I farisei
intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi
sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. Gv 7 Vs 32 Primo tema.
Titolo: La fede vera è credere in Cristo per le parole che dice.
Argomenti: Le tre offese a Dio –
Parole e miracoli – La dedizione a Dio – Il fine dell’opera di Dio è la
rivelazione della Verità – La formazione della capacità di portare la Verità di
Dio – L’anticipo e la realtà – L’errore di delegare ad altri il problema Dio –
L’attesa degli eventi – L’ora di Dio – Generate la presenza di Dio nelle cose –
L’oppio del popolo – L’insonnia – L’autorità – La Verità abita in noi – Il sale
della terra – Le ferite d’amore -
12/ Dicembre /1982
Di fronte alle parole del Cristo, noi ci
troviamo con tre categorie di uomini.
E ognuna di queste tre categorie, ha un
significato per la nostra vita essenziale.
Perché tutto quello che ci viene presentato
nel Vangelo è lezione di Dio, per la nostra vita essenziale.
Queste tre categorie di uomini che ci vengono
presentate davanti al parlare del Cristo sono queste:
Uomini che cercano di impadronirsi di Lui e
costatano la loro impotenza.
La seconda sono uomini che credono in Lui per
i miracoli che fa, ma a loro poco interessa sapere chi Egli sia.
E poi uomini che mandano altri ad impadronirsi
di Lui.
Abbiamo le tre offese alla Parola di Dio.
Le tre ferite all’amore.
Abbiamo visto le prime due categorie.
Qui di fronte a questi capi dei sacerdoti che
mandano altri ad impadronirsi di Lui, dobbiamo chiederci quale lezione, quale
significato c’è in questo per la nostra vita spirituale, per la nostra vita
essenziale.
Cioè per i nostri rapporti con Dio.
E per approfondire il significato di uomini
che mandano altri ad impadronirsi di Gesù, teniamo presente la differenza tra i
miracoli e le Parole di Dio che abbiamo visto domenica scorsa.
Le Parole di Dio ci presentano cose di Dio e
quindi cose superiori a noi, cose del cielo, per cui impegniamo la nostra
anima, la nostra intelligenza in cose che ancora non vediamo e non capiamo.
Le Parole di Dio richiedono dedizione
all’uomo.
Invece i miracoli sono dedizione alle
richieste dell’uomo, ai bisogni dell’uomo.
Quindi le Parole di Dio sono proposte all’uomo
di dedizione a Dio, mentre i miracoli, sono dedizione di Dio alle proposte dell’uomo.
Quindi abbiamo due linee di operazione da
parte di Dio verso l’uomo.
Ma dobbiamo anche intendere il significato di
queste due linee di operazione.
I miracoli, sono i segni che Dio fa all’uomo, come dedizione di
Sé ai bisogni dell’uomo.
Facciamo sempre l’esempio della caramella, per
uno che desideri la caramella, il miracolo sta in Dio che gli fa arrivare una
caramella o un sacco di caramelle.
Questa è dedizione di Dio alle richieste
dell’uomo.
Ma quale è lo scopo di questa dedizione, di
questa sottomissione di Dio alla volontà, ai desideri, alle preghiere
dell’uomo?
Lo scopo della sottomissione di Dio agli
uomini, è quello di suscitare in loro, l’apertura all’amore.
Guai a colui che ricevesse tanti miracoli da
Dio, tanti segni di Dio e non si aprisse ad amare.
L’amore è essenzialmente dedizione all’altro.
Dedizione alla vita dell’altro, dedizione al
pensiero dell’altro.
Se la Parola di Dio giunge a noi per proporci
la dedizione nostra agli argomenti di Dio e se i miracoli che Dio fa, se le
dedizioni di Dio a noi, hanno lo scopo di suscitare in noi amore cioè dedizione
a Dio, noi vediamo che lo scopo di tutto l’operare di Dio è unico.
Lo scopo è quello di formare in noi questa
apertura, questa dedizione a Lui.
Ma questa dedizione a Dio, ha uno scopo ben
preciso.
Tutta l’opera di Dio, tutta la creazione di
Dio ha come meta Dio stesso: la manifestazione della sua Verità.
Arriverà certamente il giorno in cui la sua
Verità sarà manifesta in tutto e a tutti.
Il tempo va verso la manifestazione della
Gloria di Dio.
Dio è Colui che regna in tutto.
Il tempo va verso un fine.
La creazione va verso un fine.
La nostra vita va verso un fine.
Il fine è Dio stesso.
Dio opera per Sé.
Dio opera per far conoscere Se stesso.
La meta di tutto è Lui.
E la nostra vita – dice San Paolo – è in Dio.
Generalmente però, di fronte a questa
finalizzazione, la risposta dell’uomo è questa: “Se tutto va verso la
manifestazione della Verità, aspettiamo che arrivi, quando sarà il momento
della rivelazione di Dio, vedremo il suo Volto”.
E generalmente facciamo coincidere la
rivelazione di Dio con la nostra morte.
Ed è un errore grande.
È un errore grande perché?
Perché mentre aspettiamo gli eventi, il
passare del tempo, perché tutto ci conduce là, e se c’è Dio, se c’è la vita
eterna lo vedremo, nel frattempo noi ci occupiamo delle cose della terra.
E spendiamo tutta la nostra vita nelle cose
della terra.
È un errore grande perché?
Perché facendo così, noi perdiamo il treno.
Cioè noi perdiamo l’occasione, per formare in
noi la capacità di portare la Verità di Dio.
Perché quando la gloria di Dio si manifesterà
apertamente come realtà in tutto il nostro mondo, non è detto che noi saremo in
grado di portarla.
Allora il problema è questo, in cosa consiste
la formazione della capacità di portare la Verità di Dio?
Poiché la Verità di Dio s’imporrà su tutto e
su tutti.
Non tutti e non nello stesso grado la potranno
sopportare.
Gesù stesso dice: “Ho tante cose da dirvi ma
per ora non le potete portare”.
L’uomo è condizionato da questa capacità di
portare.
Che cosa è che forma in noi la capacità di
portare la Verità?
La formazione in noi della capacità di portare
la Verità di Dio, avviene in quell’anticipo di quella gloria di Dio che ancora
non si vede.
Nella misura in cui noi anticipiamo.
L’anticipo è un problema d’amore.
Perché quando si ama, ci si dedica all’essere
amato e dedicandosi all’essere amato, si anticipa la conoscenza di Lui, si
anticipa la vita con Lui e quindi s’interiorizza in noi.
Ora, è questa interiorizzazione in noi della
presenza di Colui che ancora non è presente, che forma in noi la capacità di
portare e la capacità di accordo, con Colui che si renderà presente.
Per questo il Signore dice: “Vegliate”.
Anzi in un altro luogo dice: “Vi dico queste
cose prima che avvengano, affinché siate fatti capaci di scampare a queste
prove”.
Ecco, quindi abbiamo un parlare di Dio che
avviene in anticipo e abbiamo una realtà verso la quale andiamo incontro e che
si rivelerà davanti ai nostri occhi.
Nella misura in cui noi l’avremo anticipata,
quindi l’avremo conosciuta, noi saremo in grado di portarla.
Ma cosa è questo parlare di Dio in anticipo?
Questo parlare di Dio in anticipo è la nostra
terra, è il nostro mondo.
Dio creando l’universo ha fatto il cielo e la
terra.
Il cielo è il luogo in cui tutto è già secondo
la Volontà di Dio.
In cui la Sua Presenza brilla in tutto, in cui
è conosciuta e in cui è vista.
La terra invece è il luogo, in cui le cose non
sono viste nella gloria di Dio, in cui la presenza di Dio non è palese.
Perché?
Perché le cose sono in relazione al nostro io.
Quindi la terra è tutta creazione, tutto
miracolo di Dio.
È concessione di Dio al nostro io.
Il cielo invece è il luogo in cui la presenza
di Dio splende in tutto.
Però su questa terra, già arriva a noi la
Parola di Dio che ci parla del cielo.
E che ci annuncia i suoi argomenti e che ci
annuncia la sua presenza.
E dice anche a noi, che questa terra su cui
noi ci troviamo, non è terra nostra.
Per cui non possiamo fare tutto quello che noi
vogliamo.
Ma in questa terra con la sua Parola, Lui ci
annuncia che le cose sono opera sua.
Per cui con la Sua Parola, Lui c’invita a
scoprire, a vedere la sua Presenza, prima che questa si manifesti in modo
reale.
Praticamente ci invita a far scendere il cielo
sulla nostra terra, o meglio a trasformare la nostra terra in cielo, nella
presenza di Dio.
E nella misura in cui noi ascoltiamo le sue
Parole e ci dedichiamo alle sue Parole (Lui ci parla della sua Presenza in
tutto), noi anticipiamo il tempo della sua venuta.
E nella misura in cui noi anticipiamo questo
tempo, noi siamo fatti capaci di portare la rivelazione della sua Presenza e
della sua Gloria.
E quindi di restare in piedi alla sua
Presenza, quando questa si manifesterà e si affermerà in tutto.
Questa è la premessa, per capire il
significato, di questa ferita, di questa offesa, di questi uomini che mandano
altri, ad impossessarsi del Cristo.
Mandano altri.
Dobbiamo chiederci quando è che nella nostra
vita, noi mandiamo altri, ad impossessarsi di Cristo.
Se tutto è Parola di Dio per impegnare noi a
conoscere il suo cielo, a conoscere la sua presenza, prima che questa si renda
chiara e manifesta.
E teniamo conto che l’unico modo per vedere la
sua Presenza, quando questa non è ancora presente agli occhi nostri, è il
pensiero.
Perché ogni altra nostra facoltà, è
condizionata dall’ambiente in cui ci troviamo: sentimenti, cuore, volontà
eccetera.
L’unico modo per scavalcare, per superare la
nostra terra, è la possibilità di pensare a Dio.
E il pensare è un fatto essenzialmente
personale.
Non è che quello che pensi l’altro, possa
giovare a noi.
Questo anticipo del pensiero, è l’elemento che
forma in noi la capacità di portare la presenza di Dio.
La dedizione del pensiero è un fatto
essenzialmente personale.
Se non pensiamo a Dio, non c’è nessuno che
possa pensare a Dio per noi.
Quindi evidentemente la capacità di portare la
presenza di Dio, la Verità di Dio è un fatto essenzialmente personale.
E se è un fatto essenzialmente personale,
allora qui noi scopriamo l’errore di delegare e di mandare altri a cercare Dio.
Quando è che noi mandiamo altri?
È quando di fronte alla Parola di Dio che
impegna noi a dedicarci a Dio, sospendiamo il nostro giudizio, la nostra
valutazione e l’affidiamo a quello che ne dicono gli altri.
Aspettiamo quello che ne dicono gli altri.
In questo caso, noi mandiamo altri a cercare
Dio.
Affidiamo ad altri il problema di Dio.
Oppure quando noi aspettiamo gli eventi: “Dirà
il tempo se questa parola è valida o non è valida”.
E quindi noi affidiamo l’evento, la Verità
della Parola di Dio a quello che succederà in futuro e non ci accorgiamo del
tradimento che facciamo a noi stessi.
Perché affidandoci al tempo, quando la Verità
di Dio si farà chiara e manifesta, noi ci troveremo nella incapacità di
sopportarla.
Perché non l’abbiamo saputa valutare, quando
essa si è annunciata a noi.
Bisogna arrivare in anticipo.
E si arriva in anticipo, soltanto
personalmente.
Aspettare che siano altri a decidere per noi
l’importanza o meno della Parola o aspettare gli eventi per valutare la
validità o meno della Parola di Dio che si annuncia a noi, sono errori
gravissimi nei riguardi della Verità.
Poiché ci priviamo della possibilità di
formare in noi la capacità di portare la presenza di Dio, della Verità in noi.
Questa capacità che Dio offre a noi, parlando
a noi prima che la sua Verità, sia chiara e manifesta.
Ora, proprio perché parla a noi prima che la
sua Verità sia chiara e manifesta, offre a noi la sua Verità alla nostra
valutazione.
“Quale prezzo, quale posto tu mi vuoi dare?”.
Arriverà il giorno in cui Lui, il posto suo
Lui lo occuperà, il prezzo, Lui lo rivelerà.
Ma è proprio in questo anticipo d’amore, in
questo dare noi il posto che spetta a Dio, prima che il fatto avvenga, che in
noi si forma questa capacità.
I farisei
intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui
e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. Gv 7 Vs 32 Secondo tema.
Titolo: Chiamati ad un lavoro personale con Dio.
Argomenti: L’annuncio e la
realtà di Dio – L’interiorizzazione – Il regno di Dio in terra – L’offesa
all’amore – Vegliare – Terra e cielo – La passione d’assoluto deforma ciò che
guardo – Generare il Pensiero di Dio in tutto – La Luce viene dal Padre e dal
raccoglimento – Il desiderio di conoscere – Lo stoicismo – La possibilità di
pensare Dio -
13/ Dicembre /1982
Gesù disse: «Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui
che mi ha mandato. Gv 7 Vs 33 Primo tema.
Titolo: La sua presenza nel mondo è provvisoria.
Argomenti: L’essere con noi di Cristo è provvisorio nella creatura –
Non reciprocità di presenza – Cristo presente in ciò che noi abbiamo presente –
Il movimento delle acque – La creatura può dare solo quello che riceve –
Generare la presenza di Dio – Rivestire Cristo della nostra intenzione –
Fecondità e sterilità – Perdere la presenza di Cristo – Lo svuotamento delle
Parole di Cristo – Il rinvio è una scelta -
19/ Dicembre /1982
Gesù disse queste parole a gente che
trovava il modo di non impegnarsi personalmente a conoscere Lui.
Ma in un modo o nell’altro, credevano in
Lui, o per i suoi doni, o per i suoi miracoli, o perché scaricavano su altri
l’impegno a cercarlo o forse anche perché si affidavano a quello che avrebbe
detto il tempo.
Comunque questo Gesù lo disse e lo dice
soprattutto a delle anime che non s’impegnano e non sono interessate
personalmente a conoscere Lui.
Lui dice: “Sono ancora con voi per poco
tempo”.
Abbiamo due argomenti.
Questo suo “essere con voi”, cioè essere
con noi.
E il poco tempo.
Evidentemente, in quanto lo dice a delle
persone che trascurano d’impegnarsi con Lui, queste parole “per poco tempo”,
sono un avviso, un ammonimento, quasi a dire che l’occasione sta passando.
Cioè qui Gesù parla di una temporaneità, di
una provvisorietà di presenza che se ne va.
L’essere con noi del Cristo è un fatto
provvisorio.
E perché mette davanti a loro questa
provvisorietà?
Proprio per ammonirli circa il loro rinvio
dell’impegno con Lui.
Quasi dicesse che se non ne approfittate
oggi, domani sarà troppo tardi: “Non mi troverete più”.
E questo concetto di provvisorietà, lo
ritroviamo spesso nel Vangelo.
“Fintanto che sono nel mondo, Io sono Luce
per il mondo” e dicendo questo fa pensare che arrivi un momento in cui Lui non
sia più nel mondo.
In un altro passo dice: “Ancora per poco Io
sono con voi, camminate fintanto che avete la Luce, affinché le tenebre non vi
sorprendano”.
Lui è la Luce, fintanto che è nel mondo.
Se però gli uomini non camminano in questa
Luce, restano sorpresi dalle tenebre.
In tutto questo Lui ci annuncia che la sua
presenza nel mondo è provvisoria.
E se noi non approfittiamo di questa, noi
abbiamo perso l’occasione, abbiamo perso la grazia.
Verrà il giorno in cui noi lo cercheremo,
verrà il giorno in cui ne sentiremo il bisogno, però non potremo trovarlo.
Sant’Agostino dice: “Temo il Dio che
passa”.
Questo Dio che viene a noi, bussa alla
nostra porta e se ne va.
“Vegliate perché non sapete in quale ora
siete visitati”.
Se Gesù non trova l’anima disponibile,
l’anima ha perso l’occasione.
L’occasione di che cosa?
Ecco è questo che bisogna approfondire.
Quale sia il significato di questo
ammonimento.
Soprattutto quale sia il significato di
essere con noi provvisoriamente.
In un altro passo Gesù assicura che Lui
sarà con i suoi apostoli fino alla fine del mondo.
Sembra una contraddizione.
Le sue sono Parole eterne, quindi valide
per tutti.
In certe parole Lui dice che sarà con noi
fino alla fine del mondo e in altre parole dice che è con noi solo per poco
tempo.
Quale è il significato di questa
provvisorietà di presenza del Cristo tra noi?
Per capire il significato di questo “poco
tempo” dobbiamo approfondire questo “essere con voi”.
Questa presenza di Dio con noi.
Non possiamo attribuire questo a Dio,
perché evidentemente Dio è sempre con noi.
Non c’è luogo dove Dio non sia presente.
Tutto è opera sua.
Tutto è creazione sua e Dio è presente in
tutto.
E allora qui bisogna distinguere tra
presenza e presenza.
Cioè noi abbiamo la presenza di uno, senza
che quell’uno sia presente.
Nel campo dello spirito, così come per la
vicinanza, anche nei rapporti di presenza non c’è reciprocità.
Non si può invertire.
Se Dio è presente a noi, non è detto che
noi siamo presenti a Lui.
Se Dio è vicino a noi, non è detto che noi
siamo vicini a Lui.
Ora, dal momento che Dio è sempre presente,
questo non si applica a questa frase di Gesù.
Perché il “sempre presente” di Dio
contraddirebbe questa presenza provvisoria di Dio.
C’è un altra presenza, ed è la presenza ad
uno con la consapovelezza di quest’uno.
Cioè noi abbiamo un essere che è presente
ad un altro e l’altro che è presente a questo essere.
Anche questa reciprocità di presenza, non
può coincidere con ciò di cui parla Gesù.
Poiché in questa reciprocità di presenza,
la creatura è salva, la creatura conosce, la creatura vive.
Qui abbiamo il paradiso, abbiamo la vita
eterna.
Allora ci deve essere ancora un altra
presenza.
Cioè la presenza a ciò che l’altro ha
presente.
Ed è il caso del Cristo.
Cioè Cristo è Dio che si rende presente
all’uomo.
Ma cosa vuole dire rendersi presente
all’uomo.
Si rende presente in ciò che l’uomo ha
presente.
È il movimento dell’acqua della piscina
acrobatica.
Di tanto in tanto, l’angelo scende ad
agitare le acque.
E rivela la presenza.
E così è il Dio tra noi.
Cioè Dio è sempre presente con noi, però
noi non avvertiamo questa presenza.
Avvertire questa presenza, conoscere questa
presenza di Dio in tutto è salvezza.
Però cosa si richiede per entrare nella
consapevolezza di questa presenza?
Colui che è presente a noi senza di noi,
non ci rende partecipi della sua presenza senza di noi.
Il problema è tutto lì.
Allora per aprirci a questa presenza che
richiede la dedizione da parte nostra, ecco che Dio si rende presente in ciò
che noi abbiamo presente.
Noi non abbiamo presente Dio.
Noi naturalmente abbiamo presente altro.
Noi naturalmente abbiamo presente il mondo,
abbiamo presente le creature.
Cioè, abbiamo presente ciò che è relativo
al nostro io.
Ed è in questo mondo, il mondo del nostro
io che Dio si rende presente.
Ma si rende presente come?
Come per il movimento delle acque.
E proprio perché è movimento delle acque è
transitorio.
Poiché questa è concessione.
Non è un rapporto di verità.
Questa è concessione di Dio alla creatura.
Cioè è Dio che si sottomette alla creatura,
per rendersi presente alla creatura.
Ma non per restare con la creatura.
Questo è importante.
Dio entra nel mondo, nel nostro mondo, ma
non per condividere le nostre passioni nel mondo.
Non per restare con noi.
Ma per portare noi alla sua presenza.
Cioè è Dio che si concede, per rivelare il
suo amore, in modo da dare alla creatura la capacità di amare.
Poiché la creatura essendo creatura, da
sola, non è in grado di amare.
Essa ama solo nella misura in cui riceve
amore.
È creatura e la creatura ha solo quello che
riceve.
Dio è la sorgente di tutto.
La creatura non può essere più di Dio o non
può essere come Dio.
La creatura può soltanto amare, nella
misura in cui riceve amore.
Abbiamo l’iniziativa da parte di Dio, la
sorgente dell’amore.
Ed è questa iniziativa di Dio, che rende la
creatura capace di amare.
Ma qui scopriamo una grande cosa, se la
creatura è capace di amare solo nella misura in cui riceve amore e riceve in
quanto ha presente, la creatura è salvata dalla presenza.
Cioè diciamo che quello che rende feconda
la creatura è la presenza dell’essere.
Rende feconda cosa significa?
Rende la creatura capace di fare quello che
riceve.
E se riceve presenza, rende la creatura
capace di generare la presenza di Dio.
Dove?
Là dove la creatura non vede Dio.
La creatura, naturalmente non vede Dio,
vede le creature, vede il suo mondo.
Però visitata dalla presenza di Dio, riceve
la fecondità, cioè riceve la capacità di generare la presenza di Dio, in tutto
ciò in cui essa non vede la presenza di Dio.
Non è che Dio non ci sia.
Dio è presente in tutto.
La creatura però non lo vede.
Perché per vederlo deve essere
consapevolmente partecipe.
Ma per essere consapevolmente partecipe,
deve generare la presenza di Dio in tutte le cose che si riferiscono al suo
mondo, al suo io.
Cristo viene per fecondare questa terra,
per fecondare la creatura, per renderla capace di generare la presenza di Dio
nelle cose.
Proprio in quanto la Parola di Dio si rende
presente nel mondo della creatura, per dare alla creatura questa capacità,
questa possibilità, questa grazia, si presenta come segno.
E in quanto segno, quindi come proposta,
offerta da parte di Dio, può essere rivestita dell’intenzione della creatura
anziché dell’intenzione del Creatore.
Né la creatura può restare indifferente di
fronte ai segni di Dio, di fronte a Cristo.
Perché Cristo è Uno che interpella e
propone.
E di fronte a chi ci propone, noi non
possiamo restare indifferenti.
Cioè non possiamo restare innocenti come
prima.
Ci qualifichiamo in un modo o nell’altro.
Ma proprio in quanto ci qualifichiamo, noi
rivestiamo la proposta di Dio di una intenzione.
Se noi siamo aperti al Padre, attratti dal
Padre, noi rivestiamo dell’Intenzione del Padre quello che giunge a noi.
E allora siamo fatti capaci di scoprire la
presenza di Dio nelle cose.
Ma in un modo o nell’altro noi diamo una
risposta.
E quindi rivestiamo di una intenzione.
E se rivestiamo di una intenzione diversa
dall’Intenzione di Dio, noi perdiamo la presenza di Dio.
Questa presenza di Dio tra noi, non è la
presenza di Dio senza di noi.
È la presenza di Dio nel nostro mondo.
Quindi il cambiamento non avviene mica in
Dio, non è Dio che se ne viene e se ne va.
Dio è sempre presente.
Quindi questo “poco tempo” è nella
creatura, è in noi, è nell’uomo.
Non è in Dio, Dio non è soggetto al tempo.
Cioè è la creatura che di fronte alla
proposta di Dio, entra alla presenza di Dio o perde la presenza di Dio, di
Cristo.
Abbiamo detto che ciò che rende feconda la creatura
è la presenza e quindi perdendo la presenza del Cristo, la creatura diventa
sterile.
La creatura perde la possibilità di
generare la presenza di Dio nelle cose.
E diventando sterile, cade in balia di
tutto il mondo esterno, di tutti gli avvenimenti, di tutti i fatti.
Perché è solo la presenza di Dio che libera
la creatura.
La creatura che vede la presenza di Dio,
resta libera da tutte le cose, perché tutto riveste dell’intenzione di Dio e ha
la possibilità di generare la presenza di Dio.
Ma la creatura che non vede la presenza di
Dio e non ha la possibilità di generare la presenza di Dio, resta in balia di
tutti i fatti e di tutte le parole che si dicono nel mondo e non può
liberarsene, pur costatandone la sterilità.
Pur costatando la vanità, l’inutilità del
suo vivere e del suo pensare, la creatura non può fare a meno di servire tutto
ciò che le si presenta.
La creatura resta bruciata da tutto ciò che
tocca.
Per questo qui il Signore dice: “Sono con
voi ancora per poco tempo”.
Gesù disse: «Per poco tempo ancora
rimango con voi, poi vado da colui che
mi ha mandato. Gv 7 Vs 33 Secondo
tema.
Titolo: “Poco tempo” occasione che sta passando.
Argomenti: Le pecore smarrite –
Appartenenza a Dio – L’illusione di credere in Dio – Il ricco epulone
–Provvisorietà di presenza – Non rinviare l’impegno con Dio – La presenta in
ciò che abbiamo presente – La volontà contraria –Rivestire i segni di una
intenzione – La presenza fisica di Cristo – Il Natale -
20/ Dicembre /1982
Gesù disse:
«Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha
mandato. Gv 7 Vs 33 Terzo tema.
Titolo: Le tre Presenze.
Argomenti: Tutto viene a noi da
Dio e tutto va verso Dio – La realtà è Dio che sta parlando con noi – Il
ritorno di Cristo al Padre – In Dio non ci sono mutamenti – La passione
d’infinito – La presenza di Dio che feconda l’uomo – Scoprire Dio Creatore per
negatività – Il ritorno di Cristo al Padre – Smarrire Gesù – Il luogo di Dio –
Il desiderio specifico di Dio – Dio sottomesso all’uomo – La vita apparente – L’ascolto
-
26/ Dicembre /1982
Oggi ci fermiamo sulla seconda parte del
versetto: “Me ne torno da Colui che mi ha mandato”.
Gesù dopo aver ammonito questi uomini poco
attenti alle sue Parole, adesso dà la ragione del motivo per cui c’è questo
poco tempo.
Dice: “Me ne torno a Colui che mi ha
mandato”.
Teniamo presente che essendo Gesù il Verbo
di Dio, il Pensiero di Dio, è La conclusione di tutta l’opera di Dio.
Ed essendo conclusione è anche rivelazione
dell’anima di tutta l’opera di Dio.
Qui dicendoci che torna a Colui che lo ha
mandato, ci rivela che viene da Dio e che fa ritorno a Dio.
Dio è il Padre suo, Dio è il Principio, Dio
è il Fine.
E Cristo essendo Pensiero di Dio, è
rivelazione di tutta l’opera di Dio, dell’anima di tutta la storia, di ogni
vita dell’uomo.
Cioè ci rivela che tutto viene a noi da Dio
e tutto fa ritorno a Dio.
E quale è il significato di questo?
Cioè perché Dio operando, rivela a noi che
tutto viene a noi da Lui e che tutto fa ritorno a Lui?
Se ci annuncia che tutto viene a noi da
Dio, è per educarci ad accogliere tutto da Dio.
Tutto, perché tutto è fatto nel Pensiero di
Dio e per il Pensiero di Dio.
Quindi tutto è fatto per condurre noi al
Pensiero di Dio, se accogliamo tutto da Dio.
Tutto viene a noi da Dio, questo è il
rispetto fondamentale della giustizia: se tutto viene da Dio, tu uomo accogli
tutto da Dio.
Questo è molto importante, perché se noi
cominciamo ad escludere certe cose, cioè se non lasciamo entrare certe cose
nella nostra vita, appunto perché non le riteniamo mandate da Dio, noi
escludiamo dalla nostra vita proprio quelle lezioni essenziali attraverso le
quali Dio opera per farci maturare alla vita eterna, cioè alla comunione con il
suo Pensiero, con il suo Verbo, con Lui stesso.
Tutto viene a noi da Dio ma anche tutto va
verso Dio.
Anche questo ha un significato per ognuno
di noi.
Se tutto va verso Dio, è per invitare noi a
guardare verso il fine.
Quindi a non fermarci ai segni, ai dati,
soprattutto a non scambiare le opere di Dio come la realtà in cui ci troviamo.
La realtà in cui ci troviamo è Dio.
Dio che sta parlando con noi: questa è la
realtà.
Questa è la realtà fondamentale e che sta a
fondamento della vita di ognuno di noi.
La realtà è questa: Dio sta parlando con
te.
Questa è la realtà!
Poi tutta la creazione è segno, è parola di
questo Dio che parla con noi.
E parla con noi per che cosa?
Parla con noi per formare in noi la
capacità di portare la sua Verità.
Perché è Dio che parlando a noi, forma in
noi la capacità di portare la sua Verità.
Ecco per cui è molto importante accogliere tutto
da Dio.
Poiché rifiutare qualcosa di quello che Dio
sta operando, vuol dire ferire questa capacità di portare la Verità di Dio.
Vuole dire renderci a un certo momento,
incapaci ed impotenti a restare alla sua presenza.
Ma qui il problema fondamentale sta in
questo “essere con noi”, posto da Cristo in conflitto con l’andare al Padre.
Cioè Lui dice: “Io sono con voi per poco
tempo, poi me ne torno a Colui che mi ha mandato”.
Cioè mette in conflitto il fatto che
andando al Padre, non è più con noi.
Evidentemente quando Gesù parla di questo
suo essere con noi, si riferiva alla sua presenza fisica.
La presenza fisica di Cristo, come tutte le
presenze fisiche è soggetta alla transitorietà, al tempo.
Ma qui per noi è pacifico che tutte le
presenze fisiche passano e quindi anche la presenza fisica di Cristo passa.
E potremmo anche fermarci a questa
costatazione: Gesù si sta riferendo alla sua presenza fisica.
Però se c’è una presenza fisica con questa
caratteristica di essere soggetta al tempo, al passare e Cristo si è
assoggettato a questa, ci deve essere un significato profondo, perché tutto è
segno di Dio per la nostra anima.
Quindi ci deve essere un significato
profondo in questa presenza fisica che è soggetta al tempo, che è soggetta al
passare.
E il significato va sempre cercato nello
spirito.
Anche a Natale, noi possiamo fermarci alla
presenza fisica, al dato: il bambino e sua madre in una grotta, questa nascita
poverissima può provocare tenerezza, sentimento, compassione.
Ma ci fermiamo sempre al sentimento.
Mentre il problema essenziale del Natale
sta nel giungere a vedere il Pensiero di Dio nel fatto.
L’elemento illuminante non è la presenza
fisica, l’elemento illuminante è il fatto spirituale.
È il Pensiero di Dio che illumina.
La presenza fisica suscita in noi dei
sentimenti ma si ferma lì.
Cioè si ferma al pensiero dell’io.
Quello che veramente importa, quello che
veramente illumina è il Pensiero di Dio.
Quindi dobbiamo sempre cercare il
significato spirituale in tutto quello che avviene nel nostro mondo fisico.
E allora anche qui dobbiamo cercare il
significato spirituale di questa opposizione che c’è tra l’essere con noi di
Cristo e il suo andare al Padre.
Fatto che Gesù qui evidenzia dicendo:
“Ancora per poco Io sono con voi e poi me ne vado al Padre”.
Quasi come se l’andare al Padre, impedisca
a Lui di essere con noi.
Ci deve essere un significato spirituale in
questo fatto.
Quindi dobbiamo approfondire per cercare di
capire cosa vuole dire questo “essere con noi transitorio” in senso spirituale.
E non accontentarci della giustificazione
che Lui come tutte le altre presenze fisiche, passa.
Portandoci nel campo dello spirito, qui
troviamo subito una sorpresa.
Cristo essendo il Figlio di Dio, abita nel
seno del Padre e forma una cosa sola con il Padre.
E Lui lo ha detto parecchie volte: “Io e il
Padre formiamo una cosa sola”.
Lui è il Figlio di Dio che abita nel seno
del Padre.
Ed è Lui che ha portato a noi la
rivelazione della grazia e della Verità.
Il Padre non mi lascia mai solo – dice in
un altro luogo – perché Io faccio sempre ciò che piace a Lui.
Quindi c’è questa permanenza del Cristo nel
Padre, anche nella sua presenza fisica.
Ma allora sorge un problema, cosa vuole
dire questo suo “tornare al Padre”?
Come può tornare al Padre, Lui che è sempre
con il Padre e che forma una cosa sola con il Padre?
Evidentemente in Dio non ci sono mutamenti,
non c’è lo spostamento nello spazio o nel tempo come avviene tra noi.
Non c’è il Figlio che lascia il Padre per
poi tornare al Padre.
Questo parlare è per noi ed è in noi.
Dio è fuori del tempo, quindi in Dio non ci
sono mutamenti.
Allora il mutamento deve essere in noi.
Cioè questo “tornare al Padre” e questo
“essere con noi” è unicamente in noi.
È un fatto che avviene dentro la creatura,
che avviene nella creatura.
La volta scorsa abbiamo visto che ci sono
tre modi di presenza di Dio nell’animo umano.
Abbiamo Dio che è presente a noi senza di
noi.
E questo è per effetto della creazione
stessa di Dio.
La creazione di Dio è dono di Dio alla
creatura.
Quindi Dio abita in noi, anche se noi non
ce ne rendiamo conto.
Anche se non lo sappiamo.
Ed è questa la presenza fondamentale che
costituisce l’uomo.
L’uomo è un essere che è abitato da Dio.
E proprio perché è abitato da Dio, lui
porta con sé la passione di questo infinito, presente in lui, senza che lui lo
conosca.
Non lo conosce ma ne subisce la passione.
Per cui l’uomo è sostanzialmente una
passione d’infinito, una passione d’assoluto.
Ed è per questo che l’uomo fa il peccato ed
è soggetto all’errore, perché portando con sé questa passione d’assoluto,
riflette questa sua passione, in tutto ciò a cui si volge.
E il peccato sta proprio nel cercare di
rendere assoluto, quello che assoluto non è.
Nel chiamare col nome di Dio, di assoluto, quello
che invece è creatura di Dio, segno di Dio.
E tutto il travaglio dell’uomo è
determinato da questa passione d’assoluto, dal tentativo di rendere assoluto,
quello che assoluto non può essere.
È per questo che l’uomo si è assoggettato
alla tribolazione, alla fatica, si è assoggettato all’esaurimento e alla morte
di tutto se stesso.
Questa è tutta una conseguenza, dal fatto
che l’uomo è abitato da Dio.
Dio che abita con l’uomo, anche senza
l’uomo.
Ma poi abbiamo un altra presenza, la
presenza di Dio con la partecipazione dell’uomo.
Con la consapevolezza dell’uomo, e questa è
la salvezza.
Dio ha creato l’uomo non per tormentarlo
con la sua presenza ma per renderlo partecipe della sua presenza.
Affinché l’uomo conosca la presenza di Dio, come Dio conosce la presenza dell’uomo.
E quindi ci sia la comunione.
Questa è la meta, questa è la salvezza.
E poi c’è una terza presenza di Dio, ed è
la presenza di Dio in ciò che l’uomo attualmente ha presente.
E questa evidentemente è una concessione
che Dio fa alla creatura, perché è Dio che si sottomette alla creatura, per
annunciare all’uomo la sua Presenza, la sua Verità.
E qui abbiamo i segni.
Abbiamo visto che l’uomo è fecondato dalla
presenza.
Dio quindi si rende presente, in ciò che
l’uomo nella sua povertà, nella sua incompiutezza attuale ha presente.
Dio si rende presente nella stessa passione
d’assoluto che l’uomo ha.
E rendendosi presente, rende l’uomo attento
all’esistenza del Dio Creatore.
Rendendolo attento lo rende fecondo.
Gli fa alzare gli occhi, lo costituisce in
ricerca.
È per opera di Dio che nell’uomo, a un
certo momento si forma la ricerca di Dio.
Ma nell’uomo si forma la ricerca di Dio, in
quanto l’uomo è già stato fecondato dalla concessione di Dio.
Dio che si è offerto, che si è rivelato,
che si è annunciato.
Ma si è annunciato all’uomo nell’uomo.
Non si è annunciato all’uomo per ciò che
Dio è.
Si è annunciato all’uomo come segno.
Per cui l’uomo direi che l’uomo ha
conosciuto Dio per la negatività.
Cioè conosce Dio ad esempio come una
volontà contraria.
Una volontà che si oppone.
Una volontà che parla nei limiti della
creatura.
Per cui l’uomo conosce Dio per gli effetti
dell’opera di Dio.
Diciamo meglio per gli effetti della
presenza di Dio.
Ma non conosce Dio per quello che Egli è.
Questa essendo sottomissione di Dio al
pensiero della creatura, a ciò che la creatura ha presente, è un rapporto
sostanzialmente non vero, non autentico.
Non vero, perché non è giusto che Dio si
sottometta alla creatura.
Il rapporto giusto è che la creatura si
sottometta a Dio.
Come Tommaso che pretende di sottomettere
Cristo alla sua esperienza: “Se io non vedo e non tocco non crederò”.
Vuole subordinare la fede al suo vedere.
Il rapporto è essenzialmente ingiusto.
È un rapporto contrario alla Verità.
Dio non può essere sottoposto
all’esperienza della creatura.
È la creatura che si deve sottoporre
all’esperienza di Dio.
Fintanto che la creatura pretende di
sottomettere Dio alla sua esperienza, la creatura si mette nella impossibilità
di esperimentare la presenza di Dio.
Si mette in una posizione assurda.
E abbiamo visto come Cristo abbia operato
in Tommaso il capovolgimento di questo rapporto: “Tommaso, tu hai creduto
perché hai veduto?”.
Tommaso a questo punto, non ha creduto
perché ha veduto, ma ha creduto per arrivare a vedere.
È in questa la posizione autentica della
creatura, della sottomissione della creatura al Creatore, che Dio opera per
rivelare ciò che Egli è in Sé.
Quindi prima si annuncia sottomettendosi
alla creatura.
Ma sottomettendosi alla creatura opera
un capovolgimento della creatura stessa.
Abbiamo detto che rende feconda la
creatura.
Rendendo feconda la creatura, a un certo
momento apre la creatura alla ricerca della Volontà di Dio, alla ricerca del
Pensiero di Dio.
Non è più la creatura che tende a
sottomettere Dio al suo pensiero.
Adesso abbiamo la creatura che cerca il
Pensiero di Dio.
Abbiamo la creatura che cerca la Volontà di
Dio.
Cioè abbiamo la creatura che crede perché
desidera arrivare a vedere.
Tutta questa è l’opera del passaggio di
Cristo nella nostra vita.
Cristo in un primo tempo si offre alla
creatura, a ciò che la creatura ha presente.
E allora è con la creatura.
Cristo è con noi, proprio in quanto si è
sottomesso al nostro pensiero.
A ciò che attualmente noi abbiamo presente.
Ma poi arriva il momento in cui Lui ritorna
al Padre.
Ma non ritorna al Padre in Sè ma in quanto
rientra in quella presenza di Dio in noi senza di noi.
Per cui noi costatiamo l’assenza del
Cristo.
Colui che era con me non è più con me.
Colui che parlava con me, non parla più con
me.
Si è ritirato nel seno del Padre.
Ma proprio in quanto si è fatto
esperimentare e adesso è andato in un luogo che io non conosco, ha formato in
me l’amore, ha formato in me il desiderio di trovarlo dove Egli è andato.
Con ciò ci ha rivelato il luogo dove noi
dobbiamo rivolgere la passione d’assoluto.
Mentre prima rivolgevamo la passione
d’assoluto a tutte le creature, a tutti i segni e quindi eravamo fatti schiavi
di tutte le cose, adesso avendo incontrato il Cristo, il quale abita nel seno
del Padre, abbiamo la possibilità di rivolgere questa passione d’assoluto in un
luogo ben preciso.
Dio opera per formare in noi un desiderio
ben determinato e consapevole di ciò che vogliamo e del luogo in cui si trova
ciò che vogliamo.
Cristo opera per formare in noi questo
desiderio ben definito chiaro.
Per formare in la consapevolezza di quello
che vogliamo e del luogo in cui dobbiamo cercarlo.
Poiché è vero che tutti portano la passione
di Dio, è vero che tutti cercano l’assoluto, però tutti sbagliano luogo nel
cercare quest’assoluto.
Seguendo Cristo si evita questo errore.
Cristo ci conduce ad individuare il luogo
in cui Egli si trova.
Quando Giuseppe e Maria smarriscono Gesù
nel tempio, si sentono rimproverare: “Perché mi cercavate? Non lo sapevate che
Io mi devo trovare nelle cose che riguardano il Padre mio?”.
Lì non è Gesù che è smarrito ma è la
creatura che è smarrita.
Sono Giuseppe e Maria che hanno smarrito
Gesù e si sono trovati smarriti.
Gesù non si è sentito smarrito.
Così è il segno per ogni uomo.
Non è l’uomo che smarrisce Dio, è l’uomo
che si smarrisce.
Ma proprio in quanto si smarrisce, Gesù
rivolge per tutti quell’ammonimento che rivolse ai suoi genitori: “Non sapevi?
Tu dovevi sapere”.
Cioè l’uomo deve sapere che esiste Dio e
deve anche sapere il luogo in cui si trova Dio.
Gesù disse:
«Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha
mandato. Gv 7 Vs 33 Quarto tema.
Titolo: Significato della Presenza transitoria.
Argomenti: Le tre presenze di
Dio – I segni e il Pensiero di Dio – La sottomissione di Dio all’uomo nella
creazione - Il dialogo con Dio – Gli angeli
– L’ambiguità della creazione – Il desiderio specifico di Dio - La presenza fisica e spirituale di Cristo – Dio
si offre all’intenzione della creatura -
27/ Dicembre /1982