Replicarono i farisei: “Anche voi siete stati sedotti?” Gv 7 Vs 47


Titolo: L’alimento della fiamma.


Argomenti: La disubbidienza all’autorità – L’armonia con l’autorità – La virtù della disubbidienza – L’Autorità superiore – L’amore per la Verità – La Parola di Dio che bussa alla nostra porta – Natanaele – L’autorità della Verità – Il fuoco che libera o che brucia – La colpa della sottomissione all’autorità – Il compito dell’autorità – Pace e divisione – L’odio del mondo – La beatitudine dei perseguitati – Il mondo ama ciò che è suo – La conflittualità del mondo – Purificazione e consumazione – L’unità della Verità – Il volto positivo del conflitto -


 

28/Agosto/1983


Tutto è opera di Dio e Dio regna in tutto e tutto Dio fa per aprire le nostre menti, i nostri cuori alla sua Verità, nella conoscenza della quale c’è la nostra liberazione.

L’uomo fintanto che non conosce la Verità è schiavo.

Schiavo e servo d’impressioni, di sentimenti, del pensiero di sé, delle autorità del mondo.

Ed abbiamo visto quante autorità ognuno di noi porti su di sé nella sua vita, prima d’incontrare il Cristo, il liberatore da tutte le nostre schiavitù, da tutte le nostre servitù.

Nella conoscenza della Verità è la vita eterna.

Tutto è regno di Dio, tutto è opera di Dio, per aprire i nostri cuori e le nostre menti alla conoscenza di Lui.

E allora anche di fronte a questa scena di questi farisei e capi dei sacerdoti, di queste autorità che rimproverano le guardie che esse avevano inviato ad arrestare Gesù di non averlo portato, dobbiamo chiederci il significato per la nostra vita personale, spirituale.

Le guardie si erano giustificate dicendo che mai nessuno aveva parlato come quell’uomo.

Ed abbiamo visto che queste guardie, sono state talmente libere nel loro cuore, da disubbidire all’autorità che le aveva mandate, per consegnare se stesse all’autorità della Parola di Dio che avevano ascoltato.

I farisei qui dicono: “Anche voi siete stati sedotti?”.

Dobbiamo cercare di capire quale lezione di Dio sia contenuta in quest’autorità che rimprovera le guardie di essere state sedotte da Gesù.

Sedurre vuole dire condurre dietro di sé.

La prima impressione che possiamo ricevere è che si tratta di autorità e in quanto esistevano erano poste da Dio, volute da Dio.

Quindi qui abbiamo una situazione di conflitto: abbiamo un’autorità voluta da Dio e abbiamo dipendenti dell’autorità, guardie che sono mandate da quest’autorità ad arrestare Gesù per portarlo davanti alla loro autorità.

Le guardie vanno per arrestare Gesù, poi avendolo ascoltato parlare, si rifiutano di eseguire l’ordine della loro autorita, si rifiutano di ubbidire a essa e ritornano senza averlo condotto.

Naturalmente vengono rimproverate e peggio disprezzate.

L’autorità è posta da Dio, l’autorità può sbagliare, siamo tutti uomini quindi anche l’autorità può sbagliare e noi possiamo pensare che se sbaglia se la vedrà poi lei con Dio, l’importante è che il dipendente ubbidisca.

Noi siamo a posto se ubbidiamo all’autorità, poiché rispettiamo l’autorità che è stata posta da Dio per qualche motivo.

E allora queste guardie avendo disubbidito hanno fatto male, questa è la prima impressione che ne possiamo ricavare.

Però queste guardie hanno ascoltato la parola di Dio e avendola ascoltata si sono rifiutati di ubbidire a quell’autorità.

Hanno fatto bene, non male.

Hanno fatto bene perché evidentemente sono state talmente libere nella loro coscienza da dare il loro assenso alla Parola di Dio quando questa ha bussato alla loro porta.

Hanno fatto bene perché?

Perché se avessero ubbidito lo avrebbero fatto per convenienza, per essere in armonia, in pace con l’autorità, l’avrebbero fatto per il proprio interesse, per il lavoro, lo stipendio, la carriera eccetera.

Quindi se avessero ubbidito, avrebbero avuto come elemento determinante in loro il pensiero del proprio io.

Quindi evidentemente il giudizio sarebbe stato sbagliato.

Questo ci porta a capire una grande cosa: l’ubbidienza non è sempre una virtù.

La molta pace, la molta ubbidienza, la molta armonia con l’autorità è una vernice che nasconde il pensiero del nostro io, del nostro interesse, del nostro benessere.

Queste guardie erano consapevoli del rischio a cui andavano incontro disubbidendo, eppure sono state talmente libere da seguire la loro coscienza, da ascoltare e seguire la Parola di Dio che bussava alla loro porta.

Hanno riconosciuto cioè un’autorità superiore alla loro.

E qui succede il guaio, poiché avendo trovato un’Autorità superiore, hanno svuotato di valore la loro autorità che li aveva mandati ad arrestare Gesù: l’autorità dei farisei, l’autorità dei capi dei sacerdoti.

Questo è evidente ed è evidente anche l’offesa che i capi dei sacerdoti ed i farisei hanno ricevuto.

Ma proprio perché hanno ricevuto l’offesa, questo rivela quello che c’era al centro del loro animo: non c’era amore per la Verità.

Mentre la Parola di Dio ha bussato alla porta della coscienza delle guardie ed ha ottenuto una apertura, nonostante il rischio dell’umiliazione o della perdita del lavoro, la stessa Parola di Dio bussando alla porta dei capi dei sacerdoti, per mezzo delle guardie ha ricevuto una chiusura.

Queste guardie erano state “mandate” dalla Parola udita, quindi era Dio che bussava alla porta di quei capi e di quei farisei.

Dio ha bussato direttamente alla coscienza delle guardie e indirettamente ai capi dei sacerdoti, perché essendo una autorità, dovevano ricevere l’Autorità della Parola dai poveri, i poveri invece l’hanno ricevuta direttamente da Cristo.

Ma era sempre un bussare della Parola di Dio.

Però questi capi dei sacerdoti, anziché aprire alla Parola di Dio che bussava alla loro porta attraverso le guardie non hanno aperto.

Notiamo la differenza che c’è tra questi capi dei sacerdoti e la figura di Natanaele.

Natanaele pur essendo convinto che da Nazareth non venisse nulla di buono, quando Filippo gli dice di andare a costatare, andò e costatò e confessò: “Tu sei il Figlio di Dio”.

Qui invece questi capi dei sacerdoti si offendono perché dentro il loro animo non avevano amore per la Verità.

Natanaele aveva amore per la Verità, non perché lo diciamo noi ma perché Gesù stesso dice di lui: “Ecco un vero israelita in cui non c’è menzogna”.

Dove c’è amore per la Verità, quando questa Verità bussa alla porta della nostra anima, l’anima apre a qualunque costo.

Quando non c’è amore per la Verità, si pensa a quello che si perde seguendo questa Parola.

Allora si pensa a restare sottomessi ad altre autorità e questo rivela dentro di noi un non amore per la Verità.

Ed è quello che hanno testimoniato qui questi capi dei sacerdoti e questi farisei di fronte alle guardie che inconsapevolmente avevano recato loro l’annuncio della Parola di Dio.

Non avevano quindi rifiutato l’annuncio delle guardie, ma stavano respingendo Dio stesso che stava bussando alla porta della loro anima.

Abbiamo detto dell’importanza del dire sì alla Parola di Dio quando questa s’annuncia a noi, perché soltanto attraverso questo sì, si accende il fuoco.

Si accende quel fuoco che incomincia a bruciare tutti gli altri valori per raccoglierci nella Verità che si è presentata a noi.

Queste guardie ascoltando la Parola di Dio hanno dato il loro assenso, hanno detto sì.

La stessa Parola di Dio ha ottenuto un no dai capi dei farisei.

Quindi quel fuoco di liberazione che si è acceso nelle guardie, ha invece bruciato i capi dei sacerdoti e i farisei che offendendo e disprezzando rivelano di essere stati bruciati dalla Parola di Dio che era arrivata a loro.

E allora la prima conseguenza che dobbiamo dedurre è che l’autorità può sbagliare quando pensa a se stessa e quindi rifiuta Dio e diventa violenta per tenere gli altri sottomessi a sé, mentre invece l’autorità ha un compito di servizio, non quello di sottomettere ma di aiutare le anime a sottomettersi a Dio.

Ma se c’è una colpa nell’autorità, c’è anche una colpa nei dipendenti, il dipendente che si rende succube dell’autorità non è senza colpa.

C’è la colpa di chi fa il prepotente o usa violenza e c’è la colpa di chi si sottomette a questo, perché non si sottomette all’autorità per amore della Verità ma si sottomette per amore al proprio io, per interesse, per benessere, per pace o per quieto vivere.

E dimentichiamo che Gesù ha detto: “Io non sono venuto a portare la pace ma la divisione”.

Come l’ubbidienza non va posta come virtù assoluta, così anche la pace non va messa al di sopra di tutto, perché ci troveremmo in conflitto con la Parola stessa di Dio che dice: “Io non sono venuto a portare la pace, l’accordo, l’armonia ma la divisione”:
Perché la Parola di Dio è venuta a portare un amore, una passione e quindi è venuta a portare via al mondo quello che il mondo ritiene che sia suo, quindi è venuta a portare via gli uomini alle autorità del mondo.

Ed è per questo che nel mondo si scatena l’odio verso coloro che vengono portati via al mondo da Dio: “Il mondo ama ciò che è suo, per questo vi odia, perché Io vi ho portati via al mondo”.

Il mondo ama ciò che è suo e fintanto che uno appartiene al mondo viene amato dal mondo e fintanto che uno appartiene all’autorità viene amato dall’autorità, fintanto che uno serve l’autorità viene amato dall’autorità ma quando l’autorità maggiore di Dio porta via quest’uno all’autorità allora si scatena l’odio.

E qui si corre il rischio per amor di quieto vivere di perdere la Parola di Dio.

Ma c’è qui una lezione ancora più profonda in quest’accusa dei farisei verso queste guardie.

Essendo tutto voluto da Dio, è voluto da Dio anche questo indurimento di cuori di questi capi dei sacerdoti verso le guardie.

Queste guardie hanno aperto il loro cuore alla Parola di Dio, hanno testimoniato il loro amore per la Verità e Dio pone contro di essi un autorità che li disprezza, che li mette a disagio e che forse li rovina.

Perché Dio fa questo. come quando ha indurito il cuore del Faraone?

Tutto quello che accade è opera di Dio quindi c’è una lezione che dobbiamo capire.

Tutti i fatti, lezioni di Dio, hanno sempre un lato positivo per la salvezza delle anime e noi dobbiamo cercare il significato in Dio di questo indurimento di cuori.

Ci deve essere una giustificazione in Dio del fatto che Dio fa rimproverare pesantemente le guardie che hanno aperto il loro cuore alla Verità, non le fa approvare ma le mette anzi in una situazione di disagio.

“Beati voi quando vi perseguiteranno a motivo della mia Parola”.

Nelle anime che hanno cominciato ad aprirsi alla Parola di Cristo, in cui si è acceso il fuoco, la passione per Dio, c’è una beatitudine.

Dio dice che coloro che Lui ama, li pota perché fruttino di più.

Questa conflittualità, questo contrasto, questa offesa che Dio fa incontrare attorno all’anima che si apre a Lui, è perché porti più frutto.

Ecco la beatitudine, ha un volto positivo.

Cioè è la fiamma che deve essere alimentata, è il fuoco che deve ardere di più.

Ha incominciato ad accendersi ma questo fuoco deve essere alimentato.

Dio mette attorno la conflittualità, la divisione, la critica, la condanna, per fare ardere di più quell’amore che ha incominciato a bruciare nelle anime per Dio.

Beati voi, perché è il momento in cui il fuoco comincia a fortificarsi, a dilatarsi, ad espandersi.

Il fuoco che è stato acceso dalla Parola di Dio in noi, deve arrivare a bruciare tutto, perché deve sottomettere tutto a Dio.

È un fuoco che deve crescere al punto tale da rendere la nostra anima capace di raccogliere tutto nell’unità di Dio, fino a che siano consumati tutti nell’unità, nella Verità.

Il fuoco si caratterizza proprio per questo, purifica e consuma.

Proprio là, dove noi non abbiamo ancora raccolto, unificato, il Signore ci fa trovare il conflitto, il Signore ci fa trovare la divisione, la guerra, l’opposizione, l’odio per accrescere questo fuoco al punto tale da riuscire a unificare quello che ancora non abbiamo unificato.

Il conflitto ha questo volto positivo per l’anima che si è aperta alla ricerca e alla conoscenza di Dio, è per aiutarla ad accellerare a ad approfondire la conoscenza di Dio verso cui si è diretta.



C’è forse uno dei capi dei farisei che abbia creduto i Lui? Gv 7 Vs 48


Titolo: La tentazione dell’autorità.


Argomenti: Il battesimo di guustizia – Disubbidire all’autorità – Ritornare bambini – Il fuoco di Dio sulla terra – L’adesione alla proposta di Dio – La capacità di raccogliere in Dio – L’amore contrastato – La veglia infinita – Il bisogno dell’anima – Il luogo dell’assoluto – La sottomissione all’autorità – Autorità esterna ed interna – L’autorità della Verità – Il rapporto personale con Dio -


 

4/Settembre/1983


Questa è l’affermazione dei farisei e dei capi dei sacerdoti, che avevano mandato delle guardie per arrestare Gesù.

Le guardie poi non avevano arrestato Gesù, perché avendolo sentito parlare, ritornarono dicendo: “Mai alcuno ha parlato come quest’uomo”.

Queste guardie hanno avuto tanta libertà di coscienza in se stessi, da disubbidire alla loro autorità, ed abbiamo anche visto a che cosa sarebbero andati incontro con questo rifiuto di ubbidienza, perché si giocavano il loro posto di lavoro, si giocavano la loro reputazione, la loro carriera, si giocavano tutto.

Queste guardie ebbero una libertà che evidentemente Pilato non ebbe di fronte alla parola di Gesù.

Siamo anche andati a cercare, quale potesse essere la fonte di questa grande libertà da parte di questi dipendenti ed abbiamo visto che non poteva essere altro che il Battesimo di Giovanni accettato da loro.

Questo battesimo di giustizia che è sintesi di tutta la preparazione dell’antico testamento all’incontro con Cristo, perché rappresenta la condizione, anche nella nostra vita personale, perché noi possiamo incontrando Cristo, riconoscerlo.

Perché non tutti coloro che allora incontrarono Cristo, lo riconobbero: qualcuno lo seguì, qualcuno lo mandò a morte.

Perché questa differenza?

Lo dice il Vangelo di Luca: “Coloro che non avevano ricevuto il battesimo di Giovanni, non potevano seguire Gesù”.

D’altronde Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni ce lo conferma: “Nessuno può venire a Me, se non è attratto dal Padre”.

Attratto dal Padre vuol dire attratto dal desiderio di conoscere Dio.

Quindi chi non ha questo desiderio di conoscere Dio, può ritenersi anche seguace, discepolo del Cristo ma non è conosciuto da Cristo e non conosce Cristo, s’illude di conoscerlo.

Quello che dà la Luce all’anima per riconoscere Cristo e il suo messaggio (conoscenza del Padre) si richiede il battesimo di giustizia, che sta nel togliere il nostro io dal centro della nostra vita e mettere Dio.

È battesimo di giustizia perché questa è la vera giustizia: non siamo noi i creatori, il Creatore è un Altro.

Quindi non dobbiamo riferire tutte le cose al nostro i0 come punto fisso di riferimento, poiché questo è un rapporto ingiusto.

Essendo un rapporto ingiusto, noi ci avviamo verso un cammino di errori e di menzogne.

L’uomo da solo è menzognero.

Principio di verità nell’uomo non è il pensiero del suo io, i suoi sentimenti o le sue autorità, ma il Pensiero di Dio Creatore.

Essendo Dio il Creatore, Colui che fa tutte le cose, Dio è Colui che in tutto parla con noi, tutto è Parola di Dio, poiché uno solo è il Creatore tutte le creature e tutti gli avvenimenti sono servi di Dio, anche il Demonio è un servo di Dio.

Tutti servono Dio, volenti o nolenti e quindi tutti recano messaggi di Dio, perché Dio solo è Colui che parla in tutto.

Essendo Dio Colui che parla in tutto, le sue parole, le sue opere vanno intese nel suo Pensiero, non nel nostro pensiero, vanno intese nella sua Intenzione, non nella nostra intenzione.

Questa è la giustizia fondamentale che ogni creatura deve stabilire dentro di sé, rappresentata da questo battesimo di Giovanni che è la condizione essenziale per potere incontrare Cristo e incontrarlo bene.

Questo riferire ogni cosa a Dio, apre la nostra anima, la nostra mente, il nostro cuore al desiderio d’incontrare il Maestro Cristo, affinché ci conduca al compimento del desiderio che la Giustizia ha fatto maturare in noi.

Queste guardie sono state tanto libere da disubbidire all’autorità dei farisei che li avevano mandati ad arrestare Gesù.

Naturalmente quest’autorità si è vista compromessa nel suo prestigio, per cui nasce questo giudizio severo verso queste guardie: “Anche voi siete stati sedotti?”, rivelano di ritenere Cristo un seduttore.

Ma qui aggravano la situazione dicendo: “C’è forse uno solo dei capi dei sacerdoti o dei farisei che abbia creduto in Lui?”.

È un’affermazione grave, direi terribile perché in essa c’è tanta verità: nessun capo, nessun fariseo ha creduto in Lui.

Fintanto che noi ci riteniamo dei capi, fintanto che noi ci riteniamo superiori, cioè fintanto che noi non ritorniamo bambini e non tocchiamo il nostro niente, noi non possiamo credere in Cristo.

Nessuno può credere se non ritorna bambino.

Se non ritorna in quella semplicità di cuore e di attenzione, di desiderio, di apertura all’unico Dio, all’unico Maestro, all’unico Signore di tutte le cose.

Il bambino si caratterizza dal fatto di essere pura attenzione, per cui riceve.

L’uomo che si ritiene qualcuno invece giudica e afferma, quindi non riceve più e si esclude.

Escludendo si è esclusi.

Dopo avere criticato queste guardie: “Anche voi siete stati sedotti?”, offrono a loro una tentazione: “Guardate quello che fanno i capi, forse qualche autorità ha creduto in Lui?”.

Prima c’è la critica e poi c’è l’offerta di prendere come metro e come misura di comportamento, l’esempio dei superiori.

È una tentazione, è una prova.

Abbiamo visto come anche la critica: “Voi siete stati sedotti?”, avesse un aspetto positivo per queste guardie.

Tutto è positivo perché tutto è regno di Dio.

Per coloro che sono aperti a Dio, tutto è buono e tutto coopera per il bene.

In questa critica: “Anche voi siete stati sedotti?”, c’era l’incentivo al fuoco che si era acceso nei cuori di queste guardie.

La Parola di Dio è luce, è acqua ed è fuoco.

Quando arriva all’anima come luce, offre la possibilità all’anima di accendersi.

È una possibilità, non è detto che il fuoco si accenda.

Perché si accenda è necessario che l’anima dica sì.

La Parola di Dio è sempre una proposta dell’essenziale, è sempre una proposta di Dio a noi.

Ci propone Dio come campo di lavoro.

Dio si è fatto oggetto di vita, oggetto dei nostri pensieri, per collegare noi con la vita, perché la nostra vita è nascosta in Dio, la nostra vita è in Lui.

Dio si è fatto campo di lavoro, campo di applicazione, campo di dedizione per noi, appunto per renderci partecipi della sua Vita.

“Vai a lavorare nella mia vigna”, questa è la Parola di Dio che arriva a noi.

Questa è una Parola per tutti che arriva ad ogni uomo.

È Parola di Dio in quanto propone Dio a noi.

È Luce, non è detto che la Fiamma in noi s’accenda, poiché è necessaria da parte nostra l’adesione.

Si aderisce attraverso la dedizione di pensiero a Dio, dedizione di pensiero a quell’unica cosa necessaria che Dio parlando all’uomo, propone all’uomo.

Se l’uomo aderisce si accende il fuoco, si accende la fiamma.

Questo fuoco rappresenta il desiderio, la passione di ridurre tutto all’unità di Dio.

Dio fa giungere a tutti il suo annuncio: “Io sono il Creatore”, noi non siamo capaci neppure a fare un filo d’erba, noi siamo spettatori delle opere di Dio, essendo spettatori però siamo tenuti a capire il significato di quello che Dio ci presenta.

Se l’uomo aderisce, incomincia a desiderare di unificare tutto in Dio.

Gesù è venuto a portare il fuoco sulla terra.

La Parola di Dio viene a noi per portare il fuoco di Dio sulla terra, la passione per Dio sulla terra, per portare il desiderio di ridurre tutto all’unità di Dio.

Dio vuole che questo fuoco si accenda, questa è la volontà di Dio, quindi ognuno di noi se vuole fare la volontà di Dio, deve impegnarsi, deve dedicarsi a raccogliere tutto in Dio.

Quando questo fuoco si accende, ha bisogno prima di tutto di essere rafforzato.

Poiché la fiamma è una capacità di lavoro, è la capacità di ridurre tutto all’elemento primordiale, è capacità di riportare tutto nell’unità.

E questa capacità di lavoro del fuoco, è proporzionata a quanto uno ha raccolto in Dio.

Più uno raccoglie in Dio, più diventa capace di raccogliere in Dio.

E questo ci fa anche capire che la fiamma all’inizio è molto debole, cioè la capacità di raccogliere in Dio all’inizio, quando in noi si forma il desiderio di Dio è molto debole.

C’è il desiderio di Dio ma magari non sappiamo come fare.

Possiamo essere paralizzati, come di fronte ad una parete in montagna in cui non si vedono appigli.

Qui l’opera di Dio soccorre questa fiammella contrastandola: “Non crediate che sia venuto a portare la pace sulla terra, sono venuto a portare la divisione”.

L’amore contrastato è un amore rafforzato.

È necessario che la fiamma che si è accesa sia rafforzata in modo che il fuoco splenda, che si estenda, ed è proprio per rafforzare questa fiamma che Dio fa incontrare l’opposizione, il contrasto,le persecuzioni, la divisione, l’odio.

È a motivo della Parola che avviene questo.

Dio non provoca questi contrasti per soffocare la fiamma che si è accesa, le difficoltà spengono l’amore quando è superficiale, ma quando l’amore è vero, le difficoltà rafforzano la fiamma dell’amore e del fuoco.

Quindi tutto è positivo, tutto è per il bene.

Questo fuoco si deve rafforzare fino a quel punto da diventare capace di raccogliere tutto nell’unità di Dio, fino alla veglia infinita in cui l’anima diventa forte al punto tale da unificare tutto in Dio, da unificare lo stesso Pensiero di Dio in Dio.

Il fuoco non si accende nell’anima senza l’anima, arriverà il momento in cui la Parola di Dio dopo essere stata luce ed acqua diventa fuoco e ci brucerà.

E incominciano le nevrosi, perché vediamo il fallimento di tutto, è Dio che svuota di valore tutto ciò che noi abbiamo ritenuto valido al posto suo.

Ma prima di arrivare a questo limite, è necessario che la Parola di Dio diventi fuoco in noi per adesione nostra, allora qui abbiamo in noi un fuoco che brucia ogni altro valore per partecipazione nostra e quanto più brucia, tanto più si rafforza, si estende, diventa forte al punto da sostenere questo lavoro infinito presso Dio al quale Dio chiama ogni anima, poiché Dio ha creato ogni anima per questo.

L’anima che ognuno di noi porta in sé è una fame di assoluto.

In queste sere abbiamo accennato al fatto che se noi avvertiamo un problema è perché lo possiamo risolvere, altrimenti non lo avvertiremmo.

Dio è fedele e se Dio ci fa sentire il bisogno di assoluto è perché dà a noi la possibilità di attingere all’assoluto.

Se Dio promette una cosa è perché rende possibile il raggiungimento di essa.

L’uomo è caratterizzato per la fame di assoluto ed è proprio questa fame che lo fa sbagliare in tutto.

Perché tutto ciò che l’uomo ama, lo ama con la passione d’assoluto e quindi tende a trasformarlo in assoluto e lì sbaglia tutto, perché l’assoluto è uno solo e Dio va cercato là dove Dio è, non va cercato dove Dio non è.

Quindi non dobbiamo cercare Dio fuori di noi, nella creazione o nelle creature, altrimenti concludiamo con il fallimento, l’assoluto non è nelle cose relative.

La creatura è tenuta responsabilmente a non sbagliare luogo.

C’è quindi una lezione positiva in quello che apparentemente è negativo.

In questa critica dei superiori verso queste povere guardie, i superiori nolenti, servivano la fiamma, l’amore per Dio che si era acceso nelle guardie.

Visto l’aspetto positivo del rimprovero, dobbiamo ora vedere il significato  di questa offerta che è una tentazione: “Nessuno dei capi ha creduto in Lui”.

I farisei credevano di presentare un esempio, un argomento valido, convincente e invece affermavano una cosa terribile, denunciavano il motivo della morte di Cristo in croce.

Ma anche qui ci deve essere una lezione positiva, dobbiamo quindi cercare il Pensiero di Dio in questo fatto.

Quando si parla di capi e di autorità, dobbiamo tenere presente che ognuno di noi si sottomette all’autorità di chi intimamente ha già accettato nel suo cuore.

Cioè noi siamo sempre disposti a sottometterci a quell’autorità che risponde a quegli interessi a cui abbiamo già aderito dentro di noi.

Per cui l’autorità esterna è sempre uno specchio dell’autorità interna a cui noi ci siamo sottomessi.

Chi si è sottomesso al denaro, avrà come autorità persone autorevoli nel denaro.

Chi si è sottomesso alla figura, avrà come maestri, come autorità coloro che gli permettono una bella figura davanti al mondo.

Chi si è sottomesso al benessere, andrà alla ricerca delle autorità che gli danno sicurezza, tranquillità.

Ognuno di noi finisce con l’essere sottomesso a quell’autorità che si merita, poiché l’ha già accolta dentro di sé.

Per cui è dentro di noi che noi dobbiamo cercare quali autorità noi portiamo con noi.

Gesù dice di non dare il nome di maestro a nessuno e di non chiamare con il nome di padre nessuno, perché uno solo è il vero Padre e il vero Maestro, c’invita cioè a riconoscere che una sola è l’autorità: l’autorità della Verità che parla con noi, che arriva a noi, che si rivela dentro di noi.

Quando noi cediamo ad altri argomenti, ragioni, autorità nella nostra vita, lo facciamo forse perché pensano al nostro posto, forse perché ci fanno comodo poiché ci liberano dall’impegno con Dio che è essenziale per ogni creatura.

Dio non guarda mica a quello che noi diciamo con le labbra, Dio guarda a ciò cui dedichiamo il nostro pensiero.

L’uomo non è autentico in quello che dice con le labbra, l’uomo rivela la sua autenticità, la sua fede, il suo amore, il suo interesse, là dove ha il suo pensiero e Dio ci osserva nel pensiero.

Fintanto che dentro di noi la dedizione del nostro pensiero non è alla Verità di Dio, noi seminiamo necessariamente dentro di noi altre autorità che ci renderanno succubi e schiavi, poiché non c’è nessuna autorità che possa sostituirsi all’autorità della Verità.

L’autorità viene dalla Verità ma la Verità non viene dall’autorità, anzi la Verità viene dall’elemento più povero.

Qui abbiamo visto che la Verità viene da queste guardie, la Verità viene dai bambini, la Verità viene dalle cose più piccole, Dio entra in Gerusalemme cavalcando un’asina.

Non è il mezzo attraverso cui la Verità si annuncia a noi che rende valida o meno la Verità.

La Verità non ha bisogno degli uomini.

La Verità vale di per Sé e in quanto parla e in quanto si annuncia si presenta a noi con il suo valore. Dobbiamo essere attenti a non sostituire il valore della Verità, con la verità dell’autorità.

C’è un aspetto positivo in questa tentazione a seguire i capi, l’autorità e l’aspetto positivo è la grande semplificazione di animo.

Dio vuole essere l’Amico, il Maestro, il Superiore di ognuno di noi.

Lui parla personalmente con ognuno di noi.

E vuole che ognuno di noi tratti personalmente con Lui.

Tutto e tutti, autorità e capi compresi, debbono servire il rapporto intimo di ognuno di noi, tra la sua anima e Dio.

Poiché Uno solo è il Signore, uno solo è Dio, Lui solo ascolterai, Lui solo adorerai.

Dio vuole che ognuno di noi abbia come sua autorità la Verità stessa di Lui.

Questa è la Verità che libera.

“Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi”, non altro.


Ma questa gentaglia ignorante della legge è maledetta. Gv 7 Vs 49


Titolo: Le tre tentazioni.


Argomenti: La maledizione – Il giudizio capovolto – La funzione della legge – L’autocondanna – L’ignoranza della legge – La crocifissione – Interiorizzare le tappe della vita di Cristo – Le lezioni di Dio – L’incarnazione di Cristo – Il superamento del pensiero dell’io La legge dell’io Restare con Colui che si è incontrato – Le tentazioni di Cristo – La funzione delle tentazioni -


 

11/Settembre/1983


Prima avevano già dato un giudizio, una critica: “Anche voi siete stati sedotti?”.

Poi avevano invitato le guardie a vedere come si comportavano i capi e i farisei: “C’è forse uno solo dei capi e dei farisei che abbia creduto in Lui?”.

Adesso siamo arrivati alla maledizione, cioè l’ultimo atto di questa vicenda.

È un giudizio severo che può mettere in crisi questi dipendenti, tanto più che è un giudizio che viene dall’autorità.

È una maledizione quindi è un esclusione.

Maledetto vuole dire escluso dalla grazia, fuori da ogni grazia, però Gesù dice: “Beati voi quando vi malediranno”.

Di fronte a questa contraddizione dobbiamo chiederci chi dei due abbia ragione.

Intanto questi capi dei farisei hanno emesso un giudizio e la Parola di Dio invita a non giudicare.

“A Me il giudizio, voi non giudicate” dice Dio.

Loro hanno emesso un giudizio: “Questa gentaglia ignorante della legge”.

Non solo ma la Parola di Dio dice anche di non giudicare per non essere giudicati.

Qui già ci fa intravedere che chi giudica, resta a sua volta giudicato.

La Parola di Dio ci fa vedere che questi capi dei sacerdoti e questi farisei, giudicando sono stati a sua volta giudicati.

Loro dicono: “Questa gentaglia ignorante della legge”, ma la legge ha come scopo quello di condurre a Cristo, allora c’è da chiedersi chi è qui l’ignorante della legge.

Le guardie che incontrando Cristo hanno riconosciuto la validità di ciò che Egli diceva, oppure questi capi e farisei che si vantano di non avere creduto in Lui?

Evidentemente gli ignoranti erano i capi e i farisei.

Quindi il giudizio resta capovolto.

Quelli che loro chiamano “gentaglia” sono loro stessi.

Quelli che loro dicono “ignoranti della legge” sono loro stessi.

Questi farisei condannando si sono autocondannati.

Poiché ignoranti della legge non erano le guardie, poiché esse sono approdate allo Spirito della legge e hanno incontrato Cristo.

Ignoranti della legge erano i capi che non hanno incontrato Cristo.

“Gentaglia” non erano quindi le guardie ma erano loro.

Di fronte a questa autocondanna, l’argomento riguardante l’autorità è finito.

È finito con la contraddizione in se stessi, è finito con la confusione.

Non è finito invece l’argomento riguardante le guardie.

Questo già ci fa intuire come finiscono tutti coloro che non si aprono a Dio, coloro che sono chiusi nel pensiero di sé, coloro che non accolgono la Parola di Dio e non s’impegnano in essa.

Finiscono nella contraddizione e nella confusione.

Ma in tutte le cose c’è la mano di Dio, c’è la presenza di Dio, c’è l’opera di Dio.

Anche in questa maledizione dei farisei c’è la mano di Dio e c’è una lezione di Dio per queste guardie.

Dicendo “opera di Dio” non dobbiamo scandalizzarci, poiché Cristo stesso, essendo stato crocifisso è stato maledetto, maledetto Colui che pende dalla croce.

E proprio attraverso questa maledizione del Cristo si è aperta una grande strada per tutti gli uomini.

Quindi anche qui dobbiamo cercare di cogliere l’animo di questa maledizione.

Queste guardie hanno incontrato il Cristo ma quando s’incontra Cristo resta il problema di seguire Cristo.

E seguire Cristo vuole dire imparare a interiorizzare tutte le tappe della sua vita.

Interiorizzare vuole sempre dire riportare a Dio presente in noi, tutto quello che Dio fa vedere a noi fuori di noi.

Tutto quello che accade fuori di noi, essendo fatto nel Verbo di Dio, nel Pensiero di Dio, è lezione di Dio per quello che deve accadere dentro di noi tra la nostra anima e Dio e che non accade senza di noi.

È necessario quindi interiorizzare le cose che Dio ci presenta, per effettuare dentro di noi quei passaggi che si richiedono e che determinano la nostra vita interiore.

Tutti i fatti che avvengono fuori di noi, si sintetizzano nel Cristo e allora tutto il lavoro d’interiorizzazione sta, dopo aver riconosciuto Cristo, nell’osservare, nel raccogliere le tappe essenziali dell’incarnazione del Cristo e interiorizzarle.

Evidentemente non si può interiorizzare niente se non si riferisce a Dio ma non si può riferire a Dio se non si supera il pensiero del nostro io, cioè se non si è morti a noi stessi.

Poiché naturalmente noi riportiamo tutte le cose al pensiero del nostro io.

Ma riportare le cose al nostro io, vuole dire comportarci secondo le impressioni che il nostro io riceve a contatto con il mondo, a contatto con le creature, quindi vuole dire comportarci secondo i nostri sentimenti, secondo il nostro piacere, secondo la figura davanti agli altri, secondo la nostra gloria, il nostro prestigio.

Invece bisogna superare il pensiero del nostro io, non bisogna fermarsi a queste impressioni, a questi sentimenti, soprattutto non bisogna parlare secondo questi sentimenti, fosse anche il bisogno del mangiare e del vestire.

Cioè non si può vivere per questo, perché al centro di tutto questo c’è il pensiero di noi stessi.

Morire al pensiero del nostro io vuole dire superare tutti questi sentimenti, queste impressioni, superare la legge del piacere, della figura, del prestigio, per cercare in tutto il Pensiero di Dio.

Questa è la condizione per potere camminare con Colui che si è trovato e nel quale si è creduto.

Queste guardie avevano incontrato Gesù, perché si erano rifiutate di ubbidire a quell’autorità che le aveva mandate ad arrestarlo.

“Mai nessuno ha parlato come Lui”, avevano riconosciuto l’importanza massima del suo parlare, dei suoi argomenti.

L’avevano incontrato quindi ma adesso restava loro il problema di seguirlo, è qui che dobbiamo inserire la maledizione ricevuta dai capi dei sacerdoti e dai farisei.

Proprio dall’esclusione di quel mondo che loro avevano servito fino ad allora, loro erano sollecitati a morire al pensiero del proprio io.

Quindi erano portati di fronte a questa morte, passaggio necessario sul cammino del Cristo, anche qui evidentemente abbiamo una tentazione.

È la tentazione di vivere secondo il pensiero del proprio io.

Da parte di Dio è la tentazione a morire al pensiero del proprio io, ma c’è il rischio di continuare a vivere per il pensiero del nostro io.

Ricapitolando gli argomenti che abbiamo trovato in questa scena fra i farisei e le guardie, noi troviamo le tre tentazioni del Cristo che rappresentano la premessa, la condizione per iniziare la vita.

Prima di iniziare la vita pubblica, Cristo fu sottomesso a queste tre tentazioni e tutto quello che Lui ha fatto, lo ha fatto per ognuno di noi.

C’è la prima tentazione di vivere per il pane, cioè per i nostri bisogni, per il nostro corpo.

Anche qui le guardie sono state tentate a sottomettersi all’autorità, non fosse altro per il loro bisogno di mangiare, di lavorare.

Quanto tempo della nostra vita noi dedichiamo per i bisogni della nostra vita corporea?

La seconda tentazione è vivere seguendo quello che fanno gli altri e l’autorità, la funzione di questa tentazione è quella di orientare la nostra anima all’unica autorità, quella della Verità, quella di Dio.

L’uomo è stato creato per la Verità e realizza il suo destino proprio in quanto riconosce nella sua vita come unica vera autorità la Verità di Dio.

La terza tentazione è quella di adorare il nostro io, cioè di vivere in funzione del pensiero di noi stessi, della nostra gloria: “Ti darò ogni cosa se Tu mi adorerai”.

Tutte queste tentazioni sono per aiutare l’uomo a camminare sulla strada in cui ha incontrato Cristo, per potere restare con Lui.