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E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e voi mi cercherete, e morrete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Primo tema.


Titolo: I tre insegnamenti di Gesù.


Argomenti: L'ora del Figlio di Dio dipende dalla glorificazione del Padre. Gesù insegna salendo al tempio, nel tempio e nel tesoro . La conclusione delle tre scene. Il parlare di Dio nel mondo esterno. Il movimento determinato dal ritorno di Cristo al Padre. L'offerta di Cristo è transitoria. L'anima di tutto è la presenza della persona che si coglie solo nel suo principio. Noi possiamo restare con la Presenza di Cristo, solo attingendola dal Padre.


 

3/Marzo/1985  Fossano.


Riflettendo sulla precedente dichiarazione del Vangelo: "Nessuno lo prese perché la sua ora non era ancora venuta" abbiamo visto che c'è un tempo esteriore e c'è un tempo interiore e come il tempo esteriore sia in relazione al tempo interiore di ogni uomo.

Tutto quello che accade fuori di noi, attorno a noi e che si sintetizza nella vicenda, nella tragedia del Figlio di Dio fatto uomo, tutto quello che avviene fuori, è tutto a servizio, in funzione del tempo interiore.

Nessuno lo prese perché la sua ora non era ancora venuta, abbiamo visto che quel "prendere" (esterno) rivelava un’intenzione.

L'intenzione di far fuori Cristo, di ucciderlo, di mandarlo a morte, portato nel campo dello spirito è un com-prendere Cristo ma, il comprendere Cristo è condizionato dal fatto della sua ora: "Nessuno lo prese, perché la sua ora non era ancora venuta".

Fintanto che la sua ora non è venuta noi non possiamo comprendere Cristo, non possiamo conoscerlo.

Anche gli stessi suoi discepoli, alla fine dei loro rapporti con il loro Maestro, si sentiranno dire dal Maestro stesso che ancora non l’hanno conosciuto.

Evidentemente tutto è in rapporto all'intelligenza di questa sua ora.

Quando si parla di ora, Gesù stesso dice al Padre: "Padre è giunta l'ora, glorifica il tuo Figlio".

Cioè ci rivela che la sua ora, è in relazione alla glorificazione dal Padre.

Tutte queste cose evidentemente non sono per il Figlio di Dio, il Figlio di Dio essendo eterno ha una Gloria eterna dal Padre, quindi non c'è un'ora per la glorificazione del Figlio di Dio.

Tutte queste cose sono in relazione a noi, allora la glorificazione del Figlio di Dio dal Padre è per noi, non è per Lui.

Il Figlio la Gloria l'ha prima del mondo e quindi prima che ogni creatura cominciasse a essere.

Quindi se Gesù parla di un’ora, quest'ora è da riferirsi sempre all'uomo.

Lui dice che quest’ora è in relazione, quindi dipende, dalla glorificazione del Padre.

È una proposta che il Cristo rivolge a noi, affinché noi abbiamo a cercare presso il Padre la Gloria del Figlio, perché soltanto in questa glorificazione incontriamo il Figlio.

Evidentemente è una proposta e quindi qui entriamo nel tempio interiore, in quanto è una proposta, è affidata a noi.

Il che vuole dire che questa glorificazione in noi, può non avvenire.

Perché tutto quello che si riferisce al nostro mondo interiore, non avviene senza di noi, non dipende da noi ma pure non avviene senza di noi.

Tutto quello che avviene nel mondo esterno, avviene senza di noi ma, tutto quello che avviene nel mondo esterno è in relazione a quello che deve avvenire nel mondo interno ma, quello che deve avvenire nel mondo interno non può avvenire senza di noi.

E questo ci fa capire come può darsi che qualcuno non giunga alla glorificazione del Padre.

Può darsi che ci sia in qualcuno che, a quest'ora del Cristo, a questa glorificazione del Padre non giunga.

Questo significa che l'uomo può non arrivare a conoscere il Cristo, può non arrivare a nascere nella Luce e in Cristo, poiché Cristo è la Luce di Dio tra noi.

Le parole che Gesù ha detto nel tesoro del tempio, in quanto le ha dette lì, le ha dette per farci capire che sono intellegibili solo nel tesoro del tempio e non altrove, per cui fintanto che non entriamo in questo tesoro del tempio non possono essere intese.

Le parole che Gesù dice ai farisei non sono solo per i farisei, poiché le Parole di Dio sono universali e valgono per ogni uomo di ogni tempo e di ogni luogo.

Gesù qui dice: "Io me ne vado, voi mi cercherete e morirete nel vostro Peccato".

Qui ci sono tre affermazioni: qui ci sono tre affermazioni: me ne vado, mi cercherete, morirete nel vostro peccato.

Dice quel "Mi cercherete" come un obbligo, cioè non potrete sfuggire a questo, rivela un futuro della creatura, non dice: "Voi mi cercherete con il desiderio di capire", dice: "Voi sarete costretti a cercarmi".

A queste tre affermazioni poi aggiunge un’intenzione a tutto questo, c'è un "perché" sottinteso tra la prima parte e la seconda parte, dice: "Perché dove Io vado, voi non potete venire".

Quest’affermazione era già stata detta nel capitolo settimo di San Giovanni: "Sono ancora con voi per poco tempo, poi me ne torno a Colui che mi ha mandato, mi cercherete e non mi troverete, voi non potete venire, dove Io sono".

Questa dichiarazione è più o meno uguale a quella di questo capitolo ottavo.

Nel settimo dice: "Sono ancora con voi per poco", qui dice apertamente: "Io me ne vado".

Nel settimo dice: "Mi cercherete e non mi troverete, dove Io sono voi non potrete venire", mentre qui dice una cosa molto più grave: "Mi cercherete e morirete nel vostro peccato", dovremmo anche chiederci in cosa consista questa morte ma per ora, chiediamoci sopratutto il perché di questa ripetizione?

Non c'è nulla d’inutile o di ripetuto nelle opere del Cristo e tutto è misurato e rapportato, che differenza c'è allora tra questa prima dichiarazione di Gesù e questa seconda?

Cosa c'è stato in mezzo, che cosa è maturato, cosa è avvenuto in noi?

Anche nel capitolo settimo si dice che Gesù aveva parlato nel tempio: "Gesù allora insegnando nel tempio disse ad alta voce", aveva insegnato nel tempio e detto ad alta voce.

Qui invece aveva insegnato nel tesoro del tempio e aveva detto ad alta voce che Lui era venuto non da Se Stesso ma, qualcuno lo aveva mandato.

Nel settimo dice: "Io sono ancora con voi per poco tempo", è una scena, però troviamo anche questa scena qui nell'ottavo, dopo avere insegnato nel tesoro del tempio dice la stessa cosa.

Quindi Gesù insegna e poi dichiara e se ne va.

Sono due scene ma se noi approfondiamo, nel capitolo settimo di San Giovanni noi troviamo ancora un’altra scena in cui si dice che Gesù, a metà della festa, salì nel tempio per insegnare.

Abbiamo tre scene, la scena in cui Gesù insegna salendo al tempio, una scena in cui Gesù insegna nel tempio e una scena in cui Gesù insegna nel tesoro del tempio.

E tutte queste tre scene hanno una conclusione, la conclusione della prima scena, cioè di Gesù che insegna salendo al tempio si termina con l'esortazione a non giudicare secondo le apparenze ma giudicate con retto giudizio.

Quindi abbiamo un insegnamento di Gesù, prima di entrare nel tempio che si conclude dicendo: "Non giudicate secondo le apparenze", abbiamo poi un insegnamento di Gesù nel tempio che si conclude dicendo: "Resto con voi ancora per poco" e abbiamo un insegnamento di Gesù nel tesoro del tempio che si conclude con Gesù che dice: "Me ne vado".

Noi abbiamo già visto come siano tre le grandi tappe dell'insegnamento del Signore.

Abbiamo l'insegnamento di Dio fuori, nel mondo esterno, perché noi siamo fuori.

Abbiamo l'insegnamento di Dio nel tempio perché noi possiamo essere nel tempio.

E abbiamo un insegnamento di Dio nel tesoro del tempio, perché noi dobbiamo essere nel tesoro del tempio.

La vera intelligenza sta soltanto nel tesoro del tempio.

Quindi abbiamo queste tre grandi scene, queste tre grandi parti dell'opera di Dio.

Fuori, nel mondo esterno il parlare di Dio è tutto un parlare in parabole, tutta la creazione di Dio è un parlare in parabole.

Ma tutto questo parlare di Dio in parabole si conclude con una sollecitazione: non fermarti all'apparenza.

Poiché noi siamo tutti rivolti al mondo esterno, soltanto se Lui viene a parlarci nel mondo esterno si rende intellegibile a noi, poiché noi avendo solo occhi pieni di terra, soltanto se Lui ci parla di cose della terra, noi possiamo capire il suo linguaggio.

Però dopo averci parlato di cose della terra, parlare in parabole, Lui ci esorta a non fermarci alle apparenze e cercare il significato delle cose, quindi ci invita a entrare nel tempio, poiché il significato si trova solo nel tempio.

Se poi noi entriamo nel tempio, noi qui abbiamo un ulteriore insegnamento del Signore ma qui questo insegnamento si conclude con quest’affermazione: "Ancora per poco Io sono con Voi".

Nell'ultima scena è più grave ancora, poiché nel tesoro del tempio, apertamente dice: "Io me ne vado".

Noi potremmo pensare che essendo quest’opera di Dio, queste tre scene, questi tre fatti restino lì a nostra disposizione e che a seconda del luogo in cui noi possiamo trovarci, noi possiamo attingere ad esse, invece il seguito grave del Signore è questo: le scene non sono statiche.

Qui entriamo nella dimensione tempo: le scene sono in movimento.

Lui ci dice: "State attenti che quello che avete oggi, domani non sarà più a vostra disposizione, quello che vi dico oggi e che oggi avete la possibilità di capire, domani non avrete più la possibilità di capirlo, perché Io non sarò più con voi".

C'è un movimento in queste scene e il movimento è determinato da Lui che passa, da Lui che se ne va e dove va? Lui ritorna a Colui che l’ha mandato, Lui ritorna al Padre.

C'è una dichiarazione molto grave che riecheggia queste affermazioni dure di San Giovanni e noi la troviamo nel Vangelo di San Luca: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti vi assicuro cercheranno di entrare e non vi riusciranno. Una volta che il Padrone di casa si sarà alzato ed avrà chiuso la porta, voi sarete fuori e picchierete dicendo- Signore aprici- ed Egli risponderà -Non so donde siate-".

Ecco, arriva un momento in cui il Padrone di casa si alza, entra in casa, chiude l'uscio e allora dice: "Voi inutilmente busserete a quella porta".

Ecco questa transitorietà dell'offerta.

Abbiamo visto che in queste tre scene c'è un’offerta del Signore, perché il Signore in quanto viene a parlare, viene a parlare per offrire noi la possibilità di entrare nella Luce.

Però è un’offerta transitoria, passa.

Il Cristo che viene tra noi nel mondo esterno o che viene tra noi nel tempio o nel tesoro del tempio, non è un Cristo che rimane tra noi.

E se noi non ci affrettiamo a seguirlo dove Lui va, Lui va senza di noi e verrà il momento in cui noi sospireremo di capire una sola delle sue parole ma non sarà possibile.

Noi dobbiamo chiederci com’è possibile che Cristo (Dio) se ne vada, certamente Dio non se ne può andare, Colui che è presente in tutto non può spostarsi da un luogo all'altro e allora come può avvenire questo: "Io me ne vado"?

Come può succedere che il Padrone di casa, Dio a un certo momento si alzi?

Cosa vuole dire alzarsi e cosa vuole dire questo chiudere l'uscio? Chiudere l'uscio per cui noi inutilmente busseremo.

Evidentemente tutte queste cose il Signore ce le dice per evitare a noi che succedano.

Ma se le dice per evitare a noi che succedano, evidentemente c'è questo rischio, c'è il rischio che succedano.

Abbiamo già visto altre volte che l'anima di tutto sia la presenza della persona, è quello che dà colore a tutto, è quello che dà valore a tutto.

Non bastano le parole, non bastano i segni, non bastano i miracoli, non bastano le grazie.

Quello che veramente conta è la persona.

Ora però la presenza di questa persona, la presenza della persona, si coglie soltanto nel suo principio.

Sto parlando del Figlio di Dio, quindi Dio.

Che questa persona venga a noi, parli con noi e ci convochi alla sua presenza, in qualunque luogo noi ci troviamo, questo è opera di Dio certo, però se noi non attingiamo la sua presenza nel suo principio, cioè nel Padre (glorificazione del Figlio dal Padre), noi non possiamo restare con la Presenza.

Cioè Dio viene a noi, ci convoca alla sua presenza e noi non possiamo sfuggire a questa convocazione, perché è Dio che ci chiama, però noi non possiamo restare alla sua presenza.

Noi possiamo restare alla sua presenza, solo e in quanto cogliamo la sua presenza, la presenza di Lui nel suo Principio, cioè nel Padre.

Già questo ci preannuncia la Pentecoste, perché il cogliere la presenza di Dio, è incontrare lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio che procede dalla nascita del Figlio dal Padre.

Questa è glorificazione del Figlio di Dio nel Padre e dal Padre ma, questa glorificazione deve avvenire dentro di noi.

E quello che deve avvenire senza di noi, non avviene senza di noi.

Per cui questa glorificazione come abbiamo detto in principio può non avvenire.

E in quanto non avviene, noi non possiamo restare con la presenza di Colui che è presente.

Per questo Lui se ne va, non è che Lui se ne vada, siamo noi che non possiamo più restare con Lui.

E allora inutilmente noi busseremo, perché se non c'è la presenza di Dio noi, non possiamo intendere le cose di Dio.



E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e voi mi cercherete, e morrete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Secondo tema.


Titolo: Il futuro prossimo di ogni uomo.


Argomenti: Ѐ una profezia che Gesù fa a tutti. La passione d'assoluto, impedisce all'uomo di restare in ciò che è  privo di significato. Si cerca Cristo perché si fugge da tutto ciò che ha perso significato. Non è che Cristo vada via, siamo noi incapaci di restare alla sua presenza. "Cercate Dio quando può essere trovato" La lezione della fame. La Verità non coincide con la nostra esperienza. Il nostro desiderio non crea la presenza. Il Figlio è là dove riceve l'essere. La presenza è sempre un dono dell'altro. Il concetto di presenza è composto da una presenza e un desiderio.


 

10/Marzo/1985  Fossano.


Qui dice: "Voi mi cercherete" a degli uomini che hanno tutt'altro interesse che per Lui, che hanno rivelato tutt'altro che amore per Lui, quindi un desiderio opposto al desiderio di cercarlo.

Eppure Lui profetizza su loro dicendo: "Voi mi cercherete".

Ma successivamente lo dirà anche ai suoi discepoli, quindi a degli amici, dirà la stessa cosa: "Io me ne vado, ancora un poco e non mi vedrete più".

Quindi è una profezia che Gesù fa su amici e nemici, quindi la fa su tutti gli uomini.

A tutti noi Gesù dice: "Io me ne vado", cioè arriva un giorno in cui Lui se ne va: "E voi mi cercherete".

Certo che per affermare questo bisogna che ci sia una grande conoscenza dell'uomo.

Qui fa una profezia su uomini e su uomini anche che gli sono amici.

Noi dobbiamo chiederci che cosa succeda nella vita dell'uomo, per cui l'uomo a un certo momento si converta in ricerca di Cristo.

Questo: "Voi mi cercherete" lo dice a tutti.

Questo avviene nella vita di ognuno di noi, personalmente, prima che si muoia.

Perché Gesù profetizza a noi che arriva un giorno in cui Lui si sottrarrà a noi?

"Io me ne vado", cioè sottrae a noi la sua presenza e dice: "Voi mi cercherete".

Quale lezione e quale significato c'è in questa dichiarazione di Gesù, in questa sua parola che ci dice la cosa prima che il fatto avvenga.

Ci stiamo chiedendo che cosa deve succedere nell'uomo, affinché in lui a un certo momento scatti questo bisogno di cercare Cristo.

Come ho detto prima, per fare questa dichiarazione qui, ci deve essere una grande conoscenza degli uomini.

In secondo luogo si nota anche questo: se Gesù dichiara: "Voi mi cercherete", ci rivela che l'uomo ha un cammino ben segnato.

Arriva un momento in cui, ogni uomo è portato a cercare Cristo, da che cosa?

Abbiamo già visto come l'uomo si caratterizza per la sua passione d'Assoluto, l'uomo è una passione d'Assoluto.

Ora, questa passione d'Assoluto è passione di presenza e caratterizza l'uomo ma non è in mano dell'uomo.

L'uomo è dominato da questa, l'uomo la subisce è una passione, passione viene da patire.

L'uomo patisce questa passione d'Assoluto.

Tant'è vero che tutto ciò che egli cerca, tutto ciò che egli ama, lo cerca e lo ama come Assoluto.

Tutto ciò che l'uomo ama, vuole che sia Assoluto, appunto perché porta in sé questa passione d'Assoluto.

Abbiamo anche visto che questa passione d'Assoluto è il sigillo che rivela, testimonia all'uomo la presenza dell'Assoluto nell'uomo.

Ogni uomo è un portatore dell'Assoluto ma l'uomo non lo sa.

L'uomo è un portatore di Dio e proprio per questa presenza di Dio che l'uomo porta in sé, l'uomo subisce questa passione d'Assoluto che gli fa cercare l'Assoluto in tutto ciò che cerca.

Ma questa passione d'Assoluto ha anche un altro risvolto, proprio perché gli fa cercare l'Assoluto in tutto ciò che cerca, gli crea anche una fuga, gli crea l'impossibilità di restare là, dove una cosa perde di significato.

L'uomo non può sopportare una cosa senza senso, anche la sua stessa vita, quando perde di significato non la può più sopportare e deve correre al suicidio.

Anche il suicidio è un’espressione di questa passione d'Assoluto che l'uomo porta in sé.

Cioè l'uomo non può sopportare il vuoto, non può sopportare l'assenza.

Abbiamo detto che questa passione d'Assoluto assume due risvolti: l'attrazione per ciò che ha presente, ed è un'attrazione perché l'uomo vuole che quello che lui ha presente sia Assoluto e una fuga da tutto ciò che è vuoto, da tutto ciò che è assenza.

Se la passione d'Assoluto crea nell'uomo queste due correnti, noi possiamo capire perché Gesù dice che a un certo punto: "Voi mi cercherete".

Cioè c'è chi cerca Dio perché è attratto da Dio, è attratto dalla Verità di Dio e c'è anche chi cerca Dio perché sta fuggendo dal vuoto, sta fuggendo da tutto ciò che ha perso significato nella sua vita.

Nella nostra vita succede proprio questo: tutte le cose che ci hanno attratto, a un certo momento si svuotano, perdono senso, non hanno più significato.

E come perdono di valore, di significato, l'uomo non può più volerle.

E se tutto il mondo a un certo momento si svuota di valore e di significato, qui abbiamo l'uomo che fuggendo da tutto, non può fare a meno di cercare la presenza di Dio.

È in questa situazione che Gesù dice: "Io me ne vado".

In questa situazione di anima che è passione d'Assoluto.

Qui però abbiamo un’affermazione molto strana da parte di Gesù.

Gesù è venuto per restare con noi, per rivelare a noi la sua presenza, a un certo punto dice: "Io me ne vado"?

Gesù è il Dio tra noi, la rivelazione del Dio con noi.

E il Dio con noi dice: "Io me ne vado"?

Teniamo presente che dire: "Io me ne vado", vuole dire spostarsi da un luogo a un altro.

Dio è dappertutto e Colui che è dappertutto non può spostarsi da un luogo a un altro.

Dio è presente e la sua presenza rimane eterna.

Qui il difetto, il movimento non è in Dio ma è nella creatura.

In questo: "Me ne vado", rivela che siamo noi che non siamo capaci di restare alla sua presenza.

Tutti noi siamo creati in coppia con Dio.

Ognuno di noi non è mai solo, porta in sé la presenza di Dio, Dio è presente in noi.

Ed è proprio per questa presenza di Dio in noi che noi subiamo questa passione d'Assoluto ma, questa presenza di Dio a noi, non è presenza di noi a Lui.

E non essendo presenza di noi a Lui, essendo Lui Luce, ecco che noi abbiamo questa passione di Assoluto ma non sappiamo, non capiamo che cosa essa sia.

Dio è presente all'uomo, l'uomo non è presente a Dio.

O per lo meno, l'uomo non è capace di essere presente a Dio, ecco il problema principale, essenziale di ogni uomo.

Dio è presente all'uomo e l'uomo ha come problema principale di tutta la sua vita, quello di imparare a restare alla presenza di Dio come Dio è presente a Lui.

Fintanto che l'uomo non sa restare alla presenza di Dio, l'uomo subisce quest’assenza di Dio.

Non è che Dio si renda assente, Dio è presente ma l'uomo non è capace a restare alla sua presenza.

E allora si apre il problema su che cosa bisogna fare per imparare a restare alla presenza di Colui che è presente.

Che cosa bisogna fare?

Nella scrittura è scritto: "Cercate Dio quando può essere trovato".

Proprio dicendo a noi questo: "Quando può essere trovato", ci fa pensare che ci sia un tempo, un quando in cui si cerca Dio e non può essere trovato.

Quindi c'è tempo e tempo.

Qual è questo tempo in cui Dio può essere trovato e qual è questo tempo in cui Dio non può essere trovato da noi pur cercando noi Dio?

Quello che dice qui Gesù: "Io me ne vado, voi mi cercherete, morirete nel vostro peccato, perché, dove Io sono, voi non potete venire".

C'è una lezione grande qui, è la lezione della fame.

È la fame di Dio, del bisogno di Dio, del cercare Dio e dell'impotenza dell'uomo.

Cioè Dio fa esperimentare all'uomo l'assenza per far capire all'uomo la via attraverso la quale lui può imparare a restare alla presenza di Dio.

Questa è la grande lezione del Dio che si sottrae a noi.

Del Dio che fa esperimentare all'uomo la sua Assenza pur essendo presente.

Intanto già capiamo che l'esperienza che noi facciamo, non coincide con la Verità.

Noi esperimentiamo l'assenza di Dio eppure noi in verità non possiamo dire che Dio sia assente.

Noi viviamo in questa contraddizione, noi esperimentiamo un’assenza ma con l'intelligenza dobbiamo confessare che Dio è presente.

Dio ci fa toccare con mano che la Verità non coincide con la nostra esperienza.

Nello stesso tempo ci fa esperimentare l'impotenza nostra a trovare la presenza di Colui che sappiamo per intelligenza quindi per fede, che sappiamo che è presente, non lo possiamo smentire.

Questa lezione d'impotenza ha un grande significato, perché noi con tutta la fame che abbiamo addosso, non creiamo il pane.

Noi possiamo morire di fame e vediamo nel mondo quante persone muoiono di fame.

Cioè il nostro bisogno, la nostra fame, la nostra ricerca, la nostra sete non crea l'esistente che risponde al nostro bisogno.

L'esistenza di una cosa è opera di Dio, creazione di Dio, la presenza quindi di un Essere, non è opera nostra.

Noi con tutto il nostro desiderio di incontrare una persona, non possiamo rendere presente la persona.

Il nostro desiderio non crea la presenza.

La costatazione di questa impotenza è una lezione meravigliosa di Dio, per far capire a noi il luogo in cui possiamo trovare la presenza di Dio.

Per far capire cioè a noi, dove noi possiamo formare la capacità per restare alla presenza di Dio.

Quando Gesù dice: "Io me ne vado", cioè profetizza a ognuno di noi questa esperienza d'assenza di Lui nella nostra vita, lo fa ancora per rivelarci la sua presenza o meglio lo fa per dare a noi la possibilità di formare in noi la capacità di restare alla sua presenza.

Quindi è un’assenza positiva, è formazione.

A un certo punto Gesù conclude: "Affinché, dove Io sono siate anche voi".

Tutta l'opera di Dio confluisce qui, Dio ci crea alla sua presenza, noi siamo portatori della presenza di Dio, non solo ma Dio opera per formare in noi la capacità per restare alla sua presenza: "Affinché dove Io sono siate anche voi".

Dove Lui è?

Dove il Figlio può dire: "Io sono"?

Il Figlio è là, dove riceve l'essere.

Il Figlio è nel Padre suo, poiché essendo Figlio, riceve l'essere dal Padre.

Dicendo a noi: "Affinché dove sono io siate anche voi", rivela a noi il luogo in cui noi possiamo ottenere la capacità di restare alla presenza di Colui che è presente.

Dobbiamo considerare bene questo concetto di "presenza".

La presenza non è opera nostra, non è opera della creatura e ognuno di noi lo costata, perché nonostante tutti i suoi desideri di avere una presenza, non può ottenere quella presenza.

La presenza è sempre un dono dell'altro.

Quando una persona si rende presente, è sempre un dono che essa fa.

Quando Dio si rende presente, è un dono che Dio fa alla creatura, quindi non è mai scoperta della creatura.

La presenza è come la vita: la vita uno l’ha o non l’ha e se non l’ha, non può assolutamente darsela.

Così è anche la presenza, o c'è o non c'è ma, la creatura per quanto soffra l'assenza, non può darsi la presenza di un altro o di Dio.

La presenza è dono dell'altro, quindi discende da Dio.

Il concetto di presenza non è un concetto semplice ma diciamo composto, composto da una presenza e da un desiderio.

Noi abbiamo detto spesso che noi esperimentiamo la presenza di Dio, in quanto Dio soddisfa un nostro desiderio: uno desidera una caramella, Dio gli fa trovare la caramella e quello esperimenta la presenza di Dio: "Dio come sei buono, hai risposto al mio desiderio!" e in questo desiderio soddisfatto, noi esperimentiamo la presenza.

Una presenza è composta da un desiderio e dall'oggetto che soddisfa questo desiderio.

A questo punto noi abbiamo due aspetti della presenza: noi possiamo avere un desiderio e un oggetto, una realtà che soddisfa questo desiderio, ma possiamo anche avere una realtà e un desiderio che derivi da questa realtà.

La prima presenza è una presenza sentimentale c'è una realtà, un oggetto che risponde a un nostro desiderio e Dio molte volte scende a rispondere a un nostro desiderio e noi esperimentiamo così la presenza di Dio: "Dio come è buono" e spesso per la nostra passione d'Assoluto, noi confondiamo questa presenza di Dio come la vera presenza di Dio, questa invece è una presenza sentimentale, una presenza data dal sentimento, è Dio che risponde a un nostro desiderio ma non è la vera presenza di Dio e non è quindi una presenza stabile, non può essere una presenza stabile, perché è una rispondenza a un nostro desiderio.

Cioè è Dio che si concede al nostro desiderio.

La vera presenza è quella in cui il nostro desiderio discende dalla Verità di Dio, quindi non è Dio che scende a soddisfare un nostro desiderio ma è il nostro desiderio che si forma in conseguenza della Verità di Dio, allora qui abbiamo una presenza stabile.

La vera presenza alla quale Gesù ci vuole condurre è questa presenza stabile.



E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Terzo tema.


Titolo: Morte e Vita nello Spirito.


Argomenti:  Le Parole di Dio vanno intese nello Spirito di Dio. Il luogo spirituale in cui siamo. Le due vite dell'uomo. Ognuno di noi ha presente, è presente a ciò cui dedica il pensiero. La morte è impossibilità di partecipazione a Dio. La morte è passione di presenza che non trova la presenza. Il peccato sta nel disunire l'opera di Dio da Dio. Il niente che facciamo dentro di noi. Non raccogliendo in Dio seminiamo la morte in noi.


 

17/Marzo/1985  Fossano.


Anche questa è Parola di Dio, quindi Parola che ha valore al di là di ogni tempo e di ogni luogo, ha un valore universale e personale per ognuno di noi.

Anche per ognuno di noi c'è questa dichiarazione di Dio che dice: "Io me ne vado, voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato".

Dice un tempo futuro e in quanto è futuro, se lo dice prima che quello avvenga, lo dice affinché per noi non avvenga.

Le profezie del Signore vanno sempre intesa nello Spirito del Signore.

Tutte le parole del Signore vanno sempre intellette nello Spirito del Signore, quindi nell'Intenzione del Signore e non nelle nostre intenzioni.

Questa dichiarazione di Gesù, vista nelle nostre intenzioni, ci potrebbe fare pensare che questa sia una maledizione del Signore.

No, tutte le Parole del Signore vanno sempre lette nell'Intenzione del Signore, il quale vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità.

Quindi anche questa Parola, Gesù l'ha detta affinché tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità, quindi affinché nessuno muoia nel suo peccato.

Dio è presente a ogni uomo, perché Dio creando l'uomo ha posto nell'uomo stesso la sua abitazione.

Ognuno di noi è tempio, casa, abitazione di Dio.

Dio è presente in ognuno di noi e per questa presenza, ognuno di noi, porta in sé la passione dell'Assoluto e con questa passione d'Assoluto, ognuno di noi rende testimonianza che Dio esiste, che Dio c'è, che Dio è presente.

Se Dio è presente a noi, noi in cambio troviamo molta difficoltà a essere presenti a Lui.

Anzi il primo problema della nostra vita è quello d'imparare a essere presenti a Dio, come Dio è presente a noi.

Che cosa ci manca? In cosa sta il nostro difetto?

In noi manca l'esperienza della filiazione da Dio.

Noi abbiamo tanta difficoltà a restare presenti a Dio, appunto perché non nasciamo da Dio.

Solo il Figlio di Dio è sempre presente al Padre.

Gesù dirà: "Il Padre non mi lascia mai solo, perché faccio sempre ciò che piace al Padre mio".

Il Figlio di Dio si caratterizza in questo, Egli è presso il Padre, noi no.

C'è questa divisione di luoghi, anzi Gesù è proprio venuto tra noi, affinché "Dove Io sono siate anche voi".

Ma noi ci dobbiamo chiedere, dove siamo noi?

Ognuno di noi è là, dove riceve la vita e ognuno di noi riceve la vita là, dove rivolge i suoi interessi principali, il suo amore, là dove dedica il suo pensiero.

Il Figlio di Dio riceve la vita dal Padre perché ha tutto il suo interesse, il suo amore, la dedizione del suo pensiero al Padre.

Noi ci troviamo nella situazione in cui riceviamo la vita da Dio ma, riceviamo la vita da ciò cui dedichiamo la nostra vita, i nostri interessi, il nostro pensiero.

Ognuno di noi porta in sé questo sdoppiamento: porta con sé una vita che gli è data senza di lui e poi c'è una vita che riceve attraverso la dedizione dei suoi pensieri sopra tutto a qualche cosa.

In noi si formano queste due vite e all'ultimo ci resterà solo la vita che noi avremo voluto e la prima ci sarà tolta.

Quindi abbiamo una vita che ci viene data da Dio senza di noi ma, man mano che viviamo, si forma in noi una vita attraverso ciò cui ci dedichiamo e noi veniamo a trovarci lì.

Possiamo dire che ognuno di noi ha presente e si trova presente in ciò da cui riceve motivo di vita.

Fintanto che per noi Dio non diventa il motivo del nostro vivere, quindi il motivo del nostro pensare, del nostro parlare, del nostro amare, noi non possiamo restare presenti a Dio.

Il problema principale della nostra vita è di imparare a restare presenti a Dio come Dio è presente a noi.

La difficoltà di questo essere presenti a Dio non sta tanto nella nostra volontà, né nel nostro impegnarci, né nei nostri voti, né nei sacrifici o nelle rinunce, la difficoltà è sopratutto determinata dal fatto che noi siamo presenti là, dove viviamo e viviamo là, dove noi dedichiamo i nostri pensieri, il nostro interesse principale, il nostro amore.

Fintanto che il nostro motivo personale non coincide con il Motivo del nostro Vivere e il motivo del nostro Vivere è Dio, noi non possiamo restare presenti a Dio.

E questa incapacità o questa difficoltà a restare presenti a Dio forma in noi questo problema di vita e denuncia la situazione in cui ci troviamo.

Qui Gesù dice: "Morirete nel vostro peccato".

Qui abbiamo due affermazioni: il morire e il peccato.

Qui Gesù mette in collegamento La morte con il peccato.

Sappiamo dalla Scrittura che Dio all'inizio non creò la morte, la morte venne nel mondo in conseguenza del peccato.

Qui Gesù dice: "Morirete nel vostro peccato", quindi dovremo cercare di capire lo spirito di questo senso del morire in rapporto al peccato.

Per morte non s’intende mica la morte naturale.

Se vogliamo cercare di capire che cosa voglia dire morire, dobbiamo riferirci al positivo, il negativo s’illumina soltanto in quanto si mette in luce il positivo.

Così anche la morte può essere intelletta solo se noi mettiamo in evidenza che cosa è la vita.

La vita è sopratutto partecipazione.

Basta dire questo per capire che la morte è non più possibilità di partecipazione.

La vita vera è partecipazione a Dio, partecipazione a Colui che è, infatti la nostra vita è nascosta in Dio.

Noi viviamo nella misura in cui abbiamo la possibilità di partecipare a quello che Dio è, quindi di conoscere Dio.

La vita vera, la vita eterna sta nella conoscenza di Dio.

Per risvolto negativo, la morte è impossibilità di partecipare a quello che Dio è.

Se Gesù dice: "Morirete nel vostro peccato", vuole dire che in noi si può formare questa incapacità a partecipare a quello che Dio è, questa impossibilità a vedere la Verità, questa impossibilità di trovare la presenza di Dio, pur non potendo negarla.

L'uomo è caratterizzato dalla passione d'Assoluto e questa passione di Assoluto è passione di presenza.

Questa passione di Assoluto è in noi senza di noi poiché è creazione di Dio, è effetto della presenza di Dio in noi senza di noi, è una passione, quindi noi la subiamo, la patiamo.

La passione d'Assoluto che è passione di presenza, può dare luogo in noi alla ricerca di una presenza, nell’impossibilità di trovarla.

La nostra passione di presenza e la nostra incapacità a trovare Colui che è presente e quindi di potere partecipare a Lui, questa è morte.

Ma come può formarsi in noi questa incapacità?

Dio ci ha creati con la capacità di partecipare a Lui, Dio ci ha creati nella vita, abbiamo detto anche però, che la morte è una conseguenza del peccato e noi siamo in situazione di peccato.

Qui dobbiamo allora precisare che cosa s’intende per peccato.

L'uomo evidentemente ha la possibilità di peccare e in cosa consiste questo peccato?

Il peccato sta nel disunire le opere di Dio da Dio, nel non riportare a Dio le cose che Dio ci fa arrivare.

Tutto è di Dio e il peccato sta nel non dare a Dio quello che è di Dio.

C'è in noi questa possibilità: non riportare a Dio quello che è di Dio, disunire le creature dal Creatore, disunire le cose da Dio.

Tutte le cose arrivano a noi da Dio e non tutte le cose vengono riportate a Dio da noi.

Quello che non riportiamo a Dio, quello forma in noi il peccato.

Il peccato è questa disunione da Dio.

Per la passione d'Assoluto, tutto quello che noi non riportiamo a Dio, in noi interiorizzato diventa passione e desiderio.

Tutto quello che noi raccogliamo in Dio e riportiamo in Dio, ci introduce nell'amore per Dio, nell'interesse per Dio e crea e fa crescere in noi l'interesse per Dio fino alla vita eterna.

Quello che invece in noi non riportiamo a Dio, diventa in noi interesse e passione per quello.

Le creature stesse di Dio, non riportate a Dio, in noi diventano interesse e passione per quelle creature ma, diventano passione assoluta e in quanto passione assoluta queste creature diventano opposizione a Dio, diventano idoli.

Tutto quello che noi non riportiamo in Dio, in noi diventa idolo, diventa quindi sorgente per noi di una creatura nuova, la creatura nel peccato.

Possiamo dire che la morte è una nascita da ciò che noi vediamo nel pensiero del nostro io, quindi da ciò che noi non raccogliamo in Dio.

La vita è nascita da ciò che noi vediamo nel Pensiero di Dio.

Ciò che noi vediamo nel pensiero del nostro io, lo consideriamo staccato da Dio, quindi autonomo ma, niente nell'universo e nella vita di ognuno di noi, niente in realtà è autonomo da Dio, perché tutto è di Dio e tutto quindi va sempre rapportato a Dio.

Succede che quando noi non riportiamo qualcosa in Dio, in noi e solo in noi facciamo ciò che non è vero, perché la realtà, la verità sta in questo: tutto è di Dio, niente è autonomo da Dio.

Non c'è niente, neppure un punto dell'universo che possa essere considerato staccato da Dio e se noi lo consideriamo staccato da Dio, noi lo portiamo fuori dalla Realtà ma, questo avviene solo dentro di noi.

Se dentro di noi, noi possiamo fare ciò che non è vero, ciò che non è reale, noi dentro di noi possiamo fare il niente, perché ciò che non è reale è niente.

Dentro di noi facciamo niente.

Ecco, senza Dio, noi dentro di noi facciamo niente.

È proprio questo fare niente dentro di noi che ci priva di tutto quello che abbiamo e che ci priva quindi anche della capacità di vedere Dio, della capacità di vedere Colui che non possiamo smentire essere presente.

Per cui sappiamo che è presente ma non lo possiamo trovare, perché non abbiamo più la capacità di trovarlo.

Abbiamo perso capacità.

Dio ci dà l'intelligenza e noi abbiamo l'intelligenza ma noi possiamo perderla.

Dio ci dà la vita ma noi possiamo perdere la vita.

Dio ci dà amore, capacità di amare e noi possiamo perdere la capacità di amare.

Dio ci dà la capacità di pensarlo, di averlo presente e noi possiamo perdere questa capacità di averlo presente.

La morte sta in questo, nel costatare questa nostra impotenza a trovare Dio.

Gesù stesso dice: "Mi cercherete e non mi troverete", questo è segno della perdita della capacità di trovare Dio ma, la perdita di questa capacità è conseguenza del peccato e il peccato sta nell'introdurre in noi il niente, sta nell'introdurre in noi ciò che non è vero.

Introducendo in noi il niente, siccome dal niente viene il niente, noi perdiamo anche tutto quello che abbiamo.

Gesù dice: "Morirete nel vostro peccato" come futuro, per evitare a noi che ciò accada noi.

Con queste parole, Lui afferma per salvarci che, facendo il peccato, cioè non raccogliendo in Dio, non unificando in Dio, noi seminiamo nella nostra vita la morte.



E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato. Dove io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Quarto tema.


Titolo:  La frontiera del pensiero del nostro io.


Argomenti:  Dio non parla per escluderci ma per salvarci. Le parole di Dio non vanno intese in senso materiale. Spiritualmente "venire" è "capire". Il capire è condizionato dalla venuta dello Spirito Santo. I limiti dell'uomo. La morte è bisogno d'assoluto e impossibilità a trovarlo. Gesù andando al Padre, va oltre le frontiere del nostro io. Nel pensiero dell'io, siamo generati da altro da Dio.


 

24/Marzo/1985  Fossano.


"Dove Io vado, voi non potete venire", questa è la giustificazione dell'affermazione precedente: "Io me ne vado, voi mi cercherete e morirete nel vostro peccato, perché, dove Io vado, voi non potete venire".

Anche qui dobbiamo chiederci il significato, la lezione che questa Parola di Dio vuole dare a ognuno di noi.

La Parola di Dio è universale, quindi è valida, personalmente per ognuno di noi ed è lezione di vita vera per la conoscenza di Dio, cioè per quella meta per cui ognuno di noi è stato creato.

Domenica scorsa riflettendo su quel: "Morirete nel vostro peccato", abbiamo visto che la morte deriva dalla nascita a ciò che vediamo nel pensiero del nostro io, mentre invece la vita è la nascita da ciò che vediamo nel Pensiero di Dio.

Per cui noi possiamo capire se noi stiamo seminando la morte in noi, oppure se stiamo seminando il seme della Vita.

Diciamo che la morte sta nel nascere da ciò che vediamo nel pensiero del nostro io e la vita sta nel nascere da ciò che si vede nel Pensiero di Dio.

L'argomento di oggi sarà proprio la frontiera del pensiero del nostro io.

Gesù qui dice: "Dove Io vado voi non potete venire" ed è la giustificazione a quanto detto precedentemente.

Avevamo già visto nel capitolo settimo, una dichiarazione analoga: "Dove Io sono, voi non potete venire" e riflettendo su questa impotenza dell'uomo ad andare dove Gesù è, eravamo stati condotti a scoprire la presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.

Oggettiva, quindi indipendente da noi.

Adesso dobbiamo chiederci che cosa Gesù qui vuole condurci a scoprire, dichiarandoci: "Dove Io vado, voi non potete venire", dobbiamo vedere la differenza tra quel "Io vado" e "Io sono".

E teniamo presente che Dio non parla mai per umiliarci, non parla mai per escluderci.

Apparentemente si direbbe che la Parola di Dio qui è per escluderci: "Dove Io sono, voi non potete venire, dove Io vado, voi non potete venire".

In realtà Dio non parla mai per escluderci, per gettarci fuori dalla sua Luce, dalla sua Presenza, dalla sua Verità, perché questo vorrebbe dire dannarci, vorrebbe dire gettarci nelle tenebre e noi sappiamo, tramite la Parola di Dio, che Dio opera tutte le cose per salvarci e per condurci a vedere la sua Verità.

Se questa è l'Intenzione di Dio, anche queste parole devono essere incluse in questa Intenzione di Dio.

Dio parla per salvarci, quindi Dio non parla per metterci fuori ma, parla per introdurci nella sua vita.

Abbiamo visto che la dichiarazione del capitolo settimo: "Dove Io sono voi non potete venire", ci ha introdotti nella Verità di Dio, ci ha condotti a scoprire la presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.

Così anche in questa dichiarazione di Gesù:"Dove Io vado, voi non potete venire", dobbiamo escludere che ci sia un pensiero di rifiuto, di esclusione o di umiliazione per noi, queste parole Gesù le dice per salvarci, non le dice per escluderci ma, le dice per includerci.

Il secondo punto che dobbiamo tenere presente è che tutte le parole del Signore non devono essere intese in senso materiale.

Lui parla sempre nel Padre e quindi tutte le sue parole hanno sempre un significato spirituale per noi.

Anche questo: "Dove Io vado, voi non potete venire", non va inteso in un modo materiale o fisico, non va riferito alla sua presenza fisica, corporea tra noi ma va inteso in senso spirituale.

E allora dobbiamo chiederci che cosa significhi in senso spirituale questo: "Dove Io vado" e che cosa voglia dire in senso spirituale questo: "Voi non potete venire".

Troviamo, sempre nel Vangelo di San Giovanni, una dichiarazione che nell'ultima cena, Gesù fa a Pietro: "Dove Io vado, tu per ora non mi puoi seguire, mi seguirai più tardi".

Qui c'è il problema di cosa voglia dire questo: "Più tardi" e perché Gesù dice a Pietro: "Per ora non mi puoi seguire".

Cosa c'era che impediva a Pietro di seguire il suo Maestro?

Tanto più che Pietro aveva detto di essere disposto ad affrontare anche la morte, pur di potere restare con Lui.

Eppure Gesù qui è esplicito: "Tu non mi puoi seguire".

Gesù conosceva bene le situazioni e i limiti di coloro con i quali parlava, Gesù conosce molto bene i limiti e le situazioni di ognuno di noi.

C'è anche un’altra dichiarazione sempre fatta a Pietro, sempre nell'ultima cena, mentre Gesù sta lavando i piedi ai discepoli, di fronte alle proteste di Pietro dice: "Tu per ora non puoi capire quello che Io faccio, lo capirai poi".

La Parola di Dio ha sempre lo stesso spirito.

Quando dice: "Tu per ora non puoi venire dove Io vado", dice la stessa  quando dice: "Quello che Io faccio, tu per ora non lo puoi capire".

Noi quindi dobbiamo mettere un segno uguale tra venire e capire.

Spiritualmente parlando, quando Gesù dice "venire", questo vuole dire "capire" e quando dice: "Voi non potete venire", vuole dire: "Voi non potete capire", cioè non lo possono seguire nel suo discorso.

Sempre nel Vangelo di San Giovanni e sempre nell'ultima cena, Gesù lo dirà apertamente, alla fine del suo discorso, quando parla della venuta dello Spirito Santo: "Quando Egli verrà, vi farà capire ogni cosa".

Abbiamo questo capire che è condizionato alla venuta dello Spirito Santo, perché prima non si può capire, non si possono capire le cose, cose che arrivano a noi con un sigillo di Verità.

Queste cose non le possiamo rifiutare, perché per rifiutarle dovremmo capirle.

Noi non le possiamo e non le dobbiamo rifiutare, arrivano a noi con una certa garanzia che s'impone su di noi, però non le possiamo capire.

D'altronde Maria che era la madre di Gesù, molte cose di suo Figlio, dice il Vangelo che non le poteva capire.

Gli apostoli stessi, che avevano lasciato tutto per seguire Gesù, certe cose di Gesù non le capivano.

Non è sufficiente lasciare tutto per potere seguire Lui, gli apostoli avevano lasciato tutto per potere seguire Lui e certe cose non le potevano capire, perché non era ancora venuto lo Spirito Santo.

Tutto il capire è condizionato da questa venuta dello Spirito Santo in noi.

E allora qui dobbiamo chiederci che cosa era che impediva a Pietro e che impedisce ad ognuno di noi di seguire Gesù.

Lo vedremo proprio dopo poche ore, in quella stessa sera dell'ultima cena, quando Pietro si metterà a urlare nella casa del sommo sacerdote che lui non ha mai conosciuto quell'Uomo: "Non so di che cosa parliate, io non conosco quell'uomo".

Che cosa è che impediva a Pietro di seguire, di capire Gesù?

Era il pensiero del suo io.

È il pensiero del suo io che gli ha fatto urlare: "Io non conosco quest'Uomo".

Ecco quello che impediva a Pietro e quello che impedisce a noi di andare dove Gesù va.

Adesso possiamo già incominciare a capire per cosa s’intenda quel: "Dove Io vado".

Gesù va al di là delle frontiere del pensiero del nostro io.

Pietro non poteva superare le frontiere del pensiero del suo io.

Non potendo superare queste frontiere, quando è stato messo alla prova per andare al di là delle frontiere del suo io, lui ha dovuto urlare: "Io non conosco quest'Uomo".

Però abbiamo anche detto che Gesù parla non per escluderci ma, per includerci.

Quindi in quanto parla, parla per rivelarci la via per poterlo seguire.

Mentre fa capire a noi quali sono le frontiere che impediscono a noi di andare oltre, ci rivela anche qual è la via per poterlo seguire.

Noi proprio nel pensiero del nostro io, tocchiamo con mano queste frontiere, noi non possiamo passare dal finito all'infinito, noi non possiamo passare dal tempo all'eternità, noi non possiamo passare dal frammento al tutto, non possiamo passare dal relativo all'Assoluto, non possiamo passare dall'assenza, alla presenza di Dio.

Questa è una costatazione che noi tutti esperimentiamo.

Quindi noi ci troviamo di fronte a dei muri.

Quando qualcuno ha definito l'uomo come un essere che si trova di fronte a un muro, non ha mica sbagliato di molto.

L'uomo si trova di fronte a un muro e ci sono delle sbarre che ci chiudono in prigione, delle sbarre che portiamo dentro di noi, nella nostra anima che ci tengono chiusi in questa prigione, pur portando in noi questa fame di Assoluto, questo bisogno d’infinito, questo bisogno del tutto, noi portiamo questo in noi e non possiamo mica liberarcene.

Abbiamo visto che tutto questo bisogno d'Assoluto che portiamo in noi, è segno della presenza di Dio in noi.

Segno della Presenza di Dio, quindi opera della creazione di Dio in ognuno di noi.

Per cui l'uomo si caratterizza proprio per questo.

L'uomo tra tutti gli esistenti si caratterizza proprio in quanto porta in sé questa fame di Assoluto.

Però non basta avere la fame per trovare il pane.

La fame non mi fa trovare il pane e così il mio bisogno d'Assoluto non mi fa trovare l'Assoluto.

Io non posso negare la presenza di Dio ma non basta che io sappia che Dio è presente per esperimentare la sua presenza.

Una delle definizioni della morte che abbiamo dato domenica scorsa è proprio questa: è sentire il bisogno della presenza di Dio e non potere trovare questa presenza.

Questa è morte, perché noi il bisogno dell'Assoluto non ce lo possiamo togliere di dosso e abbiamo visto che il bisogno d'Assoluto è il bisogno di presenza.

E questo bisogno di presenza non ce lo possiamo noi togliere di dosso, però non è sufficiente questo bisogno per potere trovare la presenza di Dio.

Cioè, noi non possiamo passare dall'assenza alla presenza.

Ecco allora che il: "Dove Io vado”, assume un altro aspetto, non è soltanto un andare al di là delle frontiere del nostro io.

Gesù quando ci dice: "Dove Io vado", ci rivela che va al Padre, va a Colui che lo ha generato: essendo venuto dal Padre, Lui ritorna al Padre.

Ed è proprio ritornando al Padre che va oltre le frontiere del nostro io, perché noi nel pensiero del nostro io, non possiamo andare al Padre.

Infatti Gesù lo dirà: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".

Gesù dicendo: "Voi non potete venire", mentre fa capire a noi quali sono le frontiere che impediscono a noi di seguirlo, rivela anche a noi la strada per seguirlo, poiché dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".

Dicendo questo, rivela la via ("Me") per andare al Padre.

"Dove Io vado, voi non potete venire", significa che noi, nel pensiero del nostro io, nel modo più assoluto, non possiamo andare al Padre.

Poiché noi nel pensiero del nostro io, siamo generati da altro da Dio.

Abbiamo detto che la morte è caratterizzata dalla nascita da ciò che si vede nel pensiero del nostro io.

Da ciò che noi nel pensiero del nostro io possiamo avere presente.

E fintanto che noi nasciamo da ciò che noi abbiamo presente nel pensiero del nostro io, certamente noi non nasciamo da Dio.

Perché Dio non è conoscibile nel pensiero del nostro io, quindi Dio non è compatibile con la presenza del nostro io.

Noi nel pensiero del nostro io, non possiamo conoscere Dio.

Dio si annuncia al pensiero del nostro io ma noi, nel pensiero del nostro io, non possiamo conoscere Dio.

Per questo: "Dove Io vado, voi non potete venire".

Quindi c'è questa esclusione, perché Dio è conoscibile soltanto nel suo Pensiero e la vita vera sta nel nascere da ciò che si vede nel Pensiero di Dio e nel Pensiero di Dio si vede il Padre.

Teniamo presente che la presenza di Dio è una conseguenza della conoscenza del Padre e del Figlio.

La Presenza procede dal Padre e dal Figlio.

Ecco per cui, fintanto che noi siamo nel pensiero del nostro io, per quanto noi cerchiamo la presenza di Dio, noi non troveremo assolutamente la presenza di Dio.

Per trovare la presenza di Dio, bisogna passare attraverso la conoscenza del Padre e del Figlio e la conoscenza del Padre e del Figlio, è solo il Figlio che ce la può dare, perché soltanto il Figlio conosce il Padre.

Quindi soltanto nel Pensiero di Dio è dato a noi conoscere il Padre, dal quale poi, potremo trovare la presenza di Dio di cui il nostro io sente il bisogno ma, che fintanto che non supera le sue frontiere non può trovare assolutamente.

Superare le frontiere del proprio io, vuole proprio dire passare dal pensiero del nostro io al Pensiero di Dio.