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E voi non lo conoscete ma io  lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Primo tema.


Titolo:  La conoscenza nasce dalla coincidenza del Principio con il fine.


Argomenti:  Paternità, essere, presenza di Dio. Causa ed effetti della passione di assoluto dell'uomo. Tutti abbiamo Dio come Principio  non tutti l'abbiamo come Fine. Noi siamo formati non dal Principio ma dal fine. L'uomo sa cosa vuole ma non sa cosa è quello che vuole. L'uomo esperimenta ciò cui dedica la sua vita. La frattura in noi tra Principio e fine, determina le tenebre. Il nostro fine, diventa il nostro principio. Solo avendo Dio come fine, abbiamo Dio come padre.


 

20/Luglio/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Siamo al versetto 55, Gesù qui dice: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco e se Io dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore ma, Io lo conosco e custodisco la sua Parola".

Oggi ci fermiamo alla prima parte, dove Gesù dice: "Voi non lo conoscete ma io lo conosco", a chi si riferisce?

L'aveva accennato prima: "Chi mi glorifica è il Padre mio che voi dite, essere il vostro Dio".

E qui apertamente dichiara: "Voi non lo conoscete".

Anche qui, essendo Parole di Dio, sono Parole per ognuno di noi.

Dio parla personalmente per ogni uomo ed essendo Parole per noi, dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato abbiano queste Parole per la nostra vita personale, soprattutto per i nostri rapporti con Dio e soprattutto che cosa Dio voglia significare di Sé a noi, attraverso queste Parole, poiché attraverso tutte le Parole che Dio ci fa giungere, ci comunica qualche cosa di Sé.

La comunicazione è la condizione per la comunione.

Se noi non riceviamo la comunicazione di Dio e non la assimiliamo, non possiamo entrare in comunione con Dio, non possiamo conoscere quello che Egli è, non possiamo partecipare della sua Vita.

Ora, la prima cosa che qui si presenta è questa dichiarazione di Gesù, che Gesù fa ai giudei allora e che fa a noi oggi, dichiarando apertamente: "Voi non conoscete il Padre ma Io lo conosco".

Ci dobbiamo chiedere come mai questa differenza che Lui dichiara.

Teniamo presente che prima si era rifiutato, quando gli hanno detto: "Chi pretendi di essere?", Lui si era rifiutato di dire chi Egli fosse dichiarando: "Chi mi glorifica è il Padre mio".

Adesso qui invece, e sembra una contraddizione, adesso è Lui che parlando rivela la differenza che c'è tra Lui e noi e la differenza sta nella conoscenza: "Io lo conosco, voi non lo conoscete".

Non siamo forse tutti, creature di Dio?

Non abbiamo forse Dio come unico Principio come unico Creatore? E come mai qui qualcuno dice di conoscere Dio e a qualcun altro viene detto invece che non conosce Dio?

Se abbiamo lo stesso Principio, lo stesso Padre, lo stesso Dio, come mai si verifica questa differenza?

E cosa ci vuol significare Gesù mettendo in evidenza questa differenza che passa tra noi e Lui?

Evidentemente si deve essere creato in noi qualche cosa che ci ha portati nelle tenebre, poiché se è lo stesso Essere che ci ha creati, è lo stesso Dio che opera tutto in tutti, dovrebbe esserci tra noi e Dio, in tutti, lo stesso rapporto quindi la stessa conoscenza.

Qui Gesù dicendo: "Io lo conosco", dice che Lui ha presente chi è Dio e l'ha presente perché dice che è suo Padre.

Quando abbiamo parlato della paternità, abbiamo messo in evidenza che ognuno di noi ha come padre il motivo del suo vivere, poiché è vero che noi abbiamo tutti lo stesso Dio, che Dio è il Creatore di tutti noi, è vero che riceviamo tutto da Dio e qui il Figlio stesso di Dio dice che Lui non glorifica Se stesso, perché se glorificasse Se stesso la sua gloria sarebbe niente.

Glorificare, abbiamo visto le domeniche precedenti, vuol dire evidenziare, vuol dire manifestare ciò che un essere è ma, ciò che un essere è, è sempre dato dal rapporto che ha con Dio, poiché Dio solo è, Dio è Colui che è, noi siamo e tutto ciò che esiste, è per il rapporto che ha con Dio, noi siamo in quanto partecipiamo a ciò che Dio è, noi da soli non siamo.

Dio essendo Principio, essendo Creatore, dandoci l'esistenza dà a noi la possibilità di partecipare a ciò che Egli è e per dare a noi la possibilità di partecipare a quello che Dio è, pone, ha posto in ognuno di noi il suo pensiero, la sua presenza.

Per questa sua presenza, ogni uomo è passione d'assoluto che portata sul piano dell'intelletto, diventa passione di Verità e portata nel campo dello spirito diventa passione di unità e queste tre passioni: passione di Assoluto, passione di Verità, passione di Unità sono il volto di un'unica passione l'uomo è fatto per Dio e sente l'attrazione per Dio e sente il bisogno di Dio e lo sente proprio perché porta in sé la presenza di Dio.

Questa passione che l'uomo porta in Sé dell'assoluto lo porta a sbagliare in tutti gli angoli, perché gli fa desiderare di trasformare in assoluto tutto ciò che assoluto non è e tutto ciò per cui vive.

La fonte di tutti gli errori sta lì, in questo bisogno che l'uomo ha che tutto ciò che egli pensa e ama sia assoluto.

Questa passione di assoluto è la testimonianza della presenza di Dio in noi.

Ma proprio per questa passione di assoluto, succede che in noi c'è il desiderio di trasformare in assoluto tutto ciò cui rivolgiamo la nostra attenzione, il nostro sguardo, il nostro pensiero, per cui si verificano in noi due concetti: il concetto di principio, poiché tutto viene a noi da Dio, noi stessi veniamo da Dio e il concetto di fine, fine è ciò cui noi tendiamo.

Dio dice: "Io sono il Principio, io sono il Fine".

Questo lo dice ma, in noi la cosa diversa.

Noi siamo tutte creature di Dio e abbiamo tutte Dio come Principio però, non tutti abbiamo Dio come nostro Fine.

Noi abbiamo come nostro fine ciò cui rivolgiamo la nostra vita, ciò cui dedichiamo il nostro pensiero ed è qui che iniziano i guai e incomincia la notte.

Dedicando il nostro pensiero a-, incominciamo a diventare figli di-.

Quello che determina tutto in noi non è il Principio, quello che determina tutto in noi e di noi è il nostro fine, è ciò cui noi rivolgiamo la nostra vita, soprattutto ciò cui noi rivolgiamo il nostro pensiero.

Perché rivolgendo il nostro pensiero a-, diventiamo figli di-.

Noi diventiamo figli delle nostre opere, diventiamo figli di ciò cui guardiamo: è questa una conseguenza del fatto che noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, cioè noi diventiamo pensiero di ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero.

Ora, ognuno di noi non è tanto condizionato dal Principio, perché Dio crea noi senza di noi, noi siamo creature e tutta la creazione è caratterizzata da questo fatto, di esistere indipendentemente da noi.

Anche noi esistiamo indipendentemente da noi, la vita c'è stata data indipendentemente da noi.

Questo non è quello che condiziona la nostra vita, quello che condiziona la nostra vita invece e ciò cui rivolgiamo la nostra vita, è il fine al quale tendiamo, è ciò che teniamo presente nel nostro pensiero, è questo che incomincia a condizionare la nostra vita e a formarci.

Noi siamo formati non dal nostro Principio, siamo formati dal nostro fine.

L'uomo essendo persona, è sempre cosciente di ciò cui rivolge il suo pensiero cioè, è sempre presente in ciò che vuole.

Teniamo presente che l'uomo è cosciente di ciò che vuole ma, non sa ciò che è quello che vuole.

Noi essendo soprattutto pensiero (l'uomo si caratterizza per il pensiero) abbiamo sempre presente ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero.

Avendolo presente ne siamo coscienti, noi siamo coscienti di ciò che vogliamo, ma non sappiamo cos'è ciò che vogliamo.

Quello che sappiamo è una cosa sola: il Principio Luce, Dio, il Creatore.

Dio Creatore è l'unico essere che nessuno può ignorare.

Questo è il Principio Luce in noi, che portiamo in noi, che è presente in noi e che determina le nostre passioni, la nostra passione d'assoluto soprattutto ma, questa passione viene informata da ciò cui noi rivolgiamo la nostra vita, il nostro Pensiero.

E ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero, noi non sappiamo che cosa sia, noi ne facciamo esperienza, perché l'abbiamo presente davanti a noi e quindi ne facciamo esperienza ma, ciò di cui noi facciamo esperienza non è Luce, non sappiamo che cosa sia.

Abbiamo detto che l'uomo è caratterizzato da questi due fatti: ciò che conosce, ciò che sa e che non può ignorare, non lo può esperimentare e quello che invece esperimenta egli non sa che cosa sia.

L'uomo esperimenta ciò cui dedica la sua vita.

L'uomo fa esperienza di ciò cui dedica il suo pensiero, di ciò per cui vive, del fine, fa esperienza ma non sa che cosa sia e non sa che cosa sia perché c'è questa frattura che si crea in Lui, tra il Principio Luce, Dio che porta in Sé e che lui non può ignorare e che lui non può spegnere e ciò di cui fa esperienza, ciò cui dedica il suo pensiero.

Si crea nell'uomo una frattura tra il Principio e il fine e fintanto che c'è questa frattura, l'uomo naviga nelle tenebre.

Il principio delle tenebre in cui naviga l'uomo è determinato dalla Luce che porta in Sé.

La Luce di Dio che l'uomo porta in sé e che non può ignorare gli crea le tenebre.

Gli crea le tenebre, tenebre che possono diventare eterne, fintanto che in lui c'è questa frattura cioè, fintanto che c'è differenza in lui tra ciò per cui vive, tra ciò cui dedica il suo pensiero e il Principio, tra il fine e il Principio.

La Luce non si forma in lui, fintanto che lui non fa coincidere il suo fine con il suo Principio.

Perché il Principio è Luce, qui l'uomo sa ciò che è quello che lui vuole, se lo vuole.

Ma il Principio è Dio ed è Dio Creatore.

Fintanto che l'uomo non si orienta a cercare quindi ad avere come fine il suo Principio, Dio Creatore, in lui e per lui non può sorgere la Luce.

La Luce è data dalla coincidenza fra il fine e il Principio.

Per questo qui Gesù dice: "Voi non lo conoscete, Io lo conosco".

Lui lo conosce perché ha Dio come padre.

Tenendo presente quello che abbiamo detto che, il padre di ognuno di noi è ciò per cui noi viviamo, è il fine, poiché è il fine che ci determina, ci condiziona.

Per cui noi vivendo per-, siamo determinati da questo.

Ciò per cui noi viviamo, (per cui: fine) diventa in noi ciò per cui noi viviamo, diventa ciò per (per cui: causa) cui noi viviamo cioè, diventa nostro padre.

Noi vivendo per-, non ce ne rendiamo conto ma scegliamo la nostra paternità, scegliamo ciò o chi, noi vogliamo avere come padre.

Soltanto se noi viviamo per Dio, cioè abbiamo Dio come fine, soltanto avendo Dio come fine, noi abbiamo Dio come padre ma, fintanto che noi abbiamo come fine altro da Dio, invano ci vantiamo, come si vantavano costoro, di avere Dio come nostro principio, di essere figli di Dio, di avere Dio come padre.

Sono soltanto dei nomi vani che mancano di sostanza.

Noi avremo Dio come nostro padre, solo quando avremo Dio come nostro fine, solo in quanto noi avremo Dio come meta del nostro vivere, come l'oggetto del nostro pensiero.

Cristo dice: "Io lo conosco" lo conosce perché non ha Dio soltanto come Principio ma, ha Dio come padre, quindi come fine.

Caratteristica del Figlio è quella di ricevere tutto da Dio e di riportare tutto a Dio.

Noi possiamo ricevere tutto da Dio ma riportare tutto a ben altro da Dio ed è proprio ciò in cui noi raccogliamo, ciò di cui noi facciamo esperienza, ciò cui noi guardiamo che determina la nostra paternità e quindi determina in noi le tenebre o la Luce.



E voi non lo conoscete ma io  lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Secondo tema.


Titolo:  La menzogna: lo spazzino nel Regno di Dio.


Argomenti: La Luce è data dalla coincidenza del fine con il Principio. L'elemento dominante della nostra vita non è il Principio, è il fine. Il pensiero è consapevole di ciò che ha presente. La menzogna può essere detta da tutti. La Verità non sta nelle parole. La Verità dà Luce ai segni, non viceversa. La menzogna viene in noi quando il nostro fine non coincide con il Principio. Il passaggio dalle tenebre alla menzogna.  La menzogna ci fa uscire dalla Realtà. La menzogna è effetto di difetto di difetto di pensiero. Alla Verità si arriva solo con il pensiero. La menzogna si ha quando si confonde la Verità  con un suo segno.


 

27/Luglio/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Restiamo sempre nel versetto 55.

Gesù qui dice: "Voi non lo conoscete (sottointeso il Padre) ma, Io lo conosco e se Io dicessi che non lo conosco sarei simile a voi: un mentitore ma, Io lo conosco e custodisco la sua Parola".

Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla prima parte: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco".

Oggi ci dobbiamo soffermare sulla seconda parte: "Se Io dicessi che non lo conosco sarei simile a voi un mentitore".

Anche qui dobbiamo sempre chiederci, essendo Parola di Dio per ognuno di noi, quale lezione, per la nostra vita personale, sia contenuta in queste parole e soprattutto che cosa Dio ci voglia significare di Sé con queste parole.

Abbiamo visto domenica scorsa come la Luce in noi sia una conseguenza della coincidenza del fine con il Principio.

Cioè soltanto in quanto noi facciamo il Principio come nostro fine, quindi oggetto della dedizione della nostra vita, soprattutto del nostro pensiero, solo lì, abbiamo in noi la Luce che illumina.

In caso contrario, se il nostro fine è diverso dal nostro Principio, il fine ci fa dimenticare il Principio, diventa informante la nostra vita e noi diventiamo una conseguenza di questo.

Abbiamo visto così, come ci sia quest’allontanamento da Dio nella vita dell'uomo, come si creino le distanze, come a un certo momento l'uomo possa venirsi a trovare escluso dalla Luce, escluso dalla conoscenza.

Poiché se l'uomo ha per fine altro dal Principio, vaga nelle tenebre, essendo la Luce è nel Principio.

"In principio era il Verbo", il Pensiero di Dio ed è qui, in questo Pensiero di Dio che era la Luce, era questa Luce che era la Vita degli uomini.

Non è da intendersi al passato, perché quello che era in principio è ancora oggi.

Lo dice appunto a coloro che si sono allontanati, che hanno perso di vista il Principio.

Domenica scorsa abbiamo visto come sia possibile perdere di vista il Principio, perché l'elemento dominante nella nostra vita non è il Principio, è il fine, è ciò per cui viviamo.

È questo l'elemento che domina e che determina tutto di noi, determina la nostra mentalità, determina la nostra fede, determina le nostre scelte, determina la nostra vita: è il fine.

Tutte le esperienze noi non le facciamo nel Principio, noi le facciamo nel fine, perché il fine è quello che noi abbiamo presente, consapevolmente presente, perché è proprio quello che teniamo davanti al nostro pensiero quando viviamo.

Si vive in quanto si tende a un fine.

E questo fine lo si ha presente nel pensiero.

E il pensiero ha questa caratteristica: è consapevole di ciò che ha presente.

Abbiamo detto che non sa ciò che sia quello che ha presente però, è consapevole della presenza di ciò che ha presente.

È questo che determina tutto di noi.

Ne consegue che se questo fine è diverso dal Principio, noi siamo condizionati quindi determinati non dalla Luce ma, dalle tenebre, da quello che esperimentiamo nel nostro fine, quindi perdiamo di vista la Luce.

Solo se noi abbiamo come fine il Principio noi, facciamo esperienza della Luce, abbiamo presente la Luce e siamo informati dalla Luce.

Quindi la conoscenza si ha soltanto in quanto in ognuno di noi, abbiamo come nostro fine il Principio.

Quel Principio che è il punto Luce che ognuno di noi porta in sé.

Avendo meditato, riflettuto su questo, adesso abbiamo la possibilità di accedere a quest’argomento di cui parla qui Gesù: la menzogna, il mentitore.

Qui  dicendoci: "Se Io dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi: un mentitore" ci fa capire che la menzogna può essere detta sia da colui che conosce, sia da colui che non conosce.

Gesù stesso dice: "Se Io dicessi che non lo conosco", allora la menzogna può essere detta quando uno conosce e dice: "Non conosco" è può essere detta da uno che non conosce e dice: "Conosco".

Questo che cosa ci rivela?

Ci rivela che la Verità non sta nelle parole.

Perché sia chi dice di conoscere Dio, sia chi dice di non conoscere Dio, può essere un mentitore.

E allora dobbiamo chiederci quale sia il significato.

Il primo significato è proprio quello di farci capire che la Verità non sta nelle parole.

La Verità è al di là delle parole che si odono.

Diciamo che la Verità è trascendente le parole stesse.

Non sono le parole che uno dice, non è colui che parla che può garantire la Verità.

Non basta dire: "Io lo conosco" per dire la Verità, perché se chi dice di conoscerlo, non lo conosce, dice una menzogna.

Ne basta dire: "Non lo conosco", perché uno può dire di non conoscerlo e in realtà conoscerlo.

E allora la testimonianza della Verità non sta nelle parole.

Non sta nemmeno nell'io che parla.

Il fatto che ci faccia capire che la Verità non stia né nelle parole, né in colui che parla, ci pone il problema di dove stia la Verità, dove si possa trovare la testimonianza della Verità, in che cosa consista questa Verità?

Non sono le parole, non sono i segni, non sono le creature che illuminano la Verità, che illuminano Dio.

Sono piuttosto le creature, gli uomini, sono le parole che ricevono Luce dalla Verità.

Non sono i segni che danno Luce alla Verità, è la Verità che dà Luce alle parole.

E allora diciamo che la Verità è trascendente tutte le sue parole, tutte le sue opere, tutte le creature: trascendente.

Trascendente vuol dire che non dipende, quindi è quella che illumina.

Allora la Verità o è accessibile a Se stessa da Sé, quindi è Principio Luce o altrimenti è inaccessibile, perché non c'è nessuna parola, nessun segno, non c'è nessuna cosa creata che possa illuminarci la Verità.

È la Verità che dà Luce ai suoi segni, non sono i segni che danno Luce alla Verità.

Quindi la Verità è Luce in Se stessa.

Già questa è la prima segnalazione che Gesù ci fa in queste parole, dicendoci: "Se Io dicessi che non lo conosco".

Dicendo che la Verità è trascendente, è indipendente ed è principio dominante, ci fa capire che tutto quindi dipende dalla Verità.

Allora qui sorge un problema, se tutto dipende dalla Verità, donde viene la menzogna?

Perché c'è la menzogna?

Gesù stesso dice: "Sarei mentitore", quindi la cosa è possibile.

La menzogna e il mentitore in quanto esistono, esistono nel Regno di Dio, tutto ciò che esiste, esiste nel regno di Dio e se esiste, ha una funzione.

Dobbiamo allora chiederci a che cosa serva la menzogna? Che cosa sia? Donde venga?

In quanto esiste, deve servire a qualche cosa.

L'altra volta parlando della menzogna, abbiamo detto che la menzogna sta nel presentare come vero ciò che non è vero.

Abbiamo detto che proprio nel fatto di presentare come vero ciò che non è vero, nella menzogna ci sia un omaggio alla Verità.

Perché anche colui che è mentitore, cerca di presentare come vero ciò che non è vero, e in quanto cerca di presentare come vero ciò che non è vero, fa un omaggio alla Verità.

Ma qui possiamo andare più a fondo proprio per l'argomento che abbiamo meditato domenica scorsa.

Domenica scorsa, avendo riflettuto sul fatto che la Luce, quindi la Verità, si trova soltanto in quanto c'è la coincidenza del Principio con il fine, noi troviamo qui la possibilità di capire donde viene la menzogna, quale sia la fonte della menzogna.

Se la Luce, la Verità in noi viene dalla coincidenza del Principio con il fine, cioè in quanto noi abbiamo come fine, come oggetto di dedizione del nostro pensiero il Principio, evidentemente la menzogna viene in noi quando il fine in noi, non coincide con il Principio.

Qui abbiamo la fonte della menzogna nell'uomo.

Quando il nostro fine non coincide con il Principio, succede che i segni, le parole, le creature che noi abbiamo come fine e che quindi non sono il Principio, sono altro da Dio, altro dal Principio, questi segni, parole, creature, in noi restano un incompiuto non portato nel Principio, non raccolto nella Sorgente di Luce, non raccolte in Dio.

Abbiamo già visto tempo fa, che ciò che è incompiuto reca in noi le complessità dell'inconscio, le schiavitù a ciò che non conosciamo, poiché la conoscenza sta nel Principio, sta nella Luce.

Tutto ciò che noi non portiamo nella Luce, e non lo portiamo nella Luce se non abbiamo il Principio come fine, resta in noi incompiuto.

Questa incompiutezza crea in noi la schiavitù a ciò che non conosciamo (non raccolto nel Principio) e in quanto schiavi di ciò che non conosciamo, delle tenebre, il passaggio alla menzogna è evidente.

La menzogna è una conseguenza di quello che in noi rimane incompiuto, di quello che non è portato nel Principio.

Si fa il passaggio dall'incompiuto alla menzogna, in quanto noi portiamo la passione dell'assoluto e in quanto abbiamo in noi questa passione dell'assoluto, ciò che in noi non è portato a compimento nella Luce, al compimento del Principio, viene da noi esaltato, viene da noi considerato come assoluto, diventa in noi principio e diventando principio ci porta dire, a parlare, a manifestare la menzogna.

Se noi andiamo a fondo, scopriamo che proprio in quanto incominciamo a dire la menzogna, incominciamo a portarci fuori dalla realtà del Regno di Dio, cioè abbiamo un'azione di rigetto, a nostra insaputa.

L'azione di rigetto del Regno stesso della Verità.

Incominciamo a uscire dalla Realtà.

La menzogna ci fa uscire dalla realtà.

O meglio diciamo che è il Regno di Dio che ci mette fuori e ci respinge.

Ci respinge perché noi non abbiamo portato a compimento ciò che dovevamo portare a compimento.

Ma c'è un altro grande fatto che si rivela nella menzogna.

Noi diciamo che sbagliamo quando non pensiamo.

Non ci rendiamo conto della gravità di quello che diciamo.

"Ho sbagliato, ho fatto un errore, ho detto una cosa non vera, perché non ho pensato", ci rivela una grande cosa.

Prima di tutto che l'errore, la menzogna è l'effetto di difetto di pensiero, di dedizione di mente ma, parlando di mente cosa s'intende?

Si pensa, si pone mente, in quanto si collega una cosa con il suo Principio.

Quindi non pensare, vuol dire non collegare una cosa con il Principio.

Qui abbiamo una grande rivelazione proprio dataci dall'argomento della menzogna, dall'argomento dell'errore ed è che alla Verità si arriva solo col pensiero, perché non pensando sbagliamo, diciamo cose non vere.

Solo pensando, quindi soltanto collegando con il Principio (collegamento personale) cioè solo facendo questo lavoro personale, portando le cose nel Principio (il Principio è la Luce), portando le cose in questa Luce, noi possiamo dire la Verità.

In caso diverso no.

In caso diverso siamo costretti (non siamo liberi), siamo costretti a dire la menzogna.

La Verità la può dire soltanto colui che contempla le cose nel Principio.

Perché allora è il Principio che parla in lui, è Dio che parla in lui e Dio dice la Verità.

Ma se noi non colleghiamo le cose con il Principio, diciamo: "Non ho pensato", quando non penso sbaglio, sono costretto a sbagliare.

Questo rivela una schiavitù.

C'è questa grande rivelazione che alla Verità si giunge solo attraverso il pensiero.

Allora qui capiamo che tutte le volte che noi confondiamo la trascendenza della Verità, che è al di sopra di tutto e alla quale si può giungere solo attraverso il Pensiero di Dio, tutte le volte che noi confondiamo la Verità con altro dalla Verità, quindi con ciò che è mezzo e quindi facciamo immanente la Verità con qualche suo segno (segno della Verità), noi siamo restiamo schiavi dell'errore, noi facciamo la menzogna.

La menzogna avviene quando noi confondiamo la Verità con qualche segno, facciamo consistere la Verità in una parola, in un mezzo, in un sentimento, in una struttura, in un'istituzione, in un'autorità, in tutto ciò che non è Verità.

Notate, tutto serve: le parole servono, servono i sentimenti, servono le autorità, servono le istituzioni ma, se noi facciamo consistere la Verità in questo, immanente a questo, mentre la Verità è trascendente, noi facciamo la menzogna e restiamo schiavi della menzogna.

Noi abbiamo visto che proprio l'argomento della menzogna ci rende questa grande testimonianza prima di tutto la trascendenza della Verità.

L'argomento della trascendenza della Verità ci libera.

La menzogna diventa lo spazzino nel Regno di Dio, perché fa fuori da noi, tutto ciò che non è Verità trascendente, ci fa capire che la menzogna è effetto di quello che è rimasto in noi incompiuto, quindi è un segno di tutto ciò che noi non abbiamo portato a compimento nel Principio ed è ancora testimonianza che si giunge alla Verità soltanto col pensiero.



E voi non lo conoscete ma io  lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Terzo tema.


Titolo:  L'io del Pensiero di Dio.


Argomenti: La schiavitù dell'uomo. La conoscenza sta nell'unire il fine al Principio. La perdita della presenza di Dio. Il Padre è la sola garanzia di verità. Il padre è il motivo del nostro vivere. L'ambiguità e la menzogna. La trascendenza della verità. La menzogna lavora nell'incompiuto. Quando non si pensa si sbaglia. Alla verità si accede solo raccogliendosi nel Pensiero di Dio. Il Padre è presente nel suo Pensiero.


 

10/Agosto/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Restiamo ancora del 55 del capitolo ottavo di San Giovanni.

Qui Gesù dice: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco e se Io dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi: un mentitore. Ma Io lo conosco e custodisco la sua Parola".

Abbiamo già visto di questo versetto le prime due parti le domeniche precedenti.

La prima parte: "Voi non lo conoscete ma Io lo conosco".

La seconda parte: "Se Io dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi: un mentitore".

Adesso ci rimane da riflettere su questa terza parte: "Ma Io lo conosco e custodisco la sua Parola".

Nella prima parte dice: "Ma Io lo conosco", adesso dice: "Ma Io lo conosco e custodisco la sua Parola".

Dobbiamo chiederci il perché di questa ripetizione.

Tra la prima dichiarazione e la seconda, in mezzo c'è argomento della menzogna: "Se Io dicessi che non lo conosco sarei simile a voi: un mentitore".

Abbiamo visto quale sia la funzione della menzogna nel Regno della Verità e quali testimonianze rechi la presenza della menzogna. Innanzitutto come è possibile la menzogna in un Regno della Verità?

Quali testimonianze rechi questa menzogna in un campo di passione della verità, passione dell'assoluto quale l'uomo è.

Perché l'uomo abbiamo visto, è una passione di assoluto quindi è una passione di verità.

E in questo campo qui di passione di verità, cade e si presenta la menzogna: l'uomo fa esperienza della menzogna.

L'uomo corre il rischio di restare ingannato.

È un esperienza che ogni uomo fa, un'esperienza che, come quella della morte, come quella della vanità del tutto, come quella del silenzio di Dio sono tutte esperienze esistenziali che ogni uomo fa e che hanno una loro funzione molto precisa nel cammino verso la verità.

L'uomo è stato creato per la verità.

L'uomo è stato creato per conoscere Dio e soltanto nella conoscenza della verità, nella conoscenza di Dio, l'uomo trova la pienezza della sua vita e trova la sua libertà.

È inutile che noi continuiamo a dire che l'uomo è libero, l'uomo non è libero.

L'uomo è un servo, un servo e uno schiavo.

E in quanto servo e in quanto schiavo ubbidisce e se anche non vuole ubbidire, ubbidisce lo stesso.

Perché chi regna è Dio e Dio regna in tutto.

Qui ci troviamo di fronte alla parola chiara di Gesù: "Conoscerete la verità è la verità vi farà liberi", non avrebbe detto: "La verità vi farà liberi a coloro che fossero già liberi".

Si dice: "La verità ti farà libero" a chi non è libero.

Non si libera uno che libero.

Tant'è  vero che c'è qui tutta la contesa con i farisei che si offendono sentendosi dire: "La verità vi farà liberi".

"Cosa viene a raccontarci? Noi siamo liberi, non siamo mica nati da prostituzione, noi siamo figli di Abramo nessuno mai ci ha costretti a servire" ed erano costretti a servire tutti e stavano ancora adesso servendo, perché erano schiavi del popolo romano.

Eppure questi giudei, si vantano di essere liberi.

Questo ci fa capire quanto lontano sia l'uomo dalla conoscenza di se stesso, quanto sia incosciente, quanto sia lontano dalla vera libertà.

La parola di Dio dice a tutti: "Soltanto quando conoscerete la verità sarete liberi", il che vuol dire che prima di giungere a quel giorno di conoscenza l'uomo e schiavo, l'uomo è servo.

Esplicitamente Gesù dice: "Chi fa il male resta schiavo del male", nessuno può dire di non aver fatto il male, di non aver compiuto dei peccati, perché Cristo è morto per tutti e quindi nessuno può dire: "Io sono libero del sangue di Cristo, sono innocente di questo sangue".

 "Chi dicesse di essere senza peccato, è un mentitore".

Ogni uomo ha peccato e in conseguenza di questo peccato ogni uomo è schiavo.

In questa situazione di schiavitù, di dipendenza, giunge la Parola di Dio, giunge il Figlio di Dio a dire: "Se resterete nelle mie parole, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

Qui Gesù dopo aver detto dopo, aver affermato apertamente: "Io lo conosco, voi non lo conoscete" (sottinteso il Padre), poi tratta della menzogna e poi ripete: "Io lo conosco".

Dio non fa delle ripetizioni inutili e se ripete dopo avere trattato un certo pensiero, un certo argomento, evidentemente è perché c'è una funzione ben precisa.

E noi dobbiamo chiederci quale novità Gesù ci voglia recare, ripetendo: "Io lo conosco" dopo aver presentato la testimonianza, la funzione della menzogna.

Quando Gesù ha dichiarato prima: "Io lo conosco" considerando l'argomento della conoscenza, abbiamo visto che questo campo della conoscenza, si apre in noi, in quanto noi abbiamo come fine il Principio.

Il principio è Dio Creatore.

Questo principio, Dio Creatore è presente in ognuno di noi.

Dio è Colui che nessuno può ignorare, nessuno può dire, a meno di suscitare il riso di tutto l'universo, di essere lui il creatore.

Quindi Dio è Colui che nessuno può ignorare, perché tutti quanti siamo fatti spettatori delle opere di un Altro e quest'Altro quindi non può essere ignorato da nessuno.

Non lo possiamo ignorare ma, molto difficilmente possiamo giungere a conoscerlo, possiamo giungere a conoscere quella verità che Gesù in modo ben preciso è venduto a recare a noi e in cui sta la nostra vita: la nostra vita è nascosta in Dio, è nascosta nella conoscenza di Dio, la nostra vita e la nostra liberazione.

Quando qui Gesù dice: "Io lo conosco", abbiamo detto che il problema della conoscenza, sta nell'unire il fine al Principio.

Noi portiamo in noi la presenza di Dio Creatore, quindi la presenza del principio di tutte le cose che è ciò che non possiamo ignorare, quindi è la luce che l'uomo porta dentro di sé.

Però l'uomo vive per altro da Dio.

L'uomo esiste per Dio (Causa) ma, difficilmente vive per Dio Fine.

Ed è proprio in questa frattura fra il Principio ed il fine che si forma tutta la tragedia dell'uomo e tutto il fallimento della vita dell'uomo, per cui l'uomo non consegue il Fine per cui è stato creato.

L'uomo è stato creato per conoscere Dio, quindi è stato creato per vivere per Dio, vivendo per altro, quindi avendo un fine diverso dal suo Principio, l'uomo crea in se stesso una frattura, quindi un principio d'errore, un principio di menzogna, un principio di confusione che ricade tutto su di lui.

Ed abbiamo qui la situazione di tenebre in cui la vita di ogni uomo naviga.

L'uomo vivendo per un fine, ha questo presente davanti ai suoi occhi ed è questo che esperimenta.

Teniamo presente che ciò che l'uomo esperimenta, ciò per cui l'uomo vive, gli porta via il Principio, lo separa dal Principio ed è qui che l'uomo allora esperimenta l'assenza di Dio, il distacco da Dio.

Dio diventa per lui un'astrazione e la realtà diventa per lui tutta un'altra, perde quindi il contatto con la realtà, erre maiuscola del Dio che opera, che parla, che è presente in tutto e in tutti.

Perde quindi la coscienza del Regno di Dio.

Questa perdita di coscienza del Regno di Dio, quindi della presenza di Dio in tutto, del Dio che fa tutto in tutti, che parla a tutti personalmente, questa coscienza di questa presenza, l'uomo la perde in quanto ha in sé un fine diverso dal Principio.

L'uomo è voluto da Dio Creatore, indipendentemente dall'uomo, è questo il principio per cui tutto esiste.

Tutta la creazione esiste indipendentemente da noi.

Noi stessi esistiamo indipendentemente da noi.

Invece il fine per cui viviamo, non è indipendente da noi e fintanto che noi non viviamo e quindi non facciamo coincidere ciò per cui viviamo con ciò che ci fa essere, noi diventiamo figli di altro da Dio.

Noi diventiamo figli di ciò per cui viviamo, diventiamo figli delle nostre opere e se ciò per cui noi viviamo è diverso da Dio, questo crea una frattura in noi con la verità e in conseguenza di questa frattura noi perdiamo di vista la luce ed entriamo nelle tenebre.

È qui la differenza che Gesù fa notare allora ai farisei e a noi adesso dicendo: "Voi non lo conoscete, Io lo conosco".

La differenza sta nel capire questo "voi" e questo "io" perché queste sono parole.

E le parole, come tutti i segni, sono ambigue.

E chi ci garantisce quello che Lui dice?

Forse perché Lui dice: "Io"?

Forse perché Lui dice: "Voi"?

Abbiamo visto molte volte che il nostro io e nemmeno l'Io di Cristo (sia chiaro)sono garanzia a loro stessi.

Chi rende testimonianza a Cristo è il Padre, è la Verità.

E chi rende testimonianza all'uomo che parla, è ancora sempre il Padre, è la verità, è  Dio.

Nessuno può vantarsi di dire: "Tu devi credere a questo perché te lo dico io".

Il nostro io e nemmeno l'Io di Cristo, sono garanzia.

La garanzia della verità su tutto e su tutti viene dal Padre e quando Gesù dice: "Voi" e poi dice "Io", noi dobbiamo cercare di capire cosa s' intende per questo "voi" e per questo "io".

Gesù l'aveva detto precedentemente, qui siamo alla conclusione del discorso.

Lui quando ha detto "voi" ha detto chiaramente: "Voi avete per padre il demonio" e aveva dichiarato apertamente che suo padre era Dio.

Anche qui sono parole e dobbiamo andare più a fondo, perché quando Gesù dice: "Voi avete per padre il Demonio", naturalmente suscita un pandemonio e ne suscita altrettanto quando dice di avere per padre Dio.

C'è tutta una ribellione: "Chi credi di essere?".

E allora da che cosa è determinata questa paternità?

Perché i giudei hanno per padre il Demonio e Lui ha per padre Dio?

In un passo del Vangelo si dice che non capirono come Lui chiamasse Dio suo Padre.

Cosa voglia dire (perché noi parole ne diciamo tante), cosa voglia dire avere Dio come padre?

Qui salta fuori il fine.

Abbiamo detto che vivendo per-, noi diventiamo figli di-, cioè vivendo per- noi eleggiamo un padre e solo chi vive per Dio e quindi ha il motivo del suo parlare in Dio, questi è figlio di Dio.

Chi invece vive per altro da Dio non ha più Dio per padre.

Dio è il Creatore di tutti ma abbiamo detto che vivendo per altro da Dio, non ci separiamo dal Principio, diventiamo figli di altro,

Gesù dicendo: "Io lo conosco" proclama di parlare per Dio, di avere come motivo del suo vivere Dio, per questo Dio è suo padre.

Tutto quello che Gesù dice, lo dice per farci capire chi Lui è, perché ogni cosa e ogni parola va sempre intelletta nell'intenzione di chi parla.

L'Intenzione di Cristo è quella di segnalare a noi la via della salvezza.

E dicendoci: "Io lo conosco", non vuole mettere in evidenza il suo Io e la differenza fra il suo Io e noi, vuole farci capire in che cosa consiste la conoscenza, vuole farci capire quale è il luogo della conoscenza.

La nostra salvezza sta nel conoscere Dio e Lui dicendoci: "Io lo conosco", ci rivela il luogo della conoscenza.

Si conosce il Padre, soltanto se noi viviamo per Dio.

Si vive per Dio in quanto si ha attualmente presente nel pensiero Dio.

Perché quando si vive per una cosa, si vive per quella cosa, in quanto si dedica la mente a quello, si dedica il nostro pensiero a quello e se si dedica il pensiero, si ha quella cosa attualmente presente.

Quando uno cammina verso una meta, la prima cosa che lui ha presente nella mente, è quella meta.

Non soltanto la meta la mette all'inizio, ma l'ha costantemente presente, perché per poco che lui dimentichi il luogo dove lui deve andare sbaglia tutto.

Noi sbagliamo tutto, perché magari al mattino offriamo a Dio la giornata ma poi dimentichiamo il luogo dove dobbiamo andare e allora ad ogni bivio è sempre crisi, non capiamo più niente.

Gesù dicendoci: "Io lo conosco" e facendoci capire che questa conoscenza gli viene in quanto Lui ha Dio come padre ed ha Dio come padre in quanto ha Dio come motivo di sé, il Padre è motivo dell'esistenza della vita del Figlio, rivela a noi questa grande cosa che solo se  noi abbiamo Dio come fine, come motivo del nostro vivere, quindi come oggetto del nostro pensiero attuale, presente, solo qui noi abbiamo Dio come padre.

In caso diverso abbiamo un altro padre.

Abbiamo detto che quello che noi portiamo presente come fine, cioè ciò per cui noi viviamo ci porta molto lontano da Dio, cioè ci porta molto lontano dalla nostra vita.

Dio è la sorgente della nostra vita.

Dio è la causa.

Dio è la verità in cui è la ragione di tutto di noi e noi vivendo per altro, ci allontaniamo molto e finiamo di morire molto lontani da Dio vivendo per altro da Dio.

Perché ciò per cui viviamo ci porta lontano da Dio, ci fa dimenticare, ci sradica da Dio.

Quindi solo facendo coincidere il fine con il nostro Principio che ci è dato ed è dato a noi senza di noi, quindi facendo corrispondere ciò che non è dato a noi senza di noi, con ciò che è dato a noi senza di noi, noi creiamo quella unità tra la nostra vita personale e la verità, l'essenza di Dio in cui si trova la verità, in cui si trova la luce.

Soltanto da questa coincidenza.

Ma fintanto che questa coincidenza non c'è, noi dobbiamo prendere coscienza, renderci conto di tutti i guai ai quali noi andiamo incontro e dell'impossibilità di accedere alla Verità.

Questo è ciò che Gesù nella prima parte ci ha annunciato, dicendoci: "Io lo conosco".

Poi però abbiamo detto ci ha presentato il quadro della menzogna, campo della menzogna.

Abbiamo visto che la menzogna ha una funzione molto importante sul cammino della verità, perché non è sufficiente farci capire il luogo della luce, farci capire che dobbiamo far coincidere il fine con il Principio, perché quando diciamo questo, sì certo Dio ci dice una grande cosa ma, sono parole quelle che arrivano a noi, sono segni e fintanto che abbiamo dei segni noi non giungiamo alla conoscenza di quella presenza che è al di là di tutti i segni, noi siamo sempre nel campo dell'incompiuto, siamo sempre nel campo dell'ambiguità, siamo sempre nel campo dell'incertezza.

Perché sono parole e queste parole possono essere intese in tanti modi.

Quando ti si dice: "Guarda che tu devi avere come fine Dio" l'uomo può sempre intendere che avere come fine Dio voglia dire seguire una certa regola, appartenere a una certa istituzione, farsi battezzare, vestirsi in un certo modo,  fare certi voti, seguire una certa legge, ubbidire a tutti i superiori.

Ecco siamo in un terreno di grande ambiguità, perché le parole possiamo rivestirle della nostra intenzione.

Nel campo dell'ambiguità, nel campo delle incertezze ci apriamo con facilità al campo della menzogna.

Ecco qui l'importanza della menzogna.

Abbiamo detto quando abbiamo parlato della menzogna che tre grandi testimonianze rende a noi la menzogna.

Il primo è la trascendenza della verità.

Quando si dice trascendenza della verità si dice che la verità è al di sopra di tutto ciò che non è verità, trascende, quindi la verità non si trova mai nei suoi segni.

Non c'è nessuna parola che ci possa rendere presente la verità.

La verità è trascendente tutte le parole, tutti i segni, tutte le creature, tutte le istituzioni, la verità trascende tutto.

Diciamo ancora di più Gesù stesso dice: "Io sono la verità", però a un certo momento dice: "È necessario che Io me ne vada, altrimenti la verità non può venire a voi".

La verità trascende Cristo stesso incarnato: "Altrimenti la verità non può venire a voi".

Di questo dobbiamo essere molto coscienti e l'esperienza della menzogna ci aiuta a prendere contatto con questo perché noi non sopportiamo la menzogna.

Non sopportando la menzogna c'è quest'istanza profonda dentro di noi, noi non sopportiamo il campo dell'incertezza e allora qual è il luogo dove io posso essere sicuro? C'è questo luogo in cui la menzogna in nessun modo può penetrare e io sono sicuro?

Perché là, dove la menzogna non può penetrare, là c'è la certezza.

Posso accedere a questo luogo di certezza?

Esiste questo luogo di certezza?

La menzogna ha questa grande importanza: quella di evidenziarci il luogo della certezza.

Per cui la menzogna ha come fine la distruzione di se stessa e la liberazione di noi dalla menzogna stessa.

La prima grande testimonianza della menzogna è quella della trascendenza della verità quindi la liberazione di tutti i segni.

Fintanto che noi viviamo nei segni, per i segni, viviamo in un campo di incertezza e quindi in un campo in cui noi possiamo trovare la menzogna, dobbiamo andare al di là di tutti i segni, di tutte le parole: "Verrà il giorno in cui non vi parlerò più in parole (segni) ma, apertamente vi farò conoscere il Padre".

Quindi vi è una conoscenza ed è la vera conoscenza che non ha più bisogno di parole e fintanto che non arriviamo qui, non siamo arrivati al campo della vera conoscenza, quindi al campo della certezza, al di là di tutti i segni, al di là di tutte le parole, al di là di tutte le creature, al di là di tutto ciò che non è Dio.

Essendo la verità trascendente, essa si coglie soltanto nella verità stessa.

Dio si conosce soltanto in Dio e per mezzo di Dio.

Tutto ci testimonia Dio, tutto ci richiama Dio, tutto ciò annuncia Dio e Dio è colui che nessuno può ignorare ma, se vogliamo giungere a conoscerlo, dobbiamo trascendere tutto ciò che non è Dio, perché Dio si conosce soltanto in Dio, la verità si trova soltanto nella verità e con la verità.

L'altra testimonianza della menzogna, abbiamo visto è quella della compiutezza.

Fintanto che le cose in noi sono incompiute, appartengono al campo dell'incerto, al campo dei dubbi.

Ora una cosa è incompiuta in quanto non è portata in Dio, in quanto non è raccolta in Dio e allora ecco la testimonianza della menzogna.

La menzogna lavora nell'incompiuto.

Non soltanto la menzogna, soprattutto il nostro io, quanto più noi viviamo nell'incompiuto e cioè nel non unificato in Dio, tanto più il nostro io si afferma ed abbiamo allora l'epoca del narcisismo nella vita dell'uomo.

L'io dell'uomo si esalta nei frammenti e vive di frammenti e quindi diventa un mentitore e a sua volta diventa schiavo delle sue menzogne.

È l'uomo che si mette una maschera e poi non riesce più a capire quale sia il vero suo volto.

Alla verità si accede soltanto attraverso la compiutezza delle cose.

Tutte le cose arrivano noi come segni e chiedono a noi di essere portati, di essere raccolti di Dio.

In Dio abbiamo il compimento di tutto.

E poi abbiamo la terza grande testimonianza della menzogna.

Perché abbiamo considerato che tutte le volte che noi non pensiamo sbagliamo, quindi facciamo la menzogna.

Questo ci rivela che alla verità si accede soltanto attraverso il pensiero.

Non pensando facciamo l'errore, quindi questo ci rivela che la via della verità è il pensiero.

Gesù lo dice nella parabola del seminatore: chi arriva al frutto è colui che pone mente, è chi dedica il pensiero, quindi non arriva al frutto correndo, facendo sacrifici, facendo rinunce, gridando, urlando o piangendo o facendo tanti sentimenti.

Si arriva al frutto, cioè alla conoscenza di Dio, alla verità, ponendo mente e con pazienza.

Dopo questa panoramica sulla menzogna, Gesù adesso dice: "Io lo conosco".

Ecco, era necessario passare al primo annuncio: "Io lo conosco" e farci capire che il campo della conoscenza si apre a noi in quanto il nostro fine diventa il Principio, dopo questo, ci illumina circa l'essenza della verità che sta nella trascendenza, nella compiutezza e attraverso il pensiero.

A questo punto qui questo: "Io lo conosco" assume ben altra profondità.

Perché adesso noi dobbiamo considerare questo: "Io lo conosco" con questi pensieri, con questa nettezza che si è formata in noi.

Cioè con questo raccoglimento unicamente nel Pensiero di Dio.

Poiché abbiamo visto che la verità è trascendente, che la verità si trova nella compiutezza di tutte le cose, nel raccoglimento di tutte le cose in Dio attraverso il pensiero, a questo punto noi dobbiamo riconoscere che alla verità, alla conoscenza della verità, si accede soltanto nel Pensiero di Dio, quindi soltanto raccogliendoci nel Pensiero di Dio e non altrimenti.

Gesù è chiarissimo: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".

Il Padre è il Principio, il Padre è l'Essere, è Colui che è, quindi è Colui che ha in sé la ragione di tutte le cose, quindi è la verità.

Adesso possiamo intuire la grandezza di questa rivelazione: "Io lo conosco", perché dice: "Io lo conosco" per noi, per farci capire il luogo in cui si trova la verità.

La verità si trova in questo "Io", cioè in questo Io di Dio che è il Pensiero di Dio, che trascende tutto e tutti e non si confonde con niente e con nessuno.

Poiché non si confonde con niente e con nessuno, non c'è nessun segno, non c'è nessuna creatura, non c'è nessuna istituzione che ci possa portare a conoscere la verità.

Alla verità si accede soltanto in quanto la verità è già in noi, cioè in quanto il Figlio di Dio è in noi, in quanto il Pensiero di Dio è in noi.

La verità è conoscibile solo nel Pensiero di Dio.

Non sono ma, in quanto dice: "Io lo conosco", vuol dire: "Io l'ho presente" e in quanto l'ha presente ci dice che il Padre è presente nel suo Pensiero e questo Pensiero è dato a noi.

Cioè il Pensiero di Dio è in noi.

Perché se non fosse in noi, noi saremmo completamente tagliati fuori, non potremmo minimamente, con nessun mezzo, in nessun modo accedere alla verità.

Poiché la porta di accesso alla verità è il Pensiero di Dio trascendente tutto e tutti.

Per cui soltanto facendo il silenzio di tutto e di tutti e raccogliendoci unicamente in questo Pensiero di Dio che portiamo in noi, noi possiamo avere l'accesso alla verità, cioè l'accesso a quel campo in cui la menzogna non entra più, il campo della certezza.

 Abbiamo detto però che nel Pensiero che è il Figlio di Dio c'è il Padre: "Io lo conosco", è presente a Lui.

Dicendo che è presente a Lui, ci fa capire che il Padre è nel Figlio, il Padre è nel Pensiero di Dio e solo conoscendo il Padre nel Figlio, noi conosciamo la verità in noi.

Non basta conoscere il Figlio.

Bisogna conoscere il Padre nel Figlio.

Cioè bisogna realizzare la presenza del Padre nel Figlio.

Perché soltanto realizzando questa presenza del Padre e del Figlio e in questa presenza del Padre e del Figlio noi prendiamo coscienza e quindi siamo fatti partecipi della verità.

A questo punto noi diciamo che l'area, il campo della certezza, cioè quel campo che è libero da ogni menzogna è lo Spirito Santo.

Poiché lo Spirito della presenza del Padre e del Figlio è lo Spirito Santo, è lo Spirito di Verità.

Qui e solo qui noi, finalmente abbiamo trovato, possiamo trovare l'area della certezza, quell'area che è sgombra da ogni menzogna e quindi quell'area in cui noi possiamo trovare la sicurezza e la nostra vera pace.



E voi non lo conoscete ma io  lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 55 Quarto tema.


Titolo: Ossevare la Parola.


Argomenti: Il principio della conoscenza – Il principio della notte – Il Principio è Luce – La sorgente della luce – Ambiguità e certezza – La trascendenza della Verità – La Verità e i suoi segni – La Verità è conoscibile solo in Se stessa – Campo di fede e campo di certezza – Lo Spirito di Verità – Essere figli di Dio – Accogliere e riportare a Dio – La conoscenza del Figlio – Custodire la Parola – Raccogliere in cielo -


 

17/Agosto/1986  Casa di preghiera. Fossano.


Il principio della conoscenza sta nel motivo per cui viviamo.

Perché il motivo per cui viviamo, noi lo abbiamo sempre presente, lo conosciamo.

Il motivo per cui viviamo è ciò a cui dedichiamo il nostro pensiero.

È lì che va scoperto il principio della conoscenza.

La conoscenza viene al Figlio, in quanto il Figlio ha il Padre come motivo di vita.

Il Figlio ha Dio come motivo di vita: “Voi non avete Dio come motivo di vita”.

Tutte le volte che noi non abbiamo Dio come motivo di vita, cioè abbiamo altro da Dio come motivo di vita, noi abbiamo presente, conosciamo questo “altro da Dio” e non conosciamo quindi Dio.

Il principio della conoscenza sta nell’avere Dio come motivo di vita, cioè nell’avere come fine il Principio.

Dio è il Principio, soltanto avendo come nostro fine il Principio, noi abbiamo allora Dio come padre e quindi abbiamo la conoscenza di Dio, in caso diverso no.

Questo ci fa anche capire qual è il principio della non conoscenza.

Il principio della non conoscenza sta nell’avere come motivo di vita altro da Dio.

Quando dico “padre”, intendo motivo di vita, perché noi diventiamo “figli” di ciò per cui viviamo e quello è ciò che noi abbiamo presente.

Se noi abbiamo presente altro da Dio, quello diventa per noi principio della non-conoscenza.

Perché la conoscenza sta in Dio ma in Dio avuto come fine.

Perché Dio è principio di Luce ma se noi abbiamo come principio della nostra vita altro da Dio, evidentemente noi esperimentiamo la notte, le tenebre, il mistero.

Il principio della confusione in noi, cioè della non conoscenza, è il fatto di avere come fine dei nostri pensieri, come fine del nostro vivere, altro da Dio.

L’altro da Dio non è Luce, Dio solo è Luce, la Luce sta nel Principio.

Quando abbiamo parlato della luce abbiamo visto che la caratteristica della luce è che in tutto ci fa sempre vedere la sua sorgente, mentre invece tutto ciò che non è Dio non ci fa vedere la sorgente.

Solo se noi abbiamo come motivo di vita la Sorgente, abbiamo la Luce in noi, quindi abbiamo il principio della conoscenza in noi, altrimenti no.

 

Essendo la Verità trascendente, supera tutti i suoi segni e quindi è conoscibile solo in Se stessa, l’Io di Dio, il Pensiero di Dio è la Porta, poiché c’è un punto solo attraverso cui noi possiamo accedere alla Verità.

Se questo Punto è in noi possiamo accedere alla Verità, se questo Punto non è in noi, noi non possiamo accedere alla Verità, sia,mo completamente tagliati fuori dalla Verità, perché noi siamo immersi nei segni della Verità.

Tutta la creazione è segno di Dio, tutti i fatti che accadono sono opere di Dio ma sono segni di Dio, siccome la Verità è trascendente tutti i suoi segni, vuole dire che non può essere conosciuta nei segni.

I segni sono delle frecce che annunciano la Verità, che c’invitano a salire verso di Essa, però non ci fanno conoscere la Verità, non ce la possono fare conoscere.

La Verità essendo trascendente tutto non si può comunicare attraverso nessuno dei suoi segni, quindi nessuna delle sue parole.

La Verità è conoscibile solo in Se stessa.

Possiamo noi accedere a questa Verità?

La Verità stessa abita in noi, questa Verità è il Pensiero di Dio in noi.

Questo Pensiero di Dio in noi è il punto in cui tutto il nostro mondo finito può accedere all’infinito di Dio, cioè alla Verità stessa.

Quindi il passaggio obbligato è il Pensiero di Dio.

La Verità è conoscibile solo nel suo Pensiero.

E se noi abbiamo la possibilità di pensare Dio, noi possiamo accedere alla Verità, se non possiamo pensare Dio, non possiamo accedere nel modo più assoluto alla Verità, continueremo a girare tra i segni della Verità senza potere approdare a Essa, restando sempre alla stessa distanza, non arriviamo mai a toccare la Verità.

Il toccare la Verità è il principio della salvezza.

La salvezza sta nel conoscere la Verità.

La salvezza non sta nel compiere opere buone, la salvezza non sta nell’essere virtuosi, la salvezza sta nel conoscere la Verità.

È Parola di Dio.

E qui siamo nel campo della fede, questa è la porta per entrare nel regno della conoscenza.

 

Lo Spirito di Verità è il rapporto tra Figlio e Padre.

Lo Spirito di Verità è la presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre.

Il Figlio è Pensiero del Padre perché accoglie tutto da Dio e riporta tutto a Dio.

E questo indica a noi che il giorno in cui accoglieremo tutto da Dio e riporteremo tutto a Dio, noi avremo Dio come Padre e allora qui entreremo nella conoscenza di Dio.

In quanto accoglieremo tutto da Dio perché Dio è il principio e avremo questo Principio come fine e riporteremo tutto in Dio.

Il Figlio parla per educare noi alla Verità, per insegnare a noi ad essere figli di Dio.

Quindi tutte queste cose noi le dobbiamo intendere sempre come lezioni di Dio per ognuno di noi.

“Io lo conosco” “Io” è il Pensiero di Dio, è il Pensiero del Padre e conosce il Padre, perché ha il Padre come fine, quindi ha il suo principio come fine e quindi accoglie tutto da Dio e riporta tutto a Dio.

Cristo è venuto nel mondo, per dare a tutti coloro che credono, quindi che ascoltano le sue parole, la possibilità di diventare figli di Dio, quindi Lui è venuto per dare a noi la possibilità di diventare figli di Dio.

Cristo parlando, insegna a noi quali sono le condizioni per diventare figli di Dio.

Siccome la salvezza sta nel conoscere, Lui ci dice: “Io lo conosco”, perché Lui riceve tutto dal Padre e riporta tutto al Padre.

Se tu ricevi tutto da Dio e riporti tutto a Dio, quindi fai di Dio il tuo fine, Dio diventa tuo padre, diventando tuo padre tu diventi pensiero del Padre, allora il figlio conosce il Padre come il Padre conosce il suo Pensiero.

Allora qui c’è la conoscenza e questo è Spirito santo che è Spirito di Verità.

Quindi la Verità si coglie solo nel rapporto tra il Figlio che pensa il Padre e conosce quindi il Padre, come il Padre conosce il Figlio.

Perché il Padre genera il suo Pensiero e allora il Pensiero che pensa il Padre, conosce Sé come pensato del Padre.

In questo rapporto abbiamo la certezza, non ci sono elementi di dubbio.

 

“Custodisco la sua Parola”, in un altra versione c’è “Osservo la sua Parola”, il Figlio osserva e custodisce la Parola del Padre.

Il Figlio siccome è tutto Pensiero di Dio, Pensiero del Padre, osservando il Padre, osserva quello che genera il Padre.

Osserva la Parola del Padre e la Parola del Padre è il Figlio stesso.

Lo dice sempre per noi, perché noi non siamo capaci né ad osservare, né a custodire.

Noi trascuriamo Dio che è sorgente di vita e ci costruiamo delle cisterne che non possono custodire l’acqua, per cui noi perdiamo acqua da tutte le parti.

Noi non possiamo trattenere i nostri pensieri.

Non è problema di memoria.

Non siamo capaci a custodire perché non abbiamo il luogo dove custodire.

Il luogo per custodire è Colui che osserva la Parola che esce dal Padre: “Accumulate tesori in cielo”, perché è lì che le cose si custodiscono.

Il Cielo è il Pensiero di Dio, quindi non accumulare cose in altri pensieri.

Raccogli i tuoi tesori nel Cielo di Dio, nel Pensiero di Dio perché lì le cose si custodiscono e il Pensiero di Dio diventa la nostra memoria.

Dio ci fa capire dov’è il luogo dove le cose veramente si custodiscono i tesori.

Se noi raccogliamo i segni nel Pensiero di Dio, lì le cose sono veramente capite e quando una cosa è capita non ci è più portata via e lì siamo nel campo della certezza.

Quando noi capiamo le cose solo in relazione a cause seconde, la cosa è capita solo relativamente e ci viene portata via.

Una cosa è veramente capita se unificata nella causa assoluta e la cosa veramente capita non ci può più essere portata via.

Lì abbiamo il luogo in cui si custodisce la Parola del Padre, in quanto si osserva.

Osservando la Parola che esce dal Padre si ha la possibilità di custodire.


Rispose Gesù: "Se io mi glorifico da me stesso, la mia gloria è niente; chi mi glorifica è il Padre mio, che voi dite di essere il vostro Dio".E voi non lo conoscete ma io  lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei simile a voi, un mentitore; ma io lo conosco e custodisco la sua Parola.
Gv 8 Vs 54 - 55 Riassunti


Riassunti Domenica – Lunedì.


Argomenti: L’incompiuto dell’uomo – L’essere dell’uomo – Il rapporo con Dio – Glorificare – Il niente è relativo al luogo – Passione di unità e possesso – L’interesse per conoscere Dio – Unificare in Dio o nell’io – Fare il Principio nostro fine – Il buco nero – Partecipare all’Essere – Cercare l’autorità e non la Verità – L’essere e la parola – La glorificazione del Figlio – La rivelazione del Figlio e del nostro niente – La generazione del Verbo -


 

3/Agosto/1986  Casa di preghiera. Fossano.