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Ho molte cose da dire e giudicare al vostro riguardo ma colui che mi ha mandato è verace e ciò che ho udito da lui quello annunzio al mondo. Gv 8 Vs 26


Titolo:  Presenza oggettiva e soggettiva di Dio in noi.


Argomenti:  Gesù è Colui che convoca noi al Principio. Chi ascolta può non essere in grado di capire quello che Gesù ha da dirci. La parola è condizionata dalla capacità di capire. Ognuno è capace di capire per quello che ha interiormente presente. Gesù comunica la Verità, cioè la sua presenza.


 

19/Maggio/1985  Fossano.


Siamo nel versetto 26, Gesù dice: "Ho molte cose da dire e giudicare al vostro riguardo ma Colui che mi ha mandato è verace e ciò che ho udito da Lui, quello annunzio al mondo".
Sono parole che recano dei problemi molto grossi, anche semplicemente sotto la forma logica.

Comunque cerchiamo di coglierne lo spirito essenziale.

Gesù qui afferma dichiara che ha molte cose da dire e giudicare però, aggiunge subito un "ma" e giustifica questa sua restrizione alla dichiarazione con: "Colui che mi ha mandato è verace e ciò che ho udito da Lui, quello annunzio al mondo".
C'è subito da chiedersi come mai Gesù dichiari che ha tante cose da dirci e poi dopo non ce le dica.

Cioè, perché dichiara che non le dice?

Perché evidentemente in tutto quello che Lui afferma c'è un significato per la nostra vita personale.

Lui dice di avere molte cose da dire e giudicare però non le dice, il che fa pensare che il suo parlare sia ristretto soltanto a qualche cosa e giustifica questo dicendo: "Colui che mi ha mandato è verace".
Quale rapporto passi fra le tante cose che Lui ha da dire e giudicare e il fatto che Colui che l'ha mandato è verace, per cui restringa o impedisca Lui di dire tante cose, non è evidente, non è palese.

Comunque anche qui dobbiamo chiederci quale lezione il Verbo di Dio vuole lasciare a noi.

Anche questa è Parola di Dio per la nostra vita personale, per la nostra vita interiore.

Prima qui Gesù aveva dichiarato: " Io sono Colui che parla a voi il Principio".

Abbiamo visto domenica scorsa questa sua dichiarazione, questa sua definizione di Sé.

Gli avevano chiesto: "Chi sei tu?" e Gesù non si era mica tirato indietro.

L'avevano chiesto anche a Giovanni Battista e Giovanni Battista aveva detto apertamente: " Io non sono il Cristo, Io non sono Colui che attendete".

Qui la stessa richiesta viene fatta a Gesù e Gesù dice: "Io sono Colui che parla a voi il Principio".

Abbiamo visto come questo suo parlare sia sempre un convocare alla Presenza, quindi Gesù si definisce come Colui che convoca noi al Principio, alla Presenza del Principio.

Gesù è Colui che convoca noi alla Presenza del Padre.

Abbiamo anche visto domenica scorsa come nessuno possa salire al cielo se non Colui che discende dal cielo cioè, come non si possa passare dal frammento al tutto, se non si ha presente il tutto.

E come non si possa passare dal temporaneo all'eterno, non si possa passare dalla terra al cielo.

Tutto questo per far capire a noi che se abbiamo la possibilità di alzare i nostri occhi al di sopra della nostra terra ed elevarli al cielo, se abbiamo la possibilità di passare con i nostri pensieri dai frammenti al tutto, dal temporaneo all'eterno, dal relativo all'Assoluto è sempre in grazia di Colui che è disceso a noi dal cielo: il Figlio di Dio che è in cielo.

È sempre e soltanto in grazia di Colui che viene dal tutto a noi, ai nostri frammenti per raccoglierci del tutto, è una dimensione che generalmente noi trascuriamo, dimentichiamo. Eppure c'è sempre questo fatto precedente.

Non si può salire al cielo, se qualcuno dal cielo non ci ha preceduti, per scendere al nostro livello.

Questo però ci fa anche capire e a noi non è dato discendere dal cielo e quindi capire le cose relative, le cose del nostro mondo, noi stessi, se  prima non siamo saliti in cielo e se siamo saliti in cielo è grazie a Colui che è venuto a noi dal cielo.
Gesù dopo aver dichiarato che Lui è Colui che convoca noi alla Presenza del Padre, qui adesso afferma di avere tante cose da dire e da giudicare al nostro riguardo e poi aggiunge un "ma".

Abbiamo detto che queste Parole di Gesù, per come arrivano a noi oggi, sono confuse e frammentarie.

Per cui per arrivare all'essenziale, allo spirito, dobbiamo fare appello ad altre parole di Gesù che riguardano questo stesso frammento, che riguardano questo stesso argomento.

L'argomento evidentemente è un'affermazione di Gesù che dice di aver tante cose da dire, però nello stesso tempo non le dice.

Più avanti troviamo delle dichiarazioni di Gesù in cui apertamente dice ai suoi discepoli: "Ho tante cose da dirvi ma voi però per ora non le potete portare". Qui il pensiero è più semplice, qui Gesù giustifica il suo rifiuto a dire le tante cose che ha da dire.

Certamente è tutto da dire, perché tutto è fatto nel Verbo di Dio e tutto s'illumina soltanto nella luce del Verbo di Dio.

Gesù giustifica questa sua sottrazione, questa sua limitazione nel dire a noi tutte le cose che ha da dirci, perché ancora non le possiamo portare.

Lui dice che ha anche tanto da giudicare e noi troviamo un altro luogo in cui Lui stesso dice: "Io non sono venuto per giudicare ma per salvare".

Questo ci aiuta a capire, a penetrare un poco in queste parole di Gesù.

Intanto ci fa capire che la limitazione del parlare di Gesù è determinata dalla nostra incapacità di portare ciò che Lui vuole dirci.

E allora dobbiamo chiederci cosa è che ci rende capaci di portare ciò che Lui vuole dirci.

Si porta un pensiero, si porta un argomento, si porta una verità in quanto si ha la capacità di capirla, quando non si ha la capacità di capire, per quante parole si dicano, evidentemente non si può portare.

Abbiamo detto che noi possiamo restare nelle Parole stesse di Gesù, soltanto in quanto cerchiamo di capirle ma, per quanti sforzi noi facciamo per restare, per ricordare le Parole di Gesù, quando non le penetriamo, quando non andiamo in profondità, per cercare di capirle, arriva sempre il giorno in cui queste Parole vengono buttate via.

Gesù dichiara apertamente nella parabola del seminatore che quelle parole, quei segni gettati nel terreno, che rappresentano le Parole di Dio che arrivano noi e alle quali noi non poniamo mente per capire, ci vengono portate via, quindi non le possiamo trattenere.

Questo ci fa capire che la parola è condizionata dalla capacità di capire, quindi c'è un fatto precedente la parola.

Ci sono certe parole che si dicono soltanto là, dove c'è la possibilità che siano assimilate.

Non si parla di Dio a un animale perché si sa che l'animale non può capire.
Se quello che condiziona il parlare è la formazione della capacità di capire in chi ascolta, qui adesso possiamo capire perché Gesù dica a noi: "Ho tante cose da dirvi ma.....".

Se dice "ma" e quindi limita le cose che Lui ha da dire è perché in noi non s'è ancora formata la capacità di capirlo e quindi la capacità di portare quello che Lui vuole comunicare a noi.

Teniamo presente che soltanto comunicando a noi le cose sue crea comunione e se Lui non parla la comunione non si forma con Dio e noi restiamo qui e Lui resta là.

Non si può passare dalla terra al cielo così come non si può passare dal frammento è tutto.

Questa capacità di capire da che cosa è data?

Approfondendo questo noi troviamo che ognuno è capace di capire per quello che ha presente, interiormente presente.

Ora qui bisogna precisare non soltanto oggettivamente presente ma soggettivamente presente.

Non basta che una cosa sia stata seminata in noi se poi dopo, quando ci si parla di quella cosa, non abbiamo presente o l'abbiamo dimenticata e allora noi sentiamo le parole ma le parole non vengono intellette, perché una parola sia intelletta è necessario che trovi in noi la corrispondenza di un qualcosa che noi abbiamo presente.

È quello che noi abbiamo presente che ci rende intelligibile il segno, che ci rende intelligibile la parola e se si tratta di Parola di Dio, le Parole di Dio sono intellegibili da noi solo in quanto trovano in noi la Presenza di Dio, la Presenza soggettiva di Dio.

Soggettiva nel senso che è soggettiva in quanto c'è stata una partecipazione nostra personale, per cui noi l'abbiamo personalmente presente.

Allora la Parola diventa soltanto un richiamo a questa Presenza e il richiamo questa Presenza ci rende intelligibile la parola che giunge a noi.

Stiamo cercando di capire le ragioni per cui Gesù limiti il suo parlare, le cose che Lui da dire a noi e la lezione che vuol significarci con questo.

Intanto abbiamo visto che questa limitazione delle cose che Lui ha da dire è determinata dalla nostra incapacità di portarle, quindi dal fatto che noi non s'è ancora formata alla capacità di capire.

Questa capacità di capire determinata dalla Presenza che portiamo in noi, dalla necessità di portare in noi soggettivamente Dio e allora abbiamo questo primo tempo del parlare di Gesù, del Figlio di Dio  a noi.

Lui parla per formare in noi la capacità di capire in modo, da poter poi dopo dire tutte le cose che Lui ha da dirci.

Questa capacità di capire da che cosa viene?

Abbiamo detto che viene dalla Presenza, quindi Gesù parla a noi per condurci a trovare la Presenza del Padre in noi.

La Presenza del Padre è in noi, però non è sufficiente che sia in noi, cioè non è sufficiente che Dio Creatore sia presente in noi indipendentemente da noi.

È necessario che ci sia la Presenza soggettiva di Dio, cioè che ci sia la partecipazione nostra, cioè che si sia formata in noi la convinzione della Presenza di Dio Creatore, della Presenza del Padre in noi.

Adesso qui ci colleghiamo con la dichiarazione di domenica scorsa: " Io sono Colui che parla a voi il Principio", cioè: "Io sono Colui che vi convoca alla Presenza del Principio, che vi convoca alla Presenza del Padre".

Convocandoci alla Presenza del Padre ci fa prendere consapevolezza, quindi ci rende partecipi della Presenza di Colui che è Presente in noi indipendentemente da noi, e soltanto rendendoci partecipi ce la rende soggettivamente presente, quindi ci rende intelligenti.

Ci rende capaci di capire tutte le cose che Lui dice.

E a questo punto che allora noi possiamo adesso penetrare questo rapporto che Lui stabilisce con quel "ma": " Ma Colui che mi ha mandato è verace".

Verace vuol dire che dice la verità e dicendo: "Colui che mi ha mandato è verace", evidentemente fa dipendere la conoscenza della Verità da Costui.

"Colui che mi ha mandato", quindi il Padre, il Principio è verace, dice la Verità, quindi comunica la Verità ma la Verità è la sua presenza, quindi comunica la sua Presenza.

Quando Gesù parlando della sua Ascensione al Padre dice: "Ancora un poco e non mi vedrete più, ancora un altro poco e ci rivedremo", dà una giustificazione dice: "Perché Io vado al Padre" cioè giustifica il fatto di ritrovarlo con il fatto che Lui va al Padre, quasi a dire che Lui andando al Padre va nella luce e quindi andando nella luce a noi è dato possibile trovarlo.

Ecco il Padre dice la Verità, é la sorgente della luce e soltanto quindi nel Padre e dal Padre che noi possiamo conoscere la Verità, possiamo avere la luce su tutte le cose di cui il Figlio ci vuole parlare.

In queste parole in quest'affermazione, Gesù ci conduce a scoprire questa precedenza, questo prima di tutto che Lui opera in noi, per condurre noi a scoprire la Presenza di Dio in noi oggettiva e soggettiva (partecipazione quindi personale).

Senza dedizione da parte nostra, non possiamo arrivare a convincerci di questa Presenza del Padre in noi come sorgente d’intelligenza per capire tutte quelle cose che Lui vuole dirci, che Lui ha da dirci ma, che adesso non dice e non le dirà fin tanto che in noi non si sarà formata questa convinzione.
Abbiamo visto che il Padre opera ogni cosa per rivelare a noi la sua Verità, perché la Verità viene da Lui.

Cristo opera ogni cosa, parla per condurre noi a conoscere il Padre, evidentemente qui abbiamo il Figlio che parla del Padre e considera il Padre come Dio.



Essi gli dicevano dunque:”Chi sei tu?, Gesù rispose loro: “Sono quello che parlo a voi fin dal principio, ho molte cose da dire e giudicare al vostro riguardo ma colui che mi ha mandato è verace e ciò che ho udito da lui quello annunzio al mondo. Gv 8 Vs 25-26


Riassunti


Argomenti: La vera consacrazione nella mente – L’interrogazione è espressione dell’assoluto – Segni e parole – La consapevolezza – Generare il Verbo dal Padre – Le parole che convocano all’assoluto – Sapienza e stoltezza – La parola è sintesi di 3 fattori: segno, verbo e predicato – Zaccaria – La parola e la parabola – La capacità di capire la parola – La presenza del Padre rende intelligente l’ascolto – Il giudizio della Parola – Restare nella Parola -


 

26/Maggio/1985  Fossano.