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A queste sue Parole, molti credettero in Lui. Gv 8 Vs 30.


Titolo: Il paradosso dell'uomo. (Fede facile e fede difficile)


Argomenti: Il principio dell'essere con Dio. Manifestarsi è la Volontà di Dio. Dio è Principio e Fine. La Causa è in tutta la creazione, il Fine solo nel Pensiero di Dio. L'unione con Dio è determinata dal Fine. Molti/facile-pochi/difficile. Mentre Gesù parla. Il Dio che parla agli uomini. La fede facile (Causa). L'instabilità della fede facile. La credibilità. La fede difficile (Fine). Passaggio dalla fede facile alla fede difficile. Imparare ad avere il Principio come Fine. Il vero amore è senza misericordia.


 

1/Settembre/1985  Casa di preghiera. Fossano.


Siamo giunti al versetto 30, qui il Vangelo ci dice che mentre parlava Gesù molti credettero in Lui.

Qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato personale, ci sia in questa risposta alle Parole di Gesù, da parte di quei Giudei ai quali Gesù stava parlando.

Abbiamo visto le domeniche precedenti soprattutto questa grande rivelazione del principio dell'essere con Dio, quando Gesù dice: "Colui che mi ha mandato non mi lascia solo, perché Io faccio sempre ciò che a Lui piace".

Abbiamo visto che fare ciò che piace a Dio vuol dire portare a compimento il suo Desiderio, la sua Volontà.

Il Figlio porta a compimento la Volontà del Padre.

Abbiamo anche visto che la Volontà di Dio è quella di manifestarsi.

Dio è Principio, Dio è Fine.

Lui solo è, quindi è Principio e Fine di tutte le sue opere di tutto ciò che fa.

Abbiamo anche visto che proprio per questa caratteristica di Dio, il Fine di tutte le cose si può cogliere solo nel Pensiero di Dio. Mentre la Causa di tutte le cose si può cogliere in tutta la creazione di Dio, il Fine di tutte le opere di Dio si può cogliere solo nel Pensiero di Dio.

E soltanto in quanto si cerca il Fine di Dio, fare quello che piace a Dio ("Io faccio sempre quello che piace al Padre") si resta uniti a Dio.

Abbiamo detto che fare quello che piace a Dio, vuol dire portare a compimento la Volontà di Dio, quindi cercare il Fine.

Soltanto in quanto si cerca il fine di uno, si può restare uniti con quell'uno.

Gesù dice: "Colui che mi ha mandato (quindi Causa) è con Me (unito a Me quindi) e non mi lascia solo, perché Io faccio sempre ciò che piace a Lui (il Fine, quindi Io cerco sempre il Fine)".

Queste Parole che Gesù disse, le disse certamente come Verbo incarnato, quindi le disse per noi, per insegnare a noi la via per restare uniti a Dio.

Perché la nostra grande difficoltà è questa.

Possiamo credere con facilità che tutto è opera di Dio ma, proviamo molta difficoltà a camminare restando uniti a Dio.

Siccome qui il Figlio dice che il Padre non lo lascia mai solo perché Lui fa sempre ciò che piace al Padre, ci dice che soltanto in quanto noi siamo fatti capaci di cercare Dio come Fine  e questo Fine si trova solo nel suo Pensiero quindi di cercare il Pensiero di Dio, troviamo qui la possibilità, che è grazia, di camminare in tutto uniti a Dio.

Detto questo adesso vediamo la risposta cioè, come gli uomini realizzano queste Parole ascoltate da Gesù.

Qui si dice: "Mentre parlava così, molti credettero in Lui".

Questa affermazione "molti" già ci fa pensare a una facilità di adesione di fede.

Perché dove c'è difficoltà a troviamo sempre "pochi".

Gesù stesso in un altro Vangelo dice: "Molti sono i chiamati e pochi gli eletti", ma come facciamo noi a dire che questo "molti" riveli a noi la facilità di questo credere in Lui?

La chiave sta in quel "mentre".

Qui si dice: "Mentre Gesù parlava così".

Cosa significa questo "mentre"?

"Mentre" è "durante" cioè contemporaneità come Presenza.

"Mentre parlava così".

Quindi quel "molti" è associato a questo: "Mentre Gesù parlava così".

Il che fa subito pensare a cosa sarà successo, cosa può succedere, quando non ci sarà più quel "mentre", cioè quando Gesù non parlerà più o quando non sarà più con loro.

Perché quel "mentre" rivela una co-presenza.

E allora già ci prospettano qui due fedi.

La fede del "mentre", mentre Dio parla a noi, parla con noi e la fede di quando Dio non parla più con noi.

E anche qui dobbiamo vedere quale lezione, quale significato c'è nella distinzione di queste due fedi.

Intanto approfondiamo questo "mentre parlava così".

Lui parlava così a chi?

A quelle creature,quindi a degli uomini.

Il Dio che parla agli uomini, è un Dio che si concede ma, si concede a che cosa?

Si concede agli argomenti degli uomini, perché parlava così a loro, quindi parlava così a ciò che essi avevano presente, ai loro problemi o ai loro dubbi o parlava così al loro bisogno.

Per cui quando Dio parla a noi, tenendo presente il nostro problema, i nostri bisogni, cioè risponde al nostro bisogno, noi proviamo piacere, noi proviamo gioia, perché ci sentiamo compresi ma, compresi nel nostro bisogno.

Cioè è Dio che si concede.

La fede che nasce qui abbiamo detto che una fede facile ed è rappresentata da quel "molti".

Ѐ una fede facile che è rappresentata da "molti" perché facile?

Perché è la fede di Colui che soddisfa noi.

Possiamo per tutto richiamare l'episodio della moltiplicazione dei pani.

Gesù che moltiplica i pani per la folla, ottiene l'adesione di "molti".

Infatti, quella sera vogliono nominarlo re.

Credettero in Lui.

Ma credono in Lui perché aveva moltiplicato i pani.

Ecco, qui abbiamo questo "mentre", abbiamo questa Presenza di Dio in mezzo a noi.

In mezzo cioè ai nostri problemi, al problema del mangiare, il problema del vestire, o anche magari ai nostri problemi dello spirito.

Cioè abbiamo Dio che viene a rispondere a noi, à la fede che sgorga da questa soddisfazione nostra, che proviamo ascoltando la Parola di Dio, è una fede facile, è la fede che crede nella Causa.

Dio che parla con noi è Dio che risponde a un effetto, a un nostro bisogno che portiamo in noi, quindi si rivela come Causa, e la fede che sgorga è una fede nella Causa.

La caratteristica di questa fede nella Causa: non è fede che cerca di conoscere Dio ma, è fede che è soddisfatta dall'opera di Dio.

In quanto è soddisfatta non cerca di conoscere.

"Guai a voi che siete stati soddisfatti, che avete trovato la vostra soddisfazione" dice Gesù.

Quindi non è la fede che ha Dio come Fine.

Qui è la fede che scaturisce dal fatto che il fine era in noi, avevamo bisogno di qualcosa, Dio è intervenuto, ha risposto a questo bisogno, noi siamo stati soddisfatti ed è nata questa fiducia a questa fede in Dio.

Però la caratteristica di questa fede è l'instabilità, la transitorietà, non dura.

Abbiamo detto che è fede in Dio come Causa, come Principio, non come Fine.

Qui noi non cerchiamo il Pensiero di Dio, noi siamo soddisfatti di quello che Dio c'ha fatto, lo riconosciamo come Causa, ha risposto.

La fede è facile in quanto trova in noi credibilità ma, trova in noi credibilità perché in noi c'è un problema, c'è qualche cosa che ha bisogno di essere soddisfatto ma, la credibilità è fondata su qualche cosa che portiamo in noi, che abbiamo presente in noi. Possiamo anche capire qual è il campo di credibilità che si forma nella vita dell'uomo, per cui a un certo momento a lui riesce impossibile credere a certe cose.

Una cosa è credibile in quanto trova corrispondenza in ciò che di vero portiamo in noi, in ciò che abbiamo presente ma, non di vero in senso Assoluto, oggettivo, ma di vero in senso soggettivo.

Perché il Vero Oggettivo, noi non lo vediamo e non lo tocchiamo, non l'abbiamo presente, pur portandone le conseguenze.

A un bambino è facile credere in tutto.

Qualunque cosa gli si presenti non ha difficoltà a crederci.

Il fatto è che man mano che questo bambino cresce e vive, succede che il suo campo di credibilità si restringe sempre di più, perché, a un certo momento, attraverso tutte le esperienze che lui fa, lui viene a definire come "vero", soltanto ciò che ha esperimentato.

E ciò che non ha esperimentato a poco per volta lo esclude, non è più credibile per lui, perché non l'ha presente.

Possiamo capire come a un certo momento, questo campo di credibilità si restringa al punto tale, per cui tutto ciò che esce dalla nostra esperienza sensibile (quello che noi possiamo vedere e toccare), per noi può diventare non più credibile.

Siamo sempre nel campo della fede facile, in quanto corrisponde a qualche cosa che portiamo in noi.

Quindi credere in Dio non come Fine, anche se dà la gioia di credere il Dio, di dire che Dio è buono, di riconoscere la Presenza di Dio che è intervenuto nel nostro bisogno, questo non dà a noi la possibilità di restare uniti a Dio.

Perché come abbiamo visto nel versetto precedente quello che dà a noi la possibilità di restare uniti a Dio è il Fine, è avere Dio come Fine.

Ma Dio come Fine, abbiamo detto che si trova soltanto nel Pensiero di Dio.

Quindi soltanto in quanto cerchiamo il Pensiero di Dio ma qui la fede diventa difficile.

Perché noi con facilità diciamo di credere  in Dio Creatore e conosciamo che magari la situazione in cui ci troviamo è Volontà di Dio e ci fermiamo a questo.

Quanti ritengono magari di fare la Volontà di Dio in quanto dicono: "Ma Dio mi ha messo qui, io rimango qui" oppure: "Questo è il mio destino, questa è la Volontà di Dio" e confondiamo la situazione in cui Dio ci ha posti con la Volontà di Dio.

La Volontà di Dio è una cosa molto diversa.

Perché la situazione in cui Dio ci ha posti, è un segno di Dio ma questo segno, è per metterci in cammino verso il Pensiero di Dio non per farci restare lì.

Il che vuol dire che se noi restiamo noi abbiamo Dio come Causa, riconosciamo magari che la situazione (ed è giusto) in cui ci troviamo è stata voluta da Dio ma, non abbiamo Dio come Fine, cioè noi ci chiediamo qual è il significato di quello che Dio c'ha fatto o di quella situazione in cui Dio ci ha posto.

Non cerchiamo cioè il Pensiero di Dio.

Se non cerchiamo il Pensiero di Dio, non abbiamo Dio come Fine e se non abbiamo Dio come Fine, noi non possiamo restare uniti a Dio, non possiamo quindi camminare con Dio.

Qui la fede diventa difficile.

La fede difficile è quella che ha Dio come Fine, è quella che passa dal Dio che piace a noi all'interesse per conoscere quello che piace a Dio.

Fintanto che noi non facciamo questo passaggio, fintanto che noi restiamo o cerchiamo il Dio che piace a noi, non ci troviamo sempre con questa fede facile che crede in Dio Creatore ma che non può avere Dio come Fine.

Si passa al Dio come Fine in quanto non si cerca più il Dio che piace a noi, quindi il Dio che risponde ai nostri problemi ai nostri bisogni eccetera ma, si passa alla ricerca di quello che piace a Dio, cioè di quello che nasce da Dio, di quello che Dio genera, di quello che Dio vuole, di quello che piace a Dio, piace quindi che deriva da Dio.

Cioè si passa dall'interesse per noi, per trovare la soddisfazione nostra, fossero anche dei problemi nei riguardi di Dio, alla ricerca di quello che Dio è, di quello che Dio vuole, di quello che Dio genera, quindi qui entriamo nel campo del Figlio di Dio, del Figlio di Dio che dice: "Io cerco sempre ciò che piace a Lui".

Questa è la fede difficile, perché richiede da noi il superamento di tutta la nostra situazione, dei nostri stessi problemi, di tutto il nostro mondo, per occuparci, per interessarci di quello che vuole Dio.

Perché soltanto a questo punto, noi incominciamo ad avere Dio come Fine.

Ora, noi certamente nasciamo da Dio, siamo opera di Dio, abbiamo Dio come Principio, volenti o nolenti, perché questa è opera di Dio indipendente da noi.

Noi abbiamo Dio come Principio ma poi, ci vuole tutta una vita per imparare ad avere Dio come principio.

Noi abbiamo Dio come Principio (Causa)e poi dobbiamo passare tutta una vita per imparare ad avere Dio come principio (Motivante).

Abbiamo detto che il tema di oggi potrebbe avere anche questo titolo: il paradosso dell'uomo.

Noi viviamo per Dio e viviamo per ciò che non è Dio.

Cioè viviamo per Dio, Causa indipendente da noi, e viviamo per ciò che non è Dio.

E fintanto che non impariamo a vivere per il nostro Principio, ad avere il nostro Principio come Fine, fintanto che non impariamo ad avere il nostro Principio come Fine, cioè noi viviamo per Dio e poter vivere per Dio, noi non entriamo in questa fede che è difficile e che dà noi la possibilità di camminare uniti a Dio.

Infatti noi vedremo che qui: "Mentre parlava così molti credettero in Lui",  Gesù qui correggerà il tiro e dirà loro che cosa devono fare, perché altrimenti lo perdono, anche credendo in Lui, non possono restare con Lui.

Quindi di problema centrale è questo: imparare a nascere dal nostro Principio, perché soltanto nascendo dal nostro Principio, noi possiamo avere il Principio come Fine.

In caso diverso non abbiamo Dio come Fine.

Dio è Causa ma è anche Fine e per averlo come Fine noi dobbiamo avere il Principio come Fine.

Il nostro Principio deve essere come Fine.

Soltanto se l'abbiamo come Fine, allora noi possiamo nascere da Dio e restare uniti a Dio.

Cioè noi dobbiamo imparare a fare quello che fa Dio, come il Figlio di Dio.

Perché il Figlio di Dio, contemplando il Padre, partecipa alla generazione dal Padre, perché conosce quello che il Padre genera, cioè conosce Se stesso e allora noi dobbiamo imparare a volere noi, come Dio ci vuole.

 Allora qui il cerchio si salda.


P.: Ha accennato a un tema: il paradosso dell'uomo ma il tema centrale mi sembra che sia una distinzione tra fede facile e difficile.

Luigi: D'accordo.

N.: Ѐ evidente che nella fede facile, noi strumentalizziamo Dio.

Ѐ un Dio che deve piacere a noi, non è un Dio a cui noi dobbiamo piacere, non è un Dio di cui dobbiamo fare la  Volontà, quindi è un Dio di comodo, non è Dio e non è nemmeno fede.

Anche se è una componente necessaria per giungere alla vera fede.

Certamente è un incompiuto, è una fede che è destinata a perdersi, che non dura.

Luigi: Ѐ necessaria.

Dio si concede per stabilire un contatto ma poi dopo non più.

"Mentre parlava così" fa pensare che a un certo momento non parli più così, che un certo momento taccia, a un certo momento Dio tace.

Nel momento in cui Dio tace c'è la richiesta da parte sua (il suo silenzio), c'è la richiesta di una fede maggiore.

N.: Ѐ una fede che non arriverà mai ad accettare la sofferenza, il dolore, la malattia, la vecchiaia, la morte.

Luigi: Ѐ il passaggio dai giorni della creazione al sabato.

Nei giorni della creazione abbiamo Dio che parla con noi, il sabato è Dio che entra nel suo silenzio e allora qui siamo invitati noi a entrare nella sua Pace, nel suo silenzio per cercare quello che piace a Lui.

Quindi prima Lui nei sei giorni fa quello che piace a noi, per stabilire il contatto, poi entra nel sabato per invitare noi adesso a fare quello che piace a Lui, cioè a cercare quello che piace a Lui.

Questa fede richiede il superamento nostro io per interessarci dell'Altro e entrare nel suo riposo.

Lì noi troviamo la Pace, l'unione con Dio, prima invece no.

Infatti la nostra salvezza sta nella conoscenza, non nell'adorare quello che non conosciamo.

Quando noi diciamo: "Dio mi ha posto qui e quindi questa è la sua Volontà", noi adoriamo quello che non conosciamo.

Quello è necessario ma, quello che si salva è adorare la conoscenza, cioè cercare la conoscenza di Dio, allora quello ci salva. Perché la vita eterna sta nella conoscenza di Dio.

P.: L'altro giorno le diceva che se uno fosse nell'inferno e ha la grazia da Dio di vedere questo come opera di Dio, l'inferno si trasforma in paradiso.

Se io arriva accettare da Dio l'inferno,l'accetto solo se lo vedo da Dio.

Luigi: Ho detto che è una fede necessaria ma non è sufficiente.

P.: Allora non è sufficiente vedere l'inferno come opera di Dio per trasformarlo in paradiso?

Luigi: Se lei lo vede come opera di Dio si interessa di Dio, c'è l'apertura a Dio, c'è il passaggio dalla fede in Dio Creatore a Dio Fine.

La fede in Dio Creatore è una fede necessaria, perché la fede in Dio Creatore è fede nella Causa, è quello che mi dà la possibilità di accogliere tutto da Dio.

Poi c'è un altro passaggio.

Il primo passaggio è quello di accettare tutto da Dio, però non basta.

Accettando tutto da Dio dobbiamo cercare il Pensiero di Dio.

Perché se tu riconosci che questo è di Dio, se è di Dio, tu adesso devi cercare di capire in questo l'Intenzione di Dio.

Se tu ti accontenti di dire: "Questo è opera di Dio" e poi su questo tu scrivi la tua intenzione, tu lo perdi.

P.: La situazione in cui Lui mi ha messo è opera sua, devo cercare la sua Intenzione, quindi anche l'inferno la devo cercare.

Luigi: Ma quella è la condizione, perché se io non accetto Dio, non cerco certamente il suo Pensiero.

N.: L'abbiamo detto bene l'ultima volta, il passaggio alla Giustizia essenziale è il presupposto della fede.

Senza quella Giustizia che riconosce tutto da Dio, anche quello che noi chiamiamo male, che noi chiamiamo morte, siamo chiamati a vedere la morte necessaria, come dice Lui nel Vangelo.

Lui dice: "Ѐ necessario che Io soffra, che Io sia giudicato, sia condannato dai principi, dai sacerdoti, dagli scribi, dai farisei".

Ѐ necessario.

Quello lo dice per noi.

Quindi è necessario un superamento.

Se noi non facciamo il superamento non facciamo niente.

Naturalmente in quella fede facile non c'è il superamento dell'io.

In quella fede facile noi diciamo: "Dio dammi la pastasciutta stasera, il risotto domattina" tutto lì.

Ѐ una fede molto terra-terra insomma.

Certamente non è una fede fatta per farti progredire, per farti mettere le ali, è una fede per lasciarti dove sei anzi, alla prima disgrazia tu dici: "Dio a me questo non me lo doveva fare, perché io ho sempre creduto in Dio".

Luigi: In quella fede lì non possiamo durare.

Perché noi rivestiamo le cose di una nostra finalità, di una nostra intenzione e quella ci porta molto lontano da Dio, quindi non possiamo restare.

Perché quello che ci dà la possibilità di restare con Dio è il Fine, non è la Causa.

N.: C'è una fede delusa che vediamo tutti i giorni.

Gente a cui muore uno della famiglia e dice: "No, io questo non posso accettarlo da Dio, se Dio è buono come fa a farmi questo?". Quello l'abbiamo visto tutti.

PI.: Ѐ chiaro che in questa prima fede non c'è il superamento dell'io, quindi non c'è l'interesse per conoscere Dio.

Luigi: Anche se si loda Dio.

Si loda Dio per quello che ci dà.

Per cui magari Lui parla e risponde al nostro problema e quando risponde a un nostro problema,illumina il nostro problema, soddisfa noi e allora noi diciamo di credere in Dio, perché ha risposto.

Però siamo noi che siamo soddisfatti, non abbiamo cercato quello che piace a Lui, non abbiamo cercato la sua soddisfazione.

Adesso credendo che Lui è, adesso dobbiamo superare noi i nostri problemi nostro mondo per interessarci di quello che piace a Lui, cioè di quello che vuole Lui, cioè del Fine per cui Lui opera, del Fine, del suo Pensiero, cercare il suo Pensiero.

Soltanto cercando il suo Pensiero, noi adesso abbiamo Lui che è nostro Principio anche come Fine.

Dobbiamo fare del nostro Principio, il principio della nostra vita.

Perché noi abbiamo come principio il nostro fine.

Noi vivendo per-, siamo motivati da-.

E quello diventa nostro principio, diventa nostro padre.

Per cui noi finiamo di avere Dio come Padre ma senza di noi, e il vero nostro padre è invece ciò per cui noi viviamo cioè il fine per cui noi viviamo.

Noi siamo generati da ciò per cui viviamo e fintanto che noi non viviamo per il nostro Principio, noi non possiamo avere Dio come Fine e quindi non possiamo restare uniti a Dio.

Se poi teniamo presente che la vita è comunione, evidentemente noi avendo come principio di vita altro da Dio, noi giorno per giorno non facciamo altro che accrescere la nostra morte.

Noi moriamo ogni giorno perché la nostra vita è data dalla comunione col Principio ma, c'è la comunione col Principio, in quanto c'è il Principio come Fine.

In quanto quindi, si supera tutto il resto per cercare Colui che ci ha voluti, per cercare Dio nel suo Principio, avere Lui come Fine.

Allora avendolo come Fine, noi abbiamo l'unione con Dio e dalla comunione noi abbiamo la Vita.

Se invece noi abbiamo un altro fine da Dio, cioè viviamo per altro, noi non facciamo altro che accrescere la nostra morte che è lontananza da Dio.

PI.: In questa prima situazione arriva il momento in cui Dio non ci conferma più, arriva il momento in cui Dio diventa silenzio.

Per noi è silenzio di Dio, proprio in quanto non soddisfa più i nostri desideri.

Dio magari ti butta all'aria tutto e non ti conferma.

Oppure ti sollecita magari dall'esterno con degli avvenimenti duri, contrari e quindi vediamo proprio che lì o si fa questo superamento e arriviamo a capire il perché di questo o altrimenti ci stacchiamo da Dio.

Luigi: Poi dopo Gesù dice: "Molti sono i chiamati e pochi gli eletti".

Ѐ proprio questo passaggio dal "molti chiamati" ai "pochi eletti".

Pochi nel senso che si è eletti proprio in quanto ci si dedica personalmente proprio in questa fede che diventa difficile, perché richiede il superamento di tutto il nostro mondo, di tutti i nostri problemi, l'accantonamento di tutti i nostri problemi, per occuparci di quello che vuole Dio, cioè del Figlio di Dio.

Per nascere da Dio come nasce il Figlio di Dio, perché Dio vuole noi come suoi figli, cioè come suo Pensiero, Dio vuole noi come suo Pensiero.

Allora noi nasciamo da Lui come suo Pensiero, soltanto se impariamo a fare quello che fa Lui.

Lui genera il suo Pensiero, Lui vuole noi come suo Pensiero, quindi dobbiamo volerci noi come suo Pensiero, ciò come fa il Figlio.

Il Figlio contemplando il Padre, conosce Sé come Pensiero del Padre.

Altrettanto dobbiamo fare anche noi e questo avviene soltanto in quanto noi abbiamo questa fede che cerca quello che piace a Dio.

N.: Risulta evidente che non si può tenere quella fede facile, proprio da quello che si vede nella vita di ogni giorno.

C'è gente che mi dice: "Ma la fede a te l'han data a me non l'han data".

No, non è che non  te l'hanno data, è che tu non hai fatto niente per averla, non hai fatto niente per tenerla.

Luigi: Non hai capito perché Dio ti ha dato quella fede.

Dio ti ha dato la fede in Lui Creatore, affinché tu cercassi Lui come Fine.

N.: La fede in Dio Creatore però non  è sufficiente, diventa una ripetizione: " Si va bene, Dio è il Creatore, adesso facciamo noi, Dio è morto".

PI.: A un certo punto c'è proprio una ribellione a Dio.

Anziché cercare di capire, rimproveriamo Dio.

N.: Noi diciamo che se Dio è veramente buono, certe cose cattive non le può fare.

PI.: E così noi perdiamo la fede, non entriamo nella Luce, non entriamo nell'intelligenza degli avvenimenti.

Luigi: Per cui tutto quello che noi non abbiamo cercato di capire in Dio, ci distrugge tutto quello che noi abbiamo di Dio in noi, ce lo porta via.

PI.: Lo stesso segno per chi arriva al Pensiero di Dio unisce sempre di più a Dio, lo stesso segno per chi non cerca il Pensiero Dio allontana da Dio.

Luigi: Cioè abbiamo il tempo in cui Dio che prima mi parlava adesso non parla più, tace.

PI.: Parla in un altro modo ma è un aiuto, se tu capisci questo nuovo parlare di Dio.

Luigi: E sì ma tu non lo capisci più, per te è silenzio quello.

PI.: E arriva al punto in cui Dio non ti conferma più, puoi anche metterti a piangere ma Dio non ti conferma più.

Luigi: E sì, perché non hai fatto il passaggio.

N.: E lì ch'io vedo l'importanza enorme per capire la psicologia, del Vangelo.

Ѐ quel vedere le cose non secondo il tuo pensiero ma, nel Pensiero di chi le fa.

Ѐ quel cercare di vederle nel Pensiero di chi le fa.

Ѐ la chiave che ci apre la porta.

P.: Praticamente entrambe le fedi chiedono "perché?".

Uno dice: "Perché Dio?" e  l'altro dice: "Ma perché Dio mi hai fatto questo?".

Sono sostanzialmente due perché diversi, uno si ribella e l'altro cerca di capire.

N.: Uno si ribella, l'altro invece è un perché di chiarimento.

PI.: Non per dire che uno sia più bravo e l'altro meno, ma se Dio ti dà la grazia di poterlo cercare come va cercato, Dio ti conferma.

Dio non si diverte a darti bastonate, nel momento in cui hai capito, Lui incomincia a cambiare le lezioni.

Luigi: Però bisogna rendersi conto di questo passaggio e non accontentarsi di credere che Dio fa tutto, che Dio opera tutto, devi cercare il suo Pensiero, altrimenti perdi la fede, dura per un po' di tempo, perché è un fatto di sentimento o poi dopo muore.

R.: Tutti gli uomini, quasi tutti, io per prima, viviamo tutta la vita da addormentati, perché in realtà non usiamo il pensiero.

Poi a un certo momento aveva qualche cosa che ci punzecchia un poco, ci fa svegliare e allora cominci a capire che hai il pensiero e allora devi usarlo.

Perché soltanto quando usi  questo pensiero nella ricerca di Dio inizi a capire.

La ricerca e la conoscenza di Dio sono un cammino enorme.

Come dice lei molte volte, è come salire su un'altissima montagna, al principio tutto è molto facile, si va tranquilli ci sono i prati, l'erba ma, man mano che si va su diventa sempre più difficile, la strada sempre più piccola, sennonché man mano che va in su ti accorgi che quando quasi sei arrivato in cima c'è ancora un'altra cima, è sempre così e con Dio penso che sarà sempre così: la cima non finirà mai, non si finirà mai di conoscerlo.

Noi non siamo fatti, veniamo fatti un giorno dopo l'altro, però con l'aiuto di Dio abbiamo questa possibilità di giungere a compimento, a conoscere Dio.

Luigi: Giorno dopo giorno noi moriamo, o cerchiamo Dio e allora noi siamo fatti giorno dopo giorno, ma se noi cerchiamo altro da Dio, noi moriamo giorno dopo giorno, abbiamo una morte crescente.

Noi assistiamo alla nostra morte crescente, non c'è mica bisogno di aspettare l'attimo della morte.

Molti che si credono vivi, sono già morti, sono morti ambulanti, morti che camminano.

R.: Questo portare a compimento, consiste proprio in quello che ha detto lei, cioè bisogna arrivare, grazie a Dio, a partecipare di quello che Dio è, perché soltanto quando si può partecipare di quello che Lui è, allora finalmente si chiude il cerchio famoso e si può legare il Principio al Fine.

Luigi: Noi dobbiamo diventare Pensiero di Dio ma, diventiamo Pensiero di Dio in quanto noi partecipiamo a questa generazione dal Padre di questo Pensiero che portiamo in noi, del Pensiero suo.

R.: Lei ha detto l'altro giorno che il vero amore, cioè Dio, è senza misericordia.

Io pensato poi a questa cosa ma, non so perché lei l'abbia detta.

Magari non ho proprio capito niente.

Mi è venute in mente innanzitutto che Dio è misericordia infinita essendo appunto amore, poi Gesù stesso dice: "Misericordia io voglio non sacrifici".

Allora da dove l'ha fatta scaturire questa sua affermazione che il vero amore è senza misericordia?

Luigi: Intanto già la Bibbia  e poi Gesù stesso dice che Dio, coloro che Egli ama, li castiga, li corregge, gli sta dietro e non usa misericordia, pretende molto.

Si  dice: "Colui che avrà conosciuto molto, sarà molto bastonato" cioè, più uno cerca Dio e più viene bastonato.

Invece chi conosce poco di Dio, riceve poche bastonature.

La bastonatura di cui parla Gesù, non è misericordia, cioè più siamo vicini a Dio, più Dio diventa senza misericordia.

La grande esigenza di Dio, perché Dio ci vuole sui figli, pretende moltissimo.

Dio non s'accontenta mai, a un certo momento assorbe tutto.

R.: Però Lui ti percuote  e poi si consola.

Luigi: L'amore vero è esigentissimo.

Lei verso una persona che ama è esigentissima,verso un estraneo non le importa quello che fa, ma se la persona che lei ama fa un qualcosa che le dà fastidio, lei subito le salta addosso, perché quello non doveva farlo, perché è un problema di amore, perché colui che veramente ama vuole che l'altro sia perfetto.

Dio ci vuole prefetti.

Quando Gesù dice: "Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli", qui è senza misericordia, non ci concede niente: "Siate perfetti come il Padre che è nei cieli", scherziamo!

G.: Le cose che Dio mi manda e che mi piacciono, cioè il Dio che si concede, Dio si concede alle mie esigenze.

Luigi: Ma si concede anche nel campo dello spirito, sia chiaro.

Per cui noi abbiamo dei dubbi, un problema  e chiediamo la luce al Signore, anche qui noi abbiamo una fede facile.

Non è sufficiente adesso crogiolarsi sul fatto che Dio è buono, che Dio mi ha risposto, perché domani non ti risponderà più.

Bisogna passare all'altra fede, alla fede che cerca non più quello che piace a me o la risposta ai miei problemi ma che si interessa al problema di Dio.

Finora Dio si è interessato dei miei problemi, del mio problema, adesso Lui entrando nel Sabato, vuole che io mi interessi dei suoi problemi, di quello che Egli vuole e di come Lui mi vuole

N.: In realtà interessarsi dei suoi problemi, è interessarsi veramente dei nostri problemi.

Luigi: Il superamento, la morte a noi stessi sta lì.

La morte al nostro io non sta mica nel dire: "Io sono umile, io voglio morire a me stesso", la morte a se stessi sta nel cercare quello che piace all'Altro, quello che vuole l'Altro, allora lì si dimentica se stessi e qui la fede diventa difficile.

G.: Non basta accettare ma quando Dio mi manda una malattia o una cosa che non mi piace, se io l'accetto da Dio, anche se non capisco il significato, però se l'accetto da Dio dovrebbe portarmi a Dio

Luigi: L'accettazione in qualunque campo (anche nella moltiplicazione dei pani) è in necessaria ma non è sufficiente.

Credere che Dio è il Creatore è un fatto necessario.

Però non dobbiamo fermarci lì, perché quella fede la perdiamo, non dura in noi.

Anche la sofferenza, anche la malattia certo va accettata, perché Dio è il Creatore quindi è Dio che me la manda ma, non debbo fermarmi lì.

Non importa se tu accetti da Dio una cosa che non ti piace, perché cercare quello che piace a Dio, vuol dire superare quello che Dio mi fa, quello che Dio mi manda, per cercare il suo Pensiero, per interessarmi di Lui.

Se non faccio questo superamento, anche se accetto tutto da Dio, resto in questa situazione di "molti chiamati".

Certo c'è una fede qui, perché non dice che è una fede sbagliata, è una fede però che non dura, che non ci mantiene uniti a Dio.

Perché anche se sono malato e accetto tutto da Dio, io ho altre finalità e se non ho Dio come fine le altre mie finalità, non fosse altro che cercare di guarire, mi portano molto lontano da Dio

N.: Non diciamo di accettare da Dio ma, non è l'accettare una cosa nel senso di capirla, è accettarla perché tanto non ci si può fare niente.

Ѐ accettare perché dici: "Tanto non posso farci niente, cosa posso fare, ribellarmi a Dio?".

Però è un nemico che mi tratta così, non è un amico.

Luigi: Comunque sapendo che Dio è il Creatore, noi siamo tenuti ad accettare tutto da Dio ma, non basta.

Perché accettare tutto da Dio, è un passo necessario, perché molti non accettano tutto da Dio, quindi qui abbiamo già un campo di fede ("Credettero"), però è una fede che non dura, non ci mantiene uniti a Dio.

Perché "molti", bisogna passare ai pochi eletti.

Allora sapendo che tutto viene da Dio e accettando tutto da Dio, noi siamo tenuti a rivestire tutto del Pensiero di Dio.

Sapendo che questo è Dio che me lo manda, io debbo cercare l'Intenzione, il Pensiero di Dio, altrimenti rivesto, anche quello che accetto da Dio, del mio pensiero, della mia intenzione.

Io non posso non proiettare un pensiero sulle cose, come non posso non giudicare le cose.

Se lei apre un giornale, già la prima notizia lei la giudica, la classifica, le da un certo valore, una certa importanza, le interessa o non l'interessa ma, già proiettiamo un'intenzione su tutto.

Tutto quello che arriva a noi, in quanto arriva a noi, arriva da Dio e non ci fa del male, la lezione di questa mattina è: stai attento a quello che parte da te, perché o tu cerchi il Pensiero di Dio o altrimenti tu proietti il pensiero del tuo io su quello che Dio ti manda e allora qui comincia il male.

O esce da noi l'interesse per cercare Pensiero di Dio e allora passiamo all'altra fede, quella difficile, perché c'impegna molto o non cerchiamo questo e allora necessariamente noi rivestiamo le cose delle nostre intenzioni anche se l'abbiamo accettate da Dio.

Dio mi manda la caramella, io non cerco il Pensiero di Dio, proietto sulla caramella mio desiderio: me la mangio o faccio quello che voglio però, ho proiettato il mio pensiero.

Non posso lasciare la caramella così com'è, la rivesto di un pensiero, non posso farne a meno, perché siamo persone, in quanto siamo persone abbiano un'intenzione.

E quindi, o noi cerchiamo il Pensiero di Dio, anche se non lo troviamo in quanto cerchiamo già apparteniamo allo Spirito e allora si stabilisce un legame di comunione con Dio: c'è interesse per conoscere il Pensiero di Dio.

Ora, Gesù dice che la salvezza viene dalla conoscenza, da coloro che cercano di conoscere, non quelli che adorano quello che non conoscono.

Noi possiamo adorare quello che non conosciamo: "Non capisco però l'adoro, mi sottometto a quello", no, tu devi cercare il Pensiero di Dio e  allora qui abbiamo la fede difficile ma quella ci mantiene uniti a Dio, in comunione con Dio.

La comunione con Dio è vita, quindi fa crescere la vita, in caso diverso se non cerchiamo il Pensiero, necessariamente, automaticamente proietti su quello che Dio ti manda, le tue intenzioni è qui è finita.

Ѐ quello che mi stacca da Dio, mi semina già la morte.

P.: Lei ha detto che abbiamo Dio come Principio ma ci vuole tutta una vita ad avere Dio come principio, cioè vuol dire praticamente imparare ad averlo come Fine.

Luigi: Se tendo a conoscere il Principio allora l'ho come Fine.

P.: Se l'ho  come Fine, questo Fine diventa veramente mio Principio, mio padre.

Luigi: Certo, perché quello che noi abbiamo come fine diventa il nostro principio.

P.: Quindi abbiamo Dio come Principio naturale senza di noi, ma ci vuole tutta una vita perché Lui diventi mio principio, mio padre, mio fine.

Luigi: Sì, perché fintanto che noi non siamo capaci di volere Dio come Dio ci vuole o come Dio vuole suo Figlio, noi abbiamo fini diversi da Dio, per cui noi abbiamo Dio come Principio ma abbiamo altri fini, per cui noi viviamo per Dio e viviamo per altro da Dio.

Noi viviamo per Dio Causa e viviamo per altro da Dio contemporaneamente.

Il paradosso dell'uomo sta lì.

Noi viviamo per Dio e viviamo per altro da Dio.

Ѐ una contraddizione.

Questa contraddizione ce la portiamo dentro.

Per cui noi viviamo per Dio, per Causa di Dio perché Dio ci vuole indipendentemente da noi, però abbiamo un altra causa che è ciò per cui noi viviamo, per cui abbiamo altri padri.

Siccome il primo Padre non possiamo cancellarlo, qui c'è una contraddizione dentro di noi ed è lì il paradosso.

Noi entriamo in conflitto  con noi stessi.

La morte è divisione, è una conflittualità interiore.

Facendo così, quella conflittualità ci porta l'angoscia, ci porta alla morte ci rende insopportabile la vita ma, è perché tu hai introdotto un principio di contraddizione.

Perché il tuo Principio tu non lo puoi mollare.

Dio ti ha voluto senza di te.

Sì ti ha voluto senza di te, tu non lo puoi più fare fuori, perché Lui è superiore  a te, quindi ti ha voluto con una Volontà superiore a te, adesso tu avendo altri padri, un altro principio, tu introduci in te un principio di divisione, quindi di morte.

La morte è divisione.

Invece la Vita è data dall'unione.

L'unione viene in quanto io non ho Dio come Principio ma guardo a Dio come Fine.

Perché è il Fine che mi mantiene unito.

Ma questo Fine deve essere il mio Principio, cioè deve essere Dio.

Deve essere motivante ma è motivante in quanto io cerco di conoscerlo, cerco quello che piace a Lui.

P.: E allora il paradosso dell'uomo ci viene proprio dalla fede facile, se la fede è facile, non fa il passaggio alla fede difficile, noi creiamo questo paradosso.

Luigi: Dio come Causa non può essere ignorato da nessuno.

Perché nessuno è  causa dei segni.

Tutto ciò che è diverso da Dio ha una Causa diversa da Sé, quindi nessuno si può vantare di essere causa di sé.

Quel uomo che dice: "Io mi sono fatto da solo", dice una sciocchezza, tutta la creazione si mette a ridere

P.: Noi dobbiamo imparare a nascere dal nostro Principio, perché solo nascendo da questo Principio possiamo averlo come Fine.

Quando abbiamo parlato dell'innalzare il Figlio dell'uomo, avevamo anche approfondito il concetto di rinascere dall'alto e si era detto che rinascere dall'altro era imparare a dedurre da-, imparare a vedere le cose dal loro Principio, nel loro Principio.

Luigi: La città di Dio discende dal cielo.

P.: Noi dobbiamo vedere anche noi stessi discendere da Dio.

Luigi: Soprattutto dobbiamo vedere il nostro pensiero, e fintanto che il nostro pensiero non è Pensiero di Dio, non può vedersi nascere da Dio, cioè generato da Dio.

P.: Lei ha detto che dobbiamo imparare a fare ciò che fa Dio.

Dio genera il suo Verbo, quindi cosa vuol dire questo?

Anche noi dobbiamo generare il Verbo di Dio?

Luigi: Certo, generare il Pensiero di Dio.

Questa generazione non è automatica, quindi non avviene senza di noi.

P.: Il Figlio naturale di Dio quando contempla Padre non è che generi il Figlio e noi dobbiamo generarlo invece?

Luigi: No, contemplando il Padre vede quello che il Padre fa e quindi scopre Se stesso come generato dal Padre.

P.: Quello che il Padre fa, pure il Figlio lo fa.

Per noi invece?

Luigi: Ѐ lo stesso.

P.: Noi dobbiamo fare quello che Dio fa, il Padre genera il Verbo, quindi anche noi dobbiamo generare il Verbo però, con Gesù non si può dire così: Gesù non genera il Verbo, è il Padre che genera.

Luigi: Si capisce il Figlio non genera, partecipa della generazione come conoscenza.

P.: Quando sento dire che io devo arrivare a generare il Verbo di Dio in me, devo capire la generazione del Padre?

Luigi: Lei non può generare il Verbo, le può fare tutti salti mortali ma non può generare il Verbo.

P.: Però come espressione mi rende più comprensibile questa generazione.

Dobbiamo cioè scoprire la generazione del Verbo, capire quello che il Padre fa.

Il Padre genera però, io non genero.

Luigi: Certo lei non genera.

Ѐ un rapporto diverso.

Perché guardando il Padre, lei conosce quello che il Padre fa e quindi  ha la consapevolezza della generazione del Figlio dal Padre.

Ѐ un fare.

Ѐ il fare di cui parla San Giacomo: "Non siate soltanto ascoltatori della Parola di Dio ma, dovete fare la Parola di Dio".

Questo "fare la Parola di Dio".

La Parola di Dio è il Figlio, quindi bisogna farlo questo Figlio.

Non basta ascoltare, perché noi ascoltiamo la Parola di Dio e allora abbiamo la fede facile.

Qui hanno ascoltato, "molti" gli hanno creduto.

Ѐ la fede facile, non hanno fatto.

Infatti poi dopo Gesù li inviterà a "fare".

Quella è la base, certamente è logico.

La base è l'ascolto.

Sapendo che Dio parla il fondamento è ascoltarlo.

Un allievo deve ascoltare ma, non accontentarti di ascoltarlo, perché questa Parola che ti è arrivata, adesso ti invita a farla.

La Parola di Dio è una proposta, quindi di invita ad attingere nella sua sorgente.

R.: Fin quando da noi scaturiranno fiumi di acqua viva.

Luigi: Si capisce: "Fiumi di vita eterna".

P.: Per evitare di cadere in questo paradosso, perché la lezione sta qui, facendoci vedere il rischio di questo paradosso è necessario fare questo passaggio.

Luigi: Noi non possiamo evitarlo, fintantoché non impariamo a nascere da Dio, come Dio ci vuole come.

Dobbiamo imparare a fare questo passaggio a  come Dio ci vuole.

Per questo la condizione è cercare quello che piace a Dio e non cercare da Dio quello che piace a noi.

Dio vuole questo rapporto con noi, Lui parla e vuole che noi interroghiamo, che cerchiamo presso di Lui la ragione però, non accontentiamoci di questo, perché qui sono ancora sempre nostri problemi e attraverso Dio noi cerchiamo quello che piace a noi.

A non certo momento va superato anche questo, per cercare quello che piace a Dio.
Cos'è quello che piace a Dio?

A Dio piace il compimento della sua Volontà.

Qual è questo compimento della sua Volontà?

Ѐ la manifestazione di sé?

Dove?

In noi.

La manifestazione di Sé in noi, è la manifestazione del suo Pensiero, della sua Presenza.

Lui si rivela nel suo Pensiero.

Sei in noi non si sveglia questo interesse per cercare quello che piace a Dio, non c'è questo superamento, pur credendo di vivere spiritualmente, di vivere con Dio, se non c'è questo siamo nella fede facile.

Son tutte tappe della nostra vita che ha il suo Principio e alle diverse tappe, tende verso una meta ben precisa.

Con questo non è che si smentisca il Principio: "Allora togliamo l'ascolto", no, sia chiaro!

Credere in Dio Creatore è il fondamento, però costruire su quello, non accontentarti di quello, perché altrimenti tutto ti porta via.


N.: Questa distinzione di fedi è chiare e evidenze, non ci sono dubbi.

Però stavo pensando al mio modo di avere fede.

Come è la mia fede?

Cioè io cerco di capire il significato delle cose però, a un certo punto c'è una cosa che mi serve e allora io  dimentico Dio.

C'è un certo modo di scivolare, di non rimanere in Dio, scivolare sulla buccia di banana, di non rimanere in quella fede salda che crede che è Dio che fa avvenire tutti i fatti e che a un certo punto cerca di mettersi qualcosa di suo che è un inquinamento.

Però è un pensiero che ho voluto cercare di vedere bene nella mia vita.

Luigi: Si comincia veramente a vivere in quanto uno incomincia a interessarsi per conoscere ciò che piace a Dio anche se come dico è difficile, prima invece ci si lascia vivere, non è un vivere.

N.: Ѐ difficile perché richiede un superamento.

Luigi: La porta è stretta, sforzatevi di entrare.

Vuol dire occuparsi più dell'Altro che di noi stessi.

N.: Non è proprio questo, è occuparci solo dell'Altro.

Qui la faccenda diventa complicata, perché occuparsi più dell'Altro che di noi stessi può starci ma, occuparci solo dell'Altro è dura.

PI.: Il primo passo per cercare il Pensiero di Dio, è quello di non proiettare le nostre intenzioni sui segni di Dio.

Poi è necessario rimanere nell'iniziativa di Dio interiormente, perché si corre il rischio di volere fare noi interiormente. Invece devi superare il pensiero di te stesso e rimanere nell'iniziativa di Dio, perché la chiave proprio lì.

Magari per grazia di Dio siamo già arrivati a non prendere iniziative esteriori però non prendere iniziative interiori è molto più difficile.

N.: Ѐ un po' quello che dice San Giacomo: "Non essere solo uno che pensa la Verità, devi farla la Verità", non ricordo le parole esatte.

Luigi: Ma quando dice "fare la Verità", intende fare la Verità come pensiero.

La Parola di Dio ti invita a conoscere il Pensiero di Dio, farla vuol dire applicarti a conoscere il Pensiero di Dio, dedizione al Pensiero di Dio.

PI.: Però è necessaria questa dedizione a-, rimanendo però nell'iniziativa di Dio.

Luigi: Sì, tu non potresti cercare Dio se Dio per primo non ti avesse sollecitato a cercarlo, perché cercare uno che non conosci non ti è possibile, devi essere attratto da quell'uno, quindi l'iniziativa è di quell'uno, l'iniziativa non è nostra

N.: Anche nel pensiero c'è un suo modo di guardare astratto che si limita a guardare da lontano, quelle che noi chiamiamo azioni sono una conseguenza del pensiero.

Luigi.: Quello un fatto marginale.

La vera opera sta proprio nel pensiero.

R.: Cercare di piacere a Dio, per poter entrare nel suo riposo.

G.: Ѐ necessario il superamento dell'io per poter conoscere Dio, è necessario anche molto silenzio

Luigi: La Parola di Dio si rivela nel deserto, nel silenzio.

P.:Noi siamo da Dio ma possiamo vivere per altro da Dio e riceviamo vita da quest'altro.

Luigi: Non "possiamo", noi viviamo per altro.

Fintanto che non abbiamo imparato a fare quello che fa Dio, noi necessariamente viviamo per Dio e viviamo contemporaneamente, necessariamente per altro da Dio, quindi la contraddizione è automatica.

Non è che possiamo, siamo costretti, magari vivi per una stupidaggine qualunque, per una barzelletta stupida ma, devi vivere per qualcosa.

N.: Altrimenti la vita non ha più senso.

Se lei non ha almeno una raccolta di francobolli da fare, la vita non ha più senso.

Luigi: Ma a un certo momento, anche il registratore stesso diventa la tua finalità di oggi.

Qualunque cosa anche la più sciocca diventa il suo fine, non può farne a meno.

Non può farne a meno, lei non è libera.

Quindi non dica si può, necessariamente si devono avere altri fini.

L'uomo è in questa situazione qui e fintanto che non impara a fare quello che fa Dio, necessariamente porta addosso questo paradosso qui.

La tristezza esistenziale che caratterizza l'uomo da ogni animale è quell'inquietudine di fondo che l'uomo porta con sé che è proprio causata da questo.