E
voi non lo conoscete ma io lo conosco. E se dicessi che
non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco
la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Primo tema.
Titolo: La conoscenza nasce
dalla coincidenza del Principio con il fine.
Argomenti: Paternità, essere, presenza
di Dio. Causa ed effetti della passione di assoluto dell'uomo. Tutti
abbiamo Dio come Principio
non tutti l'abbiamo come Fine. Noi
siamo formati non dal Principio ma dal fine. L'uomo
sa cosa vuole ma non sa cosa è quello che vuole. L'uomo
esperimenta ciò cui dedica la sua vita. La
frattura in noi tra Principio e fine, determina le tenebre. Il nostro fine,
diventa il nostro principio. Solo
avendo Dio come fine, abbiamo Dio come padre.
20/Luglio/1986
Casa di preghiera. Fossano.
Siamo al
versetto 55, Gesù qui dice: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco e se Io
dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore ma, Io lo conosco e
custodisco la sua Parola".
Oggi ci
fermiamo alla prima parte, dove Gesù dice: "Voi non lo conoscete ma io lo
conosco", a chi si riferisce?
L'aveva
accennato prima: "Chi mi glorifica è il Padre mio che voi dite, essere il
vostro Dio".
E qui
apertamente dichiara: "Voi non lo conoscete".
Anche qui,
essendo Parole di Dio, sono Parole per ognuno di noi.
Dio parla
personalmente per ogni uomo ed essendo Parole per noi, dobbiamo chiederci quale
lezione, quale significato abbiano queste Parole per la nostra vita personale,
soprattutto per i nostri rapporti con Dio e soprattutto che cosa Dio voglia
significare di Sé a noi, attraverso queste Parole, poiché attraverso tutte le
Parole che Dio ci fa giungere, ci comunica qualche cosa di Sé.
La
comunicazione è la condizione per la comunione.
Se noi non
riceviamo la comunicazione di Dio e non la assimiliamo, non possiamo entrare in
comunione con Dio, non possiamo conoscere quello che Egli è, non possiamo
partecipare della sua Vita.
Ora, la
prima cosa che qui si presenta è questa dichiarazione di Gesù, che Gesù fa ai
giudei allora e che fa a noi oggi, dichiarando apertamente: "Voi non
conoscete il Padre ma Io lo conosco".
Ci
dobbiamo chiedere come mai questa differenza che Lui dichiara.
Teniamo
presente che prima si era rifiutato, quando gli hanno detto: "Chi pretendi
di essere?", Lui si era rifiutato di dire chi Egli fosse dichiarando:
"Chi mi glorifica è il Padre mio".
Adesso qui
invece, e sembra una contraddizione, adesso è Lui che parlando rivela la
differenza che c'è tra Lui e noi e la differenza sta nella conoscenza: "Io
lo conosco, voi non lo conoscete".
Non siamo
forse tutti, creature di Dio?
Non
abbiamo forse Dio come unico Principio come unico Creatore? E come mai qui
qualcuno dice di conoscere Dio e a qualcun altro viene detto invece che non
conosce Dio?
Se abbiamo
lo stesso Principio, lo stesso Padre, lo stesso Dio, come mai si verifica
questa differenza?
E cosa ci
vuol significare Gesù mettendo in evidenza questa differenza che passa tra noi
e Lui?
Evidentemente
si deve essere creato in noi qualche cosa che ci ha portati nelle tenebre,
poiché se è lo stesso Essere che ci ha creati, è lo stesso Dio che opera tutto
in tutti, dovrebbe esserci tra noi e Dio, in tutti, lo stesso rapporto quindi
la stessa conoscenza.
Qui Gesù
dicendo: "Io lo conosco", dice che Lui ha presente chi è Dio e l'ha
presente perché dice che è suo Padre.
Quando abbiamo parlato della paternità, abbiamo messo in
evidenza che ognuno di noi ha come padre il motivo del suo vivere, poiché è
vero che noi abbiamo tutti lo stesso Dio, che Dio è il Creatore di tutti noi, è
vero che riceviamo tutto da Dio e qui il Figlio stesso di Dio dice che Lui non
glorifica Se stesso, perché se glorificasse Se stesso la sua gloria sarebbe
niente.
Glorificare, abbiamo visto le
domeniche
precedenti, vuol dire evidenziare, vuol dire manifestare ciò che un essere è
ma, ciò che un essere è, è sempre dato dal rapporto che ha con Dio, poiché Dio
solo è, Dio è Colui che è, noi siamo e tutto ciò che esiste, è per il rapporto
che ha con Dio, noi siamo in quanto partecipiamo a ciò che Dio è, noi da soli
non siamo.
Dio essendo Principio, essendo
Creatore, dandoci
l'esistenza dà a noi la possibilità di partecipare a ciò che Egli è e per dare
a noi la possibilità di partecipare a quello che Dio è, pone, ha posto in
ognuno di noi il suo pensiero, la sua presenza.
Per questa sua presenza, ogni uomo è passione d'assoluto che portata
sul piano dell'intelletto, diventa passione di Verità e portata nel campo dello
spirito diventa passione di unità e queste tre passioni: passione di Assoluto,
passione di Verità, passione di Unità sono il volto di un'unica passione l'uomo
è fatto per Dio e sente l'attrazione per Dio e sente il bisogno di Dio e lo
sente proprio perché porta in sé la presenza di Dio.
Questa
passione che l'uomo porta in Sé dell'assoluto lo porta a sbagliare in tutti gli
angoli, perché gli fa desiderare di trasformare in assoluto tutto ciò che
assoluto non è e tutto ciò per cui vive.
La fonte
di tutti gli errori sta lì, in questo bisogno che l'uomo ha che tutto ciò che
egli pensa e ama sia assoluto.
Questa
passione di assoluto è la testimonianza della presenza di Dio in noi.
Ma proprio per questa passione di
assoluto, succede
che in noi c'è il desiderio di trasformare in assoluto tutto ciò cui rivolgiamo
la nostra attenzione, il nostro sguardo, il nostro pensiero, per cui si
verificano in noi due concetti: il concetto di principio, poiché tutto viene a
noi da Dio, noi stessi veniamo da Dio e il concetto di fine, fine è ciò cui noi
tendiamo.
Dio dice:
"Io sono il Principio, io sono il Fine".
Questo lo
dice ma, in noi la cosa diversa.
Noi siamo
tutte creature di Dio e abbiamo tutte Dio come Principio però, non tutti
abbiamo Dio come nostro Fine.
Noi abbiamo come nostro fine ciò
cui rivolgiamo la
nostra vita, ciò cui dedichiamo il nostro pensiero ed è qui che iniziano i guai
e incomincia la notte.
Dedicando
il nostro pensiero a-, incominciamo a diventare figli di-.
Quello che
determina tutto in noi non è il Principio, quello che determina tutto in noi e
di noi è il nostro fine, è ciò cui noi rivolgiamo la nostra vita, soprattutto
ciò cui noi rivolgiamo il nostro pensiero.
Perché
rivolgendo il nostro pensiero a-, diventiamo figli di-.
Noi
diventiamo figli delle nostre opere, diventiamo figli di ciò cui guardiamo: è
questa una conseguenza del fatto che noi siamo fatti a immagine e somiglianza
di Dio, cioè noi diventiamo pensiero di ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero.
Ora,
ognuno di noi non è tanto condizionato dal Principio, perché Dio crea noi senza
di noi, noi siamo creature e tutta la creazione è caratterizzata da questo
fatto, di esistere indipendentemente da noi.
Anche noi
esistiamo indipendentemente da noi, la vita c'è stata data indipendentemente da
noi.
Questo non
è quello che condiziona la nostra vita, quello che condiziona la nostra vita
invece e ciò cui rivolgiamo la nostra vita, è il fine al quale tendiamo, è ciò
che teniamo presente nel nostro pensiero, è questo che incomincia a condizionare
la nostra vita e a formarci.
Noi siamo
formati non dal nostro Principio, siamo formati dal nostro fine.
L'uomo
essendo persona, è sempre cosciente di ciò cui rivolge il suo pensiero cioè, è
sempre presente in ciò che vuole.
Teniamo presente che l'uomo è
cosciente di ciò che vuole ma, non sa ciò che è quello che vuole.
Noi
essendo soprattutto pensiero (l'uomo si caratterizza per il pensiero) abbiamo
sempre presente ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero.
Avendolo
presente ne siamo coscienti, noi siamo coscienti di ciò che vogliamo, ma non
sappiamo cos'è ciò che vogliamo.
Quello che
sappiamo è una cosa sola: il Principio Luce, Dio, il Creatore.
Dio
Creatore è l'unico essere che nessuno può ignorare.
Questo è
il Principio Luce in noi, che portiamo in noi, che è presente in noi e che
determina le nostre passioni, la nostra passione d'assoluto soprattutto ma,
questa passione viene informata da ciò cui noi rivolgiamo la nostra vita, il
nostro Pensiero.
E ciò cui
rivolgiamo il nostro pensiero, noi non sappiamo che cosa sia, noi ne facciamo
esperienza, perché l'abbiamo presente davanti a noi e quindi ne facciamo
esperienza ma, ciò di cui noi facciamo esperienza non è Luce, non sappiamo che
cosa sia.
Abbiamo detto che l'uomo è
caratterizzato
da questi due fatti: ciò che conosce, ciò che sa e che non può ignorare, non lo
può esperimentare e quello che invece esperimenta egli non sa che cosa sia.
L'uomo
esperimenta ciò cui dedica la sua vita.
L'uomo fa esperienza
di ciò cui dedica il suo pensiero, di ciò per cui vive, del fine, fa esperienza
ma non sa che cosa sia e non sa che cosa sia perché c'è questa frattura che si
crea in Lui, tra il Principio Luce, Dio che porta in Sé e che lui non può
ignorare e che lui non può spegnere e ciò di cui fa esperienza, ciò cui dedica
il suo pensiero.
Si crea nell'uomo una frattura tra
il Principio e il fine e
fintanto che c'è questa frattura, l'uomo naviga nelle tenebre.
Il
principio delle tenebre in cui naviga l'uomo è determinato dalla Luce che porta
in Sé.
La Luce di
Dio che l'uomo porta in sé e che non può ignorare gli crea le tenebre.
Gli crea
le tenebre, tenebre che possono diventare eterne, fintanto che in lui c'è
questa frattura cioè, fintanto che c'è differenza in lui tra ciò per cui vive,
tra ciò cui dedica il suo pensiero e il Principio, tra il fine e il Principio.
La Luce
non si forma in lui, fintanto che lui non fa coincidere il suo fine con il suo
Principio.
Perché il
Principio è Luce, qui l'uomo sa ciò che è quello che lui vuole, se lo vuole.
Ma il
Principio è Dio ed è Dio Creatore.
Fintanto
che l'uomo non si orienta a cercare quindi ad avere come fine il suo Principio,
Dio Creatore, in lui e per lui non può sorgere la Luce.
La Luce è
data dalla coincidenza fra il fine e il Principio.
Per questo
qui Gesù dice: "Voi non lo conoscete, Io lo conosco".
Lui lo
conosce perché ha Dio come padre.
Tenendo
presente quello che abbiamo detto che, il padre di ognuno di noi è ciò per cui
noi viviamo, è il fine, poiché è il fine che ci determina, ci condiziona.
Per cui
noi vivendo per-, siamo determinati da questo.
Ciò per cui noi viviamo, (per cui: fine) diventa in noi
ciò per cui noi viviamo, diventa ciò per (per cui: causa) cui noi viviamo cioè,
diventa nostro padre.
Noi
vivendo per-, non ce ne rendiamo conto ma scegliamo la nostra paternità,
scegliamo ciò o chi, noi vogliamo avere come padre.
Soltanto se noi viviamo per Dio,
cioè abbiamo Dio come
fine, soltanto avendo Dio come fine, noi abbiamo Dio come padre ma, fintanto
che noi abbiamo come fine altro da Dio, invano ci vantiamo, come si vantavano
costoro, di avere Dio come nostro principio, di essere figli di Dio, di avere
Dio come padre.
Sono
soltanto dei nomi vani che mancano di sostanza.
Noi avremo
Dio come nostro padre, solo quando avremo Dio come nostro fine, solo in quanto
noi avremo Dio come meta del nostro vivere, come l'oggetto del nostro pensiero.
Cristo
dice: "Io lo conosco" lo conosce perché non ha Dio soltanto come
Principio ma, ha Dio come padre, quindi come fine.
Caratteristica
del Figlio è quella di ricevere tutto da Dio e di riportare tutto a Dio.
Noi
possiamo ricevere tutto da Dio ma riportare tutto a ben altro da Dio ed è
proprio ciò in cui noi raccogliamo, ciò di cui noi facciamo esperienza, ciò cui
noi guardiamo che determina la nostra paternità e quindi determina in noi le
tenebre o la Luce.
E voi non lo
conoscete ma io lo conosco. E se dicessi
che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e
custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Secondo tema.
Titolo: La menzogna: lo
spazzino nel Regno di Dio.
Argomenti: La
Luce è data dalla coincidenza del fine con il Principio. L'elemento
dominante della nostra vita non è il Principio, è il fine. Il
pensiero è consapevole di ciò che ha presente. La menzogna
può essere detta da tutti. La
Verità non sta nelle parole. La
Verità dà Luce ai segni, non viceversa. La
menzogna viene in noi quando il nostro fine non coincide con il Principio. Il
passaggio dalle tenebre alla menzogna. La
menzogna ci fa uscire dalla Realtà. La
menzogna è effetto di difetto di difetto di pensiero. Alla
Verità si arriva solo con il pensiero. La menzogna si ha
quando si confonde la Verità con un suo segno.
27/Luglio/1986
Casa di preghiera. Fossano.
Restiamo
sempre nel versetto 55.
Gesù qui
dice: "Voi non lo conoscete (sottointeso il Padre) ma, Io lo conosco e se
Io dicessi che non lo conosco sarei simile a voi: un mentitore ma, Io lo
conosco e custodisco la sua Parola".
Domenica
scorsa ci siamo soffermati sulla prima parte: "Voi non lo conoscete ma Io
lo conosco".
Oggi ci
dobbiamo soffermare sulla seconda parte: "Se Io dicessi che non lo conosco
sarei simile a voi un mentitore".
Anche qui
dobbiamo sempre chiederci, essendo Parola di Dio per ognuno di noi, quale
lezione, per la nostra vita personale, sia contenuta in queste parole e
soprattutto che cosa Dio ci voglia significare di Sé con queste parole.
Cioè
soltanto in quanto noi facciamo il Principio come nostro fine, quindi oggetto
della dedizione della nostra vita, soprattutto del nostro pensiero, solo lì,
abbiamo in noi la Luce che illumina.
In caso
contrario, se il nostro fine è diverso dal nostro Principio, il fine ci fa
dimenticare il Principio, diventa informante la nostra vita e noi diventiamo una
conseguenza di questo.
Abbiamo
visto così, come ci sia quest’allontanamento da Dio nella vita dell'uomo, come
si creino le distanze, come a un certo momento l'uomo possa venirsi a trovare
escluso dalla Luce, escluso dalla conoscenza.
Poiché se
l'uomo ha per fine altro dal Principio, vaga nelle tenebre, essendo la Luce è
nel Principio.
"In
principio era il Verbo", il Pensiero di Dio ed è qui, in questo Pensiero
di Dio che era la Luce, era questa Luce che era la Vita degli uomini.
Non è da
intendersi al passato, perché quello che era in principio è ancora oggi.
Lo dice
appunto a coloro che si sono allontanati, che hanno perso di vista il
Principio.
Domenica scorsa abbiamo visto come sia possibile perdere
di vista il Principio, perché l'elemento dominante nella nostra vita non è il
Principio, è il fine, è ciò per cui viviamo.
È questo
l'elemento che domina e che determina tutto di noi, determina la nostra
mentalità, determina la nostra fede, determina le nostre scelte, determina la
nostra vita: è il fine.
Tutte le
esperienze noi non le facciamo nel Principio, noi le facciamo nel fine, perché
il fine è quello che noi abbiamo presente, consapevolmente presente, perché è
proprio quello che teniamo davanti al nostro pensiero quando viviamo.
Si vive in
quanto si tende a un fine.
E questo
fine lo si ha presente nel pensiero.
E il
pensiero ha questa caratteristica: è consapevole di ciò che ha presente.
Abbiamo
detto che non sa ciò che sia quello che ha presente però, è consapevole della
presenza di ciò che ha presente.
È questo
che determina tutto di noi.
Ne
consegue che se questo fine è diverso dal Principio, noi siamo condizionati
quindi determinati non dalla Luce ma, dalle tenebre, da quello che
esperimentiamo nel nostro fine, quindi perdiamo di vista la Luce.
Solo se
noi abbiamo come fine il Principio noi, facciamo esperienza della Luce, abbiamo
presente la Luce e siamo informati dalla Luce.
Quindi la
conoscenza si ha soltanto in quanto in ognuno di noi, abbiamo come nostro fine
il Principio.
Quel
Principio che è il punto Luce che ognuno di noi porta in sé.
Avendo
meditato, riflettuto su questo, adesso abbiamo la possibilità di accedere a
quest’argomento di cui parla qui Gesù: la menzogna, il mentitore.
Qui dicendoci: "Se Io
dicessi che non
lo conosco, sarei simile a voi: un mentitore" ci fa capire che la menzogna
può essere detta sia da colui che conosce, sia da colui che non conosce.
Gesù
stesso dice: "Se Io dicessi che non lo conosco", allora la menzogna
può essere detta quando uno conosce e dice: "Non conosco" è può
essere detta da uno che non conosce e dice: "Conosco".
Questo che
cosa ci rivela?
Ci rivela che la Verità non sta
nelle parole.
Perché sia
chi dice di conoscere Dio, sia chi dice di non conoscere Dio, può essere un
mentitore.
E allora
dobbiamo chiederci quale sia il significato.
Il primo
significato è proprio quello di farci capire che la Verità non sta nelle
parole.
La Verità
è al di là delle parole che si odono.
Diciamo
che la Verità è trascendente le parole stesse.
Non sono
le parole che uno dice, non è colui che parla che può garantire la Verità.
Non basta
dire: "Io lo conosco" per dire la Verità, perché se chi dice di
conoscerlo, non lo conosce, dice una menzogna.
Ne basta
dire: "Non lo conosco", perché uno può dire di non conoscerlo e in realtà
conoscerlo.
E allora
la testimonianza della Verità non sta nelle parole.
Non sta
nemmeno nell'io che parla.
Il fatto che ci faccia capire che
la Verità non stia né nelle
parole, né in colui che parla, ci pone il problema di dove stia la Verità, dove
si possa trovare la testimonianza della Verità, in che cosa consista questa
Verità?
Non sono
le parole, non sono i segni, non sono le creature che illuminano la Verità, che
illuminano Dio.
Sono
piuttosto le creature, gli uomini, sono le parole che ricevono Luce dalla
Verità.
Non sono i
segni che danno Luce alla Verità, è la Verità che dà Luce alle parole.
E allora
diciamo che la Verità è trascendente tutte le sue parole, tutte le sue opere,
tutte le creature: trascendente.
Trascendente
vuol dire che non dipende, quindi è quella che illumina.
Allora la
Verità o è accessibile a Se stessa da Sé, quindi è Principio Luce o altrimenti
è inaccessibile, perché non c'è nessuna parola, nessun segno, non c'è nessuna
cosa creata che possa illuminarci la Verità.
È la Verità
che dà Luce ai suoi segni, non sono i segni che danno Luce alla Verità.
Quindi la
Verità è Luce in Se stessa.
Già questa
è la prima segnalazione che Gesù ci fa in queste parole, dicendoci: "Se Io
dicessi che non lo conosco".
Dicendo che
la Verità è trascendente, è indipendente ed è principio dominante, ci fa capire
che tutto quindi dipende dalla Verità.
Allora qui
sorge un problema, se tutto dipende dalla Verità, donde viene la menzogna?
Perché c'è
la menzogna?
Gesù
stesso dice: "Sarei mentitore", quindi la cosa è possibile.
La
menzogna e il mentitore in quanto esistono, esistono nel Regno di Dio, tutto
ciò che esiste, esiste nel regno di Dio e se esiste, ha una funzione.
Dobbiamo
allora chiederci a che cosa serva la menzogna? Che cosa sia? Donde venga?
In quanto
esiste, deve servire a qualche cosa.
L'altra
volta parlando della menzogna, abbiamo detto che la menzogna sta nel presentare
come vero ciò che non è vero.
Abbiamo
detto che proprio nel fatto di presentare come vero ciò che non è vero, nella
menzogna ci sia un omaggio alla Verità.
Perché
anche colui che è mentitore, cerca di presentare come vero ciò che non è vero,
e in quanto cerca di presentare come vero ciò che non è vero, fa un omaggio
alla Verità.
Ma qui
possiamo andare più a fondo proprio per l'argomento che abbiamo meditato
domenica scorsa.
Domenica scorsa, avendo riflettuto
sul fatto che
la Luce, quindi la Verità, si trova soltanto in quanto c'è la coincidenza del
Principio con il fine, noi troviamo qui la possibilità di capire donde viene la
menzogna, quale sia la fonte della menzogna.
Se la
Luce, la Verità in noi viene dalla coincidenza del Principio con il fine, cioè
in quanto noi abbiamo come fine, come oggetto di dedizione del nostro pensiero
il Principio, evidentemente la menzogna viene in noi quando il fine in noi, non
coincide con il Principio.
Qui
abbiamo la fonte della menzogna nell'uomo.
Quando il
nostro fine non coincide con il Principio, succede che i segni, le parole, le
creature che noi abbiamo come fine e che quindi non sono il Principio, sono
altro da Dio, altro dal Principio, questi segni, parole, creature, in noi
restano un incompiuto non portato nel Principio, non raccolto nella Sorgente di
Luce, non raccolte in Dio.
Abbiamo già visto tempo fa, che
ciò che è
incompiuto reca in noi le complessità dell'inconscio, le schiavitù a ciò che
non conosciamo, poiché la conoscenza sta nel Principio, sta nella Luce.
Tutto ciò
che noi non portiamo nella Luce, e non lo portiamo nella Luce se non abbiamo il
Principio come fine, resta in noi incompiuto.
Questa
incompiutezza crea in noi la schiavitù a ciò che non conosciamo (non raccolto
nel Principio) e in quanto schiavi di ciò che non conosciamo, delle tenebre, il
passaggio alla menzogna è evidente.
La
menzogna è una conseguenza di quello che in noi rimane incompiuto, di quello
che non è portato nel Principio.
Si fa il passaggio dall'incompiuto
alla menzogna,
in quanto noi portiamo la passione dell'assoluto e in quanto abbiamo in noi
questa passione dell'assoluto, ciò che in noi non è portato a compimento nella
Luce, al compimento del Principio, viene da noi esaltato, viene da noi
considerato come assoluto, diventa in noi principio e diventando principio ci
porta dire, a parlare, a manifestare la menzogna.
Se noi
andiamo a fondo, scopriamo che proprio in quanto incominciamo a dire la
menzogna, incominciamo a portarci fuori dalla realtà del Regno di Dio, cioè
abbiamo un'azione di rigetto, a nostra insaputa.
L'azione
di rigetto del Regno stesso della Verità.
Incominciamo
a uscire dalla Realtà.
La
menzogna ci fa uscire dalla realtà.
O meglio
diciamo che è il Regno di Dio che ci mette fuori e ci respinge.
Ci
respinge perché noi non abbiamo portato a compimento ciò che dovevamo portare a
compimento.
Ma c'è un altro grande fatto che
si rivela nella menzogna.
Noi
diciamo che sbagliamo quando non pensiamo.
Non ci
rendiamo conto della gravità di quello che diciamo.
"Ho
sbagliato, ho fatto un errore, ho detto una cosa non vera, perché non ho
pensato", ci rivela una grande cosa.
Prima di
tutto che l'errore, la menzogna è l'effetto di difetto di pensiero, di
dedizione di mente ma, parlando di mente cosa s'intende?
Si pensa,
si pone mente, in quanto si collega una cosa con il suo Principio.
Quindi non
pensare, vuol dire non collegare una cosa con il Principio.
Qui
abbiamo una grande rivelazione proprio dataci dall'argomento della menzogna,
dall'argomento dell'errore ed è che alla Verità si arriva solo col pensiero,
perché non pensando sbagliamo, diciamo cose non vere.
Solo
pensando, quindi soltanto collegando con il Principio (collegamento personale)
cioè solo facendo questo lavoro personale, portando le cose nel Principio (il
Principio è la Luce), portando le cose in questa Luce, noi possiamo dire la
Verità.
In caso
diverso no.
In caso
diverso siamo costretti (non siamo liberi), siamo costretti a dire la menzogna.
La Verità
la può dire soltanto colui che contempla le cose nel Principio.
Perché
allora è il Principio che parla in lui, è Dio che parla in lui e Dio dice la
Verità.
Ma se noi
non colleghiamo le cose con il Principio, diciamo: "Non ho pensato",
quando non penso sbaglio, sono costretto a sbagliare.
Questo
rivela una schiavitù.
C'è questa
grande rivelazione che alla Verità si giunge solo attraverso il pensiero.
Allora qui
capiamo che tutte le volte che noi confondiamo la trascendenza della Verità,
che è al di sopra di tutto e alla quale si può giungere solo attraverso il
Pensiero di Dio, tutte le volte che noi confondiamo la Verità con altro dalla
Verità, quindi con ciò che è mezzo e quindi facciamo immanente la Verità con
qualche suo segno (segno della Verità), noi siamo restiamo schiavi dell'errore,
noi facciamo la menzogna.
La menzogna avviene quando noi
confondiamo la Verità
con qualche segno, facciamo consistere la Verità in una parola, in un mezzo, in
un sentimento, in una struttura, in un'istituzione, in un'autorità, in tutto
ciò che non è Verità.
Notate,
tutto serve: le parole servono, servono i sentimenti, servono le autorità,
servono le istituzioni ma, se noi facciamo consistere la Verità in questo,
immanente a questo, mentre la Verità è trascendente, noi facciamo la menzogna e
restiamo schiavi della menzogna.
Noi
abbiamo visto che proprio l'argomento della menzogna ci rende questa grande
testimonianza prima di tutto la trascendenza della Verità.
L'argomento
della trascendenza della Verità ci libera.
La
menzogna diventa lo spazzino nel Regno di Dio, perché fa fuori da noi, tutto
ciò che non è Verità trascendente, ci fa capire che la menzogna è effetto di
quello che è rimasto in noi incompiuto, quindi è un segno di tutto ciò che noi
non abbiamo portato a compimento nel Principio ed è ancora testimonianza che si
giunge alla Verità soltanto col pensiero.
E voi non lo conoscete
ma io lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un
mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua
Parola.
Gv 8 Vs 55 Terzo tema.
Titolo: L'io
del Pensiero di Dio.
Argomenti: La
schiavitù dell'uomo. La
conoscenza sta nell'unire il fine al Principio. La
perdita della presenza di Dio. Il
Padre è la sola garanzia di verità. Il
padre è il motivo del nostro vivere. L'ambiguità e
la menzogna. La trascendenza della verità. La
menzogna lavora nell'incompiuto. Quando
non si pensa si sbaglia. Alla
verità si accede solo raccogliendosi nel Pensiero di Dio. Il
Padre è presente nel suo Pensiero.
10/Agosto/1986
Casa di preghiera. Fossano.
Restiamo
ancora del 55 del capitolo ottavo di San Giovanni.
Qui
Gesù dice: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco e se Io dicessi che non
lo conosco, sarei simile a voi: un mentitore. Ma Io lo conosco e custodisco la
sua Parola".
Abbiamo
già visto di questo versetto le prime due parti le domeniche precedenti.
La
prima parte: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco".
La
seconda parte: "Se Io dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi: un
mentitore".
Adesso
ci rimane da riflettere su questa terza parte: "Ma Io lo conosco e
custodisco la sua Parola".
Nella
prima parte dice: "Ma Io lo conosco", adesso dice: "Ma Io lo
conosco e custodisco la sua Parola".
Dobbiamo
chiederci il perché di questa ripetizione.
Tra
la prima dichiarazione e la seconda, in mezzo c'è argomento della menzogna:
"Se Io dicessi che non lo conosco sarei simile a voi: un mentitore".
Abbiamo
visto quale sia la funzione della menzogna nel Regno della Verità e quali
testimonianze rechi la presenza della menzogna. Innanzitutto come è possibile
la menzogna in un Regno della Verità?
Quali
testimonianze rechi questa menzogna in un campo di passione della verità,
passione dell'assoluto quale l'uomo è.
Perché l'uomo abbiamo visto, è una passione di assoluto quindi è una passione
di verità.
E
in questo campo qui di passione di verità, cade e si presenta la menzogna:
l'uomo fa esperienza della menzogna.
L'uomo
corre il rischio di restare ingannato.
È
un esperienza che ogni uomo fa, un'esperienza che, come quella della morte,
come quella della vanità del tutto, come quella del silenzio di Dio sono tutte
esperienze esistenziali che ogni uomo fa e che hanno una loro funzione molto
precisa nel cammino verso la verità.
L'uomo
è stato creato per la verità.
L'uomo
è stato creato per conoscere Dio e soltanto nella conoscenza della verità,
nella conoscenza di Dio, l'uomo trova la pienezza della sua vita e trova la sua
libertà.
È
inutile che noi continuiamo a dire che l'uomo è libero, l'uomo non è libero.
L'uomo
è un servo, un servo e uno schiavo.
E
in quanto servo e in quanto schiavo ubbidisce e se anche non vuole ubbidire,
ubbidisce lo stesso.
Perché
chi regna è Dio e Dio regna in tutto.
Qui
ci troviamo di fronte alla parola chiara di Gesù: "Conoscerete la verità è
la verità vi farà liberi", non avrebbe detto: "La verità vi farà
liberi a coloro che fossero già liberi".
Si
dice: "La verità ti farà libero" a chi non è libero.
Non
si libera uno che libero.
Tant'è
vero che c'è qui tutta la contesa con i farisei che si offendono sentendosi
dire: "La verità vi farà liberi".
"Cosa
viene a raccontarci? Noi siamo liberi, non siamo mica nati da prostituzione,
noi siamo figli di Abramo nessuno mai ci ha costretti a servire" ed erano
costretti a servire tutti e stavano ancora adesso servendo, perché erano
schiavi del popolo romano.
Eppure
questi giudei, si vantano di essere liberi.
Questo
ci fa capire quanto lontano sia l'uomo dalla conoscenza di se stesso, quanto
sia incosciente, quanto sia lontano dalla vera libertà.
La
parola di Dio dice a tutti: "Soltanto quando conoscerete la verità sarete
liberi", il che vuol dire che prima di giungere a quel giorno di
conoscenza l'uomo e schiavo, l'uomo è servo.
Esplicitamente
Gesù dice: "Chi fa il male resta schiavo del male", nessuno può dire
di non aver fatto il male, di non aver compiuto dei peccati, perché Cristo è
morto per tutti e quindi nessuno può dire: "Io sono libero del sangue di
Cristo, sono innocente di questo sangue".
"Chi
dicesse di essere senza peccato, è un mentitore".
Ogni
uomo ha peccato e in conseguenza di questo peccato ogni uomo è schiavo.
In
questa situazione di schiavitù, di dipendenza, giunge la Parola di Dio, giunge
il Figlio di Dio a dire: "Se resterete nelle mie parole, conoscerete la
verità e la verità vi farà liberi".
Qui
Gesù dopo aver detto dopo, aver affermato apertamente: "Io lo conosco, voi
non lo conoscete" (sottinteso il Padre), poi tratta della menzogna e poi
ripete: "Io lo conosco".
Dio
non fa delle ripetizioni inutili e se ripete dopo avere trattato un certo
pensiero, un certo argomento, evidentemente è perché c'è una funzione ben
precisa.
E
noi dobbiamo chiederci quale novità Gesù ci voglia recare, ripetendo: "Io
lo conosco" dopo aver presentato la testimonianza, la funzione della
menzogna.
Quando
Gesù ha dichiarato prima: "Io lo conosco" considerando l'argomento
della conoscenza, abbiamo visto che questo campo della conoscenza, si apre in
noi, in quanto noi abbiamo come fine il Principio.
Il
principio è Dio Creatore.
Questo
principio, Dio Creatore è presente in ognuno di noi.
Dio
è Colui che nessuno può ignorare, nessuno può dire, a meno di suscitare il riso
di tutto l'universo, di essere lui il creatore.
Quindi
Dio è Colui che nessuno può ignorare, perché tutti quanti siamo fatti
spettatori delle opere di un Altro e quest'Altro quindi non può essere ignorato
da nessuno.
Non
lo possiamo ignorare ma, molto difficilmente possiamo giungere a conoscerlo,
possiamo giungere a conoscere quella verità che Gesù in modo ben preciso è
venduto a recare a noi e in cui sta la nostra vita: la nostra vita è nascosta
in Dio, è nascosta nella conoscenza di Dio, la nostra vita e la nostra
liberazione.
Quando qui Gesù dice: "Io lo conosco", abbiamo
detto che il
problema della conoscenza, sta nell'unire il fine al Principio.
Noi
portiamo in noi la presenza di Dio Creatore, quindi la presenza del principio
di tutte le cose che è ciò che non possiamo ignorare, quindi è la luce che
l'uomo porta dentro di sé.
Però
l'uomo vive per altro da Dio.
L'uomo
esiste per Dio (Causa) ma, difficilmente vive per Dio Fine.
Ed
è proprio in questa frattura fra il Principio ed il fine che si forma tutta la
tragedia dell'uomo e tutto il fallimento della vita dell'uomo, per cui l'uomo
non consegue il Fine per cui è stato creato.
L'uomo
è stato creato per conoscere Dio, quindi è stato creato per vivere per Dio,
vivendo per altro, quindi avendo un fine diverso dal suo Principio, l'uomo crea
in se stesso una frattura, quindi un principio d'errore, un principio di
menzogna, un principio di confusione che ricade tutto su di lui.
Ed abbiamo qui la situazione di tenebre in cui la vita di ogni uomo
naviga.
L'uomo
vivendo per un fine, ha questo presente davanti ai suoi occhi ed è questo che
esperimenta.
Teniamo
presente che ciò che l'uomo esperimenta, ciò per cui l'uomo vive, gli porta via
il Principio, lo separa dal Principio ed è qui che l'uomo allora esperimenta
l'assenza di Dio, il distacco da Dio.
Dio
diventa per lui un'astrazione e la realtà diventa per lui tutta un'altra, perde
quindi il contatto con la realtà, erre maiuscola del Dio che opera, che parla,
che è presente in tutto e in tutti.
Perde
quindi la coscienza del Regno di Dio.
Questa
perdita di coscienza del Regno di Dio, quindi della presenza di Dio in tutto,
del Dio che fa tutto in tutti, che parla a tutti personalmente, questa
coscienza di questa presenza, l'uomo la perde in quanto ha in sé un fine
diverso dal Principio.
L'uomo
è voluto da Dio Creatore, indipendentemente dall'uomo, è questo il principio
per cui tutto esiste.
Tutta
la creazione esiste indipendentemente da noi.
Noi
stessi esistiamo indipendentemente da noi.
Invece
il fine per cui viviamo, non è indipendente da noi e fintanto che noi non
viviamo e quindi non facciamo coincidere ciò per cui viviamo con ciò che ci fa
essere, noi diventiamo figli di altro da Dio.
Noi
diventiamo figli di ciò per cui viviamo, diventiamo figli delle nostre opere e
se ciò per cui noi viviamo è diverso da Dio, questo crea una frattura in noi
con la verità e in conseguenza di questa frattura noi perdiamo di vista la luce
ed entriamo nelle tenebre.
È
qui la differenza che Gesù fa notare allora ai farisei e a noi adesso dicendo:
"Voi non lo conoscete, Io lo conosco".
La
differenza sta nel capire questo "voi" e questo "io" perché
queste sono parole.
E
le parole, come tutti i segni, sono ambigue.
E
chi ci garantisce quello che Lui dice?
Forse
perché Lui dice: "Io"?
Forse
perché Lui dice: "Voi"?
Abbiamo visto molte volte che il nostro io e nemmeno l'Io di Cristo (sia
chiaro)sono garanzia a loro stessi.
Chi
rende testimonianza a Cristo è il Padre, è la Verità.
E
chi rende testimonianza all'uomo che parla, è ancora sempre il Padre, è la
verità, è Dio.
Nessuno
può vantarsi di dire: "Tu devi credere a questo perché te lo dico
io".
Il
nostro io e nemmeno l'Io di Cristo, sono garanzia.
La
garanzia della verità su tutto e su tutti viene dal Padre e quando Gesù dice:
"Voi" e poi dice "Io", noi dobbiamo cercare di capire cosa
s' intende per questo "voi" e per questo "io".
Gesù
l'aveva detto precedentemente, qui siamo alla conclusione del discorso.
Lui
quando ha detto "voi" ha detto chiaramente: "Voi avete per padre
il demonio" e aveva dichiarato apertamente che suo padre era Dio.
Anche
qui sono parole e dobbiamo andare più a fondo, perché quando Gesù dice:
"Voi avete per padre il Demonio", naturalmente suscita un pandemonio
e ne suscita altrettanto quando dice di avere per padre Dio.
C'è
tutta una ribellione: "Chi credi di essere?".
E
allora da che cosa è determinata questa paternità?
Perché i giudei hanno per padre il Demonio e Lui ha per
padre Dio?
In
un passo del Vangelo si dice che non capirono come Lui chiamasse Dio suo Padre.
Cosa
voglia dire (perché noi parole ne diciamo tante), cosa voglia dire avere Dio
come padre?
Qui
salta fuori il fine.
Abbiamo
detto che vivendo per-, noi diventiamo figli di-, cioè vivendo per- noi
eleggiamo un padre e solo chi vive per Dio e quindi ha il motivo del suo parlare
in Dio, questi è figlio di Dio.
Chi
invece vive per altro da Dio non ha più Dio per padre.
Dio
è il Creatore di tutti ma abbiamo detto che vivendo per altro da Dio, non ci
separiamo dal Principio, diventiamo figli di altro,
Gesù
dicendo: "Io lo conosco" proclama di parlare per Dio, di avere come
motivo del suo vivere Dio, per questo Dio è suo padre.
Tutto
quello che Gesù dice, lo dice per farci capire chi Lui è, perché ogni cosa e
ogni parola va sempre intelletta nell'intenzione di chi parla.
L'Intenzione
di Cristo è quella di segnalare a noi la via della salvezza.
E
dicendoci: "Io lo conosco", non vuole mettere in evidenza il suo Io e
la differenza fra il suo Io e noi, vuole farci capire in che cosa consiste la
conoscenza, vuole farci capire quale è il luogo della conoscenza.
La
nostra salvezza sta nel conoscere Dio e Lui dicendoci: "Io lo
conosco", ci rivela il luogo della conoscenza.
Si
conosce il Padre, soltanto se noi viviamo per Dio.
Si
vive per Dio in quanto si ha attualmente presente nel pensiero Dio.
Perché
quando si vive per una cosa, si vive per quella cosa, in quanto si dedica la
mente a quello, si dedica il nostro pensiero a quello e se si dedica il
pensiero, si ha quella cosa attualmente presente.
Quando
uno cammina verso una meta, la prima cosa che lui ha presente nella mente, è
quella meta.
Non
soltanto la meta la mette all'inizio, ma l'ha costantemente presente, perché
per poco che lui dimentichi il luogo dove lui deve andare sbaglia tutto.
Noi
sbagliamo tutto, perché magari al mattino offriamo a Dio la giornata ma poi
dimentichiamo il luogo dove dobbiamo andare e allora ad ogni bivio è sempre
crisi, non capiamo più niente.
Gesù
dicendoci: "Io lo conosco" e facendoci capire che questa conoscenza
gli viene in quanto Lui ha Dio come padre ed ha Dio come padre in quanto ha Dio
come motivo di sé, il Padre è motivo dell'esistenza della vita del Figlio,
rivela a noi questa grande cosa che solo se noi abbiamo Dio come fine,
come motivo del nostro vivere, quindi come oggetto del nostro pensiero attuale,
presente, solo qui noi abbiamo Dio come padre.
In
caso diverso abbiamo un altro padre.
Abbiamo
detto che quello che noi portiamo presente come fine, cioè ciò per cui noi
viviamo ci porta molto lontano da Dio, cioè ci porta molto lontano dalla nostra
vita.
Dio
è la sorgente della nostra vita.
Dio
è la causa.
Dio
è la verità in cui è la ragione di tutto di noi e noi vivendo per altro, ci
allontaniamo molto e finiamo di morire molto lontani da Dio vivendo per altro
da Dio.
Perché
ciò per cui viviamo ci porta lontano da Dio, ci fa dimenticare, ci sradica da
Dio.
Quindi
solo facendo coincidere il fine con il nostro Principio che ci è dato ed è dato
a noi senza di noi, quindi facendo corrispondere ciò che non è dato a noi senza
di noi, con ciò che è dato a noi senza di noi, noi creiamo quella unità tra la
nostra vita personale e la verità, l'essenza di Dio in cui si trova la verità,
in cui si trova la luce.
Soltanto
da questa coincidenza.
Ma
fintanto che questa coincidenza non c'è, noi dobbiamo prendere coscienza,
renderci conto di tutti i guai ai quali noi andiamo incontro e
dell'impossibilità di accedere alla Verità.
Questo
è ciò che Gesù nella prima parte ci ha annunciato, dicendoci: "Io lo
conosco".
Poi
però abbiamo detto ci ha presentato il quadro della menzogna, campo della
menzogna.
Abbiamo
visto che la menzogna
ha una funzione molto importante sul cammino della verità, perché non è
sufficiente farci capire il luogo della luce, farci capire che dobbiamo far
coincidere il fine con il Principio, perché quando diciamo questo, sì certo Dio
ci dice una grande cosa ma, sono parole quelle che arrivano a noi, sono segni e
fintanto che abbiamo dei segni noi non giungiamo alla conoscenza di quella
presenza che è al di là di tutti i segni, noi siamo sempre nel campo
dell'incompiuto, siamo sempre nel campo dell'ambiguità, siamo sempre nel campo
dell'incertezza.
Perché
sono parole e queste parole possono essere intese in tanti modi.
Quando
ti si dice: "Guarda che tu devi avere come fine Dio" l'uomo può sempre
intendere che avere come fine Dio voglia dire seguire una certa regola,
appartenere a una certa istituzione, farsi battezzare, vestirsi in un certo
modo, fare certi voti, seguire una certa legge, ubbidire a tutti i
superiori.
Ecco
siamo in un terreno di grande ambiguità, perché le parole possiamo rivestirle
della nostra intenzione.
Nel
campo dell'ambiguità, nel campo delle incertezze ci apriamo con facilità al
campo della menzogna.
Ecco
qui l'importanza della menzogna.
Abbiamo
detto quando abbiamo parlato della menzogna che tre grandi testimonianze rende
a noi la menzogna.
Il primo è la trascendenza della verità.
Quando
si dice trascendenza della verità si dice che la verità è al di sopra di tutto
ciò che non è verità, trascende, quindi la verità non si trova mai nei suoi
segni.
Non
c'è nessuna parola che ci possa rendere presente la verità.
La
verità è trascendente tutte le parole, tutti i segni, tutte le creature, tutte
le istituzioni, la verità trascende tutto.
Diciamo
ancora di più Gesù stesso dice: "Io sono la verità", però a un certo
momento dice: "È necessario che Io me ne vada, altrimenti la verità non
può venire a voi".
La
verità trascende Cristo stesso incarnato: "Altrimenti la verità non può
venire a voi".
Di
questo dobbiamo essere molto coscienti e l'esperienza della menzogna ci aiuta a
prendere contatto con questo perché noi non sopportiamo la menzogna.
Non
sopportando la menzogna c'è quest'istanza profonda dentro di noi, noi non
sopportiamo il campo dell'incertezza e allora qual è il luogo dove io posso
essere sicuro? C'è questo luogo in cui la menzogna in nessun modo può penetrare
e io sono sicuro?
Perché
là, dove la menzogna non può penetrare, là c'è la certezza.
Posso
accedere a questo luogo di certezza?
Esiste
questo luogo di certezza?
La
menzogna ha questa grande importanza: quella di evidenziarci il luogo della
certezza.
Per
cui la menzogna ha come fine la distruzione di se stessa e la liberazione di
noi dalla menzogna stessa.
La
prima grande testimonianza della menzogna è quella della trascendenza della
verità quindi la liberazione di tutti i segni.
Fintanto
che noi viviamo nei segni, per i segni, viviamo in un campo di incertezza e
quindi in un campo in cui noi possiamo trovare la menzogna, dobbiamo andare al
di là di tutti i segni, di tutte le parole: "Verrà il giorno in cui non vi
parlerò più in parole (segni) ma, apertamente vi farò conoscere il Padre".
Quindi
vi è una conoscenza ed è la vera conoscenza che non ha più bisogno di parole e
fintanto che non arriviamo qui, non siamo arrivati al campo della vera
conoscenza, quindi al campo della certezza, al di là di tutti i segni, al di là
di tutte le parole, al di là di tutte le creature, al di là di tutto ciò che
non è Dio.
Essendo
la verità trascendente, essa si coglie soltanto nella verità stessa.
Dio
si conosce soltanto in Dio e per mezzo di Dio.
Tutto
ci testimonia Dio, tutto ci richiama Dio, tutto ciò annuncia Dio e Dio è colui
che nessuno può ignorare ma, se vogliamo giungere a conoscerlo, dobbiamo
trascendere tutto ciò che non è Dio, perché Dio si conosce soltanto in Dio, la
verità si trova soltanto nella verità e con la verità.
L'altra
testimonianza della menzogna,
abbiamo visto è quella della compiutezza.
Fintanto
che le cose in noi sono incompiute, appartengono al campo dell'incerto, al
campo dei dubbi.
Ora
una cosa è incompiuta in quanto non è portata in Dio, in quanto non è raccolta
in Dio e allora ecco la testimonianza della menzogna.
La
menzogna lavora nell'incompiuto.
Non
soltanto la menzogna, soprattutto il nostro io, quanto più noi viviamo
nell'incompiuto e cioè nel non unificato in Dio, tanto più il nostro io si
afferma ed abbiamo allora l'epoca del narcisismo nella vita dell'uomo.
L'io
dell'uomo si esalta nei frammenti e vive di frammenti e quindi diventa un
mentitore e a sua volta diventa schiavo delle sue menzogne.
È
l'uomo che si mette una maschera e poi non riesce più a capire quale sia il
vero suo volto.
Alla
verità si accede soltanto attraverso la compiutezza delle cose.
Tutte
le cose arrivano noi come segni e chiedono a noi di essere portati, di essere
raccolti di Dio.
In
Dio abbiamo il compimento di tutto.
E
poi abbiamo la terza grande testimonianza della menzogna.
Perché abbiamo considerato che tutte le volte che noi non pensiamo sbagliamo,
quindi facciamo la menzogna.
Questo
ci rivela che alla verità si accede soltanto attraverso il pensiero.
Non
pensando facciamo l'errore, quindi questo ci rivela che la via della verità è
il pensiero.
Gesù
lo dice nella parabola del seminatore: chi arriva al frutto è colui che pone
mente, è chi dedica il pensiero, quindi non arriva al frutto correndo, facendo
sacrifici, facendo rinunce, gridando, urlando o piangendo o facendo tanti
sentimenti.
Si
arriva al frutto, cioè alla conoscenza di Dio, alla verità, ponendo mente e con
pazienza.
Dopo
questa panoramica sulla menzogna, Gesù adesso dice: "Io lo conosco".
Ecco,
era necessario passare al primo annuncio: "Io lo conosco" e farci
capire che il campo della conoscenza si apre a noi in quanto il nostro fine
diventa il Principio, dopo questo, ci illumina circa l'essenza della verità che
sta nella trascendenza, nella compiutezza e attraverso il pensiero.
A
questo punto qui questo: "Io lo conosco" assume ben altra profondità.
Perché
adesso noi dobbiamo considerare questo: "Io lo conosco" con questi
pensieri, con questa nettezza che si è formata in noi.
Cioè
con questo raccoglimento unicamente nel Pensiero di Dio.
Poiché abbiamo visto che la verità è trascendente, che la verità si trova nella
compiutezza di tutte le cose, nel raccoglimento di tutte le cose in Dio
attraverso il pensiero, a questo punto noi dobbiamo riconoscere che alla
verità, alla conoscenza della verità, si accede soltanto nel Pensiero di Dio,
quindi soltanto raccogliendoci nel Pensiero di Dio e non altrimenti.
Gesù
è chiarissimo: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".
Il
Padre è il Principio, il Padre è l'Essere, è Colui che è, quindi è Colui che ha
in sé la ragione di tutte le cose, quindi è la verità.
Adesso
possiamo intuire la grandezza di questa rivelazione: "Io lo conosco",
perché dice: "Io lo conosco" per noi, per farci capire il luogo in
cui si trova la verità.
La
verità si trova in questo "Io", cioè in questo Io di Dio che è il
Pensiero di Dio, che trascende tutto e tutti e non si confonde con niente e con
nessuno.
Poiché
non si confonde con niente e con nessuno, non c'è nessun segno, non c'è nessuna
creatura, non c'è nessuna istituzione che ci possa portare a conoscere la
verità.
Alla
verità si accede soltanto in quanto la verità è già in noi, cioè in quanto il
Figlio di Dio è in noi, in quanto il Pensiero di Dio è in noi.
La
verità è conoscibile solo nel Pensiero di Dio.
Non sono ma, in quanto dice: "Io lo conosco", vuol dire: "Io l'ho
presente" e in quanto l'ha presente ci dice che il Padre è presente nel
suo Pensiero e questo Pensiero è dato a noi.
Cioè
il Pensiero di Dio è in noi.
Perché
se non fosse in noi, noi saremmo completamente tagliati fuori, non potremmo minimamente,
con nessun mezzo, in nessun modo accedere alla verità.
Poiché
la porta di accesso alla verità è il Pensiero di Dio trascendente tutto e
tutti.
Per
cui soltanto facendo il silenzio di tutto e di tutti e raccogliendoci
unicamente in questo Pensiero di Dio che portiamo in noi, noi possiamo avere
l'accesso alla verità, cioè l'accesso a quel campo in cui la menzogna non entra
più, il campo della certezza.
Abbiamo
detto però che nel Pensiero che è il Figlio di Dio c'è il Padre: "Io lo
conosco", è presente a Lui.
Dicendo
che è presente a Lui, ci fa capire che il Padre è nel Figlio, il Padre è nel
Pensiero di Dio e solo conoscendo il Padre nel Figlio, noi conosciamo la verità
in noi.
Non
basta conoscere il Figlio.
Bisogna
conoscere il Padre nel Figlio.
Cioè
bisogna realizzare la presenza del Padre nel Figlio.
Perché
soltanto realizzando questa presenza del Padre e del Figlio e in questa
presenza del Padre e del Figlio noi prendiamo coscienza e quindi siamo fatti
partecipi della verità.
A
questo punto noi diciamo che l'area, il campo della certezza, cioè quel campo
che è libero da ogni menzogna è lo Spirito Santo.
Poiché
lo Spirito della presenza del Padre e del Figlio è lo Spirito Santo, è lo
Spirito di Verità.
Qui
e solo qui noi, finalmente abbiamo trovato, possiamo trovare l'area della
certezza, quell'area che è sgombra da ogni menzogna e quindi quell'area in cui
noi possiamo trovare la sicurezza e la nostra vera pace.
E voi non lo conoscete ma io lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco
la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Quarto tema.
Titolo: Ossevare
la Parola.
Argomenti: Il principio della conoscenza – Il principio
della notte – Il Principio è Luce – La sorgente della luce – Ambiguità e certezza – La trascendenza
della Verità – La Verità e i suoi
segni – La Verità è
conoscibile solo in Se stessa – Campo di fede e
campo di certezza – Lo Spirito di
Verità – Essere figli di Dio – Accogliere e riportare a Dio – La conoscenza del Figlio – Custodire la
Parola – Raccogliere in cielo -
17/Agosto/1986 Casa di
preghiera. Fossano.
Il
principio della conoscenza sta nel motivo per cui viviamo.
Perché il
motivo per cui viviamo, noi lo abbiamo sempre presente, lo conosciamo.
Il motivo per
cui viviamo è ciò a cui dedichiamo il nostro pensiero.
È lì che
va scoperto il principio della conoscenza.
La conoscenza
viene al Figlio, in quanto il Figlio ha il Padre come motivo di vita.
Il Figlio
ha Dio come motivo di vita: “Voi non avete Dio come motivo di vita”.
Tutte le
volte che noi non abbiamo Dio come motivo di vita, cioè abbiamo altro da Dio
come motivo di vita, noi abbiamo presente, conosciamo questo “altro da Dio” e
non conosciamo quindi Dio.
Il
principio della conoscenza sta nell’avere Dio come motivo di vita, cioè nell’avere
come fine il Principio.
Dio è il
Principio, soltanto avendo come nostro fine il Principio, noi abbiamo allora
Dio come padre e quindi abbiamo la conoscenza di Dio, in caso diverso no.
Questo ci
fa anche capire qual è il principio della non conoscenza.
Il
principio della non conoscenza sta nell’avere come motivo di vita altro da Dio.
Quando
dico “padre”, intendo motivo di vita, perché noi diventiamo “figli” di ciò per
cui viviamo e quello è ciò che noi abbiamo presente.
Se noi
abbiamo presente altro da Dio, quello diventa per noi principio della
non-conoscenza.
Perché la
conoscenza sta in Dio ma in Dio avuto come fine.
Perché Dio
è principio di Luce ma se noi abbiamo come principio della nostra vita altro da
Dio, evidentemente noi esperimentiamo la notte, le tenebre, il mistero.
Il
principio della confusione in noi, cioè della non conoscenza, è il fatto di avere
come fine dei nostri pensieri, come fine del nostro vivere, altro da Dio.
L’altro da
Dio non è Luce, Dio solo è Luce, la Luce sta nel Principio.
Quando
abbiamo parlato della luce abbiamo visto che la caratteristica della luce è che
in tutto ci fa sempre vedere la sua sorgente, mentre invece tutto ciò che non è
Dio non ci fa vedere la sorgente.
Solo se
noi abbiamo come motivo di vita la Sorgente, abbiamo la Luce in noi, quindi
abbiamo il principio della conoscenza in noi, altrimenti no.
Essendo la
Verità trascendente, supera tutti i suoi segni e quindi è conoscibile solo in
Se stessa, l’Io di Dio, il Pensiero di Dio è la Porta, poiché c’è un punto solo
attraverso cui noi possiamo accedere alla Verità.
Se questo
Punto è in noi possiamo accedere alla Verità, se questo Punto non è in noi, noi
non possiamo accedere alla Verità, sia,mo completamente tagliati fuori dalla
Verità, perché noi siamo immersi nei segni della Verità.
Tutta la
creazione è segno di Dio, tutti i fatti che accadono sono opere di Dio ma sono
segni di Dio, siccome la Verità è trascendente tutti i suoi segni, vuole dire
che non può essere conosciuta nei segni.
I segni
sono delle frecce che annunciano la Verità, che c’invitano a salire verso di
Essa, però non ci fanno conoscere la Verità, non ce la possono fare conoscere.
La Verità
essendo trascendente tutto non si può comunicare attraverso nessuno dei suoi
segni, quindi nessuna delle sue parole.
La Verità
è conoscibile solo in Se stessa.
Possiamo
noi accedere a questa Verità?
La Verità
stessa abita in noi, questa Verità è il Pensiero di Dio in noi.
Questo Pensiero
di Dio in noi è il punto in cui tutto il nostro mondo finito può accedere all’infinito
di Dio, cioè alla Verità stessa.
Quindi il
passaggio obbligato è il Pensiero di Dio.
La Verità
è conoscibile solo nel suo Pensiero.
E se noi
abbiamo la possibilità di pensare Dio, noi possiamo accedere alla Verità, se
non possiamo pensare Dio, non possiamo accedere nel modo più assoluto alla
Verità, continueremo a girare tra i segni della Verità senza potere approdare a
Essa, restando sempre alla stessa distanza, non arriviamo mai a toccare la
Verità.
Il toccare
la Verità è il principio della salvezza.
La
salvezza sta nel conoscere la Verità.
La
salvezza non sta nel compiere opere buone, la salvezza non sta nell’essere
virtuosi, la salvezza sta nel conoscere la Verità.
È Parola
di Dio.
E qui
siamo nel campo della fede, questa è la porta per entrare nel regno della
conoscenza.
Lo Spirito
di Verità è il rapporto tra Figlio e Padre.
Lo Spirito
di Verità è la presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre.
Il Figlio
è Pensiero del Padre perché accoglie tutto da Dio e riporta tutto a Dio.
E questo
indica a noi che il giorno in cui accoglieremo tutto da Dio e riporteremo tutto
a Dio, noi avremo Dio come Padre e allora qui entreremo nella conoscenza di
Dio.
In quanto
accoglieremo tutto da Dio perché Dio è il principio e avremo questo Principio
come fine e riporteremo tutto in Dio.
Il Figlio
parla per educare noi alla Verità, per insegnare a noi ad essere figli di Dio.
Quindi
tutte queste cose noi le dobbiamo intendere sempre come lezioni di Dio per
ognuno di noi.
“Io lo
conosco” “Io” è il Pensiero di Dio, è il Pensiero del Padre e conosce il Padre,
perché ha il Padre come fine, quindi ha il suo principio come fine e quindi
accoglie tutto da Dio e riporta tutto a Dio.
Cristo è
venuto nel mondo, per dare a tutti coloro che credono, quindi che ascoltano le
sue parole, la possibilità di diventare figli di Dio, quindi Lui è venuto per
dare a noi la possibilità di diventare figli di Dio.
Cristo
parlando, insegna a noi quali sono le condizioni per diventare figli di Dio.
Siccome la
salvezza sta nel conoscere, Lui ci dice: “Io lo conosco”, perché Lui riceve
tutto dal Padre e riporta tutto al Padre.
Se tu
ricevi tutto da Dio e riporti tutto a Dio, quindi fai di Dio il tuo fine, Dio
diventa tuo padre, diventando tuo padre tu diventi pensiero del Padre, allora
il figlio conosce il Padre come il Padre conosce il suo Pensiero.
Allora qui
c’è la conoscenza e questo è Spirito santo che è Spirito di Verità.
Quindi la
Verità si coglie solo nel rapporto tra il Figlio che pensa il Padre e conosce
quindi il Padre, come il Padre conosce il Figlio.
Perché il
Padre genera il suo Pensiero e allora il Pensiero che pensa il Padre, conosce
Sé come pensato del Padre.
In questo
rapporto abbiamo la certezza, non ci sono elementi di dubbio.
“Custodisco
la sua Parola”, in un altra versione c’è “Osservo la sua Parola”, il Figlio
osserva e custodisce la Parola del Padre.
Il Figlio
siccome è tutto Pensiero di Dio, Pensiero del Padre, osservando il Padre,
osserva quello che genera il Padre.
Osserva la
Parola del Padre e la Parola del Padre è il Figlio stesso.
Lo dice
sempre per noi, perché noi non siamo capaci né ad osservare, né a custodire.
Noi
trascuriamo Dio che è sorgente di vita e ci costruiamo delle cisterne che non
possono custodire l’acqua, per cui noi perdiamo acqua da tutte le parti.
Noi non
possiamo trattenere i nostri pensieri.
Non è
problema di memoria.
Non siamo
capaci a custodire perché non abbiamo il luogo dove custodire.
Il luogo
per custodire è Colui che osserva la Parola che esce dal Padre: “Accumulate
tesori in cielo”, perché è lì che le cose si custodiscono.
Il Cielo è
il Pensiero di Dio, quindi non accumulare cose in altri pensieri.
Raccogli i
tuoi tesori nel Cielo di Dio, nel Pensiero di Dio perché lì le cose si
custodiscono e il Pensiero di Dio diventa la nostra memoria.
Dio ci fa
capire dov’è il luogo dove le cose veramente si custodiscono i tesori.
Se noi
raccogliamo i segni nel Pensiero di Dio, lì le cose sono veramente capite e
quando una cosa è capita non ci è più portata via e lì siamo nel campo della
certezza.
Quando noi
capiamo le cose solo in relazione a cause seconde, la cosa è capita solo relativamente
e ci viene portata via.
Una cosa è
veramente capita se unificata nella causa assoluta e la cosa veramente capita
non ci può più essere portata via.
Lì abbiamo
il luogo in cui si custodisce la Parola del Padre, in quanto si osserva.
Osservando
la Parola che esce dal Padre si ha la possibilità di custodire.
Rispose
Gesù: "Se io mi glorifico da me stesso, la mia gloria è niente; chi mi glorifica è il Padre mio, che voi dite di essere
il vostro Dio".E voi non lo conoscete ma io lo conosco. E se dicessi
che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco
la sua Parola.
Gv 8 Vs 54 - 55 Riassunti
Riassunti Domenica – Lunedì.
Argomenti: L’incompiuto dell’uomo – L’essere dell’uomo – Il rapporo con Dio – Glorificare – Il niente è relativo
al luogo – Passione di unità e possesso
– L’interesse per conoscere Dio – Unificare in Dio o nell’io – Fare il Principio
nostro fine – Il buco nero – Partecipare all’Essere – Cercare l’autorità e non la Verità – L’essere e la
parola – La glorificazione del Figlio
– La rivelazione del Figlio e del nostro niente
– La generazione del Verbo -
3/Agosto/1986 Casa di
preghiera. Fossano.