Dissero
dunque tra loro i Giudei: «Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo
trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?
Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove
sono io voi non potrete venire? ». Gv 7 Vs 35-36 Primo tema.
Titolo: Interpretazione nel pensiero dell’io della Parola di
Gesù.
Argomenti: La passione
d’assoluto è effetto della presenza dell’assoluto – L’angelo con la
spada fiammeggiante – L’attrazione per Dio e per le sue opere – Moto circolare
dell’io - La presenza dell’assoluto in noi e la sua oggettività – L’impotenza
dell’uomo – Il cerchio chiuso del pensiero dell’io – L’incarnazione di
Dio – L’assoluto si rende presente nel mondo relativo dell’uomo -
20/Marzo/1983
Gesù aveva
affermato prima di tutto la passione dell’assoluto che gli uomini portano in se stessi, e poi l’impotenza per
gli uomini stessi di giungere a quell’Assoluto di cui essi patiscono la
passione.
E noi abbiamo
visto come approfondendo le sue parole, Egli ha rivelato che nella prima sua
affermazione c’è la testimonianza della presenza stessa dell’assoluto
nell’uomo.
Cioè l'uomo è
un portatore di Dio. La passione
dell’assoluto che ogni uomo porta con sé è una testimonianza, un effetto della
presenza dell’assoluto nell’uomo stesso.
Nella seconda
affermazione: “Dove Io sono voi non potete venire”, ci ha portati a verificare,
a constatare che in questa impotenza degli uomini verso la conoscenza della
Verità assoluta che pure patiscono come passione, eppure desiderano e non
possono fare a meno di desiderarla, in questo c’è la testimonianza della
indipendenza della Verità stessa, quindi dell'Assoluto stesso dall’uomo.
Indipendenza quindi dell’oggettività della presenza dell’Assoluto in noi.
L’Assoluto è
presente nell’uomo ma è oggettivamente presente, quindi è indipendente, sciolto
dall’uomo stesso.
Quindi
possiamo dire che l’Assoluto è immanente nell’uomo ed è trascendente nello
stesso tempo l’uomo.
Abbiamo anche
visto come la parola di Gesù ascoltata, seguita, meditata, Verbo di Dio che
parla con noi ci abbia condotto, scoprendoci l’oggettività della presenza
dell’Assoluto in noi, a colloquiare con l’Assoluto sapendo la sua Presenza in
noi.
Quindi ci ha
portato a contatto con il Padre, l’Assoluto, Dio, che è il Padre e ci ha dato
la possibilità di colloquiare, cioè ha rotto quel cerchio di impotenza in cui
la creatura si trova e che abbiamo visto simboleggiato dall’Angelo posto da Dio
all’accesso al Paradiso Terrestre.
Quell’Angelo
con la spada fiammeggiante che impedisce agli uomini che hanno agito
autonomamente il ritorno nel Paradiso Terrestre. Il Paradiso Terrestre
rappresenta il luogo della comunione con Dio, il luogo del dialogo con Dio e il
luogo in cui la creatura si accompagna con Dio.
Quindi può
interrogare Dio, può ricevere Dio, può ascoltare Dio. Però in conseguenza degli
atti autonomi, dei pensieri autonomi, delle scelte autonome fatte dalla
creatura senza tener conto di Dio, la creatura viene a trovarsi chiusa in un
cerchio di impotenza. Abbiamo visto che questo cerchio di impotenza sorge dalla
componente di due forze dalle quali l’uomo non si può sottrarre perché l’uomo è
un campo di gravitazione di queste due forze e sono quindi superiori a lui: la
prima forza è quella dell’attrazione di Dio e quindi la passione per l’assoluto
che l’uomo porta con sé indipendentemente da sé; la seconda forza che lui
subisce è la forza di attrazione di tutte quelle scelte che lui ha fatto senza
tener conto di Dio.
Semplificandole
nel campo dei segni della creazione abbiamo la forza centrifuga e la forza
centripeta.
Dalla
componente di queste due forze noi abbiamo il moto circolare, cioè il cerchio
ed è un cerchio dal quale l’uomo non può uscire, perché abbiamo detto che per
uscire da questo cerchio di impotenza l’uomo ha bisogno di trovare una presenza
oggettiva, ha bisogno cioè di un punto di appoggio fuori di sé, per superare il
pensiero di se stesso, cioè per superare quella forza centripeta che
continuamente lo riporta nel pensiero del suo io e di tutte quelle cose che
sono in relazione al pensiero del suo io.
Per cui c’è
tutto un campo che dipende dal pensiero del suo io e che è in relazione a tutte
le scelte che l’uomo ha fatto senza tener conto di Dio che Gesù poi nella
parabola rappresenta con i campi, i buoi, la moglie, ecc..
Ecco l’uomo
viene a trovarsi in questa situazione di impotenza perché per potersi superare
deve trovare una presenza oggettiva indipendente da sé. Ma per trovare questa
presenza deve superarsi. Il cerchio è chiuso e quindi lui non può uscirne.
L’unica salvezza è data dal Cristo che penetra in questo cerchio e offre la
possibilità di uscirne.
Come spezza
questo cerchio il Cristo?
Cristo è il
Verbo di Dio incarnato.
E cosa vuol
dire Verbo di Dio incarnato?
Vuol dire che
è la Persona divina perché parla di Dio e quindi è indipendente di per sé dal
pensiero dell’io.
Contraddice cioè
tutto quel campo che ha come punto fisso di riferimento il pensiero del nostro
io.
Ma se Lui
parlasse soltanto di Dio, fosse soltanto Parola di Dio, poiché la creatura non
può uscire dal pensiero del suo io perché per uscire ha bisogno di una presenza,
non sarebbe efficace, come non è efficace ad esempio il Pensiero di Dio che la
creatura porta in sé in questo cerchio.
Per essere
efficace bisogna che il Verbo di Dio che parla di Dio, entri nel cerchio
dell’uomo, cioè entri come presenza, cioè si renda presente in quel mondo
relativo al pensiero dell’io.
È necessario
che abbia una presenza fisica,
incarnazione, dipendente dal pensiero dell’io umano, in relazione all’uomo, ma
questo di per sé anche non è sufficiente perché ogni presenza fisica è infirmata
dal pensiero del nostro io, perché in essa noi proiettiamo il pensiero del
nostro io. Bisogna che sia una presenza fisica, perché solo questa dà a noi un
punto di appoggio per uscire dal pensiero del nostro io e bisogna che in questa
presenza fisica parli Dio.
Allora non è
sufficiente la presenza fisica del Cristo, non è sufficiente la Parola di Dio,
bisogna che ci sia la Parola di Dio abbinata alla presenza fisica.
Ora, qui ci
troviamo con una scena: c’è il Cristo, presenza fisica che sta parlando a degli
uomini. Parla però come Verbo di Dio, la persona è Divina ed abbiamo visto che
ascoltandolo ci porta alla scoperta di una presenza oggettiva che non è più la
sua presenza fisica. Ora questa presenza oggettiva è un’offerta che il Verbo
di Dio ci fa con la sua presenza fisica.
Ora, dico,
qui ci troviamo con una scena di uomini
che avendo ascoltato il Cristo parlare quello che anche noi abbiamo
ascoltato dire, si chiedono: “Dove pretende di andare di modo che non possiamo andare? Che voglia
andare tra quelli che sono dispersi tra i pagani? Che significa questa parola
che ha detto: Mi cercherete e non mi troverete, non potete venire dove Io
sono?”.
Evidentemente
se nel Vangelo ci viene presentata questa scena è una lezione personale per
ognuno di noi.
Quindi noi
dobbiamo chiederci quale significato Dio vuole dare per la nostra vita
essenziale, per la nostra vita interiore nei nostri rapporti con Lui, in questa
scena, presentandoci questi Giudei che di fronte alle parole del Cristo interpretano
queste parole in senso materiale: “Che voglia andare verso i pagani?”.
Cosa
significa interpretare in senso materiale.
Ecco, succede
che di fronte a Cristo che parla e che fa offerta dell’Assoluto, e quindi
offerta dell’incontro oggettivo con una Presenza oggettiva, l’uomo può
rivestire le parole stesse del Cristo (ecco il rischio) del pensiero del suo io
e interpretare le parole del Cristo non nel pensiero di Lui ma nel pensiero del
nostro io, cioè in senso materiale, orizzontale.
A questo punto
l’offerta è passata!
Questo ci fa
capire che il Cristo che entra nel cerchio chiuso della creatura per darle la
possibilità (offerta) di rientrare nel Paradiso Terrestre, di dialogare con Dio
e quindi avere la possibilità di conoscere le cose dal punto di vista di Dio e
non più dal punto di vista dell’io, è un’offerta transitoria, passa.
Quindi è
soltanto una possibilità, è un’offerta che come arriva a noi dà a noi la
possibilità di cercare di capire il Pensiero di Lui (quando uno parla a noi
deve sempre essere inteso secondo la sua intenzione).
Cristo parla
a noi del Padre quindi dà a noi la possibilità di capire secondo il Pensiero di Dio, quindi del Padre, ma
questa possibilità è transitoria.
Non possiamo
tenerla lì sospesa: o noi passiamo a cercare l’intenzione di quello che Lui ci
dice, o altrimenti rivestiamo le parole che Lui dice a noi delle nostre
intenzioni, quindi le rivestiamo del nostro pensiero.
Rivestendole
del nostro pensiero, noi perdiamo la possibilità di uscire da questo cerchio di
impotenza per cui Gesù dice: “mi cercherete e non mi troverete, dove Io sono
voi non potete venire”.
Il
significato, la lezione che dobbiamo trarre da questa transitorietà di offerta…
ed è transitoria perché?
Perché il
Cristo, il Verbo di Dio incarnato, non può restare incarnato.
L’incarnazione
ha la funzione di portare l’uomo nel Cielo di Dio e ritorna quindi nel seno del Padre, non
rimane.
Viene tra noi
per stabilire un punto di contatto, ma non rimane tra noi.
In quel punto
di contatto che Lui ci offre noi abbiamo il ponte, abbiamo la possibilità di
passare dalla conoscenza delle cose dal punto di vista del pensiero del nostro
io, al campo di conoscenza delle cose dal punto di vista di Dio.
Se non
approfittiamo di questa offerta noi proiettiamo anche sul Cristo, cioè anche su
questa offerta che ci viene fatta da Dio, l’ombra del pensiero del nostro io.
Il pensiero
del nostro io può arrivare ad infirmare anche il Pensiero di Dio e a questo
punto la creatura perde tutta la possibilità offerta da Dio, dalla presenza stessa oggettiva di Dio in
noi, perché la infirma del suo io, di entrare nel campo dell’oggettività e si
chiude nel soggettivo di cui, da sola, assolutamente non ne può più uscire.
Conversazione:
Nino: C’è ancora
la morte del Cristo…
Luigi: La morte è ancora una parola
che possiamo anche rivestire del pensiero del nostro io. Questo è per dire che
l’offerta è transitoria, cioè affrettatevi a conoscere il Signore fintanto che
è possibile, perché l’offerta passa. Il tempo passa, non possiamo trattenerlo.
Pinuccia B.: Però Cristo
ripete questa offerta attraverso tante sue parole prima di ritirarsi
definitivamente.
Luigi: Fino ad offrire tutto Se
stesso, cioè fino alla morte. Questa frase è soltanto un segno per illuminarci
l’opera del Cristo tra noi. L’opera di Cristo fra noi è un’offerta per uscire
dal nostro campo soggettivo ed entrare nel campo oggettivo, cioè per entrare
nel campo della conoscenza dal punto di vista di Dio, che è il campo oggettivo.
È un’offerta
e in quanto offerta è un’offerta che passa. Domani non ci sarà più.
E come
possiamo approfittare di questa offerta? Cercando il suo Pensiero, non
rivestendo le sue parole del nostro pensiero, perché allora non facciamo altro
che allargare il campo della proiezione del pensiero del nostro io, quindi il
campo del nostro soggettivismo. Il campo del nostro soggettivo diventa la
nostra dannazione perché noi non possiamo annullare la presenza di Dio in noi,
perché è in noi indipendentemente da noi e se la creatura si chiude nel campo del
soggettivo viene a trovarsi in un dubbio eterno perché non può annullare Dio
però non può comprendere Dio.
Dio si
conosce soltanto in Dio. Dio si conosce soltanto in quanto la creatura ha la
possibilità di pensare Dio ma con un pensiero oggettivo, indipendente dal suo
pensiero.
Se non scopre
questo Pensiero oggettivo che porta con sé, ma come oggettivo, indipendente dal
pensiero del suo io, in modo da potersi appoggiare oggettivamente, la creatura
viene a trovarsi in un campo tutto soggettivo, in cui c’è la passione
dell’assoluto, in cui c’è il pensiero di Dio, però la creatura non lo può
comprendere.
Dio si può
comprendere solo in Dio, non nel pensiero dell’io, ma se io sono chiuso nel
pensiero dell’io anche se non posso escludere Dio non lo posso comprendere.
Pinuccia B.: Invece
facendo leva sulla parola del Cristo che si presenta a me con la presenza
fisica…
Luigi: Quando si presenta a me come presenza fisica, e mi parla, e io mi appoggio e mi appoggio in quanto la
sua Parola mi arriva fresca…, perché come mi arriva la Parola io corro subito
il rischio di rivestirla del pensiero del mio io e qui è finita, non è
efficace. La Parola mi arriva come parola nuova “nessuno ha mai parlato come
Lui”, non sono io che parlo.
Quando mi
arriva questa Parola e mi arriva attraverso la presenza fisica per cui si
impone su di me, cioè Dio parla al pensiero del mio io, entra nel mio sepolcro,
mi fa sentire la sua Parola, siccome è Parola di Dio è nuova per me, arriva
come novità, ma questa novità è transitoria, se non è seguita nella sua novità,
immediatamente viene rivestita della mia intenzione, dal pensiero del mio io e
perdo la novità perché il mio io è sempre vecchio, è sempre voltato indietro.
Come proietto
il pensiero del mio io, perdo la novità che mi reca questa Parola: la novità
ritorna a Dio e con me resta soltanto l’abito vecchio che è proiezione del mio
io.
Nino: Cioè, se la
Parola di Cristo incontra in me il pensiero del mio io, non succede niente,
rimango come prima, se incontra il Pensiero di Dio in me scatta la scintilla
che mi fa superare l'io.
Luigi: Certo. Ma la Parola stessa di
Dio me lo presenta il Pensiero di Dio, però bisogna che io aderisca a questo
perché si presenta come novità e la novità mi viene da Dio; in quanto è novità
la novità mi arriva da un Altro da me, ma appena l’ho vista posso dire: l’ho
vista e il momento dopo posso dire: l’ho già vista.
Nino: Ci vuole
quell’incontro col Pensiero di Dio in noi che è quello che corrisponde a quella
interiorizzazione della lingua straniera...
Luigi: Certo, se non c’è questo io
non faccio altro che proiettare anche su quelle parole di Cristo il pensiero
del mio io e quindi allargo il campo della mia soggettività per cui resto nel
dubbio eterno.
Nino: Ci sono
proprio due forze uguali e contrarie in noi che si annullano
Rina R.: Ci vuole
proprio lo Spirito di Dio che venga ad illuminarci.
Luigi: Il nostro io ha il potere ad
un certo momento anche di rendere vano in noi lo Spirito di Dio, perché dice:
questo Spirito di Dio sono io che lo penso, ma io non lo vedo e non lo tocco.
Invece il Verbo di Dio ad un certo momento si fa vedere e toccare con la
presenza fisica. Ma questa presenza fisica è soltanto un’occasione, non si fa
vedere tutte le volte che io voglio, no.
Quando si fa
vedere e toccare ho un’occasione, ma bisogna che ne approfitti di questa
occasione per uscire dal pensiero del mio io e cercare il pensiero di
quell’Altro che sta arrivando a me. In quanto mi parla di cose che superano me
stesso, è una novità per me, devo approfittare di questa novità.
Pinuccia B.: Quindi
Cristo si presenta a noi come elemento oggettivo indipendente da noi per farci
scoprire l’elemento oggettivo dentro di noi.
Luigi: Si capisce, è logico. Per
farci scoprire questo elemento oggettivo che noi portiamo in noi, ma noi non lo
sappiamo perché lo confondiamo con il pensiero del nostro io, per cui diciamo:
sono io che penso Dio.
Se seguiamo
il Cristo, Egli ci fa capire che non siamo noi che pensiamo Dio, ma quando
pensiamo Dio lo pensiamo con il Pensiero di Dio e questo Pensiero di Dio è una
presenza oggettiva in te.
Pinuccia B.: Ci vuole
l’elemento oggettivo esterno per farmi capire…
Luigi: È Lui che dall’esterno,
presenza fisica, mi parla di questo se però io seguo la sua Parola e cerco di
capire il suo Pensiero. Questo quando la sua presenza fisica c’è.
Se invece
sulla sua parola io proietto il mio pensiero non arrivo certamente a capire il
suo Pensiero e quindi non arrivo minimamente a capire che Lui sta parlando del
Pensiero di Dio che porto in me e allora interpreto le sue parole in senso
orizzontale, cioè come pura parola di uomo, non come Parola di Dio.
Mi sfugge lo
Spirito.
Lo Spirito è
arrivato a me ma io non l’ho captato.
Pinuccia B.: Quindi l’offerta
che Lui mi fa di questo elemento oggettivo in me, sarebbe l’offerta di farmi
prendere consapevolezza di quello che c’è già in me.
Luigi: Certo. Dio è già in me. Mi
porta a scoprire quello che è già in me, per cui scoprendo questo dico: è
quello che ho sempre avuto, ma io non mi sono mai reso conto. La Verità è
presente a noi fin dal momento in cui ci ha voluti, ci ha creati, ma nel
pensiero dell’io noi rivestiamo tutto del pensiero del nostro io: sono io che…
sono io che…; questo “sono io che..” mi può portare in un dubbio eterno da cui
non ne esco perché: “Dove Io sono voi non potete venire”.
Cioè, in
questa oggettività, questo Assoluto, cioè sciolto da ogni pensiero del nostro
io, indipendente da ogni creatura, voi non potete venire.
È logico, noi
nel pensiero dell’io non possiamo andare. Dio non si conosce nel pensiero
dell’io, Dio si conosce soltanto nel Pensiero di Dio e questo Pensiero di Dio
ci è dato, lo portiamo in noi.
Ma noi da
soli non lo scopriamo oggettivo, ma come opera nostra.
Pinuccia B.: Cristo ci
porta a scoprire invece che è oggettivo.
Luigi: Sì, Lui ha una presenza
fisica nel campo del mio io, presenza fisica quindi è un altro che parla a me.
Parla di una cosa che mi sorprende, che non capisco e io corro il rischio di
capirla nel pensiero del mio io, cioè di non capirla.
Pinuccia B.: Per capire
quello che Lui mi vuole dire, devo cercare la sua intenzione, ma anche se non
so che è il Figlio di Dio devo fare appello al Pensiero di Dio che è in me.
Luigi: Io devo fare appello a Dio
Creatore. Se non sono attratto da Dio, io fatalmente proietto il pensiero del
mio io su quello e interpreto il Cristo secondo la mentalità dell’uomo. Non
posso fare in modo diverso. Quindi bisogna partire da: Dio è Creatore di tutte
le cose. Senza questa giustizia non ho la possibilità di vedere questa offerta
di Cristo, cioè macchio la mia offerta del pensiero di me stesso.
Nino: Ci sono
altri punti nel Vangelo che ci presentano da parte di Cristo questa presenza
oggettiva del Cristo non incarnato in noi, del Verbo di Dio in noi.
Luigi: Ma certo. Qui non siamo
ancora a Pentecoste.
Nino: Ma ancora
precedente a questo punto.
Luigi: Quando Lui dice: “Io vado a
prepararvi un posto, affinchè dove sono io possiate essere anche voi….”.
Tutto il
parlare di Cristo è tutto finalizzato a portarci a scoprire questo perché la
nostra vita noi la troviamo proprio in quanto abbiamo la possibilità di
inserirci nel Divino, cioè di inserirci nella Verità di Dio. La frase che
approfondiamo è un accenno che Lui ha fatto per dirci che quando pensiamo Dio,
Lo pensiamo con il Pensiero di Dio.
Pinuccia B.: Bisogna
proprio arrivare ad ignorarci.
Luigi: Noi da soli non possiamo
ignorarci. Lei per quanto corra non può lasciare il suo io alle spalle, perché
per quanto corra aumenta la velocità ma il suo io ce l’ha sempre con sé.
Pinuccia B.. O prendo
consapevolezza per grazia di Dio che il mio io è opera di Dio e derivo il mio
io da Dio o altrimenti…
Luigi: E questo non è opera delle
mie parole ma è opera dell’ascolto delle sue parole. Il rapporto essenziale che
dobbiamo sempre preoccuparci di mantenere perché rotto questo è rotto tutto è
questo: Dio è il Creatore, noi siamo creature.
Dio parla,
noi siamo in ascolto. Mantieniti in ascolto.
Se ti
mantieni in ascolto, Dio parlando a te ti conduce a vedere la sua verità
oggettiva.
La nostra
vita, la nostra conoscenza, la Luce, tutto quello che vogliamo, la coscienza
ecc. sono tutte date da un rapporto con Dio, quindi è partecipazione a quello
che Lui è. Noi non siamo vivi, Dio è il Vivente, noi viviamo per
partecipazione. Noi non siamo intelligenti, Lui è l’intelligenza, noi siamo
intelligenti per partecipazione.
E lo stesso:
la coscienza, la pace… tutto è effetto di partecipazione. Ora però per poter
partecipare bisogna arrivare a trovare la Sua presenza, la presenza oggettiva
indipendente da me, altrimenti non partecipo un bel niente. Io non posso
partecipare quando mi verso tutto addosso con le mie parole. Non faccio altro
che rigirare la mia minestra: sono io che parlo, sono io che penso, mi rivesto
tutto dei miei pensieri, ma io non arrivo a scoprire una presenza diversa ed è
quello che crea l’angoscia, il vuoto, la tristezza, perché mi vedo in tutto.
Guardo
l’albero e penso a me stesso, guardo una creatura e penso al mio io, guardo la
società e penso a me stesso, guardo il mondo e penso a me stesso.
Qui abbiamo
una tristezza e una solitudine enorme. Noi non ci rendiamo conto, ma è il regno
di Dio che sta mettendo fuori un corpo estraneo e il corpo estraneo è il mio io
stesso che si è staccato da Dio.
C’è questa
azione di ripulsa da parte del Regno di Dio per cui noi ci sentiamo soli.
La nostra
solitudine è il Regno di Dio che ci fa fuori. Perché noi non possiamo essere
inseriti nel Regno di Dio se non per partecipazione a Dio. La partecipazione
avviene in quanto ci manteniamo in ascolto dell’Altro, in ascolto cioè del
Verbo che parla con noi: in principio era il Verbo, cioè in principio era Dio
che parlava con gli uomini.
Noi dobbiamo
mantenere sempre questo principio: Dio sta parlando con gli uomini. Io sono un
uomo quindi io sono in ascolto di Dio che parla con me.
Non debbo
essere io a parlare, io cresco nella misura in cui ascolto l’Altro, non in
quanto parlo io su tutto ciò che arriva a me. Uno partecipa all’altro in quanto
si mette in ascolto dell’altro e l’altro parla e parlando riversa sé in colui
che ascolta e allora c’è la partecipazione, c’è la comunione.
Quindi prima
c’è la comunicazione poi la partecipazione e la comunione. Noi possiamo rompere
questo rapporto, anziché continuare ad ascoltare possiamo cominciare a parlare.
In quanto parliamo noi rompiamo.
Non siamo noi
che arriviamo, con tutto il nostro agitarci, con tutto il nostro parlare, con
il nostro agire, che arriviamo a scoprire Dio ma è Dio che parlando a noi di Sé
conduce noi a vederlo, a conoscerlo. Quindi è Lui che rivela Sé a noi
attraverso la sua Parola.
Pinuccia B.: E Lui
rivelando Sé, ci fa scoprire ad un certo momento che il nostro io è tutto fatto
da Lui.
Luigi: Mettersi in ascolto vuol dire
sempre cercare il pensiero dell’altro. Io sono in ascolto non in quanto rivesto
le parole del pensiero del mio io, perché qui sono io che parlo, ma quando
cerco il pensiero di Colui che parla con me. Per cui non basta che la Parola di
Dio arrivi a me, bisogna che io cerchi il pensiero di Colui che sta facendo
arrivare a me le sue parole. Lui è il Creatore, in tutte le cose che mi fa
arrivare io devo cercare il suo Pensiero, non debbo rivestirle del mio
pensiero.
Non debbo
rivestire gli uomini del mio pensiero perché gli uomini sono opera di Dio,
quindi devo cercare il Pensiero di Dio, che cosa Dio mi significa di Sé
attraverso questo fatto, questa scena, questo avvenimento, queste parole…
sempre. Allora io qui sono in ascolto; in caso diverso mi illudo di essere in
ascolto.
Perché noi
anche quando preghiamo non facciamo altro che parlare noi. Siccome l’essenza della preghiera è ascolto
di Dio, se quando noi crediamo di pregare, siamo noi che parliamo, noi non
preghiamo affatto.
Allora queste
preghiere non sono assolutamente esaudite perché non sono preghiere.
La preghiera
che è vero ascolto quella è sempre
esaudita, è esaudita ancora prima che noi ci mettiamo in ascolto.
Eligio:
L’interpretazione materiale al parlare di Gesù da parte di questi Farisei è un
po’ la prima risposta che diamo noi al parlare di Dio, è una risposta naturale, una risposta di
sentimento, di istinto, però questi Farisei rivolgono anche una domanda a Gesù.
Se non fossero interessati al pensiero di Colui che parla e se fossero appagati
dell’interpretazione materiale delle parole che Gesù rivolge a loro, non
farebbero questa domanda.
Luigi: È giusto….
Nino: Ma
quello che rimane nel dubbio non dice
mica no…
Luigi: Non è appagato, non può essere
appagato. Tu puoi dare una risposta materiale però non ti appaga e non ti
riposi, cioè il demonio non è in pace.
Eligio: Il demonio è
in una posizione irreversibile!
Luigi: Ma ci aiuta: se c’è il
pensiero del demonio ha una sua funzione. Ci aiuta perché noi stiamo camminando
verso una situazione di irreversibilità. L’offerta è transitoria. Le risposte
materiali non appagano. Se così fosse il mondo sarebbe felice, ma anche se
cerca il denaro, la carriera, la ricchezza, la gloria, non è soddisfatto. Dovrebbe
essere soddisfatto, ma non ho mai trovato un ricco sfondato che sia
soddisfatto. Come mai?
Pinuccia B.: O entri
nella irreversibilità positiva o in quella negativa.
Luigi: Certo. O approfitti di
quell’occasione e allora passi, altrimenti no.
Qui la prima lezione è quella di non rivestire le parole di Dio del
pensiero del nostro io ma cercare il suo Pensiero in quello che dice; secondo:
che l’offerta è transitoria, passa.
Eligio: Tra la
scoperta che la presenza del Pensiero di Dio in noi è una realtà oggettiva e la
conoscenza personale che è quella che ci salva, che ci dà la vita, c’è
diversità?
Luigi: Certo. Tu adesso, per quello
che hai ascoltato Cristo, e in quanto Cristo ti ha portato a scoprire questa
presenza oggettiva, tu hai la possibilità di interrogare questa presenza
oggettiva, cioè di vedere le cose dal punto di vista di questa presenza
oggettiva. Tu non puoi giungere a conoscere il Padre senza il Pensiero di Dio.
Eligio: Si può
ipotizzare un’anima che riesce ad avere consapevolezza di avere il Pensiero di
Dio come realtà oggettiva in sé e non per questo arrivare a Pentecoste?
Luigi: Sì.
Eligio: C’è un
rapporto ma perché questo rapporto divenga vita cosa deve verificarsi?
Luigi: Tu devi sottomettere ogni
cosa a questa Presenza oggettiva. Prima eri nell’impotenza perché non avevi un
punto oggettivo in te a cui riferire le cose e quindi necessariamente vedevi le
cose dal punto di vista del tuo io.
Eligio: Il pensiero
dell’Essere l’abbiamo tutti.
Luigi: Sì, ma non è una presenza
oggettiva, cioè Dio è lontano, trascendente, non è immanente, non è in te. In
te c’è il pensiero del tuo io e noi restiamo dominati da tutte le scelte che
facciamo nel pensiero dell’io e qui determina un campo di soggettività e questo
campo di soggettività mi impedisce il contatto con l’Assoluto, anche se non me
lo esclude.
Nino: Diciamo:
sarebbe bello ma…
Luigi: E già. La realtà pratica è
determinata dai buoi, dai campi, dalla moglie.
Eligio: È stato
detto che noi portiamo parecchi pensieri che si riassumono nei nostri pensieri
e in questi nostri pensieri c’è anche il pensiero di Dio. Con questo pensiero
di Dio noi possiamo pensare Dio. Ora, questa possibilità di pensare Dio e
questa realtà oggettiva…. mi pare che abbiamo un mucchio di realtà oggettive
che sono astrazioni e che non hanno nulla a che fare con questa realtà qui.
Luigi: Tutte quelle che noi
chiamiamo realtà oggettive rientrano nel campo del nostro soggettivo, quindi
sono astrazioni del pensiero del nostro io, per cui sono io che penso: la
bontà, la giustizia…. Il pensiero del mio io che è un effetto in quanto diventa
autonomo, questo diventa determinante tutte le mie scelte.
Eligio: Ma se io
riconosco effetto il pensiero del mio io, che bisogno ho di porre questa realtà
oggettiva? perché per riconoscere che è effetto devo individuare una Causa
oggettiva che è l’Essere.
Luigi: E già. E già. Si capisce. Ma
è lì che io non ci riesco perché io posso diventare principio di me stesso con
il rischio di chiudersi in un cerchio di impotenza da cui non esce più.
Eligio: Ma non
abbiamo detto che colui che indipendentemente dall’aver presente questa realtà
oggettiva, ha però presente l’Essere, afferma di essere effetto di questa
Causa, necessariamente incontra il Cristo? Questo Essere è Dio, il Padre, il
Creatore.
Luigi: Certo, chi è attratto da Dio
necessariamente incontra il Cristo. Se è attratto da Dio necessariamente è in
una situazione di effetto, però con questo non è che lui sia inserito in Dio.
Incontrando Cristo, Cristo lo inserirà. Ma come Cristo lo inserirà? Se c’è la
fame, l’interesse per Dio si incontra il Cristo. Ma non è che questo interesse
per Dio ci salvi, c’è la frattura, noi diciamo: Sarebbe bello che….però la mia
vita pratica è diversa. Quindi io sì ho interesse per Dio, ma la mia vita
pratica, i miei interessi, il mio mondo… è tutto diverso. Io devo vivere in
questo mio mondo e in questo mio mondo io non tengo presente Dio. Vedo questa
frattura. È qui che ho bisogno del Cristo, perché io sospiro sì, però… e allora
ho bisogno in questa realtà, che mi sta portando via a Dio di incontrare il
Cristo. E il Cristo come mi inserisce? Mi inserisce proprio portandomi ad
identificare questa presenza oggettiva del Pensiero di Dio in me. Prima il
pensiero di Dio Creatore era lontano da me, un cielo lontano, inaccessibile a
me, qui invece il Cristo mi porta a constatare questa presenza oggettiva e mi
salva proprio in questi termini qui, in quanto mi mette in rapporto personale
con una presenza oggettiva.
Nino: Forse tu
Eligio portavi l’attrazione per Dio che ti porta al Cristo su un piano molto
più avanti.
Eligio: Io credo
alla necessità di una presenza fisica che venga a dialogare nel mio mondo
fisico se ho l’attrazione del Padre, stento a capire la necessità di presentare
il Pensiero di Dio come una realtà oggettiva in me. Per questo corre il rischio
per me di essere una astrazione.
Luigi: È una funzione essenziale il
Pensiero di Dio in me come realtà oggettiva, perché dà la possibilità a me di
sostare in quel Pensiero lì e dandomi la possibilità di sostare, io posso pensare
Dio con quel Pensiero lì e posso sostare tutto il tempo che è necessario per
arrivare a conoscere il Padre. Posso restare perché è una presenza oggettiva,
cioè io posso restare con uno in quanto quell’uno è presente fisicamente. Se
non è presente fisicamente non posso restare: lo sogno, però ho le mie realtà
pratiche presenti che mi stanno portando via. L’importante è avere qui quella
presenza tale con cui io posso sostare e posso sostare tutto il tempo
necessario per arrivare a.. perché: “Nessuno può arrivare al Padre se non per
mezzo di Me”. “Me” cosa? Pensiero di
Dio oggettivo.
Nino: Senza il
Cristo noi continuiamo a pensare Dio con il pensiero del nostro io.
Eligio: Senza Cristo
non possiamo arrivare a conoscere Dio. Questo è certo.
Luigi: Ma cosa vuol dire che senza
Cristo non possiamo arrivare a conoscere Dio? Perché o lo diciamo
dogmaticamente, per sentito dire, o
dobbiamo arrivare a capire perché senza Cristo non possiamo arrivare a
conoscere Dio. Cristo chi è?
Eligio: Cristo per
me è il Maestro, presenza visibile che mi parla di ciò che non vedo ancora.
Luigi: Gesù dice: “Nessuno viene al
Padre se non per mezzo di Me”. Non “Me” presenza fisica, “Me” Pensiero del
Padre, Pensiero oggettivo, non pensiero tuo. Perché fintanto che tu pensi Dio
col pensiero del tuo io, assolutamente non puoi arrivare a conoscere Dio.
Perché Dio non si può conoscere nel pensiero dell’io che pensa Dio. Dio si
conosce nel Pensiero di Dio che pensa il Padre, che non sono io. Il Cristo mi
dà la possibilità di unirmi a questo Pensiero che è in me. Posso pensare anche
Dio nel pensiero del mio io, ma lo penso per un po’ di tempo, poi ho altro da
fare e… . Il demonio pensa Dio, crede in Dio, non può non credere in Dio perché
la Verità è superiore alla creatura, però pensando Dio non può conoscere Dio.
Ad un certo momento è ritratto giù dal pensiero del suo io, dal pensiero delle
sue opere. Non può sostare il tempo necessario per arrivare a contemplare Dio.
Perché non può sostare? Perché la forza è limitata. È come un satellite che è
lanciato ma con una velocità non sufficiente per staccarsi da terra. Non avendo
la forza sufficiente ricade di nuovo giù. Ora, noi corriamo questo rischio qui
se non abbiamo la forza sufficiente. La forza ci viene dal Pensiero di Dio
oggettivo in noi. Se non abbiamo questa presenza qui, per quanto pensiamo Dio
nel pensiero dell’io non abbiamo questa forza e ricadiamo sempre sulla nostra
terra. Facciamo un tentativo e ricadiamo giù, sempre così. Qui il cerchio è
chiuso. La forza sufficiente è proprio la capacità di sostare con una Presenza
oggettiva indipendente da me.
Eligio: È la stessa
cosa del Verbo interiore di S. Agostino?
Luigi: È la stessa cosa. A volte si
sente dire: “Io mi metto in silenzio, cerco di ascoltare il Verbo interiore,
però sono disturbato da mille pensieri che mi vengono, pensieri peggiori
ancora, per cui mi trovo molto meglio quando prego con parole”. Ma io dico:
stai attento che quando preghi con parole tu non preghi mica, ti illudi di
pregare: tu ascolti te stesso. Questo vuol dire che tu sei attento soltanto a
te stesso, ma quando ti metti nell’occasione, nella possibilità di ascoltare
Dio, tu ti accorgi che non puoi ascoltarlo. Quando uno ha come centro Dio,
facendo silenzio ascolta Dio.
Eligio: Se per
presenza oggettiva intendiamo il Verbo interiore di cui parla S. Agostino , la
cosa mi resta molto più facile.
Luigi: Il Verbo interiore di cui
parla Agostino ha bisogno di trovare una precisazione, deve diventare il
Pensiero di Dio in me come presenza oggettiva, perché può essere anonimo, cioè,
io mi metto in silenzio e ascolto il Verbo interiore, ma cos’è questo Verbo
interiore? È un parlare per intuizione, che mi sento dentro? Qui Cristo ci ha
portati a riscontrare che questo Verbo interiore coincide con il Pensiero di
Dio.
Nino: Quante volte
anche noi in tempo passato dicevamo: ma io come faccio ad essere sicuro se in
me è Dio che mi parla o se sono io che mi immagino qualcosa.
Luigi: Certo. Ma tutti gli isterici
sentono delle voci. C’è tutto questo perché non facciamo altro che ascoltare
noi stessi, le parole che abbiamo seminato, che abbiamo ricevuto nel pensiero
del nostro io e ad un certo punto sono queste che ci dominano e ci portano via.
Pinuccia B.: Questa
possibilità di sostare che il Cristo ci dà attraverso questa scoperta, è
sostare non più con Cristo esterno, sostiamo con il Pensiero di Dio che Lui ci
ha fatto scoprire, con il supporto delle sue parole.
Luigi: Certo. Il punto di attacco è
stato il Cristo esterno, la presenza fisica nella quale parla le parole del
Figlio di Dio.
Eligio: Ma questo
restare di cui parla Pinuccia è adesione per fede o è visione
dell’intelligenza.
Luigi: È una scoperta a cui mi ha condotto l’ascolto del Cristo
in quanto ho cercato il suo pensiero, e mi ha condotto a scoprire che il Pensiero
di Dio in me è il Pensiero di Dio e siamo ancora nel campo della fede. Il campo
dell’intelligenza è Pentecoste, cioè quando io scopro questa Presenza oggettiva
come Pensiero di Dio, come Figlio di Dio dal Padre. Allora essendo portato a
conoscere il Padre, adesso il Padre mi fa conoscere il Figlio. La vera
conoscenza si ha per Causa. La Causa è il Padre.
È Lui che
mi sta conducendo verso la Pentecoste perché è tutto un cammino verso la
Pentecoste. Anche questa è una tappa verso Pentecoste, ed è una tappa
necessaria, perché quando gli Apostoli giunsero a Pentecoste dove erano?
Erano
tutti nello stesso luogo.
E qual è
questo luogo?
Il
Pensiero del Padre, il Figlio di Dio.
Perché
Cristo con loro cosa ha fatto? Li ha condotti a pensare il Padre, questa
presenza oggettiva in cui essi si trovavano. Maestro dove abiti?
È di lì
che poi hanno ricevuto la conoscenza del Padre e con la conoscenza del Padre
hanno ritrovato poi il Cristo. “Ancora un poco e non mi vedrete più, un altro
poco e mi rivedrete”. Ma non lo dice a tutti, ma a coloro che ha condotto in
quel luogo dal quale potevano vedere la sua Gloria.
Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove mai sta per andare costui, che
noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e
ammaestrerà i Greci? Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi
troverete e dove sono io voi non potrete venire? ». Gv 7 Vs 35-36 Secondo tema.
Titolo: Interpretazione nel pensiero dell’io della Parola di
Gesù.
Argomenti: L’oggettività del Pensiero
di Dio in noi – La soggettività dei sensi – Il pensiero non dipende dall’uomo – Il rapporto
personale con Dio – Immanenza e trascendenza del Pensiero di Dio – L’astrazione del
pensiero umano – La forza di gravità dell’io – Presenze oggettive
e soggettive – Macchiare la creazione dell’io -
22/Marzo/1983
Pinuccia B.: I
Giudei che fraintendono tutto il parlare di Gesù, è scena di quello che
facciamo noi e dà proprio l’impressione di Gesù che parlava un linguaggio
sublime, che ci ha portato a fare delle considerazioni, delle riflessioni su
Dio, sul Pensiero di Dio e loro sprofondano nella materialità. Gesù aveva
appena finito di parlare e con quanto aveva detto, voleva far capire loro che
l’uomo è abitato dalla presenza di Dio, dall’Assoluto, perché ne subisce
l’effetto per questa ricerca l’Assoluto: “Mi cercherete e non mi troverete”.
Riflettendo su queste parole l’uomo prende coscienza che è abitato
dall’Assoluto.
Eligio:
Ma l’uomo per il fatto che Gesù ha detto: “Mi cercherete e non mi troverete”
prende coscienza della presenza dell’Assoluto in sé?
Luigi:
Se riflette sulla Parola di Dio. È la Parola di Dio che convince!
Pinuccia B.:
Proprio riflettendo su queste parole di
Gesù: “Mi cercherete e non mi troverete” avevamo visto come la passione
dell’Assoluto in noi è effetto della presenza di Dio in noi. E nella seconda
affermazione che Gesù dice: “Dove Io sono voi non potete venire”, se ci
fermiamo a riflettere, Lui ci fa prendere consapevolezza che questa impotenza
di raggiungere Lui, la Verità, ci rivela l’indipendenza della Verità stessa,
quindi l’oggettività e quindi ci apre una via per uscire dal nostro
soggettivismo se ci appoggiamo a questa Verità oggettiva. E questa Verità
oggettiva è in noi, infatti nella prima affermazione ci ha detto che è in noi.
Nella seconda affermazione ci afferma che è oggettiva.
Eligio: Hai detto: ci apre una via. Qual è questa via?
Pinuccia B.:
L’ascolto, perché se Dio è presente in me senza di me, non sono io che posso
raggiungerlo dove Lui è.
Eligio: Luigi confermi? Perché oggi mi veniva in mente che tutta
la creazione che si presenta a me, all’infuori di quella che è la mia fantasia,
sono tutte presenze oggettive e mi chiedevo: come faccio a distinguere la
presenza oggettiva che è data dal Pensiero di Dio in me dalle altre presenze
oggettive? Quale rapporto particolare si stabilisce per cui ad un certo punto
io la riconosca proprio come Pensiero di Dio? Allora in quel momento diventa sì
una presenza oggettiva, perché tutta la creazione si presenta a me come
oggettiva. Io davanti a me non ho mica l’idea di Pinuccia Bossolasco?
Pinuccia B.: Non mi conosce.
Eligio: Ma non conosco neanche il Pensiero di Dio finchè non
arrivo a Pentecoste. Parliamo prima di Pentecoste. Non partiamo dal vertice!
Teniamolo presente perché abbiamo bisogno di questa attrazione, ma se partiamo
dal vertice e diamo per risolti tutti i problemi che dalla base conducono al
vertice, per qualcuno resta molto difficile.
Che cos’è dunque che mi fa distinguere l’oggettività di tutte le
creature che Dio mi pone davanti, dall’oggettività del Pensiero di Dio, cioè di
quest’altra realtà che io adesso non
conosco. Le altre le vedo, questa la sento ma non la vedo.
Nino: Le altre però sono presenze fuori
di te, non dentro di te. Tu interiorizzi di esse il pensiero che hai fatto
sopra di esse.
Eligio: Ma che cos’è che mi fa capire….
Ecco perché io postulavo l’esigenza di un rapporto personale con cui avviare un
dialogo e dietro al quale arrivare al vertice. Le altre presenze non mi portano
al vertice.
Nino: L’ho pensato anch’io quello. Per
me è l’ascolto di una parola che ha un sigillo particolare, quello della Verità
del Padre. È una cosa che non solo io non riesco a smentire, ma la trovo vera,
perché ancora un non smentirla è ancora un’indifferenza, mentre il trovarla
vera è una positività. Portato su di me mi pare di esperimentare per opera di
Dio dei momenti di presenza e dei momenti di assenza. Ecco quella presenza
oggettiva che si fa sentire in me, non so come succede ma succede.
Eligio: Allora
quella è una presenza che ha le caratteristiche dell’oggettività su cui è
impressa la verità mentre sulle altre…
Nino: Mentre mi
vengono delle cose dall’esterno che mi stupiscono, che trovo grandiose, ma che
non hanno nessun effetto su di me, non mi fanno né migliore, né peggiore, non
mi cambiano niente.
Eligio: Ma vedi,
sul sigillo della Verità nei confronti del Cristo ne abbiamo già parlato nel
capitolo quinto….
Luigi: Ma questo
conferma quello, sia chiaro, non lo annulla mica. Si vanno integrando e quindi
approfondendo in Verità che diventano sempre più comprensive, non si
smentiscono mica. Prima era una Verità indefinita, che poco per volta si
precisa e diventa il Pensiero di Dio dentro di noi.
Eligio: Ecco, che
cosa avverte un’anima nei confronti dell’oggettività del Pensiero di Dio
rispetto all’oggettività delle altre realtà che Dio mi presenta, cioè che fanno
parte della creazione. Che cosa esperimenta?
Luigi:
Esperimenta la presenza oggettiva, direi meglio, individua e scopre
l’oggettività del Pensiero di Dio in noi che non è più pensiero nostro. Tu dici
che differenza c’è tra questo e le altre presenze? Tutte le presenze esterne
sono infirmate dal pensiero del nostro io.
Eligio: Ma,
infirmate non direi, arrivano al nostro pensiero attraverso i sensi.
Luigi: Quando
arrivano al pensiero del nostro io attraverso i sensi, entrano nel campo del
soggettivo.
Eligio: Non
necessariamente, perché direi che il pensiero potrebbe riferirlo a Dio.
Luigi: Ah beh!
Se lo riferisce a Dio certo, è chiaro! Se partiamo da Dio Creatore arriviamo a
questo, arriviamo al Pensiero di Dio in me oggettivo. Facciamo l’esempio: il
filo d’erba è certamente una realtà inferiore al mio pensiero, eppure non
dipende da me. A molto maggior ragione il pensiero in me non dipende da me. A
molto maggior ragione il Pensiero di Dio in me non dipende da me. Ora, se io
non posso fare il filo d’erba è un’offerta che Dio mi pone di impotenza per
farmi constatare una oggettività indipendente da me.
Eligio: Ma tu
pensi che se un’anima fosse nello stato di presumere di poter porre lei qualche
elemento della creazione, potrebbe arrivare a discutere su questo punto
dell’oggettività del Pensiero di Dio in lei? O anche solo non dell’oggettività,
ma del Pensiero di Dio in lei?
Luigi: Succede
questo. Fintanto che l’anima non è condotta ad individuare questa presenza
oggettiva del Pensiero di Dio in sé, per quanto lei contempli Dio nella
creazione, ad esempio, o glorifichi Dio nelle cose esteriori, tutto questo non
la libera dal suo soggettivismo, cioè non la purifica, non la fa entrare in un
rapporto personale con Dio.
Eligio: Mentre
questo Pensiero le dà la possibilità di entrare in un rapporto personale?
Luigi:
Altrochè!| È lì l’importanza.
Eligio: Ah, ecco!
Ho bisogno di vedere in che cosa si concretizza e cosa vive l’anima nella
ricerca, nella sperimentazione e nel ritrovamento della scoperta del Pensiero
di Dio in sé rispetto agli altri pensieri.
Luigi:
Acquisisce la possibilità di un rapporto personale. Pensa personalmente il
Pensiero di Dio, cioè è a tu per tu con Dio. E questa è la condizione per
arrivare alla Pentecoste. Si realizza quello che dice il Cristo: “Senza di Me
non potete arrivare al Padre”. E quel “senza di Me” non è più il Verbo
incarnato, il Cristo fisico che lo dice, è un “senza di Me” Pensiero del Padre.
Nino: Lo
esperimenti talmente come un’altra cosa da te, che tutte le volte che hai il
Pensiero di Dio, il tuo io ogni tanto entra dentro e porta solo
dell’inquinamento.
Eligio: Ma vedi,
tu vai sul piano di una certezza ontologica, io corro sul piano di una certezza
logica. La vivi sul piano ontologico, dell’essere.
Luigi: Cioè, un
rapporto personale con-. Tu non pensi Dio con il tuo io. Con il tuo io pensi
l’albero, pensi la creatura….
Eligio: So però
che devo arrivare a questa consapevolezza.
Luigi: Tu arrivi
al rapporto personale con Dio soltanto in quanto Dio ti fa scoprire la presenza
oggettiva di Sé in te e trascendente te. È importantissimo questo perché è
trascendente e immanente, per cui io non posso pensare Dio nel pensiero del mio
io. Questo esperimentare l’impotenza a
trovarmi dove il Pensiero di Dio è, proprio questo mi fa toccare con mano la
trascendenza di Dio, per cui quando penso Dio evidentemente non sono io che lo
penso.
Eligio: Non è
ancora sufficiente l’esperienza dell’impotenza e la percezione della
trascendenza per esperimentare la presenza del Pensiero di Dio in me.
Luigi: No. La
presenza del Pensiero di Dio io la esperimento in quanto condotto da Cristo,
perché qui abbiamo delle parole di Cristo che mi dicono un fatto
esperimentabile. Esperimento la passione dell'assoluto ed esperimento
l'impotenza. Io personalmente, ogni uomo, la esperimenta. Esperimentato questo
però resta il punto interrogativo. Qui invece la parola del Cristo mi dà la
chiave che mi illumina questi due fatti che esperimentiamo. Cioè mi fa dire: tu
esperimenti questo per questo motivo; tu esperimenti quest’altro per questo motivo.
È il motivo qual è? E la presenza oggettiva del Pensiero di Dio in te. Ma come
arriviamo noi a questo? Arriviamo seguendo la parola del Cristo, non seguendo
soltanto quello che esperimentiamo. Noi esperimentiamo questi due dati. Arriva
la parola del Cristo che illumina questi due dati e di fronte a questa
illuminazione diciamo: è vero! Noi esperimentiamo gli effetti, ma gli effetti
non ci fanno capire la causa. Chi ci fa capire la causa è soltanto Colui che è
nella Causa. Per cui Lui dice: tu esperimenti questo perché la causa di questo
è questo. Adesso non posso più smentirlo perché mi ha condotto a vedere la
Causa e gli effetti di questa Causa. Prima tuttalpiù potevo fantasticare ma non
potevo avere la sicurezza, perché sono io che penso. Io ho bisogno di essere
condotto, ascoltando. Io che penso diventa soggettivo, allora faccio delle
grandi astrazioni, ma nelle astrazioni resto sempre con il dubbio. Io ad un
certo momento dico: esiste la retta infinita perché per la passione di assoluto
rendo assoluto il segmento, perché ai miei occhi lo vedo retto, prolungo
all’infinito questo e dico: esiste la retta infinita. La retta infinita non
esiste, quindi è un’astrazione del mio pensiero. Così noi astraiamo tutto: la
giustizia, la bontà, la pace… perché prendiamo un angolino e lo rendiamo
assoluto. Proprio questo rendere assoluto diventa attrazione, ma non può far
constatare a noi l’oggettività della cosa.
Eligio: Dire
realtà oggettiva non mi soddisfa ancora, perché realtà oggettive ce ne sono
molte altre. Questa realtà oggettiva deve dunque avere certe caratteristiche,
diverse dalle altre. Una di queste può essere il rapporto personale.
Luigi: Tutto
quello che è esterno sono tratti di un cerchio, ma io con la passione
dell’assoluto, anziché vedere la curva, faccio la retta, la tangente, ma la
retta all’infinito non esiste, è un’astrazione, per questo non mi convince. E
così tutte le creature, sono tutte tratti di cerchio attorno a me, quindi in
tutte io vedo lo specchio del mio io. Guardo la creazione, la creazione ha un
orizzonte, l’orizzonte ha un cerchio al cui centro c’è il pensiero di me
stesso. Quindi in tutto io vedo lo specchio del mio io. Tutto questo far centro sul pensiero del
nostro io crea un campo di soggettività che ci chiude, per cui noi stiamo invocando
un’oggettività, un punto di appoggio per sollevare il mondo, cioè per uscire
dal pensiero del nostro io, perché tutto ci fa gravitare sul pensiero dell’io.
Eligio: Tu me lo
poni sotto un punto di vista di un soggettivismo esasperato, assoluto, ma io
dico la tua presenza non è posta da me, altrimenti cado nell’assurdo di Kant
che dice che a Iena sono morte 80.000 idee di tedeschi, non 80.000 tedeschi.
Ora, c’è qualcosa di oggettivo che non sono solo il pensiero di Dio in noi.
Luigi: Ma tutto
è oggettivo perché tutto è creazione di Dio! tutto! Però noi nel pensiero
dell’io noi stiamo macchiando tutta questa creazione di Dio del pensiero
dell’io, per cui ad un certo momento noi siamo contornati da un campo di
soggettività, ed anche il pensiero di Dio può essere macchiato di soggettività.
Nino; Nel
Pensiero di Dio noi arriviamo a vedere oggettivamente il pensiero del nostro
io, diventiamo obiettivi circa il nostro io.
Luigi: Se
partiamo dal Pensiero di Dio sì, anche il pensiero del nostro io lo vedi obiettivamente.
Ma se parti dal pensiero dell’io macchi anche il Pensiero di Dio. La grazia di
vedere obiettivamente il pensiero dell’io ti viene da Dio. Invece nel pensiero
dell’io macchi anche il pensiero di Dio e a questo punto cadi in inferno,
perché entri in un dubbio assoluto, da cui non ne esci assolutamente, perché tu
da solo non ne puoi uscire. L’uomo da solo non può uscire dal suo
soggettivismo. Ha bisogno di qualcosa extra, fuori di sé. Ma se lui ha
macchiato il principio dell’oggettività che è Dio, a questo punto non c’è più
nessuna soluzione per lui.
Eligio: Macchiare
il principio dell’oggettività penso sia non riconoscere Dio come principio
creatore.
Luigi: Si
capisce. Si arriva a dire: sono io che penso Dio. Io direi: 99,9 persone su cento
subiscono questo dubbio: sono io che penso Dio oppure Dio esiste veramente?
Pinuccia B.: La
certezza di dialogare con un Altro da me ….
Eligio: Poniamo
il caso: secondo te, è possibile avere la certezza, per grazia di Dio, che Dio
è Causa, principio di ogni cosa, per cui tutto ciò che non è Dio è effetto di
Dio, dipende da Dio. È possibile porre questo Principio e non avere chiaro il
concetto di cos’è il Pensiero di Dio nell’anima, nella creatura umana? Io ad
esempio sono in quella condizione! So che posso pensare Dio solo col Pensiero
di Dio. Ma di lì ad avere una idea chiara di cos’è il Pensiero di Dio nella
creatura, penso che si sia ancora lontani!
Luigi: Infatti è
il Cristo che ci ha condotti approfondendo le sue parole fin qui!
Nino: È una
cosa che volevo dire! È inutile che ci sforziamo noi. È una cosa che la può
fare il Pensiero di Dio in noi.
……………………….
Luigi: Partendo dal pensiero di Dio Creatore, questo
mi porta all’ascolto: tutta la creazione è opera di Dio; tutte le creature sono
opera di Dio, cioè Dio è presente in tutto. Dio parla e parla con me
personalmente in tutto. È attraverso questo ascolto che ad un certo momento
arrivo ad un rapporto con Cristo e, attraverso il Cristo, arrivo alla scoperta
di questo Pensiero di Dio in me oggettivo. Però noi dove stiamo arrivando con
questo? Stiamo passando dal pensiero di Dio Creatore al Pensiero di Dio in
sé………(cambio cassetta) cioè non più io che penso Dio, ma quando penso Dio Lo
penso con il Pensiero di Dio in quanto Dio mi fa la grazia di mettere a
disposizione il suo Pensiero in me. Ma questa è la premessa, la condizione,
perché nessuno può arrivare al Padre se non per mezzo di me. Ma come? Io già
credo in Dio, che novità mi porti tu? Io accetto tutto da Dio… eppure Cristo
viene e dice: “Nessuno può arrivare al Padre se non per mezzo di Me”. Allora
vedi che si parte da Dio per arrivare a Dio. Ma che differenza c’è? È che parto
da Dio Creatore per arrivare a quello che è Dio in Sé, perché solo conoscendo
Dio in sé ho poi lì la possibilità di conoscere il Pensiero di Dio in Sé, dal
punto di vista del Padre. È lì che scopro il pensiero del mio io opera di Dio e
non più opera dell’abisso. La vita eterna è una vita perfettamente consapevole
di quello che Dio è e di quello che noi siamo ed è lì che si stabilisce un
legame eterno, perché in questa consapevolezza di verità non c’è più rottura.
Dio sta conducendo alla conoscenza del Padre partendo naturalmente da Dio
Creatore, questo mi fa accettare tutto, ad un certo momento mi fa capire che tutto
dipende da Dio, mi fa bisogno di capire, di conoscere questo Dio, perché mi
rendo conto che solo conoscendo la Verità risolvo il problema della mia vita,
questo mi conduce al Cristo…. Che cos’è questo “Me” di cui parla Cristo? Questo
“Me” si deve oggettivare in me. Evidentemente il suo io non è il mio io. Quando
mi dice “Senza di Me” mi dice un io, il suo io. E questo suo io che cos’è? E
come posso io oggettivarlo in me in modo da essere in rapporto personale con
Lui perché senza di Lui non posso arrivare al Padre. Ora, fintanto che io sento
delle parole ma non entro in rapporto con il suo Io, e Lui non mi dà la
possibilità di constatare questa presenza del suo Io, non posso arrivare al
Padre.
Eligio: Pensavo
che non è tanto il lavoro del mio io che oggettiva quanto la Realtà Sua che si
impone.
Luigi: È la sua
Realtà in quanto mi illumina su ciò che ho presente, ma di cui non sono
consapevole. Lui parlando mi fa constatare questo Pensiero. Non sono io che ho
scoperto, non sono io che ho oggettivato, è Lui che io adesso oggettivo
parlandomi.
…………………………
Pinuccia B.: Gesù con
queste due affermazioni aveva rivelato: la presenza di Dio in noi e
l’oggettività di questa Presenza. Cioè ci illumina due effetti: tu senti la
passione dell’Assoluto? Questo è effetto della presenza di Dio in te. Senti la
tua impotenza? Questo è effetto dell’oggettività del Pensiero di Dio.
Soluzione: Ascoltami! Sono Io. La salvezza sta qui: Lui parlando rompe il
cerchio di questa soggettività e ci offre una possibilità di uscita. Perché? Perché
il Cristo è il Verbo incarnato. Se fosse solo il Verbo di Dio che parla a noi,
non sarebbe efficace.
Luigi: Cioè
diciamo meglio: il Verbo di Dio parla sempre a noi, in tutta la creazione fin
dal principio del mondo. Tutta la creazione è fatta nel Pensiero di Dio: “Omnia
per Ipsum facta sunt”. In tutte le cose parla a noi il Verbo di Dio. Però ad un
certo momento tutta la creazione non è più efficace per salvarci. Non ci libera
dal soggettivismo. Tutta la creazione, ed è il Verbo di Dio che parla, ad un
certo momento non ha la possibilità di liberarci dal pensiero del nostro io.
Cioè noi siamo esclusi dal Paradiso Terrestre, non abbiamo questo rapporto
personale con la presenza oggettiva di Dio in noi, pur non potendola negare, ma
manca l’aggancio. Non troviamo il modo di agganciarci. Non possiamo. Ecco,
allora abbiamo bisogno del Verbo di Dio che si incarni, cioè che sia uomo.
Perché cos’è questa presenza fisica dell’uomo? Guardando il volto di un uomo, è
un essere che parla, un essere. Eppure è un corpo.
Pinuccia B.: …
continuando: se Dio che è indipendente da me
mi parla in una presenza fisica che è indipendente da me, cioè che è
relativa al mondo del mio io, allora mi viene offerta una possibilità, un ponte
dal mio mondo al mondo di Dio. però è un’offerta provvisoria.
Luigi: È il
Verbo di Dio che entra nel mio soggettivismo ed entrando mi offre la
possibilità di uscire con Lui dal mio soggettivismo.
Pinuccia B.: E come?
In che modo? Se seguo il suo parlare e non lo rivesto del mio io.
Luigi: Qui hanno
rivestito del loro io la parola di Cristo. E da che cosa lo vediamo? Perché
proiettano la loro realtà soggettiva, cioè la loro materialità, sulle parole
del Cristo, parole che li stavano portando alla scoperta della presenza
oggettiva del Pensiero di Dio in sé. Proiettando il pensiero del loro io,
restano con la presenza fisica del Cristo, ma si privano di questo ponte che è
dato dalla Parola di Dio quando si cerca di capirla nel Suo Pensiero, nella sua
intenzione, nel suo Spirito. Qui abbiamo delle creature che riescono a
proiettare la loro ombra sulle parole che il Cristo sta dicendo, per cui
macchiano di soggettività anche il parlare del Cristo. Eppure il Cristo parla
oggettivamente, ma l’uomo ha questa tremenda possibilità di proiettare la sua
ombra su tutto quello che gli arriva. Perché tutto quello che arriva è segno,
il segno va rivestito di una intenzione: o lo leggiamo nell’intenzione di Dio,
o proiettiamo su quel segno l’intenzione nostra.
………………………..