Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire. Gv 7 Vs 34 Primo tema.
Titolo: La profezia.
Argomenti: L’uomo non sopporta
l’assenza. Dio presente in noi senza di noi. Dalla disattenzione
all’attenzione per Dio. La molteplicità di interessi annulla (temporaneamente)
il bisogno di Dio. Mezzanotte, assenza di presenze: “Viene lo sposo”. La presenza è dono
dell’altro, non viene dal nostro bisogno. Dedizione a Dio che s’annuncia nella sua
Parola. Rivestire la Parola del nostro rifiuto. Il tempo del cercare e
del non trovare avviene per tutti. Si è capaci di trovare Dio solo nella
misura in cui si è interiorizzata la Parola di Dio quando ci è arrivata. Vedere il pensiero
dell’io in tutti i segni di Dio e in Dio stesso. Dedizione all’opera
che Dio fa. Figli del sì o nel no a Dio. Il suicidio. Fare vecchie tutte le
cose. La parabola delle 10 vergini. Un semplice bicchiere d’acqua. Mettere il nome
sulle creature. L’aborto. Camminare sull’iniziativa di Dio.
2/ Gennaio /1983
Dall’esposizione di Luigi Bracco:
Questa sera ci fermiamo alla prima affermazione di Gesù:
“Mi cercherete”. Anche qui dobbiamo vedere in questo verbo, in questa
affermazione, il significato, l’intenzione, il Pensiero di Dio per ognuno di
noi personalmente: è Parola di Dio! Quindi, proprio perché Parola di Dio,
dobbiamo cercare in essa non i nostri pensieri, non le nostre interpretazioni,
non le nostre applicazioni, ma dobbiamo cercare il Pensiero di Dio.
È un futuro: Gesù dice: “Mi cercherete”; quindi fa una
profezia. E a chi la fa? La fa a degli uomini che non si preoccupano delle cose
che Lui dice, che non si preoccupano di intenderle, di capirle, di seguirle. Lo
dice a tutti gli uomini.
Lo dice non perché debba avvenire un cambiamento in Dio:
in Dio non ci sono dei cambiamenti. Dio è presente quando è presente e Dio è
presente anche quando è assente: Lui è sempre presente, e Lui parla in tutto.
Quindi quel “mi cercherete”, quel futuro, questo cambiamento che avverrà, non è
un cambiamento in Dio, ma è per mutamento della creatura.
Ecco, dobbiamo cercare di approfondire, di capire che
cosa avviene nella creatura affinché ad un certo momento questa creatura passi
dalla disattenzione all’attenzione a Dio: al “mi cercherete”. Prima la creatura
non cerca Dio, non si interessa di Dio, non ha interesse per le cose di cui
parla Dio; poi arriva un certo momento nella sua vita in cui invece, Gesù dice:
“Mi cercherete”. Però aggiunge anche: “non mi troverete”, ed è una parola molto
severa e molto dura, che vedremo la prossima volta.
Intanto notiamo subito che qui c’è una contraddizione
apparente con molte parole di Gesù, perché altrove Gesù dice: “Cercate e troverete”, “domandate
e vi sarà dato e a chi bussa sarà aperto”.
Sovente nel Vangelo, troviamo queste contraddizioni. Qui
dice: “Viene aperto a chi bussa” e poi ci presenta una parabola in cui le
vergini stolte bussano alla porta, ma la porta non viene aperta. E bussavano;
quindi, non a tutti coloro che bussano viene aperto.
Prima aveva detto: “Chi cerca trova” e qui dice: “Mi
cercherete e non mi troverete”. Ma sono proprio queste contraddizioni apparenti
del parlare di Gesù, contraddizioni apparenti delle stesse opere di Dio: Dio ci
fa nascere, poi ci fa morire, ci sono giorni di gioia e ci sono giorni di
dolore, ecco, sono queste apparenti contraddizioni che ci sollecitano, ci
spingono a cercare, ad approfondire, perché l’uomo (ecco la lezione che vediamo
soprattutto stasera) non sopporta le contraddizioni.
Intanto dice: “Mi cercherete”. Ecco, cos’è questo “mi”?
perché non è una ricerca indeterminata (noi diciamo: l’uomo è una ricerca di
Assoluto); qui una ricerca ben specifica. Gesù stesso dice: “Mi cercherete”,
cioè cercherete Me, di cui prima aveva detto: “Io sono con voi ancora per
poco”: arriva il giorno in cui voi cercherete Me.
Cos’è questo Me? Cos’è Cristo? Cristo è la Presenza di
Dio tra noi.
E Lui dice: “Arriva il giorno in cui avrete bisogno di
questa presenza, ma non la troverete”.
Nel Vangelo di s. Luca Gesù dice queste parole precise:
“Verrà un tempo in cui voi desidererete vedere uno solo dei giorni del Figlio
dell’uomo e non lo potrete”: conferma questa sua affermazione.
Cosa succede nell’uomo perché da così lontano, ad un certo
momento senta questo bisogno tremendo della Presenza di Dio?
Abbiamo visto le domeniche scorse, come ci sia per opera
stessa di Dio nel formare l’uomo, la Presenza di Dio nell’uomo senza l’uomo. Il
primo dato è questo: l’uomo è un essere che porta Dio con sé, a sua insaputa.
Come conseguenza di questa Presenza di Dio in sé l’uomo è un essere che patisce
la fame dell’Assoluto; l’uomo è un essere che cerca l’Assoluto e lo cerca in
tutto ciò a cui si rivolge. Dico: questa è una conseguenza, è un effetto in
noi, senza che noi ne conosciamo la causa, ma è una conseguenza della Presenza
di Dio in noi; per cui tutto ciò cui noi ci rivolgiamo ci volgiamo come a Dio,
poiché abbiamo presente Dio in noi.
E questa molteplicità è data dal nostro io che è un
principio di moltiplicazione di amori e di interessi, e quindi di dispersione
di forze. Arriva però un’ora, a mezzanotte in cui una voce si leva: “arriva lo
sposo!” Cos’è quest’ora, questa mezzanotte? Mezzanotte è l’ora in cui tutte le
luci si spengono.
Ho detto che quando noi non sentiamo amore per Dio non è
che in noi non ci sia amore per Dio: è perché ci sono troppi amori. E quando
non sentiamo bisogno della luce di Dio, non è che noi non sentiamo bisogno
della luce di Dio: è perché abbiamo acceso troppe altre luci. Ma arriva un’ora
nella nostra notte in cui Dio spegne tutte le altre luci, in cui Dio ci delude
in tutti i nostri amori.
Abbiamo detto che quando non proviamo amore per Dio è
perché abbiamo troppi amori. Viene un’ora: mezzanotte, in cui Dio ci fa
esperimentare la delusione, il vuoto, la contraddizione: spegne le luci! È
allora che la nostra anima sente quel grido: “Viene lo sposo! Andiamogli
incontro”.
Ora però quelle che vanno incontro allo sposo sono una
parte sagge, una parte stolte, e di fronte
a questo grido le stolte si sono trovate con le lampade che si spegnevano,
e mancava loro la provvista di olio: non
poterono sostenere l’incontro con lo sposo e quando tornarono, si trovarono
di fronte alla porta chiusa.
Ecco: “Mi cercherete e non mi troverete”.
Cioè, abbiamo detto, l’uomo è costituito fondamentalmente
di questa passione per l’assoluto. Lui non l’avverte, non la nota in modo
specifico, perché è distratto da tante altre luci, è proiettato su tante altre
presenze: il mondo, la società, le creature, gli amici, ecc., gli interessi, il
pensiero del nostro io. Il pensiero del nostro io, ho detto, è un principio di
moltiplicazione di interessi, una moltiplicazione di amori. E siccome noi
portiamo questa passione di assoluto, su ogni cosa, su ogni nostro interesse,
su ogni cosa cui noi ci volgiamo col nostro sguardo, noi proiettiamo questa
passione di assoluto verso tutto. Ed è
questo che ci distrae dall’attrazione per Dio e dall’interesse per Dio; ecco,
questo interesse per Dio che viene sepolto sotto questa montagna di nostri
interessi, di nostri pensieri, di nostre cose del mondo.
Però Dio non ci abbandona e opera spegnendo, a poco per
volta tutte le luci che noi abbiamo acceso nella nostra notte, deludendoci nei
nostri amori, facendo fallire tutti i nostri interessi, portandoci di fronte al
vuoto, di fronte alla contraddizione, di fronte cioè all’assenza di presenze
nella nostra vita.
Ecco, ritorna alla ribalta quel bisogno che era assopito:
il bisogno dell’assoluto, il bisogno di Dio, il bisogno di esperimentare, di
toccare con mano la Presenza di Dio: è il grido che ci sveglia. Però parte di
quelle che sono state svegliate non poterono entrare: questo per insegnare a
noi che non si entra nel Regno di Dio né di nostra iniziativa, né perché sentiamo
il bisogno: la nostra fame non crea il pane, e noi possiamo morire di fame,
anche con tutta la nostra fame addosso. Non basta desiderare, non basta cercare
Dio per trovarLo.
Non basta desiderare di incontrare una persona per
trovare questa persona. Questo ci fa capire una cosa molto grande ed è questa
(l’abbiamo accennato già molte volte): che la Presenza non è opera nostra, ma è
dono dell’Altro a noi.
Ma se la Presenza è sempre un dono, è sempre un regalo
gratuito dell’Altro che si rende presente a noi, succede questo: che noi possiamo restare con la Presenza di Uno
solo quando questo Uno viene a noi, non quando noi desideriamo o lo vogliamo.
Cioè, ci fa capire questo: che dobbiamo essere molto attenti ad approfittare dell’ora in cui Dio ci
visita, dell’ora in cui Dio fa arrivare a noi le sue parole, dell’ora in
cui Lui ci concede la sua Presenza in ciò che abbiamo presente, ci annuncia la
sua Presenza: perché è proprio qui il momento critico, poiché Dio annuncia la
sua Presenza: l’annuncia. Ma richiede da parte nostra la dedizione a questa, la
dedizione all’iniziativa sua, perché arriva certamente un giorno in cui andremo
noi per forza alla ricerca di Lui, ma questo non sarà sufficiente per farci
trovare la sua Presenza. Dio ci manda l’annuncio quindi, per iniziativa sua:
noi dobbiamo essere attenti a camminare nella sua iniziativa, cioè ad
impegnarci nelle sue Parole quando Lui ce le fa arrivare. È questo “vegliate,
perché non sapete l’ora in cui siete visitati”, affinché non avvenga (non
avvenga!) che il Signore visitandovi vi trovi non preparati.
Cosa succede? Succede che se la Parola di Dio che arriva a noi non ottiene da parte nostra la
dedizione a Lui (che si annuncia nella sua Parola), in modo da poter
restare con Lui che si rende presente, si verifica questo: che noi rivestiamo la Parola di Dio del nostro
rifiuto, del pensiero del nostro io, ed è proprio questo rifiuto che quando
noi sentiremo il bisogno della Presenza di Dio, ci impedirà di giungere a
questa, perché il pensiero del nostro io ci impedirà di vedere la Presenza di
Dio; cioè all’ultimo noi saremo figli
dei nostri rifiuti, ed esperimenteremo l’assenza e non la Presenza; noi
saremo figli di tutti gli aborti che avremo fatto nei riguardi della Parola di
Dio, poiché la Parola di Dio è un seme. Abbiamo detto anche l’altra volta, che
l’uomo è fecondato dalla Presenza di Dio. L’uomo è reso fecondo dalla Parola di
Dio che arriva a Lui. Però il nostro terreno può fare gli aborti; può non
custodire, può non meditare, può non dedicarsi a questo seme che Dio gli fa
giungere, e allora noi diventiamo figli di questi aborti, ed è proprio questo,
questa nostra figliolanza del rifiuto, questa nostra figliolanza della nostra
risposta negativa alla Parola di Dio, quella che ci porterà nel bisogno di Dio
perché noi non possiamo sopportare l’assenza, ma nello stesso tempo ci impedirà
di trovare la Presenza di Dio.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Pinuccia B.: Anche le vergini sagge Lo
cercheranno e non lo troveranno?
Luigi: Questo Gesù lo dice in
modo preciso a coloro che non si dedicano alla sua Parola, non si preoccupano
di intenderla. Ma necessariamente anche ai suoi discepoli Gesù dirà: “Mi
cercherete e non mi troverete” e dice precisamente: “Come ho detto agli altri,
ai Farisei, lo dico anche a voi: verrà un’ora in cui mi cercherete e non mi
troverete….”
Questo tempo qui della ricerca
e del non trovare avviene per tutti; ma, aggiunge ai suoi discepoli: “un altro
poco e mi rivedrete”.
Ecco, cosa succede di diversità
nei discepoli? Perché ognuno diventerà
capace di trovare per quello che avrà interiorizzato della Parola di Dio quando
la Parola di Dio gli è arrivata. La provvista di olio sta in questa
dedizione. Cioè quanto più uno si è dedicato alla Parola di Dio, quando la
Parola di Dio, per iniziativa di Dio, non per iniziativa nostra, è arrivata a
noi e ha trovato noi interessati ad essa, quell’interesse che noi abbiamo dato
(fosse anche un semplice bicchiere d’acqua dato in nome suo), quello ci renderà
capaci, quando cercheremo Dio, di trovare la sua Presenza, pur passando
attraverso la crisi, perché la crisi c’è per tutti, cioè pur passando
attraverso la crisi del “mi cercherete e non mi troverete”. Ma per chi ha avuto
interesse per Lui, Gesù aggiunge: “un altro poco e mi rivedrete”. La crisi c’è
per tutti perché è necessario questo superamento, questo travaglio della
creatura, del superamento di tutto quello che è il mondo apparente, di tutto
quello che sono i segni per arrivare allo Spirito. Però c’è la creatura che
sarà costretta a cercare e non potrà trovare, e ci sarà la creatura che sarà
costretta a cercare e avrà la speranza di trovare.
Pinuccia B.: Lei identifica queste
crisi con questo “addormentarsi”?
Luigi: No, no. La crisi sta nel risveglio. Il periodo
di crisi sta nel risveglio, quando viene detto loro: “Andategli incontro”. C’è
la situazione di crisi lì: la creatura va incontro, però si accorge che le
lampade si spengono, non riesce a sostenere l’incontro, cioè non riesce a
sostenere le esigenze dell’incontro con lo sposo. Il momento di crisi è lì.
Pinuccia B.: E le sagge, sono anche
in crisi?
Luigi: No, le sagge no. Le
sagge hanno la provvista, quindi possono entrare.
Nino: A che serve la
misericordia di Dio che ci fa risentire il bisogno di Lui, se intanto non lo
possiamo trovare?
Luigi: Ma Gesù parla, dice
queste parole in anticipo, prima che il fatto avvenga, appunto per evitare che
il fatto avvenga, perché può avvenire. Allora Lui ci avvisa prima, perché ognuno può sostenere l’incontro solo
per la provvista che ha fatto, cioè per
quel tanto che ha interiorizzato prima. Lui parla in anticipo affinché non
avvenga di trovarsi di fronte ad una porta chiusa.
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Secondo tema.
Titolo: Il nome di Dio o il
nome dell’uomo.
Argomenti: Il nostro io è un
moltiplicatore di amori. Ogni segno lo rivesto del pensiero di Dio o del mio io. Possedendo una cosa la
perdiamo. La crisi degli apostoli. Le parole di Cristo
custodite. Spettatori della propria morte. La fede non dipende
da noi. L’anticipo: la provvista d’olio. Assenza, presenza.
3/ Gennaio /1983
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Terzo tema.
Titolo: Il segno diventa Parola che diventa Verbo.
Argomenti: Attratti e respinti da Dio. Mettere il nostro nome sulle creature di
Dio. La vita è nel pensiero di Dio. Cercare il
Pensiero di Dio presuppone riconoscere che la cosa è di Dio. Passione di possesso e passione di vita. Cercare Dio per elezione o costrizione: assenza. Tutte le parole di Dio sono dette per salvarci. Dio va cercato con Dio. Sperimentando la perdita di un bene cominciamo a scoprirne il valore. Finché cerchiamo Dio e altro, siamo nell’impossibilità di
trovare Dio. L’oggettività del
pensiero e della materia.
9/ Gennaio /1983
Luigi: Restiamo ancora nel versetto 34, in cui Gesù dice: “Mi
cercherete e non mi troverete: voi non potete venire dove Io sono”.
Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla prima affermazione
di Gesù: “Mi cercherete”. Oggi dobbiamo fermarci sulla seconda: “non Mi
troverete”.
Abbiamo visto che in quel futuro: “mi cercherete” c’è la
rivelazione che per tutti gli uomini arriva un tempo, un giorno in cui volenti
o nolenti, cercheranno la presenza di Dio: se non la cercano per elezione,
dovranno cercarla per costrizione, poiché Dio è il massimo centro di attrazione
di tutta la creazione. Se è il massimo centro di attrazione arriva certamente
un giorno nella vita di ogni uomo in cui l’uomo stesso è attratto o sospinto da
tutte le creature, da tutti gli avvenimenti, da tutti i fatti, da tutti i
pensieri, o forse dall’assenza stessa dei suoi pensieri o dall’assenza stessa
delle creature, è costretto, è attratto da questo massimo centro di attrazione
che è Dio stesso, il Creatore di tutte le cose: tutto viene da Dio e tutto fa
ritorno a Dio. È il modo con cui avviene questo ritorno a Dio che può
accogliere, inserire la creatura in Dio stesso o può rendere la creatura
incapace di portare la Verità di Dio, pur essendo attratta da Dio; per cui la
creatura viene a trovarsi in questo terribile conflitto: attratta e respinta
nello stesso tempo dallo stesso Essere: attratta e respinta.
Dobbiamo subito precisare che non è Dio che respinga: gli
ostacoli non vengono da parte di Dio: Dio non pone ostacoli alla creatura che
Lo cerca; anzi Dio stesso crea tutte le
cose per farsi conoscere; e magari le creature intendessero, avessero quindi
l’intelligenza per capire l’opera che Dio sta facendo in tutte le cose, poiché
fin dal principio Dio ha creato tutte le cose per favorire, per aiutare l’uomo
a conoscerLo. Quindi da parte di Dio non ci sono ostacoli e non ci sono rifiuti
verso le creature.
Abbiamo detto però la volta scorsa che la creatura corre
il rischio di morire nei propri rifiuti, nei propri aborti, perché non capisce
l’opera di Dio, e non la capisce perché non la riferisce a Dio, perché su tutti
i segni che Dio manda alla creatura per risvegliarla al suo destino, per
orientarla al suo fine, la creatura mette il suo nome anziché mettere il nome
di Dio. E quando la creatura mette il suo nome sulle opere di Dio è lei stessa
che si pone il massimo ostacolo alla vita, il massimo ostacolo a Dio, a
conoscere Dio, poiché la condizione per poter conoscere Dio è quella di
attribuire a Dio quello che è di Dio, questa prima e fondamentale giustizia e
sta nel chiamare ogni cosa con il nome di Dio e non con il nome nostro, cioè
attribuire ad ogni cosa l’intenzione, la Volontà e il Pensiero di Dio, perché
ogni cosa arriva a noi fatta da Dio, opera di Dio: “tutto è mio” – dice il
Signore: “questo è mio”. Dio scrive su tutta la creazione, su ogni fatto, su
ogni avvenimento, su ogni cosa che Egli ci presenta nella nostra vita: “questo
è mio”.
Dicendo: “questo è mio”, offre a noi la possibilità di
ripetere: “Signore, questo è tuo”. La creatura ha la possibilità, non è che
necessariamente lo faccia, ha la possibilità di ripetere l’opera che Dio fa;
soltanto raccogliendo, accogliendo da Dio l’opera di Dio, la creatura ha la possibilità
di ripetere: “questo è di Dio”.
Come ricevendo amore, ha la possibilità (non è che sia
costretta) di amare, così ricevendo il sigillo sulle cose del nome di Dio, di
Dio che dice: “questo è mio”, la creatura ha la possibilità di dire a sua
volta: “questo è di Dio”; ho detto: ha la possibilità, non è che lo dica. Se lo
dice, si inserisce nella vita.
In che cosa consiste questa vita? Questa vita consiste,
per la creatura, nella possibilità di cercare il Pensiero di Dio. “La vita
dell’uomo è nascosta in Dio”, diciamo meglio: è nascosta nel Pensiero di Dio,
cioè nel Verbo di Dio: “in Lui era la Vita, in principio”, cioè nel disegno di
Dio.
Ora, cercare il Pensiero di Dio è una conseguenza (quindi
lo presuppone) del fatto che la creatura riconosce che la cosa è di Dio. Quando
noi riconosciamo che una cosa è di un tale, questo ci sollecita a cercare
l’intenzione, il pensiero, la volontà di quel tale, e il cercare l’intenzione e
il pensiero di Dio è già vivere, partecipare della vita. Se invece noi scriviamo,
mettiamo il nostro nome sulle cose che sono di Dio, come noi mettiamo il nostro
nome, immediatamente noi ci priviamo della possibilità di cercare e di trovare
il Pensiero di Dio e quindi ci priviamo della vita.
Domanda: Scrivendo il nostro nome sulle cose di Dio ci priviamo
della possibilità di vivere?
Luigi: Sì, ci priviamo della possibilità di vivere, cioè di
cercare il Pensiero di Dio: quindi ci priviamo della vita. Non sentiamo più il
bisogno di cercare il Pensiero di Dio, perché riteniamo nostra la cosa; anzi,
dicendola nostra, noi inauguriamo una passione di trattenere unito a noi ciò
che diciamo nostro: però questa è tutta una passione di morte, perché ci
impegna a trattenere le cose. Il fatto di dire: "questo è mio, questo è
mio", a parte il fatto che mi mette
in conflitto con tutte le creature, già mi impegna nella passione di
trattenere, che è una passione di morte, perché come io trattengo una cosa o
dico sulla cosa: “questo è mio”, io immediatamente la perdo; ma come la perdo,
ecco immediatamente la passione che nasce. In quanto la perdo, in quanto mi
accorgo che qualcosa mi sta sfuggendo, allora cerco di trattenere quello che ho
detto che è mio, e allora tutta la mia vita è occupata, impegnata a cercare di
trattenere quello che abbiamo perso, perché su quello abbiamo scritto il nostro
nome. Se invece noi diciamo, riconosciamo che è di Dio (e possiamo riconoscerlo
perché Dio ci fa giungere tutto con questo carattere: “questo è mio”), se noi
quindi per giustizia ripetiamo su quello che Dio fa giungere a noi: “questo è
di Dio”, non possiamo dire questo senza
desiderare di cercare di conoscere il Pensiero di Dio in quello che Lui ci fa
arrivare: inauguriamo un’altra passione che è passione di vita, e questa passione
di vita sta nel cercare il Pensiero di Dio.
Domanda: Ed è una cosa automatica?
Luigi: No, non c’è l’automatismo, è una partecipazione
consapevole, perché richiede l’aver detto: “questo è di Dio”. Dio lo fa
giungere a me automaticamente e dice: “questo è mio”; questo lo fa arrivare a
noi automaticamente: la creazione arriva a noi senza di noi, noi non sappiamo
come e perché, però sappiamo che certamente le cose non le facciamo noi, quindi
non dobbiamo metterci il nostro nome. Dico: se mettiamo il nostro nome lo
perdiamo; se invece diciamo: “questo è grazia di Dio, questo è opera di Dio,
questo è di Dio”, questo forma in noi il desiderio di conoscere il Pensiero di
Dio; questo ci introduce nella vita, perché cercare il Pensiero di Dio è
vivere.
Domanda: Ma questo desiderio che si forma in noi, si forma senza
di noi?
Luigi: No, non si forma senza di noi, perché è necessario che
noi diciamo: “questo è di Dio”, cioè Dio fa arrivare a noi tutta la creazione,
ma su di essa dobbiamo dire: “questo è tuo, Signore”.
Domanda: Ma dicendo “questo è di Dio”, si forma automaticamente
il desiderio di cercare il Pensiero di Dio?
Luigi: Ma lei capisce che dicendo: “questo è di Dio” c’è la
partecipazione consapevole? Dunque, Dio fa arrivare a noi senza di noi tutta la
creazione, e dice: “questo è mio”: questo lo fa arrivare a noi senza di noi.
Però di fronte a questo :“questo è mio” noi dobbiamo necessariamente dare una
risposta. La risposta è soltanto un sì o un no, cioè, posso dire: “sì, questo è
di Dio” oppure dico: “no, questo è mio”.
Le cose arrivano a noi da parte di Dio e non ci lasciano
fintanto che noi non abbiamo messo il nostro nome, cioè fintanto che non
abbiamo detto il nome che vogliamo attribuire ad esse (non il nostro nome).
Le cose arrivano a noi e ci dicono: “io adesso non ti
lascio fintanto che tu non mi hai dato il nome che tu mi vuoi dare; però io ti
dico: dà a me il nome che mi petta; il mio nome è “di Dio”, perché io sono di
Dio, io appartengo a Dio, quindi tu dà a me questo nome”. Però non è che automaticamente
noi diamo questo nome; quindi qui c’è la partecipazione consapevole, se lo
diamo.
Domanda: Quindi c’è la partecipazione consapevole nel dare il
nome alle cose che arrivano: sì o no.
Luigi: Appunto è una partecipazione consapevole. La
consapevolezza sta in questo: che noi abbiamo la possibilità di dire: “questo è
tuo” o di non dirlo.
Domanda: Ma quando noi diamo il nome di Dio, allora cerchiamo il
Pensiero di Dio?
Luigi: Sì, incominciamo a sentire il desiderio di cercare, di
conoscere il Pensiero di Dio in quello, appunto perché “è di Dio”; quindi se è
di Dio, non posso più ad esempio trattarlo come voglio io: allora sono
sollecitato a cercare il Pensiero di Dio, perché a questo punto mi riconosco
come amministratore di cose che sono di Dio; non sono più il proprietario delle
cose, ma sono amministratore di cose che sono di Dio, e in quanto
amministratore, se sono amministratore fedele, mi preoccupo di conoscere la
volontà, l’intenzione, il desiderio del padrone.
Domanda: E comincio il cammino?
Luigi: Cominciamo il cammino; però questo cammino presuppone
questo aver dato il nome “questo è di Dio”, riconoscere questo nome di Dio.
Quindi in un modo o nell’altro noi siamo portati a
cercare, come dice qui il Signore, a cercare Lui. Noi possiamo cercare Lui
appunto perché per atto di giustizia abbiamo riconosciuto che le cose sono di
Dio; possiamo invece arrivare, costretti a cercare Lui per delusione, per
assenza di tutte le cose, perché ad un certo momento tutte le cose alle quali
noi abbiamo attribuito il nostro nome, ci deludono, ci abbandonano, ecco, ci
fanno esperimentare l’assenza.
Siccome l’uomo è passione di presenza, è passione di
Assoluto, non può sopportare l’assenza, e quando viene a trovarsi di fronte al
vuoto, di fronte all’assenza (noi diciamo: stressato), ecco, l’uomo è costretto
a cercare. Ma qui siamo in questa ricerca per costrizione.
Gesù dice: “Mi cercherete”. Ecco, abbiamo detto, questo
“non mi troverete” non avviene per ostacolo da parte di Dio.
A questo punto dobbiamo chiederci: allora come mai?
Perché abbiamo detto, l’ostacolo non viene da Dio; e se
l’ostacolo non viene da Dio, evidentemente l’ostacolo viene da noi. E allora
dobbiamo chiederci: quale sia il significato, quale sia la lezione: “non mi
troverete”, poiché se gli ostacoli non vengono da Dio, e se questa è Parola di
Dio, come è Parola di Dio, evidentemente, Lui dicendo: “non mi troverete”, non
lo dice per escluderci, ma lo dice per includerci. Tutte le Parole di Dio sono
dette nel Pensiero di Dio e sono dette nella Volontà di Dio.
E qual è questo Pensiero e questa volontà di Dio?
Il Pensiero di Dio è questo: Dio vuole che tutti si
salvino; tutto quello che Lui fa o dice, lo fa o lo dice per salvare la
creatura.
Allora se Lui dice ad una creatura anche: “meglio per te
non essere nata”, la creatura non deve disperare. La creatura non deve vedersi
maledetta, non deve vedersi esclusa; Dio non dice questa parola: “meglio per te
non essere nata” per rifiutarla, per escluderla, perché Dio non esclude. Questa
parola che Lui dice, la dice nel suo Pensiero, la dice nella sua Volontà, la
dice nella sua intenzione. Ecco l’importanza di tener presente sempre
l’intenzione di Dio, altrimenti noi ci sentiamo offesi, altrimenti noi ci
sentiamo esclusi, ci sentiamo rifiutati, perché ha detto una parola severa, una
parola che mi esclude: nel pensiero dell’io io mi sento offeso. No, vedila nel
Pensiero di Dio. Dio ti dice questa parola per salvarti. Quindi “meglio per te
non essere nato” deve essere inteso nell’intenzione di Dio. L’intenzione di Dio
è di salvare tutti, quindi anche queste sue parole vanno intese nel suo disegno
di salvezza.
E quando Gesù dice: “Non mi troverete”, lo dice non per
escluderci, non per metterci in difficoltà, ma lo dice per includerci, lo dice
per farsi trovare. E allora dobbiamo vedere in che cosa consiste questa lezione
da parte di Dio: quale lezione vuole darci affermando: “non mi troverete”: per
aprirci?
Due sono le lezioni qui, abbiamo detto: prima di tutto
questa ricerca (c’è quindi una lezione in questa ricerca che per molti è una
ricerca forzata) e c’è una lezione in questa esperienza di non trovare.
Ma noi dobbiamo cercare in tutte e due queste esperienze,
l’aspetto positivo: cioè, qual è l’esperienza positiva da parte di Dio
attraverso la quale Lui fa passare la creatura nel bisogno di cercare Lui, e
qual è l’esperienza positiva attraverso la quale Dio fa esperimentare alla
creatura l’impossibilità di trovare Lui.
Ecco, l’impossibilità di trovarlo non dipende da Dio
perché Dio opera tutto per farsi trovare. L’impossibilità di trovarlo sta nelle
creature, cioè nel modo con cui la creatura Lo cerca.
A questo punto dobbiamo riconoscere che proprio la
creatura esperimentando o dovendo esperimentare di non poter trovare Dio, si
apre alla possibilità di trovarlo. Cioè, Dio le apre la via per trovarlo. E la
via per trovarlo è questa, cioè quello che dice Gesù stesso. “Nessuno può
venire al Padre se non per mezzo di Me”; “io sono la Via, la Verità, la Vita”,
cioè la creatura deve imparare a cercare Dio con Dio. Ecco, la creatura
esperimentando l’impossibilità di trovare Dio, impara la via per trovare Dio,
cioè impara il modo attraverso il quale può arrivare a Dio, poiché a forza di
cercare e di non trovare arriva ad imparare il modo in cui deve cercarLo. Sì,
la creatura può anche disperare, ma allora qui si chiude nel pensiero dell’io;
ma per poca fede che abbia, in questa ricerca che non conclude, che non trova,
ad un certo momento approda alle segnalazioni che Dio le presenta: “Nessuno può
venire al Padre se non per mezzo di Me”: Dio va cercato con Dio; Dio si vede in
Dio, e allora a questo punto nella creatura si forma questa necessità: di
elevare il proprio pensiero a Dio, sapendo che solo da Dio può ricevere quello
che lei sta cercando: solo da Dio può ricevere ciò che cerca, cioè dal Pensiero
di Dio. Ma questa elevazione, bisogna intenderci, questa elevazione del
pensiero a Dio richiede – perché non possiamo pensare contemporaneamente a due
cose – richiede il distacco da ogni altra cosa.
Uno degli errori più gravi che noi possiamo fare nella
ricerca di Dio è quello di pensare di cercare Dio senza separarci dalle cose; e
allora arriva un momento in cui noi esperimentiamo questa tristezza: “mi
cercherete e non mi troverete”; certe volte è una tristezza che ci può
accompagnare tutta la vita, perché non capiamo che Dio si può trovare soltanto
nel Pensiero di Dio (= il Verbo di Dio “Nessuno può venire al Padre senza di
Me” è il Pensiero stesso di Dio);
Non capiamo che pensare Dio vuole dire separarsi da ogni
altra cosa, distaccarsi da tutto il resto.
E allora qui possiamo capire il perché dell’esperienza di
questa ricerca forzata di Dio, di questa assenza di Dio nella nostra vita,
perché ad un certo momento Dio ci fa esperimentare l’assenza di Sé nella nostra
vita.
È proprio esperimentando l’assenza, la perdita di un bene
che noi incominciamo a scoprire il valore, l’importanza di quel bene. Abbiamo
sempre detto che due sono le vie attraverso le quali noi esperimentiamo i
valori: o la via dell'intelligenza (ma questa presuppone sempre l’essere con
Dio, il dialogo con Dio, altrimenti non c’è questa intelligenza) o la via
dell’assenza, della privazione. Il più delle volte noi scopriamo il valore,
l’importanza di un Bene soltanto quando lo perdiamo. Dico: qui incominciamo a
capire perché l’uomo deve passare attraverso l’esperienza della privazione di
Dio, dell’assenza di Dio: perché deve scoprire il valore e deve scoprire il
valore perché è necessario che si distacchi da tutte le altre cose. Ora, dico,
deve scoprire il valore, perché la nostra volontà opera soltanto sui valori, e
fintanto che noi non abbiamo scoperto l’importanza per la nostra vita,
l’importanza per noi di una cosa, noi non abbiamo la possibilità di volerla.
Dio allora ci fa esperimentare la sua importanza attraverso la privazione di
Sé: cioè attraverso l’esperienza della sua assenza nella nostra vita. Lui
Creatore nostro, ci fa esperimentare il Bene che Lui è per noi. Esperimentando
il Bene, la nostra volontà a questo punto diventa capace di lasciare tutto il
resto per non perdere quello che ha perduto, o per lo meno per ricuperare
quello che ha perduto.
Qui diventa capace; ecco, attraverso l’esperienza della
privazione la nostra volontà diventa capace di volere quello che prima non era
capace di volere; perché prima cercava Dio e anche tante altre cose, perché sì,
Dio era un Bene, ma anche le altre cose sono un bene. E siccome, ho detto:
Fintanto che noi non cerchiamo Dio nel Pensiero di Dio,
il Pensiero di Dio che è esclusivo, perché Dio non si confonde con nessun’altra
creatura;
Fintanto che noi cerchiamo Dio, ma cerchiamo anche altro,
noi veniamo a trovarci nell’impossibilità di trovare Dio:
“Mi cercherete e non mi troverete”.
Però dico, la lezione da parte di Dio è positiva: cioè
c’è una positività nel cercare costretti da un’assenza e c’è una positività da
parte di Dio nel cercare e nel non trovare.
Ora, dico, questa positività sta in questo: nel
formare in noi quella volontà e quella volontà così forte da voler veramente
quel Bene che abbiamo perduto, ma da volerlo con quella dedizione che è
distacco da tutto il resto per volere solo Lui, perché questa è la
condizione per trovarLo, per dedicare a Dio il nostro pensiero.
Fintanto che noi non arriviamo personalmente a dedicare a
Dio il nostro pensiero, e per dedicare a Dio il nostro pensiero bisogna
dimenticare tutto il resto, noi veniamo a trovarci nella necessità di
esperimentare la ricerca di Dio e del non trovarLo.
Nino: Più che dimenticare ci vuole lo sforzo per unificare
tutto in Dio, no?
Luigi: Sì, in un primo tempo sì, dopo invece arriviamo
all’altro punto. In un primo tempo è necessario raccogliere, perché tutto è di
Dio, quindi tu devi dire: “questo è di Dio”. Dicendo “questo è di Dio”, ti poni
nella necessità di raccogliere, cioè di cercare il Pensiero di Dio. Quindi in
un primo tempo noi abbiamo questo processo di raccoglimento. Poi abbiamo un
secondo tempo in cui bisogna superare tutto, tutti i segni. I segni passano,
anche Cristo stesso. I segni devono passare e dobbiamo raccoglierci unicamente
nel Pensiero di Dio, perché solo… cioè Dio ci conduce a capire questo: che solo
da Lui viene la conoscenza di Lui. Non c’è più nessun segno che possa dirci
qualcosa di Dio; se raccolti, arriva un certo momento in cui nessun segno può
dirci quello che solo Dio può dirci. Cioè c’è la conoscenza di Dio che Dio la
riserva a Sé solo. E allora richiede alla creatura questo salire: “Vieni a Me,
perché Io solo ti posso dire quella parola che ti illumina su di Me che nessun
altro dei miei segni o delle mie creature ti possono dire”.
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Quarto tema.
Titolo: Il Verbo diventa Pensiero il pensiero diventa Pensiero di
Dio.
Argomenti: “Meglio per te non
essere mai nato”. La caratteristica del pensiero che pensa Dio. La possibilità di
pensare Dio è data dalla presenza di Dio in noi senza noi. Affermare l’essere. La vita
consapevole. L’amore possessivo dell’uomo e di Dio. Portare le parole
di Cristo in noi durante la crisi. La difficoltà del salto nell’infinito. Dare a Dio ciò che è
di Dio.
10/ Gennaio /1983
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Quinto tema.
Titolo: “Dove” = in questo luogo.
Argomenti: L’intenzione di Dio è
farsi conoscere. Dio di manifesta in tutto ma si fa conoscere solo in un
punto. Vivere vuol dire scegliere e scegliere vuol dire lasciare. Escludere i luoghi
diversi dal pensiero di Dio. La passione informe di assoluto assume si
forma attraverso le scelte. Il fallimento delle scienze.
16/ Gennaio /1983
Luigi: Restiamo ancora nel versetto 34
in cui Gesù dice: “Mi cercherete e non mi troverete; dove Io sono voi non
potete venire”.
Abbiamo visto le domeniche scorse la prima parte: “Mi cercherete
e non Mi troverete” e anche il significato di questo ammonimento da parte di
Gesù verso coloro che avevano interesse, desiderio e amore per le cose di cui
Egli stava parlando: verrà un giorno in cui tutti gli uomini cercheranno Dio,
poiché Dio è il massimo centro di attrazione. Dio è la Verità, quindi verrà un
giorno in cui tutti cercheranno Lui. Però abbiamo visto “non Mi troverete”.
Questa affermazione non è per escludere, ma è per indicarci la via, la
condizione per giungere a trovarlo, poiché Dio opera in tutte le cose per farsi
conoscere e per aiutarci a conoscerLo.
Adesso Lui dice: “Dove Io sono, voi non potete venire”.
Ecco, dopo aver detto “Mi cercherete e non mi troverete”, adesso dà la
dimostrazione, la ragione di questa impossibilità da parte degli uomini, pur
cercandolo, di non trovarLo, perché –dice-: “Dove Io sono voi non potete
venire”.
Ecco, fermandoci alla prima parte di questa affermazione:
“Dove Io sono”, anzi, meglio, semplicemente a questa affermazione: “dove”, a
questo luogo, qui, evidentemente, il problema che nasce, che Cristo pone è il
problema del luogo.
Intanto precisiamo subito che dobbiamo escludere da
questa affermazione, come già da quelle precedenti, quello che potrebbe sorgere
dal pensiero del nostro io. Lui dicendo a noi: “Dove Io sono voi non potete
venire”, sembra escluderci dal luogo in cui Egli è; sembra escluderci, tanto
che qualcuno ha ritenuto che la cosa sia impossibile. Pensiamo a Kant che ha
dato come impossibile la conoscenza della Verità assoluta, la conoscenza
dell’Assoluto. Ma questo sempre avviene in quanto noi pensiamo a noi stessi e
quindi lo vediamo come un’esclusione da
parte di Dio. Ma dobbiamo sempre invece vedere tutte le cose, tutte le
parole, tutti i segni di Dio, che Dio fa, nel suo Pensiero, leggerli nella sua
intenzione. E la sua intenzione, la sua Volontà è sempre questa: “Dio vuole che
tutti si salvino e giungano a vedere la sua Verità”. Ora, per giungere a vedere
la sua Verità, bisogna trovarci là dove Egli è. Gesù infatti dirà ai suoi discepoli:
“Io vado a prepararvi un posto, affinché dove sono Io, siate anche voi e
possiate vedere la mia gloria”.
Ecco, qui
abbiamo una contraddizione, perché mentre qui afferma: “dove Io sono voi non
potete venire” là dice: “affinché dove sono Io, siate anche voi”.
Tutte le
contraddizioni sono sempre contraddizioni apparenti, perché è sempre lo stesso
Spirito che parla, e questo ci invita ad approfondire fino a giungere a
quell’unica intenzione che è quella di farsi conoscere.
Quindi
escludiamo subito che Cristo affermi questo: “Dove Io sono voi non potete
venire” per escluderci dal suo luogo, e
cerchiamo invece di vedere qual è l’aspetto positivo della Sua affermazione,
del Suo pensiero, nella Sua intenzione di condurre anche noi in quel luogo in
cui Egli è e nel quale noi non possiamo andare.
Intanto,
abbiamo detto, è un problema di luogo.
Dice:
“Dove”. “Dove” si riferisce a luogo.
E il primo
problema che si presenta a noi è questo. “Ma forse che Dio non è dappertutto?”
E se è dappertutto allora perché Lui dice: “Dove Io sono voi non potete
venire?” Apparentemente c’è una Sua presenza in tutto, però questa Sua presenza
in tutto non è rivelazione, non è conoscenza di Lui. Dio parla a noi in tutto,
si annuncia in tutto: tutto è Suo segno; Dio si manifesta nel mondo, ma non si
fa conoscere nel mondo, tant’è vero che Lui dice: “Il mio Regno non è di questo
mondo”. Quindi tutto il mondo è segno di Dio, tutto il mondo è Parola di Dio. È
segno: noi avvertiamo l’annuncio, ma non lo conosciamo. Noi non possiamo smentire
che tutto il mondo sia opera di Dio, creazione di Dio; però non sappiamo chi
sia Dio. Ecco, allora dobbiamo distinguere tra la Sua presenza come annuncio e
la Sua presenza come rivelazione di Sé.
Nel primo caso abbiamo una presenza universale: Dio è presente in ogni uomo;
però non ogni uomo è Dio, anzi nessuna creatura è Dio; quindi dobbiamo sempre
distinguere; non possiamo dire: “io cerco l’uomo e trovo Dio”. No, tu cerchi
l’uomo e trovi l’uomo, non trovi Dio. La natura è un segno di Dio, ma tu Dio non
lo trovi nella natura. Ecco, qui abbiamo questa precisazione di questo “dove”,
di questo luogo, per dire a noi che non è che noi possiamo trovare Dio
dappertutto. Perché noi possiamo fare un errore grande nella ricerca di Dio; il
primo errore è sempre questo: credere di poterlo trovare dappertutto. E allora
noi portandolo alle estreme conseguenze, potremmo anche metterci lì a scavare
con una vanga in terra, e se qualcuno ci chiedesse: “per che cosa stai
scavando?”, gli risponderemmo: “cerco Dio”; ma costui penserebbe di noi:
“questo è sciocco”. Ecco, non è che scavando possiamo trovare Dio. Eppure mi si
è detto che Dio è dappertutto, io scavo in terra, e scavando nella mia terra io
trovo Dio. No! Evidentemente si richiede qualche cos’altro per identificare il
luogo in cui si trova Dio. Cioè, noi possiamo essere sciocchi nella nostra
ricerca. E ritengo che sia una sciocchezza della maggior parte degli uomini,
perché tutti gli uomini, abbiamo visto, cercano l’Assoluto. La ricerca
dell’Assoluto è una passione che ogni uomo porta come conseguenza del “dato”,
cioè della Presenza di Dio. Dio essendo presente in noi senza di noi, fa
sentire a noi la sua passione, cioè il desiderio della sua Verità, la passione
dell’Assoluto. Tutti quanti noi cerchiamo l’Assoluto. Però tutti gli uomini
sbagliano luogo, il “luogo” in cui svolgono la loro ricerca. Ho detto: fanno
l’errore di colui che si mette a vangare in terra per trovare Dio, oppure
l’errore di colui che andasse a cercare stelle alpine in un campo di grano. Se
noi vedessimo uno che passasse tutta la vita a cercare stelle alpine in un
campo di grano noi diremmo: “questo è sciocco”. Ma se ci fosse il profeta Natan
ci direbbe: “Guarda che quell’uomo sei tu”.
La maggior
parte degli uomini passa la vita a cercare stelle alpine in un campo di grano;
cioè passa tutta la vita a cercare Dio, a cercare l’Assoluto là dove Dio non
può esserci. Le stelle alpine non possono esserci in un campo di grano; le mele
non possono esserci in un campo di grano; le mele non possono trovarsi su di un
larice. Noi non possiamo passare tutta la vita a cercare mele su un albero di
larice.
Tutto
questo ci segnala una cosa: si richiede dell’intelligenza nello scoprire il
luogo in cui Dio si deve trovare. Dio occupa un luogo ben preciso e si richiede
intelligenza nell’individuazione di questo luogo.
Quando
Maria e Giuseppe, dopo tre giorni trovarono Gesù Bambino nel Tempio di
Gerusalemme e gli dicono: “Figlio mio, perché ci hai fatto questo? Noi
angosciati ti abbiamo cercato per tre giorni”, Gesù risponde: “Perché mi avete
cercato? Non sapevate che Io mi debbo trovare nelle cose che riguardano il
Padre mio?”
“Non
sapevate?”: è un rimprovero!
Ecco, ho
detto: la maggior parte degli uomini passa tutta la vita a cercare l’Assoluto
là dove l’Assoluto non può esserci. Ad un certo momento si troveranno davanti a
questo rimprovero di Gesù: “Perché mi avete cercato con tanto affanno, con
tanta preoccupazione? Non sapevate che Io mi debbo trovare nelle cose che
riguardano il Padre mio?”
Ho detto:
se fa un rimprovero, è perché c’è una responsabilità; se c’è una responsabilità
evidentemente è perché la creatura ha la possibilità e deve saperlo. Ho detto:
si richiede intelligenza: la creatura deve essere intelligente, e ad essere
sciocca la creatura viene condannata: è stoltezza! Ora questa sciocchezza,
questa stoltezza che fa la creatura evidentemente è una conseguenza della sua
distrazione da Dio. L’intelligenza viene a noi da Dio, la sapienza (lo leggiamo
tutte le volte nella preghiera iniziale) è presso Dio. La stoltezza è presso
l’uomo.
Ora la
condizione per poter essere intelligenti, per avere intelligenza,
quell’intelligenza che ci fa individuare il luogo in cui si trova Dio, ci viene
da Dio. Quindi Dio è il Principio al quale bisogna guardare per poter avere quella
luce che ci fa individuare il luogo in cui si trova Dio, in cui si può trovare
Dio e nel quale dobbiamo impegnarci per trovarLo. Ora, questo luogo è ancora un
aiuto, è un’intermediazione che Dio ci offre per dare a noi la possibilità di
cercarLo, perché il luogo è ciò che contiene una cosa, ma che si caratterizza
da ogni altro luogo.
Se noi
cerchiamo Dio tra le cose apparenti, tra le cose che si vedono, noi dobbiamo
sapere che lì non possiamo trovare Dio: Dio non è tra le cose apparenti. Se noi
cerchiamo Dio tra le cose che passano, dobbiamo sapere che Dio non possiamo
trovarLo tra le cose che passano. Se noi cerchiamo Dio tra le cose materiali o
tra le creature, noi dobbiamo sapere che lì Dio non possiamo trovarlo. Dio non
abita in luoghi fatti da mani d’uomo. Dio non abita in cose materiali. Dio non
abita in cose che passano, Dio non abita nelle cose che vediamo coi nostri
occhi.
Ecco, qui
abbiamo dei luoghi in cui Dio non c’è e se noi consumiamo tutta la vita a
cercare l’Assoluto in questi luoghi, noi ci autocondanniamo al fallimento: ma
dovevamo saperlo! E allora qui noi abbiamo la distinzione tra luoghi in cui ci
sono cose apparenti e luoghi in cui non c’è l’apparenza; luoghi in cui ci sono
cose che si vedono e luoghi in cui ci sono cose che non si vedono; luoghi in
cui ci sono cose che passano, ci sono cose materiali, ci sono parole di uomini
e luoghi in cui non ci sono cose materiali, non ci sono cose che si vedono coi
nostri occhi e che passano.
Ecco, Dio
ci dice che Lui e la sua Verità si trova in quel luogo in cui le cose sono
eterne, in cui le cose non passano, in cui le cose sono assolute e non sono
quindi relative.
Ora, un
altro errore che possiamo fare noi nella ricerca dell’Assoluto è quello di non
seguire l’ordine, cioè di ritenere di
poter trovare Dio a caso.
Ho detto:
si richiede intelligenza. L’intelligenza è al lato opposto del caso.
Una delle
cose meravigliose che noi possiamo constatare è la semplicità con cui si riesce
a trovare una persona nel mondo. Abbiamo visto: una lettera che arriva
dall’Argentina con l’indicazione di cinque luoghi dà la possibilità di giungere
ad una determinata persona. Siamo miliardi e tra tutti questi miliardi è
possibile individuare una persona con cinque indicazioni: l’indicazione della
nazione, l’indicazione della provincia, della città, della via e del numero.
Bastano
cinque indicazioni: e c’è una selezione di miliardi di creature.
Però, cosa
succede se anziché seguire questo ordine preciso, noi cominciassimo a cercare
la città o a cercare la via o il numero, anziché cercare la nazione come prima
cosa? Ad un certo momento ci
accorgeremmo che noi correremmo per tutto il mondo in un fallimento completo.
Ecco
l’importanza di seguire l’ordine!
Ora i
luoghi di Dio hanno proprio questa caratteristica. Per questo richiedono
intelligenza. L’intelligenza sta in questo: ricevendo una lettera,
l’intelligenza è quella di leggere immediatamente la nazione e dalla nazione
passare poi alla Provincia, e dalla Provincia passare alla città; mai invertire
l’ordine, perché se uno inverte l’ordine non arriva più a destinazione.
Ora, dico,
l’intelligenza sta nell’escludere per ordine, tutte quelle cose in cui
certamente Dio non può esserci. Quando leggiamo una nazione, cosa succede? C’è
una scelta: si escludono dalla ricerca di quell’indirizzo tutte le altre
nazioni.
Ecco la
bellezza dell’ordine della creazione di Dio!
Lui poco per volta, attraverso poche indicazioni,
se noi ascoltiamo le sue parole, arriviamo ad escludere, poiché il problema
principale dell’intelligenza è questo: bisogna escludere, cioè tagliare via
tutti quei campi in cui certamente Dio non c’è.
Ora,
proprio seguendo queste indicazioni, noi
ci accorgiamo di quanto la nostra ricerca sia facilitata, e poco per volta Dio
ci conduce sempre di più, attraverso esclusioni, a quell’indicazione precisa in
cui Egli unicamente si può trovare.
L’indicazione
precisa è il Cristo, e attraverso il Cristo si giunge al Pensiero del Padre ed
è nel Pensiero del Padre che noi abbiamo la possibilità di scoprire (“questo luogo”) quel luogo in
cui si vede la gloria di Dio, se seguiamo l’ordine delle indicazioni.
Ma
l’ordine delle indicazioni volute da Dio richiede l’esclusione di tutti quegli
altri luoghi in cui Dio ci rivela che non si trova.
Non
dobbiamo fare l’errore di incominciare a cercare una città in tutte le nazioni:
dobbiamo partire dalla nazione escludendo tutte le altre; e poi non dobbiamo
fare l’errore di cercare in una nazione quella città che ci viene indicata in
tutte le provincie; no, dobbiamo escludere tutte le altre provincie: qui si va
per esclusione.
L’opera di
Dio avviene nella nostra vita proponendoci continuamente delle esclusioni,
quindi un’essenzialità di dedizione, di ricerca di quello che è il centro
sempre più preciso, tanto che ad un certo momento diventa un Pensiero, un
Pensiero ben chiaro, ben definito che deve richiedere tutta la dedizione della
nostra mente, perché solo lì si trova quell’Assoluto di cui noi sentiamo il bisogno;
e a quel punto lì noi troviamo il Pane per la nostra fame.
Eligio: Il luogo è il Cristo?
Luigi: Sì, il luogo è il Cristo.
Eligio: E perché Lui dice: “Dove Io sono voi non potete venire?”
come se parlasse di un altro luogo fuori di Sé?
Luigi: Sì, appunto, perché il luogo è un’intermediazione tra
dove ci troviamo noi e dove si trova Dio. Non ci sarebbe problema di luogo se
Dio si manifestasse apertamente a noi, se Dio fosse dappertutto; ma Dio
evidentemente non si manifesta apertamente a noi, per cui per noi Dio si
presenta come un problema di luogo, cioè come problema di eliminazione di tutto
un certo campo e di occupazione nostra precisa in un certo punto. Allora però
per occuparci in quel determinato punto bisogna che ci sia, tra la situazione
in cui ci troviamo noi e la situazione in cui Lui ci vuole condurre, che ci sia
un elemento di intermediazione. Allora l’elemento di intermediazione deve
sempre essere adeguato alla situazione in cui si trova la creatura. Allora noi
nella situazione della creatura, abbiamo Dio che si significa nella creatura;
però ogni segno di Dio è ambiguo, cioè ha due volti: ha il volto della
creatura, e allora qui la creatura nel segno constata ad esempio l’apparenza,
oppure constata la temporaneità: il segno passa e il Volto di Dio, cioè il
Signore dice: “Io non sono nelle cose che passano”. Allora mentre mi presenta
un segno che passa, mi presenta anche l’annuncio di un segno che non passa, e
allora qui abbiamo il luogo, che sta nel passare dalle cose che passano, alle cose
che non passano.
Nino: Dall’esterno all’interno.
Eligio: Pensavo appunto che il luogo fosse l’interiorità
dell’uomo, come dice S. Agostino, nella quale Dio abita.
Luigi: Certo. Anche qui noi abbiamo l’esteriorità, segno di Dio
(l’esterno è segno di Dio: è tutta la creazione), però questo esterno è un
segno per noi, per noi che siamo soltanto rivolti all’esterno; poiché siamo
solo rivolti all’esterno, Dio si significa all’esterno; però mentre si
significa all’esterno ci significa l’interno perché mi dice: “Io nell’esterno
non ci sono” e allora ci invita al passaggio alle cose interne. Lui ancora
dice: “Guarda che Io non sono tra i tuoi pensieri”; e allora ci invita a
passare interiormente dai nostri pensieri al Pensiero di Dio. Cioè, è tutto un
proseguire di cammino attraverso segnalazioni di luoghi, per cui Lui ci fa
passare dal posto in cui ci troviamo (e noi ci troviamo col nostro pensiero,
con le nostre occupazioni di vita, con la dedizione della nostra vita) poco per volta, se noi ascoltiamo Lui, al posto
dove Lui è.
Ma si
richiede intelligenza, cioè si richiede questo trascurare ogni altra cosa in
cui Lui ci fa capire che non può esserci (l’intelligenza sta in questo
trascurare le cose dove Lui non è).
S.
Agostino quando fa il passaggio dice: “Lo cercai nelle cose esterne, poi ad un
certo momento ho capito che Dio non può trovarsi in esse; L’ho cercato nelle
cose che passano, poi ad un certo momento ho capito che Dio non può essere
nelle cose che passano, non può essere nelle cose materiali, ecc.: ecco, poco
per volta arriva ad individuare quel luogo in cui Lui è. Ora perché quel luogo?
Quel luogo in cui l’anima nostra si deve impegnare con tutte le forze perché
Lui è lì e non può essere più altrove. Allora vedi a questo punto Dio ha
liberato la nostra anima dalla dispersione, dal cercare Lui in tante altre
cose, dicendoci: “Guarda lì Io non ci sono”.
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Sesto tema.
Titolo: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?”.
Argomenti: Luoghi spirituali e
materiali. L’intelligenza del luogo. Il rimprovero di Gesù
a Maria. L’impressione dei segni di Dio. Il pensiero unico di Dio. Dare il nome di Dio
alle cose. Cercare l’assoluto nel relativo. La potenza e la delicatezza del pensiero. La materia e il
pensiero. Segno e realtà.
17/ Gennaio /1983
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Settimo
tema.
Titolo: Il luogo è intermediazione.
Argomenti: Fraintendere Dio. Il rapporto
personale con Dio. La cosa e il luogo. Il luogo è intermediario. La presenza è dono
della persona. La fame e il pane. Il nostro pensiero è
opera di Dio. Conversazione con Dio. L’educazione alla vita
eterna. L’habitat. I luoghi sbagliati. Il cimitero degli aborti. Cristo prende su di Sé
i nostri peccati. Giuda.
23/ Gennaio /1983
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Ottavo tema.
Titolo: Le ragioni per cui cerchiamo Dio in luoghi sbagliati.
Argomenti: Luogo e essere. Luoghi spirituali. La passione di
assoluto. Il luogo è intermediario. L’interesse e i luoghi
sbagliati. Soffocare la nostra anima. I luoghi materiali. Le malattie
psichiche. Lo svuotamento di valore. Volontà e valori. L’interesse richiede
la partecipazione personale. Valore e interesse. La conversione.
30/ Gennaio /1983
Luigi: Siamo sempre al versetto 34 in
cui Gesù afferma: “Mi cercherete e non Mi troverete; dove Io sono voi non
potete venire”.
La volta scorsa abbiamo visto il “dove”, adesso dovremmo
soffermarci su questo “Dove Io sono”; però per arrivare a questo è necessario,
come avete chiesto voi, soffermarci ancora su qualche aspetto del “dove”, di
questo luogo in cui Cristo qui afferma di essere.
Intanto il luogo si presenta come un campo in cui si può
trovare una cosa, o meglio, si può trovare Lui. E dobbiamo chiederci il
significato.
C’è da notare che Gesù prima ha parlato in tempo futuro:
“Mi cercherete e non Mi troverete”. Adesso passa al presente “dove Io sono”.
Anche qui dobbiamo chiederci il significato di questo
tempo presente in questa affermazione di luogo.
Subito siamo portati a riferirlo al luogo materiale in
cui Egli si trova. Lui stava parlando ai Farisei ed era in un certo luogo, presente
fisicamente. “Dove Io sono”: era quello.
Però, aggiungendo: “voi non potete venire”, se noi lo
dovessimo intendere in senso materiale, fisico, corporeo, diremmo che dice una
sciocchezza, perché Gesù dove era c’erano anche coloro ai quali Egli stava parlando.
Quindi, se stava parlando con loro, essi erano nello stesso luogo in cui Egli
era. Evidentemente allora questo “dove Io sono” Egli non lo riferisce alla Sua
presenza fisica, alla Sua presenza corporea, perché c’erano anche gli altri
(Egli non si identifica con il suo corpo). Quindi si tratta di una Presenza
spirituale.
Ecco, la prima lezione che Gesù qui ci dà è questa
educazione all’ordine da seguire per giungere al vero luogo in cui si può
trovare quello che stiamo cercando.
Notiamo che noi siamo essenzialmente una fame di
Assoluto, e questa fame di Assoluto non è in mano nostra. Abbiamo detto molte
volte che la fame di Assoluto, il desiderio di Assoluto che portiamo in noi è
un effetto della Presenza di Dio in noi senza di noi. Dal momento che Dio ci ha
creati Dio ha fatto di noi un luogo della sua abitazione: Dio è in ognuno di
noi.
Ora, per questa Sua presenza, noi non abbiamo la
conoscenza di Lui, però subiamo l’effetto di Lui, subiamo l’effetto della Sua
Presenza. E l’effetto della Sua Presenza è bisogno di Assoluto: noi cerchiamo
l’Assoluto in tutto ciò che cerchiamo. Ho detto: noi siamo fame di Assoluto,
per cui proiettiamo questo bisogno di Assoluto in tutte le cose, in tutte le
creature alle quali ci rivolgiamo, ed è una conseguenza della Presenza di Dio
in noi.
A questo punto ci troviamo con una fame di assoluto; con
degli esistenti, degli esseri che ancora non conosciamo; con dei luoghi.
Qui Gesù ci insegna il primo passo da farsi nell’ordine
della ricerca del vero luogo, perché l’errore grande che fanno tutti gli uomini
è quello di sbagliare luogo in cui cercano l’Assoluto.
La fame dell’Assoluto, il desiderio dell’Assoluto è una
cosa buona perché è effetto della Presenza di Dio in noi, ma gli uomini
sbagliano luogo in cui cercano questo Assoluto. Cosa ne deriva da questo
sbaglio? L’inutilità della vita.
Uno – ho detto l’altra volta – che passi tutta la vita a
cercare mele su un larice, condanna la sua vita all’inutilità. Uno che cerchi
stelle alpine in un campo di grano per tutta la vita, condanna la sua vita
all’inutilità. Dico: è l’errore che facciamo tutti noi nella nostra vita, per
cui al termine di essa il più delle volte dobbiamo confessare di essere vissuti
per niente, di aver concluso niente: abbiamo sbagliato luogo. La fame era
giusta, ma abbiamo sbagliato il luogo in cui abbiamo cercato il pane per la
nostra fame.
Qui Gesù ci dice che il luogo in cui Egli è non è un
luogo materiale; è un luogo spirituale.
Ecco il primo passaggio: quello di evitare di cercare l’Assoluto
nelle cose materiali, nelle cose esteriori, nelle cose apparenti, nelle cose
che passano. La maggior parte degli uomini vive, e quindi cerca l’Assoluto nel
mondo esteriore.
Gesù in un altro luogo dice: “Non aspettatevi di vedere
il Regno di Dio venire tra le cose esteriori, perché il Regno di Dio è dentro
di voi”, quindi evitate l’errore di cercare quello che state cercando nelle
cose esteriori, nel mondo esteriore.
Ecco, a questo punto noi capiamo che il trovare quello
che cerchiamo dipende dal luogo. È qui che salta fuori l’importanza del luogo,
perché il trovare dipende dal luogo. Quando abbiamo parlato di questo, abbiamo
detto che si richiede intelligenza nel riconoscere il luogo, cioè, uno che
cerchi stelle alpine in un campo di grano è uno sciocco, non è intelligente.
Abbiamo detto: si richiede intelligenza.
Ma dobbiamo andare più a fondo di questo.
Ritorniamo al concetto di luogo.
Il luogo è ciò che contiene quello che uno cerca, ciò in
cui si trova ciò che cerchiamo. Possiamo dire che il luogo è un contenitore, ed
essendo un contenitore, noi non vediamo ancora la cosa che cerchiamo, non
l’abbiamo presente; però abbiamo presente i luoghi, perché il luogo in quanto
tale è una presenza tra tante presenze.
Ci sono tanti luoghi. Noi vediamo i luoghi, non vediamo
gli esistenti (il luogo è alla nostra portata, gli esistenti non sono alla
nostra portata).
Noi abbiamo fame dell’Assoluto, quindi abbiamo fame
dell’esistente, abbiamo fame dell’essere. L’essere non lo vediamo. Quello che
vediamo è il luogo, o meglio dire sono i luoghi.
Ho detto: noi cerchiamo qualcosa, cerchiamo l’Assoluto.
Non sappiamo che cosa sia appunto perché subiamo la passione di una cosa, di un
Essere che è presente a noi senza di noi e ci chiama; però noi ancora non Lo
conosciamo.
Quindi Dio ha posto in noi il desiderio di Sé, però noi
non sappiamo chi Egli sia. Sappiamo che è il Creatore, ma il concetto di
Creatore è in relazione a tutti i luoghi che Lui ci presenta, ma noi non
sappiamo chi è Lui. Quindi abbiamo la passione di una cosa che non vediamo, e
allora come agganciarci a questa cosa che non vediamo? Ecco, Dio ci offre i
luoghi: i luoghi in cui quella cosa c’è (sono segni, annunci di Lui).
Per cui il luogo diventa un intermediario tra noi e ciò
che cerchiamo.
(interruzione per l’arrivo di Nino)
L’argomento di questa sera è: cos’è che ci fa sbagliare
luogo nella ricerca dell’Assoluto e cosa possiamo fare per evitare di sbagliare
luogo.
Sbagliando luogo noi ci condanniamo all’inutilità di
tutta la nostra vita, all’inutilità di tutte le nostre fatiche, alla vanità di
tutto, perché non giungeremo mai a trovare quello che cerchiamo.
Ora, quello che cerchiamo è l’Assoluto, perché nessuno
può cancellare in noi questa fame di assoluto, nemmeno Dio la cancella perché
costituita dalla sua Verità, dalla Sua Presenza in noi; ed è proprio questa
passione di assoluto che rischia di portarci all’inferno. L’inferno è ancora
costituito da questa passione di assoluto che nessuno, né noi, possiamo
cancellare dalla nostra anima. Però possiamo condannarci all’inutilità di
questo sforzo, cioè a non trovare il pane adeguato alla nostra fame. Ecco, coma
mai questo rischio?
Coma mai c’è questa possibilità di sbagliare nella nostra
vita? E che cos’è che ci fa sbagliare nella nostra vita?
Abbiamo detto, ritornando sul concetto di luogo, che il
luogo è un contenitore. È un contenitore di ciò che noi stiamo cercando, cioè è
un intermediario tra noi, noi che siamo passione di assoluto, e l’oggetto che
stiamo cercando.
Per cui noi abbiamo tre elementi qui davanti a noi:
l’oggetto che stiamo cercando e che non conosciamo, il luogo che è
intermediario tra l’oggetto che non conosciamo e noi; noi con questa passione
di assoluto.
Però tra noi e il luogo (questo intermediario, per cui il
luogo è strada che conduce noi a cercare ciò che stiamo cercando) si può
verificare questo sbaglio, questo errore: cioè noi possiamo cercare l’Assoluto
là dove non è. Ed abbiamo visto che Gesù dicendo: “dove Io sono” già esclude da questa ricerca tutti i luoghi
esteriori. Quindi la sua Parola diventa per noi lezione di vita per trovare il
luogo vero.
Ho detto che lo esclude, perché avrebbe detto una
sciocchezza se Lui dicendo: “Dove Io sono” si fosse riferito alla Sua presenza
fisica. Lo dice al tempo presente appunto per evitarci di pensare ad un Suo
futuro.
Se Lui avesse detto “Dove Io sarò”, noi avremmo anche
potuto pensare, come vedremo che pensano i Farisei, che volesse dire: “Dove Io
andrò” (per cui essi pensarono: “Lui forse se ne andrà all’estero, e noi non Lo
troveremo più”). Gesù per evitare che l’uomo avesse a pensare ad un
trasferimento esteriore, materiale, dice: “Dove Io sono”, tempo presente.
Avrebbe detto una sciocchezza se fosse riferita ad un
luogo materiale, poiché dove Lui era, erano anche coloro che Lo stavano ascoltando.
Per cui non avrebbe potuto assolutamente dire: “Dove Io
sono voi non potete venire”, alludendo alla Sua presenza fisica, perché già
c’erano.
Questa è la prima lezione circa l’ordine da seguire per
evitare l’errore di cercare l’Assoluto là dove non può esserci. Cioè l’Assoluto
non può essere trovato, non deve essere cercato in luoghi materiali, ma
essenzialmente è in un luogo spirituale.
Ora dico: cos’è che fa noi sbagliare luogo? Cioè che ci
fa cercare l’Assoluto in luoghi sbagliati? In luoghi in cui non può esserci,
non può trovarsi?
Quello che conduce noi a cercare una cosa in un luogo è
sempre l’interesse per una cosa.
Però quando parliamo di interesse, questo interesse non è
più soltanto una passione assoluta, informe. L’interesse richiede già una
partecipazione personale da parte della creatura stessa, da parte nostra. Cioè,
nell’interesse c’è una partecipazione personale del nostro io. Dico: è
l’interesse che conduce noi nei luoghi sbagliati. L’interesse è già una
passione che ha acquistato una fisionomia, cioè è diventata specifica.
Ora, siccome ogni luogo contiene qualcosa, questo qualche
cosa è contenuto in qualche luogo, e i luoghi sono quelli che noi vediamo, che
noi abbiamo presente. Ecco che a seconda dell’interesse che portiamo in noi,
noi siamo condotti a venirci a trovare in certi luoghi piuttosto che in altri.
Ora però con l’interesse non è che noi smettiamo o
possiamo cancellare la passione di assoluto che portiamo in noi che ha già
acquistato una forma, che ha già un suo oggetto particolare; però questo
oggetto è sempre da parte nostra carico di passione assoluta, perché la
passione assoluta da parte nostra non la possiamo cancellare. Ora, questo
interesse sposato ad una passione assoluta ci fa cercare l’Assoluto là dove non
può esserci, e quindi ci fa sbagliare.
Soltanto se il nostro interesse coincide con la passione
assoluta, quindi coincide con la ricerca di Dio, soltanto allora in noi abbiamo
l’intelligenza (ecco da che cosa scaturisce l’intelligenza) per cercare
l’Assoluto là dove può esserci, ed evitare quindi tutti i luoghi sbagliati. Ma
se il nostro interesse non coincide con la ricerca di Dio, con quello che
l’Assoluto è in Sé, questo interesse che portiamo in noi diventa la fonte di tutti
i nostri errori nel riguardo dei luoghi.
Ne deriva che ognuno di noi viene a trovarsi in quei
luoghi in cui il suo interesse l’ha condotto. Quindi c’è una scelta personale,
e nessuno di noi ad un certo momento della vita può dirsi innocente dei luoghi
in cui si trova, ma i luoghi sono sbagliati. Ora, cosa vuol dire “luoghi
sbagliati”?
Sono luoghi che impediscono, ostacolano la nostra anima
nella ricerca dell’Assoluto.
Il luogo è sbagliato in quanto soffoca, impedisce,
ostacola questa passione di Assoluto che noi portiamo in noi. Ma questo non è
senza colpa. Non è senza colpa perché c’è un interesse deviato da Dio, abbiamo
un interesse diverso da quello che dovrebbe coincidere con la passione di
Assoluto che portiamo in noi. Qui abbiamo la fonte dei luoghi sbagliati in noi.
Ecco per cui il più delle volte s’incontrano uomini che
si trovano in molta difficoltà nel trovare tempo, pensiero, disponibilità per
occuparsi di Dio: si trovano in luoghi sbagliati, e i luoghi sbagliati
impediscono, soffocano la voce della nostra anima. A questo punto noi possiamo
riconoscere quanto sia sbagliata l'affermazione di chi dice che tutte le
religioni sono buone o di chi dice che Dio si trova dappertutto, di chi dice
che a Dio si può giungere da tutte le vie.
Noi possiamo venirci a trovare in luoghi sbagliati.
Nella nostra vita ci sono i luoghi sbagliati, e i luoghi
sbagliati impediscono a noi di trovare Dio.
Abbiamo detto, già la volta scorsa, che l’intelligenza
sta nello scartare tutti quei luoghi in cui l’Assoluto non può essere trovato;
ma c’è il nostro interesse che invece conduce proprio noi a trovarci in quei
luoghi in cui l’Assoluto non può esserci. Ora la presenza nostra in quei luoghi
in cui l’Assoluto non può esserci, si conclude con un soffocamento del nostro
bisogno di Assoluto, quindi con un ostacolo che per noi è insuperabile perché
noi siamo figli delle nostre opere. E siccome il luogo in cui veniamo a
trovarci è opera nostra, poiché è stato determinato dal nostro interesse, noi
non possiamo liberarci da quelle difficoltà di ambiente, di luogo in cui
veniamo a trovarci in conseguenza di una scelta sbagliata, guidata da un
interesse che non coincide con la ricerca di Dio prima di tutto.
Perché ci sia la possibilità di trovarci nel luogo in cui
si trova Dio, è necessario che il nostro interesse coincida con la passione di
Assoluto che portiamo dentro di noi.
Se non coincide, noi necessariamente veniamo a trovarci
in luoghi sbagliati che ci impediscono la ricerca e l’incontro con l’Assoluto.
Per questo il Signore dice: “Dove Io sono, voi non potete
venire”. Non lo dice per escluderci, lo dice per illuminarci, per farci capire
qual è la condizione affinché noi possiamo essere dove Lui è, e quindi vedere
la Sua gloria (cioè, vedere la Sua gloria è vedere il Padre, vedere la Verità).
Conversazione:
Luigi: Il primo passo nell’ordine da
seguire per arrivare ad un determinato luogo è stato quindi detto (cfr.
l’ordine da seguire per arrivare ad un determinato indirizzo in una lettera).
Noi siamo sempre giocati da quello che sono i nostri interessi, e questi nostri
interessi ci conducono, senza che noi ce ne rendiamo conto, in luoghi
sbagliati.
Qui Gesù mette proprio il dito
su un luogo sbagliato: il luogo sbagliato è il mondo esteriore, il mondo
materiale. Ora, la maggior parte della nostra vita noi la consumiamo proprio
nei luoghi esteriori, materiali, ed è un errore.
Quindi il
primo passo è proprio quello di passare dal luogo materiale (cioè dalla ricerca
dell’Assoluto in luoghi materiali) al luogo spirituale. Ai luoghi materiali
però ci conduce il nostro interesse, il quale interesse però in questo luogo
sbagliato (mondo, lo chiamiamo), ci fa trovare degli ostacoli tali da soffocare
il nostro bisogno di Assoluto. Per cui noi sperimentiamo questo grande
conflitto: bisogno di Assoluto, bisogno di Dio (perché ad un certo momento
della vita scopriamo questo), ma impedimento a causa di quelle condizioni
ambientali in cui ci troviamo, per cui non possiamo…: “io ho questo dovere, io
ho i buoi, io ho la campagna, io ho la moglie, io ho questo o quell’altro…. non
posso venire”. Ecco, non può.
Noi
diciamo: “Io ho dei doveri…” e non ci accorgiamo che questi doveri sono proprio
le proiezioni del luogo che abbiamo scelto in base ai nostri interessi.
Siamo
stati giocati da un interesse sbagliato. Ora, è importante poter individuare
che cosa è che ci fa sbagliare luogo per, analizzando la causa, poterlo
evitare. Sta’ quindi attento all’interesse che porti dentro di te, perché ogni
interesse sbagliato in cui c’è il pensiero del tuo io (perché nell’interesse
c’è il pensiero dell’io), ti porta in un luogo sbagliato.
L’interesse
è già legato al pensiero di noi stessi e questo fatalmente mi porta in luoghi
sbagliati, e quando me ne accorgo è tardi, perché ormai sono carico di
impedimenti.
Nino: È la stessa cosa che ci porta
alle malattie mentali.
Rina: Ma allora lei ci mette in crisi,
perché ci insegna ad operare in forma staccata, a non mettere cioè l’interesse
nelle cose umane in cui operiamo.
Luigi: A mettervi l’interesse Divino.
Sì, perché tutte le cose in cui ci troviamo, dobbiamo sempre riconoscere che ci
sono presentate da Dio, per cui ci dobbiamo comportare verso di quelle, non
secondo il pensiero del nostro io (interesse personale) ma secondo l’interesse
di Dio, cioè secondo il Pensiero di Dio; per cui in tutte le cose, essendo di
Dio, non dobbiamo mettere su quelle il nostro nome, ma dobbiamo metterci il
nome di Dio: “È di Dio, questo!”. Ma se è di Dio, allora debbo cercare
l’intenzione di Dio e debbo comportarmi verso quello secondo l’intenzione, il
pensiero di Dio. Allora prima di tutto debbo cercare l’intenzione di Dio e non
l’intenzione mia o l’intenzione di un altro. Non debbo quindi comportarmi verso
le cose che vengono a me (e in quanto vengono è Dio che me le presenta), non
debbo comportarmi per far piacere ad uno.
Nino: Le scelte secondo l’io originario
(come causa seconda), le idee alienanti, ossessive, paure, ecc. La scelta è a
monte: o Dio o l’io assolutizza tutto. Anche il fratello va trattato nel
pensiero di Dio.
Rina: Anche quello è un luogo?
Luigi: Certo, tutto quello che esiste
davanti ai nostri occhi è luogo. Perché noi vediamo i luoghi, non vediamo gli
esseri. Anche quando lei mi parla del fratello, lei vede un luogo. Il fratello
scompare, non sa mica chi sia il fratello, lei la persona non la vede mica.
Quello è il luogo. Noi vediamo i corpi: i corpi sono luoghi. Cristo è un luogo.
È un luogo tra tanti luoghi. E perché io mi trovo con quel luogo e non con
quell’altro? C’è una scelta. È una scelta personale. E perché c’è una scelta
personale? C’è un interesse. Qual è l’interesse che mi conduce ad essere in
quel luogo, ad es. con quel fratello anziché con quell’altro? Perché tutto ciò
che noi vediamo e che chiamiamo esistenza è un contenitore, è luogo. Dietro c’è
Dio. Ma Dio noi non lo vediamo. Ogni fatto è un luogo. E perché in quel luogo
piuttosto che in quell’altro? Ogni parola è un luogo, e perché io do importanza
a questa parola e non do importanza a quell’altra? Cos’è che ti conduce a
mettere l’accento su questa parola piuttosto che su quell’altra?
Che cos’è? Ecco, è l’interesse
che tu porti. Se tu hai interesse per Dio al disopra di tutto, allora tu
accetti le parole che ti parlano di Dio, per cui c’è luogo e luogo, c’è parola
e parola. Per questo dico: non tutte le vie sono uguali; per cui io posso
essere con degli uomini e posso essere con Cristo.
Ma Cristo non è uguale a
tutti gli uomini. Quindi abbiamo tanti uomini; tra tanti uomini (ognuno è un
luogo) c’è anche Cristo. Allora io posso essere con un uomo, posso essere con
un altro uomo, con un altro: che cos’è che ti conduce ad essere con un uomo
piuttosto che essere con un altro? Fai delle scelte. Ma la scelta non la puoi
fare senza un interesse tuo! C’è un
interesse! Qual è il tuo interesse? Ecco, noi siamo giocati lì. Se il mio
interesse è Dio, allora faccio delle scelte in funzione di Dio: se l’interesse
ad esempio è la figura… mi trovo ad un
certo momento in quei luoghi in cui mi ha portato il mio interesse. Ma non era
questo Dio! Allora in un certo momento mi trovo soffocato: ma come mai io sono
venuto a trovarmi qui? Guarda, ecco la fonte! Ecco il luogo sbagliato!
Nino: La scienza medica non considera
malattia mentale l’idea alienante, la depressione, ecc., e quindi non la
previene.
Luigi: Però anche la scienza o il
cercare quello che dicono gli altri (in campo medico) sono luoghi sbagliati per
l’Assoluto. E se tu ti basi su quello, è logico che ad un certo momento trovi
il vuoto: tu stesso ti alieni.
Nino: Bisogna prevenire presentando il
Vangelo, perché Dio è l’unificatore di tutto, e non invece addormentare o
alienare ancora di più con i diversivi (bocce, calzette, cultura, ecc.). C’è
gente che con queste cose vive felice, ma fino a quando? Fino a quando si
sveglia: e se non si sveglia?
Luigi: Ad un certo momento arriva la
tragedia, arriva il tumore, arriva la disgrazia grande: è Dio che interviene,
per cui ad un certo punto le bocce non dicono più niente; la TV può essere un
interesse, ma ad un certo momento mi arriva una batosta tale che la TV non mi
può dire più niente. E così scadono tutti gli interessi, perché Dio ci svuota i
valori dall’interno. Succede come quando accumuliamo tanto denaro in banca, lo
mettiamo nelle cassette e non ci accorgiamo che c’è un roditore che svuota di
valore la cosa, per cui, quando riapriamo le cassette, quello che ieri valeva
cento oggi vale solo più cinquanta: c’è qualcuno che ha mangiato… E così tutte
le cose. Dio ci svuota le cose di valore dall’interno, per cui ad un certo
momento noi ci troviamo soltanto più con dei gusci, con della carta scritta, ma
che vale niente. Ecco, tutte le cose sono così.
Dio, nella nostra vita, ci
svuota le cose di valore; una cosa quando ha perso di valore per noi non ha più
vita. Ad un certo momento noi ci troviamo con delle cose che non ci danno più
vita, altrochè dare interesse: “Abbi interesse. Leggi questo libro!: ma questo
libro l’ho già letto altre volte e so che vale niente, faccio una fatica
enorme, ma non posso più leggerlo, la cosa diventa un peso enorme. Perché?
Perché manca l’interesse. Perché una cosa sia gioiosa e dia vita, bisogna che
io la veda interessante. Quindi non basta dire: bisogna dare interesse.
L’interesse non dipende dall’uomo. Non basta che io dica. Mi metto a fare
questo. Se per me quello vale niente o vedo l’inutilità di esso, io faccio una
fatica enorme e ad un certo momento mi diventa impossibile farlo. La nostra
volontà si muove sul valore. Noi non possiamo volere una cosa quando sappiamo
che quella cosa è niente, vale niente. Non possiamo più volerla, siamo
impediti.
Nino: Studiando le malattie
mentali si pone l’accento sempre sul patrimonio genetico e l’ambiente, ma si
dimentica sempre la risposta dell’uomo.
Luigi: Le scelte, gli
interessi dell’uomo. Quello che è essenziale sono le scelte personali, perché
noi diventiamo figli delle nostre scelte; tutto quello che arriva a noi senza
di noi non ci vincola, ci lascia liberi, perché: mi è capitato senza di me. Il
vincolo è là dove c’è una mia scelta. Infatti Gesù dice: “Non c’è niente
dall’esterno che possa far male; è quello che parte dall’uomo che infirma tutta
la nostra vita”. Cos’è che parte dal nostro cuore? Sono le scelte, sono gli
interessi “miei”, per cui in base agli interessi avvengono le scelte.
Rina: Possiamo superare la
carica ereditaria anche nei suoi aspetti negativi?
Luigi: Con Dio, sì. Dobbiamo
tener presente che noi nasciamo in un luogo, e in questo luogo ci troviamo
senza di noi. Ad esempio: se voglio trovare un bambino, debbo riferirmi a sua
madre e a suo padre, cioè vado a cercare suo padre o sua madre e dove sono essi
trovo il bambino. Questo cosa mi dice? Che noi ci troviamo ad un certo momento
nel luogo in cui nasciamo, ma man mano che viviamo, noi abbandoniamo questo
luogo e nasciamo in un altro luogo. E da quell’altro luogo da cui nasciamo, non
nasciamo senza di noi. Nel primo noi siamo nati senza di noi e allora lì’ mi
riferisco a padre e madre (nei paesi di montagna tutti i figli li riconoscono
come “figli di”: il padre o la madre è il punto di riferimento; anche nelle
comunità antiche, tradizionali, ogni persona era conosciuta per “figlio di”,
figlio di = bar). Ecco, il punto fisso di riferimento è padre e madre: questo è
il luogo in cui si trova il figlio. Però man mano che il figlio cresce, fa
delle scelte, ha degli interessi suoi e ad un certo momento per trovarlo
dobbiamo andarlo a cercare là dove lavora.
Ma cos’è là dove lavora? Il luogo in cui lavora è la componente di tutte
le sue scelte, che egli ha fatto per interesse, per cui è venuto a trovarsi in
quel campo. Adesso se voglio andare a trovare una persona, non vado più a
cercare padre e madre, ma vado a cercare quel luogo in cui è venuto a trovarsi
in base alle scelte che ha fatto. Ad un
certo momento ognuno di noi verrà a trovarsi in quei luoghi in cui
personalmente avrà voluto essere. Per cui noi saremo responsabili dei luoghi in
cui ci troviamo. Noi molte volte ci scusiamo: ma io ho i buoi, io ho i campi,
io ho questo, io ho quell’altro, non posso venire… Gesù ci rivela che quello è
difetto di amore perché noi veniamo a trovarci in quei luoghi in cui noi
abbiamo voluto esserci. Non è Dio che ci ha mandati in quei luoghi, perché in
quei luoghi noi veniamo a trovarci in base ai nostri interesse, quegli
interessi in cui non c’era il pensiero di Dio, ma c’era il pensiero del nostro
io.
E naturalmente questi luoghi,
che sono luoghi sbagliati, ci impediscono di conoscere Dio, ci impediscono di
dedicarci a Dio; ne siamo soffocati, la nostra anima è soffocata e allora
abbiamo il conflitto: ecco la malattia che comincia a saltar fuori, perché la
passione di Assoluto è soffocata, impedita: l’uomo, ecco, comincia a soffrire.
Abbiamo il conflitto, da cui lui personalmente non può uscire. Ma chi ti ha
fatto essere in quel luogo lì per cui tu subisci questo? Ecco: il tuo
interesse. Noi attualmente non ce ne rendiamo conto, magari, ma ci sono state
le scelte, le scelte in base a degli interessi. L’interesse doveva essere Dio,
perché tutte le cose devono essere considerate dal punto di vista di Dio.
Pinuccia B.: Di per sé non è il
luogo materiale che ci impedisce o soffoca la ricerca di Dio, ma è il motivo
per cui io mi vengo a trovare in quel luogo, vero?
Luigi: Si capisce. C’è sempre
una componente personale nel luogo in cui io sono. Se io stesso mi vengo a
trovare nel cinema c’è una componente mia personale, per cui: come mai sei
venuto a trovarti nel cinema?
I luoghi sono tanti. Tutta la
creazione è formata di luoghi: ogni cosa che noi vediamo con i nostri occhi,
quindi cosa apparente, cosa esterna, quindi tutto l’universo, tutta la creazione,
tutti i segni sono luoghi. Ogni segno è un luogo. Ora, siccome i luoghi sono
tanti, noi facciamo delle scelte.
L’esempio dell’indirizzo:
Italia. Italia è un nome tra tante nazioni. Ora che cos’è che ti fa scegliere
Italia piuttosto che Stati Uniti? Cos’è che ti fa scegliere questo piuttosto
che quell’altro? Qui c’è un interesse: io voglio arrivare ad un certo luogo.
Ecco, per arrivare a questa cosa vado a cercare quel luogo in cui si trova
quella cosa. Allora dico: i luoghi sono tanti: essendo tanti, implicano una
scelta, e nella scelta c’è il mio pensiero. Adesso la passione informe,
assoluta che è in noi qui diventa personale, perché quando io ho tante cose,
dovendo scegliere, rivelo me stesso, e non posso non rivelare me stesso.
Pinuccia B.: La scelta credevo
consistesse più che nella scelta dei vari luoghi, dei vari segni, nel rivestire
i segni o della mia intenzione o dell'intenzione di Dio.
Luigi: Quello è interesse! Io
vengo a trovarmi in quei luoghi in cui sono stato condotto dal mio interesse.
Lei dice “intenzione” ma è interesse; cioè ci troviamo in quei luoghi, in quei
segni che abbiamo rivestito della nostra intenzione, cioè del nostro interesse.
Per questo mio interesse io sono venuto a trovarmi lì.
Per questo dico che tutti i
segni non sono uguali.
Addirittura noi abbiamo un
segno in cui c’è soltanto il pensiero del nostro io, e poi ci sono segni sempre
più vicini a Dio, e c’è un segno che non può essere disunito da Dio, per cui,
soltanto se ho interesse per Dio vengo a trovarmi con quel segno lì; ma se non
ho interesse per Dio, ma ho un altro interesse, scarto di luogo in luogo, fino
a trovarmi in quel luogo in cui c’è soltanto quel mio interesse, puro e
semplice, che è ancora lo specchio di me
stesso: vengo a trovarmi con me stesso e basta. Ora dico: più mi allontano da
Dio e più vengo a trovarmi in qui luoghi in cui mi battono le mani, battono le
mani al mio, cioè più uno pensa a se stesso, e più finisce di amare quelle
creature che lo esaltano; ma quelle creature che lo esaltano sono poi quelle
che lo tormenteranno: saranno il motivo del suo tormento, della sua condanna.
Perché? Come mai tu ti sei venuto a trovare con quella persona che adesso è
diventata un inferno per te? Come mai? Perché era quella che soddisfaceva
maggiormente al pensiero di te stesso. Adesso tu hai sposato l’inferno, da cui
non ti puoi disunire. Ecco, è diventato un luogo da cui non posso uscire, ma
perché? Perché pensando a te stesso hai preferito chi ti esaltava alla Verità.
Quindi dobbiamo essere molto attenti, perché noi siamo giocati dal pensiero del
nostro io.
Per questo dico: noi nasciamo
in un luogo senza di noi, ma poi veniamo a trovarci in luoghi in cui non siamo
senza di noi, per cui c’è il nostro io in gioco.
Pinuccia B.: Lei all’inizio ha
detto che per agganciarci all’Assoluto, al Creatore che noi non conosciamo ma
di cui sentiamo il bisogno, Dio ci offre dei luoghi? Come mai ce ne offre tanti
se uno solo è il luogo in cui troviamo l’Assoluto?
Luigi: I luoghi sono tanti
appunto perché Dio deve formare in noi la passione specifica di Lui. Ora perché
si formi in noi questa passione specifica, cioè la passione personale, che cosa
si richiede?
Bisogna che si formi la ricerca
specifica di Dio, perché Colui che ti ha creato senza di te, non si fa conoscere
senza di te: che cosa vuol dire “non si fa conoscere senza di te”? Bisogna che
in te si formi la ricerca precisa, specifica di quello che vuoi. Ora, la
ricerca specifica da che cosa è provocata? Dalla molteplicità di luoghi. Cioè,
la molteplicità della creazione forma in noi la ricerca specifica, per cui io
mi vengo a trovare in quel luogo. E come mai io vengo a trovarmi in quel luogo?
Perché rispondeva al mio interesse. Ecco la formazione dell’interesse. Cioè si
forma la persona, e si rivela quindi. Perché se ci fosse la strada obbligata,
cioè se ci fosse un luogo unico e non ci fosse la possibilità di scelta, non si
formerebbe in noi l’interesse specifico per Dio, noi saremmo costretti, e
costretti non possiamo arrivare a conoscere. Arriva un giorno in cui tutti i
luoghi spariranno, perché Dio spegne tutte le lampade, spegne tutti i segni, ma
allora saremo costretti; e allora non avremo più la possibilità di una
conoscenza, perché costretti non si conosce più, o per lo meno si conosce
soltanto per quelle scelte personali che avremo fatto in rapporto alla Verità:
un bicchiere d’acqua dato ci salverà, se l’avremo dato in nome della Verità, in
nome di Dio; quello ci salverà e ci darà la possibilità di conoscere per quel
bicchiere d’acqua. Perché Colui che ti crea senza di te, non si fa conoscere
senza di te; quindi forma in noi, attraverso tutta la nostra vita, questa
passione specifica per Lui; c’è la possibilità, cioè il rischio, di sbagliare,
la possibilità di essere infedeli.
Abbiamo detto: noi possiamo crescere
in amore fintanto che abbiamo la possibilità di tradire l’amore. Il giorno in
cui uno non può più tradire un amore, è fissato. Ora, fintanto che Dio ci dà la
possibilità di tradire (ecco la molteplicità di luoghi), dà a noi la
possibilità di crescere in amore, quindi di crescere in conoscenza di Lui, se
siamo fedeli (essere fedeli vuol dire essere in tutto motivati da Dio, dalla
Sua intenzione, dall’interesse per Lui).
Però la molteplicità mi fa
correre il rischio di essere infedele. Quindi la molteplicità dei segni è tutta
pedagogia di Dio verso di noi.
Rina: Per cui io Dio Lo
trovo solo là dove ho interesse esclusivo per Lui.
Luigi: Certo. Lui occupa un
posto ben preciso. Vede come Lui ad un certo momento occupa un luogo ben
preciso, cioè diventa un Pensiero ben preciso per noi? Per quello, guardi
quanto è errato il fatto di dire: “Dio riesco a trovarLo dappertutto”, o “tutte
le religioni sono buone”. Ci autoinganniamo, perché crediamo di trovarLo
ovunque ed escludiamo proprio noi la possibilità di trovare Dio. Infatti Lui
dice: “Dove Io sono voi non potete venire”. Ora, in quanto dice: “dove”
evidentemente ci presenta un luogo tra tanti luoghi, altrimenti non direbbe:
“dove”. Se dice “dove” vuol dire che presenta un luogo tra tanti luoghi, e ci invita
quindi a cercare di capire qual è questo luogo.
Pinuccia B.: Se ci interessa Dio,
allora ci interessa scoprire questo luogo.
Luigi: Certo, ecco perché
dico che il Cristo Lo trova chi ha interesse per Dio. Molte volte ci
domandiamo, ma come si fa a trovare il Cristo? Come si fa ad individuare il
Cristo? È l’interesse per Dio. Chi ha interesse per Dio comincia a selezionare
da una creatura all’altra. Parti anche dall’estremità più lontana della terra o
degli uomini… sono miliardi, chi ha interesse per Dio ha un indirizzo ben
preciso: io sto cercando una persona. Vedo uno: sei tu questo? No. Vedo un
altro: sei tu? Passo tutti i miliardi e arrivo al Cristo. Cioè, chi ci conduce
al Cristo è l’interesse per Dio. Ma se non c’è interesse per Dio, lei può incontrare
Cristo tutti i giorni, non Lo vede, perché ha altri luoghi; lei abita in altri
luoghi.
Pinuccia B.: Come mai in India ad
esempio, molta gente cerca sinceramente Dio, e, pur essendoci trenta o più
milioni di cattolici, non arrivano al Cristo?
Luigi: Lei fa un errore
materiale. È Dio che conduce gli avvenimenti. Dio conduce gli avvenimenti e
naturalmente c’è il nostro interesse in mezzo, perché lavora personalmente con
ognuno di noi. Ma non è perché uno abbia vicino i cattolici o sia tra
cattolici, che possa trovare Cristo. Ad esempio in Italia: ufficialmente il 98%
sono cattolici; mi dica quanti sono i cattolici? Quali sono quelli che cercano
Dio?
Pinuccia B.: Ma ce l’hanno tutti la
possibilità di avere il Vangelo tra le mani, cioè di incontrare Cristo?
Luigi: Dove c’è interesse,
c’è un luogo che risponde a quell’interesse.
Pinuccia B.: È Dio che risponde.
Luigi: Ma è Dio il Creatore!
Io posso essere una formica smarrita nell’universo, se ho interesse, vengo a
trovarmi su quelle montagne in cui c’è quello che cerco.
Rina: In India c’è tanta
gente sincera che cerca veramente (cfr. Gandhi).
Luigi: Certo. Sono tutte
lezioni di Dio che ci presenta, tutti esempi; per cui un giorno magari proprio
quelli condanneranno noi in giudizio, perché il Signore ci dirà: “Guarda quel
tale che non aveva visto me, eppure guarda
per Dio cosa ha fatto! E tu che avevi tutte le possibilità, guarda!”. Il
Signore dice: “Se in Sodoma e Gomorra avessero avuto quello che avete voi
avrebbero fatto penitenza, ecc., per cui quelli vi condanneranno”. Noi non ce
ne rendiamo conto, ma tutto quello che avviene nel mondo è spettacolo, scena di
Dio per educare noi, per dirci: “Guarda quel tale cosa fa per Dio!”. Tu lo
consideri un pagano, guarda quello che Lui fa! Nella sua povertà, nella sua
lontananza, i sacrifici che Lui fa, e tu? Ecco, vede, sono tutte lezioni che
Dio ci dà, perché è Dio che parla personalmente con ognuno di noi. Ma non
dobbiamo fare problemi di ambiente, ecc. È Dio che sta operando in tutto, con
ognuno di noi; però in ogni cosa Lui chiede a noi questo interesse, cioè
sapendo che Lui è Creatore di tutto, in tutto noi non dobbiamo permetterci di
mettere il nostro nome sulle cose o sui fatti, o il nome di altri: dobbiamo
mettere il nome di Dio, cioè dobbiamo cercare il Pensiero di Dio, dobbiamo
cercare l’intenzione di Dio. Sapendo che tutto è di Dio, dobbiamo cercare
l’intenzione di Dio. Quindi non dobbiamo giudicare gli uomini, non dobbiamo
giudicare gli ambienti, i fatti, ecc., ma dobbiamo cercare il Pensiero di Dio,
altrimenti ci autoinganniamo: noi crediamo di giudicare bene, ecc.; criticando,
ecc., e non ci accorgiamo che ci stiamo caricando di sbagli, di confusione.
Giovanna: L’interesse che ci
porta a scegliere è Lui che ce lo dà?
Luigi: Fosse Lui! Cioè, se
noi abbiamo messo Dio al centro del nostro pensiero, della nostra vita, allora
l’interesse è Lui, è Lui che ci fa fare le scelte, è Lui che ci conduce in
certi luoghi.
Ma se, anziché Lui, noi abbiamo
messo al centro della nostra vita, ad esempio il pensiero di noi stessi, della
nostra figura, o la figura davanti agli altri, oppure il nostro benessere,
ecc., questo interesse ci conduce a fare delle scelte sbagliate e quindi a
trovarci in luoghi che sono sbagliati.
Ora, l’interesse in noi non si
forma senza di noi, per cui noi possiamo essere giocati, come diceva Nino, dal
pensiero del nostro io, e ritenere: ma questo è importante per me… No, perché
devi vedere se è importante per Dio! È importante per Dio! non per te! Noi
corriamo sempre il rischio di ritenere importante e quindi interessante, quello
che soddisfa il pensiero del nostro io. Uno mi batte le mani, per me è molto
importante e subito dico: quella è una persona che vale ai miei occhi perché mi
dice che io sono in gamba; e resto ingannato da questo, perché ho più interesse
per chi mi esalta anziché per chi invece cerca di correggermi. Ora, vede che
tutto è in funzione del pensiero del nostro io? Se invece in noi, c’è il
Pensiero di Dio al centro (come deve essere: questo è l’atto di giustizia
fondamentale), allora se qualcuno mi esalta, non ottiene da me questo
interesse, perché dico subito: costui mi sta raccontando delle frottole; lui mi
dice che io sono in gamba, ed io invece sono tutt’altro: è il Signore che mi
giudica; io so nei riguardi del Signore quello che sono, per cui non mi lascio
esaltare. Se invece penso a me stesso, mi lascio esaltare, e resto ingannato.
Ma allora, Signore, mi hai mandato ad ingannare? No! L’inganno procede da te
stesso, perché tu non avevi messo il Pensiero di Dio dentro di te al suo posto,
e allora sei stato ingannato; sei stato ingannato dal tuo io.
Giovanna: Allora devo chiedere
al Signore che mi dia gli interessi giusti?
Luigi: Si capisce, ma per
avere gli interessi giusti, io devo aver messo Dio al centro della mia vita.
Che cosa vuol dire mettere Dio
al centro della mi vita? Non mi debbo fermare ai miei sentimenti, alle mie
impressioni, cioè tutte le cose che arrivano a me indubbiamente formano in me
piacere, dispiacere, formano in me dei sentimenti: noi generalmente ci lasciamo
guidare da queste cose. Il più delle volte noi ci lasciamo guidare da: questo
mi conviene più di quell’altro. No, cerca presso Dio!
Allora mettere Dio al centro
vuol dire superare le nostre impressioni, i nostri sentimenti, e cercare il
Pensiero di Dio. Questo vuol dire superare il pensiero di noi stessi. Se noi
abbiamo messo il Pensiero di Dio al centro, tutte le cose le riferiamo a Lui.
Come ad esempio se avessi una persona carissima che mi sta molto a cuore, ogni
cosa che faccio, prima di farla, consulto quella persona: ecco, mi si è
proposto questo affare, questa cosa qui, ma tu cosa ne dici? Non mi permetto di
fare la minima scelta senza riferirla a quella persona. Ecco, così è lo stesso
con Dio. Ora dico: il più delle volte, il punto fisso di riferimento è il
nostro io: la figura, il benessere, la ricchezza, il guadagnare di più, ecc.
Quest’affare mi conviene di più perché mi fa guadagnare molto di più di
quell’altro: tutte le scelte sono in funzione del pensiero del nostro io; per
cui noi ci creiamo tutto un mondo di dipendenza dell’io, ed è tutto un mondo
sbagliato! Per cui ad un certo momento dobbiamo incontrare la morte, perché non
si entra nella vita se non avendo per centro Dio e non il nostro io. Allora Dio
ad un certo momento deve annullare, distaccarci da tutti questi rapporti che
noi abbiamo creato col pensiero del nostro io e che sono tutti rapporti
sbagliati e che ci impediscono di vedere la luce di Dio.
Dico: per entrare nel Regno di
Dio e vedere la Luce di Dio che è poi la vita eterna, si richiede
essenzialmente di vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Quindi c’è una conversione da
fare! Mentre noi attualmente vediamo tutte le cose dal punto di vista dell’io,
e passiamo il più delle volte tutta la nostra vita vedendo tutte le cose dal
punto di vista dell’io, noi dobbiamo operare questa conversione e cominciare a
vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Ora, Dio non si confonde mai
con l’io, perché noi non siamo Dio.
Pinuccia B.: Quindi l’interesse
dipende da ciò che mettiamo al centro dei nostri pensieri, solo quello.
Luigi: Certo! Guardi però che
Dio non è al centro dei nostri pensieri se positivamente non Lo mettiamo. Non è
scontato, perché infatti il Signore dice: “La mia volontà non è la vostra, i
miei pensieri non sono i vostri”. Per cui non affidarti ai tuoi pensieri e alla
tua volontà, non fidarti di essi, dicendo: “ma intanto questo è volontà di Dio;
io faccio quello che mi piace e questa è volontà di Dio”. Ah, no! Il Signore
dice: “No, la mia volontà non è la tua!” Per cui mi richiede sempre questo
superamento. “Signore, io vorrei questo, questo mi fa piacere, però Tu… qual è
il Tuo Pensiero? Tu, cosa ne dici?” Tu… Tu… È sempre questo che dobbiamo
chiedere: “Mi muovo solo col Tuo Pensiero”.
Pinuccia B.: E se la risposta tarda
a venire?
Luigi: Non ti muovi! Non ti
devi muovere!
Mariuccia: Ho bisogno di un
miracolo per cambiare.
Luigi: Il Signore fa
miracoli.
Nino: È vero che l’interesse
dipende dal centro, ma è anche vero che ciò che mettiamo al centro quello è il
nostro interesse. Cioè l’interesse precede e fa scegliere ciò che mettiamo al
centro.
Pinuccia B.: Ciò che precede è un
atto di giustizia che può anche costare. Quindi scelgo dimettere Dio al centro
per giustizia, non per interesse. L’interesse è conseguente, no?
Luigi: Sì, tante volte noi diciamo: mettere Dio al
centro. Ma va precisato, come dicevo prima con Giovanna. Questo mettere al
centro vuol dire riferire ogni cosa a Lui, e non permetterci di fare delle
scelte senza prima consultare Lui. Mettere al centro vuol dire riferire le cose
a Lui. Cioè le cose arrivano a noi senza di noi, e sono tutte proposte, sono
luoghi. In tutte queste cose adesso io debbo consultare Dio, cercare il
Pensiero di Dio, perché sono di Dio. Arrivano a me senza di me, quindi sono di
Dio. Debbo cercare il Pensiero di Dio, riferirle, unirle a Dio. Ora, metterLo
al centro vuol dire questo: fare quest’opera di collegamento tra il segno, il
fatto che mi arriva, e il Pensiero di Dio. Se non faccio questo non metto Dio
al centro.
Pinuccia B.: E quindi non avrò
interesse per Dio.
Luigi: Quindi automaticamente
sono giocato dal pensiero del mio io.
Pinuccia B.: Questo lavoro di
metterLo al centro può essere un lavoro faticoso anche.
Luigi: Certo! Infatti Gesù
dice: “Sforzatevi!”
Pinuccia B.: Se l’interesse fosse
prima non sarebbe più faticoso.
Luigi: No, l’interesse viene
dopo. Prima c’è questo atto di giustizia. Noi dobbiamo collegare le cose con
Dio perché Dio c’è, Dio è la Verità. Cioè il filo d’erba non l’ho fatto io. Se
non metto Dio al centro automaticamente (questo avviene automatico, se non
metto Dio al centro) il filo d’erba l’ho fatto io. Non dico ufficialmente,
fuori: “il filo d’erba l’ho fatto io”, perché tutti mi direbbero: “Costui è pazzo”,
però intimamente io rapporto a me stesso il filo d’erba e mi comporto come se
fosse mio; e ciò che conta è questo. Per cui io mi comporto verso tutte le cose
in questo modo: questa cosa cerco di averla, di possederla, cioè cerco di
mettere il mio nome sopra le cose, per cui inizio in me un movimento di scelte
per arrivare a conquistare quello, a possedere quell’altro e non mi accorgo che
più posseggo e più perdo vita.
La vita non sta nel possedere,
ma sta nel cercare il Pensiero di Dio.
Ora il Pensiero di Dio (la
ricerca del Pensiero di Dio) va messo per giustizia. Per giustizia, perché?
Perché quella cosa lì non è tua, perché la terra su cui stai non è tua, non sei
tu che l’hai fatta! Allora per giustizia! Ecco, per giustizia! Tu non sai
ancora chi sia Dio, non sai chi l’ha fatta, non sai, però certamente sai che
non l’hai fatta tu. Basta questo. Se non cerco Dio, cioè se non cerco Colui che
ha fatto ciò che esiste, perché Lui è il proprietario (dà a Dio quello che è di
Dio), se non Lo cerco, automaticamente metto il mio io, e lì c’è il peccato.
Pinuccia B.: Il capire che ogni
cosa non l’abbiamo fatta noi è “la luce che brilla nelle tenebre” e che viene data ad ogni uomo in questo
mondo, vero?
Luigi: Certo!
Pinuccia B.: È una luce, non
possiamo soffocarla…
Luigi: Certo!
Cina: Ma abbiamo sempre
questa possibilità di scegliere?
Luigi: No, la perdiamo giorno
per giorno, la perdiamo sempre di più. Ad un certo momento diventa impossibile,
irreversibile.
Cina: Ma abbiamo sempre la
possibilità di scegliere male?
Luigi: No, anche quello è lo
stesso.
Pinuccia B.: Anche lì c’è una
irreversibilità: in Paradiso non si può scegliere male.
Luigi: Certo, è logico. Ogni
cosa che vediamo, ogni cosa che facciamo ci condiziona le scelte successive;
non ci possiamo più tirare indietro. Tutto quello che noi facciamo, tutto
quello che diciamo, non è che si possa dire: “è cosa passata”; essa ci precede
per domani! Quindi ogni scelta sbagliata già ti forma la strada per il tuo
domani.
Mariuccia: Ma se uno si pente e
desidera cambiare vita?
Luigi: Sì, appunto, lì è il
difficile. Bisogna avere le idee chiare su questa conversione di vita,
conversione di vita che ad un certo momento diventa costosissima. Perché quanto
più uno si è abituato a certe cose, è difficilissimo lasciarle. Prima di
iniziare una cosa: facciamo l’esempio del fumo: prima di fumare la prima
sigaretta, uno è libero; dopo che lei ne ha fumate 20, 30, 50, 100 ha voglia!
Ad un certo momento lei si accorge che non ne può più fare a meno. Vede quanto
è difficile? Perché?
Mariuccia: Uno ne ha sempre più
voglia.
Luigi: Si capisce! Perché è
condizionato. Dico: prima di iniziare è libero, perché ti viene proposto: la
prima sigaretta ti viene proposta. Un momento, cerca Dio: “Signore, mi proponi
questo, qual è il tuo Pensiero?” Cerca il pensiero di Dio: è bene, non è bene,
secondo Te? Fa’ la scelta secondo Dio, e allora resti libero! Ma se invece uno
si lascia guidare da altro, adesso quello che ha fatto già gli apre la strada
per la cosa successiva. Per cui ieri, ad esempio, ho mangiato una bignola.
Oggi, a questa stessa ora, io desidero mangiare la bignola; ma ad un certo
momento io vivo per le bignole, non posso più superare il problema delle
bignole. Ecco! Ci costruiamo un orario, alle cui scadenze noi abbiamo bisogno della
tazza di caffè, dell’aperitivo, della sigaretta, noi abbiamo bisogno di questo
e di quell’altro. E ad un certo momento siamo tutti condizionati così. E allora
dico: se metto Dio al centro, c’è la conversione? Certo! Ma capisce quanto
costa? E bisogna metterLo veramente al centro, e per incominciare debbo
riportare le cose a Dio, non più permettermi di fare le cose secondo l’io: in
questo ho l’abitudine, questo mi piace, ecc. No, no. Se uno incomincia a
ragionare secondo l’abitudine, il bisogno, il piacere, ecc., è finito! È
schiavo! No, debbo cercare il Pensiero di Dio: “Signore, io voglio smettere di
seguire le cose che non sono secondo Te! Quindi, mi costi quello che costi,
voglio cercare di fare soltanto quello che vuoi Tu!”. Allora uno comincia a riflettere:
“Mi viene prospettato questo… sento il bisogno di quest’altro…Un momento: cerco
Dio!” Non tutti gli stimoli che lei sente nella sua carne, nel suo corpo, li
segue. Perché non li segue? Li sottopone alla ragione. “Sento il desiderio di
questo. Però non lo faccio”. Perché non lo faccio? Lo sottopongo alla ragione.
Così è lo stesso: tutti gli avvisi che arrivano e che possono essere le mie
abitudini, li devo sottoporre a Dio. Qui abbiamo la conversione. La conversione
consiste in questo: fate penitenza! Cosa vuol dire fare penitenza? È
incominciare a non riferire più le cose alle mie abitudini, alle mie
tradizioni, ai miei doveri, ecc., ma a cercare il Pensiero di Dio. Allora Lui
mi libera. Perché Lui è tanto potente che se anche io fossi immerso nella
schiavitù fin sulla punta dei capelli, ha la possibilità di tirarmi fuori. Però
debbo riferire le cose a Lui. Lui è veramente il liberatore: anche da tutte le
malattie psichiche. Se noi prendessimo un esaurito, un angosciato e gli dessimo
la possibilità di collegarsi con Dio e incominciare a riferire le cose a Dio,
lui a poco per volta ne uscirebbe guarito.
Rina: Anche dalle
depressioni?
Luigi: Anche dalle
depressioni: ad un certo momento uno canta di gioia! Ho incontrato delle
persone misere, vestite di stracci, in montagna, vivono in baite, ma cantano di
gioia da mattino a sera: sono libere, felici! Un altro invece vive in case
d’oro, con tutte le comodità, ecc., ed è di una tristezza immensa, angosciato.
Pensieri conclusivi:
Cina: Chiedo a Dio la grazia
della luce.
Rina: Imparare ad escludere
i luoghi dove Dio non c’è, cioè dove opera il mio io.
Luigi: Se non ci lasciamo
guidare solo dal Pensiero di Dio, facciamo il nostro danno. Dobbiamo
convincerci che facciamo tutto il nostro danno a lasciarci guidare dal pensiero
del nostro io. Noi crediamo di fare i nostri interessi, e invece facciamo il
nostro danno. Ad un certo momento ci sentiamo proprio soffocare nell’anima in
quello che è il bisogno essenziale.
Giovanna: Chiedo al Signore che
mi faccia capire Lui il luogo giusto e lasciare gli altri.
Mariuccia: Imparare a riferire
tutto a Lui e sempre ricominciare, anche se mi costa e mi stanca.
Nino. È nella scelta
iniziale tra l’io e Dio che ci giochiamo tutto, non solo nella vita eterna, ma
anche in questa.
Pinuccia: In ogni istante ci
viene offerta la scelta di un luogo.
Luigi: Soprattutto non
dobbiamo ritenere che tutti i luoghi siano uguali. Ogni luogo è diverso
dall’altro.
Pinuccia B.: E tutto dipende dalla
scelta interiore che facciamo: se abbiamo messo Dio al centro o se ci lasciamo
guidare dall’io.
Appendice
Giovanna: Per non sbagliare
luogo bisogna mettere Dio al centro, ma come si fa?
Luigi: Bisogna cercare il
Pensiero di Dio in tutto.
Giovanna: Ma è solo Dio che ce
lo può far capire.
Luigi: Certo, è Lui, però
richiede da parte nostra questa partecipazione; cioè dobbiamo cercare il Suo
Pensiero. Quando Gesù dice: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio” , che cosa
dice? Cercate il Suo Pensiero in tutte le cose. Tutte le cose sono fatte in
Lui, però il Suo Pensiero non è evidente, non lo vediamo. Noi il più delle
volte, proiettiamo il nostro pensiero, la nostra intenzione. Devi cercare il
Pensiero di Dio, cioè che cosa Dio ti dice di Sé, in questa cosa, che cosa Dio
ti dice di Sé in quell’altra, ecc.
Giovanna: E quando non risponde?
Luigi: Quando non risponde
aspetta, abbi pazienza! Se Lui tarda a venire, si aspetta. Perché il servo –
dice Gesù – deve essere pronto ad aprire
la porta appena Lui bussa. Ma se il servo si stanca dicendo: “Intanto tarda a
venire, quindi non aspetto più”…. “Tarda a venire” vuol dire che non ti
risponde, non ti fa vedere la Sua luce. Lui sa perché ti fa aspettare:
nell’attesa forma la nostra anima. Cioè, se nell’attesa l’anima è fedele,
diventa capace di portare la luce. Se invece ilservo dice: “Intanto tarda a
venire” e si mette a bere e a mangiare con gli altri, allora sarà messo tra gli
infedeli. Ecco: perché? Perché la funzione del vegliare, dell’aspettare è molto
importante. Dio forma i suoi figli in terra d’Egitto, in schiavitù, là dove Lui
non parla, dove Lui non fa vedere la Sua luce. È molto importante, perché un
amore si forma nell’attesa. Quanto più uno è stato capace di essere fedele
nell’attesa, tanto più diventa capace dell’incontro con l’amore. Ma se uno
dicesse: “Intanto la mia fidanzata è lontana, non mi vede ed io mi diverto”,
egli perderebbe l’amore e il momento in cui avverrà l’incontro il suo amore
sarà spento.
Ecco, ora bisogna capire che se
Dio si fa aspettare anche quello ha una funzione molto importante, positiva.
Pinuccia B.: Quindi l’importante è
rimanere in atteggiamento di attesa.
Luigi: Attesa che vuol dire
cercare il Suo Pensiero, desiderare il Suo Pensiero. Cioè, io non mi rassegno a
quello che dicono gli altri o ai miei sentimenti, ecc. No, voglio conoscere il
Pensiero, Signore, perché so che c’è il Tuo Pensiero, cerco la Tua intenzione,
voglio conoscere questo.
Pinuccia B.: Nelle situazioni che
esigono una risposta immediata l’importante è conservarsi in questo
atteggiamento di ricerca e di attesa, no? Magari si agisce in buona fede,
contenta di rimangiarmi la cosa se ho sbagliato, no?
Luigi: È il servo che deve
vegliare in attesa che arrivi il padrone. Deve vegliare nella notte, perché il
padrone può arrivare a qualunque ora della notte; il servo deve vegliare, e
appena Lui bussa, subito essere pronto a aprire. L’ha detto Gesù.
Pinuccia B.: Quindi dò una risposta
in buona fede, conservando l’apertura a rivederla.
Luigi: Che risposta? Se non
sa il Pensiero di Dio, dice: “non lo so, non posso risponderti”. E sta sulla
punta di un chiodo per tutta la vita piuttosto, ma non si muove fintanto che
non vede il Pensiero di Dio.
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Nono tema.
Titolo: Le ragioni per cui cerchiamo l’Assoluto in luoghi
sbagliati.
Argomenti:
Contenitore e contenuto. Intelligenza e luogo. Il luogo è intermediario. Luoghi spirituali e
materiali. Cristo, luogo di Dio. L’interesse ci conduce
in un luogo. I luoghi sbagliati. Interesse: passione
specifica. La passione d’assoluto. Dio non è ovunque. L’interesse deve
coincidere con la passione d’assoluto. I luoghi dell’io e il luogo di Dio. Luogo soggettivo e
oggettivo. Interesse e passione
d’assoluto. L’attrazione delle cose.
31/ Gennaio /1983
Voi mi
cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non
potrete venire. Gv 7 Vs 34 Decimo tema.
Titolo: Capovolgimento di
luogo.
Argomenti: Cristo non
s’identifica con il suo corpo – I luoghi sbagliati – L’interesse è
personale e determina il luogo – Vero luogo è la causa di un esistente – Il luogo Cristo – La vera
conoscenza è nella causa – Figli del bisogno e figli del Padre – Valutazione e
interesse – L’importanza soggettiva di Dio -
6/ Febbraio /1983
Luigi: Siamo ancora nel versetto 34 e
precisamente all’affermazione di Gesù: “Dove Io sono voi non potete venire”.
Ci soffermiamo su questo: “Dove Io sono”.
Tutto è opera di Dio, tutto è Parola di Dio ed è Parola
di Dio per noi personalmente, quindi dobbiamo cercare anche qui il pensiero di
Dio per noi, l’intenzione di Dio, il perché di questa affermazione di Gesù:
“Dove Io sono”.
Abbiamo visto domenica scorsa come Gesù sia passato dal
tempo futuro al presente; prima aveva affermato: “Mi cercherete e non Mi
troverete”, adesso al presente dice: “dove Io sono”. Ed abbiamo visto il
significato di questo passaggio: è Dio che ci educa alla scoperta del vero
luogo in cui possiamo attingere l’Assoluto a seconda di quella fame, di quella
sete che Dio ha posto in ognuno di noi creandoci.
Ora Lui qui afferma al tempo presente: “dove Io sono”,
affinché coloro che ascoltavano, e coloro che ascoltano, non avessero a pensare
ad un trasferimento suo da un luogo ad un altro luogo, oppure che la soluzione…
sia in un tempo futuro.
Quindi il primo passaggio è: togliere dal nostro pensiero
il fatto che la ricerca dell’Assoluto sia riservata al futuro, mentre è oggi; è
cioè nel momento in cui la Parola di Dio giunge a noi che dobbiamo sforzarci di
entrare nel Regno di Dio. “Sforzatevi di entrare oggi, fintanto che avete
tempo…Ancora per poco la luce è con voi… camminate fintanto che avete la luce”.
È in questo momento presente quando la Parola arriva a noi che dobbiamo saper
valorizzarla ed impegnarci in essa per cercare di capire.
Ma non solo. Lui dicendo: “Dove Io sono, voi non potete
venire”, ci impegna, come impegnò allora gli altri, coloro ai quali Egli
parlava, ad un successivo passaggio, perché non si poteva intendere quel “Dove
Io sono” con la Sua presenza fisica, perché dicendo quel “Dove Io sono voi non
potete venire”, avrebbe affermato una falsità, se si fosse identificato questo
“essere” con la sua presenza fisica, corporea,
perché dove Egli era, erano presenti anche coloro che Lo ascoltavano.
Quindi dicendo: “Dove Io sono voi non potete venire”, evidentemente impegna noi
a questo passaggio: Lui non si identifica con il suo corpo. Il suo corpo lo
vediamo, dove è il suo corpo siamo anche noi. Lui dice: “Dove Io sono voi non
potete venire”.
Quindi evidentemente questo suo
“Io” non è una presenza locale, non è un fatto futuro che dobbiamo aspettarci,
non si identifica con la presenza fisica corporea. Quello che gli uomini
vedevano era il Suo corpo, non vedevano il Suo Io: ecco la grande distinzione
che Cristo ci presenta; ed è l’errore che comunemente facciamo, perché tendiamo
ad identificare la persona, l’io di una persona, con la presenza fisica, con il
suo corpo.
C’è una grande distinzione qui.
Ora, questo “dove Io sono” ci pone un problema di luogo
che ci impegna a cercare…perché in quanto Lui parla di un luogo, evidentemente
ci propone la ricerca di questo luogo. Quello che Lui dice è sempre una proposta,
perché la Parola di Dio è una proposta per ognuno di noi, per la nostra vita
essenziale.
Questo “dove Io sono” non identificandosi né con un luogo
futuro, né con un luogo spaziale, né con una presenza fisica o corporea, ci
impegna a cercare nel campo dello spirito.
Ora però abbiamo visto anche come, se i luoghi sono dati
a noi senza di noi, non ci possiamo trovare in un luogo senza di noi. I luoghi
sono intermediari tra ciò che noi cerchiamo, sospinti dalla nostra passione di
assoluto e noi stessi: sono degli intermediari per darci la possibilità di
arrivare a trovare quello che noi cerchiamo; però abbiamo anche visto come gli
uomini possono sbagliare luogo nel cercare quello che cercano, ed
effettivamente sbagliano luogo.
Domenica scorsa abbiamo visto i motivi, le ragioni per
cui si sbaglia luogo nel cercare quello che si cerca, e si conclude con niente.
Tutta la nostra vita minaccia di arrivare al fine, al termine con niente di
fatto, perché dovremo constatare che abbiamo passato tutta la nostra vita a
cercare mele su un larice, a cercare stelle alpine su un campo di grano: in un
luogo sbagliato. Ecco, la passione dell’assoluto è una passione vera, che ogni
uomo porta con sé, ed è una passione giusta; il luogo in cui cerchiamo l’Assoluto può essere un luogo
sbagliato. La causa di questo errore per cui noi ad un certo momento ci
troviamo a cercare l’Assoluto là dove l’Assoluto non può essere, è determinato
dal nostro interesse. L’interesse è sempre una conseguenza di una valutazione
personale, per cui se noi ci troviamo “con” i luoghi che ci vengono dati, e
vengono dati a noi senza di noi, non possiamo trovarci “in” un luogo senza di
noi; cioè nel luogo in cui noi veniamo a trovarci c’è sempre una componente
soggettiva, personale, la componente del nostro interesse. Cioè, noi veniamo a
trovarci in quei luoghi in cui ci ha condotto il nostro interesse. E fintanto
che il nostro interesse non coincide con la passione di Assoluto per la quale
noi siamo stati creati, noi sbaglieremo sempre luogo. Dico, sbaglieremo sempre
luogo, perché ciò che ci fa andare in un luogo piuttosto che in un altro, ciò
che ci fa cercare in un luogo piuttosto che in un altro, non è la passione
dell’assoluto, perché questa è una passione informe, senza oggetto (non
sappiamo quello che cerchiamo), ma quello che ci fa essere in un luogo ben
definito, è sempre il nostro interesse. L’interesse è sempre una passione
definita, perché presuppone la valutazione di qualche cosa. La valutazione
richiede sempre un giudizio da parte nostra, da parte del nostro io, da parte
della nostra persona, per cui noi veniamo a trovarci in quei luoghi in cui ha guidato non la
passione dell’assoluto, ma il nostro interesse.
Però il nostro interesse non può essere mai disgiunto
dalla passione dell’assoluto, poiché noi non possiamo cancellare dalla nostra
anima, dalla nostra vita la passione dell’assoluto perché questa è quella che
ci caratterizza: la passione dell’assoluto è in noi senza di noi; è data dal
Creatore stesso, anzi è data dalla Presenza di Dio in noi, per cui non possiamo
annullarla; però su questa passione di assoluto noi aggiungiamo il nostro
interesse; per cui noi cerchiamo quello che cerchiamo con la passione
dell’assoluto. Ecco, per questo, dico, veniamo a trovarci in un luogo
sbagliato, perché l’interesse che guida noi a trovarci in un certo luogo, ci fa
cercare con la passione dell’assoluto. Ora Cristo che è l’intermediario è un
luogo (tutto quello che è segno, tutto quello che è creazione è luogo; i luoghi
essendo quindi creazione, sono dati a noi senza di noi).
Cristo è un luogo tra tutti i luoghi che ci sono dati.
Cristo viene tra noi come intermediario tra il nostro io e ciò che noi
veramente dovremmo cercare, l’oggetto assoluto che dovremmo cercare, quindi
Dio.
Cristo viene come intermediario, viene per ricuperarci da
luoghi sbagliati in cui noi siamo stati portati dai nostri interesse con la
passione dell’assoluto. Viene per portarci in quell’interesse che noi avremmo
dovuto avere fin dall’inizio, interesse che dovrebbe coincidere con la passione
dell’assoluto, cioè con la ricerca di Dio, per cercare Dio e Cristo viene per
ricuperarci.
Quindi è Lui il luogo, intermediario, che dà a noi la
possibilità di trovare ciò per cui siamo stati creati. Allora tra tutti i
luoghi, tra tutti gli uomini, tra tutte le creature c’è questa presenza, questo
luogo in cui è data agli uomini la possibilità di trovare ciò per cui sono
stati creati. È una possibilità.
Qui però troviamo un’affermazione che è abbastanza
sconvolgente perché Cristo ad un certo momento dice: “Dove Io sono voi non
potete venire”. cioè Lui, luogo, a questo punto ci parla di un altro luogo,
perché afferma di essere in un luogo. Un luogo che ci trasferisce ad un altro
luogo, indubbiamente, crea in noi uno capovolgimento, perché per noi Cristo è
il luogo. Essendo luogo è quindi intermediazione per poter trovare quello per
cui siamo stati creati. Il luogo è sempre un punto di riferimento per arrivare
a trovare quello che noi cerchiamo. Qui invece Lui ci trasferisce in un altro
luogo, perché in quanto dice: “Dove Io sono, ci impegna, ci invita, per lo
meno, a pensare un altro luogo, a questo “dove” Io sono.
Ecco qui dobbiamo fare una distinzione nel concetto di
luogo: c’è un luogo che è riferito al nostro io, e c’è invece un luogo in sé.
Il luogo riferito al nostro io è quello che abbiamo
visto: è quello che risponde al nostro interesse, alla nostra ricerca. È quello
che c’è in mezzo (intermediazione) tra il nostro io e quello che noi cerchiamo,
e l’oggetto che noi cerchiamo; per cui, andando in quel determinato luogo noi
possiamo trovare quel determinato oggetto. Se sbagliamo luogo, noi ci
condanniamo a non trovare quello che cerchiamo.
Questo luogo è relativo a quello che noi cerchiamo e
quindi è relativo alla nostra passione, è relativo al nostro interesse, è
relativo a quello che siamo noi. Ora questo luogo, essendo relativo a noi, è
segno, è segno del vero luogo: il vero luogo è quello che è in sé.
Ecco, qui Cristo presentandoci questo concetto: “Dove Io
sono”, ci fa pensare al luogo qual è in sé.
Ora il luogo, quale è in sé, è la Causa da cui deriva una
cosa. Qui il dove Io sono di Cristo, ci fa pensare a quel luogo, quindi a
quella Causa del suo Essere, ciò che fa Lui essere, che dà al suo io la
possibilità di esistere. Evidentemente è il Padre Suo.
Quindi ecco la funzione del Cristo: mentre giunge a noi
per ricuperare noi dalle nostre dispersioni, dai nostri luoghi per portarci al
vero luogo, si presenta luogo intermediario. È luogo intermediario in quanto è
individuabile dal nostro desiderio, dalla nostra passione, dalla nostra
ricerca; per cui, se in noi c’è la ricerca di Dio, noi possiamo individuare il
Cristo. Qui abbiamo il luogo come intermediazione; ma il luogo intermediazione
è possibile individuarlo soltanto in quanto in noi c’è il desiderio di una
cosa. Il desiderio è la fame che ci fa individuare e quindi ci fa trovare il
luogo.
Dico, i luoghi ci sono dati, tutta la creazione ci è
data; noi abbiamo tante creature davanti ai nostri occhi, attorno a noi;
abbiamo tanti uomini, e tra questi tanti c’è anche Lui, c’è anche il Cristo.
Però con chi cammineremo? Dove noi andremo?
Ecco, quel “con chi”, quel “dove ci troveremo”, viene
determinato dal nostro desiderio, dal nostro interesse, dalla nostra fame.
Quindi quello che ci fa trovare in un determinato luogo, e quindi quello che fa
individuare un determinato luogo è sempre l’interesse.
Gesù stesso dice: “Nessuno può venire a Me se non è
attratto dal Padre”, cioè se non ha interesse per Dio. Allora dobbiamo dire: è
l’interesse che ci fa individuare il luogo. Fintanto che in noi non si forma
l’interesse per Dio, l’interesse per l’Assoluto, noi non possiamo individuare
Cristo come luogo in cui si trova Dio. E questa è la promessa per giungere al
vero luogo, perché questa è soltanto una concessione (Cristo è una concessione)
che viene fatta all’uomo per dare all’uomo la possibilità di arrivare al vero
luogo. Il vero luogo, abbiamo detto, è la Causa da cui deriva un essere, da cui
deriva un esistente. Se in noi c’è questo desiderio, questa attrazione per Dio,
in noi c’è la possibilità di scegliere tra tutti i luoghi, quindi tra tutti gli
uomini, c’è la possibilità di scoprire il Cristo, come quel luogo in cui
possiamo trovare quello che cerchiamo.
Ora, questo luogo, per quel che riguarda lo spirito, per
quel che riguarda la persona, è l’uomo che parla a noi di quello che interessa
a noi. Abbiamo detto: è l’interesse che ci conduce in un certo luogo.
Scoprire il Cristo vuol dire scoprire Colui che parla a
noi di ciò che a noi interessa. Se uno di noi è interessato per la matematica,
il suo luogo sarà l’insegnante di matematica e lui verrà a trovarsi con lui, e
a trovare quindi la soluzione del suo problema, cioè della sua ricerca, del suo
bisogno di conoscere la matematica. E soltanto se noi avremo interesse per Dio,
abbiamo o avremo la possibilità di individuare il Cristo. In caso diverso per
quanto noi incontrassimo il Cristo, non lo incontreremmo come Colui che viene a
rispondere ad un nostro interesse, come Colui che viene a rispondere ad un nostro
bisogno. Lui viene a rispondere al nostro bisogno dell’Assoluto.
Abbiamo sbagliato luogo guidati dai nostri interessi
soggettivi, abbiamo sbagliato luogo nel cercare l’Assoluto là dove non poteva
trovarsi. Cristo è Uno che viene tra noi per parlare a noi dell’Assoluto,
quindi per dare a noi la possibilità di trovare l’Assoluto; però l’Assoluto non
coincide con la sua presenza fisica, e l’abbiamo visto; infatti Lui nel suo
corpo dice a noi: “Dove Io sono voi non potete venire”. Quindi mentre era con
il suo corpo presente fisicamente, dice: “Dove Io sono voi non potete venire”.
E afferma ancora (e ci sono altre affermazioni, perché è Lui che conduce): “Io
e il Padre siamo una cosa sola”. Vedevano Lui, vedevano la Sua presenza fisica
e: “Dov’è tuo Padre?” e non vedevano il Padre.
Evidentemente Lui attraverso il suo parlare, facendo da
intermediario, conduce noi in quel luogo in cui è possibile trovare l’Assoluto
e quindi trovare la Verità e dalla Verità trovare la nascita.
Qui capiamo come la vera conoscenza, come abbiamo già
affermato altre volte, sia soltanto quella che si ha nella conoscenza della
Causa delle cose, non per effetto.
Gli effetti sono intermediari, sono delle condizioni per
portarci a scoprire la Causa, ma è soltanto nella conoscenza della Causa che
noi possiamo attingere la Verità e quindi attingere la conoscenza.
Cristo stesso dice: “nessuno conosce il Figlio se non il
Padre”. Ecco qui abbiamo la vera conoscenza del Figlio. La vera conoscenza si
ha solo nel Padre.
Quindi ecco che il Cristo, come luogo intermediario, ad
un certo momento ci capovolge i termini: mentre Lui viene come luogo che
risponde al nostro bisogno, ad un certo momento conduce il nostro bisogno a
cercare il luogo da cui nasce il nostro stesso bisogno.
Quindi prima è il nostro bisogno che individua il luogo.
Adesso Cristo, attraverso il suo parlare, attraverso il suo insegnamento, ci
conduce a quel luogo da cui deve nascere il nostro bisogno, cioè deve nascere
il nostro stesso io.
Ho detto: c’è un capovolgimento nell’opera del Cristo:
Lui ci raccoglie dalle nostre dispersioni, dai nostri luoghi sbagliati; si fa
figlio del nostro bisogno e ci conduce a scoprire Colui dal quale deve nascere
un nuovo bisogno.
Rina: Sarebbe il bisogno del Padre?
Luigi: Sarebbe la nascita dal Padre.
Pinuccia B.: Questa nascita diventa un
bisogno?
Luigi: Sì, diventiamo figli del Padre,
mentre attualmente noi siamo figli del nostro bisogno. Attualmente il nostro
bisogno di Assoluto ci conduce ad individuare il Cristo: qui abbiamo un luogo
che è individuato dal nostro bisogno. Questo luogo è relativo al nostro
bisogno; ora questo luogo non ci conduce alla vera conoscenza.
La vera conoscenza si ha soltanto nella conoscenza del
luogo per quello che esso è, quindi non del luogo individuato dal mio bisogno,
perché il luogo individuato dal mio bisogno è relativo a me.
Questa conoscenza non può
essere vera conoscenza, perché è conoscenza relativa al mio bisogno. Cioè io
conosco in funzione del mio bisogno; siamo ancora sotto un certo aspetto sul
piano animale: gli animali conoscono in funzione del loro appetito, dei loro
bisogni; quindi è il loro bisogno, è la loro tensione che li conduce a scoprire
gli alimenti. Ma questa non è vera conoscenza, perché la vera conoscenza si ha soltanto nella
conoscenza di quello che un essere è in sé, non per quello che quell’essere è
in relazione agli effetti.
Abbiamo un primo passaggio: la
conoscenza in relazione a quello che può essere il nostro bisogno, i nostri
interessi, e qui possiamo sbagliare luogo, perché è sufficiente che noi abbiamo
un interesse diverso dall’Assoluto che questo ci conduce in luoghi sbagliati.
Luoghi sbagliati in quanto, non potendo dimenticare la passione dell’assoluto,
la nostra anima viene soffocata. Cristo viene a ricuperarci nella passione vera
dell’Assoluto, a convincerci per ricuperarci, ci convince che il nostro
interesse è sbagliato. È un po’ il processo anche della morte stessa: con la
morte Dio spegne tutte le nostre luci, spegne tutti i nostri interessi. Ora,
spegnendoli, ci fa capire, ci convince. Che cosa vuol dire questo spegnere
tutto?
Ci fa capire che tutti i nostri
interessi sono sbagliati. Quando al termine della vita noi diciamo: ho
sbagliato tutto, la mia vita è servita a niente! Che è questo? È tutta opera di
Dio per spegnere i nostri interessi sbagliati che ci hanno fatto trovare luoghi
sbagliati e riportarci nel luogo giusto. Ma questo luogo è ancora sempre in
relazione al bisogno di assoluto, quindi non è la conoscenza in sé della cosa;
questa è intermediario. Ora Cristo ci conduce invece alla conoscenza del luogo
in sé, quindi alla conoscenza del Padre. Qui abbiamo la conoscenza della Causa.
La Causa, il Padre, è Colui che
genera il Figlio; Causa è ciò che produce un effetto; allora la conoscenza
della Causa in sé, dà a noi la possibilità di nascere veramente, con la
consapevolezza di quello che dobbiamo volere. Adesso qui abbiamo la volontà, o
il bisogno che nasce da questa Causa.
Pinuccia B.: Quindi Cristo viene
come intermediario per condurci al vero luogo, al Padre.
Luigi: Lui si presenta come
luogo. Ci è dato. Però noi non possiamo individuare questo luogo se non si
forma in noi questo interesse, interesse per l’Assoluto, interesse per la
Verità, interesse per Dio. Fintanto che noi abbiamo interessi sbagliati siamo
costretti a trovarci in luoghi sbagliati. Cristo viene per ricuperarci in
quanto viene a dialogare in questi luoghi sbagliati e a convincerci che
dobbiamo mettere l’interesse per Dio, e metterlo al disopra di tutto.
Ora, per poter mettere
l’interesse per Dio, siccome l’interesse è figlio della valutazione, Cristo ci
fa valutare Dio come vero Bene per la nostra vita. Ad esempio quando dice: “Non
preoccupatevi del mangiare e del vestire”. Per noi generalmente il mangiare e
il vestire è oggetto di valutazione: per me questo è necessario, questo è
essenziale; io do una valutazione assoluta e questa mi farà trovare in luoghi
sbagliati. Cristo viene e mi dice: “Tu non preoccuparti del mangiare e del
vestire, ecc., devi cercare prima di tutto il Regno di Dio”. Ecco mi porta ad
una valutazione, mi mette in crisi e mette in crisi tutto il mio mondo e quindi
tutto il mio sistema di valori; me lo mette in crisi e mi propone altro. E
siccome Lui è la Verità, la Sua affermazione è indiscutibile, cioè si afferma
su di me con dei valori tali che io non posso discutere; posso ribellarmi, ma
non posso dire: la tua affermazione è sbagliata. Cioè viene a riportarmi alla
giustizia di Dio, nella mia vita, quindi viene a portarmi la vera valutazione;
portandomi alla vera valutazione, viene a portare il vero interesse. Ora, se lo
accetto questo interesse che Lui mi propone, adesso ho la possibilità di
trovare il luogo in cui posso trovare l’Assoluto. E il luogo è Lui stesso. Cioè
ho la possibilità di individuare il Cristo, e di seguire il Cristo.
Pinuccia B.: Ma già prima di
incontrarLo io debbo essere attratta dal Padre, avere l’interesse per il Padre,
se no non Lo riconosco e allora in che senso Lui mi viene a portare il vero
interesse?
Luigi: Lui mi viene a portare
il vero interesse (la vera valutazione), io Lo conosco come un uomo qualunque,
non so chi sia Lui.
Pinuccia B.: Io devo però già avere
l’attrazione per il Padre.
Luigi: No, Lui in quanto
viene a me, viene a me come uomo; in quanto viene a me come uomo qualunque, Lui
viene anche se io sono attratto da altro. Lui parla con tutti, viene per
salvare tutti. Se, ascoltando la Sua Parola, io riconosco che è giusta, do un
giudizio (perché tutto quello che arriva a noi viene da noi giudicato, viene da
noi valutato) e dico: “ha ragione! Se dico: “ha ragione!” Lo individuo come
luogo.
Pinuccia B.: Ma questo lo posso
dire se sono attratta dal Padre.
Luigi: È Lui che mi presenta
Dio. Certo, “nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre”. Però Lui
venendo mi propone Dio. Lui in quanto viene si presenta come uno qualunque. Lui
chiama Se stesso Figlio dell’uomo. Figlio dell’uomo è uno qualunque. Lui non si
presenta dicendo: “Guarda, Io sono Figlio di Dio”. Lui è uno tra tanti, però
non parla come parlano tanti, cioè quello che dice Lui, non si confonde con
nessun altro. Quindi è un luogo tra tanti. Ci sono miliardi di uomini, ma c’è
un solo Cristo. Ora, ci sono miliardi di uomini anche attraverso tutti i
secoli, però anche in tutti i secoli, c’è sempre un solo Cristo. Ora, come
arriveremo noi ad individuare questo Cristo? Che cosa ci conduce ad un certo
momento ad individuarLo? Per cui dico: no, non sei tu, non sei tu, non sei tu…
È una selezione tra tutti…
Ora, che cosa mi porta a
selezionare tutti gli uomini, per cui scarto gli altri: “No, non sei tu quello
che io aspetto; no, non sei tu, no, non sei tu”. Ad un certo momento questo
“non sei tu” io lo dico passando tutti i milioni di uomini (del passato e del
presente) e sono inquieto fintanto che non arrivo a Cristo. Che cos’è che mi
conduce a Lui? È l’interesse per Dio. Uno a seconda dell’interesse che ha,
incomincia a interrogare: “Sei tu che rispondi al mio interesse? Sei tu che
rispondi al mio interesse?”. Trovo uno che risponde al mio interesse, perché magari
è un banchiere, un impresario, un grande che dà del lavoro e allora dico: “tu
mi interessi”, e allora lì incomincio a scegliere un luogo. E cos’è che mi ha
fatto scegliere quel luogo per cui ora incomincio a camminare con quell’uomo? È
l’interesse che porto dentro di me. Cos’è che ad un certo momento tra tutti i
miliardi di uomini, mi fa selezionare il Cristo? È l’interesse per Dio che ho
dentro di me. Però Cristo non è là isolato: è Uno che attraversa la nostra
strada, è Uno che incontra ogni uomo. E in quanto mi incontra, mi propone Dio,
e in quanto mi propone Dio mi mette in crisi su tutti gli altri valori e gli
altri interessi che io portavo con me; mi mette in crisi con l’argomento Dio. E
mettendomi in crisi, mi dà la possibilità di rinsavire. Se io rinsavisco,
adesso sono attratto dal Padre: ho messo Dio al primo posto. E avendo messo Dio
al primo posto (è Lui stesso che me lo fa mettere), adesso ho la possibilità di
riconoscere il luogo che risponde al mio interesse: “Ha! Sei Tu che rispondi a
questo!”. A questo punto, incomincio a seguirLo, e Lui mi porta al Padre, al
vero luogo.
La conoscenza che ho di Lui
quando Lo seguo, è una conoscenza in relazione al mio interesse, quindi non è
una conoscenza vera; è solo conoscenza relativa. Lo conosco per le parole che
dice e che riconosco vere. È una conoscenza relativa perché risponde al mio
bisogno: io ho bisogno di questo, non
trovo nessun altro che parli di questo; c’è Lui, solo Lui. Ho fatto una scelta,
ma questa scelta è relativa al mio bisogno. Adesso è Lui che mi condurrà ad un
certo momento ad un capovolgimento; cioè non più a conoscere Lui in funzione
del mio bisogno, ma a conoscere Lui in funzione del Padre: Lui come Figlio del
Padre. Per cui ad un certo momento mi trasferisce ad un altro luogo. Lui che
per me adesso è luogo, Lui mi consegna ad un altro luogo, cioè a quel luogo da
cui Lui riceve l’essere. Cioè quel suo “Io” non nasce dal mio bisogno. È come
dire: “non è il mio bisogno di pane che crea il pane”. Ecco, io ho bisogno di
pane e il mio bisogno di pane mi fa individuare il pane, però il pane non lo
faccio io. È come se trovando il pane, adesso il pane, dialogando con me, mi
facesse scoprire Colui che mi ha mandato il pane. Conoscendo Colui che ha
mandato a me il pane, ho la possibilità della vera conoscenza.
Prima ho trovato il pane in
funzione del mio bisogno, del mio appetito, e quindi in funzione animale,
funzione relativa. Lo mangio perché risponde al mio bisogno, ma non lo conosco.
Quindi ho trovato il pane; se il pane è un essere che dialoga, adesso mi
conduce a scoprire Colui che ha mandato a me il pane. Il pane non è venuto da
sé a me. Adesso qui ho la possibilità di conoscere che cos’è il pane, ma di
vera conoscenza in sé. Quindi vede che
abbiamo un capovolgimento?
Conoscendo la Causa, adesso io
nasco da questa Causa, cioè la mia conoscenza nasce da questa Causa. C’è una nascita nuova: la nascita per
Causa. Non conosco più in funzione del bisogno (non conosco più dal mio bisogno),
conosco in funzione di Colui che mi ha mandato il pane, cioè conosco in
funzione della Causa, e qui è vera conoscenza eterna. Questa è vita eterna.
Conoscere il Figlio come
generato dal Padre. qui abbiamo l’inizio della vita eterna.
Pinuccia B.: Sarebbe la generazione
del Verbo in noi dal Padre?
Luigi: Sì, in quanto Lui ci
presenta quel “dove”, quel luogo da cui trae l’essere. Dicendo “dove Io sono”
mi presenta quel luogo da cui riceve l’Essere, da cui l’IO riceve l’Essere.
In un primo tempo io ho
riconosciuto Lui perché rispondeva alla mia fame; adesso Lui mi conduce a
riconoscere quello che Lui è; cioè mi conduce a riconoscere quella Causa che Lo
fa essere; quello che L’ha fatto essere non è la mia fame; quello che Lo fa
essere è il Padre.
Pinuccia B.: E in che cosa consiste
quel nuovo bisogno che nasce?
Luigi: È il bisogno che nasce
da Dio, che nasce dal Padre.
Nino: Quindi, ascoltando il
Cristo, le sue parole mi convogliano l’interesse per il Padre, per cui io posso
riconoscere in Lui, per fede, come Pietro, il Figlio di Dio, senza ancora conoscerLo.
Se Lo seguo, Lui mi rivolge tutto l’interesse al luogo da dove Lui viene, al
Padre. Se arriverò a conoscere il Padre, arriverò a conoscere l’Essere del
Figlio.
Luigi: Certo, quello che Lui
è. Per cui non conosco più Lui per quello che è in relazione al mio bisogno, ma
per ciò che Egli è in Sé.
Pinuccia B.: E il capovolgimento in
che cosa consiste?
Luigi: Il capovolgimento
consiste che in un primo tempo Lui è il luogo, e poi ci invita a passare in un
altro luogo. Cioè Lui mi dice: “Io sono in un altro luogo”. Lui con la sua
presenza fisica si presenta come luogo; però adesso questo luogo Lui me lo
capovolge: “Non sono più io il luogo: il luogo è l’Altro”.
Nino: Lui non vuole fermarci
a Se stesso, perché Lui è solo intermediario. Egli cerca la gloria di Colui che
L’ha mandato, non la Sua. Lui ci incentra su di Sé, solo per parlarci del
Padre.
Luigi: L’importante è
riconoscere che ciò che ci fa essere in luoghi sbagliati (cioè che soffoca la
nostra anima) è il nostro interesse: perché noi siamo accecati dal nostro
interesse. E il nostro interesse è una conseguenza di una valutazione di
valori. Ora, in conseguenza di queste valutazioni, nascono i nostri interessi.
Come noi diciamo: “Questo per me è importante”, è fatale, noi di lì non
scappiamo più: noi verremo a trovarci in luoghi sbagliati, a meno che noi
diciamo: “Dio per me è la cosa più importante”.
Ma fintanto che non diciamo:
Dio per me è la cosa più importante, fatalmente veniamo a trovarci in luoghi
sbagliati; cioè veniamo a trovarci in luoghi che soffocano la nostra anima, che
contraddicono questo bisogno di Assoluto; perché in un modo o nell’altro noi il
bisogno dell’assoluto ce lo portiamo dietro: andassimo anche all’inferno, noi
il bisogno dell’ assoluto ce lo portiamo dietro, perché è costituito dal nostro
stesso essere, non possiamo dimenticarlo. Però su questa onda del bisogno
dell’assoluto, noi possiamo creare la modulazione dell’interesse.
Ora, Cristo, essendo
intermediario, viene a riprenderci in questi luoghi sbagliati, in cui c’è una valutazione
sbagliata, viene a discutere con i nostri valori sbagliati; quindi il primo
incontro, il primo impatto con Lui e noi, è sui luoghi sbagliati, sui valori (è
lì che crea in noi la crisi), sui valori che noi portiamo con noi: valori
scontati, come assoluti; per cui per noi sono indiscutibili. Lui entra in
conflitto, ad esempio, perché “noi siamo maestri in Israele”, oppure per noi il
denaro è tutto, oppure perché per noi il mangiare e il vestire è indiscutibile,
oppure perché la legge per noi è indiscutibile. Quindi entra in conflitto con
tutti quei valori che erano relativi, e che noi abbiamo messo come assoluti,
per cui ci siamo venuti a trovare in luoghi sbagliati: Lui viene a riprenderci
lì. Quindi la Sua funzione è quella di attraversare la nostra strada in quei
punti che noi abbiamo posto come valore assoluto nella nostra vita, perché come
noi diamo un valore assoluto (“per me questo è indispensabile”), già con questo
determiniamo fatalmente il luogo sbagliato in cui verremo a trovarci; non ne possiamo
fare a meno.
Ora Cristo non è che venga a
liberarci dai luoghi sbagliati, Cristo viene nei nostri luoghi sbagliati e
viene a discutere i valori. Soltanto se accettiamo che Lui discuta i nostri
valori sempre alla Presenza di Dio, con l’argomento Dio, possiamo seguirLo.
Egli fa un corto circuito tra l’argomento di valore che ci propone Dio,
saltando ogni altra cosa. Ora, se di fronte all’argomento che Lui ci presenta,
giustificato in Dio, di fronte alla Sua giustizia (Lui porta questa giustizia:
è necessario compiere ogni giustizia), questa giustizia verso Dio, riconosciamo
che la nostra valutazione è sbagliata, per cui dobbiamo mettere Lui prima di
tutto, allora abbiamo la possibilità di riconoscere in Lui il luogo che ci
parla di ciò che ci interessa; perché adesso, a questo punto, data la
valutazione esatta, aiutato da Lui, questa valutazione esatta, adesso ha creato
in noi un interesse. Questo interesse ci fa individuare il Maestro; il luogo in
cui possiamo trovare ciò che ci interessa; perché Lui prima parlava con noi
come tutti parlano con noi: non sono luoghi di interesse; tuttalpiù può essere
un seccatore, può essere uno che ad un certo momento se continua a disturbarci
Lo mandiamo a morte, Lo facciamo fuori dalla nostra vita, perché è Uno che ci
disturba; non è diventato un centro di interesse. Diventa un luogo per noi
soltanto in quanto in noi si è formato l’interesse per Lui come luogo, soltanto
in quanto L’abbiamo ascoltato, abbiamo ascoltato i Suoi argomenti. I Suoi
argomenti sono arrivati a noi come di uno qualunque che parla con noi. Il
Cristo è passato sulle strade della Palestina come uno qualunque, parlando però
di Dio Lui era un uomo come tutti gli altri; il Suo parlare era come tutti gli
altri; il Suo Io sfuggiva alla Sua presenza fisica. Loro non potevano vedere il
Suo Io; vedevano il corpo; però in questo corpo parlava l’Io e l’Io era Dio!
Adesso Lui, a coloro che Lo seguono propone il “dove”, l’altro argomento: “Dove
Io sono”. Cioè ci trasferisce ad un altro luogo.
Prima dice: “non crediate che
Io vada all’estero, e cioè non crediate che sia per questo che non mi troverete
più”, quindi parla non in tempo futuro, ma presente. Non solo, ma dice: “Dove
Io sono voi non potete venire”, quindi impegna a distinguere: non è la Sua
presenza fisica. Allora questo luogo è un luogo spirituale.
Luogo spirituale, vero luogo, è
la Causa del suo Essere, quello che Lo fa essere.
Noi incominciamo a vivere in un
luogo, poi veniamo a trovarci in quei luoghi in cui ci ha portato il nostro
interesse. Ecco, noi al termine della vita veniamo a trovarci là dove il nostro
interesse ci ha portati. Quindi, che cos’è che ci fa essere? Ad un certo
momento noi abbiamo la possibilità di scegliere la causa del nostro essere e
quindi noi diventiamo figli dei nostri interessi.
Cristo ha come Causa del suo
Essere il Padre e Lui tende a portarci ad essere figli di questo stesso Padre,
che è la Verità.
Certo, riconosco che
l’argomento è difficile…
Eligio: Sì, perché viene usato
molte volte il termine “luogo” che è ambiguo.
Nino: E tu elimina il
“luogo”, tu parla di Lui…
Luigi: E no, perché qui ti
parla di “dove” e “dove” è un luogo, non puoi saltarlo, perché se ti presenta
come argomento il luogo, devi impegnarti nel luogo.
Nino: Ma Lui parla sempre in
parabole, io posso ritornare a Lui ed elimino la parabola.
Luigi: Devi assimilare la
parabola.
Eligio: Il “dove” l’hai
identificato con la Causa, e la Causa si identifica con l’Essere.
Luigi: Ma è proprio meditando
sul termine “luogo” che tu arrivi a quel concetto, altrimenti non arrivi.
La parabola no, non la puoi
saltare, la devi assimilare. Una volta che l’hai capita, sì, la puoi saltare,
ma prima devi assimilarla.
Nino: Le parole del Cristo risvegliano
in me l’interesse per il Padre, quindi dico: “Tu solo hai parole di vita
eterna”; da quel momento lì nasce un interesse diverso rispetto al Cristo.
Luigi: Perché scopro che
risponde a ciò che mi interessa; però prima Lui ha creato in me l’interesse, se
L’ho ascoltato. Adesso l’interesse in me mi rende seguace di Lui; però conosco
Lui in quanto risponde ad un mio interesse. Cioè ho sposato un certo interesse…
Nino: Sì, Gesù si presenta
come uomo per agganciarci, ma ci parla come Figlio di Dio, per cui le Sue
parole rispondono al nostro interesse di conoscere Dio. Lì Lo individuiamo come
luogo che risponde alla nostra fame. Se Lo seguo, mi porta ad un altro luogo,
il Padre: in questo luogo posso conoscere veramente chi è Cristo, il Figlio.
Cristo come luogo è il passaggio obbligato per arrivare al vero luogo. È
giusto?
Luigi: Lui vuole puntare il
nostro pensiero e l’interesse del nostro pensiero su quel luogo da cui Lui
riceve l’Essere: l’argomento è tutto qui.
Lui sta portando la nostra
attenzione su quel luogo da cui riceve l’Essere, da cui “Io sono”, cioè da cui
riceve l’esistenza.
Ogni cosa riceve l’esistenza
effettivamente da…
Ad esempio noi cerchiamo le
mele sull’albero del melo, perché? Perché le mele ricevono l’esistenza
dall’albero del melo. Quindi l’albero del melo è la causa delle mele. La mela
riceve l’esistenza dal melo. Così qui Cristo mi conduce a pensare a quel luogo
da cui riceve l’Essere, da cui riceve l’esistenza. Perché soltanto conoscendo
quel luogo da cui il Suo Io riceve l’esistenza, noi abbiamo la possibilità di
ricevere anche l’esistenza del nostro io; non più quindi un io che è dominato
da interessi, da passioni che non sa nemmeno lui. Qui abbiamo invece un io che
nasce consapevolmente dalla sua Causa.
Prima noi abbiamo un io che
subisce delle passioni senza di sé, non lo sa: opera di Dio, ma lui non lo sa.
Qui invece Dio ci conduce a scoprire quella Causa da cui noi riceviamo
consapevolezza: non soltanto l’esistenza del nostro io, ma anche tutte le
passioni: le riceviamo da Dio. E quindi è una nascita nuova. Per questo dico
che c’è un capovolgimento.
Eligio: È la vera vita.
Luigi: È la vera vita che
nasce dalla sua Causa. Che nasce dalla sua Causa che è il Padre, cioè che nasce
dalla conoscenza della Causa. Per questo dico “luogo”, perché qui c’è il Suo
Io. Lui non mi dice ancora apertamente che cos’è questa Causa, però mi conduce
a pensarla. Per questo me la presenta come luogo, come un “dove”, perché io non
lo so.
Eligio: E intanto mi pone il
problema.
Luigi: Mi pone il problema e
mi dice: “Guarda che tu non devi confondere il mio Io con la mia presenza
fisica, quindi non identificare l’Assoluto con la mia presenza fisica;
l’Assoluto non è nella presenza fisica, e mi trasferisce altrove: “Guarda che
il mio Io nasce da quel luogo là”. Adesso mi impegna a cercare quel luogo,
attraverso Lui, perché poi ad un certo momento mi dirà: “Nessuno viene al Padre
se non per mezzo di Me”, però è Lui che mi conduce. Tant’è vero che attualmente
vedi che Lui ci conduce proprio impegnandoci sulle sue Parole (quindi è Lui che
parla). Noi ci accorgiamo che stiamo pensando a ciò che Lui ci propone. Quindi
è Lui che ci sta conducendo.
Pinuccia B.. Il capovolgimento del
bisogno, cioè la formazione di un nuovo bisogno è conseguenza della nuova
nascita?
Luigi: No, è l’argomento che
Lui mi propone che è un capovolgimento.
Pinuccia B.: Ma ha parlato di un
nuovo bisogno che nasce, in che cosa consiste?
Luigi: Nasce un nuovo bisogno
perché qui abbiamo una creatura nuova; qui non è più un capovolgimento. È l’argomento
che Lui mi propone che è un capovolgimento, perché in un primo tempo è Lui il
luogo. Lui è il luogo! Cioè il mio interesse mi ha condotto a scoprire in Lui
il luogo che risponde al mio bisogno! “Abbiamo trovato Colui di cui parlarono
Mosè e i Profeti!”. Cioè, io andavo a cercare l’Assoluto a destra e a sinistra;
finalmente ho trovato Uno che risponde al mio bisogno. Ho trovato il Cristo!
Ora, questo “trovato” è Uno che risponde al mio bisogno: è relativo al mio
bisogno. Ma questo bisogno non è nato consapevolmente dalla Causa.
Pinuccia B.: Quindi il nuovo
bisogno è tale in quanto nasce consapevolmente dalla Causa.
Luigi: Ecco, quando nasce
consapevolmente. Quindi il capovolgimento me lo porta il Cristo in quanto si
presenta come luogo e ad un certo momento mi parla di un altro luogo. Ma se Lui
è luogo, deve essere Lui intermediario: intermediario tra noi e il Padre. Ora
Lui mi presenta adesso addirittura il Padre come luogo, quindi come
intermediario tra noi e il Suo Io. È lì il capovolgimento.
Eligio: Alla conoscenza della
Causa Cristo ci porterà se manteniamo vivo l’interesse per Dio.
Luigi: Questo è fondamentale.
Eligio: Per cui arriviamo e
viviamo in quel luogo dove ci porta il nostro interesse, oppure in quei luoghi
dove ci portano gli interessi.
Luigi: Certamente! Se noi
abbiamo un interesse diverso da Dio, noi veniamo a trovarci in luoghi
sbagliati.
Eligio: E quindi non debbo
pormi io il problema del luogo, ma debbo solo avere come passione predominante
Dio, perché il Maestro ce l’ho.
Luigi: Certo.
Eligio: E allora sarà Cristo
che mi condurrà a quel luogo in cui prenderò consapevolezza dell’Essere di Dio
e quindi anche dell’Essere del Figlio.
Luigi: Sì, infatti se siamo
arrivati attualmente a considerare queste parole che Lui ci sta dicendo: “Dove
Io sono voi non potete venire”, è appunto perché c’è stato un certo interesse
per Dio che ci ha condotto in questo luogo.
Eligio: Ma non è che debba
preoccuparmi di cercare io il luogo dove posso trovare Dio.
Luigi: No! È l’interesse che mi
porta al luogo. Cioè se io ho interesse per Dio, necessariamente mi incontrerò
con Cristo, non posso farne a meno; partissi anche dagli estremi più lontani
dell’universo, io vengo a trovarmi col Cristo, perché questo interesse mi
guida. Ammettiamo se io avessi un pallino qualunque, ad esempio il pallino
delle stelle: ad un certo momento mi vengo a trovare con il più grande
astronomo di questo mondo, perché l’interesse a poco per volta mi fa
selezionare (questo non mi interessa, quell’altro lo scarto, ecc.), fino a che
mi vengo a trovare con quel più grande astronomo di questo mondo, perché il mio
interesse mi guida lì. È l’interesse che ci sospinge e ci seleziona, per cui
noi se abbiamo interesse per l’Assoluto ad un certo momento veniamo
necessariamente a trovarci con il Cristo, perché Cristo è l’unico Essere che
possa soddisfare la nostra fame di assoluto. È l’unico Essere, quindi Cristo è
il luogo in cui si trova l’Assoluto.
Però noi possiamo correre il rischio di ritenere, anche avendo
incontrato il Cristo, la Sua presenza fisica come il luogo dell’Assoluto. Non è
la Sua presenza fisica! È il Suo Io il luogo dell’Assoluto! Non è la presenza
fisica! Lui si presenta con un corpo, perché è necessario per incontrare noi
nei luoghi sbagliati. E noi corriamo il rischio di identificare l’Assoluto con
la Sua presenza fisica, poiché mi parla dell’Assoluto con la Sua presenza
fisica. Allora debbo seguire il Suo parlare, la Sua conversazione e seguendo la
Sua conversazione, adesso Lui mi dice: “no, tu non ti devi fermare alla
presenza fisica, perché io non sono il mio corpo”. Anzi Lui apertamente mi
dirà: “È necessario che io, corpo, me ne vada, altrimenti la Verità non può
venire a voi”.
Eligio: È giusto allora dire
che Cristo è il luogo in cui troviamo l’Assoluto? Relativamente a noi, non
relativamente all’Assoluto in sé, vero?
Luigi: È giusto relativamente
a noi, perché dico: luogo per me; trasferito alle persone, è Colui che parla a
me di ciò che mi interessa. Questo è il luogo! Per cui ogni persona, ogni persona
fisica, quindi ogni presenza creata è un luogo per me... e in quanto è luogo è
oggetto, è campo di interesse. Se io coltivo un certo interesse, mi verrò a
trovare con quell’uomo, mi verrò a trovare con quel maestro… Per cui sono gli
interessi che mi conducono a seguire certi maestri, e se io quindi coltivo
certi interessi, non sono libero! La libertà è nel momento della valutazione,
quindi quando Dio parla e ti presenta i valori. Il dato che Dio ti presenta, te
lo presenta affinché tu cerchi in Lui la valutazione. Se tu lo raccogli in Lui,
allora tu riconosci veramente il vero valore secondo Dio, perché l’hai
riportato in Dio; se invece non lo riporti a Dio, sbagli. Basta che tu non
riporti in Dio. In quanto non riporti a Dio tu immediatamente dai una valutazione
sbagliata perché lo riferisci al tuo io: sarà per sentimento, sarà per qualche
motivo, ma lo riferisci al tuo io.
Questa valutazione sbagliata,
che diventa quindi un interesse sbagliato, necessariamente ti conduce a
trovarti in luoghi sbagliati, cioè in luoghi che ad un certo momento ti
soffocano l’anima, e quindi ti creano un conflitto, lo stress, angoscia….è
finito!
Nino: Quindi Cristo vede un
rischio reale per noi di fermarci alla Sua presenza fisica, nonostante abbiamo
interesse per il Padre, perché se non l’avessimo non Lo seguiremmo.
Luigi: Certo, ma vedi, la
presenza fisica è ancora una valutazione, cioè è non aver riportato questo
dato, questo segno nel Pensiero di Dio. Per cui io mi fermo ad un rapporto
sentimentale, cioè faccio corto circuito…
Perché chi mi conduce a Dio
veramente, non è la Sua presenza fisica (la Sua presenza fisica è soltanto un
trait d’union per entrare in colloquio), ma è la Sua Parola! E la Sua Parola è
una conversazione che mi deve condurre, e fintanto che non mi ha condotto alla
Pentecoste, cioè non mi ha condotto a conoscere il Padre, io corro il rischio
di fermarmi a metà strada.
Non è la Sua presenza fisica
che mi conduce al Padre, è la Sua Parola, cioè la Sua Persona, ma la Sua
Persona non è la presenza fisica.
Nino: Però per noi non si
presenta il problema di superare la presenza fisica, perché noi non Lo vediamo.
Luigi: Guarda che noi ci fermiamo a tutte presenze
fisiche! A presenze sentimentali, che sono poi sempre presenze fisiche.
Nino: Quanta gente parla solo
più di Cristo e dimentica Dio.
Luigi: Sì, e anche se ci
mettiamo magari lì davanti alla Croce a lamentarci, a piangere, oppure ad
invocare che ci aiuti, ecc., è sempre un rapporto sentimentale! Non ci
preoccupiamo di seguire Lui in quello che Lui ci dice, mentre invece è la Sua
Parola che deve condurci. La Sua presenza fisica è soltanto un aggancio per
entrare in dialogo. È come ad esempio Gesù che dice alla Samaritana: “Dammi da
bere”. Il bicchiere d’acqua è un aggancio per entrare nel colloquio, per attrarla
nel Suo argomento, ma poi Lui la condurrà… dove la condurrà? La condurrà ad un
certo momento a sentire il bisogno del Messia, attraverso tutta la Sua
conversazione. Lui parte esprimendo un bisogno: “Dammi da bere!”, poi comincia
la conversazione. Se stiamo attenti, al termine della conversazione la donna
sospira il Messia e dice: “Il Messia quando verrà ci spiegherà ogni cosa” , al
che Gesù dice: “Sono IO che parlo con te”.
Cioè, come la donna sente il desiderio, c’è la presenza. Cristo
attraverso la conversazione ha fatto maturare nell’anima di quella creatura il
desiderio di-, e il desiderio coincide con la presenza. Ecco, è questo il
lavoro che fa Dio con noi. Quindi il bicchiere d’acqua è la Sua presenza
fisica, è Lui che scende unicamente per incontrarci. Se quella donna alla
domanda di Gesù gli avesse dato il bicchiere d’acqua ma non fosse stata in conversazione, non sarebbe arrivata a
maturare quel desiderio del Messia che le avrebbe fatto scoprire il Messia.
Quindi il desiderio è quello che ci fa scoprire la presenza; ma il desiderio si
forma nella misura in cui io mi fermo. Se io mi fermo ad ascoltare Lui, Lui ad
un certo momento mi conduce al desiderio del Padre; ma come mi conduce al
desiderio del Padre, qui adesso è il desiderio che nasce dal Padre, perché io
ho la Causa del mio desiderio. Qui conosco il luogo non più come mezzo che
risponde al mio bisogno, ma conosco il luogo come Causa di-, cioè conosco il
luogo in sé…
Pinuccia B.: Quindi prima della
conoscenza di Dio il bisogno di Assoluto è inconsapevole…
Luigi: No, diciamo così: il
bisogno di Assoluto l’abbiamo tutti: questo è fondamentale in tutti.
L’interesse in noi è una conseguenza di una valutazione: a seconda di quello
che valutiamo noi abbiamo interesse. Soltanto che questo interesse cavalca il
cavallo dell’Assoluto. Cioè, io desidero il denaro? Lo desidero con la passione
dell’assoluto che porto in me e che non posso lasciare. Tutto quello che
desidero, lo desidero con la passione di assoluto. Ora, è proprio questo
desiderio di assoluto che mi porta all’inferno, perché io desidero una creatura
con la passione dell’assoluto; ma quella creatura non può essere l’Assoluto e
mi crea un inferno: il luogo è sbagliato.
Pinuccia B.: Quando questo bisogno
di assoluto prende una forma precisa, nasce un interesse che coincide con la
passione, e allora questo…
Luigi: … mi dà la possibilità
di incontrare Cristo, cioè anziché farmi trovare in luoghi sbagliati, mi dà la
possibilità di trovarmi in un luogo giusto. Cristo è il luogo giusto in cui si trova
l’Assoluto.
Pinuccia B.: Però Lui mi parla di
un altro luogo e dice: “Dove Io sono voi non potete venire”.
Luigi: Di questo “non potete
venire” ne parleremo la prossima volta. Quel “voi”: chi siete voi?
Pinuccia B.: Noi da soli.
Luigi: Ma cos’è questo noi da
soli? Noi chi siamo? Noi siamo questa passione di assoluto. Noi siamo questo
interesse. Noi sostanzialmente cosa siamo? Noi siamo un interesse: ognuno di
noi è conosciuto per l’interesse che porta, ognuno di noi è portatore di interesse.
Tu col tuo io, cioè col tuo interesse, tu non puoi venire dove Io sono:
“Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”, cioè cosa vuol dire
questo? Che soltanto portati dalla Sua Parola, perché Lui è la Parola, Lui è il
Verbo, noi arriveremo al Padre; ma noi con tutta la nostra passione, non Lo
possiamo trovare. Cioè è come dire: tu con tutta la tua fame puoi morire di
fame: “Mi cercherete e non Mi troverete”, cioè tutto il tuo desiderio non crea
l’Essere. L’Essere non è figlio del mio desiderio. Il mio desiderio è figlio
dell’Essere. Questo è quello che dobbiamo scoprire! Però partiamo da “io sono
desiderio” (questo è opera di Dio, il desiderio mi è dato da Dio senza di me,
quindi ho la passione di assoluto, noi siamo desiderio), però ad un certo
momento, noi dobbiamo diventare desiderio di Dio. Adesso noi conosciamo tutte
le cose come figlie del nostro desiderio, in rapporto a questo desiderio; noi
dobbiamo diventare quella cosa; cioè il nostro desiderio deve nascere da Dio.
Pinuccia B.: È questo il nuovo
bisogno di cui ha parlato prima?
Luigi: … questo bisogno nasce
consapevolmente da Dio. Ma è Cristo che mi conduce qui. Cristo parlando ci
conduce, perché “nessuno può salire al Cielo se non Colui che discende dal
Cielo”, quindi Cristo è il Verbo, la Parola che discende dal Cielo fino ad
incontrare noi. Incontrato noi, ci prende, ci conduce, se restiamo con Lui,
fino là dove Lui è disceso, affinché anche noi possiamo discendere; ci conduce
alla Sua Causa; ma è Lui che conduce: io da solo con tutto il mio desiderio non
posso arrivare, perché il mio desiderio non crea l’essere: è l’Essere che crea
il mio desiderio. L’Essere crea il mio desiderio, il mio desiderio non crea
l’Essere. Cioè l’Essere fa sentire a me la fame, ma la mia fame non crea l’esistente.
Rina: È un argomento arduo.
Luigi: Certo, è difficile,
però se dobbiamo fermarci su questo “Dove Io sono”, dobbiamo affrontare
l’argomento “Dove IO sono”, cioè dove il Suo Io
trae l’Essere; perché dice: “Il mio Io non è il mio corpo, il mio Io non
è in quella località che voi vedete, il mio Io è un altro. Quel luogo da cui Io
traggo l’Essere…. Allora mi fa pensare a quel luogo. Me lo propone Lui! Non
siamo noi che diciamo: stasera parliamo di… No, seguendo Lui, ci impegna a
pensare quel luogo da cui il Suo Io trae l’Essere, Dio da Dio, Luce da Luce; e
quindi la Vita viene dalla Vita, la Luce dalla Luce, la Verità viene dalla
Verità, sappi che la Verità si trova solo nella Verità. Allora è logico che se
io non arrivo alla Verità, non ho la Verità; se non la conosco, come faccio a
trovarla? Qual è il luogo in cui posso trovare la Verità?
La Verità si trova solo nella
Verità, la luce viene soltanto dalla Luce. Quindi soltanto Colui che è Luce o
che nasce dalla Luce, quindi solo chi nasce da Dio, può portare a me Dio… “È
nella Luce che vediamo la Luce”.
Pinuccia B.: Il capovolgimento che
ci fa il Cristo consiste che ad un certo momento Lui che è intermediario tra
noi e il Padre ci presenta il Padre come intermediario tra noi e la conoscenza
di ciò che Cristo è?
Luigi: Il concetto di
intermediario è un segno. Perché se lei va a fondo al concetto di
intermediario, ad un certo momento lei scopre la Causa. Cioè il segno del luogo
è causa di-, perché il luogo è ciò da cui una cosa dipende. Faccio l’esempio
dell’albero: la mela si trova sul melo. Il melo è il luogo della mela. Ma
perché è luogo? Perché causa delle mele, quindi è luogo. Ecco, così il Padre
genera il Figlio, è Causa del Figlio, e allora soltanto trovando il Padre io
trovo il Figlio. Ma mi illudo di essere col Figlio fintanto che non ho trovato
il Padre. Soltanto trovando il Padre, trovo il Figlio.
Rina: Credevo che bastasse
semplicemente abbandonarci a Cristo e che Lui operasse tutto.
Luigi: Ecco, vede la fase corporea,
sentimentale? La vede? Lei dice che non ci fermiamo alla presenza fisica;
invece noi ci fermiamo, perché incontrare il Cristo e seguire il Cristo, vuol
dire seguire Lui in tutto quello che Lui dice, e seguirLo vuol dire assimilare,
mangiare. Noi non possiamo restare con Lui se noi non mangiamo Lui! Mangiamo
Lui, cosa? Cosa mangiamo, se Lui è il Verbo che parla? Io debbo mangiare quello
che Lui mi dice, debbo assimilarlo. Assimilandolo, ecco, allora mi conduce a
vedere. Ma noi generalmente ci fermiamo alla fase sentimentale. Siccome noi
abbiamo altri interessi, il più delle volte siamo giocati da questi interessi,
e diciamo: “io mi affido a Lui, faccia Lui” e non mi importa magari di sapere
quello che Lui dice; intanto però mi sottraggo, non mi impegno più con Lui.
Eligio: Perché confondiamo il
Suo Io che è Persona Divina, con la Sua presenza fisica, che a noi fa molto
comodo.
Luigi: E già! E diciamo: “io
mi affido a Lui, ci pensi Lui”, e intanto però io faccio quello che piace a me.
Eh, no! Lui vuole che io mi impegni con Lui.
Eligio: E Lui è tale per il
suo Io e non per la Sua presenza fisica.
Luigi: Per il Suo Io! E il
Suo Io non è la Sua presenza fisica; per cui facciamo magari tanti sentimenti
intorno al Cristo, magari piangiamo sul Crocifisso, ecc.; ma è tutto
sentimento! E Lui ci dice: “Mi dite Maestro, e poi perché non ascoltate?”
Rina: Pensavo alla
preghiera: “Tu che sai, Tu che vedi, provvedi”, quindi se mi abbandono a Lui,
Lui provvede a me, mi conduce dove Lui vuole.
Luigi: Ma Lui mi conduce in
quanto mi parla! E se mi parla vuole che io ascolti e cerchi di capire quello
che Lui mi dice.
Pinuccia B.: Quindi il vero
abbandono è impegnarci su ciò che ci dice e far conto su di Lui.
Eligio: Però succede che
quando la Sua Provvidenza ci fa soffrire e ci crea contrasti, siamo meno
abbandonati.
Luigi: Siamo sempre a quella
fase sentimentale, per cui io desidero la caramella, il Signore mi manda la
caramella e io dico: “Signore, come sei buono!” e mentre dico: “Signore, come
sei buono!”, io mi consolo e dico: io credo in Dio e sono felice di poter dire
a Dio che è buono; ma non mi accorgo che questo dire: “Signore, come sei
buono!” è soltanto conseguenza del fatto che Lui mi ha mandato la caramella, e
la caramella risponde ad un mio desiderio. Non sono io che rispondo ad un Suo
desiderio; è Lui che si è concesso al mio desiderio e naturalmente
concedendosi, gli diciamo che è buono. Noi diciamo “buona” una persona, in
quanto essa si concede ai nostri desideri; quindi rispondendo ai nostri
desideri le diciamo: “come sei buona! Hai risposto ai miei desideri!”, ma
questo è una proiezione del mio io! È l’io appagato! E se il giorno dopo Lui la
caramella non me la dà più, io non mi sento più di pregare, io non mi sento più
di dire che Lui è buono. Vede che era tutta una proiezione del mio io? Quindi
non ero entrato in quello che è la Verità.
Eligio: Quindi la preghiera di
abbandono è vera solo se mi impegna col Suo Io, col Suo Pensiero.
Luigi: Capisci cosa vuol dire
seguire una persona? Seguire una persona vuol dire interessarsi di tutto quello
che quella persona mi sta dicendo.
Rina: Vuol dire dimenticare
la propria persona.
Luigi: Certo, per seguire
l’altro, cioè vuol dire interessarsi degli argomenti di cui Lui mi parla e
seguirLo fino ad arrivare a capire ciò di cui mi parla. Perché una persona è un
Infinito che si riversa in me, e io mi debbo svuotare di tutto per riempirmi di
esso.
Pensieri conclusivi:
Cina: Lasciarmi condurre.
Rina: Impegnarmi a trovare
quel luogo in cui trovo ciò che mi aiuta per la mia vita essenziale, oggi, non
domani.
Luigi: Però per trovare quel
luogo dobbiamo aver messo il valore, Dio, al di sopra di tutto. Se non metto il
valore Dio al disopra di tutti gli altri valori, io non posso scoprirlo, perché
sono giocato da altri valori. Ma indubbiamente se c’è questo desiderio, vuol
dire che c’è già stata una valutazione, non fosse altro che attraverso le
lezioni della vita. Attraverso il processo della vita c’è tutta una selezione
provocata da Dio, per cui tante cose scadono, e ad un certo momento si
evidenzia, viene tra le nubi Lui.
Giovanna: Avere pazienza di
restare nelle Sue Parole anche quando uno non capisce.
Luigi: Certo: “con la
pazienza giungerete a possedere le vostre anime”, cioè giungerete a capire. L’anima la si
possiede in quanto si capisce. Con la pazienza… Ci vuole quella pazienza che è
il terreno buono. Guai se uno dicesse: “Qui tarda a venire…” cioè “la Luce
tarda a venire ed io mi diverto…” è finito! Ci vuole quella pazienza: i tempi
dell’attesa sono suoi. Lui sa, se ci fa aspettare è perché è necessario che in
noi attraverso l’attesa l’anima si perfezioni e si purifichi.
Zina: Cristo è un luogo tra
tanti altri luoghi che ci sono dati.
Luigi: Certo, Cristo è un
luogo che ci viene dato. Per scoprirlo però come luogo, debbo avere un certo
interesse, perché fintanto che non ho questo interesse, io non lo scopro come
luogo, pur essendo tra tutti i luoghi.
Zina: A Lui però dobbiamo
rivolgerci se vogliamo giungere al Padre.
Luigi: Certo, a Lui dobbiamo
rivolgerci perché è intermediario al Padre.
Nino: Ci fa vedere come Lui
e il Padre sono una cosa sola. Accogliamo per fede il Cristo nella Sua presenza
fisica come inviato dal Padre. Lui diventa il nostro unico sostegno per poter
raggiungere il Padre, perché è intermediario al Padre; ma poi ad un certo punto
il Padre stesso diventa intermediario al Figlio.
Luigi: Padre glorifica Tuo
Figlio, perché Tuo Figlio glorifichi Te.
Eligio: Corriamo il rischio di
fermarci al Cristo-segno.
Luigi: Sì, c’è il rischio di
fermarci ad un rapporto sentimentale.
Eligio: Perché Cristo come
segno non è diverso da tutti gli altri segni.
Luigi: È lo stesso rischio
che corriamo con tutti gli altri segni: ogni segno se non collegato con Dio mi
arresta ad una fase sentimentale.
Eligio: Se non passiamo all’Io
Divino di Cristo ci giochiamo l’esistenza, credendo di rendere gloria a Dio.
Luigi: Certamente!
M.cia: Chiedo al Signore che
mi aumenti l’interesse.
Luigi: L’interesse è
conseguenza di valutazione dei valori.
Pinuccia B.: Dicendoci: “Dove Io
sono voi non potete venire”, ci dice: “Non mi conoscete ancora”.
Luigi: Certo, è logico, e lo
dirà all’ultimo ancora agli stessi Apostoli: “Finora non mi avete conosciuto”.
Pinuccia B.: Viene da chiedergli:
“Ma dove sei, se non sei dov’è la Tua presenza fisica?”
Luigi: La Sua presenza fisica
non è Lui. E poi vediamo come la Sua presenza fisica giochi tutto: “Costui è
figlio di Giuseppe: Costui viene da Nazareth”, mentre Lui è nato a Betlemme,
non è figlio di Giuseppe.
Pinuccia B.: Però dicendoci questo
suscita l’interesse: dove sei’
Luigi: È la Parola che ce lo
suscita. Se io mi fermo alla presenza fisica, resto ingannato; perché dico:
questi è da Nazareth: cosa c’è di buono da Nazareth? Ma se ascolto la Parola,
la Parola invece mi suscita interesse.
Pinuccia B.: E allora incomincia a
interessarci quel “dove”, perché se mi interessa la Sua Persona, mi interessa
cercare quel “dove” Lui è.
Luigi: D’altronde è Lui che
me lo propone; in quanto Lui mi parla me lo propone. È difficile, lo so, ma Lui
me lo propone. Mi propone il luogo in cui Lui è, quindi vuol dire che “Io non
sono qui”. E allora, dove sei? “Io sono in quel luogo da cui traggo l’Essere,
da cui il mio Io trae l’Essere”.
Appendice (dagli appunti):
È molto importante tener
presente il luogo, l’indirizzo. Infatti Gesù ci dice: “Vado a prepararvi un
luogo, affinché dove sono Io siate anche voi e possiate vedere la Mia gloria”.
Il luogo quindi è condizionante
la visione. La visione dipende dal luogo.
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Dalla Causa conosciuta
nasce un nuovo bisogno, cioè il “mio” bisogno di Assoluto. Prima non conoscevo
la Causa di questo bisogno di Assoluto, se non per sentito dire; ma ora ho in
me la ragione di questo bisogno. Conoscendo la Causa, conosciamo ciò che siamo,
perché conosciamo la Causa della nostra esistenza: ed è lì che si forma
l’unione con Dio, eterna. E quindi conosciamo pure la Causa del nostro bisogno
di Assoluto, che diventa “mio” bisogno. È un bisogno nuovo, perché so da dove
nasce, perché conoscendo Dio conosco quello che nasce da Dio. Questo bisogno è
vecchio ed è nuovo: è quello di prima e non più quello di prima. Quello di
prima è confuso, imprecisato: infatti noi siamo giocati dall’interesse che
cavalca questo nostro bisogno imprecisato di assoluto e lo conduce dove vuole:
ma ovunque il nostro interesse si dirige, sempre va con questo “cavallo”, con
questo bisogno di assoluto. Infatti l’interesse si sposa sempre con la passione
di assoluto, per cui ciò che vogliamo, vogliamo che sia assoluto. Se
l’interesse coincide con il bisogno di Assoluto, con Dio, per fede, troviamo il
Cristo, il luogo: con Lui ho la possibilità di scartare tutto ciò in cui
l’Assoluto non c’è, e quindi il Cristo mi porta a trovare l’Assoluto, il luogo
dove Lui è: qui l’interesse e il bisogno dell’Assoluto coincidono
consapevolmente, cioè per deduzione dalla Causa, per conoscenza della Causa,
del Padre, per conoscenza di ciò che il luogo è in sé. Quindi qui il luogo non
è più una risposta al mio bisogno, ma vedo il luogo come Causa del mio bisogno,
del mio interesse.
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Conoscendo la Causa si
conosce il Figlio e tutti i prodotti e quindi ho la possibilità di rimanere
nella Causa in tutto. Non possiamo restare col Padre se non restiamo col Figlio
(mi illudo di essere nella Causa se non conosco i suoi prodotti), ma la
conoscenza dei prodotti non è una verifica se sono con la Causa, perché la
verifica è Dio stesso. Conoscendo la Causa, posso conoscere gli effetti, per
cui questi non mi portano via alla Causa.
-