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Gesù allora alzatosi le domandò: "Donna, dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?".

Gv 8 Vs 10


Titolo: La nostra anima è fatta per concepire.


Argomenti: La selezione operata da Dio. Dio opera liberandoci. Mandare a morte è distogliere un anima dalla ricerca di Dio. Il peccato ci fa succubi di altro da Dio. L'adulterio esterno e quello interno. Restare schiavi del pensiero del proprio io. La nostra anima è fatta per concepire e questo concepimento richiede dedizione totale.


 

3/Giugno/1984  Fossano.


Prima abbiamo visto i farisei che volevano lapidare quella donna in nome della legge di Mosè, adesso qui sulla scena ci troviamo con quella donna ed è l'argomento di questa sera.

Cioè Gesù ha operato una selezione, ha messo in fuga quei farisei, ha fatto cadere le pietre dalle mani di coloro che volevano lapidare quella donna e in tutto questo è rimasto con la donna sola.

Una donna che era peccatrice.

Si rivela qui l'opera di Dio, come Dio regna.

Dio regna nella nostra vita, allontanando da noi, poco per volta, tutti quei nemici che cercano di mandarci a morte e sotto i quali noi ci siamo posti facendoci succubi e dando loro l'autorità.

Dio opera per svuotare d'autorità, tutti coloro sotto i quali noi ci siamo posti e a un certo punto viene a trovarsi a tu per tu con noi.

Ecco il significato, l'importanza di questo incontro.

Dio opera per stabilire un contatto diretto con la nostra anima, con i nostri pensieri, con noi stessi.

E qui finalmente Gesù rivolge la parola a questa donna.

Prima non l'aveva guardata, prima non le aveva parlato e adesso le rivolge direttamente la parola.

E non rivolge la parola alla donna per chiederle come siano andate le cose, se ha peccato o cosa ci sia stato eccetera.

Le rivolge una parola che è una interrogazione: "Donna, dove sono i tuoi accusatori?".

Il termine "donna" nella bocca di Gesù ha un significato molto diverso da quello che possiamo pensare noi e anche con sua madre tante volte Gesù ha usato il termine "donna".

Comunque qui rivolge una interrogazione: "Dove sono i tuoi accusatori, coloro che ti volevano lapidare?".

Perché Gesù fa questa interrogazione?

Gesù rivolge questa interrogazione alla donna, per farle prendere coscienza della liberazione in cui è venuta a trovarsi.

Non si era liberata lei, Gesù non l'aveva sollecitata a liberarsi perché non avrebbe potuto liberarsi, era succube, gli altri la dominavano dall'alto della legge.

A un certo momento la Parola di Dio ci fa costatare che siamo liberi: è Dio che ha operato.

Qui si rivela il Buon Pastore che vigila sulle pecore e combatte contro i lupi.

Quella donna è stata liberata da coloro che volevano mandarla a morte ma, lei era veramente libera?

Abbiamo visto le volte scorse cosa significhi questo mandare a morte.

Mandare a morte materialmente è soltanto un segno, Gesù stesso dice: "Non temete coloro che possono mandare a morte il vostro corpo".

C'è un altra morte ben più grave.

Si manda a morte in quanto si distoglie un anima da Dio.

In quanto si distoglie un anima dal cercare di conoscere Dio al di sopra di tutto.

Questa è l'unica cosa necessaria per la quale noi siamo stati creati e in cui si risolve tutto il nostro destino.

La nostra vita è nascosta in Dio.

Se la Parola di Dio ci dice che la nostra vita è nascosta in Dio, distogliere un anima da Dio è distogliere un anima dal suo destino, è distogliere un anima dalla sua vita.

Questo è mandare a morte.

Tutte le volte che si segnala a noi o ad altri, fini o valori diversi dalla ricerca e dalla conoscenza di Dio, si manda a morte, si semina la morte.

Prima dobbiamo chiederci come mai questa donna era rimasta succube di questa autorità che voleva mandarla a morte e da cui Gesù l'aveva liberata.

Ma Gesù l'aveva liberata da un pericolo esteriore, da dei nemici esterni ma questa donna era veramente libera?

Questa donna era caduta succube di coloro che volevano mandarla a morte in quanto era stata adultera, aveva peccato.

Dio non ci ha creati succubi, Dio all'inizio non ha creato la morte, Dio non ci ha creati succubi delle creature, né di ragioni e di argomenti che ci possano mandare a morte e come mai a un certo momento noi ci sentiamo schiavi, dominati da cose diverse dalla ricerca e dalla conoscenza di Dio?

È perché in noi è maturato il peccato.

L'adulterio di questa donna, questo atto esterno è soltanto la punta di un iceberg che si vede al di fuori dell'acqua ma, al di sotto dell'acqua c'è ben altro.

Non si matura un adulterio esterno se prima non si è maturato internamente un ben altro adulterio.

Si tradisce fuori in quanto si è già tradito dentro di noi.

È qui che dobbiamo approfondire.

Se questa donna ha compiuto un atto esterno per cui è caduta sotto la legge che la mandava a morte, era perché dentro di sé aveva già tradito il suo Amore principale.

Soltanto in quanto c'è stata una rottura dentro di noi del nostro Amore principale (Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso) per cui a un certo momento si è pensato più a noi stessi che a Colui che dovevamo amare, soltanto allora ci si apre al tradimento esterno.

Ma il tradimento esterno è la conseguenza di un fatto interno, è conseguenza del peccato.

Gesù dice che chi fa il peccato resta schiavo di esso.

Qui Gesù l'aveva liberata dai nemici esterni ma non l'aveva ancora liberata dal nemico interno che essa portava dentro di sé.

Non l'aveva ancora liberata dal suo peccato.

E allora dobbiamo chiederci perché Gesù l'ha liberata.

Gesù l'ha liberata da tutti coloro che avevano l'autorità di mandarla a morte per stabilire un contatto diretto, a tu per tu con questa donna.

Ecco il Dio che fa diritte le strade mentre noi tendiamo a farle storte perché mettiamo sempre in mezzo altro.

È Dio che opera eliminando tutti questi altri sotto cui noi ci sottomettiamo, relativizza tutti quei valori che noi riteniamo assoluti, per stabilire un rapporto diretto, personale, a tu per tu con noi.

Perché soltanto in questo rapporto diretto e personale con l'anima, Dio può finalmente liberarla dal suo peccato, da questa schiavitù, schiavitù a che cosa?

Schiavitù al proprio io.

Avendo fatto il peccato l'uomo resta schiavo del peccato.

Chi fa il peccato preferisce il pensiero di sé al Pensiero di Dio.

Si resta schiavi del pensiero del proprio io.

Cosa significa restare schiavi del pensiero del proprio io?

Significa che in tutte le scelte che si fanno noi siamo determinati dal pensiero del nostro io, senza avere più la possibilità di consultare la Luce di Dio.

Restiamo dominati dal pensiero del nostro io, non possiamo più attingere alla Luce di Dio, il cielo resta chiuso.

E anche se interroghiamo Dio, Dio non risponde.

Per cui noi siamo costretti a scegliere ogni cosa in funzione del pensiero di noi stessi.

Ora, quali sono le conseguenza?

Abbiamo detto che questa donna è stata liberata da coloro che volevano mandarla a morte ma, se non viene liberata da questa schiavitù che essa porta dentro di sé, in conseguenza del suo peccato, lei ben presto ricadrà schiava sotto altri nemici che la manderanno a morte e non potrà farne a meno, perché appunto è schiava.

La stanza sgombra, la stanza vuota se non si riempie d'amore viene riempita di demoni.

Concludendo la volta scorsa abbiamo detto che questa donna rappresenta la nostra anima ed è qui che dobbiamo intendere la lezione che Dio vuole dare alla nostra anima.

La donna è fatta per concepire, è fatta per portare avanti quello che ha concepito, per custodirlo, per maturarlo, per portarlo alla luce.

La donna rappresenta la nostra anima, la nostra anima è fatta per questo, è fatta per portare avanti una gestazione.

La Pentecoste è il giorno in cui la nostra anima è in grado di accogliere la Luce della presenza di Dio e Gesù la paragona a una donna che deve dare alla luce un bambino.

La nostra anima è fatta per portare avanti una gestazione.

La nostra anima è fatta per accogliere un seme, per concepire, per custodirlo, per approfondirlo, per giungere al frutto, per realizzarlo.

Però anche qui la donna è un segno molto importante, poiché la gestazione richiede tutta la dedizione.

La donna è un terreno che accoglie un seme e questo seme deve custodito e portato avanti con tutta la nostra attenzione, richiede la dedizione totale.

E la dedizione totale richiede il superamento del pensiero di noi stessi.

Fintanto che siamo nel peccato, fintanto che portiamo in noi la schiavitù del pensiero del nostro io, noi ci troviamo nella incapacità di portare la gestazione a termine, quindi ci apriamo a dei continui errori.

Ogni pensiero che arriva a noi è un seme che ci fa concepire ma, termina sempre in un aborto, non giunge mai alla realizzazione e ogni amore che concepiamo è destinato ad essere tradito da noi senza giungere quindi alla realizzazione.

La nostra anima non può realizzare.

La realizzazione è opera della creazione di Dio, Dio solo è il Creatore.

Soltanto se la nostra anima porta quel seme che Dio ha seminato nella sua terra, nella Luce di Dio, soltanto nella Luce di Dio si può realizzare e si realizza.

In caso diverso no.

Soltanto che tutto ciò che non viene realizzato in noi, ciò che diventa aborto, acquista sempre più peso su di noi, ci attrae sempre di più, acquista una gravità su di noi al punto tale da inaugurare un cammino di dispersione crescente, progressivo in cui sostanzialmente tutti i pensieri diventano degli aborti.

È la conclusione alla quale colui che porta il peccato dentro di sé è destinato.