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Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Primo tema.


Titolo: “Glorificare Gesù nei nostri cuori”


Argomenti: La vita interiore – La venuta dello Spirito santo – Unificare nel Pensiero di Dio – L’io principio di menzogna – L’assenza di significato – Il capovolgimento dei valori – Volontà e valori – La gloria umana e la gloria divina – Essere e avere – Il rapporto con Dio – Conoscere è essere – Rapportare Cristo al Padre – L’Ascensione – Il corpo e il Pensiero di Cristo -


 

15/ Maggio /1983


Esposizione di Luigi Bracco:

Siamo giunti al versetto 39, in cui si dice: “Si disse questo dello Spirito che i credenti in Lui dovevano ricevere; infatti lo Spirito Santo non era ancora venuto, non essendo ancora Gesù glorificato”. Questo versetto si riferisce alle ultime parole dette da Gesù nell’Ultimo giorno della feste. Gesù aveva affermato: “Dal seno di chi crede in Me, come dice la scrittura, scaturiranno fiumi di acqua viva” (Gv 7,38).

Domenica scorsa abbiamo visto in che cosa consiste la Vita interiore, questo seno da cui scaturiscono fiumi di acqua viva. Adesso, l’Evangelista, afferma, dichiara, che: disse questo dello Spirito che i credenti in Lui dovevano ricevere”. Ecco, fa capire che questo “scaturiranno fiumi di acqua viva”  si riferisce allo Spirito Santo. E siccome il tempo è futuro: “scaturiranno”, dice, conclude infatti dicendo: “lo Spirito Santo non era ancora venuto non essendo ancora Gesù glorificato”. Di qui traiamo il tema per oggi:

Glorificare Gesù nei nostri cuori.

Qui è il collegamento che acquista molta importanza, perché dicendo: “infatti lo Spirito Santo non era ancora venuto”, e giustifica quel futuro di “scaturiranno fiumi d’acqua viva”, dichiara: “non essendo ancora Gesù glorificato”. Quindi, evidentemente, mette in relazione e fa dipendere la venuta dello Spirito Santo dalla glorificazione di Gesù.

E allora ci resta da approfondire, da capire, questo termine principale: “glorificazione”, cioè in che cosa consiste questa glorificazione di Gesù. E poiché aveva già affermato: dal seno di chi crede in Me scaturiranno fiumi d’acqua viva”, “…dal seno…”, quindi dalla vita interiore, evidentemente se lo Spirito Santo dipende dalla glorificazione di Gesù, questa glorificazione di Gesù deve avvenire dentro di noi, cioè da questa vita interiore di cui abbiamo parlato domenica scorsa, in conseguenza della quale verrà in noi lo Spirito Santo.

Ora, la vita interiore è essenzialmente questo rapportare, questo unificare tutto quello che arriva a noi, fatti, parole, segni, che arriva a noi, ai nostri sensi, unificarli nel Pensiero di Dio che abbiamo visto che è presente oggettivamente in noi. Noi generalmente tutto quello che arriva a noi, lo rapportiamo al pensiero del nostro io, e quindi ci fermiamo alle sensazioni, alle impressioni che le cose che arrivano a noi lasciano in relazione al pensiero del nostro io. Ecco, di qui né conseguono tutti i giudizi, tutte le scelte e tutta la nostra vita. Ma il pensiero del nostro io evidentemente è un falso centro, è un falso punto di riferimento, poiché il nostro io non è il creatore, quindi non è il punto fisso di riferimento, il Creatore è Dio, quindi il punto fisso di riferimento è Dio. Rapportando tutto al pensiero del nostro io, noi inauguriamo nella nostra vita, un principio di erranza che ci fa sbagliare tutto. Infatti l’uomo da solo è definito un essere menzognero, una fonte di menzogna. E Gesù ancora conferma dicendo “tutti i mali non vengono dal di fuori, ma nascono  dal cuore dell’uomo” (cf Mt 15,19), sorgono, scaturiscono come fiumi. Ecco, questi fiumi che soltanto se scaturiscono dal Pensiero di Dio sono fiumi di Vita e di Verità, se invece scaturiscono dal pensiero del nostro io diventano sorgente di scelte sbagliate, di errore, di schiavitù, e in conclusione di perdita di senso della vita e di morte.

Abbiamo visto che il tema comune che sta ossessionando gli uomini oggi, sia il tema del significato, del senso della vita; se la Vita Eterna c’è o no c’è. Il problema è questo: gli uomini sono tormentati da un’assenza di significato nella nostra vita. Ma l’assenza di significato a questo punto è abbastanza chiaro diagnosticare nella sua causa: esso è una conseguenza del fatto che abbiamo rapportato tutto al pensiero del nostro io, anziché rapportarlo a Dio. Cioè, l’assenza di significato è una conseguenza della mancanza di vita interiore dell’uomo. Gli uomini non vivono interiormente; poiché vivere interiormente vuol dire rapportarare, unificare tutto al Pensiero di Dio.

Ora, una delle prime cose che nasce in noi quando incominciamo a rapportare, e quindi a cercare ogni cosa nel Pensiero di Dio, è questo: il capovolgimento dei valori. Dunque se noi andiamo oltre alle cose che agli occhi degli uomini appaiono molto valide, appaiono molto importanti (e anche agli occhi nostri se ci fermiamo al pensiero del nostro io), e viviamo interiormente, quindi se le riportiamo a Dio cercando il Pensiero di Dio scopriamo che perdono di valore, mentre acquistano molto valore altre cose che agli occhi del mondo invece sembrano niente.

Ecco, direi che il primo campo che si evidenzia vivendo interiormente è il campo dei valori; dei valori veri, perché sono rapportati ad un punto fisso di riferimento. Ora, noi sappiamo che la nostra volontà è sempre determinata dai valori, da ciò che noi riteniamo più valido per noi. Se allora in noi si forma un campo di valori secondo lo Spirito, anche la nostra volontà diventa capace di volere le cose dello spirito che prima non poteva volere. È il primo dono che si riceve incominciando a vivere interiormente.

Ora, anche qui, in questo campo di valori, c’è, si evidenzia, un centro di valori che acquista massima importanza tra tutti gli altri: questo centro di valori è Dio, o meglio, è la conoscenza di Dio. Quanto più noi rapportiamo, riportiamo le cose al Pensiero di Dio, tanto più incomincia ad evidenziarci, ad acquistare molto valore, davanti ai nostri occhi il conoscere la Verità, il conoscere Dio. È quel monte, di cui parla Isaia ,e che all’ultimo dei tempi, e quindi anche al termine della vita di ognuno di noi, si innalzerà al di sopra di tutti gli altri monti -Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri»  (Is 2,2) - e ci fa capire che da esso dipende ogni altra cosa. Ed è qui che si forma in noi il bisogno, il desiderio, la volontà (perché la volontà opera in conseguenza dei valori) di glorificare Cristo.

Glorificare, cercare la gloria di uno, è cercare ciò che Egli è nella Verità. La gloria di uno è ciò che uno è nella Verità, di ciò che uno è in Dio; perché c’è una gloria agli occhi del mondo, ma questa è una gloria non vera, poiché è determinata soltanto da ciò che gli uomini hanno. Il mondo glorifica gli uomini per ciò che essi hanno, e non per ciò che essi sono, perché ciò che l’uomo è sfugge agli occhi dell’uomo.

La vera gloria dell’uomo è ciò che egli è, e non è determinata da ciò che ha. Anche qui Gesù lo dice, quando afferma che la vita non viene da ciò che l’uomo ha (cf Mt 8,36). Ma da che cosa è determinato questo essere dell’uomo?

L’essere dell’uomo è determinato dal suo rapporto con Dio. Ognuno è per il rapporto che ha con Dio; perché? Perché Dio è l’Essere, l’unico Essere, Dio è Colui che è, tutte le creature sono in quanto hanno la possibilità di partecipare e partecipano a Colui che è, all’Essere di Dio. Quindi noi acquistiamo essere nella misura in cui partecipiamo a Dio. Ecco la grande importanza del conoscere Dio. Più conosciamo Dio e più questa conoscenza si riversa in noi in Essere, ci fa essere; aumentando la conoscenza aumento in noi l’Essere, quindi aumenta in noi la vita, questa vita che è partecipazione a ciò che Dio è.

Allora, se la gloria di un essere, è capire ciò che Uno è in Dio, glorificare Gesù, glorificare Cristo è rapportare Cristo al Padre, alla sua sorgente dell’Essere, alla sorgente di ciò che Egli è, quindi al Padre suo. È anche qui un’ascensione, perché si tratta di portare il Cristo nel Cielo del Padre, perché Cristo è asceso al Padre non per Sé, poiché Egli forma una cosa sola col Padre, e formando una cosa sola col Padre non ha bisogno di ascendere al Padre. D’altronde tutto quello che Lui ha fatto, davanti ai nostri occhi, incarnandosi, quindi compresa l’ascensione, lo ha fatto per la nostra salvezza, quindi lo ha fatto per la nostra vita essenziale, lo ha fatto per la nostra vita interiore. E allora anche questa ascensione al Cielo ha un significato per la nostra vita personale. Lui è asceso al Cielo affinché noi, in noi, lo facessimo ascendere nel Cielo del Padre, cioè lo rapportassimo al Padre. Dico, questa è la premessa per giungere alla nostra Pentecoste, cioè per giungere a ricevere lo Spirito Santo in noi, da cui scaturiranno fiumi di acqua viva.

Però non dobbiamo intendere la presenza fisica del Cristo, il corpo del Cristo; questo è lezione per noi di quello che è avvenuto, però quando si parla di Cristo si parla del suo io, ed abbiamo visto che l’io del Cristo è Pensiero di Dio. E allora resta in noi questo problema: la glorificazione di Gesù diventa in noi la glorificazione del Pensiero di Dio in noi. E se glorificare vuol dire cercare ciò che uno è in Dio, ecco qui abbiamo una proposta di quello che ci dice il Vangelo. La proposta è questa: bisogna cercare il rapporto che passa tra il Pensiero di Dio in noi, Cristo, e Dio stesso, cioè del Padre suo.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Luigi: Cristo, non come presenza fisica, ma come Persona è il Pensiero di Dio, glorificare quindi il Pensiero di Dio vuol dire cercare in noi, quindi appartiene alla vita interiore. Avendo capito l’importanza di conoscere Dio, adesso si forma in noi il bisogno di ascendere al Padre, cioè di portare al Padre in noi, il Cristo, Pensiero di Dio. E qui dichiara che è in conseguenza di questa glorificazione che in noi si forma la capacità di accogliere lo Spirito Santo.

Pinuccia B.: ___________________?________________________.

Luigi:  Ora, dobbiamo cercare di renderci conto di questa glorificazione; c’è un primo passaggio all’importanza, poi dall’importanza __________________?__________________. Abbiamo visto che il Figlio come Persona è il Pensiero di Dio, questo pensiero di Dio è in noi, perché è una presenza oggettiva. Quindi è in questa vita interiore che si forma questa glorificazione. Però la vita interiore non avviene senza di noi, non avviene automaticamente. Cristo è asceso al Cielo senza di noi, ma quello che Lui ha fatto esteriormente senza di noi, non si compie interiormente senza di noi, perché quello è avvenuto affinché fosse compiuto in noi con noi.

La vita interiore non si svolge senza di noi, quindi tutto quello che avviene esteriormente, avviene some proposta di ciò che non può venire in noi senza di noi; eppure avviene tutto per grazia di Dio, solo per grazia di Dio.

Pinuccia B.: Oggi è l’ascensione e ci viene proposto di fare ascendere Gesù al Cielo. È il tema di oggi; ma la glorificazione è l’ascensione?

Luigi: Sì, glorificare Cristo è portarlo al Padre. Però quello che è avvenuto come ascensione del Figlio al Padre è proposta di quello che deve avvenire in noi, perché quello è la glorificazione. Perché la gloria del Cristo è il Padre; quindi Lui tornando al Padre entra nella sua Gloria. Quello l’ha fatto per noi, affinché questa gloria splenda in noi. Allora, affinché questa Gloria, la sua Gloria, il Padre, venga a splendere in noi è necessario che noi portiamo questo dato oggettivo che Lui ci ha condotto a scoprire (e il dato oggettivo è il suo Pensiero in noi: Realtà oggettiva con noi), che Lo portiamo nel Cielo del Padre. E questa è la lezione che Dio ci dà con la sua ascensione al Padre; perché quello che è avvenuto non è avvenuto per farci vedere un miracolo o un fatto di cultura. Quello che è avvenuto è avvenuto per proporre a noi un passaggio; come la Pasqua è un passaggio, come il Natale è un passaggio, e tutto nella vita del Cristo è sempre una proposta di un passaggio. Le parabole sono un passaggio, e anche l’ascensione è proposta a noi d’un passaggio; questo passaggio avviene là in quel campo, vita interiore, in cui tutto avviene con la partecipazione nostra.

Eligio: Dicendo che dobbiamo rapportare il Pensiero di Dio a Dio stesso, al Padre, detto così fa pensare due realtà separate, mentre in effetti non lo sono?

Luigi: In effetti non lo sono, però attualmente, per noi sono separate.

Eligio: Come può essere separato per noi il Pensiero di Dio da Dio?

Luigi: La Realtà non la cogliamo per quello che la cosa si presenta a noi; noi infatti abbiamo detto che questa scoperta della presenza del Pensiero Oggettivo in noi e avvenuta per fede, cioè seguendo Cristo, seguendo le parole del Cristo. Non è conoscenza consapevole. La conoscenza consapevole avviene per causa.

Eligio: Ma il rapporto che qui si propone di cercare è un rapporto consapevole?

Luigi: Parliamo di un rapporto per fede, ma stiamo arrivando ad un rapporto consapevole; cioè nel Padre noi abbiamo un rapporto consapevole; cioè quello che discende dal Padre, quello che si conosce del Padre convince. Il Padre è il Padre della Luce, di quella Luce che convince personalmente; e in quanto convince personalmente rende te personalmente consapevole di quello che conosci. Quindi non più per fede; qui ti sta facendo passare dalla fede alla Carità, all’Amore, cioè alla conoscenza personale. Perché “il Padre vi ama” (Gv 16,27) dice Gesù ; e in quanto “il Padre vi ama”, rivela, dona Se stesso, come si dona al Figlio; ma il Figlio non crede nel Padre per fede. Ora, il Padre ama il Figlio, e se ama anche noi vuol dire che ci ama nella prospettiva di Figli. Quindi vuol donarsi come si dona al Figlio. Quindi noi arriviamo per fede su questa soglia, ma il Figlio ci invita a passare dalla fede alla figliolanza, quindi alla consapevolezza personale.

Eligio: Però voglio dire che inizialmente il rapporto del Pensiero di Dio oggettivo e il Padre, così come la conoscenza di questo Pensiero è per fede, così anche il rapporto avviene per fede?

Luigi: Sì, il rapporto come proposta è per fede, ma in quanto è proposta, se accetto questa fede, devo cercare nel Padre (e questa è l’ascensione) ciò che è il Pensiero di Dio in Dio. Cioè, io adesso dico come proposta, ma non dico che si conosca, ma come proposta, sempre come atto di fede. Cioè, qui evidentemente pone in relazione alla venuta dello Spirito Santo, e qui non abbiamo più la fede, in rapporto alla glorificazione. Allora, dobbiamo intendere bene cosa vuol dire questa glorificazione. Ora, questa glorificazione o avviene senza di noi o avviene con noi. Dunque, apparentemente Cristo è asceso al Padre senza di noi; ma questo non è ancora la venuta dello Spirito Santo in noi perché l’ascensione di Cristo in noi deve avvenire con noi.

____________________________________?________________________________________________

Una volta scoperto il Pensiero di Dio  oggettivamente presente in noi c’è un lavoro da fare, cioè quello di rapportare tutti i dati che arrivano a noi, quindi superando il pensiero del nostro io, allo stesso Pensiero di Dio; rapportandoli al Pensiero di Dio vengono fuori i valori, cioè viene fuori il centro dei valori. Il massimo valore è conoscere Dio. A questo punto viene in noi il bisogno di glorificare, cioè di capire che cosa è il Pensiero stesso di Dio, quindi questo passaggio del Pensiero di Dio a Dio, al Padre.

Pinuccia B.: Però, questo passaggio al Padre, come posso farlo senza il Pensiero di Dio, senza il Pensiero del Padre.

Luigi: Solo col Pensiero del Padre. Infatti il Pensiero di Dio è il Pensiero di Dio.

Pinuccia B.: Appunto, cosa faccio?

Luigi: Glorificare vuol dire cercare ciò che è una cosa in Dio. È Dio che ti conduce: se Egli ha messo in relazione la venuta dello Spirito Santo con la glorificazione del Cristo, evidentemente è in relazione di dipendenza. Per cui fintanto che noi non glorifichiamo il Cristo, noi non arriveremmo certamente alla nostra Pentecoste; perché fa dipendere la Pentecoste, la venuta dello Spirito Santo in noi, dalla glorificazione. Allora, il problema di oggi è capire che cosa consiste questo glorificare il Cristo.

Pinuccia B.: Nel campo esterno la glorificazione è l’ascensione e non con la risurrezione…

Luigi: Certo, però c’è tanta confusione su questa glorificazione, perché c’è chi dice che la glorificazione avviene sulla Croce, c’è chi dice che avviene nella risurrezione, ecc. ; però da che cosa noi possiamo capire che effettivamente è l’ascensione?

Quando abbiamo parlato della gloria, e mi riferisco al primo capitolo, abbiamo detto che la Gloria di un essere è ciò che è, e non ciò che ha. Ora, l’essere di uno è in rapporto con Dio, perché Dio solo è l’Essere; per cui noi per quanto mettiamo attorno cose che non sono Dio, queste non  modificano quello che c’è in noi. Infatti, che io mi vesta in un modo o che io mi vesta in un altro non è che modifichi il mio essere; che io abbia una macchina o che ne abbia un’altra o che non ne abbia nessuna, non mi modifica l’essere. Quindi tutto quello che noi mettiamo attorno a noi, questo non modifica il nostro io; ci deforma ma non ci fa essere. Allora, che cos’è che ci fa essere?

È l’Essere, cioè Dio. Quindi è soltanto questa partecipazione a Dio che ci fa Essere. Allora, piantiamola lì di cercare di avere, perché questo non è un problema, non è quello che ci dà vita, tanto è vero che ci accorgiamo che ci conduce alla morte, alla confusione e invece puntiamo tutta la nostra attenzione su quello. Allora qui si evidenzia il Vero valore; infatti se l’Essere è Ciò che mi fa essere, conoscere Dio è ciò che ci fa essere; anche qui non dobbiamo scostarci dalla Parola del Cristo: “la Vita Eterna - quella vita che non è più soggetta a confusione, che rimane – è conoscere Te Padre…”(Gv 17,3). Quindi rapportando ogni cosa in questa vita interiore noi siamo condotti a scoprire questo come massimo valore da cui dipende tutto il nostro essere. Ora, intendendo questo noi abbiamo la possibilità di volerLo; infatti prima non potevamo volerLo, perché noi possiamo volere soltanto quello che è importante, quello che vale. Però senza vita interiore questo non si scopre; quindi scoperto questo grazie alla vita interiore, la nostra volontà diventa capace di volere. Capace di volere vuol dire: “pianto lì il resto e mi dedico lì”, perché di lì mi viene l’Essere.

Pinuccia B.: È da quel punto che iniziano i dieci giorni di silenzio?

Luigi: Sì, certo, che è la preparazione della Pentecoste; perché tutto è segno, ed è segno per la nostra vita personale, per la nostra vita interiore.

Pinuccia B.: Questo si può fare pensando a Dio?!

Luigi: Lo credo bene, lo vuoi forse fare pensando all’albero?!

Pinuccia B.: Quindi non è più il riportare le cose a Dio, ma è addirittura il riportare il Pensiero di Dio a Dio. Ma se Lui è già Dio, come facciamo a riportarlo in Dio?

Luigi: Cristo è già nel Padre, perché è asceso al Padre? Evidentemente perché c’è questo bisogno. Ho detto che il Pensiero di Dio l’abbiamo “constatato” ascoltando, quindi per fede; ma si entra nel Regno della Verità per fede, ma una volta entrati la fede non c’è più, la fede sparisce. Si vede, si constata. Ecco, Dio ci conduce a constatare. Il Pensiero di Dio in noi lo stiamo già constatando, come presenza oggettiva, perché Dio ci ha condotti a constatare e vedi che quanto più ci avviciniamo, tanto più noi stessi personalmente constatiamo. È lì la grande forza, perché lo Spirito, la Verità entra in noi e uno dei primi doni che ci dà è la fortezza; non siamo più deboli in balia di-; ma forse è vero questo o forse quell’altro; no! uno ha in se stesso la Verità perché constata. Dio si fa constatare. Ecco, arriviamo sulla soglia per fede, constatando la fede se ne va; resta l’amore, resta il vincolo, cioè Dio convince; ma con-vincere vuol dire legare assieme; cioè lega assieme ciò che Egli è alla nostra anima.

Nino: Nella fede possiamo arrivare fino a quel desiderio unico, ma non oltre…

Luigi: Certamente, nella fede.

Luigi: Allora, il tema è: Glorificare Cristo nei nostri cuori, Gesù è il Pensiero di Dio; in effetti se noi consideriamo la presenza fisica non riusciamo a capire come fare a glorificarlo. Dobbiamo glorificare il Pensiero di Dio, perché il suo Io è il Pensiero di Dio, quindi glorificare il Cristo è glorificare il Pensiero di Dio. Glorificare vuol dire portarlo nel Padre e vederlo nel Padre, quindi portarLo alla destra del Padre.

Pinuccia B.: Quindi è come se Gesù dicesse a noi: “Io vado là, se mi volete trovare andate là”

Luigi: Alla destra del Padre. “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra del Padre” (Col 1,1); perché ci dice di ceracarLo alla destra del Padre, è questo rapportare al Padre.

Giovanna: Ma il Padre Lo cerchiamo ancora in noi?

Luigi: Noi non potremmo cercarLo se non ci fosse. Noi abbiamo Dio e abbiamo il Pensiero di Dio in noi; cioè abbiamo il Padre, “il Padre vi ama”, quindi è presente.

Giovanna: È tutta una cosa interiore.

Luigi: Solo interiore.

Pinuccia B.: Anche questo è un “uovo di colombo” .

Luigi: Le cose viste sono un uovo di colombo, ma prima di vederle sono mistero; quindi noi passiamo dal mistero.

Pinuccia B.: Rapportando il Pensiero del Padre al Padre porta noi al Padre.

Luigi: Certo, rapportando sono rapportato, come raccogliendo sono raccolto, però sia ben chiaro: questo rapportare è cercare ciò che un essere è in Dio.

Pinuccia B.: E c’è lo dice?

Luigi. Stai tranquilla che viene soltanto da Dio.

Pinuccia B.: E quello è la Pentecoste.

Luigi: Certo.

Zina: C’è una diversità tra il cercare il Pensiero di Dio e trovare il Pensiero di Dio, perché cercare il Pensiero di Dio è glorificare Cristo…

Luigi: Noi ascoltando Cristo, Verbo incarnato, troviamo il Pensiero di Dio; se noi ascoltiamo le sue Parole, Lui parlando ci rivela il suo pensiero, ma il suo pensiero è Lui stesso; quindi ascoltando Cristo noi troviamo il Pensiero di Dio in noi. Ma trovare il Pensiero di Dio in noi; ma trovare il pensiero di Dio in noi, non è ancora glorificare il pensiero di Dio in noi. Quindi noi troviamo il Pensiero di Dio in noi ascoltando Cristo, poi ci fa capire che dobbiamo glorificare questo pensiero di Dio nel Padre. Il Figlio va conosciuto nel Padre. Ci sono quindi tre tempi:

-                                                                                1° tempo: scoperta del Pensiero di Dio in noi, presente in noi oggettivamente, quindi indipendentemente da noi. Questo è il Cristo, Verbo di Dio incarnato che parlando, se noi lo ascoltiamo, conduce noi a trovarLo. Trovando il Pensiero di Dio in noi abbiamo la possibilità di iniziare la vita interiore, cioè di rapportare tutto a questo pensiero che portiamo in noi.

-                                                                                3° tempo: trovare il Pensiero di Dio in noi non è ancora glorificare il Pensiero di Dio in noi, perché la gloria di uno è trovare ciò che quell’uno è nella Verità di Dio, cioè nel Padre; cioè conoscere il Figlio nel Padre.

Mariuccia: Dio è la vite e noi siamo i tralci, e il tralcio è unito alla vite. Allora, pensavo che più sono unita a Dio e più lo glorifico.

Luigi: Certo, perché la glorificazione viene a noi da Dio, la riceviamo da Dio; però questa unione va approfondita, va capita. Cosa vuol dire essere uniti a Dio? È un atto di volontà?

Mariuccia: Glorificare Cristo nel mio cuore vuol dire unire il mio pensiero a quello di Dio per poi riportarlo al Padre. Però queste sono parole…

Luigi: Prima si dicono parole affinché poco alla volta maturi la capacità. La nostra crescita è molto lenta, i nostri pensieri sono molto lenti; ma poco alla volta, “con la pazienza salverete le anime vostre” (Lc 21,19).

Prima di tutto noi dobbiamo impegnarci ad ascoltare Cristo, le parole che Lui ci ha detto; ascoltando Cristo Lui ci conduce a trovare il suo Pensiero; perché ascoltando una persona, se si ascolta, si arriva a capire il suo pensiero. Anche qui ci vuole della pazienza, ci vuole della fedeltà, perché se io ascolto soltanto per un istante, e poi me ne vado per i miei affari, non arriverò mai a capire, a conoscere il pensiero di quella persona. Con Cristo è lo stesso.

Mariuccia: Ma anche facendo altro, se uno ha il pensiero in Dio…

Luigi: Ora, ascoltare Cristo vuol dire cercare di capire, di assimilare, mangiare, le sue parole. Ecco, Lui parla, però noi possiamo ascoltare le sue parole senza preoccuparci di capirle. Quindi ascoltare Cristo non basta sentire le sue parole, o ripeterle, ma bisogna cercare di arrivare a capire. L’arrivare a capire non è condizionato dal lavoro che facciamo; noi possiamo fare qualunque lavoro, però l’importante che portiamo dentro di noi il desiderio di capire una parola sua ascoltata. Allora, se portiamo questa sua parola in cuore, qualunque cosa facciamo, che può essere il cucinare, la pulizia in casa, non ci distoglie da questo desiderio che uno porta dentro di sé. Come d’altronde non basta fermarsi e chiudere gli occhi per arrivare a capire; il capire è luce che viene a noi, ma solo se noi custodiamo, meditiamo sulla sua parola, la portiamo in noi con questo desiderio. Ecco, arriva un certo momento che Dio ce la illumina, ci fa capire, fa il miracolo. Capire diventa un miracolo. Ora, ascoltando il Cristo, Lui conduce noi a capire il suo Pensiero; come capiamo il suo Pensiero, lo scopriamo, lo troviamo in noi. Trovandolo in noi, abbiamo la possibilità di iniziare questa vita interiore. Al centro di questa vita interiore c’è la glorificazione del Pensiero stesso di Dio che portiamo in noi. Glorificare il Pensiero di Dio vuol dire cercare il rapporto che c’è tra Lui e il Padre; sapendo che c’è un rapporto perché lui stesso dice: “Io vado al Padre” (Gv 14,12). E ci invita quindi a cercarLo là. “Ci rivedremo, perché Io vado al Padre”  (cf Gv 16,17); Lui stesso ci consegna al Padre, e dice: “Padre, glorifica tuo Figlio - perché la glorificazione del Figlio viene dal Padre – di quella gloria che egli ebbe prima che il mondo fosse” (Gv 17,5). Evidentemente quando la nostra anima si impegna, e si impegna in quanto scopre l’importanza (perché se non scopre l’importanza non s’impegna) a cercare la gloria del Figlio nel Padre, sapendo che questa gloria viene dal Padre (bisogna sempre camminare nelle parole del Cristo: “Padre glorifica il tuo Figlio…”); a questo punto l’anima ha dimenticato tutti i suoi problemi del mondo, tutti i suoi argomenti, e anche quelli che prima raccoglieva nel Pensiero di Dio gli ha superati; adesso l’anima è impegnata a cercare la gloria del Figlio di Dio nel Padre.

Nino: Cercavo il collegamento tra il versetto 38 e questo, perché mi sembrano molto dipendenti uno dall’altro. Quel “Chi crede in Me” , “Me” Persona…

Luigi: Ecco, bisogna sempre distinguere tra corpo, presenza fisica e Persona; perché se no facciamo del sentimento.

Nino: Persona, Verbo di Dio presente nella mia anima indipendentemente da me, oggettivamente presente. Sono stato portato a questa constatazione dal Pensiero di Dio fuori di Me, dal Cristo incarnato, dall’ascolto delle sue parole. Ne sono convinto, però questa è fede; se credo in Lui in questo modo però il mio io è già superato, perché non potrei credere se non superassi il mio io. Non ho altra alternativa che portare tutto il mio mondo e il mio io nel Pensiero di Dio.

Luigi: A questo punto uno capisce che tutti i rapporti che noi facciamo col pensiero del nostro io sono sbagliati, quindi ci fanno sbagliare. Quando uno ha capito questo, evita di farlo. Per questo che soltanto riportando a Dio si stabilisce il rapporto giusto.

Nino: Senz’altro, perché se fossi convinto della validità del pensiero del mio io rimarrei; d’altra parte mi è più facile rimanere nel pensiero del mio io che nel Pensiero di Dio; perché rimanere in questo mi costa fatica.

La fede nella Persona del Verbo in me esige questa coerenza da me. Non c’è più niente altro che vale all’infuori del Verbo di Dio in me. Anche Gesù, incarnazione del Verbo, è necessario che venga assorbito dal Verbo interiore. C’è però un rischio nascosto in questo (perché la fede quando non cammina regredisce, muore(, che è quello di fermarsi al Pensiero di Dio, separarLo sia pure inconsapevolmente dal Padre. Perché noi non dobbiamo mai dimenticare quello che è il nostro Principio, Dio Creatore, e quello che è il nostro fine: conoscere Dio.

Luigi: Noi corriamo sempre dei rischi, a qualunque livello; fintanto che non arriviamo alla Fine, noi corriamo sempre il rischio di fermarci al Cristo fisico. E facciamo tanto sentimento magari attorno al Cristo che muore in Croce, nel Getsemani, nel Natale; cioè ci fermiamo a delle scene di una presenza fisica. Ma possiamo ancora arrivare più avanti e fermarci alla tappa del Pensiero di Dio in noi, senza portarLo al Padre.

Nino: Noi dobbiamo arrivare a superare il terreno della fede nella conoscenza personale; questa è la nostra Meta…

Luigi: …ed è anche la Promessa, perché noi camminiamo sulle promesse.

Nino: Finché noi siamo nella fede non possiamo mai accontentarci, perché se no la fede si perde.

Luigi: La fede è cammino.

Nino: Posso fermarci, anche dopo aver scoperto il Pensiero di Dio in me, oggettivamente presente, indipendente da me, nella mia vita interiore credendo di aver fatto tutto; quindi posso arrivare a dire basta, e separarlo inconsapevolmente dal Padre, accontentarmi del traguardo di fede raggiunto, illudendomi di aver dato l’amore che Dio vuole da me.

Luigi: Sia chiaro: è importantissimo, necessario giungere a questa scoperta, però è una tappa.

Nino: Cristo conducendomi a questa scoperta non ha esaurito la sua opera con me, non “può” lasciare le cose a metà, incompiute; Lui mi tiene per ,mano ma non tralascia di guardare al Padre e di tenere desta la mia attenzione al Padre. D’altra parte Egli ha detto: “Io non cerco la mia gloria, ma cerco la gloria di Colui che mi ha mandato” (cf Gv 8,50; cf Gv 7,18). Quando dice: “Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal tuo seno”, e parla personalmente a ognuno di noi, dice che sarò diventato io Dio? Certamente No!

La sorgente dell’acqua via è il Padre. E allora a questo punto mi dice che il Padre è anche in me insieme al Verbo; non c’è il Verbo isolato; d’altra parte ha anche detto: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).

Luigi: Noi siamo uniti a Dio, e il nostro pensiero ha la possibilità di pensare, di unirsi al Pensiero di Dio. Il Pensiero di Dio è presente in noi, quindi il nostro pensiero ha la possibilità di unirsi; dall’unione si concepiscono i valori e si concepisce la Verità.

Nino: Gesù è il Verbo interiore incarnato fuori di noi, Persona divina.

Luigi: Dobbiamo sempre tener presente che quando Lui dice: “Noi verremo e faremo abitazione in voi” (Gv 14,23), non si tratta mai di spostamento di persone divine. Dio non si sposta, Dio non abita in luoghi. Si tratta di modificazione, di prendere consapevolezza. Quindi si tratta di scoprire ciò che portiamo in noi, che è già presente; Dio è già tutto presente in noi. Dio è già in noi, non si sposta di la a qua, però sposta noi dalla nostra situazione alla sua. Quindi scopriamo quello che portiamo già in noi.

Nino: Noi siamo creature limitate e non ci è possibile trascendere in Dio. Invece Dio ha la possibilità di assimilarmi nel suo infinito.

Luigi:         La Verità viene per deduzione dal Infinito al finito; non è per ascensione dal finito all’Infinito.

Nino: Pensavo a questo: se io mi mettessi in testa di dover essere io a fare il gran salto, impazzirei; il vedere Dio è morire.

Luigi: Si arriva a Dio ascoltando Dio, quindi ricevendo da Dio, condotti da Dio, non quindi per opera nostra. Bisogna imparare a camminare nell’ascolto dell’ascolto della Parola di Dio. È la Parola di Dio che conduce; ed effettivamente ci conduce se uno l’ascolta. Per cui tutta la grazia è di Dio, e non è opera della creatura. La grazia è di Dio.

Eligio: La scoperta del Pensiero Oggettivo non vuol dire che noi lo accettiamo come punto di riferimento dei dati che Dio ci manda.

Luigi: Sì, perché con Dio la partecipazione è sempre consapevole, non avviene automaticamente.

Eligio: Se però accettiamo questo Pensiero adesso rapportiamo tutto ad esso.

Luigi: Ecco, l’importante è questo rapportare, che è vita interiore. Così facendo scavalchiamo tutti i nostri valori sbagliati che avevamo stabilito nel tempo delle tenebre, quando rapportavamo tutto nel pensiero dell’io, creandoci un campo di schiavitù (perché rapportando le cose nel pensiero dell’io ci creiamo un campo di schiavitù). Adesso, rapportando tutto al Pensiero di Dio c’è il recupero, quindi la liberazione. Se noi rapportiamo poco per volta superiamo, superando non facciamo più l’errore e acquisti liberazione.

Eligio: Gesù, avvicinatosi a noi come uomo, solo così poteva raccogliere la nostra dispersione, a poco a poco abbiamo visto superare e andare oltre la sua persona fisica cominciando a non incentrare su di Sé, ma sul Padre, le anime, fino ad identificarsi con Lui: “Chi vede Me vede il Padre” (Gv 14,9).

Luigi: Certo, perché avesse incentrato la nostra attenzione a Sé, noi ci saremmo incentrati sulla sua presenza fisica e non sulla sua Persona. È proprio perché ci parla del Padre che noi ci incentriamo sulla sua persona; il Pensiero del Padre è il Pensiero di Dio.

Eligio: Direi che l’anima che vuole glorificare Cristo deve tenere presente un po’ la modalità di azione di Cristo; Cristo non si presenta dicendo “Io”, ma si presenta parlando del Padre.

Luigi: “Ho glorificato il tuo nome” (Gv 17,6). Cristo opera tutto per condurre noi a diventare Figli, cioè ad essere come Lui è; questo essere figli è proprio questo nascere tutto dal Padre.

Eligio: Man mano che noi diventiamo figli, quindi riconosciamo la funzione del Figlio Unigenito di Dio, che noi glorifichiamo veramente Cristo.

Luigi: Per opera sua. Infatti, quando parla della Pentecoste, Gesù dice: “finora non avete mai chiesto nulla in nome mio, in quel giorno chiederete in nome mio”, (Gv 16,24.26) cioè “sarà quello il giorno in cui chiederete in nome mio, cioè che conoscerete veramente”, quindi “finora non mi avete ancora conosciuto”.

Eligio: Il nome è la gloria.

Luigi: È ciò che Egli è nel Padre, nel Padre. Per cui la vera conoscenza la si ha per Causa. Prima abbiamo la conoscenza per fede, per cui ascoltando cammino dietro di Lui, sulle sue parole, quindi salgo dal mondo relativo in cui mi trovo verso l’Assoluto. Ma la vera conoscenza noi l’abbiamo partendo dalla causa, discendendo, raccogliendo, vedendo tutte le cose come effetto della Causa, come effetto di Dio. E il primo rapporto da stabilire è il tra padre e Figlio. Infatti dopo la Pentecoste la prima festa che incontriamo è la festa della Santissima Trinità. Quasi a dire che prima, quando partiamo saliamo dal mondo, quindi Natale, Pasqua e Pentecoste; ma poi a Pentecoste, la prima conoscenza che si ottiene con lo Spirito Santo è la Trinità di Dio. Ecco, giunto a Pentecoste non cerchi di conoscere la materia, la conoscenza del mondo, le creature, ma scendi dall’alto partendo dalla Realtà che hai in altro, cioè dalle Persone divine, e assimili tutto in quello. Non ti stacchi più dall’Alto, ma assorbi tutto in Alto. È il punto di partenza.

Cristo, parlando della sua glorificazione, ci chiede di conoscere la ragione che Lo fa parlare, il motivo che Lo fa Essere.    


Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Secondo tema.


Titolo: Glorificare Cristo nei nostri cuori II


Argomenti: La venuta dello Spirito – Il Pensiero oggettivo di Dio in noi – Conoscenza dei valori in relazione a Dio o all’io – Scoprire il positivo per lasciare il negativo – La valutazione – Valore e dedizione – La Pentecoste – Il rapporto del Figlio con il Padre – L’attenzione al Padre – La gloria di Cristo -


 

16/ Maggio /1983



Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Terzo tema.


Titolo: L’incontro con lo Spirito santo.


Argomenti: Dipendenza della venuta dello Spirito con la glorificazione del Figlio in noi – Verità e salvezza – Lo Spirito santo è già in noi – Vedere Colui che è presente – La creazione si conclude con Cristo – Le tappe della creazione – La vita spirituale – Il Salvatore – Selezione d’interessi – Il corpo del peccato – Superare l’io – Resurrezione e Ascensione – Rapporto tra il Pensiero di Dio e il Padre – Contemplare il Figlio nel Padre – Il silenzio totale – Il luogo di Cristo – La gloria di Cristo prima che il mondo fosse – L’unigenicità del Figlio -


 

22/ Maggio /1983


Esposizione di Luigi Bracco:

Due domeniche fa abbiamo riflettuto sulla vita interiore, domenica scorsa sulla glorificazione di Cristo nei nostri cuori, adesso rimane da considerare lo Spirito Santo, che dice qui: “non era ancora venuto, non essendo ancora Gesù glorificato”. Cioè, ci rimane da considerare questo rapporto, perché qui si stabilisce un rapporto, tra la venuta dello Spirito Santo e la glorificazione di Gesù.

Qui abbiamo un rapporto di dipendenza, perché evidentemente Gesù fa dipendere la venuta dello Spirito Santo dalla glorificazione di Gesù. È una lezione per ognuno di noi , poiché la venuta dello Spirito Santo riguarda ognuno di noi; infatti la Pentecoste è la Meta, il compimento di tutta la creazione di Dio, di tutta l’opera di Dio, di tutta la nostra vita. Pentecoste è l’incontro con lo Spirito di Verità: è conoscenza della Verità, quella Verità che salva; perché noi siamo salvati dalla conoscenza della Verità, alla quale possiamo non giungere. S. Paolo dice che “Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità” (1 Tm 2,4), quindi evidentemente mette in relazione la salvezza con la conoscenza della Verità. Gesù afferma, dichiara: “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole; allora conoscere la Verità e la Verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32).

Ora, qui dichiarando che la venuta dello Spirito Santo è in relazione, ed è una relazione di dipendenza dalla glorificazione di Gesù, di cui abbiamo parlato domenica scorsa, ci presenta la meta (la venuta dello Spirito Santo), ma ci presenta anche la Via, la Via per arrivare a quest’incontro con lo Spirito Santo.

Una cosa che dobbiamo subito precisare è questa: la venuta dello Spirito Santo non è una venuta; perché lo Spirito Santo, essendo Dio, la Persona divina, non è soggetto a spostamenti. Dio non si sposta da un luogo ad un altro, non è quindi Dio che venga a noi, perché Dio è già in noi. E così anche lo Spirito Santo è già in noi. Quindi non si tratta di uno spostamento delle persone divine, e non si tratta di uno spostamento di Dio da un luogo all’altro che deve avvenire in noi. Questa venuta, di cui Gesù ne parla sovente, “Noi verremo e faremo abitazione” (Gv 14,23)è un parlare in parabole. Ora, il parlare in parabole richiede sempre l’intelligenza dello Spirito.

Non sono le Persone divine che si spostano, ma siamo noi che dobbiamo spostarci, siamo noi che dobbiamo mutare, e mutare fino a quel livello in cui possiamo vedere Colui che è presente. Dio è presente. Ma come può avvenire questo mutamento. Lo dice qui: attraverso la glorificazione di Gesù.

Domenica scorsa abbiamo visto “la glorificazione di Gesù nei nostri cuori”; cioè, la glorificazione non avviene fuori di noi, non avviene esteriormente. Non si glorifica Gesù con canti, con riti, ecc… La glorificazione di Gesù è un fatto nettamente interiore: “dal seno di chi crede in Me…” (Gv 7,38), chi crede glorifica, cerca la gloria di Dio.

Ora. Dio però non ci ha lasciati soli con questo problema interiore di glorificare Gesù, di glorificare suo Figlio. Infatti tutto il mondo esterno è tutta una pedagogia per questo nostro cammino, per questa nostra via nella glorificazione di Gesù. Noi possiamo a grandi tappe sintetizzare tutto il mondo esterno:

-                                                                                                        creazione di Dio;

-                                                                                                        tutta la creazione di Dio si conclude e si sintetizza in Cristo. Cristo è il centro dell’universo, è il centro della vita di ogni uomo. E tutta la creazione si conclude con Cristo;

-                                                                                                        la vita di Cristo si conclude con la sua morte in Croce;

-                                                                                                        la sua morte in Croce sfocia nella Resurrezione;

-                                                                                                        la Risurrezione si inoltra verso l’ascensione nel Cielo del Padre alla destra del Padre;

-                                                                                                        e tutto questo si conclude con la Pentecoste.

 

Queste sono le grandi tappe della creazione di Dio, dell’opera di Dio esterna a noi; che è avvenuta senza di noi, e che rappresenta l’ambiente in cui le nostre esistenze vengono a trovarsi. Ora, tutto questo ambiente è lezione di Dio per noi, è pedagogia divina per insegnare a noi come si glorifica Gesù, il Figlio suo nei nostri cuori, dentro di noi, che è poi la premessa, la condizione per arrivare a Pentecoste.

E allora il passaggio sta nel cogliere l’anima di questi gradini. Ogni passaggio è un gradino; abbiamo un primo passaggio: creazione – Cristo; Cristo, abbiamo detto, è il Centro di tutta la creazione di Dio. Quindi il primo gradino sta in questo passaggio dalla creazione, dalla natura, dal mondo esteriore in cui noi ci troviamo (mondo in cui tutta la nostra vita si risolve nei problemi del mangiare, del vestire, della figura davanti agli altri, cioè nei problemi incentrati sul nostro io) al Cristo. E poi abbiamo il passaggio dal Cristo alla sua morte; e poi abbiamo il passaggio dalla sua Morte alla Risurrezione; dalla sua Risurrezione all’Ascensione al Padre.

Tutti questi passaggi sono gradini per la nostra vita interiore, per la nostra vita spirituale; e come, cosa rappresentano questi gradini? Come noi possiamo passare da un gradino all’altro, salire da un gradino all’altro? Interiorizzando queste lezioni, cioè capendo il significato di queste lezioni.

Abbiamo detto: il primo passaggio è l’incontro col Cristo, passaggio dalla molteplicità della vita esteriore alla vita con Uno solo; questo passaggio è scoprire l’importanza del Cristo per la nostra vita; perché in Cristo si sintetizza, si riepiloga il significato di tutta la creazione di Dio; e anche il significato di tutta la nostra dispersione, di tutto il nostro peccato e di tutte le nostre colpe. Ad un certo momento nella nostra vita ci accorgiamo di questo grande problema: si forma in noi il bisogno di un Salvatore, di uno che ci liberi dalla situazione in cui noi ci siamo venuti a trovare nella creazione di Dio, in conseguenza del fatto che noi non abbiamo più raccolto tutto, tutte le opere di Dio, tutti i segni che Dio ci mandava, nel Pensiero di Dio. Ecco, questo bisogno dell’incontro con questo Salvatore, ci prepara, ci introduce al Cristo. Ma incontrando il Cristo, Egli diventa l’interesse principale della nostra vita; per cui incominciamo nella nostra vita a operare una selezione d’interessi, incominciamo ad occuparci di più del Cristo che delle altre cose, perché lì abbiamo trovato Colui che dà un significato a tutto, e soprattutto alla nostra esistenza.

Però la vita del Cristo si conclude con la sua Morte in Croce; quanto volte abbiamo parlato del significato di questa morte; questa morte che va intesa nel suo significato spirituale, quindi interiorizzata in noi come evidenziazione di tutta la nostra dispersione, di tutti i nostri mali, del pensiero di noi stessi. La morte del Cristo in Croce rappresenta la morte al nostro io, la morte al pensiero stesso del nostro io. Quindi seguendo il Cristo noi siamo condotti a scoprire questo passaggio importante che dobbiamo effettuare: morire a noi stessi. E questo morire a noi stessi vuol poi dire superare il pensiero del nostro io; quindi non più riferire le cose alle impressioni che noi riceviamo del pensiero di noi stessi, le nostre sensazioni, i nostri sentimenti, i nostri piaceri, le nostre figure, ma ad ordinarle; ordinarle dove? Tutte le cose che arrivano a noi devono essere riportate sempre nel Pensiero di Dio, perché sono creazione di Dio.

Ecco, l’opera del Cristo ci apre questo grande problema di vita interiore. Qui si inaugura la vita interiore: con la scoperta del Pensiero di Dio in noi e con l’esigenza e la possibilità di oltrepassare il pensiero del nostro io abbiamo la possibilità di riportare tutte le cose al Pensiero di Dio. Con l’inaugurazione della nostra vita interiore inizia quello che è la Risurrezione, cioè la tappa del Cristo Risorto con noi.

Ma non finisce qui, c’è un momento in cui, nel mondo esterno, Cristo ascende nel Cielo del Padre, e si pone alla destra del Padre (cf Lc 24,50-53).

Tutto questo è avvenuto, quindi è pedagogia per noi, perché noi impariamo a glorificare il Cristo, e quindi possiamo giungere alla venuta dello Spirito Santo. E questo è quanto abbiamo considerato domenica scorsa: l’ascensione al Padre, rappresenta la ricerca interiore, in noi, di ciò che il Pensiero di Dio è in Dio; bisogna cercare questo rapporto che passa tra il Pensiero di Dio e il Padre. Questa è  volontà di Dio, quindi è impegno per ognuno di noi, anche se può sembrare molto difficile. In effetti è difficile, perché la Verità di Dio è terribilmente difficile. Dio è un infinito, ci supera infinitamente; Egli è trascendente noi, non si vede tra le cose esteriori. Il suo regno non si vede con i nostri occhi, e non si ascolta con le nostre orecchie; quindi il Regno di Dio è difficile, Dio è difficile. Cristo non fa dei complimenti, non ci attrae con della semplicità, anzi dice: “la strada è difficile, è ardua, la porta è stretta, sforzatevi di entrare”  (cf Lc 13,24). D’altronde la difficoltà è un test dell’amore; e Dio ci osserva proprio nell’amore.

Ripeto: tutto quello che avviene nel mondo esterno è aiuto da parte di Dio per questo cammino interiore che dobbiamo fare per giungere alla glorificazione di Gesù. E questa ascensione al Padre rappresenta nel nostro mondo interiore questo riportare il Pensiero di Dio alla destra del Padre per considerare, per contemplare il Pensiero di Dio nel Padre.

Ora, è proprio attraverso queste tappe interiori, quindi è attraverso questa intelligenza delle cose esteriori che sono avvenute, che sono state poste davanti ai nostri occhi e quindi è attraverso questo cammino interiore che noi mutiamo. L’uomo muta non attraverso fatti esterni, non attraverso l’azione, non attraverso correre per il mondo, non attraverso il sacrificio, non attraverso le rinunce, non attraverso dei riti, non attraverso tradizioni, ecc., l’uomo muta attraverso questi passaggi di vita interiore per contemplare ogni cosa in Dio.

Allora, proprio attraverso queste mutazioni l’uomo matura; matura per quel giorno in cui la sua anima diventa capace di portare la rivelazione della Verità, cioè per la Pentecoste. Noi verremo a Lui e faremo la nostra abitazione presso di Lui, cioè matura per quel giorno in cui la nostra anima diventa capace di capire, di conoscere in sé, la presenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; cioè la presenza del Padre e del Figlio che è lo Spirito Santo.

Dico, non è una Presenza che viene a noi un giorno; no! È rivelazione di questa presenza che portiamo già in noi e che costituisce tutto il problema principale di tutta la nostra esistenza, di tutta la nostra vita. Ho detto molte volte che l’anima di tutta la psicologia, di tutti i nostri problemi è questa Presenza dell’Assoluto che portiamo in noi: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Infatti è nella Trinità Divina che si risolvono tutti i nostri problemi e che si soprattutto che la nostra vita terrena sfocia nella Vita Eterna.

Questo contemplare il Figlio nel Padre è la premessa per il giorno di Pentecoste, “…si trovavano tutti nello stesso luogo”(At 2,1). Allora, naturalmente, questo contemplare il Figlio nel Padre va ben precisato, richiede il silenzio di ogni altra cosa, il silenzio di tutto il mondo, il silenzio di tutti i nostri pensieri, il silenzio di tutti i nostri problemi, il silenzio di tutto. E non basta il silenzio totale, perché il silenzio totale è solo la condizione, perché la nostra anima, il nostro spirito, il nostro pensiero si possa dedicare a questo. Gesù dice: “Non allontanatevi da Gerusalemme fino a quando non siate rivestiti dall’Alto”(Lc 24,49). Gerusalemme è la nostra anima.

Quando si arriva a questa tappa, l’anima deve, in questo silenzio di tutto il resto,   dedicarsi a questo se vuol giungere ad accogliere in sé la rivelazione dello Spirito.

Siccome lo Spirito di Verità è mutamento del nostro essere è un dono essenzialmente personale, ed essendo personale, intimo, è riservato alla preparazione personale di ognuno di noi. Non avviene con un atto magico. La colomba, le fiammelle, sono segni, e in quanto segni pedagogia per noi; ma teniamo presente che la rivelazione dello Spirito di Verità in noi non avviene senza di noi, quindi non avviene senza questa glorificazione del Figlio di Dio nell’interno dell’uomo.

Possiamo sintetizzare questa tappa estrema che è la premessa con l’incontro dello Spirito di Verità, che noi possiamo soltanto dire a parole perché il fatto è personale, con le parole stesse del Vangelo di S. Giovanni; la loro caratteristica è questa: Gesù dice: “Io voglio – è volontà del Cristo, quindi per chi cerca la volontà di Dio qui ce l’ha dichiarata apertamente – che dove sono Io siano anch’essi, affinché vedano la mia gloria” (Gv 17,24). Abbiamo detto che la Gloria del Cristo è la premessa per la nostra Pentecoste. Qui Gesù dice:

-                                                      “Io voglio…”, quindi è un impegno per ognuno di noi,

-                                                      “…che dove sono Io…”, luogo: il luogo non è un luogo esterno, ma è un problema interno, quindi è una dedizione del pensiero; e dove Lui è? Lui è nel Padre;

-                                                      “…affinché vedano”, quindi il vedere la gloria, cioè il poter glorificare il Figlio di Dio, cioè il contemplare il Figlio di Dio nel Padre richiede questo essere da-, dove è il Figlio; per questo il Figlio è asceso al Padre. È asceso per noi, affinché noi puntassimo i nostri pensieri dove Lui è andato, cioè alla destra del Padre.

-                                                      “la gloria che egli ebbe prima che il mondo fosse”, Gesù dice ancora, rivolgendosi al Padre.

Notiamo che sono parole che Gesù dice non perché noi le abbiamo soltanto a ripetere, ma perché noi le abbiamo a capire. E tutte queste parole sono introduzione alla Pentecoste. E se noi non capiamo queste parole, alla Pentecoste non possiamo arrivare. Quindi non basta glorificare il Cristo come possiamo intendere noi, ma bisogna cercare quella gloria, quindi glorificarLo con quella Gloria che “Egli ebbe prima che il mondo fosse”  e che si trova soltanto nel Padre. “Prima che il mondo fosse”, cioè indipendentemente da tutta la creazione. Ecco perché ci vuole un infinito silenzio. Silenzio di tutti i nostri problemi, di tutte le creature, e di tutte le cose che dicono gli uomini. È un rapporto personale, intimo, della nostra anima con Dio.

Poi c’è una seconda frase, presa da Giovanni stesso che si rivolgeva ai suoi discepoli, che dice: “noi abbiamo contemplato la sua Gloria, Gloria di Figlio unigenito del Padre” (Cf 1 Gv 1,1-5) . Ecco, il problema essenziale, ultimo, la premessa per la Pentecoste è questa unigenicità del Figlio di Dio. Lo Spirito Santo viene a noi, in noi, da questa unigenicità del Figlio di Dio.

Gesù ci ha dato anche un test perché noi possiamo verificare queste ultime tappe, per non presumere (perché noi possiamo anche presumere, per sentito, l’incontro con lo Spirito Santo). Lui dice: “In quel giorno – il giorno della venuta dello Spirito Santo – capirete – è quindi un problema di conoscenza – che Io sono nel Padre, e voi in Me e Io in voi” (Gv 14,20). Quando giungerà in noi lo Spirito Santo, veramente noi capiremo questo. Quindi noi abbiamo un test, possiamo misurarci qui: se noi non capiamo queste specifiche parole di Gesù vuol dire che non siamo arrivati alla nostra Pentecoste personale, cioè non abbiamo incontrato lo Spirito Santo.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Pinuccia B.: Ci possono essere dei dubbi quando si arriva a Pentecoste?

Luigi: No! Ci possono essere dei dubbi prima; nel senso che si può credere di essere arrivati a Pentecoste. Abbiamo un test: “In quel giorno voi capirete che Io sono nel Padre, voi in Me e Io in voi”. Ora, teniamo presente che qui c’è un assurdo agli occhi nostri, perché abbiamo un contenente che diventa un contenuto; è assurdo perché o è contenente o è contenuto. Come è possibile che quello che è un contenuto di un contenente sia a sua volta un contenente del contenuto?

Nello Spirito è possibile; però diventa intelligibile soltanto con lo Spirito Santo, e fintanto che non arriviamo allo Spirito Santo noi possiamo credere di aver fatto Pentecoste, di ricevere lo Spirito Santo. Ecco, il Signore ci mette di fronte queste parole: “In quel giorno voi capirete che Io sono nel Padre, e voi in Me e Io in voi”.

Pinuccia B.: “…voi in Me”, quindi anche noi nel Padre.

Luigi: Noi in Lui e Lui in noi; è qui l’assurdo per i nostri metri di misura, perché se io sono in una casa la cassa non può essere in me. Eppure, quando noi arriveremo allo Spirito Santo noi capiremo questo, perché dice: “voi capirete”. Quindi ci ha dato un test per misurare; siccome ci possiamo illudere, credere di essere già arrivati, quindi non impegnarci più; ecco, a chi magari dice: “Io lo Spirito Santo l’ho già ricevuto, perché ho fatto la cresima…”, gli si chiede: “hai capito queste parole?”. Fintanto che tu non capisci queste parole, vuol dire che non l’hai ricevuto.

Eligio: Alcune domeniche fa si era detto che il Pensiero di Dio in noi è indipendentemente da noi; è la stessa cosa? Tanto volte abbiamo parlato di immanenza di Dio e di trascendenza, perché Egli è in noi e al di sopra di noi…

Luigi: Certo, che Egli sia in noi e al di sopra di noi è una cosa, ma qui dice che Egli è in noi e che noi siamo in esso. Cioè, abbiamo il contenuto che diventa contenente.

Eligio: Ma la trascendenza di per sé lo fa contenente.

Luigi: Soltanto la trascendenza; però trascendenza è una parola, però capire è un altra cosa. La parola va capita. Ecco, qui dice che quando arriverà lo Spirito noi capiremo; Lui fa proprio questa distinzione; “In quel giorno voi conoscere; voi capirete che Io sono nel Padre – quindi capirete come Io sono nel Padre – Io in voi – capirete come Io sono in voi – e voi in Me – capirete come voi siete in Me” ; capiremo il come. Quindi una cosa è l’enunciato, la Parola. Dico, la parola di Dio non può essere smentita, quindi anche il problema della trascendenza di Dio non può essere smentito; però che non sia smentito non è detto che sia capito. Con la venuta dello Spirito Santo invece noi capiremo, vedremo queste cose, cioè scopriamo la realtà di queste parole, verifichiamo la Realtà. Queste parole sono il test.

Eligio: Quindi quando Cristo ci porta a prendere consapevolezza che esiste in noi il Pensiero di Dio in noi, non è ancora conoscenza.

Luigi: No, noi verifichiamo che effettivamente questo pensiero c’è, però non sappiamo ancora. Infatti con Cristo si arriva a questa scoperta dell’oggettività del suo Pensiero; con questa scoperta inauguriamo la vita interiore. E questa inaugurazione della vita interiore rappresenta la tappa dalla Risurrezione all’Ascensione. Cioè con la vita interiore noi superiamo il pensiero dell’io e incominciamo a riferire tutte le cose al Pensiero di Dio, proprio perché Cristo ci ha condotti a scoprire l’oggettività di questa presenza in noi. Però tra il Pensiero di Dio e il Padre, tra il Pensiero di Dio è Dio c’è il problema dell’ascensione. Infatti perché cristo è asceso al Padre? Poteva restare Risorto con i suo i discepoli. Perché  Egli è asceso al Padre?

Ora, se è asceso non è asceso per sé, ma è asceso per noi; quindi c’è un passo, e bisogna intendere interiormente che cosa significa questo passa, perché tutte le cose che sono avvenute esteriormente sono lezioni per dei passaggi interiori che ci devono condurre alla glorificazione del Figlio di Dio nel Padre. Abbiamo detto domenica scorsa che questa glorificazione del Cristo nei nostri cuori rappresenta il trovare il rapporto che passa tra il Padre e il Figlio.

Eligio: Però per intendere c’è bisogno dello Spirito.

Luigi: Certamente, però in quanto Cristo dice: “Io voglio che dove sono io - come vedi qui c’è l’ascensione – siano anch’essi”; qui c’è la volontà di Dio, cioè Dio ci dice che noi dobbiamo essere dove Lui è, dove Lui si trova. Quindi io mi debbo dedicare a quel luogo in cui Lui si trova. Da qui nasce tutta la problematica: dove Lui si trova? Come si trova?

Quindi Lui vuole che dedichi il mio pensiero a questo problema; la Sua volontà l’ha espressa: “Io voglio che dove sono Io siano anch’essi”, in quanto l’ha detto…; quindi dicendoci che questa è la sua volontà ci dice anche che ci offre la possibilità, perché lui non ci dà un comando che noi non possiamo eseguire. Quindi dicendoci questo vuol dire che abbiamo nel Padre abbiamo questa possibilità. Ora, questo luogo, deve essere un luogo nel silenzio della creazione, quindi non è più un segno, non è più un luogo esterno, anzi deve essere un silenzio di tutto: “…la gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”. Per cui ad un certo momento bisogna cercare la sua gloria, cioè ciò che Egli è indipendentemente da tutta la creazione di Dio. Tutta la creazione di Dio è soltanto un cammino, una scala che introduce.

Eligio: La morte del Cristo è segno di quella morte che ognuno deve avere al proprio io; però in modo particolare non è segno di quella morte che procuriamo noi a Cristo facendo scelte in conformità del nostro io?

Luigi: Certo, ma questa evidenziazione della morte che noi procuriamo è sempre per rivelare a noi il nostro peccato; infatti noi non prenderemmo coscienza se Lui non prendesse su di Sé il nostro peccato.

Eligio: Direi che è il segno più evidente.

Luigi: Certo, però lo scopo di questo segno è quello di farci toccare con mano qual la causa di tutti i nostri mali. La causa di tutti i nostri mali è questa incentrazione della nostra vita sul pensiero del nostro io.

Eligio: Sì, ma visto che qui è stato detto che rappresenta la morte che deve avvenire in noi…; intendo dire che sono due significati che la morte di Dio mi presenta: il primo, quello di cui devo prendere maggiormente consapevolezza, è che dentro di me che avviene la morte del Cristo; e il secondo, non meno importante rappresenta la tappa da percorrere, è quindi un invito a morire a noi stessi.

Pinuccia B.: Sono due facce della stessa medaglia.

Luigi: Evidentemente quello che avviene esteriormente è Dio che prende su di Sé la nostra situazione. Quello che avviene esteriormente è creazione di Dio. Ora, in quanto è creazione di Dio dovrebbe essere tutta pura, secondo lo Spirito di Dio; se invece in questa creazione di Dio c’è la macchia del nostro peccato è Dio che prende su di Sé. Infatti Cristo è l’Agnello che prende su di Sé, non che toglie, ma che prende su di Sé il peccato del mondo, il peccato dell’uomo. Egli prende su di Sé il peccato per evidenziarlo; quindi è Dio che prende su di Sé il mondo esterno per evidenziare quello che noi non capiremmo altrimenti. Allora, evidenziato possiamo capire, e avendo capito abbiamo la possibilità di trascendere, di superare questo posto di blocco. Il nostro io è un posto di blocco in cui noi esauriamo tutta la nostra vita; e esauriamo anche tutte le opere di Dio. Allora, in questa evidenziazione abbiamo la possibilità di superare questo posto di blocco. Superando questo posto di blocco adesso abbiamo un altro centro. Il Centro è il pensiero di Dio, e non è più il mio come centro; ecco, fino alla morte del Cristo il mio è il centro, anche se credo in Dio, anche se parlo di Dio, tutt’al più prego Dio perché mi aiuti a risolvere questi problemi incentrati sul mio io; ma è tutto finalizzato al pensiero del mio io. Invece con la morte del Cristo ho questa possibilità di inaugurare un altro centro; l’altro centro è il Pensiero di Dio. Adesso incomincio a riferire, a riportare tutte le cose al Pensiero di Dio, e quindi a fare delle scelte non più secondo il mio io, ma secondo il Pensiero di Dio; qui abbiamo la Risurrezione. Come ultima tappa abbiamo l’Ascensione al Padre.

Ora, tutte queste tappe sono terribilmente una legata all’altra, condizionate, quindi non possiamo invertire i termini.

Quindi, arrivati all’Ascensione, dobbiamo portare il Pensiero di Dio, questo centro che portiamo in noi, a cui abbiamo riferito tutte le cose durante la nostra vita interiore, portarLo nel Padre. E nel Padre abbiamo queste tre tappe ultime, che sono state sintetizzate con queste parole di Gesù:

-                                                      “Voglio che dove Io sono siano anche loro”

-                                                      “la gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”

-                                                      “l’Unigenicità del Figlio di Dio”.

Questa Unigenicità del Figlio di Dio è l’ultimo passaggio (e anche qui non possiamo invertire nessun passaggio; quindi non dobbiamo considerare l’ultimo quando non abbiamo fatto il primo), ed è la condizione essenziale per accogliere lo Spirito Santo. È la condizione essenziale perché Gesù stesso dice: “Io ve Lo manderò dal Padre”(Gv 15,26), Lui lo manda. Ora, è soltanto capendo questa Unigenicità del Figlio di Dio che siamo condotti all’incontro, a questa venuta dello Spirito Santo.

Pinuccia B.: Puoi aiutarci ad approfondire questa Unigenicità.

Luigi: Non si possono invertire i termini, nel modo più assoluto.

Eligio: Perché è necessario il concetto di Unigenicità.

Luigi: Non si possono invertire i termini. La vita interiore è un lavoro essenzialmente personale. Quindi tutto quello che si può dire è enunciare le tappe; però ognuno se le deve vivere. Io posso enunciare le tappe, ma poi il problema diventa un problema di vita interiore, soltanto interiore.

Pinuccia B.: Ma come ci hai aiutato ad approfondire le altre tappe, come ad esempio la morte del Cristo, così pensavo fosse possibile approfondire questi tre ultimi passaggi.

Luigi: L’Unigenicità è questa: il Figlio di Dio è uno solo, tutto lì; la condizione è quella. Il Figlio di Dio è uno solo; ed è soltanto passando questo Uno solo che arriviamo a Pentecoste; non si può arrivare in modo diverso.

Eligio: L’uomo può ingannarsi sull’Unigenicità del Figlio di Dio?

Luigi: Ad esempio possiamo ritenere di essere tutti figli di Dio…

Eligio: Non nel modo di Cristo.

Luigi: Certo, ma è questo “modo” che va capito; perché le parole di Dio vanno assimilate, quindi vanno capite. Ora, l’Unigenicità vuol dire semplicemente che Dio ha un Figlio solo, però quando abbiamo detto che Dio ha un unico Figlio abbiamo detto ben poco, perché la cosa va capita, e capita dal Padre. Infatti questo è tutto un enunciato, sono parole, ma queste parole vanno capite. E allora non c’è nessuno dall’esterno che ci possa aiutare, perché Gesù stesso dice: “Verrà il momento in cui non vi parlerò più in parabole”(Gv 16,25). E noi stiamo parlando in parabole. La conoscenza con il Padre avviene senza parole; è la constatazione, è Dio che ci fa constatare; per cui lo Spirito viene dall’Alto.

Pinuccia B.: Però le parole come parabole, come premessa possano aiutarci.

Luigi: È venuto il momento di evidenziare questa Unigenicità. È importantissima, è l’ultima tappa, direi l’istante prima per trovare Lo Spirito Santo. Si può solo dire questo, ma comunque rimangono parole, parabole.

Sono tappe obbligate, ed hanno un loro ordine: tu non puoi considerare l’Unigenicità se prima non sei passata attraverso questo distacco da tutte le cose; non arrivi al distacco da tutte le cose se prima non ti sei portata “là dove Io sono”.

Ecco, le tappe sono enunciate, adesso è ognuno dentro di sé che le deve fare; è soltanto nell’interiorità, perché è una cosa personale, e non c’è nessuno che le possa fare al tuo posto.

Eligio: Ciò che mi riesce difficile capire è questo rapporto tra il Pensiero di Dio e il Padre, la glorificazione.

Luigi: Certo, per questo è richiesta molta dedizione da parte nostra; dire che è necessario un isolamento in questo: “Voglio che dove Io sono siano anch’essi, e vedano…”, quindi evidentemente per vedere dobbiamo dedicarci a quel Luogo. In quanto Egli esprime come sua volontà l’essere noi in quel Luogo dove Lui è, vuol dire che ci offre la possibilità. È un passaggio che va fatto.

Dobbiamo essere convinti che tutto quello che è avvenuto nel mondo esterno è aiuto, è lezione di Dio per insegnarci a fare i movimenti dentro di noi; quindi tutta la vita del Cristo va intesa per questi fatti che devono avvenire dentro di noi. Se noi non capiamo che devono avvenire dentro di noi Cristo resta là e noi siamo qua.

Nino: Se non facciamo questi passaggi, ad un certo punto noi dovremmo dire: “abbiamo vissuto per niente”.

Luigi: Noi dovremmo domandarci interiormente:

1° “ho capito il passaggio che bisogna fare dalla creazione a Cristo? è già avvenuto o non è avvenuto?”; noi il più delle volte ci diciamo cristiani, seguaci di Cristo, e poi siamo ancora tutti proiettati nel mondo e forse non abbiamo ancora fatto il primo passaggio.

2° “ho capito il passaggio che bisogna fare dal Cristo alla morte del Cristo?”;

3° “ho capito il passaggio che bisogna fare dalla morte del Cristo alla sua Risurrezione?”;

4° “ho capito il passaggio da fare dalla risurrezione all’ascensione?” ;

A questo punto possiamo occuparci delle ultime tre tappe, per ultima l’Unigenicità.

Questi sono tutti passaggi che vanno interiorizzati, capiti, per la nostra vita personale; e fintanto che non abbiamo capito personalmente i passaggi: creazione-Cristo, Cristo-sua Morte in Croce; Morte in Croce-Risurrezione; Risurrezione-Ascensione al Padre; Ascensione al Padre-Pentecoste; non ci dobbiamo considerare arrivati.

(?): Per capire questo bisogna sempre appellarsi al Cristo, con le sue Parole.

Luigi: È sempre Lui, con le sue parole che ci conduce di tappa in tappa, sapendo che dobbiamo arrivare a Pentecoste, perché la meta sta lì. Tutta l’opera di Dio, e tutta l’opera del Cristo è per farci giungere alla nostra Pentecoste personale, cioè alla conoscenza della sua Verità. Noi siamo stati creati per conoscere Lui, perché la conoscenza di Lui è Vita Eterna. Siamo stati creati per questo. La Vita Eterna incomincia già qui; con la Pentecoste s’incomincia questa Vita Eterna. Quindi tutte le cose sono state create per questo fine, tutto va visto in questo fine. Per cui, dal primo momento in cui Dio disse: “Sia fatta la Luce”(Gen 1,3), fino al momento in cui Cristo ascende al Cielo, Dio opera per darci la possibilità di realizzare la nostra Pentecoste personale.

Certamente la Pentecoste è una luce che inonda la nostra anima; è la Luce di Dio che entra nella nostra anima; è la scoperta della Presenza di Colui che è già presente, che noi non possiamo smentire perché è già presente in noi, ma non lo vediamo; quindi siamo immaturi. Allora, che cos’è che ci fa maturare?

Ciò che ci fa maturare è capire tutti questi passaggi che Dio ha scritto fuori di noi; attraverso il Cristo stesso, Egli ha scritto per noi, affinché facendoli dentro di noi, noi potessimo maturare. Dico, la modificazione avviene dentro di noi; siamo noi che dobbiamo mutare, e non è che Dio era in punto e adesso viene in quest’altro punto. No! Per Dio non ci sono punti, Dio è già tutto qui; siamo noi che dobbiamo spostarci, che dobbiamo maturare. Ecco, noi ci modifichiamo capendo le lezioni che Dio ci ha dato in Cristo, quindi facendo i passaggi essenziali (che sono stati sintetizzati; perché la stessa vita del Cristo è tutta un susseguirsi di passaggi, ma che si conclude con la sua morte in Croce); sono tutti passaggi che dobbiamo fare in vista della Pentecoste. Quindi non dobbiamo fermarci al Gesù che nasce a Natale, alla vita pubblica, o a Lui falegname, o al Getsemani, perché è tutto un cammino di gradini che bisogna intendere e che bisogna interiorizzare e fare dentro di noi. Se noi non le vediamo come devono essere fatte dentro di noi vuol dire che non abbiamo capito la lezione di Cristo.

Ogni tappa va fatta in vista di arrivare alla Pentecoste, la Meta è lì. E allora “Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi”(Gv 8,32); a questo punto non c’è più niente che possa far male, perché lo Spirito Santo venendo in noi ci conduce a vedere la Verità in tutto, e conducendoci a vedere la verità in tutto, tutto diventa preghiera, e in tutto noi abbiamo la possibilità di vedere il Pensiero di Dio, e allora non c’è più niente che nuoccia. Infatti le cose ci fanno male perché non vediamo la Verità, perché non vediamo il Pensiero di Dio. E allora ci lasciamo guidare dalle impressioni, dai sentimenti, dal sentito dire, ma siamo schiavi delle cose; poi dopo, quando magari siamo carichi di mondo, diciamo: “avessi saputo”. Ma perché non hai saputo? Perché non avevi la Luce dello Spirito di Dio. Quindi non hai cercato prima di tutto quello che dovevi cercare prima di tutto.

Pinuccia B.: L’ultima tappa, quella della glorificazione del Pensiero di Dio in noi, che è la premessa per arrivare alla nostra Pentecoste è ancora spezzettata in quelle tre tappe…

Luigi: Certo, in tre tappe e in una conclusione di verifica, che è molto importante.

Pinuccia B.: Quindi domenica scorsa ci hai spiegato questa glorificazione come un rapportare il Pensiero di Dio al Padre, e adesso..

Luigi: …dobbiamo cercare il rapporto che passa tra questa glorificazione e la venuta dello Spirito Santo, perché il versetto dice: “Lo Spirito Santo non era ancora venuto non essendo Gesù Glorificato”. Quindi fa dipendere la venuta dello Spirito Santo da questa glorificazione di Gesù. Ora, questo lo dice per dire che fintanto che in noi Gesù non è glorificato tu non puoi arrivare alla Pentecoste. Quindi qui c’è la via e c’è il Fine.

Ecco, l’argomento di oggi è capire questa rapporto di dipendenza della venuta dello Spirito Santo alla glorificazione del Figlio. Poi ci siamo chiesti: come può avvenire dentro di noi questa glorificazione? Avviene attraverso questa interiorizzazione delle lezioni che Dio ci ha dato esterne a noi, perché tutto quello che avviene di esterno a noi è lezione di Dio per farci percorrere le tappe. Quindi quello che avviene all’esterno avviene senza di noi, ma quello che avviene dentro di noi, non avviene senza di noi. Allora, dall’esterno noi abbiamo la lezione di Dio perché noi possiamo fare internamente quello che senza di noi non avviene. Questo ci fa capire che, siccome la glorificazione di Dio in noi non avviene senza di noi, a Pentecoste non si arriva senza di noi, cioè senza dedizione personale.

Pinuccia B.: Quindi noi adesso noi dovremo fermarci sulle tre frasi di Gesù, perché formano le tre tappe sulla glorificazione di Gesù. Il lavoro concreto è questo?

Luigi: No! Il lavoro concreto è quello di convincerci della dipendenza della venuta dello Spirito Santo dalla glorificazione del Figlio.

Pinuccia B.: E per chi è già convinto?

Luigi: Le cose di Gesù vanno mangiate, altrimenti restano un sentito dire; non confondere il sentito dire; anche Pilato ha detto che Gesù diceva cose vere, e poi dopo Gesù gli chiede: “sei convinto di ciò che dici o perché te l’hanno detto” (Gv 18,34). Fintanto che noi diciamo che le cose sono così perché ce le hanno dette, non si siamo. Nell’amore, tu ti accontenti del sentito dire?

Eligio: Dobbiamo capire per fede.

Luigi: Dobbiamo convincerci.

Pinuccia B.: La convinzione è sempre basata su delle motivazioni, su delle ragioni…

Luigi: Tu sei convinta che Dio è Creatore di tutto?

Pinuccia B.: Sì, e allora…

Luigi:; Dobbiamo formarci delle convinzioni, perché Dio opera convincendo, parla convincendo e non parla per crearci delle emozioni. Abbiamo trasformato le festività sulle emozioni, e Dio non parla creando delle emozioni.

Eligio: Possiamo capire queste affermazioni nella prospettiva della Verità, prima ancora della venuta dello Spirito Santo?

Luigi: Certo, perché per arrivare là dobbiamo capire la strada.

Eligio: Ma perché il Signore dice: “Quando verrà lo Spirito vi farà capire…”; in quanto Lui l’ha enunciato ci rivela che non l’avevano capito.

Luigi: Un momento, quando Lui enuncia ci vincola; infatti dice: “Se io non avessi parlato non sareste in colpa”(Gv 15,22); quindi, quando la parola sua arriva a noi ci costituisce già di una certa responsabilità; ciò vuol dire che quella parola arriva con quel grado di convinzione tale per cui è credibile come valore, e non è smentibile. Per cui, bisogna arrivare a dire: “io non sono ancora arrivato a Cuneo, però so che questa strada mi porta a Cuneo”. Quindi, quello che è strada arriva già a me con dei segni tali che è sufficiente per dirmi: “questa è la strada che mi conduce là”. Per cui se non la percorro io sono in colpa; e non dico: “anziché percorrere quella percorro l’altra intanto tutte le strade sono uguali; io non sono sicuro di questa”, in tal caso non sarei in colpa. Invece Dio mi dice che sono in colpa perché evidentemente questa strada ha delle caratteristiche tali per cui abbinata a quello che è il mio interesse principale ti dà una certezza. Però deve essere abbinata all’interesse principale, perché se tu hai un altro interesse allora tanto vale una come un’altra. È come chi dice che tutte le religioni sono uguali. No! C’è ne una sola che è vale; come tutte le strade non sono uguali. Dio è uno solo, quindi una sola è la strada che conduce. Si capisce che le strade sono infinite, però una sola è quella che conduce. Allora, che cos’è che mi fa scegliere la strada giusta? Abbiamo un dato oggettivo e un dato soggettivo, ora se uno dei due dati difetta, allora sono nel dubbio, ma se ad esempio il dato soggettivo è quello che difetta vuol dire che ci sono interessi diversi. E gli interessi diversi ci fanno sbandare su altre strade e mi rendono incerta la strada giusta. Ma se dentro di me ho messo Dio al centro, quindi sono attratto dal Padre, non ho più nessun dubbio, perché la strada si presenta con dei segnali tali per cui seguo quella. E non sono ancora arrivato alla meta, però ho una convinzione.

Nino: Pascal diceva: “l’ultimo passo della ragione è riconoscere che un’infinità di cose è da trascendere”.

Rina: Hai detto che lo Spirito Santo non arriva in forma magica, però per gli apostoli è avvenuto così.

Luigi: Tutto quello che è avvenuto allora appartiene tutto al nostro mondo esterno, è tutto segno. Quindi nei segni la creazione è magica; ma arriva un certo momento in cui le cose non avvengono più per magia.

Pinuccia B.: Che relazione c’è tra l’argomento, il rapporto di dipendenza tra la glorificazione del Figlio e la Pentecoste, e le tre tappe che precedono la Pentecoste?

Luigi: Il giorno che tu hai capito quelle tre tappe sei arrivata alla tua Pentecoste personale.

Pinuccia B.: Ma che relazione c’è con l’argomento?

Luigi:  Sono segnalazione di Gesù per indicarci questo lavoro in cui l’anima è impegnata dopo la sua ascensione al  Cielo. È una segnalazione, direi che sono gli argomenti principali, su cui si trovavano gli apostoli nei giorni prima della Pentecoste.

 


Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Quarto tema.


Titolo: Vedere ciò che è presente.


Argomenti: Le tappe verso Pentecoste – La creazione e Cristo – La salvezza di Cristo – Rispettare la presenza di Dio – La morte in croce – Interiorizzare – L’esterno deve avvenire nel nostro interno – La difficoltà di capire – L’ascensione esterna e interna – Lo Spirito viene solo ai discepoli – Custodire la Parola – La glorificazione di Cristo -


 

23/ Maggio /1983


Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Quinto tema.


Titolo: Le tappe verso Pentecoste.


Argomenti: La glorificazione di Cristo e la venuta dello Spirito santo – La Pentecoste – Rapportare il Pensiero di Dio al Padre – Il luogo di Cristo – Il superamento deri segni – L’unigenicità del Figlio – L’umanità di Gesù – L’ascensione -


 

29/ Maggio /1983



Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Sesto tema.


Titolo: I tre errori nella glorificazione di Cristo.


Argomenti: Il destino della persona – La vita interiore è unificazione in Dio – Il rapporto tra il Pensiero di Dio e il Padre – Le tappe interne ed esterne verso Pentecoste – La glorificazione di Cristo in noi – La venuta dello Spirito santo – I livelli della vita: creazione/Cristo/Spirito -  Non collegare la creazione con il Creatore - Il compimento della creazione – L’errore dei credenti – L’errore degli atei – Lo Spirito di presenza del Padre e del Figlio – Le tappe intermedie – Trascurare il Fine di Dio – Il significato personale della vita di Cristo -


 

5/ Giugno /1983 Vigna


Abbiamo visto le volte precedenti la dipendenza della venuta dello Spirito santo dalla glorificazione di Gesù.

Abbiamo anche visto per noi il significato di questa dipendenza, poiché la glorificazione di Gesù, deve avvenire nei nostri cuori.

E proprio perché deve avvenire da parte nostra, richiede un impegno positivo verso la Pentecoste.

Cioè la Pentecoste, Dio ce la presenta come un oggetto della nostra stessa volontà, come un impegno da parte nostra.

Poiché se la Pentecoste dipende dalla glorificazione di Gesù e se la glorificazione di Gesù avviene dentro di noi non senza di noi, anche la Pentecoste è in relazione all’impegno personale da parte nostra.

Siamo noi stessi che dobbiamo volere giungere alla Pentecoste, poiché la Pentecoste ci viene offerta da Dio ed è in Essa che noi troviamo il compimento del nostro destino ma anche il compimento di tutte le cose, di tutta la creazione di Dio, il compimento di tutto l’universo, di tutta la storia dell’umanità.

Nella Pentecoste noi abbiamo la sintesi, il fine di tutta l’opera di Dio.

Abbiamo visto le domeniche precedenti, come il Signore abbia tracciato esteriormente (senza di noi) le tappe principali della glorificazione di Gesù, suo Figlio che deve avvenire dentro di noi, per non lasciarci sprovveduti di fronte a questo grande impegno di vita interiore.

La sostanza della vita interiore sta nel riportare tutto ciò che arriva a noi al Pensiero di Dio, per poi portare il Pensiero di Dio in rapporto al Padre.

Cristo stesso dice: “Io voglio che dove sono Io, siano anche loro e vedano la mia gloria”.

È per ubbidire alla volontà di Cristo, che ad un certo momento, noi siamo impegnati a cercare il rapporto che passa tra il Pensiero di Dio e il Padre suo.

Questi gradini di vita interiore, Dio li ha scritti nel mondo esterno, attraverso le tappe del Cristo che devono essere da noi interiorizzate.

Dio ci offre quindi questo cammino di vita interiore.

E noi percorriamo una tappa, nella misura in cui capiamo il significato per la nostra vita personale, di quei passaggi che il Signore ha scritto nel nostro mondo esterno.

Soprattutto il passaggio dalla creazione a Cristo, da Cristo alla sua morte, alla sua resurrezione, dalla resurrezione all’ascensione al Padre.

Ognuno di questi passaggi va intelletto nel suo significato personale per noi nella nostra vita con Dio.

Mano a mano che noi capiamo uno di questi significati, noi facciamo un passo avanti nella glorificazione di Cristo in noi.

E mano a mano che facciamo questi passaggi nella glorificazione, avviene in noi un cambiamento un mutamento, fino ad arrivare a quel grande cambiamento, in cui la nostra anima è fatta capace di accogliere la venuta dello Spirito santo.

La venuta dello Spirito santo non è uno spostamento dello Spirito santo, ma è un prendere consapevolezza da parte nostra di quello che già è presente in noi.

Lo Spirito santo è già presente in noi fin dal principio, come il Padre e come il Figlio sono presenti in noi.

Proprio glorificando Cristo dentro di noi, avvengono in noi mutamenti tali da renderci capaci di vedere la presenza di Chi è già presente.

È il tempo futuro che va anticipato (Arca di Noè), in tal modo la nostra anima diventa capace di vedere la Realtà che attualmente non vede.

Il tema di oggi sono gli errori che noi possiamo fare nella glorificazione di Cristo.

In queste tappe esteriori che Dio ha scritto per evidenziare la glorificazione di suo Figlio, noi possiamo fare degli errori.

I livelli essenziali in cui la nostra vita si svolge sono tre: la creazione, Cristo e lo Spirito.

Il primo errore è quello di fermarci alla creazione e di non capire il senso che c’è nella creazione, il senso della creazione è Cristo.

Tutta la creazione si conclude con Cristo, noi però possiamo fermarci ad una vita orizzontale con la creazione, senza neppure immaginarci che esista una vita interiore, anzi che la vera vita sia essenzialmente una vita interiore.

Per cui noi possiamo passare tutta la nostra vita curando soltanto i nostri rapporti con il mondo esterno, occupandoci dei problemi pratici, dei nostri rapporti di figura e successo con il mondo e con il denaro come ai tempi dell’arca di Noè....e venne il diluvio.

Ecco l’umanità che resta sorpresa da quello che non immaginava, perché tutta proiettata solo nel mondo esterno, perché questo errore?

Dobbiamo tenere presente che tutto è opera di Dio, che Dio è il creatore del mondo esterno.

Se noi teniamo presente che Dio è il Creatore del mondo esterno, non possiamo fare a meno di sentire il bisogno di cercare il Pensiero di Dio.

Dio è il Creatore di tutte le cose e allora se è Lui che crea qual è il significato, qual è l’intenzione, qual’è il fine di tutta l’opera che Lui sta facendo?

Qual è il fine di tutta la vita che Lui ci sta facendo vivere?

Il fatto di non collegare il mondo esterno, la creazione con il Creatore, ci porta a compiere l’errore di non considerare che ci sia una vita interiore.

E quindi a farci passare tutto il tempo della vita, soltanto proiettati in rapporti con le creature, in rapporti con gli altri, con il mondo, senza preoccuparci di scoprire questa vita interiore.

Il secondo livello è il Cristo.

Noi possiamo incontrarci con Cristo, ritenerci cristiani, ma possiamo anche qui fare un grave errore: ritenere che glorificare Cristo consista nel compiere i nostri doveri, nel partecipare a riti e atti religiosi, nel comportarsi bene verso il prossimo, e anche qui compiamo l’errore di ritenere che la glorificazione del Cristo stia in un certo nostro comportamento e non arriviamo a capire che la vita interiore non è un comportamento.

Il primo errore è quello che consuma la maggior parte degli uomini, per cui l’uomo arriva al termine della vita senza avere scoperto, intuito qual è la vera vita, perché è tutto solo proiettato all’esterno.

Il secondo errore invece è quello che consuma la maggior parte dei cristiani, dei cattolici, di coloro che si credono seguaci del Cristo e che ritengono che glorificare il Cristo stia nel compiere certi doveri.

L’anima di tutti questi errori sta nel fatto che noi scambiamo i mezzi per fini.

E necessariamente scambiamo i mezzi per fini, fintanto che non impariamo a collegare tutte le cose con il pensiero che Dio è il Creatore.

Soltanto se noi colleghiamo le cose con il pensiero di Dio Creatore, allora cominciamo a sentire il bisogno di capire l’intenzione, il fine per cui Dio opera in tutto e lì siamo condotti a capire che Dio opera tutte le cose per far conoscere Se stesso, per rivelare Se stesso, per comunicare la sua presenza.

Cioè Lui fa tutte le cose per condurci alla Pentecoste, la sintesi, il fine di tutto l’operare di Dio è la Pentecoste, cioè la rivelazione del volto del Padre, la rivelazione della presenza del Figlio, che è la rivelazione dello Spirito santo.

Spirito santo che è lo Spirito della presenza in noi del Padre e del Figlio che è maturità nostra.

Noi corriamo il rischio di fermarci sempre a tappe intermedie e di far consistere la nostra vita a questa realizzazione parziale di tappe intermedie.

Errore causato dal fatto che non teniamo presente il Fine di Dio.

E non teniamo presente il fine di Dio perché non colleghiamo le opere, i fatti, i segni di Dio con Dio stesso, con Colui che opera in tutto.

Il terzo livello è quello dello spirito e anche qui noi possiamo fare un errore, quello di non tenere conto che le tappe della vita spirituale, ci sono state segnate da Dio davanti agli occhi, in Cristo.

Se non teniamo presente questo, noi pur sapendo che esiste questa vita interiore, pur sapendo che dobbiamo vivere interiormente, noi ci sentiamo paralizzati, cioè noi non sappiamo come si fa a vivere interiormente.

Questo errore è perché non teniamo presente la via, la strada che Dio ha segnato davanti ai nostri occhi per la nostra vita interiore.

E non tenendola presente, non cerchiamo di capire il significato personale per noi delle tappe del Cristo.

Soprattutto le tappe essenziali della sua morte, resurrezione e ascensione.

Perché Cristo è morto per me?

Che significato ha questa morte di Cristo per la mia vita personale?

E lo stesso per la sua resurezione e ascensione al Padre.

Cosa ha voluto dire Dio a me personalmente con questi avvenimenti?

La nostra anima matura mano a mano che noi capiamo il significato per noi, per la nostra vita interiore di queste tappe esteriori scritte da Dio nel Cristo.


Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Settimo tema.


Titolo: Passaggio all’infinito.


Argomenti: Educazione alla vita interiore – Cristo è la sintesi della creazione – La finalità della creazione – Gli errori verso Pentecoste – Interiorizzare – Vivere spiritualmente – I mezzi e il Fine – L’ascensione al Padre esterna e interna - La presenza di Dio necessaria per ogni passaggio – La veglia infinita – La mezz’ora di silenzio dell’Apocalisse – Molteplicità e unità – Finito e infinito – Il rapporto tra il Pensiero di Dio e Dio – La dedizione pura – La consapevolezza dell’infinito in noi – Solo l’infinito rivela l’infinito - 


 

12/ Giugno /1983


Abbiamo visto che la scoperta  del Pensiero di Dio oggettivo in noi, sia l’inizio della vita interiore.

Ed abbiamo anche visto come educazione al cammino in questa vita interiore è tutta l’opera che Dio ha fatto nel nostro mondo esteriore, dal principio della creazione, fino all’ascensione del Cristo alla destra del Padre.

Se noi facciamo attenzione a quest’opera fatta da Dio per noi e la interiorizziamo, noi abbiamo la capacità di procedere sempre di più verso la grande meta finale, per la quale ogni uomo è stato creato: la conoscenza del Padre e del Figlio in noi, quindi la Pentecoste.

Una grande tappa da interiorizzare è la creazione che sfocia in una finalità, in una volontà, in una intenzionalità che ci deve condurre a Cristo.

Cristo è la grande sintesi di tutta la creazione di Dio.

Al centro della creazione c’è la volontà precisa di Dio: tutto è stato fatto per farti prendere coscienza che Dio esiste e che tu lo devi cercare con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze, con tutto te stesso, perché in Lui è non soltanto la tua vita ma la vita eterna.

C’è proprio questa finalità in tutta la creazione che apre noi all’incontro con Cristo.

Seguendo il Cristo giungiamo a prendere consapevolezza del significato della sua morte, e se ne prendiamo consapevolezza ci apriamo alla resurrezione fino all’ascensione al Padre.

Abbiamo visto però domenica scorsa gli errori che possiamo compiere su questo cammino, che possiamo sintetizzare in un’unica espressione: il rischio di fermarci in una di queste tappe.

Noi possiamo vivere per la creazione, in funzione della natura, del mondo, possiamo fermarci alla legge e vivere in funzione di comandamenti, regole e doveri e non passare allo spirito, all’anima della legge, possiamo fermarci al Cristo esterno, fermarci al sentimento, ai riti e non passare al significato della sua morte, della sua resurrezione e della sua ascensione al cielo.

C’è questo rischio per ognuno di noi di scambiare per fine, quello che è mezzo, quello che è tappa.

Noi scambiamo il mezzo per fine, quando ci arrestiamo al pensiero del nostro io, cioè quando consideriamo il segno semplicemente in rapporto con noi stessi, anziché rifletterlo nel pensiero di Dio.

Se noi il segno che Dio ci fa giungere lo riflettiamo nel pensiero di Dio, noi interiorizziamo, cioè cerchiamo il significato e viviamo spiritualmente.

Se invece non lo rapportiamo alla volontà di Dio, quindi non ne cerchiamo il significato, noi ci fermiamo alla realtà materiale e incominciamo ad adeguare la nostra vita a questa realtà.

Se ci fermiamo alla creazione ci fermiamo al bisogno del mangiare, del vestire, alla figura, se ci fermiamo alla legge adeguiamo la nostra vita ai doveri e se ci fermiamo al Cristo ci fermiamo al sentimento, piangiamo sulla sua morte, però siamo sempre fermi a un rapporto orizzontale e non passiamo a quella che è la vita interiore.

Solo confrontando tutto quello che arriva dall’esterno con la volontà di Dio, noi riconosciamo il mezzo e non lo scanbiamo per fine.

Allora individuati gli errori e il modo per superarli, ci apriamo a quella che è la grande tappa finale, cioè a quella che è l’interiorizzazione dell’ascensione di Cristo al Padre, cioè capire il significato personale per noi di questa ascensione di Cristo al Padre.

Cristo è asceso al Padre, non per Sé ma per noi, perché noi facessimo ascendere al Padre il Pensiero di Dio in noi che è il Cristo stesso, che è il Verbo di Dio in noi.

Tutto ciò che è avvenuto esteriormente a noi, è per educare noi a fare interiormente quello che non può avvenire senza di noi.

Quindi l’ascensione al Padre del Cristo esterna che è avvenuta senza di noi, ha il significato di un ascensione che deve avvenire in noi e che non può avvenire senza di noi.

Per questo è necessario che noi facciamo ascendere al Padre il Pensiero stesso di Dio, questa presenza oggettiva di Cristo in noi.

Ascendere al Padre, vuole dire cercare il rapporto che c’è tra il Figlio, tra il Pensiero di Dio e il Padre stesso.

E questo è glorificare il Cristo di quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse.

Ogni approfondimento del segno che ci viene dato, richiede da parte nostra, una dedizione del nostro pensiero a Dio ed alla sua volontà.

Senza questa dedizione nessun passaggio è possibile.

Quindi non si passa dal nulla all’esistente senza la presenza di Dio, ma non si passa neppure dalla creazione, dalla legge allo spirito senza la presenza di Dio e non si passa dallo spirito della legge a Cristo senza la presenza di Dio.

E così in tutti i passaggi che devono avvenire dentro di noi, non possono avvenire senza questa presenza di Dio.

Ogni passaggio richiede da parte nostra la dedizione, l’impegno quindi richiede una veglia.

Ogni passaggio richiede una veglia proporzionata alla profondità di esso.

E quando ci troviamo con un passaggio che ci apre all’infinito, qui si richiede una veglia infinita.

Oggi dobbiamo soffermarci su questa veglia infinita che è la condizione per potere giungere alla conoscenza del Padre e del Figlio in noi, per giungere cioè alla nostra Pentecoste.

Si tratta di ciò che è già prefigurato nell’Apocalisse quando si parla di mezz’ora di silenzio in tutto l’universo, come premessa alla rivelazione di Dio.

Questa mezz’ora rappresenta proprio questa veglia infinita, il silenzio in noi di tutte le cose, perché il nostro pensiero è tutto impegnato nel cercare e nel conoscere il rapporto che passa tra il Figlio di Dio e Dio stesso.

Questo è un impegno per noi, perché è volontà di Dio per noi: “Io voglio che dove sono Io siano anche loro”, ed è espressa questa sua volontà dal fatto stesso che Lui è asceso al cielo dal Padre suo.

È asceso per significare a noi quello che dobbiamo fare dentro di noi.

Quindi è volontà di Dio per ogni uomo questo impegno in questa veglia infinita.

Quando parliamo di dedizione di pensiero infinito, non dobbiamo intenderlo in senso materiale, come un prolungarsi di tempo all’infinito, quasi che dovessimo dedicare tutto il nostro tempo a quello.

L’infinito non è una somma di spazio, l’eterno non è una somma di tempo.

L’infinito nel campo dello spirito è dato essenzialmente dall’unità.

È la molteplicità che crea in noi il finito, ma l’infinito è essenzialmente uno.

La molteplicità nasce in noi con i segni non raccolti nell’unità di Dio.

C’è il segno, l’opera di Dio e siamo già due, qui siamo già nella molteplicità, cioè nel finito.

E dove c’è il finito, c’è l’impossibilità di portare, di accogliere, di ricevere l’infinito.

Quindi non c’è da parte nostra la possibilità di passare dal finito all’infinito.

Come non c’è la possibilità sommando tante quantità di arrivare all’infinito.

C’è sempre un salto di qualità tra il finito e l’infinito.

Per quanto il finito sia grande c’è sempre un salto di qualità tra il finito e l’infinito.

Anzi non c’è nessuna possibilità di passare dal finito all’infinito, ma allora come possiamo noi entrare in questa veglia infinita?

La condizione per potere ricevere la rivelazione della presenza, della conoscenza del Padre e del Figlio è questa veglia infinita.

Questa veglia infinita che è veglia sull’unità di Dio.

Siccome non è possibile passare dal finito all’infinito, soltanto se in noi è già presente l’infinito, noi abbiamo la possibilità di conoscere l’infinito.

Cioè l’infinito si conosce soltanto nell’infinito.

Dio si conosce soltanto in Dio.

Dio solo è rivelatore di Se stesso.

Le creature finite, i fatti e tutti i nostri pensieri che sono finiti, ci annunciano Dio, però non ci fanno conoscere Dio.

Solo nella Luce di Dio, noi possiamo conoscere Dio, per questo dico che soltanto l’infinito è rivelatore di se stesso.

Questo infinito ci è dato nel Pensiero stesso di Dio in noi.

Il Pensiero di Dio in noi, essendo Dio uno solo, è già infinito in noi.

Solo se noi, superando tutto c’impegniamo per dedicare il nostro pensiero a cercare il rapporto che passa tra il Pensiero di Dio e Dio, noi entriamo in questa veglia infinita.

Che può durare un attimo, un giorno, un anno o un’eternità, perché non è effetto di tempo ma di dedizione pura.

Perché la venuta dello Spirito santo che è la rivelazione in noi della presenza del Padre e del Figlio, non è uno spostamento delle persone divine in noi.

Dio non passa da un luogo all’altro, perché Dio è.

Siamo noi che dobbiamo mutare, quindi è un mutamento nostro, attraverso cui la nostra anima matura, fino a quel livello tale da potere prendere consapevolezza di quell’infinito che porta già in sé.

Se la nostra anima non portasse già in sé questo infinito, le sarebbe preclusa ogni conoscenza dell’infinito.

Ma se nella nostra anima c’è già Dio, allora il difetto è soltanto nostro, in quanto noi non ci dedichiamo a questa presenza infinita che portiamo dentro di noi, con quella purezza che essa richiede da noi, per farci prendere consapevolezza di quello che essa è.

Poiché solo la presenza dell’infinito, rivela a noi l’infinito.

Il volto di Dio, viene rivelato solo da Dio e non da altri.


Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Gv 7 Vs 39 Ottavo tema.


Titolo: Il rischio dell’illusione.


Argomenti: Gli errori verso la Pentecoste – I mezzi e il fine – La prostituta di  Magdala – La funzione della legge è condurre a Cristo – Il giovane ricco – Fermarsi alla lettera – L’illusione del fariseo – Volere il fine voluto da Dio – L’ascensione di Cristo -


 

14/ Giugno /1983