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Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Primo tema.


Titolo: Ubbidire alla Verità.


Argomenti: Le più grandi rivelazioni ci vengono date attraverso le creature più umili. Le nostre parole rivelano quello che portiamo nel cuore. Il vincolo morale. La via alla Verità non dev’essere percorsa da Dio, ma dalla nostra anima. Si percorre la via sottomettendo le nostre ragioni, il nostro parlare alla parola di Dio. Ognuno sarà giudicato dalla Parola di Dio che ci è giunta. La Verità non giunge a noi come conoscenza ma come proposta, ci rende responsabili. Dio parla alla creatura.


 

17/Luglio/1983


Luigi: Il Vangelo ci presenta oggi la scena di queste guardie che, dopo essere state inviate ad arrestare Gesù,  si giustificano presso i loro capi per non averlo fatto; e si giustificano con questa affermazione: “Nessun uomo ha mai parlato come Lui".

Cerchiamo di capire con l’aiuto di Dio quale significato ci sia per noi in questa loro affermazione; quale valore ha questa loro giustificazione? Cosa intendono con essa?

Una prima lezione che possiamo trarre è questa: il parlare degli uomini non è tutto uguale; c’è chi parla in un modo e chi parla in un altro.

C’è anche chi parla in un modo che nessuno (dico: nessuno) può imitare, uguagliare.

Allora, qui le guardie sostanzialmente dichiarano una cosa molto importante: la caratteristica singolare della Parola di Dio, la Sua unicità.

Notiamo un fatto abbastanza strano: le più grandi rivelazioni ci vengono date attraverso le creature più povere e umili.

Gesù ha riservato la rivelazione di ciò che Egli è, il Messia, ad una povera donna samaritana che aveva avuto cinque mariti più uno.

Ecco, è un po’ la rivelazione della caratteristica con cui Cristo si è presentato al mondo, e cioè che questa Rivelazione è stata riservata a delle povere creature, come qui: delle guardie subordinate ad un’autorità umana (i capi dei sacerdoti) che erano state mandate ad arrestare Gesù!

Dalla risposta ai loro capi di queste guardie possiamo ricavare, come dico, che ognuno parla in un certo modo, diverso uno dall’altro: e nel parlare di ognuno, si rivela ciò che quell’uno è.

Che cosa è, ogni uomo?

Abbiamo detto molte volte che nessuno esiste “di per sé”; ogni creatura umana possiede infatti il suo essere per partecipazione.

Ognuno di noi, quindi, è per quanto partecipa a Colui che è.

Direi: la parola di ognuno rivela e denuncia il grado di questa partecipazione.

A seconda di come si partecipa a Dio, all’Essere Divino, si caratterizza il nostro parlare.

E infatti il Signore Gesù dice: “le tue parole ti giustificheranno e le tue parole ti condanneranno”.

Ecco: ognuno si rivela nel suo parlare.

Gesù ci fa capire che le nostre parole rivelano quello che portiamo nel cuore.

La bocca parla in base a ciò che si ha nel cuore.

E ciò che si porta nel cuore non è altro che questo personale rapporto nei riguardi del Signore.

Ecco, il nostro cuore, la nostra mente, è determinata dal nostro rapporto con Dio: poiché Dio è Colui che abita in noi.

E a seconda della relazione, del rapporto fra i nostri pensieri, le nostre scelte e il Dio che portiamo dentro di noi, si forma il nostro cuore, e quindi il nostro parlare.

Ecco perché dice Gesù che le nostre stesse parole “ci giustificheranno o ci condanneranno”.

Possiamo dire che le parole sono il frutto dell’albero: ogni albero si riconosce dai suoi frutti.

E poiché la parola è rivelazione del rapporto, della partecipazione che si ha con Dio, essa è il frutto di questo albero.

Da questo deriva anche un’altra: cioè capiamo che colui che è una cosa sola con Dio. ha un linguaggio completamente diverso da quello di chiunque altro.

È quanto denunciano qui queste guardie: “mai alcuno ha parlato come quest’uomo”.

Evidentemente loro, mandate ad arrestare Gesù, sentendolo parlare, sono rimaste moralmente vincolate: non potevano più arrestarlo.

Non hanno più potuto portare Gesù alla loro autorità.

Cerchiamo di approfondire questo vincolo morale che ha determinato la loro ribellione alla loro autorità.

Abbiamo visto le domeniche scorse come l’impotenza a prendere Gesù sia rivelatrice della via attraverso cui si giunge alla Verità.

Ci fa cioè capire che la via non è l’amore possessivo, ma è quella della nostra dedizione a Lui, alla Verità.

È in questo modo che si giunge a quella Verità  che per prima viene a noi, si annuncia a noi.

E abbiamo anche visto che la pretesa dei farisei che Gesù fosse condotto a loro ci rivelava “chi”, deve percorrere questa via che conduce alla Verità.

La via che conduce alla Verità non deve essere percorsa da Dio, ma deve essere percorsa dalla nostra anima.

In altre parole, non dobbiamo pretendere che Dio venga a noi: ma siamo noi, che dobbiamo camminare verso di Lui. Siamo noi che dobbiamo cercare Lui; non dobbiamo aspettare che Lui venga a noi…certamente Lui verrà, ma se, in quel giorno, ci troverà impreparati, sarà un giorno di crisi: un’ora di giudizio.

L’unico modo per ovviare a questo giudizio, per evitarlo, è quello di precederlo: “chi MI segue non è sottoposto al giudizio”; si tratta cioè di anticipare i tempi.

E come si anticipano i tempi?

Non aspettando l’ora della Verità, ma camminando verso di Essa.

E cosa vuol dire camminare verso l’ora della Verità?

Abbiamo detto che la via è tale in quanto congiunge due termini; il primo termine è quello nel quale ci troviamo, il secondo è quello verso cui dobbiamo tendere; il primo termine è “dal quale”, il secondo è “al quale”.

Ma noi che dobbiamo camminare verso questo fine chi siamo?

Ecco, noi siamo tutto quell’insieme di pensieri e ragioni e mentalità che portiamo in noi. È il punto dal quale dobbiamo partire per arrivare dove?

Per arrivare alla verità.

E la Verità qual è? La Verità è la Parola di Dio.

E si percorre la via sottomettendo tutte le nostre ragioni, tutto il nostro parlare alla parola di Dio.

La Parola di Dio possiede questo sigillo/garanzìa; possiede questa autorità: è la massima autorità tra noi, perché è l’autorità di Dio.

Gesù stesso dice: “chi ascolta Me ascolta Colui che Mi ha mandato”.

“Chi ascolta Me”: e Lui è la Parola di Dio.

Ne deriva che se rifiutiamo Lui, rifiutiamo Colui che lo ha mandato.

Allora: ascoltare la Parola di Dio equivale ad ascoltare Dio; ecco la grande autorità.

Nella Parola di Dio è presente Dio, l’autorità di Dio: l’autorità della Verità.

Chi rifiuta la Parola di Dio rifiuta quindi la Verità di Dio: prima di conoscerla…perché la Parola di Dio che giunge a noi arriva non come conoscenza di Dio ma come proposta a conoscerlo.

Rifiutando la Parola di Dio, dunque, si rifiuta la proposta a conoscerlo: si rifiuta Dio.

Ecco, si può rifiutare Dio solo rifiutandosi di impegnarsi a conoscerlo.

Ma chi lo conosce non può fare a meno di amarlo.

Per questo Gesù dice che ognuno verrà giudicato dalle sue parole: dalla Parola di Dio che ci è giunta.

Dalla Parola udita.

A questo punto possiamo capire il perché della ribellione di queste guardie alla loro autorità.

E già: ascoltando Gesù, esse hanno ascoltato la Parola di Dio; cioè, hanno ascoltato una Parola che aveva in sé stessa la massima autorità; avendo in sé la massima autorità…ecco il vincolo morale.

Non hanno potuto subordinare la Parola di Dio ad un’altra autorità.

Ecco la grande lezione di questo versetto: quando la Parola di Dio ci arriva, nel modo più assoluto noi non dobbiamo subordinarla ad un’altra autorità.

Se lo facciamo, la perdiamo: subordinare l’Autorità di Dio ad un’altra autorità, significa perderla.

Significa cioè compiere un cammino a ritroso; vorrebbe dire non camminare noi verso la Verità ma pretendere di sottomettere (percorrere vuol dire sottomettere) l’argomento Divino, l’Autorità Divina della Verità ad argomentazioni/autorità umane.

Fare questo vuol dire inaugurare nella nostra vita un cammino di inconclusione, di tristezza, di dubbi…una situazione da cui assolutamente non possiamo uscire.

E già: perché chi ci libera da questa situazione è soltanto la parola della verità, quando Essa giunge a noi e non viene da noi subordinata ad alcuna altra autorità.

È una lezione molto importante, perché ci insegna il modo per rimanere col Cristo, il modo con cui si rimane nella Verità e si cammina con/in Essa.

Nino: Come mai può verificarsi la possibilità di ascoltare la Verità e poi scappare?

Luigi: Perché la Verità ascoltata è una Verità “proposta”; in quanto proposta, richiede la nostra dedizione, il nostro cammino.

Ora, il più delle volte noi preferiamo portare Gesù alle nostre autorità: e allora lo perdiamo, perdiamo tutto.

Il più delle volte noi non cerchiamo l’approvazione della Verità, ma vogliamo che la Verità che è giunta  a noi sia approvata da altro.

Nino: Ma evidentemente è perché non siamo ben convinti che sia la Verità, se no…

Luigi: Tieni presente che la Verità non giunge a noi come conoscenza: ripeto, Essa giunge a noi “come proposta”.

E in quanto è proposta, ci rende responsabili: “chi ascolta Me, ascolta Colui che Mi ha mandato”; e quindi: “chi Mi rifiuta, rifiuta Colui che Mi ha mandato”.

Ecco, il momento di responsabilità sta qui: nel momento della proposta…la conoscenza verrà dopo (se, appunto, aderiamo alla proposta).

La Parola di Verità giunge a noi come proposta della Verità: cioè come proposta della Conoscenza di Dio.

E di fronte alla proposta noi non possiamo “non scegliere”; e quindi: o aderiamo o rifiutiamo.

Il nostro parlare, infatti si caratterizza in questo modo, molto semplice: sì o no.

Non possiamo dire altro, perché chi parla in tutto (sempre) è il Verbo di Dio. In tutta la creazione c’è Uno solo, che parla: ed è il Verbo di Dio.

Il più delle volte, però, noi diciamo “no” in quanto subordiniamo questa Autorità della Parola di Dio (che ha in Sé il Sigillo della Verità) ad un qualche altro argomento, all’approvazione di una qualche altra autorità.

E allora perdiamo la Verità, la possibilità di arrivare alla Conoscenza della Verità.

Luigi: Se noi andiamo alla ricerca di un’altra approvazione significa che in noi c’è un motivo diverso, per cui non c’è amore per la Verità; magari a me interessano i buoi, i campi, la moglie, e allora ecco che vado a cercare quelle autorità che mi giustifichino la sottrazione all’impegno che mi richiede la Parola di Dio.

Ma subordinando ad altro, perdo la Luce; credo di essere giustificato e comincio ad aggrovigliarmi nella matassa: e non ne esco più.

Luigi: Il nostro parlare rivela il rapporto di vicinanza o lontananza da Dio, il nostro grado di partecipazione a Lui: che può anche essere nullo.

Luigi: Chi fa parlare la creatura è Dio: perché Dio propone. Ora, la parola nostra è soltanto un “sì” o un “no”.

Se risponde “sì”, in lei comincia ad operare Dio; se risponde “no” succede che la creatura adesso va avanti continuando a parlare questo “no”, soltanto questo “no”.

D’ora in poi l’”anima” di tutto il suo parlare sarà questo “no”.

Luigi: La Parola di Dio, giungendo a noi indipendentemente da noi, non ci arriva come parola “umana”, o come argomento “mio”; no, arriva come Parola “di Dio”, cioè con la garanzìa, il sigillo; e dunque si impone.

Adesso lì, la nostra risposta…eh, presuppone tante cose…però, dico, in quanto si impone, mi dà la possibilità di aderire: sarà un sacrificio enorme, dovrò scavalcare tutto il mondo, però mi dà da possibilità di farlo.



Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Secondo tema.


Titolo: La libertà conseguenza della giustizia.


Argomenti: Liberi nel seguire la parola di Cristo. La parola di Dio è l’unico segno dato agli uomini. Indegni della Parola di Dio. Il battesimo di Giovanni. La parola di Dio inquinata nell’uomo. La parola di Dio è la massima autorità. Giudicati dalla parola di Dio. Riconoscere il Verbo di Dio. Vedere in tutto il pensiero di Dio. Il Verbo esterno ci libera. Convinzione e coerenza.


 

24/Luglio/1983


Luigi: Restiamo ancora nel v.46, dove si parla di queste guardie mandate ad arrestare Gesù.

Loro non conoscevano Gesù; sono state mandate ad arrestarlo: avevano, cioè, questa intenzione.

Giunte a Gesù, ascoltarono le sue parole.

Ecco: ascoltarono…loro non ascoltarono le Parole “del Figlio di Dio”, non ascoltarono le parole “di un’autorità”, di un essere “qualificato”: semplicemente, ascoltarono le parole di Uno che loro dovevano arrestare.

E però, sentendolo parlare, successe un fatto strano: rimasero talmente colpite dal Suo parlare che non eseguirono l’ordine ricevuto.

Che rimasero colpiti, lo affermano essi stessi: “nessun uomo ha mai parlato come Lui”.

Cosa è successo? che questi uomini, ascoltando Gesù, hanno scoperto un’autorità nuova: hanno cioè scoperto l’autorità della Verità, l’autorità della Luce.

È stata questa scoperta ad impedire loro moralmente di portare Gesù ad un’altra autorità.

Si tratta di una lezione molto importante: perché pone in contrasto l’autorità umana con la Parola di Dio.

Come ogni scena del Vangelo, anche questa è carica di significato per ognuno di noi.

Oggi cerchiamo di approfondire il perché questi uomini si sentirono così liberi…pensiamo che si sentirono  liberi di seguire la Parola di uno sconosciuto piuttosto che l’autorità da cui dipendevano.

Facciamo il paragone con Pilato: Pilato si comportò in maniera esattamente opposta; egli non fu libero verso la sua autorità, dopo aver ascoltato Gesù.

Qui, invece, queste povere guardie, da sempre abituate ad ubbidire, compiono un rifiuto che per loro poteva anche voler dire perdere il posto, e quindi il problema del mangiare, del sostenere la famiglia…

Ora, c’è una ragione sola, che può giustificare, spiegare, tanta libertà: una libertà, notiamo, che si trova molto raramente, tra gli uomini: ed è la libertà che ci dà la possibilità di seguire la Luce, di seguire la Parola di Dio indipendentemente da ogni altro argomento, da qualunque altra autorità.

Teniamo presente che Gesù dice: “chi ama suo padre e sua madre più di Me, non è degno di Me”.

Ora, in “padre e madre” è rappresentata ogni autorità; “padre e madre” sono la sintesi di ogni autorità.

Allora, approfondiamo questo “Me”: il “Me” del Cristo, il Suo Io, è la Parola di Dio tra noi, che arriva a noi.

Dunque Gesù dice: “chi ama suo padre e sua madre più della parola di Dio non è degno di Essa”.

E queste guardie, trovandosi di fronte alla parola divina (senza sapere che lo fosse), di fronte alla Parola che illuminò la loro anima, di fronte alla Parola di Verità giunta a loro, furono così libere da poterla mettere al di sopra di tutto.

Non cercarono più altre giustificazioni, non andarono più alla ricerca di altri segni.

D’altronde, quando uno, di fronte alla Parola di Dio, si mettesse alla ricerca di altri segni, diverrebbe “una generazione perversa ed adultera che chiede un segno”, e allora: “nessun segno le sarà dato”.

Ecco, la Parola di Dio è l’unico segno che viene dato agli uomini; di fronte ad Essa bisogna essere molto attenti a non subordinare questa Parola ad un’altra autorità, ad un altro segno.

Se lo facciamo,  diventiamo  indegni  della Parola stessa.

A quel punto lì, quando poi andassimo a cercare la Parola di Dio sospinti magari da quell’autorità o da quei segni a cui avevamo subordinato la parola divina, succederebbe che non la troveremmo più.

Gesù dice: “non è degno della Parola di Dio”.

Ecco, perché la Parola di Dio vuole essere riconosciuta “di per sé”; ha in sé stessa ala garanzìa.

Ci chiediamo dunque cosa c’era in queste guardie di così libero, da permettere loro di rifiutarsi di ubbidire al mandato che avevano ricevuto dalla loro autorità, dando maggior importanza alla parola di un uomo sconosciuto.

C’è una ragione sola, che spiega questa loro libertà: il battesimo di Giovanni Battista.

Cioè: questi uomini avevano evidentemente accettato il battesimo del Battista.

Nel Vangelo di San Luca si parla proprio di alcuni soldati che andavano a farsi battezzare da Giovanni Battista: si sottomettevano cioè al Battesimo di Giustizia.

Loro avevano quindi interiorizzato il Valore Divino, avevano fatto questa giustizia interiore: avevano messo Dio al centro della loro vita.

Giovanni predicava l’amore alla Verità, e fu dunque proprio questo amore posto al centro della loro vita che diede loro la forza, la capacità, la libertà di riconoscere l’autorità di questa Parola, rifiutandosi dunque all’autorità terrena.

Abbiamo visto nelle ultime domeniche il significato dell’impotenza degli uomini a mettere le mani su Gesù; in questa lezione “negativa” si trova la rivelazione di  un fatto molto positivo: la rivelazione della via che conduce alla Verità di Dio.

Ecco, non si arriva alla verità cercando di metterle le mani addosso, cercando cioè di possederla.

Alla Verità si arriva attraverso la nostra dedizione, la dedizione del pensiero nostro.

Perché la Verità è sì nascosta, però Essa non si rifiuta a nessuno.

E però si rivela solo “come Verità”, e quindi non si lascia sottomettere a nessuno.

E anche nella pretesa dei capi di volere che Gesù fosse condotto a loro (lezione “negativa”) abbiamo visto che si trova una lezione positiva: la rivelazione che la via che conduce alla Verità va percorsa personalmente da noi; e non si deve aspettare che il Figlio di Dio ci venga incontro, perché se no non c’è la dedizione del nostro pensiero.

Se noi aspettiamo che la Verità venga a noi…certamente arriva un giorno in cui Essa verrà, perché l’ora della Verità giunge per tutti, ma lì potrà allora determinare la crisi: perché se non ci siamo dedicati a Essa, potremmo trovarci nella impossibilità di sopportarLa…di sopportare la veglia infinita che Essa ci richiederà.

Allora: abbiamo visto “la Via”, e chi è che la deve percorrere.

La via è ciò che separa la situazione in cui un’anima si trova dalla Verità. Quindi, questo tratto va percorso da qualcuno: o Dio viene a noi, o noi andiamo a Lui.

Dio dice a Sant’Agostino: “Io sono cibo degli uomini adulti; cresci e MI mangerai”.

Ecco, è l’uomo, che deve crescere, che deve camminare verso Dio.

E l’uomo cresce in quanto si alimenta del pane divino, della Parola di Dio.

Più cresce,  più cammina verso Dio: e ciò richiede dedizione.

Dunque abbiamo visto la via e chi la deve percorrere. Adesso vediamo il “come” la si percorra.

E  il “come” ci viene proprio dalla lezione di queste povere guardie, che hanno saputo mettere la Parola di Verità al di sopra di tutto.

Ecco la grande lezione: fintanto che pensiamo di poter percorrere questa via tenendo presente altre ragioni, altre luci, alte autorità, sbagliamo completamente; non la percorreremo mai, e dunque non giungeremo mai alla Verità.

A questo punto dobbiamo chiederci: cos’è questa Parola di Dio che arriva a noi? Come La si riconosce?

La Parola di Dio è una Parola che richiede da noi il superamento di ogni altro argomento; è una Parola che non può essere sottomessa a nient’altro…che richiede un rapporto personale.

La Parola Divina ci interpella personalmente, per cui non possiamo dire: "aspetto che l'altro venga con me" oppure: "aspetto che l'altro mi mandi a te”.

La Verità è Amore, e l’Amore tratta personalmente, ed esige, a sua volta, di essere trattato personalmente.

Chi rispondesse all’amore dicendo: “Io aspetto che venga anche l’altro”, uscirebbe dall’Amore, ne diverrebbe indegno: per cui lo perderebbe.

Allora, cos’è questa Parola?

La Parola di Dio è come la luce, come l’acqua.

La luce parte da una sorgente e, durante il suo cammino, si inquina di tutti i luoghi attraverso cui passa.

L’acqua è lo stesso: esce dalla sorgente e poi finisce con il portare le tracce dei luoghi in cui passa.

Così è la parola di dio che arriva a noi.

In tutto l’universo c’è soltanto Uno, che parla: Dio Creatore.

Dio è Uno Solo, dunque c’è anche Uno solo che parla nella nostra vita; c’è solo la Parola di Dio che parla in tutto.

Quindi, tutto è Parola di Dio.

Però questa Parola porta le tracce dei luoghi che attraversa…si inquina; e a forza di inquinarsi ecco che noi non la riconosciamo più, e arriviamo allora a dire: “è parola di uomo”.

In realtà e’ sempre la stessa parola.

È sempre Parola divina, però è passata attraverso pensieri diversi da Dio. Sembra allora diventare parola umana: ma in realtà è sempre Parola di Dio.

In ogni lezione negativa (in cui si vede l’azione dell’uomo) c’è un risvolto positivo, cioè si può vedere la Parola di Dio.

Così qui: di fronte alla parola inquinata, se andiamo a fondo, troviamo la Parola di Dio.

Non dobbiamo mai fermarci alla parola “dell’uomo”: essa non è altro che una Parola di Dio “inquinata”: inquinata da altri pensieri.

Si tratta di riportarla nella sua Sorgente: e allora salta fuori la lezione positiva, la Parola di Dio.

Ecco, la Parola di Dio è pura solo nella sua sorgente; allontanandoci dalla sorgente, la vediamo macchiata da altro: e allora restiamo confusi.

Ecco perché la Parola Divina non va sottomessa ad alcuna altra autorità: perché Essa stessa è la massima autorità.

Tutto è segno: e infatti anche nella luce e nell’acqua, quando le si vuole analizzare si tratta di confrontarle con quelle scaturite dalla sorgente: da lì si può scoprire il loro grado di inquinamento.

Tutto parte sempre da una massima autorità: la luce nella sua sorgente, la Parola altrettanto.

Bisogna dunque confrontare/riportare la parola nella sua sorgente: quello è il punto fisso di riferimento, la massima autorità.

Ecco perché se riferiamo la Parola di Dio ad un’altra autorità ci poniamo nella impossibilità di riconoscere sia la stessa Parola di Dio, sia l’inquinamento di Essa negli altri.

Ora, quando arriva a noi, anche se magari noi non ce ne rendiamo conto, la Parola di Dio provoca in noi un fatto molto netto (ed è proprio qui che Essa si caratterizza come Parola Divina): ci mette in rapporto con Dio; ci fa pensare a Dio.

Ci riporta di fronte alle esigenze della verità di Dio.

Ecco perché Gesù dice: “chi ascolta Me (la parola di Dio) non ascolta Me, ma Colui che Mi ha mandato”.

E quindi: “chi rifiuta Me rifiuta Colui che Mi ha mandato”.

Ecco lì: noi non saremo giudicati da Dio, ma dalla Sua Parola giunta a noi, perché quando Essa giunge a noi ci mette in rapporto diretto e personale con Dio; quando dunque rifiutiamo questa parola rifiutiamo Dio senza conoscerlo!

Certo, non lo conosciamo, perché per conoscerLo noi dobbiamo aderire alla Parola di Dio come massima autorità, e seguirla: perché questa Parola è sempre una proposta a noi.

Solo seguendo la parola giungiamo a conoscere Dio: e lì non possiamo più peccare, non possiamo più dire “no”; non possiamo più “non amare”: chi conosce la verità non può non amarla.

Chi ama poco è perché conosce poco.

Ma allora, chi rifiuta di interessarsi della Verità è solo perché non La conosce; ma se rifiuta la Parola che gli propone la Verità, compie il peccato.

È il peccato dell’uomo.

Quindi: la Parola di Dio arriva a noi parlandoci di Dio, ma non facendocelo conoscere.

Essa giunge a noi proponendoci di dedicarci alla conoscenza della verità e presentandoci l'importanza di questa conoscenza per noi.

Di fronte a questa proposta noi possiamo credere di rinviare il giudizio: e anche questo è un rifiuto. Oppure possiamo pensare di poterla sottomettere ad un qualche altro segno, ad una qualche altra autorità: e in questo caso ne diventiamo indegni.

Dico: la condizione per arrivare alla Verità, cioè per esserne fatti degni, non è in noi, bensì nella parola di Dio che arriva a noi.

Se noi non aderiamo a questa Parola come Essa giunge a noi, noi perdiamo l’occasione di diventare degni di portare la verità.

Nino: Le guardie riescono a superare la loro autorità proprio perché non sono inquinate, sono pure.

Luigi: No: chi ti libera è la Parola di Dio esterna.

È il Cristo.

Le guardie portavano dentro la Parola di Dio per aver fatto il battesimo di giustizia; però esteriormente erano schiavi, appunto perché nell’esterno non avevano ancora trovato quell’Autorità che coincidesse con ciò che portavano dentro.

Quindi per loro c’era una tribolazione, un disagio: perché dovevano ubbidire a ciò di cui non erano convinti.

È il conflitto di ognuno di noi: abbiamo magari fatto la giustizia, riconosciamo magari la vanità di tutto, però non riusciamo a sottrarci a certe situazioni: siamo cioè in terra d’Egitto, quindi siamo “subordinati”.

L’inquinamento sta in questo: perché chi ci libera è il Verbo esterno, l’Autorità esterna.

Le guardie avevano posto al centro della loro vita il Verbo: però non potevano viverlo.

Cominciano a viverlo adesso, che hanno incontrato il Cristo. Incontrando il Cristo esterno hanno avuto la possibilità di ribellarsi alla loro autorità, di disubbidire.

Chi ti dà la possibilità, la forza di uscire, è il Cristo, cioè la Parola di Dio che trovi davanti a te, esteriormente a te; è una cosa indispensabile, perché tu sei schiavo del mondo esterno.

Allora, se questa Parola è in sintonìa con quanto tu hai al centro della tua vita, quella ti dà la forza.

Se invece non hai il Verbo al centro della tua vita, niente da fare, nemmeno la vedi, la parola, e dici: “no, io ho un’altra autorità, non posso seguire questa”.

Nino: Se si è attratti dal Padre, il Cristo lo si trova per forza.

Luigi: Sì, ma dico: di per sé l’attrazione non basta, se non si trova il Cristo.

Nino: Ma se si è attratti sicuramente lo si trova.

Luigi: Lo trovi quando Lui ti parla; cioè, Dio ti parla in tutto, ma tu non lo vedi…tutto è Parola di Dio, anche l’autorità, anche padre e madre…però io vivo per l’autorità, per la famiglia, per il lavoro; non li vedo, cioè, come Parole di Dio.

Nino: Ecco, ci vuole la Parola Nuova del Cristo.

Luigi: Sì, ci vuole la parola pura, la Parola della Sorgente; questa Parola non può giungerci che attraverso una figura ben precisa, il Cristo.

Luigi: Anche queste guardie avranno fatto tante scelte autonome, prima di incontrare Gesù; ecco spiegata la loro difficoltà, come segno per noi.

Luigi: Sia le guardie che Pilato si sono trovate di fronte alla parola: solo i soldati, però, sono stati liberi; Pilato non ha avuto la possibilità (la possibilità!) di ribellarsi. Ecco, Pilato non aveva accettato il battesimo di Giovanni.

Luigi: Certamente l’incontro col Cristo Dio lo assicura a tutti.

Luigi: Senz’altro; c’è però il rischio, incontrandoLo, di chiedere un segno; sai: “quale segno ci dai perché tu possiamo credere?”.

C’è il rischio di opporGli: “io ho i buoi, i campi, la moglie”.

In altre parole: c’è il rischio di non riconoscere questa Parola di Dio che arriva a me. Se subordina questa parola ad un’altra autorità, mi metto in una situazione di impossibilità, per assurdo, di accoglierla.

L’altra autorità a cui la subordino mi renderà impossibile la Verità.

Quindi la Verità va accolta per la Sua Parola che giunge a me così, nuda e cruda.

Luigi: D’altronde Dio parla personalmente e direttamente alla creatura.

Luigi: Certo, solo che richiede da noi una risposta altrettanto personale.

Ecco, noi non dobbiamo cercare di sfuggire per la tangente: “ma io sento ciò che mi dice un altro”; no, perché l’altro non è più Dio.

Per quanto possa essere vicino a Dio, santo, ecc., è sempre qualcosa di inquinato: non si identifica con Dio.

Nino: Senza la giustizia interiore non si può seguire Cristo.

Luigi: Sì, l’argomento interiore è sempre predominante. Infatti Gesù è chiarissimo: “Chi non è attratto dal Padre non può venire a Me”.

Cioè: “non può capire le Mie Parole, non può seguire il mio parlare”.

L’attrazione per il Padre (la giustizia) è l’elemento determinante per il riconoscimento del Cristo; d’altronde: “solo il Padre conosce il Figlio”.

E quando Pietro gli dice: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”, Gesù gli dice: “Beato te Pietro, perché è il Padre ad avertelo rivelato”: cioè, è sempre il Padre…adesso tu non fare l’errore di identificare Pietro con…perché mentre gli dice: “è su questa pietra che costruirò la Mia Chiesa”

(“su questa pietra”: su questo riconoscimento), “e le porte degli inferi non prevarranno”, dico, cinque minuti dopo l’inferno prevale, e infatti Gesù chiama Pietro “satana”.

Si tratta di lezioni poste ad hoc proprio per farci capire in cosa consista questo fondamento.

Pinuccia: Il fondamento è la Parola di Dio.

Luigi: È questo riconoscimento: “Tu sei!”; è cioè sul Cristo: il Cristo è la Pietra; non è Pietro; il fondamento è su “Pietro che riconosce”: “Tu sei”.

Luigi: La cosa fondamentale è l’attrazione.

Luigi: Tu capisci che possiamo essere degli illusi? Quanti hanno incontrato Gesù e hanno detto: “dacci un segno”; e credevano di essere giusti, di credere in Dio! E chiedevano un segno per poter credere…

Ed ecco che Gesù risponde: “nessun segno sarà dato a questa generazione perversa!”.

Eccetto il segno di Giona, che è la parola di Dio predicata a Ninive. E, dice, “Ninive sorgerà contro di voi, perché Essa ha creduto alla parola, mentre voi chiedete un segno”.

Luigi: È che uno può aver riconosciuto giusto ciò che predica Giovanni, e tuttavia non riuscire sempre a seguirlo.

Luigi: Tu capisci cosa vuol dire mettere Dio al centro, come punto fisso di riferimento? Significa che tutto ciò che ti arriva non lo devi più riferire a te, ma a Dio.

Non è che: “ho fatto il battesimo, adesso sono a posto”…eh, mettere Dio al centro vuol dire che tutti i sentimenti che ti provocano le cose che ti succedono tutte le scelte, ecc., non le devi fermare al tuo io, al sentito dire, ma devi sempre cercare il Pensiero di Dio.

Giovanna: Ci sono dei momenti in cui sono convinta di tutto questo, altri in cui vivo senza pensarci.

Luigi: È perché le difetta il silenzio, il raccoglimento. Allora, quando si accorge che gli avvenimenti la portano via, smetta tutto, si rimetta in sintonìa: così può ricongiungersi.

Nei momenti in cui si è portati via bisogna smettere tutto e rimettersi in silenzio, per ritrovare questo punto fisso di riferimento che abbiamo trascurato. Ce ne accorgiamo quando cominciamo a vivere “in superficie”.

Giovanna: C’è questo inquinamento da purificare, in noi…

Luigi: Ci si purifica con la Sorgente: ma bisogna ritrovarla. Infatti noi riconosciamo l’inquinamento dell’acqua confrontandola con l’acqua partita dalla sorgente.

Nino: Per riconoscere l’inquinamento bisogna non essere più inquinati…

Luigi: Ma tu capisci che quando sei sporco lo sporco te lo senti addosso? Ti senti che sei superficiale, che le cose ti portano via.

Dico: te lo senti addosso, l’inquinamento.

Uno si accorge, di essere portato via dalle cose, che la giornata passa così, unicamente come reazione a degli stimoli esterni…senza vivere dentro.

È in quel momento che bisogna piantare tutto e ricollegarsi con il fine essenziale; lì allora ritrovi l’armonìa, l’armonìa con Dio e con te stesso…e ricominci…con pazienza: “con pazienza possederete le vostre anime”.



Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Terzo tema.


Titolo: Cristo è il vertice del tempo.


Argomenti: Non poter smentire la Verità e non poterla comprendere. Il soggettivo non infirma l’oggettivo. Il Verbo Incarnato è un segno. Abramo cercava “il Pensiero di Dio nei segni” dove trovava la contraddizione. Tutto è conversazione di Dio e verte verso un fine, un segno esterno, in cui c’è il Suo Pensiero.


 

25/Luglio/1983


Luigi: L’uomo è “chiamato” a credere.

Luigi: Sì, ma non potrebbe credere se Dio, per primo…l’iniziativa è sempre Sua.

C’è cioè una prima fede che deriva dall’iniziativa di Dio (il dato iniziale), per cui satana “crede” in Dio; non può conoscerlo, quindi non può riposarsi in Lui: però deve credere, non può farne a meno.

Pinuccia: Il demonio non ha in sé il Pensiero di Dio.

Luigi: Certo che ce l’ha: il Verbo di Dio è dappertutto; la questione è che però è distratto: distratto da tutte quelle scelte che ha fatto senza tener conto di Dio: ecco ciò che gli impedisce di riconoscerlo.

Ovviamente vale anche per noi: tutto ciò che diciamo “non mossi dallo Spirito” ci impedisce di restare con Dio. Noi siamo disturbati da questo: questo ci impedisce di contemplare lo Spirito di Dio.

Ecco allora la necessità di questo processo di penitenza, di purificazione, di purgatorio: è indispensabile per giungere al “poter permanere” nella contemplazione di Dio.

Dico: c’è un dato soggettivo che ci disturba; e questo dato soggettivo ci può condurre all’inferno.

Certamente questo nostro dato soggettivo non infirma “in sé” il dato oggettivo: io posso dire che 2+2 fa 5, ma il risultato, oggettivamente, continua ad essere 4.

Il fatto, però, è che noi personalmente (soggettivamente, appunto)  restiamo disturbati da questo errore: perché l’ho fatto “io”.

Succede così che pur continuando a non poter smentire la Verità, io non la posso comprendere; non vi posso aderire.

Nino: Chi fa la Giustizia essenziale prima del Cristo storico, incontra il Cristo interiormente, ma non può incontrarlo esteriormente: perché non ha ricevuto le Parole del Cristo storico.

Luigi: Lo incontra esteriormente, perché Cristo è il centro dell’universo; l’universo è un sistema di cui il Cristo è il centro: ne consegue che da qualunque parte tu parta, in questo sistema, prima o poi arrivi ad Esso: non si può farne a meno.

Superficialmente noi diciamo “quelli erano prima di Cristo”; in realtà è una questione di incontro personale: anche noi siamo prima di Cristo finché non lo incontriamo personalmente.

Ora, come facciamo noi ad arrivare a Cristo? attraverso quali vie?

Ecco, tramite le vie del Sistema/Universo.

Poiché tutto l’universo è fatto nel Pensiero di Dio, tutto converge lì.

Pinuccia: Cioè nel Verbo Incarnato.

Luigi: Sì, cioè in un segno (il Verbo Incarnato è poi un segno), in cui c’è la Presenza del Pensiero di Dio.

Ora, tutte le creature sono ancora un segno di Dio, ma non c’è questa permanenza…il Battista, nel deserto, riceve questa indicazione: “Colui su cui vedrai scendere lo Spirito e permanere”…

È come dire: “quando incontrerai quel segno in cui rimane il Pensiero di Dio”.

Perché, tutti i giorni noi incontriamo dei segni, ma in essi il Pensiero di Dio “va e viene”, lo Spirito non rimane.

E invece, “quando incontrerai”…ecco: lì è il Centro dell’universo.

Eligio: Ma come ha potuto vedere un segno esterno in cui permanesse lo Spirito chi storicamente è vissuto prima di Cristo?

Luigi: Ciò di cui tu parli si sintetizza in Abramo; Abramo è il padre della fede, e lui “desiderò vedere il Mio Giorno e lo vide”.

Prendiamo anzitutto questo “desiderò”: ecco lì l’opera di Dio che ci fa desiderare: le contraddizioni in cui Dio ha posto Abramo lo portarono a desiderare di vedere il Pensiero di Dio (cioè il Verbo Incarnato)  nella creazione.

Abramo desiderava vedere il Pensiero di Dio “nelle opere di Dio”: non “dentro”, perché dentro lui già ce l’aveva: “credette e gli fu addebitato come giustizia”.

Il desiderio di vedere il Pensiero di Dio nell’esterno lo ha condotto al Cristo.

Ecco “il Mio Giorno” è il Pensiero di Dio nella creazione: Cristo è il Pensiero di Dio nella creazione; è la rivelazione del Pensiero di Dio nella creazione.

Dunque, questo Pensiero di Dio “c’è”.

Attualmente noi ci troviamo nei “frammenti” di una conversazione, e poiché questa conversazione è un sistema (cioè è un “tutto”), ecco che, necessariamente, dal frammento noi siamo sollecitati a cercare il centro; e presto o tardi a questo centro noi arriviamo: non possiamo farne a meno.

Man mano che il peso delle nostre distrazioni si attenua (non fosse altro che per il tramontare del corpo: perché sulla nostra anima pesano le distrazioni attuali che sono però sollecitate dal corpo, dai sensi),  ecco che balza in evidenza quel pensiero che era al centro di tutto e che noi, appunto per distrazione, non riuscivamo a cogliere.

Si tratta quindi di un problema di affinità, di sensibilità, di intelligenza.

Molte volte si riescono a cogliere queste cose di notte; perché?

Perché lì la mente si è decantata da tanti valori che la disturbavano durante il giorno.

Ha colto una novità?  Ha colto ciò che già c’era, ciò che già portava in sé.

Ecco, solo che abbiamo bisogno di una certa purificazione.

Dunque: questa Verità c’è, il Centro c’è.

Poiché il Centro c’è, si tratta di avere quell’affinamento di percezione che ci consenta di individuarlo.

Bisogna lasciarsi purificare dal Signore: poi si vede.

Il rischio è questo: che noi ci carichiamo di disturbi tali da non riuscire più a cogliere questo Centro.

Satana è uno che non coglie (più) il Centro.

Ecco allora che tutte le cose lo attraggono e contemporaneamente lo respingono: appunto perché non arriva mai al Centro.

Infatti, la persona disturbata non riesce mai a cogliere l’anima delle cose; magari parli con una persona e non riesci mai a coglierne il centro, l’anima.

Ora, poiché tutto è creazione di Dio, è tutto conversazione Sua.

In quanto conversazione, essa verte verso un fine ben preciso.

Arriva dunque un momento  di questa conversazione in cui noi ci troviamo con un segno, con un segno esterno, in cui c’è il Suo Pensiero.

Direi che tutti i segni precedenti convergono a un certo momento  verso questo “eccolo!”.  E lì noi cogliamo.

Pinuccia:  Ma non si può dire che il corpo del Cristo sia sempre stato; il sistema lo capisco solo se si esce dal tempo…

Luigi: Noi tendiamo a questo “fuori del tempo”.

Cristo è il vertice in abbiamo il punto di contatto, il punto di convergenza tra il tempo e l’eterno.

È il ponte tra le due realtà: Dio, che è eterno, e la creazione, che è temporanea.

Per “creazione” intendiamo i segni, i segni di Dio.

Proprio perché “segni” essi sono temporanei; invece Dio, che è Spirito, è eterno.

Ecco, noi partiamo dalla situazione dei segni; questi segni non sono in balìa nostra: essi sono condotti dal Creatore.

Quindi Dio, creando, presenta a noi i segni, cioè li conduce come/dove vuole: è Lui che ne tira le fila.

E dove li conduce? Li conduce al suo Verbo.

Ecco quindi che tutti i segni sono fatti nel Suo Pensiero.

Si arriva dunque necessariamente ad un momento in cui troviamo un segno (sottolineo: un segno, uno solo), in cui c’è il Suo Pensiero.

Pinuccia: L’importante  è mettere Dio al centro; poi Dio fa incontrare il Cristo.

Luigi: “Religiosità” vuol dire “totalità”; ora, noi siamo “a-religiosi”, atei, proprio in quanto siamo parziali, proprio in quanto ci fermiamo  ai frammenti trasformandoli in idoli, nel nostro “tutto”: finiamo per vivere per essi.

Invece la vera religiosità, quella che ha per centro Dio, è totalità.

La totalità ha un punto di convergenza, un punto di centro.

Attualmente noi siamo molto distratti dai nostri sensi, proprio perché essi ci presentano una realtà che è relativa: mica ci presentano Dio!

Ed è logico: Dio non è relativo a noi, dunque nel pensiero dell’io non lo possiamo vedere. Ma è proprio perché la realtà che ci viene presentata non è Dio, che noi ne veniamo così terribilmente disturbati.

Ecco quindi che ci vuole molta forza interiore per superare questa realtà sensibile, questi dati, e cogliere la Vera Realtà.

Il problema tra l’altro è che poi noi finiamo per dare “autorità” a ciò che “preme” sui nostri sensi.

Ora arriva un certo momento in cui i nostri sensi muoiono, e allora ecco che questa “autorità” scompare.

Pinuccia: È l’Ora della Verità.

Luigi: Sì, e noi veniamo messi in crisi: appunto perché non abbiamo messo l’Autorità di Dio al suo posto, quando dovevamo farlo…quando bisognava vincere la resistenza dell’autorità dei sensi.

Ecco perché la tentazione dell’autorità dei sensi va assolutamente superata.

Luigi: Allora Abramo vide veramente Cristo esteriormente.

Luigi: Sì, “vide il Mio Giorno”: il Giorno del Verbo di Dio Incarnato, del Verbo di Dio “unito ad un segno”.

Ecco, perché Abramo non cercava “il Pensiero di Dio”; lui cercava “il Pensiero di Dio nei segni”: perché era proprio nei segni che lui trovava la contraddizione.

E così tutti noi.

Abramo, quando vide il Giorno di Dio, “ne gioì”; e perché? Ma perché trovò la coincidenza tra l’esterno e l’interno.

Il motivo della nostra tristezza esistenziale è dovuto al fatto che all’interno portiamo Dio, che dunque ci fa desiderare Sé stesso, ma all’esterno non lo vediamo.

Dico: per arrivare a questo vertice, il Pensiero di Dio, si richiede che noi abbiamo un desiderio fortissimo: tale da farci superare tutti i segni.

Senza questo desiderio inevitabilmente ci fermiamo a qualche segno.

E il segno che ci ferma…sarà il segno che ci fermerà.

Ogni volta che  faremo il tentativo di cercare il Pensiero di Dio, quando arriveremo a quel punto in cui ci siamo fermati. resteremo bloccati.

Il punto che mi ha bloccato sarà quello che mi bloccherà: perché lì c’è la componente del mio io.

Pinuccia: Però con la penitenza si supera, quello: mica può essere la dannazione.

Luigi: Ma in quel modo si sta camminando verso la dannazione.

Pinuccia: O verso la salvezza.

Luigi: Verso la salvezza se c’è questo superamento; se no si procede di conferma in conferma “in questa impossibilità”.

Si arriva all’impotenza; ci si trova nell’impotenza: eternamente non si potrà arrivare a Dio, al Pensiero di Dio.



Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Quarto tema.


Titolo: La Parola di Dio brucia.


Argomenti: Giustizia essenziale e Parola di Cristo. L’incontro con la Parola di Dio. La Parola di Dio giunge ovunque. Le risposte molteplici alla Parola. Luce, acqua, fuoco. La purificazione della Parola. La parola inquinata. La luce del Principio. Non subordinare la Parola di Cristo a un’altra autorità. La consapevolezza.  La parola di Dio ci rende responsabili e persone. La persona ha in sé la ragione del suo vivere. La Parola brucia i nostri argomenti. Il rapporto diretto con la Verità di Dio. Il tempo dell’Apocalisse.


 

31/Luglio/1983


Luigi: Abbiamo visto che questi soldati non hanno portato Gesù alla loro autorità, ed hanno invece condotto “sé stesse alla Verità”: alla Verità della Parola di Dio (perché Gesù è la Parola di Dio).

I soldati erano stati inviati ad arrestare Gesù: ma, ascoltandolo, hanno riconosciuto la validità delle Sue parole.

E abbiamo visto che ciò è stato possibile in quanto essi avevano fatto la giustizia essenziale.

Le guardie hanno dunque consegnato sé stesse alla parola di Dio.

Ecco, è proprio in questo modo che si realizza, nella nostra anima, l’inizio della vita intima con Dio.

Possiamo dire che questo inizio ci conduce, inevitabilmente, alla figura di Maria, alla Madonna.

La Madonna è la Vergine che concepisce e vive nell’intimità di questo Mistero.

E possiamo vedere questo inizio di vita intima come la sintesi, la conclusione di 3 termini:

la Giustizia. Anzitutto è indispensabile fare la Giustizia essenziale, aderire al Battesimo di Giovanni Battista: mettere dentro di sé Dio al centro.

L’incontro con la parola di Dio: alla giustizia essenziale bisogna aggiungere l’incontro con la Parola di Dio: perché se questa parola non viene a noi, noi restiamo nel campo dei sogni, e non possiamo liberarci da tutto il nostro mondo.

Vediamo che   queste guardie   erano serve   di un’autorità umana: da queste servitù non avrebbero potuto liberarsi se non avessero incontrato la Parola di Cristo.

Il superamento della tentazione di sottomettere la Parola ascoltata ad un’autorità diversa: anche le nostre ragioni possono essere “autorità diversa”: ognuno di noi ha delle autorità, dei maestri cui facciamo appello per giustificare le proprie scelte.

Dico, è soltanto dalla confluenza di questi tre fattori che può in noi iniziare la vita personale/intima con il Signore.

E poi c’è un altro fatto: questi uomini erano stati inviati ad arrestare Gesù: nonostante questo, la Parola di Dio giunse a loro; questo è un altro fatto molto importante, da sottolineare: perché ci insegna che l’incontro con la Parola di Dio non è relativa a fattori ambientali, a fattori esterni.

Come dico, questi soldati erano addirittura motivati dall’intenzione di arrestare il Signore Gesù, cioè erano nel campo dei Suoi nemici: e nonostante questo, sono state conquistate da Gesù.

Ecco: l’incontro con la Parola di Dio può avvenire in qualunque luogo, in qualunque situazione, anche in campo di peccato, di ostilità a Dio.

D’altronde abbiamo la Parola stessa di Gesù che dice: “viene l’ora in cui anche coloro che sono chiusi nelle tombe udranno la Parola di Dio”.

E già: essendo Parola del Creatore, la parola di Dio è Parola dell’Infinito: dunque non può subire alcun limite.

Neppure l’inferno può rappresentare un limite.

Ecco allora che nessuno potrà mai dire: andrò là e sentirò la Parola di Dio; né potrà dire: “per sentire la Parola di Dio devo chiudermi in una trappa”.

No: la Parola di Dio, dobbiamo stare molto attenti, ci sorprende: ci sorprende sulle nostre strade; ci sorprende là dove noi ci troviamo, come ha fatto con queste guardie.

La Parola Divina si fa sentire ovunque.

Ora però, il riconoscerLa e l’aderire ad Essa, è una cosa diversa…lo vediamo nel Vangelo: tante persone hanno sentito parlare Gesù, e non Lo hanno seguito, non hanno aderito; come mai?

Come mai, tante risposte diverse, molteplici?

Nella risposta di questi soldati noi vediamo la risposta vera.

Questa risposta vera, abbiamo visto, è la conseguenza della giustizia essenziale.

Ma allora diciamo: quando la parola di Dio arriva a noi, noi possiamo rispondere bene, cioè possiamo riconoscerla, solo  se dentro portiamo una certa interiorità.

Si richiede cioè che l’uomo porti dentro di sé Dio messo al Suo giusto posto: la giustizia essenziale, appunto.

Solo così può riconoscere la Parola di Dio, e dunque aderire ad Essa, e dunque diventare libero da ogni altra autorità del mondo.

Abbiamo già accennato che la Parola di Dio è simile alla luce e all’acqua; è simile alla luce in quanto illumina: e la luce che illumina è una sola, però succede che, passando attraverso tanti luoghi, essa ne prende le tracce, e così si  inquina.

Così anche l’acqua: l’acqua della sorgente purifica, lava.

Altrettanto fa la Parola di Dio: più la ascoltiamo (e la Parola è “di Dio” in quanto è nella Sorgente) e più la nostra vita ne viene purificata.

Ma prima ancora di purificare la nostra vita, la Parola di Dio purifica le nostre ragioni, i nostri argomenti storti: purifica soprattutto i nostri pensieri.

Ecco qual è la prima opera che compie la Parola di Dio giungendo a noi. Gesù stesso dice: “voi siete puri a motivo delle Parole che vi ho detto”.

Ecco, le Sue Parole sono acqua che ci lava: che lava e purifica i nostri pensieri.

Però acqua e luce, man mano che si allontanano dalla loro sorgente, portano le tracce dei luoghi attraverso cui passano.

E allora si finisce con l’avere uomini che parlano parole tanto diverse dalla Parola di Dio.

Certo, chi ha presente la Parola nella sua sorgente, ha anche la possibilità di leggere, di intendere, di vedere la Parola di Dio presente anche nelle parole storte degli uomini: perché effettivamente in tutto c’è sempre la stessa Parola.

La luce, come l’acqua, è sempre una sola, anche quando è inquinata. Anche quando assume colori diversi la luce è sempre una sola.

Così l’acqua: anche quando è inquinata essa è sempre la stessa: è solo diventata sporca.

Allora, chi ha presente l’acqua della sorgente riesce a vedere le tracce di questa purezza anche nell’inquinamento successivo.

Riesce cioè a vedere la parola di Dio dappertutto.

Ma chi non ha presente la Parola di Dio originaria, non può vedere questo: non riesce proprio a vederla.

E allora resta turbato da parole diverse: “dicono che Dio parla, però io sento parlare gli uomini, e parlano molto diverso da Dio, e allora qual è la verità…”.

E già, apparentemente i fatti sono molto diversi: appunto, si diceva prima, c’è il male, ci sono le nostre azioni, ci sono le nostre scelte, e Dio tace…e dov’è la Verità di Dio, la Sua Presenza?

Ecco, c’è questo smarrimento, questa notte: appunto perchè in noi portiamo la presenza di tante altre parole inquinate; nelle quali, certamente, c’è la parola divina, ma l’inquinamento ci impedisce di percepirla.

Ora, Cristo è l’acqua della sorgente; è la Luce del Principio.

e venendo a noi (per quel che viene a noi, sia chiaro: perché il Cristo che viene a noi è il Verbo che si sottomette a noi per aiutarci a sottometterci a Dio, quindi ha una funzione transitoria, passeggera) è la Sorgente che parla  a noi; quindi è la Luce del Principio, l’Acqua della sorgente per il nostro mondo inquinato.

Cristo viene a darci la possibilità di recuperare l’acqua della Sorgente, la luce del Principio.

Cioè, ci riporta nella situazione iniziale.

Ma questo avviene, dico, per quel tanto che ci parla.

Per cui, ascoltandolo, noi acquisiamo la possibilità di attingere alla Sorgente.

Certo, appena Lui cessa di parlare io rischio di ricadere nel mondo di prima, di non restare in quanto ci comunica.

Ecco: “fintanto che sono del mondo Io sono la Luce del mondo”; ma quindi, appena Lui se ne va dal mondo, la Luce scompare.

E se noi non abbiamo fatto il passaggio dove Lui è andato, ricadiamo: il vecchio mondo ci riassorbe.

E la situazione successiva, allora, diventa peggiore della precedente: perché abbiamo visto e non siamo rimasti.

Ecco quindi la grande importanza di non sottomettere la parola udita ad un’altra autorità.

Dico, emerge la grande figura di Maria.

Appena ha ascoltato la Parola di Dio, subito lei ha detto: “sia fatto di me secondo la Tua Parola”.

E non si è rivolta ad altro, non si è sottomessa ad altro.

E già: la Parola di Dio arriva a noi con la garanzìa della Verità; infatti Essa ci illumina con la Luce della Sorgente, del Principio.

Ci illumina in quel momento: in quel momento, cioè, siamo resi personalmente responsabili della risposta che diamo…o di quella che “non diamo”, che è lo stesso.

Quindi è la Parola di Dio che forma in noi la responsabilità personale di uomini di fronte alla luce.

E rendendoci responsabili, ci rende anche persone, persone coscienti, consapevoli.

Perché finché dipendiamo da qualcosa fuori di noi, non abbiamo in noi la vita personale, la ragione delle nostre scelte, del nostro vivere.

E allora siamo creature imperfette: cioè, siamo difettose rispetto alla “persona”.

Perché la persona è tale in quanto porta in sé stessa la ragione del proprio vivere.

Solo qui si realizza l’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio: quando la creatura diventa “persona”, persona realizzata.

Ora, essendo Dio persona, ha in Sé stesso la ragione di tutto ciò che vuole, del Suo stesso esistere e di ogni esistente.

Dio, quindi, è l’assoluto.

Ora, Dio ha formato l’uomo a Sua immagine e somiglianza, cioè lo ha formato capace di avere in sé stesso la ragione del suo vivere.

Proprio qui abbiamo la grandezza dell’uomo.

A questo punto, dopo aver detto  che la Parola di Dio è acqua e luce, dobbiamo sottolinearne un terzo aspetto:

La parola di Dio è fuoco.

Ecco perché Essa ci rende personalmente responsabili: perchè brucia.

Brucia quando arriva a noi, quando si fa sentire: e lo vediamo nel Vangelo, quanto brucia!

Ecco: la Parola di Dio brucia  tutte le nostre ragioni, tutti i nostri argomenti.

Quando ad esempio quell’uomo dice a Gesù: “lascia che vada a seppellire mio padre e mia madre”, vediamo come brucia la risposta di Dio!

Quando dice al giovane ricco: “va, e vendi tutto quello che hai”, vediamo come brucia!

E così di fronte a Marta e Maria, di fronte alla sua stessa Madre: è sempre una Parola che brucia tutte le nostre ragioni, tutti i nostri argomenti.

E se noi non aderiamo a questo Suo bruciare…ne restiamo bruciati.

Restiamo bruciati come? Dal fatto che Lui ci svuota di valore tutte le nostre ragioni, tutti i nostri argomenti; li svuota di convinzione.

È qui l’importanza e la gravità della Parola di Dio che arriva a noi tramite il Cristo.

Perché il Cristo ci mette in contatto diretto con Dio, con la Verità di Dio. In quanto ci porta lì, ci impegna ad una risposta personale.

E di fronte alla verità di Dio, nessuna ragione umana può più essere sostenuta: quindi resta tutto bruciato.

Allora diciamo: venendo a noi, la Parola di Dio inaugura l’Apocalisse.

Da parte di Dio, naturalmente, è per inaugurare un tempo di grande liberazione, per noi.

Gesù infatti, parlando di questo momento, dice: “quando vedrete queste cose, alzate gli occhi al Cielo, perché la vostra liberazione è vicina”.

“Quando vedrete queste cose”: cioè, vedrete il crollo di tutti i vostri valori, quelli in nome dei quali noi ci siamo giustificati; è il: “vedrete cadere le stelle del cielo, il sole non darà più la sua luce”, ecc.

E fa capire che queste cose avvengono per ognuno di noi, nella nostra vita personale: “prima che la tua vita passi, prima che questa generazione sia passata”, accade questo.

In altre parole, il Signore dice: “quando ti accorgerai che tutte le cose cominciamo a manifestare il loro vuoto, la loro vanità, ecco, alza verso Dio il tuo sguardo: perché la tua liberazione è vicina; il Regno di Dio è vicino a te”.

Ecco la parola di Dio che brucia.

Abbiamo visto il “come” dobbiamo percorrere questa via che va dall’annuncio a noi della parola divina fino alla Conoscenza della Verità.

Adesso qui capiamo anche il “perché” la dobbiamo percorrere, questa via: la dobbiamo percorrere per non restare bruciati; per non restare annullati.

Ecco, Dio opera per condurci alla Sua Vera Vita, nella vita eterna in cui si permane sempre nella Sua contemplazione e non si è più, quindi, in balìa di altro.

Nino: Noi seminiamo in noi stessi delle false ragioni, e Dio ce le brucia.

Luigi: “Ragioni” che assumono il volto di autorità.

Nino: Erode che fa uccidere il Battista aveva in fondo un suo punto d’onore: era la sua autorità.

Luigi: È stato un uomo “di parola”…e anche l’essere di parole può essere un idolo.

Luigi: Il Vangelo dice però che ne fu contristato.

Luigi: Si capisce: l’idolo non ti rende felice; Erode è stato schiavo della “parola data”.

Pinuccia: Solo se è stata data in buona fede ce la possiamo rimangiare.

Luigi: Per essere libero deve poterla rimangiare: ha trovato qualcosa di più valido, per cui…queste guardie hanno trovato qualcosa di più valido, e si sono così rifiutate di ubbidire all’autorità.

È il valore maggiore che assorbe tutto il resto: è la libertà.

Ecco, la Parola di Dio, giungendo a noi, ci fa vedere: ma non è detto che noi siamo liberi di seguire; e allora vuol dire che siamo schiavi.

Nino: Non è nemmeno detto che riusciamo a vedere.

Luigi: No, quello è certo.

La Parola di Dio, essendo Parola della Sorgente, ci fa vedere.

Ciò che dicono qui le guardie equivale a ciò che dice Pietro: “Tu solo hai Parole di Vita Eterna”.

Ecco, la Parola di Dio ha questa caratteristica: l’unicità; la singolarità.

Infatti, quanto più la parola è banale, tanto più è inquinata: allora è sulla bocca di tutti.

Tutti possono dire delle banalità; le parole profonde sono patrimonio di pochi, come i Profeti.

Ma approfondiamo ancora: la parola banale è diffusa dappertutto, mentre la parola profonda è in bocca a pochi…e la verità è di uno solo.

Ecco, c’è un’unione strettissima tra Parola e Spirito: la parola è espressione dello Spirito.

E là dove lo Spirito è Assoluto, la Parola è Assoluta.

Là invece dove abbiamo uno spirito confuso, abbiamo la parola banale.

Corrisponde con l’Infinito che è Uno solo, mentre il finito è molteplicità..

Le parole degli uomini sono dettate dalla banalità, cioè dalla parola inquinata, cioè lontana dalla sorgente.

Ora, nella sorgente c’è un solo Essere, che parla: lì quindi la parola è perfettamente distinguibile: si impone.

Si impone appunto perché è unica; può essere detta da uno solo…non c’è nessuno che possa parlare quella Parola lì.

E quella parola lì ti conduce a vedere ciò che è giusto secondo Dio…solo che tu puoi obiettare: “io ho altre ragioni, altre autorità”.

Sono ragioni e autorità che ti dominano, d’accordo, però lì tu non sei “non responsabile”; tu non puoi più dire: “io non ho udito la parola”… la parola l’hai udita, ma hai obiettato.

Nella parabola degli invitati alle nozze: gli invitati hanno capito benissimo che erano invitati, ma si sono rifiutati di aderire in nome di altre autorità: “buoi, campi, moglie”.

In altre parole, essi si sono resi succubi di un’altra autorità, ed in nome di essa si sono “scusati”…si sono ritenuti giustificati; quando arriverà la parola che li giudicherà, se ne accorgeranno…”non assaggeranno la Mia Cena”, però sul momento noi rischiamo di crederci giustificati.

Luigi: È possibile riconoscerla come Parola “di Dio” se non si ha l’attrazione per Dio?

Luigi: Senza l’attrazione è una parola tra le tante, certo, però ha il potere di condurti a vedere ciò che è giusto secondo Dio, indipendentemente dalla tua attrazione per Dio.

La Parola di Dio è superiore a noi, dunque si impone su di noi: l’aderire, certo, è un’altra cosa.

Però quando ci troveremo alla presenza della Verità, di quella verità che non abbiamo seguito ritenendoci giustificati, non potremo dire: “io non avevo ascoltato”.

Vuol dire che la parola era arrivata a me e si era fatta sentire.

Sì. io posso dire: “non voglio sentire”…ma lo dico perché ho già sentito.

Luigi: Anche il rifiuto è una scelta.

Luigi: Sì, rifiuto di una cosa che hai presente, che è arrivata alla tua presenza, anche se non hai messo Dio al centro.

Luigi: Per chi non è attratto dal Padre la Parola si fa riconoscere come autorità?

Luigi: No: si fa riconoscere in quanto ti annuncia ciò che è giusto, ciò che è vero secondo Dio; ciò che ha valore secondo Dio.

È una Parola che tu non puoi smentire; però, se hai altre autorità, tu obietti: “io però mi trovo in un mondo diverso”.

E già: perché quando la parola ti arriva, non è che ti faccia conoscere la Verità: ti annuncia la Verità, ti propone la Conoscenza della Verità.

E questa  Parola/Annuncio  si  caratterizza  in questo:

è una parola che non accetta alcuna altra ragione.

Ecco, perché è una Parola che ti “dimostra” le ragioni di Dio; arriva a te con la ragione di Dio.

Ora, dico, questa Parola giunge a tutti: buoni e cattivi, saggi e stolti.

Arriva a tutti, perché Cristo è il Verbo che parla in tutto; ecco perché nessuno può dire: “io non sono responsabile della Sua Morte, di questo Sangue versato”.

No, anche tu l’hai versato, questo Sangue, perché la Parola è arrivata a te e tu l’hai sprecata.

E come mai l’hai sprecata? Perché hai obiettato “ho i buoi, i campi, la moglie”.

Ecco le altre autorità che, apparentemente, attualmente ti giustificano.

Però la Parola è arrivata…è arrivata con un timbro particolare,  con un sigillo: ti fa vedere le ragioni di Dio.

E nessuno di noi può smentire…ma può però “non seguire”: perché ha qualcosa che lo attrae maggiormente.

Ha qualcosa che lo distrae da quella Parola che gli è arrivata.

Luigi: Ma questa Parola che arriva a chi non è attratto, è un po’ come fare interessare di sporto qualcuno  a cui lo sport non interessa minimamente…

Luigi: Ma tu capisci che lo sport è un fatto accidentale, mentre il parlarti di Dio è parlarti di ciò che tu non puoi smentire: Dio è il Creatore, è Colui che ti ha creato; non è mica a livello dello sport!

Luigi: Prima di tutto bisogna capire l’importanza di Dio.

Luigi: Certo; d’altronde, vivendo senza tenere conto di Dio, stiamo camminando inevitabilmente verso un orizzonte in cui c’è lo sfacelo, il vuoto di tutto.

È ovvio: perseguendo un fine sbagliato, arriva il momento in cui questo sbaglio si manifesta, questo valore sbagliato mostra la corda.

Pinuccia: Bisogna lasciarsi bruciare, se no ci brucia.

Luigi: Cioè: bisogna lasciare che bruci i nostri argomenti, altrimenti restiamo bruciati noi.

Lei capisce: quella parola che giunge a noi non è solo “una parola”: si tratta di una realtà, di una realtà che è entrata nella mia vita, e che mi sta distruggendo tutto.

Ecco perché io debbo sottomettere tutti i miei valori a questa Parola: come fanno queste guardie; loro non hanno portato Gesù all'autorità, ma hanno condotto sé stesse a Gesù.

È che ognuno sarà giudicato da questa Parola udita: il che vuol dire che Essa giunge a tutti.

Dio parla a tutti: vediamo che qui parla con queste guardie, le quali erano (inizialmente) nemiche.

Luigi: Bisogna vegliare e fare silenzio.

Luigi: Il silenzio interiore è la condizione per poter vegliare.

Cina: Se non aderisco, Lui brucia i miei argomenti e io resto svuotato.

Luigi: No: li brucia se io aderisco; se non aderisco, non è che bruci i miei argomenti: brucia me.

Se aderisco, Lui brucia tutti gli altri argomenti.

È la Madonna: “io non conosco uomo”; lei non ha voluto conoscere nient’altro, solo la Parola di Dio; tutto il resto per Lei è bruciato: ecco, qui abbiamo l’anima che aderisce.

La Madonna non è rimasta bruciata: Lei ha concepito il Verbo; però tutti gli altri argomenti sono rimasti bruciati.

Zita: Cosa vuol dire che noi “restiamo bruciati”?

Luigi: Noi ci sosteniamo con i nostri argomenti, per non aderire a Dio: ma in questo modo è il nostro io a restare bruciato.

Gli invitati alle nozze dicono: “non possiamo venire”; si sostengono sui loro argomenti di fronte all’Argomento di Dio: e rimangono bruciati.

Cioè: gli argomenti sono rimasti in loro, ma loro sono rimasti bruciati: perché è venuto meno in loro il senso della vita, l’unione con Dio.

Ecco, il nostro io resta bruciato in questo senso: in quanto comincia a seccare, è il tralcio che si stacca dalla vite.

Nino: Dio opera comunque per la nostra salvezza, anche bruciandoci quei valori lì.

Luigi: Eh, ma se nell’animo tu non hai Dio…

Nino: In quel caso lo subisci come un’ingiustizia, dici: “ma perché Dio mi ha fatto questo?”.

Luigi: Ma forse nemmeno lo attribuisci a Dio; lo attribuisci alla colpa della società, del caso, di te stesso.

Dico: l’io resta bruciato in quanto non ha più la possibilità di colloquiare con Dio: resta solo.

Pinuccia: Bisogna percorrere questa via per non restare bruciati; cioè, bisogna dedicare il pensiero alla Parola arrivata.

Luigi: Sì, per arrivare a constatare ciò che la parola ci annuncia; per arrivare a capire la Parola stessa: per arrivare a conoscere Dio.



Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Quinto tema.


Titolo: La Parola di Dio è luce, acqua, fuoco.


Argomenti: Incontrare, riconoscere e aderire alla Parola di Dio. La purezza della Parole nell’inquinamento dell’io. La Parola sottomette tutto a Dio. La Parola incarnata. Gli argomenti umani. Superficie e profondità. La novità della Parola. Lasciarsi guidare dallo Spirito. I doveri umani. L’abitudine. La vita interiore e le tenebre esteriori.


 

4/Agosto/1983


Luigi: Il problema non è “trovare lo Spirito di Dio in tutto”: il problema è trovare Dio, trovare la Sua Presenza, conoscerlo; sarà poi la Presenza di Dio a condurci a vedere la Sua Verità in tutto.

Luigi:  Dio scrive diritto anche sulle nostre righe storte, soprattutto quando la nostra intenzione è positiva, quando cioè si cerca di superare il pensiero dell’io.

Luigi: La Parola di Dio ci sorprende sempre, perché si tratta della Parola di un Essere infinitamente superiore a noi: eternamente superiore a noi.

Se non ci sorprende, è un campanello d’allarme: significa che vi abbiamo già fatto “l’abitudine”. e allora non è più Parola di Dio; e allora vuol dire che c’è solo più la scorza, il ricordo, la memoria …ma manca l’anima, lo spirito.

Il cammino con Dio è un cammino di novità: con Dio si procede di novità in novità; se non si vede più la novità significa che si è perso il contatto con lo Spirito.

E quando si è perso questo contatto, bisogna scavare, bisogna andare a fondo…fino a che non si giunge a trovare la novità.

Bisogna scavare in ciò che il nostro io vede “banale”, “comune”, “tradizionale”; l’apparente banalità è appunto un invito a scavare.

La Parola di Dio, all’inizio, ci sorprende in superficie, ma poi si ritira in profondità: e se noi non La seguiamo, perdiamo il contatto; rimaniamo cioè in superficie, e lì abbiamo la ripetitività.

E allora finiamo col dire: “è sempre la stessa cosa”.

E invece no: “è sempre la stessa cosa” soltanto nel pensiero dell’io; ma se andiamo a fondo, cioè se ci immergiamo nel Pensiero di Dio, vediamo/cogliamo la Novità.

(…)La cosa deve essere novità “per me”; deve essere “cosa nuova”.

La novità è il segno che lo Spirito si sta comunicando.

Da solo il nostro io si spegne: è logico, non ha vita in sé; se si chiude in sé stesso, dunque, non può che dire: “che barba”.

Ecco, sospira la vita…denunciando la sua morte.

È come il cieco di Gerico: sta elemosinando la vita da tutti.

Luigi: La novità della Parola di Dio è questa sottomissione di tutto a Dio; ora, per vedere qualcosa sottomesso bisogna vederlo illuminato dalla Luce di Dio.

Perché “sottomettere”, sostanzialmente, significa “vedere nell’espressione di Dio”.

Significa vedere la cosa nella Sorgente Divina, cioè vedere il significato di Dio in quella cosa, che cosa Dio significa di Sé in quella cosa.

Luigi: La Luce sul segno viene da Dio, quindi è Dio che sottomette, è Dio che fa “Sua” la cosa. Però la creatura gliela deve mettere a disposizione, gliela deve offrire.

In altra parole, io debbo vegliare, debbo pensare, e sono tenuto quindi a valermi di tutti i mezzi che il Signore mi mette a disposizione, di tutte quelle conoscenze che Lui mi ha già fatto capire.

E più raccolgo, più resto fatto capace di raccogliere.

Pinuccia: Si dice sovente che per cogliere la novità di Dio bisogna superare anche le conoscenze già acquisite.

Luigi: Eh, devo ricordarmi di tante cose; il Signore dice: “ricordati Chi è che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto”. Perché, siccome si tratta sempre di novità, ovviamente sono impegnato (sempre) ad un superamento di tutto.

E quindi non posso basarmi solo su ciò che ho già conosciuto, perché la ricerca e la conoscenza di Dio sono sempre un passo più avanti di quanto intellettualmente e spiritualmente ho già capito.

Ecco, è sempre un passo ulteriore, e ciò naturalmente mi costa una certa fatica…io credevo già di potermi riposare, e invece Dio mi propone altro…ma è proprio accettando di impegnarmi in ciò che di nuovo Dio mi propone, che la mia anima cresce.

Naturalmente bisogna essere molto disponibili, per seguire il Signore in questi termini, in questo superamento continuo.

Si tratta, soprattutto, di avere la mente disponibile.

Ma per avere la mente disponibile bisogna essere disposti a perdere tante cose.

Il conflitto salta fuori lì: quando constatiamo che l’impegno con Dio ci richiede la perdita di certe cose.

Ecco perché, a un  certo momento, la Parola di Dio ci brucia tutto: perché deve evidenziare in noi (mica in Sé, logico) per darci la possibilità di arrivare alla Vita Vera, alla conoscenza di ciò che Lui è: è la Veglia Infinita.

Naturalmente, per arrivare lì ci si deve rendere disponibili al massimo; in tutte le cose bisogna cioè chiedere: “ma perché mi presenti questo?”.

E con Dio non si può mica barare!

Dico, in un primo tempo Dio non ci mette in conflitto con alcunchè: va bene questo “e” quello, va tutto bene!

Ma man mano che andiamo avanti, ogni cosa diventa: “o questo o quello”.

Cioè, Dio ci mette in discussione tutto.

Luigi: Se rimani nella Parola, tu desideri conoscere Dio; e lì ti accorgi che Lui ti aiuta in quell’intento.

Luigi: La Parola di Dio viene a noi per evidenziarci i veri valori e darci così la possibilità di imparare a vivere nella Sua Verità: nella comunione con Lui.

È quindi una liberazione dalla molteplicità di autorità, dalla autorità della molteplicità.

E già, perché nella molteplicità noi soccombiamo.

Luigi: Il grande guaio, per noi, è questo: che a un certo punto restiamo dominati dalle cose esteriori, proiettati lì: e dentro non abbiamo più niente, siamo vuoti.

Anche il nostro interno resta invaso dalle cose esteriori: non abbiamo più niente di vita interiore, di vita nostra.

Ecco, è il: “gettatelo nelle tenebre esteriori”; è la nostra anima che rimane sommersa dalle tenebre esteriori, per cui vive solo più di reazioni a stimoli esterni, senza più vita interiore: solo più tenebre, perché la luce viene dal di dentro.

La Luce è Dio, e Dio abita all’interno dell’uomo.


Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Sesto tema.


Titolo: Parole facili e parole difficili.


Argomenti: L’inquinamento della Parola. Parole di uomini e Parole di Dio. L’autorità della Verità. Logica divina e umana. La giustizia essenziale. Vincere l’autorità del mondo. La Parola ci fa pensare Dio. Logica umana e logica divina. Essere degni della Parola. Rivestire la Parola delle nostre intenzioni. Parola banale, vecchia, facile. La Parola difficile esige la sottomissione tutto.


 

7/Agosto/1983


Luigi: Abbiamo visto, le volte scorse, come la Parola di Dio sia “luce, acqua e fuoco”.

Ed abbiamo visto come Essa sia soggetta ad inquinamento, ma limitatamente come “acqua” e come “luce”: non come “fuoco”; quando la Parola di Dio giunge a noi come “fuoco”, apre  il sipario dell’Apocalisse, nella nostra vita.

Questa sera cerchiamo di riflettere su questo inquinamento.

Abbiamo detto che l’inquinamento della Parola di Dio avviene nella fase “acqua” e nella fase “luce”.

Sappiamo che tutto è Parola di Dio, poiché tutto è creazione Sua.

Però qui si dice: “mai nessuno ha parlato come quell’uomo”.

Con questo, ci fa capire che c’è un parlare “di tutti”  c’è un parlare “di pochi”…e c’è il parlare di Uno solo.

Infatti qui, queste guardie che dicono: “mai nessuno ha parlato come Lui”, ci fanno capire che Uno solo ha parlato così.

E infatti, è sufficiente che noi confrontiamo tutti i nostri libri, tutti i nostri giornali, tutte le cose che scrivono gli uomini, perché notiamo la grande differenza, la differenza fondamentale tra il parlare comune degli uomini ed il parlare del Vangelo.

Ma ci chiediamo: poiché tutto è Parola di Dio, perché si verifica questa grande diversità tra il Vangelo e i nostri libri? tra il parlare umano ed il parlare del Vangelo?

Teniamo presente che dice il Signore che verrà un giorno in cui tutto sarà Vangelo: “passeranno i cieli e la terra, ma le Mie Parole non passeranno”.

Questo ci fa presagire, ci fa capire, che arriva un Giorno, nell’universo, nella vita di ognuno di noi, in cui scompariranno tutte le parole degli uomini, in cui verranno bruciati tutti nostri libri…resterà soltanto il Vangelo.

Questo per dire: tutto sarà Parola di Dio, Parola pura di Dio, nella Sorgente di Dio.

Quando la Parola di Dio giunge a noi (lo abbiamo visto con queste guardie), arriva con un Sigillo particolare, caratteristico: illumina, porta la Luce;  è Luce.

In altre parole: giunge a noi con l’autorità della Verità.

Ora però, abbiamo visto che a questo punto noi corriamo un grande rischio: di sentire il desiderio di “assoggettare” questa  Parola ad altre autorità, e di cedere ad esse.

Rischiamo cioè di andare a sentire il parere di altre autorità, di correre a cercare l’autorizzazione di altri, di sottometterla ad altre ragioni, ad altri argomenti.

È una grande tentazione; è una tentazione che va superata.

E già: perché se noi sottomettiamo l’autorità della Verità che arriva a noi ad altre autorità, noi perdiamo il rapporto intimo, personale, con Dio stesso.

Ma abbiamo anche visto che per poter aderire alla Parola di Verità che arriva  a noi, è necessario aver fatto dentro di noi la Giustizia Essenziale.

Questo ci dà la forza di ascoltare la Parola e di superare la tentazione di sottometterla ad altre autorità, ad autorità umane.

E il far questo è la condizione per non perdere il rapporto diretto, personale, con Dio.

Abbiamo considerato l’esempio di Pilato: al contrario di queste guardie, Pilato non fu libero di fronte alla Parola del Signore, alla Parola di Verità, come lo sono stati questi uomini.

Egli non fu così libero da poter seguire di seguire la Verità, quando Essa gli giunse. Non ebbe questa forza.

Pilato, infatti, assoggettò il Cristo alla propria autorità, l’autorità di Cesare: e perdette il Cristo.

E invece queste guardie, questi poveri uomini, ebbero invece il coraggio di sottomettere sé stesse al Cristo, e di superare/vincere l’autorità a cui erano (fino a quel momento) sottomesse.

Non arrestarono Gesù, non lo condussero a coloro che avevano ordinato ad essi di arrestarlo, ma portarono sé stessi alla Verità, a Cristo.

Considerando tutto questo, abbiamo visto che ciò è un segno che ci rivela che non è detto che tutti abbiano il cuore e la mente così liberi da poter seguire la Verità quando questa si annuncia.

Teniamo presente che la Verità  si annuncia a noi “intellettualmente”; parla noi “all’intelletto”; ecco, non dobbiamo confondere la cosa con il sentimento, con il “cuore”…la Parola di Dio illumina l’intelletto, infatti la Sua caratteristica è quella di convocarci alla Presenza di Dio: anche a nostra insaputa.

Dico: in quanto giunge a noi “senza di noi”, Dio che parla a noi “senza di noi”, ci convoca alla sua Presenza.

È la caratteristica della Parola di Dio: ci fa pensare a Dio.

Ecco dove si distingue in modo fondamentale dalle parole degli uomini.

E infatti abbiamo una Logica Divina, ed una logica umana.

La logica umana è quella che convoglia tutti i fatti, tutte le ragioni, tutte le scelte, all’uomo, sempre all’uomo.

Ma, abbiamo visto, la Parola di Dio, in ultima analisi, è fuoco.

In quanto tale, Essa brucia, distrugge, annulla tutte le convinzioni umane, tutte le ragioni umane.

La Verità di Dio, nella Parola di Dio, è posta al di sopra di tutto: “una cosa sola è necessaria”, “cerca prima di tutto il Regno di Dio”…”chi ama suo padre e sua madre più di Me, non è degno di Me” (cioè: chi li mette al di sopra di Me”, “Me” è la Parola di Dio): non è degno della Parola di Dio.

E questo “non essere degni della Parola”  significa appunto che la si perde.

Dico: questa Parola giunge a noi e parla a noi in tutto, e ci convoglia alla Presenza di Dio, per cui ci presenta quello che vale più di tutto: ci presenta le esigenze della Verità di Dio; e ce le presenta, abbiamo detto, intellettualmente.

Infatti non ci porta  come spazio e come luogo: lì sono sentimenti, lì siamo immersi nel mondo.

La Parola di Dio che viene a noi, viene dal Cielo di Dio, e ci conduce dunque nel Cielo di Dio, di fronte alle esigenze della Verità di Dio.

E queste esigenze sono inconfutabili, da noi: appunto perché possiedono l’Autorità di Dio stesso.

Il fatto che esse siano da noi inconfutabili, non significa però che siano da noi seguite; non è cioè detto che noi aderiamo ad esse.

E già: perché, per seguirle, bisogna essere liberi.

Abbiamo visto che noi rischiamo di assoggettarle ad altri argomenti/ragioni/autorità…ad altre giustificazioni: “ho i buoi”, ecc.

Ecco, è qui che avviene l’inquinamento.

Possiamo quindi capire in che cosa questo inquinamento consista: l’inquinamento non è dato dall’esclusione della Parola di Dio, in quanto Essa non è possibile escluderla…neppure l’ateo può escluderla: colui che nega non fa altro che affermare, poiché l’uomo non può negare se non ciò che ha presente, ciò che gli è stato presentato.

Quindi diciamo: la Parola di Dio si afferma su di noi, ma l’uomo può inquinarla con altre intenzioni, con altri valori, altri argomenti.

Allora diciamo: la Parola di Dio La possiamo inquinare soltanto sotto l’aspetto di “luce” ed “acqua”.

Non lo possiamo fare sotto l’aspetto del “fuoco”:

il fuoco non è inquinabile.

Quando verrà “come fuoco”…sarà l’apocalisse: brucerà tutto.

Ora, la conseguenza dell’inquinamento è un capovolgimento: la Parola di Dio arrivata a noi, diventa “parola di uomo”!

Naturalmente è solo in noi, che avviene ciò: la Parola viene inquinata dalle nostre ragioni.

In altre parole: sulla parola di Dio noi affermiamo le nostre intenzioni; la rivestiamo dei nostri argomenti, delle nostre ragioni, dei nostri valori, delle nostre autorità.

E in questo modo diventa “parola di uomo”.

In sé, resta sempre parola di Dio: l’acqua è sempre la stessa, così la luce…però, “in noi”, Essa diventa “parola di uomo”.

E già: diventa parola su cui si è manifestato/affermato il nostro io.

E allora, divenendo “parola di uomo”, essa diventa parola “comune”, parola banale.

Perché non è più parola riservata alla persona, come è la Parola di Dio, la quale è espressione di Dio che ci parla personalmente, a tu per tu.

Come dico, appena la Parola del Signore viene inquinata, si trasforma/degrada in parola comune, in parola banale…diventa parola “vecchia”, senza vita, senza Spirito.

Ecco, si trasforma in parola “facile”, che tutti possono dire…sono le parole nostre, le parole degli uomini, le parole dei giornali: le parole di tutti.

Ecco, la Parola di Dio all’inizio è puramente portatrice dell’Intenzione di Dio, ad un certo punto diventa una parola che si riveste dell’intenzione di tutti; e che si offre allo spirito di tutti.

Diventa banale appunto perché è comune a tutti.

Diciamo. una parola è “facile” in quanto ognuno può vedervi sé stesso, sulla quale ognuno può proiettarvi la propria intenzione.

E allora la si ritiene “facile”.

Qui cominciamo a capire perché vi siano parole facili e parole difficili.

Le parole “facili” sono quelle in cui ognuno può “scrivere” la propria intenzione.

Le parole difficili sono invece quelle che esigono la sottomissione ad esse di tutte le nostre intenzioni, di tutti i nostri interessi.

Ecco perché la Parola di Dio è una Parola terribilmente difficile: perché presenta queste esigenze.

Dico: si tratta di una Parola difficile, ma è anche l’unica Parola che ci dona la vita: la parola “facile”, invece, è una parola morta: perché una parola su cui scriviamo solo più noi stessi: e dove si vede solo più il nostro io, c’è la morte.

E non è certamente colpa  della Parola di Dio, se questa, nascendo difficile e luminosa, nascendo spirituale, finisce col diventare comune, viene a morire “banale”.

Diciamo che nel destino che subisce la Parola noi possiamo vedere significato il destino del Figlio di Dio, del Cristo: poiché Cristo è la Parola di Dio tra noi.

Viene tra noi come Figlio di Dio, e muore tra noi come figlio dell’uomo.

Così è la Parola di Dio: viene a noi come Vita, e muore in noi come parola nostra: e qui non dà più vita.

dalla conversazione

Luigi: La Parola di Dio convoca l’uomo alla Presenza dello Spirito, e quindi lo fa passare nella vita dello Spirito. Gli fa superare il pensiero di sé stesso e lo spiritualizza.

Se però non supera sé stesso, l’uomo non fa altro che inquinare.

Luigi: La Parola di Dio parla a noi intellettualmente, nel senso che quando Essa ci parla, conduce il nostro pensiero, solo il nostro pensiero…non conduce nient’altro, di noi; se conduce altro, siamo nel campo del sentimento; e allora non dura: è entusiasmo…uno dei terreni della parabola del seminatore è proprio l’entusiasmo, il terreno che riceve il seme, ma che non porta frutto.

Solo il terreno profondo porta frutto.

Ora, nell’opera di Dio noi dobbiamo escludere quella che è la situazione ambientale nella quale ci troviamo: perché la parola di Dio ci porta ad un rapporto con Dio al di fuori della situazione ambientale.

Dico: la situazione ambientale –creature, creazione, e cioè, in sintesi: cuore -, va superata; ed è proprio la Parola di Dio a farci fare questo superamento.

Noi magari non ce ne rendiamo conto, ma la Parola di Dio che parla a noi ci fa pensare  Dio; ora, Dio trascende: trascende tutto.

Come ci porta, allora, davanti a Dio?

C’è un mezzo solo: il pensiero.

La Parola di Dio ci conduce a riconoscere l’importanza delle esigenze di Dio nei nostri riguardi.

Ecco, non è ancora verifica della Verità di Dio, non è ancora contemplazione di Dio.

Anzi, Gesù stesso quando parla del Padre ai discepoli, dice: “L’avete visto”; e loro Gli dicono: “mostraci il Padre”: non L’avevano visto.

Ciò significa che può avvenire a nostra insaputa.

Però un giorno dovremo riconoscere che Lui aveva parlato a noi.

Luigi: La Parola di Dio giunge a noi come Luce; in un secondo momento essa è acqua: ci purifica; infine diviene fuoco, se La seguiamo, se aderiamo alle esigenze che ci presenta: allora diventa fuoco che brucia tutte le nostre ragioni: perché noi stessi vogliamo quello.

Essa (la Parola) viene a morire in noi affinchè noi comprendiamo l’essenza del nostro errore, quale è stato il nostro errore; Essa non viene a morire in noi per dannarci, ma per salvarci.

In cosa consiste, per noi, questo Suo morire? Nell’esperimentare la Sua assenza, nel non trovare più la Sua parola “viva”: cioè nell’averla soltanto più come ricordo.

Ecco, resta nella memoria, ma non mi dice più nulla.

Ora, tutto questo mi pone in uno stato di shock; e comincio a chiedermi: “come mai? cos’è successo?”.

Ecco, l’apertura è questa: “devi morire a te stesso”.

“Soltanto morendo a te stesso, ritroverai la Presenza”.

Ed ecco allora la Parola che risorge: Cristo che risorge.

Luigi: Già il fatto di capire che c’è un parlare di tutti ed un parlare di Uno solo ci fa capire che la Parola di Dio va attinta nella Sua Sorgente.

Evidentemente non è possibile attingere questa Parola da chiunque; dappertutto tutti parlano: meno si ha lo spirito, e più si parla.

Quindi c’è un parlare banale; ci accorgiamo che, senza Dio, il nostro parlare diventa vuoto, comunica niente: il tempo, il lavoro, io qui, io là.

Invece il parlare che comunica adire qualcosa è molto raro, è riservato a qualcuno; il parlare di Dio, poi, è riservato ad Uno solo:al Verbo.

Soltanto il Verbo di Dio parla la Parola di Dio: si tratta dunque di attingere a Lui.

Ecco perché: “nessuno ha mai parlato come Lui”.

E già: nessuno ha mai parlato come Lui, e nessuno mai parlerà come Lui!

Ecco: se un uomo parla come Lui, non è quell’uomo lì a parlare, ma è il Verbo di Dio in lui.

Ecco, il sigillo/caratteristica della Divinità che parla con noi è proprio la Parola “di Dio”; non sono i miracoli: è la Parola; appunto perché non c’è nessuno che possa parlare quella Parola lì.

La Parola di Dio, quando arriva a noi,  non è solo “parola”: è persona divina che giunge a noi.

Luigi: La Parola di Dio mi convoca alla Sua Presenza, ma io ho tutto un mondo da convocare lì, da sottomettere a Lui.

Perché la Parola non mi sottomette tutto; nella mia notte la Parola mi fa intravedere questo monte altissimo, e mi dice: “hai visto? adesso sottometti tutto a questo, tutto di te a questo”.

Lì io posso essere tentato di non farlo, di opporre altre ragioni: “ma io…”; e allora è finita; capovolgo la cosa, opero un vero e proprio capovolgimento, in me.

E allora, apparentemente resta ancora la Parola di Dio: ma, appunto, si tratta di apparenza, come una fotografia di una persona che è morta…lo spirito non c’è più!

Resto con i miei argomenti, con le mie autorità, con ciò che ho messo al posto della Vera Autorità, dell’Autorità della Verità.

Resto con l’impossibilità di  poter smentire: “hai visto?” “ho visto”.

L’apparenza è la stessa, ma l’anima è completamente diversa.

Ora, “sottomettere tutto” è poi questo morire a noi stessi.

La Parola di Dio è difficilissima, in quanto è “esigentissima”: richiede questa sottomissione di tutto.

Quando, invece, la Parola di Dio si sottomette a tutti, diventa banale, perché tutti possono esprimere sé stessi, il proprio io.

È come una donna facile, mentre la donna difficile è quella che sottomette tutto a sé.

La Verità possiede questa nobiltà.

Luigi: Quando scriviamo il nostro io, non troviamo più la vita: perché finiamo con lo svuotare tutto di significato; la nostra stessa vita perde ogni senso, e quindi ci apriamo all’angoscia: perché non si può sopportare ciò che è privo di senso.

E già: “l’uomo vive di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”; cioè: di ogni Parola che esce dalla Sorgente, che lui attinge nella Sorgente Divina.

Luigi: Cristo ha consegnato alla Chiesa il Vangelo affinchè la Chiesa lo metta nella mani di ognuno, della persona singola.

In altre parola, la Chiesa ha una funzione di segnalazione; se perde questa funzione, abbiamo l’eresìa dell’autorità.

Magari a parole lo si dice, ma poi…certo, San Paolo è chiarissimo: lui si definisce “servo dei servi”; e infatti la vera autorità è servizio.

Gesù stesso dice: ”nel mondo, chi è al potere, comanda; ma tra voi non sarà così”.

Ora, “servire” cosa significa? Vuol dire aiutare l’altro a trovare Dio.

In sostanza, significa mettersi al di  sotto dell’altro, non  ”in mezzo” tra lui e Dio.

Se tu vuoi aiutare un albero a crescere,  mica ti metti in mezzo tra l’albero e la luce: lo concimi, lo bagni, però ma lasci che l’albero faccia il suo lavoro.

Ora, chi fa il lavoro è sempre la Persona. Quando Gesù dice a Pietro: “tu sei Pietro, e su questa pietra edificherà la Mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno su di essa”, passano 5 minuti e gli dice: “sei un demonio”.

Cioè, 5 minuti dopo l’inferno ha prevalso: ha prevalso su Pietro, eh, non sulla Pietra!

Non bisogna confondere con la persona: la Chiesa  si edifica sulla pietra, cioè sul Cristo.

Se l’uomo aderisce, ci siamo; ma appena si discosta, e torna al linguaggio “umano”, si becca del “demonio”.

Luigi: Si può dire così: anzitutto Dio ci cura con la Parola; poi con le erbe; poi con la sala chirurgica. Abbiamo cioè gradi diversi: Dio non arriva subito con la lezione dura: prima arriva con la parola.

Arriva con la Parola di Verità: se aderiamo ad Essa, ecco, non è che Dio si diverta, a mandarci in sala chirurgica…dico: come prima cosa la Parola di Dio è Luce.

Se non comprendiamo, se non La comprendiamo come Luce, ecco che Essa diviene purificazione: acqua; attraverso gli eventi, Dio ci purifica.

Infine c’è il  fuoco: la distruzione di tutte le autorità in nome delle quali noi abbiamo opposto il rifiuto.

È l’apocalisse.

Ora,  questa Apocalisse presenta due volti.

1) il Volto di Dio che viene;

2) il volto della fine di tutto, di ogni valore; il crollo di tutto…”crolleranno le stelle, crollerà il sole”; crollano cioè tutti quegli argomenti su cui ci siamo fondati.

Ecco: per ogni uomo, prima di morire, c’è un’Apocalisse, si presenta quest’Apocalisse.

Il Signore ci fa magari incontrare delle persone angosciate: sono in piena Apocalisse; cioè, c’è Dio che sta distruggendo  tutti i loro valori…solo che non riescono a vederne la positività; in altre parole, non vedono Colui che viene.

Ecco il grande guaio: ci si può trovare nel fuoco senza vedere, senza capire,  che tutto è Opera di Dio.

Luigi: Se io capto subito la Parola “come Luce”, Essa si presenta subito “come Fuoco”: nel senso che inizia subito a bruciare ogni mio argomento.

Allora non è più necessario che si presenti “come Acqua”, come purificazione.

Sono processi diversi; come dico, sono un po’ i tre tempi dell’Opera di salvezza del Signore:

_primo: la Parola; la Parola giunge precedente alla Realtà. Essa è già un inizio di Realtà, ma non lo è ancora: tant’è vero che quando Essa (la Parola) arriva, noi siamo immersi in tutt’altra realtà.

Ed è proprio lì, la nostra difficoltà…noi rischiamo di dire: “queste sono solo parole, mente il mondo, il mio mondo, è diverso”.

E no, stai attento, perché questo mondo sta diventando, per te, una sala chirurgica!

Luigi: Quando la Parola giunge a noi, imprime su di noi, imprime su di noi il Suo Sigillo; però può essere che noi non la captiamo.

E però, il fatto di “non captarla”, è colpa: il tuo Signore viene a te, e tu non lo accogli?!

Noi  magari Gli diremo: “ma ero indaffarato a far da mangiare per Te”…si arriva a questi punti qui!

Luigi: Gli invitati a nozze non hanno rifiutato davanti al tavolo imbandito, che so: “non mangio, questo cibo è cattivo”; no, loro rifiutano quando (appena) giunge l’invito.

Questa possibilità di rifiutare la si direbbe una libertà: invece è un’ignoranza, un effetto di ignoranza; infatti chi conosce non può fare a meno di amare, di accettare l’invito.

Ripeto: la nostra “libertà” è solo effetto di ignoranza.

Luigi: Perché ci sia continuità di adesione occorre mantenersi in questa purezza: cioè, sottomettere tutto di noi a Dio.

Ma giustificare, giustificarsi…la Parola di Dio è una Parola difficile, perché pretende la totale sottomissione di tutto di noi a Sé, a Dio.

Ecco, il problema non è la nostra miseria, la nostra povertà…non è quello, a metterci fuori: ciò che ci esclude è il nostro giustificarci, che è poi il sottomettere la Parola di Dio ad altre ragioni.

Si tratta proprio di una giustificazione “intellettuale”, cioè di una ragione che io oppongo alle ragioni di Dio: “io non posso aderire perché…”.

Ecco, oppongo un mio valore: e questo mi esclude.

Se non mi giustifico mai, tendo a sottomettere sempre tutto a questo Valore Essenziale, poi arrivo alla vita pratica.

Perché, per quanto riguarda le scelte intellettuali…tutto è determinato dal pensiero.

Ora, ciò che mi esclude, come dico, è quando io giustifico con ragioni diverse, autonome, e così mi sottraggo all’impegno con Dio.

Ma se, invece, io sottometto tutto a Dio, resto impegnato: “ah, questa parola non posso dirla, perché non è secondo lo Spirito di Dio”.

Ecco, arrivo all’atto pratico: “questa cosa non la posso dire, quest’altra non la posso fare”.

A un certo punto mi accorgo di navigare in libertà, di avere tanto tempo a disposizione: è Dio che mi sta liberando.

Luigi: Il Signore dice: “vieni a lavorare nella Mia vigna”.

Cioè, Lui ha fatto Sé stesso, la conoscenza di Sé, l’oggetto della nostra vita, e quindi la Parola di Dio tende ad impegnarci lì a tempo pieno.

Però, come dico, il più delle volte noi ci giustifichiamo e ci sottraiamo.

Allora si arriva all’ultimo, magari in punto di morte, sul letto d’agonìa…e tutto brucia! È logico: pur di salvarmi l’anima, Dio sta bruciando tutto; devo però scoprire ed accettare di aver passato tutta la vita in niente.

Luigi: Modificando il nostro rapporto con Dio, a un certo punto noi vediamo tutto “come lezione”, cioè vediamo che tutto è Gloria di Dio; ecco: tutto è puro, per i puri.

Perché Dio ha fatto le acque di sorgente? e perché ha fatto le paludi? È tutto una lezione, un segno di qualcosa di corrispondente nel campo spirituale.

Luigi: Ciò in cui maggiormente pecchiamo è nel parlare;  è con la lingua; è quello, ciò che maggiormente ci porta via a Dio.

Le parole che uno dice hanno un peso enorme: la parola detta ci lega,  ci domina, ci condiziona.

Quando parliamo “non secondo Dio”, ecco che, anche a nostra insaputa, ci fa esperimentare l’assenza di Dio.


Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Settimo tema.


Titolo: L’opera del fuoco.


Argomenti: Riconoscere l’autorità della Verità – La giustizia essenziale – L’ambiguità dei segni – L’inquinamento della Parola (luce e acqua) – Da Parola di Dio a parola dell’uomo – Il fuoco della Parola s’impone – Parabola dei vignaioli – Luce(costruzione vigna) – Acqua (richiesta frutti) – Fuoco (uccisione vignaioli) – Dio si propone all’uomo – La Parola precede/ accompagna/ segue l’uomo – Proposta di Dio/risposta dell’uomo/Dio s’impone – Sodoma – L’anticipo della Parola – Fuggire ai monti – Pascal – Evitare il danno del fuoco – La Parola difficile – La fine del mondo – Il niente e l’assoluto -


 

14/Agosto/1983


Luigi: Restiamo ancora sul versetto 46, dove troviamo queste guardie che, inviate dalla loro autorità ad arrestare Gesù, si rifiutano di farlo dopo averLo ascoltato parlare; e abbiamo visto come questo comportamento testimoni una loro grande libertà interiore: la libertà di riconoscere l’autorità della Verità al di sopra e nonostante tutte le autorità umane.

Autorità che possono essere dentro di noi o fuori di noi.

Ad esempio quegli invitati al pranzo di nozze che rifiutano dicendo: “ho i buoi”, ecc., avevano una loro autorità; erano sottomessi ad un’autorità che impedì loro di accedere alla Cena del Signore.

Allora abbiamo visto che la Parola di verità che arriva a noi arriva con questa Autorità, con questo Sigillo: la Verità è la massima autorità.

E abbiamo visto come questa Parola assuma gli aspetti di luce, acqua e fuoco.

Tutto è creazione di Dio, quindi tutto è segno, tutto è Parola; ora, proprio in quanto è segno, è concessione.

Nel segno Dio si manifesta con una certa garanzìa: non è l’uomo il creatore, ma è un Altro, appunto: Dio.

Già lì immediatamente ne deriva il fatto della giustizia essenziale; cioè, ne deriva che se viviamo pensando a noi stessi noi siamo terribilmente ingiusti.

Un Altro è il Creatore: dunque, noi non dobbiamo convergere il mondo che ci sta attorno, grande o piccolo che sia, su noi stessi, sul nostro io.

Se lo facciamo, compiamo la massima ingiustizia.

Dico: poiché è segno, la creazione porta l’impronta di Colui che parla, di Colui che opera; e però, deve anche ricevere l’impronta di colui a cui essa è rivolta: l’uomo.

In caso diverso non è più segno: il segno è tale in quanto è trait d’union.

Poiché è collegamento, il segno ha la possibilità di unire due termini: ecco perché la creatura ha la possibilità di significare sé stessa nel segno di Dio.

Effettivamente, in tutta la creazione noi possiamo imprimere il pensiero del nostro io.

Abbiamo detto che la Parola di Dio può essere inquinata, pur rimanendo sempre Parola di Dio.

Vicino alla Sorgente, alla bocca di Dio, la Parola è pura; più però se ne allontana, e più essa viene inquinata.

Arriva il momento in cui essa diventa soltanto più espressione dell’io umano.

Era partita come Parola di Dio: e diventa parola di uomo, figlia dell’uomo.

È il capovolgimento.

Ecco allora che la parola diventa banale, comune: non dà più vita.

Abbiamo visto che l’inquinamento umano sulla parola divina avviene negli aspetti di “luce” ed “acqua”.

La Parola nell’aspetto “fuoco”, invece, non può essere inquinata.

Abbiamo visto infatti che il fuoco apre la scena dell’Apocalisse, nella nostra vita: si impone.

La Parola di Dio sotto gli aspetti di luce ed acqua si presenta a noi come proposta: quando invece assume l’aspetto del fuoco, ecco che la Massima Autorità che già si annunciava negli aspetti luce ed acqua, si impone su tutto/in tutto.

Che Essa si imponga, lo vediamo in diverse lezioni della Scrittura; in particolare lo vediamo nella parabola dei vignaioli, al capitolo 21 di San Matteo.

In questa parabola abbiamo i tre piani della Parola di Dio molto ben distinti.

In un primo tempo c’è la Parola che mette su la vigna, la protegge con la siepe, vi scava il frantoio, e poi la affida ai vignaioli.

Nel secondo tempo, la parola manda a chiedere la restituzione dei frutti della vigna.

Nel terzo tempo, si verifica l’uccisione dei vignaioli che si sono rifiutati di consegnare i frutti.

Sono i tre livelli: luce, acqua e fuoco.

Ecco, il fuoco si impone, distrugge; annulla coloro che non l’hanno riconosciuto

Dico, tutto si fonda sul fatto che la Parola Divina giunge a noi proponendoci l’essenziale.

Dio non si impone: se lo facesse, ci proverebbe della possibilità di conoscerlo; dunque il Signore si propone, si offre a noi.

Dato questo fatto, ecco che subito si vedono tre tempi, nella creatura. Anzitutto c’è la Parola di Dio che “precede” la creatura: la Parola, cioè, giunge a noi “senza di noi”.

In un secondo momento la Parola “accompagna” la creatura.

E poi ecco il terzo tempo, quando la parola “segue” la creatura.

Cosa significano questo “precedere”, questo “accompagnare”, e questo “seguire”?

La Parola di Dio è proposta, dunque è “precedente” la creatura: arriva a lei senza di lei. La creatura la riceve: non ha ancora dato una risposta; è il tempo della luce.

Però abbiamo anche visto che, di fronte ad una proposta, noi non possiamo sottrarci alla risposta; ecco allora la seconda fase, la fase in cui la creatura si rivela, si rivela appunto davanti alla Parola/proposta.

Ovviamente, però, non è che quando la parola abbia ricevuto la risposta sia “liquidata”: Essa continua, nella nostra vita, poiché noi siamo immersi nella Parola Divina.

Abbiamo dunque la fase in cui la Parola di Dio è “con” l’uomo che ha dato la risposta.

È cioè la fase della purificazione: la fase in cui la parola “dialoga” con l’uomo per fargli magari capire gli errori che ha fatto nelle sue risposte, risposte che magari sono state inquinate da altre autorità.

Qui la Parola di Dio ci parla per farci capire le ragioni sbagliate e le ragioni della Verità.

Infine ecco l’ultima fase, quella che segue.

Prima la Parola, colloquiando, ha messo in evidenza ciò che veramente l’uomo vuole; quando l’uomo ha definito ciò che vuole mettere al di sopra di tutto, ecco la fase della parola che viene “dopo” l’uomo, che lo segue.

E questa Parola che viene “dopo”, è  fuoco.

In altre parole: è distruzione.

È la Parola che toglie la vigna ai vignaioli, e la dà ad altri, più degni; i vignaioli si sono dimostrati indegni di amministrarla: è parabola di quanto può succedere ad ognuno di noi.

Anche nella Genesi troviamo una lezione meravigliosa circa questi tre tempi; la troviamo al capitolo 19.

Quando Dio scende per distruggere Sodoma, la città dedita al male, abbiamo un primo tempo nel quale Dio dialoga con Abramo, e gli rivela quanto vuole fare: è la fase “precedente l’opera”.

Poi abbiamo l’opera di Dio che entra in Sodoma, dialoga con Lot e lo esorta ad uscire; gli dice queste precise parole: “prendi tua moglie, le tue figlie ed esci, affinchè tu non sia travolto dal castigo della città”.

Lot indugia, e allora la Parola continua a dialogare: “fuggi per la tua vita, non guardare indietro, e non fermarti nella valle; fuggi sui monti per non restare travolto”.

È la parola nella fase dell’accompagnamento; prima precede,  annuncia: annuncia cose future, la realtà futura, prima che venga ad essere.

Ce ne parla,  e se noi le crediamo, se aderiamo, non avremo a subire gli eventi che stanno per accadere.

Ecco, la parola divina viene appunto a noi per darci la possibilità di non subire gli eventi, il fuoco.

Prima la Parola dialoga per farci uscire, per non subire la distruzione del nostro mondo: “fuggi ai monti”, ecco, questo è molto importante.

Il monte è simbolo di preghiera, di raccoglimento, di silenzio con Dio, del lasciare tutto per Lui, perché in Lui solo è la salvezza.

Soprattutto è importante questo: “non voltarti indietro”.

Ecco: “non voltarti indietro a guardare ciò che succede”.

E poi abbiamo la distruzione della città: ecco il fuoco, che scende a distruggere, ecco l’opera che arriva e si compie.

C’è anche l’aspetto positivo, del fuoco; lo ricaviamo dalla testimonianza di Pascal, dallo scritto che Pascal portava cucito nella giacca e che fu trovato dopo la sua morte.

Scriveva dunque Pascal: “anno di grazia 1654, giorno di San Clemente Papa e martire; dalle dieci e mezza di sera fino a mezzanotte: fuoco!”.

È la parola centrale di questo scritto: fuoco!

Prosegue: “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe; non dei filosofi e dei dotti (MT XI,25).  certezza, certezza; sentimento di gioia e di pace. Dio di Gesù Cristo, Dio mio e Dio vostro. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblìo del mondo e di tutto tranne Dio”.

Ecco l’opera del fuoco: questo annullamento di tutto affinchè l’anima possa incentrarsi unicamente nell’essenziale.

Ancora: “si trova solo nelle vie insegnate dal vangelo; grandezza dell’animo umano…Padre giusto, il mondo non Ti ha conosciuto, ma Io ti ho conosciuto (Gv XVII,25)…gioia, gioia, gioia: lacrime di gioia; me ne sono separato…fontem acque vivem…mio Dio, mi abbandonerete? questa è la vita eterna, che conoscano Te (GV XVII,3). Gesù Cristo! me ne sono separato, L’ho sfuggito, ripudiato, crocifisso. Che non sia mai più separato; si conserva per le vie insegnate dal Vangelo: rinuncia totale e dolce”.

Evidentemente si tratta di una sìntesi di quanto Pascal esperimentò in quella notte, per lui notte di fuoco.

Una notte in cui gli si è evidenziato il tutto di Dio e il niente di tutto il resto.

Dico però: prima di arrivare lì, la Parola giunge in anticipo, e poi ci accompagna: e finalmente ci segue.

Eco i 3 aspetti: la luce che ci precede, in quanto ci presenta la Verità; davanti ad Essa, noi abbiamo magari tante altre autorità da opporle.

Ecco quindi che la Parola/Luce dialoga con noi: cioè, non si presenta immediatamente come fuoco.

Essa dialoga con noi per ragionare: è l’acqua, la fase della purificazione.

La Parola dialoga con noi per purificarci di tutti gli argomenti che noi abbiamo erroneamente ritenuto validi/autorevoli, e che utilizzavamo per opporci alla Verità di Dio.

Quando in noi si forma questa evidenziazione di ciò che ci sta più a cuore, ecco arrivare la fase dell’imposizione.

Qui, se non abbiamo accolto le fasi precedenti, ci troviamo nell’incapacità di sopportare, di accogliere.

Ecco perché c’è l’urgenza dell’adesione alla Parola di Dio nelle fasi “luce” e “acqua”.

Se lo facciamo, siamo noi stessi che bruciamo gli altri argomenti, prima cioè che li bruci/distrugga Dio.

Ecco perché Dio viene in anticipo: per darci la capacità di superare noi stessi tutto il resto.

È ciò che dice Pascal: “Oblìo di tutto, tranne che di Dio”.

Dio si presenta a noi come un Tutto, come lo scopo della nostra vita: la funzione della luce è quella di evidenziarci ciò su cui dobbiamo fissare lo sguardo.

Se lo facciamo, allora noi stessi bruciamo tutte le altre autorità; appunto per poterci dedicare unicamente all’unica cosa necessaria che ci ha presentato la Luce.

Allora saremo aiutati certamente dalla parola stessa: Essa ci purifica, ragionando con noi, e ci accompagna nello sforzo necessario: ma non subiremo il danno del fuoco.

Se invece non ci affrettiamo ad entrare in questa Pace, in questa Certezza che è data da questo Valore posto al di sopra di tutto (Dio), ecco che si verifica allora la parola difficile.

La Parola di Dio è ”facile” quando si offre/sottomette alle nostre intenzioni; ma quando Essa “pretende” che tutte le altre intenzione siano sottomesse ad Essa, lì diviene molto difficile, per noi.

La Parola di Dio che si presenta come Luce della Verità ci chiede la sottomissione di ogni nostro altro argomento: ecco perché è “difficile”.

In sostanza: tutto deve diventare “mezzo” per giungere a quest’unico fine; se non lo facciamo, non entriamo nella Pace che viene, appunto, solo dall’aver messo Dio al di sopra di tutto, e ci esponiamo alla distruzione del fuoco, perché arriva il momento in cui Dio distrugge tutti quei valori in nome dei quali noi non ci siamo “offerti”/resi disponibili alle esigenze della Verità.

Dio annulla questi valori, e ovviamente noi ne subiamo il danno: perché constatiamo solo il niente, di aver vissuto per niente; e di fronte al niente, noi non possiamo resistere, poiché siamo fatti per l’Assoluto; ecco allora il tormento, l’angoscia.

Dico: è inevitabile, perché noi non possiamo accettare ciò che perde significato.

Ecco, vivendo per altro da Dio noi ci esponiamo a questo rischio, il rischio di subire la perdita di senso di tutto quanto, lo svuotarsi di significato di ciò per cui siamo vissuti.

E come dico, allora necessariamente entriamo in angoscia, perché noi siamo una passione di assoluto, un campo di assoluto (perché siamo costituiti dalla Presenza di Dio, che non può essere annullata).

Si rischia quindi di entrare in un tormento insopportabile: è il fuoco.

È il fuoco che, distruggendo dall’esterno tutti i nostri valori, si interiorizza e ci brucia.

 

Luigi: L’anima di tutto il parlare di Dio, in ognuna delle tre fasi, è il “convogliamento” di noi alla Sua Presenza.

Nella fase luce, Egli convoglia il nostro pensiero: richiede l’intelligenza. Noi ci troviamo in un mondo tutto diverso da Dio: allora Lui fa leva sul nostro pensiero, ci presenta ciò cui il nostro pensiero deve guardare.

Parlando con noi, Dio ci porta alla Sua Presenza: anche se non ne siamo coscienti…Gesù visita Gerusalemme, eppure la Città non ne è consapevole.

La visita: vuol dire che la conduce alla Sua Presenza; parlando di Dio, la porta a pensare a Dio…e questo è con il pensiero: la realtà materiale era un’altra, e proprio per questo non si accorge della Sua Visita.

E già, noi svalutiamo il pensiero, il pensiero come realtà, la realtà come pensiero: e diamo invece molto valore alla realtà “piedi per terra”.

Ora per, la Parola di Dio che ci parla ci convoca: “venite”.

E arriva un momento in cui questa convocazione non è più in fase intelletto, non è più fase-pensiero; cioè, diventa “fase-tutto”.

Perché tutto diventa parola di Dio, si manifesta come Parola di Dio.

Ma come dico, prima che tutto bruci e ci porti alla Presenza di Dio, il Signore opera a livelli diversi.

Si tratta di aderire a Lui a questi livelli qui, se interiorizziamo il Suo parlare a questi livelli, diventiamo capaci di poter poi dopo sopportare la Sua Parola quando Essa diverrà realtà, realtà del mio mondo.

Divento capace di sopportare perché sono fatto capace di capire, di comprenderne il significato;  capisco il senso del passare di tutto,  perchè porto in me (l’interiorizzazione)  un valore che non viene annullato.

Su questo valore posso dunque appoggiarmi, su di esso sostengo la mia vita.

Qui, man mano che la vita passa, constato il verificarsi delle Parole del Signore: “alzate i vostri occhi, perché la vostra liberazione è vicina”.

Vedo il passare di tutto come motivo di gioia, perché lo vedo come una conferma.

Per chi non può sostenere (capire) si tratta di una rovina, ma chi ha accolto la convocazione alla Presenza nella fase intellettuale può sopportare ciò che “di per sé” non avrebbe significato (perché di per sé non ha significato l’annullamento dei valori).

Ecco, lì si può (sop)portare la distruzione delle cose: appunto perché se ne vede il senso.

Ecco, in un primo momento la parola ci convoca spiritualmente alla Presenza di Dio; noti però questo: a questa Presenza noi non possiamo restare appena la parola smette di parlare.

Per cui in noi si forma il desiderio: e questo diventa fuoco…diventa un fuoco che mi annulla ogni altro valore.

Possiamo dire: ma come fa a smettere di parlare, se tutto è Parola Sua?

È quello che dice Gesù: “non sempre avrete Me” (Gv 12,8).

Cioè: la Parola di Dio scende a parlare con noi, ma Essa passa; e “passa” non fosse altro perché noi la rivestiamo del nostro pensiero.

Dico: appena la Parola cessa, passa, noi non possiamo più restare là; e però…abbiamo visto! E questo determina in noi il desiderio di tornare a vedere. Ora, questa fiamma che si accende in noi (per aver visto l’essenziale), ci dà la possibilità di cominciare a bruciare tutto.

Ecco, allora cominciamo a dire: “ma questo a cosa vale? quest’altro a cosa serve?”.

E già: perché abbiamo la nostalgia di quell’altro…e l’abbiamo perché l’altro è già arrivato a noi.

Dunque, è Dio che per primo accende in noi questo fuoco dandoci così la possibilità di annullare tutti i valori prima che vengano annullati da Lui stesso.

Ecco il valore anticipato.

Si tratta di arrivare in anticipo nella fase luce e nella fase acqua; nella fase fuoco è troppo tardi.

Delfina: Non è facile capire questo passare della parola.

Luigi: In quanto la Parola giunge a noi come proposta, è soggetta al passare. Quando uno ci fa una proposta, necessariamente noi diamo una risposta: e quando l’abbiamo data, la proposta è passata.

Cioè, se lei ha aderito alla proposta, la Parola non passa: lei continua  a camminare in ciò che le è stato proposto. Se invece lei non aderisce, la proposta passa, se ne va: perché lei l’ha rivestita elle sue intenzioni.

Comunque: la proposta nella “fase proposta”, in ogni caso passa.

La proposta è il primo tempo dell’Opera di Dio: dunque non può rimanere eternamente, eternamente “proposta”; essa si offre alla nostra risposta: ed appena noi diamo la risposta entriamo immediatamente in tutta un’altra fase.

Si tratta di aderire: “aderire” vuol dire “entrare”, entrare nella passione per Dio.

Vuol dire entrare in questo fuoco, nel desiderio di conoscere Dio.

Cioè: ci affrettiamo ad entrare nella Pace di Dio: conoscere Dio è certezza, solo lì dunque è la nostra pace.

Bisogna affrettarsi ad entrare, “affinchè non ti succeda come al popolo Ebraico che dovette vagare 40 anni nel deserto”.

Ecco: al popolo ebraico fu fatta la proposta: “entra nella Terra promessa”; ma il popolo cedette alla paura, alla paura dei giganti, dei popoli forti.

Quindi, tra il far conto su Dio e il far conto sulle loro forze, loro hanno ripiegato sulle loro forze: hanno seguito la paura.

Non accettarono la proposta di Dio, non credettero a Dio. furono così costretti a vagare nel deserto, fino all’estinzione di quella generazione.

Anche questo è un segno del fuoco, della Parola di Dio che arriva a noi; ecco, solo se aderiamo, Dio ci conduce nella Vita Eterna, nella Terra Promessa; se no, ci fa vagare nel deserto: “deserto”, la vita che si spegne, cioè non c’è più vita davanti a noi: appunto perché non abbiamo accettato la Parola di Dio.

Ecco lì: la Parola di Dio è passata; non è che Essa arrivi ogni momento nel deserto a dire: “entra nella Terra Promessa”…eh, ormai c’è stata la risposta.

 

Luigi: Dio arriva come “Acqua”. Non c’è alternativa: si tratta di una fase crescente.

Arriva anche come “fuoco”, però se non ho aderito a “luce” e “acqua”, giunge senza la mia partecipazione.

Se invece ho aderito, io stesso “brucio” gli altri argomenti, per poter continuare a camminare nella Pace di Dio.

Ma allora lì…non è che la Parola di Dio non sia anche “fuoco”: è Fuoco. Se però uno aderisce nelle fasi precedenti, lui stesso inaugura la fase fuoco, e quindi non lo subisce più, appunto perché è ciò che vuole lui stesso!

Non aderendo invece alle fasi luce e acqua, (cioè nelle fasi “intelletto”), il fuoco lo subiamo, lo subiamo completamente.

Dico: la fase “acqua” presuppone che io abbia aderito alla fase “luce”.

In questo modo, la parola inizia a purificarmi di tutti i miei inquinamenti che mi porto dietro; ecco, è Dio che pota, affinchè la vite possa portare frutto.

Ma, dico: se non si aderisce alla luce, allora c’è niente da fare; perché a qualsiasi livello si trovi la creatura, Dio opera sempre nel campo dell’intelletto.

Dio opera sempre per far capire: ecco perché, se la creatura non aderisce con l’intelletto, c’è niente da fare…Dio non si mette a suonare la grancassa con altri argomenti, con cose come “bellezza e sentimento”, per farci entrare…Lui ci riduce magari in agonìa, ed è ancora sempre “fase luce”!

Diciamo così: la fase/Luce è sempre l’evidenziazione della Verità come Massima Autorità.

La fase luce è la comunicazione all’uomo di questo fatto: la Verità è la Massima Autorità.

Allora, se noi aderiamo alla Verità come Massima Autorità, non serve nient’altro.

E già: tutto dev’essere subordinato a quello.

Luigi: Cos’è la fase/Luce?

La luce mi evidenzia ciò cui debbo rivolgere l’orecchio; mi dice: “tu devi guardare là”; mi attrae.

Ora, “guardando là” cosa succede? Succede che io vado alla ricerca di tutti i mezzi che possono aiutarmi per arrivare “là”; e mi fa capire quali sono gli intralci per far questo che debbo eliminare; cioè, è la fase acqua, la fase della purificazione.

In sostanza, è il finalizzare un essere intelligente.

Coordinato a quel fine lì, l’essere intelligente trova il massimo aiuto nel vangelo, nell’assimilazione delle parole di Cristo da noi”; naturalmente ci chiede il pensiero, l’adesione di esso: perché la Luce lavora sul pensiero.

Paolo: Però non sempre riesco ad aderire, continuamente, nell’arco della giornata.

Luigi: Quello che conta non è questo; ciò che conta è l’orientamento.

La Luce mi fa vedere la Meta, ciò cui devo tendere, non è detto che adesso io parta come una freccia verso quello.

Io ho visto, so che debbo andare, e allora adesso salta fuori tutta la fase/travaglio: devo organizzarmi per_, per camminare verso quella Meta.

Ecco la fatica: per eliminare da me tutto ciò che mi impedisce il cammino, e questo può durare molto tempo.

Devo eliminare il negativo e valorizzare ciò che  invece mi aiuta a camminare.

Luigi: Ogni segno rivela qualcosa di Dio, ma anche di noi stessi: se no non sarebbe “segno”. Infatti diventa uno specchio…è opera di Dio, ma anche specchio per il nostro io. Proprio per questo fatto (di essere segno per il nostro io) esso può da noi essere inquinato.

E già: è inquinabile in quanto io lo posso interpretare nel pensiero del mio io.

Qualunque opera di Dio, in quanto si presenta ai miei occhi, in quanto è quindi relativa ad essi, può essere infirmata dai miei occhi.

In altre parole: io posso scrivere il mio nome sulle cose.

Un albero, per esempio, lo posso vedere per ciò che è, un segno di Dio, ma lo posso anche “interpretare” in funzione dei miei interessi…posso cioè proiettare il mio su tutto.

Non posso proiettarlo su Dio, ma Dio non lo vedo…per vedere Dio, per esperimentarLo, devo superare il pensiero del mio io.

I segni, di per sé, sono ambigui, per questa loro natura di opera di Dio e di specchio per noi.

Ora, quanto più proiettiamo sui segni noi stessi, tanto più i segni divengono “banali”, tanto più il parlare diviene banale.

Si capisce: “dire qualcosa”  significa collegare con lo Spirito, cioè con la Vita: la nostra vita è nascosta in Dio.

Solo che la Parola che mi pone in collegamento con Dio è difficile: ma soltanto Essa mi dà vita.

Ecco: ogni segno di Dio si offre alla banalizzazione dell’uomo: si offre a diventare “figlio dell’uomo”.

Luigi: Non si tratta di pensare ad “aiutare gli altri a correggersi”: bisogna semplicemente prendere su di sé la lezione: fatto questo, hai fatto tutto, perché la lezione Dio la fa “per te”, mica agli altri!

Noi dobbiamo prendere tutto dalle mani di Dio: “è Dio che le fa per me”; e dunque devo preoccuparmi di cambiare io, di lasciarmi cambiare da Dio.

Se io cambio, stai tranquillo che cambia anche l’altro.


Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Gv 7 Vs 46 Ottavo tema.


Titolo: Il fuoco. II


Argomenti: L’asino di Baalan – I tre tempi della Parola – La Parola ci convoca alla Presenza di Dio – Molteplicità e unità – La risposta alla proposta di Dio – Unificare tutto in Dio – L’alimentazione del fuoco - La purificazione del mondo -

 


 

21/Agosto/1983


Luigi: Soffermiamoci ancora una volta sul v.46, e cerchiamo di approfondire l’aspetto del fuoco.

Cerchiamo di approfondire come il fuoco si accende, come si alimenta, e quali effetti esso reca: perché ne versetto  successivo vedremo gli effetti di questo fuoco.

Abbiamo visto come la Parola di Dio che giunge all’uomo sia una proposta: la proposta della Verità.

Dio non impone, ma propone: la proposta è proprio la condizione affinchè la creatura possa giungere a conoscere, e quindi a partecipare, di ciò che Dio è.

Proprio in quanto proposta, la Parola Divina determina una nostra risposta.

Ne  consegue che possiamo vedere tre tempi nella vita dell’uomo: un tempo precedente la proposta (e quindi precedente la risposta;

un tempo concomitante ad Essa;

ed un tempo seguente ad Essa.  Il tempo è precedente, concomitante, e seguente alla risposta nostra.

Questi 3 tempi caratterizzano la parola di Dio come luce,  acqua e fuoco.

La Parola di Dio che arriva a noi è luce in quanto ci fa vedere ciò cui dobbiamo tendere/aderire, ciò che dobbiamo volere.

Poi Essa ci accompagna come acqua, per purificarci da tutte quelle ragioni che ci impediscono l’adesione piena alla verità.

Abbiamo visto che la parola è luce, ed è proposta: quindi significa che ci fa vedere qualcosa.

Direi che il problema da approfondire è questo: come, ci fa vedere qualcosa?

Dico, è da approfondire perché si tratta di una parola, di un segno…non è un essere che ci prende per mano e ci porta in montagna dicendoci: “guarda, ti faccio vedere”.

La Parola di Dio giunge a noi come segno, ci parla e ci conduce ad una Presenza: ci convoca alla Presenza di ciò che Essa intende farci vedere; e questo avviene anche a nostra insaputa, anche se non ce ne rendiamo conto.

Essendo Parola di Dio, ci convoca alla Presenza di Dio.

Dico: come può una parola, un segno, condurci a vedere una Presenza? Evidentemente perché questa Presenza già si trova in noi: se no, non sarebbe possibile.

Ma allora cosa fa la Parola che parla a noi? E se già portiamo questa Presenza, perché noi non la vediamo?

Dico: arrivando a noi, la Parola di Dio ci incentra su ciò che già portiamo in noi e che però, da soli, noi non  siamo capaci di vedere; e perché non ne siamo capaci? Perché siamo disturbati da tanti altri argomenti. da tante altre presenze, da tante nostre “autorità”.

Ecco, la parola divina ci porta a fissare i nostri occhi su Dio, liberando/sgombrando il terreno della nostra anima da ogni altro argomento.

Quando qualcuno ci parla, infatti, non fa altro che incentrare la nostra attenzione su quanto ci sta comunicando.

In altre parole, sta mettendo a tacere tutti gli altri nostri argomenti.

Parlandoci, ci allontana da essi, e ci “isola” nell’argomento di cui ci sta parlando.

Così opera Dio: parlandoci di Sé, ci isola in quest’unico Argomento; lì, noi non abbiamo difficoltà a vedere.

E possiamo vedere appunto perché questo “argomento” (Dio) è già presente in noi.

La nostra cecità rispetto a Dio è causata dall’inquinamento degli argomenti molteplici.

Cioè dalla molteplicità di cose che portiamo in noi.

L’infinito è uno, ed Esso si trova (già) in noi. Ecco, ciò che ci sprofonda nel “finito” è proprio la molteplicità; sprofondati in questa molteplicità, noi non possiamo passare all’Infinito.

Dio è Infinito, la Sua Parola, dunque, è infinita; parlando con noi, allora, questa Parola “zittisce” tutti i nostri argomenti finiti; li supera tutti, incentrandoci su di Sé, portandoci così a vedere questa Presenza già “presente” in tutto.

Dice infatti la parola: “ti condurrò nel deserto, e lì parlerò al tuo cuore”. Ecco: “deserto”, il mettere a tacere ogni altro argomento, ogni altra autorità, raccogliendo nell’unica Autorità.

Dico: raccolti nella semplicità dell’unico argomento, noi non abbiamo difficoltà a vedere.

Posti di fronte a ciò di cui ci parla la parola divina, resta soltanto il problema del rispondere, del rispondere “sì”: l’adesione.

E già: portati a vedere, si determina per noi la possibilità di aderire; non è però detto che lo facciamo.

Anzitutto, questo “vedere” cui ci conduce la Parola, è un vedere per sentito dire; è tale proprio in quanto noi siamo portati alla Presenza “senza di noi”, cioè per opera della Parola che parla a noi.

Cioè: siamo condotti “per aver sentito dire”…

È evidente allora che appena la Parola smette di parlare con noi, noi non possiamo restare… se non ci affrettiamo a rispondere “sì”, ripiombiamo nei nostri argomenti.

Perché la Parola non ci aveva liberato da questi argomenti: soltanto, li aveva messi a tacere; ecco dunque che se noi non ci affrettiamo ad entrare quando la Parola ci porta a vedere l’Essenziale, siamo costretti a tornare al nostro vecchio mondo: alle nostre vecchie autorità.

Siamo ripresi dalle nostre autorità, dai nostri sentimenti, dalle nostre ragioni, dalla loro “validità”...e non passiamo allo Spirito.

Non entriamo, cioè, nella vita.

San Paolo dice: “se oggi ascolti la Parola di Dio, affrettai ad entrare nella Sua Pace, affinchè non abbia a capitarti come al popolo eletto, che dovette vagare 40 anni nel deserto”.

In altre parole: “affrettati a dire sì”.

Affrettati ad aderire a quella Verità che Dio ti ha presentato, e che tu hai ascoltato per sentito dire, ma che non hai potuto negare.

Ora, il problema è: come si accende il fuoco?

La Parola di Dio è fuoco, però esso non si accende in noi senza la nostra adesione, il nostro “sì”.

Solo con la nostra risposta positiva la fiamma comincia a splendere, il fuoco comincia ad ardere.

Senza questo nostro “sì”, resta l’occasione l’opportunità che abbiamo avuto…e che non abbiamo sfruttato: la fiamma non è nata.

Abbiamo detto che tutto il parlare di Dio si conclude in  fuoco: anche la luce.

Ma se il fuoco si accende quando la luce giunge a noi, significa che noi stessi partecipiamo di questa accensione; la nostra adesione ci consente  di bruciare ogni altra ragione, ogni autorità che pesa su di noi.

E possiamo avviarci alla partecipazione/raccoglimento in quell’Unità che la parola ci ha presentato.

Camminando verso, siamo sempre più fatti partecipi: si partecipa nella misura in cui si raccoglie/unifica: è effetto del fuoco.

Il fuoco che comincia ad ardere se diciamo “sì”. è in sostanza desiderio di unificare tutto in Dio.

È tensione ad unificare in ciò che Dio ci ha presentato.

Gesù dice: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra”; ecco, è venuto a portare il desiderio di unificare tutto in Dio.

È questo il fuoco che il Signore Gesù viene ad accendere nell’uomo.

Per farlo, Egli deve presentarci Dio; Lui, la Parola di Dio, ci presenta Dio; si richiede però la nostra adesione.

Si tratta di rispondere “sì”; anche il “sospendere” la risposta è un “no”: e allora ricadiamo nel vecchio io.

Ora, se aderiamo, la fiamma si accende: e la parola comincia ad aiutarci a bruciare tutto.

Come ci aiuta? Ecco, siamo nella fase della alimentazione della fiamma: Dio alimenta questa fiamma portandoci davanti ai tribunali del mondo.

Ci porta davanti alle autorità del mondo, alle sue ragioni.

In altre parole: Essa opera ponendoci in conflitto.

Vediamo il Signore che dice: “non sono venuto a portare la pace, ma la divisione; nella famiglia il padre sarà contro il figlio”, ecc.

Ecco il fuoco.

Ecco l’alimentazione del fuoco.

Cioè, Dio alimenta la fiamma ponendoci in conflitto con tutte le nostre vecchie autorità, mettendoci in conflitto col nostro vecchio mondo.

Qui nasce la persecuzione; e infatti Gesù dice: “beati voi quando vi perseguiteranno a causa del Mio nome”.

È bene approfondire questo argomento, perché esso ci apre a comprendere i versetti successivi, a vederne la positività.

“Beati voi”: perché si tratta di alimentazione della fiamma.

Teniamo presente che il significato di “beato” è “colui che brucia”, “colui che consuma tutto nell’unità”.

Allora, il Signore Gesù dice “beati voi quando vi perseguiteranno” perché “questo vi aiuterà ad ardere”.

Ecco: “vi aiuterà a bruciare più intensamente”; certo: l’amore è tanto più rinforzato quanto più è contrastato.

Quali sono gli effetti del fuoco? Esso consuma tutto, purifica ogni cosa: purifica da ogni inquinamento.

Ecco, colui che ha acceso il fuoco, colui che tiene questo fuoco alimentato, nella propria vita, non fa altro che sottrarre tutto il suo mondo, sottrarre ogni cosa alle autorità del mondo: porta via tutto.

Infatti il Signore afferma di venire “come un ladro”: viene a portare via tutto.

Ecco gli effetti del fuoco: il portare via al mondo.

“Effetto di questo effetto” è allora l’odio del mondo.

Infatti Gesù dice: il mondo vi odia perché Io vi ho presi dal mondo.

Ecco lì la parola/fuoco, la Parola che prende e porta via…unificando in Dio.

E l’uomo che si è “acceso” alla parola di Dio, prende e porta via: perché porta tutto a/in Dio.

Il fuoco è questa passione di unificare ogni cosa in Dio; in questo modo sottrae tutti gli argomenti di questo mondo al mondo stesso, e li porta nella semplicità del Pensiero di Dio.

Attraverso questa opera avviene la purificazione del mondo.

È ciò che dice San Pietro: “tutto il cielo e la terra saranno consumati nel fuoco”.

Ecco, si tratta del fuoco dell’anima che vuole unificare/semplificare tutto in Dio: perché solo così essa entra nella Vita Eterna.

Solo così essa partecipa della Verità di Dio, di ciò che Dio è.

Luigi: L’importante è giungere a dire “sì” prima che la parola divina divenga fuoco; se no Essa ci distrugge.

Ora, colui che brucia tutte le autorità del mondo, dice: “Signore, è stato tutto Grazia Tua”: Non attribuisce certo a sé il merito dell’aver bruciato…sa che si è trattato tutto di Dono di Dio.

Il fuoco si accende se noi aderiamo; e se aderiamo, è Grazia di Dio, ma si inaugura il fuoco personale, inizia a bruciare tutto il nostro vecchio mondo.

Anche come simbolo, il fuoco è combustione; abbiamo il combustibile e  il comburente: l’unione dei due dà la fiamma.

Così è nel campo dello Spirito: Dio è il comburente, e noi siamo il combustibile.

La fiamma consuma tutto: un fiammifero può bruciare un’intera foresta...basta una scintilla; e noi siamo questa “foresta”.

Siamo questa foresta che deve bruciare completamente...perché solo così noi arriviamo a possedere la Verità; o meglio: arriviamo ad esserne posseduti.

Perché questa Parola di Dio che parla a noi ci evidenzia quanto già portiamo in noi; ce lo evidenzia, ma non ce ne dà il possesso. Infatti noi vediamo in quanto l’altro parla, appena quindi smette di parlare, se noi non diciamo “sì”, lo perdiamo.

Non facciamo il passaggio.

E ritornano i nostri vecchi argomenti.

Resta solo il ricordo; il ricordo rimane, perché noi non possiamo dimenticare: ma non è più vita. E noi lì, da soli, non possiamo uscire.

 

Luigi: La Parola ci incentra sul Padre, e così ci semplifica; semplificati, noi vediamo: vediamo ciò che già portiamo in noi.

La Parola Divina mette a tacere tutto il resto, e così ci fa vedere quello che c’è.

Se noi fossimo completamente semplici, vedremmo sempre Dio.

Noi non lo vediamo in quanto siamo molteplici, perché abbiamo tante facce, tanti nomi; non vediamo Dio appunto perché ci perdiamo dietro tante cose finite.

Dio ci brucia questi argomenti finiti, e allora non possiamo fare a meno di vedere.

Però, vedere con tutto quanto bruciato, ci impedisce di aderire;

ecco allora che Dio ci conduce a vedere prima che Lui bruci tutto: così ci dà la possibilità di aderire, di partecipare personalmente.

L’essenziale è giungere in anticipo: prima che Dio bruci tutto.

L’importante è che questo fuoco si accenda per risposta nostra; che non avvenga per imposizione.

Certamente la Verità di Dio viene, si impone: brucia tutti i nostri valori; lì, poiché la Verità La portiamo in noi, non possiamo fare a meno di vederLa.

E però, con questo non è che possiamo aderirvi, dire “sì”; e come mai? perché ci sono ancora le autorità precedenti.

 

Luigi: Gesù dice: “sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso”.

Ecco, Lui lo vorrebbe, ma non è detto che la creatura dica “sì”.

Non è detto che avvenga la coincidenza.

Le guardie hanno detto sì, e così hanno bruciato la loro autorità.

Abbiamo visto che loro portavano dentro l’amore alla Verità: il combustibile; allora, trovata la Verità (il comburente), è scattata la scintilla.

La Parola arriva a noi con il desiderio che si accenda la fiamma, che scatti la scintilla.

 

Luigi: A questa parola divina non bisogna mai opporre i “se” e i “ma”: “ma prima vado a seppellire mio padre”.

Sono proprio le nostre obiezioni, ad impedirci di entrare nella pace divina…ecco: “se oggi ascolti la Parola, segui solo quella”.

Si entra guardando una cosa sola; è l’amore vero: sottomettere tutto ad esso.

Eligio: Il fuoco non è ancora visione.

Luigi: No, è consumazione; quanto più consumi in esso, tanto più penetri nella visione.

La visione ti viene dalla Parola di Dio: in quanto parla con te ti conduce; tu però non puoi rimanere…quella è trasfigurazione; la Parola ti fa vedere, ma da lì a rimanere….eh, ci vuole la consumazione di tutto.

Ecco perché abbiamo la possibilità di restare nella misura in cui raccogliamo; raccogliendo rimango: appunto perché vedo.

La visione è una sintesi: più si raccoglie, più si vede.

Ciò che hai raccolto, lo vedi; raccogliere vuol dire vedere alla/nella Luce di Dio...”naturalmente” noi non vediamo nella Luce di Dio; ciò che vediamo, allora, è tutto “combustibile” che Dio ci dà affinchè noi lo bruciamo alla Sua Fiamma.

Bruciandolo, noi lo vediamo nella Luce di Dio: cioè ne vediamo il significato.

Il segno visto in Dio ti fa conoscere qualcosa di Dio, dell’Eterno.

Allora lì c’è la creatura che “sa”; non è più solo perché l’altro ha parlato: adesso partecipa personalmente.

È tutto Grazia di Dio (non ci si attribuisce niente), però c’è stata la partecipazione personale.

Cioè, la creatura ha bruciato tutto il combustibile che aveva a disposizione.

Nino: Molti non danno valore alla Verità perché non L’hanno vista.

Luigi: E no, troppo facile! Chi ci fa vedere la Verità è la Parola di Dio; ce la fa vedere per sentito dire, in quanto cioè ce la propone: la proposta è proprio questo “sentito dire”.

Dio non potrebbe farci vedere una proposta se non ci facesse vedere qualcosa…è ovvio, se non vedessi io non potrei desiderare!

Ora, Lui mi fa vedere, ma non è che con questo che io posseggo ciò che vedo; come dico, sono stato condotto  a vedere per opera di un Altro.

Quando il Signore mi parla, mi porta nel deserto, e lì mi dà la possibilità di vedere; Lui lì mi mette a tacere “transitoriamente” i miei argomenti: e allora vedo.

Pinuccia: Cos’è la Verità? È Dio? Perché si parla di verità?

Luigi: Se ne parla perché ci troviamo di fronte ad un mondo che è apparente, a delle cose in continua mutazione: cose che oggi sono e che domani non sono più.

Ora, noi siamo bisogno di una verità assoluta, perché portiamo in noi l’Assoluto. La nostra passione dell’assoluto resta “scandalizzata” dal mutare che vede davanti  a sé…per cui la cosa che muta “non è più vera”.

È come uno che oggi mi dicesse: “2+2 fa 4”, e domani mi dicesse invece che fa 5: ecco, io resterei scandalizzato.

Ora, sostanzialmente il mondo dice sempre proprio questo!

Nasciamo e moriamo…tutti i valori umani sono soggetti a mutamento: ecco come scaturisce il bisogno della verità, il termine “verità”.

Dico, tutto questo succede perché noi portiamo in noi la fame di assoluto; l’assoluto, proprio in quanto tale, non accetta mutamenti.

Ora, solo Dio è immutabile; è l’argomento di Sant’Agostino: la distinzione tra cose mutevoli e cose immutabili.

Noi siamo questo bisogno di immutabilità: e infatti passiamo la vita ad interrogare le creature; ma ogni creatura muta: da una all’altra, allora, arriviamo a Dio.

Tutto il mondo è “segni che mutano”; perché? come dico, per portarci all’immutabile.

Luigi: Tanto più siamo contrastati, tanto più siamo sollecitati ad  approfondire; magari uno crede di aver già toccato la verità, e allora tende a sedersi in poltrona: e allora ecco che il Signore ci mette in conflitto.

Lui fa succedere cose che ci scandalizzano…cose che, dunque, ci fanno chiedere “perché”.

Ecco, è tutto “guerra” che Dio opera tra noi e l’Amore Principale, appunto per dirci: “guarda che ti sei seduto”.

Poiché Lui ci conosce, e sa dove ci vuole condurre…ci mette dunque attorno tutti i conflitti necessari per spronarci ad approfondire; è l’alimento per la fiamma.

Come dico, lo scopo è quello di farci approfondire: mica Dio si diverte a farci tribolare.

Luigi: Il “sì” scaturisce da due situazioni pure: la purezza della Parola che è arrivata a me, e la purezza che si è formata in me.

Senza la nostra purezza, salta fuori l’obiezione, il “ma”…è finita: se c’è la riserva c’è l’inquinamento.

Bisogna lasciarsi condurre dalla Parola, senza obiettare; e ci si lascia condurre in quanto si ubbidisce alla parola.

Luigi: Il fuoco che innamora le anime nel purgatorio è lo stesso fuoco che brucia le anime nell’inferno; cioè, è la Presenza di Dio.

La differenza sta nel fatto che le anime in Paradiso bruciano perché amano, bruciano di questo fuoco per partecipazione propria.

All’inferno, invece, le anime sono bruciate da questo fuoco: perché esse portano altri pensieri,

Ecco, l’importante è accendersi alla Luce della Parola di Dio: così accendiamo un fuoco con il quale bruciamo tutte le altre cose, e le unifichiamo tutte in Dio.