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Gli dissero allora i giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".   Gv 8 Vs 57 Primo tema.


Titolo: La condizione perché avvenga la comunicazione.


Argomenti: Il giorno di Cristo non è un futuro ma è un presente trascendente. La Verità è trascendente tempo e spazio. L'errore di volere misurare l'assoluto con ciò che è relativo. L'errore di invertire il soggetto (Dio) con l'oggetto (creazione). I segni in noi sono dominanti rispetto a Dio. Partire da Dio per arrivare al segno. La comunicazione di Dio. Noi siamo l'oggetto della comunicazione, Dio è il Soggetto.


 

31/Agosto/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Siamo al versetto 57, in cui i giudei dicono a Gesù: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".

Anche qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato per la nostra vita personale, ci sia in queste parole di questi giudei, rivolte a Gesù, perché tutto quello che accade, tutto quello che si dice, è lezione per noi, per la nostra vita spirituale, interiore e per i nostri rapporti con Dio.

Soprattutto dobbiamo chiederci che cosa Dio voglia significare di Sé a noi, attraverso queste parole.

Poiché attraverso tutte le parole che si dicono nel mondo, attraverso tutta la creazione di Dio, Dio si annuncia e quindi vuole che noi capiamo qualche cosa di Lui.

Qui ci troviamo con questi giudei che dicono: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".

Evidentemente c'è dell'ironia verso Gesù, il quale prima aveva affermato: "Il padre vostro Abramo desiderò vedere il mio giorno, lo vide e ne fu pieno di gioia".

Abbiamo visto che ciò che Abramo desiderò vedere ("il mio giorno") non fu qualche cosa di futuro ma, fu qualche cosa di presente, di presente che ancora non vedeva.

Abramo desiderò vedere il Pensiero di Dio, in tutte le cose che Dio gli stava facendo e gli stava annunciando.

Questo è il giorno che ogni anima che crede in Dio desidera vedere.

Poiché credendo in Dio, si riconosce che tutto è opera di Dio e riconoscendo che tutto è opera di Dio, si desidera conoscere il significato, il Pensiero di Dio in ogni cosa.

Questo fu il desiderio di Abramo: la realizzazione, cioè il capire il Pensiero di Dio in tutto ciò che Dio gli stava facendo e che gli stava sconvolgendo; gli aveva sconvolto mica poco la vita.

Abramo è un simbolo poiché Abramo è il padre di tutti coloro che credono, dice San Paolo.

Proprio perché è il padre di tutti coloro che credono, è un simbolo per tutti coloro che credono, è un segno e rivela in che cosa sta la sostanza della fede.

La fede è tale in quanto desidera vedere il Pensiero di Dio.

Là dove la nostra fede non ci porta a desiderare di vedere il Pensiero di Dio, misurandoci sulla fede di Abramo padre di tutti coloro che credono, dobbiamo sempre riconoscere che la nostra fede non è autentica, manca di sostanza quindi è una fede recitata, è un credere di credere ma, non é avere la vera fede.

Qui però ci troviamo di fronte a un'affermazione dei giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".

Un'affermazione che non coincide mica con quello che Gesù aveva detto.

Gesù non aveva detto che Lui aveva visto Abramo.

Gesù aveva detto che Abramo aveva visto Lui, è una cosa diversa.

Notiamo che qui c'è un’inversione di soggetti.

E anche questo ci deve far riflettere perché se è riportato questo, ci deve essere una ragione.

Una ragione per farci capire con quanta facilità noi invertiamo i soggetti e poi arriviamo a certe conseguenze.

L'inversione di soggetti  avviene in questi termini: prima Gesù dice: "Abramo desiderò vedere e vide", qui il loro dicono: "Tu hai veduto Abramo".

Riferiscono la loro ironia, perché ironia è, al fatto che Lui non abbia ancora cinquant'anni, cioè calano il loro giudizio nella categoria del tempo, tempo e spazio.

Invece come abbiamo visto il desiderio di Abramo non apparteneva alla categoria del tempo e dello spazio.

Non desiderò vedere qualche cosa nel tempo e nello spazio, desiderò vedere qualche cosa che trascendeva il tempo e lo spazio.

Abramo desiderò vedere la verità e la verità non è mai condizionata da tempo e spazio.

Una cosa non è vera perché è detta in Italia piuttosto che in Israele o in Cina.

Una cosa quando è vera, è vera indipendentemente dai luoghi in cui viene detta.

Una cosa è vera non perché è vera oggi o non era vera 2000 anni fa e non è più vera oggi ma era vera 2000 anni fa.

Una cosa quando è vera, è vera indipendentemente dal tempo in cui viene detta.

Quindi la verità supera e trascende tutte le dimensioni e tutti i condizionamenti quindi del tempo e dello spazio.

La verità è universale, quindi la verità è per tutti gli uomini.

Tutti gli uomini sono interessati a essa e tutti gli uomini sono responsabili di fronte a essa, proprio per quest’universalità.

Abbiamo detto che quando una cosa non subisce condizionamenti del tempo e dello spazio, essa è trascendente.

Abramo desiderò vedere una cosa trascende.

Qui invece questi giudei, criticano e rifiutano l'affermazione, la dichiarazione, la rivelazione di Gesù, ponendola nel tempo e nello spazio e la escludono quindi come idea.

Quindi qui abbiamo due errori.

Il primo è quello dell’inversione del soggetto.

Il secondo è quello di voler misurare con le dimensioni del tempo una cosa che è fuori dal tempo.

Già questo ci fa capire quale errore noi facciamo ogni volta che tendiamo a misurare l'assoluto, l'infinito, la verità con i nostri metri finiti.

Il cielo non è una proiezione della terra.

Non possiamo arrivare all'infinito partendo dal finito, tenendo come metro il finito.

Ciò che trascende il tempo, non può essere misurato con le nostre esperienze nel tempo.

Non possiamo dire perché uno è giovane che non possa vedere la verità, la verità non è condizionata dagli anni di un uomo, né dai luoghi in cui egli si trova.

La verità è accessibile a tutti, essendo appunto al di sopra di tutto e di tutti.

Quindi qui abbiamo un errore di uomini che vogliono misurare il regno della verità, il regno di Dio con le loro stesse esperienze, cioè affermano come assoluta la loro esperienza e misurano le parole stesse di Gesù, anziché cercare di capirle, in base alle loro esperienze che sono nel tempo e nello spazio.

Poi abbiamo detto però altro fatto grave, c'è questa inversione di soggetti.

Cioè qui ci fa capire con quanta facilità noi cadiamo nell'errore.

Quell'errore che poi ci impedirà di arrivare a capire, di arrivare a vedere.

L'errore sta sostanzialmente nell’inversione di soggetti.

Dio è Colui che parla in tutto, quindi il soggetto è Dio, Dio è Colui che parla in tutto e Dio in tutte le cose annuncia Sé, fa segni di Sé.

I segni sono presenti al nostro io, Dio non è presente o perlomeno è presente ma non è esperimentabile dal nostro io.

Per cui abbiamo detto molte volte che l'uomo si caratterizza dal fatto che porta in sé Dio ma, non lo esperimenta mentre invece esperimenta i segni di Dio.

Ciò significa che ciò che l'uomo ha presente esperimentato ed esperimentabile sono i segni di Dio non Dio.

Nel campo dell'esperienza Dio è assente, Dio è Colui che fa silenzio.

Invece quello che urla, che preme nella nostra vita sono i segni di Dio.

Essendo questo il dato presente noi con molta facilità partiamo da questo dato è questo diventa per noi soggetto: ecco l'inversione.

Quanto sia facile invertire lo sanno coloro che hanno l'abitudine di usare molto i numeri.

Uno degli errori più facili nei numeri è proprio quella dell'inversione dei numeri.

Si confonde con molta facilità, il 36 diventa 63 o il 54 diventa 45.

Come mai c'è questa facilità d’inversione?

È perché leggendo, praticamente, si rilegge e la rilettura parte sempre dall'ultimo numero.

Quando io dico 45 quello che mi resta è il 5 e dico 54.

Abbiamo l'inversione, perché quello che rimane più impresso è sempre quello che arriva per ultimo e noi partiamo dall'ultimo per arrivare di nuovo al primo e allora invertiamo le cose.

È quello che avviene nella creazione di Dio.

Dio è il Principio ma quello che a noi arriva per ultimo è il segno di Dio.

Quindi abbiamo lo Spirito che parla e abbiamo i segni di questo Spirito ma, quello che arriva a noi sono i segni, quello che resta quindi impresso è il segno e noi adesso partiamo dal segno per arrivare allo Spirito e qui facciamo un errore grosso.

L'errore grosso sta nel fatto che non possiamo arrivare allo Spirito partendo dal segno.

Cioè il segno è finito, il segno è nel tempo e non possiamo partire dal tempo per arrivare all'eterno.

Non possiamo partire dal finito per arrivare all'infinito.

Questo è un errore.

E perché è un errore?

Perché noi trascuriamo il Principio, il Principio del segno stesso.

Infatti, Dio facendoci i segni, cioè presentandoci la sua creazione, ci ordina di non separare il segno da Lui e quando noi invece partiamo dal segno, noi separiamo il segno da Dio.

Non separare il segno da Dio, vuol sempre dire partire da Dio per arrivare al segno.

Questo è il problema della fede.

Abramo desiderò vedere il giorno del Signore, cioè desiderò vedere il Pensiero di Dio nei segni che Dio gli faceva, proprio perché aveva la fede.

Ma la fede cosa ci dice? "Questo è opera di Dio", la fede mi dice questo e allora dicendo: "Questo è opera di Dio", mi mette Dio come soggetto del segno stesso.

Dio è il soggetto, quindi parti dal soggetto e se parti dal soggetto allora si forma in te il desiderio, il desiderio di conoscere il Pensiero di Dio.

Infatti, si dice che la fede viene da Dio, parte da Dio.

In quanto si ritiene Dio come soggetto, allora qui il desiderio diventa mezzo di comunicazione.

Mezzo di comunicazione di quello che Dio ci vuole comunicare.

Se invece noi partiamo dal segno per arrivare a Dio, noi creiamo l'incomunicabilità.

Molte volte noi ci troviamo proprio in questa impossibilità di comunicazione.

Quando non si riesce a comunicare, evidentemente è perché non si parte da quel Principio che si comunica in tutto.

Dio è Colui che comunica, che parla in tutte le cose.

Noi sapendo come opera Dio, abbiamo la possibilità di imparare come dobbiamo operare noi.

Il Figlio si caratterizza proprio in questo, che non fa niente se non lo vede fare dal Padre.

Abbiamo detto che è Dio che comunica Se stesso e quindi anche noi sapendo questo, dobbiamo capire che soltanto rispettando questo rapporto avviene la comunicazione.

La comunicazione avviene dall'alto al basso, non avviene dal basso all'alto.

La comunicazione avviene da Dio alla creatura, non avviene dalla creatura a Dio.

La comunicazione avviene dall'infinito al finito ma non dal finito all'infinito.

Se noi non rispettiamo questo, ecco che noi entriamo nel problema dell'incomunicabilità, non possiamo più costruire i rapporti nella verità.

Allora ci carichiamo di confusione e di tenebre e di notte.

Quindi Dio rivela a noi il Principio, il Soggetto che opera in tutto e invita noi a rispettare questo Soggetto che opera in tutto come Principio di comunicazione.

La comunicazione sostanzialmente è sempre un raccogliere in-.

Si comunica per unificare.

Noi abbiamo questa passione di unità.

Questa passione di unità si vale proprio della comunicazione per raggiungere il suo scopo, per raggiungere il suo fine, cioè quello di vedere tutto raccolto dell'unità.

Dio comunica per raccogliere tutto in Sé, nel suo Pensiero e noi, per la passione di unità che portiamo in noi, attraverso le comunicazioni di Dio giungiamo al nostro fine, al compimento di questa passione di unità.

Qui capiamo che la comunicazione è il mezzo per condurci a vedere.

Invece quando noi non rispettiamo la via attraverso la quale Dio opera le comunicazioni di Sé noi, entriamo nell'incomunicabilità e ci rendiamo quindi impossibile arrivare a vedere.

Allora le nostre parole diventano parole senz'anima, senza sostanza.

Il nostro parlare diventa solo rumore, blà, blà, blà ma, non comunichiamo assolutamente niente.

Noi a volte sentiamo parlare di mezzi di comunicazione e crediamo che potenziando i mezzi di comunicazione si possa comunicare tanto al mondo.

Il più delle volte non abbiamo niente da comunicare.

Noi ci preoccupiamo dei mezzi di comunicazione, non ci preoccupiamo invece di quello che c'è da comunicare.

Quale messaggio c'è da comunicare?

Noi dimentichiamo il Soggetto.

Noi siamo l'oggetto della comunicazione, non siamo i soggetti della comunicazione.

Non è l'uomo che deve comunicare se stesso, l'uomo comunicando se stesso comunica niente, è Dio che comunica Se stesso, è Dio che dà i messaggi di Sé.

Tutta la creazione è parola di Dio e quindi la comunicazione è valida in quanto comunica qualche cosa di Dio a noi, quindi noi siamo l'oggetto della comunicazione di Dio, non il soggetto.

Ciò di cui dobbiamo soprattutto preoccuparci, è il messaggio da comunicare ed è Dio.

Soltanto comunicando Dio, parlando di Dio, noi restiamo nel disegno della creazione che è comunicazione di Dio, non di altro.

In caso diverso noi restiamo con parole che non dicono niente, perché quelle parole che non comunicano niente di Dio sono state private di sostanza, di anima e quindi non dicono più niente e noi sostanzialmente non comunichiamo più niente né con Dio né con gli altri.

Perché per poter comunicare qualcosa non basta che ci sia uno che parli, perché Dio parla sempre, bisogna che in colui che riceve la comunicazione, ci sia la sintonia con Colui che parla e perché ci sia la sintonia bisogna che in colui che riceve la comunicazione ci sia lo stesso Pensiero, la stessa presenza che ha presente Colui che parla, Colui che comunica.

Soltanto in quanto nella creatura, cioè nell'uomo c'è la presenza di Dio (questa presenza c'è in quanto c'è fede, c'è interesse per Dio, per conoscere il Pensiero di Dio) quindi in quanto c'è questa sintonia tra Colui che parla (Dio) e colui che riceve colui che riceve c'è la comunicazione.

Se non c'è questa sintonia, la comunicazione non avviene.

E così è lo stesso tra uomo e uomo.

L'uomo riesce, può veramente comunicare soltanto se comunica qualcosa di Dio.

Perché soltanto comunicando qualcosa di Dio, comunica qualcosa di vero, sostanziale, reale però, può comunicarlo soltanto  là,dove c'è la stessa presenza di ciò che lui ha presente.

Per cui quando noi parliamo e non abbiamo presente Dio non comunichiamo niente, quando noi parliamo e abbiamo presente Dio ma colui che ascolta non ha presente Dio, non comunichiamo niente.



Gli dissero allora i giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".   Gv 8 Vs 57 Secondo tema.


Titolo: La clorofilla.


Argomenti: Il desiderio di Abramo. La comunicazione della verità avviene a senso unico. Dalla comunicazione si riceve la vita.

L'informazione va capita. L'unico punto di passaggio dal finito all'infinito è la Parola di Dio. La parola di Dio è luce. Il Pensiero di Dio in noi è la clorofilla che ci permette di assimilare la Luce di Dio. Noi ascoltiamo Dio solo avendo ben Presente in noi il suo Pensiero.


 

1/Settembre/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Restiamo ancora nel versetto 57  di domenica scorsa, in cui troviamo questi giudei che dicono a Gesù: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".

Abbiamo visto come argomento tratto da queste parole l'incomunicabilità che passa tra il mondo finito e l'infinito.

Qui Gesù parla dal punto di vista dell'eterno, dal punto di vista dell'assoluto, della verità.

Aveva affermato poco prima: "Il padre vostro Abramo desiderò vedere il mio giorno, lo vide e ne fu pieno di gioia".

Il desiderio di Abramo di vedere il giorno di Dio, era il desiderio di capire il disegno, il Pensiero di Dio in tutto ciò che Dio gli stava facendo e gli stava dicendo.

Ed è il desiderio di ogni uomo, perché ogni uomo è fatto spettatore delle opere di Dio ed essendo spettatore, l'uomo è testimone delle opere di Dio.

Ma l'uomo se è fatto spettatore, non è fatto però intelligente delle opere di Dio, l'uomo vede ma non capisce niente.

Poiché Abramo è il padre di tutti coloro che credono, il desiderio di Abramo rivela la sostanza della fede, rivela il desiderio centrale di tutti coloro che credono: desiderare di capire.

Se la fede non ci fa desiderare di capire, non è fede, è soltanto un nome vano senza sostanza, è soltanto un abito che ci portiamo addosso, una vernice con cui ci verniciamo ma, non è fede.

La fede è tale in quanto ci fa desiderare di capire le opere che Dio sta facendo.

La fede è tale in quanto ci fa desiderare di capire.

Con ciò diventa un test questa fede di Abramo, un test per la nostra fede, un metro con cui noi possiamo verificare, misurare la nostra fede.

Non per niente abbiamo detto che Abramo è un simbolo, è padre di tutti coloro che credono, quindi è un simbolo della fede vera di ogni uomo.

Gesù dicendo questo, parla sul piano della verità, sul piano dell'infinito quindi dell'assoluto e la verità è trascendente l'uomo, la verità non è quella che dice l'uomo, non è quella che fa l'uomo.

La verità trascende l'uomo, indipendentemente quindi da quello che l'uomo può dire o può fare, la verità continua a esistere.

L'uomo può dire mille volte che Dio non esiste ma, non sono le parole dell'uomo che possono cancellare il Pensiero di Dio che ogni uomo porta in sé.

Ogni uomo è caratterizzato da questo ed è in questo che si differenzia da ogni animale.

L'uomo come corpo non si differenzia dall'animale ma, si differenzia per essere portatore del Pensiero di Dio e quindi portatore in Sé della passione di assoluto che una conseguenza della presenza del Pensiero di Dio in lui.

Passione dell'assoluto che è passione di verità.

Gesù parlando del desiderio di Abramo che è il desiderio di verità, desiderio di capire essendo la verità appartenente a ciò che trascende l'uomo, Gesù parlava in termini di trascendenza e quindi non in termini relativi all'uomo, non in termini di tempo e di spazio.

Qui invece i giudei oppongono alla dichiarazione di Gesù le loro ragioni dicendo: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?".

Cioè oppongono le loro dimensioni di tempo e di spazio, quindi la loro esperienza alle parole di verità con cui Gesù volle rivelare la passione che ogni uomo porta con sé e che è sostanza della fede.

Ora opporre un termine finito, un termine quindi relativo alle nostre esperienze, relativo alle nostre conoscenze a quelli che sono i termini infiniti dell'assoluto, della verità, è creare un posto di blocco: l'incomunicabilità, non c'è il passaggio.

Non si passa dal finito all'infinito.

Abbiamo detto che si passa dall'infinito al finito ma non si può passare dal finito all'infinito.

Nei termini di verità la comunicazione avviene a senso unico.

Dio è il Creatore di tutte le cose ed essendo il Creatore di tutte le cose, è Lui che si rivela in tutte le cose, quindi abbiamo un unico Dio e quindi abbiamo un unico Rivelatore, quindi abbiamo un unico Essere che parla.

Dio è Colui che parla in tutto e con tutti e parlando non fa altro che significare qualche cosa di Sé.

Questa è comunicazione.

Quindi Dio in tutte le cose che fa, in tutta la sua creazione, non fa altro che comunicare qualche cosa di Sé.

Questa comunicazione avviene quindi a senso unico, dall'alto in basso, dall'assoluto al relativo, dall'eterno a ciò che appartiene al tempo.

Quando invece noi cerchiamo di passare dal finito all'infinito, dal tempo all'eterno, dal relativo all'assoluto, noi veniamo a trovarci nella situazione d’incomunicabilità.

Tutto si ferma, tutto si arresta, noi magari diciamo ancora delle parole, usiamo delle parole ma, non comunichiamo più niente, perché quando parliamo in relazione al pensiero del nostro io e quindi non facciamo altro che estendere il nostro esperimentato, quello che noi abbiamo visto, quello che abbiamo toccato, alle categorie del divino, dell'assoluto, della verità, noi ci rendiamo conto che incominciamo a navigare nell'incertezza.

Non abbiamo più in noi la certezza di quello che diciamo, perché stiamo estendendo una nostra esperienza, la stiamo estrapolando, la stiamo universalizzando.

Noi possiamo universalizzare quello che noi abbiamo visto, quello che noi abbiamo toccato ma, non siamo sicuri di quello che noi diciamo e non possiamo essere sicuri.

Non possiamo dire: "Tutto è così, perché io l'ho visto così".

Non possiamo dire: "Il mondo è come io lo vedo e lo tocco",  noi c'accorgiamo che non siamo sicuri di quello che diciamo.

Il mondo non può essere soltanto quello che vedono i nostri occhi, soltanto quello che toccano le nostre mani.

Il mondo è infinitamente superiore a quello che noi vediamo, a quello che noi tocchiamo.

A molta maggior ragione l'infinito di Dio, l'assoluto, l'eterno, è superiore, è trascendente a quello che noi vediamo, a quello che noi tocchiamo e quindi se è trascendente non possiamo noi applicare all'assoluto la nostra relatività, i nostri concetti.

Piuttosto noi possiamo ricevere.

Ecco, la comunicazione vera avviene dall'alto in basso, dall'infinito al finito.

Tutto quello che noi conosciamo, è finito, è soggetto al tempo, è soggetto allo spazio e noi ci accorgiamo che tutte le cose mutano, quindi sono limitate, quindi sono finite.

Ecco Dio comunica Se stesso infinito a noi, che siamo finiti e che esperimentiamo le cose finite, ora perché comunica questo?

Abbiamo detto che la comunicazione è creazione di comunione e quando si parla di comunione, il passo è già immediato alla vita.

La vita è essenzialmente comunione.

Dio comunica per creare comunione, per creare vita.

La vita in noi, a questo punto lo possiamo capire viene dall'alto, viene dall'infinito, viene dall'assoluto, non viene dalla materia, non viene da noi stessi.

Cioè la vita è una conseguenza della comunicazione di Dio, è comunione, quindi la nostra vita è legata all'informazione e dell'informazione su Dio e di Dio.

Quindi la comunicazione che viene a noi da Dio è comunicazione, è informazione a noi di qualche cosa di Dio e trasmette vita a noi proprio in quanto informa noi di qualche cosa di Dio.

A questo punto noi possiamo capire l'importanza dell'essere informati dell'assoluto, dell'essere informati di Dio ma, solo Dio può parlare di Se stesso.

Solo Dio comunica la sua verità, può comunicare la sua verità e la nostra vita è una conseguenza di questa comunicazione se noi riceviamo e assimiliamo l'informazione che Dio ci fa arrivare.

Intanto a questo punto noi possiamo capire già quello cui si accennava questa sera che, se la nostra vita vale in quanto riceviamo informazioni da Dio, su Dio, ogni giorno vale in quanto noi ci nutriamo di questo pane, cioè in quanto noi ci preoccupiamo di vedere prima di tutto l'informazione di Dio e poi di assimilare questa informazione, di capire ciò che Dio ci vuol significare di Sé.

Ecco per cui dobbiamo preoccuparci ogni giorno di vedere e di capire quello che Dio ci vuol comunicare di Sé, attraverso le cose che ci fa arrivare, perché tutto è segno di Dio tutto quindi è parola di Dio, tutto è comunicazione di Dio a noi.

Ma la cosa non è automatica.

La vita viene dall'informazione, però l'informazione va capita, va mangiata come dicevano gli ebrei.

Quando Gesù dice: "Chi mangia di Me vivrà di Me", dice appunto questo: "Chi assimila il mio parlare, chi capisce le mie parole, chi si preoccupa di capire le mie parole".

Nella parabola del seminatore, Lui paragonando il seme alla parola di Dio che viene seminata sulla nostra terra  (la comunicazione, la parola che scende dall'infinito sulla nostra terra finita) paragonando la parola al seme, dice che il terreno profondo, cioè quello che porta frutto, rappresenta coloro che pongono mente.

Si pone mente per capire qualche cosa, quindi si porta a frutto in quanto si riceve il seme, la parola, l'informazione di Dio, la si riceve, la si riconosce, quindi la si custodisce, la si medita, si pone mente per arrivare a capire.

Ora è proprio qui in questa nostra dedizione ("terra profonda" dice Gesù) in quest’amore alla profondità per cercare di capire i segni di Dio, le parole di Dio che la vita viene a noi e si forma in noi.

La caratteristica della comunicazione, essendo comunicazione dall'alto in basso, essendo segno di Dio, è quella sempre di collegarci con la sorgente, con il Principio, con Dio Creatore.

La parola è comunicazione in quanto ci fa vedere il Principio, ci rende quindi partecipi.

Siccome il Principio, l'assoluto, Dio è infinito, qui capiamo che l'unico punto di passaggio dal nostro finito all'infinito di Dio è la parola, è la comunicazione di Dio.

Se noi non assimiliamo la parola, noi ci priviamo dell'unico ponte, di questo passaggio obbligato dal nostro mondo finito all'infinito di Dio.

Noi da soli assolutamente non possiamo fare il salto dal finito all'infinito.

Per quanto ci aggiriamo, noi ci aggiriamo sempre in un mondo finito.

Tutte le nostre esperienze, tutte le nostre conoscenze sono finite.

Noi da soli non possiamo fare il passaggio quindi dal basso all'alto.

La parola di Dio che viene dall'alto questa sì, dà a noi la possibilità di passare dal nostro finito all'infinito, su di essa e soltanto su di essa.

Qui possiamo capire la preziosità, il valore, l'importanza della parola di Dio.

È questa che ci collega con l'infinito, quindi ci fa fare un salto, ci fa appartenere al mondo di Dio, altrimenti noi restiamo separati.

Se la comunicazione che viene dall'alto è tale in quanto ci presenta il Principio, ci presenta l'infinito, l'assoluto, la parola è luce.

La caratteristica della luce è quella di farci vedere la sua sorgente.

Un raggio di luce, in quanto arriva a noi, ci mette in relazione con la sorgente di quella luce.

La caratteristica della luce è questa, è quella di collegare il punto in cui ci troviamo alla sorgente, alla fonte della luce stessa.

La parola di Dio proprio in quanto è comunicazione del Principio, dell'assoluto, è luce, è luce per noi.

Ma la parola va assimilata e cosa c'è in noi che dà a noi la possibilità di assimilare la parola di Dio?

Non ci sarebbe niente sulla terra se non ci fossero gli alberi.

Tutta la vita viene dal mondo verde.

Non distruggendo gli alberi distruggiamo la vita per noi, la vita naturale.

Ma gli alberi cosa sono?

La caratteristica dell'albero è la fotosintesi cioè la captazione della luce.

L'albero ha questa meravigliosa possibilità, quella di captare la luce e di trasformarla in energia e attraverso questa energia produce tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno per vivere.

Anche qui abbiamo un segno.

La clorofilla nell'albero è quello che assimila la luce ma cosa c'è nell'uomo che possa dare all'uomo la capacità di assimilare la luce di Dio che gli arriva attraverso la parola?

Che cosa significa la clorofilla?

Tutto è segno per l'uomo.

L'uomo l'abbiamo visto molte volte, è capace di assimilare in quanto porta dentro di sé, qualche cosa e questo qualche cosa è la sintonia con ciò che gli viene comunicato.

L'uomo capta in quanto è in sintonia con-.

Ma la sintonia vuol dire stessa presenza di-.

Cioè soltanto se nell'uomo c'è la stessa presenza di ciò che gli viene comunicato, l'uomo può captare quello che gli viene comunicato.

Diciamo: soltanto se nell'uomo c'è un punto infinito, l'uomo può captare l'infinito di Dio che si comunica all'uomo.

In caso diverso non lo può captare.

Il cane non può captare i segni di Dio.

Bisogna che in noi ci sia qualche cosa di Dio per captare le comunicazioni di Dio.

Allora la parola di Dio non fa altro che evocare ciò che in noi c'è di Dio e che il più delle volte è trascurato.

Questo qualche cosa di Dio che portiamo in noi è il Pensiero di Dio.

L'albero è luce trasformata e tutto ciò che è vivo nel mondo, è luce trasformata e anche noi spiritualmente siamo vivi soltanto in quanto siamo Luce trasformata.

La luce ha questa meravigliosa possibilità che trasforma in luce tutto ciò in cui penetra.

Trasforma in luce o riduce in cenere.

La clorofilla significa per noi questa capacità di assimilare la luce e questa capacità di assimilare la luce è data a noi dal Pensiero di Dio.

Ma questo Pensiero di Dio deve essere attualmente presente nel nostro pensiero.

Perché noi abbiamo la capacità di capire qualche cosa, quindi di assimilare qualche cosa, soltanto in quanto l'abbiamo presente.

Se io ho presente qualche cosa, ma l'ho dimenticato, quella parola che mi evoca questo qualche cosa da me non è capita.

Quindi la parola ha questa meravigliosa funzione, quella di richiamare alla mia presenza quello che c'è in me, di rendermelo presente in modo che, avendolo presente mi dia la possibilità di assimilare la luce, di capire.

Allora qui avviene la comunicazione.

Il tema di questa sera è la comunicazione.

Noi domenica scorsa abbiamo parlato d’incomunicabilità ma, evidentemente tutto ciò che è negativo nel mondo, ha sempre un significato positivo, perché nulla nel mondo va sprecato.

Anche l'incomunicabilità, anche il male, anche il peccato deve essere visto in chiave positiva: tutto serve nel regno di Dio.

L'incomunicabilità di cui abbiamo parlato ha questo risvolto meraviglioso, ci rivela il non passaggio dal basso all'alto ma, ci fa capire quindi che la comunicazione avviene soltanto dall'alto in basso.

Questa comunicazione che viene a noi dall'infinito, da Dio, richiede in noi un organo capace di riceverla.

Dio creando l'uomo gli ha formato un orecchio per potergli parlare.

Prima ha formato nell'uomo l'orecchio e poi ha incominciato a parlare all'orecchio di quest'uomo.

Noi tutti capiamo che noi non ascoltiamo mica con l'orecchio.

L'orecchio è un mezzo ma in realtà non si ascolta con l'orecchio.

Si ascolta con quello che uno porta dentro.

Quante volte noi udiamo con gli orecchi ma non capiamo?

Gesù stesso dice: "Avete orecchie e non intendete".

Quindi quello che ci dà la capacità d'intendere, non è l'orecchio, è quello che noi portiamo nel nostro pensiero, è quello che noi abbiamo interiorizzato.

Ognuno di noi l'abbiamo detto mille volte, è capace di intendere le parole straniere nella misura in cui ha studiato la grammatica straniera, quindi in quanto ha interiorizzato le parole straniere e  allora trovandole fuori, riesce a capire, prima no, sente solo rumore.

L'orecchio capta il rumore ma non ti dà l'intelligenza, non ti fa capire le cose.

Noi capiamo le cose nella misura in cui abbiamo interiorizzato, quindi l'orecchio che Dio ha posto in noi per capire le sue parole che sono comunicazioni d’infinito, di assoluto è il suo Pensiero.

Noi ascoltiamo con il Pensiero di Dio non con le nostre orecchie.

E soltanto in quanto abbiamo il Pensiero di Dio ben presente nel nostro pensiero.

Perché soltanto lì noi abbiamo l'intelligenza, la possibilità di capire le parole di Dio.

In caso diverso non le capiamo, come non le hanno capite quei giudei e hanno ritenuto di avere ragione: "Tu non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?".

Non potevano capire.

Ora da che cosa è data questa interiorizzazione che dà a noi la capacità di capire le cose di Dio?

Il Pensiero di Dio ci apre e ci dà la possibilità però, nella misura in cui noi interiorizziamo.

Siccome le parole di Dio arrivano a noi per farci conoscere Dio, nella misura in cui noi abbiamo interiorizzato, abbiamo assimilato, le parole di Dio che arrivano noi, queste formano in noi una capacità crescente e crescente all'infinito d'intendere e di ricevere, di conoscere Dio.

È quello che noi abbiamo interiorizzato.

Non basta avere il Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio ci dà la possibilità di essere compresi ma, se noi non abbiamo interiorizzato e se non abbiamo unito a questo Pensiero di Dio le opere, i segni di Dio che Dio ci fa arrivare, noi possiamo essere compresi da Dio ma noi non possiamo comprendere Dio.

Noi comprendiamo Dio nella misura in cui abbiamo assimilato, capito le parole di Dio nel suo Pensiero.

La vera intelligenza c'è data soltanto da ciò che noi abbiamo presente.

La vera intelligenza di Dio, noi la troviamo soltanto nel Pensiero di Dio che ha presente il suo Principio che ha presente il Padre.

Quanto più noi cresciamo in questo Pensiero di Dio che ha presente la sua Sorgente, che ha presente il suo Principio, la sua causa, tanto più noi siamo fatti partecipi di quello che Dio è.

Essere partecipi abbiamo detto all'inizio, essendo comunione, è vita.

Dio opera, Dio comunica a noi tutte le cose per portarci a essere fatti partecipi di quello che Lui è, quindi siccome Lui è verità e una verità quindi che non è soggetta al tempo, che non è relativa, che non muta, quindi eterna, questa partecipazione a ciò che eterno diventa in noi vita eterna.



Gli dissero allora i giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".   Gv 8 Vs 57 Terzo tema.


Titolo: La capacità di capire la Parola di Dio.


Argomenti: Interesse & ascolto. Il Pensiero di Dio in noi è l'orecchio per ascoltare Dio.  La parola è capita in quanto si arriva al pensiero. La vita è data dalle informazioni ricevute. Disinformazione è attribuire un fatto a una causa diversa dalla vera. La Parola di Dio è luce. Il vecchio e la novità. Solo superando il pensiero dell'io restiamo nella novità. Parte finita e parte infinita della parola. La parola è un ponte. Guardare dal punto di vista di Dio. Il Pensiero di Dio è premessa e conclusione del parlare di Dio.


 

8/Settembre/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Dobbiamo ancora soffermarci nel versetto 57, in cui i giudei dicono a Gesù: "Non ha ancora cinquant'anni e ha veduto Abramo?".

Abbiamo visto qui la nostra mentalità, mentalità di uomini che credono di giudicare la verità in base al loro esperimentato, ai loro schemi nello spazio e nel tempo, in base a quello che loro esperimentano, conoscono con i loro sensi, con i loro occhi, che toccano con le loro mani.

E abbiamo visto come questo crei incomunicabilità fra l'anima dell'uomo e la verità stessa.

Ma proprio da questa incomunicabilità, siamo stati condotti a riconoscere che la vera comunicazione, che è comunicazione di luce, comunicazione di verità non viene dall'uomo ma, discende da Dio.

Solo a questa condizione l'uomo entra nella verità, non cercando lui di scoprire ma, cercando di ascoltare.

Si entra nel regno di Dio, nel regno della verità, ascoltando Dio, ascoltando le parole di Dio, non parlando noi.

L'uomo abbiamo detto, si può definire come una passione di assoluto, per cui tutto ciò che egli cerca, lo cerca con questa passione, con questo desiderio di volere che sia assoluto, che sia eterno, che sia vero.

L'uomo in questa passione di assoluto è essenzialmente orecchio, orecchio che ascolta.

Tutto è creazione di Dio, tutto è opera di Dio e Dio attraverso tutta la creazione forma nell'uomo l'orecchio e poi parla a quest'orecchio.

Però proprio domenica scorsa abbiamo visto che non è sufficiente avere gli orecchi naturali per intendere le cose di Dio.

Non bastano i nostri orecchi naturali per ascoltare.

L'uomo essenzialmente ascolta con quello che porta dentro di sé, ascolta con il pensiero, ascolta con il cuore, ascolta con la mente, ascolta con quello che lui ha come interesse principale nella sua mente.

Per cui possiamo dire che è l'interesse principale che portiamo dentro di noi, che apre il nostro orecchio all'ascolto.

E l'ascolto della parola di Dio richiede in noi il Pensiero di Dio.

Per cui abbiamo detto che il Pensiero di Dio è l'orecchio che Dio ha posto in noi, per dare a noi la possibilità di ascoltare le sue parole.

Però abbiamo anche detto che se il Pensiero di Dio è l'orecchio per ascoltare le parole di Dio, non è sufficiente il Pensiero di Dio per formare in noi la capacità di capire le parole di Dio.

Questa sera dobbiamo cercare di avvicinarci a quali sono le condizioni, perché in noi si possa formare questa capacità di capire e che cosa s'intenda per questa capacità di capire.

Non basta ricevere da Dio, non basta ascoltare le parole di Dio.

Noi siamo chiamati a capire le parole di Dio, a conoscere il Pensiero di Dio.

La parola è capita in quanto si conosce il Pensiero che essa reca a noi.

E soltanto ricevendo la comunicazione, si riceve la vita.

Abbiamo visto, infatti, che la vita è essenzialmente comunione e la comunione viene dalla comunicazione e la comunicazione è informazione.

La vita quindi è formata essenzialmente da informazioni che si ricevono.

La vita vera è costituita, è determinata dalle informazioni della verità, dalle informazioni di Dio su Dio che noi accogliamo, che noi possiamo accogliere.

Ora sapendo questo, noi abbiamo una visione nuova di tutta la creazione, di tutto l'universo che ci sta attorno.

Dio è il Creatore, è il Creatore, non è stato il Creatore, è il Creatore di tutte le cose.

Tutte le cose sono comunicazioni di Dio, informazioni di Dio su di Lui, che Egli fa giungere a noi per darci la vita, per comunicarci la vita.

Però per ricevere queste comunicazioni è necessario avere in noi l'orecchio capace di accogliere la comunicazione.

E quest'orecchio è determinato dal Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio cosa vuol dire?

Vuol dire accogliere tutto da Dio a riferire tutto a Dio.

Perché il Pensiero di Dio ha questa caratteristica: riconosce in tutto l'opera di Dio e quindi riceve tutto da Dio e lo riporta tutto a Dio.

Ora, solo nel rispetto di questo Soggetto, di questa Causa, noi abbiamo la possibilità di ascoltare le parole di Dio.

Non corriamo sempre il rischio di invertire i soggetti.

Quando invertiamo i soggetti noi, attribuiamo gli avvenimenti, i fatti, le cose, gli uomini ad altro da Dio, a un altro soggetto e allora qui creiamo disinformazione, non informazione ma disinformazione.

La disinformazione è costituita proprio da questo fatto, dall'attribuire un avvenimento a una causa di diversa da quella che veramente è.

L'uomo materiale appunto perché è uomo materiale e quindi ha un orecchio materiale, tende ad attribuire, quindi a giustificare gli avvenimenti, le cose, i fatti, le creature in cose diverse da Dio, generalmente tende a giustificare tutto nella materia, nel mondo materiale.

Questo è l'uomo materiale e qui abbiamo l'uomo che crea disinformazione, perché anziché rispettare il Soggetto, Dio è il Soggetto, Dio è il Principio di tutto, quindi anziché rispettare questo Principio, l'uomo materiale attribuisce le cose a un altro principio, a un altro soggetto.

Qui si crea disinformazione e quindi si semina un principio di confusione, di tenebra e dove c'è tenebra non c'è più comunicazione e dove non c'è più comunicazione non c'è più vita.

Quindi è un segnale, un principio di morte, attribuire le cose, i fatti a una causa diversa da Dio.

Invece l'informazione è valida ed è vera, in quanto riporta ogni cosa al suo Principio, riporta ogni cosa a Dio.

Qui allora l'informazione è vera, è valida, è valida perché?

Perché ci aiuta attraverso tutte le cose a pensare a Dio e quindi, siccome abbiamo detto che la vita è informazione su Dio, chi informa noi su Dio, dà a noi la possibilità di crescere nella vita.

Il vero nostro grande problema è sempre quello di cercare di comprendere le cose in Dio e di aiutare a comprendere le cose in Dio.

Il nostro problema non è quello magari di insegnare agli altri o di dire agli altri come devono essere o come non devono essere, ma è aiutare gli altri a comprendere.

Prima di tutto comprendere noi in Dio e poi aiutare gli altri a comprendere Dio.

Perché soltanto così si aiuta a camminare nella vita.

L'informazione è vera ed è valida in quanto ci riporta al Principio, ci presenta il Principio, quindi l'informazione che arriva a noi attraverso la parola è luce.

La luce è proprio quella che ci presenta sempre il principio, ci riporta alla sorgente, ci riporta alla fonte.

E il compito della luce è proprio quello di annunciare a noi la novità, la vita viene a noi dalla novità.

In verità tutto è nuovo, tutto arriva a noi come novità, come annuncio di Uno che ci trascende, quindi che è sempre nuovo per noi, però abbiamo anche visto come noi corriamo il rischio, nel pensiero del nostro io, di trasformare tutte le novità che arrivano a noi da Dio in cose vecchie.

Il principio di trasformazione della novità in cosa vecchia, ciò in cosa già vista, è il pensiero del nostro io, diciamo che è il pensiero del nostro io è il principio che fa vecchie tutte le cose.

Una cosa è nuova in quanto arriva a noi per la prima volta ma, quando arriva a noi la seconda volta, noi già diciamo: "L'ho già vista".

Ecco il grande pericolo sta lì, nel "già visto".

Perché il già visto, il già conosciuto, il già esperimentato, il non più nuovo, non comunica più a noi la vita.

Possiamo chiederci: possiamo noi evitare questa seconda volta?

Cioè possiamo evitare che le cose arrivino noi per la seconda volta e quindi evitare di cadere in questo: "L'ho già visto, questo l'ho già conosciuto, questo l'ho già capito"?

È proprio dicendo: "Questo l'ho già visto, questo l'ho capito, questo l'ho conosciuto" che noi ci escludiamo dalla ricerca e ci escludiamo dalla conoscenza e quindi ci escludiamo dalla vita.

È possibile per noi restare sempre nella prima volta?

Tutti gli amori si spengono quando diventano routine.

Ma è possibile in tutte le cose restare come la prima volta?

È possibile restare nelle cose in modo che queste arrivino a noi sempre come novità?

Lo Spirito di Dio è definito come Colui che fa nuove tutte le cose, principio di novità.

Dio è principio di novità e abbiamo detto invece che il nostro io è principio di trasformazione di tutte le cose in vecchiaia.

Noi diventiamo vecchi proprio perché nel pensiero del nostro io vediamo tutte le cose monotone, tutte le cose uguali, tutte le cose non più nuove.

Se lo Spirito di Dio è Colui che fa nuove tutte le cose, questo già è un annuncio per noi che è possibile restare in tutte le cose come prima volta che vediamo questa cosa e quindi evitare di arrivare a dire: "Questa cosa qui l'ho già vista".

Noi diremo sempre: "Questa cosa qui l'ho già vista", se teniamo presente il pensiero del nostro io.

Qui torniamo nel punto fondamentale e cioè che l'inizio della vita, quella vita che è ricezione d’informazione e quindi ricezione di cose nuove, sta nel superamento del Pensiero del nostro io.

Soltanto dimenticando noi stessi, noi abbiamo la possibilità di restare nella prima volta.

Tutte le cose arrivavano nella prima volta, soltanto se noi superiamo il pensiero del nostro io ma, se noi ci fermiamo al pensiero del nostro io, noi sì sentiamo il bisogno di cose nuove, però facciamo il terribile errore di cercare le cose nuove moltiplicando le novità del mondo, cioè correndo per il mondo, andando a cercare sempre qualcosa di nuovo, oppure aprendo la televisione per cercare di sentire sempre qualcosa di nuovo o la radio oppure attingere novità dalle persone, dagli uomini che incontriamo lungo la strada: "Cosa c'è di nuovo?".

Noi non ci rendiamo conto che tutte le volte che noi chiediamo: "Cosa c'è di nuovo?" profondamente noi diciamo: "Io soffocando, sto morendo nella noia".

Il grande bisogno che noi abbiamo di novità è un test, una prova della situazione in cui noi ci troviamo e del fatto che non attingiamo più alla novità.

Noi dobbiamo smettere di correre, di moltiplicare gli incontri nel mondo credendo così di trovare sempre novità e trovando sempre novità, trovare sempre maggior vita.

Tutte le cose del mondo a un certo momento diventano monotone.

Tutto diventa uguale e tutto diventa sorgente di noia.

Tutto un certo momento diventa "già visto".

Tutto cioè diventa per noi motivo di morte.

Colui che magari essendo annoiato del suo amore credesse di attingere più vita moltiplicando gli amori, non attinge vita, attinge morte, perché moltiplicando gli amori perde l'amore e perde soprattutto la capacità di amare.

La novità non si trova moltiplicando le cose, la novità si trova andando in profondità.

La novità si trova cercando di capire e capire che cosa?

Capire il Pensiero, l'anima delle cose.

Abbiamo detto che la vita sta nelle informazioni che riceviamo ora, l'informazione è parola, parola che arriva noi e ogni parola che arriva a noi è formata da due parti.

Una parte che arriva noi senza di noi e una parte invece che non arriva a noi senza di noi.

È la creazione di Dio che è fatta a periodi di notte e di giorno.

La parte che arriva a noi senza di noi è la parte sensibile, è il suono della parola, è la parola che arriva al nostro orecchio, è la parola anche che arriva al Pensiero di Dio, che arriva a noi, possiamo anche ascoltarla col Pensiero di Dio ma arriva a noi senza di noi.

Quindi diciamo che è suono, è segno, è creazione, è una realtà che tocca il nostro io, che il nostro io esperimenta.

Tutto quello che il nostro io esperimenta quindi gli avvenimenti, il mondo, la creazione, l'universo, tutto quello che il nostro io esperimenta, rappresenta questa prima parte della parola di Dio che arriva a noi.

Ma quello che arriva a noi, viene esperimentato da noi, appunto perché arriva a noi senza di noi, ci tocca e noi lo esperimentiamo però, non lo capiamo.

Qui abbiamo la seconda parte della parola.

La parola arriva a noi senza di noi, per condurre noi a cercare quella cosa che non può essere data a noi senza di noi.

E questa cosa che non può essere data a noi senza di noi è il significato della parola stessa, è il Pensiero che la parola ci vuole comunicare.

Noi non possiamo attingere alla seconda parte della parola, cioè al Pensiero che la parola ci vuole comunicare se non ci dedichiamo a essa.

Allora dicendo che la parola è costituita da queste due parti, noi ci rendiamo conto che nella parola noi abbiamo prima di tutto un finito ed è quello che arriva a noi, che noi esperimentiamo: il mondo finito, tutte le cose, i suoni e le parole, i segni appartengono a questo mondo finito ma, nelle parole c'è anche un infinito e l'infinito è il Pensiero che la parola ci annuncia.

Siccome tutto è creazione di Dio, quindi tutto è parola di Dio, tutto porta a noi un finito che è l'annuncio di un infinito.

Noi possiamo correre il rischio di fermarci soltanto al finito, alla prima parte della parola e dire: "La realtà è quella che io vedo, quella che io tocco" e allora qui ci fermiamo al pensiero del nostro io ma così non possiamo certamente arrivare al Pensiero che la parola ci vuole comunicare, non possiamo arrivare all'infinito.

Se la parola di Dio contiene in sé il finito e l'infinito, qui troviamo il punto di passaggio dal finito all'infinito.

Allora noi diciamo che la parola è un ponte.

La parola di Dio che arriva noi è un ponte e proprio perché è un ponte bisogna attraversarlo, bisogna andare al di là.

Cosa vuol dire andare al di là del ponte?

Noi siamo di qua fin tanto che le cose le riferiamo a quello che noi vediamo e tocchiamo.

Si va al di là in quanto si cerca di vedere le cose non più dal nostro punto di vista ma, dal punto di vista di Dio.

Andare al di là vuol dire trasferirsi nell'infinito, attraverso la parola di Dio, la parola di Dio ricevuta nel Pensiero di Dio, perché abbiamo detto che l'orecchio che riceve la parola di Dio, é solo il Pensiero di Dio.

Allora il Pensiero di Dio è dato a noi, per dare a noi la possibilità di passare all'infinito, cioè di passare a vedere le cose dal punto di vista di Dio, a vedere le cose da Dio e soltanto vedendo le cose da Dio che si forma in noi l'intelligenza delle cose di Dio e si forma in noi la capacità di capire.

Quindi il Pensiero di Dio è dato a noi per portarci a vedere le cose da Dio.

Non si entra nel regno di Dio andando verso Dio, si entra nel regno di Dio guardando da Dio, partendo da Dio.

E per partire da Dio, per guardare da Dio bisogna andare al di là di questo ponte e incominciare a vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Solo così si entra nel regno della verità.

Soltanto così si conosce il Pensiero di Dio.

Perché la conclusione della volta scorsa fu che Dio comunica tutto solo nel suo Pensiero.

E tutto quello che Lui comunica nel suo Pensiero, non è altro che il suo Pensiero.

Dio opera in tutto per rendere presente, per manifestare il suo Pensiero.

Ora noi abbiamo detto che il Pensiero di Dio in noi è la premessa per ascoltare le cose di Dio.

Qui troviamo che il Pensiero di Dio è la conclusione di tutte le parole di Dio.

Ma allora che differenza c'è?

A cosa serve il parlare, se per ascoltare le parole noi dobbiamo già avere in noi presente in noi il Pensiero di Dio e si è tutto il parlare di Dio conduce noi a conoscere il Pensiero di Dio, c'è da chiedersi a cosa serve tutto il parlare?

Tutto il parlare di Dio ci conduce a vedere le cose da Dio, dal Principio e il Principio è il Padre.

Quindi tutta l'opera di Dio è per condurre noi a vedere il Pensiero di Dio da Dio, dal Padre.

Quindi si parte dal Pensiero di Dio per ascoltare le cose di Dio e attraverso il Pensiero di Dio si arriva a conoscere ciò che fa il Padre e il Padre genera il suo Pensiero e questa la conclusione dell'opera di Dio, questa è la formazione in noi della capacità di intendere le cose di Dio.

Poiché tutte le cose Dio le fa nel suo Pensiero, noi abbiamo in noi e si forma in noi la capacità di intendere le parole di Dio soltanto in quanto si è formato in noi la conoscenza di questo rapporto fra Dio e il suo Pensiero ma, il rapporto tra Dio e il suo Pensiero è lo Spirito Santo, è lo Spirito di verità.

Questa è la capacità che si forma in noi, che rende noi capaci di capire le parole di Dio e capire le parole di Dio è conoscere Dio ed è vita eterna.



Il padre vostro Abramo si rallegrò al pensiero di vedere il mio giorno, lo vide e ne tripudiò.Gli dissero allora i giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?".   Gv 8 Vs 56 - 57 Riassunti


Riassunti Domenica – Lunedì.


Argomenti: La Parola, ponte con l’infinito – Il presente in Dio e il tempo nell’uomo – La capacità di capire – Interiorizzare – Il verbo essere – Restare nelle Parole – La Parola feconda l’uomo – Separare la Parola da Dio – L’ascolto – Il silenzio – Il desiderio di capire – La fede di Abramo – Il purgatorio – La Luce prima di Pentecoste – Il Vangelo e il vangelo della vita – Lo sguardo e il desiderio – La vita animale e la vita umana – Il dialogo con Dio – La fine dei segni – La prigione del pensiero dell’io – La generazione del Pensiero del Padre – L’attenzione a Dio – La sintonia dell’allievo -


 

15/Settembre/1986  Casa di preghiera. Fossano.