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Gli risposero allora i Giudei: "Non abbiamo dunque ragione a dire che sei un Samaritano e che sei posseduto da demonio?".

Gv 8 Vs 48


Titolo: L'ultimo segno con cui la creatura tende ad annullare le lezioni del Creatore.


Argomenti: Ritorcere su Gesù,l'accusa di Gesù. L'orecchio per ascoltare è il pensiero. L'orecchio per ascoltare Dio è il Pensiero di Dio. La creazione è un discorso di Dio: presentare a noi il suo Pensiero. La sintonia/comunicazione di pensiero. Identità di pensiero con Dio. Essere in un pensiero diverso dal Pensiero di Dio.  Attenzione a colui che parla. Comunicazione dell'Essere, partecipazione all'Essere. Arrivare a intendere. La lingua straniera. Identità di rapporto tra pensiero e segni. La privazione di essere. La ritorsione dell'uomo alla sua diminuzione d'essere. Il "sì" e il "no" della creatura al Creatore.


 

20/Aprile/1986 Casa di preghiera. Fossano.


Siamo al versetto 48, dove i giudei rispondono a Gesù: "Non abbiamo noi ragione nel dire che sei un samaritano e che sei posseduto dal demonio?".

Anche qui troviamo una scena che ci viene presentata dal Vangelo e quindi una Parola di Dio che ci vuole rivelare qualche cosa di Sé e qualche cosa dell'uomo, qualche cosa del suo Regno, di come Egli regna nelle anime.

E anche qui quindi dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato abbia questo fatto, questi giudei che rispondono in tale modo al discorso che aveva tenuto loro Gesù.

Gesù aveva affermato loro che essi avevano come padre il demonio e che non erano da Dio.

Qui troviamo questi giudei che ritorcono su Gesù la stessa sua accusa.

Essi dicono: "Tu sei un samaritano" cioè uno senza Dio, uno che non ha Dio come padre e gli dicono: "Tu sei posseduto dal demonio, non abbiamo forse noi ragione di dire che sei un samaritano e un posseduto dal demonio?".

Cioè l'accusa, la critica, il giudizio che Gesù aveva fatto su loro, essi lo ritorcono su Gesù.

Dobbiamo chiederci il significato di questo.

La lezione che viene a noi da questo.

Evidentemente costoro avevano orecchi, poiché avevano ascoltato le Parole di Gesù, ma non avevano cuore, non avevano pensiero, cioè non avevano preso su di sé, la lezione che Gesù aveva detto per loro.

Gesù aveva detto loro che avevano per padre il demonio e che erano senza Dio, che non erano da Dio.

Loro avevano ascoltato queste Parole ma, non con il pensiero, cioè non le avevano prese su di sé, infatti le riflettono, le ritorcono su Gesù.

Già la volta scorsa abbiamo visto che il vero orecchio per ascoltare è il pensiero.

Se il nostro pensiero è altrove, i nostri orecchi sentono ma il nostro pensiero, essendo altrove, non dà la possibilità al nostro cuore di ascoltare e alla nostra mente di capire.

Quindi abbiamo detto che l'orecchio per ascoltare è il pensiero e l'orecchio per ascoltare Dio, le Parole di Dio è il Pensiero di Dio, si ascolta con il pensiero.

Se il nostro pensiero è lontano da Dio, le Parole di Dio arrivano a noi ma noi non abbiamo la possibilità di ascoltarle e quando non abbiamo la possibilità di ascoltarle, non possiamo certamente arrivare a intendere il significato che esse portano con sé.

Il problema da sottolineare è proprio questo.

Questi giudei non hanno preso su di sé le Parole che Gesù ha detto, non le hanno prese su di sé.

Le Parole di Gesù sono Parole di Dio e in quello che avviene in Gesù, abbiamo la rivelazione di quello che Dio opera nella nostra vita, di quello che avviene tutti i giorni.

Tutti i giorni Dio parla con noi, tutti i giorni Dio fa arrivare a noi le sue Parole.

Fatti, cose, creature sono Parole di Dio perché appartengono alla creazione di Dio.

Ed essendo Parole di Dio, sono rivolte a ognuno di noi.

Però ecco il fatto, noi possiamo avere orecchi per ascoltare o possiamo avere orecchi per non ascoltare.

Siccome si tratta di Parole di Dio, per avere orecchi per ascoltare, bisogna avere il Pensiero di Dio.

Se non abbiamo il Pensiero di Dio che cosa succede?

Succede che noi non prendiamo su di noi la Parola ascoltata.

Solo se noi abbiamo il Pensiero di Dio, abbiamo la possibilità di prendere su di noi quello che Dio dice a noi.

Poiché se Dio "dice a noi", evidentemente parla per noi e quindi non dobbiamo attribuire ad altri quello che Dio fa giungere a noi.

In tutte le parole che giungono a noi, in tutti segni, c'è sempre qualche cosa per noi personalmente, quindi qualche cosa che noi dobbiamo riflettere su di noi.

Soltanto così noi possiamo arrivare a capire il significato, il vero significato.

Perché non basta ascoltare.

Per ascoltare Dio, certamente ci vuole il Pensiero di Dio, però non basta ascoltare.

Bisogna arrivare a capire il Pensiero di Dio.

Bisogna arrivare a capire significato di quello che Dio vuole comunicare a noi attraverso le cose che continuamente parla a noi e che sono Parole sue.

Quando uno parla, parla per rivelare il suo pensiero e quindi non è sufficiente che noi ci fermiamo ad ascoltare le sue parole, è necessario andare al di là delle parole, è necessario arrivare a incontrare il pensiero di colui che parla con noi.

Dio parlando con noi, fa un discorso.

Tutta la creazione di Dio è un discorso.

Dal primo momento in cui dice: "Sia fatta la luce", fino all'ultimo momento in cui il Verbo di Dio viene a morire tra noi sulla croce: "Tutto è compiuto".

Quando uno fa un discorso verte verso una meta, verso una conclusione e la Meta è quella di presentare a noi il suo Pensiero.

Dio facendo un discorso in tutta la creazione, in tutta la vita di ognuno di noi, verte verso questo Fine, verso questa Meta: presentare a noi il suo Pensiero, presentare a noi il suo Verbo, suo Figlio.

Ecco per cui nella pienezza dei tempi, noi ci incontriamo con Cristo che è il Verbo di Dio, quindi il Pensiero di Dio tra noi, è la conclusione del discorso, pienezza dei tempi, conclusione di tutto.

Nella conclusione, noi ci troveremo di fronte al Pensiero di Dio.

Conclusione di tutto.

Ora, abbiamo detto che l'anima dell'ascolto è la sintonia.

Se non si è in sintonia, non si può seguire l'ascolto, non si può intendere, non si arriva soprattutto alla conclusione.

E abbiamo detto che, perché ci sia sintonia, è necessario che ciò che è presente in chi parla, sia presente anche in chi ascolta. Solo a questa condizione c'è la comunicazione del pensiero.

Ora, chi parla è uno solo, è Dio Creatore e in Dio è presente il suo Verbo, il suo Pensiero.

Dio parla per comunicare a noi il suo Pensiero.

Ma perché la comunicazione avvenga, è necessario che in noi che ascoltiamo, sia presente questo Pensiero.

Ora il Pensiero di Dio ci è dato, Dio creando l'uomo, ha posto nell'uomo il suo Spirito, il suo Pensiero.

L'ha posto proprio perché questa è la condizione necessaria essenziale, senza la quale non avviene nessuna comunicazione, è la condizione perché avvenga la comunicazione, cioè perché Dio possa comunicare il suo Pensiero.

Ma qui troviamo questa meravigliosa scoperta: Dio comunica il suo Pensiero solo là, dove c'è il suo Pensiero.

Il che vuol dire che se noi non c'è il suo Pensiero, noi non possiamo ricevere la comunicazione di Dio.

Il suo Pensiero c'è ma è dato a noi senza di noi, ho detto: se in noi non c'è il suo Pensiero.

Questo ci fa capire che noi possiamo essere portatore del Pensiero di Dio ma essere in un altro pensiero.

Abbiamo visto che quando siamo in un altro pensiero, non possiamo assolutamente seguire e capire il discorso di colui che sta parlando con noi: siamo in un altro pensiero.

Tutto è segno e questo lo esperimentiamo anche a livello umano: si rivela, si può costatare come l'orecchio sia dato dal pensiero.

Quando il nostro pensiero è altrove, noi non possiamo seguire il discorso di colui che parla con noi.

Dio ha posto in noi il suo Pensiero, perché questa è la condizione perché Lui possa comunicare con noi.

Quindi da parte di Dio l'opera è fatta bene e ha posto in noi le condizioni perché noi possiamo ascoltarlo.

Dio ha fatto in noi l'orecchio, non è detto che noi ascoltiamo.

Perché non necessariamente noi siamo nel Pensiero di Dio, non necessariamente noi portiamo in noi attualmente il Pensiero di Dio.

Perché quello che conta è l'attualità, poco importa che io sia capace di avere un certo pensiero se quando uno mi parla io sto pensando ad altro.

Ѐ vero che posso pensare a ciò di cui mi sta parlando l'altro, però io posso avere il pensiero altrove.

Quello che conta è l'attualità del pensiero che portiamo con noi.

Solo se io sono in sintonia, quindi ho lo stesso pensiero di colui che parla e quindi sto attento essere attento vuol dire guardare a colui che mi parla, quindi vuol dire avere il pensiero di colui che mi parla, solo se io offro il mio pensiero (prendo su di me) a colui che mi parla, ho la possibilità di ricevere la comunicazione.

Soltanto ricevendo la comunicazione, noi siamo fatti partecipi e partecipando cresciamo.

La nostra vita è Vita, proprio in quanto è partecipazione a Colui che è.

Noi partecipiamo proprio in quanto riceviamo le comunicazioni di Colui che è, dell'Essere.

Nella misura in cui riceviamo queste comunicazioni, noi partecipiamo, entriamo in comunione.

E più partecipiamo e più gioiamo di quello che Dio è.

Quindi la conoscenza di quello che Dio è, viene in noi attraverso questa partecipazione, attraverso questa comunicazione. Come la stabilità di quello che Dio è, l'immutabilità di quello che Dio è.

Più noi partecipiamo a quello che Dio è, più diventiamo stabili.

Ma c'è il rovescio, meno partecipiamo più noi diventiamo instabili.

La creatura di per sé è sommamente volubile, è sommamente instabile.

Dio solo è l'Essere stabile, l'Essere fedele.

Solo partecipando a quello che Dio è, noi siamo fatti stabili, così noi troviamo la Pace, così noi troviamo la Luce, così tutto, così la vita eterna.

Tutto deriva da questa partecipazione che è una conseguenza della ricezione della comunicazione di quello che Dio ci comunica.

Ma la comunicazione richiede l'identità di pensiero.

Soltanto attraverso questa identità di pensiero, si arriva a capire il Pensiero di Dio.

Se per ascoltare si richiede pensiero, per arrivare al compimento (arrivare a capire), e necessario che in noi ci sia una conoscenza più profonda, non è sufficiente il pensiero, il Pensiero di Dio è necessario, è la condizione necessaria per ascoltare, ma per arrivare a intendere ci vuole qualcos'altro.

Molte volte ho portato l'esempio delle lingue straniere, della necessità cioè che per intendere una lingua straniera è necessario che in noi si sia formato un certo rapporto fra la realtà e la lingua straniera.

Ѐ necessario cioè che il rapporto che portiamo in noi, cioè interiorizzato fra la realtà e il segno di questa realtà cioè la lingua, sia identico al rapporto che c'è dello straniero.

Lo stesso rapporto che c'è in colui che parla la lingua straniera tra la realtà e quello che lui vuole significare, deve esserci in colui che ascolta e soltanto se c'è questo stesso rapporto avviene la comunicazione, in caso diverso non avviene la comunicazione, quindi non c'è l'intelligenza del segno.

Tutto è segno, quindi altrettanto è così nei riguardi del linguaggio di Dio che può essere per noi una lingua straniera ed è una lingua straniera se noi non siamo nello stesso suo Pensiero.

Per intendere il linguaggio di Dio, per arrivare all'intelligenza non basta più l'ascolto, perché noi tutti possiamo ascoltare una lingua straniera, l'ascoltiamo però non arriviamo a intenderla; noi arriviamo ad intenderla soltanto quando c'è questa identità di rapporto.

Non basta ascoltare bisogna arrivare a intendere.

Noi arriviamo a intendere quando il rapporto che c'è in colui che parla, cioè in Dio fra Lui e il suo Pensiero è identico al rapporto che portiamo in noi.

Fintanto che non c'è questa identità di rapporto, non c'è la possibilità di arrivare al compimento del discorso di Dio, non c'è la possibilità di arrivare quindi all'intelligenza, a capire quindi a conoscere, a conoscere Dio.

La conoscenza di Dio sta appunto nel conoscere il rapporto tra il Padre e il Figlio ed è lo Spirito Santo.

Già questo ci fa capire quanto d'incompiuto può esserci in noi.

Ma se la Vita viene dalla partecipazione, evidentemente tutto quello che rimane in noi incompiuto, diventa in noi, difetto di partecipazione a quello che Dio è, quindi mancanza di comunicazione.

Ora, il difetto di partecipazione si realizza poi in una privazione di essere, cioè noi non giungendo a intendere il linguaggio di Dio, subiamo una privazione di essere, una diminuzione di essere.

E più noi restiamo nell'incompiuto e più noi subiamo questa diminuzione di essere.

Teniamo presente che questa diminuzione di essere, viene a formarsi (e l'uomo la esperimenta) in un campo in cui c'è una passione di Assoluto.

L' uomo è un portatore della passione di Assoluto.

Passione di Assoluto vuol dire passione di Essere.

Troviamo nell'uomo questa situazione qui, l'uomo ha la passione dell'unita, ha la passione dell'essere e subisce invece una privazione di essere una diminuzione di essere, fino ad arrivare a una privazione di essere.

Qui questi giudei, di fronte Gesù, avevano subito una diminuzione di essere, addirittura una privazione di essere.

Gesù li aveva accusati di avere come padre il Demonio, di non essere da Dio.

Se l'uomo ha presente il Pensiero di Dio, ha la possibilità di subire questa sua povertà, perché Dio parlando con noi, tende a farci toccare con mano la nostra cecità, la nostra povertà, il nostro bisogno di essere, quindi la nostra privazione di essere che portiamo in noi, il tanto bisogno, la tanta sete che abbiamo di Dio.

Perché questa è la condizione per poterci aprire veramente a intendere le cose di Dio.

Tutte le cose che Gesù dice, le dice per salvarci.

Quando Gesù dice all'uomo: "Tu hai per padre il Demonio", lo dice ancora per salvarlo, mica per condannarlo però, è necessario che l'uomo accolga questa lezione da Dio.

Questa privazione di essere all'uomo, qui gli viene dalle Parole di Gesù, ma viene dai fatti, dalla realtà, dalle opere che Dio fa, per cui Dio operando, a un certo momento conduce l'uomo che si esalta ad abbassarsi, l'uomo che crede di essere, Dio attraverso la realtà dei fatti, lo conduce a toccare con mano che non è, l'uomo che si crede qualcuno viene condotto da Dio a toccare con mano che non è nulla,che è morto.

Ora nel pensiero dell'io, siccome l'uomo appartiene a questo campo di passione di Assoluto, non sopporta questa privazione di essere ed ecco qui la ritorsione: l'uomo che rifiuta di prendere su di sé la lezione di Dio, l'avvenimento, il fatto, la creatura attraverso la quale Dio fa toccare con mano all'uomo la sua diminuzione, la sua povertà, la sua miseria.

L'uomo nel pensiero di sé, non può accettare questo.

Perché l'uomo non può mettere tra parentesi la sua passione d'assoluto, la sua passione di essere e allora ricorre alla ritorsione. Quando l'uomo critica, già questo è segno che non ha colto su di sé la lezione di Dio, la Parola di Dio.

Quando l'uomo accusa, è una ritorsione sul segno che Dio gli manda per renderlo saggio, per renderlo povero, per aprirlo all'ascolto.

Perché quando l'uomo accoglie ogni cosa da Dio, prende tutto su di sé e non riflette su altro.

Prende tutto su di sé quello che Dio fa, quello che Dio gli manda, quello che Dio gli dice, perché effettivamente tutto è Parola per lui.

Ma se l'uomo non è attratto da Dio, non ha questo desiderio, non vive per questo Fine di conoscere Dio, l'uomo non può prendere su di sé quello che lo impoverisce, quello che priva dell'essere e allora deve annullare l'altro.

Per questo dico che questi giudei arrivano a dire a Gesù: "Non abbiamo noi ragione di dire che sei un samaritano posseduto dal demonio?".

Ecco la ritorsione su Chi aveva parlato per far toccare con mano a loro, la loro miseria, la loro povertà e quindi per salvarli.

Questo è l'ultimo segno della creatura che dice: "No" al Creatore.

L'ultimo segno con cui la creatura tende ad annullare le lezioni, le Parole di Dio che arrivano a essa.

Qui possiamo capire allora cosa vuol dire "sì" e cosa vuol dire "no".

Dire "si" non vuol dire a parole "si".

Si dice veramente "si" quando si ascolta e quando si cerca di capire quello che si ascolta nel Pensiero di Dio, quanto si tende al compimento dell'opera di Dio.

Si dice "no" quando non si tende al compimento e quindi quando i segni restano incompiuti.

L'incompiutezza è il "no" dell'uomo e il "no" dell'uomo è una pura azione dell'uomo.

Il "sì" invece è grazia di Dio, poiché è adesione a quello che Dio fa.

Dio opera in tutto, fa tutto per condurre noi a capire il suo Pensiero.

Quindi "sì" è adesione a quello che Dio è e nell'adesione c'è la giustificazione.

Il "no" invece è senza giustificazione.

Per questo dico che è pura azione della creatura quando non crede nel Creatore.