"In
verità, in verità ve lo dico: se uno custodisce la mia parola, non vedrà mai la
morte". Gv 8 Vs 51 Primo tema.
Titolo: La solitudine delle
morte.
Argomenti: Il
rapporto tra la conoscenza e morte. La
morte, come tutto ciò che è negativo, non è sopportabile dall'uomo. La
morte è l'unico segno che l'uomo non può privare di significato. Trovando il
significato della morte, la morte cessa di essere morte. Attribuire
l'Assoluto ai segni di Dio. La
morte c'è in conseguenza del peccato (preferire la creazione al Creatore). La morte è
opera di Dio per correggere l'errore dell'uomo. La
solitudine dell'uomo.
11/Maggio/1986 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo al
versetto 51.
Qui Gesù
dice: "In Verità, in Verità Io vi dico: se qualcuno custodisce la mia
Parola, non vedrà la morte in eterno".
Qui siamo
alla conclusione di questo discorso immenso.
Immenso
per la grandiosità, per la profondità del problema che ha presentato.
Un
discorso che iniziò con quella dichiarazione di Gesù: "Sarete veri miei
discepoli se resterete nelle mie Parole, conoscerete la Verità e la Verità vi
farà liberi".
La
conclusione qui è una conclusione triste, perché dopo aver detto: "La
Verità vi farà liberi, se resterete nelle mie Parole", si arriva a queste
parole amare di Gesù: "Io non sono posseduto dal demonio".
L'avevano
accusato di essere un samaritano e un posseduto dal demonio.
"Ma
onoro il Padre mio e voi mi disonorate".
E poi
aveva detto: "Però io non cerco la mia gloria, vi è chi la cerca e
giudicherà".
Ecco, ci
siamo trovati di fronte a questa dichiarazione di Gesù: "Vi è chi la cerca
e giudicherà".
Ecco la
grande conclusione: o si va verso la glorificazione di Dio, o si va verso il
giudizio.
E il giudizio è associato alla
scena di morte.
Ed è di
fronte a questa scena di morte, a questo rischio di morte che viene presentato
là, dove non si giunge alla glorificazione di Dio che Gesù qui apre per tutti
una via di uscita da questa paura e da questo rischio e dice: "Se qualcuno
custodisce la mia Parola non vedrà la morte in eterno".
La prima
parte ripete quanto Lui ha detto iniziando il discorso: "Se resterete
nelle mie Parole/Chi custodisce la mia Parola".
Là aveva
detto:"Chi custodisce (se resterete) la mia Parola conoscerà la
Verità", qui dice: "Chi custodisce la mia Parola non vedrà la morte
in eterno".
Il primo
termine abbiamo detto che è uguale e se il primo termine è uguale evidentemente
sono uguali anche i secondi termini. "Chi custodisce la mia Parola vedrà
la Verità", "Chi custodisce la mia Parola non vedrà la morte".
Allora
vedere la Verità vuol dire non vedere la morte.
Ma allora
possiamo fare anche subito questa deduzione: non vedere la Verità, vuol dire
vedere la morte.
Evidentemente
qui c'è una complementarietà tra il vedere la Verità e la morte.
Cioè qui
Gesù stabilisce un rapporto di complementarietà tra la conoscenza e la morte.
Là dove
c'è conoscenza non ci può essere la morte, là dove non c'è conoscenza c'è
morte.
Quindi
mette in relazione la morte con la non conoscenza.
Ritorniamo
allora a quel tema su cui insisteva Sant'Agostino: "Conoscere Te è
vivere".
La vita
sta nella conoscenza e questa diventa vita eterna.
Gesù
stesso lo dichiara: "La vita eterna sta nel conoscerete Te Padre e Colui
che Tu hai mandato".
E allora
dobbiamo approfondire questo rapporto che passa tra la conoscenza e la vita e
tra la non conoscenza e la morte. E soprattutto chiederci perché c'è questa
morte? Che cosa significa? Da che cosa sia originata e a quale fine essa tenda,
poiché se c'è, ha una sua giustificazione.
La morte è
un'esperienza che l'uomo subisce.
Ѐ
un'esperienza che tutti gli uomini fanno, perché tutti gli uomini la
esperimentano, è un'esperienza esistenziale dell'uomo, che l'uomo subisce non
volendo.
L'uomo è
fatto per vivere e non vorrebbe essere sottomesso alla morte e allora dobbiamo
chiederci perché c'è questa morte.
La morte è
l'esperienza dell'annullamento dell'esistente, dell'annullamento di una
presenza.
Si viveva
per una presenza e poi si esperimenta l'assenza, la scomparsa, il nulla.
Perché
avviene questo? In relazione a che cosa è dato?
Viene
detto che all'inizio Dio non creò la morte.
La morte è
entrata in conseguenza del peccato.
Allora se
ci chiediamo che cosa è la morte...
Appartenendo
al campo del nulla, dell'assenza, del vuoto, noi troviamo che non possiamo
definire la morte in sé.
La morte
appartenendo al campo della negatività, non può essere definita se non in
rapporto a ciò che è positivo, la morte può essere definita soltanto in rapporto
alla vita.
Solo
conoscendo la vita, capiamo anche che cosa è la morte.
Soltanto
conoscendo la presenza noi possiamo capire che cosa è l'assenza.
Infatti la morte è esperienza di
una assenza ma,
esperienza di un'assenza di un esistente che noi abbiamo esperimentato
presente, ed è dopo avere esperimentato la presenza, che noi siamo condotti a
esperimentare l'assenza e quindi la morte.
La morte,
come tutto ciò che è negativo, dall'uomo in sé e per sé non è sopportabile,
appunto perché non è comprensibile.
Il vuoto,
il niente, la morte, l'assenza, il silenzio di per sé non sono sopportabili
dall'uomo.
L'uomo
vive in quanto ha presente qualche cosa.
E se gli
si toglie la presenza di ciò che ha presente, l'uomo viene a trovarsi di fronte
a ciò che non può sopportare e quindi si apre al campo dell'angoscia.
L'angoscia
è proprio segno di ciò che l'uomo non può sopportare.
Ma perché
non lo può sopportare?
Non lo può
sopportare perché l'uomo porta con sé questa passione d'assoluto che è passione
di presenza, che è passione dell'essere.
Per cui di
fronte questo noi ci accorgiamo che l'uomo non può accettare la morte soltanto
come effetto naturale.
Non la può accettare, ha bisogno
di trovare un significato a questa.
La morte è
segno, è un segno anzi, è l'unico segno che l'uomo non può privare di
significato a meno di cadere nell'angoscia, di morire, lui stesso.
Tutti i
segni possono dall'uomo essere privati di significato, la morte che è
annullamento di ciò che esiste e quindi esperienza subita dall'uomo, nolente di
quest’annullamento, è un segno che l'uomo non può privare del significato.
Ora però la meraviglia è che se l'uomo non può privare la
morte di significato, trovando il significato della morte, la morte cessa di
essere morte, la morte viene superata.
La morte è
morte, proprio perché ci sorprende con la sua non giustificazione.
Come può
accadere questo?
Può accadere proprio perché la
morte non è
stata creata all'inizio, è stata creata come conseguenza al peccato, quindi la
morte è una funzione del peccato e se noi quindi vogliamo capire il significato
della morte, dobbiamo metterla in rapporto al peccato dell'uomo.
Il peccato dell'uomo che abbiamo
visto molte volte, sta nel separare (abbiamo detto recentemente nel disonorare) l'opera di
Dio da Dio, sta nel dividere la creazione dal Creatore, il Figlio di Dio da
Dio.
Ora,
quando l'uomo separa l'opera di Dio da Dio, succede che l'opera di Dio che è
segno di Dio, cessa di essere segno e diventa sostanza, diventa essere, diventa
realtà.
Siccome
l'uomo è una passione d'assoluto, l'uomo adesso qui, a questo punto, deve
attribuire l'assoluto, l'essere assoluto a quello che invece è soltanto segno
di Dio.
Per cui l'uomo
anziché vivere per Dio, nel rispetto del rapporto che passa tra l'opera di Dio,
tra la Parola di Dio e Dio, l'uomo finisce di vivere per la creatura anziché
per il Creatore e fa della creatura il suo scopo di vita e il suo fine.
Cioè
scambia quello che è relativo per assoluto.
Ѐ qui che
l'uomo semina la morte ed è necessario che semini morte.
La morte è
l'esperienza dell'annullamento di una presenza.
Ecco
l'uomo ritenendo assoluta la creatura e quindi vivendo per la creatura, semina
qui la condizione perché la creatura venga annullata e l'annullamento della
creatura è ancora opera di Dio.
Ecco per
cui Dio ha fatto la morte nel mondo dopo il peccato dell'uomo.
L'annullamento della creatura è ancora opera di Dio, per
distogliere l'uomo dal suo errore.
Quindi il
peccato è un errore, Dio per correggere questo errore, annulla ciò che è l'uomo
ha messo nella sua vita al posto di Dio.
L'uomo è
stato creato per conoscere Dio e tutta la creazione è segno per aiutare l'uomo
a conoscere Dio ma, se l'uomo, anziché vivere per conoscere Dio vive per la
creatura, vive per la creazione, vive quindi per i segni di Dio, ecco che
semina la morte nella sua vita, cioè semina la necessità di questa esperienza.
Deve
esperimentare l'annullamento dell'errore che lui ha fatto.
E qui,
troviamo il significato della morte.
Ma se Dio
annulla l'errore che l'uomo ha fatto, lo annulla per riportarlo sul cammino
della Vita e se lo fa per riportarlo sul cammino della vita, lì troviamo che la
morte ha un significato.
E abbiamo
detto che se la morte ha un significato non è più morte, non si esperimenta più
come morte ma, si sperimenta come Presenza di Dio nel nostro errore, quindi
come misericordia, come aiuto di Dio, per riportarci in quel rapporto che è
necessario per poter conoscere Dio.
Quel
rapporto necessario per conoscere Dio, abbiamo visto che è il rapporto tra il
Figlio e il Padre, perché solo nel rapporto tra Figlio e Padre, noi scopriamo
la Verità, lo Spirito di Verità e questo rapporto tra Figlio e Padre è un
rapporto essenzialmente intimo all'uomo, è personale all'uomo.
Ed è
proprio per questa vocazione dell'uomo che l'uomo porta con sé un Punto, in cui
né il mondo, né gli uomini, né le istituzioni possono entrare.
L'uomo qui si trova nella sua
grande solitudine. L'uomo
è un essere essenzialmente solo di fronte a Dio.
Qui
possiamo capire perché non c'è niente attorno a noi che ci possa accompagnare
fino all'ultimo nei veri problemi.
Cioè di
fronte ai veri problemi e soprattutto di fronte alla morte, l'uomo per quanto
sia amato, per quanto abbia delle creature attorno, l'uomo è solo.
Di fronte
ai veri problemi, l'uomo è sempre solo.
Non c'è
nessuno che possa decidere per lui, poiché non c'è nessuno che possa cogliere
il rapporto intimo tra la sua anima e Dio che è un rapporto personale.
Qui allora
capiamo il grande disegno di Dio per portarci in questa intimità in cui
possiamo incominciare (perché solo qui incominciamo) la vera vita.
Solo qui
possiamo conoscere questo rapporto personale con Dio.
Dio per
portarci qui deve annullare tutto ciò che noi abbiamo messo in mezzo.
L'annullamento
di tutte le cose e di tutte le creature che noi abbiamo messo in mezzo a questo
rapporto è morte, è esperienza di assenza che attualmente, essendo fatti per
l'essere, noi non possiamo sopportare ma che un giorno, soltanto in Dio,
comprendendo capiremo quale disegno di amore, di misericordia ha avuto il
Signore verso di noi, nell'annullare tutta la creazione, nel farci
esperimentare l'assenza di tutto e di tutti, anche delle creature più amate
attorno a noi, per farci esperimentare la grande solitudine in cui noi ci
troviamo.
E
l'impossibilità degli altri ad entrare in questa solitudine, di supplire a
questa solitudine.
Nessuno
può cogliere il vero problema che l'uomo porta dentro di sé.
Perché
questo vero problema si risolve soltanto con Dio e alla Presenza di Dio.
Soltanto
comprendendo questo fatto, che Dio ha annullato tutta la sua creazione e tutte
le sue creature per noi in noi, per portarci a questo dialogo, a questo
rapporto, a questo pensiero personale e intimo con Lui, noi comprenderemo quale
disegno di misericordia, d'amore c'è anche nella morte che il Signore ci fa
esperimentare.
"In
verità, in verità ve lo dico: se uno custodisce la mia parola, non vedrà mai la
morte". Gv 8 Vs 51 Secondo tema.
Titolo: L'esperienza
della presenza di Dio.
Argomenti: La fede
nella presenza di Dio non libera dalla morte. Fintanto
che non vediamo la presenza di Dio nella creazione, non facciamo esperienza di
Dio. Quello
che noi veramente esperimentiamo è l'assenza di Dio. La
morte la esperimentiamo nonostante noi. Il
niente e l'assenza si possono concepire solo in relazione a una presenza. Il
presente per noi non esiste. Tutto
va nella memoria. Esperimentare
vuol dire avere la possibilità di fare un rapporto. L'esperienza
della presenza si fa solo per mezzo di noi. La
memoria è un segno della presenza di Dio. L'uomo ha
presente in sé una cosa che conosce ma non esperimenta. Le due esperienze di Dio. Dio è conoscibile e esperimentabile solo nel suo
Pensiero.
18/Maggio/1986 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo
ancora al versetto 51 di domenica scorsa.
Gesù qui
dice: "In verità, in verità Io vi dico: se qualcuno custodisce la mia Parola,
non vedrà la morte in eterno".
Abbiamo
visto la meravigliosa testimonianza che ci viene dalla Parola di Cristo.
La
testimonianza di come la morte, sia superabile con la sua Parola, con la Parola
di Dio.
In quanto
la morte è ancora un segno, un segno di Dio.
Un segno
per noi che ci siamo abbarbicati alle creature, scambiandole come vera realtà,
come vero essere, staccandole quindi da Dio Creatore e quindi non viste più
come Parola di Dio.
Tutte le
cose sono Parola di Dio e se noi mantenessimo questo rapporto di ogni cosa con
Dio, certamente non ci sarebbe bisogno di passare attraverso la morte.
La morte è
ancora un segno di misericordia, di amore da parte di Dio che annulla per noi,
per ognuno di noi, tutta la sua creazione e tutte le sue creature, per dare a
noi la possibilità di capire che Lui è la vera grande Realtà alla quale noi
dobbiamo fare ogni riferimento.
La morte,
infatti, abbiamo visto è l'esperienza dell'assenza, del nulla,
dell'annientamento.
Un'esperienza
che ogni uomo fa nella sua vita, che ogni uomo esperimenta nella sua vita.
E l'uomo
esperimenta nolente la morte, perché essendo l'uomo fatto per la presenza, egli
non vuole esperimentare l'assenza, il vuoto, l'annullamento dei suoi valori,
l'annientamento della sua stessa vita.
La morte
viene a noi senza di noi, nonostante noi, entra nella nostra vita per annullare
quell'errore che noi facciamo e con il quale noi ci impediamo il dialogo con
Dio e impedendoci il dialogo con Dio ci impediamo la conoscenza di Dio,
quindi la stessa vita eterna.
Gesù
dicendo "Chi custodisce la mia Parola non vedrà la morte" dice:
"Non vedrà quest’annientamento, non vedrà questo nulla, non vedrà questo
vuoto".
Perché
custodendo la Parola di Dio, anche quest’opera di Dio che noi chiamiamo morte,
è manifestazione della presenza di Dio per noi, quindi essendo presenza di Dio,
non ci può fare esperimentare un’assenza se la vediamo come segno ancora di
Dio, non è assenza di Dio ma è presenza di Dio.
E qui si
apre questo grande argomento adesso che è l'argomento di questa sera:
l'esperienza della presenza di Dio.
Ѐ proprio la presenza di Dio che dà a noi la possibilità superare
questa crisi, la crisi del vuoto, la crisi dell'annientamento, la crisi della
morte.
La morte è
Parola di Dio in quanto siamo collegati con la presenza di Dio, perché per
essere Parola di Dio, naturalmente suppone la presenza di Dio.
Questa
presenza di Dio, ogni uomo la porta in sé, non fosse altro che per la
testimonianza che ogni uomo porta di Essa per la sua passione d'assoluto, per
il suo bisogno di Verità.
Questa
presenza di Dio, non basta averla presente intellettualmente, non basta averla
presente come fede, perché ci liberi dalla morte o per lo meno perché ci liberi
dall'esperienza della morte.
La morte è
un'esperienza che noi patiamo e la presenza di Dio fintanto che non diventa
anche per noi, esperienza della presenza di Dio, non reca a noi quella carica
di vita tale, da poter superare le esperienze che noi facciamo nel mondo con le
realtà del mondo, con le delusioni che danno a noi le realtà del mondo che ci
devono dare, per annunciarci che la realtà è un'altra.
Non basta
sapere che Dio esiste, non basta dire che Dio esiste, non basta credere che Dio
esista, bisogna arrivare a fare l'esperienza della presenza di Dio.
Il
problema è come? Ed è possibile?
Quando si
parla di esperienza, si parla di verifica, di constatazione.
Ora, è
possibile verificare la presenza di Dio?
Certamente
la presenza di Dio non è smentibile da noi.
Dio è
trascendente, Dio si afferma su di noi e quand'anche noi dicessimo che Dio non
esiste, con questo non possiamo cancellare il Pensiero di Dio.
Ma abbiamo detto che questo non è
sufficiente.
Poiché c'è
Dio, ma c'è anche la creazione.
C'è anche
questa realtà che preme su di noi, che brucia noi.
E fintanto
che noi non vediamo la presenza di Dio in questa realtà, noi non facciamo
l'esperienza di Dio.
Dobbiamo
approfondire questa conoscenza di esperienza, per capire che cosa si renda
necessario, perché anche noi possiamo giungere a fare esperienza della presenza
di Dio.
Quell'esperienza
che non possiamo smentire ma che molto difficilmente esperimentiamo.
Perché quello che veramente esperimentiamo non è la presenza,
è l'assenza di Dio.
Quella sì
la esperimentiamo.
Noi
cerchiamo e non troviamo, chiediamo e non otteniamo, interroghiamo e nessuno
risponde.
Quante
volte chiediamo dei segni e nessuno ci dà dei segni?
Questa è
una lezione grande: l'esperienza dell'assenza di Dio e ha una sua ragione molto
profonda.
Ed è per questo
che noi esperimentiamo la morte.
La morte noi la esperimentiamo
nonostante noi,
nolenti noi ma, non esperimentiamo mica la presenza di Dio nonostante noi,
nolenti noi.
C'è una
differenza grande.
Perché
l'assenza, la morte noi le esperimentiamo, le subiamo per effetto di una
volontà diversa, tant'è vero che noi non vorremmo esperimentare la morte, noi
quello che amiamo vogliamo che duri sempre.
Noi stessi
vorremmo vivere per sempre.
Noi non
accettiamo la morte.
La morte
per noi è un controsenso.
Ma è un
controsenso, proprio perché abbiamo questa fame di assoluto.
Nell'assoluto
la morte non è concepibile, come non è concepibile nell'essere il niente, il
vuoto, il nulla.
Si
concepisce soltanto in quanto è posto in relazione a una presenza.
E qui abbiano
già una grande testimonianza.
L'assenza
è concepibile soltanto in relazione a una presenza.
Se noi
osserviamo cosa vuol dire esperimentare la morte o esperimentare l'assenza, il
vuoto, noi ci accorgiamo che le esperimentiamo in quanto c'è una presenza in
noi.
Se in noi
non ci fosse una presenza, noi non esperimenteremmo l'assenza.
Anche
quando viene a mancarci una persona cara, noi esperimentiamo l'assenza.
Ma
l'esperimentiamo perché quella persona l'abbiamo presente in qualche parte di
noi.
Sant'Agostino dice che questa
parte di noi è la memoria.
Tutte le
cose arrivano a noi, arrivano a noi senza di noi.
Abbiamo
tutta la creazione.
Però le
cose, come arrivano a noi, già mutano, già passano.
Noi siamo
fatti spettatori di cose passate.
Direi che
il presente per noi non esiste.
Come ci
accorgiamo di una cosa, questa è già mutata, questa è già passata e dove va?
Tutte le
cose passano, tutte le cose sono soggette al tempo.
Tutte le
cose passano perché ci annunciano Dio.
Vengono a
noi un attimo, ci annunciano Dio e scompaiono.
Quindi ci
invitano ad alzare gli occhi a Dio.
Ma se non
alziamo gli occhi a Dio, quelle sono passate.
Ma non
sono passate del tutto.
Niente si
annulla veramente.
E dove
sono andate?
Sono
andate nella nostra memoria.
E di
fronte a noi, si annunciano e si presentano altre cose, diverse da quelle.
E adesso
noi, facendo il confronto tra quello che abbiamo in memoria e quello che
vediamo, diciamo: "Quello non c'è più".
Quindi noi
esperimentiamo l'assenza, in quanto portiamo una presenza in noi, che non
verifichiamo più con i nostri sensi.
Anzi, noi
con i nostri sensi esperimentiamo altro, non più quello, però quello è presente
in una parte di noi.
Nella
memoria.
Questo ci fa
capire anche che l'esperienza d'assenza, della morte, è un rapporto tra due
cose, tra due elementi.
Ѐ un
rapporto tra una presenza in noi, nella nostra memoria, e un elemento fuori di
noi.
Fuori di
noi nel senso che arriva a noi senza di noi.
Da questo confronto tra quello che portiamo nella nostra memoria,
che portiamo in noi e quello che invece vediamo con i nostri occhi, quello che
esperimentiamo con i nostri sensi, noi diciamo che quello non c'è più.
Perché
esperimentiamo altro.
Se noi non
avessimo in memoria la presenza di qualche cosa, noi certamente non
esperimenteremmo nessuna assenza, nessuna morte, nessun vuoto, perché non
potremmo fare un rapporto tra ciò che è dentro di noi e ciò che vediamo fuori
di noi o attorno a noi, ciò che si rende presente.
Questo ci
dà la possibilità di capire cosa vuol dire esperimentare.
Esperimentare
vuol dire avere la possibilità di fare un rapporto.
Noi stiamo
cercando di capire che cosa vuol dire fare esperienza della presenza di Dio.
L'esperienza
dell'assenza ci ha rivelato queste cose, soprattutto questo rapporto qui, ci
rivela che c'è una presenza in noi, altrimenti non esperimenteremmo l'assenza.
E ci rivela che l'esperienza è un
rapporto.
Questa è
una grande testimonianza che ci dà la morte, che ci dà il vuoto, che ci dà
l'assenza, che ci dà l'annientamento di tutte le cose, quindi l'esperienza
dell'assenza.
Se però
questa esperienza d'assenza noi la facciamo nonostante noi, la subiamo,
l'esperienza della presenza noi non possiamo farla nonostante noi, non possiamo
farla contro di noi.
C'è una
grande diversità.
L'esperienza
della presenza si fa soltanto per mezzo di noi.
E senza di
noi, quest'esperienza qui non avviene, perché è un rapporto e se questo
rapporto non si fa, non si compie, noi non possiamo esperimentare la presenza.
Esperimentiamo
l'assenza ma non possiamo esperimentare la presenza.
Cioè
esperimentiamo l'assenza di Dio, esperimentiamo che tutte le cose stanno
andando verso la morte, esperimentiamo che tutte le cose sono soggette al tempo,
questo lo esperimentiamo nolenti e quindi senza di noi, le subiamo ma
certamente l'esperienza della presenza di Dio, non la possiamo esperimentare
senza di noi.
Però
sappiamo una cosa, sappiamo che dobbiamo stabilire un rapporto per arrivare
all'esperienza della presenza di Dio.
Di quella
presenza che noi non possiamo smentire.
Quindi non
possiamo smentirla però, non possiamo esperimentarla senza di noi.
Allora si
tratta di stabilire un rapporto tra due elementi.
Abbiamo
visto prima, che nell'assenza c'è una presenza di cose in noi, nella
memoria.
Tutte le
cose come arrivano a noi, ai nostri occhi entrano nella memoria, quindi entrano
dentro di noi e vengono interiorizzate ed essendo interiorizzate, adesso danno
a noi la possibilità di fare un rapporto con le cose nuove che arrivano ai
nostri occhi e diciamo: "Quello è passato non c'è più".
E così
anche nell'esperienza della presenza di Dio.
C'è un
dato in noi e che è Dio stesso e che noi non possiamo smentire.
La memoria
è un segno, un segno della presenza di Dio.
Ѐ una
presenza che non tramonta, tutte le cose arrivano in memoria ma, una volta in
memoria non passano più.
E con Dio
è lo stesso, Dio è in noi, noi non possiamo smentirlo, per cui diciamo che Dio
è Colui che nessuno può ignorare, perché lo porta dentro di sé.
Quindi
abbiamo questa presenza in noi di un Essere che non ignoriamo.
Sappiamo
quello che è, è il Creatore di tutte le cose non solo ma, è l'assoluto, abbiamo
la fame di assoluto.
E quando noi
diciamo assoluto, già qui noi possiamo dedurre che è immutabilità, non solo, ma
è un infinito, quindi è un Essere presente.
Abbiamo la sua Presenza in noi e sappiamo quello che è: infinito,
presente, non possiamo smentirlo e abbiamo anche un'esperienza di dati, di
segni di questo Creatore, di questo Essere che opera in tutto, questi noi li
esperimentiamo, noi li vediamo e li tocchiamo però, non sappiamo che cosa
siano.
L'uomo può
essere caratterizzato in questi due grandi fattori: lui ha presente in sé una
cosa che conosce, ma non esperimenta ed esperimenta una cosa e non sa che cosa
sia.
Soltanto
dal rapporto fra questi due elementi scaturisce l'esperienza.
Però
l'elemento dominante è l'elemento Luce, quello che l'uomo sa quello che è.
Quindi è
l'elemento interiore e soltanto stabilendo un rapporto tra quello che noi
conosciamo (l'assoluto che portiamo in noi) e il segno di quest’assoluto che
Dio stesso ci fa esperimentare attraverso la sua creazione, attraverso le sue
opere, soltanto stabilendo un rapporto e mettendo in dipendenza questo da
Quello, noi esperimentiamo la presenza di Dio nelle sue opere.
Quando noi facciamo esperienza
della presenza,
siccome è un rapporto, in un rapporto possiamo stabilire in due sensi la misura
del rapporto stesso.
Possiamo
stabilirlo partendo dall'assoluto, dal termine assoluto, dal termine fisso e
possiamo stabilirlo anche partendo dall'elemento relativo, da quello che
dovremmo misurare.
Così noi
possiamo fare esperienza di Dio in due sensi.
Noi
possiamo fare esperienza di Dio, quando Dio soddisfa un nostro desiderio.
Noi
desideriamo la famosa caramella, Dio ci concede la caramella e noi diciamo:
"Dio come sei buono".
E abbiamo
fatto un'esperienza di Dio.
Noi
abbiamo fame, non abbiamo il pane, Dio ci fa incontrare il pane (il pane è
creazione di Dio) e noi diciamo: "Dio come sei buono".
Noi
facciamo un'esperienza ma, questa è un'esperienza sentimentale che non dura.
Ѐ
un’esperienza sentimentale che non dura, perché?
Perché noi
non abbiamo fatto l'esperienza di Dio partendo dall'assoluto, da quello che Dio
è, per verificarlo nelle sue opere ma, siamo partiti da una sua opera per
verificare Lui, cioè siamo partiti da un nostro desiderio, desiderio
soddisfatto e noi diciamo: "Presenza di Dio confermata".
Ma questa
è una presenza che è giustificata in quello che non è Dio.
Teniamo
presente che Dio non può essere giustificato in quello che non è Lui.
Dio, essendo l'assoluto non può
essere
giustificato nelle sue opere, sono le sue opere che devono essere giustificate
nell'assoluto, non viceversa.
Allora
quest'esperienza qui che è concessione di Dio vale poco.
Vale
soltanto per sollecitarci a capire qual è il vero rapporto che noi dobbiamo
stabilire.
Dio non
può essere verificabile nelle sue opere ma, sono le sue opere che devono essere
verificate in Lui.
Dio è il
punto luce e soltanto se noi verifichiamo nel punto luce, le cose s’illuminano
e noi ne facciamo esperienza.
In caso
diverso no.
Questo fa
capire che Dio è conoscibile solo nel suo Pensiero ed è esperimentabile solo nel
suo Pensiero.
Allora si
tratta di stabilire che rapporto passa tra il suo Pensiero e Lui, partendo
naturalmente da Lui.
Intanto
solo se noi possiamo pensare Dio, noi possiamo ritenere di potere fare
l'esperienza di Dio, in caso diverso no, perché Dio è esperimentabile solo nel
suo Pensiero.
E solo in
quanto vediamo il suo Pensiero da Dio, noi possiamo esperimentare Dio.
Il
Pensiero di Dio è un dato a noi, com’è un dato la creazione.
Il Pensiero
di Dio è una presenza oggettiva in noi, ecco quindi la grande importanza di
scoprire la presenza del Pensiero di Dio in noi, come dato oggettivo, presente
in noi, indipendente da noi, come la creazione è presente in noi indipendente
da noi.
E quindi
questo Pensiero di Dio è un dato esperimentabile.
Ma noi non
sappiamo che cosa è, come la creazione non sappiamo che cosa sia, noi non
sappiamo che cosa è, perché noi sappiamo che cosa è Dio, non sappiamo che cosa
è il Pensiero di Dio.
Solo lì,
in questo rapporto fra Dio e il suo Pensiero, in questo rapporto che non può
venire in noi senza di noi, in questo rapporto qui è dato a noi di fare
esperienza della presenza di Dio in noi.
Questi ci
porta alla conclusione che soltanto conoscendo il Pensiero di Dio, come Figlio
unigenito di Dio, noi possiamo ricevere lo Spirito Santo cioè ricevere lo
Spirito della presenza di Dio.
Perché lo
Spirito Santo è lo Spirito di Verità, è lo Spirito che ci fa verificare la
presenza di Dio in noi che è presenza del Padre e del Figlio.
Gli
risposero allora i Giudei: "Non abbiamo dunque ragione
a dire che sei un Samaritano e che sei posseduto da demonio?". Rispose
Gesù: "Io non sono posseduto dal Demonio, ma onoro il Padre mio e voi mi
vituperate". Però io
non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca e giudicherà. "In verità, in
verità ve lo dico: se uno custodisce la mia parola, non vedrà mai la
morte". Gv 8 Vs 48 - 51
Riassunti
Riassunti Domenica – Lunedì.
Argomenti: Esperimentare la
presenza di Dio – L’assenza di Dio – Fondere l’elemento esterno con l’interno – Il Pensiero oggettivo
di Dio in noi è un dato esterno – La creazione si sintetizza nel Pensiero
di Dio – Esperienza e conoscenza – Lo Spirito di Presenza – Il rapporto tra Padre
e Figlio – La morte come parola di Dio – Il luogo della Vita – Il pensiero
dell’io non è giustificante – Il Principio giustificante -
25/Maggio/1986 Casa di preghiera
Fossano.