E Gesù disse ancora a essi: «Io
me ne vado e voi mi cercherete, e morrete nel vostro peccato. Dove io vado, voi
non potete venire». Gv 8 Vs 21 Primo tema.
Titolo: I tre insegnamenti
di Gesù.
Argomenti: L'ora
del Figlio di Dio dipende dalla glorificazione del Padre. Gesù
insegna salendo al tempio, nel tempio e nel tesoro . La
conclusione delle tre scene. Il
parlare di Dio nel mondo esterno. Il
movimento determinato dal ritorno di Cristo al Padre. L'offerta
di Cristo è transitoria. L'anima
di tutto è la presenza della persona che si coglie solo nel suo principio. Noi possiamo
restare con la Presenza di Cristo, solo attingendola dal Padre.
3/Marzo/1985
Fossano.
Riflettendo
sulla precedente dichiarazione del Vangelo: "Nessuno lo prese perché la
sua ora non era ancora venuta" abbiamo visto che c'è un tempo esteriore e
c'è un tempo interiore e come il tempo esteriore sia in relazione al tempo
interiore di ogni uomo.
Tutto
quello che accade fuori di noi, attorno a noi e che si sintetizza nella
vicenda, nella tragedia del Figlio di Dio fatto uomo, tutto quello che avviene
fuori, è tutto a servizio, in funzione del tempo interiore.
Nessuno lo
prese perché la sua ora non era ancora venuta, abbiamo visto che quel
"prendere" (esterno) rivelava un’intenzione.
L'intenzione di far fuori Cristo,
di ucciderlo, di
mandarlo a morte, portato nel campo dello spirito è un com-prendere Cristo ma,
il comprendere Cristo è condizionato dal fatto della sua ora: "Nessuno lo
prese, perché la sua ora non era ancora venuta".
Fintanto
che la sua ora non è venuta noi non possiamo comprendere Cristo, non possiamo
conoscerlo.
Anche gli
stessi suoi discepoli, alla fine dei loro rapporti con il loro Maestro, si
sentiranno dire dal Maestro stesso che ancora non l’hanno conosciuto.
Evidentemente
tutto è in rapporto all'intelligenza di questa sua ora.
Quando si
parla di ora, Gesù stesso dice al Padre: "Padre è giunta l'ora, glorifica
il tuo Figlio".
Cioè ci
rivela che la sua ora, è in relazione alla glorificazione dal Padre.
Tutte
queste cose evidentemente non sono per il Figlio di Dio, il Figlio di Dio
essendo eterno ha una Gloria eterna dal Padre, quindi non c'è un'ora per la
glorificazione del Figlio di Dio.
Tutte
queste cose sono in relazione a noi, allora la glorificazione del Figlio di Dio
dal Padre è per noi, non è per Lui.
Il Figlio
la Gloria l'ha prima del mondo e quindi prima che ogni creatura cominciasse a
essere.
Quindi se
Gesù parla di un’ora, quest'ora è da riferirsi sempre all'uomo.
Lui dice
che quest’ora è in relazione, quindi dipende, dalla glorificazione del Padre.
È una
proposta che il Cristo rivolge a noi, affinché noi abbiamo a cercare presso il
Padre la Gloria del Figlio, perché soltanto in questa glorificazione
incontriamo il Figlio.
Evidentemente
è una proposta e quindi qui entriamo nel tempio interiore, in quanto è una
proposta, è affidata a noi.
Il che
vuole dire che questa glorificazione in noi, può non avvenire.
Perché
tutto quello che si riferisce al nostro mondo interiore, non avviene senza di
noi, non dipende da noi ma pure non avviene senza di noi.
Tutto
quello che avviene nel mondo esterno, avviene senza di noi ma, tutto quello che
avviene nel mondo esterno è in relazione a quello che deve avvenire nel mondo
interno ma, quello che deve avvenire nel mondo interno non può avvenire senza
di noi.
E questo
ci fa capire come può darsi che qualcuno non giunga alla glorificazione del
Padre.
Può darsi
che ci sia in qualcuno che, a quest'ora del Cristo, a questa glorificazione del
Padre non giunga.
Questo
significa che l'uomo può non arrivare a conoscere il Cristo, può non arrivare a
nascere nella Luce e in Cristo, poiché Cristo è la Luce di Dio tra noi.
Le parole
che Gesù ha detto nel tesoro del tempio, in quanto le ha dette lì, le ha dette
per farci capire che sono intellegibili solo nel tesoro del tempio e non
altrove, per cui fintanto che non entriamo in questo tesoro del tempio non
possono essere intese.
Le parole
che Gesù dice ai farisei non sono solo per i farisei, poiché le Parole di Dio
sono universali e valgono per ogni uomo di ogni tempo e di ogni luogo.
Gesù qui
dice: "Io me ne vado, voi mi cercherete e morirete nel vostro
Peccato".
Qui ci
sono tre affermazioni: qui ci sono tre affermazioni: me ne vado, mi cercherete,
morirete nel vostro peccato.
Dice quel
"Mi cercherete" come un obbligo, cioè non potrete sfuggire a questo,
rivela un futuro della creatura, non dice: "Voi mi cercherete con il
desiderio di capire", dice: "Voi sarete costretti a cercarmi".
A queste
tre affermazioni poi aggiunge un’intenzione a tutto questo, c'è un
"perché" sottinteso tra la prima parte e la seconda parte, dice:
"Perché dove Io vado, voi non potete venire".
Quest’affermazione era già stata
detta nel capitolo settimo
di San Giovanni: "Sono ancora con voi per poco tempo, poi me ne torno a
Colui che mi ha mandato, mi cercherete e non mi troverete, voi non potete
venire, dove Io sono".
Questa
dichiarazione è più o meno uguale a quella di questo capitolo ottavo.
Nel
settimo dice: "Sono ancora con voi per poco", qui dice apertamente:
"Io me ne vado".
Nel
settimo dice: "Mi cercherete e non mi troverete, dove Io sono voi non
potrete venire", mentre qui dice una cosa molto più grave: "Mi
cercherete e morirete nel vostro peccato", dovremmo anche chiederci in
cosa consista questa morte ma per ora, chiediamoci sopratutto il perché di
questa ripetizione?
Non c'è
nulla d’inutile o di ripetuto nelle opere del Cristo e tutto è misurato e
rapportato, che differenza c'è allora tra questa prima dichiarazione di Gesù e
questa seconda?
Cosa c'è
stato in mezzo, che cosa è maturato, cosa è avvenuto in noi?
Anche nel
capitolo settimo si dice che Gesù aveva parlato nel tempio: "Gesù allora
insegnando nel tempio disse ad alta voce", aveva insegnato nel tempio e
detto ad alta voce.
Qui invece
aveva insegnato nel tesoro del tempio e aveva detto ad alta voce che Lui era
venuto non da Se Stesso ma, qualcuno lo aveva mandato.
Nel
settimo dice: "Io sono ancora con voi per poco tempo", è una scena,
però troviamo anche questa scena qui nell'ottavo, dopo avere insegnato nel
tesoro del tempio dice la stessa cosa.
Quindi
Gesù insegna e poi dichiara e se ne va.
Sono due
scene ma se noi approfondiamo, nel capitolo settimo di San Giovanni noi
troviamo ancora un’altra scena in cui si dice che Gesù, a metà della festa,
salì nel tempio per insegnare.
Abbiamo
tre scene, la scena in cui Gesù insegna salendo al tempio, una scena in cui
Gesù insegna nel tempio e una scena in cui Gesù insegna nel tesoro del tempio.
E tutte queste tre scene hanno una
conclusione, la conclusione
della prima scena, cioè di Gesù che insegna salendo al tempio si termina con
l'esortazione a non giudicare secondo le apparenze ma giudicate con retto
giudizio.
Quindi
abbiamo un insegnamento di Gesù, prima di entrare nel tempio che si conclude
dicendo: "Non giudicate secondo le apparenze", abbiamo poi un
insegnamento di Gesù nel tempio che si conclude dicendo: "Resto con voi
ancora per poco" e abbiamo un insegnamento di Gesù nel tesoro del tempio
che si conclude con Gesù che dice: "Me ne vado".
Noi
abbiamo già visto come siano tre le grandi tappe dell'insegnamento del Signore.
Abbiamo
l'insegnamento di Dio fuori, nel mondo esterno, perché noi siamo fuori.
Abbiamo
l'insegnamento di Dio nel tempio perché noi possiamo essere nel tempio.
E abbiamo
un insegnamento di Dio nel tesoro del tempio, perché noi dobbiamo essere nel
tesoro del tempio.
La vera
intelligenza sta soltanto nel tesoro del tempio.
Quindi
abbiamo queste tre grandi scene, queste tre grandi parti dell'opera di Dio.
Fuori, nel mondo esterno il
parlare di Dio è
tutto un parlare in parabole, tutta la creazione di Dio è un parlare in
parabole.
Ma tutto
questo parlare di Dio in parabole si conclude con una sollecitazione: non
fermarti all'apparenza.
Poiché noi
siamo tutti rivolti al mondo esterno, soltanto se Lui viene a parlarci nel
mondo esterno si rende intellegibile a noi, poiché noi avendo solo occhi pieni
di terra, soltanto se Lui ci parla di cose della terra, noi possiamo capire il
suo linguaggio.
Però dopo
averci parlato di cose della terra, parlare in parabole, Lui ci esorta a non
fermarci alle apparenze e cercare il significato delle cose, quindi ci invita a
entrare nel tempio, poiché il significato si trova solo nel tempio.
Se poi noi
entriamo nel tempio, noi qui abbiamo un ulteriore insegnamento del Signore ma
qui questo insegnamento si conclude con quest’affermazione: "Ancora per
poco Io sono con Voi".
Nell'ultima
scena è più grave ancora, poiché nel tesoro del tempio, apertamente dice:
"Io me ne vado".
Noi potremmo pensare che essendo quest’opera di Dio, queste tre
scene, questi tre fatti restino lì a nostra disposizione e che a seconda del
luogo in cui noi possiamo trovarci, noi possiamo attingere ad esse, invece il
seguito grave del Signore è questo: le scene non sono statiche.
Qui
entriamo nella dimensione tempo: le scene sono in movimento.
Lui ci
dice: "State attenti che quello che avete oggi, domani non sarà più a
vostra disposizione, quello che vi dico oggi e che oggi avete la possibilità di
capire, domani non avrete più la possibilità di capirlo, perché Io non sarò più
con voi".
C'è un
movimento in queste scene e il movimento è determinato da Lui che passa, da Lui
che se ne va e dove va? Lui ritorna a Colui che l’ha mandato, Lui ritorna al
Padre.
C'è una
dichiarazione molto grave che riecheggia queste affermazioni dure di San
Giovanni e noi la troviamo nel Vangelo di San Luca: "Sforzatevi di
entrare per la porta stretta, perché molti vi assicuro cercheranno di
entrare e non vi riusciranno. Una volta che il Padrone di casa si sarà alzato
ed avrà chiuso la porta, voi sarete fuori e picchierete dicendo- Signore
aprici- ed Egli risponderà -Non so donde siate-".
Ecco,
arriva un momento in cui il Padrone di casa si alza, entra in casa, chiude
l'uscio e allora dice: "Voi inutilmente busserete a quella porta".
Ecco
questa transitorietà dell'offerta.
Abbiamo
visto che in queste tre scene c'è un’offerta del Signore, perché il Signore in
quanto viene a parlare, viene a parlare per offrire noi la possibilità di
entrare nella Luce.
Però è un’offerta transitoria, passa.
Il Cristo
che viene tra noi nel mondo esterno o che viene tra noi nel tempio o nel tesoro
del tempio, non è un Cristo che rimane tra noi.
E se noi
non ci affrettiamo a seguirlo dove Lui va, Lui va senza di noi e verrà il
momento in cui noi sospireremo di capire una sola delle sue parole ma non sarà
possibile.
Noi
dobbiamo chiederci com’è possibile che Cristo (Dio) se ne vada, certamente Dio
non se ne può andare, Colui che è presente in tutto non può spostarsi da un
luogo all'altro e allora come può avvenire questo: "Io me ne vado"?
Come può
succedere che il Padrone di casa, Dio a un certo momento si alzi?
Cosa vuole
dire alzarsi e cosa vuole dire questo chiudere l'uscio? Chiudere l'uscio per
cui noi inutilmente busseremo.
Evidentemente
tutte queste cose il Signore ce le dice per evitare a noi che succedano.
Ma se le
dice per evitare a noi che succedano, evidentemente c'è questo rischio, c'è il
rischio che succedano.
Abbiamo già visto altre volte che l'anima di tutto sia la presenza
della persona, è quello che dà colore a tutto, è quello che dà valore a tutto.
Non
bastano le parole, non bastano i segni, non bastano i miracoli, non bastano le
grazie.
Quello che veramente conta è la persona.
Ora però
la presenza di questa persona, la presenza della persona, si coglie soltanto
nel suo principio.
Sto
parlando del Figlio di Dio, quindi Dio.
Che questa persona venga a noi, parli con noi e ci convochi alla
sua presenza, in qualunque luogo noi ci troviamo, questo è opera di Dio certo,
però se noi non attingiamo la sua presenza nel suo principio, cioè nel Padre
(glorificazione del Figlio dal Padre), noi non possiamo restare con la
Presenza.
Cioè Dio
viene a noi, ci convoca alla sua presenza e noi non possiamo sfuggire a questa
convocazione, perché è Dio che ci chiama, però noi non possiamo restare alla
sua presenza.
Noi
possiamo restare alla sua presenza, solo e in quanto cogliamo la sua presenza,
la presenza di Lui nel suo Principio, cioè nel Padre.
Già questo
ci preannuncia la Pentecoste, perché il cogliere la presenza di Dio, è
incontrare lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio che procede
dalla nascita del Figlio dal Padre.
Questa è
glorificazione del Figlio di Dio nel Padre e dal Padre ma, questa
glorificazione deve avvenire dentro di noi.
E quello
che deve avvenire senza di noi, non avviene senza di noi.
Per cui
questa glorificazione come abbiamo detto in principio può non avvenire.
E in
quanto non avviene, noi non possiamo restare con la presenza di Colui che è
presente.
Per questo
Lui se ne va, non è che Lui se ne vada, siamo noi che non possiamo più restare
con Lui.
E allora
inutilmente noi busseremo, perché se non c'è la presenza di Dio noi, non
possiamo intendere le cose di Dio.
E Gesù disse ancora a essi:
«Io me ne vado e voi mi cercherete, e morrete nel vostro peccato. Dove io
vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Secondo tema.
Titolo: Il
futuro prossimo di ogni uomo.
Argomenti: Ѐ
una profezia che Gesù fa a tutti. La
passione d'assoluto, impedisce all'uomo di restare in ciò che è privo di
significato. Si cerca Cristo perché si fugge da tutto ciò che ha perso
significato. Non è che Cristo vada via, siamo noi incapaci di restare
alla sua presenza. "Cercate Dio quando può essere trovato" La
lezione della fame. La
Verità non coincide con la nostra esperienza. Il
nostro desiderio non crea la presenza. Il Figlio è là dove riceve
l'essere. La
presenza è sempre un dono dell'altro. Il concetto di presenza è
composto da una presenza e un desiderio.
10/Marzo/1985
Fossano.
Qui dice:
"Voi mi cercherete" a degli uomini che hanno tutt'altro interesse che
per Lui, che hanno rivelato tutt'altro che amore per Lui, quindi un desiderio
opposto al desiderio di cercarlo.
Eppure Lui profetizza su loro
dicendo: "Voi mi cercherete".
Ma
successivamente lo dirà anche ai suoi discepoli, quindi a degli amici, dirà la
stessa cosa: "Io me ne vado, ancora un poco e non mi vedrete più".
Quindi è
una profezia che Gesù fa su amici e nemici, quindi la fa su tutti gli uomini.
A tutti
noi Gesù dice: "Io me ne vado", cioè arriva un giorno in cui Lui se
ne va: "E voi mi cercherete".
Certo che
per affermare questo bisogna che ci sia una grande conoscenza dell'uomo.
Qui fa una
profezia su uomini e su uomini anche che gli sono amici.
Noi dobbiamo
chiederci che cosa succeda nella vita dell'uomo, per cui l'uomo a un certo
momento si converta in ricerca di Cristo.
Questo:
"Voi mi cercherete" lo dice a tutti.
Questo
avviene nella vita di ognuno di noi, personalmente, prima che si muoia.
Perché
Gesù profetizza a noi che arriva un giorno in cui Lui si sottrarrà a noi?
"Io
me ne vado", cioè sottrae a noi la sua presenza e dice: "Voi mi
cercherete".
Quale
lezione e quale significato c'è in questa dichiarazione di Gesù, in questa sua
parola che ci dice la cosa prima che il fatto avvenga.
Ci stiamo
chiedendo che cosa deve succedere nell'uomo, affinché in lui a un certo momento
scatti questo bisogno di cercare Cristo.
Come ho
detto prima, per fare questa dichiarazione qui, ci deve essere una grande conoscenza
degli uomini.
In secondo
luogo si nota anche questo: se Gesù dichiara: "Voi mi cercherete", ci
rivela che l'uomo ha un cammino ben segnato.
Arriva un
momento in cui, ogni uomo è portato a cercare Cristo, da che cosa?
Abbiamo
già visto come l'uomo si caratterizza per la sua passione d'Assoluto, l'uomo è
una passione d'Assoluto.
Ora,
questa passione d'Assoluto è passione di presenza e caratterizza l'uomo ma non
è in mano dell'uomo.
L'uomo è
dominato da questa, l'uomo la subisce è una passione, passione viene da patire.
L'uomo
patisce questa passione d'Assoluto.
Tant'è
vero che tutto ciò che egli cerca, tutto ciò che egli ama, lo cerca e lo ama
come Assoluto.
Tutto ciò
che l'uomo ama, vuole che sia Assoluto, appunto perché porta in sé questa
passione d'Assoluto.
Abbiamo
anche visto che questa passione d'Assoluto è il sigillo che rivela, testimonia
all'uomo la presenza dell'Assoluto nell'uomo.
Ogni uomo è un portatore
dell'Assoluto ma l'uomo non lo sa.
L'uomo è
un portatore di Dio e proprio per questa presenza di Dio che l'uomo porta in
sé, l'uomo subisce questa passione d'Assoluto che gli fa cercare l'Assoluto in
tutto ciò che cerca.
Ma questa
passione d'Assoluto ha anche un altro risvolto, proprio perché gli fa cercare l'Assoluto
in tutto ciò che cerca, gli crea anche una fuga, gli crea l'impossibilità di
restare là, dove una cosa perde di significato.
L'uomo non
può sopportare una cosa senza senso, anche la sua stessa vita, quando perde di
significato non la può più sopportare e deve correre al suicidio.
Anche il
suicidio è un’espressione di questa passione d'Assoluto che l'uomo porta in sé.
Cioè
l'uomo non può sopportare il vuoto, non può sopportare l'assenza.
Abbiamo
detto che questa passione d'Assoluto assume due risvolti: l'attrazione per ciò
che ha presente, ed è un'attrazione perché l'uomo vuole che quello che lui ha
presente sia Assoluto e una fuga da tutto ciò che è vuoto, da tutto ciò che è
assenza.
Se la
passione d'Assoluto crea nell'uomo queste due correnti, noi possiamo capire
perché Gesù dice che a un certo punto: "Voi mi cercherete".
Cioè c'è chi cerca Dio perché è attratto da Dio, è attratto
dalla Verità di Dio e c'è anche chi cerca Dio perché sta fuggendo dal vuoto,
sta fuggendo da tutto ciò che ha perso significato nella sua vita.
Nella
nostra vita succede proprio questo: tutte le cose che ci hanno attratto, a un
certo momento si svuotano, perdono senso, non hanno più significato.
E come
perdono di valore, di significato, l'uomo non può più volerle.
E se tutto
il mondo a un certo momento si svuota di valore e di significato, qui abbiamo
l'uomo che fuggendo da tutto, non può fare a meno di cercare la presenza di
Dio.
È in
questa situazione che Gesù dice: "Io me ne vado".
In questa
situazione di anima che è passione d'Assoluto.
Qui però
abbiamo un’affermazione molto strana da parte di Gesù.
Gesù è
venuto per restare con noi, per rivelare a noi la sua presenza, a un certo
punto dice: "Io me ne vado"?
Gesù è il
Dio tra noi, la rivelazione del Dio con noi.
E il Dio
con noi dice: "Io me ne vado"?
Teniamo
presente che dire: "Io me ne vado", vuole dire spostarsi da un luogo
a un altro.
Dio è
dappertutto e Colui che è dappertutto non può spostarsi da un luogo a un altro.
Dio è
presente e la sua presenza rimane eterna.
Qui il
difetto, il movimento non è in Dio ma è nella creatura.
In questo:
"Me ne vado", rivela che siamo noi che non siamo capaci di restare
alla sua presenza.
Tutti noi
siamo creati in coppia con Dio.
Ognuno di
noi non è mai solo, porta in sé la presenza di Dio, Dio è presente in noi.
Ed è
proprio per questa presenza di Dio in noi che noi subiamo questa passione
d'Assoluto ma, questa presenza di Dio a noi, non è presenza di noi a Lui.
E non
essendo presenza di noi a Lui, essendo Lui Luce, ecco che noi abbiamo questa
passione di Assoluto ma non sappiamo, non capiamo che cosa essa sia.
Dio è
presente all'uomo, l'uomo non è presente a Dio.
O per lo
meno, l'uomo non è capace di essere presente a Dio, ecco il problema
principale, essenziale di ogni uomo.
Dio è presente
all'uomo e l'uomo ha come problema principale di tutta la sua vita, quello di
imparare a restare alla presenza di Dio come Dio è presente a Lui.
Fintanto
che l'uomo non sa restare alla presenza di Dio, l'uomo subisce quest’assenza di
Dio.
Non è che
Dio si renda assente, Dio è presente ma l'uomo non è capace a restare alla sua
presenza.
E allora
si apre il problema su che cosa bisogna fare per imparare a restare alla
presenza di Colui che è presente.
Che cosa
bisogna fare?
Nella
scrittura è scritto: "Cercate Dio quando può
essere trovato".
Proprio
dicendo a noi questo: "Quando può essere trovato", ci fa pensare che
ci sia un tempo, un quando in cui si cerca Dio e non può essere trovato.
Quindi c'è
tempo e tempo.
Qual è
questo tempo in cui Dio può essere trovato e qual è questo tempo in cui Dio non
può essere trovato da noi pur cercando noi Dio?
Quello che
dice qui Gesù: "Io me ne vado, voi mi cercherete, morirete nel vostro
peccato, perché, dove Io sono, voi non potete venire".
C'è una
lezione grande qui, è la lezione della fame.
È la fame
di Dio, del bisogno di Dio, del cercare Dio e dell'impotenza dell'uomo.
Cioè Dio
fa esperimentare all'uomo l'assenza per far capire all'uomo la via attraverso
la quale lui può imparare a restare alla presenza di Dio.
Questa è
la grande lezione del Dio che si sottrae a noi.
Del Dio
che fa esperimentare all'uomo la sua Assenza pur essendo presente.
Intanto già capiamo che
l'esperienza che noi facciamo, non coincide con la Verità.
Noi
esperimentiamo l'assenza di Dio eppure noi in verità non possiamo dire che Dio
sia assente.
Noi
viviamo in questa contraddizione, noi esperimentiamo un’assenza ma con
l'intelligenza dobbiamo confessare che Dio è presente.
Dio ci fa
toccare con mano che la Verità non coincide con la nostra esperienza.
Nello
stesso tempo ci fa esperimentare l'impotenza nostra a trovare la presenza di
Colui che sappiamo per intelligenza quindi per fede, che sappiamo che è
presente, non lo possiamo smentire.
Questa
lezione d'impotenza ha un grande significato, perché noi con tutta la fame che
abbiamo addosso, non creiamo il pane.
Noi
possiamo morire di fame e vediamo nel mondo quante persone muoiono di fame.
Cioè il
nostro bisogno, la nostra fame, la nostra ricerca, la nostra sete non crea
l'esistente che risponde al nostro bisogno.
L'esistenza
di una cosa è opera di Dio, creazione di Dio, la presenza quindi di un Essere,
non è opera nostra.
Noi con
tutto il nostro desiderio di incontrare una persona, non possiamo rendere
presente la persona.
Il nostro desiderio non crea la
presenza.
La
costatazione di questa impotenza è una lezione meravigliosa di Dio, per far
capire a noi il luogo in cui possiamo trovare la presenza di Dio.
Per far
capire cioè a noi, dove noi possiamo formare la capacità per restare alla presenza
di Dio.
Quando
Gesù dice: "Io me ne vado", cioè profetizza a ognuno di noi questa
esperienza d'assenza di Lui nella nostra vita, lo fa ancora per rivelarci la
sua presenza o meglio lo fa per dare a noi la possibilità di formare in noi la
capacità di restare alla sua presenza.
Quindi è
un’assenza positiva, è formazione.
A un certo
punto Gesù conclude: "Affinché, dove Io sono siate anche voi".
Tutta
l'opera di Dio confluisce qui, Dio ci crea alla sua presenza, noi siamo portatori
della presenza di Dio, non solo ma Dio opera per formare in noi la capacità per
restare alla sua presenza: "Affinché dove Io sono siate anche voi".
Dove il
Figlio può dire: "Io sono"?
Il Figlio
è là, dove riceve l'essere.
Il Figlio
è nel Padre suo, poiché essendo Figlio, riceve l'essere dal Padre.
Dicendo a
noi: "Affinché dove sono io siate anche voi", rivela a noi il luogo
in cui noi possiamo ottenere la capacità di restare alla presenza di Colui che
è presente.
Dobbiamo
considerare bene questo concetto di "presenza".
La
presenza non è opera nostra, non è opera della creatura e ognuno di noi lo
costata, perché nonostante tutti i suoi desideri di avere una presenza, non può
ottenere quella presenza.
La
presenza è sempre un dono dell'altro.
Quando una
persona si rende presente, è sempre un dono che essa fa.
Quando Dio
si rende presente, è un dono che Dio fa alla creatura, quindi non è mai
scoperta della creatura.
La
presenza è come la vita: la vita uno l’ha o non l’ha e se non l’ha, non può
assolutamente darsela.
Così è
anche la presenza, o c'è o non c'è ma, la creatura per quanto soffra l'assenza,
non può darsi la presenza di un altro o di Dio.
La
presenza è dono dell'altro, quindi discende da Dio.
Il
concetto di presenza non è un concetto semplice ma diciamo
composto, composto da una presenza e da un desiderio.
Noi
abbiamo detto spesso che noi esperimentiamo la presenza di Dio, in quanto Dio
soddisfa un nostro desiderio: uno desidera una caramella, Dio gli fa trovare la
caramella e quello esperimenta la presenza di Dio: "Dio come sei buono,
hai risposto al mio desiderio!" e in questo desiderio soddisfatto, noi
esperimentiamo la presenza.
Una
presenza è composta da un desiderio e dall'oggetto che soddisfa questo
desiderio.
A questo
punto noi abbiamo due aspetti della presenza: noi possiamo avere un desiderio e
un oggetto, una realtà che soddisfa questo desiderio, ma possiamo anche avere
una realtà e un desiderio che derivi da questa realtà.
La prima
presenza è una presenza sentimentale c'è una realtà, un oggetto che risponde a
un nostro desiderio e Dio molte volte scende a rispondere a un nostro desiderio
e noi esperimentiamo così la presenza di Dio: "Dio come è buono" e
spesso per la nostra passione d'Assoluto, noi confondiamo questa presenza di
Dio come la vera presenza di Dio, questa invece è una presenza sentimentale,
una presenza data dal sentimento, è Dio che risponde a un nostro desiderio ma
non è la vera presenza di Dio e non è quindi una presenza stabile, non può essere
una presenza stabile, perché è una rispondenza a un nostro desiderio.
Cioè è Dio
che si concede al nostro desiderio.
La vera
presenza è quella in cui il nostro desiderio discende dalla Verità di Dio,
quindi non è Dio che scende a soddisfare un nostro desiderio ma è il nostro
desiderio che si forma in conseguenza della Verità di Dio, allora qui abbiamo
una presenza stabile.
La vera
presenza alla quale Gesù ci vuole condurre è questa presenza stabile.
E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e
voi mi cercherete, e morirete nel vostro
peccato. Dove io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Terzo tema.
Titolo:
Morte e Vita nello Spirito.
Argomenti: Le
Parole di Dio vanno intese nello Spirito di Dio. Il
luogo spirituale in cui siamo. Le due
vite dell'uomo. Ognuno
di noi ha presente, è presente a ciò cui dedica il pensiero. La morte è impossibilità di partecipazione a Dio. La
morte è passione di presenza che non trova la presenza. Il peccato sta nel disunire
l'opera di Dio da Dio. Il niente che facciamo dentro di
noi. Non raccogliendo in
Dio seminiamo la morte in noi.
17/Marzo/1985 Fossano.
Anche
questa è Parola di Dio, quindi Parola che ha valore al di là di ogni tempo e di
ogni luogo, ha un valore universale e personale per ognuno di noi.
Anche per
ognuno di noi c'è questa dichiarazione di Dio che dice: "Io me ne vado,
voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato".
Dice un tempo
futuro e in quanto è futuro, se lo dice prima che quello avvenga, lo dice
affinché per noi non avvenga.
Le profezie del Signore vanno
sempre intesa nello Spirito del Signore.
Tutte le
parole del Signore vanno sempre intellette nello Spirito del Signore, quindi
nell'Intenzione del Signore e non nelle nostre intenzioni.
Questa
dichiarazione di Gesù, vista nelle nostre intenzioni, ci potrebbe fare pensare
che questa sia una maledizione del Signore.
No, tutte
le Parole del Signore vanno sempre lette nell'Intenzione del Signore, il quale
vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità.
Quindi
anche questa Parola, Gesù l'ha detta affinché tutti si salvino e giungano a
conoscere la Verità, quindi affinché nessuno muoia nel suo peccato.
Dio è
presente a ogni uomo, perché Dio creando l'uomo ha posto nell'uomo stesso la
sua abitazione.
Ognuno di
noi è tempio, casa, abitazione di Dio.
Dio è
presente in ognuno di noi e per questa presenza, ognuno di noi, porta in sé la
passione dell'Assoluto e con questa passione d'Assoluto, ognuno di noi rende
testimonianza che Dio esiste, che Dio c'è, che Dio è presente.
Se Dio è
presente a noi, noi in cambio troviamo molta difficoltà a essere presenti a
Lui.
Anzi il
primo problema della nostra vita è quello d'imparare a essere presenti a Dio,
come Dio è presente a noi.
Che cosa
ci manca? In cosa sta il nostro difetto?
In noi
manca l'esperienza della filiazione da Dio.
Noi
abbiamo tanta difficoltà a restare presenti a Dio,
appunto perché non nasciamo da Dio.
Solo il
Figlio di Dio è sempre presente al Padre.
Gesù dirà:
"Il Padre non mi lascia mai solo, perché faccio sempre ciò che piace al
Padre mio".
Il Figlio
di Dio si caratterizza in questo, Egli è presso il Padre, noi no.
C'è questa
divisione di luoghi, anzi Gesù è proprio venuto tra noi, affinché "Dove Io
sono siate anche voi".
Ma noi ci
dobbiamo chiedere, dove siamo noi?
Ognuno di
noi è là, dove riceve la vita e ognuno di noi riceve la vita là, dove rivolge i
suoi interessi principali, il suo amore, là dove dedica il suo pensiero.
Il Figlio
di Dio riceve la vita dal Padre perché ha tutto il suo interesse, il suo amore,
la dedizione del suo pensiero al Padre.
Noi ci troviamo nella situazione in cui riceviamo la vita da Dio
ma, riceviamo la vita da ciò cui dedichiamo la nostra vita, i nostri interessi,
il nostro pensiero.
Ognuno di
noi porta in sé questo sdoppiamento: porta con sé una vita che gli è data senza
di lui e poi c'è una vita che riceve attraverso la dedizione dei suoi pensieri
sopra tutto a qualche cosa.
In noi si
formano queste due vite e all'ultimo ci resterà solo la vita che noi avremo
voluto e la prima ci sarà tolta.
Quindi
abbiamo una vita che ci viene data da Dio senza di noi ma, man mano che viviamo,
si forma in noi una vita attraverso ciò cui ci dedichiamo e noi veniamo a
trovarci lì.
Possiamo dire che ognuno di noi ha
presente e si trova presente in ciò da cui riceve motivo di vita.
Fintanto
che per noi Dio non diventa il motivo del nostro vivere, quindi il motivo del
nostro pensare, del nostro parlare, del nostro amare, noi non possiamo restare
presenti a Dio.
Il
problema principale della nostra vita è di imparare a restare presenti a Dio
come Dio è presente a noi.
La
difficoltà di questo essere presenti a Dio non sta tanto nella nostra volontà,
né nel nostro impegnarci, né nei nostri voti, né nei sacrifici o nelle rinunce,
la difficoltà è sopratutto determinata dal fatto che noi siamo presenti là,
dove viviamo e viviamo là, dove noi dedichiamo i nostri pensieri, il nostro
interesse principale, il nostro amore.
Fintanto
che il nostro motivo personale non coincide con il Motivo del nostro Vivere e
il motivo del nostro Vivere è Dio, noi non possiamo restare presenti a Dio.
E questa
incapacità o questa difficoltà a restare presenti a Dio forma in noi questo
problema di vita e denuncia la situazione in cui ci troviamo.
Qui Gesù
dice: "Morirete nel vostro peccato".
Qui
abbiamo due affermazioni: il morire e il peccato.
Qui Gesù
mette in collegamento La morte con il peccato.
Sappiamo
dalla Scrittura che Dio all'inizio non creò la morte, la morte venne nel mondo
in conseguenza del peccato.
Qui Gesù
dice: "Morirete nel vostro peccato", quindi dovremo cercare di capire
lo spirito di questo senso del morire in rapporto al peccato.
Per morte
non s’intende mica la morte naturale.
Se vogliamo cercare di capire che
cosa voglia dire morire, dobbiamo riferirci al positivo, il negativo s’illumina
soltanto in quanto si
mette in luce il positivo.
Così anche
la morte può essere intelletta solo se noi mettiamo in evidenza che cosa è la
vita.
La vita è
sopratutto partecipazione.
Basta dire
questo per capire che la morte è non più possibilità di partecipazione.
La vita
vera è partecipazione a Dio, partecipazione a Colui che è, infatti la nostra
vita è nascosta in Dio.
Noi
viviamo nella misura in cui abbiamo la possibilità di partecipare a quello che
Dio è, quindi di conoscere Dio.
La vita
vera, la vita eterna sta nella conoscenza di Dio.
Per
risvolto negativo, la morte è impossibilità di partecipare a quello che Dio è.
Se Gesù
dice: "Morirete nel vostro peccato", vuole dire che in noi si può
formare questa incapacità a partecipare a quello che Dio è, questa
impossibilità a vedere la Verità, questa impossibilità di trovare la presenza
di Dio, pur non potendo negarla.
L'uomo è caratterizzato dalla
passione
d'Assoluto e questa passione di Assoluto è passione di presenza.
Questa
passione di Assoluto è in noi senza di noi poiché è creazione di Dio, è effetto
della presenza di Dio in noi senza di noi, è una passione, quindi noi la
subiamo, la patiamo.
La
passione d'Assoluto che è passione di presenza, può dare luogo in noi alla
ricerca di una presenza, nell’impossibilità di trovarla.
La nostra passione
di presenza e la nostra incapacità a trovare Colui che è presente e quindi di
potere partecipare a Lui, questa è morte.
Ma come
può formarsi in noi questa incapacità?
Dio ci ha
creati con la capacità di partecipare a Lui, Dio ci ha creati nella vita,
abbiamo detto anche però, che la morte è una conseguenza del peccato e noi
siamo in situazione di peccato.
Qui
dobbiamo allora precisare che cosa s’intende per
peccato.
L'uomo
evidentemente ha la possibilità di peccare e in cosa consiste questo peccato?
Il peccato
sta nel disunire le opere di Dio da Dio, nel non riportare a Dio le cose che
Dio ci fa arrivare.
Tutto è di
Dio e il peccato sta nel non dare a Dio quello che è di Dio.
C'è in noi
questa possibilità: non riportare a Dio quello che è di Dio, disunire le
creature dal Creatore, disunire le cose da Dio.
Tutte le
cose arrivano a noi da Dio e non tutte le cose vengono riportate a Dio da noi.
Quello che
non riportiamo a Dio, quello forma in noi il peccato.
Il peccato
è questa disunione da Dio.
Per la passione
d'Assoluto, tutto quello che noi non riportiamo a Dio, in noi interiorizzato
diventa passione e desiderio.
Tutto
quello che noi raccogliamo in Dio e riportiamo in Dio, ci introduce nell'amore
per Dio, nell'interesse per Dio e crea e fa crescere in noi l'interesse per Dio
fino alla vita eterna.
Quello che
invece in noi non riportiamo a Dio, diventa in noi interesse e passione per
quello.
Le
creature stesse di Dio, non riportate a Dio, in noi diventano interesse e
passione per quelle creature ma, diventano passione assoluta e in quanto
passione assoluta queste creature diventano opposizione a Dio, diventano idoli.
Tutto
quello che noi non riportiamo in Dio, in noi diventa idolo, diventa quindi
sorgente per noi di una creatura nuova, la creatura nel peccato.
Possiamo
dire che la morte è una nascita da ciò che noi vediamo nel pensiero del nostro
io, quindi da ciò che noi non raccogliamo in Dio.
La vita è
nascita da ciò che noi vediamo nel Pensiero di Dio.
Ciò che
noi vediamo nel pensiero del nostro io, lo consideriamo staccato da Dio, quindi
autonomo ma, niente nell'universo e nella vita di ognuno di noi, niente in
realtà è autonomo da Dio, perché tutto è di Dio e tutto quindi va sempre
rapportato a Dio.
Succede
che quando noi non riportiamo qualcosa in Dio, in noi e solo in noi facciamo
ciò che non è vero, perché la realtà, la verità sta in questo: tutto è di Dio,
niente è autonomo da Dio.
Non c'è
niente, neppure un punto dell'universo che possa essere considerato staccato da
Dio e se noi lo consideriamo staccato da Dio, noi lo portiamo fuori dalla
Realtà ma, questo avviene solo dentro di noi.
Se dentro
di noi, noi possiamo fare ciò che non è vero, ciò che non è reale, noi dentro
di noi possiamo fare il niente, perché ciò che non è reale è niente.
Dentro di
noi facciamo niente.
Ecco,
senza Dio, noi dentro di noi facciamo niente.
È proprio
questo fare niente dentro di noi che ci priva di tutto quello che abbiamo e che
ci priva quindi anche della capacità di vedere Dio, della capacità di vedere
Colui che non possiamo smentire essere presente.
Per cui
sappiamo che è presente ma non lo possiamo trovare, perché non abbiamo più la
capacità di trovarlo.
Dio ci dà
l'intelligenza e noi abbiamo l'intelligenza ma noi possiamo perderla.
Dio ci dà
la vita ma noi possiamo perdere la vita.
Dio ci dà
amore, capacità di amare e noi possiamo perdere la capacità di amare.
Dio ci dà
la capacità di pensarlo, di averlo presente e noi possiamo perdere questa
capacità di averlo presente.
La morte
sta in questo, nel costatare questa nostra impotenza a trovare Dio.
Gesù
stesso dice: "Mi cercherete e non mi troverete", questo è segno della
perdita della capacità di trovare Dio ma, la perdita di questa capacità è
conseguenza del peccato e il peccato sta nell'introdurre in noi il niente, sta
nell'introdurre in noi ciò che non è vero.
Introducendo
in noi il niente, siccome dal niente viene il niente, noi perdiamo anche tutto
quello che abbiamo.
Gesù dice:
"Morirete nel vostro peccato" come futuro, per evitare a noi che ciò
accada noi.
Con queste
parole, Lui afferma per salvarci che, facendo il peccato, cioè non raccogliendo
in Dio, non unificando in Dio, noi seminiamo nella nostra vita la morte.
E Gesù disse ancora a essi: «Io me ne vado e
voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato. Dove
io vado, voi non potete venire». Gv 8 Vs 21 Quarto tema.
Titolo: La frontiera del pensiero del nostro io.
Argomenti: Dio
non parla per escluderci ma per salvarci.
Le parole
di Dio non vanno intese in senso materiale. Spiritualmente "venire" è "capire". Il capire è condizionato dalla venuta dello Spirito Santo. I
limiti dell'uomo. La
morte è bisogno d'assoluto e impossibilità a trovarlo. Gesù andando al Padre, va oltre le frontiere del nostro
io. Nel
pensiero dell'io, siamo generati da altro da Dio.
24/Marzo/1985 Fossano.
"Dove
Io vado, voi non potete venire", questa è la giustificazione
dell'affermazione precedente: "Io me ne vado, voi mi cercherete e morirete
nel vostro peccato, perché, dove Io vado, voi non potete venire".
Anche qui
dobbiamo chiederci il significato, la lezione che questa Parola di Dio vuole
dare a ognuno di noi.
La Parola
di Dio è universale, quindi è valida, personalmente per ognuno di noi ed è
lezione di vita vera per la conoscenza di Dio, cioè per quella meta per cui
ognuno di noi è stato creato.
Domenica
scorsa riflettendo su quel: "Morirete nel vostro
peccato", abbiamo visto che la morte deriva dalla nascita a ciò che
vediamo nel pensiero del nostro io, mentre invece la vita è la nascita da ciò
che vediamo nel Pensiero di Dio.
Per cui
noi possiamo capire se noi stiamo seminando la morte in noi, oppure se stiamo
seminando il seme della Vita.
Diciamo
che la morte sta nel nascere da ciò che vediamo nel pensiero del nostro io e la
vita sta nel nascere da ciò che si vede nel Pensiero di Dio.
L'argomento
di oggi sarà proprio la frontiera del pensiero del nostro io.
Gesù qui
dice: "Dove Io vado voi non potete venire" ed è la giustificazione a
quanto detto precedentemente.
Avevamo già visto nel capitolo
settimo, una dichiarazione analoga: "Dove Io sono, voi non potete venire" e riflettendo
su questa impotenza dell'uomo ad andare dove Gesù è, eravamo stati condotti a
scoprire la presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.
Oggettiva,
quindi indipendente da noi.
Adesso
dobbiamo chiederci che cosa Gesù qui vuole condurci a scoprire, dichiarandoci:
"Dove Io vado, voi non potete venire", dobbiamo vedere la differenza
tra quel "Io vado" e "Io sono".
E teniamo
presente che Dio non parla mai per umiliarci, non parla mai per escluderci.
Apparentemente
si direbbe che la Parola di Dio qui è per escluderci: "Dove Io sono, voi
non potete venire, dove Io vado, voi non potete venire".
In realtà
Dio non parla mai per escluderci, per gettarci fuori dalla sua Luce, dalla sua
Presenza, dalla sua Verità, perché questo vorrebbe dire dannarci, vorrebbe dire
gettarci nelle tenebre e noi sappiamo, tramite la Parola di Dio, che Dio opera
tutte le cose per salvarci e per condurci a vedere la sua Verità.
Se questa
è l'Intenzione di Dio, anche queste parole devono essere incluse in questa
Intenzione di Dio.
Dio parla
per salvarci, quindi Dio non parla per metterci fuori ma, parla per introdurci
nella sua vita.
Abbiamo
visto che la dichiarazione del capitolo settimo: "Dove Io sono voi non
potete venire", ci ha introdotti nella Verità di Dio, ci ha condotti a scoprire
la presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.
Così anche
in questa dichiarazione di Gesù:"Dove Io vado, voi non potete
venire", dobbiamo escludere che ci sia un pensiero di rifiuto, di
esclusione o di umiliazione per noi, queste parole Gesù le dice per salvarci,
non le dice per escluderci ma, le dice per includerci.
Il secondo punto che dobbiamo
tenere presente
è che tutte le parole del Signore non devono essere intese
in senso materiale.
Lui parla
sempre nel Padre e quindi tutte le sue parole hanno sempre un significato
spirituale per noi.
Anche
questo: "Dove Io vado, voi non potete venire", non va inteso in un
modo materiale o fisico, non va riferito alla sua presenza fisica, corporea tra
noi ma va inteso in senso spirituale.
E allora dobbiamo chiederci che
cosa significhi
in senso spirituale questo: "Dove Io vado" e che cosa voglia dire in
senso spirituale questo: "Voi non potete venire".
Troviamo,
sempre nel Vangelo di San Giovanni, una dichiarazione che nell'ultima cena,
Gesù fa a Pietro: "Dove Io vado, tu per ora non mi puoi seguire, mi
seguirai più tardi".
Qui c'è il
problema di cosa voglia dire questo: "Più tardi" e perché Gesù dice a
Pietro: "Per ora non mi puoi seguire".
Cosa c'era
che impediva a Pietro di seguire il suo Maestro?
Tanto più
che Pietro aveva detto di essere disposto ad affrontare anche la morte, pur di
potere restare con Lui.
Eppure
Gesù qui è esplicito: "Tu non mi puoi seguire".
Gesù
conosceva bene le situazioni e i limiti di coloro con i quali parlava, Gesù
conosce molto bene i limiti e le situazioni di ognuno di noi.
C'è anche
un’altra dichiarazione sempre fatta a Pietro, sempre nell'ultima cena, mentre
Gesù sta lavando i piedi ai discepoli, di fronte alle proteste di Pietro dice:
"Tu per ora non puoi capire quello che Io faccio, lo capirai poi".
La Parola
di Dio ha sempre lo stesso spirito.
Quando
dice: "Tu per ora non puoi venire dove Io vado", dice la stessa
quando dice: "Quello che Io faccio, tu per ora non lo puoi capire".
Noi quindi
dobbiamo mettere un segno uguale tra venire e capire.
Spiritualmente
parlando, quando Gesù dice "venire", questo vuole dire
"capire" e quando dice: "Voi non potete venire", vuole
dire: "Voi non potete capire", cioè non lo possono seguire nel suo
discorso.
Sempre nel Vangelo di San Giovanni
e sempre nell'ultima
cena, Gesù lo dirà apertamente, alla fine del suo discorso, quando parla della
venuta dello Spirito Santo: "Quando Egli verrà, vi farà capire ogni
cosa".
Abbiamo
questo capire che è condizionato alla venuta dello Spirito Santo, perché prima
non si può capire, non si possono capire le cose, cose che arrivano a noi con
un sigillo di Verità.
Queste
cose non le possiamo rifiutare, perché per rifiutarle dovremmo capirle.
Noi non le
possiamo e non le dobbiamo rifiutare, arrivano a noi con una certa garanzia che
s'impone su di noi, però non le possiamo capire.
D'altronde
Maria che era la madre di Gesù, molte cose di suo Figlio, dice il Vangelo che
non le poteva capire.
Gli apostoli
stessi, che avevano lasciato tutto per seguire Gesù, certe cose di Gesù non le
capivano.
Non è
sufficiente lasciare tutto per potere seguire Lui, gli apostoli avevano
lasciato tutto per potere seguire Lui e certe cose non le potevano capire,
perché non era ancora venuto lo Spirito Santo.
Tutto il
capire è condizionato da questa venuta dello Spirito Santo in noi.
E allora
qui dobbiamo chiederci che cosa era che impediva a Pietro e che impedisce ad
ognuno di noi di seguire Gesù.
Lo vedremo
proprio dopo poche ore, in quella stessa sera dell'ultima cena, quando Pietro
si metterà a urlare nella casa del sommo sacerdote che lui non ha mai
conosciuto quell'Uomo: "Non so di che cosa parliate, io non conosco
quell'uomo".
Che cosa è
che impediva a Pietro di seguire, di capire Gesù?
Era il
pensiero del suo io.
È il
pensiero del suo io che gli ha fatto urlare: "Io non conosco
quest'Uomo".
Ecco
quello che impediva a Pietro e quello che impedisce a noi di andare dove Gesù
va.
Adesso
possiamo già incominciare a capire per cosa s’intenda quel: "Dove Io
vado".
Gesù va al
di là delle frontiere del pensiero del nostro io.
Pietro non
poteva superare le frontiere del pensiero del suo io.
Non
potendo superare queste frontiere, quando è stato messo alla prova per andare al
di là delle frontiere del suo io, lui ha dovuto urlare: "Io non conosco
quest'Uomo".
Però
abbiamo anche detto che Gesù parla non per escluderci ma, per includerci.
Quindi in
quanto parla, parla per rivelarci la via per poterlo seguire.
Mentre fa
capire a noi quali sono le frontiere che impediscono a noi di andare oltre, ci
rivela anche qual è la via per poterlo seguire.
Noi
proprio nel pensiero del nostro io, tocchiamo con
mano queste frontiere, noi non possiamo passare dal finito all'infinito, noi
non possiamo passare dal tempo all'eternità, noi non possiamo passare dal
frammento al tutto, non possiamo passare dal relativo all'Assoluto, non
possiamo passare dall'assenza, alla presenza di Dio.
Questa è
una costatazione che noi tutti esperimentiamo.
Quindi noi
ci troviamo di fronte a dei muri.
Quando
qualcuno ha definito l'uomo come un essere che si trova di fronte a un muro,
non ha mica sbagliato di molto.
L'uomo si
trova di fronte a un muro e ci sono delle sbarre che ci chiudono in prigione,
delle sbarre che portiamo dentro di noi, nella nostra anima che ci tengono
chiusi in questa prigione, pur portando in noi questa fame di Assoluto, questo
bisogno d’infinito, questo bisogno del tutto, noi portiamo questo in noi e non
possiamo mica liberarcene.
Abbiamo visto
che tutto questo bisogno d'Assoluto che portiamo in noi, è segno della presenza
di Dio in noi.
Segno
della Presenza di Dio, quindi opera della creazione di Dio in ognuno di noi.
Per cui
l'uomo si caratterizza proprio per questo.
L'uomo tra
tutti gli esistenti si caratterizza proprio in quanto porta in sé questa fame
di Assoluto.
Però non
basta avere la fame per trovare il pane.
La fame
non mi fa trovare il pane e così il mio bisogno d'Assoluto non mi fa trovare
l'Assoluto.
Io non
posso negare la presenza di Dio ma non basta che io sappia che Dio è presente
per esperimentare la sua presenza.
Una delle definizioni della morte
che abbiamo
dato domenica scorsa è proprio questa: è sentire il bisogno della presenza di
Dio e non potere trovare questa presenza.
Questa è
morte, perché noi il bisogno dell'Assoluto non ce lo possiamo togliere di dosso
e abbiamo visto che il bisogno d'Assoluto è il bisogno di presenza.
E questo
bisogno di presenza non ce lo possiamo noi togliere di dosso, però non è
sufficiente questo bisogno per potere trovare la presenza di Dio.
Cioè, noi
non possiamo passare dall'assenza alla presenza.
Ecco
allora che il: "Dove Io vado”, assume un altro aspetto, non è soltanto un
andare al di là delle frontiere del nostro io.
Gesù quando ci dice: "Dove Io
vado", ci
rivela che va al Padre, va a Colui che lo ha generato: essendo venuto dal
Padre, Lui ritorna al Padre.
Ed è
proprio ritornando al Padre che va oltre le frontiere del nostro io, perché noi
nel pensiero del nostro io, non possiamo andare al Padre.
Infatti
Gesù lo dirà: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".
Gesù
dicendo: "Voi non potete venire", mentre fa capire a noi quali sono
le frontiere che impediscono a noi di seguirlo, rivela anche a noi la strada
per seguirlo, poiché dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo
di Me".
Dicendo
questo, rivela la via ("Me") per andare al Padre.
"Dove
Io vado, voi non potete venire", significa che noi, nel pensiero del
nostro io, nel modo più assoluto, non possiamo andare al Padre.
Poiché noi nel pensiero del nostro
io, siamo generati da altro da Dio.
Abbiamo
detto che la morte è caratterizzata dalla nascita da ciò che si vede nel
pensiero del nostro io.
Da ciò che
noi nel pensiero del nostro io possiamo avere presente.
E fintanto
che noi nasciamo da ciò che noi abbiamo presente nel pensiero del nostro io,
certamente noi non nasciamo da Dio.
Perché Dio
non è conoscibile nel pensiero del nostro io, quindi Dio non è compatibile con
la presenza del nostro io.
Noi nel
pensiero del nostro io, non possiamo conoscere Dio.
Dio si
annuncia al pensiero del nostro io ma noi, nel pensiero del nostro io, non
possiamo conoscere Dio.
Per
questo: "Dove Io vado, voi non potete venire".
Quindi c'è
questa esclusione, perché Dio è conoscibile soltanto nel suo Pensiero e la vita
vera sta nel nascere da ciò che si vede nel Pensiero di Dio e nel Pensiero di
Dio si vede il Padre.
Teniamo
presente che la presenza di Dio è una conseguenza della conoscenza del Padre e
del Figlio.
La
Presenza procede dal Padre e dal Figlio.
Ecco per
cui, fintanto che noi siamo nel pensiero del nostro io, per quanto noi
cerchiamo la presenza di Dio, noi non troveremo assolutamente la presenza di
Dio.
Per
trovare la presenza di Dio, bisogna passare attraverso la conoscenza del Padre
e del Figlio e la conoscenza del Padre e del Figlio, è solo il Figlio che ce la
può dare, perché soltanto il Figlio conosce il Padre.
Quindi
soltanto nel Pensiero di Dio è dato a noi conoscere il Padre, dal quale poi,
potremo trovare la presenza di Dio di cui il nostro io sente il bisogno ma, che
fintanto che non supera le sue frontiere non può trovare assolutamente.
Superare
le frontiere del proprio io, vuole proprio dire passare dal pensiero del nostro
io al Pensiero di Dio.