola che essendo parola di Dio reca a noi, in quanto si cerca di vedere la cosa dal punto di vista di Dio.

Fintanto che le cose noi le vediamo dal nostro punto di vista che è il punto di vista dei nostri sensi, dei nostri sentimenti, delle conoscenze che noi facciamo del nostro mondo, fintanto che noi osserviamo le cose da questo punto di vista, certamente noi restiamo al di qua del ponte e perdiamo la grazia, l'occasione che ogni parola di Dio, giungendo a noi offre per passare nel cielo di Dio a vedere le cose nella luce di Dio.

La salvezza sta nel giungere a vedere le cose dal punto di vista dello Spirito Dio, nell'unità di Dio.

Qui invece di fronte a queste parole qui di Gesù: "Prima che Abramo fosse Io sono", a qualcuno saltarono i nervi.

E queste pietre sono proprio il significato di questi nervi che rivelano quanto l'uomo sia debole a sopportare ciò che non riesce a capire.

Questa debolezza che c'è nell'uomo da che cosa è formata, da che cosa è determinata?

Questa violenza che un certo momento si scatena nell'uomo, perché l'uomo diventa violento e diventa violento verso ciò che non riesce a comprendere.

Gesù dirà: "Il mondo mi odia perché Io non li giustifico, perché Io non sono del mondo, perché Io dimostro che le opere del mondo sono malvagie".

E noi vediamo che qui nel Vangelo, soprattutto in quello di San Giovanni, tutte le volte che Gesù afferma queste parole meravigliose che ci fanno passare nell'infinito, dell'assoluto di Dio quali queste: "Prima che Abramo fosse, Io sono", oppure quando dice nel capitolo decimo: "Io e il Padre siamo una cosa sola", tutte le volte che Gesù afferma questo, ne segue che gli uomini prendono le pietre per lapidarlo.

Ecco abbiamo "Io sono" come argomento di Dio e abbiamo le pietre come argomento dell'uomo.

E queste pietre argomento dell'uomo sono espressione della debolezza di nervi dell'uomo nel sopportare.

C'è una parola di Dio che è insopportabile all'uomo e dobbiamo chiederci qual è la fonte di questa insopportabilità.

Perché queste cose che vengono dette qui, in quanto vengono dette, sono parole di Dio per noi, e anche questa scena di uomini che prendono delle pietre per scagliarle contro Gesù, è parola di Dio per noi, di cui noi dobbiamo cercare la lezione, il significato per la nostra vita vera.

Perché tutto quello che viene detto, viene detto per evitare a noi l'errore, viene detto per farci entrare nella vita, la sintesi di tutti gli errori è quello di Giuda.

Giuda è stato un attore, per evitare che tutti noi fossimo dei Giuda.

Quindi anche qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato c'è, soprattutto dobbiamo chiederci che cosa Dio ci voglia significare di Sé in questi uomini che hanno crisi di nervi.

L'uomo è debole ma perché questa debolezza?

Abbiamo trovato uomini e soprattutto qualche donna e donna molto peccatrice che di fronte alle parole di Gesù, altrettanto incomprensibili all'aspetto umano, al volto umano, hanno aderito, hanno adorato, hanno compreso, hanno creduto.

E ci sono invece uomini forse molto religiosi che si credono molto giusti, figli di Abramo, uomini che ritenevano di avere per padre Dio, che di fronte a queste parole di Gesù entrano in crisi, non sopportano.

Questa parola di Gesù, questo: "Io sono" rappresenta questo turibolo che viene scagliato sulla terra e produce fulmini, terremoti, tuoni clamore.

È la parola insopportabile sulla terra: "Io sono".

Quella parola nel cielo di Dio serve per adorare Dio, per glorificare Dio, per pregare Dio, nel cielo di Dio si riconosce Dio attraverso il "Io sono" di Dio.

Dicendo: "Tu sei" e soltanto proclamando e glorificando il "Io sono" di Dio, noi partecipiamo di quello che Dio è e non parlando di noi. Questa parola meravigliosa che ci rende partecipi, che ci è data per renderci partecipi della Verità di Dio, della Vita di Dio proiettata in terra produce violenza, produce guerra, produce crisi, produce pazzia, produce morte, questa stessa parola, perché l'uomo non la sopporta.

La sopportazione dell'uomo è data dalla capacità di comprendere.

Là dove l'uomo non può comprendere, non può sopportare.

E cos'è che forma nell'uomo la capacità di comprendere?

Abbiamo visto precedentemente, che questa capacità di comprendere deriva da ciò che l'uomo ha interiorizzato.

L'interiorizzazione non avviene senza l'uomo e l'interiorizzazione è quest'opera di raccoglimento di tutte le cose nel principio luce che portiamo dentro di noi e il principio luce è Dio Creatore, Dio è il principio di tutto .

Noi interiorizziamo nella misura in cui raccogliamo ogni cosa in questo Principio.

Nella misura in cui raccogliamo in continuazione in questi Principio.

Quest'opera di raccoglimento, d'interiorizzazione non avviene senza di noi.

Il che vuol dire che noi corriamo il rischio, ogni giorno di perdere contatto con questo principio.

Gesù dice: "Chi con me non raccoglie disperde".

Il raccoglimento in questo Principio avviene attraverso il Pensiero di Dio.

Gesù dice, Lui che è Pensiero di Dio: "Chi con me non raccoglie disperde".

Il Pensiero di Dio proprio perché è Figlio di Dio: il Pensiero di Dio, accoglie tutto da Dio e riporta tutto a Dio e proprio in quest'opera di accoglienza di tutto da Dio e di riporto di tutto a Dio, c'è questa partecipazione continua a ciò che Dio è.

Ora di Gesù dice: "Chi con me non raccoglie".

Evidentemente dicendo: "Chi con me non raccoglie" ci fa capire che c'è il rischio, c'è la possibilità di non raccogliere e non raccogliendo noi perdiamo contatto con il Principio.

Perdendo questo contatto con il Principio ecco che in noi non si forma quell’interiorizzazione che è principio luce in noi, che dà a noi e la capacità di comprendere e quindi dà noi la capacità di sopportare.

Tutto quello che noi non colleghiamo con il principio resta incompiuto in noi e quando abbiamo parlato di questo fatto incompiuto (segno di Dio perché tutto è segno di Dio, tutto è parola di Dio tutto è opera di Dio) abbiamo visto che quest'opera può restare in noi incompiuta.

Questo incompiuto è il principio della menzogna nell'uomo.

Perché questa incompiutezza si forma in un campo di passione di assoluto, qual è l'uomo.

L'uomo è una passione di assoluto e quando lui non riporta un segno di Dio a Dio, non lo riporta nel Principio, questo segno diventa per lui oggetto di passione, diventa per lui scopo di vita, scopo del suo stesso pensiero, quindi diventa movente in lui.

A questo punto l'uomo tende a fare di un segno, di un frammento dell'opera divina, tende a farne un tutto, appunto perché è dominato dalla passione di assoluto e quindi diciamo che tutto ciò che l'uomo ama, tutto ciò che l'uomo fa oggetto di pensiero, lo ama e lo fa oggetto di pensiero come cosa assoluta e vuole che sia assoluto.

Tutti segni e le opere di Dio che Dio fa giungere a noi non sono assoluti, perché assoluto è solo Dio, ma sono mezzi che Dio fa giungere a noi, per dare a noi la possibilità di raccoglierli in Lui.

Perché nella misura in cui noi raccogliamo in Lui, noi veniamo a conoscere Lui.

Tutti questi frammenti che Dio ci fa arrivare, uniti alla nostra passione di assoluto, vengono deformati perché vengono da noi voluti come termini assoluti.

Ora quando un frammento vuole essere tutto, qui abbiamo l'inizio della menzogna dell'uomo, abbiamo l'inizio della pazzia ma abbiamo anche l'inizio della violenza.

E abbiamo l'inizio delle pietre.

Abbiamo detto che cosa significano per noi queste pietre?

Queste pietre rappresentano tutti i segni di Dio, tutte le parole di Dio, tutte le opere di Dio, che non vengono riportate a Dio, che restano in noi come frammenti dell'opera di Dio e che assumono in noi però l'aspetto di assoluto.

Un mezzo che viene da noi posto come fine del nostro vivere, del nostro pensare, del nostro agire, diventa una pietra.

Tutto ciò che venendo da Dio, non viene riportato a Dio, diventa materia, diventa pietra.

E diventa argomento di violenza, di violenza contro il cielo.

Perché rende noi incapaci di sopportare le cose del cielo.

Quando noi viviamo per una cosa, il nostro desiderio, la nostra passione è quella cosa lì.

Abbiamo detto che quando una cosa è oggetto del nostro pensiero, da oggetto di desiderio diventa movente del desiderio stesso.

Per cui Gesù diceva: "Se Abramo desiderò vedere il mio giorno, è perché è stato mosso dal mio Pensiero", quindi ciò che Abramo desiderò vedere fu il movente del suo stesso desiderio, il principio del suo stesso desiderio.

Quando noi desideriamo una cosa, pensiamo a una cosa, quella diventa il movente, il principio.

Ma se questa cosa non è Dio, è altro da Dio, ecco che noi abbiamo un Principio in conflitto con un altro principio.

Proprio per quella passione di assoluto che in noi diventa passione di unità, di unificazione in una cosa sola.

Non ci possono essere due unificazioni.

Allora l'unificazione in un frammento, in un segno di Dio diventa opposizione al tutto che Dio è.

Per questo: "Io sono" di Cristo diventa insopportabile a noi e diventando insopportabile, noi adesso ci difendiamo con le pietre, ci difendiamo cioè con i nostri argomenti, con le nostre ragioni, con i nostri diritti, con le nostre leggi, con le nostre regole, con tutto ciò che non è Dio e che noi opponiamo a Dio per giustificare noi di fronte all'esigenza di Dio.

In tutto c'è una lezione positiva di Dio.

Anche qui dobbiamo chiederci quale sia la lezione positiva di questa insopportabilità, di uomini che prendono delle pietre, prendono argomenti, i loro argomenti materiali che possono anche essere regole di vita religiosa, per giustificare il rifiuto del "Io sono" di Cristo.

Il significato positivo è che ci rivela il luogo in cui si forma la capacità di sopportare Dio.

Il luogo in cui è possibile sopportare Dio è solo il Pensiero di Dio.

Solo il Pensiero di Dio può sopportare l'essere di Dio.

Ogni altro pensiero non può sopportare Dio come Colui che è.

L'uomo nel pensiero di se stesso, può sopportare Dio come Creatore, può sopportare Dio quindi come Colui che opera in tutte le cose, per cui noi nel pensiero del nostro io, possiamo anche ritenere di avere quella fede che accoglie tutto da Dio.

Nel pensiero del nostro io noi, non possiamo assolutamente sopportare Dio come Colui che è.

Perché "Io sono" di Dio è il Fine.

Noi sopportiamo Dio come Principio, non possiamo sopportare Dio come Fine.

Soltanto nel Pensiero di Dio, noi possiamo sopportare Dio come Fine.

Perché solo il Pensiero di Dio ha Dio come essere di Sé, come principio di Sé.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Secondo tema.


Titolo: L'evidenziazione della zeta.


Argomenti: L'amore senza misericordia. Pietre all'inizio e pietre alla fine. Passaggio dall'esterno all'interno. Solo il Pensiero di Dio può portare l'essere di Dio. Il tempo è l'evidenziazione del nostro interesse primo. Essere segnati dal Tau, dal fine. L'uomo è caratterizzato dal fine. L'evidenziazione dei nostri rapporti con Dio. I rapporti che abbiamo con le creature sono rapporti con Dio.


 

2/Novembre/1986  Casa di preghiera Fossano.


Restiamo nell'ultimo versetto del capitolo ottavo, il versetto 59 dove si dice che alla dichiarazione di Gesù: "Prima che Abramo fosse, Io sono", i giudei presero delle pietre per scagliarle contro di Lui ma, Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Abbiamo visto domenica scorsa il significato di queste pietre che i giudei presero per scagliarle contro Gesù.

Abbiamo visto come in esse siano significate tutte le ragioni, tutti i motivi, le giustificazioni con cui noi cerchiamo di giustificarci davanti a Dio, per sottrarci all'impegno in quell'unica cosa necessaria, per la quale Lui ci ha creati.

Tutti gli uomini sono stati creati per cercare e per conoscere Dio.

Siamo stati creati per entrare nella vita eterna e questa deve essere la vera occupazione della nostra vita, mancando la quale manca tutto.

Abbiamo udito in un salmo che a un certo momento c'è quest'interrogazione: "Forse il tuo amore è senza misericordia?".

Arriva un giorno in cui l'amore è senza misericordia.

Poiché l'amore diventa esigenza di Verità e non accetta che ci siano delle falsificazioni, non accetta i bari.

Domenica scorsa abbiamo accennato al fatto che il capitolo ottavo si caratterizza in questo, sia all'inizio sia al termine abbiamo le pietre. Inizia con i giudei è che vogliono scagliare pietre contro una donna colta in flagrante delitto di adulterio e termina con le pietre che i giudei vogliono scagliare contro Gesù.

Abbiamo accennato al fatto che questo non è un fatto senza significato, d'altronde tutto quello che riguarda Gesù, ha un significato profondo.

Non c'è nulla di banale nella nostra vita, tutte le cose che sono state scritte e che sono avvenute, in quanto sono avvenute hanno un significato profondo per noi.

Così in questo capitolo ottavo, questo iniziare con le pietre e questo terminare con le pietre, ha un significato profondo.

L'argomento di questa sera è questo.

Gesù di fronte ai farisei che volevano lapidare quell'adultera, tolse le pietre dalle mani di loro.

Questo già ci fa intuire che Gesù toglie le pietre da coloro che vogliono giudicare e condannare gli altri ma poi, le attira su di Sé.

All'ultimo infatti i giudei prendono le pietre per lapidare Gesù.

Come Gesù tolse le pietre dalle mani dei farisei che volevano giudicare e condannare in base alla legge di Mosè quell'adultera?

Le tolse dicendo: "Chi di voi è senza peccato scagli contro di lei una pietra".

"Chi di voi è senza peccato" ecco la lezione profonda, il primo passo che Gesù fa fare all'uomo.

Perché gli uomini in quanto trascurano Dio, si volgono sempre alle cose esteriori, si volgono a criticare, a condannare, a giudicare, a misurare gli altri.

Questa è una conseguenza del fatto che trascurano Dio.

E Gesù fa fare il cammino a rovescio.

Il primo passo che Gesù fa compiere nella vita di ogni uomo è quello di rivolgere l'attenzione, di convertire l'attenzione dall'esterno all'interno: "Chi di voi è senza peccato".

Anziché guardare il peccato fuori, guarda il peccato dentro.

E abbiamo la lezione della pagliuzza e della trave che c'è nell'occhio di ognuno di noi: "Non cercare di togliere la pagliuzza che sta nell'occhio del tuo fratello ma, osserva la trave che tu porti nel tuo occhio".

Ecco quest'opera di conversione: non modificare l'esterno, non giudicare l'esterno ma, rifletti sul peccato che è dentro di te.

Di fronte alla dichiarazione di Gesù: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei", se ne andarono tutti.

Evidentemente sapevano a quale rischio si sarebbero esposti se fossero rimasti.

Ora questa interrogazione questo mettere il punto sopra il peccato che ogni uomo porta dentro di sé, ci fa capire come tutto il mondo esterno sia opera di Dio, quindi anche in quest'adultera sorpresa in flagrante adulterio, c'era l'opera di Dio.

Abbiamo visto quando abbiamo fatto il confronto fra capitolo settimo e il capitolo ottavo come in quest’adultera ci fosse un’opera di Dio proprio per questi farisei.

Il mondo esterno è creazione di Dio, è opera di Dio, è specchio, quindi è un invito a rientrare in noi stessi, per osservare quello che portiamo dentro di noi, quello che c'è di errato nei nostri rapporti con Dio.

Qui Gesù ha liberato quella donna, poi abbiamo però detto che il capitolo si conclude con i giudei che prendono le pietre per lapidare Gesù: c'è uno sviluppo.

Quelle stesse pietre che Gesù tolse dalle mani dei giudei, adesso le hanno messe nelle mani dei giudei contro di Sé.

Qui dobbiamo chiederci quale significato, quale lezione per la nostra vita personale c'è in questo fatto.

Gesù che toglie le pietre dalle mani di coloro che vogliono giudicare e condannare gli altri e le mette e le attira sopra di Sé.

Gesù è il Pensiero di Dio tra noi, è il Dio tra noi.

Il peccato dell'uomo è proprio questo trascurare Dio, questo non riportare le cose a Dio, non recuperare in continuazione il Principio ma tenere le cose staccate da Dio.

Cristo mettendo l'accento su questo poi ogni opera ancora verso questi farisei, per cercare di recuperarli.

E abbiamo in tutto il capitolo ottavo, uno sviluppo meraviglioso di due grandi linee.

Abbiamo un crescendo, una serie crescente di dichiarazioni di Gesù, che tendono a un limite.

Il limite è quello che Lui dice all'ultimo: "Io sono, prima che Abramo fosse, Io sono".

Così Gesù, su come prima dichiarazione, comincia a dire: "Io sono la Luce del mondo".

E poi dirà che chi gli rende testimonianza è il Padre.

Poi c'è tutto uno sviluppo successivo di dichiarazioni, di affermazioni.

E una serie crescente però in contrapposizione a questo c'è un'altra serie crescente, è la serie crescente di opposizione a Lui.

E abbiamo visto quante sono le resistenze, le opposizioni che fanno, la critica che fanno i farisei, man mano che Gesù aggrava la sua dichiarazione.

Fino ad arrivare ad affermare quella parola che è insopportabile per l'uomo, se l'uomo non ha maturato dentro di sé l'Intenzione di Dio, se l'uomo non ha maturato in sé il Pensiero di Dio.

Poiché solo il Pensiero di Dio, solo il Pensiero di Dio può portare l'essere di Dio.

Altrimenti la dichiarazione del "Io sono" di Dio diventa insopportabile e diventando insopportabile ecco qui che ci troviamo con i farisei che cercano adesso di uccidere Gesù, perché ha detto una cosa insopportabile.

Proprio in questa insopportabilità, per evitare questa insopportabilità, Gesù opera tutte queste dichiarazioni per cercare di liberarli dal loro peccato.

Noi tendiamo sempre a coprire il nostro peccato con delle giustificazioni, con delle ragioni: "Io ho i buoi, io ho i campi, io ho la moglie, io ho la figura, io ho la carriera, io ho il denaro".

Abbiamo un'infinità di giustificazioni con cui noi cerchiamo di nascondere il nostro peccato, però c'è uno sviluppo, c'è un divenire nell'opera di Dio, attraverso la quale, Dio rende evidente l'intenzione fondamentale della nostra vita.

Ecco il tempo che passa, la vita che passa, il senso del tempo sta tutto qui: è un processo di evidenziazione di quello che portiamo nel nostro cuore, dell'interesse principale del nostro cuore.

Come lo evidenzia?

Lo evidenzia facendo sempre una selezione continua di valori e Dio ci propone in continuazione Se stesso.

Ma proprio attraverso queste proposte che Dio ci fa, Dio ci fa correre il rischio dell'indurimento del nostro cuore.

E qui vediamo quanto il cuore si sia indurito.

Ma Dio da parte sua opera attraverso la dichiarazione di Sé, di quello che Lui è, prima di tutto di quello che Lui è nei nostri riguardi e poi di quello che Lui è in Sé, per suscitare in noi, per formare in noi quell'intenzione che rende noi capaci di sopportare la sua Verità.

Poiché se arriva il giorno in cui la dichiarazione della sua Verità non trova in noi questo desiderio di Lui, posto al di sopra di tutto, questo provoca la non sopportazione, porta al rifiuto, porta alla ribellione, porta quindi all'incapacità di restare alla presenza di Dio.

Ecco Dio opera, prima che avvenga questo giorno, affinché non avvenga.

Poiché quando Dio dice a noi: "Io sono" il tempo finisce e se in questo giorno, dicendo questo, in noi non è avvenuta precedentemente l'interiorizzazione della Verità di Dio, in modo da formare in noi l'Intenzione, il Pensiero di Dio, succede quello che abbiamo visto qui nella conclusione.

Abbiamo detto che in questi due sviluppi che troviamo nel capitolo ottavo, dall'inizio fino alla fine, abbiamo delle dichiarazioni crescenti di Gesù che si concludono con: "Io sono" e abbiamo delle ribellioni crescenti di coloro che lo stanno ascoltando che concludono nella grande ribellione.

Questa è dichiarazione per ognuno di noi, per evitarci di giungere a quel giorno.

Poiché necessariamente, fatalmente la vita che passa ci porta, ci costringe a evidenziare il nostro interesse principale, la nostra intenzione principale e la Verità a un certo momento ci può offendere.

Abbiamo visto nell'Apocalisse che prima che l'angelo getti il turibolo con la brace ardente sulla terra, per sconvolgere tutta quanta la terra, prima di giungere qui, noi abbiamo nel capitolo precedente un angelo che è invitato a segnare sulla fronte, tutti coloro che hanno l'Intenzione di Dio.

Quel famoso "Tau" di cui parla Ezechiele.

Il "Tau" è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico.

Sarebbe quindi come dire che tutti quanti fossero segnati dalla zeta nel nostro alfabeta, dal fine.

Segnando il "Tau" cosa si voleva indicare?

Si diceva agli angeli devastatori di non nuocere alla terra, perché prima dovevano essere segnati tutti con questa lettera sulla fronte.

Essendo l'ultima lettera dell'alfabeto è il fine.

Tra l'alfa e l'omega è l'omega.

Dio dice: "Io sono l'alfa e l'omega", in greco.

Per noi è: "Io sono la a e la zeta".

Ciascuno è segnato non con il principio, è segnato nel fine.

Ecco ogni uomo sarà caratterizzato dal fine che porta dentro di sé sulla fronte, nella mente, nel pensiero.

Dio opera per segnare ognuno con il fine al quale ha dedicato la sua vita o sta dedicando la sua vita.

Perché questa è la condizione, è la premessa per rendere gli uomini capaci di portare la Verità di Dio che certamente si manifesterà.

La nostra vita è tutta un cammino verso la grande rivelazione della Verità e della presenza di Dio in tutto.

Questo già si fa capire come nell'episodio di quell'adultera, già ci fosse un'intenzione che poi attraverso lo sviluppo è giunta a una maturazione.

Cioè quei i farisei che volevano lapidare l'adultera, portavano già in sé, quella stessa avversione verso Dio, verso la Verità di Dio, pur professandosi seguaci di Mosè, scrupolosi della legge di Dio, portavano già su in sé, questa avversione, quell'odio verso Dio che si evidenzierà, che Cristo parlando con loro evidenzierà.

Loro non si rendevano conto all'inizio e Dio ha parlato con loro per cercare di capovolgere quest'intenzione contraria a Dio che portavano dentro di sé.

Se avessero creduto agli avvenimenti, alle parole, alle opere che Gesù faceva davanti a loro, avrebbero capovolto la loro intenzione e si sarebbero orientati a cercare Dio al di sopra di tutto.

Già nel fatto di non aver cercato il significato di Dio in quell'adultera verso la quale loro cercavano soltanto di applicare la legge, se avessero avuto presente Dio Creatore, certamente, si sarebbero chiesti il significato, che cosa Dio voleva dire loro attraverso quella donna.

In quanto hanno cercato di giudicarla, di condannarla, già in questo si rivela un'intenzione profonda nel loro cuore di avversione verso Dio.

Gesù parlando ha evidenziato.

Tutta l'opera che Dio fa nella nostra vita, porta a evidenziare l'intenzione profonda dei nostri rapporti con Dio.

Questa intenzione che noi nascondiamo.

Perché fintanto che viviamo sulla nostra terra, abbiamo tante ragioni, tante giustificazioni che noi usiamo come schermo per nascondere la nostra vera intenzione.

Ma l'opera di Dio fa sì che a un certo momento questa deve venire fuori.

C'è da augurarsi che prima che la Verità di Dio si manifesti in modo chiaro e crei in noi una grande ribellione, un grande rifiuto, l'impossibilità di sopportarla, c'è da augurarsi che in noi avvenga il capovolgimento dell'intenzione.

Quello che noi tendiamo nascondere è sempre il rapporto con Dio.

Questo rapporto che loro avevano con l'adultera non era un rapporto con l'adultera, era un rapporto con Dio.

E tutti i rapporti che noi abbiamo con le creature, con il mondo, con il nostro mondo, noi crediamo che siano rapporti con il mondo, sostanzialmente, profondamente è un rapporto con Dio.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Terzo tema.


Titolo: La stella assenzio dell'Apocalisse.


Argomenti: La vita è caratterizzata dal fine. L'opera di Dio evidenzia il nostro amore. Tutto è sacro. Causa, effetto e fine. Il fine non lo vediamo, perché è legato all'intenzione di Colui che opera. Il superamento del pensiero del proprio io è condizione necessaria per cogliere la finalità delle opere di Dio. Vivere vuol dire unificare in un fine. La perdita di significato delle cose. Le conoscenze degli uomini non considerano il fine. Il conflitto tra le scienze e la vita.


 

9/Novembre/1986  Casa di preghiera Fossano.


Qui si dice: "I giudei presero appiglio alle pietre per scagliarle contro Gesù ma Gesù si nascose e uscì dal tempio".

Abbiamo visto come in queste pietre che i giudei prendono per scagliarle contro Gesù, sia evidenziata l'intenzione che già avevano i giudei nel lanciare le pietre contro l'adultera.

Tutto questo è una conseguenza del fatto che non capirono lo spirito della legge.

Lo spirito, cioè l'Intenzione di Dio.

Abbiamo visto domenica scorsa, l'importanza dell'intenzione cioè del fine: "Saranno segnati dal tau, dal fine coloro che cercano Dio al di sopra di tutto".

Perché la vita è caratterizzata dal fine.

Noi nasciamo tutti da uno stesso Principio, uno solo è il Creatore.

Noi nasciamo tutti per opera di Dio ma, non tutti abbiano lo stesso fine e ci differenziamo non per l'origine, ci differenziamo per il fine.

Vivendo, in un modo o nell'altro noi, determiniamo una finalità, un amore che poniamo al di sopra di tutto e il tempo che passa, la vita che passa, l'opera stessa che Dio sta facendo con noi nella nostra vita, evidenzia (ognuno sarà segnato da-) l'amore che abbiamo coltivato, che abbiamo messo al di sopra di tutto, per cui abbiamo sempre avuto tempo, quell'amore per cui siamo sempre stati disponibili, quell'amore che abbiamo messo in cima i nostri pensieri.

Questo sarà evidenziato perché quello, sarà il nome con cui ognuno di noi sarà segnato.

Coloro che cercano Dio prima di tutto, che hanno Dio in cima ai pensieri della loro mente, saranno segnati dal tau, proprio dal fine.

Abbiamo detto che non importa il segno del "tau", importa il significato.

In tutte le cose quello che importa è il significato.

Perché Dio opera tutto nel suo Pensiero, Dio è uno solo, tutto viene da Dio e tutto Dio opera per Se stesso, quindi per manifestare, per rivelare Se stesso.

Tutte le cose che Egli fa, le fa nel suo Pensiero e in quanto le fa nel suo Pensiero, in tutte le cose c'è una Finalità divina.

Possiamo dire che l'universo è teologico come la storia è teologica.

Tutto è storia sacra.

Ogni giorno è una storia sacra, è una pagina di storia sacra che si svolge nella nostra vita.

E la nostra vita stessa è storia sacra ugualmente ed è sacra proprio perché conduce verso un Fine ben preciso.

Il fine è quello che Dio ha voluto creando l'universo, creando ognuno di noi.

Dio ci ha creati per conoscere Lui.

Quindi in tutte le cose noi dobbiamo preoccuparci di conoscere il Pensiero di Dio perché dobbiamo preoccuparci di conoscere il Fine.

Questo sarà il vero nome.

Abbiamo detto che siccome Dio in tutte le cose non fa altro che significare Se stesso, tutte le cose sono fatte sotto questo segno: causa, effetto e fine.

Abbiamo anche detto però che causa ed effetto si manifestano indipendentemente da noi, per cui noi assistiamo alla creazione che è tutta fatta per cause ed effetti.

In tutte le cose Dio significa Se stesso, quindi Dio significa Se stesso come Creatore e Dio significa Se Stesso per l'opera che Egli fa, quindi causa ed effetto.

Questo arriva a noi senza di noi.

Tutte le cose arrivano a noi con questo sigillo: "Non ci siamo fatte noi, un Altro ci ha fatte".

Quindi noi siamo fatti spettatori di opere che recano a noi questa testimonianza.

Questo è compatibile nel pensiero del nostro io.

Appunto perché si tratta di cose che arrivano a noi senza di noi.

Il Fine invece non lo vediamo.

Infatti il grande problema che assilla ogni uomo è sempre il significato: perché c'è l'universo, perché c'è la vita, perché succedono queste cose, quale è il significato di tutto questo?

L'uomo s'interroga ma difficilmente riesce a trovare la risposta.

Quindi cause ed effetti sono evidenti, il fine non è evidente.

C'è un fine nell'universo ma il fine sempre in relazione alla volontà di colui che opera le cose, poiché Colui che opera tutte le cose è Dio Creatore, il Fine di tutte le cose che avvengono, quindi il significato di tutte le cose è legato alla Volontà di Dio.

La Volontà di Dio che è la sua intenzione.

L'intenzione di un essere è relativa a ciò che un essere è.

Ne deriva che l'intenzione si può solo dedurre da un essere.

Quindi se Dio fa arrivare a noi i suoi segni indipendentemente da noi come cause ed effetti, non fa arrivare a noi la finalità per cui fa le cose.

Perché la finalità con cui fa le cose, cioè la sua Intenzione può essere dedotta soltanto contemplando ciò che Dio è.

Può essere dedotta da Dio.

L'Intenzione viene da Dio.

Ora, in quanto viene da Dio, presupposto perché noi possiamo accedere alla conoscenza dell'Intenzione con cui Dio fa le cose, è quella del superamento del nostro io.

Fintanto che noi siamo e restiamo nel pensiero del nostro io, noi assistiamo a tutte le opere di Dio come causa ed effetto ma restiamo sempre col punto interrogativo circa il perché, non sappiamo perché le cose sono così.

Non c'è nessuna scienza che risponda al perché delle cose.

Il perché è soltanto Dio che lo dice.

Ma poiché questo è in relazione al Pensiero, all'Intenzioni di Dio e questo viene da Dio, si richiede, da parte nostra, il superamento del pensiero del nostro io (non possiamo pensare contemporaneamente due cose) per elevarci col pensiero in Dio.

Certo, se noi potessimo elevarci col pensiero a Dio, noi saremmo del tutto esclusi dalla possibilità di accedere alla conoscenza del perché delle cose, della finalità delle cose.

Ma Dio ha posto in noi il suo Pensiero.

Il che vuol dire che, attraverso il Pensiero di Dio (è questa la porta per accedere), noi possiamo elevare la nostra mente a Dio per contemplare da Dio il fine della sua opera.

Se noi ci raccogliamo nel Pensiero di Dio, proprio nel Pensiero di Dio e da Dio, noi possiamo conoscere, capire (perché veniamo convinti da Dio) circa la finalità per cui Dio fa tutte le cose.

Allora nel pensiero del nostro io, noi conosciamo le cose come causa ed effetto e la conclusione è che al posto del fine abbiamo il nulla.

Causa, effetto, nulla.

Noi esperimentiamo la fine di tutte le cose ma, dove vadano queste cose noi, non lo vediamo, la finalità non la vediamo.

Quindi causa, effetto, nulla.

Se invece siamo nel Pensiero di Dio, noi contempliamo tutte le opere di Dio come causa, effetto, fine.

Teniamo presente che il fine è la condizione per la vita, perché la vita vale in quanto è finalizzata.

Noi viviamo in quanto tendiamo a un fine, perseguiamo un fine.

E quando perseguiamo un fine cosa tendiamo a fare?

Noi tendiamo a unificare ogni cosa del nostro mondo in quel fine lì.

Tendiamo a realizzare quel fine lì.

Ma cosa vuol dire realizzare?

Un albero ha una sua finalità: è quella di trasformare tutti gli elementi della sua terra, tutti gli elementi che può assorbire, nella costruzione della sua vita, del frutto, del fiore eccetera.

Così anche noi, noi abbiamo tutto un mondo che Dio ci mette a disposizione e vivendo noi raccogliamo questi elementi di questo mondo in un fine, in un nostro fine.

E la vita è questa: nell'unificare, cioè nel sottomettere ogni cosa a un fine.

Teniamo presente che ogni uomo è essenzialmente passione di assoluto.

L'uomo è passione d'assunto.

Passione di assoluto vuol dire che quando l'uomo ha un fine tende a sottomettere tutto il mondo, tutto l'universo, tutte le cose a quel fine.

L'uomo a quel fine non si accontenta mica di sottomettere solo una cosa o qualcosa.

L'uomo quando ha mangiato non è soddisfatto soltanto perché ha mangiato, vuole avere il magazzino pieno di cibo.

L'uomo quanto guadagna, non si accontenta mica di quello che guadagna, lui vuole guadagnare tutto.

Appunto perché l'uomo è dominato da questa passione di assoluto.

Teniamo presente anche che lui non può mica dimettere questa passione, perché questa passione è una conseguenza della presenza dell'assoluto nell'uomo.

In quanto diciamo "passione" vuol dire che la patisce e se la patisce non è mica libero di liberarsene, non è libero di farla fuori.

L'uomo subisce questa passione di assoluto.

E proprio questa passione di assoluto lo porta a sottomettere tutto l'universo a quel fine per il quale lui vive.

Quando l'uomo si trova nel pensiero del suo io e quindi considera le cose come causa ed effetto, in quanto le considera soltanto come cause ed effetto e non vede il Fine di Dio nelle cose, il fine è quello lui attribuisce alle cose.

Se l'uomo non cerca Dio, se non supera il pensiero del suo io, l'uomo necessariamente strumentalizza tutte le cose alla sua finalità.

Ma la sua finalità non è la Finalità di Dio.

Perché l'uomo per poter aver presente il Pensiero di Dio deve superare se stesso e deve dedurre, contemplare le cose in Dio e da Dio.

Perché soltanto se contempla le cose in Dio e da Dio, allora lui può vedere il Pensiero, il Fine di Dio e allora può partecipare di questa Finalità, può allora raccogliere tutte le cose in Dio e allora qui partecipa della Verità ed entra nel Regno di Dio.

Si entra nel regno di Dio cercando in tutto il Pensiero di Dio e quindi raccogliendo tutto in Dio.

Dio ha dato a noi la passione dell'assoluto, proprio per dare a noi la possibilità di entrare nella conoscenza di Dio, di avere cioè Dio come fine.

Qui restiamo nella Verità, non deformiamo la Realtà, perché tutte le cose sono fatte da Dio in questo Fine, per il suo Pensiero e se noi abbiamo come fine il Pensiero di Dio, noi rispettiamo la Verità delle cose che Dio opera, non violentiamo le cose.

Se invece noi non abbiamo Dio come fine, necessariamente usiamo violenza alle cose, non possiamo rispettare le cose, né le cose, né le creature né gli uomini.

Necessariamente.

Quanto più noi conosciamo le cose in questo rapporto di causa ed effetto, quanto più le conosciamo, tanto più noi possiamo violentare le cose, perché le possiamo asservire ai nostri fini.

Ma perché i nostri fini non sono Dio, queste si finiscono in niente, si finiscono nella morte, nel non significato.

Cioè noi asservendo le cose al pensiero del nostro io finiamo con questo tremendo vuoto: noi priviamo tutte le cose del loro significato.

Perché il nostro io, di per sé, non ha un significato e noi asservendo le cose ad altro da Dio, noi perdiamo il significato delle cose.

Ma perdendo il significato delle cose, noi perdiamo la vita.

Perché quando le cose possedute da noi, usate al nostro fine, perdono di significato, per noi non sono più motivo di vita.

Una cosa ci crea perché ha un senso, in quanto ha un significato.

La nostra stessa vita, quando non ha più senso, non è più sopportabile.

Noi non cercando Dio in tutto e non cercando il Pensiero di Dio in tutto, noi rendiamo il nostro mondo invivibile, quindi ci scaviamo la tomba, costruiamo la nostra morte.

Quando abbiamo annunciato il tema di oggi, abbiamo detto della stella di cui parla l'Apocalisse che si chiama Assenzio, che precipitando sulla terra avvelena, intossica, inquina tutte le acque.

Per cui tutti coloro che ne bevono restano avvelenati, muoiono.

Questa stella che si chiama Assenzio è la scienza, sono le scienze dell'uomo.

Le scienze degli uomini sono costruite su queste due grandi categorie di causa ed effetto.

Le scienze non considerano il fine.

Tutta la conoscenza degli uomini è fondata sul rapporto tra causa ed effetto tra le cose.

Ma proprio perché considerano soltanto causa ed effetto, quindi non considerano il fine (le scienze non considerano il fine delle cose) non tengono presente Dio e proprio in questo diventano motivo di annullamento del significato delle cose.

Attraverso le scienze dell'uomo possiede, strumentalizza, fa asservire tutte le opere di Dio ai suoi fini ma, proprio facendole servire ai suoi fini, l'uomo si priva del significato vero delle cose.

Privandosi del significato delle cose, si priva della vita.

Possiamo anche dire che tra le scienze e la vita c'è un conflitto.

Le scienze hanno poco a che fare con la vita vera dell'uomo, perché non parlano del fine delle cose, del fine della vita.

A questo punto dobbiamo ancora dire, come detto prima che le scienze rendono il mondo invivibile all'uomo e già ne stiamo facendo esperienza.

Né possiamo pensare che bastino le lotte dei Verdi, degli ecologisti o di coloro che vogliono difendere la natura per riparare il mondo da questa invivibilità alla quale approda la conoscenza dell'uomo.

Non è sufficiente tutta la campagna per rispettare la natura, perché ci stiamo accorgendo che avvelenando il mondo distruggiamo noi stessi, distruggiamo la nostra possibilità di vita.

Non è sufficiente.

Perché non è sufficiente?

Perché l'uomo non può annullare la sua passione di assoluto e se l'uomo non ha Dio come fine, proprio perché non può annullare la passione di assoluto, per questa passione di assoluto deve distruggere tutto, perché deve asservire tutto ciò che non è Dio, deve fare il niente e facendo niente lui stesso diventa niente.

L'unica soluzione per rendere vivibile il mondo a noi, è quella di collegare tutta la creazione, tutte le opere di Dio con il loro Fine.

Perché la Vita sta nel Fine e il fine è il Pensiero di Dio e soltanto se noi non trascuriamo il Pensiero di Dio, anzi solo se noi cerchiamo in tutto il Pensiero di Dio, anche l'ambiente attorno a noi diventerà per noi aiuto di vita.

In caso diverso noi verremo a trovarci con un mondo che c'intossica e che renda a noi impossibile il vivere.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Quarto tema.


Titolo: "Chi è come Dio?".


Argomenti: Le parole di Gesù c'impongono il superamento della nostra mentalità. Il fine per cui l'uomo vive è il suo principio. Le pietre rappresentano le ragioni che gli uomini oppongono a Dio. Il conflitto fra le ragioni dell'uomo e le ragioni di Dio. Le scienze conducono alla morte poiché ignorano il fine delle cose. Fare del nostro vero Principio il nostro fine. Noi abbiamo coscienza solo del fine che perseguiamo. Il conflitto nel pensiero tra Dio Principio e il nostro fine diverso da Dio. Non possiamo sostenere la presenza di due finalità nella nostra vita.


 

23/Novembre/1986  Casa di preghiera Fossano.


Restiamo ancora in questa conclusione del capitolo ottavo, in cui troviamo questi giudei che danno di piglio alle pietre per scagliarle contro Gesù, ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Abbiamo visto che la conclusione di tutto questo capitolo si raccoglie in due grandi termini: "Io sono" la dichiarazione di Gesù ed è l'argomento di Dio, il grande argomento di Dio e poi le pietre, le pietre che l'uomo scaglia contro il "Io sono" di Gesù ed è l'argomento dell'uomo.

Ѐ la conclusione di due grandi serie di argomenti che si svolgono qui nel capitolo ottavo, iniziando dalle pietre che i giudei volevano scagliare contro quella donna adultera colta in flagrante delitto.

Abbiamo visto come in questo sviluppo di pietre ci sia un profondo significato.

Ma già nella prima affermazione di Gesù: "In verità, in verità prima che Abramo fosse, Io sono", abbiamo già in queste parole di Dio l'affermazione di una cosa che non è comprensibile dall'uomo, nella sua situazione di tempo e di spazio.

Abbiamo visto come queste parole ci costringano, se vogliamo entrare nell'intelligenza di esse e non scartarle, ci costringano al superamento della nostra mentalità, al superamento delle nostre esperienze, poiché certamente Gesù nacque millenni dopo Abramo, per cui nella nostra categoria di tempo in cui, quello che è prima è prima e quello che è dopo è dopo, noi non possiamo capire queste parole di Gesù che dice: "Prima che Abramo fosse, Io sono".

Quindi c'impegna a un salto, a un salto dal nostro mondo al mondo dello spirito, dal mondo sensibile, dal mondo delle nostre esperienze al mondo dell'intelligenza e del pensiero là, dove le categorie di tempo e di spazio non servono più.

Nella nostra mentalità quello che è dopo è dopo, quello che è prima è prima e qui invece in queste parole che dice Gesù quello che è prima diventa dopo e quello che è dopo diventa prima.

E abbiamo visto quando abbiamo meditato su quest’affermazione come in quel dopo di Abramo ci fosse un prima.

In Abramo che rappresenta la fede di un uomo, in Abramo abbiamo l'uomo come passione di assoluto.

In Abramo che desidera vedere il giorno di Dio, abbiano questa passione di assoluto che desidera vedere l'assoluto ma, proprio questa passione, questo desiderio di una cosa, questa finalità, ci fa capire come Abramo fosse mosso dal Pensiero di Dio.

Per cui il Pensiero di Dio era prima di Abramo, perché era il movente, era la causa del suo desiderio, della sua passione quindi della sua vita, della sua stessa vita.

La caratteristica della vita di Abramo (definizione che dà Gesù) fu questo desiderio di vedere il giorno di Dio, di vedere il Pensiero di Dio.

Ecco la finalità è quella che caratterizza l'uomo.

Questo fine caratterizzò Abramo.

Questo fine caratterizza ogni uomo.

Ogni uomo è definito dal fine per cui vive, da ciò che desidera.

Per cui il fine per cui vive, cioè quello che viene dopo, è quello che lo determina, quindi è la sua causa, quindi è il suo principio, quindi è il suo padre.

Qui la parola di Dio ci fa fare un salto di qualità, un salto dal mondo sensibile, dal mondo esperimentato dall'uomo, al mondo del pensiero, ci porta nel mondo del pensiero ed è nel mondo del pensiero che noi abbiamo l'intelligenza.

Quindi questo "Io sono" di Dio si presenta a noi nel mondo del pensiero.

E poi abbiamo le pietre.

Le pietre che gli uomini scagliano contro questo mondo del pensiero, contro il Pensiero di Dio.

Scagliare le pietre contro la Verità di Dio è ridicolo ma noi abbiamo visto che in queste pietre vengono significate le ragioni che gli uomini oppongono agli argomenti di Dio, alle esigenze di Dio.

Nelle pietre sono significate le esperienze degli uomini, gli argomenti degli uomini, con cui gli uomini tendono a giustificare la loro assenza al problema di Dio.

Già qui s'intuisce una conflittualità, l'inizio una conflittualità, la conflittualità tra l'uomo e Dio, tra l'uomo che vuole giustificarsi e Dio che afferma le sue esigenze, le esigenze della sua Verità.

L'argomento di questa sera è proprio questo conflitto di cui parla l'Apocalisse nel capitolo dodici, dove si dice: "Nel cielo scoppiò un conflitto, Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago, il drago combatteva insieme con i suoi angeli ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo".

Già qui intuiamo l'annuncio di questo conflitto profondo che si forma fra Dio e le ragioni degli uomini fondate sulle esperienze, fondate su quello che l'uomo prova nel suo mondo, sulle scienze degli uomini.

Domenica scorsa abbiamo parlato delle scienze degli uomini che sono fondate sulle esperienze degli uomini.

Scienze che sono tutte fondate sul rapporto tra causa ed effetto.

E abbiamo visto come le scienze conducano l'uomo alla non più vita, poiché rendono il mondo invivibile all'uomo.

Abbiamo anche visto perché, perché la vita dell'uomo è essenzialmente fine, finalità.

L'uomo vive è in quanto ha un fine.

L'uomo quando si basa sulla sua esperienza, praticamente ha una sua scienza, la scienza del suo mondo.

Le scienze e l'esperienze dell'uomo considerano le cose come causa ed effetto, in questo rapporto causa-effetto, ma non le considera come fine.

L'uomo nel pensiero del suo io, contempla ogni cosa e gli è facile contemplare ogni cosa in questo rapporto di causa ed effetto ma il fine gli sfugge.

Abbiamo visto che il fine sfugge all'uomo, perché il fine di una cosa richiede sempre la presenza, la conoscenza dell'intenzione di colui che opera quella cosa.

Il Fine della creazione presuppone in noi la conoscenza dell'Intenzione del Creatore ma, l'Intenzione del Creatore dipende da ciò che il Creatore è.

L'intenzione di uno dipende da ciò che uno è.

E per giungere a conoscere ciò che uno è, bisogna superare il pensiero del nostro io.

Fintanto che non superiamo il pensiero del nostro io, noi siamo chiusi fuori, non possiamo intendere il Fine delle cose, il Fine della creazione, non possiamo quindi intendere il Fine della nostra vita.

Noi ci fermiamo soltanto a causa ed effetto.

Quando noi ci fermiamo a causa-effetto, la conclusione è il nulla, concludiamo con la morte.

Quindi tutta la conoscenza che è fondata su causa-effetto ci conduce alla morte.

Le scienze non salvano l'uomo, le scienze non salvano il mondo e non possono salvare il mondo e l'uomo, le scienze non possono nemmeno salvare se stesse, perché considerano soltanto i rapporti causa effetto.

Per salvare l'uomo ci vuole causa-effetto e fine.

Causa-effetto-fine.

Allora qui approdiamo non al nulla ma approdiamo al Pensiero di Dio e quindi approdiamo alla vita eterna.

Conoscere Dio è vita eterna.

Abbiamo detto che nel capitolo ottavo ci sono questi due grandi argomenti.

Il "Io sono" di Dio conclude in infinito, vita eterna.

Le pietre, questi argomenti, queste ragioni con cui gli uomini tendono a giustificare la loro assenza dall'impegno a cercare e a conoscere Dio, le pietre concludono con il niente, il vuoto, la morte.

Siccome però l'uomo non sopporta il vuoto, il niente, concludono con l'angoscia.

Ora questi argomenti, queste pietre che sono le ragioni con cui gli uomini si difendono di fronte alle esigenze di Dio, anche queste, essendo ragioni degli uomini, fanno parte del pensiero dell'uomo.

E allora nel pensiero dell'uomo noi troviamo, quello che dice il Signore: "Io sono", troviamo cioè la proposta del Dio che si annuncia a noi e si annuncia a noi senza di noi, Dio Creatore si presenta a noi senza di noi, indipendentemente da noi e proprio perché si annuncia a noi senza di noi, noi non siamo coscienti, non ne prendiamo coscienza però, subiamo le conseguenze.

La conseguenza l'abbiamo vista, è la passione dell'assoluto.

Passione di assoluto che portata nel piano del pensiero diventa passione di verità e quindi passione di unità.

In quanto Dio si presenta a noi come Colui che è, quindi come il Principio di ogni cosa, si presenta a noi come fine, perché si presenta a noi, al nostro pensiero come Colui al quale tutto dobbiamo riportare, al quale tutto dobbiamo riferire.

Essendo Principio noi dobbiamo accogliere tutto da Lui ma, proprio perché Principio, questo Principio seminato in questo pensiero che è passione di unità, presenta a noi quest'esigenza di riportare tutto a Lui.

E questo riportare tutto a Lui, fa di Lui Principio, il nostro fine.

Solo se noi abbiamo Dio come fine qui adesso, abbiamo la possibilità di conoscere consapevolmente, quindi di prendere coscienza di quello che Dio è.

Perché noi in realtà abbiamo coscienza solo di quello che noi desideriamo, solo del fine che noi perseguiamo.

Fintanto che il nostro fine non è Dio, cioè non è il nostro principio, noi davanti a noi abbiamo e quindi abbiamo presente e quindi esperimentiamo e quindi conosciamo, noi esperimentiamo come fine altro da Dio, perché abbiamo altro da Dio presente.

Ora l'avere nel nostro pensiero un fine diverso da Dio e avere nel nostro pensiero Dio, perché Dio è presente nel nostro pensiero, prima di noi, indipendentemente da noi, l'avere nel nostro pensiero che è una passione di unità, l'avere la presenza di Dio che si proclama Lui Principio di tutte le cose che noi non possiamo smentire e avere nel nostro pensiero altro da Dio come fine della nostra vita, è introdurre nel nostro stesso pensiero un principio di conflittualità, quindi di tragedia nella nostra vita.

Siamo noi che introduciamo la tragedia nella nostra vita e la introduciamo proprio per questo, perché noi poniamo un fine davanti ai nostri occhi diverso da Dio.

Ed è in nome di questo fine che noi poi portiamo nelle nostre mani le pietre per lapidare il "Io sono" di Dio e crediamo di giustificarci.

Non ci giustifichiamo perché di fronte alla Verità di Dio "Io sono", nessuna nostra giustificazione è sostenibile.

Ma prima che Dio annulli tutte queste nostre ragioni, noi abbiamo questo conflitto fra ciò che Dio afferma e ciò che noi affermiamo.

Ciò che Dio afferma l'abbiamo visto nell'Apocalisse, è la lotta che fa l'arcangelo Michele.

"Michele" vuol dire "chi è come Dio".

"Chi è come Dio", è questa parola che viene contrapposta a tutte le ragioni con cui noi crediamo di giustificarci davanti a Dio.

Noi crediamo di giustificarci davanti a Dio, di giustificare la nostra sottrazione alle esigenze, agli impegni che Lui ci presenta come Principio, quindi come Fine e quindi si presenta come esigenza di averlo in noi come motivo del nostro vivere.

Di fronte alle esigenze di Dio noi opponiamo il padre, la madre, i figli, la moglie, i campi, i buoi, il lavoro, la società, la figura, abbiamo un'infinità di argomenti, di ragioni con cui noi crediamo di giustificarci.

Di fronte a ogni ragione nostra, a ogni nostro argomento, noi troviamo quest’arcangelo Michele che dice a noi: "Chi è come Dio?".

Tu opponi il padre? "Chi è come Dio?".

Tu opponi la società? "Chi è come Dio?".

Tu opponi un'istituzione? "Chi è come Dio?".

Tu opponi una legge? "Chi è come Dio?".

Tu opponi una regola? "Chi è come Dio?"

Tu opponi un rito? "Chi è come Dio".

Ed è proprio ponendo questo: "Chi è come Dio?" che mette in evidenza questo "Io sono", solo Dio è Luce.

E lo dice nel nostro pensiero.

Allora noi capiamo che questo conflitto che si scatena nel cielo (il cielo rappresenta il nostro pensiero), di cui parla l'Apocalisse, questo conflitto si scatena nel nostro pensiero.

Qui lo presenta come fatto futuro ma, non è un fatto futuro.

Abbiamo detto che le parole di Dio non ci portano mica in una situazione futura, le parole di Dio ci portano nel campo dello spirito a trovare Dio nel nostro pensiero.

Perché Dio abita nel pensiero.

Dio è Spirito e vuole adoratori in spirito e verità.

Allora quello che si dice futuro, non è una cosa che avverrà, è una cosa di cui noi dobbiamo prendere coscienza, perché è un conflitto che portiamo già in noi, nel nostro pensiero.

Il cielo rappresenta il nostro pensiero.

Dio abita nella nostra anima, Dio abita dentro di noi, quindi è nella nostra anima che c'è questo conflitto e le parole di Dio operano per condurci a prendere consapevolezza di questo conflitto che portiamo dentro di noi e che è un conflitto insostenibile che ci porta alla morte proprio perché insostenibile.

Noi non possiamo sostenere la presenza di due finalità nella nostra vita.

Noi possiamo giungere alla conoscenza di Dio e quindi alla pace, soltanto in quanto perseguiamo un unico fine e questo fine coincide con il nostro Principio.

Il Principio è dato a noi senza di noi: Dio e questa è la luce che illumina ogni uomo che viene a nascere sulla terra, il nostro fine deve coincidere con questo Principio.

Quindi noi dobbiamo avere come fine Dio stesso.

Soltanto quando avremo come fine, quindi avremo presente a noi Dio come nostro fine, perché quello che forma l'uomo è il fine e non è il principio, soltanto lì noi usciremo dalla conflittualità e noi troveremo la nostra pace.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Quinto tema.


Titolo: La desolazione dell'abominazione.


Argomenti: Il conflitto fra le ragioni di Dio e le ragioni dell'uomo. L'assenza di Colui che è sempre presente. In cielo si vede la presenza di Dio, in terra no. Non vedere più la vera Realtà in conseguenza del conflitto con Dio. La presenza di Dio che ci fa esperimentare la sua assenza. Quello che è sempre presente al pensiero dell'uomo è il fine. Non avendo Dio come fine, noi esperimentiamo l'assenza di Dio. La perdita di significato della vita. Il tempio vuoto è conseguenza dell'azione dell'uomo.


 

30/Novembre/1986  Casa di preghiera Fossano.


Ci fermiamo ancora per l'ultima volta sul versetto 59 del capitolo ottavo di San Giovanni e qui c'è la conclusione di tutto.

Qui i farisei diedero di piglio alle pietre per scagliarle contro di Lui ma, Gesù si nascoste e uscì dal tempio.

Abbiamo commentato le parole precedenti.

Questa sera ci rimane l'ultima affermazione: "Gesù si nascose e uscì dal tempio".

Anche qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato ci sia in questo fatto per la nostra vita personale, che cosa Dio ci vuole rivelare di Sé in questo.

Perché in tutto quello che è avvenuto nella vita di Gesù, sia parole che fatti, essendo Gesù il Figlio di Dio tra noi, il Pensiero di Dio tra noi, è rivelazione di quello che avviene nella nostra vita personale, quindi è lezione per questo.

Per questo non bisogna mai intendere le cose al passato e nemmeno intenderle al futuro, sono lezioni per la nostra vita personale, soprattutto per condurre noi a scoprire il mistero che portiamo in noi.

Noi siamo portatori del mistero di Dio.

L'uomo è portatore della presenza di Dio, di quest’assoluto, di questo infinito, di questo eterno che abita in noi.

Ogni uomo è tempio di Dio e tutti i nostri problemi sono determinati da questa presenza dell'assoluto in noi.

Fintanto che noi non teniamo presente questa presenza di Dio in noi, tutti i nostri problemi sono avvolti nella notte, sono avvolti nel mistero.

"Gesù si nascose e uscì dal tempio", questo avvenne dopo il conflitto.

Domenica scorsa abbiamo considerato il conflitto.

Il conflitto che avviene nella nostra mente, nel nostro pensiero tra Colui che è presente: Dio e i nostri argomenti, le nostre ragioni che sono fondate sulle nostre esperienze, sulle esperienze del pensiero del nostro io, sulle esperienze che il pensiero del nostro io, a contatto della creazione di Dio, fa.

Abbiamo visto come proprio per queste esperienze, si formi un conflitto tra ciò che noi sappiamo e ciò che Dio dice.

Un conflitto che arriva all'insopportabilità.

Quando Gesù dice: "Prima che Abramo nascesse, Io sono", dice all'uomo che si basa sulla sua esperienza, una cosa insopportabile.

Anche qui di fronte a queste parole, a questo fatto che avviene dopo il conflitto, c'è una lezione profonda ma, subito c'è un problema ed è questo: in Gesù che si nasconde ed esce dal tempio, c'è l'annuncio, la rivelazione di Dio che si può nascondere e uscire dal tempio.

Tempio di Dio è ogni uomo.

Nasce il problema: è possibile e come, quando e perché?

Ѐ possibile che Dio che è presente in tutto, si nasconda ed esca dal tempio?

Evidentemente Dio non si sposta da un luogo all'altro.

Colui che è assoluto, non abita mica in luoghi definiti.

Lo spostamento da un luogo all'altro, avviene in chi abita in luoghi definiti, finiti.

Dio è infinito, Dio abita solo in se stesso quindi evidentemente Dio non si sposta né si nasconde.

Allora c'è questo problema: che cosa vuole significare a noi Gesù che è il Dio tra noi, nascondendosi e uscendo dal tempio?

Apparentemente per noi è impossibile che Dio si nasconda, che Dio esca dal tempio, poiché Dio è sempre presente, perché Dio non si muove.

Eppure c'è un'esperienza ed è un'esperienza esistenziale di ogni uomo, quella dell'assenza di Dio.

Nascondersi vuol dire rendersi non più presente.

Ѐ esperienza di ogni uomo proprio l'assenza di Dio, il vuoto, il silenzio di Dio, Dio che non si trova più.

Ogni uomo fa quest'esperienza, la esperimenta.

Ma poi c'è anche la parola stessa di Gesù che dice: "Dove Io sono voi, non potete venire".

Proprio in questo capitolo sentiamo tutte le domeniche leggere la parola di Gesù che dice: "Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù, dove Io sono voi, non potete venire".

Aggiunge ancora: "Voi avete occhi e non vedete".

Il che fa pensare che noi possiamo avere occhi e non vedere.

Non vedere che cosa?

Non vedere ciò che è presente.

Abbiamo l'esperienza esistenziale che ogni uomo fa: l'uomo costata molte volte questo vuoto, quest'assenza di Dio e abbiamo la parola stessa di Dio che dice a noi questa impossibilità a trovare la sua presenza, a trovare Lui.

E poi abbiamo quando letto nell'Apocalisse.

Quello che avvenne dopo il conflitto.

Dopo il conflitto tra l'arcangelo Michele contro Satana e i suoi angeli dice l'Apocalisse: "Non si trovò più in cielo luogo per essi e Satana fu precipitato in terra".

In questo Satana che viene precipitato in terra, dopo il conflitto (il conflitto era "chi e come Dio?"), c'è la chiave di volta per questo Gesù che si nasconde e che esce dal tempio.

Cosa significa che per Satana non ci fu più luogo in cielo e che fu precipitato in terra?

Cosa vuol dire cielo e cosa vuol dire terra?

Gesù a un certo momento in una sua parabola dice: "Gettatelo nelle tenebre esteriori" perché uno non aveva l'abito delle nozze per restare al pranzo di nozze, per restare nel Regno di Dio.

"Gettatelo fuori nelle tenebre esteriori", quindi fa coincidere questo "fuori tenebre esteriori" con Satana che viene precipitato in terra.

Cosa significa cielo e cosa significa terra?

Il cielo è il luogo in cui si vede la presenza di Dio.

La terra è il luogo in cui non si vede la presenza di Dio.

Sulla nostra terra noi non vediamo la presenza di Dio, noi vediamo la presenza di tutte le creature, vediamo la presenza dei corpi, vediamo la presenza degli uomini, vediamo la presenza delle pietre, quelle famose pietre che vengono gettate contro il "Io sono" di Dio, ma non vediamo la presenza di Dio.

Allora dobbiamo chiederci perché in cielo si vede la presenza di Dio e in terra non si vede la presenza di Dio?

Abbiamo già detto le domeniche scorse che Dio manifesta a Se stesso, rivela la sua presenza sono nel suo Pensiero.

Solo il Pensiero di Dio può portare la presenza di Dio.

Il cielo allora è il Pensiero di Dio, è dove si vede in tutto il Pensiero di Dio.

Nel Pensiero di Dio si vede la presenza di Dio.

La terra è il luogo in cui non si vede il Pensiero di Dio.

E come mai non si vede il Pensiero di Dio?

Forse la terra non è anche opera di Dio?

Forse la terra non appartiene al cielo di Dio?

Certo anche la terra appartiene al cielo di Dio però, la terra è tutto ciò che noi esperimentiamo nel pensiero del nostro io.

Tutto ciò che noi esperimentiamo nel pensiero del nostro io, non viene riportato nel Pensiero di Dio senza di noi.

Qui c'è l'arresto.

Il pensiero del nostro io può essere un posto di blocco.

Noi possiamo fermarci a quello che appare al pensiero del nostro io, a quello che sembra, a quello che noi tocchiamo, a quello che noi vediamo.

Quando noi diciamo: "Le cose sono così perché io le vedo così", evidentemente facciamo dipendere la realtà da quello che noi vediamo, da quello che noi tocchiamo.

Ma noi, senza renderci conto, proprio in quanto facciamo dipendere la realtà da quello che il nostro io esperimenta, da quello che il nostro io tocca, noi escludiamo la vera Realtà, la Realtà è Dio.

Tutta la terra e tutte le cose che noi esperimentiamo e tocchiamo, sono soltanto segni di questa grande Realtà maiuscola che parla a noi e che opera in noi.

La stessa passione di assoluto che caratterizza l'uomo, è un segno della presenza di Dio.

Però noi possiamo rivolgere questa passione di assoluto a ben altro da Dio e allora possiamo fare della passione di assoluto la causa, il motivo per creare in noi una frattura tra noi e Dio, una frattura tra noi e la Realtà.

Perché abbiamo detto che Dio è la Realtà che parla a noi.

Tanto è vero che noi per restare a contatto con questa Realtà, dobbiamo sempre tenere presente Dio, Colui che è: "Io sono", la sua opera e il pensiero di noi stessi.

In tutto è Dio che parla con ognuno di noi.

Quindi abbiamo Dio, la sua parola e noi, il fine al quale Dio fa giungere il suo parlare.

Se invece noi ci fermiamo a questo rapporto orizzontale tra i segni di Dio e il nostro io e diciamo che questa è la realtà, succede che noi apportiamo una frattura nel nostro pensiero, in noi, fra i segni e Dio, tra noi e la Realtà.

Ora, il non vedere più la Realtà maiuscola, è chiamato in termini tecnici schizofrenia ed è qui che si esperimenta l'assenza.

L'assenza, abbiamo detto è Gesù che si nasconde, è Dio che si rende assente, che non si fa più vedere: è una conseguenza di un conflitto.

Dio è il presente, quindi Dio si nasconde in conseguenza del conflitto.

Ma il conflitto nasce in quanto noi opponiamo le pietre.

Le pietre sono le ragioni che noi esperimentiamo nel nostro io, le nostre ragioni materiali, le ragioni del nostro mondo, quindi noi opponiamo a Dio, agli argomenti di Dio, i nostri argomenti, le nostre ragioni: "Io ho i buoi, i campi e la moglie non posso venire".

E Gesù dice: "Questi non gusteranno la mia cena".

Ecco la frattura ecco l'assenza.

Quindi Dio è il presente, sempre presente però, a un certo momento le ragioni che noi opponiamo a Dio, prevalgono sulla presenza stessa di Dio.

Sembra strano questo: le ragioni che noi opponiamo a Dio, sono più forti di Dio in noi e creano l'assenza.

Cioè fanno a noi esperimentare l'assenza di Dio.

Prevalgono, non è che annullino Dio e la sua presenza.

Tant'è vero che quando noi esperimentiamo l'assenza di qualche cosa, è perché questo qualche cosa l'abbiamo presente in qualche parte di noi, altrimenti non constateremo mica l'assenza.

Noi constatiamo l'assenza, in quanto abbiamo presente quello che noi cerchiamo, quello che noi desideriamo, l'abbiamo presente in noi, dentro di noi, nel nostro pensiero e non lo vediamo davanti a noi, non lo vediamo nel campo che esperimentiamo.

Quella presenza che ci fa toccare con mano l'assenza, quella non la cancelliamo mica, ed è quella che ci crea il tormento dell'assenza, che ci fa patire l'assenza.

Quindi l'assenza di Dio è ancora una parola di Dio, una parola della presenza di Dio.

Se Dio non fosse presente in noi, noi non constateremo l'assenza di Dio.

Per questo dico che prevale la nostra ragione che opponiamo a Dio e ci fa esperimentare l'assenza, l'assenza nello sperimentato ma, mica l'assenza nel pensiero.

Perché proprio la presenza di Dio nel nostro pensiero, ci fa toccare con mano l'assenza.

Ma cosa ci vuole allora per esperimentare la presenza?

Ho detto molte volte che l'uomo è fatto, caratterizzato dal fine.

Il fine è ciò che veramente l'uomo, l'uomo ha presente e il fine, ciò che lui desidera, ciò a cui rivolge il suo pensiero e questo l'ha veramente presente.

Per poco che l'uomo dimenticasse il fine, dove deve andare cioè, non l'avesse presente, immediatamente sbanderebbe ed entrerebbe in crisi.

Quindi quello che caratterizza e che è sempre presente al pensiero dell'uomo è il fine.

Questo ci fa capire perché l'uomo esperimenta l'assenza di Dio.

L'uomo esperimenta l'assenza di Dio fintanto che non ha Dio come fine.

Perché se non ha Dio come fine, ha un altro fine ed è proprio quest’altro fine da Dio, che porta via a noi l'esperienza di Dio (non la presenza di Dio, perché Dio non può essere cancellato), porta via a noi l'esperienza della presenza di Dio.

Perché noi esperimentiamo il fine.

Noi abbiamo presente il fine e fintanto che non abbiamo Dio come il nostro fine, personalmente, e quindi non cerchiamo, non dedichiamo la nostra vita a conoscere Lui, noi ci offriamo all'esperienza dell'assenza di Dio, del vuoto, del silenzio.

Questo silenzio di Dio in noi che crea in noi il non senso delle cose, il non senso della vita stessa.

E quando la vita perde di significato non è più sopportabile.

L'assenza di Dio esperimentata da noi, semina in noi la morte, semina in noi l'insopportabilità della nostra stessa vita, perché priva noi del significato delle cose.

Ciò che dà significato delle cose, alla nostra vita è il Principio ma, il Principio in quanto diventa per noi fine, in quanto tutte le cose noi le riportiamo al Principio.

Soprattutto quando il nostro vivere lo riportiamo al Principio.

Per cui è questo fine che coincide col Principio che dà significato alla nostra vita.

La mancanza di significato crea la desolazione e abbiamo questo "Uscì dal tempio".

Dio che esce dalla sua casa, è l'esperienza della desolazione, della solitudine.

Nel Vangelo si parla, quando si annuncia la fine del mondo, cioè il crollo di tutti valori, di un tempo: "In cui vedrete l'abominazione della desolazione posta là, dove non dovrebbe esserci", cioè posta nel tempio sacro dove non dovrebbe esserci.

Eppure voi vedrete.

La parola di Dio è per ognuno di noi, il che vuol dire che nella nostra vita personale arriva un giorno in cui ognuno di noi vedrà l'abominazione della desolazione posta là, dove non dovrebbe esserci.

Perché noi siamo tempio di preghiera, tempio in cui Dio è sempre presente perché è sempre esposto.

Tanto esposto che noi non possiamo dimettere la nostra passione di assoluto.

La passione di assoluto è espressione di questo Dio che è presente in noi, che è esposto in questo tempio, sempre.

"Dove non dovrebbe esserci" e c'è un'aggiunta, quando Gesù dice questo dice: "Chi legge intenda".

Ѐ un invito a capire.

Direi che questa frase, invito a capire è molto importante perché l'abominazione della desolazione è una frase che non si capisce.

Non si capisce proprio per le parole come sono state messe.

"Abominazione" vuol dire (se ci fermiamo soltanto latino) ciò che nasce dall'uomo.

"Desolazione" il "de" significa lontananza e quindi è questa solitudine che si verifica nella lontananza.

Nel rapporto come sono poste le parole non si capisce.

Si capisce se noi vediamo la desolazione dell'abominazione cioè la solitudine, il vuoto che si esperimenta per azione dell'uomo.

Il vuoto nel tempio, questa desolazione si esperimenta in conseguenza del conflitto ma il conflitto non è opera di Dio, il conflitto è opera dell'uomo, quindi è in conseguenza dell'azione dell'uomo che l'uomo esperimenta l'assenza di Dio.

Perché l'uomo diventa figlio delle sue opere, quindi figlio della sua azione e quando lui non riporta le cose a Dio, non ha Dio come fine, il fine diverso da Dio, quindi quest'azione dell'uomo (Dio essendo la Verità vuole che tutte le cose siano riportate a Lui: "Dà a Dio quello che è di Dio") interrompe, rompe questo ritorno a Dio e lo rompe soltanto dentro di sé.

Ma proprio rompendolo dentro di sé, lui ne subisce le conseguenze.

Le conseguenze sono questa solitudine, questo tempio vuoto.

Tempio vuoto vuol dire che la nostra terra, la nostra casa, la nostra vita, il nostro parlare diventano solo più segno.

Il rito diventa una recitazione, la parola senz'anima e non dice più niente, la lettera è senza spirito e uccide.

La vita diventa recitazione, diventa routine, diventa abitudine, ecco il tempio desolato, abbiamo i segni ma non c'è più la presenza di Lui che dà significato a tutto.

Abbiamo la tomba vuota, abbiamo l'orma che ha lasciato Colui che è passato.

Noi vediamo le orme ma Lui non lo vediamo più.

Tutto questo è conseguenza del fatto che l'uomo ha posto come fine altro da Dio.

Ora porre come fine altro da Dio è chiudere il cerchio che ci esclude da Dio.

Poiché la presenza è data dalla fusione di due termini: Principio e fine.

Quando il nostro fine coincide con il Principio noi facciamo esperienza della presenza di Dio ma, quando il nostro fine è diverso dal Principio, dal Creatore noi facciamo l'esperienza dell'assenza.

Ora quando noi poniamo nella nostra vita altro come nostro fine, siccome il fine è quello che determina noi e quindi diventa il nostro principio, noi poniamo altro da Dio come principio e come fine nostro.

Avere altro da Dio come principio e come fine vuol dire mettersi al posto di Dio, perché non c'è nessuna cosa creata che sia o che possa essere principio e fine.

Quando noi poniamo altro come nostro fine e lo poniamo come nostro principio, noi suscitiamo l'ira dell'arcangelo Michele: "Chi è come Dio".

Quel conflitto che avviene nel nostro pensiero.

Il nostro pensiero è là dove Dio è presente.

Non possiamo opporre a Colui che è Principio e Fine altra cosa come principio e come fine.

Se lo facciamo noi sperimentiamo la desolazione che deriva dall'abominazione cioè che deriva dall'azione dell'uomo.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Riassunto Prima parte


Riassunto Domenica – Lunedì.


Argomenti: L’immoralità è finalizzare a sé – La scienza – L’io che si fa centro – Collegare tutto con Dio – Strumentalizzare la creazione – Il bisogno di capire – Il peccato è omissione – L’albero della scienza del bene e del male – I dieci lebbrosi – Dio opera convincendo – L’interesse personale – L’angoscia e il suicidio – Dare a Dio ciò che è di Dio – Le scienze rendono il mondo invivibile – Conflitto assoluto/ relativo – Sopportare l’essere di Dio – Dio principio e Dio fine – L’Io sono di Dio – L’amore senza misericordia – Immersi nel regno di Dio – Il Tau – Il fine caratterizza l’uomo – I rapporti con le creature e Dio – Sottomettere la creazione – La significazione della Trinità – Conoscenza di causa/effetto – Approvazione o rifiuto della creazione – Stella assenzio – La venuta dello Spirito santo – La Parola e la Realtà – L’arca di Noè – L’ecologia – La responsabilità personale – Solo il Pensiero di Dio contempla il Padre -


 

16/Novembre/1986  Casa di preghiera Fossano.



Allora i giudei raccolse pietre per scagliarle contro di lui ma Gesù si nascose e usci dal tempio.  Gv 8 Vs 59 Riassunto seconda parte


Riassunto Domenica – Lunedì.


Argomenti: Conflitto tra due principi – Scollarsi dalla Realtà – L’armonia con Dio – Gli argomenti umani – Essere virtuosi – Cielo e terra – Le tenebre esteriori – Collegare con Dio – Sentito dire e ricerca personale – Cercare in tutto il Pensiero di Dio – Segni nuovi o vecchi – Il peso dell’io – I segni macchiati – Il tradimento della parola – L’assenza di Dio – Intelletto e esperienza – Esperimentare Dio – La Parola diventa fuoco – Il compimento di Dio – Soggettività e oggettiva – Il dubbio – Il pubbicano – Il figliol prodigo – I cuori si rivelano – La fine del mondo – Zichichi – Il sentimento – La paura – Trovarsi a destra o a sinistra di Dio – Interiorizzare – Non sopportare l’amore di Dio – Siamo fatti in coppia – Tormentati dai nostri idoli – In tutto trattiamo con Dio – Spirito e lettera – In tutto trattiamo con Dio – L’adultera e Gesù – L’esterno e il nostro interno -


 

7/Dicembre/1986  Casa di preghiera Fossano.