A
queste sue Parole, molti credettero in Lui. Gv 8 Vs 30.
Titolo: Il paradosso
dell'uomo. (Fede facile e fede difficile)
Argomenti: Il principio dell'essere con Dio. Manifestarsi è la Volontà di Dio. Dio è Principio e Fine. La Causa è in tutta la creazione, il Fine solo nel
Pensiero di Dio. L'unione con Dio è determinata dal Fine. Molti/facile-pochi/difficile. Mentre Gesù parla. Il Dio che parla agli uomini. La fede facile (Causa). L'instabilità della fede facile. La credibilità. La fede difficile (Fine). Passaggio dalla fede facile
alla fede difficile. Imparare ad avere il Principio come Fine. Il vero amore è senza misericordia.
1/Settembre/1985 Casa di preghiera. Fossano.
Siamo
giunti al versetto 30, qui il Vangelo ci dice che mentre parlava Gesù molti
credettero in Lui.
Qui
dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato personale, ci sia in questa
risposta alle Parole di Gesù, da parte di quei Giudei ai quali Gesù stava
parlando.
Abbiamo
visto le domeniche precedenti soprattutto questa grande rivelazione del principio dell'essere con Dio, quando Gesù dice: "Colui che
mi ha mandato non mi lascia solo, perché Io faccio sempre ciò che a Lui
piace".
Abbiamo
visto che fare ciò che piace a Dio vuol dire portare a compimento il suo
Desiderio, la sua Volontà.
Il
Figlio porta a compimento la Volontà del Padre.
Abbiamo
anche visto che la Volontà di Dio è quella di
manifestarsi.
Dio
è Principio, Dio è Fine.
Lui
solo è, quindi è Principio e Fine di tutte le sue opere di
tutto ciò che fa.
Abbiamo
anche visto che proprio per questa caratteristica di Dio,
il Fine di tutte le cose si può cogliere solo nel Pensiero di Dio. Mentre la
Causa di tutte le cose si può cogliere in tutta la creazione di Dio, il Fine di
tutte le opere di Dio si può cogliere solo nel Pensiero di Dio.
E
soltanto in quanto si cerca il Fine di Dio, fare quello
che piace a Dio ("Io faccio sempre quello che piace al Padre") si
resta uniti a Dio.
Abbiamo
detto che fare quello che piace a Dio, vuol dire portare a compimento la
Volontà di Dio, quindi cercare il Fine.
Soltanto
in quanto si cerca il fine di uno, si può restare uniti con quell'uno.
Gesù
dice: "Colui che mi ha mandato (quindi Causa) è con Me (unito a Me quindi)
e non mi lascia solo, perché Io faccio sempre ciò che piace a Lui (il Fine,
quindi Io cerco sempre il Fine)".
Queste
Parole che Gesù disse, le disse certamente come Verbo incarnato, quindi le
disse per noi, per insegnare a noi la via per restare uniti a Dio.
Perché
la nostra grande difficoltà è questa.
Possiamo
credere con facilità che tutto è opera di Dio ma, proviamo molta difficoltà a
camminare restando uniti a Dio.
Siccome
qui il Figlio dice che il Padre non lo lascia mai solo perché Lui fa sempre ciò
che piace al Padre, ci dice che soltanto in quanto noi siamo fatti capaci di
cercare Dio come Fine e questo Fine si trova solo nel suo Pensiero quindi
di cercare il Pensiero di Dio, troviamo qui la possibilità, che è grazia, di
camminare in tutto uniti a Dio.
Detto
questo adesso vediamo la risposta cioè, come gli uomini realizzano queste
Parole ascoltate da Gesù.
Qui
si dice: "Mentre parlava così, molti credettero in
Lui".
Questa
affermazione "molti" già ci fa pensare a una facilità di adesione di
fede.
Perché
dove c'è difficoltà a troviamo sempre "pochi".
Gesù
stesso in un altro Vangelo dice: "Molti sono i chiamati e pochi gli
eletti", ma come facciamo noi a dire che questo "molti" riveli a
noi la facilità di questo credere in Lui?
La
chiave sta in quel "mentre".
Qui
si dice: "Mentre Gesù parlava così".
Cosa
significa questo "mentre"?
"Mentre"
è "durante" cioè contemporaneità come Presenza.
"Mentre
parlava così".
Quindi
quel "molti" è associato a questo: "Mentre Gesù parlava
così".
Il
che fa subito pensare a cosa sarà successo, cosa può succedere, quando non ci
sarà più quel "mentre", cioè quando Gesù non parlerà più o quando non
sarà più con loro.
Perché
quel "mentre" rivela una co-presenza.
E
allora già ci prospettano qui due fedi.
La
fede del "mentre", mentre Dio parla a noi,
parla con noi e la fede di quando Dio non parla più con noi.
E
anche qui dobbiamo vedere quale lezione, quale significato c'è nella
distinzione di queste due fedi.
Intanto
approfondiamo questo "mentre parlava così".
Lui
parlava così a chi?
A
quelle creature,quindi a degli uomini.
Il
Dio che parla agli uomini, è un Dio che si concede ma, si
concede a che cosa?
Si
concede agli argomenti degli uomini, perché parlava così a loro, quindi parlava
così a ciò che essi avevano presente, ai loro problemi o ai loro dubbi o
parlava così al loro bisogno.
Per
cui quando Dio parla a noi, tenendo presente il nostro problema, i nostri
bisogni, cioè risponde al nostro bisogno, noi proviamo piacere, noi proviamo
gioia, perché ci sentiamo compresi ma, compresi nel nostro bisogno.
Cioè
è Dio che si concede.
La
fede che nasce qui abbiamo detto che una fede facile ed è
rappresentata da quel "molti".
Ѐ
una fede facile che è rappresentata da "molti" perché facile?
Perché
è la fede di Colui che soddisfa noi.
Possiamo
per tutto richiamare l'episodio della moltiplicazione dei pani.
Gesù
che moltiplica i pani per la folla, ottiene l'adesione di "molti".
Infatti,
quella sera vogliono nominarlo re.
Credettero
in Lui.
Ma
credono in Lui perché aveva moltiplicato i pani.
Ecco,
qui abbiamo questo "mentre", abbiamo questa Presenza di Dio in mezzo
a noi.
In
mezzo cioè ai nostri problemi, al problema del mangiare, il problema del
vestire, o anche magari ai nostri problemi dello spirito.
Cioè
abbiamo Dio che viene a rispondere a noi, à la fede che sgorga da questa
soddisfazione nostra, che proviamo ascoltando la Parola di Dio, è una fede
facile, è la fede che crede nella Causa.
Dio
che parla con noi è Dio che risponde a un effetto, a un nostro bisogno che
portiamo in noi, quindi si rivela come Causa, e la fede che sgorga è una fede
nella Causa.
La
caratteristica di questa fede nella Causa: non è fede che cerca di conoscere
Dio ma, è fede che è soddisfatta dall'opera di Dio.
In
quanto è soddisfatta non cerca di conoscere.
"Guai
a voi che siete stati soddisfatti, che avete trovato la vostra soddisfazione"
dice Gesù.
Quindi
non è la fede che ha Dio come Fine.
Qui
è la fede che scaturisce dal fatto che il fine era in noi, avevamo bisogno di
qualcosa, Dio è intervenuto, ha risposto a questo bisogno, noi siamo stati
soddisfatti ed è nata questa fiducia a questa fede in Dio.
Però
la caratteristica di questa fede è l'instabilità, la
transitorietà, non dura.
Abbiamo
detto che è fede in Dio come Causa, come Principio, non come Fine.
Qui
noi non cerchiamo il Pensiero di Dio, noi siamo soddisfatti di quello che Dio
c'ha fatto, lo riconosciamo come Causa, ha risposto.
La
fede è facile in quanto trova in noi credibilità ma, trova
in noi credibilità perché in noi c'è un problema, c'è qualche cosa che ha
bisogno di essere soddisfatto ma, la credibilità è fondata su qualche cosa che
portiamo in noi, che abbiamo presente in noi. Possiamo anche capire qual è il
campo di credibilità che si forma nella vita dell'uomo, per cui a un certo
momento a lui riesce impossibile credere a certe cose.
Una
cosa è credibile in quanto trova corrispondenza in ciò che di vero portiamo in
noi, in ciò che abbiamo presente ma, non di vero in senso Assoluto, oggettivo,
ma di vero in senso soggettivo.
Perché
il Vero Oggettivo, noi non lo vediamo e non lo tocchiamo, non l'abbiamo presente,
pur portandone le conseguenze.
A
un bambino è facile credere in tutto.
Qualunque
cosa gli si presenti non ha difficoltà a crederci.
Il
fatto è che man mano che questo bambino cresce e vive, succede che il suo campo
di credibilità si restringe sempre di più, perché, a un certo momento,
attraverso tutte le esperienze che lui fa, lui viene a definire come
"vero", soltanto ciò che ha esperimentato.
E
ciò che non ha esperimentato a poco per volta lo esclude, non è più credibile
per lui, perché non l'ha presente.
Possiamo
capire come a un certo momento, questo campo di credibilità si restringa al
punto tale, per cui tutto ciò che esce dalla nostra esperienza sensibile
(quello che noi possiamo vedere e toccare), per noi può diventare non più
credibile.
Siamo
sempre nel campo della fede facile, in quanto corrisponde a qualche cosa che
portiamo in noi.
Quindi
credere in Dio non come Fine, anche se dà la gioia di credere il Dio, di dire
che Dio è buono, di riconoscere la Presenza di Dio che è intervenuto nel nostro
bisogno, questo non dà a noi la possibilità di restare uniti a Dio.
Perché
come abbiamo visto nel versetto precedente quello che dà a noi la possibilità
di restare uniti a Dio è il Fine, è avere Dio come Fine.
Ma
Dio come Fine, abbiamo detto che si trova soltanto nel
Pensiero di Dio.
Quindi
soltanto in quanto cerchiamo il Pensiero di Dio ma qui la fede diventa
difficile.
Perché
noi con facilità diciamo di credere in Dio Creatore e conosciamo che
magari la situazione in cui ci troviamo è Volontà di Dio e ci fermiamo a
questo.
Quanti
ritengono magari di fare la Volontà di Dio in quanto dicono: "Ma Dio mi ha
messo qui, io rimango qui" oppure: "Questo è il mio destino, questa è
la Volontà di Dio" e confondiamo la situazione in cui Dio ci ha posti con
la Volontà di Dio.
La
Volontà di Dio è una cosa molto diversa.
Perché
la situazione in cui Dio ci ha posti, è un segno di Dio ma questo segno, è per
metterci in cammino verso il Pensiero di Dio non per farci restare lì.
Il
che vuol dire che se noi restiamo noi abbiamo Dio
come Causa, riconosciamo magari che la situazione (ed è giusto) in cui ci
troviamo è stata voluta da Dio ma, non abbiamo Dio come Fine, cioè noi ci
chiediamo qual è il significato di quello che Dio c'ha fatto o di quella
situazione in cui Dio ci ha posto.
Non
cerchiamo cioè il Pensiero di Dio.
Se
non cerchiamo il Pensiero di Dio, non abbiamo Dio come Fine e se non abbiamo
Dio come Fine, noi non possiamo restare uniti a Dio, non possiamo quindi
camminare con Dio.
Qui
la fede diventa difficile.
La
fede difficile è quella che ha Dio come Fine, è quella che passa dal Dio che
piace a noi all'interesse per conoscere quello che piace a Dio.
Fintanto
che noi non facciamo questo passaggio, fintanto che noi restiamo o cerchiamo il
Dio che piace a noi, non ci troviamo sempre con questa fede facile che crede in
Dio Creatore ma che non può avere Dio come Fine.
Si
passa al Dio come Fine in quanto non si cerca più il Dio che piace a noi,
quindi il Dio che risponde ai nostri problemi ai nostri bisogni eccetera ma, si
passa alla ricerca di quello che piace a Dio, cioè di quello che nasce da Dio,
di quello che Dio genera, di quello che Dio vuole, di quello che piace a Dio,
piace quindi che deriva da Dio.
Cioè
si passa dall'interesse per noi, per trovare la soddisfazione nostra, fossero
anche dei problemi nei riguardi di Dio, alla ricerca di quello che Dio è, di
quello che Dio vuole, di quello che Dio genera, quindi qui entriamo nel campo
del Figlio di Dio, del Figlio di Dio che dice: "Io cerco sempre ciò che
piace a Lui".
Questa
è la fede difficile, perché richiede da noi il superamento di tutta la nostra
situazione, dei nostri stessi problemi, di tutto il nostro mondo, per
occuparci, per interessarci di quello che vuole Dio.
Perché
soltanto a questo punto, noi incominciamo ad avere Dio come Fine.
Ora,
noi certamente nasciamo da Dio, siamo opera di Dio, abbiamo Dio come Principio,
volenti o nolenti, perché questa è opera di Dio indipendente da noi.
Noi
abbiamo Dio come Principio ma poi, ci vuole tutta una vita per imparare ad avere Dio come principio.
Noi
abbiamo Dio come Principio (Causa)e poi dobbiamo passare tutta una vita per
imparare ad avere Dio come principio (Motivante).
Abbiamo
detto che il tema di oggi potrebbe avere anche questo titolo: il paradosso dell'uomo.
Noi
viviamo per Dio e viviamo per ciò che non è Dio.
Cioè
viviamo per Dio, Causa indipendente da noi, e viviamo per ciò che non è Dio.
E
fintanto che non impariamo a vivere per il nostro Principio, ad avere il nostro
Principio come Fine, fintanto che non impariamo ad avere il nostro Principio
come Fine, cioè noi viviamo per Dio e poter vivere per Dio, noi non entriamo in
questa fede che è difficile e che dà noi la possibilità di camminare uniti a
Dio.
Infatti
noi vedremo che qui: "Mentre parlava così molti credettero in
Lui", Gesù qui correggerà il tiro e dirà loro che cosa devono fare,
perché altrimenti lo perdono, anche credendo in Lui, non possono restare con
Lui.
Quindi
di problema centrale è questo: imparare a nascere dal nostro Principio, perché
soltanto nascendo dal nostro Principio, noi possiamo avere il Principio come
Fine.
In
caso diverso non abbiamo Dio come Fine.
Dio
è Causa ma è anche Fine e per averlo come Fine noi dobbiamo avere il Principio
come Fine.
Il
nostro Principio deve essere come Fine.
Soltanto
se l'abbiamo come Fine, allora noi possiamo nascere da Dio e restare uniti a
Dio.
Cioè
noi dobbiamo imparare a fare quello che fa Dio, come il Figlio di Dio.
Perché
il Figlio di Dio, contemplando il Padre, partecipa alla generazione dal Padre,
perché conosce quello che il Padre genera, cioè conosce Se stesso e allora noi
dobbiamo imparare a volere noi, come Dio ci vuole.
Allora
qui il cerchio si salda.
P.: Ha accennato a un tema: il paradosso
dell'uomo ma il tema centrale mi sembra che sia una distinzione tra fede facile
e difficile.
Luigi:
D'accordo.
N.: Ѐ evidente che nella fede facile, noi
strumentalizziamo Dio.
Ѐ un Dio che deve piacere a noi, non è un Dio a
cui noi dobbiamo piacere, non è un Dio di cui dobbiamo fare la Volontà,
quindi è un Dio di comodo, non è Dio e non è nemmeno fede.
Anche se è una componente necessaria per
giungere alla vera fede.
Certamente è un incompiuto, è una fede che è
destinata a perdersi, che non dura.
Luigi:
Ѐ necessaria.
Dio
si concede per stabilire un contatto ma poi dopo non più.
"Mentre
parlava così" fa pensare che a un certo momento non parli più così, che un
certo momento taccia, a un certo momento Dio tace.
Nel
momento in cui Dio tace c'è la richiesta da parte sua (il suo silenzio), c'è la
richiesta di una fede maggiore.
N.: Ѐ una fede che non arriverà mai ad
accettare la sofferenza, il dolore, la malattia, la vecchiaia, la morte.
Luigi:
Ѐ il passaggio dai giorni della creazione al sabato.
Nei
giorni della creazione abbiamo Dio che parla con noi, il sabato è Dio che entra
nel suo silenzio e allora qui siamo invitati noi a entrare nella sua Pace, nel
suo silenzio per cercare quello che piace a Lui.
Quindi
prima Lui nei sei giorni fa quello che piace a noi, per stabilire il contatto,
poi entra nel sabato per invitare noi adesso a fare quello che piace a Lui,
cioè a cercare quello che piace a Lui.
Questa
fede richiede il superamento nostro io per interessarci dell'Altro e entrare
nel suo riposo.
Lì
noi troviamo la Pace, l'unione con Dio, prima invece no.
Infatti
la nostra salvezza sta nella conoscenza, non nell'adorare quello che non
conosciamo.
Quando
noi diciamo: "Dio mi ha posto qui e quindi questa è la sua Volontà",
noi adoriamo quello che non conosciamo.
Quello
è necessario ma, quello che si salva è adorare la conoscenza, cioè cercare la
conoscenza di Dio, allora quello ci salva. Perché la vita eterna sta nella
conoscenza di Dio.
P.: L'altro giorno le diceva che se uno
fosse nell'inferno e ha la grazia da Dio di vedere questo come opera di Dio,
l'inferno si trasforma in paradiso.
Se io arriva accettare da Dio
l'inferno,l'accetto solo se lo vedo da Dio.
Luigi:
Ho detto che è una fede necessaria ma non è sufficiente.
P.: Allora non è sufficiente vedere
l'inferno come opera di Dio per trasformarlo in paradiso?
Luigi:
Se lei lo vede come opera di Dio si interessa di Dio, c'è l'apertura a Dio, c'è
il passaggio dalla fede in Dio Creatore a Dio Fine.
La
fede in Dio Creatore è una fede necessaria, perché la fede in Dio Creatore è
fede nella Causa, è quello che mi dà la possibilità di accogliere tutto da Dio.
Poi
c'è un altro passaggio.
Il
primo passaggio è quello di accettare tutto da Dio, però non basta.
Accettando
tutto da Dio dobbiamo cercare il Pensiero di Dio.
Perché
se tu riconosci che questo è di Dio, se è di Dio, tu adesso devi cercare di
capire in questo l'Intenzione di Dio.
Se
tu ti accontenti di dire: "Questo è opera di Dio" e poi su questo tu
scrivi la tua intenzione, tu lo perdi.
P.: La situazione in cui Lui mi ha messo è
opera sua, devo cercare la sua Intenzione, quindi anche l'inferno la devo
cercare.
Luigi:
Ma quella è la condizione, perché se io non accetto Dio, non cerco certamente
il suo Pensiero.
N.: L'abbiamo detto bene l'ultima volta, il
passaggio alla Giustizia essenziale è il presupposto della fede.
Senza quella Giustizia che riconosce tutto da
Dio, anche quello che noi chiamiamo male, che noi chiamiamo morte, siamo
chiamati a vedere la morte necessaria, come dice Lui nel Vangelo.
Lui dice: "Ѐ necessario che Io soffra,
che Io sia giudicato, sia condannato dai principi, dai sacerdoti, dagli scribi,
dai farisei".
Ѐ necessario.
Quello lo dice per noi.
Quindi è necessario un superamento.
Se noi non facciamo il superamento non
facciamo niente.
Naturalmente in quella fede facile non c'è il
superamento dell'io.
In quella fede facile noi diciamo: "Dio
dammi la pastasciutta stasera, il risotto domattina" tutto lì.
Ѐ una fede molto terra-terra insomma.
Certamente non è una fede fatta per farti
progredire, per farti mettere le ali, è una fede per lasciarti dove sei anzi,
alla prima disgrazia tu dici: "Dio a me questo non me lo doveva fare,
perché io ho sempre creduto in Dio".
Luigi:
In quella fede lì non possiamo durare.
Perché
noi rivestiamo le cose di una nostra finalità, di una nostra intenzione e
quella ci porta molto lontano da Dio, quindi non possiamo restare.
Perché
quello che ci dà la possibilità di restare con Dio è il Fine, non è la Causa.
N.: C'è una fede delusa che vediamo tutti i
giorni.
Gente a cui muore uno della famiglia e dice:
"No, io questo non posso accettarlo da Dio, se Dio è buono come fa a farmi
questo?". Quello l'abbiamo visto tutti.
PI.: Ѐ chiaro che in questa prima fede non
c'è il superamento dell'io, quindi non c'è l'interesse per conoscere Dio.
Luigi:
Anche se si loda Dio.
Si
loda Dio per quello che ci dà.
Per
cui magari Lui parla e risponde al nostro problema e quando risponde a un
nostro problema,illumina il nostro problema, soddisfa noi e allora noi diciamo
di credere in Dio, perché ha risposto.
Però
siamo noi che siamo soddisfatti, non abbiamo cercato quello che piace a Lui,
non abbiamo cercato la sua soddisfazione.
Adesso
credendo che Lui è, adesso dobbiamo superare noi i nostri problemi nostro mondo
per interessarci di quello che piace a Lui, cioè di quello che vuole Lui, cioè
del Fine per cui Lui opera, del Fine, del suo Pensiero, cercare il suo
Pensiero.
Soltanto
cercando il suo Pensiero, noi adesso abbiamo Lui che è nostro Principio anche
come Fine.
Dobbiamo
fare del nostro Principio, il principio della nostra vita.
Perché
noi abbiamo come principio il nostro fine.
Noi
vivendo per-, siamo motivati da-.
E
quello diventa nostro principio, diventa nostro padre.
Per
cui noi finiamo di avere Dio come Padre ma senza di noi, e il vero nostro padre
è invece ciò per cui noi viviamo cioè il fine per cui noi viviamo.
Noi
siamo generati da ciò per cui viviamo e fintanto che noi non viviamo per il
nostro Principio, noi non possiamo avere Dio come Fine e quindi non possiamo
restare uniti a Dio.
Se
poi teniamo presente che la vita è comunione, evidentemente noi avendo come
principio di vita altro da Dio, noi giorno per giorno non facciamo altro che
accrescere la nostra morte.
Noi
moriamo ogni giorno perché la nostra vita è data dalla comunione col Principio
ma, c'è la comunione col Principio, in quanto c'è il Principio come Fine.
In
quanto quindi, si supera tutto il resto per cercare Colui che ci ha voluti, per
cercare Dio nel suo Principio, avere Lui come Fine.
Allora
avendolo come Fine, noi abbiamo l'unione con Dio e dalla comunione noi abbiamo
la Vita.
Se
invece noi abbiamo un altro fine da Dio, cioè viviamo per altro, noi non
facciamo altro che accrescere la nostra morte che è lontananza da Dio.
PI.: In questa prima situazione arriva il
momento in cui Dio non ci conferma più, arriva il momento in cui Dio diventa
silenzio.
Per noi è silenzio di Dio, proprio in quanto
non soddisfa più i nostri desideri.
Dio magari ti butta all'aria tutto e non ti
conferma.
Oppure ti sollecita magari dall'esterno con
degli avvenimenti duri, contrari e quindi vediamo proprio che lì o si fa questo
superamento e arriviamo a capire il perché di questo o altrimenti ci stacchiamo
da Dio.
Luigi:
Poi dopo Gesù dice: "Molti sono i chiamati e pochi gli eletti".
Ѐ
proprio questo passaggio dal "molti chiamati" ai "pochi
eletti".
Pochi
nel senso che si è eletti proprio in quanto ci si dedica personalmente proprio
in questa fede che diventa difficile, perché richiede il superamento di tutto
il nostro mondo, di tutti i nostri problemi, l'accantonamento di tutti i nostri
problemi, per occuparci di quello che vuole Dio, cioè del Figlio di Dio.
Per
nascere da Dio come nasce il Figlio di Dio, perché Dio vuole noi come suoi
figli, cioè come suo Pensiero, Dio vuole noi come suo Pensiero.
Allora
noi nasciamo da Lui come suo Pensiero, soltanto se impariamo a fare quello che
fa Lui.
Lui
genera il suo Pensiero, Lui vuole noi come suo Pensiero, quindi dobbiamo volerci
noi come suo Pensiero, ciò come fa il Figlio.
Il
Figlio contemplando il Padre, conosce Sé come Pensiero del Padre.
Altrettanto
dobbiamo fare anche noi e questo avviene soltanto in quanto noi abbiamo questa
fede che cerca quello che piace a Dio.
N.: Risulta evidente che non si può tenere
quella fede facile, proprio da quello che si vede nella vita di ogni giorno.
C'è gente che mi dice: "Ma la fede a te
l'han data a me non l'han data".
No, non è che non te l'hanno data, è che
tu non hai fatto niente per averla, non hai fatto niente per tenerla.
Luigi:
Non hai capito perché Dio ti ha dato quella fede.
Dio
ti ha dato la fede in Lui Creatore, affinché tu cercassi Lui come Fine.
N.: La fede in Dio Creatore però non è
sufficiente, diventa una ripetizione: " Si va bene, Dio è il Creatore,
adesso facciamo noi, Dio è morto".
PI.: A un certo punto c'è proprio una
ribellione a Dio.
Anziché cercare di capire, rimproveriamo
Dio.
N.: Noi diciamo che se Dio è veramente buono,
certe cose cattive non le può fare.
PI.: E così noi perdiamo la fede, non
entriamo nella Luce, non entriamo nell'intelligenza degli avvenimenti.
Luigi:
Per cui tutto quello che noi non abbiamo cercato di capire in Dio, ci distrugge
tutto quello che noi abbiamo di Dio in noi, ce lo porta via.
PI.: Lo stesso segno per chi arriva al
Pensiero di Dio unisce sempre di più a Dio, lo stesso segno per chi non cerca
il Pensiero Dio allontana da Dio.
Luigi:
Cioè abbiamo il tempo in cui Dio che prima mi parlava adesso non parla più,
tace.
PI.: Parla in un altro modo ma è un aiuto,
se tu capisci questo nuovo parlare di Dio.
Luigi:
E sì ma tu non lo capisci più, per te è silenzio quello.
PI.: E arriva al punto in cui Dio non ti
conferma più, puoi anche metterti a piangere ma Dio non ti conferma più.
Luigi:
E sì, perché non hai fatto il passaggio.
N.: E lì ch'io vedo l'importanza enorme per
capire la psicologia, del Vangelo.
Ѐ quel vedere le cose non secondo il tuo
pensiero ma, nel Pensiero di chi le fa.
Ѐ quel cercare di vederle nel Pensiero di chi
le fa.
Ѐ la chiave che ci apre la porta.
P.: Praticamente entrambe le fedi chiedono
"perché?".
Uno dice: "Perché Dio?" e
l'altro dice: "Ma perché Dio mi hai fatto questo?".
Sono sostanzialmente due perché diversi,
uno si ribella e l'altro cerca di capire.
N.: Uno si ribella, l'altro invece è un perché
di chiarimento.
PI.: Non per dire che uno sia più bravo e
l'altro meno, ma se Dio ti dà la grazia di poterlo cercare come va cercato, Dio
ti conferma.
Dio non si diverte a darti bastonate, nel
momento in cui hai capito, Lui incomincia a cambiare le lezioni.
Luigi:
Però bisogna rendersi conto di questo passaggio e non accontentarsi di credere
che Dio fa tutto, che Dio opera tutto, devi cercare il suo Pensiero, altrimenti
perdi la fede, dura per un po' di tempo, perché è un fatto di sentimento o poi
dopo muore.
R.: Tutti gli uomini, quasi tutti, io per
prima, viviamo tutta la vita da addormentati, perché in realtà non usiamo il
pensiero.
Poi a un certo momento aveva qualche cosa che
ci punzecchia un poco, ci fa svegliare e allora cominci a capire che hai il
pensiero e allora devi usarlo.
Perché soltanto quando usi questo
pensiero nella ricerca di Dio inizi a capire.
La ricerca e la conoscenza di Dio sono un
cammino enorme.
Come dice lei molte volte, è come salire su
un'altissima montagna, al principio tutto è molto facile, si va tranquilli ci
sono i prati, l'erba ma, man mano che si va su diventa sempre più difficile, la
strada sempre più piccola, sennonché man mano che va in su ti accorgi che
quando quasi sei arrivato in cima c'è ancora un'altra cima, è sempre così e con
Dio penso che sarà sempre così: la cima non finirà mai, non si finirà mai di
conoscerlo.
Noi non siamo fatti, veniamo fatti un giorno
dopo l'altro, però con l'aiuto di Dio abbiamo questa possibilità di giungere a
compimento, a conoscere Dio.
Luigi:
Giorno dopo giorno noi moriamo, o cerchiamo Dio e allora noi siamo fatti giorno
dopo giorno, ma se noi cerchiamo altro da Dio, noi moriamo giorno dopo giorno,
abbiamo una morte crescente.
Noi
assistiamo alla nostra morte crescente, non c'è mica bisogno di aspettare
l'attimo della morte.
Molti
che si credono vivi, sono già morti, sono morti ambulanti, morti che camminano.
R.: Questo portare a compimento, consiste proprio
in quello che ha detto lei, cioè bisogna arrivare, grazie a Dio, a partecipare
di quello che Dio è, perché soltanto quando si può partecipare di quello che
Lui è, allora finalmente si chiude il cerchio famoso e si può legare il
Principio al Fine.
Luigi:
Noi dobbiamo diventare Pensiero di Dio ma, diventiamo Pensiero di Dio in quanto
noi partecipiamo a questa generazione dal Padre di questo Pensiero che portiamo
in noi, del Pensiero suo.
R.: Lei ha detto l'altro giorno che il vero
amore, cioè Dio, è senza misericordia.
Io pensato poi a questa cosa ma, non so perché
lei l'abbia detta.
Magari non ho proprio capito niente.
Mi è venute in mente innanzitutto che Dio è
misericordia infinita essendo appunto amore, poi Gesù stesso dice:
"Misericordia io voglio non sacrifici".
Allora da dove l'ha fatta scaturire questa sua affermazione che il vero amore è senza
misericordia?
Luigi:
Intanto già la Bibbia e poi Gesù stesso dice che Dio, coloro che Egli
ama, li castiga, li corregge, gli sta dietro e non usa misericordia, pretende
molto.
Si
dice: "Colui che avrà conosciuto molto, sarà molto bastonato" cioè,
più uno cerca Dio e più viene bastonato.
Invece
chi conosce poco di Dio, riceve poche bastonature.
La
bastonatura di cui parla Gesù, non è misericordia, cioè più siamo vicini a Dio,
più Dio diventa senza misericordia.
La
grande esigenza di Dio, perché Dio ci vuole sui figli, pretende moltissimo.
Dio
non s'accontenta mai, a un certo momento assorbe tutto.
R.: Però Lui ti percuote e poi si
consola.
Luigi:
L'amore vero è esigentissimo.
Lei
verso una persona che ama è esigentissima,verso un estraneo non le importa
quello che fa, ma se la persona che lei ama fa un qualcosa che le dà fastidio,
lei subito le salta addosso, perché quello non doveva farlo, perché è un
problema di amore, perché colui che veramente ama vuole che l'altro sia
perfetto.
Dio
ci vuole prefetti.
Quando
Gesù dice: "Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli", qui
è senza misericordia, non ci concede niente: "Siate perfetti come il Padre
che è nei cieli", scherziamo!
G.: Le cose che Dio mi manda e che mi
piacciono, cioè il Dio che si concede, Dio si concede alle mie esigenze.
Luigi:
Ma si concede anche nel campo dello spirito, sia chiaro.
Per
cui noi abbiamo dei dubbi, un problema e chiediamo la luce al Signore,
anche qui noi abbiamo una fede facile.
Non
è sufficiente adesso crogiolarsi sul fatto che Dio è buono, che Dio mi ha
risposto, perché domani non ti risponderà più.
Bisogna
passare all'altra fede, alla fede che cerca non più quello che piace a me o la
risposta ai miei problemi ma che si interessa al problema di Dio.
Finora
Dio si è interessato dei miei problemi, del mio problema, adesso Lui entrando
nel Sabato, vuole che io mi interessi dei suoi problemi, di quello che Egli vuole
e di come Lui mi vuole
N.: In realtà interessarsi dei suoi problemi,
è interessarsi veramente dei nostri problemi.
Luigi:
Il superamento, la morte a noi stessi sta lì.
La
morte al nostro io non sta mica nel dire: "Io sono umile, io voglio morire
a me stesso", la morte a se stessi sta nel cercare quello che piace
all'Altro, quello che vuole l'Altro, allora lì si dimentica se stessi e qui la
fede diventa difficile.
G.: Non basta accettare ma quando Dio mi
manda una malattia o una cosa che non mi piace, se io l'accetto da Dio, anche
se non capisco il significato, però se l'accetto da Dio dovrebbe portarmi a Dio
Luigi:
L'accettazione in qualunque campo (anche nella moltiplicazione dei pani) è in
necessaria ma non è sufficiente.
Credere
che Dio è il Creatore è un fatto necessario.
Però
non dobbiamo fermarci lì, perché quella fede la perdiamo, non dura in noi.
Anche
la sofferenza, anche la malattia certo va accettata, perché Dio è il Creatore
quindi è Dio che me la manda ma, non debbo fermarmi lì.
Non
importa se tu accetti da Dio una cosa che non ti piace, perché cercare quello
che piace a Dio, vuol dire superare quello che Dio mi fa, quello che Dio mi
manda, per cercare il suo Pensiero, per interessarmi di Lui.
Se
non faccio questo superamento, anche se accetto tutto da Dio, resto in questa
situazione di "molti chiamati".
Certo
c'è una fede qui, perché non dice che è una fede sbagliata, è una fede però che
non dura, che non ci mantiene uniti a Dio.
Perché
anche se sono malato e accetto tutto da Dio, io ho altre finalità e se non ho
Dio come fine le altre mie finalità, non fosse altro che cercare di guarire, mi
portano molto lontano da Dio
N.: Non diciamo di accettare da Dio ma, non è
l'accettare una cosa nel senso di capirla, è accettarla perché tanto non ci si
può fare niente.
Ѐ accettare perché dici: "Tanto non posso
farci niente, cosa posso fare, ribellarmi a Dio?".
Però è un nemico che mi tratta così, non è un
amico.
Luigi:
Comunque sapendo che Dio è il Creatore, noi siamo tenuti ad accettare tutto da
Dio ma, non basta.
Perché
accettare tutto da Dio, è un passo necessario, perché molti non accettano tutto
da Dio, quindi qui abbiamo già un campo di fede ("Credettero"), però
è una fede che non dura, non ci mantiene uniti a Dio.
Perché
"molti", bisogna passare ai pochi eletti.
Allora
sapendo che tutto viene da Dio e accettando tutto da Dio, noi siamo tenuti a
rivestire tutto del Pensiero di Dio.
Sapendo
che questo è Dio che me lo manda, io debbo cercare l'Intenzione, il Pensiero di
Dio, altrimenti rivesto, anche quello che accetto da Dio, del mio pensiero,
della mia intenzione.
Io
non posso non proiettare un pensiero sulle cose, come non posso non giudicare
le cose.
Se
lei apre un giornale, già la prima notizia lei la giudica, la classifica, le da
un certo valore, una certa importanza, le interessa o non l'interessa ma, già
proiettiamo un'intenzione su tutto.
Tutto
quello che arriva a noi, in quanto arriva a noi, arriva da Dio e non ci fa del
male, la lezione di questa mattina è: stai attento a quello che parte da te,
perché o tu cerchi il Pensiero di Dio o altrimenti tu proietti il pensiero del
tuo io su quello che Dio ti manda e allora qui comincia il male.
O
esce da noi l'interesse per cercare Pensiero di Dio e allora passiamo all'altra
fede, quella difficile, perché c'impegna molto o non cerchiamo questo e allora
necessariamente noi rivestiamo le cose delle nostre intenzioni anche se
l'abbiamo accettate da Dio.
Dio
mi manda la caramella, io non cerco il Pensiero di Dio, proietto sulla caramella
mio desiderio: me la mangio o faccio quello che voglio però, ho proiettato il
mio pensiero.
Non
posso lasciare la caramella così com'è, la rivesto di un pensiero, non posso
farne a meno, perché siamo persone, in quanto siamo persone abbiano un'intenzione.
E
quindi, o noi cerchiamo il Pensiero di Dio, anche se non lo troviamo in quanto
cerchiamo già apparteniamo allo Spirito e allora si stabilisce un legame di
comunione con Dio: c'è interesse per conoscere il Pensiero di Dio.
Ora,
Gesù dice che la salvezza viene dalla conoscenza, da coloro che cercano di
conoscere, non quelli che adorano quello che non conoscono.
Noi
possiamo adorare quello che non conosciamo: "Non capisco però l'adoro, mi
sottometto a quello", no, tu devi cercare il Pensiero di Dio e
allora qui abbiamo la fede difficile ma quella ci mantiene uniti a Dio, in
comunione con Dio.
La
comunione con Dio è vita, quindi fa crescere la vita, in caso diverso se non
cerchiamo il Pensiero, necessariamente, automaticamente proietti su quello che
Dio ti manda, le tue intenzioni è qui è finita.
Ѐ
quello che mi stacca da Dio, mi semina già la morte.
P.: Lei ha detto che abbiamo Dio come
Principio ma ci vuole tutta una vita ad avere Dio come principio, cioè vuol
dire praticamente imparare ad averlo come Fine.
Luigi:
Se tendo a conoscere il Principio allora l'ho come Fine.
P.: Se l'ho come Fine, questo Fine
diventa veramente mio Principio, mio padre.
Luigi:
Certo, perché quello che noi abbiamo come fine diventa il nostro principio.
P.: Quindi abbiamo Dio come Principio
naturale senza di noi, ma ci vuole tutta una vita perché Lui diventi mio
principio, mio padre, mio fine.
Luigi:
Sì, perché fintanto che noi non siamo capaci di volere Dio come Dio ci vuole o
come Dio vuole suo Figlio, noi abbiamo fini diversi da Dio, per cui noi abbiamo
Dio come Principio ma abbiamo altri fini, per cui noi viviamo per Dio e viviamo
per altro da Dio.
Noi
viviamo per Dio Causa e viviamo per altro da Dio contemporaneamente.
Il
paradosso dell'uomo sta lì.
Noi
viviamo per Dio e viviamo per altro da Dio.
Ѐ
una contraddizione.
Questa
contraddizione ce la portiamo dentro.
Per
cui noi viviamo per Dio, per Causa di Dio perché Dio ci vuole indipendentemente
da noi, però abbiamo un altra causa che è ciò per cui noi viviamo, per cui
abbiamo altri padri.
Siccome
il primo Padre non possiamo cancellarlo, qui c'è una contraddizione dentro di
noi ed è lì il paradosso.
Noi
entriamo in conflitto con noi stessi.
La
morte è divisione, è una conflittualità interiore.
Facendo
così, quella conflittualità ci porta l'angoscia, ci porta alla morte ci rende
insopportabile la vita ma, è perché tu hai introdotto un principio di
contraddizione.
Perché
il tuo Principio tu non lo puoi mollare.
Dio
ti ha voluto senza di te.
Sì
ti ha voluto senza di te, tu non lo puoi più fare fuori, perché Lui è
superiore a te, quindi ti ha voluto con una Volontà superiore a te,
adesso tu avendo altri padri, un altro principio, tu introduci in te un
principio di divisione, quindi di morte.
La
morte è divisione.
Invece
la Vita è data dall'unione.
L'unione
viene in quanto io non ho Dio come Principio ma guardo a Dio come Fine.
Perché
è il Fine che mi mantiene unito.
Ma
questo Fine deve essere il mio Principio, cioè deve essere Dio.
Deve
essere motivante ma è motivante in quanto io cerco di conoscerlo, cerco quello
che piace a Lui.
P.: E allora il paradosso dell'uomo ci
viene proprio dalla fede facile, se la fede è facile, non fa il passaggio alla
fede difficile, noi creiamo questo paradosso.
Luigi:
Dio come Causa non può essere ignorato da nessuno.
Perché
nessuno è causa dei segni.
Tutto
ciò che è diverso da Dio ha una Causa diversa da Sé, quindi nessuno si può
vantare di essere causa di sé.
Quel
uomo che dice: "Io mi sono fatto da solo", dice una sciocchezza,
tutta la creazione si mette a ridere
P.: Noi dobbiamo imparare a nascere dal
nostro Principio, perché solo nascendo da questo Principio possiamo averlo come
Fine.
Quando abbiamo parlato dell'innalzare il
Figlio dell'uomo, avevamo anche approfondito il concetto di rinascere dall'alto
e si era detto che rinascere dall'altro era imparare a dedurre da-, imparare a
vedere le cose dal loro Principio, nel loro Principio.
Luigi:
La città di Dio discende dal cielo.
P.: Noi dobbiamo vedere anche noi stessi
discendere da Dio.
Luigi:
Soprattutto dobbiamo vedere il nostro pensiero, e fintanto che il nostro
pensiero non è Pensiero di Dio, non può vedersi nascere da Dio, cioè generato
da Dio.
P.: Lei ha detto che dobbiamo imparare a
fare ciò che fa Dio.
Dio genera il suo Verbo, quindi cosa vuol
dire questo?
Anche noi dobbiamo generare il Verbo di
Dio?
Luigi:
Certo, generare il Pensiero di Dio.
Questa
generazione non è automatica, quindi non avviene senza di noi.
P.: Il Figlio naturale di Dio quando
contempla Padre non è che generi il Figlio e noi dobbiamo generarlo invece?
Luigi:
No, contemplando il Padre vede quello che il Padre fa e quindi scopre Se stesso
come generato dal Padre.
P.: Quello che il Padre fa, pure il Figlio
lo fa.
Per noi invece?
Luigi:
Ѐ lo stesso.
P.: Noi dobbiamo fare quello che Dio fa, il
Padre genera il Verbo, quindi anche noi dobbiamo generare il Verbo però, con
Gesù non si può dire così: Gesù non genera il Verbo, è il Padre che genera.
Luigi:
Si capisce il Figlio non genera, partecipa della generazione come conoscenza.
P.: Quando sento dire che io devo arrivare
a generare il Verbo di Dio in me, devo capire la generazione del Padre?
Luigi:
Lei non può generare il Verbo, le può fare tutti salti mortali ma non può
generare il Verbo.
P.: Però come espressione mi rende più
comprensibile questa generazione.
Dobbiamo cioè scoprire la generazione del
Verbo, capire quello che il Padre fa.
Il Padre genera però, io non genero.
Luigi:
Certo lei non genera.
Ѐ
un rapporto diverso.
Perché
guardando il Padre, lei conosce quello che il Padre fa e quindi ha la
consapevolezza della generazione del Figlio dal Padre.
Ѐ
un fare.
Ѐ
il fare di cui parla San Giacomo: "Non siate soltanto ascoltatori della
Parola di Dio ma, dovete fare la Parola di Dio".
Questo
"fare la Parola di Dio".
La
Parola di Dio è il Figlio, quindi bisogna farlo questo Figlio.
Non
basta ascoltare, perché noi ascoltiamo la Parola di Dio e allora abbiamo la
fede facile.
Qui
hanno ascoltato, "molti" gli hanno creduto.
Ѐ
la fede facile, non hanno fatto.
Infatti
poi dopo Gesù li inviterà a "fare".
Quella
è la base, certamente è logico.
La
base è l'ascolto.
Sapendo
che Dio parla il fondamento è ascoltarlo.
Un
allievo deve ascoltare ma, non accontentarti di ascoltarlo, perché questa
Parola che ti è arrivata, adesso ti invita a farla.
La
Parola di Dio è una proposta, quindi di invita ad attingere nella sua sorgente.
R.: Fin quando da noi scaturiranno fiumi di
acqua viva.
Luigi:
Si capisce: "Fiumi di vita eterna".
P.: Per evitare di cadere in questo
paradosso, perché la lezione sta qui, facendoci vedere il rischio di questo
paradosso è necessario fare questo passaggio.
Luigi:
Noi non possiamo evitarlo, fintantoché non impariamo a nascere da Dio, come Dio
ci vuole come.
Dobbiamo
imparare a fare questo passaggio a come Dio ci vuole.
Per
questo la condizione è cercare quello che piace a Dio e non cercare da Dio
quello che piace a noi.
Dio
vuole questo rapporto con noi, Lui parla e vuole che noi interroghiamo, che
cerchiamo presso di Lui la ragione però, non accontentiamoci di questo, perché
qui sono ancora sempre nostri problemi e attraverso Dio noi cerchiamo quello
che piace a noi.
A
non certo momento va superato anche questo, per cercare quello che piace a Dio.
Cos'è quello che piace a Dio?
A
Dio piace il compimento della sua Volontà.
Qual
è questo compimento della sua Volontà?
Ѐ
la manifestazione di sé?
Dove?
In
noi.
La
manifestazione di Sé in noi, è la manifestazione del suo Pensiero, della sua
Presenza.
Lui
si rivela nel suo Pensiero.
Sei
in noi non si sveglia questo interesse per cercare quello che piace a Dio, non
c'è questo superamento, pur credendo di vivere spiritualmente, di vivere con
Dio, se non c'è questo siamo nella fede facile.
Son
tutte tappe della nostra vita che ha il suo Principio e alle diverse tappe,
tende verso una meta ben precisa.
Con
questo non è che si smentisca il Principio: "Allora togliamo
l'ascolto", no, sia chiaro!
Credere
in Dio Creatore è il fondamento, però costruire su quello, non accontentarti di
quello, perché altrimenti tutto ti porta via.
N.: Questa distinzione di fedi è chiare e
evidenze, non ci sono dubbi.
Però stavo pensando al mio modo di avere fede.
Come è la mia fede?
Cioè io cerco di capire il significato delle
cose però, a un certo punto c'è una cosa che mi serve e allora io
dimentico Dio.
C'è un certo modo di scivolare, di non
rimanere in Dio, scivolare sulla buccia di banana, di non rimanere in quella
fede salda che crede che è Dio che fa avvenire tutti i fatti e che a un certo
punto cerca di mettersi qualcosa di suo che è un inquinamento.
Però è un pensiero che ho voluto cercare di
vedere bene nella mia vita.
Luigi:
Si comincia veramente a vivere in quanto uno incomincia a interessarsi per
conoscere ciò che piace a Dio anche se come dico è difficile, prima invece ci
si lascia vivere, non è un vivere.
N.: Ѐ difficile perché richiede un
superamento.
Luigi:
La porta è stretta, sforzatevi di entrare.
Vuol
dire occuparsi più dell'Altro che di noi stessi.
N.: Non è proprio questo, è occuparci solo
dell'Altro.
Qui la faccenda diventa complicata, perché
occuparsi più dell'Altro che di noi stessi può starci ma, occuparci solo
dell'Altro è dura.
PI.: Il primo passo per cercare il Pensiero
di Dio, è quello di non proiettare le nostre intenzioni sui segni di Dio.
Poi è necessario rimanere nell'iniziativa di
Dio interiormente, perché si corre il rischio di volere fare noi interiormente.
Invece devi superare il pensiero di te stesso e rimanere nell'iniziativa di
Dio, perché la chiave proprio lì.
Magari per grazia di Dio siamo già arrivati
a non prendere iniziative esteriori però non prendere iniziative interiori è
molto più difficile.
N.: Ѐ un po' quello che dice San Giacomo:
"Non essere solo uno che pensa la Verità, devi farla la Verità", non
ricordo le parole esatte.
Luigi:
Ma quando dice "fare la Verità", intende fare la Verità come
pensiero.
La
Parola di Dio ti invita a conoscere il Pensiero di Dio, farla vuol dire
applicarti a conoscere il Pensiero di Dio, dedizione al Pensiero di Dio.
PI.: Però è necessaria questa dedizione a-,
rimanendo però nell'iniziativa di Dio.
Luigi:
Sì, tu non potresti cercare Dio se Dio per primo non ti avesse sollecitato a
cercarlo, perché cercare uno che non conosci non ti è possibile, devi essere
attratto da quell'uno, quindi l'iniziativa è di quell'uno, l'iniziativa non è
nostra
N.: Anche nel pensiero c'è un suo modo di
guardare astratto che si limita a guardare da lontano, quelle che noi chiamiamo
azioni sono una conseguenza del pensiero.
Luigi.:
Quello un fatto marginale.
La
vera opera sta proprio nel pensiero.
R.: Cercare di piacere a Dio, per poter entrare
nel suo riposo.
G.: Ѐ necessario il superamento dell'io per
poter conoscere Dio, è necessario anche molto silenzio
Luigi:
La Parola di Dio si rivela nel deserto, nel silenzio.
P.:Noi siamo da Dio ma possiamo vivere per
altro da Dio e riceviamo vita da quest'altro.
Luigi:
Non "possiamo", noi viviamo per altro.
Fintanto
che non abbiamo imparato a fare quello che fa Dio, noi necessariamente viviamo
per Dio e viviamo contemporaneamente, necessariamente per altro da Dio, quindi
la contraddizione è automatica.
Non
è che possiamo, siamo costretti, magari vivi per una stupidaggine qualunque,
per una barzelletta stupida ma, devi vivere per qualcosa.
N.: Altrimenti la vita non ha più senso.
Se lei non ha almeno una raccolta di
francobolli da fare, la vita non ha più senso.
Luigi:
Ma a un certo momento, anche il registratore stesso diventa la tua finalità di
oggi.
Qualunque
cosa anche la più sciocca diventa il suo fine, non può farne a meno.
Non
può farne a meno, lei non è libera.
Quindi
non dica si può, necessariamente si devono avere altri fini.
L'uomo
è in questa situazione qui e fintanto che non impara a fare quello che fa Dio,
necessariamente porta addosso questo paradosso qui.
La
tristezza esistenziale che caratterizza l'uomo da ogni animale è
quell'inquietudine di fondo che l'uomo porta con sé che è proprio causata da
questo.