Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui:
infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora
glorificato. Gv 7 Vs 39 Primo tema.
Argomenti: La vita interiore – La venuta dello
Spirito santo – Unificare nel Pensiero di Dio – L’io principio di
menzogna – L’assenza di significato – Il capovolgimento dei valori – Volontà e valori – La gloria umana e la
gloria divina – Essere e avere – Il rapporto con Dio – Conoscere è essere
– Rapportare Cristo al Padre – L’Ascensione – Il corpo e il
Pensiero di Cristo -
15/ Maggio /1983
Esposizione di Luigi
Bracco:
Siamo giunti al versetto 39, in cui si dice: “Si disse questo dello Spirito che i
credenti in Lui dovevano ricevere; infatti lo Spirito Santo non era ancora
venuto, non essendo ancora Gesù glorificato”. Questo versetto si riferisce
alle ultime parole dette da Gesù nell’Ultimo giorno della feste. Gesù aveva
affermato: “Dal seno di chi crede in Me,
come dice la scrittura, scaturiranno fiumi di acqua viva” (Gv 7,38).
Domenica scorsa abbiamo visto in che cosa consiste la
Vita interiore, questo seno da cui scaturiscono fiumi di acqua viva. Adesso,
l’Evangelista, afferma, dichiara, che: “disse
questo dello Spirito che i credenti in Lui dovevano ricevere”. Ecco, fa capire
che questo “scaturiranno fiumi di acqua viva”
si riferisce allo Spirito Santo. E siccome il tempo è futuro: “scaturiranno”, dice, conclude infatti
dicendo: “lo Spirito Santo non era ancora
venuto non essendo ancora Gesù glorificato”. Di qui traiamo il tema per
oggi:
Glorificare Gesù
nei nostri cuori.
Qui è il collegamento che acquista molta importanza,
perché dicendo: “infatti lo Spirito Santo non era ancora venuto”, e giustifica
quel futuro di “scaturiranno fiumi
d’acqua viva”, dichiara: “non essendo
ancora Gesù glorificato”. Quindi, evidentemente, mette in relazione e fa
dipendere la venuta dello Spirito Santo dalla glorificazione di Gesù.
E allora ci resta da approfondire, da capire, questo
termine principale: “glorificazione”,
cioè in che cosa consiste questa glorificazione di Gesù. E poiché aveva già
affermato: “dal seno di chi crede in
Me scaturiranno fiumi d’acqua viva”, “…dal seno…”, quindi dalla vita interiore,
evidentemente se lo Spirito Santo dipende dalla glorificazione di Gesù, questa
glorificazione di Gesù deve avvenire dentro di noi, cioè da questa vita
interiore di cui abbiamo parlato domenica scorsa, in conseguenza della quale
verrà in noi lo Spirito Santo.
Ora, la vita interiore è essenzialmente questo
rapportare, questo unificare tutto quello che arriva a noi, fatti, parole,
segni, che arriva a noi, ai nostri sensi, unificarli nel Pensiero di Dio che
abbiamo visto che è presente oggettivamente in noi. Noi generalmente tutto
quello che arriva a noi, lo rapportiamo al pensiero del nostro io, e quindi ci
fermiamo alle sensazioni, alle impressioni che le cose che arrivano a noi
lasciano in relazione al pensiero del nostro io. Ecco, di qui né conseguono
tutti i giudizi, tutte le scelte e tutta la nostra vita. Ma il pensiero del
nostro io evidentemente è un falso centro, è un falso punto di riferimento,
poiché il nostro io non è il creatore, quindi non è il punto fisso di riferimento,
il Creatore è Dio, quindi il punto fisso di riferimento è Dio. Rapportando
tutto al pensiero del nostro io, noi inauguriamo nella nostra vita, un
principio di erranza che ci fa sbagliare tutto. Infatti l’uomo da solo è
definito un essere menzognero, una fonte di menzogna. E Gesù ancora conferma
dicendo “tutti i mali non vengono dal di
fuori, ma nascono dal cuore dell’uomo”
(cf Mt 15,19), sorgono, scaturiscono come fiumi. Ecco, questi fiumi che
soltanto se scaturiscono dal Pensiero di Dio sono fiumi di Vita e di Verità, se
invece scaturiscono dal pensiero del nostro io diventano sorgente di scelte
sbagliate, di errore, di schiavitù, e in conclusione di perdita di senso della
vita e di morte.
Abbiamo visto che il tema comune che sta ossessionando
gli uomini oggi, sia il tema del significato, del senso della vita; se la Vita
Eterna c’è o no c’è. Il problema è questo: gli uomini sono tormentati da
un’assenza di significato nella nostra vita. Ma l’assenza di significato a
questo punto è abbastanza chiaro diagnosticare nella sua causa: esso è una
conseguenza del fatto che abbiamo rapportato tutto al pensiero del nostro io,
anziché rapportarlo a Dio. Cioè, l’assenza di significato è una conseguenza
della mancanza di vita interiore dell’uomo. Gli uomini non vivono
interiormente; poiché vivere interiormente vuol dire rapportarare, unificare
tutto al Pensiero di Dio.
Ora, una delle prime cose che nasce in noi quando
incominciamo a rapportare, e quindi a cercare ogni cosa nel Pensiero di Dio, è
questo: il capovolgimento dei valori. Dunque se noi andiamo oltre alle cose che
agli occhi degli uomini appaiono molto valide, appaiono molto importanti (e
anche agli occhi nostri se ci fermiamo al pensiero del nostro io), e viviamo
interiormente, quindi se le riportiamo a Dio cercando il Pensiero di Dio
scopriamo che perdono di valore, mentre acquistano molto valore altre cose che
agli occhi del mondo invece sembrano niente.
Ecco, direi che il primo campo che si evidenzia vivendo
interiormente è il campo dei valori; dei valori veri, perché sono rapportati ad
un punto fisso di riferimento. Ora, noi sappiamo che la nostra volontà è sempre
determinata dai valori, da ciò che noi riteniamo più valido per noi. Se allora
in noi si forma un campo di valori secondo lo Spirito, anche la nostra volontà
diventa capace di volere le cose dello spirito che prima non poteva volere. È
il primo dono che si riceve incominciando a vivere interiormente.
Ora, anche qui, in questo
campo di valori, c’è, si evidenzia, un centro di valori che acquista massima
importanza tra tutti gli altri: questo centro di valori è Dio, o meglio, è la
conoscenza di Dio. Quanto più noi rapportiamo, riportiamo le cose al Pensiero
di Dio, tanto più incomincia ad evidenziarci, ad acquistare molto valore,
davanti ai nostri occhi il conoscere la Verità, il conoscere Dio. È quel monte,
di cui parla Isaia ,e che all’ultimo dei tempi, e quindi anche al termine della
vita di ognuno di noi, si innalzerà al di sopra di tutti gli altri monti -“Alla fine
dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e
sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti
popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di
Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi
sentieri» (Is 2,2) - e ci fa capire che da esso dipende
ogni altra cosa. Ed è qui che si forma in noi il bisogno, il desiderio, la
volontà (perché la volontà opera in conseguenza dei valori) di glorificare
Cristo.
Glorificare, cercare la
gloria di uno, è cercare ciò che Egli è nella Verità. La gloria di uno è ciò
che uno è nella Verità, di ciò che uno è in Dio; perché c’è una gloria agli
occhi del mondo, ma questa è una gloria non vera, poiché è determinata soltanto
da ciò che gli uomini hanno. Il mondo glorifica gli uomini per ciò che essi
hanno, e non per ciò che essi sono, perché ciò che l’uomo è sfugge agli occhi
dell’uomo.
La vera gloria dell’uomo è
ciò che egli è, e non è determinata da ciò che ha. Anche qui Gesù lo dice,
quando afferma che la vita non viene da ciò che l’uomo ha (cf Mt 8,36). Ma da
che cosa è determinato questo essere dell’uomo?
L’essere dell’uomo è
determinato dal suo rapporto con Dio. Ognuno è
per il rapporto che ha con Dio; perché? Perché Dio è l’Essere, l’unico Essere,
Dio è Colui che è, tutte le creature sono in quanto hanno la possibilità di
partecipare e partecipano a Colui che è, all’Essere di Dio. Quindi noi
acquistiamo essere nella misura in cui partecipiamo a Dio. Ecco la grande
importanza del conoscere Dio. Più conosciamo Dio e più questa conoscenza si
riversa in noi in Essere, ci fa essere; aumentando la conoscenza aumento in noi
l’Essere, quindi aumenta in noi la vita, questa vita che è partecipazione a ciò
che Dio è.
Allora, se la gloria di un essere,
è capire ciò che Uno è in Dio, glorificare Gesù, glorificare Cristo è
rapportare Cristo al Padre, alla sua sorgente dell’Essere, alla sorgente di ciò
che Egli è, quindi al Padre suo. È anche qui un’ascensione, perché si tratta di
portare il Cristo nel Cielo del Padre, perché Cristo è asceso al Padre non per
Sé, poiché Egli forma una cosa sola col Padre, e formando una cosa sola col
Padre non ha bisogno di ascendere al Padre. D’altronde tutto quello che Lui ha
fatto, davanti ai nostri occhi, incarnandosi, quindi compresa l’ascensione, lo
ha fatto per la nostra salvezza, quindi lo ha fatto per la nostra vita
essenziale, lo ha fatto per la nostra vita interiore. E allora anche questa
ascensione al Cielo ha un significato per la nostra vita personale. Lui è
asceso al Cielo affinché noi, in noi, lo facessimo ascendere nel Cielo del
Padre, cioè lo rapportassimo al Padre. Dico, questa è la premessa per giungere
alla nostra Pentecoste, cioè per giungere a ricevere lo Spirito Santo in noi,
da cui scaturiranno fiumi di acqua viva.
Però non dobbiamo intendere
la presenza fisica del Cristo, il corpo del Cristo; questo è lezione per noi di
quello che è avvenuto, però quando si parla di Cristo si parla del suo io, ed
abbiamo visto che l’io del Cristo è Pensiero di Dio. E allora resta in noi
questo problema: la glorificazione di Gesù diventa in noi la glorificazione del
Pensiero di Dio in noi. E se glorificare vuol dire cercare ciò che uno è in
Dio, ecco qui abbiamo una proposta di quello che ci dice il Vangelo. La proposta
è questa: bisogna cercare il rapporto che passa tra il Pensiero di Dio in noi,
Cristo, e Dio stesso, cioè del Padre suo.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Luigi: Cristo, non come presenza fisica, ma come Persona è il
Pensiero di Dio, glorificare quindi il Pensiero di Dio vuol dire cercare in
noi, quindi appartiene alla vita interiore. Avendo capito l’importanza di
conoscere Dio, adesso si forma in noi il bisogno di ascendere al Padre, cioè di
portare al Padre in noi, il Cristo, Pensiero di Dio. E qui dichiara che è in
conseguenza di questa glorificazione che in noi si forma la capacità di
accogliere lo Spirito Santo.
Pinuccia B.: ___________________?________________________.
Luigi: Ora, dobbiamo
cercare di renderci conto di questa glorificazione; c’è un primo passaggio
all’importanza, poi dall’importanza __________________?__________________.
Abbiamo visto che il Figlio come Persona è il Pensiero di Dio, questo pensiero
di Dio è in noi, perché è una presenza oggettiva. Quindi è in questa vita interiore
che si forma questa glorificazione. Però la vita interiore non avviene senza di
noi, non avviene automaticamente. Cristo è asceso al Cielo senza di noi, ma
quello che Lui ha fatto esteriormente senza di noi, non si compie interiormente
senza di noi, perché quello è avvenuto affinché fosse compiuto in noi con noi.
La vita interiore non si svolge senza di noi, quindi
tutto quello che avviene esteriormente, avviene some proposta di ciò che non
può venire in noi senza di noi; eppure avviene tutto per grazia di Dio, solo
per grazia di Dio.
Pinuccia B.: Oggi è l’ascensione e ci viene proposto di
fare ascendere Gesù al Cielo. È il tema di oggi; ma la glorificazione è
l’ascensione?
Luigi: Sì, glorificare Cristo è portarlo al Padre. Però quello
che è avvenuto come ascensione del Figlio al Padre è proposta di quello che
deve avvenire in noi, perché quello è la glorificazione. Perché la gloria del
Cristo è il Padre; quindi Lui tornando al Padre entra nella sua Gloria. Quello
l’ha fatto per noi, affinché questa gloria splenda in noi. Allora, affinché
questa Gloria, la sua Gloria, il Padre, venga a splendere in noi è necessario
che noi portiamo questo dato oggettivo che Lui ci ha condotto a scoprire (e il
dato oggettivo è il suo Pensiero in noi: Realtà oggettiva con noi), che Lo
portiamo nel Cielo del Padre. E questa è la lezione che Dio ci dà con la sua
ascensione al Padre; perché quello che è avvenuto non è avvenuto per farci
vedere un miracolo o un fatto di cultura. Quello che è avvenuto è avvenuto per
proporre a noi un passaggio; come la Pasqua è un passaggio, come il Natale è un
passaggio, e tutto nella vita del Cristo è sempre una proposta di un passaggio.
Le parabole sono un passaggio, e anche l’ascensione è proposta a noi d’un
passaggio; questo passaggio avviene là in quel campo, vita interiore, in cui
tutto avviene con la partecipazione nostra.
Eligio: Dicendo che dobbiamo rapportare il Pensiero di Dio a Dio
stesso, al Padre, detto così fa pensare due realtà separate, mentre in effetti
non lo sono?
Luigi: In effetti non lo sono, però attualmente, per noi sono
separate.
Eligio: Come può essere separato per noi il Pensiero di Dio da
Dio?
Luigi: La Realtà non la cogliamo per quello che la cosa si
presenta a noi; noi infatti abbiamo detto che questa scoperta della presenza
del Pensiero Oggettivo in noi e avvenuta per fede, cioè seguendo Cristo,
seguendo le parole del Cristo. Non è conoscenza consapevole. La conoscenza
consapevole avviene per causa.
Eligio: Ma il rapporto che qui si propone di cercare è un
rapporto consapevole?
Luigi: Parliamo di un rapporto per fede, ma stiamo arrivando ad
un rapporto consapevole; cioè nel Padre noi abbiamo un rapporto consapevole;
cioè quello che discende dal Padre, quello che si conosce del Padre convince.
Il Padre è il Padre della Luce, di quella Luce che convince personalmente; e in
quanto convince personalmente rende te personalmente consapevole di quello che
conosci. Quindi non più per fede; qui ti sta facendo passare dalla fede alla
Carità, all’Amore, cioè alla conoscenza personale. Perché “il Padre vi ama” (Gv 16,27) dice Gesù ; e in quanto “il Padre vi ama”, rivela, dona Se
stesso, come si dona al Figlio; ma il Figlio non crede nel Padre per fede. Ora,
il Padre ama il Figlio, e se ama anche noi vuol dire che ci ama nella prospettiva
di Figli. Quindi vuol donarsi come si dona al Figlio. Quindi noi arriviamo per
fede su questa soglia, ma il Figlio ci invita a passare dalla fede alla
figliolanza, quindi alla consapevolezza personale.
Eligio: Però voglio dire che inizialmente il rapporto del
Pensiero di Dio oggettivo e il Padre, così come la conoscenza di questo
Pensiero è per fede, così anche il rapporto avviene per fede?
Luigi: Sì, il rapporto come proposta è per fede, ma in quanto è
proposta, se accetto questa fede, devo cercare nel Padre (e questa è
l’ascensione) ciò che è il Pensiero di Dio in Dio. Cioè, io adesso dico come
proposta, ma non dico che si conosca, ma come proposta, sempre come atto di
fede. Cioè, qui evidentemente pone in relazione alla venuta dello Spirito Santo,
e qui non abbiamo più la fede, in rapporto alla glorificazione. Allora,
dobbiamo intendere bene cosa vuol dire questa glorificazione. Ora, questa
glorificazione o avviene senza di noi o avviene con noi. Dunque, apparentemente
Cristo è asceso al Padre senza di noi; ma questo non è ancora la venuta dello
Spirito Santo in noi perché l’ascensione di Cristo in noi deve avvenire con
noi.
____________________________________?________________________________________________
Una volta scoperto il Pensiero di Dio oggettivamente presente in noi c’è un lavoro
da fare, cioè quello di rapportare tutti i dati che arrivano a noi, quindi
superando il pensiero del nostro io, allo stesso Pensiero di Dio; rapportandoli
al Pensiero di Dio vengono fuori i valori, cioè viene fuori il centro dei
valori. Il massimo valore è conoscere Dio. A questo punto viene in noi il
bisogno di glorificare, cioè di capire che cosa è il Pensiero stesso di Dio,
quindi questo passaggio del Pensiero di Dio a Dio, al Padre.
Pinuccia B.: Però, questo passaggio al Padre, come posso
farlo senza il Pensiero di Dio, senza il Pensiero del Padre.
Luigi: Solo col Pensiero del Padre. Infatti il Pensiero di Dio
è il Pensiero di Dio.
Pinuccia B.: Appunto, cosa faccio?
Luigi: Glorificare vuol dire cercare ciò che è una cosa in Dio.
È Dio che ti conduce: se Egli ha messo in relazione la venuta dello Spirito
Santo con la glorificazione del Cristo, evidentemente è in relazione di
dipendenza. Per cui fintanto che noi non glorifichiamo il Cristo, noi non
arriveremmo certamente alla nostra Pentecoste; perché fa dipendere la
Pentecoste, la venuta dello Spirito Santo in noi, dalla glorificazione. Allora,
il problema di oggi è capire che cosa consiste questo glorificare il Cristo.
Pinuccia B.: Nel campo esterno la glorificazione è
l’ascensione e non con la risurrezione…
Luigi: Certo, però c’è tanta confusione su questa
glorificazione, perché c’è chi dice che la glorificazione avviene sulla Croce,
c’è chi dice che avviene nella risurrezione, ecc. ; però da che cosa noi possiamo
capire che effettivamente è l’ascensione?
Quando abbiamo parlato della gloria, e mi riferisco al
primo capitolo, abbiamo detto che la Gloria di un essere è ciò che è, e non ciò
che ha. Ora, l’essere di uno è in rapporto con Dio, perché Dio solo è l’Essere;
per cui noi per quanto mettiamo attorno cose che non sono Dio, queste non modificano quello che c’è in noi. Infatti,
che io mi vesta in un modo o che io mi vesta in un altro non è che modifichi il
mio essere; che io abbia una macchina o che ne abbia un’altra o che non ne
abbia nessuna, non mi modifica l’essere. Quindi tutto quello che noi mettiamo
attorno a noi, questo non modifica il nostro io; ci deforma ma non ci fa
essere. Allora, che cos’è che ci fa essere?
È l’Essere, cioè Dio. Quindi è soltanto questa
partecipazione a Dio che ci fa Essere. Allora, piantiamola lì di cercare di
avere, perché questo non è un problema, non è quello che ci dà vita, tanto è
vero che ci accorgiamo che ci conduce alla morte, alla confusione e invece
puntiamo tutta la nostra attenzione su quello. Allora qui si evidenzia il Vero
valore; infatti se l’Essere è Ciò che mi fa essere, conoscere Dio è ciò che ci
fa essere; anche qui non dobbiamo scostarci dalla Parola del Cristo: “la Vita Eterna - quella vita che non è
più soggetta a confusione, che rimane – è
conoscere Te Padre…”(Gv 17,3). Quindi rapportando ogni cosa in questa vita
interiore noi siamo condotti a scoprire questo come massimo valore da cui
dipende tutto il nostro essere. Ora, intendendo questo noi abbiamo la possibilità
di volerLo; infatti prima non potevamo volerLo, perché noi possiamo volere
soltanto quello che è importante, quello che vale. Però senza vita interiore
questo non si scopre; quindi scoperto questo grazie alla vita interiore, la
nostra volontà diventa capace di volere. Capace di volere vuol dire: “pianto lì
il resto e mi dedico lì”, perché di lì mi viene l’Essere.
Pinuccia B.: È da quel punto che iniziano i dieci giorni
di silenzio?
Luigi: Sì, certo, che è la preparazione della Pentecoste; perché
tutto è segno, ed è segno per la nostra vita personale, per la nostra vita
interiore.
Pinuccia B.: Questo si può fare pensando a Dio?!
Luigi: Lo credo bene, lo vuoi forse fare pensando all’albero?!
Pinuccia B.: Quindi non è più il riportare le cose a Dio,
ma è addirittura il riportare il Pensiero di Dio a Dio. Ma se Lui è già Dio,
come facciamo a riportarlo in Dio?
Luigi: Cristo è già nel Padre, perché è asceso al Padre?
Evidentemente perché c’è questo bisogno. Ho detto che il Pensiero di Dio l’abbiamo
“constatato” ascoltando, quindi per fede; ma si entra nel Regno della Verità
per fede, ma una volta entrati la fede non c’è più, la fede sparisce. Si vede,
si constata. Ecco, Dio ci conduce a constatare. Il Pensiero di Dio in noi lo
stiamo già constatando, come presenza oggettiva, perché Dio ci ha condotti a
constatare e vedi che quanto più ci avviciniamo, tanto più noi stessi
personalmente constatiamo. È lì la grande forza, perché lo Spirito, la Verità
entra in noi e uno dei primi doni che ci dà è la fortezza; non siamo più deboli
in balia di-; ma forse è vero questo o forse quell’altro; no! uno ha in se
stesso la Verità perché constata. Dio si fa constatare. Ecco, arriviamo sulla
soglia per fede, constatando la fede se ne va; resta l’amore, resta il vincolo,
cioè Dio convince; ma con-vincere vuol dire legare assieme; cioè lega assieme
ciò che Egli è alla nostra anima.
Nino: Nella fede possiamo arrivare fino a quel desiderio
unico, ma non oltre…
Luigi: Certamente, nella fede.
Luigi: Allora, il tema è: Glorificare Cristo nei nostri cuori,
Gesù è il Pensiero di Dio; in effetti se noi consideriamo la presenza fisica
non riusciamo a capire come fare a glorificarlo. Dobbiamo glorificare il
Pensiero di Dio, perché il suo Io è il Pensiero di Dio, quindi glorificare il
Cristo è glorificare il Pensiero di Dio. Glorificare vuol dire portarlo nel
Padre e vederlo nel Padre, quindi portarLo alla destra del Padre.
Pinuccia B.: Quindi è come se Gesù dicesse a noi: “Io vado là, se mi volete trovare andate là”
Luigi: Alla destra del Padre. “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova
Cristo assiso alla destra del Padre” (Col 1,1); perché ci dice di ceracarLo
alla destra del Padre, è questo rapportare al Padre.
Giovanna: Ma il Padre Lo cerchiamo ancora in noi?
Luigi: Noi non potremmo cercarLo se non ci fosse. Noi abbiamo
Dio e abbiamo il Pensiero di Dio in noi; cioè abbiamo il Padre, “il Padre vi ama”, quindi è presente.
Giovanna: È tutta una cosa interiore.
Luigi: Solo interiore.
Pinuccia B.: Anche questo è un “uovo di colombo” .
Luigi: Le cose viste sono un uovo di colombo, ma prima di
vederle sono mistero; quindi noi passiamo dal mistero.
Pinuccia B.: Rapportando il Pensiero del Padre al Padre
porta noi al Padre.
Luigi: Certo, rapportando sono rapportato, come raccogliendo
sono raccolto, però sia ben chiaro: questo rapportare è cercare ciò che un
essere è in Dio.
Pinuccia B.: E c’è lo dice?
Luigi. Stai tranquilla che viene soltanto da Dio.
Pinuccia B.: E quello è la Pentecoste.
Luigi: Certo.
Zina: C’è una diversità tra il cercare il Pensiero di Dio e
trovare il Pensiero di Dio, perché cercare il Pensiero di Dio è glorificare
Cristo…
Luigi: Noi ascoltando Cristo, Verbo incarnato, troviamo il
Pensiero di Dio; se noi ascoltiamo le sue Parole, Lui parlando ci rivela il suo
pensiero, ma il suo pensiero è Lui stesso; quindi ascoltando Cristo noi
troviamo il Pensiero di Dio in noi. Ma trovare il Pensiero di Dio in noi; ma
trovare il pensiero di Dio in noi, non è ancora glorificare il pensiero di Dio
in noi. Quindi noi troviamo il Pensiero di Dio in noi ascoltando Cristo, poi ci
fa capire che dobbiamo glorificare questo pensiero di Dio nel Padre. Il Figlio
va conosciuto nel Padre. Ci sono quindi tre tempi:
-
1° tempo: scoperta del Pensiero di
Dio in noi, presente in noi oggettivamente, quindi indipendentemente da noi.
Questo è il Cristo, Verbo di Dio incarnato che parlando, se noi lo ascoltiamo,
conduce noi a trovarLo. Trovando il Pensiero di Dio in noi abbiamo la
possibilità di iniziare la vita interiore, cioè di rapportare tutto a questo
pensiero che portiamo in noi.
-
3° tempo: trovare il Pensiero di
Dio in noi non è ancora glorificare il Pensiero di Dio in noi, perché la gloria
di uno è trovare ciò che quell’uno è nella Verità di Dio, cioè nel Padre; cioè
conoscere il Figlio nel Padre.
Mariuccia: Dio è la
vite e noi siamo i tralci, e il tralcio è unito alla vite. Allora, pensavo che
più sono unita a Dio e più lo glorifico.
Luigi: Certo, perché la glorificazione viene a noi da Dio, la
riceviamo da Dio; però questa unione va approfondita, va capita. Cosa vuol dire
essere uniti a Dio? È un atto di volontà?
Mariuccia: Glorificare Cristo nel mio cuore vuol dire
unire il mio pensiero a quello di Dio per poi riportarlo al Padre. Però queste
sono parole…
Luigi: Prima si dicono parole affinché poco alla volta maturi
la capacità. La nostra crescita è molto lenta, i nostri pensieri sono molto
lenti; ma poco alla volta, “con la
pazienza salverete le anime vostre” (Lc 21,19).
Prima di tutto noi dobbiamo impegnarci ad ascoltare
Cristo, le parole che Lui ci ha detto; ascoltando Cristo Lui ci conduce a
trovare il suo Pensiero; perché ascoltando una persona, se si ascolta, si
arriva a capire il suo pensiero. Anche qui ci vuole della pazienza, ci vuole
della fedeltà, perché se io ascolto soltanto per un istante, e poi me ne vado
per i miei affari, non arriverò mai a capire, a conoscere il pensiero di quella
persona. Con Cristo è lo stesso.
Mariuccia: Ma anche facendo altro, se uno ha il pensiero
in Dio…
Luigi: Ora, ascoltare Cristo vuol dire cercare di capire, di
assimilare, mangiare, le sue parole. Ecco, Lui parla, però noi possiamo
ascoltare le sue parole senza preoccuparci di capirle. Quindi ascoltare Cristo
non basta sentire le sue parole, o ripeterle, ma bisogna cercare di arrivare a
capire. L’arrivare a capire non è condizionato dal lavoro che facciamo; noi
possiamo fare qualunque lavoro, però l’importante che portiamo dentro di noi il
desiderio di capire una parola sua ascoltata. Allora, se portiamo questa sua
parola in cuore, qualunque cosa facciamo, che può essere il cucinare, la
pulizia in casa, non ci distoglie da questo desiderio che uno porta dentro di
sé. Come d’altronde non basta fermarsi e chiudere gli occhi per arrivare a
capire; il capire è luce che viene a noi, ma solo se noi custodiamo, meditiamo
sulla sua parola, la portiamo in noi con questo desiderio. Ecco, arriva un
certo momento che Dio ce la illumina, ci fa capire, fa il miracolo. Capire
diventa un miracolo. Ora, ascoltando il Cristo, Lui conduce noi a capire il suo
Pensiero; come capiamo il suo Pensiero, lo scopriamo, lo troviamo in noi.
Trovandolo in noi, abbiamo la possibilità di iniziare questa vita interiore. Al
centro di questa vita interiore c’è la glorificazione del Pensiero stesso di
Dio che portiamo in noi. Glorificare il Pensiero di Dio vuol dire cercare il
rapporto che c’è tra Lui e il Padre; sapendo che c’è un rapporto perché lui
stesso dice: “Io vado al Padre” (Gv
14,12). E ci invita quindi a cercarLo là. “Ci
rivedremo, perché Io vado al Padre”
(cf Gv 16,17); Lui stesso ci consegna al Padre, e dice: “Padre, glorifica tuo Figlio - perché la
glorificazione del Figlio viene dal Padre – di
quella gloria che egli ebbe prima che il mondo fosse” (Gv 17,5).
Evidentemente quando la nostra anima si impegna, e si impegna in quanto scopre
l’importanza (perché se non scopre l’importanza non s’impegna) a cercare la
gloria del Figlio nel Padre, sapendo che questa gloria viene dal Padre (bisogna
sempre camminare nelle parole del Cristo: “Padre
glorifica il tuo Figlio…”); a questo punto l’anima ha dimenticato tutti i
suoi problemi del mondo, tutti i suoi argomenti, e anche quelli che prima
raccoglieva nel Pensiero di Dio gli ha superati; adesso l’anima è impegnata a
cercare la gloria del Figlio di Dio nel Padre.
Nino: Cercavo il collegamento tra il versetto 38 e questo,
perché mi sembrano molto dipendenti uno dall’altro. Quel “Chi crede in Me” , “Me” Persona…
Luigi: Ecco, bisogna sempre distinguere tra corpo, presenza
fisica e Persona; perché se no facciamo del sentimento.
Nino: Persona, Verbo di Dio presente nella mia anima
indipendentemente da me, oggettivamente presente. Sono stato portato a questa
constatazione dal Pensiero di Dio fuori di Me, dal Cristo incarnato,
dall’ascolto delle sue parole. Ne sono convinto, però questa è fede; se credo
in Lui in questo modo però il mio io è già superato, perché non potrei credere
se non superassi il mio io. Non ho altra alternativa che portare tutto il mio
mondo e il mio io nel Pensiero di Dio.
Luigi: A questo punto uno capisce che tutti i rapporti che noi
facciamo col pensiero del nostro io sono sbagliati, quindi ci fanno sbagliare.
Quando uno ha capito questo, evita di farlo. Per questo che soltanto riportando
a Dio si stabilisce il rapporto giusto.
Nino: Senz’altro, perché se fossi convinto della validità del
pensiero del mio io rimarrei; d’altra parte mi è più facile rimanere nel
pensiero del mio io che nel Pensiero di Dio; perché rimanere in questo mi costa
fatica.
La fede nella Persona del Verbo in me esige questa coerenza
da me. Non c’è più niente altro che vale all’infuori del Verbo di Dio in me.
Anche Gesù, incarnazione del Verbo, è necessario che venga assorbito dal Verbo
interiore. C’è però un rischio nascosto in questo (perché la fede quando non
cammina regredisce, muore(, che è quello di fermarsi al Pensiero di Dio,
separarLo sia pure inconsapevolmente dal Padre. Perché noi non dobbiamo mai
dimenticare quello che è il nostro Principio, Dio Creatore, e quello che è il
nostro fine: conoscere Dio.
Luigi: Noi corriamo sempre dei rischi, a qualunque livello;
fintanto che non arriviamo alla Fine, noi corriamo sempre il rischio di
fermarci al Cristo fisico. E facciamo tanto sentimento magari attorno al Cristo
che muore in Croce, nel Getsemani, nel Natale; cioè ci fermiamo a delle scene
di una presenza fisica. Ma possiamo ancora arrivare più avanti e fermarci alla
tappa del Pensiero di Dio in noi, senza portarLo al Padre.
Nino: Noi dobbiamo arrivare a superare il terreno della fede
nella conoscenza personale; questa è la nostra Meta…
Luigi: …ed è anche la Promessa, perché noi camminiamo sulle
promesse.
Nino: Finché noi siamo nella fede non possiamo mai
accontentarci, perché se no la fede si perde.
Luigi: La fede è cammino.
Nino: Posso fermarci, anche dopo aver scoperto il Pensiero di
Dio in me, oggettivamente presente, indipendente da me, nella mia vita
interiore credendo di aver fatto tutto; quindi posso arrivare a dire basta, e
separarlo inconsapevolmente dal Padre, accontentarmi del traguardo di fede
raggiunto, illudendomi di aver dato l’amore che Dio vuole da me.
Luigi: Sia chiaro: è importantissimo, necessario giungere a
questa scoperta, però è una tappa.
Nino: Cristo conducendomi a questa scoperta non ha esaurito la
sua opera con me, non “può” lasciare le cose a metà, incompiute; Lui mi tiene
per ,mano ma non tralascia di guardare al Padre e di tenere desta la mia
attenzione al Padre. D’altra parte Egli ha detto: “Io non cerco la mia gloria, ma cerco la gloria di Colui che mi ha
mandato” (cf Gv 8,50; cf Gv 7,18). Quando dice: “Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal tuo seno”, e parla
personalmente a ognuno di noi, dice che sarò diventato io Dio? Certamente No!
La sorgente dell’acqua via è il Padre. E allora a questo
punto mi dice che il Padre è anche in me insieme al Verbo; non c’è il Verbo
isolato; d’altra parte ha anche detto: “Io
e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
Luigi: Noi siamo uniti a Dio, e il nostro pensiero ha la
possibilità di pensare, di unirsi al Pensiero di Dio. Il Pensiero di Dio è
presente in noi, quindi il nostro pensiero ha la possibilità di unirsi;
dall’unione si concepiscono i valori e si concepisce la Verità.
Nino: Gesù è il Verbo interiore incarnato fuori di noi,
Persona divina.
Luigi: Dobbiamo sempre tener presente che quando Lui dice: “Noi verremo e faremo abitazione in voi” (Gv
14,23), non si tratta mai di spostamento di persone divine. Dio non si sposta,
Dio non abita in luoghi. Si tratta di modificazione, di prendere
consapevolezza. Quindi si tratta di scoprire ciò che portiamo in noi, che è già
presente; Dio è già tutto presente in noi. Dio è già in noi, non si sposta di
la a qua, però sposta noi dalla nostra situazione alla sua. Quindi scopriamo
quello che portiamo già in noi.
Nino: Noi siamo creature limitate e non ci è possibile
trascendere in Dio. Invece Dio ha la possibilità di assimilarmi nel suo
infinito.
Luigi: La Verità
viene per deduzione dal Infinito al finito; non è per ascensione dal finito
all’Infinito.
Nino: Pensavo a questo: se io mi mettessi in testa di dover
essere io a fare il gran salto, impazzirei; il vedere Dio è morire.
Luigi: Si arriva a Dio ascoltando Dio, quindi ricevendo da Dio,
condotti da Dio, non quindi per opera nostra. Bisogna imparare a camminare
nell’ascolto dell’ascolto della Parola di Dio. È la Parola di Dio che conduce;
ed effettivamente ci conduce se uno l’ascolta. Per cui tutta la grazia è di
Dio, e non è opera della creatura. La grazia è di Dio.
Eligio: La scoperta del Pensiero Oggettivo non vuol dire che noi
lo accettiamo come punto di riferimento dei dati che Dio ci manda.
Luigi: Sì, perché con Dio la partecipazione è sempre
consapevole, non avviene automaticamente.
Eligio: Se però accettiamo questo Pensiero adesso rapportiamo
tutto ad esso.
Luigi: Ecco, l’importante è questo rapportare, che è vita
interiore. Così facendo scavalchiamo tutti i nostri valori sbagliati che
avevamo stabilito nel tempo delle tenebre, quando rapportavamo tutto nel
pensiero dell’io, creandoci un campo di schiavitù (perché rapportando le cose
nel pensiero dell’io ci creiamo un campo di schiavitù). Adesso, rapportando
tutto al Pensiero di Dio c’è il recupero, quindi la liberazione. Se noi
rapportiamo poco per volta superiamo, superando non facciamo più l’errore e
acquisti liberazione.
Eligio: Gesù, avvicinatosi a noi come uomo, solo così poteva
raccogliere la nostra dispersione, a poco a poco abbiamo visto superare e
andare oltre la sua persona fisica cominciando a non incentrare su di Sé, ma
sul Padre, le anime, fino ad identificarsi con Lui: “Chi vede Me vede il Padre” (Gv 14,9).
Luigi: Certo, perché avesse incentrato la nostra attenzione a
Sé, noi ci saremmo incentrati sulla sua presenza fisica e non sulla sua
Persona. È proprio perché ci parla del Padre che noi ci incentriamo sulla sua
persona; il Pensiero del Padre è il Pensiero di Dio.
Eligio: Direi che l’anima che vuole glorificare Cristo deve
tenere presente un po’ la modalità di azione di Cristo; Cristo non si presenta
dicendo “Io”, ma si presenta parlando del Padre.
Luigi: “Ho glorificato il
tuo nome” (Gv 17,6). Cristo opera tutto per condurre noi a diventare Figli,
cioè ad essere come Lui è; questo essere figli è proprio questo nascere tutto
dal Padre.
Eligio: Man mano che noi diventiamo figli, quindi riconosciamo
la funzione del Figlio Unigenito di Dio, che noi glorifichiamo veramente
Cristo.
Luigi: Per opera sua. Infatti, quando parla della Pentecoste,
Gesù dice: “finora non avete mai chiesto
nulla in nome mio, in quel giorno chiederete in nome mio”, (Gv 16,24.26)
cioè “sarà quello il giorno in cui chiederete in nome mio, cioè che conoscerete
veramente”, quindi “finora non mi avete ancora conosciuto”.
Eligio: Il nome è la gloria.
Luigi: È ciò che Egli è nel Padre, nel Padre. Per cui la vera
conoscenza la si ha per Causa. Prima abbiamo la conoscenza per fede, per cui
ascoltando cammino dietro di Lui, sulle sue parole, quindi salgo dal mondo
relativo in cui mi trovo verso l’Assoluto. Ma la vera conoscenza noi l’abbiamo
partendo dalla causa, discendendo, raccogliendo, vedendo tutte le cose come
effetto della Causa, come effetto di Dio. E il primo rapporto da stabilire è il
tra padre e Figlio. Infatti dopo la Pentecoste la prima festa che incontriamo è
la festa della Santissima Trinità. Quasi a dire che prima, quando partiamo
saliamo dal mondo, quindi Natale, Pasqua e Pentecoste; ma poi a Pentecoste, la
prima conoscenza che si ottiene con lo Spirito Santo è la Trinità di Dio. Ecco,
giunto a Pentecoste non cerchi di conoscere la materia, la conoscenza del
mondo, le creature, ma scendi dall’alto partendo dalla Realtà che hai in altro,
cioè dalle Persone divine, e assimili tutto in quello. Non ti stacchi più
dall’Alto, ma assorbi tutto in Alto. È il punto di partenza.
Cristo, parlando della sua glorificazione, ci chiede di
conoscere la ragione che Lo fa parlare, il motivo che Lo fa Essere.
Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato. Gv 7 Vs 39
Secondo tema.
Titolo: Glorificare Cristo
nei nostri cuori II
Argomenti: La venuta dello
Spirito – Il Pensiero oggettivo di Dio in noi – Conoscenza dei
valori in relazione a Dio o all’io – Scoprire il positivo per lasciare il
negativo – La valutazione – Valore e dedizione – La Pentecoste – Il rapporto del Figlio con il Padre – L’attenzione al
Padre – La gloria di Cristo -
16/ Maggio /1983
Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti
in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora
glorificato. Gv 7 Vs 39 Terzo tema.
Titolo: L’incontro con lo
Spirito santo.
Argomenti: Dipendenza della
venuta dello Spirito con la glorificazione del Figlio in noi – Verità e salvezza
– Lo Spirito santo è già in noi – Vedere Colui che è presente – La creazione si
conclude con Cristo – Le tappe della creazione – La vita spirituale – Il Salvatore – Selezione d’interessi
– Il corpo del peccato – Superare l’io – Resurrezione e Ascensione – Rapporto tra il
Pensiero di Dio e il Padre – Contemplare il Figlio nel Padre – Il silenzio totale – Il luogo di Cristo
– La gloria di Cristo prima che il mondo fosse – L’unigenicità del
Figlio -
22/ Maggio /1983
Esposizione
di Luigi Bracco:
Due domeniche fa abbiamo riflettuto sulla vita interiore,
domenica scorsa sulla glorificazione di Cristo nei nostri cuori, adesso rimane
da considerare lo Spirito Santo, che dice qui: “non era ancora venuto, non essendo ancora Gesù glorificato”. Cioè,
ci rimane da considerare questo rapporto, perché qui si stabilisce un rapporto,
tra la venuta dello Spirito Santo e la glorificazione di Gesù.
Qui abbiamo un rapporto di dipendenza, perché
evidentemente Gesù fa dipendere la venuta dello Spirito Santo dalla
glorificazione di Gesù. È una lezione per ognuno di noi , poiché la venuta
dello Spirito Santo riguarda ognuno di noi; infatti la Pentecoste è la Meta, il
compimento di tutta la creazione di Dio, di tutta l’opera di Dio, di tutta la
nostra vita. Pentecoste è l’incontro con lo Spirito di Verità: è conoscenza
della Verità, quella Verità che salva; perché noi siamo salvati dalla
conoscenza della Verità, alla quale possiamo non giungere. S. Paolo dice che “Dio vuole che tutti si salvino e giungano a
conoscere la Verità” (1 Tm 2,4), quindi evidentemente mette in relazione la
salvezza con la conoscenza della Verità. Gesù afferma, dichiara: “Sarete veri miei discepoli se resterete
nelle mie parole; allora conoscere la Verità e la Verità vi farà liberi” (Gv
8,31-32).
Ora, qui dichiarando che la venuta dello Spirito Santo è
in relazione, ed è una relazione di dipendenza dalla glorificazione di Gesù, di
cui abbiamo parlato domenica scorsa, ci presenta la meta (la venuta dello
Spirito Santo), ma ci presenta anche la Via, la Via per arrivare a
quest’incontro con lo Spirito Santo.
Una cosa che dobbiamo subito precisare è questa: la
venuta dello Spirito Santo non è una venuta; perché lo Spirito Santo, essendo
Dio, la Persona divina, non è soggetto a spostamenti. Dio non si sposta da un
luogo ad un altro, non è quindi Dio che venga a noi, perché Dio è già in noi. E
così anche lo Spirito Santo è già in noi. Quindi non si tratta di uno
spostamento delle persone divine, e non si tratta di uno spostamento di Dio da un
luogo all’altro che deve avvenire in noi. Questa venuta, di cui Gesù ne parla
sovente, “Noi verremo e faremo
abitazione” (Gv 14,23)è un parlare in parabole. Ora, il parlare in parabole
richiede sempre l’intelligenza dello Spirito.
Non sono le Persone divine che si spostano, ma siamo noi
che dobbiamo spostarci, siamo noi che dobbiamo mutare, e mutare fino a quel
livello in cui possiamo vedere Colui che è presente. Dio è presente. Ma come
può avvenire questo mutamento. Lo dice qui: attraverso la glorificazione di
Gesù.
Domenica scorsa abbiamo visto “la glorificazione di Gesù
nei nostri cuori”; cioè, la glorificazione non avviene fuori di noi, non
avviene esteriormente. Non si glorifica Gesù con canti, con riti, ecc… La
glorificazione di Gesù è un fatto nettamente interiore: “dal seno di chi crede in Me…” (Gv 7,38), chi crede glorifica,
cerca la gloria di Dio.
Ora. Dio però non ci ha lasciati soli con questo problema
interiore di glorificare Gesù, di glorificare suo Figlio. Infatti tutto il
mondo esterno è tutta una pedagogia per questo nostro cammino, per questa
nostra via nella glorificazione di Gesù. Noi possiamo a grandi tappe
sintetizzare tutto il mondo esterno:
-
creazione
di Dio;
-
tutta la creazione di Dio si
conclude e si sintetizza in Cristo. Cristo è il centro dell’universo, è il
centro della vita di ogni uomo. E tutta la creazione si conclude con Cristo;
-
la vita di Cristo si conclude con
la sua morte in Croce;
-
la sua morte in Croce sfocia nella
Resurrezione;
-
la Risurrezione si inoltra verso
l’ascensione nel Cielo del Padre alla destra del Padre;
-
e tutto questo si conclude con la
Pentecoste.
Queste sono le grandi tappe
della creazione di Dio, dell’opera di Dio esterna a noi; che è avvenuta senza
di noi, e che rappresenta l’ambiente in cui le nostre esistenze vengono a
trovarsi. Ora, tutto questo ambiente è lezione di Dio per noi, è pedagogia
divina per insegnare a noi come si glorifica Gesù, il Figlio suo nei nostri
cuori, dentro di noi, che è poi la premessa, la condizione per arrivare a
Pentecoste.
E allora il passaggio sta
nel cogliere l’anima di questi gradini. Ogni passaggio è un gradino; abbiamo un
primo passaggio: creazione – Cristo; Cristo, abbiamo detto, è il Centro di
tutta la creazione di Dio. Quindi il primo gradino sta in questo passaggio dalla
creazione, dalla natura, dal mondo esteriore in cui noi ci troviamo (mondo in
cui tutta la nostra vita si risolve nei problemi del mangiare, del vestire,
della figura davanti agli altri, cioè nei problemi incentrati sul nostro io) al
Cristo. E poi abbiamo il passaggio dal Cristo alla sua morte; e poi abbiamo il
passaggio dalla sua Morte alla Risurrezione; dalla sua Risurrezione
all’Ascensione al Padre.
Tutti questi passaggi sono
gradini per la nostra vita interiore, per la nostra vita spirituale; e come,
cosa rappresentano questi gradini? Come noi possiamo passare da un gradino
all’altro, salire da un gradino all’altro? Interiorizzando queste lezioni, cioè
capendo il significato di queste lezioni.
Abbiamo detto: il primo
passaggio è l’incontro col Cristo, passaggio dalla molteplicità della vita
esteriore alla vita con Uno solo; questo passaggio è scoprire l’importanza del
Cristo per la nostra vita; perché in Cristo si sintetizza, si riepiloga il
significato di tutta la creazione di Dio; e anche il significato di tutta la
nostra dispersione, di tutto il nostro peccato e di tutte le nostre colpe. Ad
un certo momento nella nostra vita ci accorgiamo di questo grande problema: si
forma in noi il bisogno di un Salvatore, di uno che ci liberi dalla situazione
in cui noi ci siamo venuti a trovare nella creazione di Dio, in conseguenza del
fatto che noi non abbiamo più raccolto tutto, tutte le opere di Dio, tutti i
segni che Dio ci mandava, nel Pensiero di Dio. Ecco, questo bisogno
dell’incontro con questo Salvatore, ci prepara, ci introduce al Cristo. Ma
incontrando il Cristo, Egli diventa l’interesse principale della nostra vita;
per cui incominciamo nella nostra vita a operare una selezione d’interessi,
incominciamo ad occuparci di più del Cristo che delle altre cose, perché lì
abbiamo trovato Colui che dà un significato a tutto, e soprattutto alla nostra
esistenza.
Però la vita del Cristo si
conclude con la sua Morte in Croce; quanto volte abbiamo parlato del
significato di questa morte; questa morte che va intesa nel suo significato
spirituale, quindi interiorizzata in noi come evidenziazione di tutta la nostra
dispersione, di tutti i nostri mali, del pensiero di noi stessi. La morte del
Cristo in Croce rappresenta la morte al nostro io, la morte al pensiero stesso
del nostro io. Quindi seguendo il Cristo noi siamo condotti a scoprire questo
passaggio importante che dobbiamo effettuare: morire a noi stessi. E questo
morire a noi stessi vuol poi dire superare il pensiero del nostro io; quindi
non più riferire le cose alle impressioni che noi riceviamo del pensiero di noi
stessi, le nostre sensazioni, i nostri sentimenti, i nostri piaceri, le nostre
figure, ma ad ordinarle; ordinarle dove? Tutte le cose che arrivano a noi
devono essere riportate sempre nel Pensiero di Dio, perché sono creazione di
Dio.
Ecco, l’opera del Cristo ci
apre questo grande problema di vita interiore. Qui si inaugura la vita
interiore: con la scoperta del Pensiero di Dio in noi e con l’esigenza e la
possibilità di oltrepassare il pensiero del nostro io abbiamo la possibilità di
riportare tutte le cose al Pensiero di Dio. Con l’inaugurazione della nostra
vita interiore inizia quello che è la Risurrezione, cioè la tappa del Cristo
Risorto con noi.
Ma non finisce qui, c’è un
momento in cui, nel mondo esterno, Cristo ascende nel Cielo del Padre, e si
pone alla destra del Padre (cf Lc 24,50-53).
Tutto questo è avvenuto,
quindi è pedagogia per noi, perché noi impariamo a glorificare il Cristo, e
quindi possiamo giungere alla venuta dello Spirito Santo. E questo è quanto
abbiamo considerato domenica scorsa: l’ascensione al Padre, rappresenta la
ricerca interiore, in noi, di ciò che il Pensiero di Dio è in Dio; bisogna
cercare questo rapporto che passa tra il Pensiero di Dio e il Padre. Questa è volontà di Dio, quindi è impegno per ognuno
di noi, anche se può sembrare molto difficile. In effetti è difficile, perché
la Verità di Dio è terribilmente difficile. Dio è un infinito, ci supera
infinitamente; Egli è trascendente noi, non si vede tra le cose esteriori. Il
suo regno non si vede con i nostri occhi, e non si ascolta con le nostre
orecchie; quindi il Regno di Dio è difficile, Dio è difficile. Cristo non fa
dei complimenti, non ci attrae con della semplicità, anzi dice: “la strada è difficile, è ardua, la porta è
stretta, sforzatevi di entrare” (cf
Lc 13,24). D’altronde la difficoltà è un test dell’amore; e Dio ci osserva
proprio nell’amore.
Ripeto: tutto quello che
avviene nel mondo esterno è aiuto da parte di Dio per questo cammino interiore che
dobbiamo fare per giungere alla glorificazione di Gesù. E questa ascensione al
Padre rappresenta nel nostro mondo interiore questo riportare il Pensiero di
Dio alla destra del Padre per considerare, per contemplare il Pensiero di Dio
nel Padre.
Ora, è proprio attraverso
queste tappe interiori, quindi è attraverso questa intelligenza delle cose
esteriori che sono avvenute, che sono state poste davanti ai nostri occhi e
quindi è attraverso questo cammino interiore che noi mutiamo. L’uomo muta non
attraverso fatti esterni, non attraverso l’azione, non attraverso correre per
il mondo, non attraverso il sacrificio, non attraverso le rinunce, non
attraverso dei riti, non attraverso tradizioni, ecc., l’uomo muta attraverso
questi passaggi di vita interiore per contemplare ogni cosa in Dio.
Allora, proprio attraverso
queste mutazioni l’uomo matura; matura per quel giorno in cui la sua anima
diventa capace di portare la rivelazione della Verità, cioè per la Pentecoste.
Noi verremo a Lui e faremo la nostra abitazione presso di Lui, cioè matura per
quel giorno in cui la nostra anima diventa capace di capire, di conoscere in
sé, la presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; cioè la presenza
del Padre e del Figlio che è lo Spirito Santo.
Dico, non è una Presenza
che viene a noi un giorno; no! È rivelazione di questa presenza che portiamo
già in noi e che costituisce tutto il problema principale di tutta la nostra
esistenza, di tutta la nostra vita. Ho detto molte volte che l’anima di tutta
la psicologia, di tutti i nostri problemi è questa Presenza dell’Assoluto che
portiamo in noi: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Infatti è nella
Trinità Divina che si risolvono tutti i nostri problemi e che si soprattutto
che la nostra vita terrena sfocia nella Vita Eterna.
Questo contemplare il
Figlio nel Padre è la premessa per il giorno di Pentecoste, “…si trovavano tutti nello stesso luogo”(At
2,1). Allora, naturalmente, questo contemplare il Figlio nel Padre va ben
precisato, richiede il silenzio di ogni altra cosa, il silenzio di tutto il
mondo, il silenzio di tutti i nostri pensieri, il silenzio di tutti i nostri
problemi, il silenzio di tutto. E non basta il silenzio totale, perché il
silenzio totale è solo la condizione, perché la nostra anima, il nostro spirito,
il nostro pensiero si possa dedicare a questo. Gesù dice: “Non allontanatevi da Gerusalemme fino a quando non siate rivestiti
dall’Alto”(Lc 24,49). Gerusalemme è la nostra anima.
Quando si arriva a questa
tappa, l’anima deve, in questo silenzio di tutto il resto, dedicarsi a questo se vuol giungere ad
accogliere in sé la rivelazione dello Spirito.
Siccome lo Spirito di
Verità è mutamento del nostro essere è un dono essenzialmente personale, ed
essendo personale, intimo, è riservato alla preparazione personale di ognuno di
noi. Non avviene con un atto magico. La colomba, le fiammelle, sono segni, e in
quanto segni pedagogia per noi; ma teniamo presente che la rivelazione dello
Spirito di Verità in noi non avviene senza di noi, quindi non avviene senza questa
glorificazione del Figlio di Dio nell’interno dell’uomo.
Possiamo sintetizzare
questa tappa estrema che è la premessa con l’incontro dello Spirito di Verità,
che noi possiamo soltanto dire a parole perché il fatto è personale, con le
parole stesse del Vangelo di S. Giovanni; la loro caratteristica è questa: Gesù
dice: “Io voglio – è volontà del
Cristo, quindi per chi cerca la volontà di Dio qui ce l’ha dichiarata
apertamente – che dove sono Io siano
anch’essi, affinché vedano la mia gloria” (Gv 17,24). Abbiamo detto che la
Gloria del Cristo è la premessa per la nostra Pentecoste. Qui Gesù dice:
-
“Io
voglio…”, quindi è un impegno per ognuno di noi,
-
“…che
dove sono Io…”, luogo: il luogo non è un luogo esterno, ma è
un problema interno, quindi è una dedizione del pensiero; e dove Lui è? Lui è nel Padre;
-
“…affinché
vedano”, quindi il vedere la gloria, cioè il poter glorificare
il Figlio di Dio, cioè il contemplare il Figlio di Dio nel Padre richiede
questo essere da-, dove è il Figlio; per questo il Figlio è asceso al Padre. È
asceso per noi, affinché noi puntassimo i nostri pensieri dove Lui è andato,
cioè alla destra del Padre.
-
“la
gloria che egli ebbe prima che il mondo fosse”, Gesù dice
ancora, rivolgendosi al Padre.
Notiamo che sono parole che
Gesù dice non perché noi le abbiamo soltanto a ripetere, ma perché noi le
abbiamo a capire. E tutte queste parole sono introduzione alla Pentecoste. E se
noi non capiamo queste parole, alla Pentecoste non possiamo arrivare. Quindi
non basta glorificare il Cristo come possiamo intendere noi, ma bisogna cercare
quella gloria, quindi glorificarLo con quella Gloria che “Egli ebbe prima che il mondo fosse” e che si trova soltanto nel Padre. “Prima che il mondo fosse”, cioè
indipendentemente da tutta la creazione. Ecco perché ci vuole un infinito
silenzio. Silenzio di tutti i nostri problemi, di tutte le creature, e di tutte
le cose che dicono gli uomini. È un rapporto personale, intimo, della nostra
anima con Dio.
Poi c’è una seconda frase,
presa da Giovanni stesso che si rivolgeva ai suoi discepoli, che dice: “noi abbiamo contemplato la sua Gloria,
Gloria di Figlio unigenito del Padre” (Cf 1 Gv 1,1-5) . Ecco, il problema essenziale, ultimo, la premessa per la
Pentecoste è questa unigenicità del Figlio di Dio. Lo Spirito Santo viene a
noi, in noi, da questa unigenicità del Figlio di Dio.
Gesù ci ha dato anche un
test perché noi possiamo verificare queste ultime tappe, per non presumere
(perché noi possiamo anche presumere, per sentito, l’incontro con lo Spirito
Santo). Lui dice: “In quel giorno –
il giorno della venuta dello Spirito Santo – capirete – è quindi un problema di conoscenza – che Io sono nel Padre, e voi in Me e Io in
voi” (Gv 14,20). Quando giungerà in noi lo Spirito Santo, veramente noi
capiremo questo. Quindi noi abbiamo un test, possiamo misurarci qui: se noi non
capiamo queste specifiche parole di Gesù vuol dire che non siamo arrivati alla
nostra Pentecoste personale, cioè non abbiamo incontrato lo Spirito Santo.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Pinuccia B.: Ci
possono essere dei dubbi quando si arriva a Pentecoste?
Luigi: No! Ci
possono essere dei dubbi prima; nel senso che si può credere di essere arrivati
a Pentecoste. Abbiamo un test: “In quel
giorno voi capirete che Io sono nel Padre, voi in Me e Io in voi”. Ora,
teniamo presente che qui c’è un assurdo agli occhi nostri, perché abbiamo un
contenente che diventa un contenuto; è assurdo perché o è contenente o è
contenuto. Come è possibile che quello che è un contenuto di un contenente sia
a sua volta un contenente del contenuto?
Nello Spirito è possibile;
però diventa intelligibile soltanto con lo Spirito Santo, e fintanto che non
arriviamo allo Spirito Santo noi possiamo credere di aver fatto Pentecoste, di
ricevere lo Spirito Santo. Ecco, il Signore ci mette di fronte queste parole: “In quel giorno voi capirete che Io sono nel
Padre, e voi in Me e Io in voi”.
Pinuccia B.: “…voi in Me”, quindi anche noi nel
Padre.
Luigi: Noi in Lui
e Lui in noi; è qui l’assurdo per i nostri metri di misura, perché se io sono
in una casa la cassa non può essere in me. Eppure, quando noi arriveremo allo
Spirito Santo noi capiremo questo, perché dice: “voi capirete”. Quindi ci ha dato un test per misurare; siccome ci
possiamo illudere, credere di essere già arrivati, quindi non impegnarci più;
ecco, a chi magari dice: “Io lo Spirito Santo l’ho già ricevuto, perché ho
fatto la cresima…”, gli si chiede: “hai capito queste parole?”. Fintanto che tu
non capisci queste parole, vuol dire che non l’hai ricevuto.
Eligio: Alcune
domeniche fa si era detto che il Pensiero di Dio in noi è indipendentemente da
noi; è la stessa cosa? Tanto volte abbiamo parlato di immanenza di Dio e di
trascendenza, perché Egli è in noi e al di sopra di noi…
Luigi: Certo,
che Egli sia in noi e al di sopra di noi è una cosa, ma qui dice che Egli è in
noi e che noi siamo in esso. Cioè, abbiamo il contenuto che diventa contenente.
Eligio: Ma la
trascendenza di per sé lo fa contenente.
Luigi: Soltanto
la trascendenza; però trascendenza è una parola, però capire è un altra cosa.
La parola va capita. Ecco, qui dice che quando arriverà lo Spirito noi
capiremo; Lui fa proprio questa distinzione; “In quel giorno voi conoscere; voi capirete che Io sono nel Padre –
quindi capirete come Io sono nel Padre – Io
in voi – capirete come Io sono in voi – e
voi in Me – capirete come voi siete in Me” ; capiremo il come. Quindi una
cosa è l’enunciato, la Parola. Dico, la parola di Dio non può essere smentita,
quindi anche il problema della trascendenza di Dio non può essere smentito;
però che non sia smentito non è detto che sia capito. Con la venuta dello
Spirito Santo invece noi capiremo, vedremo queste cose, cioè scopriamo la
realtà di queste parole, verifichiamo la Realtà. Queste parole sono il test.
Eligio: Quindi
quando Cristo ci porta a prendere consapevolezza che esiste in noi il Pensiero
di Dio in noi, non è ancora conoscenza.
Luigi: No, noi
verifichiamo che effettivamente questo pensiero c’è, però non sappiamo ancora.
Infatti con Cristo si arriva a questa scoperta dell’oggettività del suo
Pensiero; con questa scoperta inauguriamo la vita interiore. E questa
inaugurazione della vita interiore rappresenta la tappa dalla Risurrezione
all’Ascensione. Cioè con la vita interiore noi superiamo il pensiero dell’io e
incominciamo a riferire tutte le cose al Pensiero di Dio, proprio perché Cristo
ci ha condotti a scoprire l’oggettività di questa presenza in noi. Però tra il
Pensiero di Dio e il Padre, tra il Pensiero di Dio è Dio c’è il problema
dell’ascensione. Infatti perché cristo è asceso al Padre? Poteva restare
Risorto con i suo i discepoli. Perché
Egli è asceso al Padre?
Ora, se è asceso non è
asceso per sé, ma è asceso per noi; quindi c’è un passo, e bisogna intendere
interiormente che cosa significa questo passa, perché tutte le cose che sono
avvenute esteriormente sono lezioni per dei passaggi interiori che ci devono
condurre alla glorificazione del Figlio di Dio nel Padre. Abbiamo detto
domenica scorsa che questa glorificazione del Cristo nei nostri cuori
rappresenta il trovare il rapporto che passa tra il Padre e il Figlio.
Eligio: Però per
intendere c’è bisogno dello Spirito.
Luigi:
Certamente, però in quanto Cristo dice: “Io
voglio che dove sono io - come vedi qui c’è l’ascensione – siano anch’essi”; qui c’è la volontà di
Dio, cioè Dio ci dice che noi dobbiamo essere dove Lui è, dove Lui si trova.
Quindi io mi debbo dedicare a quel luogo in cui Lui si trova. Da qui nasce
tutta la problematica: dove Lui si trova? Come si trova?
Quindi Lui vuole che
dedichi il mio pensiero a questo problema; la Sua volontà l’ha espressa: “Io voglio che dove sono Io siano anch’essi”,
in quanto l’ha detto…; quindi dicendoci che questa è la sua volontà ci dice
anche che ci offre la possibilità, perché lui non ci dà un comando che noi non
possiamo eseguire. Quindi dicendoci questo vuol dire che abbiamo nel Padre
abbiamo questa possibilità. Ora, questo luogo, deve essere un luogo nel
silenzio della creazione, quindi non è più un segno, non è più un luogo
esterno, anzi deve essere un silenzio di tutto: “…la gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”. Per cui ad un
certo momento bisogna cercare la sua gloria, cioè ciò che Egli è
indipendentemente da tutta la creazione di Dio. Tutta la creazione di Dio è
soltanto un cammino, una scala che introduce.
Eligio: La morte
del Cristo è segno di quella morte che ognuno deve avere al proprio io; però in
modo particolare non è segno di quella morte che procuriamo noi a Cristo
facendo scelte in conformità del nostro io?
Luigi: Certo, ma
questa evidenziazione della morte che noi procuriamo è sempre per rivelare a
noi il nostro peccato; infatti noi non prenderemmo coscienza se Lui non
prendesse su di Sé il nostro peccato.
Eligio: Direi che
è il segno più evidente.
Luigi: Certo,
però lo scopo di questo segno è quello di farci toccare con mano qual la causa
di tutti i nostri mali. La causa di tutti i nostri mali è questa incentrazione
della nostra vita sul pensiero del nostro io.
Eligio: Sì, ma
visto che qui è stato detto che rappresenta la morte che deve avvenire in noi…;
intendo dire che sono due significati che la morte di Dio mi presenta: il
primo, quello di cui devo prendere maggiormente consapevolezza, è che dentro di
me che avviene la morte del Cristo; e il secondo, non meno importante
rappresenta la tappa da percorrere, è quindi un invito a morire a noi stessi.
Pinuccia B.: Sono due
facce della stessa medaglia.
Luigi:
Evidentemente quello che avviene esteriormente è Dio che prende su di Sé la
nostra situazione. Quello che avviene esteriormente è creazione di Dio. Ora, in
quanto è creazione di Dio dovrebbe essere tutta pura, secondo lo Spirito di
Dio; se invece in questa creazione di Dio c’è la macchia del nostro peccato è
Dio che prende su di Sé. Infatti Cristo è l’Agnello che prende su di Sé, non
che toglie, ma che prende su di Sé il peccato del mondo, il peccato dell’uomo.
Egli prende su di Sé il peccato per evidenziarlo; quindi è Dio che prende su di
Sé il mondo esterno per evidenziare quello che noi non capiremmo altrimenti.
Allora, evidenziato possiamo capire, e avendo capito abbiamo la possibilità di
trascendere, di superare questo posto di blocco. Il nostro io è un posto di
blocco in cui noi esauriamo tutta la nostra vita; e esauriamo anche tutte le
opere di Dio. Allora, in questa evidenziazione abbiamo la possibilità di
superare questo posto di blocco. Superando questo posto di blocco adesso
abbiamo un altro centro. Il Centro è il pensiero di Dio, e non è più il mio
come centro; ecco, fino alla morte del Cristo il mio è il centro, anche se
credo in Dio, anche se parlo di Dio, tutt’al più prego Dio perché mi aiuti a
risolvere questi problemi incentrati sul mio io; ma è tutto finalizzato al
pensiero del mio io. Invece con la morte del Cristo ho questa possibilità di
inaugurare un altro centro; l’altro centro è il Pensiero di Dio. Adesso
incomincio a riferire, a riportare tutte le cose al Pensiero di Dio, e quindi a
fare delle scelte non più secondo il mio io, ma secondo il Pensiero di Dio; qui
abbiamo la Risurrezione. Come ultima tappa abbiamo l’Ascensione al Padre.
Ora, tutte queste tappe
sono terribilmente una legata all’altra, condizionate, quindi non possiamo
invertire i termini.
Quindi, arrivati
all’Ascensione, dobbiamo portare il Pensiero di Dio, questo centro che portiamo
in noi, a cui abbiamo riferito tutte le cose durante la nostra vita interiore,
portarLo nel Padre. E nel Padre abbiamo queste tre tappe ultime, che sono state
sintetizzate con queste parole di Gesù:
-
1° “Voglio che dove Io sono siano anche loro”
-
2° “la gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”
-
3° “l’Unigenicità del Figlio di Dio”.
Questa Unigenicità del Figlio di
Dio è l’ultimo passaggio (e anche qui non possiamo invertire nessun passaggio; quindi
non dobbiamo considerare l’ultimo quando non abbiamo fatto il primo), ed è la
condizione essenziale per accogliere lo Spirito Santo. È la condizione
essenziale perché Gesù stesso dice: “Io
ve Lo manderò dal Padre”(Gv 15,26), Lui lo manda. Ora, è soltanto capendo
questa Unigenicità del Figlio di Dio che siamo condotti all’incontro, a questa
venuta dello Spirito Santo.
Pinuccia B.: Puoi aiutarci ad approfondire questa
Unigenicità.
Luigi: Non si possono invertire i termini, nel modo più
assoluto.
Eligio: Perché è necessario il concetto di Unigenicità.
Luigi: Non si possono invertire i termini. La vita interiore è
un lavoro essenzialmente personale. Quindi tutto quello che si può dire è
enunciare le tappe; però ognuno se le deve vivere. Io posso enunciare le tappe,
ma poi il problema diventa un problema di vita interiore, soltanto interiore.
Pinuccia B.: Ma come ci hai aiutato ad approfondire le
altre tappe, come ad esempio la morte del Cristo, così pensavo fosse possibile
approfondire questi tre ultimi passaggi.
Luigi: L’Unigenicità è questa: il Figlio di Dio è uno solo,
tutto lì; la condizione è quella. Il Figlio di Dio è uno solo; ed è soltanto
passando questo Uno solo che arriviamo a Pentecoste; non si può arrivare in
modo diverso.
Eligio: L’uomo può ingannarsi sull’Unigenicità del Figlio di
Dio?
Luigi: Ad esempio possiamo ritenere di essere tutti figli di
Dio…
Eligio: Non nel modo di Cristo.
Luigi: Certo, ma è questo “modo” che va capito; perché le parole
di Dio vanno assimilate, quindi vanno capite. Ora, l’Unigenicità vuol dire
semplicemente che Dio ha un Figlio solo, però quando abbiamo detto che Dio ha
un unico Figlio abbiamo detto ben poco, perché la cosa va capita, e capita dal
Padre. Infatti questo è tutto un enunciato, sono parole, ma queste parole vanno
capite. E allora non c’è nessuno dall’esterno che ci possa aiutare, perché Gesù
stesso dice: “Verrà il momento in cui non
vi parlerò più in parabole”(Gv 16,25). E noi stiamo parlando in parabole.
La conoscenza con il Padre avviene senza parole; è la constatazione, è Dio che
ci fa constatare; per cui lo Spirito viene dall’Alto.
Pinuccia B.: Però le parole come parabole, come premessa
possano aiutarci.
Luigi: È venuto il momento di evidenziare questa Unigenicità. È
importantissima, è l’ultima tappa, direi l’istante prima per trovare Lo Spirito
Santo. Si può solo dire questo, ma comunque rimangono parole, parabole.
Sono tappe obbligate, ed hanno un
loro ordine: tu non puoi considerare l’Unigenicità se prima non sei passata
attraverso questo distacco da tutte le cose; non arrivi al distacco da tutte le
cose se prima non ti sei portata “là dove
Io sono”.
Ecco, le tappe sono enunciate,
adesso è ognuno dentro di sé che le deve fare; è soltanto nell’interiorità,
perché è una cosa personale, e non c’è nessuno che le possa fare al tuo posto.
Eligio: Ciò che mi riesce difficile capire è questo rapporto tra
il Pensiero di Dio e il Padre, la glorificazione.
Luigi: Certo, per questo è richiesta molta dedizione da parte
nostra; dire che è necessario un isolamento in questo: “Voglio che dove Io sono siano anch’essi, e vedano…”, quindi
evidentemente per vedere dobbiamo dedicarci a quel Luogo. In quanto Egli
esprime come sua volontà l’essere noi in quel Luogo dove Lui è, vuol dire che
ci offre la possibilità. È un passaggio che va fatto.
Dobbiamo essere convinti che tutto
quello che è avvenuto nel mondo esterno è aiuto, è lezione di Dio per
insegnarci a fare i movimenti dentro di noi; quindi tutta la vita del Cristo va
intesa per questi fatti che devono avvenire dentro di noi. Se noi non capiamo
che devono avvenire dentro di noi Cristo resta là e noi siamo qua.
Nino: Se non facciamo questi passaggi, ad un certo punto noi
dovremmo dire: “abbiamo vissuto per niente”.
Luigi: Noi dovremmo domandarci interiormente:
1° “ho
capito il passaggio che bisogna fare dalla creazione a Cristo? è già avvenuto o
non è avvenuto?”; noi il più delle volte ci diciamo cristiani, seguaci di
Cristo, e poi siamo ancora tutti proiettati nel mondo e forse non abbiamo
ancora fatto il primo passaggio.
2° “ho
capito il passaggio che bisogna fare dal Cristo alla morte del Cristo?”;
3° “ho
capito il passaggio che bisogna fare dalla morte del Cristo alla sua
Risurrezione?”;
4° “ho
capito il passaggio da fare dalla risurrezione all’ascensione?” ;
A questo
punto possiamo occuparci delle ultime tre tappe, per ultima l’Unigenicità.
Questi
sono tutti passaggi che vanno interiorizzati, capiti, per la nostra vita personale;
e fintanto che non abbiamo capito personalmente i passaggi: creazione-Cristo,
Cristo-sua Morte in Croce; Morte in Croce-Risurrezione; Risurrezione-Ascensione
al Padre; Ascensione al Padre-Pentecoste; non ci dobbiamo considerare arrivati.
(?):
Per capire questo bisogna sempre appellarsi al Cristo, con le sue Parole.
Luigi: È sempre Lui, con le sue parole che ci conduce di tappa
in tappa, sapendo che dobbiamo arrivare a Pentecoste, perché la meta sta lì.
Tutta l’opera di Dio, e tutta l’opera del Cristo è per farci giungere alla
nostra Pentecoste personale, cioè alla conoscenza della sua Verità. Noi siamo
stati creati per conoscere Lui, perché la conoscenza di Lui è Vita Eterna.
Siamo stati creati per questo. La Vita Eterna incomincia già qui; con la
Pentecoste s’incomincia questa Vita Eterna. Quindi tutte le cose sono state
create per questo fine, tutto va visto in questo fine. Per cui, dal primo
momento in cui Dio disse: “Sia fatta la
Luce”(Gen 1,3), fino al momento in cui Cristo ascende al Cielo, Dio opera
per darci la possibilità di realizzare la nostra Pentecoste personale.
Certamente la Pentecoste è una luce che inonda la nostra
anima; è la Luce di Dio che entra nella nostra anima; è la scoperta della
Presenza di Colui che è già presente, che noi non possiamo smentire perché è
già presente in noi, ma non lo vediamo; quindi siamo immaturi. Allora, che
cos’è che ci fa maturare?
Ciò che ci fa maturare è capire tutti questi passaggi che
Dio ha scritto fuori di noi; attraverso il Cristo stesso, Egli ha scritto per
noi, affinché facendoli dentro di noi, noi potessimo maturare. Dico, la
modificazione avviene dentro di noi; siamo noi che dobbiamo mutare, e non è che
Dio era in punto e adesso viene in quest’altro punto. No! Per Dio non ci sono
punti, Dio è già tutto qui; siamo noi che dobbiamo spostarci, che dobbiamo
maturare. Ecco, noi ci modifichiamo capendo le lezioni che Dio ci ha dato in
Cristo, quindi facendo i passaggi essenziali (che sono stati sintetizzati;
perché la stessa vita del Cristo è tutta un susseguirsi di passaggi, ma che si
conclude con la sua morte in Croce); sono tutti passaggi che dobbiamo fare in
vista della Pentecoste. Quindi non dobbiamo fermarci al Gesù che nasce a
Natale, alla vita pubblica, o a Lui falegname, o al Getsemani, perché è tutto
un cammino di gradini che bisogna intendere e che bisogna interiorizzare e fare
dentro di noi. Se noi non le vediamo come devono essere fatte dentro di noi
vuol dire che non abbiamo capito la lezione di Cristo.
Ogni tappa va fatta in vista di arrivare alla Pentecoste,
la Meta è lì. E allora “Conoscerete la
Verità e la Verità vi farà liberi”(Gv 8,32); a questo punto non c’è più
niente che possa far male, perché lo Spirito Santo venendo in noi ci conduce a
vedere la Verità in tutto, e conducendoci a vedere la verità in tutto, tutto
diventa preghiera, e in tutto noi abbiamo la possibilità di vedere il Pensiero
di Dio, e allora non c’è più niente che nuoccia. Infatti le cose ci fanno male
perché non vediamo la Verità, perché non vediamo il Pensiero di Dio. E allora
ci lasciamo guidare dalle impressioni, dai sentimenti, dal sentito dire, ma
siamo schiavi delle cose; poi dopo, quando magari siamo carichi di mondo,
diciamo: “avessi saputo”. Ma perché non hai saputo? Perché non avevi la Luce
dello Spirito di Dio. Quindi non hai cercato prima di tutto quello che dovevi
cercare prima di tutto.
Pinuccia B.: L’ultima tappa, quella della glorificazione
del Pensiero di Dio in noi, che è la premessa per arrivare alla nostra
Pentecoste è ancora spezzettata in quelle tre tappe…
Luigi: Certo, in tre tappe e in una conclusione di verifica,
che è molto importante.
Pinuccia B.: Quindi domenica scorsa ci hai spiegato questa
glorificazione come un rapportare il Pensiero di Dio al Padre, e adesso..
Luigi: …dobbiamo cercare il rapporto che passa tra questa
glorificazione e la venuta dello Spirito Santo, perché il versetto dice: “Lo Spirito Santo non era ancora venuto non
essendo Gesù Glorificato”. Quindi fa dipendere la venuta dello Spirito
Santo da questa glorificazione di Gesù. Ora, questo lo dice per dire che
fintanto che in noi Gesù non è glorificato tu non puoi arrivare alla
Pentecoste. Quindi qui c’è la via e c’è il Fine.
Ecco, l’argomento di oggi è capire questa rapporto di
dipendenza della venuta dello Spirito Santo alla glorificazione del Figlio. Poi
ci siamo chiesti: come può avvenire dentro di noi questa glorificazione?
Avviene attraverso questa interiorizzazione delle lezioni che Dio ci ha dato
esterne a noi, perché tutto quello che avviene di esterno a noi è lezione di
Dio per farci percorrere le tappe. Quindi quello che avviene all’esterno
avviene senza di noi, ma quello che avviene dentro di noi, non avviene senza di
noi. Allora, dall’esterno noi abbiamo la lezione di Dio perché noi possiamo
fare internamente quello che senza di noi non avviene. Questo ci fa capire che,
siccome la glorificazione di Dio in noi non avviene senza di noi, a Pentecoste
non si arriva senza di noi, cioè senza dedizione personale.
Pinuccia B.: Quindi noi adesso noi dovremo fermarci sulle
tre frasi di Gesù, perché formano le tre tappe sulla glorificazione di Gesù. Il
lavoro concreto è questo?
Luigi: No! Il lavoro concreto è quello di convincerci della
dipendenza della venuta dello Spirito Santo dalla glorificazione del Figlio.
Pinuccia B.: E per chi è già convinto?
Luigi: Le cose di Gesù vanno mangiate, altrimenti restano un
sentito dire; non confondere il sentito dire; anche Pilato ha detto che Gesù
diceva cose vere, e poi dopo Gesù gli chiede: “sei convinto di ciò che dici o perché te l’hanno detto” (Gv
18,34). Fintanto che noi diciamo che le cose sono così perché ce le hanno
dette, non si siamo. Nell’amore, tu ti accontenti del sentito dire?
Eligio: Dobbiamo capire per fede.
Luigi: Dobbiamo convincerci.
Pinuccia B.: La convinzione è sempre basata su delle
motivazioni, su delle ragioni…
Luigi: Tu sei convinta che Dio è Creatore di tutto?
Pinuccia B.: Sì, e allora…
Luigi:; Dobbiamo formarci delle convinzioni, perché Dio opera
convincendo, parla convincendo e non parla per crearci delle emozioni. Abbiamo
trasformato le festività sulle emozioni, e Dio non parla creando delle
emozioni.
Eligio: Possiamo capire queste affermazioni nella prospettiva
della Verità, prima ancora della venuta dello Spirito Santo?
Luigi: Certo, perché per arrivare là dobbiamo capire la strada.
Eligio: Ma perché il Signore dice: “Quando verrà lo Spirito vi farà capire…”; in quanto Lui l’ha
enunciato ci rivela che non l’avevano capito.
Luigi: Un momento, quando Lui enuncia ci vincola; infatti dice:
“Se io non avessi parlato non sareste in
colpa”(Gv 15,22); quindi, quando la parola sua arriva a noi ci costituisce
già di una certa responsabilità; ciò vuol dire che quella parola arriva con
quel grado di convinzione tale per cui è credibile come valore, e non è
smentibile. Per cui, bisogna arrivare a dire: “io non sono ancora arrivato a
Cuneo, però so che questa strada mi porta a Cuneo”. Quindi, quello che è strada
arriva già a me con dei segni tali che è sufficiente per dirmi: “questa è la
strada che mi conduce là”. Per cui se non la percorro io sono in colpa; e non
dico: “anziché percorrere quella percorro l’altra intanto tutte le strade sono
uguali; io non sono sicuro di questa”, in tal caso non sarei in colpa. Invece
Dio mi dice che sono in colpa perché evidentemente questa strada ha delle
caratteristiche tali per cui abbinata a quello che è il mio interesse
principale ti dà una certezza. Però deve essere abbinata all’interesse
principale, perché se tu hai un altro interesse allora tanto vale una come
un’altra. È come chi dice che tutte le religioni sono uguali. No! C’è ne una
sola che è vale; come tutte le strade non sono uguali. Dio è uno solo, quindi
una sola è la strada che conduce. Si capisce che le strade sono infinite, però
una sola è quella che conduce. Allora, che cos’è che mi fa scegliere la strada
giusta? Abbiamo un dato oggettivo e un dato soggettivo, ora se uno dei due dati
difetta, allora sono nel dubbio, ma se ad esempio il dato soggettivo è quello
che difetta vuol dire che ci sono interessi diversi. E gli interessi diversi ci
fanno sbandare su altre strade e mi rendono incerta la strada giusta. Ma se
dentro di me ho messo Dio al centro, quindi sono attratto dal Padre, non ho più
nessun dubbio, perché la strada si presenta con dei segnali tali per cui seguo
quella. E non sono ancora arrivato alla meta, però ho una convinzione.
Nino: Pascal diceva: “l’ultimo passo della ragione è
riconoscere che un’infinità di cose è da trascendere”.
Rina: Hai detto che lo Spirito Santo non arriva in forma magica,
però per gli apostoli è avvenuto così.
Luigi: Tutto quello che è avvenuto allora appartiene tutto al
nostro mondo esterno, è tutto segno. Quindi nei segni la creazione è magica; ma
arriva un certo momento in cui le cose non avvengono più per magia.
Pinuccia B.: Che relazione c’è tra l’argomento, il
rapporto di dipendenza tra la glorificazione del Figlio e la Pentecoste, e le
tre tappe che precedono la Pentecoste?
Luigi: Il giorno che tu hai capito quelle tre tappe sei
arrivata alla tua Pentecoste personale.
Pinuccia B.: Ma che relazione c’è con l’argomento?
Luigi: Sono segnalazione
di Gesù per indicarci questo lavoro in cui l’anima è impegnata dopo la sua
ascensione al Cielo. È una segnalazione,
direi che sono gli argomenti principali, su cui si trovavano gli apostoli nei
giorni prima della Pentecoste.
Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti
in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora
glorificato. Gv 7 Vs 39 Quarto tema.
Titolo: Vedere ciò che è
presente.
Argomenti: Le tappe verso
Pentecoste – La creazione e Cristo – La salvezza di Cristo
– Rispettare la presenza di Dio – La morte in croce – Interiorizzare – L’esterno deve
avvenire nel nostro interno – La difficoltà di capire – L’ascensione esterna
e interna – Lo Spirito viene solo ai discepoli – Custodire la Parola –
La glorificazione di Cristo -
23/ Maggio /1983
Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Quinto
tema.
Titolo: Le tappe verso
Pentecoste.
Argomenti: La glorificazione di
Cristo e la venuta dello Spirito santo – La Pentecoste – Rapportare il
Pensiero di Dio al Padre – Il luogo di Cristo – Il superamento deri segni – L’unigenicità del
Figlio – L’umanità di Gesù – L’ascensione -
29/ Maggio /1983
Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Sesto
tema.
Titolo: I tre errori nella
glorificazione di Cristo.
Argomenti: Il destino della
persona – La vita interiore è unificazione in Dio – Il rapporto tra il Pensiero
di Dio e il Padre – Le tappe interne ed esterne verso Pentecoste – La glorificazione
di Cristo in noi – La venuta dello Spirito santo – I livelli della vita:
creazione/Cristo/Spirito - Non collegare la creazione con il
Creatore - Il compimento della creazione – L’errore dei credenti
– L’errore degli atei – Lo Spirito di presenza del Padre e del Figlio
– Le tappe intermedie – Trascurare il Fine di Dio – Il significato personale della vita di
Cristo -
5/ Giugno /1983 Vigna
Abbiamo visto le volte precedenti la
dipendenza della venuta dello Spirito santo dalla glorificazione di Gesù.
Abbiamo anche visto per noi il significato
di questa dipendenza, poiché la glorificazione di Gesù, deve avvenire nei
nostri cuori.
E proprio perché deve avvenire da parte
nostra, richiede un impegno positivo verso la Pentecoste.
Cioè la Pentecoste, Dio ce la presenta come
un oggetto della nostra stessa volontà, come un impegno da parte nostra.
Poiché se la Pentecoste dipende dalla
glorificazione di Gesù e se la glorificazione di Gesù avviene dentro di noi non
senza di noi, anche la Pentecoste è in relazione all’impegno personale da parte
nostra.
Siamo noi stessi che dobbiamo volere
giungere alla Pentecoste, poiché la Pentecoste ci viene offerta da Dio ed è in
Essa che noi troviamo il compimento del nostro destino ma anche il compimento
di tutte le cose, di tutta la creazione di Dio, il compimento di tutto
l’universo, di tutta la storia dell’umanità.
Nella Pentecoste noi abbiamo la sintesi, il
fine di tutta l’opera di Dio.
Abbiamo visto le domeniche precedenti, come
il Signore abbia tracciato esteriormente (senza di noi) le tappe principali
della glorificazione di Gesù, suo Figlio che deve avvenire dentro di noi, per
non lasciarci sprovveduti di fronte a questo grande impegno di vita interiore.
La sostanza della vita interiore sta nel
riportare tutto ciò che arriva a noi al Pensiero di Dio, per poi portare il
Pensiero di Dio in rapporto al Padre.
Cristo stesso dice: “Io voglio che dove
sono Io, siano anche loro e vedano la mia gloria”.
È per ubbidire alla volontà di Cristo, che
ad un certo momento, noi siamo impegnati a cercare il rapporto che passa tra il
Pensiero di Dio e il Padre suo.
Questi gradini di vita interiore, Dio li ha
scritti nel mondo esterno, attraverso le tappe del Cristo che devono essere da
noi interiorizzate.
Dio ci offre quindi questo cammino di vita
interiore.
E noi percorriamo una tappa, nella misura
in cui capiamo il significato per la nostra vita personale, di quei passaggi
che il Signore ha scritto nel nostro mondo esterno.
Soprattutto il passaggio dalla creazione a
Cristo, da Cristo alla sua morte, alla sua resurrezione, dalla resurrezione
all’ascensione al Padre.
Ognuno di questi passaggi va intelletto nel
suo significato personale per noi nella nostra vita con Dio.
Mano a mano che noi capiamo uno di questi
significati, noi facciamo un passo avanti nella glorificazione di Cristo in
noi.
E mano a mano che facciamo questi passaggi
nella glorificazione, avviene in noi un cambiamento un mutamento, fino ad arrivare
a quel grande cambiamento, in cui la nostra anima è fatta capace di accogliere
la venuta dello Spirito santo.
La venuta dello Spirito santo non è uno
spostamento dello Spirito santo, ma è un prendere consapevolezza da parte
nostra di quello che già è presente in noi.
Lo Spirito santo è già presente in noi fin
dal principio, come il Padre e come il Figlio sono presenti in noi.
Proprio glorificando Cristo dentro di noi,
avvengono in noi mutamenti tali da renderci capaci di vedere la presenza di Chi
è già presente.
È il tempo futuro che va anticipato (Arca
di Noè), in tal modo la nostra anima diventa capace di vedere la Realtà che
attualmente non vede.
Il tema di oggi sono gli errori che noi
possiamo fare nella glorificazione di Cristo.
In queste tappe esteriori che Dio ha
scritto per evidenziare la glorificazione di suo Figlio, noi possiamo fare
degli errori.
I livelli essenziali in cui la nostra vita
si svolge sono tre: la creazione, Cristo e lo Spirito.
Il primo errore è quello di fermarci alla
creazione e di non capire il senso che c’è nella creazione, il senso della
creazione è Cristo.
Tutta la creazione si conclude con Cristo,
noi però possiamo fermarci ad una vita orizzontale con la creazione, senza
neppure immaginarci che esista una vita interiore, anzi che la vera vita sia
essenzialmente una vita interiore.
Per cui noi possiamo passare tutta la
nostra vita curando soltanto i nostri rapporti con il mondo esterno,
occupandoci dei problemi pratici, dei nostri rapporti di figura e successo con
il mondo e con il denaro come ai tempi dell’arca di Noè....e venne il diluvio.
Ecco l’umanità che resta sorpresa da quello
che non immaginava, perché tutta proiettata solo nel mondo esterno, perché
questo errore?
Dobbiamo tenere presente che tutto è opera
di Dio, che Dio è il creatore del mondo esterno.
Se noi teniamo presente che Dio è il
Creatore del mondo esterno, non possiamo fare a meno di sentire il bisogno di
cercare il Pensiero di Dio.
Dio è il Creatore di tutte le cose e allora
se è Lui che crea qual è il significato, qual è l’intenzione, qual’è il fine di
tutta l’opera che Lui sta facendo?
Qual è il fine di tutta la vita che Lui ci
sta facendo vivere?
Il fatto di non collegare il mondo esterno,
la creazione con il Creatore, ci porta a compiere l’errore di non considerare
che ci sia una vita interiore.
E quindi a farci passare tutto il tempo
della vita, soltanto proiettati in rapporti con le creature, in rapporti con
gli altri, con il mondo, senza preoccuparci di scoprire questa vita interiore.
Il secondo livello è il Cristo.
Noi possiamo incontrarci con Cristo,
ritenerci cristiani, ma possiamo anche qui fare un grave errore: ritenere che
glorificare Cristo consista nel compiere i nostri doveri, nel partecipare a
riti e atti religiosi, nel comportarsi bene verso il prossimo, e anche qui
compiamo l’errore di ritenere che la glorificazione del Cristo stia in un certo
nostro comportamento e non arriviamo a capire che la vita interiore non è un
comportamento.
Il primo errore è quello che consuma la
maggior parte degli uomini, per cui l’uomo arriva al termine della vita senza
avere scoperto, intuito qual è la vera vita, perché è tutto solo proiettato
all’esterno.
Il secondo errore invece è quello che
consuma la maggior parte dei cristiani, dei cattolici, di coloro che si credono
seguaci del Cristo e che ritengono che glorificare il Cristo stia nel compiere
certi doveri.
L’anima di tutti questi errori sta nel
fatto che noi scambiamo i mezzi per fini.
E necessariamente scambiamo i mezzi per
fini, fintanto che non impariamo a collegare tutte le cose con il pensiero che
Dio è il Creatore.
Soltanto se noi colleghiamo le cose con il
pensiero di Dio Creatore, allora cominciamo a sentire il bisogno di capire
l’intenzione, il fine per cui Dio opera in tutto e lì siamo condotti a capire
che Dio opera tutte le cose per far conoscere Se stesso, per rivelare Se
stesso, per comunicare la sua presenza.
Cioè Lui fa tutte le cose per condurci alla
Pentecoste, la sintesi, il fine di tutto l’operare di Dio è la Pentecoste, cioè
la rivelazione del volto del Padre, la rivelazione della presenza del Figlio,
che è la rivelazione dello Spirito santo.
Spirito santo che è lo Spirito della
presenza in noi del Padre e del Figlio che è maturità nostra.
Noi corriamo il rischio di fermarci sempre a
tappe intermedie e di far consistere la nostra vita a questa realizzazione
parziale di tappe intermedie.
Errore causato dal fatto che non teniamo
presente il Fine di Dio.
E non teniamo presente il fine di Dio
perché non colleghiamo le opere, i fatti, i segni di Dio con Dio stesso, con
Colui che opera in tutto.
Il terzo livello è quello dello spirito e
anche qui noi possiamo fare un errore, quello di non tenere conto che le tappe
della vita spirituale, ci sono state segnate da Dio davanti agli occhi, in Cristo.
Se non teniamo presente questo, noi pur
sapendo che esiste questa vita interiore, pur sapendo che dobbiamo vivere
interiormente, noi ci sentiamo paralizzati, cioè noi non sappiamo come si fa a
vivere interiormente.
Questo errore è perché non teniamo presente
la via, la strada che Dio ha segnato davanti ai nostri occhi per la nostra vita
interiore.
E non tenendola presente, non cerchiamo di
capire il significato personale per noi delle tappe del Cristo.
Soprattutto le tappe essenziali della sua
morte, resurrezione e ascensione.
Perché Cristo è morto per me?
Che significato ha questa morte di Cristo
per la mia vita personale?
E lo stesso per la sua resurezione e
ascensione al Padre.
Cosa ha voluto dire Dio a me personalmente
con questi avvenimenti?
La nostra anima matura mano a mano che noi
capiamo il significato per noi, per la nostra vita interiore di queste tappe
esteriori scritte da Dio nel Cristo.
Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti
in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora
glorificato. Gv 7 Vs 39
Settimo tema.
Titolo: Passaggio
all’infinito.
Argomenti: Educazione alla vita
interiore – Cristo è la sintesi della creazione – La finalità della creazione – Gli errori verso
Pentecoste – Interiorizzare – Vivere spiritualmente – I mezzi e il Fine
– L’ascensione al Padre esterna e interna - La presenza di Dio
necessaria per ogni passaggio – La veglia infinita – La mezz’ora di
silenzio dell’Apocalisse – Molteplicità e unità – Finito e infinito – Il rapporto tra il
Pensiero di Dio e Dio – La dedizione pura – La consapevolezza
dell’infinito in noi – Solo l’infinito rivela l’infinito -
12/ Giugno /1983
Abbiamo visto che la scoperta del Pensiero di Dio oggettivo in noi, sia
l’inizio della vita interiore.
Ed abbiamo anche visto come educazione al
cammino in questa vita interiore è tutta l’opera che Dio ha fatto nel nostro
mondo esteriore, dal principio della creazione, fino all’ascensione del Cristo
alla destra del Padre.
Se noi facciamo attenzione a quest’opera
fatta da Dio per noi e la interiorizziamo, noi abbiamo la capacità di procedere
sempre di più verso la grande meta finale, per la quale ogni uomo è stato
creato: la conoscenza del Padre e del Figlio in noi, quindi la Pentecoste.
Una grande tappa da interiorizzare è la
creazione che sfocia in una finalità, in una volontà, in una intenzionalità che
ci deve condurre a Cristo.
Cristo è la grande sintesi di tutta la
creazione di Dio.
Al centro della creazione c’è la volontà
precisa di Dio: tutto è stato fatto per farti prendere coscienza che Dio esiste
e che tu lo devi cercare con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con
tutte le tue forze, con tutto te stesso, perché in Lui è non soltanto la tua
vita ma la vita eterna.
C’è proprio questa finalità in tutta la
creazione che apre noi all’incontro con Cristo.
Seguendo il Cristo giungiamo a prendere
consapevolezza del significato della sua morte, e se ne prendiamo
consapevolezza ci apriamo alla resurrezione fino all’ascensione al Padre.
Abbiamo visto però domenica scorsa gli errori
che possiamo compiere su questo cammino, che possiamo sintetizzare in un’unica
espressione: il rischio di fermarci in una di queste tappe.
Noi possiamo vivere per la creazione, in
funzione della natura, del mondo, possiamo fermarci alla legge e vivere in
funzione di comandamenti, regole e doveri e non passare allo spirito, all’anima
della legge, possiamo fermarci al Cristo esterno, fermarci al sentimento, ai
riti e non passare al significato della sua morte, della sua resurrezione e
della sua ascensione al cielo.
C’è questo rischio per ognuno di noi di
scambiare per fine, quello che è mezzo, quello che è tappa.
Noi scambiamo il mezzo per fine, quando ci arrestiamo
al pensiero del nostro io, cioè quando consideriamo il segno semplicemente in
rapporto con noi stessi, anziché rifletterlo nel pensiero di Dio.
Se noi il segno che Dio ci fa giungere lo
riflettiamo nel pensiero di Dio, noi interiorizziamo, cioè cerchiamo il
significato e viviamo spiritualmente.
Se invece non lo rapportiamo alla volontà di
Dio, quindi non ne cerchiamo il significato, noi ci fermiamo alla realtà
materiale e incominciamo ad adeguare la nostra vita a questa realtà.
Se ci fermiamo alla creazione ci fermiamo al
bisogno del mangiare, del vestire, alla figura, se ci fermiamo alla legge
adeguiamo la nostra vita ai doveri e se ci fermiamo al Cristo ci fermiamo al
sentimento, piangiamo sulla sua morte, però siamo sempre fermi a un rapporto orizzontale
e non passiamo a quella che è la vita interiore.
Solo confrontando tutto quello che arriva
dall’esterno con la volontà di Dio, noi riconosciamo il mezzo e non lo
scanbiamo per fine.
Allora individuati gli errori e il modo per
superarli, ci apriamo a quella che è la grande tappa finale, cioè a quella che
è l’interiorizzazione dell’ascensione di Cristo al Padre, cioè capire il
significato personale per noi di questa ascensione di Cristo al Padre.
Cristo è asceso al Padre, non per Sé ma per
noi, perché noi facessimo ascendere al Padre il Pensiero di Dio in noi che è il
Cristo stesso, che è il Verbo di Dio in noi.
Tutto ciò che è avvenuto esteriormente a noi,
è per educare noi a fare interiormente quello che non può avvenire senza di
noi.
Quindi l’ascensione al Padre del Cristo
esterna che è avvenuta senza di noi, ha il significato di un ascensione che
deve avvenire in noi e che non può avvenire senza di noi.
Per questo è necessario che noi facciamo
ascendere al Padre il Pensiero stesso di Dio, questa presenza oggettiva di
Cristo in noi.
Ascendere al Padre, vuole dire cercare il
rapporto che c’è tra il Figlio, tra il Pensiero di Dio e il Padre stesso.
E questo è glorificare il Cristo di quella
gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse.
Ogni approfondimento del segno che ci viene
dato, richiede da parte nostra, una dedizione del nostro pensiero a Dio ed alla
sua volontà.
Senza questa dedizione nessun passaggio è
possibile.
Quindi non si passa dal nulla all’esistente
senza la presenza di Dio, ma non si passa neppure dalla creazione, dalla legge
allo spirito senza la presenza di Dio e non si passa dallo spirito della legge
a Cristo senza la presenza di Dio.
E così in tutti i passaggi che devono
avvenire dentro di noi, non possono avvenire senza questa presenza di Dio.
Ogni passaggio richiede da parte nostra la
dedizione, l’impegno quindi richiede una veglia.
Ogni passaggio richiede una veglia
proporzionata alla profondità di esso.
E quando ci troviamo con un passaggio che ci
apre all’infinito, qui si richiede una veglia infinita.
Oggi dobbiamo soffermarci su questa veglia
infinita che è la condizione per potere giungere alla conoscenza del Padre e
del Figlio in noi, per giungere cioè alla nostra Pentecoste.
Si tratta di ciò che è già prefigurato
nell’Apocalisse quando si parla di mezz’ora di silenzio in tutto l’universo,
come premessa alla rivelazione di Dio.
Questa mezz’ora rappresenta proprio questa
veglia infinita, il silenzio in noi di tutte le cose, perché il nostro pensiero
è tutto impegnato nel cercare e nel conoscere il rapporto che passa tra il
Figlio di Dio e Dio stesso.
Questo è un impegno per noi, perché è volontà
di Dio per noi: “Io voglio che dove sono Io siano anche loro”, ed è espressa
questa sua volontà dal fatto stesso che Lui è asceso al cielo dal Padre suo.
È asceso per significare a noi quello che
dobbiamo fare dentro di noi.
Quindi è volontà di Dio per ogni uomo questo
impegno in questa veglia infinita.
Quando parliamo di dedizione di pensiero
infinito, non dobbiamo intenderlo in senso materiale, come un prolungarsi di
tempo all’infinito, quasi che dovessimo dedicare tutto il nostro tempo a
quello.
L’infinito non è una somma di spazio,
l’eterno non è una somma di tempo.
L’infinito nel campo dello spirito è dato
essenzialmente dall’unità.
È la molteplicità che crea in noi il finito,
ma l’infinito è essenzialmente uno.
La molteplicità nasce in noi con i segni non
raccolti nell’unità di Dio.
C’è il segno, l’opera di Dio e siamo già due,
qui siamo già nella molteplicità, cioè nel finito.
E dove c’è il finito, c’è l’impossibilità di
portare, di accogliere, di ricevere l’infinito.
Quindi non c’è da parte nostra la possibilità
di passare dal finito all’infinito.
Come non c’è la possibilità sommando tante
quantità di arrivare all’infinito.
C’è sempre un salto di qualità tra il finito
e l’infinito.
Per quanto il finito sia grande c’è sempre un
salto di qualità tra il finito e l’infinito.
Anzi non c’è nessuna possibilità di passare
dal finito all’infinito, ma allora come possiamo noi entrare in questa veglia
infinita?
La condizione per potere ricevere la
rivelazione della presenza, della conoscenza del Padre e del Figlio è questa
veglia infinita.
Questa veglia infinita che è veglia
sull’unità di Dio.
Siccome non è possibile passare dal finito
all’infinito, soltanto se in noi è già presente l’infinito, noi abbiamo la
possibilità di conoscere l’infinito.
Cioè l’infinito si conosce soltanto
nell’infinito.
Dio si conosce soltanto in Dio.
Dio solo è rivelatore di Se stesso.
Le creature finite, i fatti e tutti i nostri
pensieri che sono finiti, ci annunciano Dio, però non ci fanno conoscere Dio.
Solo nella Luce di Dio, noi possiamo
conoscere Dio, per questo dico che soltanto l’infinito è rivelatore di se
stesso.
Questo infinito ci è dato nel Pensiero stesso
di Dio in noi.
Il Pensiero di Dio in noi, essendo Dio uno
solo, è già infinito in noi.
Solo se noi, superando tutto c’impegniamo per
dedicare il nostro pensiero a cercare il rapporto che passa tra il Pensiero di
Dio e Dio, noi entriamo in questa veglia infinita.
Che può durare un attimo, un giorno, un anno
o un’eternità, perché non è effetto di tempo ma di dedizione pura.
Perché la venuta dello Spirito santo che è la
rivelazione in noi della presenza del Padre e del Figlio, non è uno spostamento
delle persone divine in noi.
Dio non passa da un luogo all’altro, perché
Dio è.
Siamo noi che dobbiamo mutare, quindi è un
mutamento nostro, attraverso cui la nostra anima matura, fino a quel livello
tale da potere prendere consapevolezza di quell’infinito che porta già in sé.
Se la nostra anima non portasse già in sé
questo infinito, le sarebbe preclusa ogni conoscenza dell’infinito.
Ma se nella nostra anima c’è già Dio, allora
il difetto è soltanto nostro, in quanto noi non ci dedichiamo a questa presenza
infinita che portiamo dentro di noi, con quella purezza che essa richiede da
noi, per farci prendere consapevolezza di quello che essa è.
Poiché solo la presenza dell’infinito, rivela
a noi l’infinito.
Il volto di Dio, viene rivelato solo da Dio e
non da altri.
Questo egli
disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Ottavo tema.
Titolo: Il rischio
dell’illusione.
Argomenti: Gli errori verso la
Pentecoste – I mezzi e il fine – La prostituta di
Magdala – La funzione della legge è condurre a Cristo – Il giovane ricco – Fermarsi alla lettera
– L’illusione del fariseo – Volere il fine voluto da Dio – L’ascensione di
Cristo -
14/ Giugno /1983