Perciò
vi ho detto che morirete nei vostri peccati perché se non credete che io sono,
morirete nei vostri peccati.
Gv 8 Vs 24
Titolo: La ricerca della
paternità impossibile.
Argomenti: Il criterio di appartenenza. Le cose del
cielo richiedono il superamento del nostro io. La Parola
di Dio e la parola degli uomini. La
possibilità di occuparci di Dio, non viene dall'iniziativa nostra. La
morte è non potere più dedicare il nostro pensiero a Dio. Restare
schiavi del peccato e della menzogna. Gli
idoli. Le parole orfane.
28/Aprile/1985
Fossano.
Questa
è la conclusione di un discorso che Gesù sta portando avanti, che portò avanti
allora con i farisei e che porta avanti con noi oggi.
La
Parola di Gesù è la Parola di Dio ed essendo Parola di Dio è universale, vale
per tutti i tempi e per tutti gli uomini, sopratutto vale per ognuno di noi,
perché Dio parla personalmente con ognuno di noi e in quanto parla
personalmente con ognuno di noi, noi dobbiamo essere aperti all'ascolto, non
solo ma, dobbiamo anche cercare di capire l'Intenzione, il Pensiero, il
Significato di quello che Gesù dice.
La
cosa veramente importante è non interpretare le Parole di Gesù secondo le
nostre intenzioni o le intenzioni degli uomini, dobbiamo interpretare la Parola
di Gesù secondo il Pensiero suo, secondo l'Intenzione sua.
Allora
anche qui, la prima cosa che dobbiamo chiederci è quale significato, quale
lezione Gesù vuole dare personalmente a ognuno di noi dicendo queste parole
che, allora disse ai farisei e che ora dice a noi: "Perciò vi ho detto che morirete nei vostri peccati perché
se non credete che Io sono, morirete nei vostri peccati".
Gesù
prima aveva detto: "Io me ne vado, voi mi
cercherete e morirete nel vostro peccato, perché dove Io vado, voi non potete
venire".
Aveva
poi aggiunto: "Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù, voi siete di questo
mondo, Io non sono di questo mondo".
Abbiamo
visto come, apparentemente ci sia qui da parte di Gesù un’esclusione, perché fa
delle distinzioni nettissime: "Voi siete di quaggiù, Io sono di
lassù".
Apparentemente
Gesù sembra esclude quelli che lo stanno ascoltando, in realtà tutte le Parole
di Gesù, anche le più severe e le più dure, sono sempre dette per salvarci, per
portarci nella vita.
La
vita è partecipare di quello che Dio è.
Dio
ci ha creati per la vita, non per la morte.
Quindi
il problema della nostra vita non è imparare a morire ma, il problema
essenziale della nostra vita è imparare a vivere.
Siccome
Dio ci ha creati per la vita e la nostra vita è nascosta in Dio, la vita è
partecipazione a ciò che Dio è, noi siamo chiamati tutti a conoscere Dio.
Dio
ci ha creati per questo e la nostra salvezza sta nel conoscere Dio.
Il
nostro destino sta lì e noi dobbiamo preoccuparci di vivere per il nostro
destino e sopratutto non dobbiamo vendere il nostro destino per un piatto di
lenticchie, per una creatura o una cosa del mondo o per il pensiero del nostro
io.
Noi
siamo stati creati per questa meta, per questo fine e a qualunque costo noi
dobbiamo tendere a quello.
Ogni
giorno della nostra vita vale in quanto noi progrediamo verso il nostro fine,
cioè noi progrediamo verso la conoscenza di Dio.
Ora
Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità.
La
salvezza sta nel conoscere la Verità è parola di San Paolo: la salvezza sta nel
giungere a conoscere la Verità nel giungere a conoscere Dio, questa è la
Volontà di Dio.
Quindi
questa è l'Intenzione di Dio e siccome Gesù è Dio fra noi, tutte le Parole che
Egli dice, le dice in questa Intenzione, le dice in questa unità e devono
essere capite in questa Intenzione.
Anche
quando Gesù dice: "Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù, dove Io sono,
voi non potete venire", anche quando dice questo, lo dice per condurci
dove Lui è.
Lo
dice per condurci a conoscere la Verità, lo dice per condurci a conoscere il
Padre, poiché questa è l'Intenzione fondamentale di tutte le opere di Dio.
Cristo
essendo Pensiero di Dio tra noi è la sintesi di tutte le opere di Dio.
Dopo
questa premessa, adesso noi ci troviamo proprio di fronte alla rivelazione di
questa Intenzione di Dio, cioè Gesù dopo aver detto: "Voi siete di
quaggiù, Io sono di lassù, voi siete di questo mondo, Io non sono di questo
mondo", dichiara: "Se non credete che Io sono, morirete nel vostro
peccato".
Abbiamo
visto le domeniche precedenti come il criterio di
appartenenza al quaggiù o al lassù, non sta nell'ambiente, nella società, nella
famiglia o nell'appartenere a un’istituzione piuttosto che a un altra;
l'appartenenza non è determinata dal fatto esterno in cui ci troviamo.
Il
criterio di appartenenza è determinato da ciò cui noi dedichiamo il nostro
pensiero.
È
dentro di noi e che si determina l'appartenenza di noi stessi al quaggiù o al
lassù.
Abbiamo
visto che la grande distinzione tra il quaggiù e il lassù, tra questo mondo e
il cielo, sta nel fatto che il cielo o il lassù è tutto ciò che si riferisce a
Dio, che ha per punto fisso di riferimento Dio.
Invece
il quaggiù è ciò che ha per punto fisso di riferimento il pensiero del nostro
io.
Fintanto
che noi viviamo pensando a noi, viviamo per noi, e viviamo per le cose che
possiamo esperimentare, vedere, toccare con i nostri sensi, noi apparteniamo al
quaggiù.
Ma
c'è San Paolo che precisa ben chiaro: "Se siete risorti con Cristo, non
cercate più le cose di quaggiù ma, cercate le cose di lassù, non cercate le
cose che si vedono, ma, cercate le cose che non si vedono".
Le
cose che hanno come centro,
come punto fisso di riferimento Dio, (qui siamo nel campo del cielo, quindi nel
campo della verità) possono essere conosciute soltanto attraverso Dio, quindi
soltanto e in quanto noi superiamo noi stessi, soltanto in quanto noi moriamo a
noi stessi.
Perché
soltanto morendo a noi stessi, ecco la lezione del Cristo che muore in croce,
soltanto morendo a noi stessi, noi possiamo risorgere, e risorgendo possiamo
occuparci delle cose del cielo e non più delle cose della terra.
Questa
è la grande apertura, il grande punto di passaggio.
Siccome
Dio trascende noi, supera noi, le cose di Dio non sono esperimentabili con i
nostri sensi, le cose esperimentabili con i nostri sensi sono le cose che si
riferiscono al nostro io, le cose di Dio sono trascendenti.
Ma
se sono trascendenti, non per questo sono sottratte a noi, non per questo non
sono conoscibili da noi anzi, Dio ci ha creati per conoscere le cose sue però,
per conoscere le cose sue dobbiamo riferire, mettere come centro, come punto
fisso di riferimento, Lui stesso, non più il nostro io.
Quindi
c'è questo passaggio obbligato della morte a noi stessi, del superamento di noi
stessi, per imparare a cercare in tutto il Pensiero di Dio, le Intenzioni di
Dio, a fare in tutto e di tutto Dio il centro.
Abbiamo
detto che qui Gesù rivela apertamente questa Intenzione di salvezza, perché
dopo avere detto: "Voi siete di questo mondo, Io non sono di questo mondo,
voi siete di quaggiù, Io sono di lassù", dice: "Se non credete che Io
sono, morirete nei vostri peccati".
Ecco
la chiave di tutto.
Pur
noi essendo quaggiù, noi abbiamo la possibilità di credere, e se noi crederemo
anzi se noi crediamo, perché Lui dice un presente: "Se non credete"
noi abbiamo la possibilità di passare al lassù, al Suo mondo.
Come
la Parola di Dio arriva a noi, sta a noi la possibilità di credere.
Questa
possibilità di credere però non dura molto.
Cioè,
come la Parola di Dio arriva a noi, dà a noi la
possibilità di occuparci delle cose di cui la Parola di Dio ci parla, è la Parola
di Dio che giungendo a noi ci parla di Dio.
La grande caratteristica che differenzia la Parola di Dio dalla parola degli uomini è
questa: la Parola di Dio ci parla di Dio, le Parole degli uomini ci parlano
degli uomini.
Se noi apriamo i nostri giornali, i nostri libri, questi ci parlano di uomini e
sono quindi parole di uomini.
Se
apriamo il Vangelo, troviamo la Parola di Dio, perché troviamo la Parola di Dio
?
Perché
ci parla di Dio.
Quando la Parola di Dio giunge a noi, dà a noi la
possibilità di occuparci
di Dio ma, se noi la trascuriamo, verrà un giorno in cui noi vorremmo occuparci
di Dio, ma, non potremo, perché la possibilità di occuparci di Dio non viene
dall'iniziativa nostra ma viene a noi dalla Parola di Dio che giunge a noi.
Per
cui stai attento a quando Gesù bussa alla tua porta, stai attento ad essere
subito disponibile ad aprire, perché se tu tardi, il momento in cui tu andrai
ad aprire non lo troverai più.
San
Paolo dice: "Se oggi voi ascoltate la Parola di Dio affrettatevi a entrare
nella sua pace, perché se non vi affrettate, correte il rischio di finire come
il popolo ebreo nel deserto che, per paura non entrò nella terra promessa e fu
costretto a vagare nel deserto per quarant'anni fino all'estinzione di tutta
quella generazione".
Ecco, quando la Parola di Dio si fa sentire a noi, dobbiamo
affrettarci a entrare nella sua pace dobbiamo affrettarci a entrare nel suo
sabato, nel sabato senza sera, cioè dobbiamo affrettarci a conoscere, a capire
ciò che dice a noi di Dio la Parola di Dio.
Perché
soltanto capendo quello che dice a noi di Dio, noi entriamo nel giorno del
riposo di Dio.
Proprio in questa parola che arriva a noi, c'è questa offerta, questa
possibilità di credere, noi abbiamo la possibilità di credere in lui, in Lui
che parla a noi di Dio, quando Lui parla a noi di Dio.
Soltanto
credendo, noi abbiamo la possibilità del passaggio, del passaggio dal quaggiù
al lassù, di essere liberati dalla nostra notte.
Qui
Gesù sta insistendo sul: "Morirete nei vostri peccati".
Qui abbiamo diversi concetti che dobbiamo approfondire e che dobbiamo vedere
soprattutto alla luce degli argomenti delle ultime domeniche, soprattutto alla
luce del concetto di quaggiù e di lassù che abbiamo visto essere interiorizzati
dentro in noi e che determinano l'appartenenza nostra.
Qui abbiamo innanzitutto il concetto di morire, abbiamo il concetto di peccato,
abbiamo il concetto di morire nel peccato.
E
soprattutto abbiamo il concetto di: "Se non credete che io sono".
Questi
concetti dobbiamo vederli riferiti al quaggiù e al lassù, che abbiamo
considerato domenica scorsa.
Il
quaggiù è il lassù derivano dall'appartenenza a-, e noi apparteniamo a-, in
quanto dedichiamo i nostri pensieri a-. Dedicando i nostri pensieri a una cosa,
determiniamo la nostra appartenenza a quella cosa.
Qui
Gesù parla di un morire, c'è il rischio di morire.
Evidentemente se c'è il rischio di morire, c'è il rischio
di non
potere più credere o meglio di non poter più dedicare il nostro pensiero a Dio.
Siccome
la nostra salvezza, la nostra vita viene da Dio, noi corriamo il rischio di non
avere più la possibilità di dedicare il nostro pensiero a Dio.
Morire
è proprio questo, è venirci a trovare nell’impossibilità, nell’incapacità di
occuparci di Dio, di dedicare il nostro pensiero a Dio.
Soltanto
dedicando il nostro pensiero a Dio, possiamo appartenere a Dio, e noi possiamo
venirci a trovare nell’impossibilità di appartenere a Dio.
Il peccato, l'abbiamo visto molte volte, sta nel
separare segni di Dio dal Pensiero di Dio, sta nel separare le opere di Dio da
Dio, questa separazione avviene soltanto dentro di noi perché tutte le cose
appartengono a Dio.
In
realtà tutto e di Dio poiché tutto è creazione di Dio.
Però
essendo tutto di Dio, noi siamo tenuti, dentro di noi, a dare a Dio quello che
di Dio e quindi a riportare il tutto a Dio.
Può
succedere che noi non riportiamo tutto a Dio, questo succede solo dentro di
noi, per cui noi dentro di noi possiamo fare la menzogna poiché essendo tutte
le cose di Dio, noi possiamo non portarle a Dio.
Per cui Gesù dice questo, quando parla della Giustizia: "Date a Dio quello
che di Dio".
Evidentemente se dice:
"Date a Dio quello che è e di Dio", è perché noi possiamo non
dare a Dio quello che di Dio dentro di noi e non dando a Dio quello che di Dio,
noi facciamo il peccato, noi facciamo cioè la menzogna.
Soltanto che facendo questa menzogna cioè, non facendo la verità, noi restiamo
schiavi di questo male che abbiamo fatto: "Chi fa il male resta schiavo di
esso".
Essere
schiavi vuol dire appartenere, cioè noi apparteniamo alla menzogna.
Noi
apparteniamo al peccato, noi apparteniamo al male che abbiamo fatto.
Ecco allora il concetto di quaggiù.
Gesù qui parla del rischio, della possibilità di morire in questo peccato, il
che vuol dire che questo peccato ci può far morire, cioè questo peccato può
portarci nella situazione di impossibilità di dedicarci al Pensiero di Dio.
Quel:
"Io sono" di Gesù, é il Pensiero di Dio tra noi, poiché Gesù è il
Pensiero di Dio tra noi.
Noi portiamo in noi il Pensiero di Dio, è in noi però, in conseguenza del male
che facciamo, noi corriamo il rischio di morire e quindi di venirci a trovare
nell’impossibilità di dedicarci al Pensiero di Dio, di occuparci del Pensiero
di Dio e quindi di conoscere Dio, possiamo trovarci in questa impossibilità e
questa impossibilità è morte.
Come è possibile questo? Dobbiamo tenere presente che, in conseguenza della passione di
Assoluto che portiamo in noi, quando noi non riportiamo a Dio tutte le cose,
quando noi non raccogliamo in Dio, quando noi disuniamo le cose da Dio, noi
veniamo a determinare in noi una passione per queste cose che è una passione di
Assoluto.
Cioè
noi incominciamo a sentire verso queste cose, una passione come verso Dio, cioè
trasformiamo le cose in idoli nostri e trasformandoli in idoli diventiamo
passione di questi.
Ecco il male e la menzogna che cominciano a operare dentro di noi.
Noi
diventiamo figli di queste cose, di questi idoli.
Però
queste cose, siccome noi le abbiamo separate da Dio, sono senza paternità.
Noi diventiamo figli di cose che sono senza padre.
Qui si scatena un fuoco, si accende un fuoco dentro di noi ed è il fuoco della
ricerca di una paternità impossibile.
Noi stiamo subendo le passioni per una cosa che non è giustificata e che non
può essere giustificata.
Proprio questa ricerca di una paternità impossibile, accende in noi un fuoco
che ci apre a un giorno che può diventare un giorno senza sera.
Abbiamo accennato le domeniche precedenti al fatto che noi stiamo andando verso
un "tutto pensiero".
Noi
stiamo diventando tutto pensiero, o tutto Pensiero di Dio o tutto pensiero del
nostro io e così noi stiamo progredendo verso una giornata senza sera: o il
sabato senza sera che è il giorno della pace del Signore, in cui tutte le cose
vengono contemplate in Dio, viste in Dio, oppure in quel giorno senza sera che
è questa ricerca di una paternità impossibile.
Allora si può capire perché questo giorno non tramonta, perché questa nostra
passione non si conclude e non può concludersi, perché noi non possiamo trovare
la giustificazione di una cosa che noi abbiamo staccato da Dio, separato da
Dio, perché il vero Padre di tutto è Colui che giustifica tutto e Costui è
soltanto Dio.
E noi che separiamo le cose da Dio, noi ci troviamo con delle creature, con dei
segni, con delle parole che sono orfane e che in nessun modo noi possiamo
giustificare.
Questa nostra impossibilità di giustificare le cose, pur non potendo noi
sottrarci al bisogno di giustificarle, ci priva della possibilità di credere
cioè, ci priva della possibilità di dedicare il nostro pensiero a Dio, cioè ci
conduce alla morte e alla morte nei nostri peccati.
Perciò vi ho detto che morirete nei vostri peccati perché se non credete che io sono, morirete nei
vostri peccati.
Gv 8 Vs 23-24
Riassunti
Riassunti
Argomenti: Il criterio di
appartenenza – La libertà di pensare Dio – Anticipare la venuta del Regno – La parola dell’uomo
e la Parola di Dio – Morire nel peccato – La ricerca della paternità – Il principio dell’uomo – Appartenere al
Pensiero di Dio – La dedizione del pensiero a Dio – Cercare è già trovare – Le giustificazioni di
Dio o del mondo – L’autenticità è nel pensiero – La gioia di potere pensare Dio -
5/Maggio/1985
Fossano.