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Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Gv 7 Vs 26 Primo tema.


Titolo: . L’uomo nel mondo cerca di uccidere il Verbo di Dio.


Argomenti: Le due consapevolezze – Pilato e la folla – Il criterio della Verità – L’Autorità viene dalla Verità – La nobiltà dell’uomo – Il rapporto intimo dell’uomo con Dio – Autoritarismo – Dio si annuncia in tutte le cose – Tutto è in funzione di Dio – Uno solo è il Maestro -


 

18/ Luglio /1982 Colle di tenda.


Gesù aveva terminato il suo discorso dicendo: “Non giudicate secondo le apparenze ma giudicate secondo retto giudizio”.

E abbiamo visto come di fronte al parlare di Gesù, gli animi si qualificano.

Direi che la persona diventa tale, proprio di fronte alla Parola di Gesù.

È la Parola di Dio che fa nascere l’uomo e dà un nome all’uomo.

Di fronte alla Parola di Dio, che rivela le esigenze della Verità, l’uomo deve prendere posizione, perché la Parola di Dio propone all’uomo, una dedizione che diventa sempre più totale.

E di fronte a questa, ogni uomo rivela quello che ha nel suo cuore.

Ed abbiamo visto che, al parlare di Gesù, alcuni di Gerusalemme, prendano consapevolezza che è “Costui che cercano di uccidere”.

Abbiamo notato che ci sono i due livelli di consapevolezza.

C’è la consapevolezza che viene dalla conoscenza della Verità, ma questa presuppone una dedizione alla Verità.

Presuppone da parte dell’anima dell’uomo, l’ascolto della Parola e la dedizione a ciò che la Parola di Dio propone.

Se nell’uomo c’è questa dedizione a ciò che la Parola di Dio propone, allora l’uomo viene a partecipare della Verità di Dio.

E nella Verità di Dio, qui prende consapevolezza.

La grande consapevolezza è proprio quella di chi è Dio e chi siamo noi.

Questa è consapevolezza che salva.

Questa è consapevolezza che stabilizza l’uomo nell’unione con Dio.

Se invece l’uomo non si dedica a ciò che gli propone la Parola di Dio, ad un livello inferiore, anche Lui viene a prendere coscienza di una certa consapevolezza.

Abbiamo visto la consapevolezza di questi di Gerusalemme, che a un certo momento dicono: “È Costui che cercano di uccidere”, perché sentono, provano in se stessi verso le esigenze della Verità, quello stesso rifiuto che c’era in coloro che volevano mandare a morte Gesù.

Ed è la consapevolezza alla quale tutti gli uomini saranno condotti, di fronte al Cristo che muore in croce.

Saremo condotti tutti di fronte a questo mistero del Dio che muore in noi e per noi.

Tutto è opera di Dio e questa consapevolezza non è detto che ci salvi ma se ci fa rinsavire, se ci fa prendere coscienza del male che portiamo in noi, ci fa tornare a quella dedizione alla Verità che abbiamo trascurato.

Abbiamo visto come la lezione più efficace sia quella che ci viene da Pilato.

Pilato che non dedicandosi alla Verità di cui gli parla Gesù, viene poi a prendere consapevolezza di essere il balia della folla.

Ritorna il concetto di uomo-folla, anziché uomo-persona.

Pilato con tutta la sua autorità di romano, s’accorge che non può seguire la sua coscienza, non può seguire ciò che egli sa.

Egli sa che Gesù è innocente, eppure non può liberarlo.

A un certo momento deve fare quello che vuole la folla.

Anche qui, questi giudei, ad un certo momento rivelano che il loro punto fisso di riferimento non è in se stessi ma è nei capi, nell’autorità, in quello che dicono loro.

Cioè l’anima dell’uomo viene condotta di fronte a un dilemma.

Da una parte questi giudei prendono consapevolezza che Gesù è Colui che gli uomini cercano di mandare a morte, perché l’uomo non può sopportare gli argomenti di Dio.

Per potere sopportare gli argomenti di Dio, bisogna avere Dio nel cuore.

Gli argomenti di Dio, sono portabili solo con Dio.

Ma se l’uomo non ha messo Dio al centro dei suoi pensieri, del suo cuore, della sua vita, a un certo momento, necessariamente, non può sopportare il parlare di Dio, non può sopportare le esigenze di Dio, e deve rifiutarlo, lo deve mandare a morte.

Costoro, ad un certo momento vengono a trovarsi di fronte a questa costatazione: Gesù è Colui che il mondo non sopporta.

Allo stesso tempo però dicono: “Parla liberamente”.

Secondo loro, un uomo parla liberamente, soltanto se ha l’autorità per parlare liberamente, cioè se c’è qualcuno che lo autorizza a parlare liberamente.

Come è possibile che cerchino di ucciderlo e poi lo lascino parlare?

La conclusione è: “Forse i capi hanno riconosciuto che Lui è il Cristo?”.

Rivelano il loro punto fisso di riferimento.

Per loro il punto fisso di riferimento sono i capi, l’autorità.

Il punto fisso di riferimento cioè il criterio per riconoscere la Verità.

Quella Verità di cui Gesù a parlato a Pilato e Pilato, ad un certo momento viene a costatare (a un livello più basso della Verità) di essere in balia della gente.

Non applicandosi alla Verità di Dio, l’uomo viene a essere succube, della verità della gente, della folla, dei capi.

C’è quindi un Autorità che viene dalla Verità e c’è un’autorità che viene dalla massa, dal popolo, dalla folla, dalla quantità, dalle potenze della terra.

Ecco l’argomento di oggi è questo, su cui dobbiamo cercare di meditare e approfondire.

La Verità di Dio non è in balia dell’autorità degli uomini.

Ma chi non si dedica alla Verità di Dio, cade in balia dell’autorità degli uomini.

Anche nei riguardi della Verità di Dio.

La meraviglia sta nel fatto che Dio si offre all’uomo, offre la sua Verità all’uomo, però pur offrendo la sua verità all’uomo, Lui trascende l’uomo.

Per cui la Verità di Dio, non si dà in possesso agli uomini.

Gli uomini la possono possedere, la possono contemplare ma nella misura in cui si donano alla Verità ed alla misura in cui rispondono e si dedicano alla Verità, secondo le esigenze della Verità stessa.

Ma la Verità di Dio, essendo trascendente l’uomo, pur parlando attraverso gli uomini, le creature, l’autorità stessa, non si lascia in balia degli uomini.

Se non si lascia in balia degli uomini, non c’è nessun uomo che possa scusarsi e giustificarsi dicendo di essersi trovato con uomini o autorità che hanno travisato la Verità.

Perché l’uomo non può essere ingannato da un altro uomo o dall’autorità, se lui stesso non si è fatto succube dell’autorità, trascurando la Verità di Dio.

La vera Autorità viene dalla Verità, ma la Verità non viene dall’autorità.

Bisogna proprio approfondire questo concetto.

 

La Verità non è mai vincolata all’autorità, la Verità parla personalmente.

La Verità parla attraverso tutti e anche attraverso l’autorità.

 

Qui notiamo il fatto che dicono: “Parla liberamente, forse i capi lo hanno riconosciuto come il Cristo?”, quindi il loro criterio per dire se Cristo sia o non sia il Messia, è quello che dicono i capi.

È lì il capovolgimento, è lì l’errore.

Per loro vale quello che dice l’autorità, è lì l’errore, qui sembrerebbe che la Verità, derivi dall’autorità.

Ecco l’errore.

È il metro che è sbagliato, qui il metro di giudizio è l’autorità.

No!

Il metro deve essere Dio, allora l’Autorità viene dalla Verità ma la Verità non viene dall’autorità.

Nino: Magari perché tutti fanno così...

Luigi: Sì, anche la quantità è un’autorità.

Il gruppo, la gente, la massa, la comunità, quella è autorità.

Abbiamo l’autorità data da uno o da qualcuno e abbiamo anche l’autorità data dalla massa, dal gruppo, dalla moda.

La moda è un’autorità.

 

Dio parla con ogni uomo e ogni uomo è responsabile direttamente verso la Verità stessa, verso Dio.

In quanto l’uomo si appella a altri da Dio e mette l’autorità, al posto della Verità, già denuncia di non essersi dedicato alla Verità e allora resta ingannato.

Questi giudei, denunciano che hanno già abdicato, che sono sul piano di Pilato.

La consapevolezza di questi giudei, rivela di essere la consapevolezza di Pilato, in balia della folla, cioè in balia dell’autorità.

Non hanno quindi il criterio per riconoscere il  Messia.

 

Per cui davanti a Dio non c’è nessuna creatura che sia di secondo ordine.

A meno che siamo noi stessi a metterci fuori.

Dio ci chiama tutti ad un rapporto personale e intimo con Lui.

Dio ci chiama per nome, ci tratta personalmente.

Dio offre la sua Verità, personalmente ad ognuno di noi.

La Verità è meravigliosa per questo, ti parla attraverso tutti, ma ti convoca personalmente alla sua Presenza, quindi ad attingere intimamente ad Essa.

 

La Verità si annuncia attraverso tutti.

Se noi trascuriamo di dedicarci alla Verità, allora sì cadiamo in balia dell’autorità.

Pilato è caduto in balia dell’autorità della gente.

Per lui la gente è diventata autorità, il popolo ha avuto ragione.

Come questi giudei a Gerusalemme sono in balia dei capi.

 

Pilato ha abdicato alla Verità.

 

La Verità è Se stessa Autorità.

Ma per la maggior parte di noi la Verità non è autorità.

Abbiamo bisogno di sentire cosa dice il tale e il tal’altro.

Il che vuol dire che noi ci sottraiamo all’impegno personale con Dio.

 

Infatti Gesù dice di non dare a nessuno il nome di Maestro, perché uno solo è il Maestro.

Vedi come ti richiama a non mettere come punto fisso di riferimento nessun altro.

Tutto serve, perché Dio certamente parla attraverso tutti, però il tuo punto fisso di riferimento deve essere nella Verità di Dio.

È terribilmente liberante e allo stesso tempo ti porta ad una nobiltà straordinaria.

Lì vedi la nobiltà dell’uomo.

L’uomo è chiamato ad un rapporto personale con la Verità di Dio.

Lì si vede la grandezza dell’uomo.

 

Dio ad un certo momento ti dice che Lui stesso è il Pastore, perché gli altri pastori hanno pascolato se stessi.

Quello che Lui dice, lo dice nella vita di ogni uomo.

“Io voglio essere il tuo Pastore”.

È lì la meraviglia: “Lasciati guidare da Me”.

E questo lo dice personalmente ad ogni uomo.

 

Dio non vuole che noi ci lasciamo guidare dalle creature.

Lui parla attraverso tutte le creature ma non vuole che noi ci lasciamo guidare dalle creature.

“Voglio essere Io il tuo Pastore, il tuo Maestro, il tuo Padre, tu non dare a nessuno il nome di Maestro, il nome di Padre”.

 

L’autorità deve servire a prendere contatto con Dio, ma tu personalmente devi prendere contatto con Dio, non devi passare attraverso l’autorità.

 

Due più due uguale quattro, è una verità che arriva a noi indipendentemente da tutto quello che dicono le creature.

Le creature possono dire che due più due, fa sei o tre o cinque, mi possono aiutare a capire perché due più due fa quattro ma questo è indipendente da tutto quello che dicono gli uomini.

La Verità non è tale perché me lo dice Tizio o Caio.

Due più due fa quattro, indipendentemente da quello che dicono gli uomini.

Gli uomini mi possono aiutare a capirla però la Verità non sono gli uomini a farla.

La Verità è al di sopra di tutto quello che dicono gli uomini.

È lì la meraviglia.

 

Cina: Ma io non sono all’altezza di capire certe cose.

Luigi: E no!

Quando uno comincia a dire: “Ma io...”, e no, Dio ti chiama personalmente.

Lei può chiedere aiuto a tutti ma lei non deve sottomettere il rapporto della sua anima con la Verità a quello che dice l’uno, l’altro o l’autorità.

Perché abbiamo Gesù che dice: “Poiché i pastori hanno pascolato se stessi, Io stesso verrò a pascolare il mio gregge”.

E perché Lui dice: “Non date a nessuno il nome di Maestro perché uno solo è il vostro Maestro?”.

Eppure Lui manda i discepoli a predicare ma dice di non dare a nessuno il nome di maestro.

Lui vuole che ognuno di noi, si metta in rapporto personale con Dio.

Altrimenti molte pagine del Vangelo lei le deve escludere.

 

Pietro al Sinedrio dice: “Se sia giusto ubbidire a voi o a Dio, ditelo voi stessi”.

Questi giudei dicono: “Se Gesù parla liberamente è perché ha avuto l’autorizzazione dai capi”.

Già a Gesù chiesero: “Chi ti ha dato l’autorità per fare queste cose?”.

Non ci accorgiamo del grande errore che facciamo, perché chi autorizza a parlare è Dio, non sono gli uomini.

Molte volte l’uomo deve parlare contro l’autorità e Dio deve mandare profeti a parlare contro l’autorità: “Tu andrai e dirai quello che Io ti farò dire”.

Cristo stesso si è messo fuori dall’autorità, perché?

Cristo quello che fa lo fa per noi.

Invece l’uomo tende a giustificare la libertà con cui uno parla nell’uomo, nell’autorità.

Se Dio ti dice di parlare, tu parli anche se l’autorità ti dice di stare zitto.

 

Cina: Si è sempre in funzione della legge.

Luigi: Bisogna essere in funzione di Dio, anche la legge è in funzione di Dio.

L’autorità ha il compito di servire, guai invece se si fa servire.

Servire vuol proprio dire aiutare l’anima a collegarsi con Dio.

Servire l’anima dell’uomo, affinché l’uomo possa mettere prima di tutto, quello che va messo prima di tutto.

Pinuccia: Guai all’autorità che si fa servire ma guai anche all’uomo che si fa servo dell’autorità.

Luigi: Chi ubbidisce ciecamente all’autorità, vuol dire che sfugge alla Verità, ha poco interesse per la Verità.

Se tu sei succube all’altro vuol dire che già hai rinunciato nel tuo intimo a cercare la Verità.

Cioè la Verità non gli interessa.

Pilato diventa succube della folla, perché?

Perché ha rinunciato alla Verità.

Il fatto di avere rinunciato alla Verità, lo fa succube della folla.

Costoro hanno rinunciato alla Verità di cui parlava Gesù e diventano succubi dei capi.

Per cui io non potrò giustificarmi davanti a Dio dicendo che sono cresciuto in un ambiente dove c’era una certa autorità religiosa, no.

Dio ti libera se però tu metti Dio al suo posto (prima di tutto) dentro di te.

Se tu metti Dio nella tua vita al posto che gli spetta, Dio ti libera.

Anche il nemico qui ti aiuta, perché ti impegna di più nell’essenziale e ti accorgi che a un certo momento sei libera.

Mentre magari prima vivevi con dei compromessi, Dio mettendoti alla prova ti ha liberata.

 

Dio ci chiama personalmente.

Dio ci tratta con grande nobiltà.

Dio ha creato tutto l’universo per un pensiero dell’uomo.

Diceva San Giovanni della Croce che Dio è disposto a creare mille universi per un pensiero dell’uomo.

Noi non ci rendiamo conto ma il nostro pensiero è più grande e ha più valore di tutto l’universo intero.

Perché l’universo non comprende il nostro pensiero, però il nostro pensiero comprende l’universo.

Vede quanta nobiltà c’è nel nostro pensiero?

Il nostro pensiero capisce le stelle lontanissime ma le stelle non capiscono il nostro pensiero.

Quindi il nostro pensiero è ciò di più grande ci sia ma noi non ce ne rendiamo conto.

Ecco la nobiltà con cui Dio ci considera, con cui Dio ci tratta.

 

Dio è in noi senza di noi ma chiede a noi di metterlo al suo posto, cioè al centro.

Se noi invece mettiamo il pensiero di noi stessi al centro del nostro pensiero, non possiamo sopportare la Parola di Dio.

Se certe parole del vangelo per noi sono disturbanti o insopportabili, vuol dire che Dio non è al centro dentro di noi.

Quando avremo messo Dio al suo posto, tutte le parole del Vangelo diventano per noi conferma e motivo di gioia.

Ci troviamo come in alta montagna a respirare ossigeno.

I polmoni respirano bene, ci troviamo a casa nostra.

Quando le Parole del Vangelo ci urtano o dobbiamo temperarle con il nostro buon senso, vuol dire che Dio non è al suo posto dentro di noi.

Non le sopportiamo.


Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?

Gv 7 Vs 26 Secondo tema.


Titolo: . La libertà scaturisce dalla Verità.


Argomenti: Il vero servizio dell’autorità – Si matura attraverso le scelte – Verità e libertà – Le due consapevolezze – Il conflitto tra il sapere e il fare in Pilato – Santa Teresa  - Le esigenze dalla Parola di Dio – La responsabilità personale – La trascendenza della Verità – Disprezzare la Verità – L’opposizione dell’uomo a Dio -


 

19/ Luglio /1982



Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Gv 7 Vs 26 Terzo tema.


Titolo:  Quando ci sottomettiamo alle creature è sempre colpa.


Argomenti: Rapporto autorità/Verità – L’autorità della folla – Perché Adamo ubbidì a Eva – Il peccato dell’ubbidienza – Il retto giudizio – Guardare da Dio, non dalla creatura – Il rapporto personale con Dio – La Verità viene dalla Verità – Amore e importanza – La comodità dell’istituzione – I dogmi -


 

25/ Luglio /1982


Abbiamo visto domenica scorsa, i rapporti che passano tra l’autorità e la Verità.

Ma non nel senso che la Verità venga dall’autorità.

E abbiamo notato come questi uomini s’impedirono di riconoscere Cristo, proprio perché hanno fatto dipendere la Verità di Cristo dall’autorità.

Siccome i capi non hanno riconosciuto il Cristo come Figlio di Dio, i giudei non lo hanno riconosciuto.

D’altronde fu anche l’errore di Pilato, che a un certo momento si trovò in balia della folla.

E non potè seguire, dichiarare, affermare l’innocenza del Cristo e la Verità quindi del Cristo, dominato dalla folla che per lui diventò un’autorità.

L’autorità della folla.

Lezione di Dio per ognuno di noi.

Tutte le volte che facciamo dipendere la Verità, da quello che dicono gli altri, da quello che dice l’autorità, noi ci impediamo di riconoscere il Cristo e di seguire il Cristo.

Sono lezioni molto profonde che dobbiamo cercare di meditare, per chiarire bene questo rapporto autorità-Verità.

Il più delle volte noi crediamo di essere virtuosi, di essere ubbidienti e non ci accorgiamo invece che facciamo peccato.

Cioè ci impediamo di seguire Cristo e di riconoscere Cristo.

Gesù aveva detto di non giudicare secondo l’apparenza ma di giudicare con retto giudizio.

In altri luoghi dice di non giudicare.

Ma qui ci fa capire che noi, in un modo o nell’altro, oscilliamo tra il giudicare secondo l’apparenza o il giudicare secondo retto giudizio.

Cioè sostanzialmente noi, non possiamo non giudicare per quel che riguarda la Verità, per quel che riguarda Lui.

E ci fa capire che noi giudichiamo anche quando crediamo di affidarci a quello che dicono gli altri, o a quello che dicono i superiori, o quello che dicono i capi.

Ci fa capire che anche quando noi crediamo di non giudicare e di ubbidire, di sottometterci, noi giudichiamo ancora.

Facciamo delle scelte.

A un certo momento ci dobbiamo pure chiedere perché Pilato dovette seguire i desideri della folla.

Perché Esaù mise la sua eredità, la sua primogenitura, in balia di Giacobbe.

Oppure perché Adamo ubbidì ad Eva.

Io prenderei come scena guida per la nostra riflessione, questo fatto qui.

Perché Adamo ubbidì ad Eva?

Dove fu il suo peccato, la sua colpa, il suo errore?

E quale fu l’errore di Adamo, nell’ubbidire a Eva.

Eva è una creatura, è stata voluta da Dio.

Dio stesso creando Adamo disse che non era bene che l’uomo fosse solo: “Diamogli un aiuto, simile a lui”.

Eppure ad un certo momento, quando Adamo disse di avere ubbidito ad Eva, fu rimproverato da Dio.

Così come venne rimproverata Eva quando disse di avere ubbidito al serpente.

Fu rimproverata da Dio.

Dunque se ci fu un rimprovero, evidentemente ci fu un errore, ci fu una colpa, una disubbidienza.

Ecco, noi per cogliere l’anima di queste cose, ci portiamo proprio all’origine degli avvenimenti.

Nell’origine dei fatti in cui ci troviamo con elementi semplificati.

Ci troviamo con Adamo, Eva e Dio.

Perché poi dopo, tutti i nostri rapporti nel mondo se vogliamo chiarirli, si riducono a questi tre fattori.

C’è Dio, c’è l’uomo e c’è ciò che Dio ha posto come compagno dell’uomo.

Qui è la donna, possono essere i superiori, può essere una istituzione, possono essere i capi, possono essere le creature, può essere il mondo.

Comunque il fatto è questo: Adamo si scusò dicendo di avere ubbidito ad Eva.

Dio non lo approvò.

Questo ci fa capire che l’ubbidienza, non è sempre innocente.

E non dobbiamo ritenere che l’ubbidienza sia sempre innocente.

L’ubbidienza può essere peccato.

Qui fu peccato.

Quindi nell’ubbidienza c’è una colpa.

Dobbiamo cercare di approfondire bene questo, perché come dico anche questi giudei ritennero di essere ubbidienti, in quanto si affidarono a ciò che dicevano i capi.

E quante volte noi riteniamo di essere ubbidienti, in quanto non ci impegninamo personalmente per capire, però ci affidiamo a quello che dicono gli altri.

E non ci accorgiamo che in fondo, facciamo lo stesso peccato di Adamo.

Adamo non doveva ubbidire ad Eva.

Perché?

Per Adamo, Eva divenne una autorità e lui si sottomise.

Come può succedere che l’uomo si sottometta alla creatura e ne faccia una sua autorità.

Qui ritroviamo quello che Gesù dice “giudizio secondo l’apparenza”

Apparentemente la creatura ubbidendo ad un altra, tanto più se quell’altra è un capo, un superiore di maggiore cultura, apparentemente sembra un atto di virtù.

Gesù dice: “Non giudicate secondo l’apparenza”.

Profondamente invece è un vizio, un difetto, è una colpa.

Quando abbiamo osservato l’ammonizione di Gesù che dice di non giudicare secondo le apparenze ma giudicate con retto giudizio”, abbiamo notato che per giudicare con retto giudizio, è necessario avere un metro corretto, perché il giudizio è sempre un rapporto, ed il rapporto è sempre condizionato dal metro, cioè dal punto fisso che adoperiamo per misurare.

Ora il retto giudizio può avvenire solo se per noi il metro è Dio, è la volontà di Dio, è l’intenzione di Dio.

Soltanto se noi osserviamo le cose dal punto di vista di Dio, della volontà di Dio, dell’intenzione di Dio, della finalità per cui Dio ci presenta le cose, noi abbiamo la possibilità del retto giudizio.

In caso diverso, noi giudichiamo sempre secondo l’apparenza e quindi noi sbagliamo.

Il fatto che noi da soli sbagliamo, e tutte le volte che giudichiamo secondo ciò che non è Dio, cioè secondo il punto di vista delle creature, noi sbagliamo, ci fa capire che Dio vuole che ogni cosa, noi la riportiamo a Lui, e la vediamo secondo il suo punto di vista e non secondo il punto di vista degli altri.

Eva è una creatura di Dio, come creature di Dio sono i capi, la folla, tutto è opera di Dio, però l’uomo non deve giudicare, secondo il punto di vista della creatura.

L’uomo ogni cosa che arrivi dalla creatura, deve portarla al Creatore e giudicarla secondo il Creatore.

Cioè guardarla dal punto di vista di Dio, non dal punto di vista della creatura.

Questo ci fa capire che l’uomo ha la possibilità di portare le cose a Dio, per misurarle secondo lo Spirito di Dio.

Ma ha anche la possibilità di non portarle.

Se non le porta, fa un errore.

Quindi la colpa di Adamo sta qui.

Ed è la colpa di ognuno di noi, quando si scusa con l’ubbidienza, credendo di non giudicare mentre invece giudica.

La colpa è di non attingere a Dio, di non cercare presso Dio la luce di Dio, la Verità di Dio, mentre invece l’uomo è stato creato per attingere la sua luce presso Dio e non presso le creature.

Le creature sono soltanto il mezzo attraverso il quale Dio ci sollecita a cercare presso di Lui la luce.

Ma le creature non sono luce per l’uomo.

Sono un mezzo che sollecita l’uomo a cercare la luce.

Ora, se l’uomo non cerca presso Dio la luce per il suo giudizio, l’uomo fa peccato verso Dio.

L’uomo sostanzialmente rivela di preferire la creatura al Creatore.

Cioè preferisce il punto di vista della creatura, al punto di vista del Creatore.

Preferisce il punto di vista dei capi (per questi giudei), preferisce il punto di vista della folla (per Pilato), al punto di vista di Dio.

Sostanzialmente quando l’uomo si affida alla creatura, anziché al Creatore, implicitamente disprezza la Verità di Dio nel suo cuore.

E questo è il peccato di Adamo.

Rinuncia alla primogenitura e questo è il peccato di Esaù.

Questo ci porta a scoprire questa grande verità, questo grande fatto: Dio stabilisce con ciascuno di noi un rapporto personale, ma vuole che ognuno di noi, tratti personalmente con Lui.

Ci conduce a questa grande scoperta, che tra la nostra anima e Dio non s’interpone nessuna creatura, nessun superiore, nessuna istituzione, nessuna comunità, nessun gruppo.

Perché tra la nostra anima e Dio c’è un rapporto diretto e personale.

Dio tratta personalmente con noi.

Noi non dobbiamo interporre tra la nostra anima e Dio altro.

Tutto è buono, tutto ci serve, per entrare in questo rapporto personale, Dio però vuole che noi gli diamo del tu e non che gli diamo del lei, passando attraverso altri.

Per cui la Luce si forma in noi solo quando l’attingiamo personalmente da Dio, in Dio.

Dio ha riservato la sua Verità a Sé solo e non la dà a nessuno.

Ecco perché la sua Verità è nascosta.

E può restare nascosta eternamente, fintanto che noi la cerchiamo, o nei nostri sentimenti, o attorno a noi dagli altri.

Perché Dio ha riservato la comunicazione della sua Verità a Sé solo e noi attingiamo la Luce, soltanto in quanto l’attingiamo da Lui.

Per questo Lui dice di non dare a nessuno il nome di maestro.

Noi, dando ad altri il nome di maestro, praticamente ci impediamo di attingere la Verità nella sua sorgente e quindi ci impediamo di conoscere la Verità, di conoscere Dio.

Perché la Verità, Dio la riserva a Sé solo.

È giusto che l’Autorità  viene dalla Verità, non è giusto che la Verità venga dall’autorità.

La Verità viene dalla Verità e si attinge soltanto nella Verità di Dio.

Noi siamo portati a fare questo errore che è una conseguenza del pensiero di noi stessi.

Noi anziché amare ciò che è veramente importante, noi siamo portati a dare importanza a ciò che amiamo.

Noi senza rendercene conto operiamo un grande capovolgimento.

Le cose non sono importanti per quello che sono, le cose per noi diventano importanti, per il tempo che sprechiamo dietro a esse.

Quanto più tempo e pensiero dedichiamo ad una cosa, più questa cosa diventa importante ai nostri occhi.

Mentre noi dovremmo dedicare tempo e pensiero a ciò che è più importante.

Ma per riconoscere ciò che è più importante, noi dovremmo sempre guardare alla Verità, scoprendo così che la Verità è ciò più importante per noi per dedicarci quindi molto più alla Verità che non ad altro.

Invece dedicandoci ad altro, noi facciamo importante quell’altro.

Allora le cose diventano agli occhi nostri importanti, non perché sono importanti, ma in quanto diventano oggetto di amore, di vita per noi.

È lì che possiamo scoprire la colpa e non la virtù di cui ci carichiamo, quando preferiamo affidarci a quello che dicono i capi, a quello che dice l’autorità, anziché dedicarci personalmente alla conoscenza di Dio.

Perché se noi diamo importanza a quello che dice l’autorità, qualunque essa sia, è perché implicitamente dentro di noi, c’è un interesse nostro, una comodità nostra che vogliamo giustificare, per cui noi riteniamo più comodo ubbidire a quello che dicono gli uomini piuttosto che impegnarci in quello che ci propone Dio.

Cioè noi implicitamente, vogliamo giustificare un nostro disimpegno da Dio.

Abbiamo visto spesso che la Parola di Dio è un impegno.

È una proposta che c’impegna personalmente.

E quando noi, o perché l’impegno diventa difficile, o perché siamo interessati o distratti da altro, noi ci sottraiamo a questo impegno con Dio, giustificandoci e affidandoci a quello che dicono gli altri o l’autorità.

Ma mi affido, in quanto mi fa più comodo credere a quello che mi si dice, piuttosto che impegnarmi personalmente in quello che Cristo dice e propone.

L’ubbidienza (peccato di Adamo) di Adamo verso Eva, fu rimproverato, quindi non fu un atto di virtù, questo è evidentissimo.

Quest’ubbidienza, denuncia quindi un errore nella creatura nei riguardi di Dio.

Un errore quindi un disimpegno.

Adamo di fronte alla proposta di Eva, avrebbe dovuto portare questa proposta di Eva in Dio per chiedergli: “Tu Dio cosa ne dici?”.

Fu così che mangiò il frutto proibito.

Il giudicare secondo l’apparenza è quindi mangiare il frutto proibito.

Quello che poi ci scaccia dal paradiso terreste, ci scaccia cioè da quella che è l’armonia con Dio, l’unione con Dio.

Ecco per cui cominciamo ad esperiementare la tribolazione dell’assenza di Dio.


Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Gv 7 Vs 26 Quarto tema.


Titolo: Rapporto tra Verità e autorità.


Argomenti: L’ubbidienza all’autorità – I dogmi – Materiale di dialogo con Dio – La falsa umiltà – L’autorità di Dio – Adamo ed Eva – La Verità personale – Le false sicurezze – Il culto del tempio,Geremia – Le parole di Cristo – Il dialogo con Dio –


 

27/ Luglio /1982



Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Gv 7 Vs 26 Quinto tema.


Titolo: . Perché Adamo fu portato ad ubbidire ad Eva?


Argomenti: Il conflitto tra la creazione e Dio – L’autorità – Non è lecito abbandonarsi alla creazione – Chiudere gli occhi – La proposta di Eva – Il voto di ubbidienza - La vera autorità – Eva/Maria/Cristo – L’autorità della creazione – Il peccato originale – Il battesimo – Il metro per misurare gli avvenimenti – Il vizio dell’ubbidienza – La fede imposta  e partecipata -  Il principio di autorità -


 

1/ Agosto /1982 Limonetto.


In questo versetto 26, abbiamo notato uomini che fanno dipendere il giudizio su Cristo da quello che ne dicono i capi.

La volta scorsa, per cercare di capire che rapporto passa tra il mondo esterno, tra l’autorità esterna e la nostra, anima, o meglio, quale è la nostra responsabilità nei riguardi di Cristo, di Dio, della Verità, abbiamo fatto riferimento alla scena di Adamo ed Eva.

E come Adamo, per ubbidire a Eva, cada sotto il rimprovero di Dio, con la conseguente cacciata dal paradiso terrestre.

Oggi dobbiamo cercare di capire il motivo per cui Adamo, fu portato a ubbidire ad Eva.

E quali furono le conseguenze, che cosa significa cioè per noi la cacciata dal paradiso terrestre,

Questa scena, è una scena madre, Eva infatti è la madre di tutti i viventi, del rapporto che avviene tra noi e le creature.

In macchina abbiamo detto che il tema è che non è lecito chiudere gli occhi di fronte alla creazione, non è lecito chiudere gli occhi, mentre si guida una macchina.

Dobbiamo chiederci questo, perché non è lecito chiudere gli occhi di fronte alle creature?

Adamo chiuse gli occhi di fronte alla proposta di Eva.

Fu rimproverato da Dio e ne subì la condanna, lui ed Eva.

Questo problema si affaccia a noi.

In quale rapporto noi ci troviamo in rapporto alla creazione.

Eva rappresenta la creazione, cioè ciò che Dio ha posto come compagnia all’uomo.

Abbiamo ridotto ai minimi termini le presenze che ci sono in questa scena.

Abbiamo Dio, il creatore, abbiamo Adamo ed abbiamo Eva come compagna.

Come compagna che rappresenta tutta la creazione data da Dio ad Adamo come compagna di vita.

Eva non era la vita di Adamo.

Le creature non sono la vita dell’uomo.

Vita dell’uomo è Dio.

La nostra vita è nascosta in Dio, quindi vita dell’uomo è Dio.

Adamo ad un certo momento ha posto la sua vita in Eva.

L’errore sta lì.

Questa scena madre ci mette attenti, circa questo rischio che noi corriamo di mettere la nostra vita nelle creature, mentre le creature non sono la nostra vita ma ci sono date come compagne di cammino.

La nostra vita è in Dio.

A noi non è lecito lasciare la scelta essenziale della nostra vita, ad esempio in balia di un computer, lasciare la scelta principale della nostra vita a quello che può decidere una macchina.

Perché non è lecito?

Cosa succede dentro di noi se noi facciamo questo?

Cosa è successo in Adamo, quando ha messo la sua vita nelle mani di Eva?

Cosa succede nella nostra vita, quando facciamo dipendere la scelta principale della nostra vita dal caso o da una creature?

Abbiamo detto la volta scorsa che Dio ha riservato a Sé solo la luce della Verità.

Tra Dio e la nostra anima c’è un rapporto diretto.

E quando noi ubbidiamo alla creatura anziché al Creatore, noi operiamo un tradimento verso questo rapporto diretto e personale in cui Dio ci ha posto con Lui.

In conseguenza di questo si crea una frattura tale in noi che si crea un conflitto tra la creature e il creatore, per cui  noi non riusciamo più a conciliare il nostro mondo esterno, con il nostro mondo interno.

In Adamo il mondo esterno è stato rappresentato da Eva, Lui avendo ubbidito a Eva, non è riuscito più a conciliare Eva con Dio.

Questa frattura costituisce la tristezza fondamentale della vita di ogni uomo.

Perché l’uomo non riesce a formare l’unità tra la creazione e Dio.

E c’è questo conflitto profondo.

C’è una sorgente di questo conflitto, ma c’è anche una soluzione.

Dobbiamo esaminare quale è la sorgente del conflitto che ogni uomo porta con sé ed è il conflitto nell’uomo tra la creazione e Dio.

Questa impossibilità di conciliare, di unificare il problema del mondo, con il problema di Dio.

Quale è quindi la causa di questo conflitto e dove è la soluzione.

 

C’è questo dato di fatto che ognuno di noi esperimenta.

Questo conflitto tra i doveri, gli impegni del mondo e le esigenze di Dio.

Conflitto quindi tra il mondo esterno e il mondo interno.

Eva rappresenta il mondo esterno.

Evidentemente Dio non ha creato Eva (creazione) per metterci in conflitto con Lui.

Allora il problema è cercare quale è la sorgente di questo conflitto.

In conseguenza di questo conflitto la nostra anima è straziata.

E dove c’è divisione non c’è stabilità.

Gesù dice che la casa che è divisa in se stessa non può durare.

E quando la nostra anima è divisa, non può durare.

C’è in noi questa disgregazione, questa mancanza di stabilità.

Evidentemente noi abbiamo costruito la nostra vita su una frana.

E più la puntelliamo e più il terreno si sgretola e a un certo momento la nostra casa-vita va giù.

N.: Abbiamo assolutizzato quello che doveva essere un mezzo.

Luigi: Adamo ha posto la sua vita, che era in Dio, nelle mani di Eva.

Soltanto che ha interiorizzato un conflitto.

Perché Eva, certamente non è Dio.

Nessuna creatura è Dio.

Tutta la creazione è buona.

L’altra volta abbiamo parlato dell’autorità.

Nessuna autorità, che pure viene da Dio, è Dio.

Noi non possiamo riporre la nostra vita nell’autorità.

In nessuna autorità!

Non possiamo porre le nostra vita nell’istituzione, perché l’istituzione non è Dio.

È opera di Dio ma non è Dio.

Tutta la creazione con tutte le sue istituzioni, con tutte le sue strutture, è sintetizzata all’inizio del mondo in Eva.

Come compagna dell’uomo.

N.: È il peccato originale che si ripete.

Luigi: Esatto.

E dove è la soluzione di questo conflitto?

In che cosa consiste la soluzione?

E mettere bene in chiaro quale è la fonte di questa frattura qui.

Dio ponendoci tutte le creature, le cose e l’autorità attorno, ha riservato a Sé solo la Verità.

Cioè non è lecito guidare la macchina e chiudere gli occhi.

Ma noi nella nostra vita, siamo sempre alla guida di una macchina.

Non è lecito chiudere gli occhi, non è lecito abbandonarci alla creazione.

“Che mi porti la macchina dove vuole, che mi porti la strada dove vuole”.

È un suicidio, questo è evidente ed è un segno.

Noi teniamo presente che tutti i giorni noi siamo alla guida di una macchina e non ci è lecito chiudere gli occhi.

Cosa vuol dire?

Vuol dire che non ci è lecito distrarre lo sguardo da Dio.

Se tu distrai il tuo sguardo da Dio, tu chiudi gli occhi.

Adamo ubbidendo a Eva, ha posto la sua vita in Eva: ha chiuso gli occhi.

Ha abbandonato la guida e sappiamo dove è andato a finire.

Questa è la scena madre del peccato originale che deve illuminare la situazione esistenziale e sofferta in cui si trova ogni uomo.

La situazione di frattura, questa inconciliabilità tra la creazione e Dio.

Perché?

La creazione è tutta opera di Dio, eppure portiamo in noi questa incapacità di unificare.

Eppure Dio non ha fatto Eva o la Creazione per creare un conflitto nell’uomo.

Anzi Eva e la creazione sono un aiuto.

E allora perché nasce questo conflitto.

Vietato chiudere gli occhi.

Vuol dire che Dio la luce l’ha riservata solo a Sé.

“Infatti quando tu hai bisogno di luce di sapienza, domandala al Padre, il Quale la dà abbondantemente senza nulla rimproverare.”

Ma è solo il Padre la fonte della Luce, la sorgente della Luce, non ha delegato la Luce a nessuno.

Ora, se noi non domandiamo al Padre, noi chiudiamo gli occhi di fronte alla creazione.

Chiudiamo gli occhi alla guida della nostra macchina.

 

Adamo si è fatto dipendente da Eva e ha introdotto nella sua vita due padroni.

Facendosi dipendente ha interiorizzato una dipendenza, cioè una autorità.

L’autorità è autorità proprio in quanto c’è una dipendenza.

In quanto ho ubbidito, ho interiorizzato, ho introdotto dentro di me una autorità.

Allora c’è l’autorità di Dio che non posso scacciare da me e poi ho introdotto (facendomi dipendente) l’autorità di Eva, della creazione, ecco la frattura.

Questa frattura mi porta all’incompatibilità, all’inconciliabilità di Dio con tutto quello che è rappresentato da Eva.

Si è reso dipendente, in quanto ha interiorizzato una autorità.

La proposta che viene da Eva, è ancora sempre compagna di vita per Adamo.

Tutte le creature ci fanno delle proposte e sono compagne di vita, in quanto sollecitano la nostra anima ad interrogare Dio.

Chi mi sollecita a interrogare Dio, è compagno di vita.

Se la vita sta in Dio e io sono sollecitato da qualcosa  a cercare Dio, io sono sollecitato a entrare nella vita.

Chiunque mi sollecita, anche se è una tentazione, sostanzialmente mi sollecita alla Vita.

Quindi mi diventa compagno di vita, quindi è buono.

La proposta di Eva ad Adamo è buona, in quanto sollecita Adamo a alzare gli occhi a Dio, cioè ad aprire gli occhi.

Quindi sollecita Adamo ad entrare più intimamente nel Pensiero di Dio, nella conoscenza di Dio.

Se Adamo avesse fatto questo, ne avrebbe ottenuto del bene.

Una maggiore unione con Dio e avrebbe fatto del bene ad Eva.

Bisogna vedere per quale motivo Adamo ha ubbidito alla creatura.

E ubbidendo a Eva ha distolto gli occhi da Dio e ha fatto il danno a sè e il danno a Eva.

Eva, posta come autorità, ha perso il suo orientamento, ha perso il suo punto d’appoggio.

È come porre un dipendente alla direzione quando non lo può essere, quello perde la testa.

Eva nominata come autorità, come superiore al posto di Dio ha perso la testa.

Per cui lei è stata rovinata ed Adamo è stato rovinato.

N.: Eva però non può giustificare la sua colpa in Adamo.

Luigi: Certo ma questa è scena.

Anche Adamo può dire che è stata Eva a farlo cadere.

In realtà, davanti a Dio, Adamo non si può scusare.

Infatti Dio non ha accettato le sue scuse.

È stato rimproverato.

L’altra volta lei parlava del voto di ubbidienza.

Molte volte noi abbiamo dei tabù.

Mettiamo dei miti.

Per cui diciamo che l’obbedienza è una virtù per cui va sempre bene.

No.

L’ubbidienza può essere peccato, può essere colpa.

Non ti è lecito ubbidire alla creatura.

Tu devi ubbidire a Dio.

E in quanto devi ubbidire a Dio, devi sempre interrogare Dio.

Altrimenti ubbidendo alla creatura tu chiudi gli occhi alla guida.

Non ti è lecito chiudere gli occhi davanti alla creazione.

Perché tutta la creazione Dio te la presenta perché tu apra gli occhi.

Aprire gli occhi vuole proprio dire interrogare il Signore.

P.: Ma difatti quando si parla di voto d’ubbidienza l’ubbidienza è a Dio.

Luigi: Ecco l’ubbidienza deve essere a Dio.

P.: Che può parlare attraverso un superiore, un responsabile.

Luigi: Anche lì è da precisare.

Un responsabile, un superiore, una autorità quando è che svolge veramente il suo compito di autorità?

Quando aiuta l’anima a mettersi in rapporto diretto con Dio, a scegliere l’essenziale.

Mai quando si mette al posto dell’essenziale.

Quindi quando mi aiuta a conoscere la luce di Dio.

Non quando si sostituisce a Dio.

Altrimenti abbiamo la falsa autorità.

E lì si è obbligati a disubbidire all’autorità se si vuole ubbidire a Dio.

Come Adamo avrebbe dovuto disubbidire ad Eva.

E avrebbe salvato Eva e se stesso.

N.: Suona un po’ male quel “salvato Eva”, perché chi salva è sempre Dio.

Luigi: Certo è logico.

 

Che colpa potremmo avere noi, se affidassimo la scelta del problema principale della nostra vita ad un computer?

Oppure scegliessimo sfogliando una margherita se dedicare la nostra vita a Dio a agli affari del mondo.

Quale è la colpa?

Il problema principale della mia vita, io lo devo risolvere alla presenza di Dio, se invece lo affido al caso, quale è la colpa?

In fondo è lo stesso problema del rapporto di Adamo con Eva.

Perché la creatura è inferiore a Dio, quindi facendo scegliere Eva, l’autorità, il computer, il caso o la margherita per noi, scegliamo ad un livello più basso di Dio.

E qui introduco in me una dipendenza da una causa irrazionale che non mi illuminerà mai.

Cioè rinunciando al problema principale della mia vita: la luce di Dio, io ho fatto il peccato di Pilato e di Esaù, ho rinunciato alla verità.

Rinuncio cioè ad avere in me stesso la ragione del mio vivere.

Ho scelto un principio d’irrazionalità, al posto del principio razionale che è Dio.

Affidarsi ciecamente all’autorità è come affidarsi al caso o al computer, perché è sempre un qualcosa che non è Dio.

Avendo la Luce solo nel Padre, soltanto se interrogo Dio, io pongo veramente il fondamento illuminato della mia vita.

In caso diverso, io mi condanno alla cecità.

 

Dopo il peccato Adamo è in balia di un fatto irrazionale. Infatti avrà poi paura in seguito.

La paura è un effetto di mancanza di ragione.

Come Pilato che si è affidato alla folla, cade in balia di fatti che non può controllare, verificare, come camminiamo di notte.

 

Il peccato di Adamo sta alla base della nostra situazione, ubbidendo alla creatura abbiamo inaugurato un cammino irrazionale.

 

Questi giudei fanno dipendere la fede in Cristo da quello che dicono i capi, da delle creature che sono inferiori a Dio.

“Non giudicate secondo l’apparenza ma giudicate con retto giudizio”.

Questi giudei giudicano secondo l’apparenza come Adamo ha giudicato secondo l’apparenza.

Perché l’apparenza per loro sono i capi, sono i superiori e delegano ad essi il riconoscimento o meno della verità di Cristo.

Quindi questi giudei non cercano il retto giudizio nei riguardi di Cristo.

Cristo che parla, in quanto parla, dà a loro la possibilità di riconoscere che quello che Egli dice è vero secondo Dio.

Ma ognuno è responsabile di riconoscere se questo è vero o falso.

Non serve andare in giro e sentire cosa dicono gli altri di Lui.

La creatura per quanto autorevole non è Dio.

Non serve che ti dica che Lui è il Cristo o non è il Cristo.

Tu devi cercare dentro di te la conferma.

Perché è nel Verbo interiore è in Dio, in questo punto immacolato che ognuno di noi porta dentro di sé che scaturisce la luce, che mi dà la possibilità di assorbire il problema che mi viene dal Cristo, e il problema che mi viene da tutta la creazione (anche da Eva) nell’unità di Dio.

La vera autorità ce l’ha soltanto colui che ha contemplato in Dio.

È la contemplazione in Dio che rende l’uomo autorevole.

L’autorità viene dalla Verità.

                                                                     La Verità contemplata.                                          

Fintanto che non c’è la Verità contemplata non c’è nessuna autorità.

P.: Ma il problema di Adamo non era quello di riconoscere il Cristo.

Luigi: Il problema è lo stesso.

Il problema di Eva, diventa poi il problema di Maria e poi il problema di Cristo.

Tenga sempre presente questa triade: Dio, Adamo e il contorno di Adamo, sintetizzato in Eva.

In questo rapporto: Dio-Adamo-Eva c’è stato un fallimento.

A un certo momento, al posto di Eva abbiamo Maria.

E poi abbiamo Cristo al posto di Eva.

Adamo è l’uomo.

Il problema di Cristo diventa poi il problema di Eva.

E l’uomo deve interrogare Dio circa Cristo.

Per cui Eva, attraverso la sua obiezione, proponeva ad Adamo d’interrogare Dio, Cristo sollecita l’uomo a interrogare Dio.

Se io anziché interrogare Dio mi rivolgo ai capi, io fallisco, come ha fallito Adamo.

Cioè tutto è buono e tutto ha una sua autorità.

La creazione ha una sua autorità.

Io non posso smentire la creazione.

Io non posso smentire Eva.

Ma è l’autorità della notte.

Non è l’autorità del giorno.

Tutta l’autorità del mondo, anche le istituzioni, anche la chiesa è l’autorità della notte.

La notte che invoca il giorno.

La notte che mi sollecita all’aurora.

L’autorità è vera in quanto mi sollecita a cercare la luce di Dio.

È l’autorità delle cose che io non posso smentire e che mi propone un problema di scelta, di valore.

Il giudizio di Verità viene da Dio ma il giudizio di scelta viene dalla creazione.

Per cui c’è l’uomo, c’è Dio e poi c’è tutta la creazione, opera di Dio che sollecita me a cercare la luce in Dio.

Per cui tutte le cose sono fatte bene da Dio.

Perché Dio ha creato la mia anima in rapporto con Sé e poi ha creato tutto un contorno che mi deve sollecitare a guardare Dio.

Quindi tutto è fatto molto bene.

 

Il peccato di Adamo è il peccato di fondo di ogni creatura.

P.: Nasciamo tutti con il peccato originale meno la Madonna.

Luigi: Il peccato dei padri ricade sui figli.

Dal momento che ogni creatura parla, noi subiamo il disorientamento di tutte le parole degli uomini, fintanto che non entrano in contatto con Dio.

Lì abbiamo la possibilità di trascendere tutto.

N.: In quella colpa originale siamo determinati.

Luigi: Certo, fintanto che non incontriamo Dio.

Altrimenti nessuno di noi è libero: “Chi fa il peccato è schiavo del peccato”.

N.: Se solo la Madonna è nata pura, siamo obbligati al peccato.


Luigi: Non è lecito lasciarsi guidare dalle creature.

Come non è lecito chiudere gli occhi alla guida di una macchina e lasciarsi guidare dalla macchina.

Tutte le creature senza Dio sono come macchine.

Hanno bisogno di essere guidate da una mente, dallo spirito.

Se la mente chiude gli occhi, la macchina ci porta alla rovina.

Da sola la macchina non può tenere la strada.

E la nostra mente a sua volta ha sempre bisogno dello Spirito della Presenza di Dio.

Cioè dobbiamo consultare Dio in ogni cosa: questo vuole dire avere gli occhi aperti.

Allora è Dio che ci mantiene sulla strada.

Noi invece generalmente ci facciamo guidare dai sentimenti e sono macchine, dalle creature e sono macchine e quindi chiudiamo gli occhi.

 

Noi in un modo o nell’altro siamo portati a giudicare.

O giudichiamo secondo l’apparenza o giudichiamo secondo il retto giudizio.

La creazione ci costringe  a giudicare perché ci costringe a scegliere, non possiamo farne a meno.

Tutti i giorni noi scegliamo e quindi giudichiamo.

 

Ubbidendo alla creatura introduco in me un un altro principio diverso da Dio.

È come una donna che amando un uomo iniziasse ad amarne un altro.

Quei due amori, introducono un principio di conflittualità nella donna.

Ora, certamente Dio non è la creatura.

E se noi ci lasciamo guidare dalla creatura come Adamo con Eva, ecco che l’uomo-Adamo introduce in se stesso un altro padrone, un altro amore.

Quindi abbiamo la conflittualità.

E questo c’impedisce poi la vita semplice, la trasparenza.

 

La funzione della creatura è quella di sollecitare l’uomo a consultare Dio.

Perché pone l’uomo di fronte a una scelta e l’uomo per scegliere rettamente deve consultare Dio.

È come se qualcuno ci mettesse di fronte a un problema legale di difficile soluzione, cosa facciamo?

Andiamo dall’avvocato a consultare l’avvocato.

Le creature ci mettono sempre di fronte a dei problemi che noi da soli non possiamo risolvere, quindi sono occasioni per consultare Dio.

Per questo che dico che l’autorità che c’è nelle creature, è l’autorità della notte che invoca la luce.

Provoca noi a rivolgerci alla luce, cioè a Dio.

Noi però possiamo sbagliare e possiamo fare come ha fatto Adamo; accontentare la creatura, soddisfare la creatura e quindi ubbidire alla creatura.

Anziché cercare la soluzione del problema in Dio applico una soluzione orizzontale sbagliata.

La creatura di per sé non è cattiva o da evitare, è buona in quanto è una sollecitazione a guardare Dio.

Se io escludessi il mondo, io escluderei tutte quelle sollecitazioni che Dio mi pone per conoscere Lui e quindi mi priverei della possibilità di conoscere Lui.

I segni non sono solo scalini ma sono energia che mi sospinge verso Dio.

 

L’ubbidienza da virtù può diventare vizio.

Il più delle volte l’ubbidienza ci viene presentata come una virtù ma qui l’ubbidienza passa da virtù a vizio.

Siamo noi che diamo autorità alle creature, perché mi fa comodo avere un altro che pensi per me, che decida per me.

La rinuncia a scegliere davanti a Dio non è giustificata.

 

Noi abbiamo un dono che arriva a noi senza di noi, che s’impone a tutti ed è il Pensiero di Dio.

Proprio in quanto s’impone, richiede un atto di giustizia.

Questo primo dono stabilisce la fede e anche satana crede, ha fede.

Satana non può non credere.

Non è la fede che salva.

È una fede imposta.

Se tu adesso aderisci a questa fede iniziale imposta, questa adesione è un atto di giustizia.

Dio ti fa vedere che questo è bianco e tu dici che è bianco.

Il bianco però s’impone.

Se aderisco adesso inizia una fede nuova che è una fede partecipata che è passione, perché è subentrato qualche cosa di me.

Allora adesso incomincio a difendere quella, perché c’è il mio io interessato.

E.: La giustizia può essere un atto esclusivamente intellettuale del pensiero.

Luigi: Deve essere.

Se manca quello, tutta la mia giustizia è soltanto recitata.

La prima cosa è riconoscere con l’intelletto che questo è giusto, è vero, che poi dopo nella pratica tu sia un delinquente interessa relativamente.

Incomincia a dire con l’intelletto che quello è vero, è giusto.

Il più delle volte noi facciamo tanti atti di virtù ma con l’intelletto discutiamo.

E lì allora diventa pericoloso.

 

Noi implicitamente diciamo che chi dà autorità alle cose è l’uomo.

“Con quale autorità fai queste cose?”

Cioè quale è la scuola che ti autorizza a parlare?

Se io non ti do il diploma di predicatore tu non puoi parlare.

Quindi è l’uomo che assume su di sé il principio di autorità.

È l’uomo che vuole mettersi al posto di Dio.

Scavalca l’autorità di Dio.

Io non posso fare appello ad altri nel problema essenziale della vita.

Non posso abbandonare la mia vita in mano ad altri,

Perché la mia vita è in mano a Dio.

Quindi non posso dire a Dio: “Prendo la Tu Vita e la consegno in mano ad altri”.

No, perché la tua vita è in Dio.


Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Gv 7 Vs 26 Sesto tema.


Titolo:  Non è lecito chiudere gli occhi.


Argomenti: L’opera di Dio incompiuta nell’uomo – Il superamento dell’abitudine – Amore e valori – Cercare di piacere alle creature – L’ambiente è proiezione del nostro rapporto con Dio – La sola autorità è Dio – Schiavi di ciò che amiamo – Predicare il regno di Dio -


 

2/ Agosto /1982