Gesù
si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Gv 8 Vs 1 Primo tema.
Titolo: Significato
e funzione dell'esperienza della presenza di Dio: ci offre la possibilità (libertà) di occuparci di Dio.
Argomenti: Sfiorati
dalla Luce. Cristo tra noi è
l'esperienza della presenza di Dio. L'allontanamento
di Dio. Le due presenze di Dio. Dedicare il pensiero.
4/Dicembre/1983 Casa di preghiera Fossano.
Iniziamo il
capitolo ottavo.
Anche qui dobbiamo
chiederci quale lezione e quale significato c'è in questa scena che va
collegata con l'ultimo versetto del capitolo precedente.
Nel versetto
cinquantatre del capitolo settimo si diceva: "Se ne tornarono, ciascuno a
casa sua".
C'è questo
confronto: capi dei sacerdoti e farisei con Nicodemo, se ne tornarono ciascuno
a casa sua e qui Gesù se ne andò sul Monte degli Ulivi.
C'è una
contrapposizione.
Noi abbiamo
visto le volte precedenti che costoro erano stati sfiorati dalla Luce.
La Luce era
arrivata a loro, attraverso l'argomento Gesù.
Gesù che si
presentava come Messia, cioè come Figlio di Dio.
Gesù che,
attraverso la voce stessa di Nicodemo, aveva bussato alla porta dei sacerdoti,
alla porta di quei farisei.
Sfiorati dalla Luce
non avevano però aderito alla Luce, anzi avevano ribadito, con un atto di
superbia, con un atto di orgoglio, avevano ribadito la loro sicurezza, la loro
autorità.
La conseguenza
fu che ognuno se ne tornò a casa sua.
Segno che
ognuno si ritirò nel suo mondo.
Fu riassorbito
dal suo vecchio mondo, dalle sue vecchie ragioni, non uscì dal pensiero di se
stesso.
La Luce brillò
invano.
Quando la Luce
splende nella nostra notte, quando bussa alla nostra porta, offre a noi la
possibilità di uscire dal pensiero del nostro io.
Noi da soli
siamo nell'assoluta impotenza a superare il pensiero di noi stessi.
È soltanto
quando la Luce bussa alla nostra porta e chiama quindi al Pensiero di Dio,
soltanto qui noi abbiamo la possibilità di superarci e di dedicarci e di occuparci
di Dio.
Però ci
occupiamo di Dio, non in quanto custodiamo la memoria di quello che è arrivato
a noi.
La memoria
diventa un camposanto.
Ci occupiamo di
Dio, in quanto dedichiamo il nostro pensiero, la nostra vita a Dio.
Ci occupiamo di
Dio, in quanto facciamo della Luce che è giunta a noi, argomento della nostra
vita, motivo della nostra vita.
C'è un salto di
qualità.
Prima vivevamo
per- e adesso viviamo Per-.
Se non c'è
questo salto di qualità, l'uomo viene riassorbito dal mondo di prima e non può assolutamente
resistere agli argomenti del mondo.
Gli argomenti
del mondo lo assorbono, lo disperdono, lo dividono, gli annullano tutti i
significati, compreso il significato della vita.
Perché l'uomo
senza la Luce di Dio, perde il significato di tutte le cose.
Non ha la
possibilità di trovare il significato alle cose.
Non ha la
possibilità di dare un significato alle cose.
A un certo
momento la sua stessa vita non ha più significato.
E quando la
nostra vita perde di significato, non può più essere sopportata.
E allora, anche
se non lo si compie esteriormente, si compie interiormente il suicidio.
Quindi si va
verso la morte.
Noi abbiamo
visto queste persone, che sfiorate dalla Luce, sono state riassorbite dal
mondo.
Ma c'è un altro
fatto.
Qui il Vangelo
prosegue: "Mentre quelli se ne tornarono a casa loro, Gesù se ne andò al
Monte degli Ulivi".
Il monte è
sempre segno di preghiera, luogo di pace, luogo di raccoglimento in Dio.
Segno che Gesù si
allontanava dal mondo, si allontanava dalla sua città, da Gerusalemme e
ritornava al Padre.
Sarà infatti
dal Monte degli Ulivi che Lui ascenderà al Padre.
È un segno
contrapposto a quell'altro.
Per insegnarci
qualche cosa.
Per insegnarci
non soltanto che, sfiorati dalla Luce, non avendola seguita ritornano nel mondo
di prima ma, perdono anche il contatto con Cristo.
Perché Cristo
stesso si allontana.
Cristo tra noi è
l'esperienza della presenza di Dio.
Abbiamo visto
che due sono le presenze nella nostra vita di Dio.
C'è
l'esperienza della presenza di Dio.
Cristo è
l'esperienza della presenza di Dio tra noi.
Cristo è il Dio
tra noi.
Lui tra noi,
parla a noi del Padre, parla a noi di Dio, in quanto parla a noi di Dio, fa
fare esperienza a noi di Dio.
Cristo è
l'esperienza del Dio tra noi.
Il Monte degli
Ulivi è simbolo della preghiera, simbolo del distacco dal mondo, simbolo del
ritorno di Cristo al Padre.
In quanto Lui
se ne va al Monte degli Ulivi, c'è questo ritorno al Padre e questo distacco
dagli uomini.
Dagli uomini
che hanno trascurato il suo Spirito.
Fa capire che
quegli uomini, non soltanto sono stati riassorbiti dal loro mondo ma,
sopratutto hanno perduto, hanno smarrito la presenza del Dio tra loro.
Tutto è lezione
di Dio per noi.
Siccome Cristo
è segno della presenza di Dio in noi, questo allontanarsi di Cristo dagli
uomini è segno del Dio che si allontana da noi.
Dio si
allontana da noi e noi esperimentiamo l'assenza di Dio.
A questo punto
la prima domanda che si presenta è questa: come può Dio che è il presente,
sempre presente, come può Dio allontanarsi da noi, come può farci esperimentare
la sua assenza?
Adesso possiamo
avvicinarci a questo argomento, visto quanto è stato detto nelle domeniche
scorse.
Sopratutto
abbiamo detto che due sono le presenze di Dio nella nostra vita.
La prima è
l'esperienza della presenza di Dio.
La seconda è
l'esperienza della presenza di Dio, come conseguenza della conoscenza di Dio.
La prima
avviene in quanto c'è una risposta a un bisogno.
Fosse anche il
bisogno di Dio, il bisogno di Assoluto che portiamo in noi.
La seconda
invece nasce, deriva dalla conoscenza di Dio.
La seconda è
stabile.
La seconda
diventa tutta presenza.
Una presenza
che non muta più.
Una presenza
che diventa vita eterna.
La prima invece,
abbiamo detto che è instabile.
Poiché è
concessione di Dio.
Dobbiamo
soffermarci su questa prima esperienza, su questa prima presenza.
È proprio in
questa prima presenza che avviene l'allontanamento di Dio dal mondo.
Sopratutto dobbiamo
chiederci quale significato ha, per noi, questa esperienza che Dio ci fa fare
della sua presenza nel nostro bisogno.
Cioè quale sia
il significato di queste concessioni, di queste caramelle che Dio concede a
noi.
Quale sia il
significato o meglio, quale sia la funzione di questo.
Ecco
l'argomento di questa sera è proprio questo.
Il significato
dell'esperienza della presenza di Dio.
Quale sia la
sua funzione.
L'esperienza
della presenza, è relativa sempre al nostro bisogno.
In quanto
desideriamo una cosa, se ci viene concessa questa cosa, noi esperimentiamo la
presenza di chi è venuto incontro al nostro bisogno.
Con questo noi
concludiamo che quella persona che ci è venuta incontro è "buona".
È
"buona" perché ha soddisfatto il nostro desiderio.
Però questa
esperienza che noi facciamo, essendo relativa a noi, al nostro io, al nostro
bisogno, come soddisfa il nostro bisogno, immediatamente sparisce.
Tutto quello
che accade nella nostra esperienza è soggetto al tempo.
Noi
sostanzialmente siamo fatti di passato e di futuro ma di niente presente.
Il presente non
lo possiamo fermare.
È soltanto
nella conoscenza di Dio e nella conoscenza della presenza di Dio, dedotta dalla
conoscenza stessa di Dio (rapporto Figlio/Padre) che in noi si ferma lo
scorrere del tempo.
Tutto
incomincia a diventare presente in questa Presenza.
Perché Dio è il
presente.
Conoscendo Dio,
noi ci "sistemiamo" nel presente.
E in questo
presente, tutto il nostro passato e il futuro diventano presente.
Quale è la
funzione di questa presenza, soggetta al tempo?
Quale è la
funzione di questa concessione?
Perché Dio si
concede?
Perché Dio ci
fa esperimentare una presenza che poi dopo non permane?
È l'anima
sfiorata dalla Luce.
La funzione è questa: quando l'anima è sfiorata
dalla Luce, ha la possibilità di occuparsi della Luce.
Quando Dio
concede a noi, una esperienza della sua presenza, offre a noi la possibilità
(libertà) di occuparci di Lui o meglio, di pensare a Lui.
Una prima
deduzione che possiamo fare e questa: noi non siamo liberi.
Noi siamo
liberi solo quando la Luce giunge a noi.
È la Luce di
Dio che giungendo a noi, dà a noi la possibilità, quindi la libertà di aderire
a Dio.
Ma noi non
siamo liberi di scegliere Dio.
Se Dio non
parla a noi, se Dio non ci fa esperimentare la sua presenza, noi restiamo
schiavi di tutte le altre presenze e Dio per noi è un'astrazione.
Anche se ne
sentiamo parlare, Dio per noi è una astrazione.
Noi non ci
possiamo occupare di Dio.
Questo è
l'aspetto tragico di questo raffronto tra coloro che se ne tornarono a casa
loro e questo Gesù che se ne va sul Monte degli Ulivi.
Tragico perché
quelli, ritornando a casa loro, hanno perduto la libertà di occuparsi di Dio.
Non potranno
più occuparsi di Dio.
Perché l'uomo
non è libero.
La libertà è
data dal Dio che visita l'uomo.
Dio che visita
l'uomo, dà all'uomo la possibilità, la grazia di occuparsi di Dio.
Se l'uomo non
si occupa di Dio, come l'uomo è soddisfatto da questa esperienza di presenza,
lui perde la presenza.
Avendo la
possibilità, ecco il passaggio.
Questa
esperienza della presenza di Sé, che Dio dà a noi, venendo incontro a un nostro
bisogno, ha questo risvolto meraviglioso: offre a noi la possibilità di pensare
a Lui, di occuparci di Lui e di fare di Lui la nostra vita.
Perché noi in
realtà, viviamo di ciò cui dedichiamo il nostro pensiero.
Però non siamo
liberi di dedicare il nostro pensiero a quello che vogliamo.
Prima di tutto,
noi possiamo dedicare il nostro pensiero soltanto a qualcosa che è presente.
Ciò che non è presente,
noi non lo possiamo pensare.
Ne deriva che
la nostra possibilità di pensare, non è in mano nostra ma, da ciò che ci viene
concesso come presenza.
Soltanto quando
Dio ci concede la sua presenza, noi abbiamo la possibilità di pensarlo.
Per questo dico
che la nostra possibilità di pensare Dio, è puro dono di Dio ma è un dono che
non permane.
Gesù, abbiamo
detto che è l'esperienza della presenza del Dio tra noi.
Gesù è
concessione di Dio che si rende presente tra noi e Gesù dice: "Non sempre
avrete Me".
Altrove dice:
"Ancora per poco Io sono con voi, mi cercherete e non mi troverete, perché
dove Io sono, voi non potete venire".
Ecco l'anima di
tutto questo.
Abbiamo detto
che il tema è il significato dell'esperienza della presenza di Dio.
L'anima sta
qui.
Dove Lui è, noi
non possiamo andare.
Possiamo andare
soltanto quando Lui fa esperimentare la sua presenza a noi.
Cioè soltanto
quando Lui parla a noi.
Quando Lui ci
sfiora con la sua Luce.
Lì e soltanto
lì, noi abbiamo la grazia e la possibilità di passare al mondo di Dio.
Ma è una
possibilità, perché i figli di Dio sono liberi.
Quando la Luce
di Dio bussa alla nostra porta, rende noi liberi, non ci costringe.
È la Luce che
ci sfiora che rende noi liberi.
Ma è un attimo.
È un attimo che
noi non possiamo fermare.
O perlomeno, lo
fermiamo se ci dedichiamo, se dedichiamo ad esso il nostro pensiero.
Ma se non
dedichiamo il nostro pensiero, quell'attimo, come sfiora noi, immediatamente
svanisce.
Non possiamo
trattenerlo.
P.: Pensavo alla
responsabilità che abbiamo in quell'attimo. Quell'attimo non lo possiamo
fermare e tutto si gioca lì.
Penso che è un
attimo che ci rende liberi ma possiamo usare bene questa libertà, solo se siamo
coscienti, se siamo vigilanti, perché se no passa.
N.: È un attimo che
non ci rende liberi, è un attimo che ci apre la porta della libertà. E se non
ne approfittiamo noi restiamo nella nostra prigione.
Luigi: È una offerta di libertà. Gesù dice: "Gerusalemme, Gerusalemme,
quante volte ti ho cercata e tu non hai voluto, non hai conosciuto l'ora in cui
sei stata visitata, adesso non è più tempo".
C'è questo:
"Adesso non è più tempo".
N.: È un dono che
arriva nella nostra schiavitù, noi non ne siamo consapevoli.
È un dono che
arriva a noi senza di noi.
È la porta che ci
viene aperta, poi la nostra dedizione ci fa oltrepassare la porta.
La nostra non
dedizione non ci fa oltrepassare la porta.
Non è che ci
libera quella Luce, ci offre la possibilità.
Luigi: Certo.
Dobbiamo sempre
tenere presente che Dio non ci costringe, perché in Dio si è liberi.
In Dio non c'è
costrizione.
La Luce di Dio,
giungendo a noi, non ci costringe a seguirla.
Noi siamo
costretti prima.
Infatti,
trascurando la Parola di Dio, anche dopo subiamo la costrizione.
È soltanto in quel
punto, in cui la Luce di Dio ci sfiora, che noi non siamo costretti.
Altrimenti
siamo costretti.
Ci manca il
tempo: "Io vorrei occuparmi di questo ma non posso", siamo costretti.
Noi subiamo le
costrizioni perché non siamo liberi.
La libertà ci
viene concessa, soltanto in quel punto in cui Lui ci sfiora.
Lì proprio in
quanto è la Luce di Dio che arriva a noi, rende noi liberi di aderire o no.
In quel punto,
abbiamo la libertà che ci è data da questa grazia che arriva a noi.
Soltanto in
quanto Cristo parla a me del Padre, dà a me la possibilità di dedicarmi al
Padre, di occuparmi del Padre.
Se non mi
occupo del Padre, ho avuto questa possibilità, l'ho trascurata, adesso vengo
riassorbito nel mondo di prima e qui sono costretto a dedicarmi ad altro e quand'anche
sentissi parlare di Dio, io non posso dedicarmi a Dio.
Non abbiamo
solo degli uomini che ricadono nel mondo di prima ma, abbiamo proprio Gesù che
si allontana e che ritorna al Padre.
Qui abbiamo due
movimenti opposti.
Inizialmente,
nello stato di vita semplice, abbiamo due movimenti che tendono a unirsi, fino
a un punto d'incontro.
Abbiamo la fame
di Assoluto che tende verso l'Assoluto e abbiamo l'Assoluto che discende verso
questa fame.
In quel punto
lì, l'anima ha la possibilità di fare il passaggio.
Se non fa
questo passaggio, viene riassorbita dal mondo di prima e il Figlio di Dio, che
era arrivato fino a noi, ritorna al Padre.
Per questo Gesù
dice: "Non sempre avrete Me".
Anzi:
"Ancora per poco Io sono con voi".
"Affrettatevi
a camminare", ecco la dedizione.
La Luce è con
voi ma solo per poco.
"Affrettatevi
a camminare, fintanto che avete la Luce, altrimenti le tenebre vi
sorprendono".
Cosa sono
queste tenebre che ci sorprendono?
È il mondo vecchio
di prima, le mie vecchie ragioni mi riassorbono ed oramai, io non sono più
libero.
Non sono
nemmeno più libero di pensare a Dio.
Perché mi manca
il tempo.
"Oramai
non è più tempo".
Questo:
"Oramai non è più tempo" che dice a Gerusalemme, vuol dire che a
Gerusalemme viene a mancare il tempo.
Non ha più
tempo per occuparsi di Dio, perché è tanta la pressione del suo mondo che non
ha più tempo per occuparsi di Dio.
P.: Ma se invoca
e fa penitenza?
Luigi: Non dipende dalla nostra penitenza e non dipende dalla nostra invocazione.
N.: L'anima
ritorna in una condizione peggiore di prima ma a me non sembra. L'uomo a questo
punto ha sperimentato qualcosa della Luce, come quando i discepoli sul Tabor
dicono: "Facciamo una capanna per tutti e tre". L'uomo ha visto la
bellezza di quel momento. Gli resta il ricordo ma anche il rimpianto di
quell'attimo di grazia.
Io avevo portato
l'esempio del mio avere smesso di fumare e avere poi ripreso a fumare e poi del
periodo passato, sempre con il rimpianto di non aver perseverato nel non fumare
e dell'essere tornato schiavo del fumo.
Mi sembra che Dio
dice di perdonare settanta volte sette.
Arriverà un
giorno in cui non potrà più perdonare ma, prima di abbandonare l'uomo,
tenta ancora di riconquistarlo.
Io penso che lo riconquisti
anche con quel ricordo di quella Luce. Perché il ricordo di quella pace, quando
sei invece nella turbolenza, nella confusione, nel fastidio, nella
insoddisfazione, è un ricordo che crea in te un rimpianto.
È un ricordo che
tu non puoi più dimenticare.
Lo puoi anche
dimenticare, però ci vuole molta insensibilità e molta durezza d'animo.
Io che ho fatto
l'esperienza dello smettere di fumare, quando mi sveglio la notte perché ho
sognato di fumare, mi sveglio ancora arrabbiato adesso, perché mi chiedo chi mi
ha fatto far riprendere a fumare.
Allo stesso modo
mi dirò: "Chi me lo ha fatto fare di scartare Dio quando avevo l'occasione
di stare con Lui?".
Se Dio si
ripresenta, cercherò di essere più attento la seconda volta.
Certo che se Dio
non venisse incontro a me, io avrei perso la capacità di pensare a Dio, non
sarei più capace, però Dio non mi abbandona.
Luigi: Dio può sempre visitarti, perché anche nell'inferno Dio visita satana, Dio
vista il demonio, perché Dio si presenta a tutti.
Dio convoca anche
il demonio alla sua presenza.
È il demonio
che non può restare alla sua presenza.
Non è che Dio
non possa colloquiare con l'anima che non lo può accogliere.
Dio può
colloquiare ma è l'anima che non può restare.
Cosa vuole dire
rivelazione di presenza?
Vuole dire che
Dio, raccoglie noi, porta noi alla sua presenza.
Teniamo
presente che nella parabola di quelli che non vollero Lui come re, dice:
"Conduceteli e uccideteli alla mia presenza".
Tutte le parole
di Cristo sono profondissime.
Questo: "Uccideteli
alla mia presenza", ha un significato molto profondo.
Vuol dire che
Dio ci convoca alla sua presenza.
Tutti, buoni e
cattivi sono convocati alla sua presenza.
Tutti noi siamo
condotti alla sua presenza.
Non è detto che
noi possiamo vivere alla sua presenza.
Ognuno potrà
restare alla sua presenza per quanto avrà interiorizzato di Dio nel suo
pensiero, per quanto di Dio porterà dentro di sé.
Altrimenti non
può mica restare.
È un attimo in
cui uno vede, costata la coincidenza del suo bisogno d'Assoluto con l'Assoluto,
però non lo può afferrare.
N.: Chi è di noi
che non sia stato sfiorato dalla Luce di Dio e chi è di noi che non l'abbia
fatta stabile?
L'abbiamo persa
tutti.
Siamo tutti
ridiventati schiavi. Non si scandalizzi lei, è così.
Luigi: Noi stiamo osservando dove ci sta conducendo questo brano di Vangelo.
Quello che Dio
ci presenta in questo avvenimento, in questa scena, evidentemente se ce lo
presenta è per salvarci.
Non è per
dannarci.
Quindi Lui, in
quanto ci fa pensare a questo rischio in cui viene a trovarsi l'uomo, se ce lo
fa pensare, è perché noi abbiamo ad evitare questo rischio.
N.: Lo so ma, noi
che ci siamo già caduti, se sentiamo dire che oramai la Luce è passata e non
ritorna più non possiamo fare altro che dire che oramai siamo dannati, perduti.
Se invece Cristo
questo me lo dice perché non ci ricaschi una seconda o una terza volta.....
La Luce di Dio mi
è arrivata tante volte e io l'ho sempre persa o perlomeno non l'ho afferrata
completamente. Sono lì che faticosamente arranco. Lui mi dice: "Stai
attento che arriverà il momento in cui la perderai". Allora in quel modo
lì, io capisco Dio, lo ringrazio e gli chiedo però ancora di aiutarmi e di
avere pazienza.
Luigi: Teniamo presente che Gesù dice: "Quante volte (non una volta sola) ho
cercato", però ci fa capire che la nostra possibilità di pensare Dio, di
dedicarci a Dio, non è determinata da noi.
Il tempo non è
in mano nostra.
Quando Lui mi
visita, mi dà la possibilità di esperimentare la sua presenza.
Lui mi vuole fare
capire questo.
La possibilità
non è in mano mia.
Non è che io
gli possa dire: "Passa di qui a cinque minuti e io mi dedicherò a Te,
perché adesso sono occupato in altro". Non sono io che determino il tempo
con Dio.
Se io
determinassi il tempo con Dio, Dio non sarebbe più Dio.
Se io fossi
libero, Dio non sarebbe più Dio.
Io non sono
libero.
La libertà mi
viene soltanto in quanto Dio mi convoca alla sua presenza.
Lì nella sua
presenza io sono libero.
Ma è un attimo,
perché se passo a Dio quell'attimo diventa eternità e allora diventa tutto
presenza di Dio e resta tutto presenza di Dio ma, se non mi occupo di Dio,
quell'attimo è immediatamente scaduto.
N.: Così mi
convince di più. Sembrava che venisse una volta e poi mai più.
Luigi: No, no, la lezione è questa: farci capire che la nostra libertà esiste
soltanto in quanto Lui sta parlando con me.
Altrimenti io
non sono libero e se non sono libero non mi posso nemmeno occupare di Lui.
Cioè io non ho
tempo per Lui.
Non sono
libero.
La libertà mi
viene soltanto in quanto Lui mi visita.
Arriverà ancora
un giorno in cui Lui certamente mi visiterà ma, devo essere talmente preparato
da poter entrare nella veglia infinita.
Prima
superficialmente dico: "Se non posso oggi potrò domani, il tempo è mio,
sono libero".
No, l'uomo non
può occuparsi di Dio quando e come vuole.
E quando l'uomo
prega Dio, non è l'uomo che prega ma è Dio che lo visita.
E se Dio lo
visita, è Dio che gli dà la grazia di pregare.
Non è l'uomo
che decide di pregare.
P.: Quindi questo
ci illumina le esperienze negative del passato, quando abbiamo esperimentato la
schiavitù del mondo dopo essere stati sfiorati dalla Luce. In questa schiavitù
siamo caduti proprio perché non ci siamo dedicati alla Luce. Nello stesso tempo
ci ammonisce e ci dà una speranza per il futuro.
Ci rende
vigilanti.
Luigi: Lui parla proprio come ammonimento.
Tutto quello
che è avvenuto, è avvenuto perché non avvenga nella nostra vita.
Abbiamo visto
la lezione del diluvio di Noè.
Quel diluvio ha
colto di sorpresa tutta gente che non era preparata.
Quel diluvio è
avvenuto perché questo non avvenga anche nella mia vita.
Il diluvio
viene in questa vita, per ognuno di noi.
Per evitarci la
sorpresa e quindi per farci fare l'opera di Noè e non l'opera dei suoi
compaesani, ecco che Lui ce lo presenta prima che si verifichi nella nostra
vita.
Questa è Parola
di Dio e se è Parola di Dio, devo capire il significato che ha per me
personalmente.
Allora se io mi
dedico, allora capisco che quello è un ammonimento premonitore per evitarmi di
venirmi a trovare in quella situazione.
Avvisato ho la
possibilità: "Mi devo aspettare questo, quindi mi preparo in modo da non
essere sorpreso dal diluvio".
P.: Ci ammonisce
con questa parola e ci ammonisce proprio illuminandoci.
Luigi: La Parola di Dio ci fa prevedere il futuro, perché la Parola di Dio,
siccome parla nell'eternità, annuncia a noi le cose, prima che avvengano.
Affinché, per noi non avvengano.
Insomma, è
sempre quella parola della fine dei tempi e della fine del mondo.
"Vi dico
queste cose prima che avvengano, affinché siate fatti degni di scampare da
queste cose qui".
Vuole dire che
queste cose sono fatti personali.
Colui che ha
ricevuto la Parola di Dio, è fatto degno di scampare a queste cose.
Per cui due
vicinissimi uno all'altro, nello stesso letto o nella stessa mola, uno è
scampato da queste cose e l'altro non è scampato.
"Vi dico
queste cose prima" e allora tutto deriva da questa parola che noi abbiamo
ricevuto "prima".
Il che vuole
dire che questa parola mi annuncia il futuro.
Colui che l'ha
ricevuta, diventa capace di evitare la fine del mondo.
Cioè la vede
dal punto di vista di Dio.
"Chi viene
dietro di Me non subirà la morte".
FA.: Se io non
colgo la Luce di Dio la prima volta, la seconda sarà più difficile che io la
colga e la terza sarà ancora più difficile.
Luigi: Certo.
Diventa sempre
più difficile, è logico.
Perché io sento
sempre più il peso delle mie azioni di rifiuto alla Parola di Dio.
Ogni rifiuto
pesa su di me.
Però anche in
questo Dio supplisce, Dio ci aiuta, portandoci alla morte fisica.
FA.: Dio fa di
tutto.
Luigi: Dio fa di tutto per salvarci.
Con la morte
Lui annulla tutto di noi e ci lascia soli davanti a Lui.
FA.: Posso
chiedere una cosa riguardo a ieri sera? L'argomento di ieri era che Gesù non ha
bisogno della testimonianza degli uomini. Negli atti degli apostoli
invece dice: "Voi sarete miei testimoni", come si possono
conciliare le due cose?
Luigi: È logico, chi vive con Dio testimonia Dio.
Non è che Dio
abbia bisogno della testimonianza degli uomini.
È Dio che dà
testimonianza di Sé.
Ma chi vive con
Dio, non è che renda testimonianza a Dio ma è Dio che attraverso quell'uomo,
rende testimonianza di Sé.
San Paolo infatti
dice: "Non sono io che vivo, è Cristo che vive in me".
Il Cristo che
vive in noi, dà testimonianza di Sé.
Cioè,
attraverso noi dà testimonianza di Sé ma è Lui che dà testimonianza.
Non è l'uomo
che dà testimonianza.
FA.: "Io non
ricevo testimonianza dagli uomini".
Luigi: Quel rendere testimonianza a Dio, non è mandarli a rendere testimonianza a
Dio, non in questo senso ma è che vivendo con Dio, Dio stesso rende
testimonianza di Sé attraverso gli uomini.
Gli uomini che sono
uniti a Dio, rendono testimonianza di Dio.
Ognuno di noi
amando una cosa, rende testimonianza di quella cosa.
È quella cosa
in noi che si manifesta e che ci fa parlare.
Gesù dice
questo quasi a dire: "Voi sarete miei figli".
Non è un
impegno o un dovere: "Adesso vado a rendere testimonianza a Dio".
FA.: Gesù parla
direttamente all'anima e quindi non ha bisogno di intermediari.
Luigi: Si capisce.
F.: Questa Luce
bisogna conservarla.
Luigi: Non conservarla.
F.: Vivendola uno
la tiene.
Luigi: Ma allora bisogna precisare. Anche il talento della parabola viene
conservato sotto terra e poi è perduto.
Se la nostra
preoccupazione è solo di conservare, la partita è persa in partenza.
Si custodisce
un pensiero, in quanto si applica questo pensiero a-.
Quindi in quanto
applichiamo il nostro pensiero a-.
La Luce arriva
a noi, affinché noi dedichiamo il nostro pensiero a quello.
La Luce in
quanto arriva ci impegna, è una proposta, è un campo infinito, Dio è un
infinito.
In quanto
arriva a noi, ci propone di impegnarci a lavorare in questo infinito, nel
mistero di Dio.
Ci offre la
possibilità.
Se la Luce non
arriva a noi, noi non abbiamo questa possibilità.
Se la Luce
arriva a noi, quella ci offre la possibilità di occuparci del mistero di Dio.
Della verità di
Dio, di approfondire le cose di Dio.
Altrimenti ci
troviamo di fronte a una parete.
Noi restiamo in
questa Luce, nella misura in cui facciamo dell'argomento che essa ci ha
offerto, la nostra vita.
Lo facciamo
argomento della nostra vita, cioè l'impegno della nostra vita.
Noi abbiamo
realmente presente, ciò cui rivolgiamo il nostro pensiero, ciò in cui
impegniamo il nostro pensiero.
Non ciò che
portiamo nella memoria.
La presenza
attuale per noi è ciò cui noi dedichiamo il nostro pensiero.
Dio, giungendo a
noi, facendoci cioè fare l'esperienza della sua presenza, offre a noi la
possibilità di occupare il nostro pensiero in Lui.
Nella misura in
cui noi occupiamo il nostro pensiero in Lui, Lui è presente in noi.
Quindi Lui
prima ci convoca e si rende presente (esperienza di presenza).
Se noi
incominciamo a dedicare il nostro pensiero a Lui, se noi iniziamo ad occuparci
di Lui, adesso noi restiamo nella sua presenza.
Questa presenza
comincia a diventare una presenza stabile, perché?
Perché comincia
a diventare oggetto del mio pensiero.
Se noi non
occupiamo il nostro pensiero in Dio, immediatamente il nostro pensiero pensa ad
altre cose.
Perdiamo la
presenza di Dio.
Ma perdendo la
presenza, perdiamo la libertà.
La libertà di
occuparci di quello.
Noi viviamo in ciò
cui dedichiamo il nostro pensiero.
Più siamo
lontani da Dio e più il nostro pensiero è estremamente volubile: non riusciamo
più a fermarlo.
Questa estrema
volubilità, è la caratteristica propria della creatura.
Perché soltanto
in Dio, il nostro pensiero diventa stabile.
Diventa stabile
al punto che restando con Dio, raccoglie e contempla tutte le opere di Dio, nel
Pensiero stesso di Dio.
Cammina in
tutto senza muoversi da Dio.
Così come Dio
ha presente tutto senza spostarsi.
Così, anche
coloro che sono con Dio, hanno presente tutto e tutti senza muoversi da Dio.
Attualmente
invece noi, per avere presente qualcuno, dobbiamo correre da una cosa all'altra
e mentre corriamo da una perdiamo l'altra.
E non possiamo
raccogliere, non possiamo restare, siamo in continuo movimento, in continua
agitazione.
Prima di tutto
dobbiamo capire che la nostra possibilità di occuparci di Dio non è in noi.
Ci viene data
soltanto quando Dio ci visita.
Bisogna poi
capire in cosa consiste questa visita di Dio.
Perché quello è
il momento delicato in cui Dio ci offre la possibilità di pensare a Lui, di
occuparci di Lui.
Noi
generalmente ci riteniamo liberi e quindi riteniamo di poterci occupare di Dio
quando vogliamo noi.
No, tu non ti puoi
occupare di Dio quando tu vuoi, ti mancherà il tempo.
Se invece ti
accorgi che oggi Dio ti dà un po' di tempo (tempo interiore) per pensare a Lui,
stai attento che sei visitato da Dio....quindi affrettati.
F.: Noi non
possiamo pensare a una cosa che non è presente.
Luigi: Per cui se Dio non si rende presente, noi non possiamo pensarlo.
Se possiamo
pensarlo, questo è dono suo.
Se la decisione
è sua, noi non condizioniamo Lui.
Se noi
potessimo pensare Dio quando lo vorremmo, noi condizioneremmo Dio, perché lo
sorprenderemmo con il nostro pensiero.
È Lui che mi
visita e che mi dà la possibilità di pensarlo, quindi la scelta è sua.
F.: Qui adesso
che Gesù ritorna sul Monte degli Ulivi, è il momento in cui noi non possiamo
più pensare Dio?
Luigi: Certo.
Non possiamo
più pensarlo.
F.: Questo perché
Lui è tornato al Padre e noi a casa nostra?
Luigi: Certo.
I suoi
discepoli che lo hanno accompagnato sul Monte degli Ulivi, sono rimasti con
Lui, quelli che non possono pensarlo sono quelli che sono tornati alle loro
case, al loro mondo.
Appunto perché
non hanno percepito il tempo in cui sono stati visitati.
Ritornando nel
loro mondo, il loro mondo li copre di tanti fastidi, di tante preoccupazioni,
per cui non hanno più tempo per Dio e se sentono parlare ancora di Dio, per
loro sarà una cosa lontana e astratta, perché la loro realtà è diversa.
Non possono più
sfuggire a questa realtà, perché non sono più liberi.
La libertà è
data alla creatura solo dalla visita di Dio.
Dio è libero e
quando Dio visita la creatura, comunica questa sua libertà alla creatura.
Ma è una
offerta, perché la libertà è sempre in Dio.
Se la creatura
non passa a Dio, la creatura viene riassorbita nella sua schiavitù.
G.: La Luce, Dio ce
la dà quando vuole Lui e noi? Nell'attesa di questa Luce? Non possiamo pensarlo
se Lui non si fa pensare?
Luigi: Finché non ci visita restiamo al buio. Certamente.
Possiamo
sospirare o piangere.
Tutto l'antico
testamento è tutto una invocazione.
Perché c'è
tutto l'antico testamento?
Perché questo
sospiro continuo?
Perché l'uomo
sta esperimentando la sua impotenza.
"Non posso
toccare Dio".
"Non posso
giungere a Dio, Signore rivelami il tuo volto".
C'è questa fame
e questo bisogno, perché noi siamo una fame di Assoluto.
"Abramo
desiderò vedere il mio giorno".
Ma in questo
Abramo che desiderò vedere il giorno di Cristo c'è tutto l'antico testamento.
Tutto l'antico
testamento vuole vedere il volto di Dio ma, il volto di Dio dipende da Dio.
G.: Però devo
restare nell'attesa.
Luigi: Certo, è logico devo vegliare, restare nell'attesa.
Io posso
aspettare una telefonata ma, se l'altro non chiama, con tutto il mio desiderio
la telefonata non arriva.
Uno desidera la
telefonata però se dall'altra parte non si chiama....
Con Dio è lo
stesso.
Però questo
restare in attesa forma l'anima.
Rende l'anima
capace di gustare l'attesa.
Tanto più uno
ha desiderato una cosa e tanto più, quando quella cosa gli arriva, si dedica
tutto a quella, è tutto disponibile.
Se io attendo
intensamente la vita da qualcuno, io posso essere occupato in mille lavori ma,
quando questo qualcuno arriva, io pianto lì tutti i miei lavori per dedicarmi a
quel qualcuno.
Perché?
Ma perché è
tanto tempo che lo aspetto.
Tutto è segno.
Nella misura in
cui uno ha vegliato per-, la visita di quello diventa preziosissima.
Quando uno non
ha vegliato sufficientemente, quando quello arriva gli dice: "Aspetta
ancora un momento che devo finire questo lavoro".
I cinque minuti
passano e Lui se ne è già andato via.
N.: Colui che si
è dedicato è rimasto nel Pensiero di Dio, non è andato via.
P.: Possiamo
invocare, possiamo supplicare. Tu prima dicevi che chi supplica e chi invoca è
nel Pensiero di Dio. Invece se dici che non è possibile pensare a Dio dopo che
la Luce ci ha sfiorati....
Luigi: Un momento, precisiamo bene.
Il Pensiero di
Dio l'ha anche il demonio.
Il Pensiero di
Dio c'è sempre.
Nessuno lo
cancella, lasciamo stare l'invocazione o la non invocazione.
Il Pensiero di
Dio c'è sempre, è l'esperienza della presenza di Dio che non c'è sempre.
Noi abbiamo
parlato le domeniche scorse che ci sono questi due tipi di presenza.
C'è una
presenza che deriva dalla conoscenza e quella è vita eterna ma c'è un altra presenza
che viene concessa a noi, per dare a noi la possibilità di fare il passaggio.
Noi non
possiamo volere ciò che non conosciamo e Dio non lo conosciamo, se Dio non si
concede per primo a noi, a livello nostro, noi non possiamo passare a Lui.
Quando Lui ci
visita, magari concedendomi la caramella, mi offre adesso la possibilità di
pensare a Lui.
Per cui la
caramella la metto in un angolo, perché sto guardando a Dio.
Dio ti manda la
caramella perché tu alzi lo sguardo a Lui.
Mi offre la
possibilità adesso di guardarlo.
Guardandolo lo
conosco.
Conoscendolo,
adesso scopro un altra presenza.
N.: Lì si è nel
Pensiero di Dio e non sei nella schiavitù del mondo.
Luigi: L'esperienza di Dio dipende da Dio che si fa esperimentare nella
situazione in cui ci troviamo, nella situazione del nostro bisogno.
Se non
approfittiamo di questa presenza qui, il Pensiero di Dio rimane, rimane come
memoria ma non è operante.
P.: Tu hai detto
che la prima esperienza di presenza non dura.
Luigi: Non dura.
P.: Però se io mi
dedico?
Luigi: In questo caso dura.
P.: Ma poi
passa....
Luigi: In quanto ti dedichi, incominci a partecipare di una conoscenza.
P.: Poi dopo
sparisce questa esperienza di presenza?
Luigi: No, no, no.
Man mano che tu
ti dedichi a questa presenza, in quanto tu unisci il tuo pensiero a questa
presenza, non è una memoria.
Tu fai di
questa oggetto di vita.
Non di questa
esperienza fatta ma della presenza di Dio, fai di Dio l'oggetto del tuo
pensiero.
In quanto lo
fai oggetto del tuo pensiero, questo diventa conoscenza, conoscenza di Dio.
Più noi
dedichiamo il nostro pensiero a Dio e più partecipiamo della conoscenza di Dio.
Fino ad
arrivare poi dopo a quella scoperta della presenza di Dio che ti porta alla
conoscenza di Dio.
P.: Ma questa
esperienza di presenza va e viene, questo andare e venire, dipende dalla nostra
dedizione?
Dalla nostra
fedeltà o infedeltà oppure deriva dall'iniziativa di Dio? Anche una persona che
si dedichi costantemente a Dio fintanto che non è arrivata a Pentecoste non
esperimenta una presenza stabile di Dio.
Luigi: In quanto c'è dedizione, c'è interiorizzazione.
Attraverso la
dedizione del nostro pensiero si veglia.
Dio ci fa
esperimentare la sua presenza, nella situazione in cui noi ci troviamo, per
rivelarci che Lui c'è.
Io scoprendo
che Lui c'è, incomincio ad interessarmi di Lui.
A questo punto
qui non è soltanto più Lui che è venuto a me, adesso sono io che vado a Lui.
Qui c'è la
fusione di due pensieri.
Dalla fusione
di quei due pensieri, nasce la conoscenza.
P.: Prima di
Pentecoste?
Luigi: Prima di Pentecoste.
Incomincia a
nascere questa conoscenza che diventa patrimonio mio.
Mio perché non
è più soltanto Dio che si è rivelato a me, c'è la mia partecipazione.
Questa partecipazione
mi potenzia la dedizione a Dio, fino a quel livello di veglia infinita in cui
uno è tutto impegnato per conoscere il rapporto tra Figlio e Padre.
N.: Se uno è nel
Pensiero di Dio, è nel Pensiero di Dio, non è staccato da Dio.
Se uno seguita a
occuparsi di Dio ad ascoltare cassette da mattina a sera nel Pensiero di Dio è
a posto.
Vado avanti
facendo degli errori ma aumenta la mia fiducia in Dio, cresce il mio desiderio
di conoscerlo.
Il mio desiderio
di conoscere Dio non era al livello in cui è adesso: è diverso.
All'inizio avevo
paura che l'interesse per Dio mi prendesse tutto.
È una situazione
diversa.
Adesso invece ho
paura che non mi prenda tutto.
Non è la stessa
cosa.
Se io mi fermo a
pensare, o sono stupido o altrimenti prendo coscienza di essere in una
situazione completamente differente rispetto a dieci anni fa.
C.: Mi fa
ricordare l'episodio di Abramo, quando vengono i suoi amici a trovarlo. E
Abramo dice a questi suoi amici di non passare senza fermarsi. Bisogna essere
attenti alla visita di Dio e la sua deve essere una presenza che mi impegna.
Luigi: Lui mi visita, affinché io mi renda tutto disponibile per Lui.
Sapendo che
quel tempo in cui Lui mi visita, è una grazia particolare che può svanire se io
non mi dedico tutto a Lui.
Stasera abbiamo
la parabola degli invitati che si scusano e Dio dice: "Non assaggeranno la
mia cena in eterno".
Evidentemente
la visita del Signore, richiede da noi questa dedizione.
Se c'è questa
dedizione Lui rimane.
Se non c'è
questa dedizione non è che Lui scompaia.
Lui è sempre
presente.
Ma noi
esperimentiamo l'assenza.
È una assenza
tale che, nemmeno il Pensiero di Dio vale, per darci la grazia di potere
occuparci di Dio.
Perché è un
Pensiero di Dio che non è più efficace, perché non è più presente.
Abbiamo un
altra presenza in noi.
RI.: Non basta
ascoltare.
Luigi: La lezione di questa sera è proprio questa: non basta ascoltare.
Bisogna
personalmente dedicarsi a questo.
Perché quando
si ascolta è Dio che ci visita.
E quando Dio ci
visita, richiede da noi questa dedizione.
F.: Noi restando
in questa Luce che Dio ci manda, di Luce in Luce veniamo trasformati.
Luigi: Sì.
Ma teniamo ben
presente che questo restare è determinato dal dedicarsi a-.
Altrimenti i
termini sono sempre ambigui.
Certamente:
"Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole".
Però noi
possiamo pensare che sia un problema di memoria, di ricordare le sue parole.
Allora le
scrivo, le registro.
No, non è così.
Si resta nelle parole
in quanto ci si impegna ad approfondirle, per conoscere il suo pensiero.
Noi restiamo in
una cosa, in quanto dedichiamo il pensiero a quella.
In quanto
impegniamo il nostro pensiero in quella.
Ma come io
impegno il mio pensiero in quella cosa?
Impegno il mio
pensiero in quella parola, per arrivare a capire qualche cosa.
Ma se io non
sono interessato a capire, posso ricordarlo e ripeterlo mille volte ma intanto
il mio pensiero è occupato in altro.
A un certo
momento mi accorgo che è tutto uno sforzo inutile.
Lavoro a
freddo.
Quello non mi
prende, io sono preso da altro.
Perché noi
siamo presi là, dove il nostro pensiero si impegna.
Lì noi restiamo
presi, noi siamo attratti dal nostro pensiero.
Se il nostro pensiero
quindi si impegna in Dio, per conoscere, per capire quello che Dio gli ha fatto
arrivare (segno), se noi ci impegniamo per capire quello che Dio ci ha dato,
capire il suo pensiero, allora lì impegniamo il nostro pensiero.
Allora
restiamo.
In caso diverso
no.
Anche il verbo
"amare", noi lo possiamo tradurre soltanto con le labbra:
"Signore io ti amo con tutto il cuore", lo possiamo dire con le
labbra e noi ci inganniamo.
"Ma io
tutti i giorni dico al Signore che lo amo".
Guarda che il
Signore non osserva le tue parole ma osserva dove tu hai il pensiero.
Dio guarda ciò
in cui tu occupi il tuo pensiero.
Perché è lì il
tuo cuore (interesse).
Ed è anche lì
la tua vita, cioè, noi viviamo veramente ed abbiamo veramente presente ciò cui
dedichiamo il nostro pensiero, questa è la caratteristica dell'uomo.
Dove c'è il suo
pensiero, lì è veramente la presenza.
Tutto il resto
è tutto contorno.
T.: L'esperienza
della presenza di Dio è un segno.
Luigi: Certo.
T.: Non è
possibile, forse dico uno strafalcione...
Luigi: Dica pure, non abbia paura.
T.: Questo segno
è dono di Dio, dipende solo da Dio. Ma se noi riuscissimo a percepire l'assenza
di questa presenza come segno di presenza, si potrebbe trasformare anche questo
in conoscenza?
Luigi: Si capisce.
Si trasforma
perfettamente in presenza.
Certamente.
F.: Me lo
potresti spiegare un poco?
Luigi: È chiarissimo!
T.: L'esperienza
della presenza è un segno, è un segno che ci stimola a dedicare il pensiero a
questa presenza, per conoscerla e renderla stabile. Anche l'esperienza
dell'assenza può diventare motivo di presenza.
Luigi: Certamente.
N.: È quello che
dicevo io prima con altre parole.
Però è una cosa
che viene dopo avere esperimentato una volta la presenza.
Se non avessimo esperimentato
la presenza non sarebbe possibile.
Se noi abbiamo
esperimentato quella Luce là, averla persa, è un motivo di rimpianto.
Se noi lo vediamo
nel Pensiero di Dio, come motivo che Dio usa per riaccendere in noi quel desiderio,
quella fiamma, quel bisogno di arrivare alla sua vera presenza (conoscenza), è
logico che Dio trasforma tutto il negativo in positivo.
Trasforma Hitler
in positivo, pensa un po'.
Luigi: Penso che T. ha inteso quel concetto di assenza più in profondità.
N.: Allora
spiegami la maniera più profonda di intenderlo!
P.: Qualsiasi
cosa che vediamo come segno di Dio, porta la presenza di Dio se lo osserviamo
in profondità.
Se io
approfondisco il segno dell'assenza....
Luigi: Nell'assenza c'è una presenza.
Per cui se noi
approfondiamo, anche l'assenza è una presenza, è un segno di Dio, è un segno
della presenza di Dio.
N.: Dio ci ha già
dato la sua presenza nella creazione, all'inizio, è quello che volevi dire?
Luigi: No.
N.: La presenza
di Dio è già data in noi. Noi la presenza di Dio l'abbiamo già in noi, ci è
data senza di noi.
È quello che
volevi dire o è ancora qualcos'altro?
Luigi: Qualcos'altro ma non si può spiegare, quando il Signore te lo farà capire
te lo farà capire.
P.: A me succede
a volte di percepire l'assenza di Dio, come un suo modo di educarmi, di farmi
capire. Quest'assenza è un richiamo a Sé, è in quel senso lì?
Luigi: No.
N.: Ma quel senso
lì è lo stesso che ho detto io.
Luigi: No, è proprio l'assenza come segno di Dio.
Comunque lasciamo
stare.
P.: Gesù viene,
passa e va. Se noi non lo seguiamo subito lo perdiamo, è un po' il commento di
oggi.
Luigi: Sì va bene ma, una cosa è dire che Gesù viene, passa e va e un'altra cosa
è vedere questa esperienza di presenza come risposta a un bisogno dell'uomo,
perché questo bisogno che portiamo è proprio bisogno di Dio.
A un certo
momento nel bisogno di Dio, Dio fa fare a noi l'esperienza della sua presenza
che può essere l'ultimo segno ma noi non lo tratteniamo mica.
Noi all'ultimo
ci troveremo con Dio e bisogno di Dio.
Tutto il resto
sarà sparito.
Noi saremo
tutta fame di Dio, tutto bisogno di Dio e ci sarà Dio come risposta a questo
bisogno.
Non è detto che
noi si possa restare.
Noi capiamo che
Lui è la risposta al mio bisogno, capiamo questo ma, non possiamo restare.
P.: Cosa è
successo?
Luigi: Abbiamo perso la capacità di restare.
Noi siamo
essenzialmente bisogno di Assoluto.
Non è detto che
questo bisogno di Assoluto, incontrando l'Assoluto sappia restare.
Qui abbiamo l'esperienza
della presenza di Dio a livello del nostro bisogno.
Bisogno di Dio
ma è presenza a livello del nostro bisogno di Dio.
Non è
conoscenza di Dio per quello che Lui è.
Fintanto che
noi non arriviamo alla presenza di Dio derivata dalla conoscenza di Dio, la
presenza non resta in noi.
Perché è
presenza a livello del bisogno.
Dio si rivela
al livello del mio bisogno ma io non lo posso trattenere.
È un segno.
Dio opera per
la salvezza, sia chiaro, però Dio dice di stare attenti che può venire come un
ladro di notte.
F.: L'assenza mi
invita a cercare Dio per quello che è e non per quello che mi doma. Quando Lui
soddisfa il mio bisogno, mi dà qualche cosa.
Luigi: Certo e mi fa esperimentare la sua presenza.
F.: Nell'assenza
io sono stimolato a cercarlo non perché mi dia qualcosa ma proprio per trovare
Lui.
P.: Per quello
che Lui è.
F.: Sì, per
quello che Lui è, non per quello che mi può dare.
Luigi: No, un momento, nell'assenza di Dio...
Se io vedo
nell'assenza di Dio la presenza di Dio, sono con Dio, altrimenti non vedo
nell'assenza, la presenza di Dio.
Sia chiaro, non
la vedo mica.
Nell'assenza di
Dio, io ho i problemi di casa mia e soltanto i problemi di casa mia e sono
preso da questi problemi qui, per cui io non sono più libero per Dio.
Anche se sento parlare
di Dio, oramai sono talmente preso dai miei problemi che non ho più tempo, non
ho tempo interiore per Lui.
Il tempo
interiore è grazia sua, quando Lui mi visita.
A quel punto
lì, quando uno viene a casa mia, mi offre la possibilità di fermarmi con Lui.
Ma questo
fermarmi con Lui, richiede che io sospenda ogni altra preoccupazione, ogni
altro lavoro.
Lui venendo mi
dà questa grazia, questa possibilità ma non è detto che io sospenda ogni altro
lavoro.
Ma se Lui non
viene a casa mia, ogni altro lavoro mi occupa certamente.
Io sono tutto
occupato nei miei lavori e il Pensiero di Dio non funziona mica.
F.: L'altra volta
hai detto che l'assenza e la presenza non si staccano, se c'è uno c'è anche
l'altra.
Luigi: Certo.
F.: Quindi in quest'assenza
c'è una presenza.
Luigi: Certo.
F.: Nell'assenza,
questa presenza qui mi provoca, mi stimola alla ricerca della presenza.
Luigi: Certo.
F.: Questo
stimolo che io ho adesso a riprendere il rapporto con il Signore, quindi a
entrare in questa presenza, avviene cercando Dio per quello che Dio è?
N.: Non
necessariamente.
Luigi: Non ho capito bene la tua domanda.
N.: Lui dice che
nell'assenza non posso cercare altro che la vera presenza di Dio, cioè la
conoscenza di Dio. Ma io non la vedo così.
Nell'assenza di
Dio, io posso cercare ancora quella presenza che risponde a un mio bisogno e
accontentarmi di quella e non cercare la conoscenza.
C.: L'importanza
di capire l'ora in cui si è visitati da Dio.
Luigi: Sì, perché possiamo non accorgercene.
G.: L'importanza
di dedicare il pensiero a Dio.
N.: Dio mi invita
a noi perdere gli autobus che potrebbero portarmi a casa mia, potrei arrivare a
perdere l'ultimo.
Luigi: E sì perché dopo una certa ora gli autobus non passano più.
N.: Quelli di Dio
non sappiamo a che ora terminano il servizio. A me è capitato una volta che ero
ad Albisola e mi sono detto: "Prenderò un autobus più tardi",
poi mi sono informato e mi hanno detto che l'ultimo era alle otto.
Luigi: E lo hai perso?
N.: No, sono
partito prima, avevo ancora da fare ma l'ho lasciato per prendere l'autobus
delle otto.
T.: Ci vuole
molta umiltà di pensiero per riconoscere che ogni occasione è provocata da Dio.
F.: Continuare
sempre a guardare a Dio.
FA.: Devo
desiderare molto la sua venuta, perché se la desidero sono vigilante, una cosa
che si desidera, uno la riceve con gioia.
Luigi: Infatti Gesù raccomanda proprio quello.
FA.: Se una cosa
la si attende, quando arriva non la si lascia passare.
Luigi: Si è pronti e disponibili.
P.: La funzione
dell'esperienza di presenza e quella di farmi fare il passaggio a dove va Lui,
Lui va al Padre. Lui non si ferma con me ma va al Monte degli Ulivi simbolo di
preghiera, di distacco dal mondo e di avvicinamento al Padre.
Questo mi fa
capire che questo passaggio non posso farlo io, quando voglio io.
Mi ha colpito il
fatto che io non posso pensare Dio quando voglio, perché Lui sarebbe sorpreso.
Luigi: Sì.
P.: È una cosa
lapalissiana, però è vero. Dipende tutto da Lui.
Luigi: Lui non può essere sorpreso dal mio pensiero, l'iniziativa non può essere
mia.
Se no Lui non
sarebbe più Dio.
Sarebbe
condizionato.
P.: Non c'è
proprio niente che non dipenda da Lui.
Gesù si avviò allora verso
il monte degli Ulivi. Gv 8 Vs 1 Secondo tema.
Titolo: Importanza
della preparazione, per poterci dedicare alla Luce che ci sfiora.
Argomenti: Le
due presenze di Dio. Ascolto della Verità. Il battesimo
di Giovanni Battista. L'attrazione
del Padre. L'immacolata
Concezione e il
suo significato.
8/Dicembre/1983 Casa di preghiera
Fossano.
Restiamo ancora di fronte a
questa scena, che abbiamo collegato con l'ultimo versetto del capitolo sette.
In cui si disse che i capi
dei sacerdoti ed i farisei, dopo essere stati sfiorati dalla Luce, se ne
tornarono, ciascuno a casa sua.
Abbiamo visto quindi questa
scena, questo confronto, tra i farisei che se ne ritornano a casa loro e Gesù
che se ne va al Monte degli Ulivi.
Cioè, le distanze
aumentano.
Quando l'uomo non è
preparato, perde l'esperienza della presenza di Dio, nell'attimo stesso in cui
l'attinge.
Abbiamo visto che la Luce,
ci fa esperimentare la presenza di Dio.
Nella nostra vita,
parecchie volte, Dio ci fa esperimentare la sua presenza.
Ma poi, questa presenza
resta memoria.
Non riusciamo a vivere in
essa.
Non riusciamo a farla
nostra vita.
Ed abbiamo anche visto il perché.
L'esperienza della presenza
di Dio, è al livello dei nostri bisogni.
Non è a livello della
conoscenza.
E fintanto che la presenza
di Dio non è a livello della conoscenza di Dio, noi non possiamo restare in
essa.
É solo la conoscenza della
presenza di Dio, a cui noi tutto dobbiamo riferire e riportare che dà a noi la
stabilità.
La salvezza sta nel
conoscere la Verità.
Dio vuole che tutti si
salvino e giungano a conoscere la Verità.
La salvezza sta nella
conoscenza della Verità.
Conoscerete la Verità e la
Verità vi farà liberi.
Quando l'uomo non è
preparato?
Questo ci fa riflettere sul
problema della preparazione, come condizione necessaria, affinché incontrando
la Luce data dalla presenza di Dio, ci sia la possibilità di dedicarci a ciò
che la Luce ci propone.
La Luce di Dio, quando
arriva a noi, si propone a noi, si offre come un impegno.
Nicodemo qui ha proposto
una strada, la strada dell'ascolto: "Forse che la nostra legge giudica qualcuno
prima di ascoltarlo?".
Invitava ad ascoltare Gesù
prima di giudicarlo.
Questo è il grande problema
della Verità.
La Verità ci invita ad
ascoltarla, prima di giudicarla, prima di escluderla dalla nostra vita.
La Verità chiede soltanto
di essere ascoltata e di essere conosciuta.
La Verità non ha paura di
essere conosciuta, di essere cercata.
"Scrutatemi e Mi
conoscerete".
Tutte le cose il Signore ha
fatto, per portare noi nella ricerca della sua Verità.
L'unico timore (se possiamo
chiamarlo così) della Verità è quello di essere ignorata.
É l'indifferenza.
Abbiamo detto che tutto
dipende dalla preparazione.
La preparazione
all'Avvento.
Ma in che cosa consiste
questa preparazione?
Domenica prossima, vedremo nel Vangelo
che, quando i discepoli di Giovanni Battista arrivano a Gesù, a nome di
Giovanni Battista, per interrogare Gesù:"Sei Tu Colui che deve
venire?", Gesù dà una risposta particolare.
Gesù dice: " Andate e
riferite a Giovanni, tutto quello che vedete, tutto quello che udite".
É una risposta che, come
tutte le parole di Gesù ha una profondità.
"Riferite a Giovanni,
tutto quello che vedete, tutto quello che udite".
Teniamo presente che è
Parola di Dio.
Parola universale, Parola
per ognuno di noi.
Gesù dice ad ognuno di noi:
"Riferite a Giovanni tutto quello che vedete, tutto quello che
udite".
Cioè riferite tutto quello
che vi accade.
Tutto quello che vedete,
tutto quello che udite, riferitelo a Giovanni.
Cosa vuole dire riferire a
Giovanni?
Giovanni è la preparazione.
La preparazione
all'incontro con la Luce di Dio.
E proprio per formarci in questa
preparazione che Gesù dice: "Andate e riferite tutto a Giovanni".
Cioè, tutte le cose che voi
vedete e tutte le cose che voi udite, che sono tutte cose che Dio vi manda,
riferitele a questa preparazione.
In che cosa consiste questa
preparazione di Giovanni?
L'abbiamo visto molte
volte, la preparazione sta sopratutto nella giustizia.
Dare a Dio quello che è di
Dio.
Riportare e riferire tutto
a Dio.
Tutto viene da Dio e tutto
va riportato a Dio.
Questo è il battesimo di
Giovanni Battista.
Quindi tutte le cose che
arrivano a noi vanno riferite a questa giustizia.
Da questa giustizia nasce
l'interesse, nasce l'amore.
L'amore tende a vedere
tutto come lo vede l'essere amato.
L'amore tende ad ascoltare
tutto ciò che dice l'essere amato, a desiderare di capire, tutto ciò che
capisce e tutto ciò che fa l'essere amato.
Perché l'amore si
trasferisce nell'essere amato.
Vive nel pensiero
dell'altro.
E vivendo nel pensiero
dell'altro, si sistema nel pensiero dell'altro.
E allora per questo, tende
a vedere tutto dal punto di vista dell'altro.
Abbiamo tutta l'opera di
Dio: "Andate e riferite a Giovanni tutto quello che vedete, tutto quello
che udite", quindi tutta l'opera di Dio che giunge a noi va riportata in
questa preparazione che si conclude in questo amore.
Teniamo presente che Gesù dice:
"Nessuno può venire a Me, se non è attratto dal Padre", cioè se non
entra in questo amore, in questo amore per Dio.
Questo amore che desidera
vedere tutte le cose dal punto di vista di Dio, che desidera conoscere Dio,
questa è l'attrazione del Padre.
Ma questa attrazione del
Padre, ha come fondamento questa giustizia.
Tutto quello che tu vedi,
tutto quello che ascolti, tu riportalo a Dio, perché soltanto riportandolo a Dio,
facendo questo atto di giustizia, nasce in te l'interesse principale per Dio ed
entri nell'amore, nell'attrazione per Dio.
La quale poi ti porterà ad
incontrare Gesù, ma ti porterà ad incontrarlo "bene".
Gesù rappresenta
l'esperienza della presenza di Dio tra noi.
Il Gesù che nasce a Natale,
è la rivelazione della presenza del Dio tra noi.
In Lui noi abbiamo,
l'esperienza della presenza di Dio in mezzo a noi.
Però abbiamo detto fin
dall'inizio che chi non è preparato, perde l'esperienza di questa presenza, nel
momento stesso in cui l'attinge: non può restare.
Cioè, ripete quello che
hanno fatto questi capi dei sacerdoti, questi farisei.
Di fronte alla Luce che li
ha sfiorati, non hanno potuto sostare, non hanno potuto restare.
Sono ritornati a casa loro,
sono ritornati nel loro mondo, nelle loro ragioni di vita, nei loro interessi,
nei loro problemi, nei loro argomenti, sono cioè, rientrati nella loro
soggettività.
Non hanno potuto passare
nel mondo della Luce, nel mondo di Dio.
Non hanno potuto entrare nel
mondo dell'oggettività di Dio.
E quindi non hanno potuto
attingere la certezza.
Perché fintanto che noi
siamo immersi nel mondo della nostra soggettività, noi siamo immersi in un
dubbio da cui certamente non ne possiamo uscire, perché non è nel pensiero del
nostro io che noi possiamo attingere Dio, non è nel pensiero del nostro io che
noi possiamo toccare la Verità e quindi entrare nel mondo della certezza.
Fintanto che siamo nel
pensiero del nostro io, noi siamo chiusi in una prigione di dubbi.
Noi entriamo in questa
preparazione, soltanto se riferiamo tutte le cose che Dio ci presenta a
Giovanni Battista, cioè se le riferiamo a questa preparazione.
Soltanto in questa
preparazione, noi incontrando Gesù (facendo l'esperienza della presenza di Dio)
possiamo passare al suo mondo, possiamo cioè restare con Lui.
A questo punto ci è facile
capire perché nell'Avvento noi troviamo due figure: la figura di Giovanni
Battista e l'Immacolata Concezione.
Giovanni Battista è la
preparazione.
L'Immacolata Concezione è la
realizzazione di questa preparazione.
Abbiamo detto che tutta la
preparazione è fondata su questo battesimo di giustizia, con cui noi riportiamo
a Dio tutte le cose che Lui ci manda.
In questo riportare nasce
in noi l'interesse, nasce in noi l'amore.
La realizzazione di questo
amore che vede tutto dal punto di vista di Dio, che ascolta solo Dio è
l'Immacolata Concezione.
É questa creatura, come
l'ha concepita Dio.
Non macchiata dal mondo.
Noi il più delle volte ci
riteniamo figli del mondo.
Dio ci ha creati per essere
figli suoi.
Fintanto che noi nutriamo
desideri del mondo, noi siamo macchiati dal mondo.
Maria è la personificazione
della preparazione, all'incontro con Gesù, all'incontro con il Cristo.
All'incontro cioè con questa
esperienza della presenza di Dio tra noi.
Queste due figure sono
essenziali nell'avvento, per aiutare noi a vedere quale è il cammino e quale è
la meta della preparazione.
Per poter arrivare al
Natale, cioè a questa esperienza della presenza di Dio ed a potere restare.
DN.: Per amare
veramente una persona bisogna prima conoscerla a fondo.
Soprattutto se
noi ci fermiamo possiamo conoscere pregi e difetti e allora vediamo se possiamo
fare la strada insieme con questa persona.
Con Dio la cosa è
ovviamente superiore. Se c'è la scintilla, se Lui ci chiama e noi riusciamo a
fermarci e osservarlo e vedere questa sua grandezza, ne restiamo abbagliati.
Poi ci diviene
impossibile staccarci da Lui, senza conoscerlo fino in fondo, perché Egli è
sublime. E allora fermandoci con Lui sentiamo proprio il bisogno di staccarsi
da tutto il resto, perché Lui ci basta, Lui colma tutto, è una fonte assoluta,
non manca di nulla, quindi tutto il resto è un complemento.
E allora ne vale
la pena conoscerlo fino in fondo.
P.: L'importanza
di questa preparazione che deve esserci in noi, quando siamo sfiorati dalla
Luce di Dio. Se una Luce mi raggiunge, io non posso rimanere in essa se non
sono attratta da essa, cioè se non ho interesse per ciò che la Luce mi propone.
Luigi: La Luce è sempre una proposta. Quando c'è una proposta,
per aderirvi, bisogna sempre lasciare qualche cosa. Allora se uno non è
preparato, non sta tanto attento alla proposta ma è molto attento a quello che
deve lasciare.
E allora guardando quello
che deve lasciare, non ce la fa.
E allora non può restare e
allora la Luce si ritira sul monte e noi ci chiudiamo nel nostro mondo.
Nel nostro vecchio mondo
che diventa sempre più vecchio, sempre più monotono, sempre più routine, sempre
più abitudine e sempre con meno anima.
Magari prima c'era la
speranza di un mondo nuovo, adesso avendoci sfiorato questo mondo nuovo e viste
le esigenze di questo mondo nuovo, avendolo lasciato, oramai non c'è più
speranza.
P.: Questa
preparazione è una dimensione interiore che consiste nell'interesse e
nell'amore a cui ci porta la giustizia essenziale.
Luigi: Dio ci manda tutte le cose (notizie, parole, fatti)
perché noi le riferiamo a questa presenza qui.
P.: É un dialogo con Dio.
Luigi: Ci fa capire anche come sia possibile recuperare la fede
quando noi la perdiamo ma sempre attraverso questa preparazione.
Perché questi discepoli di
Giovanni che erano stati mandati da Giovanni, erano legati a Giovanni e avevano
bisogno di capire questo. E Gesù anziché farli restare con Sé dice loro:
"Andate e riferite a Giovanni, tutto quello che avete visto e avete
veduto".
Ci fa capire che l'opera di
Dio nel nostro mondo, tra noi, quando noi non siamo convinti, è quella di
invitarci a riferire tutto alla preparazione.
P.:
Riferire tutto a Dio.
Luigi: Tutto a Dio ma questo Dio sta nel riportare con giustizia
ogni cosa a Dio.
Perché proprio attraverso
questo rapporto con Dio, si forma in noi la conoscenza di Dio che non è ancora
vera conoscenza, sia chiaro. É conoscenza soltanto come valore, come
importanza, è una conoscenza per valore.
Questa conoscenza ci porta
poi dopo a quell'amore, a quella dedizione della Madonna, capace poi dopo di
generare il verbo.
P.: Per giungere
poi alla vera conoscenza.
Luigi: No, alla vera conoscenza giungiamo solo attraverso il
Cristo.
Però il Cristo è
l'esperienza della presenza di Dio tra noi.
Quell'esperienza di cui
abbiamo parlato molte volte e che coincide con il fatto che Dio soddisfa un
nostro bisogno.
In quanto Dio viene
incontro a un nostro bisogno, ci fa fare esperienza della sua presenza. Ma
questa esperienza della sua presenza non è conoscenza, per cui noi non
restiamo.
Se non siamo preparati,
come noi esperimentiamo questa presenza, immediatamente la perdiamo. Resta la
memoria. La memoria di un momento felice. Desidero una caramella e Dio mi ha
mandato la caramella: "Come è buono Dio".
Resta la memoria ma la
presenza l'abbiamo persa.
P.: Cioè mi lego
al dono ma, non scatta l'interesse per la persona.
Luigi: Certo.
DN.: Quando c'è
l'amore profondo non è possibile non restare con la persona amata, anche quando
è lontana, il mio pensiero è sempre rivolto alla persona amata. Quando ho visto
che in Dio ho tutto, come faccio a non amarlo?
Luigi: L'amore puro della Madonna, è proprio quello che tende a
vedere tutte le cose dal punto di vista di Dio: "Non conosco uomo",
quindi lei è puro ascolto, puro sguardo rivolto a Dio.
Tutte le cose le riferisce
a Dio.
Allora avendo qui tutte le
cose riferite a Lui, c'è la possibilità di restare.
DN.: Si è
impossibilitati a non restare. La nostra vita sta in lui e il nostro bisogno
sta in Lui.
Luigi: Per potere restare, bisogna essere convinti.
Come nasce questa
convinzione?
Attraverso questa
preparazione.
Se invece noi siamo
sorpresi dalla sua venuta, non avendo fatto la preparazione, vediamo soltanto
il sacrificio che dobbiamo fare.
"Chiede troppo, devo
lasciare questo e quell'altro".
Chi ama non vede mai il
sacrificio, invece chi non ama vede il sacrificio.
DN.: Anche le
piccole cose diventano un sacrificio.
Luigi: Ma qualunque cosa.
Qualunque cosa diventa un
ostacolo insormontabile quando non c'è l'amore.
Quando c'è l'amore invece,
anche i sacrifici più grossi non si vedono nemmeno, anzi, diventano motivo di
gioia, perché sono un motivo per testimoniare l'amore.
FA.: Devo
chiedere una spiegazione della volta scorsa. Lei aveva spiegato che noi
esperimentiamo la presenza provvisoria di Dio, perché attraverso questa
possiamo arrivare alla presenza stabile.
Luigi: Certo.
FA.: Però questa
gente che se ne ritorna a casa sua, non ha fatto questa esperienza di presenza.
Sono stati sfiorati dalla Luce...
Luigi: Non erano preparati.
FA.: A me quando
la Luce mi ha sfiorata, mi ha fatto capire ciò per cui devo vivere, magari non
ci riesco per debolezza ma, questi giudei che sono stati sfiorati dalla Luce
non mi pare che abbiano questa consapevolezza.
Luigi: Certo.
FA.: Ma non hanno
fatto nessuna esperienza di presenza.
Luigi: No, l'esperienza è stata fatta.
Infatti Nicodemo ha detto:
"Prima di giudicare non dobbiamo forse ascoltare?".
"La legge ci autorizza
a giudicarlo senza averlo ascoltato?".
Di fronte a questo, è la
Luce che ci sfiora.
"Certo, io non posso
condannare a morte uno che non conosco, prima lo devo conoscere", vedi che
qui la Luce sfiora?
É un invito ad ascoltare,
cioè è un invito ad ascoltare Gesù.
É un invito ad ascoltare il
Cristo.
Ora, questo invito ad
ascoltare Cristo è vero: noi dobbiamo ascoltare prima di condannare.
Qui abbiamo la Luce, perché
la Luce è sempre una proposta.
É una proposta che trova
corrispondenza con la Verità dentro di noi.
Perché Dio è dentro di noi:
"Questo è vero, questo è giusto", allora vedendo questo, uno deve
aderirvi, se è disponibile.
Se non è disponibile è
perché entra in gioco il pensiero del suo io, il pensiero di quello che deve
lasciare e allora naturalmente dà una risposta superba, come questi giudei
hanno dato una risposta superba.
Hanno detto: "No,
guarda che tu sei ignorante, vatti a studiare la legge e capirai che le cose
sono diverse".
Ecco la risposta superba
dell'uomo che essendo cieco, crede di vedere.
FA.: Ma allora la
Luce precede sempre l'esperienza della presenza di Dio nel nostro bisogno?
Quando la Luce ci sfiora, noi non abbiamo ancora fatto esperienza della
presenza di Dio.
Luigi: No, quando questa Luce ci sfiora, dovrebbe trovare in noi
già l'animo preparato, per poterla seguire.
L'animo per essere
preparato, deve avere accolto questo battesimo di giustizia del Giovanni
Battista.
Cioè questo riferire tutto
a Dio.
Se non riferisce tutto a
Dio, cosa succede?
Dio quando crea l'uomo, lo
crea aperto all'ascolto.
Adamo era tutto aperto
all'ascolto e colloquiava sempre con Dio.
Tutti noi possiamo
osservare e esperimentare che quando si è bambini, si è tutti aperti
all'ascolto, man mano che la vita passa, noi ci chiudiamo sempre più su
interessi limitati.
Interessi limitati cosa
vuole dire?
Vuol dire che a un certo
punto non siamo in grado di ascoltare altro se non quello che interessa magari
il pensiero del nostro io.
L'uomo vecchio è un uomo
che non è più capace ad ascoltare, sa solo più parlare di sé, della sua vita,
dei suoi ricordi ma, non è più capace ad ascoltare.
Cosa è successo?
Tra il principio e la fine
cosa è successo?
É entrato in lui tutto un mondo,
che non è stato riferito a Dio.
Man mano che noi viviamo,
noi non possiamo non fare esperienze, cioè non ricevere tutto quello che tu
vedi e tutto quello che tu ascolti.
Tutti i giorni noi vediamo
ed ascoltiamo qualche cosa.
Stai attento che tutto quello
che ti arriva, tu lo devi riferire a Dio.
Perché è tutta una
preparazione per te, all'incontro con Dio.
Quindi stai attento a non
accumularlo soltanto dentro di te, senza riferirlo a Dio.
Perché questo ti renderà
sordo.
Il giorno in cui Dio farà sentire
la sua presenza, tu non potrai ascoltarlo.
Cioè l'uomo diventa sordo e
dopo essere diventato sordo, diventa anche muto, perché tutte le cose che dirà,
saranno niente, dirà niente.
Parleremo magari da mattina
a sera ma non diremo più niente.
Tutto questo dipende dal
fatto che tutto quello che noi riceviamo, non lo riportiamo a Dio.
Se lo riportiamo a Dio,
allora tutto ci apre all'ascolto di Dio, ci rende Dio estremamente
interessante, ci fa entrare nell'amore, se lo riferiamo a Dio.
Se non lo riferiamo a Dio,
ci rende sordi all'ascolto di Dio.
Perché ci rende soltanto
più aperti a quello che riguarda il pensiero del nostro io, a quello che
riguarda la nostra vita, ma diventiamo refrattari a tutto il resto, non
possiamo più accoglierlo.
C'è una chiusura su tutto.
FA.: Le
concessioni che Dio ci fa sono provvisorie e seguono questa Luce che ci sfiora?
Sono successive?
Luigi: Questa Luce di Dio è già concessione.
Il Cristo è una
concessione.
Ogni esperienza noi la
facciamo al livello del nostro bisogno.
Io faccio sempre l'esempio
stupido della caramella: desidero una caramella e se arriva e io credo in Dio
gli dico: "Grazie Signore che mi hai fatto arrivare proprio quello che
desideravo".
Ognuno vivendo porta con sé
dei desideri, come questi desideri vengono soddisfatti diciamo: "Signore
come sei buono!".
Esperimentiamo la bontà di
Dio, siamo sfiorati da questo, però se a questo punto qui il Signore ci
presenta qualche sua esigenza, noi diciamo al Signore: "No, adesso basta,
Tu esigi qualcosa da me?!".
Cioè non siamo disposti a
fare il passaggio per restare con Lui.
Lui mi ha dato la caramella
ma per rendermi attento non al dono della caramella.
Se io sono chiuso nel
pensiero del mio io, io dico grazie e mi mangio la caramella ma Lui non lo
guardo.
Sono i dieci lebbrosi che
sono stati guariti, uno solo è tornato.
La salvezza sta in questo
uno che è tornato, gli altri no.
Gli altri sono stati tutti
guariti ma non salvati.
La fede che ha salvato è
stata solo per uno ed era uno straniero.
Guarda gli stranieri (stranieri
nei confronti di Dio) come sanno amare e come sanno credere.
Hanno ricevuto tutti il
dono e la guarigione, avevano bisogno tutti di essere guariti, sono stati
guariti, quindi hanno fatto esperienza, han ricevuto il dono e han preferito il
dono al donatore.
C'è stato uno che ha
preferito il donatore.
É ritornato indietro a
conoscere Colui che lo aveva guarito.
Tutti i doni che Dio ci fa,
ce li fa, perché noi rivolgiamo la nostra attenzione a Lui che ci manda i doni.
Se noi pensiamo tanto a noi
stessi, noi preferiamo i doni a Lui, allora questo è segno che noi abbiamo il
pensiero del nostro io al centro.
Se noi invece apparteniamo
alla fede, apparteniamo all'amore, noi di fronte ai doni che Lui ci manda,
guardiamo più Lui che i doni stessi.
DN.: Ma se
pensiamo veramente al nostro bene, dobbiamo guardare Lui.
Luigi: Ma per vedere il nostro vero bene dobbiamo guardare Dio.
Se non guardiamo a Dio noi
non possiamo capire il nostro vero bene.
Nel pensiero del nostro io
i nostri beni sono di una certa categoria, nel Pensiero di Dio sono tutta un
altra categoria.
Nel pensiero del nostro io
i nostri beni saranno la villa, l'automobile, la ricchezza, la famiglia, tutto
quel mio mondo e se prego Dio, prego Dio affinché mi dia questi beni.
Nel Pensiero di Dio le cose
sono ben diverse.
Per il giovane ricco, la
sua ricchezza era un bene, per Gesù non era un bene.
Anzi, questo è un ostacolo,
ed è questo che ti impedisce di entrare nella vita eterna.
"Dallo via, dallo ai
poveri, poi vieni dietro di me e avrai la vita eterna".
Questo vuole dire che, per
il giovane ricco, il vero bene era un altro, non era Gesù.
Il che vuole dire che noi,
nel pensiero del nostro io vediamo le cose sbagliate, anche come valori,
vediamo le cose sfasate.
Tutte le cose che tu vedi,
tutte le cose che ascolti riportale sempre a Dio, riferiscile a Dio.
Questa è la preparazione.
Allora quando Dio ti farà
fare l'esperienza della sua Luce, tu farai il passaggio perché sarai preparata.
DN.: Dio devo
prenderlo per quello che è, non per quello che mi dà.
Luigi: Si capisce.
SI.: L'immacolata
concezione della Madonna....
Luigi: É questa creatura che ha realizzato la preparazione.
In lei si è realizzata la
preparazione.
SI.: La Madonna è
così come l'ha concepita Dio.
Luigi: Sì.
SI.: Ed è lei che
genera il verbo. Io pensavo che la creatura, così come la vuole Dio, sia già la
creatura che è con Dio e quindi è già a Pentecoste.
Luigi: No. La Vergine non è a Pentecoste.
SI.: Ma per
generare il verbo bisogna essere come la Vergine? Noi da soli non possiamo
diventare come la Vergine, abbiamo bisogno di Cristo, è una cosa che non riesco
a capire bene.
Luigi: Siamo chiamati a generare anche noi il Verbo di Dio in
noi, attraverso l'opera dell'amore di Dio.
La Vergine ha concepito per
opera dello Spirito Santo.
Non era però giunta a
Pentecoste.
Cosa è questo concepire per
opera dello Spirito Santo?
Ha concepito per opera
dell'amore di Dio.
Lo Spirito Santo è Spirito
di amore.
Lei infatti dice: "Non
voglio conoscere uomo", cioè: "Non voglio conoscere altra ragione,
all'infuori di Dio".
Cosa vuole dire questo?
Vuole dire che lei guardava
tutto dal punto di vista di Dio.
Era presa dall'amore per
Dio, era cioè presa dallo Spirito Santo.
Amore per Dio.
É questo amore che l'ha
fatta concepire.
Amore per Dio, sposato alla
Parola di Dio ha fatto concepire il Figlio di Dio tra noi.
Ha concepito la presenza.
La presenza di Dio tra noi
è effetto dell'amore per Dio ma, questo amore per Dio, si forma attraverso
tutta una preparazione.
Tutto l'antico testamento,
tutte le migliaia di anni dell'antico testamento, sono valsi, per formare
questa Vergine tra noi.
Dio a un certo momento, ha
personificato quella creatura pura, quel disegno puro concepito all'inizio
della creazione e l'ha personificato in Maria.
SI.: Ma se per
concepire il verbo bisogna essere come Maria, allora l'opera del Cristo a che
serve?
Luigi: É l'opera del Cristo che ha avuto in Maria.
Maria è stata salvata
attraverso suo figlio.
Maria è diventata figlia
del suo figlio.
E deve passare anche lei
attraverso il sacrificio di suo figlio.
Perché Cristo è morto anche
per lei.
Per arrivare a Pentecoste.
SI.: In lei c'era
ancora il pensiero del suo io?
Luigi: In lei c'era l'amore per Dio, però avendo generato il Figlio
di Dio (questa presenza), in lei è rimasto questo legame con il suo figlio.
E soltanto attraverso
questa morte del suo figlio, lei è stata preparata, liberata cioè dalle sue
opere.
Cioè, ha offerto suo figlio
al Padre.
Proprio attraverso questa
offerta del figlio al Padre, lei è diventata capace di arrivare anche lei a
Pentecoste.
Maria, come disegno puro di
Dio, rappresenta il disegno che Dio ha per ognuno di noi.
P.: Nella
situazione di peccato.
Luigi: No, al di fuori di ogni peccato.
É il disegno che Dio ha
voluto per ognuno di noi, per potere ascoltare Lui e concepire la sua Verità.
Per arrivare a questo,
perché noi concepiamo per opera di Dio.
Non concepiamo per opera
nostra.
Quindi la creatura è tutto
ascolto di Dio.
Cioè la Vergine, è tutto
ascolto di Dio.
Ma la Vergine, non è che
Dio l'abbia fatta così per farci vedere un miracolo: "Guardate che Io sono
capace a nascere da una vergine mentre voi no!"
Non per questo.
Tutto ha una funzione e una
funzione importantissima.
Generare il verbo vuole dire
concepire.
La Vergine è segno di come
avviene questo concepimento.
Ovviamente come corpo è
segno.
La nostra anima deve
arrivare a raggiungere questo progetto che Dio ha voluto per noi.
Si deve realizzare in noi.
Perché soltanto in questa realizzazione,
cioè in questo distacco da ogni altra cosa, la nostra anima diventa capace di
concepire la Verità.
Concepita la Verità non
siamo mica ancora arrivati.
Qui adesso c'è ancora tutto
il travaglio della morte del figlio, per arrivare poi alla Pentecoste.
Perché pur amando Dio al di
sopra di tutto, Maria non era arrivata a Pentecoste.
Arriverà poi a Pentecoste,
dopo la morte di suo Figlio.
Dopo che lei ha rinunciato
a suo figlio.
P.: Portiamoci in
Adamo. Adamo è arrivato a concepire la Verità.
Luigi: No, era in cammino per concepire la Verità.
Adamo era in formazione.
P.: Nel caso che
fosse arrivato a concepire la Verità, non ci sarebbe stato bisogno del
travaglio, nella situazione pura non di peccato.
Luigi: Il caso e i se non ci interessano.
P.: Cioè la
realtà adesso è questa, per questo Maria ha dovuto essere salvata anche lei.
Luigi: Maria è l'Immacolata Concezione.
Immacolata concezione vuole
dire che è la concezione di Dio, non macchiata da nessun peccato.
Cosa è allora che fa
peccare noi?
Il desiderio.
Quello che macchia la
nostra anima è il desiderio o i desideri.
Desideri diversi da Dio.
Là, dove c'è un'anima che
ha il puro desiderio di Dio, lì abbiamo un'anima immacolata.
Cioè un amore puro.
"Beati i puri di
cuore", puri di cuore sono coloro che hanno un amore, non macchiato da
altri desideri.
N.: Un nostro
amico è morto in questi giorni e sembra che sia morto molto bene, accettando,
conoscendo di dovere morire e morendo serenamente, parlando con i figli e
morendo nell'atto di farsi il segno della croce.
A me è venuto in
mente il buon ladrone.
Mi sembra che per
la Pentecoste, non necessariamente bisogna aspettare la morte vera e propria.
Si può morire
molto prima a tutto il nostro mondo.
Ma è necessario,
almeno come atto ultimo, questa morte del buon ladrone.
Luigi: Certo, certo.
N.: Colui che,
nell'attimo di morire, se non c'è arrivato prima, si affida a Dio e butta via
tutto il resto serenamente.
Allora la Madonna
aveva bisogno di quest'accettazione della morte del figlio.
Quella morte del
figlio è il nostro offrire il nostro corpo, in sacrificio per gli altri.
A me è parso di
vedere la morte di questo amico, come una offerta di un sacrificio per altri.
Luigi: L'ho detto molte volte che tutti coloro che muoiono prima
di noi, muoiono per noi.
Sono offerte di Dio per
noi, muoiono per la nostra salvezza.
N.: Sì, sono cose
che le senti dire, però c'è quella volta che ti colpiscono veramente.
Io l'altra sera
avevo pensato molto a lui in questi tempi, e questa sua morte è stata una
esperienza che realmente è diventata mia.
L'ho visto
proprio come il corpo, offerto in sacrificio per gli altri.
Prima di tutto
per quelli della sua famiglia, anche per me e forse per qualcun altro.
Proprio nel segno
di quella figura sulla croce accanto a Cristo che nell'ultimo momento, ha
trovato il modo, per grazia di Dio di giungere in paradiso.
Ecco perché mi
sembra di capire bene quella morte del Cristo per la Madonna.
É nel nostro
interesse morire prima, però i tempi sono di Dio.
Ci sono delle
cose che ti arrivano tante volte, tu non le accogli e poi una volta invece ti
bruciano.
In questi giorni
ho creduto di avere capito qualcosa della nostra morte, messa in rapporto a
quella morte lì.
P.: Si può dire
che la Madonna ha sofferto tutto questo non per sé ma per noi, come
corredentrice?
Luigi: Ma tutto quello che avvenuto nella Madonna è avvenuto per
noi.
Non è la Madonna di per sé,
quella è Dio che l'ha presentata, come il Cristo stesso, è per noi, tutto è per
noi.
SI.: Se noi per
concepire il verbo dobbiamo essere in quella purezza di Maria e non avere altri
desideri, non capisco la funzione di Cristo.
Luigi: Ma guardi che quando lei ha il desiderio puro di Dio, non
si tratta di superare ma si tratta di arrivare alla conoscenza di Dio.
Noi abbiamo tutta una vita
che deve passare da una molteplicità di desideri a vita in un desiderio unico.
Nella vita in questo
desiderio unico, c'è da fare tutto il tratto per arrivare a conoscere il Padre.
P.: Quella è la
condizione.
Luigi: Quella è la condizione soltanto.
É la condizione per
iniziare la vita dello Spirito.
Soltanto per iniziare la
vita con Cristo.
"Nessuno può venire al
Padre, se non per mezzo di Me".
Quando si è nel desiderio
puro di Dio, non si è mica arrivati alla conoscenza.
Il desiderio non è mica
conoscenza.
Infatti Gesù stesso dice:
"Mi cercherete e non mi troverete".
"Dove Io sono, voi non
potete venire".
Non basta il desiderio,
"Mi cercherete" vuole dire che c'è il desiderio.
Che la Madonna non fosse
arrivata a Pentecoste lo dice il Vangelo stesso che dice che a volte non
capiva.
Lei meditava e custodiva ma
non capiva le parole di suo figlio.
"Figlio mio, perché ci
hai fatto questo?".
C'è tutta ancora una
maturazione da fare.
Prima di tutto bisogna
passare dal disordine, vita senza senso, vita molteplice a una vita orientata,
ordinata.
SI.: Ma anche in
questo ci aiuta Cristo.
Luigi: Ma tutto è opera del Cristo, è logico.
SI.: Se il verbo
lo concepiamo solo a quel livello di purezza di pensiero, magari non ci
arriviamo mai da soli.
P.: C'è tutto
l'antico testamento che porta quel frutto lì.
N.: La Madonna,
proprio nel momento in cui ha accettato la morte del suo Figlio, ecco l'opera
del Cristo.
Luigi: No ma il problema è un altro.
N.: Lei sta
dicendo a cosa serve il Cristo, il Cristo è servito proprio in quell'attimo in
cui lei ha accettato la morte di suo figlio, le ha fatto superare di colpo,
tutto quella strada che passava dalla sua purezza alla conoscenza.
P.: Anche se
quello l'ha fatto per noi?
Luigi: Tutto è lezione, non siamo noi che dobbiamo giudicare,
non siamo noi che possiamo giudicare che cosa è la Madonna.
Non dobbiamo giudicare, noi
dobbiamo prendere la scena che Dio ci presenta in questo, come lezione di vita
per noi.
Che cosa ci vuole
significare Dio nella Madonna?
Noi abbiamo l'antico
testamento e sono tutte lezioni per ognuno di noi.
Ma, a un certo momento,
tutto l'antico testamento si conclude con queste due grandi figure: Giovanni
Battista e la Vergine.
Il Cristo non c'è ancora.
Giovanni Battista e la
Vergine.
P.: Questo vuole
dire che senza Cristo si arriva a questa purezza di desiderio. Si può arrivare.
Luigi: Sì ma lei capisce che già tutta quella è opera del
Cristo?
É opera di Dio.
P.: Ma non del
verbo incarnato.
Luigi: Dio opera già fin dal principio della creazione.
Noi possiamo anche
incontrare il Cristo, crederci cristiani, crederci seguaci del Cristo e averlo
incontrato male, non avere capito niente.
La maggior parte dei
cristiani, non hanno capito che Cristo e il Vangelo, sono tra noi per portarci
a conoscere il Padre.
Per noi il più delle volte
il Cristo è Colui che ci insegna ad essere buoni, a volerci bene, ad essere
umili ma tutti modi di essere. Ma sfugge a noi l'anima e il messaggio del
Cristo.
Il messaggio del Cristo è
la conoscenza del Padre.
SI.: Proprio il
Cristo incarnato?
Luigi: Il Cristo incarnato ha questa missione.
"Nessuno può venire al
Padre se non per mezzo di Me".
Se noi dimentichiamo
questo, noi perdiamo l'essenza del messaggio del Cristo.
Quando noi andiamo ad annunciare
il Vangelo, cosa annunciamo?
Volemose bene? Ma questo
tutti lo dicono.
Facciamo la pace? Non è
questo il cristianesimo.
Noi non ci rendiamo conto
ma non abbiamo nessun messaggio da comunicare.
É come se io avessi una
radio a disposizione ma nessun messaggio da comunicare, faccio soltanto del
rumore.
Anche se ho migliaia di
persone che mi ascoltano.
Noi diciamo: "C'erano
tante persone" ma tu, quale messaggio hai comunicato?
Il messaggio di Cristo è
questo: Lui è venuto a darci la possibilità di conoscere il Padre.
Lui ha glorificato il
Padre, ha parlato di Lui.
Questo è il messaggio del
Cristo ed è morto per questo.
Per dare a noi la
possibilità di conoscere il Padre
Nella conoscenza del Padre,
noi conosceremo il Figlio e arriveremo a Pentecoste.
Ma senza di quello non
arriviamo.
Bisogna cogliere quale è
l'anima di questo messaggio del Cristo, l'anima di questa opera del Cristo e
come possiamo cogliere l'anima?
Il Vangelo dice che nessuno
di coloro che non accolsero il battesimo di Giovanni Battista poterono seguire
il Cristo.
DN.: Il Signore
mi ha dato le cose più belle nelle cose più brutte.
C.: Pensavo
all'importanza della preparazione.
Luigi: Certo, tutto dipende dalla preparazione.
Quante volte il Signore
dice di vegliare.
Tutto dipende dalla preparazione.
L'incontro dipende dalla
preparazione.
Perché la stessa cosa, a
seconda di quello che portiamo in noi, può essere motivo di gioia o può essere
motivo di tristezza, la stessa cosa.
Lo stesso avvenimento può
essere una disgrazia o una gioia, da che cosa dipende? Da quello che uno porta
dentro di sé.
Infatti noi siamo capaci di
leggere fuori a seconda di quello che portiamo dentro.
Questo vegliare, vuole dire
questo interiorizzare con Dio, prima che Dio ti faccia fare esperienza di Sé,
prima!
Quando tu fai esperienza di
Dio, se tu non sei capace a leggere, quello ti mette a terra.
P.: Ci brucia.
Luigi: Resti bruciato.
M.: Cristo è
venuto qui in terra per testimoniarci questo amore unico, da parte nostra dobbiamo
tenere come modello Cristo e quindi diventare questo amore unico, la presenza
di Dio fra noi è per portarci a questo.
Luigi: Certo.
M.: Cristo è un
termine di paragone con cui confrontarsi.
Luigi: Sì ma non è soltanto l'amore unico.
Perché l'amore unico è
ancora passione per-, interesse per-.
Cristo è venuto proprio a
portarci la conoscenza che è la vita eterna.
La vita eterna è
conoscenza.
Conoscenza del Padre e del
Figlio: "Noi verremo e faremo abitazione in voi".
Da questa conoscenza del
Padre e del Figlio, c'è l'esperienza della presenza che è diversa
dall'esperienza della presenza nel nostro bisogno.
Abbiamo due presenze.
Abbiamo due tipi di
presenza abbiamo visto.
Abbiamo l'esperienza della
presenza di Dio, come risposta a un nostro bisogno e questa è come un lampo.
Viene e va e noi non
possiamo renderla stabile.
Poi abbiamo l'esperienza
della presenza di Dio, come conseguenza della conoscenza e qui abbiamo
stabilità.
Qui la presenza non viene e
va.
Qui rimane.
Cristo è venuto tra noi per
portarci in questa stabilità, in questa vita eterna.
La Pentecoste è inizio di
vita eterna.
Lì noi attingiamo un punto
fisso di riferimento, una Luce.
M.: Quindi noi
fermandoci sulle parole del Cristo, arriviamo anzitutto ad aderire a Lui.
Luigi: Attraverso la parola, se noi cerchiamo di capirla.
La parola bisogna cercare
di capirla.
Perché altrimenti se non
cerchiamo di capirla, la parola ci viene portata via.
Soltanto che per cercare di
capire la parola cosa si richiede?
Si richiede il distacco da
tante cose, perché cercare di capire vuole dire dedicare il nostro pensiero a-.
Se noi non dedichiamo il
pensiero, non possiamo arrivare a capire la parola.
La parola la ascoltiamo
anche senza pensiero.
Io posso essere altrove con
la mente e la parola comunque mi arriva ma io certamente non posso capirla.
Però per dedicare il
pensiero alla Parola di Dio, io devo trascurare tante altre cose.
É lì che incomincia il
conflitto.
Perché se io trascuro
questo e quell'altro, io sto perdendo, perdo la concorrenza con il mondo.
Se io non dedico il
pensiero perdo la parola, perché io posso restare nella parola del Cristo, solo
se mi dedico con il pensiero.
Se non dedico il pensiero,
la parola è perduta.
É il seme della parabola
del seminatore.
Quel seme che cade lungo la
strada, rappresenta coloro che avendo ascoltato la Parola di Dio non vi pongono
mente.
Non dedicano
sufficientemente il pensiero alla parola giunta.
Allora la parola viene
portata via.
Allora noi siamo in
conflitto.
O perdo tutto il mio mondo
di interessi, di affetti, di lavoro o perdo la parola.
Perché a questo punto qui,
la parola è messa in concorrenza con il mio mondo.
Non posso pensare
contemporaneamente a due cose, non posso pensare al mondo e alla Parola di Dio.
O penso alla parola o penso
al mondo.
Soltanto che pensando alla
parola che mi è arrivata, per cercare di capirla mi costringe a lasciare tutto
il mio mondo.
In un modo o nell'altro
devo lasciare il mio mondo.
Se non penso alla parola la
perdo.
Allora ho il mondo ma ho
perso la parola.
Se penso alla parola, perdo
il mondo.
Lì si vede veramente ciò
che tu ami più di tutto.
Per cui la Parola di Dio
che arriva tra noi, rivela l'amore che portiamo dentro di noi.
All'ultimo il Cristo muore,
per rivelare i segreti del cuore.
Di fronte a Lui si rivela
quello che a noi sta veramente a cuore.
Se ci sta veramente a cuore
il Cristo, ci si dedica al Cristo.
Se ci sta più a cuore altro
noi non possiamo dedicarci al Cristo, perché noi non possiamo pensare
contemporaneamente a due cose.
Noi siamo fatti per una
cosa sola.
Allora in questa cosa sola,
noi abbiamo la Vergine.
É la madre che genera il
figlio.
Che concepisce Dio.
La nostra anima è fatta per
concepire.
"Tu concepirai un
figlio e gli darai il nome di Gesù".
Cioè salvezza di Dio.
Gesù vuole dire salvezza di
Dio.
Ad ognuno di noi, Dio fa
arrivare questo annuncio.
Concepirai un figlio e gli
darai il nome Gesù.
La tua anima in questa
situazione di purezza, concepirà.
A questo concepimento, tu
darai il nome "salvezza di Dio".
M.: Quando
Giovanni Battista battezzava, che significato dava Lui a quel battesimo? E come
invece dobbiamo intenderlo noi?
Luigi: Il Battesimo di giustizia lo chiamavano.
Infatti lui diceva:
"Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire", perché il
battesimo era un segno ma poi la sostanza non c'era.
La sostanza sta in questo
mettere Dio al centro.
La sostanza del battesimo
di Giovanni era questa: "Dai a Dio quello che è di Dio".
Dio è il centro e tu mettilo
al centro per giustizia e non mettere il tuo io al centro.
M.: Ma perché
battezzava? Non bastava che lo dicesse? Lui battezzava con l'espressione di un
segno...
Luigi: No, no, lui predicava questa giustizia.
Quanti aderivano al suo
insegnamento, alle sue parole, si facevano battezzare.
Ma la sua predicazione era
una predicazione di giustizia.
Giustizia che vuole dire:
dare a Dio quello che è di Dio.
Mettere cioè Dio al centro,
come punto fisso di riferimento.
Per quanti aderivano, poi
c'era questo segno esterno, come conferma di questo fatto qui.
Ma il segno in quanto
segno, può essere soggetto ad ambiguità.
Infatti molti andavano a
farsi battezzare e lui gli diceva: "Razza di vipere".
M.: Come mai si
sente il bisogno di questo segno esterno, quando oramai si è capita la
sostanza? Che senso ha?
Luigi: Come mai quando io ho capito, c'è bisogno che io mi
distacchi da tante cose?
Se ho capito basterebbe
questo no?
Praticamente tutto il mondo
esterno è un segno di tutto il nostro mondo interno.
Se l'interno è rinnovato,
il mondo esterno (segno) viene rinnovato.
Diventa una cosa nuova.
Segno di purificazione, una
novità di vita.
Non fa più le cose di
prima.
Lei perché ha lasciato il
suo lavoro?
Perché l'ha lasciato?
Non è un segno esterno
questo?
N.: É quello che
ho pensato io, però a lei pesava quella situazione lì. Era un attaccamento.
Mentre noi il
battesimo di Giovanni Battista lo possiamo vedere come una cosa in sovrappiù.
Uno può anche
ricevere il battesimo di Giovanni Battista e poi seguitare come prima.
Mentre lei ha
ricevuto un battesimo e ha rotto con il suo mondo di prima.
Io la vedo
diversa la cosa.
Luigi: É una novità, in quanto c'è una convinzione nuova, questa
condizione nuova, fa sentire delle esigenze.
Facendo sentire delle
esigenze uno non riesce più a fare quello che faceva prima.
N.: A me il
battesimo del Battista mi pare una cosa diversa dal suo avere lasciato il
lavoro.
Quel lavoro
esteriore era una cosa che a lei pesava dentro. Quindi non era poi così
esteriore.
Luigi: Ma tutti noi se scopriamo la Verità, non sopportiamo più
il mondo di prima.
La vita con Dio è una vita
nuova.
É una vita che è nuova, che
è diversa.
Cambia addirittura il
mangiare, cambia il vestire, cambia tutto.
N.: Questo lo
vedo più impegnativo che non il battesimo ricevuto.
Il battesimo può
essere ricevuto e cinque minuti dopo dimenticato.
Noi facciamo la
comunione e poi litighiamo col nostro vicino di banco.
Luigi: Non è il segno di per sé, è in quanto uno ha già una
sostanza, questo animo nuovo ti conduce a cambiare tutto l'esterno.
Perché altrimenti, se lei
fa qualche cosa che non è secondo lo Spirito, si accorge che quell'altra cosa
le sta portando via lo Spirito.
Anche lo stesso parlare, si
parla in modo diverso.
Perché lo Spirito non le
permette di dire altre cose e se le dice s'accorge che entra in conflitto con
lo Spirito o perde lo Spirito.
L'ideale è poter arrivare a
vivere in tutto, secondo ciò di cui uno è convinto.
Secondo ciò di cui lo
Spirito ti ha convinto.
Poter creare questa linearità
tra l'animo, il pensiero, la parola, il modo di vivere e allora lì abbiamo la
felicità.
La tristezza c'è quando ci
sono dei conflitti.
Per cui Dio manifesta certe
esigenze ma io non posso perché ho questi doveri e questi impegni.
Allora lì c'è la tristezza.
La tristezza è segno di
conflittualità.
Non si vive secondo lo
Spirito.
Ma lo Spirito preme e a un
certo momento ci porta alla morte per realizzare questa novità.
Che bisogno c'è, quando uno
è convinto, di morire?
Appunto per questo.
É un segno esterno la
morte.
C'è una morte crescente in
tutte le cose.
La morte è distacco.
Quando uno si deve
distaccare da una cosa, quello è un morire.
Perché questo distacco?
Perché uno ha un altro
amore, ha una esigenza diversa.
É come uno che si deve
sposare, a un certo momento lascia tutte le altre amicizie.
Le lascia perché ha un
amore unico e, a un certo momento c'è tutta la vita che cambia.
Tutto viene unificato in
questo unico amore qui.
Sono tutti segni ma ci
dicono che se veramente uno crede, se veramente uno ama, tutta la vita viene
unificata da questo amore qui.
Se non viene unificata è
fasulla la cosa.
E allora uno incomincia a
tribolare.
Incomincia a sentire la
tristezza e la tribolazione.
Allo stesso tempo sente l'esigenza
dello Spirito ma non può dedicare allo Spirito, tutto ciò che lo Spirito esige.
E allora diventa una
agonia.
Certe volte ci sono delle
agonie senza fine.
Abbiamo lo Spirito che fa
sentire le sue esigenze e la creatura non è disponibile per queste esigenze.
Dio magari ti chiede un
silenzio di cinque giorni e se tu hai un sacco di cose da fare, la tua agonia
si prolunga all'infinito.
No, Dio ti dice di fermarti
lì e fintanto che la tua anima non è stata illuminata, tu devi essere
disponibile.
DN. La chiesa non
sbaglia mai, gli uomini di chiesa possono sbagliare.
La chiesa siamo
noi, è Dio, quindi non dovrebbe mai sbagliare. Ma tutte le gerarchie della
chiesa sono giuste visto che già tra gli apostoli si discuteva su chi era il
più grande fra loro?
Luigi: Sì, negli apostoli c'era il pensiero su chi era di più e
chi era di meno.
Molte volte infatti
parlavano su di chi fosse il primato.
E quando è venuto
quell'argomento tra gli apostoli, sa che cosa ha fatto Gesù?
Gesù ha preso un bambino,
l'ha messo davanti a loro e gli ha detto che chi voleva essere più grande
doveva essere come quel bambino.
La chiesa è una serva, non
è una padrona.
La chiesa è serva.
Come serva è a servizio
dell'uomo.
Il sabato, dice Gesù, che è
stato fatto per l'uomo.
La chiesa come serva, è
stata fatta per l'uomo, affinché l'uomo cerchi Dio.
Non è l'uomo che è fatto
per la chiesa, sia ben chiaro.
L'uomo non è fatto per la
chiesa, la chiesa è stata fatta per l'uomo.
Allora tutte le volte che
la chiesa vuole fare la padrona sbaglia e abbiamo l'aspetto umano.
Gesù ha detto: "Nel
mondo le autorità comandano, non deve essere così tra voi".
Infatti anche il papa
si chiama servo dei servi, deve servire.
Come si mette a fare il
padrone sbaglia e allora lì abbiamo l'aspetto umano.
Dio vuole salvare tutti,
anche papi e vescovi e quindi anche per loro ci sarà una correzione.
Però come dico la funzione
è questa: "Gesù dice che il sabato è stato fatto per l'uomo".
Nel sabato è compreso tutto
il concetto del sacro.
Anche la chiesa è fatta per
l'uomo affinché l'uomo cerchi e conosca il suo Signore.
La chiesa deve aiutare le
anime a cercare il Signore senza mettersi in mezzo tra l'anima e Dio, sia
chiaro.
Perché tra l'anima è Dio,
non c'è interposta nessuna creatura.
Quando qualcuno si mette in
mezzo sbaglia.
É tutto un aiuto per dirti:
"Guarda che tu sei stato creato per cercare Dio".
DN.: E l'uomo non
può neppure giudicare questa chiesa.
Luigi: Cristo ci proibisce di giudicare.
Dobbiamo prendere le
lezioni su di noi.
Il nostro io fa due peccati:
il peccato di comandare e il peccato di servire.
Il nostro io può peccare
per servilismo, può adulare, per una qualche sua convenienza.
Oppure può fare il
prepotente.
Ma è sempre il nostro io.
Bisogna avere chiaro che il
compito della chiesa è di servire.
N.: Nell'attimo
in cui realmente serve, è realmente da ascoltare.
Nell'attimo in
cui la vediamo servire Dio, realmente è interprete di Dio.
P.: Il passaggio
dalla preparazione (Giovanni Battista) alla Vergine, è tutto un cammino
progressivo di purificazione? Perché è un punto quello che ci indica Giovanni
Battista.
Luigi: No, la Vergine la fa Dio, è il disegno puro di Dio che si
realizza.
Dio cosa fa?
Dio crea tutte le cose,
tutti i giorni.
Quindi tutte le cose che tu
vedi, tutte le cose che tu ascolti, sono tutta opera di Dio.
Sono tutte cose che Dio fa
arrivare a te.
Ma cosa ne fai di quello?
Riferiscile sempre alla
preparazione.
Tutto deve servire per la
preparazione.
Tutto deve essere adoperato
per questo battesimo di giustizia.
Man mano che tu riferisci a
Dio, ti purifica.
Se non riferisci le cose a
Dio queste ti macchiano.
Tutte le cose che noi non
riferiamo a Dio, in noi diventano desideri.
Ogni creatura, qualunque
cosa.
Se noi non la riferiamo a
Dio, diventa desiderio della nostra anima.
Per cui uno diventa
appassionato di tutto.
Vede un prato e vuole
comperarlo.
Vede una casa e vorrebbe
averla.
Vede un auto e inizia a
risparmiare per comprarla.
Tutto ci macchia.
Più macchia la nostra anima
e più la indebolisce.
Perché la nostra anima, quando
è macchiata, perde capacità di amare.
Tanto più invece la nostra
anima si semplifica in un amore unico e tanto più è potenziata.
Diventa molto potente.
Diventa tanto potente, fino
a diventare la Vergine che è di una potenza immensa.
"I sacerdoti possono
fare di mio figlio quello che vogliono ma non possono fare niente verso di
me".
La Madonna è amore puro per
Dio.
Cristo si concede:
"Faranno di Me tutto quello che vorranno"
Infatti lo hanno fatto sociologo,
rivoluzionario, filantropo, politico, tutto quello che vogliamo ma con la
Madonna non c'è niente da fare.
La Madonna è una roccia, è
un diamante.
Quando una creatura ha un
amore puro, un amore unico, stia pur tranquilla che nessuno la tocca.
Non si lascia toccare da
niente.
P.: Anche Cristo
ha questo amore puro, solo che parlando si sottomette alle nostre
interpretazioni.
Luigi: Certo.
Lui si lascia uccidere.
"Faranno di Me tutto
quello che vorranno", la Madonna non dice questo ma dice: "Io non conosco
uomo".
Più c'è amore puro in noi,
più c'è amore unico e più la nostra anima diventa forte.
Noi a volte diciamo di
essere deboli, se sei debole è perché hai tanti amori.
Purifica il tuo amore,
riduci cioè i tuoi tanti amori a un amore unico e t'accorgerai di acquistare
forza.
Il problema non è allenarsi
per diventare più forti.
Semplifica i tuoi amori e
vedrai che diventi forte.
P.: É vero che
noi posiamo andare al Cristo non preparati, senza il battesimo di Giovanni
Battista...
Luigi: Non siamo noi che andiamo, è Lui che ci incontra e noi
non siamo preparati.
P.: Una volta lei
aveva detto che noi possiamo anche arrivare al Cristo non preparati, però se
noi stiamo in ascolto di Lui, Lui supplisce all'antico testamento e ci dà tutte
queste lezioni.
Prima di parlarci
del Padre che è lo scopo specifico per cui è venuto, riassume tutto l'antico
testamento.
Luigi: Certo.
Infatti Lui inizia la sua
vita di predicazione, ripetendo lo stesso messaggio di Giovanni Battista.
"Fate penitenza, perché
il Regno di Dio è vicino".
P.: Poi non
incomincia parlandoci subito del Padre.
C.: L'importanza
della preparazione.
M.: La Vergine
vede tutto dal punto di vista di Dio.
N.: Può generare
un po' di confusione quel "riferire a Giovanni Battista".
In realtà
Giovanni Battista è quello che viene a proporci di mettere Dio prima di tutto.
Metti Dio prima
di tutto come Creatore.
Non specifica
altro di Dio, non ci dice altro.
Giovanni Battista
ci propone Dio Creatore.
Nel momento in
cui abbiamo messo Dio, il Creatore prima di tutto, è logico che tutto va
riportato a Dio, perché tutto va visto nella sua intenzione.
A quel punto lì,
realmente possiamo diventare gli attratti dal Padre e incontrare il Cristo.
Luigi: Tutto quello che il Signore ci manda, giorno per giorno,
è del materiale, per farci crescere, per purificarci in questa attrazione al
Padre.
Se io sono attratto da Dio
ma non riporto a Dio, tutto quello che Dio mi manda, io perdo questa
attrazione.
Per questo Gesù dice:
"Andate e riferite a Giovanni tutto quello che avete visto e tutto quello
che avete udito".
É questo riferire sempre a
questa preparazione.
É proprio attraverso questa
preparazione che si potenzia in noi questo desiderio, questa passione, cresce,
fino al punto da farci esplodere.
N.: Giovanni, con
questa giustizia essenziale ci porta all'attrazione per il Padre, all'amore per
il Padre, noi diciamo che però non è diventato discepolo del Cristo.
Io credo che
diciamo una inesattezza.
Perché realmente
uno che propone di mettere Dio prima di tutto, non può non incontrare il
Cristo.
Lui l'ha talmente
incontrato che a un certo punto ha detto: "É necessario che Lui cresca e
che io diminuisca".
Luigi: Bisogna tenete presente una cosa, Gesù dice che Giovanni
Battista è il più grande fra i nati di donna ma il più piccolo nel Regno di
Dio, è più grande di lui.
N.: Non è ancora
arrivato a Pentecoste, è logico che sia così, però è suo discepolo.
Io sono convinto
che se non prima, nell'attimo del morire, Giovanni Battista è arrivato a
Pentecoste.
Luigi: Va beh.
G.: L'importanza
del riferire tutto a Dio.
SI.: Se non si è
preparati, quando arriva la Luce la si perde, non si può restare.
Luigi: Cioè, uno può restare, nella misura in cui ha preparato.
La capacità di restare ci
viene dalla preparazione.
Quello cioè che noi abbiamo
interiorizzato, prima che la Luce venga a noi, quello dà a noi la possibilità
di restare con la Luce.
Altrimenti la Luce è un
attimo.
Anche quelli che chiamiamo
dannati, vedono per un attimo la Verità di Dio.
All'ultimo noi ci troviamo
con il mondo finito, la nostra passione d'Assoluto e la causa di questa
passione d'Assoluto che è Dio.
Però non basta, se noi non
abbiamo interiorizzato, se non siamo preparati, vedendo questa Luce, non
possiamo restare nella Luce.
Questa è esperienza di Dio
nel nostro bisogno, bisogno di Assoluto e noi non abbiamo la possibilità di
restare.
Perché la capacità di
restare deriva dalla conoscenza.
La presenza come conoscenza
di Dio.
Non come presenza a livello
del nostro bisogno.
Noi possiamo esperimentare
Dio a livello del nostro bisogno, oppure possiamo esperimentare Dio a livello
della conoscenza di Dio, cioè del bisogno di Dio.
FA.: L'importanza
di avere un amore unico, per essere forti.
Luigi: Sì e dobbiamo vedere la via che ci conduce a questo amore
unico.
La via che ci conduce a
questo amore unico è questo: "Andate e riferite a Giovanni, tutto quello
che vedete e tutto quello che udite".
Cioè, in quanto noi
riferiamo a questa preparazione, cioè a questa giustizia essenziale, cioè
riportiamo tutte le cose che Dio ci fa arrivare, le riportiamo a Dio, questo ci
costruisce in questo amore unico.
Fino ad arrivare alla meta,
a questa anima che contempla Dio, che guarda solo più a Dio.
FA.: E la Madonna
ci può aiutare in questo cammino.
Luigi: La Madonna è il tipo, è il prototipo, è l'ideale.
Soltanto in quanto abbiamo
presente l'ideale come fine, sappiamo che dobbiamo arrivare lì.
Ci aiuta in quel modo.
Infatti nessuno può
ricevere una grazia di Dio, se non attraverso la Madonna.
Fintanto che in noi non si
forma questo amore puro, noi non possiamo ricevere la conoscenza di Dio.
FA.: Ma la
Madonna che ha questo amore unico è quindi potente.
Luigi: Ma certo.
É potentissima.
É di una forza enorme.
Ed è madre per tutti noi,
perché quella è la figura che Dio ha voluto per te.
Sappilo che è per te, Dio
ha voluto questo.
Ce l'ha messa lì davanti.
Diventa madre in questo
senso.
Tu devi diventare così come
lei.
Cioè devi avere quell'amore
puro, unico come quello della Vergine.
Questa è la condizione
perché tu possa concepire la Verità.
In caso diverso, anche il
tuo seguire il Cristo è inquinato.
Ed essendo inquinato, non
puoi seguire bene il Cristo.
Anche se come dico, ritieni
di avere già incontrato il Cristo.
Non è sufficiente.
DN.: Con Dio la
partenza è dura e poi se lasciamo un piccolo spazio, Lui invade tutto.
Luigi: Certo, occupa tutto.
P.: Se vogliamo
restare nella Luce, quando la Luce viene a noi, è necessario proprio continuare
questa preparazione.
Luigi: Ognuno potrà restare nella misura in cui avrà preparato
l'incontro.
Nella misura in cui.
P.: Bisogna
ritornare nel Giordano a bagnarsi.
Restare nella
Luce, equivale a restare con Cristo quando Lui viene a noi?
Luigi: Si resta nella Luce, in quanto ci si impegna, in ciò che
la Luce ci propone.
La Luce in quanto arriva a
noi, ci propone sempre qualche cosa.
Ci propone un cammino.
Questo cammino,
naturalmente ha delle esigenze.
Si resta nella Luce in quanto
si cammina in quelle esigenze.
"Va a lavorare nella
mia vigna", sei impegnato lì.
E naturalmente per andare a
lavorare nella sua vigna devo lasciare la mia piazza.
P.: Ci vuole
quell'interesse e quell'amore che nasce proprio da quella preparazione.
Luigi: Più uno è preparato, più aspettava di essere chiamato...
Matteo Levi che era lì al
banco delle gabelle, aspettava di essere chiamato e come Gesù gli dice:
"Seguimi", lui ha piantato lì tutto e lo ha seguito.
Perché?
Ma perché lo aspettava e
non ha avuto difficoltà a piantare lì tutto.
Un altro avrebbe detto:
"Aspetta un attimo, devo salutare mio padre, sistemare le mie cose".
E in quei dieci minuti,
Gesù sarebbe scappato.
Tutto è effetto della
preparazione.
Una persona che viene a casa
nostra, è accolta a seconda di come noi l'aspettiamo.
Più l'aspettiamo e più,
quando arriva, lasciamo tutto per andargli incontro.
Se viene uno che invece non
aspetto, gli dico che devo finire di mangiare e quello se ne va.
G.: Se Dio si fa
aspettare di più, poi si gusterà di più la sua presenza.
Luigi: La nostra anima si forma nell'attesa, per cui l'attesa,
se Dio si fa aspettare, è molto preziosa.
Certo noi nell'attesa
possiamo anche distrarci e divertirci, quindi è anche rischioso, però
nell'attesa, l'anima si forma.
Più io sogno l'incontro con
qualcuno e più, quando questo qualcuno mi arriva, lascio tutto e sono tutto
disponibile per lui perché l'ho sognato tanto.
Gesù si avviò allora verso
il monte degli Ulivi. Gv 8 Vs 1 Terzo tema.
Titolo: La
preparazione è urgente per evitare la sordità cronica.
Argomenti: La Luce che ci sfiora:Distanza Libertà Dedizione Disponibilità-Preparazione
Giovanni Preparazione Battesimo Penitenza. Conversione
Maria Compimento
Ascolto di Dio Capacità
d'ascolto
Componente personale Le parole che diciamo Interesse
Per Dio=Ascolto Per l'io=Incapacità di
ascolto
Il desiderio
specifico di Cristo. Il dubbio sul Cristo. La nostra parola
come banco di prova.
11/Dicembre/1983
Fossano.
Siamo ancora in questo primo
versetto del capitolo ottavo in cui abbiamo notato la distanza che si è venuta
a formare tra i capi dei sacerdoti ed i farisei e Gesù stesso.
Non fu sufficiente che loro,
dopo essere stati sfiorati dalla Luce, se ne siamo tornati ciascuno a casa propria
per creare una certa distanza.
Ma
abbiamo notato che c'è anche una distanza creata da Gesù
stesso.
Gesù si allontana da loro e
si ritira sul Monte degli Ulivi che simboleggia il suo ritorno al Padre.
Tutto questo per
significare a noi che, quando siamo sfiorati dalla Luce se, non passiamo alla
Luce, siamo riassorbiti nel mondo di prima, come prima e peggio di prima, senza
alcuna possibilità da parte nostra di resistere all'impegno e all'attrazione
del mondo di prima.
Perché noi non siamo liberi, la
nostra libertà ci viene data, solo nel momento in cui la Luce ci sfiora.
La libertà è solo presso
Dio.
E solo quando Dio ci
visita, ci offre la possibilità di passare nel mondo della sua Luce, nel mondo
della Verità.
Ma se noi non cogliamo
l'occasione, noi perdiamo questa possibilità.
Sfuma la nostra libertà,
perché noi non siamo liberi e noi ricadiamo schiavi del mondo.
La
Luce, quando ci sfiora, richiede dedizione.
La Luce di Dio, essendo un
infinito, sfiorando il nostro mondo finito, diventa per noi una proposta.
Proposta di dedizione a ciò
di cui la Luce ci parla.
Dedizione a Dio.
Però
la dedizione richiede disponibilità.
La
disponibilità richiede preparazione.
Quando l'uomo non è
preparato, perde l'esperienza della presenza di Dio, nel momento stesso in cui
l'attinge.
Non può permanere in essa.
Infatti l'attinge a livello
del suo bisogno, quando il bisogno è soddisfatto, cessa l'attrazione, cessa
l'interesse, cessa la dedizione.
Il problema è in che cosa
consiste questa preparazione e sopratutto che differenza c'è tra un uomo che si
prepara ed un uomo che non si prepara.
Abbiamo visto la volta scorsa
che la preparazione è il tema dell'Avvento e in esso c'è una funzione
essenziale da cui dipende tutto il nostro incontro con il Verbo di Dio che
viene tra noi.
La promessa è questa: Dio
viene tra noi, la Luce ci sfiora, però richiede la preparazione.
Abbiamo notato che due sono
le figure che ci vengono presentate nell'Avvento.
La figura di Giovanni Battista
che rappresenta la preparazione e la figura di Maria
rappresenta il compimento di questa preparazione.
L'attuazione, il fine della
preparazione stessa.
Nel compimento, abbiamo la
rivelazione dell'anima della preparazione stessa, in che cosa consiste la
preparazione stessa.
La caratteristica di Maria,
è quella di essere tutta disponibile per Dio.
Maria
è caratteristica in quanto è tutta ascolto di Dio e solo di
Dio, esclude ogni altra cosa.
Questo ci fa capire che la
preparazione deve tendere a questo.
A formare in noi questo
ascolto di Dio e solo di Dio.
Abbiamo
visto che quando Giovanni Battista manda i sui discepoli
rimasti a Gesù.
Gesù dice loro:
"Andate e riferite a Giovanni, tutto quello che udite e tutto quello che
vedete".
C'è un significato
profondo, poiché Giovanni rappresenta la preparazione.
Riferire a Giovanni, tutto
quello che vediamo e tutto quello che udiamo è Parola di Dio e quindi essendo
Parola di Dio è valida per ogni uomo.
Quello che Gesù disse a
quei discepoli di Giovanni, lo dice ad ognuno di noi.
Cioè dice a ognuno di noi
questo: "Se vuoi prepararti all'incontro con la Luce, se vuoi essere
disponibile per quella quando questa ti sfiorerà, per essere aperto all'ascolto
quando la Parola di Dio arriverà a te, riferisci a Giovanni, tutto quello che
vedi e tutto quello che ascolti".
Tutto quello che Dio ti fa
giungere, ti fa vedere, ti fa ascoltare, riportalo sempre a questa
preparazione.
Cioè non fermarlo al
pensiero di te stesso o non fermarlo alle cose o alle creature.
Tutte le cose che arrivano
a noi arrivano per prepararci all'ascolto di Dio, per renderci disponibili a
seguire la Luce.
La preparazione di Giovanni, consisteva
nel battesimo di giustizia.
Battezzare vuole dire
immergere.
Giovanni Battista immergeva
nella giustizia di Dio, cioè convertiva le anime a Dio.
Convertire, vuole dire presentare
un valore al di sopra di tutto, vuole dire orientare a-.
La giustizia essenziale sta
nel dare a Dio, quello che è di Dio.
Tutto viene a noi da Dio e
tutto va riportato a Dio.
Anche il pensiero di noi
stessi, anche i nostri pensieri, anche la nostra vita, anche tutti i nostri
sentimenti.
Quindi tutto quello che tu
vedi, tutto quello che tu ascolti riportalo a Dio, raccoglilo in Dio,
riferiscilo a Dio.
Se facciamo questo abbiamo
l'anima per la preparazione.
Cioè, facendo questo, a
poco per volta si forma questa consapevolezza dell'autorità assoluta che è Dio,
come punto fisso di riferimento a cui tutto è subordinato, da cui tutto viene,
da cui tutto dobbiamo attenderci.
Questo è un lavoro personale:
"Fate frutti degni di penitenza".
Da una parte c'è la
conversione e dall'altra c'è la penitenza.
La preparazione è fondata
su questi due grandi pilastri.
Battesimo di giustizia,
quindi orientamento a Dio.
Orientarsi a Dio vuole dire
che, tutto quello che vedi, tutto quello che ascolti, riferiscilo, riportalo a
Dio.
Se lo riferisci a Dio,
quello ti prepara all'ascolto e ti rende disponibile all'incontro con la Luce.
Ti rende capace di seguire
la Luce, quando questa ti sfiorerà.
Se l'uomo non fa questo, se
non riporta in continuazione tutto a Dio, l'uomo diventa incapace di ascoltare.
Cioè l'uomo è creato da
Dio.
Nel fine c'è l'anima di
tutta la preparazione.
Il fine è Maria e Maria è
l'orecchio capace di ascoltare, di concepire il Verbo di Dio.
Maria ha concepito per
mezzo dell'ascolto, per mezzo dell'orecchio.
Il Signore creando l'uomo
ha fatto l'uomo capace all'ascolto e all'ascolto di Dio.
Ognuno di noi è creato con
l'orecchio aperto a Dio, nasciamo così.
Però, man mano che l'uomo
vive, diventa sordo.
Proprio in questa sordità
crescente noi possiamo capire in cosa consiste e da cosa ci è dato l'ascolto.
Come
mai succede che l'uomo vivendo diventa sordo?
Perché tutte le cose che
giungono all'uomo, vanno riportate a Dio.
Se l'uomo non le riporta a
Dio, le cose in lui fanno del rumore.
A un certo momento il suo
orecchio si indurisce al punto tale da diventare non più capace di ascolto.
Cioè diciamo meglio che
l'uomo man mano che vive, riduce sempre di più il suo ascolto, soltanto al suo interesse.
Se il suo interesse è Dio,
l'uomo riduce sempre di più il suo campo del suo interesse a Dio solo e a un
certo momento diventa tutto e puro ascolto di Dio e qui abbiamo Maria.
Maria esclude tutto il
resto: "Non conosco uomo", non vuole conoscere uomo, non vuole
conoscere altre ragioni, non vuole conoscere altri argomenti.
Ma se l'uomo non fa questa
preparazione e non riferisce e non riporta tutto a Dio, tutto quello che l'uomo
ogni giorno riceve, che accumula dentro si sé, quello lo rende incapace, gli
rende duro l'orecchio, al punto tale da non potere più ascoltare le cose di
Dio.
"Hanno orecchi e non
odono".
Si possono avere gli
orecchi e non ascoltare nulla.
Il che vuole dire che,
nell'ascolto a un certo momento, c'è questa componente personale.
Noi nati con l'orecchio
capace di ascoltare Dio, man mano che viviamo formiamo in noi una componente
personale che ci chiude l'orecchio o perlomeno ci chiude l'orecchio a tutto ciò
che non costituisce il nostro interesse.
Se noi riportiamo tutto a
Dio, il nostro interesse è Dio, in modo che in Dio troviamo la massima
autorità.
Se noi riportiamo tutto a
Dio, il nostro orecchio acquista interesse per Dio e questo interesse per Dio
gli fa superare ogni altro argomento, gli fa superare ogni altra questione, ogni
altro interesse e lo concentra al punto tale nell'attenzione a Dio da renderlo
capace di accogliere e di incarnare nella sua vita, il Verbo stesso di Dio,
come Maria.
Se invece non riferisce tutto
a Dio, il suo orecchio diventa talmente sordo a tutti gli argomenti di Dio da
non poter più ascoltare niente di Dio.
Abbiamo
il banco di prova, in quanto tutte le parole che noi diciamo con
la bocca induriscono il nostro orecchio.
Il banco di prova è dato
dalle parole che diciamo.
Se noi riportiamo tutto a
questo battesimo di giustizia, cioè riportiamo tutto a Dio, quello che
riportiamo a Dio, fa parlare a noi Parole di Dio, cioè è lo Spirito di Dio che
parla in noi ma, se non riportiamo a Dio, noi stessi diciamo parole che
procedono da altri interessi, procedono dal pensiero del nostro io.
Queste parole stesse che
noi diciamo chiudono il nostro cuore, lo induriscono al punto tale da renderci
sordi a qualunque altra cosa.
Arriviamo al punto in cui
noi siamo sordi a qualsiasi altra cosa, fuorché all'interesse principale della
nostra vita.
L'interesse principale della
nostra vita è ciò cui noi abbiamo dedicato la nostra vita, il
nostro pensiero.
A poco per volta, avendo
dedicato la nostra vita soltanto al pensiero di noi stessi, ai nostri interessi
del mondo, a parlare secondo questi interessi, questo ci rende talmente sordi a
tutto il resto da diventare incapaci ad ascoltare qualsiasi cosa che non
riguardi il pensiero di noi stessi.
A questo punto il cerchio
si è chiuso attorno al pensiero del nostro io e noi siamo isolati da tutto.
Il destino dell'uomo è
questo, o si apre alla Luce di Dio ed in Dio diventa capace di comprensione di
tutto, di apertura a tutto, di amore verso tutto.
Oppure non si apre a Dio e
allora si isola in un cerchio chiuso nel pensiero di se stesso da diventare
impotente ed incapace ad ascoltare qualsiasi altra cosa che non si riferisca al
pensiero di se stesso.
P.: Questi capi,
queste autorità, sono state sfiorate dalla Luce e non l'hanno percepita, però
non hanno avuto l'esperienza della presenza di Dio. Perché finora il tema era
questo: noi percepiamo la presenza di Dio a livello del nostro bisogno, per un
attimo ma, non possiamo restare in questa presenza. Se invece ci dedichiamo a
ciò che questa esperienza ci propone (Luce) allora sì, riusciamo a restare per
quel tanto cui ci dedichiamo ma, se non ci dedichiamo noi, come l'esperienza la
facciamo, la perdiamo.
Luigi:
Soltanto che per potere dedicarti, devi essere preparata.
P.: Bisogna
essere preparati.
Luigi: E
per la preparazione bisogna avere l'orecchio formato. Cioè, l'orecchio si forma
attraverso la preparazione.
P.: Cioè non per
prepararsi bisogna avere l'orecchio formato, preparandosi ci si forma
l'orecchio.
Luigi:
Sì, giusto.
P.: Il dubbio
dell'altra volta è anche il mio oggi. Questi capi non vedo quando abbiano fatto
una esperienza di presenza di Dio. Non hanno percepito la presenza di Gesù.
Ѐ vero che Gesù è
venuto a loro attraverso Nicodemo, richiamandoli all'anima della legge,
richiamandoli all'ascolto. Però loro non hanno vissuto questo richiamo di
Nicodemo come una luce, come una esperienza di presenza che hanno perso, non
l'hanno neppure avvertita questa presenza.
Fa capire che, se
non siamo preparati, non solo non riusciamo a restare nella Luce ma neppure la
percepiamo, cioè siamo sordi.
Luigi:
Noi siamo visitati dalla Luce.
P.: Siamo sempre
visitati dalla Luce.
Luigi:
Gesù dice: "Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte tu non hai conosciuto
l'ora in cui sei stata visitata", non hai conosciuto.
P.: "Non hai
percepito la presenza".
Luigi:
"Non hai percepito l'ora in cui sei stata visitata".
P.: Si può
arrivare a quel punto lì?
Luigi:
Sì.
Dio ci visita e noi non
percepiamo di essere visitati da Dio.
P.: Quello è già proprio
un punto estremo di sordità.
Luigi:
Quando non si è preparati si è sordi e si può ascoltare solo se stessi.
Lei capisce che, ascoltando
solo se stessa, lei si chiude in un cerchio?
Ѐ il cuore che si
indurisce.
Perché si ascolta con il
cuore (interesse).
Ma se il cuore è tutto
ripiegato sul pensiero di me stesso, indubbiamente l'ascolto è interrotto.
Allora Dio mi visita ma io
non percepisco la sua visita.
Resterà la memoria, un
giorno quando sarò portato di fronte alla Verità, capirò di essere stato
visitato ma questo non mi darà assolutamente la capacità di restare.
Non avrò la possibilità di
restare.
P.: E il fatto di
essere diventato sordo non mi giustifica, perché questo è già frutto di una
ingiustizia.
Luigi:
La sordità è conseguenza di una ingiustizia.
Una ingiustizia di mente,
di pensiero.
Perché rivela il fatto che
non si è riportato tutto ciò che arrivava a noi da Dio a Dio.
P.: Ѐ il frutto
della disonestà.
Luigi:
Certo.
Allora quello ci rende
sordi.
Diciamo che la non funzione
distrugge l'organo.
L'udito, l'orecchio, viene
distrutto dalla non esercitazione.
L'orecchio ci è dato per
ascoltare Dio.
Se noi non ascoltiamo Dio,
e non si ascolta senza di noi, questa non funzione distrugge l'orecchio.
P.: Però la volta
scorsa hai fatto un accenno che dava molta speranza.
Se è vero che non
riportando a Dio la creazione, non facendo questa giustizia, si accumulano
dentro di noi tutti questi segni di Dio che ci rendono sordi, è vero anche che
si può recuperare la fede perduta o la fede che crediamo di avere e non
abbiamo.
La si recupera
incominciando a fare la giustizia.
Ѐ un punto Luce
questo.
Luigi:
C'è da tenere presente una cosa.
Gesù dice: "State
molto attenti a come ascoltate, perché verrà un giorno in cui desidererete
vedere anche uno solo dei giorni del figlio dell'uomo, cioè ascoltare anche una
sola parola del figlio dell'uomo e non lo potrete fare". Ecco la sordità.
L'uomo non può più:
"State molto attenti a come ascoltate".
Il problema è tutto in quel
"come".
"State molto attenti a
come ascoltate".
Verrà un giorno in cui noi
desidereremo e non basterà il nostro desiderio: "Dove Io sono, voi non
potete venire, mi cercherete e non mi troverete".
"Verrà un giorno in
cui voi desidererete udire anche una sola parola del figlio dell'uomo e non lo
potrete".
Se l'altro non parla io non
posso ascoltare.
Questa è Parola del
Signore, è Parola di Gesù.
N.: Già la volta
scorsa hai accennato a questo desiderio.
La volta scorsa
hai accennato a questo desiderio come un desiderio specifico. Specifico di
Cristo. Io penso invece che sia un desiderio generico perché ho presente quello
che succede nella vita.
Tu senti dire:
"Ma io vorrei avere la fede ma non ce l'ho".
Evidentemente costoro
intuiscono che Cristo, per qualcun altro che ha la fede è qualcosa di grande e
di enorme però loro non toccano niente invece. Quindi direi che è un desiderio
aspecifico di qualcos'altro.
Ѐ un po' come
quello che dice: "Io ho sbagliato tutto", però non sa cosa deve fare
per riprendersi da quegli errori precedenti.
Non lo vedo
proprio come quel desiderio specifico di Cristo.
Tu quando parli
del bisogno d'Assoluto parli di un bisogno anonimo. Direi che anche questo è un
bisogno anonimo. Ѐ un bisogno d'Assoluto che non è arrivato all'Assoluto.
Luigi:
Ma la fede si perde, perché la fede ci è data per cercare Dio.
Se non cerchiamo Dio, gli
argomenti del mondo ci portano via la fede.
O noi assorbiamo gli
argomenti del mondo nello Spirito di Dio o altrimenti noi stessi siamo
assorbiti dagli argomenti del mondo.
Non c'è niente da fare.
N.: Ma sono
questi stessi che dicono: "Io vorrei avere la fede" ma non possono.
Luigi:
La fede non è oggetto della nostra volontà.
Come la conoscenza e
l'ascolto di Dio, non sono oggetto della nostra volontà.
N.: Su questo
nessun dubbio, quello che voglio dire è che la volta scorsa, tu hai presentato
questo desiderio, come un desiderio specifico di Cristo, mentre invece io non
lo vedo così specifico.
Lo vedo come un
desiderio generico di un qualcosa che mi tolga dalla confusione in cui mi
trovo.
Luigi: Il desiderio specifico di Cristo si
forma se uno si prepara, cioè se accoglie il Giovanni Battista.
Infatti Gesù dice:
"Tutto quello che vedete, tutto quello che ascoltate, riferitelo a
Giovanni".
Quindi se tu vuoi ritrovare
anche la fede che hai perduto, se vuoi recuperarla devi fare questo lavoro.
Perché Giovanni Battista è proprio venuto per convertire al Cristo, quindi per
formare nell'uomo il desiderio specifico del Cristo.
Per formare nell'uomo il
desiderio specifico del Cristo cosa ha fatto?
Battesimo di giustizia,
quindi penitenza da una parte, conversione dall'altra.
N.: Che quella
sia la via giusta non lo discuto.
Luigi:
No, è la via per recuperare tutto anche la fede.
Tu vuoi avere la fede?
Ricomincia a riportare e a riferire tutto a Dio. Questa è l'azione di recupero.
P.: Era quello
che dicevo prima. Quindi è possibile recuperare la fede?
Luigi:
Sì.
P.: Facendo
questo?
Luigi:
Sì.
N.: La mia
questione non è questa, è evidente quello che avete detto, nessun dubbio.
Quello che dicevo
è che la volta scorsa mi sembrava che avessi presentato il desiderio dell'uomo
come desiderio specifico del Cristo, mentre non lo vedo come desiderio
specifico del Cristo.
Dimmi se ho
ragione o se ho torto in questa mia visione.
Luigi:
Non ho ben presente a cosa tu ti riferisci.
DN.: L'altra
volta avevamo parlato di desiderio di Cristo con la nostra volontà.
N.: No, no, no,
stiamo parlando di costoro che sono incapaci, di questi che hanno perso la
fede.
DN.: Ma la
Luce ci sfiora tutti....
N.: Stiamo
andando fuori campo. Il campo è questo: c'è della gente che vorrebbe vedere il
giorno di Cristo e non può più. Allora vorrebbe vedere il giorno di Cristo
realmente, perché ha capito che Cristo è quello che è o vorrebbe il Cristo
così, come una salvezza qualunque perché vede che è nella confusione totale,
tutto lì, la differenza per me è quella.
Non mi sembra che
questi desiderosi di vedere Cristo, in realtà siano veramente con il desiderio di
vedere Cristo, il Figlio di Dio, Parola di Dio incarnata per noi.
Luigi: Ci sarà certamente questo desiderio
di vedere Cristo come Verbo di Dio, come Parola di Dio incarnata tra noi e non
averne la possibilità.
P.:Proprio quel
desiderio specifico.
Luigi:
Sì.
Si formerà in noi questo
desiderio specifico, perché ci troveremo di fronte al Cristo e ci resterà il
dubbio se sia veramente o meno il Figlio di Dio.
Resta il dubbio ed è un
dubbio dal quale non potremo uscire.
Lui si afferma, però a noi
resta il dubbio.
P.: Ma c'è il
dubbio e il bisogno di vedere.
Luigi:
Sì, perché noi ci troviamo di fronte a una realtà che non possiamo smentire e
vorremmo capire ma non possiamo.
P.: Ah, vorremmo
capire?
Luigi:
Capire vuole dire desiderio di vedere quello che si manifesta. Cristo si
manifesta come Figlio di Dio, come uno che ha preso su di Sé il mio peccato, io
vorrei capire ma non ci riesco, non so dove appigliarmi.
Vorrei capire ma mi resta
il dubbio.
E da questo dubbio non ne
posso uscire.
Saremo portati tutti di fronte
al Cristo.
Di fronte a Lui morto in
croce, saremo tutti presenti.
Arriva un certo momento in
cui gli avvenimenti della vita ci concentreranno lì: davanti al Trono, perché
quella è la realtà.
Quello è il centro di tutto,
è il centro di tutta l'opera di Dio.
Tutta l'opera di Dio, tutta
la creazione, tutti i tempi si concentrano in Cristo che muore in croce.
Se questo è il centro di
tutta l'opera di Dio, naturalmente cosa succede? Arriverà certo il momento in
cui noi ci troveremo in questo centro.
Non possiamo farne a meno.
Noi non sappiamo come, né
attraverso quali vie ma Dio ci conduce lì di fronte.
A tu per tu.
E ci resterà il dubbio.
P.: Quella è la
sintesi di tutta l'opera che Dio ha fatto per noi.
Luigi:
Guardi che il giudizio universale sarà di fronte al Cristo, mica di fronte al
Padre.
Perché chi vede il Padre è
nella vita eterna, è salvo.
Il giudizio è di fronte al
Cristo, di fronte alla Parola di Dio.
Infatti il Padre non
giudica, è la Parola di Dio che ci giudica.
Noi saremo giudicati dalla
Parola che è arrivata a noi.
Quella Parola che non
abbiamo capito, che non abbiamo avvertito quando è arrivata a noi.
P.: Non l'abbiamo
concepita.
Luigi:
Non l'abbiamo concepita.
Chi concepisce è Maria ma
Maria concepisce con l'orecchio in quanto c'è tutta questa dedizione
all'ascolto di Dio, perché ho scoperto che quella è la massima autorità, tutto
dipende da quello. Allora avendo questo massimo interesse lì, allora sono
capace di ascoltare quello.
Perché l'ascolto è determinato
dall'interesse.
Ma se io ho altri
interessi, quando mi si presenta questo, gli altri interessi mi impediscono
l'ascolto, mi impediscono di concepire.
E quindi mi fanno restare
nel dubbio, pur non potendo smentire la Parola che è arrivata a me.
P.: La volta
scorsa volevo chiedere cosa vuole dire concepire la Verità e la differenza tra
concepire la Verità e conoscere la Verità.
Concepire la
Verità è concepire, capire l'opera che Dio sta facendo per me, cioè concepire
il Cristo.
Luigi:
Sì.
P.: Conoscere la
Verità è conoscere il Padre.
Luigi:
Certo.
La Verità viene dal Padre,
dal Padre e dal Figlio, è lo Spirito di Verità.
C.: L'argomento
di fondo sta sempre dal fatto che dobbiamo prendere ogni cosa dalle mani di
Dio, ogni sua parola, ogni suo avvenimento. Questo è il lavoro di preparazione
da fare.
Luigi:
Non basta.
Dobbiamo prendere tutto
dalle mani di Dio e dobbiamo riportare tutto a Dio.
Dobbiamo riportare a Dio
per capire.
Dobbiamo riportare.
Bisogna ricevere, tutto
viene a noi da Dio ma, tutto va riportato a Dio. Perché Dio ci mette tutto
nelle mani e poi ci dice: "Adesso tu portalo a Me, affinché Io te lo
illumini".
Perché Colui che fa
arrivare a noi le cose, è anche Colui che ce le fa capire.
Questo è un lavoro urgente,
perché se Gesù dice: "Fate attenzione a come ascoltate", cioè come
state a ricevere oggi le cose. Come le ricevete oggi, "come".
Perché domani desidererete
capire ma non potrete. Desidererete vedere anche un solo giorno o una sola
parola del Figlio di Dio e non potrete.
Quindi se dice:
"Domani" vuol dire che la cosa è urgente.
Il che vuole dire che
quello che io non riporto adesso in Dio, quello mi indurisce l'orecchio.
Se lo riporto in Dio mi
rende specifico l'orecchio, mi rende orientato l'orecchio a un ascolto ben
preciso, all'ascolto di Dio.
Perché Dio forma in noi
l'orecchio aperto a tutto e a tutti, all'inizio della nostra vita siamo capaci
di ascoltare tutto ma, man mano che viviamo, l'orecchio si irrigidisce in una
unica direzione che è la direzione dei nostri interessi.
Se al centro della nostra
vita abbiamo interesse per Dio, allora il nostro orecchio si orienta tutto su
Dio e allora qui stiamo camminando verso la Madonna, verso Maria.
Maria è la capacità di
concepire il Figlio di Dio, il Verbo di Dio tra noi, nella nostra vita.
Se invece non si verifica
questo, tutto quello che noi riceviamo, che ascoltiamo ma che non riportiamo a
Dio, quello ci indurisce l'orecchio. E costituisce un campo di altri interessi
che ci renderà sordi alle cose di Dio. Per cui tu domani desidererai ma sarai
sordo, non potrai ascoltare, non è che Dio non parli.
Dio parla in tutto come mai
allora passa?
"Non sempre avrete
Me".
"Ancora per poco Io
sono con voi".
Ѐ la Parola di Dio che
quando sarà passato, noi non potremo più trovarla.
Dio continua a parlare, Dio
parla in tutto ma noi saremo diventati sordi.
G.: Tutte le
volte che Lui ci ha parlato e noi non abbiamo riferito le cose a Lui perché non
lo sapevamo che andavano riportate, siamo responsabili?
Luigi:
Certamente infatti Gesù dice che Gerusalemme non ha conosciuto l'ora in cui è
stata visitata.
No se ne è accorta.
Il tempo non è in mano
all'uomo.
L'uomo non è libero.
L'uomo non è libero, la
libertà nostra è in Dio, è nella conoscenza della Verità.
Accade che la Verità ci
sfiora, quando ci sfiora, proprio perché ci sfiora, comunica a noi un po' della
sua libertà e in quel momento lì, noi abbiamo la possibilità di passare alla
Verità, abbiamo cioè la possibilità di dedicarci a ciò che la Luce di Dio ci
propone.
Ma quella possibilità non è
in noi è data dalla vicinanza di Dio a noi.
Il Cristo che sta parlando
sulle nostre strade, ci offre una possibilità che non è in noi ma che è data
proprio dalla sua vicinanza.
Tu godevi della Luce, ma
quella Luce ti era data da Lui che ti stava parlando ma se Lui cessa di
parlare, la tua Luce se ne è andata.
Noi in quanto a volte
esperimentiamo momenti di disponibilità, di libertà, deduciamo di essere
liberi, no, noi non siamo liberi.
Tu esperimenti la possibilità
della libertà in quanto le Luce ti si avvicina.
La vicinanza ti crea la
possibilità di essere libero, se la Luce si sottrae, adesso tu non puoi più,
perché resti dominato dai tuoi sentimenti, dai tuoi interessi e dal tuo mondo
ma ti manca il tempo, la disponibilità interiore per Dio che ti è data dalla
vicinanza di Dio.
Con la vicinanza di Dio,
noi abbiamo una disponibilità immensa, perché qui abbiamo la vita eterna ma
nella lontananza da Dio noi siamo schiavi di tutto.
Il che vuole dire che siamo
dipendenti da tutto e corro da una parte all'altra perché tutte le cose mi
ossessionano e mi tormentano.
Con Dio c'è la massima
libertà, disponibilità di tempo e di tutto, lontano da Dio c'è invece l'anima
che resta soffocata da questo.
P.: Ѐ tutta una dimensione
interiore.
Luigi: Ѐ
soltanto una dimensione interiore.
P.: Una stessa
situazione, due persone possono viverla in modo completamente diverso
Luigi:
"Due saranno nello stesso letto, uno sarà preso e l'altro sarà lasciato.
Due saranno nello stesso campo, uno sarà preso e l'altro lasciato".
Y.: E non basta
la volontà?
Luigi:
No perché Dio non attrae, la nostra volontà può volere solo ciò che attrae, che
appare importante, altrimenti non può volere.
Io ho altre realtà che
premono su di me, se dico che ho altre realtà che premono su di me, vuole dire
che sono schiavo di queste realtà, per cui la realtà Dio non mi interessa, non
mi afferra, perché devo occuparmi prima della mia realtà.
E questo denota che io sono
schiavo di quello.
Y.: Ѐ come una
malattia interiore.
Certamente, però questo è
conseguenza di-.
Perché l'ascolto c'era, la
fede c'era e non l'hai utilizzata e allora succede questo.
G.: Ma se non lo
sapevo? Se nessuno me lo aveva detto?
Luigi:
Lei non lo sapeva che esiste Dio?
G.: Che esiste
Dio sì.
Luigi:
Ma basta questo, basta sapere che io non sono Dio.
Basta sapere che ognuno di
noi non è il Creatore, basta questo.
Se lei non è il Creatore,
noi ci troviamo in casa d'altri.
L'universo è di un altro.
E allora non posso dire che
non lo sapevo: "Tu sapevi che Io ci sono".
Non sei tu che hai fatto
l'universo e allora sei in casa d'altri e in casa d'altri ti permetti di
comportarti senza tenere presente il padrone di casa?
Puoi dire entrando in casa d'altri
che tu non sapevi che era casa di un altro?
Ma allora se è la casa di
un altro, fai attenzione alla volontà e ai desideri e all'intenzione
dell'altro, non permetterti di spostare i mobili come vuoi tu.
Invece noi consideriamo
nostro, l'universo che è di un altro e lo utilizziamo tutto secondo il pensiero
del nostro io, come vogliamo noi: "Questo albero non mi piace lì, lo
taglio", stai attento, guarda che la casa è di un altro.
A un certo momento l'Altro
arriva e ti dice: "Un momento amico, il Padrone sono io".
E infatti Lui dice che
viene come un ladro di notte e si riprende tutto, si riprende l'intelligenza,
la volontà, la vita, il tempo, si riprende tutto e noi restiamo senza niente,
senza più tempo, non abbiamo più tempo per-.
Ѐ Lui che si è ripreso
tutto.
E tu non lo sapevi?
Sapevi che eri in casa
d'altri.
P.: Però se ci
illumina, è una grazia per ricominciare.
Ma queste cose
qui, il Signore le dice per salvarci, non le dice per condannarci.
Luigi:
Quando Lui dice: "State attenti a come ascoltate, perché verrà un giorno
in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo e non
lo potrete, desidererete ascoltare una sola delle sue parole e non la
ascolterete".
Se ce lo dice, è per
evitarci questo.
La Parola di Dio arriva appunto
prima di Dio per salvarci.
FA.: Il battesimo
di giustizia lo devo fare dal principio, cioè devo passare dalla dedizione alla
disponibilità, dalla disponibilità all'ascolto.
Luigi:
Tutto quello che tu ascolti, tutto quello che tu vedi, lo devi sempre riportare
a Dio.
Tutto, perché quella è la
preparazione e al termine di questa preparazione c'è Maria cioè c'è l'anima che
è tutta ascolto di Dio.
Quello è il temine e devi
sapere che il termine è quello.
FA.:E per
arrivare a questo puro ascolto di Dio....
Luigi:
Riportando tutto a Dio, a poco per volta, si forma in me, questo centro, questa
grande autorità, perché Dio, tutte le cose le manda, appunto per formare in noi
questo ascolto orientato unicamente su di Lui.
Lui come massima autorità,
per cui non ascolto più nessun altro, a un certo momento crollano tutte le
altre autorità, crollano tutti gli altri valori perché....
Come mai hai scoperto
questa grande autorità a cui tutto va riferito e da cui tutto deve dipendere?
Appunto perché tutte le cose, a poco per volta le hai riportate a Dio,
riportandole a Dio, a poco per volta, Dio diventa l'essere più alto di grado
nel tuo cuore e allora attrae tutto a Sé.
FA.: E arrivata a
quel punto lì trovo anche la stabilità.
Luigi:
Certo, infatti Maria è di una stabilità enorme
FA.: Maria va
bene ma noi?
Quella è la meta, la meta
della preparazione.
L'antico testamento si
conclude con queste due grandi figure: Giovanni Battista e Maria.
Giovanni Battista è l'anima
di tutta la preparazione, Maria è la personificazione, il compimento della
passione stessa, quindi è la realizzazione personale della preparazione stessa.
Qui abbiamo la creatura che
ha un amore unico e quindi è di una potenza enorme
P.: Cristo è come
un bambino affidato alle nostre mani, quello fa capire bene la dedizione. Non è
un oggetto.
Luigi:
Certo, non è un soprammobile che metto fermo lì. Un bambino richiede tempo
pieno, c'è poco da fare. Se distogli un momento lo guardo da lui quello cade o
affoga...
DN. E io sono
responsabile.
P.: Ѐ un
segno efficace quello del bambino.
Luigi:
Ecco allora Maria che è questa dedizione totale.
Altrimenti lo si perde.
Maria è il fiore che è
sbocciato alla conclusione, sulla cima di tutto l'antico testamento.
Quindi vuole dire che tutto l'antico testamento, tutto il
travaglio dei peccati, delle leggi, dei profeti, a poco per volta arrivano a
fare sbocciare questo fiore.
Questo fiore da cui nasce Gesù. Quella è la conclusione.
La
conclusione di tutta la creazione, di tutta la preparazione.
P.: Siamo invitati a leggere il capitolo intitolato proprio: il fiore
sbocciato in cima alla collina del libro "Pensieri su Dio".
DN.: Ho incontrato una amica che non crede a Dio e non so se Dio mi
abbia suggerito le parole giuste.
Questa persona per superbia non vuole la Luce...
Luigi:
Comunque sia ben chiaro che non è lei e non siamo noi che possiamo cambiare le
anime. Chi converte è Dio e soltanto Dio.
L'importante
è tenere presente il Pensiero di Dio e lasciare parlare Dio.
Se
anche per una parola che lei dice, quell'anima si aprisse alla Luce, non dica
mai di essere stata lei, perché è Dio.
Perché
è Dio che parla in tutto, se invece parliamo noi, le creature scappano.
Ogni
creatura ha bisogno di incontrare il Cristo e soffre e patisce e tribola perché
non riesce a toccare niente del Cristo.
Come
quella donna che pativa perdite di sangue: "Solo che io riesca a toccare
un lembo del vestito del Signore e sarò salva".
Tutte
le creature stanno soffrendo perché hanno una vita che stanno perdendo e la
perdono perché non riescono a toccare niente di Dio.
E.: Noi ascoltiamo le cose a cui siamo interessati, quindi se Dio è
l'interesse preminente che portiamo in noi, è evidente che tutte le cose
vengono riportate a Lui, sono illuminate da Lui. Noi siamo sfiorati e invasi
dalla Luce, dalla sua Verità, però Dio deve essere l'interesse predominante in
noi.
Ed abbiamo anche la possibilità di verificare se Dio è l'interesse
predominante in noi. Perché la presenza di Dio è una presenza consapevole.
Quindi quello che non riferisco consapevolmente a Dio, direi che non entra
nell'ascolto delle cose di Dio ma fa parte se mai di quell'ascolto che
incrementa l'io e rende sclerotico l'orecchio umano.
Luigi:
Poi Gesù dice: "State attenti che la vostra bocca, parla di ciò che avete
nel cuore", per cui se noi abbiamo come interesse principale Dio, la
nostra bocca parla Dio.
E.: Non solo ma ascolta le Parole di Dio.
Luigi:
Certo.
E.: Ѐ nella possibilità di ascoltare le Parole di Dio.
Luigi: A seconda dell'ascolto tu parli.
Succede che molte volte, diciamo di avere fede e poi magari diciamo che la
salute è tutto e non ci accorgiamo che stiamo bestemmiando, perché tutto è Dio.
Se
uno ha dentro di sé, come interesse principale Dio, immediatamente le parole
che dice, le dice secondo Dio, cioè a un certo momento ripete le parole del
Cristo, non può farne a meno, non può ripetere altre parole.
Ma
se ripete altre parole, se dice altre parole secondo il mondo (il denaro è
importante, senza lavoro non si vive eccetera) si sente fuori posto, perché nel
Vangelo queste cose non ci sono.
Le
parole che diciamo sono quindi proprio il banco di prova.
Se
la nostra parola è secondo il Vangelo, secondo il Cristo allora vuole dire che
dentro abbiamo interesse per Dio.
Cristo
che aveva il Padre al centro, parlava in un certo modo, tutto diverso da come
il mondo parla.
Questo
perché nel mondo c'è un altro centro di interesse che non è il Padre e allora
la parola del mondo è tutta diversa da quella di Cristo.
Però
questo è anche un banco di prova per noi.
A
seconda delle parole che escono dalla nostra bocca, noi abbiamo un metro, un
banco di prova per vedere se, il nostro interesse è veramente Dio oppure se è
altro.
E.: C'è un rapporto tra il pensiero e la parola come c'è un rapporto tra la
vita interiore e la vita esteriore, è evidente che se non abbiamo Dio come
presenza, le cose non sono riportate a Dio e quindi sono riferite all'io e
quindi non vengono accolte nella Luce di Dio e restano lì senza dirci niente di
Dio.
Luigi:
Anzi noi parliamo credendo di dire la verità.
Quando
si dice che senza denaro non si può fare niente, chi lo dice è veramente
convinto che senza denaro non si può fare niente.
Così
anche quando si dice che la salute è tutto.
Infatti
basta vedere come quando uno inizia ad avere qualche problemino come diventa
importante il problema della salute, per cui ci sono dei metri per cui uno può
pensare che queste cose siano vere.
E.: L'altro giorno che ero all'ospedale per un amico malato, ho detto che
la malattia è anche una creatura di Dio e mi è stato detto: "Guarda che
hai detto una bestemmia, domani vatti a confessare", me lo ha detto chi
stava dandogli l'estrema unzione. E non mi sento in colpa per questo, sono
sempre convinto che Dio vuole anche le emorragie cerebrali.
Luigi:
Era un sacerdote quello che te lo ha detto?
E.: Sì.
Luigi:
Ah un sacerdote?
E.: Io gli ho detto: "Guardi che se c'è qualcosa che è al di fuori
della volontà di Dio, il Dio in cui crediamo non ha più senso e allora non
credo in Dio, perché allora c'è un altra volontà diversa da Dio, c'è un altro
principio creatore". Con una natura polemica è sempre molto difficile
inserirsi.
Luigi:
Quindi tu avresti bestemmiato?
Tu
pensa se uno potesse pensare che quello che è accaduto non fosse voluto da Dio,
a parte che Dio sparirebbe ma c'è da disperare.
Proprio
il fatto di vedere che tutto è voluto da Dio, ti dà una forza enorme.
E.: Io ero confortato dal dialogo che avevo avuto poco prima. E con i
medici che avevano detto che era molto grave e dalla moglie che mi aveva detto
di essere aperta alla volontà di Dio.
DN.: La paga più bella che Dio ci può dare è quella di farci accettare
tutte le cose volute da Lui. Gli uomini a parte incoraggiarti e darti pacche
sulle spalle non possono fare.
La fede invece ti paga già in partenza, il fatto di prendere una disgrazia
con gioia, con rassegnazione, non è una paga?
E.: Ma poi sapere che quello che Dio vuole è per il nostro bene...
Luigi:
La stessa cosa vista nel pensiero del nostro io o vista nel Pensiero di Dio
cambia completamente.
La
grazia più grande è potere accettare tutto da Dio e potere vedere la mano di
Dio in tutto, è una meraviglia.
P.: Quello matura l'anima.
N.: Lì l'anima è già maturata.
Luigi: Ѐ
una meraviglia il potere accettare tutto dalle mani di Dio. Eppure arriviamo al
punto in cui ti dicono che bestemmi.
E.: Ѐ un fatto di logica filosofica.
Lasciamo stare la teologia o il catechismo. Se qualcosa avviene al di fuori
della Volontà di Dio, Volontà che ha posto in esistenza l'universo, che ha
voluto le nostre singole esistenze, allora in questo caso non solo non credo a
Dio ma Dio non esiste.
X.: Quella persona lì forse vorrebbe solo fare derivare
da Dio il bene. E quello che secondo lui è un male non lo vede derivato da Dio.
FA.: Come gli anglicani che dicono che da Dio può venire solo il bene.
E.: Quello che noi riteniamo bene.
N.: Noi tutti abbiamo fatto l'esperienza di qualcosa che ritenevamo male e
che poi si è rivelato un bene.
E.: Dio è vita e, o entra in me come vita e allora lo riconosco come Dio,
oppure Dio è vita solo per certi aspetti e per altri no....
Luigi:
Se ci fosse un punto solo dell'universo, un solo capello che sfuggisse a Dio,
Dio non sarebbe più Dio.
Basta
dire il "Credo": "Credo in Dio onnipotente Creatore di tutte le
cose visibili ed invisibili".
Tutte,
tutte.
Una
malattia o una emorragia non è una cosa visibile o invisibile?
Creatore
di tutte le cose, lo diciamo tutti i giorni o tutte le domeniche, e allora?
Noi
diciamo il "Credo, diciamo che Lui è il Creatore di tutte le cose visibili
ed invisibili e poi diciamo: "No, questo non è opera di Dio".
DN.: Predichiamo bene e razzoliamo male.
Luigi:
No, non è mica quello, è proprio la logica che manca.
Se
Dio non illumina non c'è niente da fare.
DN.: Non è colpa di nessuno.
E.: Io penso che questa affermazione: "Dio non vuole il male",
sia una affermazione superficiale.
Luigi: Ѐ
solo superficiale certo.
Due
anni fa, quel cardinale di Napoli ha detto che i terremoti non sono mandati da
Dio.
Invece
tutto è Parola di Dio.
N.: Allora chi vorrebbe la morte? La morte è il massimo del male. Che
differenza c'è tra un terremoto che fa morire diecimila persone e diecimila
persone che muoiono ogni giorno? Muoiono ogni giorno per volontà di Dio.
Luigi:
Se uno non muore disperato è proprio perché accoglie la morte dalle mani di
Dio.
N.: Quando lui dice che il diluvio arriva per ogni persona, è verissimo
eppure se lo vai a dire in giro ti danno del matto.
Puoi dire che non è vero?
A un cero punto arriva il diluvio, non c'è verso.
Luigi:
Comunque la base importantissima è questa: "Dio è il Creatore di tutte le
cose" e quindi tutto bisogna accogliere da Dio, tutto quello che vediamo
che sentiamo ed esperimentiamo, dobbiamo sempre riferirlo a Dio.
Questa
è la base e il fondamento della fede per potere iniziare la vita dello Spirito,
in caso diverso non si vive.
Se
si comincia a fare dei distinguo: "Qui c'è Dio e là non c'è Dio" non
si arriva mai.
P.: La Bibbia non fa dei distinguo, attribuisce tutto a Dio.
N.: Altrimenti iniziamo a fare lo sforzo di Sisifo, iniziamo a cambiare le
cose a seconda dei nostri desideri.
E poi finiamo a lottare contro Dio.
Se Dio crea qualcosa e io voglio correggerla a mio piacimento, è una guerra
persa in partenza, Dio è certo più forte di noi.
P.: Io personalmente sono convinta che tutto è opera di Dio e allora come
mai non riporto tutto a Dio?
Non basta ancora essere convinti che tutto è opera di Dio.
Luigi:
Se lei non si affretta a riportare tutto a Dio, perde la fede.
P.: Il problema non è tanto riportare a Dio le cose grandi, il
problema è sopratutto con le cose piccole, quello che tocco, quello che vedo,
le cose apparentemente banali di ogni giorno.
Luigi: La banalità è nella nostra
grossolanità, non è in Dio.
In
tutte le cose Dio sta parlando personalmente con te.
Dio
sta parlando personalmente con noi, attraverso la formica, attraverso l'albero
e il terremoto, attraverso la disgrazia o la gioia è sempre Dio che sta
parlando con te.
E
tu sapendo che Dio sta parlando con te, cerca il suo Pensiero, la sua
Intenzione, la sua Volontà.
Noi
siamo su un'automobile alla cui guida c'è il Signore e ci conduce dove vuole
Lui, noi dobbiamo avere fiducia in Lui, Lui sa guidare bene.
P.: Penitenza e conversione non si identificano?
Luigi:
No, penitenza in quanto mi devo staccare da tutto ciò che non è Dio. La
conversione è convergere a Dio, per convergere a Dio devo lasciare tante altre
cose.
N.: La penitenza è la parte inferiore dell'iceberg e conversione la parte
superiore.
Luigi:
Ed è una conversione urgente da fare questa, perché domani magari tu lo
desidererai ma non lo potrai più fare.
Quello
che, oggi come oggi non riporti a Dio, quello già ti indurisce l'orecchio.
Tu
non puoi rinviare e dire che domani avrai l'orecchio attento come oggi, no, se
tu oggi non raccogli in Dio, domani il tuo orecchio non è più disponibile a Dio
come lo è oggi, si è indurito, quindi la conversione è urgente.
Se
Gesù dice che verrà un giorno in cui lo cercheremo ma non lo troveremo, vuole
dire che la cosa non è rinviabile.
Ogni
rinvio appesantisce.
Infatti
Gesù dice: "Gerusalemme, adesso non è più tempo, quante volte ho cercato
di raccoglierti e tu non hai conosciuto l'ora in cui sei stata visitata, adesso
non è più tempo".
DN.: Lì è triste poi...
Luigi:
Lo so ma Lui ce lo dice prima, affinché questo non avvenga.
L'ha
fatto patire a quel popolo allora, perché non avvenga per noi personalmente.
DN.: Perché noi una volta che abbiamo conosciuto la grazia, non dobbiamo più
trascurarla.
Luigi:
No, la Luce in quanto ci sfiora, ci invita a dedicarsi a ciò di cui essa ci
parla. Perché quello che ti ha illuminato oggi, se tu non ti dedichi ad esso,
domani lo hai già perduto. Ti resta la memoria ma, la memoria non è vita. La
memoria non ti dà la vita.
Se
lei ha il ricordo di una creatura, questo ricordo non le basta, c'è bisogno
della presenza e quella diventa vita.
C.: Ѐ urgente non sfuggire a nessuna delle occasioni che Dio ci presenta
per pensare a Lui.
N.: Penso che durante il nostro cammino di fede, Dio purifica tutto ciò che
si può purificare.
X.: Quando sono nelle tenebre, devo immergermi nella
Parola di Dio.
E.: Se non ho Dio come interesse prevalente, non sono nella capacità di
poter ascoltare come Sue, le parole che Lui mi manda e sono quindi incapace di
accogliere la sua Luce.
Questo interesse, deve essere un interesse consapevole di Dio, altrimenti
lo mettiamo come santo proposito e poi andiamo avanti con i nostri pensieri.
Invece Dio deve essere sempre consapevolmente presente.
DN.: Quando la Luce mi sfiora, sta a me staccarmi da questo mondo che mi
trascina verso l'abisso.
P.: "Fate attenzione a come ascoltate", quel
"come" vuole proprio dire riferire tutto a Dio.
Luigi:
Certo perché se tu pensi a te stesso, arriverà il giorno in cui vorrai pensare
a Dio e non potrai più.
P.: Ѐ un'urgenza.
Possiamo sintetizzare oggi con questo tema: La
preparazione è urgente per evitare la sordità cronica.
Luigi: Va
benissimo.
Gesù si avviò allora
verso il monte degli Ulivi. Gv 8 Vs 1 Quarto tema.
Titolo: L'ascolto.
Argomenti: Campo di
ascolto: Non è determinato
dalla volontà ma, da ciò che noi riteniamo necessario. Incapacità di ascolto.
L'ascolto è un accordo. Pensiero dell'io e campo di ascolto. Perché
si ascolta? Unificare.
18/Dicembre/1983 Casa di preghiera
Fossano.
Abbiamo visto le volte
scorse, come l'incontro con la Luce richieda una preparazione, perché
altrimenti questo incontro può diventare un fallimento.
Come diventa un fallimento,
l'incontro con la Luce di questi capi dei sacerdoti e di questi farisei.
Abbiamo visto che la
preparazione si conclude, si sintetizza con la figura di Maria, la quale
rappresenta l'ideale della creatura in ascolto di Dio.
Tutta la preparazione si
conclude in questo ascolto, diventare capaci di ascoltare la Parola di Dio, di
essere tutto disponibile per la Parola di Dio.
Il tema di questa sera è
proprio l'ascolto.
Sopratutto perché si
ascolta e quale è il fine dell'ascolto stesso ed in cosa consiste l'ascolto.
Quando parliamo di ascolto,
anche qui, noi riteniamo di essere liberi di ascoltare quello che vogliamo.
Invece, se approfondiamo,
capiamo e molte volte costatiamo che noi non siamo liberi di ascoltare quello
che vogliamo e non siamo nemmeno liberi (e questo è più grave) di non ascoltare
quello che non vogliamo ascoltare.
Arriva un certo momento
nella vita in cui noi verifichiamo questo: siamo costretti ad ascoltare
quello che non vorremmo.
Quello che noi vorremmo
ascoltare non siamo in grado di ascoltarlo.
Basta
questa costatazione, per farci capire che l'ascolto
non è in balìa della nostra volontà, non dipende dalla nostra volontà.
Una
delle prime cose che dobbiamo cercare di capire è
questa: il campo di ascolto.
Da cosa è determinato in
noi il campo d'ascolto?
Il campo d'ascolto è che
cosa noi siamo in grado di ascoltare.
Gesù dice: "State
attenti a come ascoltate".
Evidentemente proprio da
quel "come si ascolta" viene a determinarsi in noi, il campo di
ascolto.
A seconda di come noi
ascoltiamo quello che arriva a noi, restiamo condizionati per l'ascolto
successivo.
Abbiamo
visto che, quando si parla di ascolto, si richiede sempre
questa dedizione, questo superamento del pensiero di noi stessi.
Ma
la dedizione richiede sempre dell'attrazione.
Per ascoltare bisogna
essere attratti da ciò cui ci rivolgiamo ad ascoltare.
L'attrazione
è sempre in relazione a qualche nostro interesse.
Il campo di ascolto è in
relazione a qualche nostro interesse ma,
l'interesse è determinato da ciò di cui noi abbiamo bisogno.
E
il bisogno è determinato da ciò che noi riteniamo più
necessario per la nostra vita.
Quando abbiamo parlato del
bisogno e di questa sua dipendenza da ciò che noi riteniamo più necessario,
abbiamo visto che il più delle volte, noi riteniamo necessario, ciò che è in
relazione ai nostri bisogni di vita pratica, oppure in relazione a quello che
può essere il pensiero della figura, dell'ambizione, del prestigio del nostro
io di fronte al mondo.
E questo
determina il motivo principale del nostro vivere.
Se l'ascolto dipende dalla
dedizione, la dedizione dall'attrazione, l'attrazione dall'interesse che si
incentra poi in questa unica cosa necessaria che noi mettiamo dentro di noi, al
di sopra di tutto, dobbiamo dire che il campo di ascolto non è determinato
dalla nostra volontà ma, e determinato da ciò che noi mettiamo come, cosa
soprattutto necessaria per la nostra vita.
Quello che noi eleggiamo,
che noi riteniamo come necessario per la nostra vita, questo viene a
determinare in noi il campo di ascolto.
Cioè,
noi finiamo con ascoltare soltanto ciò che viene a dipendere da ciò
che abbiamo ritenuto necessario.
Mentre tutto quello che non
coincide o non è in relazione a ciò che noi riteniamo necessario, a poco per
volta, viene sempre più escluso dai nostri interessi e noi stessi diventiamo
incapaci di ascoltare.
Può succedere che si
arriva, addirittura al punto da non potere più ascoltare la Parola di Dio,
perché non rientra in quel campo d'interesse e quindi non dipende da
quell'unica cosa necessaria che, abbiamo posto al di sopra di tutto.
Così, noi ci condizioniamo
il campo dell'ascolto.
La Parola di Dio, può
diventare per noi insopportabile, può diventare per noi astratta, può diventare
per noi inconcepibile.
Lo dice Gesù stesso:
"La mia Parola non penetra in voi, ecco perché voi non potete
ascoltarla" e giustifica questo dicendo: "Voi non potete ascoltarla,
perché avete un altro padre".
Noi diventiamo figli di
quel motivo di vita che, abbiamo posto al centro dei nostri pensieri, al centro
della nostra stessa vita.
Ecco che succede che noi
non potremo più ascoltare quello che magari vorremmo ascoltare.
Oppure siamo costretti ad
ascoltare, quello che, a un certo momento non vorremmo magari più ascoltare.
Quello che ci determina è
proprio quello che abbiamo dentro di noi.
D'altronde se osserviamo a fondo,
noi vediamo che l'ascolto è essenzialmente costituito da un accordo.
Noi ascoltiamo per
accordarci.
Quando si parla di accordo,
si tende sempre a unificare due termini ma, il termine fondamentale di questo
accordo non è esterno, è dentro di noi.
É quello che noi abbiamo
messo come punto fisso di riferimento dei nostri pensieri per le nostre scelte.
E allora l'ascolto sta nel
cercare di accordare, tutto quello che arriva a noi con, quello che portiamo
dentro di noi.
Certo se noi, abbiamo
posto, dentro di noi, come unica cosa necessaria la conoscenza di Dio, allora
il nostro ascolto tende ad accordare tutto ciò che arriva a noi con il Pensiero
di Dio.
Tutto quello che arriva a
noi, arriva a noi come mandato da Dio, tutto quello che arriva a noi è opera di
Dio, ecco che il nostro ascolto ci apre alla ricerca del Pensiero di Dio.
Ci apre cioè a questo
accordo di tutte le cose che arrivano a noi con il Pensiero di Dio ma questo è
possibile solo in quanto abbiamo posto dentro di noi, al di sopra di tutto la
conoscenza di Dio.
Gesù stesso dice:
"Quando mi avrete innalzato, attrarrò tutti a Me".
Non si riferisce soltanto a
mettere in croce.
Questo innalzare, vuole dire
metterlo al di sopra di tutto.
Quando noi avremo messo Lui
al di sopra di tutto, Lui attrarrà tutto a Sé.
Il che vuole dire che darà
a noi la possibilità di ascoltare e di accordare tutto ciò che arriva a noi,
con il suo Pensiero.
Se invece noi abbiamo posto
dentro di noi, come nostro bene necessario e quindi come autorità assoluta per
noi, altro da Dio, succede che tutte le cose che arrivano a noi, non possono
essere da noi accordate con questo.
Alcune cose sì, altre no.
Viene così a definirsi un campo
di ascolto che è sempre più limitato a quel bene che, noi abbiamo messo la di
sopra di tutto.
E se noi abbiamo messo al
di sopra di tutto il pensiero del nostro io, questo pensiero del nostro io, a
un certo momento ci limita il campo di ascolto a un punto tale, da poter
ascoltare soltanto ciò che riguarda il pensiero del nostro io.
Noi potremo quindi parlare
solo di noi stessi e noi potremo ascoltare solo ciò che esalterà
il pensiero del nostro io o che riguarderà il nostro io.
Ma siccome tutto ciò che
accade è voluto da Dio, succede che a un certo momento, noi ci troveremo in un
campo di incomprensione, poiché non ci sarà nessuno e nessuna cosa che vorrà
esaltare il pensiero del nostro io, perché il pensiero del nostro io non è il
centro delle cose.
Il centro delle cose è Dio.
Se noi abbiamo il pensiero
del nostro io al centro, in un primo tempo parleremo di noi ma creeremo una
grande fuga da noi. Tutte le cose e tutte le creature si allontaneranno da noi
e noi ci saremo aperti la strada alla solitudine, all'incomprensione, alla
crisi di noi stessi.
Questa è la conclusione del
fatto di avere messo, al di sopra di tutto il pensiero di noi stessi.
Se invece abbiamo messo il
Pensiero di Dio, questo ci darà la possibilità di accordare tutto con Dio,
perché tutto si accorda con Dio, sia quello che noi diciamo bene, sia quello
che noi diciamo male.
Sia quella che chiamiamo
fortuna, sia quella che chiamiamo sfortuna, sia quella che chiamiamo felicità,
sia quella che chiamiamo infelicità.
Anche le disgrazie si accordano
tutte nel Pensiero di Dio.
E in questo accordo di
tutte le cose con il Pensiero di Dio, noi ci troveremo conosciuti e noi
conosceremo, noi ci conosceremo amati e avremo anche la capacità di amare e
avremo sopratutto la capacità di ascoltare e di comunicare.
Tutto questo però
presuppone, l'avere messo al di sopra di tutto, il Pensiero di Dio, soltanto
quello, dà a noi la possibilità di ascoltare ogni cosa.
Se l'ascolto è un accordo,
si ascolta per unificare ogni cosa.
Qui siamo dominati dal
bisogno di unificare tutto.
Noi siamo attratti
dall'unità, siamo attratti da Dio e Dio è uno solo.
E quello che muove tutto
nella nostra vita è questo bisogno di unificare tutto.
Per
unificare tutto, noi dobbiamo avere in noi un principio tale in
cui unificare ogni cosa.
Possiamo mettere in noi un
principio, nel quale a un certo momento, ci è impossibile unificare e questo ci
porta nella crisi.
Soltanto mettendo il
Pensiero di Dio, noi abbiamo la possibilità di raccogliere ogni cosa, di
unificare tutto, perché abbiamo la possibilità di vedere in tutto il Pensiero
di Dio.
Per potere restare uniti a
Dio, per potere seguire la Luce di Dio, per poter cercare sempre in tutto il
Pensiero di Dio, si richiede che noi si metta la conoscenza di Dio al di sopra
di tutto, come unica cosa necessaria, come vera cosa necessaria.
Gesù dice che una cosa sola
è necessaria.
Questa è la cosa
necessaria.
Se noi non mettiamo questa
o assieme a questa mettiamo anche altre cose necessarie, noi veniamo a trovarci
nella impossibilità (anche se lo vogliamo) di ascoltare le cose di Dio e
soprattutto nella impossibilità di trovare il Pensiero di Dio nelle cose.
In conclusione, noi siamo
fatti capaci di ascoltare solo ciò che è motivato dentro di noi.
Se dentro di noi, come motivo
principale, noi abbiamo Dio, cioè abbiamo Dio come nostro padre, noi possiamo
ascoltare tutto ciò che viene dal Padre ma, se noi come motivo principale di
vita, abbiamo posto altro, cioè abbiamo un altro padre, noi verremo a trovarci
nella impossibilità di ascoltare e quindi verremo a trovarci nella
impossibilità di unificare ogni cosa in Dio; avremo quindi seminato un
principio di dispersione, di confusione, di divisione e di morte in noi stessi.
P.: É un discorso
collegato con quello della volta scorsa.
La volta scorsa
si è visto come le distanze si creino proprio perché non si ascolta, abbiamo
visto come si diventa sordi e noi corriamo questo rischio. Il rischio di non
potere più ascoltare la Parola di Dio.
La distanza tra noi
e Dio si raddoppia, non solo perché noi ci ripieghiamo sui nostri interessi ma,
Gesù stesso si allontana da noi, ritornando al Padre.
Quindi per noi è
molto importante imparare ad ascoltare per evitare questa sordità.
Luigi: L'importante è che l'ascolto è determinato da un fatto
interiore.
L'ascolto è sopratutto un
accordo.
A fondamento dell'accordo
vi è questo fatto: due cose uguali si uniscono ma, si uniscono soltanto se sono
uguali.
P.: Uguali in che
senso?
Luigi: Uguali.
P.: In sintonia?
Luigi: Va beh.
P.: Che sono
sulla stessa lunghezza d'onda.
Luigi: Sulla stessa lunghezza d'onda.
Però non è la lunghezza
d'onda fuori che condiziona quella interna, è la lunghezza d'onda interna che
conta.
Noi percepiamo un suono in
quanto dentro di noi, nel nostro stesso orecchio, ci sono delle corde che
vibrano sulla stessa lunghezza d'onda del fatto che arriva dall'esterno,
altrimenti non lo percepiremmo.
Quindi tutto dipende
dall'interno, tutto è segno, tutto dipende dall'interno.
Soltanto se dentro di noi
vi è una lunghezza d'onda che vibra sulla stessa consonanza che c'è all'esterno
(all'esterno è tutta Parola di Dio) noi ascoltiamo.
In caso diverso noi non
possiamo ascoltare.
Questa lunghezza d'onda,
dentro di noi si forma in quanto mettiamo Dio come unica cosa necessaria nella
nostra vita, cioè mettiamo la conoscenza di Dio, come unica cosa necessaria,
qui allora abbiamo la possibilità dell'accordo e quindi dell'ascolto.
L'ascolto è essenzialmente
un accordo.
Là, dove non c'è accordo,
noi non possiamo ascoltare.
Cioè le cose arrivano a noi
ma, arrivano a noi come rumore, danno fastidio, noi non le sopportiamo, anche
le parole stesse di Dio, arrivano a noi ma ci danno fastidio, perché non sono
sulla nostra stessa lunghezza d'onda.
Dio tutte le cose le crea
per fonderle tutte in uno, nella sua unità e quindi per portare anche noi nella
sua unità.
Però siccome si richiede la
partecipazione personale, si richiede questo fatto interiore.
Se dentro di noi non c'è
Dio, noi veniamo a trovarci nella impossibilità assoluta di ascoltare Dio, non
possiamo ascoltare Dio.
Cioè, avvertiremo le Parole
di Dio ma come rumore, soltanto come rumore ma, non possiamo ascoltarle:
"Avete orecchie ma non ascoltate".
Questo avviene perché non
c'è la sintonia.
Questa sintonia interna,
presuppone l'avere Dio in noi posto al centro, Dio posto al di sopra di tutto.
Dio posto come unico nostro
bene, come unica cosa necessaria.
Perché è quello che noi
riteniamo necessario che determina in noi il campo d'interesse, il campo d'interesse
determina il campo d'attrazione, di dedizione, dedizione quindi ascolto.
Noi il più delle volte
riteniamo (errando) che l'ascolto dipenda dalla nostra volontà.
Se noi vogliamo aprirci a
un campo di ascolto, dobbiamo mettere dentro di noi, al di sopra di tutto ciò
che si riferisce a quel campo d'ascolto.
Fintanto che io dico che
questo per me è necessario, io già mi condiziono e delimito il mio campo
d'ascolto.
P.: Avessimo
anche tutto il tempo per ascoltare, questo tempo non ci servirebbe a niente.
Luigi: A niente.
Non è questione di tempo,
non è questione né di tempo, né di luogo.
É una questione interna.
P.: E questo è
tutto frutto della preparazione, del battesimo di Giovanni.
Luigi: Siccome il termine è diventare capaci di ascoltare il
Verbo che parla (Maria), portandoci a capire quale è la condizione per arrivare
lì, ci prepara.
Questa preparazione
all'ascolto si forma in noi ponendo o perlomeno rivedendo dentro di noi, quello
che riteniamo necessario per la nostra vita.
P.: Però per
potere fare questo dobbiamo avere fatto la giustizia essenziale.
Luigi: Certamente.
E.: É evidente
che l'ascolto è determinato dalla motivazione che mettiamo come essenziale per
la nostra vita però anche l'arco delle nostre esperienze non ci può far dire
che una volta messo Dio prima di tutto noi corriamo linearmente su questa
motivazione e accordiamo su questo elemento di base tutto il parlare di Dio e
tutta l'esperienza che ruota attorno a noi. C'è cioè in noi un alternarsi di
motivi, c'è Dio come motivo del nostro vivere e poi c'è il momento in cui, per
umana debolezza la creatura si distrae e approda sulla lunghezza d'onda del suo
io....
Luigi: Questo accade perché siamo volubili.
E.: Però è
fondamentale che l'uomo ponga a base di questa motivazione di Dio come elemento
determinante la sua vita, la consapevolezza che Dio è quell'essere che va posto
al di sopra di ogni cosa. Ci deve essere un lavoro del pensiero.
Luigi: Dio va posto proprio come necessità della nostra vita,
come bene necessario per noi.
Noi generalmente riteniamo
che Dio sia il bene indispensabile ma sono sempre termini ambigui.
Io dico che senza Dio non
posso fare niente ma, anche senza il denaro non posso fare niente.
Oppure come dicevamo
l'altra volta: "La salute è tutto", per cui l'importante è avere la
salute.
Senza accorgercene noi,
introduciamo dentro di noi, degli schemi di necessità, che poi ci fanno deviare
e ci fanno parlare in modo diverso da Dio.
E.: Penso però
che se noi, riusciamo a raggiungere nel profondo dell'anima, quindi interiormente,
la consapevolezza che Dio è il valore più alto...
Luigi: La convinzione.
E.: Dio così
diventa l'elemento dominante di una buona parte delle scelte che uno fa nella
vita.
Luigi: Se Dio diventa l'elemento dominante, questo ci apre all'interesse
per le cose di Dio, quindi ci apre all'ascolto.
E.: Alla base
però dell'ascolto, deve esserci questo elemento motivante.
Luigi: Certo, bisogna convincersi che Dio è il vero bene
necessario per la nostra vita, cioè la massima autorità, da cui dipende e da
cui io debbo far dipendere ogni cosa nella mia vita, allora questo mi apre
all'interesse per le cose di Dio e quindi mi trovo nel campo dell'ascolto di
Dio, quindi ho la possibilità di accordare.
E.: Il problema
fondamentale è come rendere costante e presente al nostro pensiero, questa
motivazione. Altrimenti noi con facilità sfuggiamo, pur credendo in Dio e
credendo Dio l'elemento di valore più alto.
N.: Noi per
potere ascoltare Dio, dobbiamo mettere Dio dentro di noi come massimo interesse
ma, noi riusciamo a mettere Dio come massimo interesse, solo se abbiamo
ascoltato Dio.
Luigi: Noi infatti siamo creati in ascolto di Dio.
N.: C'è un
ascolto che ci è proposto come prima cosa, se noi lo facciamo nostro allora poi
possiamo proseguire, se noi sbagliamo in quel punto lì, siamo già in crisi,
siamo già in difficoltà. Hai un bel dire di ascoltare Dio a uno che non è in
grado di ascoltare Dio, si arriva al punto in cui si può solo più ascoltare il
mondo o ascoltare noi stessi.
Luigi: Se non ha Dio in sé non può ascoltare.
N.: Ma lui non ha
Dio in sé, se non ha già ascoltato.
Luigi: Una volta che tu hai perso l'ascolto, tu non puoi più
ascoltare.
E.: Dio lo
abbiamo in noi.
Luigi: Dio è già in noi ma bisogna vedere quale è l'autorità da
cui tu fai dipendere la tua vita: "Io la faccio dipendere dal lavoro, io
la faccio dipendere dal mangiare, io la faccio dipendere dalla salute", lì
sei finito.
Fintanto che tu non ti
convinci che la tua vita dipende unicamente da Dio, tu non puoi certamente
ascoltare Dio.
N.: Ma lì c'è già
stato un inquinamento. Il punto iniziale è la proposta di Dio con la creazione:
c'è un Creatore, noi non abbiamo creato niente, eccetera.
Quello è il punto
di Luce iniziale. Se tu fallisci quel punto di Luce iniziale lì sei nei guai.
E.: Sì ma
l'ascolto non è la premessa, è già la conseguenza dell'avere Dio in noi.
N.: Ma quella è
una forma di ascolto, è una proposta e se tu non l'ascolti...
Luigi: Dio tu l'hai già dentro di te.
N.: Se l'hai
dentro di te, perché lo fai fuori?
Luigi: Lo facciamo fuori proprio in quanto mettiamo altri motivi
nella nostra vita.
Cioè, noi non ci rendiamo
conto ma, tutto quello che arriva a noi, noi dobbiamo sempre mantenerlo unito a
Dio, cioè riportarlo sempre a Dio.
Dio c'è già dentro di noi.
Ascoltare vuole dire unificare. Io non posso unificare in Dio se Dio non è il
mio punto fisso di riferimento.
Dio abita già in noi, tutti
i guai derivano dal fatto che tutte le cose che arrivano a noi, noi non le
riportiamo a Dio, non le unifichiamo in Dio.
Cosa succede? Queste cose
non unificate in Dio, diventano loro motivanti noi e la nostra vita.
Io quando vedo una bella
casa, non la riporto nel Pensiero di Dio, per cercare il Pensiero di Dio nel
presentarmi quella bella casa, mi dico che sarebbe bello possederla e adesso la
bella casa diventa motivo della mia vita e io adesso lavoro tutta la vita per
possedere quella bella casa: è finito: ho come motivazione principale del mio
vivere la casa.
Cosa è successo?
Dio c'era ma tu hai fatto
l'errore di non riportare in Dio quella casa che Dio ti presentava nel suo
Pensiero, non hai riportato la casa nel suo Principio.
Hai trascurato quello che
Dio ti voleva significare di Se Stesso in quella casa, l'hai riferita a te
stesso, quindi l'hai separata da Dio ed è diventata motivante la tua vita e
condizionante il tuo campo d'ascolto.
D'ora innanzi cosa
succederà?
Tu ascolterai tutte quelle
informazioni che riguardano quella casa e basta, non puoi più ascoltare altro
perché tu hai come tua meta, come tuo fine la casa.
E.: Possiamo
quindi dire che diventiamo capaci di ascolto, solo se riusciamo a mantenere la
presenza del Principio.
Luigi: Certo, bisogna sempre unificare tutto nel Principio, il
principio ci è dato.
E.: Il Principio
è l'elemento di partenza.
Luigi: É l'elemento di partenza. Dio dice: "Io sono il
Principio", ce lo dice, affinché per noi sia motivo di partenza. Questo è
il punto di riferimento, tutto va sempre riportato a questo Principio:
"Parti da Me e riporta tutto a Me".
Se noi non riportiamo a
Dio, quello che noi non riportiamo a Dio, diventa per noi motivante. Cioè
diventa nostro padre. Diventa l'elemento determinante la mia vita.
Quindi la bella casa era
buona, perché era opera di Dio, gli elementi c'erano tutti, c'era Dio e c'era
la casa e c'era il pensiero del mio io, dovevamo unificare questi elementi e
cercare il Pensiero di Dio in quello che Dio ci presentava.
Dio nella casa presentava
qualche cosa di Sé, una significazione di Sé, se io avessi cercato il suo
Pensiero, avrei trovato un motivo attraverso la casa di unione e di dialogo con
Dio. Invece ho fermato la casa al pensiero del mio io e quella è diventata
motivante me: è diventata mio padre, adesso la casa è diventata mio padre. Io a
questo punto qui, posso solo più ascoltare le cose che riguardano quella casa.
Ecco, nella nostra vita si
forma questo.
Diventiamo quindi incapaci
di ascoltare.
E.: Quindi
bisogna puntare molto su quello che è il Principio.
Luigi: Certo, perché il Principio ci è dato. Dio Creatore, il
Principio ci è dato: "Sono Io che faccio tutte le cose, riporta tutte le
cose a Me, cioè cerca in tutto il mio Pensiero, non vedere le cose nel tuo
pensiero o nel pensiero di altri uomini". Altrimenti tu separi la creatura
dal Creatore, ecco l'ingiustizia e allora quello che tu hai separato da Dio,
diventa per te motivo di vita e cominci ad essere schiavo di quello.
FA.: Non capisco
perché Gesù ha detto di fare attenzione a come ascoltiamo e non ha detto di
fare attenzione a cosa ascoltiamo.
Luigi: É il come che è importante, perché tutto è Parola di Dio,
tutto quello che arriva a noi è Parola di Dio, è Dio che parla con noi, stai
attento adesso a come tu ascolti quello che Dio ti sta dicendo. Il
"come" sta nel riportarlo nel Pensiero di Dio. Perché tutto quello
che ti arriva, ti arriva da Dio ed è cosa buona.
La casa di cui facevo
l'esempio prima, è Parola di Dio, stai attento adesso a come tu ascolti quella
Parola di Dio: o tu la riporti a Dio e cerchi il Pensiero di Dio e allora va
bene, in caso diverso no. A ognuno sarà dato ciò che avrà voluto avere e
nient'altro.
P.: Quindi
possiamo ascoltare tutto, non è che possa ascoltare questo e non quello,
però....
Luigi: Tutto è Parola di Dio, anche la disgrazia, anche la
rovina, anche quello che noi diciamo male, tutto è Parola di Dio.
In quanto una cosa esiste è
Parola di Dio, senza di Lui è fatto niente, senza di Lui nulla accade. Non
esiste qualche cosa non voluto da Dio. É il problema di Sant'Agostino che si
chiede come possa conciliarsi il male con Dio e a un certo momento Sant'
Agostino viene a capire che il male non c'è. Il male è soltanto una dimensione
dentro di noi, è mancanza del bene. Mancanza del bene, vuole dire che io non
riferisco le cose al Bene, non riferisco a Dio. Tutto quello che non riferisco
a Dio, in me diventa male. Fosse anche la cosa più santa, più religiosa di
questo mondo, se non la riferisco a Dio in me diventa male.
Il male non esiste fuori,
quello che noi diciamo male: la guerra, il terremoto, la disgrazia, la morte,
sono opere di Dio, opere di Dio che vanno intellette nel Pensiero di Dio, devo
cercare il Pensiero di Dio, perché è Dio che me lo presenta: "Signore cosa
mi vuoi dire con questo?". In quanto è motivo per dialogare con Dio è cosa
buona, perché attraverso magari una disgrazia, Dio mi ha offerto la possibilità
di dialogare con Lui su un certo campo, quindi di unirmi maggiormente a Lui,
quindi è stata una cosa buona.
FA.: E la
comunione con Dio quando avviene?
Luigi: Man mano che cresciamo nell'ascolto, ascoltare vuole dire
raccogliere, man mano che raccogliamo in Dio, che unifichiamo in Dio abbiamo la
comunione con Dio.
Se abbiamo in noi Dio,
questa unità che portiamo in noi, ci conduce a unificare tutto in questo
(attrazione) per vedere in tutto la sua gloria, cioè per vedere in tutto Dio,
cioè si ascolta per vedere attorno a noi, quello che abbiamo dentro di noi, si
ascolta per questo. Se dentro di noi abbiamo Dio, noi ascoltiamo tutto per
vedere in tutto il suo Pensiero, la sua gloria e più noi vediamo e più noi
diventiamo capaci di amare e ci sentiamo amati, perché ci sentiamo conosciuti.
Tutto quello che noi
raccogliamo, diventa per noi motivo di Luce e di gioia, quindi motivo di
partecipazione. Perché la nostra vita, come la conoscenza, è partecipazione a
Dio. Dio è Colui che è e più noi partecipiamo a Dio e più cresciamo in vita,
cresciamo in Luce e cresciamo in conoscenza, più cresciamo in conoscenza e più
cresciamo in gioia e pace ma tutto questo è solo presso Dio.
Ora, come cresciamo?
Cresciamo in quanto
raccogliamo tutto in Dio. In quanto lo riceviamo da Dio e riportiamo tutto in
Dio. Quello che abbiamo riportato ci avvicina di più a Dio e quindi ci fa
crescere nella partecipazione e quindi ci fa crescere nella vita, quello che
non raccogliamo invece è una diminuzione di vita in noi.
FA.: Non bisogna
quindi avere nessun altro interesse al di fuori dell'interesse per Dio.
All'inizio è faticoso ma poi diventa gioia.
Noi però dobbiamo
avere un interesse solo.
Luigi: L'interesse viene da ciò che noi riteniamo necessario per
la nostra vita. Se io dico: "Senza questo non posso farne a meno",
già questo mi determina tutto un campo di interesse. Se io dico che senza Dio
non posso vivere, non posso pensare, non posso capire, non posso amare, allora
ho Dio come massimo interesse. E questo mi condiziona tutto.
FA.: Quando io
ascolto Dio come va ascoltato le altre cose non sono più motivo d'interesse per
me.
Luigi: Si ma non è lei che le vede, è Dio che gliele fa vedere.
É Dio che gliele fa vedere ma in quanto lei ha posto Dio, al di sopra di ogni
altra cosa, dentro se stessa. Avendo posto Dio dentro di lei, al di sopra di
tutto, Dio in lei le fa vedere tutta la Sua Opera. Non c'è più niente che la
porti via da Dio. Non c'è nulla che la possa portare via se lei ha Dio al di
sopra di tutto.
Noi siamo portati via da
quello che dentro di noi abbiamo seminato di diverso da Dio, allora tutte le
cose diventano per noi motivo di rovina, di distrazione e di disperazione.
FA.: Questo lavoro
di togliere gli interessi diversi da Dio, devo farlo da principio...
Luigi: Ma non è il problema di togliere gli interessi diversi da
Dio, noi dobbiamo preoccuparci di avere Dio, come unica cosa necessaria nella vita.
Fintanto che lei non si convince di questo, lei navigherà in una molteplicità
di interessi ma è una lotta impari eliminare gli interessi diversi da Dio. Lei
non riuscirà mai a mettere fuori gli interessi diversi da Dio, se non è
convinta che la sua unica necessità è Dio.
Quello di cui ci dobbiamo
preoccupare, è verificare se siamo veramente convinti che per la nostra vita,
per noi, Dio è il vero unico bene. Fintanto che con Dio c'è un altro bene, noi
non possiamo resistere agli altri interessi, non possiamo perché non siamo
liberi. La libertà ci viene da Dio, se noi non abbiamo Dio come centro, al di
sopra di tutto, dentro di noi, noi possiamo fare tutti gli sforzi di questo
mondo e tutti i salti mortali ma non riusciremo a togliere gli interessi
diversi da Dio, noi stiamo combattendo contro dei mulini a vento, non
riusciremo mai, è una partita improba e non concluderemo nulla.
E.: Questo è
detto nella parabola del grano e della zizzania, è inutile sforzarci di
rimuovere quello che è negativo.
Luigi: Il Signore dice che una sola cosa è necessaria. Fintanto
che non ci convinciamo che una sola cosa è necessaria, noi non concludiamo
nulla. Perché è tutta una conseguenza. Se tu dentro di te hai necessità diverse
da Dio, pur ascoltando Dio o parlare di Dio, tu ascolti ma, ascolti dei rumori.
Le parole non penetrano in te. Trovassi anche Cristo, per te Cristo che parla è
soltanto rumore. Non penetra. Gesù stesso dice: "Perché le mie parole non
penetrano in voi? Perché avete un altro padre", cioè avete un altro motivo
di vita dentro di voi, non avete Dio: "Ho conosciuto, ho verificato che in
voi non c'è amore per Dio, perché se voi amaste Dio, amereste Me e tutto quello
che vi dico, perché le mie parole non penetrano in voi? Perché avete un altro
motivo di vita", lui dice "Un altro padre". Questo ci fa capire
che noi siamo capaci soltanto di ascoltare ciò che viene dal padre che portiamo
dentro di noi, cioè noi ascoltiamo soltanto noi stessi.
Se noi abbiamo come padre
Dio, noi ascoltiamo ed abbiamo interesse per tutto ciò che ci parla di Dio ma
se abbiamo un altro padre, ascoltassimo anche tutte le Parole di Dio, quelle
non ci dicono proprio niente, perché non entrano dentro di noi.
FA.: La Parola di
Dio può anche essere un rumore.
Luigi: Certamente, deve essere figlia in noi di quello che
abbiamo messo, come unica cosa necessaria. Perché l'interesse è già una
conseguenza, una conseguenza di quella necessità che portiamo dentro di noi.
P.: L'interesse è
ciò che considero necessario.
Luigi: Sì.
E.: Se non fosse
necessario non gli attribuiremmo valore.
FA.: E allora per
trasformare una cosa non necessaria in necessaria?
Luigi: Quando mi sono convinto che Dio è l'unica cosa necessaria
per me, che conoscere Dio è tutto per me, tutto è conseguenza, ne deriva
l'interesse, ne deriva l'attrazione, ne deriva la capacità di ascolto. Allora
il campo di ascolto diventa un campo di ascolto universale, perché tutto è
opera e Parola di Dio e tutto ci aiuta, tutto.
P.: Ma da parte
nostra che collaborazione c'è?
Luigi: Bisogna raccogliersi in Dio, perché siccome è Dio che ti
convince, devi raccoglierti in Dio, devo partire da Dio, non devo partire da
me, devo partire da Dio. Perché se il Signore dice: "Io sono il
Principio", devo partire da Dio come principio, allora Lui mi convince. É
Lui che convince le anime, non siamo noi che possiamo convincere. Convincere
vuole dire legare, legare assieme, se guardo a Lui è Lui che mi vincola ma se
invece penso ad altro e trascuro Lui, si formano in me altre convinzioni.
Naturalmente poi dopo Lui me le distrugge e me le confonde e mi mette in crisi
ed è logico perché non coincidono con la sua verità: una sola è la verità. Però
questa verità chiede a noi di essere messa al di sopra di tutto, al centro di
tutto. La verità richiede da parte nostra questo.
Noi ce ne accorgiamo dalle
parole che diciamo se in noi c'è Dio al centro di tutto. La nostra bocca parla
in un modo tutto particolare se ha Dio al centro, se invece abbiamo altre
necessità, noi ce ne usciamo fuori con:"La salute è tutto, senza il denaro
non si può fare niente, l'auto al giorno d'oggi è indispensabile, Conoscer Dio
è troppo difficile". Se noi abbiamo Dio al centro di tutto, senza
rendercene conto parliamo le parole del Vangelo, parliamo come Cristo. Non
siamo cioè noi che parliamo ma è Lui che in noi parla.
San Paolo dice: "Non
sono io che vivo ma è il Cristo che vive in me". Quello che ci fa parlare
è l'elemento motivante, cioè quello che noi abbiamo messo al di sopra di tutto
dentro di noi.
M.: Cosa c'è di
inquinato da parte nostra quando cercando di riferire le cose a Lui non ne
siamo capaci?
Luigi: É perché non abbiamo ancora messo Dio come unica cosa
necessaria.
Dalla conversazione di
questa sera dovrebbe balzare chiaro questo: se io non sono capace ad ascoltare,
se non sono capace a vedere il Pensiero di Dio nelle cose, è perché in me ho
ancora altre motivazioni, non è avvenuta questa purificazione dentro di me e
Dio per non è l'unica cosa necessaria. Magari ritengo Dio necessario, però c'è
anche un però....introduco anche altri fattori e questo naturalmente mi
impedisce di vedere il Pensiero di Dio. Cioè non sono capace ad ascoltare o
perlomeno non sono capace ad ascoltare fino in fondo, cioè fino al Pensiero di
Dio.
Una delle caratteristica
della superficialità è proprio l'incostanza, la volubilità, ascoltiamo un
momento e poi passiamo subito ad altro, non arriveremo mai alla conclusione. La
conclusione è il Pensiero di Dio.
San Giacomo dice: "Non
si illuda qualcuno di ricevere qualche cosa se è incostante". Perché Dio senz'altro
la Luce la dà a chi gliela chiede ma bisogna essere costanti.
La caratteristica
dell'ascolto è questo essere fermi, non possiamo ascoltare una persona per un
minuto e poi andare via, no, dobbiamo ascoltarla fino ad arrivare al suo
pensiero perché la caratteristica dell'ascolto è la dedizione a-. Quindi quando
si ascolta uno, ci si dedica a quell'uno, fino a quando? Non posso applicare il
mio pensiero su quello che lui mi ha detto, devo ascoltare con costanza fino ad
arrivare a capire il pensiero che lui mi vuole comunicare. Noi non arriviamo
alla conclusione perché siamo disturbati.