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Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e la mettono in mezzo.

Gv 8 Vs 3 Primo tema.


Titolo: Sottomettere Dio alla legge.


Argomenti: I prodotti della notte. Ciò che Dio ci fa trovare nella notte è lo specchio della nostra anima.  L'adulterio. L'unione della creazione a Dio determina l'ascolto di Dio. L'anima della legge. L'impossibilità di restare alla presenza del Pensiero di Dio.


 

15/Gennaio/1984  Fossano.


Qui ci troviamo in questa alba in cui Gesù era tornato nel tempio e seduto ammaestrava la gente.

Abbiamo visto che l'alba è determinata dalla presenza del Pensiero di Dio.

Qui incominciamo a vedere che la notte produce i suoi prodotti, incomincia a sfociare i suoi prodotti davanti a Gesù.

Scribi e farisei conducono una donna sorpresa in adulterio, gli conducono una donna sorpresa in adulterio.

Questi scribi e farisei sono quelli che il giorno prima si erano rifiutati di ascoltare Gesù, ammoniti da uno di loro: Nicodemo, si erano rifiutati in nome della legge di ascoltare Gesù: non avevano bisogno di ascoltare Gesù e quello che appare strano è che proprio adesso vengono ad ascoltare e a interrogare Gesù.

Come mai?

Abbiamo visto che tutti arrivano alla presenza del Verbo di Dio.

Siamo tutti convocati alla sua presenza: amici e nemici.

Perché il Pensiero di Dio è la conclusione del discorso di Dio Creatore.

Dio in tutta la sua creazione non fa altro che presentare Se Stesso, non fa altro che parlare di Sé.

Tutta la creazione è rivelazione di Dio a noi ed essendo Parola di Dio, come ogni parola tende a un fine, quando non parliamo vanamente, tende cioè a manifestare un pensiero.

Tutta la creazione di Dio, tende a rivelare a noi il Pensiero di Dio, per cui dobbiamo aspettarci questo incontro con il Pensiero di Dio, perché noi viviamo nella e della creazione di Dio, quindi volenti o nolenti dobbiamo aspettarci questo incontro con il Pensiero di Dio, perché è la conclusione dell'opera.

Tutta la creazione, essendo opera di Dio (Dio che trascende l'uomo), si conclude indipendentemente dall'uomo.

Quindi giungeremo tutti alla presenza di Dio.

Ma se tutti giungono alla Presenza di Dio, non tutti vi giungono alla stessa maniera.

Abbiamo detto che la notte sfocia i suoi prodotti.

Dove?

Li sfocia all'alba.

Abbiamo visto che l'alba è determinata dall'incontro con il Pensiero di Dio.

Quindi la notte di ogni uomo, sfocia i suoi prodotti di fronte al Pensiero di Dio.

Qui abbiamo scribi e farisei che conducono una donna adultera, sorpresa in flagranza, ecco il prodotto della notte.

Ognuno nella notte, raccoglie qualche cosa, attorno a un suo interesse principale.

Parlando della notte abbiamo visto che la notte rappresenta ciò che ogni uomo raccoglie, accumula attorno a un suo interesse principale, attorno a un amore.

Prima l'uomo è sfiorato dalla Luce e di fronte a questa dà una risposta.

Può essere interessato a ciò che la Luce gli ha proposto, oppure può essere interessato al rifiuto di ciò che la Luce gli ha proposto.

Comunque in questa risposta, l'uomo determina la sua vita.

Poi viene la notte in cui ognuno sottomette, quindi raccoglie tutte le cose, attorno al suo interesse principale.

Poi arriva l'alba, in cui ognuno sfocia con ciò che ha raccolto nella sua notte.

Gesù dice: "Non raccogliete tesori in terra ma, raccogliete tesori in cielo".

Cosa vuole dire questo?

Ciò che uno raccoglie nella sua notte diventa l'evidenziazione del suo interesse principale, del suo amore principale, di ciò che lui porta nel cuore.

Ciò che uno ha raccolto nella sua notte rivela la fede che ogni uomo porta dentro di sé.

Possiamo dire che quello che uno raccoglie nella sua notte, diventa lo specchio di sé.

Ognuno di noi sarà condotto dinanzi al Pensiero di Dio con ciò che avrà raccolto nella notte.

E ciò che avrà raccolto,sarà lo specchio del suo animo, sarà lo specchio del suo rapporto con Dio.

Per questo dico che ci troveremo tutti dinanzi al Pensiero di Dio ma non tutti alla stessa maniera.

Non tutti avremo raccolto le stesse cose e non tutti avremo raccolto nella stessa misura.

Qui avevano raccolto un'adultera.

Ho detto che quello che si raccoglie diventa lo specchio della nostra anima.

Questa adultera raccolta da questi scribi e da questi farisei era lo specchio della loro anima.

Senza che loro se ne rendessero conto, questa adultera colta in fragrante era lo specchio di ciò che questi scribi e farisei erano nei riguardi di Dio.

L'avevano portata di fronte a Gesù chiedendo di lapidarla perché "Secondo la legge doveva essere lapidata".

Evidentemente non si rendevano conto che, se questa adultera era lo specchio della loro anima, loro stavano chiedendo la propria lapidazione.

Portando in piazza l'adultera, portavano in piazza la loro colpa, portavano in piazza il loro peccato.

Per questo Gesù dice di non giudicare.

Bisogna stare molto attenti a giudicare, perché giudicando, noi mettiamo in piazza il nostro peccato.

Perché se tutto è lezione di Dio, noi dobbiamo prendere da tutto e da tutti la lezione di Dio per noi ma dobbiamo stare molto attenti a non giudicare e a non condannare.

Cosa è l'adulterio?

Chi è l'adultera?

Abbiamo detto che questi scribi e farisei, portando davanti a Gesù una adultera, stavano portando davanti a Gesù la loro anima.

Adultero è colui o colei che tradisce la sua unione.

Ogni uomo è stato creato unito a Dio.

E tutte le cose sono create nello Spirito di Dio, quindi sono create unite a Dio e Dio dice all'uomo di non disunire quello che Dio ha unito.

L'opera cattiva, malvagia, l'opera demoniaca dell'uomo è quella di disunire da Dio, quello che Dio ha unito a Sé.

Di disunire la creazione da Dio, di disunire la creatura da Dio, di disunire i fatti e gli avvenimenti da Dio, di non vedere Dio in tutte le cose.

Questa è l'opera del demonio che è divisione.

Chi rimane nell'unione, proprio in quanto rimane nell'unione è portato all'ascolto di Dio.

Se tutte le cose sono mantenute unite a Dio (date a Dio quello che è di Dio) e noi stessi ci manteniamo uniti a Dio, tutte le cose ci conducono all'ascolto di Dio ma, se noi ci disuniamo da Dio e disuniamo da Dio le cose, noi siamo condotti a sottomettere Dio al nostro interesse principale di vita.

Noi arriviamo a sottomettere Dio alla legge e qui stiamo arrivando al problema di questi scribi e di questi farisei che non giungono a Gesù per interrogare Gesù, per ascoltare Gesù, giungono a Gesù per sottoporre Gesù all'autorità della legge.

Noi arriviamo a sottomettere Dio alla legge, alle regole, all'autorità del mondo e alle istituzioni al sabato.

Ecco l'errore fondamentale.

Non ci rendiamo conto che tutte queste cose che sono buone, sono state create per portarci nell'ascolto di Dio e non per sottomettere Dio a queste.

Tutte queste cose sono degli ottimi servitori ma devono essere mantenute nel campo del servizio.

Servitori affinché la nostra anima possa ascoltare Dio.

Dio parla personalmente con la nostra anima e vuole che la nostra anima, personalmente si mantenga in rapporto con Lui: "Non dare a nessuno il nome di maestro, uno solo è il tuo Maestro, il Verbo di Dio che parla con te".

Tutte le cose sono state create per convocarti all'ascolto di questo Maestro, perché tu possa ascoltare da questo Maestro, quella Parola di Luce che solo la sua bocca può pronunciare.

Questi scribi e questi farisei, hanno presentato a Gesù lo specchio della loro anima, perché?

Perché si erano rifiutati (quando erano stati sfiorati dalla Luce che li convocava all'ascolto di Dio) di ascoltare la Luce, quindi hanno rotto l'unione con Dio, hanno tradito lo spirito della legge e hanno messo la lettera al posto dello spirito.

Hanno tradito lo spirito della legge, perché lo scopo di tutta la legge è condurre ad ascoltare Dio.

Anima di tutta la legge e di tutti i profeti è: "Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso".

Questo "amare" vuole dire cercare, vuole dire ascoltare.

Se noi escludiamo questo amore che anima tutta la legge, tutta la creazione e tutte le profezie, noi diventiamo degli adulteri, perché noi rompiamo la nostra unione con Dio per unirci a qualche cosa di diverso da Dio che può essere la legge, la lettera della legge, che possono essere i comandamenti, che possono essere le regole o il sabato.

Noi giungeremo alla presenza del Pensiero di Dio ma giungeremo per sottomettere Dio a questa nostra verità e quindi verremo a trovarci nella contraddizione, nella impossibilità di restare con il Pensiero di Dio, così come questi scribi e farisei non poterono restare alla presenza di Cristo.

Il fatto principale è questo: ciò che noi raccogliamo nella nostra notte e che portiamo nell'alba, alla presenza del Pensiero di Dio, è lo specchio di quello che siamo noi.

Questi scribi e questi farisei, il giorno prima erano stati adulteri, perché avevano tradito l'unione con Dio. Perché l'unione con Dio, li aveva sollecitati all'ascolto del Cristo e loro non hanno capito la proposta della Luce, preferendo ad essa la legge, la sacra scrittura e questo è adulterio, adultero è colui che rompe una unione e nella notte Dio ha fatto incontrare loro un adultera per mostrare loro quello che essi erano ma loro, anziché cogliere da Dio questo aiuto, questo messaggio, questa lezione, hanno giudicato e hanno condotto questa donna in piazza, davanti a Gesù all'alba per condannarla, per lapidarla anzi per sottomettere Gesù alla legge, alla loro autorità.

Non si sono resi conto che facendo così, loro hanno presentato in piazza il loro peccato, lo specchio della loro anima e chiedendo la lapidazione dell'adultera, chiedevano la lapidazione di se stessi.


P.: Per i farisei questa è stata la notte dell'adulterio, perché essendosi staccati dall'ascolto, disunendosi da Dio...

Luigi: Loro si sono disuniti da Dio quando Dio ha mandato loro l'invito all'ascolto, quindi qui c'è stata una rottura, poi dopo scende la notte.

Dio non ci abbandona mica nella notte.

Dio manda alla creatura delle lezioni, dei segni, però la creatura staccata da Dio, applica il motivo per cui si è staccata da Dio (la lettera della legge) alle scene che vede, ai segni che Dio le manda.

E quindi aggrava la sua situazione.

Si condanna.

Per cui l'incontro con il Pensiero di Dio è salvezza per alcuni e motivo di condanna per altri.

La condanna viene data dallo specchio, cioè ciò che io ho raccolto nella notte.

P.: Ma se capisco che quello è specchio per me?

Luigi: Ma per capirlo ho bisogno dell'unione con Dio.

N.: Loro, tu dici che arrivano con l'intenzione di sottomettere Dio alla legge, veramente loro credevano già di averlo sottomesso durante la notte.

Luigi: Approfittano di questa situazione...

N.: A questo punto qui si trovano invece proprio di fronte al Pensiero di Dio e non riusciranno a sottometterlo, sarà il momento della confusione.

Luigi: Certo ma il loro tentativo era quello di sottometterlo.

N.: Io penso un po' all'uomo che ha rifiutato Dio: per tanto tempo crede di averlo sottomesso, crede di avere eliminato il problema Dio, non l'ha più tra i piedi, poi a un certo punto, il Pensiero di Dio si ripresenta, si ripresenta all'alba.

Luigi: No, approfitta dell'occasione della notte, direi quasi per convincersi di avere ragione.

N.: Sì.

Luigi: Perché porta delle prove valide: "Vedi che ho avuto ragione".

N.: È questo che voglio dire, l'uomo nella notte crede addirittura di averlo sottomesso. All'alba si ritroverà invece solo di fronte al Pensiero di Dio, quindi il suo tentativo è destinato al fallimento e lui è destinato alla confusione.

Luigi: Cioè il Maestro che ammaestra, nel suo ammaestramento diventa Giudice di coloro che non sono aperti all'ascolto. Qui questi farisei erano impotenti ormai ad ascoltarlo, sembra che vadano per ascoltarlo, per interrogarlo ma profondamente loro arrivano per sottometterlo e non possono sottometterlo.

N.: Loro vengono per mettere in imbarazzo anche Lui.

A un certo punto quando tutti se ne vanno, cominciando dai più vecchi, sembra quasi che abbiano capito la lezione, che possano guarire del loro male, o la vedi in modo diverso?

Luigi: Non siamo ancora arrivati lì.

N.: Si direbbe un ripensamento. Tutti poi si sentiranno adulteri, anche se non avranno capito fino in fondo la profondità del pensiero di Cristo, però è un ammettere di non avere visto tutto il problema nella sua dimensione.

Luigi: Diciamo che tutti arriveranno a quest'alba, perché l'alba è determinata dal Pensiero di Dio questa è la conclusione di tutta l'opera di Dio e ogni uomo si troverà di fronte al Pensiero di Dio ma, si troverà con che cosa?

Con ciò che avrà raccolto nella notte.

C'è chi avendo ascoltato Dio, quando è stato sfiorato dalla Luce, avendo aderito a Dio, nella sua notte, avrà raccolto, cioè sottomesso tante cose a Dio. Se loro avessero raccolto quest'adultera come segno di Dio, loro l'avrebbero raccolta col Pensiero di Dio. È quello che dice Gesù: "Raccogliete non tesori in terra ma tesori in cielo".

Loro anziché raccogliere tesori in cielo, avevano raccolto tesori in terra.

Ma se loro avessero aderito a Dio, di fronte a questa scena, l'avrebbero raccolta nel Pensiero di Dio.

Avrebbero capito.

Chi è in ascolto di Dio, quando la luce lo sfiora, nella notte cosa fa?

Non fa altro che sottomettere tutto al Pensiero di Dio, allora all'alba viene a trovarsi con tutto sottomesso, quindi viene a trovarsi con questi prodotti, raccolti, sottomessi al Pensiero di Dio, quindi viene a trovarsi con l'approvazione.

Abbiamo il Pensiero di Dio che ammaestra, approva, quindi accoglie: "Venite a Me benedetti".

Chi invece non ha raccolto nel cielo ma ha raccolto nel cielo del suo io è portato a giudicare e a condannare.

Per quale motivo loro avevano rifiutato Dio?

A motivo della legge.

Loro erano dominati dalla legge e non possono far altro che applicare la legge a ciò che la notte presenta loro.

P.: La loro autorità era la legge.

Luigi: Loro adoperano la legge per fare un tribunale, devono giudicare secondo la lettera della legge e non capiscono lo spirito della legge.

E allora arrivano all'alba con questo e non possono farne a meno.

E qui di fronte al maestro, loro scoprono lo specchio della loro colpa e devono scappare.

P.: Praticamente qui si avvera quello che dice Gesù: "Ad ognuno sarà dato ciò che avrà voluto avere". Ciò che uno ha raccolto, quello lo avrà davanti al Pensiero di Dio. Quindi se uno ha raccolto tesori in cielo, avrà tesori in cielo, se uno avrà raccolto tesori in terra avrà quelli e dovrà fuggire perché non si sente compreso.

Luigi: Se teniamo presente Dio, Lui in tutte le cose ci dice che tutto è opera sua, è lezione sua, tu non giudicare mai, accogli tutto da Dio.

Qui Dio ha presentato loro lo specchio di quella che era la loro anima, loro trascurando Dio non hanno capito e non potevano capire.

Dio ci presenta sempre lo specchio di quello che noi siamo nei riguardi di Dio, sempre.

Ridotto tutto ai minimi termini noi abbiamo: Dio, la nostra anima che è il rapporto con Lui e la scena, la creazione davanti a noi.

Siccome tutto è segno, davanti a noi, Lui non fa altro che scrivere ciò che Egli è e ciò che noi siamo nei riguardi suoi.

Per cui se noi pensiamo a noi stessi (è lì la tragedia) a un certo momento troviamo il nostro io scritto su tutte le cose davanti a noi, ci specchiamo in tutto e tutte le cose non fanno altro che dire a noi la nostra situazione, il nostro peccato.

Se noi accogliessimo tutto da Dio, vedremmo Dio in tutta la creazione ma se noi pensiamo a noi stessi, vediamo il nostro io riflesso in tutta la creazione, in tutti i fatti, in tutti gli avvenimenti, per cui non abbiamo nessuna possibilità di uscire dal pensiero di noi stessi.

E.: È una lezione profonda del modo di agire di Dio con la nostra anima. Tutti passiamo una notte e spesso una notte adulterina nei confronti di Dio.

Se noi tenessimo presente che i segni che raccogliamo durante la notte e anche al termine della notte sono segni di Dio circa quello che noi siamo, noi passeremmo dalla notte dell'io alla notte di Dio.

Luigi: Noi vedremmo questi segni nel cielo di Dio. E quello ci farà poi approvare dal Pensiero di Dio.

E.: Molte volte noi vogliamo incidere sui segni cambiandoli.

Luigi: È lì l'errore.

E.: Mentre i segni dovrebbero cambiare noi.

Luigi: Dovrebbero essere assimilati da noi, perché Dio nei segni ti scrive quello che tu sei nei riguardi suoi.

Se Dio mi presenta un ubriaco, non devo giudicare l'ubriaco ma devo scoprire la mia ubriacatura nei riguardi di Dio, perché Dio sta parlando della mia ubriacatura nei riguardi di Lui.

Ed è così in tutte le cose. In tutte le cose abbiamo questo Dio che sta parlando con noi, quindi in tutta la creazione di Dio, Dio sta parlando a me di quello che Lui è e di quello che io sono nei sui riguardi.

Quindi la lezione è segno e nel segno devo trovare quello che è Dio e quello che io sono, quindi il rapporto tra la mia anima e Dio.

Quindi non devo modificare il segno.

Devo modificare me stesso, perché modificando me stesso, Dio modifica il segno.

E.: Ci sono momenti in cui lo stato dell'anima è in tale confusione che non percepisce più di essere nel male, nel peccato, ecco perché è necessario che sia evidenziato all'esterno. Per cui arriviamo a un momento in cui noi siamo responsabili del male che è attorno a noi.

Luigi: Questi scribi e farisei, erano loro i responsabili di questo adulterio di questa donna colta in flagrante che loro volevano condannare, erano loro i responsabili. Erano loro che avevano determinato questo adulterio.

E.: Pur se già nell'alba, questi farisei se cogliessero il significato dei segni, avrebbero ancora la possibilità di vedere Dio e il suo Pensiero.

Luigi: Certamente, Dio fa tutto per salvare. Ma per salvarti, Dio ti deve accecare. Finché credi di vedere, la salvezza ti è preclusa, infatti loro credevano di vedere e Gesù dice: "Vi manderanno a morte credendo con ciò di rendere gloria a Dio". Vedi fino a che punto arriva la sfasatura dell'uomo.

Infatti il Signore dice: "Io sono venuto per rendere ciechi coloro che vedono e per illuminare coloro che sono ciechi". Quindi il passaggio alla cecità è un passaggio obbligato per arrivare alla Luce.

Se io credo di vedere, devo aspettarmi l'accecamento da parte di Dio.

E Dio qui sta accecando scribi e farisei, come ha accecato Nicodemo che arriva a Lui dicendo: "Noi sappiamo che tu vieni da Dio", cercando di ammaliarlo o di fargli un complimento e invece il Signore gli dice che se non rinasce non può vedere la Luce e a conclusione della conversazione Nicodemo dice: "Ma come può succedere tutto questo?".

Dio parlando con noi ci riconduce alla cecità, affinché scoprendo la nostra cecità, forse ci apriamo alla luce ma la cecità è il passaggio obbligato.

E.: Ed è questo il momento in cui scatta la responsabilità dell'anima? Quando è portata dinanzi a una realtà che l'uomo non può più negare, non l'accetta in quanto non assimilabile al pensiero del suo io, se non fa questo passo, qui scatta la responsabilità del rifiuto della Parola di Dio?

Luigi: No, la responsabilità inizia quando si è sfiorati dalla Luce. Cioè quando qui Nicodemo li aveva invitati ad ascoltare, a non condannare senza prima ascoltare. La legge conduce all'ascolto, quindi non condannare prima di avere ascoltato.

Così anche nei riguardi di Dio, non escluderlo, non negarlo, non staccarti dall'unione con Lui, prima di averlo ascoltato. Chi lo ha ascoltato, chi lo ha conosciuto, necessariamente non può farne a meno perché scopre l'amore.

E.: Il peccato evidentemente ha origini più remote e più profonde. Nicodemo non è nel peccato del far valere la lettera della legge. Gli altri sono già in uno stato evidente di peccato e in loro c'è la malizia per cercare di mettere in difficoltà Gesù.

Luigi: Comunque il peccato sorge quando l'anima riceve la proposta da parte di Dio, cioè quando Dio, visitando la creatura, propone un valore superiore.

E.: Però l'anima deve essere anche consapevole che è proposta di Dio.

Luigi: Ah no, no, no.

E.: Non ha dubbi sul fatto che è proposta di Dio?

Luigi: Può avere dei dubbi.

E.: E allora nel dubbio come può scattare la responsabilità?

Luigi: "Gerusalemme, non hai conosciuto l'ora in cui sei stata visitata", non hai conosciuto, dovevi conoscere.

P.: Noi siamo responsabili se non riflettiamo che Dio è il Creatore.

N.: Se noi accogliamo il Principio di Dio Creatore...

Luigi: La consapevolezza viene dal fatto della presenza di Dio. Io posso essere consapevole di una cosa proprio in quanto tengo presente Dio. Se non tengo presente Dio: "Vi condanneranno credendo con ciò di rendere gloria a Dio". apparentemente sembra che ci sia una buona fede da salvare: "E ciò faranno perché non hanno conosciuto né il Padre, né Me".

Il non conoscere è una colpa.

E.: C'è un momento in cui io sono invitato a conoscere.

Luigi: È lì che scatta la responsabilità. Perché io rifiuto di interessarmi di una cosa che ancora non conosco, per quale motivo ti rifiuti?

Ci deve essere nel tuo intimo un motivo per cui hai un valore messo al di sopra di tutto, per cui ti rifiuti d'interessarti di altro.

Si rifiuta Dio, si rifiuta la Verità senza conoscerla.

Quando la Verità ti viene proposta, come mai la rifiuti? "Perché io ho la legge, a me basta questo, quindi rifiuto di ascoltare altro, secondo la legge il Messia non può nascere a Nazareth".

Quindi lo escludo.

N.: San Giovanni dice che il peccato contro lo Spirito è quello di coloro che hanno rifiutato di conoscere il Padre e il Figlio. Quel rifiuto del Padre è proprio quel non avere messo Dio Creatore all'inizio, principio del nostro pensiero.

Luigi: Proprio San Giovanni lo dice chiarissimo: "Il giudizio, la colpa sta nel fatto che la Luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre".

Naturalmente quando la luce viene, non viene come verità manifesta che t'illumina e ti convince, la Luce viene come proposta, se venisse come verità conosciuta, tu non potresti fare a meno di amarla. Noi rifiutiamo una cosa prima di conoscerla. E lì sta la colpa. Dio chiede soltanto di essere conosciuto. La verità chiede soltanto di essere conosciuta.

Noi possiamo rifiutarla, respingerla, solo prima di conoscerla. Il giorno in cui la conosciamo non possiamo fare a meno di amarla. In paradiso, dove si conosce la Verità, non si può fare a meno di amarla. L'amore è conoscenza.

E.: Hai detto bene: "Quando arriva la Luce", ma l'uomo è attratto da parecchie sorgenti luminose, non ha in sé il criterio per discernere quale è vera e quale non è vera. Parlo dell'uomo che si trova nella confusione e che ha il suo io al centro.

Luigi: Certo ma l'uomo non è autorizzato a separarsi da Dio, anche nella confusione, lui deve tenere presente Dio. E se si stacca da da Dio, diventa adultero e naturalmente resta confuso dalla sua confusione, non capisce più niente.

L'uomo non deve fare conto su se stesso.

La luce sta in Dio.

Dio non si separa mai dall'uomo, tant'è vero che l'uomo diventa adultero se si separa da Dio, perché l'anima dell'uomo è sposa di Dio.

Dio creando l'uomo l'ha unito a Sé, l'ha sposato a Sé.

Dio si è unito a noi, indipendentemente da noi, tant'è vero che forma l'uomo come passione d'Assoluto.

Perché l'uomo porta questa passione d'assoluto?

Perché Dio si è unito all'uomo prima che l'uomo si unisca a Lui.

Ha sposato noi, prima che noi sposiamo Lui.

Allora se noi ci disuniamo da questa unione, noi siamo adulteri, perché noi ci separiamo dall'unione con la quale Lui ci ha uniti a Sé.

E.: Ma perché scatti la responsabilità deve esserci un momento in cui l'anima deve essere consapevole che rifiuta un bene superiore.

Luigi: Rifiuta di conoscere la Verità.

La Luce è un invito a conoscere la Verità.

Tu sei nella notte, sei nella confusione, sei nelle tenebre, la luce ti sfiora e ti invita a conoscere la Verità ma tu preferisci la tua notte. Lì sta la colpa.

La luce ti sfiora come proposta.

Dobbiamo state molto attenti perché noi siamo fatti responsabili dalle proposte che riceviamo. Si capisce che tutte le proposte ci arrivano da Dio, perché Dio è il Creatore, quindi è Dio che fa le proposte e quando ci troveremo di fronte al Pensiero di Dio noi non potremo mica negarlo.

"Ero Io in tutto, ero Io che parlavo con te e che ti facevo le proposte, tu mi hai sempre evitato".

Ma lì oramai è il giudizio, lì non c'è più niente da fare.

La possibilità di aderire, deriva da quello che noi abbiamo interiorizzato prima del Giudizio, prima di arrivare all'evidenziazione.

Tutto dipende da quello che noi avremo interiorizzato prima nella notte con Lui, prima che Lui si renda evidente.

Come si rende evidente lì c'è il Giudizio.

N.: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno" è ancora per indurci a pensare?

Luigi: Dio opera tutto e quindi anche la morte di suo Figlio in croce per salvarci, per cui Cristo dice questa Parola qui per salvarci.

Quindi se anche tu sei colpevole di questa morte qui, Lui ti salva dicendo: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno". Quest'invocazione è ancora una proposta, è Luce che mi sfiora anche questa.

N.: Dice che pur non sapendo loro sono colpevoli, Lui invoca ancora il perdono dal Padre, però sono colpevoli, pur non sapendo.

E.: Cristo in croce è la rivelazione di tutti i segni con cui Dio ci fa capire il nostro operare da adulteri.

Luigi: Gesù che muore in croce, non è Gesù Giudice, qui siamo ancora nelle proposte della Luce.

Cristo che muore in croce è l'ultimo segno di proposta di Dio, quindi di Luce che ti sfiora.

N.: Però ci dice che siamo colpevoli anche se non sappiamo.

......Luigi: Il Vangelo è una grammatica. Le pagine della grammatica le devo sempre accogliere da Dio per me. Quindi devo sempre cogliere la lezione personale, che cosa Dio mi dice personalmente, che cosa mi significa personalmente per la mia vita essenziale. Ma se io leggo il Vangelo e incomincio a interpretarlo in funzione di quei tempi là, di quella società là, di quelle abitudini là o in funzione letteraria o di cultura, anche se leggo il Vangelo, naturalmente non capisco assolutamente niente perché interpreto il Vangelo secondo i miei generi letterari, secondo le mie categorie  mentali e allora non sono sottomesso a Dio.

Se invece leggo il Vangelo tenendo presente Dio, vedo che è Dio che mi sta presentando un certo argomento, una certa parola, una certa parabola.

È Dio che me la sta presentando,che sta parlando a me, per me: "Signore, che cosa mi vuoi dire?".

Allora c'è un rapporto personale tra la nostra anima e Lui.

Siccome lo Spirito di Dio parla sempre lo stesso linguaggio, ciò che Dio dice nel Vangelo è ciò che Dio dice oggi in tutti gli avvenimenti del mondo e della nostra vita, più noi cogliamo queste lezioni personali e più capiamo l'operare di Dio nella nostra vita.

Dio non muta mica.

Imparata una volta una lezione, noi possiamo intendere questa lezione in tutte le lezioni che Dio ci dà.

P.: Nei segni Dio ci parla di Sé e ci parla di noi altrimenti i segni non sarebbero più segni.

Luigi: Mi sembra che in questo fatto di questa adultera sia chiarissimo.

Teniamo presente che questi scribi e farisei avevano rotto l'unione con Dio.

S. Paolo dice che la legge, quindi i comandamenti, la scrittura mi parla del Cristo, quindi è il pedagogo, è una scala che mi conduce al Cristo.

Se invece qualcuno rompe questo cammino verso il Cristo in nome della legge, qui c'è qualcosa che non va, c'è una rottura, ecco l'adulterio, c'è la disunione, perché la legge mi deve condurre al Cristo.

Se la legge mi conduce al Cristo, io sono nella Luce, se non mi conduce al Cristo, automaticamente questa legge diventa per me un tribunale con cui io osservo, giudico, condanno.

L'adulterio c'era il giorno precedente, viene la notte, nella notte incontrano l'adultera, portano al mattino questa adultera davanti a Gesù.

La lezione mi sembra sia evidente.

P.: Sì, è evidente. Però lei ha detto che prima devo cercare nei segni quello che Dio dice di Sé e devo partire da Dio...

Luigi: Certamente.

P.: E poi accolgo quello che Dio dice di me.

Luigi: Quello che Dio dice di Sé a me. Perché Dio parla personalmente.

P.: Prima devo cercare quello che Dio dice di Sé a me.

Luigi: Si capisce.

P.: Ma una volta che ho capito quello che Dio dice di Sé a me, è ancora necessario che io capisca quello che Dio dice di me?

N.: È una proposta, devo rispondere.

P.: Il segno per essere segno mi rivela qualcosa di Dio e mi rivela però anche qualcosa di me, del mio rapporto sbagliato con Dio.

Luigi: Certamente. Ma può anche essere non sbagliato, perché deve partire dal fatto che il rapporto è sbagliato? Dio all'inizio mica ha creato l'errore. Il nostro io non è mica un errore.

P.: Ma in questo caso la lezione è positiva.

Luigi:Certo, chi ti dice che il rapporto con Dio deve essere necessariamente sbagliato?

P.: Per la Madonna è tutto positivo.

Luigi: Dio le cose le ha fatte buone, quindi anche il nostro io è buono, non devo dire che il mio io è sbagliato, no! Il mio io è sbagliato quando si disunisce da Dio ma unito a Dio è una creatura ottima.

P.: Sia positiva o negativa, Dio dice qualcosa di me. O per correggermi o per confermarmi.

Dio parla un linguaggio al mio livello, quindi mi è facile capire ciò che Dio dice di me ma non devo accontentarmi di questo, devo cercare di capire cosa Dio mi dice di Sé.

Luigi: No.

P.: Credevo così e invece lei stasera dice che prima devo cercare cosa Dio mi dice di Sé.

Luigi: Certo.

P.: Bisogna partire da Dio.

Luigi: Partire da Dio. Dio è Principio, abbilo come principio.

P.: Mi pareva che prima dovevo capire la lezione terra-terra.

Luigi: Ma non può capire senza Dio.

P.: È logico, devo riferirla a Dio ma se io capisco già che cosa Dio mi vuole dire di Sé, perché devo ancora pensare a quello che dice di me? A me quello che interessa è quello che Dio mi dice di Sé.

Luigi: Ma io non posso capire quello che Lui mi dice di Sé se non nel pensiero di me stesso.

Cioè arriva un certo momento in cui il mio io nasce da Dio, c'è una nascita, una nuova nascita.

Il nostro io attualmente nasce dalle creature, nasce dal mondo, però noi siamo stati creati per nascere, per rinascere da Dio, non si entra nella vita eterna se non si rinasce da Dio.

E come si rinasce, solo conoscendo Dio.

Conoscendo Dio, noi a un certo momento scopriamo questa nuova nascita da Dio.

E allora qui scopriamo un io nuovo.

P.: Ma prima di questo io nuovo, di questa nascita, io devo le lezioni terra-terra che Dio mi dà.

Luigi: Dio in tutte le cose mi sta parlando di Sé a me.

P.: Ma allora non devo cercare che cosa dice di me. Io devo cercare che cosa mi dice di Sé.

Luigi: Certo.

Dio mi sta educando a questo rapporto personale, cioè a restare unito a Lui, come Lui è unito a me, ad amarlo come Lui mi ama.

Il Figlio di Dio è un Figlio di Dio consapevole, sa chi è il Padre ma sa anche chi è Se stesso, questo lo sa.

P.: Vede Se stesso generato dal Padre.

Luigi: Si capisce. Quindi vede che c'è l'Io del Figlio lì?

Il Padre generando suo Figlio genera anche noi, per cui noi siamo voluti da Dio ma non voluti come mistero e come dogma, c'è questa partecipazione per cui: "Io oggi ti ho generato". Per cui noi ci sentiamo pensati in continuazione da Dio. per conoscermi come pensato da Dio, devo conoscere Lui ma devo conoscere anche chi io sono in Lui. Non quello che io sono autonomamente, perché così io sono niente ma quello che io sono in Lui, cioè voluto da Lui, quindi dedotto da Lui. Non parto quindi dal mio io per arrivare a Dio ma, parto da Dio per arrivare al mio io, perché è Lui che mi vuole. A un certo momento scopro il mio io come voluto da Lui.

C'è consapevolezza, ci scopriamo voluti e pensati da Lui ma è conoscendo Lui che ci scopriamo pensati da Lui.

Se non conosciamo Lui, noi non ci scopriremo mai in questo rapporto: voluti da Lui, pensati da Lui, crederemo sempre di essere magari noi a pensare Lui.

E siccome Lui non entra nel pensiero del mio io, qui succede l'impossibilità, l'impotenza di fronte al Pensiero di Dio quindi il dubbio eterno.

Perché soltanto conoscendo Lui posso conoscere me, certamente non è che conoscendo me, posso conoscere Lui.

Dio non entra nel mio io, come il mare non entra in un catino.

N.: Mi sembra che qui ci porti a un approfondimento importante: il primo momento in cui la Luce ci sfiora è il momento della creazione che si presenta a noi, che ci fa aprire il nostro pensiero a un Creatore.

Luigi: Precisiamo bene, la Luce mi sfiora quando la creazione per me diventa proposta, perché io posso vedere la creazione ma non vederla ancora come proposta. È solo quando attraverso la creazione, attraverso i fatti mi arriva la proposta di occuparmi di Dio, di cercare Dio.

N.: In realtà questi farisei sono convinti di essere con Dio: "Crederanno di rendere gloria a Dio uccidendovi". Loro sono convinti, siccome la legge l'ha data Dio, di essere con Dio. In realtà hanno perso di vista il Fine che è conoscere Dio, quindi qui non sono neppure nell'attrazione del Padre, se no incontrerebbero il Cristo.

Se noi andiamo a fondo di tutto questo fermarsi alla lettera della legge, loro sono ancora prima dell'attrazione del Padre, cioè non sono attratti dal Padre.

Luigi: C'è un adulterio.

N.: Il primo sfiorarci della Luce che è essenziale è proprio per aprirci a Dio Creatore, perché se tu rifiuti quello, hai rifiutato tutto, non puoi incontrare il Cristo.

Luigi: Il Principio è Dio Creatore, tu non ti sei fatto da solo, le cose non si sono fatte da sé, quindi c'è un Altro.

N.: Loro sono nella lettera della legge, perché non hanno messo ancora Dio prima di tutto.

Luigi: Certamente.

Y.: Come si fa a raccogliere?

Luigi: Ma anche questi scribi e farisei hanno raccolto.

La notte rappresenta quello che noi raccogliamo.

In un modo o nell'altro noi tutti raccogliamo.

Questi scribi e farisei nella notte loro hanno raccolto un adultera sorpresa in flagranza.

L'hanno raccolta e l'hanno portata a Gesù.

È una lezione meravigliosa.

Quello che hanno raccolto lo hanno portato a Gesù.

Apparentemente fila tutto, perché quello che noi raccogliamo lo dobbiamo portare a Gesù, davanti al Pensiero di Dio.

Loro hanno raccolto e l'hanno portato al Pensiero di Dio.

Tutti arrivano davanti al Pensiero di Dio.

Tutte le nostre notti sfociano in un alba, l'alba è unica ed è il Pensiero di Dio.

Il che vuol dire che tutto quel che noi raccogliamo, volenti o nolenti ci conduce davanti al Pensiero di Dio.

Sono gli avvenimenti stessi della vita che ci conducono.

Qui gli avvenimenti sono rappresentati da questa donna colta in flagrante delitto d'adulterio.

È un fatto che loro hanno visto nella notte.

Hanno raccolto quello e l'hanno portato davanti a Gesù.

Ma in loro c'era già una rottura precedente, quindi l'hanno portato davanti a Gesù per sottomettere adesso Gesù, perché Evidentemente questa donna doveva essere condannata.

Secondo la legge doveva essere condannata.

Quindi l'hanno portata a Gesù per sottomettere adesso Gesù alla legge, quella legge in nome della quale loro avevano rifiutato di ascoltare Gesù.

Adesso loro sono costretti ad ascoltare Gesù.

Vanno ad ascoltare Gesù, sollecitati dall'incontro che Dio ha presentato loro nella notte.

Mossi da questo, loro vanno credendo così di avere ragione e trovano invece una condanna.

Quindi bisogna essere molto attenti.

Tutti quanti vivendo raccogliamo.

C'è chi raccoglie stracci, c'è chi raccoglie oro, ognuno raccoglie qualche cosa.

A seconda di ciò cui noi ci dedichiamo, noi qui raccogliamo e con quello che abbiamo raccolto, noi veniamo a trovarci di fronte al Pensiero di Dio, ma questo può essere motivo di condanna.

P.: Cioè noi raccogliamo o nel Pensiero di Dio o nel pensiero del nostro io.

Luigi: Certo.

Se raccogliamo nel Pensiero di Dio sottomettiamo tutto a Dio e allora sottomettiamo tutto alla ricerca di Dio, alla conoscenza di Dio.

Allora naturalmente andiamo verso un alba di approvazione di Dio che ci ammaestra che ci conferma.

In caso diverso noi troviamo questo stesso Maestro  che condanna.

P.: Se raccogliamo nel pensiero dell'io sottomettiamo tutto al nostro io.

Luigi: Tentiamo di sottomettere tutto.

Perché anche qui stanno tentando.

Per loro la massima autorità era la legge di Mosè che diceva che tali donne adultere dovevano essere lapidate.

È sfuggito loro lo Spirito di Dio nella legge di Mosè, per cui hanno fatto dei tribunali.

Adesso forti di questo tribunale vogliono mettere alla prova Gesù.

Non vanno mica per ascoltare Gesù, vanno per sottomettere Gesù: "Abbiamo l'autorità dalla nostra parte".

P.: Si mettono praticamente al posto di Dio.

Luigi: Certo.

Tutti quanti ci troveremo di fronte al Pensiero di Dio ma c'è chi si troverà di fronte al Pensiero di Dio per ascoltare quello che Dio dice e c'è chi si troverà di fronte al Pensiero di Dio per sottometterlo al suo io, perché è il suo io che pensa Dio.

Ma il Pensiero di Dio è Dio.

P.: Raccogliere tesori in cielo significa questo raccogliere nel Pensiero di Dio, raccogliamo tesori in terra quando sottomettiamo al pensiero dell'io.

Luigi: Tutto è opera di Dio, quindi è Dio che ha presentato a loro questa scena di adulterio, se loro l'avessero raccolta  nel Pensiero di Dio, avrebbero avuto un aiuto massimo per scoprire il loro adulterio.

Avrebbero capito che era Dio che li faceva riflettere su quello che avevano detto ieri di fronte alla proposta di Nicodemo di ascoltare Gesù.

Non portandolo in cielo, invece ne han fatto un tribunale.

P.: Ci fa pensare al buon ladrone: "Ricordati di me quando sarai in paradiso", avrebbero presentato il loro adulterio a Dio.

Luigi: In quanto Dio ti manda un segno, Dio ti vuole perdonare. Come tu hai capito la lezione di Dio sei perdonato.

Dio ti perdona comprendendoti, non escludendoti.

Ma sei tu che ti escludi se non comprendi, se non comprendi non sarai compresa: "Non vi conosco".

P.: Nel pensiero dell'io certe parole di giudizio e di condanna di Dio, noi le vediamo come condanna e quindi sfuggiamo al perdono.

Luigi: Certo, Dio ci invita a capire. Se noi capiamo lo spirito, lui ci ha già perdonati.

E.: Dio manda all'anima una progressione di segni che è proporzionale anche alla gravità della situazione dell'uomo.

Luigi: Certo.

E.: Mandando il segno di un adulterio, rivela che l'anima è già in una situazione difficile, pesante, però non credo ancora che sia l'ultimo segno.

Questa disunione è poi la causa che conduce Cristo a essere ucciso.

L'ultimo segno credo che sia il Pensiero di Dio ucciso in noi.

Luigi: Certo.

Tutti i segni di Dio sono per salvarci, anche la scena di un adulterio che rivela il mio Adulterio.

Perché Dio vuole salvarci.

Tutte le cose che fa, Lui le fa per salvarci.

E.: Ma dopo questo segno di adulterio, c'è l'altro segno ben più grave che è il Calvario, che è il Cristo ucciso.

Luigi: L'uccisione, direi che c'è già stata prima con l'adulterio, cioè quando loro si sono disuniti da Dio, perché noi uccidiamo in quanto non teniamo conto. Loro non han tenuto conto dello Spirito di Dio nella legge.

Il Cristo che muore, rivela quello che avviene dentro di me.

Cristo è il Pensiero di Dio.

Cristo che muore in croce è rivelatore di quello che avviene in me, nei riguardi del Pensiero di Dio.

Ora, quando è che io uccido il Pensiero di Dio?

Quando non tengo conto del Pensiero di Dio.

Spiritualmente si uccide, in quanto non si tiene conto di-, perché si fa fuori dalla nostra vita.

Invece si accoglie nella nostra vita quello che si valorizza.

Se lo escludo dalla mia vita, lo faccio fuori: "Facciamolo fuori dalla vigna, così la vigna sarà nostra", io lo escludo dalla mia vita, così io sono libero di dedicarmi a quello che voglio, escludo il Pensiero di Dio, ho ucciso il Pensiero di Dio.

Ma chi mi farà capire questo?

Il Cristo morto in croce.

Sempre se, tenendo presente Dio, io medito la lezione che Dio mi vuole dare attraverso la morte del suo Figlio in croce, Dio mi conduce a capire che quello è rivelazione del delitto che io faccio quando io non tengo conto del suo Pensiero dentro di me.

Qui quando è che non hanno tenuto conto del Pensiero di Dio?

Quando Nicodemo ha detto a loro che l'anima della legge era quella di aprirsi all'ascolto del Cristo, dobbiamo ascoltarlo.

Non hanno tenuto conto, quindi non tenendone conto lo hanno ucciso.

Qui arriviamo verso la condanna.

È logico, qui è lezione di Dio, è scena per farci capire verso quale meta stiamo andando.

La condanna in cosa sta?

Non possiamo escludere il Pensiero di Dio, non possiamo escludere lo specchio e non possiamo escludere il nostro io.

Ci troviamo con questi tre elementi.

Il Pensiero di Dio non è altro che l'elemento convalidante quello che mi dice lo specchio.

Ma io sono giudicato dallo specchio.

Cioè sono io che mi giudico di fronte al mio specchio e basta, tutto lì.

P.: O lo capisco in Dio o lo sottometto al mio io.

Luigi: Però l'uccisione del Cristo avviene quando io non tengo conto del Pensiero di Dio in me.

E.: Quello è un poco difficile da capire.

Se i segni di Dio rivelano quello che è il mio rapporto nei confronti del Cristo, noi vediamo che quello che manda a morte il Cristo non è un rifiuto solo, ci sono vari momenti.

C'è Pilato che pensa alla carriera, c'è Erode che pensa al suo regno, ci sono i farisei che preferiscono l'interpretazione letterale della legge.

Non c'è solo un semplice rifiuto.

Luigi: Ma se vai a fondo di questi diversi aspetti, tu trovi un unico comune denominatore: il pensiero del nostro io messo al posto di Dio.

Con tante sfaccettature, si riflette in carriera o in legge.

Qui si vede la legge come massima autorità e tutto va sottomesso alla legge, tutto va sottomesso al sabato, per cui Cristo che trasgredisce il sabato non può essere da Dio.

"Cristo non può essere da Dio perché sta trascurando il sabato".

Il sabato qui è massima autorità e come tale io misuro tutto con essa.

Se vedo uno che trasgredisce il sabato ne deduco che non può essere da Dio.

E  non mi accorgo che io ho messo il sabato al posto di Dio.

Qui hanno messo la legge al posto di Dio.

Ecco l'errore che l'uomo fa.

Ma come mai fa questo errore?

Come mai mette una regola al posto di Dio?

Per cui a un certo momento giudica Dio su questa regola qui.

E non si accorge dell'errore madornale che sta facendo.

Perché Dio non è la regola, Dio non è il sabato.

Il sabato è un mezzo e la legge è un mezzo non è Dio.

Come mai fa questo errore?

A fondo ci deve essere l'io che non è più in dialogo con Dio.

L'io che ha commesso questo adulterio, questa rottura nell'unione con Dio.

Necessariamente se noi dialoghiamo con Dio, in tutte le cose noi cogliamo la funzionalità delle cose rispetto a Dio ma Dio non si confonde con nessuna opera della sua creazione, né con la creazione, né con le creature, né con i comandamenti, né con i profeti, né con la legge, né con le istituzioni.

Quindi quando noi mettiamo una istituzione, un comandamento o una regola al di sopra di tutto, noi senza rendercene conto sottomettiamo, quindi giudichiamo Dio stesso in funzione di questo e quindi è finita perché non cogliamo più lo Spirito delle cose.

N.: Dio alla fine si lascia uccidere ma noi il Pensiero di Dio l'abbiamo ucciso fin dall'inizio.

Luigi: Quando Lui arriva a farsi uccidere mi sta rivelando quello che già porto dentro di me.

N.: La morte arriva alla fine ma la morte di Cristo è il compimento di tutto il suo tentativo di salvarci, è l'ultimo, il più grande tentativo per salvarci.

Luigi: È un segno ancora.

N.: E tutto è propedeutica per arrivare a quel punto lì ma noi l'uccisione di Cristo l'abbiamo commessa fin dall'inizio.

Luigi: In quanto noi abbiamo messo il pensiero di noi stessi come punto fisso di riferimento di tutti i nostri giudizi, lì noi abbiamo escluso Dio, quindi abbiamo ucciso Dio.

N.: Tutto il resto è opera di Cristo che cerca di farci vedere fuori di noi il peccato che abbiamo commesso dentro di noi.

...Luigi: L'uomo ha il potere di non tenere conto di Dio in tutti i fatti, in tutti i segni che Dio gli presenta.

H.: Cosa avrebbero dovuto portare i farisei a Gesù nell'alba?

Luigi: Se loro nella notte, avessero fatto quello che dovevano fare, sarebbero arrivati all'alba, aperti come allievi all'ascolto del Maestro.

All'ascolto di ciò che il Maestro voleva insegnare loro.

Che cosa il Maestro vuole insegnare? Vuole insegnare il Padre. Il rapporto tra il Figlio e il Padre.

"Non vi parlerò più in parabole", nell'alba si parla apertamente del Padre.

Invece questi farisei arrivano all'alba di fronte a Lui con quel problema che hanno trovato nella notte e che era lo specchio della loro anima e loro non potevano rendersene conto ma in quella donna adultera c'era lo specchio del loro adulterio.

Per cui ognuno arriva o con la capacità dell'ascolto di Dio, oppure portando lo specchio di quello che lui è nei rapporti di Dio.

Questi sono arrivati portando con sé lo specchio di quello che loro erano nei rapporti con Dio e a un certo momento questo ha impedito loro di ascoltare Dio.

Si esce dalla notte soltanto in due modi, o con la capacità formata di ascoltare Dio per quello che Lui ci parla di Sé, non più per quello che Lui ci ha parlato nel giorno prima attraverso i segni, le parabole.

All'alba in cui Lui insegna nel tempio, lì ci parla non più in parabole.

Qui le anime arrivano o con la capacità formata di ascoltare ciò che Lui ha da dire, o altrimenti arrivano portando lo specchio di quello che loro sono.

Loro non sanno ciò che loro portano sia il loro specchio, però di fronte al Pensiero di Dio, scopriranno quello che essi sono.

H.: E quindi sono nell'impossibilità di ascoltare.

Luigi: Nell'impossibilità di ascoltarlo e di seguirlo.

E infatti devono scappare.

H.: E a noi questo succede?

Luigi: Questo succede.

H.: In Dio non c'è il tempo però in noi sì.

Luigi: In noi sì e tutto questo avviene per noi.

Questo fatto: giorno, notte, alba, avviene per noi, avviene adesso.

Tutte le cose che ogni giorno ci arrivano, ci arrivano senza di noi, però l'intelligenza, il significato di queste cose non arriva a noi senza di noi.

Allora qui si presenta il problema di cosa dobbiamo fare noi nella notte.

In questa pausa dobbiamo portare le cose nel loro Principio, perché soltanto nel Principio c'è la Luce.

Questo è "in pratica" quello che ognuno di noi deve fare.

Ricevendo ogni cosa da Dio, non basta riceverla, bisogna riportarla in Dio, per vedere in Dio il suo Spirito, cioè il Fine per cui ci fa arrivare le cose.

Perché soltanto con il Fine, io mantengo lo Spirito che è nelle cose.

In caso diverso mi fermo alla lettera.

E la lettera mi fa recitare la vita, non me la fa più vivere.

B.: Ai segni che arrivano a noi, fondamentalmente noi abbiamo la possibilità di porre due fini: Dio o l'io.

Questi segni vengono vengono illuminati nella notte, nella misura in cui il nostro io è sottomesso a Dio e quindi c'è un armonia.

Luigi: Cioè non devo nutrirmi dei frutti del mio io.

Il mio io è l'albero della scienza del bene e del male che Dio ha posto al centro della nostra vita, che costituisce il nostro io.

Questo pensiero del nostro io produce sentimenti, desideri, passioni e tu non devi nutrirti di queste cose, devi sempre subordinarle a Dio, perché anche il tuo io è una creatura, è un segno di Dio e in quanto segno, tu lo devi sempre sottomettere a Dio.

Quindi non nutrirti dei sentimenti, del piacere, delle passioni che, pensando a te stesso avverti.

Non nutrirti quindi non seguirle.

B.: Lì i segni si illuminano.

Luigi: Sì.

B.: E quindi io resto staccato, liberato dalla schiavitù dei segni e non rischio più di confonderli con Dio.

Luigi: Certo, quanto più raccolgo in Dio e più in me si fa chiaro il volto di Dio.

Il rischio è prima, prima di raccogliere io posso confondere le cose.

B.: Il lavoro più importante quindi è questa sottomissione a Dio.

Luigi: Questo dare l'investitura a Dio di tutte le cose che Dio ci fa arrivare.

Dare l'investitura del Regno è sottomettere tutto a Dio, riportare tutto a Dio.

B.: Questo è il lavoro che dobbiamo fare noi.

Luigi: Ma anche questo lavoro non lo possiamo fare senza Dio.

Infatti se non teniamo conto di Dio, noi restiamo schiavi delle cose e non possiamo fare questo lavoro.

Noi non siamo liberi, cioè la nostra libertà nel fare questo lavoro, ci viene in quanto la nostra mente è unita a Dio.

Ma se la nostra mente si distrae da Dio, non siamo più capaci, non siamo più liberi di fare questo lavoro, noi restiamo dominati dai segni come realtà.

Perché i segni creano in noi una sensazione di dipendenza, da cui noi non possiamo sfuggire.

Soltanto se noi manteniamo la dipendenza dei segni da Dio siamo liberi ma questo lo possiamo fare soltanto a condizione che abbiamo presente Dio.

Ma se noi non teniamo presente Dio, noi non siamo più liberi.

B.: Più siamo uniti a Dio con il pensiero...

Luigi: È una questione essenzialmente di pensiero.

E.: Se io ho raggiunto il primo miliardo voglio il secondo miliardo, naturalmente il primo miliardo è una realtà che io ho staccato da Dio mi sono appassionato a esso e sono costretto a subire la passione per il secondo.

Luigi: È una droga.

E.: Appunto non ho la possibilità di liberarmi dalla passione sbagliata, solo se trovo Dio Lui mi libera.

Luigi: Certo, tu arrivi a riflettere la tua passione su tutto e su tutti.

A un certo momento macchiamo tutta la creazione, tutto l'universo del pensiero di noi stessi e non possiamo farne a meno.

Soltanto che più noi proiettiamo il nostro io su tutte le cose e più le cose non ci danno vita.

E.: Dicevi prima che non ci interessano più, no, noi siamo costretti a subire quelle cose, a subirne la passione anche se proiettiamo su un piano assoluto sbagliato, una passione che non abbiamo dedicato a Dio.

Luigi: Non sono più uno stimolo vitale ma non puoi staccarti.

E.: Finché noi non troviamo la Realtà di Dio, noi siamo costretti a subire la passione dei segni...

Luigi: Cioè a un certo momento diventa proprio una tristezza dovere subire quella passione ma non puoi farne a meno.

N.: Non puoi farne a meno perché il bisogno d'assoluto rimane in tutti. Finché non hai trovato il vero Assoluto devi andare avanti.

Tu sei obbligato!

Se tu non hai un fine, giusto o sbagliato, ti devi ammazzare, perché la vita non ti dice più niente.

Devi avere un fine.

A qualunque costo, anche solo una partita a scopetta la sera.

Ma se non hai quello cosa fai? A cosa pensi? Chi ti obbliga a vivere.

Oggi sul giornale c'è di un rettore di università americano che il tribunale ha stabilito che può lasciarsi morire.

Ha più di ottant'anni, è lucido di mente, sono venti giorni che non mangia.

Ma perché fa quello se è lucidissimo di mente?

Perché non ha più niente che lo attragga.

È uno che ha accumulato cultura in tanti anni, ha vissuto per questo, scoperto che questo non vale nulla, non ha trovato null'altro che lo attragga, per cui valga la pena alzarsi la mattina.

E.: Però l'incontro con la Verità mi libererà dall'appassionarmi a quello che è stato motivo di vita per tutta la mia vita.

Luigi: Però non ho la capacità di sopportarla.

E.: Io penso che l'inferno sia subire queste passioni diverse da Dio.

N.: Ma nell'inferno non hai più i segni, hai solo più il Pensiero di Dio.

I segni se non sono decaduti prima con la morte decadono.

E.: L'inferno è passione per dei segni che non sono più realtà, mentre l'unica Realtà: il Pensiero di Dio non è diventato passione per te.

B.: Quindi noi tenendo presente Dio nei segni che ci manda camminiamo verso la vita, altrimenti andiamo verso la morte ma lei ha detto che la nostra vita finisce con la morte.

Luigi: Ma non come annullamento, è una morte cosciente.

È consapevolezza di essere morti.

G.: Ma questi farisei hanno riportato a Dio, nessuno gli ha imposto di portare quell'adultera a Gesù.

Luigi: Ma non hanno cercato il Pensiero di Dio.

Loro anzi hanno portato il loro pensiero, hanno subordinato Cristo a se stessi.

Loro si sono presentati come maestri per subordinate Cristo a se stessi.

Non si sono presentati come allievi per ascoltare l'argomento che Lui aveva da offrire loro, loro si sono presentati portando il loro argomento e quindi sottomettendo Cristo al loro argomento, l'argomento era quella donna colta in delitto d'adulterio.

L'allievo quando si è formato nella capacità di ascolto, si offre ad accogliere, ad ascoltare l'argomento che il Verbo parla a noi, quando invece noi ci mettiamo con i nostri argomenti, non siamo più disposti ad ascoltare Lui, vogliamo che Lui ascolti noi.

N.: Comunque Lui poi ha esposto il suo pensiero.

Luigi: Certo, però loro non l'hanno sopportato, perché non potevano sopportarlo.

O.: Una cosa ha valore solo se viene riportata in Dio.

Luigi: Il valore delle cose è dato dal fine, è il fine che dà valore, non è che  la cosa di per sé abbia valore.

Se lei ha un oggetto ma non sa cosa farsene, quell'oggetto non ha nessun valore per lei.

Ciò che dà valore alle cose è il fine.

Tutte le cose arrivano a noi finalizzate da Dio, Dio ce le fa arrivare con un suo pensiero, un suo fine, un suo spirito.

Se noi le separiamo dal fine per cui Dio ce le fa giungere, già le svuotiamo di valore.

Noi perché distogliamo le cose dal fine di Dio?

Le stacchiamo da Dio, per convertirle a un nostro fine.

Ecco l'opera che può fare l'uomo.

Poiché l'uomo le orienta a un suo fine, apparentemente si appassiona molto, in realtà le priva del loro valore oggettivo (Dio), per attribuire a loro un valore soggettivo (io), apparentemente si entusiasma ma al termine trova la morte perché quelle cose li staccate dal fine di Dio, oggettivamente non hanno valore.

L'uomo non trovando più valore nelle cose, lui non le può più volere, non le può più desiderare e esperimenta la noia e quindi la non vita.

Per cui quelle cose per cui tu hai sprecato tanta vita, saranno quelle che saranno per te motivo di noia e di tristezza, morte.

O.: Non ci può essere niente che sfugge a questo?

Luigi: Niente, perché le cose hanno valore in sé, non siamo noi che diamo valore alle cose.

Noi non possiamo assolutamente dare nessun valore alle cose.

Le cose hanno valore per quello che Dio dà a esse.

Solo tenendo presente Dio e il fine di Dio, diamo il vero e unico valore alle cose.

L'uomo non può dare valore alle cose.

E.: Se noi non teniamo presente Dio riduciamo tutto a niente.

Luigi: Si capisce.

C'è una legge di entropia spirituale, cioè di diminuzione di valore, nella vita di ognuno di noi.

Quanto più ci allontaniamo da Dio, tanto più c'è questa degradazione di valori.

Soltanto che, arrivati al punto zero, quella cosa lì per noi è motivo di noia, quindi di non più vita.

Quella cosa ha cui hai pensato molto, diventa per te motivo di non più vita.

Quella stessa cosa, appunto per la degradazione dei valori.

Noi non possiamo dare valore alle cose.

O quella cosa mi serve per il mio fine o non posso dargli valore.

Quando non la vedo più collegata con un mio fine non ha più valore e a un certo punto il fine di Dio si impone su tutto, e mi porta via tutti i valori che ho servito.

E.: Qualunque fine diverso da Dio io attribuisca a una cosa mi viene portato via.

Luigi: Certo.

Infatti io la devo svuotare di spirito per strumentalizzarla a qualcosa di diverso.

Praticamente la altero e in fondo, in fondo, io non me ne rendo conto ma finisco di amare me stesso.

Io credo di amare una creatura  perché vale qualcosa, no, io amo la creatura perché proietto in essa una mia idea, un mio pensiero, non la amo per quello che essa è.

Non amo la creatura per quello che essa è ma per quello che proietto in essa di me stesso.

Soltanto se ho Dio ben presente, ho la possibilità di amare ogni creatura per quello che essa porta di Spirito di Dio.

Allora sì, ma in caso diverso no, in caso diverso proiettando il pensiero del mio io, io amo me stesso e giungo a capire a un certo punto che non c'è più niente di valido, mi resta il cadavere.

B.: Lei ha detto che bisogna fare uno sforzo per distoglierle dal loro vero valore, a me pare che sia richiesto più sforzo per mantenerle unite al fine di Dio.

Luigi: Sforzo nel senso che le cose sono create unite a Dio, quindi ci deve essere da parte nostra una volontà positiva di distrazione da-.

Cioè io voglio distrarre la cosa dal suo fine, per convertirla al mio fine.

Tant'è vero che, in conseguenza del peccato originale, tutta la creazione è diventata "faticosa" per l'uomo.

Come mai è entrata la fatica?

B.: Perché noi dovremmo lasciare le cose come sono e solo comprenderle.

Luigi: E già, guardare e non toccare.

Cerca di capire e tutte le cose ti servono benissimo.

Tutto ti arriva al momento opportuno, perché tutto è già fatto.

"Venite alle nozze, i buoi sono uccisi, il pranzo è preparato, tutto è pronto, venite, non dovete fare niente".

Ecco il problema essenziale.

Tutta la creazione è fatta bene, ma come tu ti distogli da Dio (peccato originale) allora incomincia la fatica, il lavoro, questa pena, perché?

Perché devi distogliere le cose dal loro fine per unirle a un tuo fine.

E le cose qui incominciano a rivelare una ostilità e quindi una fatica.

Ti producono triboli e spine.

P.: Non è tanto in noi lo sforzo, quanto nelle cose che reagiscono male...

Luigi: Ma non sono le cose che reagiscono male!

È in noi lo sforzo per convertirle a uno scopo diverso dal loro.

Se io a uno destinato a fare una cosa gliene faccio fare un altra, quello incomincia a resistere.

P.: Ma a noi viene più naturale vedere la natura che vedere Dio...

Luigi: Naturale? Noi ci siamo caricati di tutta una mentalità e di abitudini per cui mi è naturale guardare stupidaggini alla televisione e mi è molto faticoso pensare, mentre invece per Adamo la grande gioia era potere pensare Dio e avrebbe fatto uno sforzo enorme a restare davanti alla televisione.

N.: Per quel poco che usiamo il nostro cervello, lo usiamo in modo sbagliato. In pratica non pensiamo.

Luigi: Poi tutti lo dicono: la prima sigaretta è sempre una fatica e poi a un certo punto diventa irrinunciabile.


 

Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e la mettono in mezzo.

Gv 8 Vs 3 Secondo tema.


Titolo: Il nostro io non dà valore alle cose.


Argomenti: La capacità di dedicarsi a Dio. L'annuncio e la dedizione. La parabola dei talenti. Il valore di Dio e delle cose. Valore e volontà.


 

29/Gennaio/1984  Fossano.


Abbiamo visto come, questi scribi e questi farisei siano andati incontro nell'alba a Gesù, portando con sé, quello che avevano raccolto nella loro notte: una adultera sorpresa in flagrante adulterio.

Abbiamo visto la volta precedente, come questa adultera fosse lo specchio della loro anima nei riguardi di Dio.

E questa è una lezione per ognuno di noi, per farci capire che in tutto quello che noi raccogliamo, nella nostra notte, noi troveremo riflesso il volto della nostra anima poiché vedremo in esso, l'interesse principale della nostra vita.

Questo è uno degli aspetti di questo fatto ma ce ne è ancora un altro.

Questi scribi e questi farisei, venutosi a trovare all'alba di fronte a Gesù, non avranno la capacità di ascoltarlo, dovranno scappare, non avranno la capacità di restare alla sua presenza.

Questo è l'argomento su cui dobbiamo soffermarci questa sera, su questa formazione della capacità di dedicarci al Pensiero di Dio che s'incontra in questa alba, dopo la notte, dopo l'annuncio, dopo la proposta che ci è stata fatta da Dio.

Come si forma in noi la capacità di dedicarci a Dio?

E quando si forma questa capacità?

Già qui abbiamo l'annuncio che si forma nella notte.

Ma dobbiamo cercare di vedere quale rapporto ci sia tra questa notte e la formazione di questa capacità.

Se questi scribi e farisei, uscendo dalla loro notte, non vennero a trovarsi nella capacità di potere restare ad ascoltare Gesù, vuol dire che anche questa è una lezione di Dio per ognuno di noi, una lezione carica di significato e noi dobbiamo cercare di capire il significato di questa lezione e sopratutto questo rapporto che passa tra la notte e la formazione della nostra capacità di dedicarci a Dio e quindi di ascoltarlo.

Teniamo presente che Dio è il Creatore di tutto ed è Colui che opera tutto e Dio opera ogni cosa per salvarci.

La salvezza (lo dichiara Lui) sta nel giungere alla vita eterna.

La vita eterna è conoscere Dio come vero Dio e la salvezza sta quindi nel giungere a conoscere Dio come vero Dio.

Quindi Dio opera in tutte le cose per condurre noi a conoscere Lui, per quello che Egli è in Sé.

Però alla conoscenza di Dio non si arriva senza di noi, senza la dedizione nostra, poiché Dio è conoscibile solo in Se Stesso ed in quanto è conoscibile solo in Se Stesso, richiede da parte nostra la formazione di una capacità di dedicarci personalmente a Lui.

Se noi non abbiamo questa capacità di dedicarci a Dio, siamo tagliati fuori dalla conoscenza di Dio.

Dio si conosce solo in Se Stesso e può essere conosciuto solo da colui che può dedicarsi personalmente a Lui.

Diceva Sant Agostino: "Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te", cioè non si giunge alla conoscenza di Dio, senza la partecipazione nostra, senza la dedizione nostra a Dio.

Quindi Dio è Colui che si annuncia in tutto a tutti ma che si fa conoscere soltanto a coloro che si dedicano a Lui.

L'annuncio è per tutti e la conoscenza è riservata solo per coloro che avendo seguito l'annuncio si dedicano a Lui.

Abbiamo qui due tempi e già si profila il giorno e la notte.

Abbiamo due tempi, il tempo in cui Dio si annuncia e il tempo in cui Dio si rivela.

Il tempo in cui Dio si annuncia è il mondo di tutte le cose che arrivano a noi senza di noi e sono tutti annunci di Dio.

E poi abbiamo un secondo tempo, ovvero un altro mondo, quel mondo che non si forma in noi senza di noi, senza la dedizione personale nostra ed è il mondo della conoscenza, il mondo della Luce..

Il passaggio dal primo giorno al secondo è la notte.

Il primo tempo, questo primo mondo di cose fatte da Dio e che Dio fa giungere a noi senza di noi, è il mondo dei segni, sono annunci, sono segni di Dio.

Tutti i segni di Dio, noi li percepiamo perché arrivano a noi senza di noi, però non li capiamo.

Noi siamo spettatori di tutta la creazione, di tutto l'universo, di tutta la storia, dei fatti di ogni giorno e tutte queste cose arrivano a noi senza di noi, sono segni di Dio, sono annunci del Creatore, è Dio che parla con noi, sono segni e in quanto segni non sono intellegibili da noi.

Il secondo mondo, quello che richiede la dedizione da parte nostra è il mondo dei significati delle cose e qui abbiamo l'intelligenza ma, in questo mondo dell'intelligenza non si entra senza di noi, cioè senza la dedizione nostra a Dio, perché il principio d'intelligenza è Dio stesso, è la causa.

Ora, se noi non passiamo dagli annunci, dai segni a Dio stesso, noi ci proibiamo l'accesso al secondo mondo, il mondo della Luce, il mondo della Conoscenza: restiamo tagliati fuori.

Il passaggio da un mondo all'altro avviene nella notte, per considerare questo dobbiamo tenere presente la parabola dei talenti, oppure la parabola delle mine dove noi abbiamo ben delineati qui questi passaggi.

Abbiamo qui un signore, un re, che distribuisce ai suoi servi dei talenti, delle mine e poi se ne va in un paese lontano per ricevere l'investitura del regno.

Se ne va in un paese lontano per ricevere l'investitura del regno, poi ritorna ed assegna ad ognuno la partecipazione: "Entra nella gioia del tuo signore", a seconda dell'interesse che ciascuno ha saputo trarre dalle mine, oppure dai talenti ricevuti.

Qui si delinea l'argomento di oggi.

Abbiamo visto il signore che distribuisce i talenti e questo signore è Dio Creatore.

I talenti sono i fatti, la creazione, gli avvenimenti della nostra vita, tutto quello che arriva a noi senza di noi.

I talenti sono dati a noi senza di noi.

Quindi tutta la creazione, tutti gli avvenimenti, tutte le creature, tutti i fatti di ogni giorno, sono talenti, sono segni, sono annunci che Dio presenta, che Dio offre a noi, ecco il primo giorno.

Poi la parabola ci dice che quel re se ne va in un paese lontano, per ricevere l'investitura del regno: è l'assenza di Dio, la nostra notte.

Questa notte ha un significato molto importante.

Questa assenza di Dio è molto importante.

Il signore se ne va per ricevere l'investitura del regno, per essere investito, da chi?

Da noi.

Da coloro ai quali ha lasciato i talenti, ha lasciato le mine.

Investire vuole dire mettere a capo di-.

È il problema della notte, Dio ci manda i suoi segni, poi Lui si ritira per dare a noi la possibilità di metterlo a  capo, cioè di fare dipendere tutto da Lui, cioè di tratte interesse dai segni e dagli annunci che Lui ha dato a noi, interesse per conoscere Lui.

Qui possiamo capire come la capacità di dedizione a Dio si formi nella notte, in questa notte, è questa investitura.

Poi arriva l'alba, questo re ritorna e darà a ognuno la ricompensa, a seconda di quanto interesse ognuno ha saputo trarre dai talenti o dalle mine ricevute.

Quindi Dio dà a noi tanti segni e tutta la nostra vita è piena di segni di Dio, poi c'è la notte, c'è questo Dio che non preme più su di noi e dà a noi la possibilità di dichiarare quanto interesse abbiamo per Lui, di dimostrare quanto interesse abbiamo per Lui.

È in questo momento qui, in questa notte, in questa assenza che si forma in noi la capacità di dedizione.

Se noi mettiamo Dio al di sopra di tutto (far cioè dipendere tutto da Lui), allora in noi si forma questa capacità di dedizione.

La capacità di dedizione è dipendente da questa sottomissione di tutte le cose a Dio, si forma cioè nella misura in cui noi abbiamo messo Dio al di sopra di tutto.

Ma proprio perché è notte, noi possiamo mettere altro al di sopra di tutto.

Se in noi non si sveglia questo interesse per Dio, arriva l'alba in cui il Pensiero di Dio torna tra noi ma a questo punto qui, la capacità o meno di dedizione a Dio si è già formata in noi, si è formata nell'assenza, nel tempo dell'assenza, nell'Egitto, nel tempo della prova.

Qui ad ognuno verrà dato ciò che avrà voluto avere: "Entra nella gioia del tuo signore".

Si ha come ricompensa l'entrare nella conoscenza, si ha come ricompensa la capacità di ascoltare questo Verbo che parla a noi del Padre e che sarà proporzionata all'interesse che noi avremmo saputo trarre dalla creazione, dai segni, dagli annunci di Sé che Dio ha fatto giungere noi.

Teniamo presente che tutto dipende dal valore che noi diamo alle cose, dipende dal valore che noi diamo alle cose ma dipende sopratutto dal valore che noi diamo a Dio ma, è un parlare anche qui in parabole dire che dipende dal valore che noi diamo alle cose.

In realtà il nostro io e la nostra volontà ricevono la capacità di volere o di dedicarsi, dal valore delle cose, non siamo cioè noi che diamo valore alle cose ma siamo noi che subiamo il valore delle cose.

Le cose, gli annunci di Dio, arrivano a noi con un certo valore e Dio stesso si presenta a noi come massimo valore.

Le cose hanno valore in quanto ricevono valore da Dio, poiché Dio è il Fine.

Ogni cosa riceve valore dal fine.

Se noi riconosciamo Dio per quello che ci è annunciato (Creatore), tutte le cose acquistano valore come mezzi (annunci) per arrivare a Dio, per tendere a Dio, se noi rispettiamo questi valori qui, noi siamo fatti capaci di volere.

La volontà nostra scatta sui valori, è una dipendenza dei valori.

Non siamo noi che diamo valore alle cose e adesso vedremo perché noi subiremo il danno di questa mancanza di valori.

Soltanto se noi rispettiamo il valore delle cose e sopratutto il valore di Dio che dà valore a tutte le cose, noi abbiamo la possibilità di volere e quindi di dedicarci a Dio ma, se noi non rispettiamo questo valore o meglio se noi non mettiamo Dio al di sopra di tutto, se noi non mettiamo Dio come fine a cui tutto ordinare e subordinare, noi perdiamo il valore delle cose.

Perdendo il valore delle cose, noi perdiamo la capacità di volere.

A un certo momento noi ci troviamo con tutte cose che per noi sono vuote di valore e per quanto noi ci affatichiamo e ci sforziamo di dare valore alle cose, queste cose vuote di significato, per noi non hanno assolutamente valore non si fanno cioè volere e non danno a noi la capacità di vivere.

Il nostro io e la nostra volontà, ricevono valore dalle cose se rispettano il vero valore delle cose e il principio di tutti i valori è Dio.

Soltanto se noi rispettiamo questo principio di valori e partendo da Dio come Creatore, tendiamo a Dio come Fine, noi abbiamo anche la possibilità di riconoscere il valore di tutte le cose come mezzi per tendere a Dio come fine, cioè per conoscere Dio e quindi si forma in noi la capacità di dedicarci a Dio.

Ma noi possiamo non rispettare questo valore, possiamo non rispettare Dio come fine, questo non rispettare Dio deriva dal fatto che noi possiamo considerare il nostro io come termine a cui rapportare tutti i segni e le creature di Dio.

Il nostro io riceve valore dalle cose ma non ha capacità di dare valore alle cose e quando noi riferiamo le cose al nostro io anziché a Dio, noi non facciamo altro che svuotare le cose di valore.

Il nostro io tende ad assorbire tutto a sé ma le cose che assorbe a sé o che tende a possedere non gli danno più vita.

Le cose che il nostro io possiede non gli danno più vita.

Gesù stesso dice che la Vita non viene dalle cose che si posseggono e perché non gli danno più vita?

Perché non diventano più oggetto di volontà, di desiderio, l'uomo quando possiede una cosa non può più volerla.

Il nostro io ha questa terribile capacità di svuotare tutto di valore, diventa un buco nero in cui tutto finisce.

Soltanto che privando tutte le cose di valore e privandosi cioè la capacità di volere, l'uomo a un certo momento si distrugge.

Quindi noi che nel pensiero del nostro io tendiamo a possedere ogni cosa, credendo così di conquistare la vita, in realtà concludiamo con la perdita della vita, perché ci troveremo con tante cose ma nella impossibilità di volerle e quindi di amarle.

Noi tendiamo a possedere le creature e quando le possediamo ci accorgiamo che non siamo più capaci ad amarle.

Noi siamo capaci di amare soltanto in quanto non tendiamo a possedere ma in quanto guardiamo le creature come mezzi per arrivare a Dio, soltanto in questo rispetto, noi siamo fatti capaci di amare tutte le opere di Dio e tutte le creature e riceviamo vita da questo ma quando invece noi tendiamo a possedere cose e creature, come le possediamo, immediatamente siamo privati della capacità di amarle e quindi privati della capacità di dedicarci ad esse, è un processo irreversibile perché il nostro io non può dare valore alle cose e non potendo dare valore alle cose, non può dedicarsi ad esse e quindi non può amarle.

Questo è un processo irreversibile.

Chi dà valore alle cose è Dio e soltanto nel rispetto di Dio, noi abbiamo anche la capacità di rispettare tutte le cose e tutte le creature e di ricevere vita da tutto e tutti senza possederle.

La formazione quindi della capacità di dedicarci a Dio si forma in questi termini qui.


N.: Questo dare alle cose un valore diverso da quello che hanno in Dio (conoscere Dio) è evidentissimo in noi.

L'uomo che si dedica al denaro accumula in continuazione, perché quello già accumulato non gli dice più niente, ha bisogno sempre di desiderarne altro all'infinito.

Però arriva a un certo punto in cui Dio lo ferma, ancora per salvarlo: "Guarda che il tuo denaro stanotte lo lasci" e lo dice ancora per salvarci.

Ma noi che abbiamo utilizzato la nostra intelligenza solo per possedere è comprensibile che diventiamo incapaci a utilizzare la nostra intelligenza per capire Dio.

Mi sembra di una evidenza tangibile.

Luigi: La capacità di seguire il Verbo di Dio che parla del Padre si forma in questa notte, quando abbiamo la possibilità di subordinare tutti i valori a Dio.

Negli annunci ci sono dati già i valori.

Dio si annuncia come Creatore e tutte le creature si annunciano a noi come creature, quindi come fatte.

Quindi negli annunci c'è già un segno del valore.

Se noi rispettiamo questi valori e quindi mettiamo Dio al di sopra di tutto e subordiniamo ogni cosa a questa meta si forma in noi questa capacità.

Ma se noi invece ci orientiamo ad altro perdiamo questa capacità. Di per sé l'uomo non ha questa capacità.

N.: È un illusione rivolgersi a una cosa credendo che abbia un valore diverso da Dio, perché in realtà non l'ha un valore.

Noi viviamo di un interesse materiale finché non abbiamo raggiunto lo scopo.

Il momento in cui abbiamo raggiunto lo scopo, quell'interesse lì è finito, è decaduto, dobbiamo cercare altro.

Coltiviamo quell'illusione di passare da un interesse materiale ad un altro, non considerando che gli interessi materiali devono finire.

È come illudersi che non moriremo.

È un illusione che noi possiamo coltivare.

Luigi: Però noi abbiamo perso l'occasione per formare in noi la capacità di dedicarci a Dio.

Questa capacità di dedizione si forma in questo tempo definito.

Noi perdiamo questa capacità, per cui quando Dio si presenterà, noi non avremo la capacità di restare alla sua presenza.

P.: È quando Dio è lontano, è in quest'assenza, quando non preme su di noi, quando non ci obbliga con la sua presenza...

Luigi: Arriverà il momento in cui Dio attrarrà tutti.

Anche gli scribi e i farisei che non volevano ascoltarlo, a un certo momento sono attratti, perché devono portarli questa adultera, la portano per ascoltare il suo giudizio.

In un modo o nell'altro Lui ci attrae, però non avremo la capacità.

Ora, quando si è formata questa capacità?

Quando Lui non preme con la sua presenza.

Quando preme con la sua presenza ormai è finita la cosa.

Ci troveremo tutti di fronte al Pensiero di Dio, non tutti potremo sostare in questa presenza di Dio.

N.: È inesatto dire che Lui non è presente, perché nell'attimo in cui tu cominci ad accogliere una cosa come strumento, come segno di Dio, lì immediatamente Dio è presente. Non potresti farlo altrimenti.

Luigi: Lui preme in quanto Lui si presenta assorbe tutto a Sé.

Qui è Lui che sottomette tutto a Sé ma prima che Lui sottometta tutto a Sé, siamo noi che dobbiamo sottomettere a Lui. Per cui la capacità di dedizione a Lui si forma nella notte.

Nella notte intesa come Dio che non preme, che non sottomette tutto a Sé ma ci propone di sottomettere tutto a Lui, cioè al massimo valore.

Ci fa una proposta di valori e poi ci dà la possibilità; poi arriverà il momento in cui sarà Lui a subordinare tutto a Sé ma ormai lì non c'è più niente da fare.

R.: È arrivata l'alba.

Luigi: È arrivata l'alba, lì ormai non c'è più niente da fare.

E.: C'è un giorno in cui Dio fa giungere all'anima le sue parabole e i suoi segni e se l'anima non ha messo Dio prima di tutto quei segni non li vede come provenienti da Dio, quindi la notte non sarà una meditazione sul significato dei segni, cioè non sarà una utilizzazione dei talenti per crescere in amore e in conoscenza nei confronti della Causa da cui i segni provengono.

Luigi: Certo, la notte in quel caso lì diventa possesso.

È un tentativo di possedere, di strumentalizzare le cose a noi, al nostro io.

E.: C'è da tenere molto presente che tutti i segni, tutte le creature, tutte le circostanze che Dio pone attorno a noi, sono talenti che Dio mette in mano a noi...

Luigi: Per suscitare in noi interesse per Lui.

Noi non possiamo dare interesse alle cose, l'interesse lo riceviamo.

Cioè, noi non siamo capaci di volere.

La volontà la riceviamo dai valori, se li rispettiamo.

E.: Noi dobbiamo però rispettare il "valore causa".

Luigi: Certo.

Dio è il Principio dei valori.

E.: Essendo il segno ambiguo, non cerco che cosa Dio mi vuole fare conoscere di Sé ma lo strumentalizzo al mio io.

Luigi: Soltanto che subordinando la creazione al nostro io, noi priviamo le cose del loro valore e quindi priviamo noi della capacità di volerle.

Quando noi possediamo una cosa non possiamo più amarla, non possiamo più volerla.

E.: Dio è il Principio dei valori, Lui è il valore più alto e solo da Lui possono essere dedotti tutti gli altri valori e solo da Lui possono ricevere valore tutte le cose che devono condurci a Lui.

Però l'io è anche lui non un principio assoluto ma un principio relativo che moltiplica i valori che anziché portare a Dio portano nell'abisso della confusione.

Se l'io non percepisse come valore tutto quello che persegue, non lo perseguirebbe.

Diciamo che l'io è un creatore di falsi valori.

È il contraltare di Dio, è un distruttore di valori autentici per porne degli altri e poi alla fine quando all'alba Dio si presenterà smantellerà quei falsi valori prodotti dall'io.

Luigi: Il nostro io di per sé non può dare valore alle cose ma lo riceve.

Il nostro io come atto di volontà, di desiderio, può volere e desiderare in quanto quella cosa lì ha valore per noi.

Quindi la nostra volontà scatta in quanto una cosa vale ma quando quella cosa lì è posseduta dal mio io, per me è già vuota di valore, non vale più.

Non valendo più, io non sono più capace di volerla.

E.: Io pensavo che invece tutto quello che riferiamo al nostro io, in quanto esalta il nostro io, viene da noi caricato di un falso valore.

Luigi: Sì ma io la voglio fintanto che non ce l'ho.

La volontà scatta in quanto ritengo (falso valore) che quello per me (unità) sia un bene ma come l'ho unito a me, non sono più capace di volerla.

Perché il mio io non dà valore alle cose.

E.: Ma noi vediamo degli uomini che perseguono la carriera, dei centri di potere e che si trovano bene in sella a questi centri di potere (falsi valori).

Non è che non li amino più, li amano eccome.

Che cosa li fa restare attaccati a questi se non il fatto che sono stati rivestiti dall'io di un falso valore?

Luigi: Perché manca a loro qualche cosa.

Loro evidentemente tendono alla loro gloria e per soddisfare questa gloria, hanno bisogno di mettersi attorno tutte quelle cose che dinanzi agli altri li fanno importanti.

Se io so che se mi vesto di rosso tutti mi applaudono, io mi vesto sempre di rosso per farmi sempre battere le mani.

Ma la funzione, il fine è sempre quello di essere applaudito e allora resto attaccato al vestito rosso per farmi battere le mani.

La funzione è sempre quella dell'esaltazione del mio io.

Cercare la figura, la gloria davanti agli altri, questa mia centralità, è sempre dipendente dagli altri.

Fintanto che gli altri non mi danno questa gloria, io sarò sempre asservito agli altri per ricevere questa gloria qui dagli altri.

E.: Dio è principio di verità, l'io è principio di errore e deve fondarsi sul fatto che l'io è un manipolatore della verità.

Luigi: L'io svuota le cose di valore.

E.: Direi che li falsifica.

Luigi: Li svuota.

Svuotati non li può più volere.

Svuotandoli di valore a un certo momento si priva della vita.

Io tengo sempre presente quello che dice Gesù: "La vita non viene dalle cose che si posseggono".

Cioè una cosa ti dà vita fintanto che tu la desideri.

Dio essendo un infinito, è desiderabile all'infinito.

Con Dio tu hai la dedizione, le creature essendo finite, come tu arrivi al possesso le svuoti di valore, non le puoi più desiderare, perché oramai le hai ma non ti danno vita.

La cosa ti dà vita fintanto che per te è desiderabile o fintanto che per te è mezzo per arrivare a una cosa che è desiderabile.

Se tu desideri che la gente ti batta le mani, tu desideri tutti quei mezzi che ti servono per farti battere le mani, ma la meta è farti battere le mani, farti ammirare dagli altri.

A un certo momento però il farti battere le mani diventa un inferno, per cui ti accorgi che quello non ti dà più vita.

Teniamo sempre presente che la nostra volontà o il nostro io, riceve vita dai valori, fintanto che sono valori.

ma se io ho questa terribile possibilità di svuotare le cose di valore, io mi privo della vita.

E come ho la possibilità di svuotare le cose di valore?

In quanto le disunisco da Dio e le riferisco al mio io.

Dio tutte le cose ce le mette come talenti, cioè come mezzi per risvegliare in noi interesse, cioè capacità di dedizione a Lui.

Noi non abbiamo la capacità, la capacità ci viene dai talenti, cioè da quello che Dio ci presenta ogni giorno come opera sua, Lui parlando parla a noi e parlando a noi suscita interesse su di Sé.

Ma è la sua parola che suscita interesse, se Lui non parla noi siamo spenti.

Lui parlando a noi, suscita in noi interesse su di Lui.

Quindi questo interesse è capacità di dedizione a Lui ma in quanto noi guardiamo a Lui.

Ma se invece noi non guardiamo a Lui ma guardiamo a noi stessi, tutti i talenti che Lui ci dà, li riferiamo a noi ma come li riferiamo a noi li svuotiamo di valore.

Per questo dico che noi finiamo in un buco nero, perché assorbiamo tutto l'universo di Dio nel nostro niente.

Annulliamo tutto.

Ed è un processo irreversibile, perché una volta che noi abbiamo macchiato una cosa del pensiero del nostro io, non possiamo più recuperarla, perché non abbiamo la possibilità di volere.

Cioè da soli non possiamo recuperala, con Dio sì.

P.: Cioè, finché uno non ha una cosa ha una tensione per possederla.

Luigi: S'illude.

La passione d'assoluto ci illude, perché io ritengo che se ho quella cosa, la mia vita cambia ma come la possiedo, quella cosa non mi dà più vita.

P.: È come un bambino che desidera un giocattolo e quando l'ha lo rompe.

Luigi: È il sabato del villaggio.

E.: Ma il nostro io resta ben consapevole di avere niente e non può distruggersi.

Luigi: L'io non trova più vita in niente e ha perso la capacità di dedicarsi a Dio, perché la notte è passata.

N.: Io ho sentito diverse persone dire di avere sbagliato tutto nella vita ma non sapevano cosa avrebbero potuto fare di diverso.

E.: Noi per riconoscere i segni o le parabole come provenienti da Dio, dobbiamo avere presente Dio Creatore, quindi nella notte c'è questo ripensamento, questo lavoro dell'io di riportare i segni alla loro causa, alla loro fonte.

All'alba questa Causa si presenta per chiedere quanto interesse abbiamo tratto dai suoi segni, questa Causa viene riconosciuta ma se noi quando Lui ci manda i segni, non abbiamo presente nel pensiero Lui come Principio Creatore, nella notte non possiamo raccogliere i segni in Lui, all'alba, Lui che viene per sottrarci i talenti, come si presenta all'anima che non l'ha riconosciuto come Causa dei segni che le arrivavano? L'anima cosa vede?

Luigi: L'anima vede il Pensiero di Dio però non ha la possibilità di capire.

Quindi non ha la possibilità di restare alla sua presenza.

È vero che tu dici che l'anima non ha raccolto, però si è dedicata ad altro.

Vivendo, necessariamente noi ci dedichiamo a qualche cosa.

Questo dedicarci ad altro, ci priva della capacità di formare in noi la dedizione a Dio.

E arrivando alla presenza di Dio senza questa capacità di dedicarci a Lui, non possiamo seguirlo nella sua verità, perché Lui ci parla del Padre e noi non possiamo seguirlo.

Noi siamo giudicati dal pensiero di Dio.

Tutto il resto sparirà e restiamo con il Pensiero di Dio.

Resteremo sempre nel dubbio di essere noi a pensare Dio, senza però potere annullare il Pensiero di Dio.

Per cui io non posso seguirlo nella Verità.

Mi trovo nella impotenza a seguirlo.

Non ho la capacità, la capacità doveva formarsi prima.

Ma prima io invece mi sono disperso dietro a altre cose.

E.: Quindi all'alba quando ci sarà chiesto conto di questi talenti o di quest'interesse, ci accorgeremo che sarà Dio ma...

Luigi: Se ho avuto interesse, avrò la ricompensa rispetto all'interesse ma non rispetto ai talenti ricevuti.

I talenti che mi sono stati dati mi saranno sottratti.

Se ho cercato solamente di custodire, di trattenere, di possedere, di non perdere i talenti, questi mi saranno portati via.

Quello che mi darà la possibilità di restare, quindi di entrare nella gioia del Signore, sarà l'interesse per Lui che avrò saputo trarre dai talenti avuti, cioè da quello che Dio mi ha presentato.

E.: Senza questo interesse specifico, l'io resta con gli oggetti come ricordo solo.

Luigi: Come ricordo perché gli oggetti non li ha più, l'interesse per Dio non l'ha maturato.

Ha il ricordo ma non la presenza e il ricordo non dà vita.

B.: Se non si entra in questo secondo tempo in cui c'è l'intelligenza dei segni, la Luce...

Luigi: La notte.

B.: Il secondo tempo è la Luce...

Luigi: È la notte che diventa luminosa, più luminosa del giorno.

Il giorno è dato dagli annunci di Dio che arrivano a noi senza di noi e questi sono senza intelligenza, non possiamo capirli, poi l'intelligenza scatta quando si forma in noi quel mondo che non si formerebbe senza di noi, senza la dedizione nostra.

Questo mondo qui di dedizione, d'intelligenza, poi prevale, perché gli altri spariscono.

Noi in questo mondo qui possiamo dedicarci a Dio o dedicarci a altro.

Questo rappresenta la notte.

B.: E qui entra in gioco il problema dei valori, cioè Dio come Creatore e Dio come Fine.

Luigi: Se io tengo presente Dio come Creatore, essendo il massimo valore Dio diventa anche mio Fine.

Quello che forma in noi la capacità è Dio come Fine.

Parto da Dio Creatore, se lo rispetto come massimo valore, cosa faccio?

Tendo a sottomettere tutto a Lui, quindi tutto diventa mezzo per conoscere Lui e allora lì Lui diventa Fine.

....Luigi: Ma allora a questo punto si è formata la dedizione mia al suo Pensiero, Pensiero come Fine.

Quando il suo Pensiero mi si presenta, in me si è formata tutta questa capacità di dedizione, perché aspettavo questo Pensiero qui.

Allora ho la capacità di restare.

B.: In quest'interesse che si forma in noi c'è già una conoscenza?

L'alba non ho chiaro cosa rappresenta, è la Luce che ci viene dalla dedizione per comprendere il Pensiero di Dio nei segni che ci ha dato o è la Verità che s'impone?

Luigi: L'alba è la Verità che s'impone.

Non il Padre, l'alba è data dal Pensiero di Dio che arriva a noi e s'impone.

S'impone quindi assorbe tutto a Sé.

Assorbe anche noi e la nostra negatività, l'assorbe, però forse noi non potremo sostare, capire.

L'alba in termini poveri è data dalla scoperta della presenza oggettiva in noi del Pensiero di Dio.

Presenza oggettiva in noi del Pensiero di Dio.

B.: Il tanto interesse che noi abbiamo ci dà la possibilità di riconoscerlo, altrimenti non abbiamo questa possibilità.

Luigi: Non abbiamo questa possibilità di riconoscerlo e quindi non abbiamo la possibilità di restare con Lui.

In caso diverso invece lo vediamo come meta, come approdo: "Finalmente sono approdato a qualcosa di oggettivo".

B.: Il nostro io svuota di valore le cose e non è più capace di amarle.

Le cose si svuotano di valore in quanto ci accorgiamo che non rispondono al nostro bisogno.

Però possiamo illuderci che siano importanti.

Luigi: Fintanto che non le possediamo.

Noi ci illudiamo fintanto che non le possediamo.

Come le possediamo sono vuote.

È il possesso della cosa che ci svuota di valore la cosa e ci toglie il desiderio.

B.: Il desiderio di averla.

Luigi: Certo.

Avendo raggiunto il fine di possederla, questa cosa come l'ho unita a me mi svuota di vita.

Con Dio invece avviene tutto il rovescio.

Arriva a tanto rovescio che a un certo punto il mio io si vede addirittura generato da Dio.

Ora abbiamo invece il nostro io che è generante, perché vuole assimilare a sé le cose e diventa un punto fisso di riferimento.

Là invece abbiamo Dio che, sotto un certo aspetto produce il mio io.

B.: In questa notte, in questo interesse, in questa sottomissione, in questo sottomettere tutto a Dio, noi abbiamo la possibilità con Dio di capire questi segni già...

Luigi: Come valori.

B.: Capirne il significato. Nell'alba, la consapevolezza di questo Pensiero di Dio in noi viene dai tanti segni capiti in Dio?

Luigi: Tutti i segni mi confluiscono a Dio, tendono a Dio.

Il filo d'erba che io vedo fuori di me, tende a farmi capire la presenza oggettiva del pensiero di Dio in me.

Tutta la creazione che avviene attorno a me senza di me ha lo scopo di farmi arrivare.

Il grande dubbio che portiamo in noi è che il Pensiero di Dio in noi non sia Dio ma sia il mio io.

E.: Anche se non penso sia un problema di quantità, dei tanti segni.

B.: Quello che ci libera dalla passione di possesso è il riportare a Dio.

Luigi: Se noi non riportiamo a Dio, noi siamo dominati dal desiderio di possedere.

E.: Sia che il significato sia inteso o meno.

Luigi: Basta il desiderio d'intendere il significato in Dio.

Anche se non capisco ma so che è un segno di Dio e tendo a Dio, questo già mi forma.

B.: Nel riferire a Dio quindi ho questa liberazione dal possedere una cosa, però  nello stesso tempo io rimango con quella cosa, con quel segno.

Luigi: In quanto lo riferisco a Dio tendo a capire il significato, il Pensiero di Dio in quello.

B.: Ma quello l'ho presente.

Luigi: Certo ma quella presenza è sempre dono di Dio.

Importante è non proiettare il pensiero del mio io su quella cosa.

Perché come proietto il pensiero del mio io su quella cosa, la svuoto di valore.

Svuotandola di valore non posso più volerla e quindi mi spengo.

Noi abbiamo questa terribile possibilità di svuotare di valore tutto l'universo, tutta la creazione di Dio, non Dio ma tutti i suoi segni sì.

Quando Dio si presenterà, la sua Verità s'imporrà ma io non posso restare perché non si è formata in me la capacità.

La capacità mi era data dai segni.

I segni in quanto io li raccoglievo in Dio.

Quindi noi non abbiamo la capacità di dedicarci a Dio.

La capacità di dedicarci a Dio ci viene data dai segni di Dio che Lui ci offre affinché noi li riportiamo a Lui.

Nella misura in cui raccogliamo in Lui,  noi riceviamo la mercede, questa mercede è questa capacità di dedizione.

Il Signore stesso lo dice: "Chi raccoglie con Me, riceve mercede di vita eterna".

Cioè capacità di restare con Lui nella conoscenza.

C.: Devo essere orientata al Fine.

Luigi: Sì ma chi mi presenta il Fine è la Causa, è Dio Creatore.

Quindi se tengo presente che Dio è il Creatore di tutte le cose, tutte le cose, essendo di Dio, le devo riportare a Dio, le devo raccogliere in Dio.

Se io le raccolgo in Dio, Dio diventa il mio Fine.

Dio parla con me ogni giorno, in quanto Lui parla con me, mi propone il suo Pensiero come fine e allora io devo cercare sempre il suo Pensiero.

Cercando il suo Pensiero, Dio diventa il mio Fine.

Soltanto che cercandolo come Fine, forma in me questa capacità di dedizione verso di Lui, che mi prepara poi dopo alla nascita da Lui.

Noi diventiamo figli delle nostre opere, se ci dedichiamo a Dio come Fine, noi stiamo diventando figli di Dio.

Se invece noi viviamo per altro, noi diventiamo figli di altro.

Se diventiamo passione di Dio, tanto più Dio si avvicina, tanto più diventa per noi motivo d'amore.

Noi non siamo capaci ad amare.

Non siamo liberi di amare, non siamo liberi di volere, non siamo liberi di dare valore alle cose.

Quante volte diciamo a qualcuno: "Devi volere" e lui non può volere.

L'uomo non può volere nel modo più assoluto una cosa che per lui si è svuotata di valore.

Non basta che noi diciamo: "Devi volere".

La nostra volontà è una proiezione del valore delle cose se noi rispettiamo le cose.

Ma per rispettarle dobbiamo avere presente Dio, perché Dio è principio dei valori.

Se io rispetto Dio e rispetto le opere di Dio, allora queste formano in me una grande volontà.

La volontà viene formata dai valori.

Ma se io riferisco le cose al mio io, le svuoto di valore e non posso più volerle.

D.: Quindi questa notte è molto importante.

Luigi: È essenziale, perché è lì che si forma la capacità di dedizione a Dio.

Però bisogna capire bene quale è questa notte.

Bisogna capire bene in cosa consiste il giorno, in cosa consiste questa notte, in cosa consiste l'alba.

Se noi riflettiamo bene sulla parabola dei talenti e delle mine, sono abbastanza ben delineati questi passaggi.

Noi dobbiamo investire Dio del suo Regno.

Investirlo vuol dire metterlo a capo di-.

Lo dobbiamo mettere a capo di tutti i segni che Dio ci manda.

Ecco perché Lui si rende assente, per ricevere l'investitura.

Investendo Lui, Lui forma in me la capacità di dedizione.

Perché la capacità di dedizione si forma come dipendenza dalle cose.

Se invece non abbiamo fatto dipendere le cose da Dio, noi non abbiamo investito Lui ma quelle cose che non abbiamo fatto dipendere da Dio, svuotano noi di ogni valore.

Per cui ci privano di vita.

È la legge del contrappasso.

Noi che abbiamo cercato di possedere le cose per avere più vita  ci troviamo con quelle cose senza poterle volere e quindi senza più vita.

È come se avessimo costruito una bellissima casa e non avessimo la capacità di viverci dentro.

F.: Il tempo per la dedizione è determinato? Come faccio a sapere se è finito?

Luigi: Non siamo ancora arrivati a quest'alba.

Questa alba è la presenza oggettiva del Pensiero di Dio che s'impone, quindi presenza come Realtà.

Noi ci sentiamo con Dio perché man mano che raccogliamo Dio trasforma in Luce quello che noi raccogliamo in Lui e aumenta la capacità di dedizione.

Poi si arriva a un momento in cui Dio presenta la sua presenza oggettiva.

F.: Questa non è più parabola.

Luigi: No, quello è Luce, però presuppone da parte nostra la capacità di sostare in questa Luce.

Ora se a quel punto in noi c'è la macchia soggettiva dell'io che pensa, noi non avremo la possibilità di sostare in questa presenza di Dio e quindi non arriviamo al Padre.

Noi non arriviamo al Padre e restiamo giudicati dal Pensiero di Dio oggettivo, giudicati in quanto in noi non abbiamo quella purezza per poter restare.

Il Pensiero di Dio resta macchiato dal pensiero del nostro io.

Ogni fatto che ci arriva, immediatamente da noi viene accolto o da Dio o viene riferito al pensiero del nostro io.

Noi siamo in continuazione sorgente di giudizio.

Noi in continuazione tutte le cose che ci arrivano le giudichiamo.

Le giudichiamo come segni di Dio se partiamo da Dio Creatore e con più o meno fatica incominciamo a ragionarli con Dio.

Oppure invece le riferiamo al pensiero del nostro io.

Noi non possiamo fare a meno di giudicare le cose.

Giudicare cioè di dare un valore alle cose.

Non possiamo farne a meno.

Giudicando immediatamente il tempo passa.

Il tempo è Dio che viene attraverso i suoi segni.

E come io ho macchiato un segno del pensiero del mio io, quel segno lì è passato.

E non lo recupero più.

Da solo io non lo recupero mai più.

Nel pensiero del mio io io non posso recuperarlo più.

Solo se Dio mi dà la possibilità di morire a me stesso allora in Dio recupererò tutto, anche tutti i mali.

Dio mi farà recuperare tutto.

Ma quella cosa lì di per sé, macchiata del pensiero del mio io si è svuotata di valore, non la posso più volere.

Noi non ci rendiamo conto del male che facciamo a noi stessi nel volere possedere le cose.

P.: L'importanza di investire del regno Dio quando Lui è assente.

Luigi: La creazione è di Dio, Dio si divide dalla creazione per darmi la possibilità di metterlo a capo.

Per darmi la possibilità di metterlo a capo delle cose, Lui non si deve imporre.

P.: È un atto di amore, di dedizione far dipendere le cose da Lui.

Luigi: Si entra in Dio soltanto consapevolmente.

È come quando i figli di Dio si sono trovati in Egitto, questa lontananza.

È in questa lontananza che si rivela ciò che sta veramente a cuore a noi.

Mi formo nell'amore in quanto ho la possibilità di tradire.

Il giorno in cui non ho più la possibilità di tradire, l'amore è stabilizzato.

P.: Bisogna imparare a far conto su Dio, far dipendere tutto da Lui e cercare in tutto il Pensiero di Dio.

Luigi: Investire Lui di tutte le  cose.

E.: Questo rapporto con Dio mi sembra più personalizzato che non quello della giustizia essenziale che deve riconoscere Dio come Creatore di tutte le cose.

Luigi: Sì, sì.

E.: L'investitura è già un passo più avanti nella conoscenza.

Luigi: Sì.

Perché investendolo, io arrivo al Fine.

Qui ho Dio come Fine, non più come Principio.

Per cui avendolo come Fine, io divento passione per Lui.

Fintanto che l'ho come Creatore io non l'ho come passione: rispetto, giustizia ma qui adesso invece ho formata la passione per Dio.

La passione che è capacità di dedicarmi.

Qui non sono più legato alle cose e appena Dio si presenta lo riconosco come quello che aspettavo e ho la capacità di dedicarmi a Lui.

Si è formato in me l'amore.

G.: Più i segni perdono valore più Dio acquista valore?

Luigi: No.

N.: Intanto siamo noi che facciamo perdere valore ai segni perché non passando al significato il segno perde valore.

Poi c'è Dio che ci svuota di significato tutte queste cose, tutti questi segni, perché cerca ancora di recuperarci se è possibile.

Luigi: Cioè, le cose hanno un loro valore.

Il concetto di valore deriva dal fine: "Questa cosa mi serve per-".

Questa cosa è molto importante per me, perché? Perché mi serve per-.

Il valore viene quindi dal fine.

Se Dio l'ho presente come fine, allora tutti i mezzi, tutti i segni di Dio che sono mezzi sono molto importanti, quindi è Dio che dà valore alle cose, perché tutte le cose mi servono per pensare a Lui.

Ad esempio ho presentato stasera la parabola delle mine che abbiamo utilizzato per fare una certa riflessione: è un mezzo, ha acquistato un certo valore in funzione di quella meta alla quale vogliamo arrivare.

Quello che ha dato importanza a questo è lo scopo al quale vogliamo arrivare.

Se noi vogliamo arrivare a conoscere Dio e siamo creati per questo, tutte le cose acquistano importanza come mezzi per arrivare a Dio, quindi diciamo che Dio è il principio che dà valore a tutte le cose.

Dio non svuota di valore le cose ma dà valore alle cose.

Il vero valore in quanto i segni che incontro sono mezzi per riflettere su Dio.

Io non sono capace a pensare a Dio, Dio mi spezza il pane, io adopero questo pane per crescere e arrivare a Lui.

Quindi Dio è la sorgente dei veri valori.

Se invece io penso al valore delle cose riferite al mio io, allora qui sì Dio mi svuota di valore tutte le cose ma in sostanza è il mio io che svuota di valore tutte le cose, riferendole a sé, perché non le rende più desiderabili.

Noi desideriamo una cosa fintanto che non l'abbiamo.

Nel momento in cui l'abbiamo quella cosa lì è svuotata di valore e non è più desiderabile, perché ormai ho esaurito la cosa, l'ho raggiunta.

Io credo d'averla raggiunta ma l'ho perduta proprio nel momento in cui l'ho raggiunta.

Noi non ci rendiamo conto ma nel momento in cui diciamo: "Questo è mio", noi lo perdiamo.

Nell'istante stesso in cui diciamo: "Questo è mio".

Se noi diciamo: "Questo è di Dio", noi arriviamo a possederlo.

Ma come noi diciamo: "Questo è mio", non siamo più capaci di amarlo.

Se invece dico: "Questo è di Dio" acquisto capacità di amare.

La parola di Dio brucia tutto quello che è negativo, perché in Dio tutto è buono, buono perché tutto mi serve per conoscere Dio.

Non c'è niente di negativo, per cui Gesù stesso dice che non c'è niente dall'esterno che ti possa far male.

Tutto quello che arriva dall'esterno, arriva a noi senza di noi, quindi è tutta opera di Dio e tutto è buono.

Anche se ci troviamo in una società molto infelice e triste, questa venendo a noi senza di noi è cosa buona, tu riferiscila a Dio, falla argomento di dialogo con Dio e vedrai quanto bene c'è in essa.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi, tutto è bene, se è adoperato come mezzo per conoscere Dio, per ragionare su Dio, per arrivare a Dio.

Se invece lo adopero per un fine diverso allora è finita.

B.: I talenti sono dei segni...

Luigi: Dati a noi senza di noi.

B.: Ma se io investo dei soldi, ottengo altri soldi, se investo dei segni ottengo altri segni?

Luigi: Questo investire vuol dire trarre interesse per Dio, trarre passione per Dio.

Dio t'ha mandato un segno, tu quanto interesse da questo segno qui hai tratto per Dio?

Interesse per Dio, non interesse nel senso bancario.

Dio presenta a noi tutta la creazione, gli avvenimenti, la storia, la cronaca della nostra giornata, per suscitare in noi interesse per Lui, per conoscere Lui.

Magari ci manda una disgrazia e il nostro chiedergli perché è interesse.

Ti mette con le spalle al muro, ti urta, ti ferisce perché tu abbia a discutere con Lui ma questo è per suscitare in te interesse per Lui.

Ti scandalizza, per suscitare in te interesse per Lui.

Perché il problema è questo: suscitare interesse per Lui.

Quindi tutti i fatti arrivano a noi per suscitare in noi interesse.

Se noi non sappiamo trarre interesse, vuol dire che abbiamo altri interessi.

E allora magari cerchi di custodire la fede e perdi tutto.

Perché il talento (fede) ti era stato dato per suscitare in te interesse per Dio.

N.: Nella Verità di Dio all'alba, i segni come i talenti sono superati dal significato, vale solo più il significato.

Quando noi non cerchiamo di arrivare al significato del segno entriamo nella confusione, quando invece cerchiamo in Dio il significato del segno si apre una strada davanti a noi, non solo ma ho costatato che non c'è d'aspettare quell'alba, tu arrivi già a una piccola reazione a catena, tu vedi già degli altri segni che hai avuto in precedenza e li capisci.

Luigi: Si recupera tutto.

Quando si arriva a Dio si recupera tutto.

E.: La notte ha già una sua luce prima dell'alba.

Luigi: "Lo Spirito di verità venendo in voi vi farà ricordare tutte le cose".

Si recupera tutto, in Dio non c'è niente che vada perduto.

Tutto quello che è avvenuto nella nostra vita ha tutto un significato, perché è Parola di Dio.