Io
vi dico quello che ho veduto presso il Padre mio; e voi fate quello che avete
imparato dal padre vostro!".
Gv 8 Vs 38
Titolo: La scoperta di
chi siamo figli.
Argomenti: Il metro
per verificare se siamo figli di Dio. Il Figlio
ascolta tutto dal Padre e riporta tutto al Padre. Separando la creazione dal Creatore, noi uccidiamo il
Figlio in noi. Il
compito dell'uomo è quello di unire tutto a Dio. L'opera dell'io: la nientificazione. La schiavitù al pensiero del nostro io. La progressione verso l'infinito o verso il niente. Gesù ci porta a costatare di chi siamo veramente figli. Figli di Abramo sono coloro che penetrano la Parola. La paternità spirituale. Padre spirituale è colui per il quale viviamo.
15/Dicembre/1985
Casa di preghiera Fossano.
Siamo al
versetto 38, Gesù completando il suo discorso con i farisei dice: "Io vi
dico quello che ho veduto presso il Padre mio e voi fate quello che avete
imparato dal padre vostro".
Gesù,
dicendo: "So che voi vi dite posterità di Abramo" iniziava un
discorso per convincerli, per condurli a toccare con mano che essi in Verità
non erano posterità di Abramo.
Ed è
proprio questo discorso che adesso Gesù qui continua.
I farisei
si vantavano di essere figli di Abramo e quindi di essere liberi, motivo per
cui s'impedivano di lasciar penetrare le Parole di Gesù, quelle stesse Parole
che Gesù aveva detto: "Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie
Parole, allora conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi".
I farisei
si erano impediti di lasciare penetrare queste Parole.
Adesso
Gesù opera era portarli a toccare con mano che quella premessa che essi avevano
fatto: "Noi siamo posterità di Abramo" non era vera.
Qui dice:
"Io vi dico quello che ho veduto presso il Padre mio e voi fate quello che
avete imparato dal padre vostro".
Apparentemente
sembra un imperativo, un'esortazione quel: "Fate quello che avete imparato
dal padre vostro", in realtà soprattutto vedendo gli sviluppi è
un'affermazione, è una dichiarazione quella che Gesù fa loro.
Dice:
"Voi fate quello che avete imparato dal padre vostro", non quindi
un'esortazione a fare quello che ha fatto Abramo ma, una dichiarazione che essi
stanno facendo quello che hanno imparato dal padre loro.
Dice:
"Io vi dico, voi fate".
Che cosa
dice Gesù?
Proprio
quelle Parole che debbono penetrare.
Teniamo
presente che quello che dice Gesù è una Parola valida per ogni uomo.
Queste
Parole che devono penetrare nel cuore, nella mente dell'uomo per portare a
compimento quello che Dio promette a ogni uomo: "Conoscerete la Verità è
la Verità vi farà liberi".
Conoscere il Padre è proprio quel: "Se resterete nelle mie
Parole".
Gesù dice
che queste Parole qui, le ha vedute presso il Padre, presso il Padre suo.
Qui si
caratterizza il Figlio.
Il tema di
oggi è questo: "La scoperta di chi siamo figli".
Altrove
già Gesù aveva detto: "Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare
dal Padre", qui precisa che il Figlio parla, quindi dice quelle cose che
vede nel Padre.
Però dicendo
queste cose ci offre un metro per verificare, per misurare se e quando noi
siamo figli di Dio, perché il Figlio dice quello che vede, quello che contempla
nel Padre.
E fintanto
che noi diciamo parole che non contempliamo nel Padre, evidentemente di fronte
a questo metro dobbiamo confessare che non siamo figli di Dio.
E poi
aggiunge: "Voi fate quello che avete imparato dal padre vostro".
Ho detto
che il tema di oggi è la scoperta di chi siamo figli.
Di fronte
a coloro che si vantano di avere come padre Abramo e quindi rifiutano di
lasciare penetrare certe Parole di Gesù, non c'è altra soluzione, altra
possibilità di aiuto che condurli a verificare che essi hanno un padre diverso
da quello di cui essi si vantano.
E per
condurli a verificare quest'altra paternità non c'è altro modo che quello di
far costatare di chi essi siano veramente figli.
Cosa fanno
qui i farisei quando Gesù dice: "Voi fate quello che avete imparato dal
padre vostro", cosa fanno?
L'ha detto
Gesù prima: "Voi cercate di farmi morire".
Perché
cercano di farlo morire?
Abbiamo
meditato domenica scorsa: "Perché la mia Parola non penetra in voi".
Abbiamo
detto che quanto la Parola di Dio non penetra in noi, noi facciamo morire in
noi il Verbo di Dio, il Pensiero di Dio e facendo morire il Pensiero di Dio noi
dividiamo, separiamo in noi i segni di Dio da Dio.
Perché
abbiamo detto che il Verbo di Dio, il Figlio di Dio è Colui che collega, che
raccoglie tutte le Parole del Padre, tutti i segni che Dio fa, li raccoglie nel
Padre stesso, questa è la caratteristica del Figlio.
Il Figlio ascolta tutto dal Padre
e riporta tutto al Padre.
Gesù si
caratterizza dicendo: " Chi con Me non raccoglie disperde".
Quindi
dicendo: " Chi con Me non raccoglie", definisce la sua sostanza.
Lui è
Colui che raccoglie e dove raccoglie?
Raccoglie
nel Padre.
E che cosa
raccoglie?
Raccoglie
le opere del Padre cioè i segni della creazione di Dio.
Questa è
la caratteristica del Figlio.
Quindi il
Figlio, Pensiero di Dio in noi compie quest'opera, quella di ascoltare tutto da
Dio e riportare tutto a Dio.
Se noi non riportiamo i segni di
Dio, le opere di Dio, i
fatti di Dio (e tutto è fatto da Dio) in Dio, noi creiamo una divisione.
Creando la
divisione noi uccidiamo il Figlio, perché uccidiamo in noi (non in Sé), questo
Pensiero che riporta, che raccoglie tutto nel Padre, lo facciamo fuori dalla
nostra vita.
Teniamo
sempre presente che il comando di Dio per ogni uomo è questo: "L'uomo non
divida quello che Dio ha unito".
Ora tutta la creazione è unita a
Dio, tutto è
opera di Dio, tutto arriva a noi con questo tema che è la firma di Dio:
"Io sono il Creatore", quindi tutto appartiene a Dio.
In questo
comando di Gesù c'è il compito essenziale che è riservato a ogni uomo: nessuno
divida quello che Dio ha unito.
Allora il
compito dell'uomo e quello di unire tutto a Dio.
Abbiamo
detto la volta scorsa che questo raccoglimento in Dio è la vera preghiera e
questa vera preghiera, che è elevazione della mente a Dio che è quindi
riportare tutto a Dio, è opera del Figlio di Dio.
Quando invece
non facciamo questo, non raccogliamo in Dio, noi creiamo divisione.
Abbiano
paragonato questa divisione al fatto di staccare una foglia dall'albero o un
tralcio dalla vite.
La foglia
staccata dall'albero secca.
Prima di
tutto abbiamo notato che non è possibile l'operazione inversa, noi non possiamo
riattaccare la foglia all'albero dal quale l'abbiamo staccata.
Secondo:
abbiamo verificato che la foglia secca, la foglia si disfa, quando noi
dividiamo un segno da Dio, non possiamo compiere l'operazione inversa ed è ciò
che dice Gesù: "Senza di Me non potete fare niente" ma, dice ancora:
"Mi cercherete e non mi troverete", cioè voi cercherete di
riattaccare la foglia all'albero ma non potrete.
Allora il
primo danno è questo: il danno e irreversibile, il segno è inquinato dal
pensiero del nostro io, quindi è separato da Dio.
Quando si
separa un segno da Dio, proiettiamo sul segno, sull'opera, sulla creazione
stessa di Dio, proiettiamo il nostro pensiero, il segno inquinato dal nostro
pensiero non può più essere offerto a Dio.
Secondo:
abbiamo detto che la foglia secca e si disfa, diventa polvere, così anche tutta
la creazione, tutte le opere che Dio fa, quindi tutti i segni, tutte le Parole
che Dio ci fa arrivare, se noi le separiamo da Dio, se non le manteniamo unite
a Dio, se non le raccogliamo in Dio seccano, si disfano.
Ecco c'è
questo processo di degenerazione, si svuotano di valore.
Noi facendo così inauguriamo una
progressione che in
matematica si dice che tende all'infinitesimo, cioè tende al niente, tende allo
zero senza toccarlo mai.
Noi
inauguriamo un cammino che tende al niente, svuotiamo tutto di valore.
È il
lavoro del nostro io e noi facendo niente a nostra volta diventiamo niente,
poiché noi viviamo del valore di ciò che amiamo.
Ora se
quello che noi amiamo, ciò per cui noi viviamo, si svuota di valore, noi
verifichiamo la nientificazione di tutta la nostra vita: la nostra vita non
serve più a niente e questo è opera del nostro io.
Qui Gesù
dice: "Voi fate quello
che avete imparato dal padre vostro", cioè fa capire a noi, come
d'altronde aveva detto precedentemente, che quando noi non lasciamo penetrare
la Parola di Dio e quindi uccidiamo in noi lo Spirito, il Pensiero di Dio, noi
cadiamo nella schiavitù del Demonio (Lui apertamente lo dichiarerà
successivamente) che è la schiavitù del pensiero di noi stessi, la schiavitù
del nostro io cioè, noi diventiamo figli delle nostre opere.
E
diventando schiavi noi non siamo più liberi.
D'altronde
veramente libero è solo Dio e soltanto coloro che sono presso Dio sono
veramente liberi, quanto più noi ci allontaniamo da Dio tanto più noi, cadiamo
nella schiavitù e quindi siamo costretti a "fare".
Satana che
è poi il nostro io autonomo, il nostro io separato da Dio che cosa fa?
L'abbiamo
detto prima: svuota tutto di valore, nientifica ogni cosa, rende niente ogni
cosa.
"Senza
di Me fate niente di tutto quello che è fatto".
E senza di
Lui è fatto niente di tutto quello che è fatto.
Quindi
abbiamo due grandi linee.
A- Se noi raccogliamo
tutto in Dio inauguriamo una progressione che va all'infinito, cioè una vita
eterna, poiché raccogliendo in Dio noi, raccogliamo nell'unità di Dio e quando
si raccoglie nell'unità, si va all'infinito, l'unita è l'infinito.
Noi non
finiremo mai di raccogliere tutto quello che arriva a noi nell'unità e l'unità
sarà per noi un continuo motivo di raccoglimento nell'unità e quindi motivo di
vita, motivo di vita eterna.
Quindi se
noi raccogliamo, inauguriamo una progressione che va all'infinito, che va alla
vita eterna, che non finisce più, perché è un infinito, perché ci sarà sempre
da raccogliere nell'unità.
L'unità di
Dio essendo un infinito è una sorgente per noi di novità eterna, di una novità
continua, che darà sempre a noi, motivo di raccoglimento in quell'unità lì,
quindi motivo di vita eterna.
B- Se noi
invece non raccogliamo in Dio inauguriamo questa progressione che ci conduce a
fare niente tutto quello che è fatto. "Senza di Me fate niente" e
facendo niente ci riduciamo noi stessi a niente.
Ora Gesù
attraverso questa dichiarazione conduce, introduce perlomeno il discorso per
condurre questi ascoltatori a costatare di chi sono figli e di chi siamo figli.
Possiamo osservare che Gesù non viene per giudicare e qui
conducendoli a costatare di chi sono figli, apparentemente si direbbe che
faccia un giudizio, eppure abbiamo anche detto che è l'unica via attraverso la
quale Lui può aprire gli occhi a loro e convertirli alla vera paternità,
liberarli cioè dalla schiavitù di colui di cui essi sono schiavi e che li
acceca a tal punto da farli ritenere figli di Abramo.
Perché
questa è la grande illusione.
Queste
Parole attraverso le quali Lui tende a condurre a scoprire di chi si figli, le
dice ad ognuno di noi, soprattutto quando noi diciamo "Padre nostro".
Perché la
grande illusione che può accecare ogni uomo è quella di ritenersi (come allora
si ritenevano figli di Abramo) figlio di Dio: "Noi siamo figli di
Dio", noi diciamo: "Dio padre nostro".
Gesù qui,
conducendoci a scoprire cosa vuol dire essere figli e quindi cosa vuol dire
essere schiavi, ci fa anche capire cosa vuol dire essere figli di Dio e quando
è che si è figli di Dio è quand'è che Dio è veramente nostro padre.
Dio non è
nostro padre in quanto noi diciamo padre nostro, come Abramo non era padre di
costoro che si dicevano di essere figli di Abramo e poi non lasciavano
penetrare la Parola di Gesù in loro.
Abramo non
fece così.
Abramo
credette alla Parola di Dio e sulla Parola di Dio partì e Gesù dice:
"Desiderò vedere il mio giorno" cioè vedere il Pensiero di Dio e lo
vide.
Ora
evidentemente essendo questo Abramo, figli di Abramo sono tutti coloro che
ascoltando la Parola di Dio e partono su questa Parola, coloro che lasciano
penetrare nella loro vita la Parola.
Come
costoro s'illudevano di essere figli di Abramo perché nominalmente erano tali
mentre in realtà avevano ben altro padre, così anche noi ci possiamo illudere
di avere come padre Dio, mentre nella realtà abbiamo ben altro padre.
Questo ci fa intuire che come ci sono due nascite, come ci sono
due cibi, come ci sono due acque, come ci sono due vite, così ci sono anche due
padri.
C'è il
padre naturale che è quello che è dato a noi senza di noi e poi c'è il padre
spirituale che non è dato a noi senza di noi.
Questo è l'elemento
determinante perché siccome siamo destinati a diventare tutto spirito, tutto
pensiero, l'elemento determinante nostro sarà proprio la paternità spirituale.
Questa
paternità non è data noi senza di noi, il che vuol dire che è dato noi eleggere
colui che noi vogliamo avere come padre.
A ognuno
sarà dato ciò che avrà voluto avere.
E qui
possiamo precisare.
A ognuno
sarà dato il padre che avrà voluto avere.
E questo
padre noi lo scegliamo giorno dopo giorno, dedicandoci ai nostri interessi a
ciò che ci interessa di più, la nostra di scelta si determina così.
È lì che
noi lo determiniamo, perché il padre è colui per cui noi viviamo.
È colui al
quale noi cerchiamo di piacere.
Quando noi
cerchiamo di piacere agli altri, noi abbiamo come padre gli altri.
Quando noi
cerchiamo di piacere al mondo, noi abbiamo come padre il mondo.
E questo
noi lo scegliamo e lo definiamo giorno dopo giorno.
Soltanto
se noi cerchiamo Dio, cerchiamo di piacere a Dio, qui noi scegliamo Dio come
veramente nostro padre.