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Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare tali donne. Tu però che ne dici?".

Gv 8 Vs 5 Primo tema.


Titolo: Lo spirito della legge è Cristo.


Argomenti:  La lettera uccide. Il fine per cui è fatta la legge. Il peccato non è negli altri è dentro l'uomo. La legge ci è data per liberarci del peccato non del peccatore. L'anima di tutto è Cristo.


 

12/Febbraio/1984  Fossano.


Gli scribi e i farisei, erano sfociati dalla notte in quest'alba ed erano giunti davanti a Gesù portando con loro questa donna che era stata colta in flagrante delitto d'adulterio e gli pongono una questione.

Nella domanda che essi fanno, è evidente già una intenzione polemica poiché oppongono Mose a quello che dice Gesù: "Mosè ha ordinato di lapidare tali donne, tu però?".

Ecco, "Tu però cosa ne dici?".

La volta scorsa ci siamo soffermati sullo spirito e la lettera ed abbiamo visto con quanta facilità l'uomo sia portato a scivolare nella lettura dei fatti sul piano della lettera anziché cercare lo spirito e arriva un certo momento in cui la lettera viene a trovarsi in conflitto con lo spirito stesso, anzi San Paolo dirà che la lettera uccide.

Quando dice che la lettera uccide, ci fa pensare che l'interpretazione della legge, dei comandamenti, l'interpretazione delle parole stesse di Dio alla lettera, porta noi all'uccisione e porta noi al delitto.

Qui infatti si parla di delitto.

Interpretazione letterale: "Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare tali donne".

La legge effettivamente dice che tali donne vanno lapidate.

Qui c'è un delitto, quella donna era stata colta in flagrante adulterio, qui c'è un delitto e c'è una norma della legge che contempla proprio questo delitto e di fronte a questo delitto la legge  è precisa, c'è una pena la lapidazione.

Quindi il fatto è semplicissimo, basta applicare la legge al delitto.

Apparentemente le cose sono molto semplici.

Però nella stessa legge c'è un comandamento che dice di non uccidere e già questo pone in crisi la coscienza, l'anima che deve giudicare ed eventualmente uccidere.

È vero che una norma della legge dice quello però, la stessa legge porta alla contraddizione ordinando di non uccidere.

Ma poi se andiamo ancora più avanti troviamo un altra affermazione chiara e netta, c'è la legge ma c'è la Parola di Dio che dice di non giudicare, non giudicare se non vuoi essere giudicato.

Dare una legge e poi dopo dire di non giudicare vuol dire annullare la legge stessa, la legge in quanto è legge, è offerta per compiere dei giudizi, eppure la Parola di Dio è altrettanto chiara.

Qui siamo in piena contraddizione e abbiamo visto che quando ci sono le contraddizioni è perché bisogna scavare.

Se il Signore nella sua parola o nei suoi comandi dice una cosa  e poi dice il contrario di quella, è per sollecitarci ad approfondire.

Approfondire vuole sempre dire andare al di là della lettera.

Apparentemente non c'è discussione da fare perché la legge diceva apertamente che in caso di adulterio c'era la lapidazione ma, se approfondiamo capiamo che dobbiamo cercare lo spirito e quando abbiamo parlato dello spirito, abbiamo visto che lo spirito si rivela nel fine.

Quando si parla di legge, non basta fermarsi alla lettera, a quello che è espressamente detto nella legge, bisogna cercare l'intenzione del legislatore, bisogna cercare lo spirito, il fine per cui è stata emanata quella legge e lo spirito si rivela nel fine: per quale fine Dio ha dato la legge?

Un giorno Gesù disse chiaramente che tutta la legge e i profeti dipendevano da due comandamenti: il primo è ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente,con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze, con tutto te stesso e il secondo (simile a questo) dice di amare il prossimo tuo come te stesso:"Tutta la legge e tutti i profeti dipendono  da questi due comandi".

Cosa vuol dire questo dipendere?

Vuole dire che se non li teniamo presenti questi due comandamenti, noi fraintendiamo tutta la legge e tutti i profeti. Non possiamo considerare i comandamenti, la legge e i profeti staccati da questi due comandamenti essenziali, non possiamo considerarli come norme autonome.

Quindi quando la legge dice che l'adulterio va lapidato, non possiamo considerarlo come norma autonoma, come una regola morale quasi che non ci fosse bisogno di altro e nemmeno di Dio perché ormai qui si ha la regola e basta applicare la legge per essere a posto.

Non è così, noi qui commettiamo dei delitti e saremo condannati da questi delitti.

La legge va intesa e sottoposta al primo comandamento: ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso e quando si ama certamente non si uccide e non si manda a morte nessuno.

Ma c'è qualcosa da approfondire ancora.

Tutto in quanto dipende ci rivela che tutto è stato fatto per portare noi ad amare Dio al di sopra di tutto

Amare vuol dire cercare la presenza e allora tutta la legge, tutti i profeti e tutti i comandamenti sono stati dati in dipendenza di quello: Tu uomo sei stato creato per cercare la presenza di Dio, tu sei stato creato per conoscere Dio, tutto è subordinato a questo e tutto deve essere visto in funzione di questo, questo è il fine.

In questo fine c'è lo Spirito di Dio.

Quindi ogni legge va vista in questa finalità.

A questo punto è chiaro che Dio opera in ogni cosa per salvare l'uomo, per condurre cioè l'uomo a conoscere la Verità.

E se Dio opera ogni cosa per condurci a conoscere la Verità, certamente non opera per uccidere l'uomo.

"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità".

Allora la legge e i comandamenti non vanno applicati per giudicare gli uomini.

La legge e i comandamenti non condannano gli uomini ma sono fatti per salvare gli uomini, condannano il peccato.

È il peccato che va lapidato, non è l'uomo o la donna che vanno lapidati.

Dio ha dato i comandamenti e la legge non perché noi facessimo del mondo un tribunale, per osservare gli altri e per giudicare e condannare gli altri.

La legge e i comandamenti ci sono stati  dati per aiutarci a camminare verso Dio e siccome il peccato è un ostacolo sulla strada del cammino verso Dio, abbiamo la legge di Dio che condanna il peccato.

Ma il peccato non è fuori di noi, il peccato non è negli altri, il peccato non è nella creazione, il peccato è essenzialmente dentro l'uomo.

Il peccato è interiore.

L'uomo non deve usare la legge per osservare l'altro, per condannare l'altro ma deve scoprire il peccato che porta dentro di sé.

La legge ci viene data per aiutarci a scoprire il peccato, la colpa che portiamo dentro di noi.

Il peccato di adulterio è essenzialmente una infedeltà, un tradimento di una unione.

Dio ha stabilito una unione con noi.

Ha stabilito una unione perché Dio creando l'uomo ha posto Se Stesso nell'uomo, ha posto la sua presenza dentro di noi.

Dio ha fatto di noi la sua dimora, la sua abitazione e l'uomo non deve tradire questa unione altrimenti è un adultero ed è soggetto alla lapidazione, è soggetto alla morte.

Ecco allora che si incomincia a capire quanto sia vero quello che dice Gesù circa il non giudicare per non essere giudicati, non condannare se non vuoi essere condannato.

La legge non ci è stata data per fare un tribunale e giudicare gli altri, perché in quel peccato, in quella colpa che la legge condanna c'è la tu colpa, il tuo peccato

Quindi quello che avviene davanti a te, l'adulterio di cui tu sei fatto spettatore, non ti è offerto perché tu lo giudichi ma, perché tu veda in esso lo specchio del peccato che tu porti dentro di te, lo intenda e ne possa essere liberato.

Poiché la legge ti è stata data per liberarti del peccato, non del peccatore.

Ecco allora che abbiamo tutto un processo di interiorizzazione.

Se teniamo presente la lettera, noi siamo portati all'esteriorizzazione, quindi l'applicare la legge agli altri, se teniamo presente lo spirito noi siamo portati a scoprire attraverso le scene che Dio ci presenta nel mondo esteriore, il peccato, la colpa che portiamo dentro di noi, affinché noi ne possiamo essere liberati.

Ecco come facendo dipendere la legge e i comandamenti dal primo: "Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso", da questa finalità che Dio ha posto in tutti i suoi comandi, noi capiamo come dobbiamo interiorizzare e proprio interiorizzando la legge siamo portati a capire, a vedere, a renderci conto del male che portiamo dentro di noi, onde poterlo superare e potere ristabilire quel piano di dialogo con Dio che è condizione essenziale per giungere al fine della legge e di tutti i comandamenti.

Abbiamo detto che il fine di tutte le opere di Dio è quello di rivelarci il suo Pensiero, quindi anima di tutta la creazione, anima di tutta la legge e di tutti i profeti non è la regola, non è un comandamento ma è la rivelazione del Pensiero di Dio a noi, quel Pensiero di Dio che ogni uomo porta già in sé.

Ora, il Pensiero di Dio in noi è Cristo tra noi.

Il fine, l'anima, lo spirito di tutta la creazione, di tutti i comandamenti, di ogni legge, di ogni parola è Cristo.

Per questo Cristo parlando di Mosè ha detto: "Mosè ha parlato di Me".

Qui abbiamo la risposta.

Scribi e farisei dicono: "Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare tali donne, tu però cosa ne dici?".

Gesù dice questo: "Mosè ha parlato di Me".

Ecco la pienezza, nella pienezza noi abbiamo la luce.

Mosè non ha ordinato di lapidare tali donne, Mosè ha parlato di Cristo, cioè tutta la legge data da Dio attraverso Mosè è per condurre noi a scoprire la presenza di Dio in noi, cioè a trovare Cristo.

Se noi applichiamo la legge e i profeti ad altro e non a questo fine noi travisiamo tutto e credendo di fare la giustizia noi mandiamo a morte il Cristo: "Vi manderanno a morte, credendo con ciò di rendere gloria a Dio e ciò faranno perché non hanno conosciuto né il Padre né Me.".

Il non conoscere Dio, il non conoscere l'intenzione, il fine per cui Dio opera tutte le cose è mandare a morte Dio credendo di fare una giustizia, credendo di applicare la legge e si diventa omicidi e si compiono dei delitti in nome della legge.

Ecco l'inganno in cui viene a trovarsi l'uomo quando trascura l'essenziale, cioè quando non tiene presente lo spirito con cui Dio opera e parla in tutte le cose.


P.: Questo modo di vedere la legge nello Spirito è molto liberante, perché rientra nel Piano di Dio che vuole salvare l'uomo e vuole portarlo alla conoscenza di Sé e la legge rientra in questo Spirito.

L'interpretazione molto comune è invece quella della legge come un tribunale.

Luigi: Gesù dice: "Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella di scribi e farisei, non entrerete nel regno dei cieli".

La giustizia di scribi e farisei è il tribunale.

Cioè c'è la legge, c'è il delitto, applichiamo la legge al delitto e c'è la pena, punto. Non si cerca il fine della legge.

Ora, quando Gesù dice che tutta la legge e tutti i profeti dipendono da: "Ama Dio con tutto te stesso", in quanto fa dipendere da-, vuol dire che se tu stacchi la legge da questo, tu fraintendi e allora abbiamo la giustizia dei farisei, abbiamo la regola, applico la regola e misuro gli altri.

P.: E misuro anche me stesso in base a quella regola lì.

Però come facevano loro a saperlo prima di Cristo?

Luigi: Dovevano saperlo perché niente va separato dalla volontà di Dio.

P.: Infatti a uno scriba che lo sapeva, Gesù gli dice che non è lontano dal Regno dei cieli.

Luigi: Gli dice: "Tu come leggi, cosa leggi?".

Il difficile per noi è sapere leggere, imparare a leggere, perché la lettura presuppone l'intenzione.

Soltanto avendo presente l'intenzione di colui che scrive io so leggere, in caso diverso no.

Allora: "Come tu leggi?", cioè quale intenzione hai presente quando tu leggi, cioè, come tu leggi i fatti?

Noi siamo analfabeti nella lettura dei fatti, perché attribuiamo i fatti agli uomini, alla natura, al caso e invece tutti i fatti sono in relazione a Dio.

È Dio che sta parlando con te, tu come leggi?

Cioè, quale intenzione, quale spirito vedi nelle cose?

Non devi fermarti soltanto all'apparenza delle cose.

Devi cercare l'intenzione che c'è in quelle cose lì.

Cioè, è Dio che sta parlando e ti presenta questo, è una lezione per te, allora tu non condannare l'avvenimento ma prendi l'avvenimento su di te.

Nessuno di noi è senza responsabilità in tutte le cose che accadono, c'è sempre una responsabilità personale, perché è Dio che lo sta presentando a te e quindi tu impara a leggere.

La prima cosa che l'uomo deve fare è imparare a leggere i fatti e gli avvenimenti.

Imparare a leggere è avere presente lo Spirito di Dio, cioè avere presente Colui che opera in tutte le cose.

Quando ho presente la volontà di Dio, l'Intenzione, il Fine di Dio, lo Spirito, ho la possibilità di lettura, in caso diverso no e allora non entro nel Regno dei cieli, cioè non arrivo al concepimento di Dio e non arrivo a contemplare le opere di Dio in Dio.

P.: Poi lei ha detto che è il peccato che va lapidato, non il peccatore. Cosa si intende per lapidare il peccato?

Luigi: Vuol dire che quel peccato è un ostacolo per me a entrare nel Regno di Dio.

Mi rivela che quel peccato lì per me è motivo di morte.

Se tu fai adulterio, cioè se tu ti separi da Dio, se consideri la regola, il comandamento staccato dallo Spirito di Dio, fai adulterio.

L'adultera non era mica quella donna, gli adulteri erano quelli scribi e quei farisei, loro erano in peccato d'adulterio nei riguardi di Dio.

E siccome loro avevano commesso questo adulterio dentro se stessi, ecco che Dio ha fatto vedere davanti ai loro occhi, la scena di un adulterio.

Ma quella era scena per loro, loro dovevano applicarla a loro stessi, cioè dovevano capire la lezione che Dio volle dare a loro per rivelargli il peccato in cui essi si trovavano.

Per cui loro dovevano lapidare se stessi.

P.: Ma lapidare se stessi cosa vuole dire?

Luigi: Lapidare se stessi, cioè lapidare il loro peccato.

P.: Cioè toglierlo?

Luigi: Toglierlo, toglierlo, toglierlo, ucciderlo, eliminarlo.

Perché la scena che Dio presenta fuori di noi, è per farci prendere consapevolezza di quello che portiamo dentro di noi e che impedisce a noi di entrare nel Regno di Dio.

P.: Questa lapidazione è un atto d'amore, perché eliminando il peccato si ristabilisce l'unione.

Luigi: Si capisce.

Infatti tutto deve essere visto sotto il punto di vista dell'amore.

L'amore cioè dell'unione con Dio.

E' Dio che ci offre la possibilità di ristabilire l'armonia con Sé.

Con l'adulterio esterno ci fa capire quello che impedisce a noi l'armonia con Dio, perché ti sei separata.

E.: L'intelligenza della legge è data a noi dalla presenza del Cristo, cioè del Pensiero di Dio incarnato.

Dio parla con ogni anima con tutto, prima di tutto con la creazione, poi su un gradino più alto c'è la legge ma il nostro rischio è sempre quello di prendere la scorza, la lettera e mai lo spirito che c'è in essa.

Cristo si presenta come il compimento della legge.

Quindi se Dio crea noi per Lui, noi lo conosciamo e possiamo restare alla sua presenza ma tutto quello che non mettiamo in rapporto con la sua presenza, noi lo disgiungiamo da Dio e distruggiamo quello che c'è di Dio nel segno che Dio manda a noi. Al punto che in nome della legge di Dio, uccideranno Dio.

Anche io mi sono chiesto come potevano sapere queste cose quelli vissuti prima di Cristo?

Noi a posteriori, dopo la venuta del Cristo siamo a conoscenza della predominanza dei primi due comandamenti rispetto agli altri ma lo sappiamo perché ce lo ha detto Cristo, altrimenti con facilità noi scivoliamo sulla interpretazione autonoma, dimenticando quello che è lo spirito della legge.

La norma dice: "Uccidi l'adultero" e naturalmente se trovo un adultera la uccido.

Mi chiedevo come si può prima di avere incontrato Cristo, cogliere lo spirito di una norma.

Luigi: Ancora oggi, guarda con quanta facilità noi adoperiamo i comandamenti, la legge per criticare, per giudicare, per condannare. Noi ci illudiamo di essere nel nuovo testamento, noi siamo prima di Cristo.

E.: Magari fossimo arrivati al Battista, magari si fosse operata in noi questa purificazione del Battesimo di Giustizia, magari si fosse incontrato il Cristo per avere in noi la possibilità d'interpretare correttamente la legge.

Allora sì che l'interiorizzazione della legge sarebbe possibile all'anima.

Luigi: Tu apri tutti i nostri giornali, anche la stampa cattolica ed è sempre soltanto un attribuire gli avvenimenti e i fatti agli uomini, alle creature, alla natura, dove è Dio?

Dove è che si mettono in relazione i fatti a Dio?

E questo è sempre separare, staccare la creazione dal Creatore.

E.: Io posso attribuire al creatore qualunque evento ma il creatore in quanto è Spirito, devo interrogarlo sul Pensiero, sulla Finalità.

Ecco allora la necessità di affiancare al Cristo, cioè al Pensiero di Dio i fatti, la creazione, perché sia illuminata.

Luigi: Se la legge non l'abbiamo finalizzata nello Spirito di Dio, in quello che Lui vuole, noi necessariamente utilizziamo la legge per giudicare e condannare.

E.: Il problema è interrogarci sul pensiero, sul pensiero di un fatto.

Luigi: Sul Pensiero di Dio in quel fatto lì.

Tu lo capisci che cercare il Pensiero di Dio vuole dire cercare il Cristo?

E.: Non possiamo disgiungere il pensiero dalla sua causa.

Sarà il problema che viene risolto poi con l'Ascensione, il rapporto tra il Figlio e il Padre.

Luigi: Se tu cerchi il pensiero, già quello ti mette in movimento, intanto già ti evita di giudicare gli altri, ti fa prendere su di te quello che avviene, perché quello che avviene avviene per te, prendendolo su di te, quello ti mette in movimento e in rapporto con Dio. Fino ad arrivare alla meta.

Noi dobbiamo capire che l'uomo è al di sopra della legge.

Quando noi stacchiamo la legge da Dio, succede che noi sottomettiamo l'uomo alla legge, questa è la regola e allora facciamo il tribunale. Per cui l'uomo deve essere a servizio della legge, dell'istituzione, della regola, sempre l'uomo sotto.

No! Tutto è fatto per l'uomo.

Nel sabato (giorno del Signore) abbiamo la sintesi di tutta la legge e Gesù dice che il sabato è fatto per l'uomo, non è l'uomo che è fatto per il sabato.

Se noi sapessimo che tutta la legge è fatta per l'uomo, non adopereremmo la legge per condannare l'uomo.

La legge è fatta per l'uomo, allora non è fatta per uccidere l'uomo. L'uomo è al di sopra della legge.

E.: Se Dio nel suo piano ha mandato prima la legge del Cristo, è perché l'uomo deve fare questo passaggio.

Luigi: Cristo infatti è venuto per portare a compimento la legge.

Nel compimento abbiamo la rivelazione.

E.: Perché poteva mandarci il Cristo a dare a noi delle norme.

Luigi: No, perché lo scopo, il fine non sono le norme, le norme sono una introduzione del Cristo.

E.: Prima ci arriva l'apparenza, poi ci arriva la possibilità di approfondirla.

Luigi: La legge è il pedagogo che conduce noi a Cristo.

Quindi colui che mi conduce a Cristo deve arrivare prima di Cristo.

La legge è pedagoga al Cristo, quindi la legge è fatta per riportare me al Cristo però la legge devo sempre mantenerla unita a Dio.

Se mantengo la legge unita a Dio, già questo è sufficiente per metterti in movimento verso Cristo, perché mi fa cercare il pensiero, facendomi cercare il Pensiero di Dio mi fa cercare il Cristo.

La legge mi conduce al Cristo.

P.: Non è necessario il passaggio della cattiva interpretazione della legge.

Luigi: No, tutt'altro.

Se prendo la legge come regola, io uccido il Cristo.

Se invece intendo la legge nella volontà di Dio, la tengo cioè in rapporto a Dio, questo mi porta a cercare il Pensiero di Dio, quindi mi porta a Cristo.

Infatti quel giovane ricco arriva a interrogare Cristo sulla vita eterna perché ha osservato tutti i comandamenti.

E.: Forse la cattiva interpretazione è necessaria per la nostra durezza.

Luigi: Ma anche nella nostra durezza, noi dobbiamo sempre colloquiare tutte le cose con Dio.

La giustizia essenziale è questa: tutto è di Dio.

Ogni cosa va interpretata nello Spirito di Dio, non nel nostro pensiero, altrimenti ritengo che Dio , mi abbia fatto giudice del mondo e io prendo la legge e comincio a giudicare tutti gli altri.

E.: L'invito alla giustizia essenziale, noi l'abbiamo già come conclusione dell'antico testamento, non l'abbiamo prima della emanazione della legge.

Abbiamo la legge, per cui è facile cadere nella interpretazione letterale di essa, uccidendo lo Spirito contenuto in essa, questo errore prepara per lo meno l'umiltà interiore all'incontro con il Battista. Quindi ti dà la possibilità di questa giustizia essenziale, ti predispone all'incontro con Cristo.

N.: La legge è un segno, noi abbiamo detto che quando un segno tu lo interpreti nel pensiero, nelle ragioni del tuo io, tu uccidi Dio, uccidere il Cristo non è pedagogia, sarà anche pedagogia ma è tagliare il cordone ombelicale con Dio.

La legge è solo uno dei tanti segni.

E.: Ma è solo lo Spirito che ti fa intendere quel segno, altrimenti da segno diventa realtà.

Luigi: Noi abbiamo Cristo, prima di Cristo abbiamo i comandamenti, prima dei comandamenti abbiamo la creazione e nella creazione è Dio che fa tutto. Qui hanno detto "Mosè", non è Mosè, è Dio che ha dato la legge.

Il che vuole dire che ogni cosa va vista sempre nello Spirito di Dio.

Se Dio è il Creatore, ogni fatto, quindi anche la legge va vista nella Volontà di Dio, quindi nel Fine di Dio.

Il Fine di Dio quale è?

Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso.

E questo è nell'antico testamento.

Al centro di tutto l'antico testamento c'è questo: Ama il Signore Dio tuo.

Amare cosa vuole dire? Cerca la presenza di Dio.

Quindi tutta la creazione, Dio l'ha fatta, perché tu uomo cerchi la presenza di Dio, cioè cerchi il Pensiero di Dio.

Quindi Dio te lo ha detto già apertamente nella creazione: tu uomo sei stato creato per conoscere il tuo Signore.

E ogni cosa tu devi quindi vederla in questo fine qui.

E.: Ma c'è voluta la formulazione della legge perché l'uomo avesse questa consapevolezza.

Luigi: No, no, Adamo colloquiava con Dio tutte le sere.

E.: Ma prima del peccato.

Luigi: Già nella creazione noi abbiamo l'uomo che colloquia con Dio.

Nel disegno di Dio c'è l'uomo che colloquia con Dio.

L'uomo anche nel peccato porta sempre con sé la presenza di Dio, questa passione dell'assoluto la porta sempre con sé.

Perché Abramo desiderò vedere il giorno di Cristo?

N.: Comunque noi arriviamo al Cristo, capiamo queste cose e continuiamo a essere farisei.

Questo è un invito a entrare dentro e a speculare su ogni avvenimento perché ogni avvenimento va visto e interpretato nella legge.

Luigi: Bisogna cioè imparare a leggere.

Noi siamo analfabeti.

E.: Però uno solo è il Maestro che mi insegna a leggere.

Altrimenti io stacco, rendo queste norme autonome da Dio.

N.: Non è ancora il Cristo Vangelo ma è il Cristo dentro di noi che ci fa fare quel passo.

E' il Cristo, pensiero puro del Padre.

Noi possiamo essere col Cristo mille volte al giorno ed essere sempre nel pensiero della lettera e non dello spirito.

E.: Siamo con il Cristo esteriore non siamo con il Figlio di Dio.

N.: Io non so voi ma io sono col Cristo interiore e sono col Cristo esteriore e sono prima dell'antico testamento un sacco di volte nella mia vita.

P.: Mosè prende dalle mani di Dio la legge ma lui stesso la applica alla lettera.

Lui ha preso la legge dalle mani di Dio, quindi ha colloquiato con Dio.

Luigi: Tutte le cose avvengono per farci dialogare personalmente con Dio, non dobbiamo fermarci alla creatura e loro si erano fermati a Mosè.

In quanto metto la creatura al posto del Creatore, sicuramente esco dal rapporto con cui Dio sta trattando me.

Loro dicono: "Noi non abbiamo bisogno del Cristo, abbiamo Mosè e ci basta".

Non si sono accorti dell'errore che stavano facendo, perché hanno escluso il Cristo in nome di Mosè.

Ogni cosa che viene a noi, viene a noi attraverso le creature ma è sempre Dio che opera e in quanto è Dio che opera, Lui chiede a noi sempre un rapporto personale con Dio. Soltanto in questo rapporto personale con Dio la cosa si illumina. In caso diverso la cosa mi tradisce.

E.: E il rapporto diretto avviene attraverso il superamento del fatto esteriore che Lui manda a noi?

Luigi: Certamente.

Altrimenti io resto tradito dai segni stessi di Dio, in quanto non rapporto con Dio i segni che Dio mi manda, cioè non li faccio motivo di dialogo con Dio.

Quindi tutte le cose che Dio mi manda se io non le adopero per dialogare con Dio, le cose stesse mi tradiscono, resto bruciato credendo di essere nel giusto.

I dubbi che Dio ci mette nell'animo, sono parola di Dio che ci invita ad approfondire.

Come le contraddizioni, così anche i dubbi che portiamo in noi, sono opera di Dio, per sollecitarci a scavare nel rapporto con Lui.

Per cui se mi fermo all'apparenza vedo la contraddizione e non la sopporto, se scavo trovo lo Spirito.

Bisogna partire da Dio.

Perché Dio crea, perché Dio opera? Per rivelare Se stesso.

L'amore, il comandamento essenziale: "Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso" è incluso in questo fine.

Amare vuole dire cercare la presenza, quindi...

Siccome tutto è opera di Dio, ogni cosa va intesa nello Spirito di Dio, non nell'intenzione nostra.

Perché altrimenti noi attribuiamo a Dio i nostri pensieri, è come se una persona parlasse con me e io anziché cercare il pensiero di quella persona, attribuissi a quella persona quello che ho io in testa, traviso la cosa, perché io vesto quella persona del mio pensiero, non cerco il pensiero che mi vuole comunicare.

Noi corriamo sempre quel rischio lì, di attribuire agli altri quello che noi abbiamo in testa.

H.: Ma allora perché nella legge Dio dice di lapidare l'adultera e non il peccato?

Luigi: Perché abbiamo detto che la legge è stata data per salvare l'uomo, se è stata data per salvare l'uomo perché c'è la scena dell'adultera?

E' scena per rivelare un peccato.

L'adultera o il ladro che Dio mi fa vedere fuori di me, non sono autorizzato a dire che è un adultera o un ladro.

Posso dire che questa è una scena d'adulterio o che è una scena di furto: "Signore che cosa mi vuoi indicare attraverso questo fatto?".

Cioè io non posso condannare il fratello.

H.: Però la legge dice che l'adultera va lapidata. Come facevano quelli a saperlo?

Luigi: Perché la legge va intesa nello spirito del legislatore.

Apparentemente c'è quella regola, però questa regola va subordinata a: "Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente e con tutto il tuo cuore e ama il prossimo tuo come te stesso".

Tu ti condanni a morte?

Ogni norma della legge va vista attraverso questa norma principale, questo comandamento, questa volontà di Dio.

E' come a teatro, il regista mi presenta un attore che sta commettendo un delitto, Dio ti presenta un delitto sulla scena del mondo ma tu devi intendere il significato di questo delitto.

Non posso mettere l'attore in prigione perché ha recitato un delitto!

Tutto quello che avviene davanti a noi, è teatro di Dio, è televisione di Dio, è Dio che mi fa rappresentare davanti agli occhi, quello che porto dentro di me.

Quindi tutto quello che accade, non accade perché io lo condanni, lo giudichi o lo modifichi ma perché io lo intenda e come lo devo intendere?

Lo devo intendere nello spirito che l'autore della tragedia ha voluto significare rappresentando quello.

Quindi tutto quello che è avvenuto e che avviene è rappresentazione per gli spettatori, per tu uomo che sei spettatore di quello.

E' l'Autore che conoscendo te, rappresenta una certa tragedia per comunicarti un suo insegnamento.

H.: Da dopo Cristo?

Luigi: Già prima, già prima, perché già prima tutto è raccolto in questo ordine: "Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso".

Con Cristo noi abbiamo il compimento.

Tutta la legge è fatta per rivelarci il Cristo, infatti Mosè: "Ha parlato di Me".

Allora Mosè non ha detto di fare un tribunale.

Allora se noi abbiamo preso Mosè per fare un tribunale, abbiamo sbagliato noi.

Nel Fine, noi scopriremo tante cose, una di queste cose è che noi abbiamo sempre frainteso tutto.

Indubbiamente sono cose che devono essere approfondite per giungere alla convinzione.

H.: L'interpretazione mi pare facile, Dio dice di fare una cosa e io la faccio.

Luigi: Ma la cosa la devo interpretare nell'intenzione di Colui che me la dice, nel Pensiero di Colui che me la dice.

E fintanto che non cerco il pensiero di Colui che mi parla, io mi fermo a ciò che per me è apparenza.

Per me è facile vedere un ladro e condannarlo, vedo un assassino e lo condanno.

Ma a un certo momento scopro che in quel delitto io sono implicato e allora io mandando a morte quel fratello mi sono caricato di un altro delitto.

Noi ci troviamo con la legge e con la stessa Parola di Dio che dice di non giudicare, ma come mi dà un metro e poi dopo mi dice di non misurare.

P.: Ma lo dice Gesù dopo...

Luigi: Lascia stare il dopo, è Parola di Dio.

E' Parola di Dio la legge ed è Parola di Dio il "Non giudicare", altrimenti sei giudicato.

Qui c'è il dilemma, mi si dà un metro e mi si dice di non misurare!

Allora devo scavare, devo capire perché il Signore mi ha detto questo che mi impedisce di giudicare.

Certo, è logico, non è facile.

H.: Ma quando Dio ci mette di fronte a queste contraddizioni poi ci dà anche la risposta?

Luigi: Certo ce la promette.

La promessa è la risposta.

Lui opera per la Luce, non ama mica le tenebre, Lui vuole che ogni uomo si salvi e giunga a conoscere la Verità.

Conoscere la Verità è Luce.

La nostra salvezza sta nel conoscere la Verità.

Dio non ama le tenebre, anzi se "uno dice di camminare con Dio e si trova nelle tenebre non è con Dio". E' Parola di Dio.

Non c'è nulla di nascosto che non abbia a essere rivelato.

Quindi siamo noi che  facciamo la notte. ma, Dio vuole la Luce e Dio ci sollecita e ci fa passare attraverso tante tribolazioni per condurci alla Luce, affinché possiamo vedere.

"Vedrete la Verità e la Verità vi farà liberi".

La libertà non si trova facendo manifestazioni, urlando o agitandoci, la libertà si trova conoscendo la Verità.

W.: Di fronte a ogni segno, anche se non si capisce bisogna perlomeno fermarsi a ragionarlo con Dio, perché la tentazione è quella di riferirlo al nostro io.

Luigi: La tentazione è quella di giudicare: "E' così", no! Un momento, tu non giurare, né per il cielo, né per la terra, né per la città di Dio, perché non capisci niente.

Allora se non capisci niente non giurare, non dire che è così, non condannare nessuno.

Condannando gli altri tu condanni te stesso.

Un giorno tu capirai che quella cosa era fatta per te e tu l'hai condannata e condannandola hai condannato te.

E' importante prendere tutto dalle mani di Dio, perché quella è opera di Dio per te.

Abbiamo l'esempio di Davide, gli altri dicevano: "Questo qui bisogna mandarlo a morte, uno che va fare una festa va a prendere proprio la pecora del più povero del paese mentre lui ha tutto un gregge? Bisogna mandarlo a morte".

Quell'uomo sei tu, e noi non ci rendiamo conto.

Un giorno ci troveremo di fronte allo Spirito di Dio che ci dirà: "Tu hai condannato questo e quell'altro ma quelli eri tu".

Cioè, tutto è specchio tuo: "Eri tu".

E allora beato colui che potrà dire di non avere condannato nessuno.

Nella misura con cui tu misurerai sarai a tua volta misurato: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo".

Perché non giudicando manteniamo aperto il dialogo con Dio per arrivare alla lezione di Dio, se invece noi giudichiamo, condannando escludiamo da noi la lezione di Dio, giudico il tale che è un delinquente e lo escludo da me perché non prendo più su di me la lezione.

Invece se non giudico il dialogo resta aperto, fino ad arrivare alla Luce.

H.: Ma io riesco a non giudicare se non cerco il Pensiero di Dio?

Luigi: No, assolutamente.

H.: O uno o l'altro.

Luigi: Senz'altro.

Se io non ho il Pensiero di Dio io giudico, non posso farne a meno.

Tutto quello che ci arriva noi lo giudichiamo se non abbiamo presente il Pensiero di Dio

Z.: Nella lapidazione del peccato, c'è la morte del Cristo?

Se nella lapidazione del peccato c'è Cristo che mi libera dal peccato, prende Lui su di Sé questo, allora che relazione c'è tra Lui che muore per liberarmi dal peccato e io che lo uccido?

Lui muore comunque nell'avvenimento, che io comprenda il pensiero o che non lo comprenda.

Che relazione c'è tra Lui che muore perché sono io che l'ho ucciso e Lui che muore che mi libera?

Non so se mi spiego?

Luigi: Penso che tu ti sia spiegato.

Piuttosto direi che noi uccidiamo il Cristo lapidando l'adultera, cioè giudicando il fratello, non prendendo su di noi, abbiamo bisogno di un altro che prenda su di sé le colpe.

In sintesi abbiamo il Cristo che prende su di Sé le nostre colpe.

E quando prende su di Sé, noi lo uccidiamo, lo mandiamo a morte.

Mandandolo a morte, Lui portando su di Sé la mia colpa a un certo momento mi fa capire che è morto per me e in questo rapporto diretto scopro il corpo del peccato che porto in me e che io non avevo ucciso.

Non avevo mica ucciso il mio peccato, fintanto che io esteriorizzo la mia colpa su un altro, io non elimino mica il peccato, lo affermo.

Io giudicando l'altro, condannando l'altro, io affermo il peccato in me, non uccido il peccato in me, uccido l'altro.

Uccidendo l'altro, arrivo a uccidere il Cristo, perché nell'altro c'è già il Cristo.

In  termini poveri in questa adultera c'è il Cristo.

Cristo non è in questi scribi e farisei.

Questi scribi e farisei stanno esteriorizzando il loro peccato sull'adultera ma l'adultera è colei che sta portando su di sé il peccato di scribi e farisei.

Scribi e farisei hanno fatto il peccato quando hanno rifiutato l'ascolto di Cristo.

Nell'uccisione noi abbiamo proprio l'uomo che afferma la validità del suo peccato.

N.: Lui dice che Cristo muore comunque, Cristo deve morire comunque. E' dentro di noi che lo possiamo non uccidere.

Noi l'abbiamo ucciso certamente ma dentro di noi, noi possiamo fare la conversione.

Z.: Non consideravo l'adultera come Cristo, perché in questa scena c'è Cristo presente.

Luigi: Sì, però nell'adultera noi abbiamo il Cristo.

E l'adulterio è in scribi e farisei, non è nell'adultera che è scena per loro.

E.: Nei peccatori che noi teniamo sotto il tiro della legge c'è il Cristo che si fa carico del peccato, perché altrimenti noi non prenderemmo coscienza di quello che portiamo in noi.

Luigi: Quello che noi chiamiamo peccatore, in realtà è il Cristo, è il Figlio di Dio.

Z.: Ama il prossimo tuo come te stesso in questa visione qui però è in contrasto con ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso.

Se negli altri c'è il Cristo e io lo amo come me, non è giusto perché io dovrei amarlo più di me, se lo amo al di sopra di tutto lo amo anche al di sopra di me stesso.

N.: Noi crediamo di amarci, in realtà non ci amiamo mica, ci ameremo veramente quando noi diventeremo nostro prossimo.

Dobbiamo assumere una mentalità completamente diversa, cioè dobbiamo avere quei due comandamenti messi realmente al primo posto.

Luigi: Il secondo comandamento è simile al primo, cioè presuppone il primo.

Se manca il primo manca anche l'altro.

Il secondo è un banco di prova del primo, senza il primo non sta su, anche qui non dobbiamo staccare.

Il secondo è soltanto un banco di prova del primo.

Se tu ami Dio al di sopra di tutto, ti accorgerai che ami anche il prossimo.

E.: Come amo veramente il prossimo se aiuto il prossimo ad amare Dio.

Luigi: "Ama il prossimo come te stesso", vuol dire come tu desideri conoscere la Verità, aiuta il tuo fratello a conoscerla.

Ma tutto sempre subordinato al primo.

Il primo è al di sopra di tutto, è il nostro rapporto con Dio, gli altri comandamenti sono soltanto un banco di prova di questo nostro amore per Dio.

Non bisogna mai staccare le cose da Dio, altrimenti cadiamo di nuovo nella legge.

P.: Verrebbe da chiedersi perché non ha scritto chiaramente i comandamenti.

Luigi: La ragione è che noi non conosciamo il  nostro peccato, noi conosciamo le scene, il peccato noi non lo conosciamo mai.

Noi non siamo consapevoli del male che portiamo dentro di noi.

Se dialoghiamo con Dio, noi prendiamo consapevolezza della nostra situazione ma se noi abbiamo interrotto il dialogo con Dio, noi ci illudiamo di essere a posto, di essere giusti, di essere santi, di essere virtuosi, di essere tutto quello che vogliamo, perché manca a noi la pietra di paragone.

Se io decido di andare sulla cima del Monviso, mi accorgo che mi trovo molto lontano dal Monviso.

Ma se non mi propongo di andare sulla cima del Monviso, io credo già di essere arrivato.

La nostra conoscenza di noi, è sempre un rapporto con il punto con cui noi ci confrontiamo.

Se come punto di confronto abbiamo Dio, allora ci conosciamo ma se non abbiamo Dio, noi ci illudiamo di essere degli esseri assoluti; ci confrontiamo con gli altri e confrontandoci con gli altri, ci sentiamo superiori, perché in un modo o nell'altro noi ci scusiamo e ci giustifichiamo, non fosse altro che per la speranza di essere migliori domani, invece quel ladro è un delinquente.

Manca a noi il punto fisso di confronto e quando viene a mancare a noi questo punto fisso di confronto, l'unica scena che noi possiamo cogliere è quella che avviene fuori di noi, naturalmente noi corriamo il rischio di proiettare, di giudicare la scena, anziché prendere la lezione di Dio.

Anche nel mondo esterno devo sempre partire da Dio Creatore, se non parto da Dio Creatore, tutto è fallito.

P.: Ma comunque è già qualcosa, prendere quel comandamento esterno è applicarlo al nostro comportamento e non a quello degli altri.

Luigi: La legge va sempre interpretata nello spirito del legislatore, altrimenti travisiamo tutto, quindi i comandamenti di Dio, vanno intesi nello Spirito di Dio, nel Fine per cui Dio opera tutte le cose.

Il Fine per cui Dio opera è quello di salvare l'uomo e di condurlo a conoscere la Verità, ogni cosa va intesa in questo principio.

Non posso prendere la legge, i comandamenti, le parole, i fatti, come autonome staccate dalla volontà di Dio, perché altrimenti mi fermo alla lettera e la lettera uccide, non posso fermarmi alla lettera.

E.: Fermandosi alla lettera, si arriva a uccidere Cristo.

Luigi: Certo.

E.: Noi portiamo il peccato dentro di noi e non ne abbiamo consapevolezza, per questo Gesù dalla croce dice: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno". Addirittura noi arriviamo a consumare non un omicidio ma un deicidio.

Luigi: Ma guardiamo anche solo nella vita della chiesa, leggevo di un papa che ha condannato a morte dei bestemmiatori. Vedi con quale facilità si arriva a giudicare e condannare.

Ogni cosa va sempre tenuta unita a questa intenzionalità, allo Spirito, non staccarti mai, perché la lettera non t'illumina lo Spirito, è lo Spirito che t'illumina la lettera, quindi in tutte le cose devi sempre avere presente Dio, è Dio che opera questo, è Dio che parla con me in questo: "Signore cosa mi vuoi dire?", non fermarti mai alla lettera.

Perché altrimenti tu in nome della lettera o della creazione o delle creature condanni Dio, cioè mandi a morte la tua vita.

Se tu usi la legge come scribi e farisei, tu non puoi entrare nel Regno dei cieli.

Allora io devo escludere il tribunale ma se escludo il tribunale cosa ne faccio della legge?

Devo intendere il significato della legge.



Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare tali donne. Tu però che ne dici?".

Gv 8 Vs 5 Secondo tema.


Titolo: Le due giustizie.


Argomenti: La giustizia di scribi e farisei.  La maledizione della legge. La legge non conduce alla salvezza. Il superamento del pensiero dell'io ci è dato solo dalla presenza di un altra persona. La legge deve portarci all'incontro con Cristo. La giustizia maggiore. La condizione per potere restare nello spirito della legge.


 

19/Febbraio/1984  Fossano.


Questi scribi e questi farisei si presentavano a Gesù con l'argomento della legge, sostenitori della legge su cui era fondato tutto il popolo d'Israele, la legge di Mosè.

Si presentavano come i paladini, i difensori, gli araldi della legge eppure Gesù dice: "Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella di scribi e farisei non entrerete nel Regno dei cieli".

In quanto Gesù dice: "Se la vostra giustizia non sarà maggiore", già ci presenta due giustizie, contempla queste due giustizie e se ce le presenta, evidentemente è perché ciò deve servire per noi e noi dobbiamo chiederci quale sia questo significato, questa lezione che Dio ci vuole dare, presentandoci queste due giustizie.

C'è la giustizia degli scribi e dei farisei e c'è questa giustizia maggiore.

Noi dobbiamo chiederci quale sia questa giustizia di scribi e farisei e quale sia invece questa giustizia maggiore.

Già abbiamo visto che nella interpretazione della legge c'è una lettera e c'è uno spirito, per cui si può interpretare la legge secondo la lettera oppure secondo lo spirito.

Intanto dice che la giustizia che è applicazione della legge, la giustizia di scribi e farisei non fa entrare nel Regno di Dio.

Il Regno di Dio è il Regno della Luce, il Regno della Verità, è il vedere la Volontà di Dio, la Presenza di Dio, lo Spirito di Dio in tutte le cose, il non vederlo vuole dire essere fuori.

Ma la giustizia di scribi e farisei non fa entrare, cioè impedisce di entrare in questa Luce.

Cerchiamo di vedere il perché di questo impedimento a entrare nella Luce.

La giustizia di questi scribi e farisei stava nell'applicare la legge agli uomini.

Avevano fatto cioè della legge un codice da applicare a tutti coloro che trasgredivano queste norme.

Praticamente avevano adoperato la legge di Mosè per fare un tribunale e giudicare gli altri.

Giudicando gli altri, non si prende la lezione su di sé e siccome negli altri, come in tutto quello che accade attorno a noi c'è una lezione di Dio per noi, giudicando, noi escludiamo da noi la lezione di Dio, non prendiamo cioè su di noi quello che Dio ci presenta ed in quanto non lo prendiamo su di noi, noi ci mettiamo fuori dalla lezione di Dio, quindi ci mettiamo fuori dall'intelligenza dello Spirito di Dio.

Gesù parla di una giustizia maggiore.

Teniamo presente che, in quanto ci presenta queste due giustizie, è perché queste devono servire per noi e se devono servire per noi, dobbiamo capire che cosa Dio vuole significare a noi presentandoci queste due giustizie.

Evidentemente la prima giustizia è un errore che non commettono soltanto scribi e farisei.

È un errore in cui con molta facilità noi cadiamo.

Ognuno di noi tende a scivolare sulla lettera della legge, cioè a fermarsi alla lettera della legge e non passare allo spirito di questa.

San Paolo parla di una maledizione della legge: "Guai a coloro che stanno sotto la legge".

La legge è stata fatta per l'uomo, non è l'uomo che è fatto per la legge.

Il prendere la legge come un codice, come un insieme di norme da applicare nella nostra vita, a cui sottomettere la nostra vita, vuol dire stare sotto la legge ma, stare sotto la legge significa impedirsi di entrare nel Regno di Dio, poiché è restare nella giustizia di scribi e farisei, quella giustizia che impedisce di entrare.

Impedirsi di entrare nel Regno della Luce e della Verità è essere sotto il segno della maledizione.

Allora forse la legge è cosa cattiva, forse la legge è male? No.

La legge è stata data per il peccato ma la legge non è peccato.

Però la legge non salva, la legge di per sé non salva.

E chi vive sotto la legge, sperando di essere salvato dalla legge, resta sotto il segno della maledizione: non giungerà alla salvezza, perché la legge non salva.

Non c'è nessuna legge e nessuna regola che ci salvi.

Ma andiamo anche più in là, non c'è nessuna struttura che salvi, non c'è nessuna istituzione che salvi, non c'è nessuna famiglia che salvi, non c'è nessuna regola che salvi.

L'uomo non può essere salvato da queste cose.

Ecco l'importanza del significato della lezione di Gesù.

Quel fermarci alla lettera della legge rientra molto nella nostra vita, perché noi con molta facilità ci fermiamo alle strutture delle cose e confidiamo in esse.

Noi confidiamo nelle regole, nei modi di comportamento, noi confidiamo nei nostri modi di essere e crediamo di essere salvati da questi, mentre così non giungiamo alla salvezza.

La legge non può condurre alla salvezza.

Non c'è nessuna regola, nessuna struttura, nessuna istituzione che possa salvare l'uomo.

Chi salva l'uomo è Dio e solo Dio.

La salvezza dell'uomo in cosa consiste?

Anche qui abbiamo la Parola di Dio che è molto chiara.

"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità".

La salvezza dell'uomo sta nel giungere a conoscere la Verità, sta nel giungere a conoscere Dio però la conoscenza di Dio si ottiene soltanto in Dio, Dio solo è il rivelatore di Sé.

Per poter attingere questa conoscenza è necessario potere attingerla da Dio.

Fintanto che noi facciamo conto per la nostra salvezza su altro da Dio (legge, comandamenti, istituzioni), noi non possiamo giungere alla salvezza.

Se per giungere alla salvezza è necessaria la dedizione a Dio, poiché la conoscenza di Dio si ha solo da Dio, questo richiede il superamento del pensiero del proprio io.

"Chi vuole venire dietro di Me, rinneghi se stesso".

Non c'è nessuna regola, come non c'è nessuna struttura, come non c'è nessuna istituzione, come non c'è nessuna famiglia che possa dare a noi la possibilità del superamento di noi stessi.

Il superamento del nostro io ci è dato soltanto dalla presenza di un altro, di un altra Persona.

Soltanto alla Presenza di questa Persona (noi abbiamo la possibilità, se ci dedichiamo ad essa) di superare il pensiero del nostro io e di accogliere in noi, quello che l'Altro può dare a noi, quello che l'Altro vuole dare a noi.

L'Altro con la sua presenza offre a noi la possibilità di conoscere Lui e quindi di giungere alla salvezza.

Ma allora a cosa serve la legge?

La legge ci è stata data per condurci all'incontro con Cristo se noi non ci fermiamo alla legge come fecero scribi e farisei perché questo ci impedisce di entrare.

Cioè la legge è buona se è vista nello spirito.

E cosa vuole dire vedere la legge nello spirito? L'abbiamo visto domenica scorsa.

Vuole dire vederla nel fine per cui Dio l'ha voluta, perché lo spirito si rivela nel fine.

E il fine per cui Dio ha voluto la legge lo dice Gesù stesso: "Tutto dipende da questo primo comandamento: ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso".

Amare vuole dire cercare la presenza.

Tutta la legge ci è stata data per farci cercare la presenza di Dio, per farci desiderare la presenza di Dio, quindi la legge non ci è stata data per giudicare gli altri, per condannare gli altri e quindi la legge che è la sintesi di tutta la creazione di Dio ci è stata data per farci desiderare Dio, per farci conoscere Dio.

Ma desiderare di conoscere Dio vuole dire appartenere a questo amore, a questo desiderio di Dio e chi appartiene al desiderio di Dio appartiene a Cristo.

Poiché Cristo è il desiderio di Dio tra noi.

Ecco che la legge ci è stata data per condurci all'incontro con Cristo.

Cioè la legge ci è stata data per aprire noi al desiderio di conoscere Dio e tutti i comandamenti e tutte le regole vanno visti in funzione di questo: la legge è fatta per l'uomo e non l'uomo per la legge.

L'uomo non deve quindi stare sotto la legge e sperare di avere la salvezza in quanto si comporta secondo la legge, perché allora qui resta sotto il segno della maledizione: resta fuori dal Regno di Dio, non entra.

La legge è stata data per l'uomo, cioè la legge è stata data per suscitare nell'uomo il desiderio di conoscere Dio ma l'uomo che ha desiderio di conoscere Dio appartiene a Cristo.

Chiunque abbia desiderio di conoscere Dio, a qualunque popolo appartenga, appartiene a Cristo e si incontrerà con Cristo.

Quand'anche noi ritenessimo di essere il popolo di Dio ma non avessimo in noi questo desiderio di conoscere Dio, noi non apparterremmo al Cristo e noi verremmo a trovarci fuori, cioè sotto il segno della maledizione del segno di Dio.

Tutti i segni di Dio, legge compresa, hanno questo doppio aspetto: se visti nello spirito ci conducono alla salvezza ma se sono visti soltanto alla lettera ci conducono alla maledizione.

Tutto ciò che non è Dio ha questo duplice aspetto.

Quindi allora questa giustizia maggiore di cui parla Gesù si riferisce alla salvezza dell'uomo.

La salvezza dell'uomo, bisogna capire che sta nella conoscenza di Dio e che la conoscenza di Dio viene a noi soltanto da Dio.

Per cui, soltanto in quanto ci dedichiamo a Dio (superando tutto, anche la legge), noi da Dio possiamo ottenere la conoscenza di Dio.

Qui allora abbiamo la possibilità di trovare quale è la condizione per potere restare nello spirito della legge e anche quale è la condizione per restare nello spirito di tutte le cose.

Abbiamo detto che tutta la creazione si sintetizza nella legge e la legge si sintetizza in questo unico comando: "Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente", cioè si sintetizza nella formazione in noi del desiderio di conoscere Dio, si sintetizza nella capacità di dedicarci a Dio superando tutto il resto.

Ed è questo che ci porta al Cristo.

Il Cristo poi ci conduce a conoscere il Padre, in quanto ci raccoglie nel Pensiero di Dio.

Cristo è il Pensiero di Dio tra noi.

Raccogliendoci nel Pensiero di Dio e dandoci la possibilità di conoscere Dio, ci dà la possibilità di giungere a conoscere lo Spirito di Dio in tutte le cose, cioè il fine per cui Dio ha creato e crea tutte le cose.,

E soltanto in quanto noi abbiamo presente il fine, noi abbiamo la possibilità di restare nello spirito delle cose.

Se non abbiamo presente il fine, perdiamo la possibilità di restare con lo spirito delle cose e allora tutti i nostri giudizi e tutte le nostre scelte sono sempre in funzione dei nostri sentimenti, dei nostri interessi, della nostra figura, di quello che dicono gli altri ma non attingono il Pensiero di Dio, cioè non attingono lo spirito.

La maggior parte della nostra vita si svolge molto al di sotto del pensiero, si svolge sempre a livello di sentimenti, di impressioni, di cose superficiali e di reazioni ma non c'è il pensiero.

E quando non si attingono al Pensiero di Dio le scelte o le parole che noi diciamo, si forma in noi la distanza da Dio.

Quanto più noi parliamo non secondo Dio, quanto più noi facciamo delle scelte non secondo Dio, cioè a un livello inferiore del Pensiero di Dio, noi diventiamo succubi di queste cose, di queste scelte e di queste parole dette.

E diventando succubi di questo, noi non abbiamo più tempo per raccogliere le cose nello Spirito di Dio, cioè le cose pesano su di noi, premono su di noi al punto tale che siamo costretti a scegliere a un livello sempre inferiore al pensiero.

Cioè, avendo trascurato il pensiero, a un certo momento siamo costretti a fare le nostre scelte senza avere più tempo per poter attingere al Pensiero di Dio.

Questo ci fa capire come ci sia una  accelerazione nella dispersione del nostro allontanamento da Dio ma, anche questo ci deve far capire quanto sia prezioso il tempo che Dio ci offre per potere raccogliere in Lui e potere quindi attingere le cose nel suo Pensiero.


E.: Giudicando un segno, noi ci mettiamo al posto di Dio, se noi cercassimo Dio, noi non giudicheremmo ma noi ci chiederemmo che cosa Dio ci manifesta a noi in quel segno.

Luigi: Cioè, non prendiamo su di noi la lezione che Dio ci dà.

Giudicando, noi attribuiamo un avvenimento, un fatto, un peccato, una colpa a una creatura fuori di noi. Attribuendola a quella, non la prendiamo più su di noi. Quindi non prendiamo la lezione su di noi, per cui ci mettiamo fuori. Così ci escludiamo proprio dallo Spirito della legge. Per potere vedere lo Spirito di Dio, bisogna ricevere tutto da Dio, cioè prendere su di noi la lezione che Dio ci dà. Se invece noi giudichiamo, ci mettiamo noi come giudici, ci mettiamo fuori e giudichiamo il fratello come un peccatore, una adultera, non prendiamo su di noi la lezione.

Ora, siccome noi entriamo nel regno di Dio per opera di Dio, in quanto riceviamo da Dio le lezioni che Lui ci dà, non ricevendole su di noi, noi ci mettiamo fuori e ci impediamo di entrare e quelli non entreranno.

Non potere entrare è essere sotto il segno della maledizione: "Via da Me", mentre invece: "Beati voi", il beato, il benedetto, è colui che può entrare.

"Beati i poveri dello spirito", i poveri dello spirito possono entrare, colui che giudica invece non può entrare, perché si mette fuori dalla lezione di Dio, non la riceve su di sé.

Questo ci fa capire che la condizione per entrare è quella di ricevere su di noi, la lezione che Dio ci presenta.

Quindi non giudicare il fratello, perché giudicandolo sei messo fuori.

E.: A questo punto si pone il problema di capire la funzione della legge.

La funzione della legge è quella di rivelare la condizione del peccato, rivelando la condizione di peccato, questa presa di coscienza del peccato in cui noi ci troviamo, deve far nascere in noi il desiderio di Dio.

Luigi: Certo, infatti S. Paolo dice che la legge ci è stata data per farci toccare con mano la nostra morte.

Quindi la legge è stata data per la morte.

La legge non ci dà la vita, ci fa toccare la morte.

Noi che ci crediamo vivi, ascoltando la legge esperimentiamo la nostra morte.

Esperimentando la morte, adesso invochiamo la resurrezione, invochiamo Dio, invochiamo l'incontro col Cristo.

La legge ci mette in evidenza il corpo del peccato che portiamo in noi, mentre io credevo che il reato fosse fuori, il reato era in me, era dentro di me e la legge me lo evidenzia.

E.: Per cui il peccato che io noto esteriormente e che sul piano della prima giustizia farisaica sono portato a giudicare, vale in quanto io prendo consapevolezza che quel peccato io lo porto in me.

Di lì nasce il desiderio di uscire da questa situazione di peccato ma il desiderio di uscire dalla situazione di peccato, è il desiderio di Dio. È premessa, è possibilità di incontro con Cristo.

Luigi: Ritorniamo sempre lì, devo sempre considerare quello che avviene davanti a me, come lo specchio di quello che porto dentro di me.

Per cui se tu vedi la pagliuzza nell'occhio del fratello, stai attento che c'è una trave molto più grande nel tuo occhio, perché questa è spirituale, è dentro di te  e tu ti devi preoccupare di togliere questa trave.

E.: Questi farisei conducono questa adultera a Cristo, la conducono dinanzi al Pensiero di Dio.

Questi farisei si trovano dinanzi a una situazione di peccato e senza partire dal Pensiero di Dio, presentano questo peccato al Pensiero di Dio, questo succede a noi, ogni volta che ci troviamo di fronte a una situazione di peccato? Possiamo portare inconsapevolmente, di fronte al Pensiero di Dio lo specchio della nostra anima, senza renderci conto

che la nostra anima è in situazione di peccato?

Luigi: Certo.

E.: Cioè questi farisei sono in contraddizione, portano se stessi in uno stato di peccato, dinnanzi al Pensiero di Dio e non si rendono conto di essere in situazione di peccato.

Luigi: Non si rendono conto che portando di fronte a Cristo quell'adultera,  loro portavano lo specchio di se stessi.

E.: Noi diamo un giudizio quando non teniamo presente il primo comandamento che è il Pensiero di Dio e noi portiamo dinanzi al Pensiero di Dio il nostro peccato?

Luigi: Lo specchio del nostro peccato per cui ci offriamo a essere condannati.

Loro, presentando quell'adultera, cioè presentando quello che essi erano, si presentavano per sentire dal Maestro, da Gesù, la loro condanna e non si rendevano conto.

E.: Quindi noi, comunque sia, quando non teniamo conto di Dio, portiamo dinanzi al Pensiero di Dio lo specchio della nostra colpa.

Luigi: Si capisce.

E.: Senza saperlo.

Luigi: Senza saperlo.

Credendo di accusare l'altro accusiamo noi stessi.

N.: È logico, siamo ciechi.

E.: Essere ciechi mi è facile capirlo, mi è più difficile capire che siamo noi a portare dinanzi al tribunale di Dio il nostro stesso peccato, mentre cerchiamo di condannare il peccatore.

Luigi: Infatti perché Gesù dice:"Non condannare per non essere condannato, non giudicare per non essere giudicato"?

Perché tu condannando l'altro condanni te stesso.

Questi farisei, hanno presentato questa donna per condannarla e non si accorgevano che condannavano se stessi. Noi per accorgerci di una cosa, dobbiamo avere presente Dio, se non abbiamo presente Dio ma pensiamo a noi stessi, noi non ci rendiamo mica conto, noi crediamo di giudicare l'altro, giudicando l'altro condanniamo noi stessi.

E di fronte alla luce di Dio, noi ci troveremo condannati, proprio portando il corpo del nostro peccato.

E.: Noi lo portiamo dinanzi al Pensiero di Dio?

Luigi: Ma certo! Saremo tutti dinanzi al Pensiero di Dio.

E.: Saremo giudicati...

Luigi: ...Da quello che porteremo con noi.

N.: È quel fariseo che dice: "Signore ti ringrazio di non essere peccatore" e non si accorge del peccato che porta in sé.

E.: Comunque noi, il nostro operato, le nostre scelte le portiamo sempre dinanzi a Dio.

Luigi: Certo.

E.: O per unirle a Dio, oppure senza accorgerci...

Luigi: O per ricevere da Dio il giudizio.

E.: Arriviamo in veste di giudici ma siamo però giudicati da Lui.

Luigi: Si capisce.

Se noi ci mettiamo la veste di giudici, noi saremo giudicati.

Infatti ci troveremo tutti di fronte al Cristo e Cristo agli uni dirà: "Via da Me maledetti" e agli altri dirà: "Venite a Me benedetti".

E.: Pensavo a una giustizia farisaica più superficiale, che non porta i segni di fronte al Pensiero di Dio, questa piuttosto è la giustizia essenziale e noi invece siamo costretti a portare i segni di fronte al Pensiero di Dio.

Luigi: Costretti.

Proprio per la passione d'assoluto che portiamo in noi che è passione per l'unità, noi siamo costretti a un certo punto ad assorbire il Pensiero di Dio, anche l'ateo a un certo momento è tutto bloccato sul Pensiero di Dio, non può farne a meno.

Il Pensiero di Dio, diventa l'elemento di maggiore attrazione per tutti, man mano che la vita passa, soltanto che ognuno si troverà di fronte al Pensiero di Dio con-. Con che cosa?

O con la capacità di dedizione all'ascolto di Dio, oppure con il suo giudizio, con lo specchio di quello che lui è.

Perché portando con noi il nostro mondo, noi portiamo con noi lo specchio del nostro cuore.

E.: Quindi giudicando, oltre a escludere la lezione del segno che Dio mi manda, giudico me stesso.

Luigi: Condanno me stesso.

Con quello che io porto con me, credendo...e invece porto la mia condanna.

P.: Questa giustizia dei farisei che riduce la legge a un tribunale, non ci fa entrare, nel senso che non ci mette in collegamento con Dio.

Luigi: Certo, io giudicando mi metto fuori.

Perché per potere essere dentro, devo prendere su di me quello che Dio mi presenta.

Anche il delitto che mi presenta, lo devo prendere su di me.

Soltanto prendendolo su di me, questo mi mette in collegamento con Dio.

In caso diverso no.

P.: Ma per poterlo prendere su di me, devo già essere in collegamento con Dio.

Luigi: Certo.

P.: Non è questo che mi mette in collegamento con Dio.

Luigi: È giusto questo, perché se io non parto da Dio Creatore che mi presenta questa scena, non posso.

Infatti, io escludendo Dio, necessariamente non posso prendere su di me quello, perché attribuisco i fatti che avvengono alle persone che vedo operare quei fatti.

P.: Ma se io parto da Dio Creatore sono già entrata, che bisogno ho ancora di quei segni?

Luigi: Li devo prendere su di me, prima di tutto perché Dio me li presenta. È lezione di Dio.

Perché Dio parla?

Dio parla per farmi entrare.

P.: Allora non sono ancora entrata.

Luigi: Ma è logico, noi partiamo da Dio Creatore di tutte le cose ma il fatto di capire che Dio è il Creatore di tutte le cose, non è ancora essere entrati.

Noi partiamo da Dio Creatore di tutte le cose, per arrivare a Dio che parla a noi Se stesso.

P.: Essere entrata allora vuol dire conoscere Dio.

Luigi: Cioè sapere che Dio è il Creatore di tutte le cose, non è conoscere Dio, è condizione essenziale per entrare in collegamento con Dio il fatto di credere che Dio è il Creatore di tutte le cose, questa è la giustizia fondamentale, per cui se non faccio questa giustizia io non faccio altro che attribuire tutte le cose agli altri.

Per cui io vedo che ruba e dico che quello è un ladro, non posso prendere su di me la lezione.

Soltanto se tengo presente Dio che mi presenta questa scena di uno che ruba, "Signore che cosa mi vuoi dire?", allora questo ricade su di me.

Ma se non tengo presente Dio io faccio fuori tutte le cose e facendo fuori, io resto fuori.

Quindi bisogna partire da Dio che è creatore di tutte le cose, questo è il fondamento per iniziare il dialogo con Dio, iniziando il dialogo con Dio, Dio conduce noi, alla conoscenza di Sé, la conoscenza di Sé che è vita eterna.

Ma in questa conoscenza di Dio, noi entriamo se partiamo da Dio Creatore e ascoltando tutte le lezioni che Lui ci dà, secondo il suo Spirito.

Se invece noi consideriamo le cose senza tenere presente il suo Spirito, le cose stesse, diventano per noi motivo di maledizione, cioè motivo di esclusione dalla conoscenza di Dio. Mi tengono fuori da Dio e mi tolgono il tempo per dedicarmi al Pensiero di Dio.

Le cose siamo noi che le manteniamo e quanto più scegliamo delle cose senza tenere presente il Pensiero di Dio, tanto più queste cose premono su di noi e ci costringono a fare delle decisioni senza avere più il tempo per potere consultare Dio.

P.: Allora la giustizia maggiore di quella di scribi e farisei, è quella di prendere su di sé le lezioni di Dio.

Luigi: Se non c'è questa giustizia maggiore non si entra, non entreremo.

P.: Ma questa giustizia maggiore sarebbe la vera giustizia.

Luigi: No, perché l'altra agli occhi nostri, è una giustizia.

Infatti questi scribi e questi farisei, fanno giustizia.

Giustizia in che senso?

I comandamenti di Dio sono un codice, delle regole, delle norme che contemplano delle colpe.

Noi vediamo questa colpa e applichiamo il codice.

Qui la giustizia sta nell'applicare la legge al fatto.

Io applico questa legge al fatto e non mi accorgo che non ho più bisogno di Dio, io non sto più ragionando con Dio.

Io sto ragionando con il codice, la regola e il fatto che vedo, metto in relazione queste due cose qui.

Dio è già fuori, mi sono messo fuori. Io mi sono messo fuori di Dio.

Invece l'importante è dialogare, conversare tutte le cose con Dio, in Dio, nello Spirito di Dio.

Come noi ci mettiamo sotto il tetto di una regola, di una famiglia, di una istituzione, noi consideriamo tutte le cose in funzione di quella.

Per cui l'uomo a un certo momento è visto in funzione o al servizio di un istituzione, di un monastero, di un convento, di una famiglia, di una società, di uno stato ma tutto si risolve in funzione di quello, Dio non c'è più.

Anche se si dice che è Dio che ha dato quella legge, che ha messo quella istituzione, però noi siamo in funzione di-.

No, l'istituzione, la legge, la regola è per l'uomo, non è l'uomo per la regola o per l'istituzione.

Quindi non fate servire l'uomo a una istituzione, a una legge.

Ma allora l'uomo per cosa è stato creato?

L'uomo è stato creato per conoscere Dio.

Quindi la legge è fatta per l'uomo ma l'uomo è creato per conoscere Dio.

Mantieni sempre il rispetto di questo ordine qui e allora assumi la legge per conoscere Dio, ma se l'assumi per conoscere Dio, non giudichi più.

N.: Se uno non prende su di sé il peccato dell'altro, analizzando come lui lo porta dentro, poi è costretto da Dio a passare realmente attraverso quel peccato e Dio lo fa proprio per cercare ancora di recuperarlo.

Chi si crede giusto, a un certo momento è costretto a passare attraverso quei peccati che non ha visto su di sé.

La sua condanna davanti a Dio, resta evidenziata da questo.

Luigi: Perché il peccato l'abbiamo già dentro.

N.: Colui che si ritiene giusto, che non approfitta dell'occasione che Dio gli offre di prendere su di sé il peccato che vede fuori di sé per scorgerlo dentro di sé, a un certo punto, è poi costretto lui stesso a evidenziarlo fuori.

Luigi: Ma vedi, questa evidenziazione o esteriorizzazione, non è altro che l'esteriorizzazione di un fatto che già esiste dentro di noi.

Colui che giudica il fratello, è perché ha già questo peccato qui dentro di sé. Se noi non lo vediamo, succede che quello che portiamo dentro, a un certo momento viene fuori: "Non c'è nulla di nascosto che non abbia a essere rivelato".

Il Signore, prima che questo venga fuori, ce lo presenta come specchio fuori di noi, affinché, se noi capiamo la lezione da Dio, scopriamo questo dentro e non abbiamo più necessità di "farlo".

Perché scoprendo quello che portiamo dentro di noi, con la grazia di Dio, abbiamo la possibilità di superarlo, di esserne liberi.

Tutti, anche quelli che noi crediamo più peccatori, è il corpo di Cristo tra noi, prendono su di sé il nostro male, quel male che portiamo dentro di noi per liberarci da esso.

Infatti San Paolo dice: "Io sono riconoscente, agli amici e ai nemici", perché tutti quanti hanno contribuito.

Quindi nel cielo di Dio, coloro che si salvano, saranno riconoscenti a tutti, perché tutti quanti, prendendo su di sé la nostra situazione, hanno contribuito a condurre noi al Pensiero di Dio...se noi abbiamo ricevuto tutto dalle mani di Dio.

Nel peccatore che abbiamo davanti a noi, nel povero, nel malato, nel carcerato, c'è la mano di Dio per me: "Ero io, ero io".

Però per potere fare questo lavoro, cioè prendere su di noi, quello che avviene davanti a noi, è essenziale per noi sempre, partire da Dio Creatore, quindi è Dio che mi presenta questo.

Non me lo presenta perché io abbia a giudicarlo, ma me lo presenta per farmi capire che il male che porto dentro di me e darmi la possibilità di uscirne, perché mi sta rivelando un difetto nel mio rapporto con Lui.

Il fratello che mi pesta un piede, è opera della misericordia di Dio, per aiutare me a dialogare con Dio. Quindi questo fratello qui che magari fa un gesto villano chiede a me riconoscenza, perché è Dio che lo ha fatto villano per me, per aiutare me che ero villano nei riguardi di Dio, per farmi scoprire la mia villania nei riguardi di Dio.

Noi invece il più delle volte giudichiamo: "Quel fratello è un villano" e non prendiamo più su di noi la lezione la lezione di Dio, la mettiamo fuori, la carichiamo sul fratello e escludiamo quindi quella grazia che Dio ci aveva mandato attraverso questo fratello.

....Luigi: In quanto attribuisco a-, è perché io non ho presente Dio Creatore. Cioè, non tengo presente che è Dio che sta parlando con me.

Dio Creatore vuole dire Dio che parla con te in tutte le cose.

Dio ti presenta le cose, non perché tu abbia a fare un tribunale per condannare il fratello, Dio non ti presenta mica un fratello perché tu abbia a giudicarlo. Tanto più che il Signore dice: "Tu non giudicare, sono Io il Giudice".

Allora se non posso giudicare, di fronte a un fratello che fa un delitto, cosa devo fare?

Devi prendere la lezione su di te, è per te.

È Dio che ti presenta questo per te, cerca di capire che cosa Dio ti vuole dire attraverso questo avvenimento qui, perché è per la tua vita, questo vuole dire prendere su di noi.

X.: Proprio oggi ho saputo di quel ragazzo che ha fatto un colpo di testa e ha lasciato il lavoro e adesso si trova in mezzo a una strada...

Luigi: Pensi quante volte noi restiamo disoccupati.

Quante volte Dio ci dà un lavoro e noi restiamo disoccupati?

È sufficiente vederlo in questa proiezione qui per vedere quale lezione Dio ci dà.

Dio ci invita a entrare nella vita eterna e quanto lavoro noi lasciamo perdere? E quindi restiamo interiormente disoccupati, mentre c'è tanto da fare.

Tutto è lezione di Dio.

In tutte le cose bisogna sempre cercare che cosa Dio ci vuol dire presentandoci quello.

Noi ci siamo creati quella mentalità, per cui non saliamo più al Pensiero di Dio ma ci fermiamo alla realtà (noi la chiamiamo realtà) delle persone, delle creature, per cui è questo tale che fa così, che si comporta così e giudichiamo in continuazione, per cui escludiamo le lezioni di Dio. E non ci accorgiamo che escludiamo la nostra vita in questo modo qui.

Invece tutte le cose bisogna imparare a dialogarle con Dio, perché è Dio che in tutte le cose sta dialogando con te.

Y.: Tutti i segni che mi arrivano, sono Parola di Dio per me, da capire, non da giudicare.

Luigi: È molto importante questo, infatti abbiamo messo come tema il confronto tra le due giustizie: la giustizia di scribi e farisei e la giustizia maggiore.

La giustizia di scribi e farisei ci impedisce di entrare, ci vuole una giustizia maggiore.

Abbiamo visto quale è questa giustizia maggiore e quali sono le condizioni per potere restare nello spirito della legge.

Mentre invece la giustizia di scribi e farisei, è quella che adopera la legge come un codice per esaminare, misurare, giudicare, condannare.

Fintanto che noi adoperiamo la legge o consideriamo la legge sotto questo aspetto, noi ci mettiamo fuori dal regno di Dio, non entriamo nel regno di Dio.

P.: Ma non sono le condizioni per restare nello spirito della legge, è la condizione per restare nello spirito della legge, perché è una condizione sola. O le altre mi sono sfuggite? Bisogna tenere presente il Fine.

Luigi: Certo, tenere presente il Fine.

Però questo Fine qui, che è lo Spirito di Dio, si deduce da Dio Creatore, per cui bisogna raccogliere tutte le cose in Dio, raccogliendo le cose in Dio, bisogna cercare il Pensiero di Dio e dal Pensiero di Dio si scopre poi il Fine.

P.: Ma non lo sappiamo già noi il Fine? Dio crea per salvarci.

Luigi: Sappiamo tante cose!

Prima di tutto bisogna sapere in cosa consiste la salvezza.

Abbiamo visto stasera, quanti di noi, quanti del nostro mondo, ritengono che la salvezza consista nell'osservare i comandamenti.

E noi troviamo San Paolo che dice che la legge è una maledizione, stare sotto la legge è una maledizione, perché la legge ci è stata data per farci toccare con mano la nostra morte, non ci salva.

La legge non ci salva!

Quello che ci salva, è l'unione con Cristo.

È Cristo che ci salva, non è la legge.

E allora se la legge non mi porta al Cristo, a questo dialogo con Dio, con il Pensiero di Dio, la legge mi fa toccare con mano solo la mia morte, mi fa esperimentare la morte ma non mi salva. non mi può salvare.

La salvezza passa attraverso il superamento del pensiero del mio io ma il superamento del pensiero del mio io, ha bisogno della presenza di un altro, di una persona.

Fintanto che io ho davanti ai miei occhi soltanto delle regole, le regole non mi danno la possibilità di superare il pensiero del mio io.

Al più mi fanno vantare perché io sono stato capace di applicare questa legge.

P.: O mi scoraggiano.

Luigi: O mi scoraggiano, comunque non mi possono liberare dal pensiero del mio io.

Perché ciò che mi libera dal pensiero del mio io, è l'amore per un altro essere, per un altra persona.

È la presenza di un altra persona.

È soltanto incontrando la presenza di un altra persona e dedicandomi a questa presenza, ad ascoltare quest'altra persona, io posso superare il pensiero del mio io.

Cioè, è l'altra persona che parlando con me, dà a me la possibilità di liberarmi dal pensiero dell'io.

Ma io da solo non posso assolutamente liberarmi dal pensiero del mio io.

Chi mi libera dal pensiero del mio io, è l'altro che parla con me, ma in quanto io sono disposto ad ascoltarlo.

L'Altro parlando con me, mi libera dal pensiero del mio io e quindi mi conduce a vedere il suo Pensiero, il suo Pensiero è il Padre, ma in quanto parla con me.

Ma se io perdo il contatto con Lui, posso fischiare tutte le sinfonie di Beethoven ma non ne esco dal pensiero del mio io.

Come io non posso liberarmi da solo, così, non c'è nessuna struttura, nessuna legge, nessun comandamento (di Dio sia chiaro), non c'è nessuna creatura, non c'è nessuna istituzione che mi possa liberare dal pensiero del mio io.

È soltanto il rapporto con una persona, col Cristo (Pensiero di Dio) che mi libera dal pensiero del mio io.

P.: È il Pensiero di Dio, però visto come persona.

Luigi: Certo, il Pensiero di Dio è persona! Ma in quanto parla con me.

E parla con me di che cosa?

Parla con me del Padre.

In quanto parla a me del Padre, libera me dal pensiero dell'io e mi conduce a conoscere Dio e quindi poi dopo a rinascere da Dio come Figlio di Dio, ma allora rinasco nel giusto rapporto che mi fa restare nello Spirito di Dio.

Ma non arriviamo a questo Spirito, cioè a questo fine, a restare nello Spirito delle cose che poi è anche lo Spirito della legge, se non passando attraverso Padre e Figlio.

Perché arriviamo allo Spirito attraverso il Padre e il Figlio.

P.: È lo Spirito Santo?

Luigi: È lo Spirito Santo.

È soltanto con lo Spirito santo che noi restiamo nello spirito delle cose.

Tutta la creazione si sintetizza in una proposta, questa proposta è: uomo cerca Dio, sei stato creato per conoscere Dio, cioè il primo comandamento.

Tutta la creazione si sintetizza nella legge e tutta la legge si sintetizza in questo primo comandamento da cui dipende tutta la legge, tutti i profeti e tutta la creazione di Dio.

Quindi sul vertice della creazione di Dio, quindi sul vertice dei profeti, della legge, c'è questo comando: ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente.

Questo Dio lo dice a tutti gli uomini.

Ama, cioè cerca Dio prima di tutto, perché sei stato creato per conoscere Dio.

P.: Questo è lo spirito della legge praticamente.

Luigi: Per cui ogni comandamento, non va preso isolato in sé ma va visto in funzione di questo amore.

Perché Dio mi comanda di non rubare, di non uccidere, di non dire falsa testimonianza?

Noi diciamo perché queste sono norme per poter vivere bene in armonia tra noi, nossignore!

Cioè la legge va capita più che fatta.

Noi puntiamo molto sull'azione ma più che fatta, la legge va capita e capita nello Spirito di Dio: perché Dio ha comandato questo? Invece noi consideriamo quelle regole come regole assolute: "Ci ha ordinato questa regola, dobbiamo restare sotto questa regola".

E ritengo che restando sotto questa regola sono salvato, mentre invece mi escludo dalla salvezza.

P.: Perché non entro nell'amore.

Luigi: Perché non entro nella conoscenza di Dio, perché la salvezza sta nel conoscere la Verità.

L'amore vero è conoscenza.

Chi ama desidera conoscere tutto dell'essere amato.

P.: Invece se sto sotto la legge, sono sotto la maledizione, proprio perché mi metto fuori, mi fermo a metà strada, non arrivo a Cristo.

Luigi: Non arrivo a Cristo, perché ritengo di essere salvato magari perché io pago le imposte, magari perché io faccio digiuno, perché magari io non uccido, perché magari io non rubo...e non ho capito niente.

P.: Ho bisogno del Salvatore.

Luigi: Certo.

P.: Solo se io colgo lo spirito della legge, capisco che non compio la legge se mi fermo all'applicazione letterale di essa e mi fa toccare con mano la mia impossibilità di vivere lo spirito della legge.

Luigi: La legge non ci salva.

P.: Eppure è stata data da Dio.

Luigi: È stata data da Dio ma come pedagogo.

La legge non è male ma se tu vivi per la legge, la legge è male.

La legge ti è stata data per portarti al Cristo.

Se tu invece stai sotto la legge, ritieni, cioè vivi per essere salvato dalla legge sei nell'errore, perché ti fermi alla lettera, non cogli lo spirito.

Infatti Gesù ha precisato e ha fatto anche precisare dallo scriba che viene dall'antico testamento e lo sa riconoscere, il primo e grande comandamento è: ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso, in questo si sintetizza tutto.

Questa invece è l'unica cosa che noi trascuriamo, noi siamo scrupolosissimi nel digiuno, nel pagare le imposte e rispettare la legge ma escludiamo l'amare Dio al di sopra di tutto.

Questo è il nostro errore.

P.: È in questo senso che Gesù dice che Mosè e i profeti hanno parlato di Lui?

Luigi: Infatti abbiamo accennato l'altra volta che loro si presentano dicendo: "Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne, tu però cosa ne dici?"

La risposta di Gesù è: "Mosè ha scritto di me".

"Tu cosa ne dici?"

"Mosè ha scritto di Me".

Cioè, Mosè non vi ha comandato di lapidare tali donne, "Mosè ha scritto di Me".

Se "ha scritto di Me, Mosè ha dato la legge e i comandamenti perché voi conosceste Me".

"Ha scritto di Me", non ha scritto di questa donna adultera, "Ha scritto di Me".

Se voi foste capaci a leggere quello che Dio vi presenta in questa donna adultera, voi capireste che "Mosè ha parlato di Me".

P.: Cioè ha scritto le condizioni per arrivare a Cristo.

Luigi: Si capisce, cioè "Ha parlato di Me".

G.: Cioè, vuol dire che Mosè ha scritto pensando con il Pensiero di Dio?

Luigi: No, tutto quello che Mosè ha scritto (e lo ha scritto per ordine di Dio), l'ha scritto per convogliarci a Cristo.

Cosa vuole dire parlare o scrivere di uno?

Vuol dire presentare quell'uno.

Per cui io leggendo la biografia di uno, penso a quell'uno, vengo a conoscere quell'uno.

G.: Quindi Mosè aveva presente il Pensiero di Dio.

Luigi: Io non so che cosa avesse presente Mosè, quello a noi non interessa.

Ora, mentre loro avevano fatto appello a Mosè per giudicare quella donna ("Mosè ha comandato"), la visione di Gesù è diversa ("Mosè ha scritto di Me").

Quindi se voi in Mosè vedete altro, vuol dire che non avete capito niente di Mosè.

Per cui se noi vediamo la legge e i comandamenti, non come la biografia del Cristo, non come lo scritto che mi conduce a pensare a Cristo, io non ho capito niente della legge.

Se io prendo la legge soltanto come una regola, alla quale devo sottomettere la mia vita, io non ho capito niente della legge e sono condannato dalla legge, cioè resto in quella legge-tribunale degli scribi e dei farisei: "Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella di scribi e farisei, non entrerete".

Quindi se voi vedete la legge come la vedono scribi e farisei, voi non entrerete.

Quindi come dobbiamo vederla la legge?

La legge dobbiamo vederla per quello che mi parla di Cristo.

La legge è il pedagogo, dice San Paolo.

Cioè, è la strada che mi conduce al Cristo.

La strada mi parla della meta.

In quanto io seguo una strada, ho presente la meta.

Non vedo ancora la meta ma la strada mi sta già parlando della meta e tutti i segnali che trovo, sono delle frecce che mi indicano la meta.

Tutto quello che è avvenuto nell'antico testamento è una strada, con delle frecce, con dei segnali che mi parlano di Cristo e mi conducono al Cristo, Cristo è il compimento e infatti è detto la pienezza dei tempi.

Pienezza dei tempi cosa vuol dire?

È la conclusione alla quale conduce la strada.

Però se noi lungo la strada, non vediamo questa meta, non abbiamo presente questa meta qui, non capiamo più niente della strada.

Noi ci fermiamo alla lettera, all'apparenza, ma andando a fondo: "Scrutate le scritture, le scritture parlano di Me".

"Signore, io scruto le scritture ma non capisco proprio come parlino di te".

Ma se Gesù mi dice che le scritture parlano di Lui, chi sono io per dire che non è vero?

Allora sono io che sono in ritardo, sono io che non sono capace a leggere.

Sono io che non ho ancora la chiave di lettura, per cui io osservo la creazione che parla di Dio, ma io non capisco assolutamente cosa mi dice di Dio.

Come può una stella, una strada o un monte parlarmi del Cristo?

Eppure parlano di Cristo.

Allora sono io che non sono capace a leggere, mi manca la chiave di lettura, io mi trovo con un linguaggio straniero.

Eppure in quanto mi dice che parlano di Lui, mi mette in movimento, mi invita a approfondire: "Signore aiutami a capire che cosa mi dicono di te tutte le cose".

I profeti, la legge, la creazione che cosa mi dicono di Cristo? Perché mi parlano di Cristo.

Quel metterci in movimento, già ci inserisce nel Pensiero di Dio, già ci fa appartenere al Cristo.

Per questo colui che desidera conoscere Dio, anche solo per fede, anche se non lo vede, già appartiene al Cristo.

Anche se non è popolo di Dio e se uno si ritiene popolo di Dio ma non desidera conoscere Dio, non cerca il Cristo che è il Pensiero di Dio tra noi, Lui non appartiene al Cristo, anche se ha l'etichetta di essere popolo di Dio.

Vede come ci può essere un inganno?

Noi possiamo ritenerci giusti, onesti, salvi perché apparteniamo a una istituzione ma essere molto lontani da Dio.

Per cui i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi.

G.: Quindi questa legge non va applicata agli altri ma va applicata a noi ma al nostro interno.

Luigi: Sì, perché quando io penso a me stesso, quindi sono in colpa, nel peccato non posso intendere le lezioni su di me, le vedo soltanto fuori.

Allora Dio mi presenta fuori lo specchio di quello che io sono dentro nei riguardi di Dio.

Io non ritengo di essere un paralitico, ritengo di essere molto in gamba, eppure se Dio mi presenta un paralitico, che cosa mi vuole dire?

Il Signore ti dice: "Io sto presentando a te un difetto della tua anima nei miei riguardi, la tua anima nei miei riguardi è paralizzata".

Prima parlavamo della disoccupazione, uno che aveva un lavoro, per un colpo di testa, lascia il suo lavoro, resta disoccupato.

Signore, quale lezione mi vuoi dare, che cosa mi vuoi dire?

"E' il rapporto tra la tua anima e Me, guarda quanto lavoro tu lasci perdere nei miei riguardi, quante volte tu resti disoccupato dentro di te, mentre Io tendo a occupare tutti i tuoi pensieri".

Per cui Gesù stesso dice che è necessario pregare sempre, cosa vuole dire pregare sempre?

Essere sempre occupati con Dio.

Noi invece il più delle volte siamo disoccupati, lasciamo perdere  il lavoro.

Magari giudichiamo il fratello dicendo che quello non ha voglia di lavorare e non ci rendiamo conto che condanniamo noi stessi.

Come mai non vedi la lezione?

Perché hai dimenticato Dio che ti sta presentando questa scena, è Dio che accende la televisione davanti ai miei occhi e mi presenta questo, per me, allora devo dialogare, soltanto se dialogo entro.

G.: E tutto questo è per me.

Luigi: In tutta la creazione, in ogni fratello c'è il Cristo ed è con Cristo che muore in croce che ho la chiave di lettura per capire.

In Cristo abbiamo la sintesi, abbiamo il fine, abbiamo il compimento, quindi abbiamo anche la luce, la rivelazione per capire tutto quello che avviene nel tempo, nella nostra vita.

Sono tutti i fratelli che in un modo o nell'altro parlano per me in qualche modo, per farmi capire, quindi per farmi entrare nella salvezza.

P.: Tutte le scritture parlano di Cristo...

Luigi: La creazione è una scrittura, scrittura di Dio, se scrive parla di qualcosa, di che cosa parla?

Parla di Dio.

Cioè, quando uno scrive, scrive per manifestare il proprio pensiero.

Anche questo è un segno, Dio scrive, certo la sua scrittura non è come la nostra, noi scrivendo, non facciamo altro che copiare la scrittura di Dio.

Comunque, tutta la creazione di Dio, è scrittura di Dio per me.

In quanto scrive, mi rivela il suo Pensiero.

Per cui la conclusione della scrittura di Dio è la manifestazione, la rivelazione del suo Pensiero.

Il suo Pensiero è il suo Verbo, il suo Verbo che è presente in me e che io non so, perché lo confondo con il mio pensiero.

P.:Però, prima di arrivare a capire il pensiero di Dio, è sufficiente per vedere il Cristo nella legge, nei profeti, nella creazione, Cristo che è Dio...

Luigi: Cristo è il Pensiero di Dio.

P.: E' il Pensiero di Dio che parla con me.

Se tutte le cose mi fanno pensare Dio...

Luigi: Cristo è il Pensiero di Dio, Dio parla con me, per rivelarmi il suo Pensiero.

Quindi abbiamo Dio Creatore, abbiamo i segni di Dio (scrittura) che parla con me, per condurre me a vedere il suo Pensiero che è la meta di tutta la scrittura.

Il suo Pensiero è il Cristo tra noi.

P.: Comunque è già un punto di partenza giusto questo vedere Cristo.

Se la creazione, la legge, i profeti mi fanno pensare a Dio, io leggo già: "Scrutate le scritture parlano di Me".

Se la creazione mi fa pensare a Dio, io leggo già il Cristo?

Luigi: Va beh, in quanto desidero conoscere Dio, appartengo a Dio.

Se invece io, ritengo di essere salvato in quanto ubbidisco alle regole, alla legge, oppure in quanto io appartengo alla chiesa cattolica ritengo di essere salvato, io non entro nel regno di Dio.

Perché pongo la mia fiducia in una istituzione, in una legge (opera di Dio) ma chi mi salva è altro, è Dio.

N.: Noi vorremmo essere salvati dai segni mentre è il Pensiero di Dio che ci salva.

Luigi: I segni hanno la funzione di condurmi a contatto con il Pensiero di Dio.

N.: Noi dimentichiamo che tutte le altre cose sono sempre e soltanto segni.

Luigi: Certo.

N.: Il segno è ambiguo, o è tenuto unito a Dio e allora svolge la sua funzione e porta allo Spirito, o è tenuto separato da Dio e allora ci domina e noi ci mettiamo sotto la legge o sotto una regola perché in fondo ci conviene.

Luigi: Tutti i segni, quindi anche i comandamenti, anche la chiesa sono segni per condurci al Cristo, quindi sono servi.

N.: Sono in funzione.

Luigi: Sono in funzione, quindi sono a servizio, sono servi per l'uomo, affinché l'uomo possa dialogare personalmente con Dio. Se si mettono al posto di questo dialogo, allora diventano falsi valori.

N.: Anche il Papa è in funzione...

Luigi: Tutto, tutto. Infatti è il servo dei servi ma in quanto servo deve servire.

Servire che cosa?

Servire quest'uomo nel suo rapporto con Dio, affinché l'uomo dialoghi con Dio.

Chi salva è Dio, la nostra salvezza sta nella conoscenza di Dio.

La conoscenza di Dio ci viene soltanto da Dio.

N.: Noi anche lì sbagliamo, siamo portati a fare una gerarchia in questi segni e a vedere segni piccoli e segni grandi.

Anche il Cristo incarnato è un segno.

Luigi: Infatti Cristo dice che Lui è venuto per servire ma servire che cosa?

Servire il nostro rapporto con il Padre.

N.: Noi abbiamo quasi paura a dire che Cristo incarnato è un segno, abbiamo paura di bestemmiare.

Luigi: L'ha detto Lui!

N.: Invece la Verità va vista in tutta la sua interezza.

Non possiamo fermarci davanti alla Verità con la paura di vederla.

P.: Ma il Cristo incarnato è sempre persona divina.

Luigi: Guardi che Cristo dice: "Se Io non me ne vado, non può venire a voi lo Spirito di Verità".

P.: "Se Io non me ne vado" ma come presenza fisica.

Luigi: Infatti stavamo parlando del Cristo incarnato.

"Se Io non me ne vado, non può venire lo Spirito", vuol dire che Lui si mette fuori.

Ora, se lo dice Lui, a maggior ragione lo devono dire tutte le istituzioni e tutte le creature, è necessario che se ne vadano.

Tutto e tutti dicono a te: "Io me ne vado, perché deve venire lo Spirito in te".

Se invece vogliono restare, quello diventa maledizione.

Tutti i segni di Dio, se non ci conducono a Dio, diventano maledizione per noi.

La legge stessa diventa maledizione perché mi impedisce di entrare.

P.: E' il tema di oggi, il confronto fra le due giustizie.

Luigi: Gesù è chiaro: se c'erano degli esseri scrupolosi nell'applicare la legge erano proprio scribi e farisei, vivevano per la legge e Gesù ti dice che se la tua giustizia non è maggiore di questa, non puoi entrare.

P.: In realtà quella di scribi e farisei non è giustizia.

Luigi: Però ai nostri occhi è giustizia.

N.: Noi viviamo di quella giustizia lì tutti i giorni.

P.: La giustizia di scribi e farisei è proprio centrata sul pensiero dell'io e non ci fa entrare, quella che ci fa entrare è quella che ci apre a una persona.

Luigi: Ecco, a un rapporto personale.

P.: Un rapporto personale, quindi ci fa superare l'io e quindi ci fa vedere tutto come opera di un Altro che parla con me.

Luigi: E' l'altro che parlando con me, offre, dà a me la possibilità di superare il pensiero del mio io e del mio mondo en entrare nel mondo dell'Altro.

Quindi è l'Altro che parlando con me, mi fa passare al nuovo mondo.

P.: Ma se io non ascolto...

Luigi: Se l'altro non parla, io mi spengo nel mio io, non c'è niente da fare, non faccio altro che girare attorno a me stesso, sono una trottola, non posso mica farne a meno.

Butto via il mio io dalla porta e lui entra dalla finestra, lo butto dalla finestra e entra dalla porta ma è sempre un dialogo con il mio io, è soltanto l'Altro che sta parlando con me che mi libera, ecco la gioia del parlare di Dio con noi.

P.: Questa stessa Parola di Dio: "Se la vostra giustizia non sarà maggiore" è un Altro che ci parla e che ci libera.

Luigi: Infatti la Parola di Dio è Dio che parlando con me mi libera.

P.: Qui si esperimenta la salvezza.

Luigi: Ma anche lì vede, l'importanza del Dio che parla con me?

Affrettati quando Lui parla, se Lui poi cessa di parlare, tu ti affaticherai per cercarlo ma non potrai più.

Perché tu entri in quanto Lui parla, non in quanto parli tu.

Se arriva un momento in cui parli tu è finito, tu non entri più.

Quindi bisogna affrettarsi: "Ancora per poco la luce è con voi".

J.: Non bisogna giudicare.

Luigi: Giudicando ti escludi dal dialogo con Dio, cioè ti escludi dall'ascoltare la Parola di Dio.

Se invece tu non giudichi, entri nell'ascolto della Parola di Dio.

Noi giudicando ci escludiamo dall'ascoltare la Parola di Dio.

Y.: Questa spiegazione è bella, ma quelli che non hanno la possibilità di sentire queste cose?

Luigi: Dio vuole salvare tutti, non fosse altro che con l'agonia, la morte, la malattia, ti stacca da tutte le cose del mondo, ci fa toccare con mano la nostra miseria e la nostra povertà e forse lì ci apriamo.

Ci sono delle vecchiette che non sanno leggere ma che cantano il Regno di Dio: Dio ha infinite possibilità. L'importante è non fare i superbi, Dio non abbandona mica nessuno.

Y.: Dobbiamo chiedere il perché.

Luigi: Sì, perché il perché è Lui stesso che ce lo mette.

Più noi pensiamo a Dio e più noi sentiamo questo bisogno di conoscenza e il bisogno di conoscenza è grazia di Dio.

Quanto più ci immergiamo nel mondo e tanto più ci accorgiamo che questo bisogno di conoscenza di Dio si spegne, non abbiamo tempo, non abbiamo interesse, perché siamo pressati da tante altre cose e non desideriamo più conoscere Dio.

Dio diventa una cosa lontana, astratta non mi dice più niente, perché le altre cose di questo mio mondo mi dicono molto di più.

E' lì che comincia la dannazione, perché vuol dire che noi siamo già proiettati nelle tenebre esteriori.

Mentre invece conoscere Dio dovrebbe essere gioia, interessarsi della Luce, capire dovrebbe essere gioia.

Y.: Gioia se il mio amore è in Dio ma se il mio amore è in altro.

Luigi: Se il mio amore è in altro, occuparmi di Dio diventa una fatica, diventa una fatica pensare Dio, anzi a un certo momento diventa proprio una noia tremenda.

Ci sono le pecore di Dio e le pecore del mondo, le pecore di Dio sono tristi ad occuparsi delle cose del mondo e le pecore del mondo sono tristi a doversi occupare delle cose di Dio o a sentir parlare di Dio, stanno invece bene nelle cose del mondo.

...Luigi: La legge o mi conduce all'incontro con Cristo o diventa motivo di dannazione.

Se restiamo nella lettera della legge non vediamo lo Spirito della legge, perché dimentichiamo che il primo comandamento dal quale dipendono tutti gli altri è la ricerca della presenza di Dio.

Amare vuole dire cercare la presenza.

Il primo comandamento dal quale dipendono tutti gli altri è cercare la presenza di Dio con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutta la tua vita, con tutto te stesso, tutto dipende da questo.

Noi quando seguiamo la legge alla lettera, quello lo dimentichiamo completamente.

Ci fermiamo molto sul non rubare, non fornicare, non desiderare e quindi travisiamo lo Spirito della legge.

Quindi in ogni cosa, cerca sempre che cosa il Signore ti vuole dire e non giudicare, perché giudicando escludi la vita da te, anziché avere un rapporto verticale con Dio, hai un rapporto orizzontale con il fratello.

Un giorno il Signore ti farà capire che era Lui che parlava con te in tutto.

Bisogna tenere presente il Pensiero di Dio, Dio Creatore è Colui che parla in tutto.

P.: Non dobbiamo giudicare nemmeno noi stessi?

Luigi: Nemmeno noi stessi.

Dobbiamo sempre cercare di capire che cosa Dio ci vuole significare.

Noi entriamo nell'angoscia, proprio perché vorremmo essere diversi da quello che siamo.

N.: Non arriviamo a vedere Dio che prende su di Sé il nostro peccato e allora ci disperiamo.

P.: Che differenza c'è tra il non giudicare neppure noi stessi e invece il capire il male che Dio mi vuole rivelare attraverso uno specchio esterno?

Luigi: Non sono io che vedo il Male, è Dio che me lo fa vedere.

Dio in quanto mi presenta lo specchio mi fa vedere il male che porto in me ma anche il mio corpo diventa specchio, quindi lezione di Dio per farmi capire il difetto, cosa c'è di sbagliato nel rapporto tra la mia anima e Lui.

E' Dio che mi parla, quindi io sto ascoltando Dio.

Ascoltando Dio, Dio mi fa vedere in cosa difetto.

Se io vedo un ubriaco, non mi rendo conto che io sono ubriaco, faccio male a dire che quello è un ubriacone, non posso dirlo, perché Dio dirà: "Sono Io che stavo parlando con te della tua ubriacatura" e allora ascoltando la Parola di Dio: "Signore in cosa consiste la mia ubriacatura?".

E allora, ascoltando Lui, a un certo momento, devo arrivare a scoprire quello che Lui mi vuole fare capire, questa ubriacatura che porto dentro di me, per potere cambiare me nei riguardi suoi.

N.: Poi il giudicarci è contrario allo Spirito di Dio. Perché noi non prendiamo più su di noi la lezione di Dio che muore, prendendo il nostro peccato su di Sé, per salvarci.

Se noi ci giudichiamo entriamo nella disperazione.

O noi siamo dei superficiali, e allora non vediamo niente ma se andiamo a fondo della nostra vita, noi ci vediamo macchiati di tutti i peccati.

Luigi: Entriamo nella disperazione, entriamo nell'angoscia: "Io non arriverò mai, non ce la farò mai, è impossibile"

N.: La salvezza che ci offre Cristo è quella, non ci offre mica altro.

Se noi ci giudichiamo, Dio può essere grande fin che si vuole ma noi siamo il niente totale e non usciamo dal nostro niente.

Luigi: Bisogna anche avere pazienza con la nostra miseria, con il nostro peccato, con la nostra povertà.

Quindi non fare conto su te stesso, quante volte noi programmiamo e promettiamo e poi facciamo tutto il rovescio, è il Signore che ti fa toccare con mano il tuo niente e a un certo punto arrivi alla disperazione: "Ma io non ce la farò mai, perché ho già provato mille volte, non ci riuscirò mai", fai conto su Dio, non far conto sui tuoi programmi, sui tuoi progetti.

P.: E' opera stessa di Dio, per farmi capire...

Luigi: Certo, è Dio che fa.

San Pietro dice: "Io verrò con te fino alla morte" e Gesù: "Stanotte, prima che il gallo canti mi avrai già tradito tre volte".

Quindi fai conto su Dio, è Dio che conduce, che ti forma, che ti salva, è Dio che ti libera.

Quindi fai conto su Dio, non far conto su te o sulla tua volontà, abbi fiducia in Dio.

Molte volte si dice che dobbiamo avere fiducia in noi stessi ma questa non è solo un illusione ma è l'apertura all'angoscia. e alla disperazione.

N.: Se l'uomo comprendesse veramente quello che significa che Dio prende su di Sé i nostri peccati non ci sarebbe disperazione.

Luigi: Il problema essenziale di questa sera è capire in cosa consiste questa giustizia di scribi e farisei e in cosa consiste la giustizia maggiore, perché la giustizia di scribi e farisei non lascia entrare nel regno dei cieli, perché invece la giustizia maggiore fa entrare nel regno dei cieli.