Per quale ragione non riconoscete il
mio linguaggio? Perché non potete tollerare le mie parole?,
Gv 8 Vs 43
Titolo: Il
linguaggio del paese di Dio.
Argomenti: I
condizionamenti del padre che eleggiamo. I condizionamenti
della nostra capacità di conoscere. Ognuno
è capace di riconoscere il linguaggio del suo paese. Interiorizzare i segni. Appartenere al paese di Dio. Si apprende il linguaggio di Dio, nella misura in cui lo
si ascolta. Apprendere il linguaggio di
Dio. L'elemento determinante per la nostra vita eterna è il
Pensiero di Dio. Lumen
Grazia. Solo credendo in
Dio Creatore, abbiamo la possibilità di ascoltare Cristo.
19/Gennaio/1986
Casa di preghiera Fossano.
Siamo
giunti al versetto 43.
Qui Gesù
dice ai farisei: "Per quale ragione non riconoscete il mio linguaggio?
Perché non potete tollerare le mie Parole?".
Anche qui
di fronte a questi due interrogativi, dobbiamo chiederci quale lezione Dio,
attraverso queste parole voglia dare alla nostra anima, alla nostra vita
spirituale, personale.
Qui ci
sono due interrogativi.
Lui dice:
"Per quale ragione? Perché non potete riconoscere, non potete tollerare le
mie Parole".
Evidentemente dicendo: "Per
quale ragione?", invita
noi a riflettere sull'esistenza di una ragione a motivo della quale noi, non
possiamo riconoscere il suo linguaggio, non possiamo sopportare, tollerare le
sue Parole.
Ci deve
essere una ragione, poiché qui Gesù invita a prendere consapevolezza di questa
ragione, di questo motivo per cui la nostra capacità di conoscere o di
riconoscere il suo linguaggio e di sopportare le sue Parole è condizionata.
Abbiamo
già visto le domeniche precedenti il condizionamento quindi la relatività della
nostra capacità di ascoltare Dio.
Poi in
seguito abbiamo visto la relatività, quindi il condizionamento della nostra
capacità di amare.
E abbiamo
visto come tutto sia condizionato da ciò che noi abbiamo come padre, da ciò che
noi abbiamo come motivo di vita.
Abbiamo
detto che vivendo per-, noi nasciamo da-.
Vivendo
per-, noi eleggiamo un padre che condiziona in noi il campo d'interessi, il
campo di ascolto, il campo dell'amore.
E in
quanto lo condiziona lo limita e quindi rende capaci o incapaci noi,
d'interessarci di-, di ascoltare, di amare.
Qui Gesù ci conduce a riflettere
sui condizionamenti
della nostra capacità di conoscere.
Ciò vuol
dire che la capacità di conoscere che portiamo in noi non è senza confini, non
è senza limiti non è assoluta, è relativa, subisce dei condizionamenti, al
punto tale che noi possiamo venirci a trovare nell’impossibilità di conoscere e
nell’incapacità di sopportare un certo linguaggio.
Se teniamo
presente che la vita eterna sta nel conoscere Dio, possiamo capire come la
capacità di conoscere o l'incapacità di conoscere, sia l'elemento decisivo per
la nostra vita eterna.
Se la vita
eterna è conoscere Dio, venirci a trovare nell’incapacità di conoscere, vuol
dire venirsi a trovare nell’incapacità della vita eterna.
Quindi la vita
eterna è condizionata dalla nostra capacità di conoscere.
E
l'incapacità di conoscere ci porta nella situazione infernale.
L'inferno
è caratterizzato dall’incapacità di conoscere Dio.
Quindi qui
ci troviamo di fronte a una scelta decisiva, a un punto estremo, poiché è
l'elemento determinante la vita eterna.
Se la vita
eterna sta nel conoscere Dio, la capacità di conoscere Dio determina in noi la
capacità della vita eterna.
Quindi è
l'elemento determinante.
Da questa
capacità di conoscere allora se ne deduce la capacità di amare, la capacità di
ascoltare, la capacità d'interesse ma è tutta una conseguenza.
L'elemento
determinante sta in questa capacità di conoscere e quindi è della massima
importanza il poter capire cosa è che può limitare questa capacità di conoscere
che possa impedire a noi questa capacità di conoscere e quindi renderci
incapaci della vita eterna.
Gesù dice
qui: "Per quale ragione" la ragione, cioè per quale motivo.
Il
"motivo" abbiamo detto è quello che in noi costituisce la paternità.
Gesù
dicendo: " Per quale ragione, per quale motivo voi non riconoscete il mio
linguaggio" c'invita a riconoscere quale padre noi abbiamo.
Cioè questo può essere trasformato
in questa interrogazione:
"Per quale padre voi non potete riconoscere il mio linguaggio?".
"A
motivo di quale padre voi non potete riconoscere il mio linguaggio?".
Se ci
chiediamo cos'è che rende noi incapaci di riconoscere un linguaggio, noi subito
possiamo dire che ognuno è capace di riconoscere il linguaggio del suo paese.
Qui se questi
farisei non erano in grado, non erano capaci di riconoscere il linguaggio di
Gesù, evidentemente denunciavano di non appartenere al paese di Gesù.
Il nostro
paese è il luogo di origine, il luogo da cui noi abbiamo tratto il principio.
Ognuno è
capace d'intendere il linguaggio del suo paese.
In Francia
i bambini capiscono perfettamente il francese.
In Russia
i bambini capiscono perfettamente il russo.
Per noi ci
sono delle estreme difficoltà ad apprendere il russo o il francese.
Già questo
ci fa pensare come la capacità di capire sia relativa.
Ognuno è
capace di capire il linguaggio del suo paese.
Quindi c'è
una relatività.
Ma nel
campo spirituale cosa vuol dire il "nostro paese", cosa significa
"nostro paese"?
Cosa vuol dire capire il
linguaggio del proprio paese?
Il nostro
paese è il luogo da cui noi traiamo il principio della nostra esistenza, ma il
linguaggio come si forma da rendere noi capaci di capire questo linguaggio?
Che cosa
succede nel nostro paese, per cui noi, fin da bambini, siamo capaci di capire
il linguaggio del nostro paese?
Noi
capiamo perché il nostro paese è caratterizzato da segni interpretati sempre
secondo un certo pensiero.
O meglio
sempre il pensiero del padre, dei genitori, della nostra famiglia, del nostro
ambiente che si significa in un certo modo.
E il
collegamento tra i segni e i pensieri forma in noi l'intelligenza.
La formano
perché noi interiorizziamo.
E come
interiorizziamo?
Noi
interiorizziamo le parole che sentiamo dire, con la realtà che queste parole
significano e questo lo portiamo dentro di noi e tutte le volte che sentiamo
quelle parole, diciamo di capirle perché le riferiamo a quella realtà cui si
riferiscono.
Noi capiamo in quanto nel nostro
paese, noi
interiorizziamo tutti i segni che ascoltiamo.
E avendoli
interiorizzati, tutte le volte che noi ci troviamo con questi segni noi,
abbiamo la capacità di capire.
Se
sentiamo dei segni, delle parole di un altro paese noi non abbiamo la capacità
di capire perché non li portiamo dentro di noi, non li abbiamo interiorizzati.
Cosa vuol
dire quest'interiorizzare?
Interiorizzare
vuol sempre dire unire, associare una realtà che già abbiamo presente in noi,
con un certo segno.
Questo ci
rende capaci di capire, di riconoscere un linguaggio.
Per cui
ognuno di noi, può riconoscere il linguaggio di coloro che parlano il
linguaggio del suo stesso paese.
Portato
nel campo dello spirito noi, abbiamo la possibilità di riconoscere il
linguaggio di Dio solo se apparteniamo al paese di Dio.
Cosa vuol
dire appartenere al paese di Dio?
Appartenere
al paese di Dio vuol dire raccogliere, unire tutte le parole, secondo un unico
Pensiero, secondo un unico Spirito.
Soltanto
in quanto ascoltiamo parlare quelli del nostro paese, noi impariamo e siamo
fatti capaci d'intenderne il linguaggio, in quanto li sentiamo parlare, in
quanto facciamo attenzione a-.
E allora
apparteniamo al paese nella misura in cui noi ascoltiamo parlare quelli della
nostra famiglia, quelli del nostro paese.
Cosi è lo
stesso per quanto riguarda Dio.
Soltanto
se noi ci fermiamo ad ascoltare Colui che appartiene al paese di Dio parlare,
noi abbiamo la capacità, la possibilità d'intendere il linguaggio di Dio, nella
misura in cui ci fermiamo ad ascoltare Colui che parla del paese di Dio.
Ma cosa dice Colui che parla del
paese di Dio?
Colui che
parla del paese di Dio viene da Dio e quindi fa vedere tutte le cose secondo il
Pensiero di Dio.
Fa vedere
le cose dal punto di vista di Dio.
In un
paese ogni cosa è vista secondo un certo linguaggio, cioè secondo una certa
intenzione, secondo un certo pensiero.
Evidentemente
il linguaggio del paese di Dio, s'intende solo in quanto viene a noi uno, che
appartiene al paese di Dio, che parla il linguaggio di Dio e che noi
ascoltiamo.
Non è
sufficiente che venga uno che sia del paese Dio, che parli secondo Dio, è
necessario che noi ascoltiamo questo parlare, lo custodiamo, lo portiamo in
noi, per essere fatti capaci d'intendere il linguaggio di Dio e di
riconoscerlo.
Quindi
questa capacità di riconoscere linguaggio di Dio, richiede in noi la fusione di
due elementi.
Prima di
tutto l'elemento di uno che venga dal paese di Dio, che parli il linguaggio di
Dio.
Perché se
il bambino non sente parlare nessuno del suo paese certamente non impara il
linguaggio del suo paese.
E così è
per ognuno di noi.
Quindi la
capacità è relativa, è relativa ed è condizionata da Colui che viene dal paese
di Dio e parla a noi.
Però non è
sufficiente, perché se il bambino fosse muto o fosse sordo, certamente anche se
quelli del suo paese parlassero un linguaggio, lui non imparerebbe il
linguaggio del suo paese, quindi non lo potrebbe riconoscere.
Quindi è
necessario che da parte nostra ci sia l'ascolto: bisogna che uno parli e che
l'altro ascolti.
Ѐ dalla
fusione di questi due elementi che si forma in noi la capacità ascoltare, la
capacità di conoscere e quindi la capacità di vita eterna.
Poiché là
dove non si è formata la capacità di conoscere le cose di Dio, di conoscere il
linguaggio di Dio, non c'è la capacità di vita eterna, c'è la situazione
infernale.
Siamo sul
punto estremo in cui tutto si decide e si decide nel campo della conoscenza.
Là dove
c'è capacità di conoscere, c'è capacità di vita eterna, dove non c'è capacità
di conoscere le cose Dio, non c'è capacità di vita eterna.
Il primo
condizionamento è determinato da colui che viene a noi del paese di Dio.
Colui che
viene a noi dal paese di Dio è il Figlio di Dio.
Cristo
infatti dice: "Se non credete che Io sono morirete nel vostro
peccato".
Già:
"Se non credete che Io sono", e chi è Lui?
Lui è
Colui che parla a noi il Principio.
Eccolo qui
quello del paese.
Il paese è
caratterizzato proprio dal luogo del nostro principio.
Abbiamo
detto che ogni uomo è capace di riconoscere linguaggio del proprio paese.
E cos'è il
paese?
Ѐ il luogo
in cui è nato, è il luogo del suo principio.
Ma il vero
Principio è in Dio.
Colui che
parla a noi il Principio, è Colui che viene dal vero nostro paese, viene da
Dio.
E questi è
il Verbo di Dio, è il Pensiero di Dio.
Il
Pensiero di Dio è Colui che viene a noi parlando Parole di Dio e se noi
ascoltiamo ("Se non credete che Io sono morirete nel vostro
peccato"), noi siamo fatti capaci di conoscere le cose di Dio.
Se non
ascoltiamo, moriamo nel nostro peccato.
Adesso qui
possiamo capire cosa vuol dire: "Morirete nel vostro peccato".
Se non
ascoltiamo, noi non possiamo avere la capacità di conoscere le cose di Dio,
quindi non abbiamo in noi la capacità della vita eterna.
Quindi
l'elemento determinante per la nostra vita eterna è il Pensiero di Dio.
Cristo è
il Pensiero di Dio perché parlando a noi, fa pensare Dio, raccoglie noi alla
Presenza del Padre, alla Presenza di Dio Creatore.
Ora la
capacità di ascoltare il Pensiero di Dio tra noi, che ci fa pensare il
Principio, che ci fa quindi pensare Dio Creatore è tutta subordinata alla fede
in Dio Creatore.
Cioè se
noi crediamo in Dio Creatore, noi abbiamo la possibilità di credere nel
Pensiero di Dio che portiamo in noi.
Cristo è
il Pensiero di Dio ma il Cristo esterno è rivelatore di quello che Lui è dentro
di noi, cioè del Pensiero di Dio che portiamo in noi.
Quando Lui dice: "Se non
credete che Io
sono morirete nel vostro peccato", tradotto in senso spirituale è:
"Se voi non credete che il Pensiero di Dio in voi è Pensiero di Dio e non
è pensiero vostro, voi morirete nel vostro peccato".
Questo ci
rivela che proprio attraverso il Pensiero di Dio, si forma in noi, nella misura
in cui noi lo ascoltiamo, lo riceviamo, lo riconosciamo, si forma in noi la capacità
di riconoscere le cose di Dio, si forma in noi la capacità della vita eterna.
Soltanto credendo in Dio Creatore, noi abbiamo la
possibilità di ascoltare il Cristo esterno che conduce noi a scoprire il
Pensiero di Dio in noi in senso oggettivo e quindi dà la possibilità a noi di
credere a questo.
Se
crediamo a questo, noi acquistiamo la capacità di conoscere le cose di Dio, in
quanto siamo motivati da Dio, quindi si forma in noi la capacità della vita
eterna.
Ѐ quello
che un tempo in teologia si chiamava "Lumen Grazia" cioè quella Luce
di Grazia che porta l'anima, la creatura non soltanto per dono di Dio ma, anche
per partecipazione personale.
Per cui
richiede sempre da parte della creatura la partecipazione personale che la
rende capace di conoscere Dio.
E la rende
quindi capace di vita eterna.
Questa è
una conseguenza di due elementi.
Prima di
tutto della presenza del Pensiero di Dio in noi.
Questa
presenza del Pensiero di Dio in noi è data a noi e Dio pone in noi il suo
Verbo, il suo Pensiero senza di noi, indipendentemente da noi.
Però non è
sufficiente che noi portiamo in noi il Pensiero di Dio, perché anche coloro che
si dannano portano in se stessi il Pensiero di Dio, però non credono in Esso,
lo ritengono un pensiero loro.
Ѐ
necessario che da parte nostra ci sia quest’attenzione a questo Pensiero di
Dio, ci sia quest’ascolto di questo Pensiero di Dio, s'impari il linguaggio di
questo Pensiero di Dio.
Perché il
Pensiero di Dio, essendo Colui che viene dal paese di Dio in noi, parla il
linguaggio di Dio e non parla quindi il linguaggio del mondo e rende quindi noi
capaci di riconoscere il linguaggio di Dio.