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Ma quando i suoi fratelli furono saliti alla festa, allora anch’Egli vi ascese, non però apertamente ma quasi di nascosto. Gv 7 Vs 10 Primo tema.


Titolo: La contraddizione.


Argomenti: La condizione per sperimentare la presenza di Dio è la coincidenza d’intenzioni. Giona e Ninive. Dio muta tempi e fatti ma non la sua intenzione. La partecipazione consapevole alla presenza eterna di Dio. L’intenzione pura. Dio ci provoca a scegliere per formare una volontà. La costante d’amore di Gesù. Come Dio è presente in noi.

 


 

24/ Gennaio /1982


Gesù aveva detto che non sarebbe andato alla festa, invece adesso ci va.

La prima impressione che si riceve da questo fatto è la contraddizione.

Gesù ha detto una cosa e poi ne ha fatta un altra.

In questo versetto gli argomenti sono due: la contraddizione e il suo andare alla festa di nascosto.

Anche qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato Dio vuole dare a noi, attraverso suo Figlio che opera in questo modo.

Siccome Dio opera tutto per salvare l’uomo, attraverso tutte le cose, noi dobbiamo trovare una lezione di vita per noi personalmente.

Dio ci sta educando alla vita eterna.

Cioè Dio ci sta educando a convivere con Lui che è verità, con Lui che è spirito, in modo che anche noi, possiamo essere con Lui sempre e, in tutto lasciandoci guidare dal suo Spirito.

Solo se noi impariamo a lasciarci guidare in tutto dal suo Spirito, noi abbiamo la possibilità di restare con Lui, altrimenti noi ci separiamo da Lui e anziché esperimentare la sua presenza, noi esperimentiamo la sua assenza.

È l’argomento di domenica scorsa, per cui Gesù se ne stette in Galilea, mentre i suoi fratelli andavano in Giudea.

Il motivo della separazione da Dio, sta sempre nel fatto che noi non capiamo le sue parole poiché per capire le sue parole bisogna avere la sua intenzione.

Noi possiamo anche illuderci di capire le sue parole, rivestendole delle nostre intenzioni o delle intenzioni degli altri, ma né le nostre intenzioni, né le intenzioni degli altri uomini, sono le intenzioni di Dio.

L’intenzione di uno si ricava solo dall’essere di quell’uno e siccome Dio non si confonde con nessun altro essere, ecco che tutte le volte che noi rivestiamo le sue parole con una intenzione diversa dalla sua, noi le fraintendiamo.

E fraintendendole, perdiamo la possibilità di esperimentare la sua presenza. Anzi noi esperimentiamo l’assenza di Dio.

Poiché la condizione per esperimentare la presenza di Dio è la coincidenza delle intenzioni.

Fintanto che l’intenzione che portiamo in noi non coincide con l’intenzione di Dio, noi non possiamo esperimentare la presenza di Dio.

Abbiamo detto che il primo argomento che si presenta ai nostri occhi è l’apparente contraddizione: Gesù dice una cosa e poi ne fa un altra.

È quella contraddizione in Dio che faceva scappare Giona da Dio,  Giona si rifiutava di andare a Ninive e di fare il profeta di Dio, perché sapeva che Dio lo mandava a dire una cosa e poi dopo ne faceva un altra e quindi ne scadeva la figura di lui come profeta: perché profetava una cosa che poi non si avverava.

Però in quel caso Dio dà a Giona una giustificazione, gli fa capire qual è la vera sua intenzione: Dio minaccia di distruggere Ninive, non per distruggere Ninive ma per salvare gli uomini e se gli uomini si salvano, non c’è nessun motivo per distruggere la città.

Ecco l’intenzione fondamentale di Dio, l’intenzione non è quella di distruggere, l’intenzione è quella di salvare, l’intenzione è quella di aprire l’uomo e talvolta Dio minaccia, ma la minaccia di Dio non è per condannare, la minaccia di Dio è per salvare.

Quindi quella che apparentemente è volubilità, a fondo è costanza di una stessa intenzione.

Dio muta i tempi, muta i fatti, ma non muta la sua intenzione, quindi noi troviamo la stabilità di Dio nel suo Pensiero, nel suo Spirito, non negli avvenimenti.

Gli avvenimenti mutano ma Dio non muta.

Se i tempi mutano, i tempi sono opera di Dio, i tempi mutano ma Dio è immutabile.

Se noi ci fermiamo soltanto ai tempi: ieri pioveva e oggi c’è il sole e allora Dio muta? No Dio non muta.

Mutano le sue opere, mutano i tempi ma la costante è nel suo Spirito, noi dobbiamo cercare di arrivare al suo Spirito, alla sua Intenzione.

Fintanto che non arriviamo al suo Spirito, noi vedremo sempre questo mutare delle cose.

Ma il mutare delle cose ha sempre una finalità unica.

E soltanto se noi arriviamo a scoprire questa unica finalità, noi vedremo l’immutabilità di Dio in tutto il suo parlare e in tutto il suo agire.

Se invece noi ci fermiamo all’apparenze delle cose noi riteniamo Dio in contraddizione, come apparentemente qui è in contraddizione poiché dice di non andare alla festa e poi ci va.

Ma evidentemente non era la festa che interessasse o meno Gesù, se così non fosse avremmo certamente la contraddizione.

Ma il fatto che Lui abbia detto di non andare alla festa e poi dopo ci va, ci fa capire che il vero suo interesse non fosse la festa.

La festa era soltanto un mezzo, Lui tendeva a rivelare che cosa?

Quello che veramente gli stava a cuore era attrarre gli uomini a Sé.

Dio opera in tutto per salvare l’uomo.

E siccome la salvezza dell’uomo sta nel conoscere Dio, sta in Cristo, ecco che in un primo tempo Lui dice qual è la sua volontà, per provocare nell’uomo il desiderio di Lui.

Attraverso tutte le opere, Dio tende a far scegliere all’uomo, attraverso un atto d’amore verso di Lui, per cui Lui diventa la festa di colui che ama, di colui che crede.

Teniamo sempre presente che i termini attraverso cui si svolge tutta la problematica della nostra vita sono questi: Dio è presente in noi senza di noi (principio) e Dio presente in noi con noi, con la nostra partecipazione consapevole.

Perché si formi in noi questa partecipazione consapevole della sua presenza e quindi sia data a noi la possibilità di esperimentare la sua presenza, Dio opera affinché noi possiamo trovare la nostra gioia e Gesù dice “una pienezza di gioia”.

Dio vuole condurci a farci esperimentare la sua presenza ad un punto tale che non tramonta più, perché la conoscenza del Padre è più forte di ogni altro argomento, di ogni altra ragione.

Ma per arrivare all’esperienza della presenza di Dio, non basta l’intenzione di Dio di donarsi, si richiede l’intenzione da parte della creatura e bisogna che nella creatura si formi quella stessa intenzione che è in Dio.

Perché è la coincidenza di due intenzioni che dà alla creatura la possibilità di trovare e di esperimentare la presenza di Dio.

Per formare questa intenzione di Dio, Cristo (volontà di Dio) opera per provocare in noi delle scelte.

Perché proprio provocandoci con delle scelte, tende a suscitare in noi una volontà, una intenzione.

E fintanto che non si forma in noi quell’intenzione che è condizione per esperimentare la sua presenza, Lui ci presenterà sempre delle scelte da fare.

Così qui in questa pagina, noi vediamo che Cristo parla con i suoi fratelli (tutti siamo suoi fratelli) per provocare in loro una scelta.

La scelta tra la festa luogo in Gerusalemme e la festa persona, cioè ci fa capire che il centro, l’anima della festa è una persona, non è il luogo.

E questo ci riporta a quel vero concetto di festa, a quel sabato che troviamo nella Genesi, quando Dio, avendo concluso tutta la sua opera, finalmente si riposò.

Quel sabato che fu un sabato senza sera è l’inaugurazione della vita vera in noi alla presenza di Dio.

Dio parla in tutto e se tutte le sue parole concludono in questo sabato senza sera, noi siamo invitati in tutto a concludere in questo sabato.

L’intenzione con cui Gesù faceva quella proposta ai fratelli: “Io a quella festa non vengo”, era per metterli nell’occasione di scegliere tra quella festa a Gerusalemme e la vera festa che era Lui, cioè era per provocarli nell’amore.

Quindi quello che faceva parlare Gesù era l’amore per l’uomo.

Proprio in quest’intenzione noi non vediamo più la contraddizione in Cristo, poiché era l’amore che gli faceva dire di non andare alla festa ed è l’amore che lo fa andare alla festa.

Gesù va a Gerusalemme per non lasciare soli i fratelli.

Questo ci fa capire come Dio prende su di Sé le nostre colpe, pur di restare con noi.

Non è che il suo restare con noi ci salvi automaticamente, ma Lui sa che se non restasse con noi, noi non avremmo nessuna possibilità di salvezza.

Lui resta con noi nonostante tutto, però per restare con noi deve prendere su di Sé le nostre colpe del nostro rifiuto d’amore, Lui prende su di Sé le nostre colpe, pur di restare con noi e di dare a noi la possibilità della salvezza, perché senza di Lui non possiamo fare niente.

Quindi Lui a costo di lasciarsi crocifiggere, a costo di lasciarsi uccidere, a costo di essere giudicato dagli uomini, dai suoi fratelli come incoerente, Lui rimane.

Ed era una contraddizione palese il fatto che Lui Dio, non sia sceso dalla croce: “Se sei Dio scendi dalla croce! E noi ti crederemo”.

Ma Lui dalla croce non è sceso.

Perché sapeva che solo restando in croce, dava la possibilità a tutti gli uomini, a tutti coloro che lo crocifiggono, dava la possibilità della salvezza.

Se fosse sceso non avrebbe dato la possibilità, quindi questo primo argomento dell’apparente contraddizione si risolve in questa costante d’amore che guida in tutto Dio.

In un primo momento Dio esprime la sua volontà per suscitare in noi la sua stessa intenzione, se noi non capiamo, Lui prende su di Se stesso la contraddizione che è in noi e pur di restare con noi viene là dove Lui aveva detto che non sarebbe venuto e si lascia anche mandare a morte dall’uomo, pur di restare con l’uomo, perché sa che se si sottrae all’uomo, l’uomo non ha più nessuna possibilità di salvezza.

Però c’è questo fatto che dice qui: “Gesù vi andò non apertamente ma di nascosto”,  Lui non è andato con i suoi fratelli, cioè non è andato alla festa per approvarli e questo ci ha evidenziato che nei fratelli non c’era la Sua intenzione, ha evidenziato che loro non hanno capito la Sua intenzione.

E il fatto che sia andato di nascosto, cioè alla loro insaputa, ci rivela che Dio permane in noi ma senza di noi.

Lui è andato alla festa senza i suoi fratelli.

Lui entra nella nostra vita, in questa Giudea che è il nostro mondo interiore, a nostra insaputa.

Noi non sappiamo come Lui sia presente in noi

E il fatto che noi non sappiamo come Lui sia presente in noi, rivela che Lui è in noi senza di noi.

Solo il giorno in cui si farà questa luce in cui vedremo “come” Dio è presente in noi, solo allora Lui sarà presente in noi con noi.


Ma quando i suoi fratelli furono saliti alla festa, allora anch’Egli vi ascese, non però apertamente ma quasi di nascosto. Gv 7 Vs 10 Secondo tema.


Titolo: Cristo non ci abbandona mai.


Argomenti: L’inferno e il paradiso si costruiscono quotidianamente. La demenza senile. La pace del bene immutabile. La svalutazione. Comunismo e capitalismo. L’assoluto nell’uomo. La psicologia umana. Nascere dall’amore di Dio. Dio prende su di Sè il nostro peccato.


 

25/ Gennaio /1982





Ora i Giudei lo cercavano durante la festa e dicevano “E Lui dov’è?”. Gv 7 Vs 11 Primo tema.


Titolo: Cristo è la vera festa.


Argomenti: Scegliere tra il segno e la persona. Dio o la creatura. La festa senza Cristo diventa bisogno di Lui. La pietra scartata. Sintonia d’intenzioni=presenza. Il bisogno di Dio che ci conduce di fronte a una porta chiusa. Ritrovare l’iniziativa di Cristo in Galilea.


 

31/ Gennaio /1982


I fratelli di Gesù se ne erano andati dalla Galilea, dove Gesù era rimasto.

Arrivati a Gerusalemme questi fratelli trovano che i giudei cercano proprio Gesù che loro avevano lasciato in Galilea.

Loro avevano lasciato Gesù in Galilea, avevano preferito andare alla festa, quindi c’è stata una scelta tra il restare con Gesù e l’andare alla festa di Gerusalemme.

Ma la sorpresa è qui che proprio a quella festa loro si accorgono che tutti stanno cercando Gesù.

La Giudea rappresenta il nostro mondo interiore e Gerusalemme è la capitale della Giudea ed è la citta di Dio come lo è la nostra anima, mentre la Galilea rappresenta il mondo esteriore quindi questo passaggio dalla Galilea alla Giudea dei fratelli di Gesù, rappresenta il passaggio dal mondo esteriore al mondo interiore, rappresenta l’interiorizzazione dell’uomo, dopo avere trascurato Gesù.

E che cosa si scopre in questo mondo interiore?

I fratelli notano che i giudei cercano Gesù.

Ecco, nel nostro mondo interiore, a un certo momento scopriamo che tutto diventa esigenza di Dio, bisogno di Cristo.

L’altra volta ci siamo domandati quale fosse il significato della festa, la festa è il giorno di Dio, la festa è il sabato, la conclusione di tutti i tempi, di tutti gli avvenimenti, è il giorno del riposo.

Ma che significato può avere la festa senza Cristo?

Poiché Cristo stesso ha dichiarato apertamente di non volere partecipare a questa festa.

E allora abbiamo visto che la vera festa è Cristo.

Cristo è l’anima della festa e dove c’è Cristo lì è la festa.

E allora ecce la necessità di scegliere tra il segno e la Persona, tra la festa-luogo e la festa-Persona.

Dio opera tutte le cose per condurre noi alla festa con Lui, o meglio ad individuare che Lui è la festa, lui è la conclusione, il fine di tutte le sue opere e quindi è anche il senso e il significato di tutta la nostra vita,

Ma se tutto si conclude in Lui, tutto di noi va superato per arrivare a Lui, perché Lui non si confonde con nessuna creatura, con nessun altra opera, con nessun segno.

Allora pur se tutto è segno di Dio, dobbiamo prendere consapevolezza che Dio non si confonde con niente.

Dio è Colui che è in Se stesso, Dio è l’essere.

Dio si significa in tutto ma non si identifica con nessuna delle sue opere.

Ecco allora la necessità di questo passaggio, di questa scelta, che il Verbo, la Parola di Dio giungendo a noi c’impegna a fare: il passaggio dai segni al Signore, dalle creature al Creatore.

È il passaggio dai giorni di Dio alla persona di Dio.

Per questo Gesù in Galilea, dichiarando di non andare alla festa, ha provocato una scelta nell’animo di coloro che lo stavano ad ascoltare: restare con Lui o andare alla festa?

Tutte le opere di Dio, tutte le parole di Dio sono delle proposte e di fronte a una proposta, la creatura necessariamente deve fare delle scelte.

E le scelte si concludono sempre in questi termini: preferisco o Dio o la creatura.

Perché la parola di Dio mi propone Dio quindi mi propone sempre il passaggio dal segno a Lui, dalla creatura a Lui.

Qui di fronte alla proposta di Gesù: “Io non vado alla festa in Giudea”, i suoi fratelli hanno scelto di andare alla festa e quindi hanno lasciato Gesù.

Abbiamo visto che anche questo è un grave segno di tutte le scelte che noi facciamo nella nostra vita.

Perché mano a mano che viviamo, Dio ci propone in continuazione queste scelte tra le creature e Lui, tra il nostro io e Lui, tra quello che dicono gli uomini e Lui.

Tutto è buono, tutto è opera di Dio, però tutto va lasciato per Dio, se vogliamo avere in noi quell’intenzione che non è più nostra ma che è di Dio e che dà a noi la possibilità di esperimentare la sua presenza, altrimenti noi esperimentiamo l’assenza di Dio.

E allora ci siamo chiesti: che significato ha la festa senza Dio?

Qui capiamo che cosa diventa la festa senza Cristo.

La festa senza Cristo diventa bisogno di Lui

Il tema di oggi è approfondire il significato di questo bisogno di trovare Gesù, che i suoi fratelli andando alla festa a Gerusalemme avvertono.

Gerusalemme rappresenta la nostra anima e questo bisogno di Dio, è avvertito nell’anima, dopo che l’anima ha fatto una scelta, cioè dopo che l’anima ha preferito altro a Dio.

Questo ci conduce a capire che, ad un certo momento noi sentiamo (per opera di Dio) il bisogno di quello che abbiamo scartato.

Gesù dirà che la pietra scartata dai costruttori, è diventata la pietra angolare.

Ecco qui questi fratelli che hanno scartato Gesù, preferendo la festa, ciò che loro hanno scartato è diventata in loro la pietra angolare, perché è diventato il bisogno fondamentale che loro hanno trovato a Gerusalemme.

Gerusalemme ha fatto sentire in loro il bisogno di Colui che loro avevano abbandonato.

Il che vuole dire che noi saremo attratti proprio da ciò che avremo trascurato.

Dobbiamo approfondire questo bisogno che l’anima sente verso ciò che ha trascurato e allora dobbiamo riallaciarci con la proposta fatta precedentemente da Gesù.

Gesù aveva proposto ai fratelli di restare con Lui, poiché dicendo di non andare alla festa, li invitava ad una scelta d’amore se avessero avuto amore per Lui, li invitava cioè a preferire Lui alla festa, poiché è Lui l’anima della festa, dove c’è Lui c’è la vera festa.

Gesù ha proposto questo, per offrire loro la possibilità di scegliere personalmente Lui, perché soltanto scegliendolo personalmente, preferendolo ad altro, lo sceglievano intenzionalmente e quindi interiorizzavano in se stessi l’intenzione di Dio, cioè l’amore di Dio.

Abbiamo visto che la condizione per potere esperimentare la presenza di Dio nella nostra vita è essere in sintonia con l’intenzione di Dio, cioè di avere dentro di noi l’intenzione stessa di Dio.

Quando Dio dà a noi la possibilità di avere noi la sua intenzione, ci offre la possibilità di vedere realizzato l’amore.

Cioè ci offre la possibilità di esperimentare la sua presenza.

La sua presenza è una conseguenza dell’avere in noi la sua intenzione, se in noi non c’è questa intenzione di Dio, noi ci precludiamo la possibilità di esperimentare la sua presenza e quindi ne esperimentiamo l’assenza.

Gesù ha proposto ai suoi fratelli, l’occasione, la possibilità di avere in se stessi la Sua intenzione, cioè di interiorizzare dentro di sè la Sua intenzione, in modo da poter restare con Lui ed esperimentare la sua presenza.

Non avendo fatto questo, adesso i fratelli in Gerusalemme esperimentano il bisogno di Gesù, poiché tutte le voci a Gerusalemme stanno cercando Gesù e siccome Gerusalemme rappresenta la nostra anima, significa che ad un certo momento nella nostra vita, tutti i pensieri e i problemi che portiamo dentro di noi ci fanno sentire il bisogno di Dio, il bisogno di trovare Dio, il bisogno di conoscere Dio.

Però è un bisogno che si sente in un campo in cui non c’è l’intenzione di Dio, in cui c’è un altra intenzione e questo conduce ad esperimentare non la presenza di Dio ma l’assenza di Dio.

Quindi c’è un bisogno di Dio che ci conduce di fronte a una porta chiusa, ed è il bussare delle vergini stolte che arrivano di fronte ad una porta chiusa, in cui non sono conosciute.

Questo è conseguenza del fatto di non avere scelto Dio, quando Dio ha offerto a noi la possibilità di preferire Lui ad altro.

Perché il bisogno di Dio lo sentiranno tutti, anche nell’inferno si sente il bisogno di Dio.

Però non è sufficiente questo per potere conoscere Dio: “Dove Io sono voi non potete venire”.

Si può arrivare a conoscere Dio, ad esperimentare la presenza di Dio, soltanto se si cammina con Dio, cioè se si cammina dietro l’iniziativa di Dio, non dietro l’iniziativa nostra.

A un certo momento il bisogno di Dio diventa iniziativa nostra.

Cioè il bisogno di Dio, cresce in un campo in cui noi abbiamo seminato un intenzione diversa da Dio, quindi l’iniziativa è nostra.

E proprio questa iniziativa nostra ci mette nell’impossibilità di potere trovare Dio, ecco la porta chiusa.

Per trovare Dio, bisogna che in noi ci sia l’iniziativa di Dio, bisogna cioè che noi diciamo sì a Lui, nel momento in cui Lui propone a noi la scelta, non quando noi vorremmo trovarlo.

Si arriva a Dio con Dio e dietro Dio, non perché sospinti dai nostri bisogni, dai bisogni delle creature o dai problemi che si formano nella nostra vita.

Ecco questo bisogno di Dio in Gerusalemme ha questo significato.

Il bisogno di Dio seminato in un anima che non ha l’intenzione di Dio, rende l’anima impotente a trovare Dio e questo ci dà anche la possibilità, scoperta la causa, del ritrovare Dio.

Ma per ritrovare Dio bisogna ritornare in Galilea, bisogna ritrovare l’iniziativa di Dio.


Ora i Giudei lo cercavano durante la festa e dicevano “E Lui dov’è?”. Gv 7 Vs 11 Secondo tema.


Titolo: La conoscenza di Dio arriva solo su Sua iniziativa.


Argomenti: L’impossibilità di trovare Dio – Ritornare al Principio – L’interiorizzazione della proposta di Dio – Il segno di Dio e Dio – Il rifiuto della creatura – L’adesione alla proposta di Dio – Applicare la nostra intenzione ai segni di Dio -   


 

2-3/ Febbraio /1982



 E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, travia la gente!» Gv 7 Vs 12 Primo tema.


Titolo: Molteplicità di presenze.


Argomenti: Il bisogno di Dio che non trova risposta. La conflittualità in Giudea. La presenza di Dio è un campo infinito. L’assenza che non esiste è data dalla molteplicità di presenze. Conflittualità di pensieri. Il segno non riportato a Dio diventa passione per il segno in noi. Pregare sempre. Il colloquio con Dio.


 

7/ Febbraio /1982


La prima impressione che abbiamo da questo versetto è quella della discordia, della conflittualità.

Cristo è diventato a Gerusalemme motivo di divisione tra la gente.

A conferma di quello che aveva profetato Simeone: “Egli sarà motivo di salvezza e di rovina, sarà una pietra d’inciampo, sarà uno su cui si discuterà”.

E Gesù stesso dice: “Non crediate che Io sia venuto a portare la pace, ma la guerra”.

Il conflitto, la divisione, la discordia, a motivo di Gesù.

Questo ci fa capire che lo scopo dell’esistenza dell’uomo non è la pace è altro e l’uomo deve avere il coraggio di avventurarsi anche attraverso la lotta, il conflitto, le difficoltà.

Lo scopo non è quello di andare tutti d’accordo, non è quello di fare la pace con il mondo.

Cristo non è venuto a insegnarci a fare la pace con il mondo.

Cristo è venuto ad insegnarci ad amare e a conoscere Dio, a pervenire alla Verità e a renderci partecipi della  di vita eterna a qualunque costo.

Ma qui dobbiamo chiederci il significato per la nostra vita personale di questa conflittualità; perché questo accade e quand’è che questo accade?

Dobbiamo riferire questo al punto di partenza di Gesù in Galilea che rifiuta di andare alla festa di Gerusalemme.

Già intravediamo che il suo rifiuto di andare alla festa, sarà motivo per cui qualcuno dirà che travia il popolo, cioè distoglie la gente ad andare alla festa voluta da Dio a Gerusalemme, distoglie la gente dal sabato, distoglie la gente dalla legge.

Per cui i farisei avranno buon gioco nel dire: “Costui non è da Dio perché non osserva la legge”.

Abbiamo visto che il suo non andare alla festa, era una proposta d’amore, fatta ai suoi fratelli in Galilea, per offrire loro la possibilità di scegliere tra la festa-luogo e la festa-Persona.

Tutto, mano a mano che viviamo diventa una proposta di Dio per farci scegliere tra i segni e Lui, tra gli altri e Lui, tra le cose e Lui, tra le nostre abitudini e tradizioni e Lui, tra il nostro io e Lui.

La vita è essenzialmente un atto d’amore e amare vuole dire mettere qualcuno al di sopra di tutto.

Ecco perché le parole di Dio sono una proposta, ci propongono in continuazione di mettere Lui che è il vivente al di sopra di tutto, di tutti i suoi doni, per dare a noi la possibilità di partecipare a ciò che Egli è e quindi di vivere la sua vita.

Ora Gesù, dopo avere fatto questa proposta ai suoi fratelli, fu lasciato solo in Galilea.

Tra Gesù e la festa, i suoi fratelli preferirono la festa.

Però a Gerusalemme trovano che la gente s’interroga su Gesù che loro avevano lasciato solo in Galilea.

Cioè trovano il bisogno di Colui che loro avevano abbandonato, poiché noi siamo sempre attratti da ciò che scartiamo.

Ma avevamo osservato che questo bisogno di Gesù non si conclude con la presenza di Gesù.

Come abbiamo notato che ci sono due feste, così ci sono due bisogni.

C’è il bisogno che nasce in noi dall’ubbidienza, dall’ascolto di Dio e c’è il bisogno che nasce in noi dalla disubbidienza, dal rifiuto di Dio.

Il bisogno che nasce in noi dall’ascolto di Dio, dall’ubbidienza a Dio, si conclude con l’incontro con Dio, perché nasce dall’iniziativa di Dio, nasce da un si alla proposta di Dio.

Qui abbiamo il sì della creatura che risponde all’offerta di Dio e questo bisogno si conclude con l’incontro con la presenza di Dio.

Poiché la presenza di Dio, è una conseguenza della sintonia delle intenzioni.

Quando in noi c’è la stessa intenzione di Dio e quindi in noi c’è il sì a Dio, questo ci apre all’esperienza della presenza di Dio.

Ma c’è invece il bisogno che nasce in noi, quando rifiutiamo, quando scartiamo una cosa.

La pietra scartata è diventata la pietra d’angolo, la pietra fondamentale, la pietra senza la quale non si può edificare la casa, allora diventa un bisogno ma è il bisogno di una cosa che non si ha più, che è stata scartata.

Qui abbiamo un bisogno di Dio che nasce dalla indipendenza nostra, non più dall’indipendenza di Dio.

Qui allora abbiamo un conflitto di due intenzioni, e qui in questo disaccordo d’intenzioni, si esperimenta l’assenza di Dio e non la presenza.

Cioè l’anima viene a trovarsi di fronte a una porta chiusa, il bisogno la fa bussare, però la porta non si apre.

La porta della Verità, la porta della Presenza si apre alla nostra anima soltanto in quanto l’iniziativa è di Dio.

Quando l’iniziativa è nostra, la porta non si apre ed è qui allora che esperimentiamo l’assenza, perché veniamo a trovarci con un bisogno, con una intenzione che non trova risposta.

Quando portiamo in noi un desiderio, una intenzione, un bisogno che non trova risposta è un bisogno non compreso, non ci sentiamo conosciuti, quindi esperimentiamo l’assenza.

In questa conflittualità che vediamo in questa scena, noi abbiamo l’evidenziazione della porta chiusa.

Cioè siamo invitati ad approfondire le ragioni per cui veniamo a trovarci nell’impossibilità di esperimentare la presenza di Dio.

La folla sentiva il bisogno di Gesù ma il bisogno non si conclude in un accordo ma in un disaccordo, in una lotta, in una guerra tra loro.

Tutto quello che avviene in Giudea, è segno di quello che avviene dentro di noi, nel nostro mondo interiore.

Questo ci fa capire che il nostro bisogno di trovare Dio, di trovare Gesù, di trovare il Cristo, che si forma in noi quando noi non abbiamo ascoltato la Parola di Dio che giunse a noi in Galilea che ci proponeva di scegliere Lui, questo bisogno si conclude in una contraddizione interna in noi.

Non si conclude quindi in una visione ma si conclude in una conflittualità di pensieri, infatti tra questa folla alcuni affermano che Cristo è buono e altri affermano il contrario.

E quando c’è contraddizione, quando c’è conflitto l’anima è paralizzata, non può più avanzare.

Questo ci invita a renderci conto in cosa consiste questa esperienza d’assenza, di porta chiusa che l’anima trova quando viene a trovarsi in questa situazione.

Per renderci conto di cosa è l’assenza, dobbiamo partire da quella che è la presenza di Dio.

I concetti negativi sono intelleggibili soltanto se sono compresi nei concetti positivi.

La presenza di Dio è un campo infinito, vuole dire che la presenza di Dio è in tutto, non c’è nessun luogo in cui Dio sia assente, poiché tutto è segno di Dio, essendo segno di Dio, tutto è campo della presenza di Dio.

Il campo è il luogo in cui si manifesta l’influenza di una presenza.

Dicendo che la presenza di Dio è un campo infinito, s’intende niente escluso, ma allora dobbiamo chiederci come è possibile l’assenza di Dio se non c’è luogo in cui Dio non sia presente.

Infatti il nulla, il vuoto non esiste, esiste l’essere, esiste Colui che è, non esiste il niente, quindi esiste la presenza non esiste l’assenza.

L’assenza è uno stato di malattia, mentre invece la presenza è la Realtà.

Quindi l’uomo è in salute soltanto nella presenza, invece l’assenza è una malattia, è una deformazione perché non è la realtà, la realtà è la presenza.

E allora cosa accade nella creatura per esperimentare l’assenza di Dio che invece è presente in tutto?

Dato che l’assenza non esiste, abbiamo solo la possibilità di moltiplicare le presenze.

In quanto la nostra anima moltiplica le presenze si trova nella impossibilità di esperimentare la presenza di Dio.

Quella che noi chiamiamo assenza di Dio, altro non è che sovraccarico di presenze, molteplicità di presenze.

L’assenza d’amore ugualmente non esiste, ma è data dalla molteplicità di amori.

Noi apparteniamo a un campo di presenza di Dio e così apparteniamo a un campo di amore per Dio, però moltiplicando i nostri amori, noi perdiamo l’amore fino ad arrivare al punto di non essere più capaci di amare.

La nostra assenza di amore è data da troppi amori.

L’impossibilità di esperimentare la presenza di Dio, non è data dalla mancanza della presenza di Dio, ma è data da molteplicità di presenze in noi.

Come è possibile questa moltiplicazione di presenze in noi?

Tutto si riduce a tre termini: Dio il creatore, l’anima della creatura e i segni che Dio fa alla nostra anima.

Dio è presente a noi senza di noi, però opera dei segni per invitare noi a raccoglierli in Lui, affinché possiamo giungere ad avere Lui presente a noi, come Lui è presente a noi.

Lui in quanto crea si rende presente a noi senza di noi, ma opera tutto per condurci alla meta in cui Lui è presente a noi con noi.

Il guaio sta per noi ad entrare nella sua presenza con noi.

Dio ci presenta i suoi segni (proposte) per invitare noi a raccoglierci alla sua presenza, qui avviene invece che noi moltiplichiamo le presenze in noi.

Perché ogni segno di Dio che noi non raccogliamo in Dio, diventa in noi una seconda presenza, una seconda realtà, diventa un altra passione, un oggetto di desiderio diverso da Dio.

Si moltiplicano le realtà in noi: c’è Dio che noi non possiamo annullare ma ci sono anche i segni di Dio e qui allora avviene la moltiplicazione delle presenze nella nostra anima.

Questa moltiplicazione di presenze è una diminuzione della presenza di Dio.

Noi non abbiamo raccolto i segni di Dio in Dio e quindi questa conflittualità di presenze in noi, diventa per noi causa dell’esperienza dell’assenza di Dio.

La via per potere trovare, esperimentare la presenza di Dio è quella di ridurre la molteplicità di presenze in noi.

Noi abbiamo troppo: “Va vendi quello che hai, dallo via e troverai Me”.

Perché quello che impedisce a noi di trovare Lui, è quello che abbiamo di troppo.

E noi abbiamo sempre di troppo: i doni ricevuti da Dio che non abbiamo riportato a Lui.

Per cui la nostra anima non riportando a Dio diventa un principio di divisione, moltiplicazione e quindi un principio di conflittualità.


 E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, travia la gente!». Gv 7 Vs 12 Secondo tema.


Titolo: La pietra scartata.


Argomenti: La molteplicità di pensieri – Traviare il popolo – La porta chiusa – Il conflitto con Dio – Il bisogno di Dio – Il compromesso con il mondo – L’assenza di Dio – La pietra scartata – Il conflitto interiore – L’essenziale – L’intenzione pura – La contraddizione –  


 

8/ Febbraio /1982



 Nessuno però osava parlare di Lui apertamente, per paura dei Giudei. Gv 7 Vs 13 Primo tema.


Titolo: Genesi della paura.


Argomenti: I due bisogni – La presenza infinita di Dio – Molteplicità di presenze – Il condizionamento della realtà – L’assenza della presenza di Dio – La privazione di vita – Unificare in Dio – Il peccato è omissione – Semplificare la vita - La paura di lasciare – Perdere la vita – La sindrome del drogato – Il suicidio – Festa/luogo e Festa/Persona – Il vuoto assoluto -    


 

14/ Febbraio /1982


Qui abbiamo la conclusione dell’allontanamento da Gesù in Galilea.

Il cerchio si chiude e la creatura trova solo più se stessa e l’assenza di Dio.

Quei fratelli che avevano lasciato Gesù in Galilea e avevano preferito la festa a Gerusalemme con i giudei, qui concludono con la paura stessa verso i giudei.

Il cerchio si chiude sulla creatura che si allontana da Dio.

Abbiamo visto la volta scorsa il problema dell’assenza e come l’assenza sia l’altra faccia della presenza.

Oggi dobbiamo vedere come la paura sia l’altra faccia della vita.

Quando abbiamo parlato dell’assenza, abbiamo visto che due sono i bisogni che si formano negli uomini.

C’è un bisogno che è conseguenza dell’ubbidienza a Dio, del sì alla proposta di Dio, sintonia quindi d’intenzioni e questo bisogno conclude con l’esperienza della presenza di Dio, è il bisogno di cui parla Gesù: “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato”.

Poi c’è un altro bisogno che è una conseguenza del no alla proposta di Dio, e abbiamo visto che questo bisogno conclude di fronte a una porta chiusa: “Dove Io sono voi non potete venire”, questo bisogno si conclude con l’assenza.

Assenza che abbiamo visto non è assenza ma è interferenza di presenze.

Poiché c’è una presenza di Dio che è indistruttibile.

La presenza di Dio è un campo infinito, il che vuole dire che non c’è alcun punto dell’universo o della nostra vita o del nostro pensiero in cui ci sia l’assenza, in cui ci sia il vuoto.

Però nel campo della presenza, il nostro io può generare altre presenze.

E genera altre presenze non unificando i doni, i segni, le parole di Dio nello Spirito di Dio.

La vita è essenzialmente unificazione.

Se noi non unifichiamo in Dio, tutto quello che non è personalmente da noi unificato in Dio, diventa in noi e per noi, soggettivamente una realtà, una presenza che interferendo con la Presenza di Dio, impedisce a noi di esperimentare la presenza di Dio, cioè si esperimenta l’assenza.

L’assenza, il vuoto concludono con lo stress e l’angoscia della creatura.

Il bisogno più la presenza è uguale alla gioia, ma il bisogno più l’assenza è uguale a angoscia e paura.

La paura è una conseguenza dell’assenza, del vuoto.

L’uomo di fronte al vuoto ha sempre questa sensazione di paura, ma abbiamo detto che l’assenza in assoluto non esiste, esiste invece la molteplicità delle presenze.

Ne consegue che quanto più l’uomo si allontana da Dio, non raccogliendo in Dio, sfugge a lui l’offerta d’amore che Dio scrive alla creatura in tutte le cose.

Sfuggendogli questo, l’uomo moltiplica le presenze e moltiplicando le presenze viene ad impoverirsi di vita, come moltiplicando gli amori viene ad impoverirsi di amore, cioè viene a trovarsi in una situazione di tanto bisogno di vita, di amore, quanto più si allontana da Dio, più cresce in Lui il bisogno, la fame, ma questa fame resta legata a ciò che Lui non ha raccolto in Dio, cioè resta legata a quelle presenze che Lui ha generato in sé.

Quelle realtà che non avendole portate in Dio, sono per lui realtà presenti, che impediscono a lui di esperimentare la presenza di Dio e che lo condizionano, per cui lui diventa figlio di queste realtà.

Qui abbiamo delle presenze autonome da Dio, dalle quali l’uomo è condizionato.

Proprio questo condizionamento, introduce l’uomo nella paura.

Il cerchio si chiude, perché quanto più uno è condizionato, tanto più ha bisogno di ciò che lo condiziona, ma quanto più ha bisogno di ciò che lo condiziona, tanto più lui ha paura di perderlo, cioè tanto più si trova nella difficoltà nel lasciarlo.

Notiamo che l’incapacità di lasciare, l’incapacità di superare è una privazione crescente di vita.

Noi abbiamo qui la creatura che proprio perché attaccata alla vita, non riesce a distaccarsi da ciò che per lei è vita, ma quanto più non riesce a distaccarsi da ciò che per lei è vita, tanto più perde la Vita.

Poiché la vita è essenzialmente unificazione in Dio.

Dio è il vivente e noi viviamo per partecipazione a Lui, però essendo Dio un essere consapevole, richiede a noi una partecipazione consapevole, un atto quindi libero, ed è questo riportare tutto a Dio che ci rende partecipi della vita di Dio.

Quindi il vero grande peccato è un omissione da parte della creatura, della creatura che omette di riportare a Dio quello che è di Dio, di vedere l’intenzione, il pensiero di Dio nei suoi segni, per cui i segni restano staccati, autonomi da Dio, da condizionare la creatura al punto tale che la creatura non ha più la forza di separarsi da essi.

Quello che impedisce alla creatura di separarsi dai frammenti, dai segni, da queste realtà non unificate in Dio, è l’attaccamento alla vita.

Per questo dico che la paura è l’altra faccia della vita, come l’assenza è l’altra faccia della presenza.

Qui ritroviamo quello che Gesù dice: “Chi vuole salvare la sua vita la perde, solo chi perde la sua vita per amore mio, questi la salva”.

Quando l’uomo, avendo preferito la festa luogo alla festa persona, si è allontanato da Dio, la conclusione è che non può più esprimere se stesso, non può più parlare apertamente, il suo bisogno principale resta soffocato.

Il bisogno principale dell’uomo è il bisogno di Dio, in Gerusalemme i fratelli ritrovano il bisogno di Dio.

Cercano Gesù, però questo bisogno è contraddetto da voci e pensieri che dicono che Gesù è buono e da voci e pensieri che dicono che travia la gente.

E abbiamo visto che questa contraddizione è una conseguenza di giudizi, è una conseguenza che in noi sono entrati altri pensieri, cioè in noi sono entrate altre intenzioni, per cui noi abbiamo una duplicità di sguardo: uno sguardo che assolutamente non possiamo contraddire ed è la presenza di Dio e l’altro che è invece conseguenza del nostro interesse, di ciò che noi abbiamo scelto.

Proprio qui in Gerusalemme, questo bisogno principale dell’uomo viene soffocato, l’anima non può esprimerlo, non può parlare apertamente, per paura di perdere ciò che lui ha scelto, infatti aveva scelto la Giudea invece della Galilea.

Aveva scelto la festa luogo, invece della festa amore, della festa Presenza.

E non si è accorto che proprio facendo così perdeva la sua vita.

Infatti a questo punto la creatura viene soffocata dalla paura.

E la paura impedisce di vivere, perché la condizione per potere ritrovare la vita è lasciare il sovraccarico che portiamo con noi.

L’assenza di Dio non è assenza di Dio, vuoto di Dio ma è data da un sovracarico di presenze, è data da una molteplicità di presenze in noi.

Allora se noi vogliamo ritrovare la presenza di Dio, dobbiamo cercare di semplificare la vita, dobbiamo cioè eliminare ogni altra presenza, però per paura di perderle, per attaccamento a ciò che ci dà vita, noi perdiamo la vita.

Perché per attaccamento alla vita, noi abbiamo paura di perdere quelle presenze da cui noi traiamo vita, perché abbiamo preferito i giudei a Gesù.

Avendo scelto la festa luogo a Gerusalemme, adesso qui c’è una dipendenza.

Dipendenza verso quello che personalmente uno ha scelto.

In conseguenza di questo la creatura non riesce a liberarsi da quel sovracarico di presenze che le impedisce di ritrovare la presenza di Dio.

Per cui il bisogno di Dio resta soffocato, non può parlare, “nessuno osava parlare”, ecco, la creatura avendo preferito il mondo a Dio, non può più parlare, le creature soffocano in noi la capacità di parlare, di esprimere noi stessi.

Soltanto in Dio la creatura può veramente parlare, può veramente ritrovare se stessa.

Lontano da Dio la creatura resta soffocata, però ama il suo veleno e non può farne a meno, perché non può superare il suo attaccamento alla vita.

La creatura a questo punto si apre al suicidio proprio per attaccamento alla vita.

Qui il cerchio si chiude su noi stessi.

Quello che all’uomo è impossibile, a Dio è possibile, e solo se interviene Dio, all’uomo diventa possibile semplificare la propria vita, semplifica Dio, quello che noi non abbiamo il coraggio di semplificare.

Così Dio può offrire alla creatura la possibilità di riagganciarsi alla vita, altrimenti la creatura corre attraverso la morte e non può farne a meno, rinuncia a scegliere, ad amare e a vivere, in nome della vita.

Essendo la vita unificazione, la vita è essenzialmente un atto d’amore, ma questo amore che è poi la conclusione di tutta l’opera di Dio, si conclude con un a tu per Tu con Dio, con un rapporto personale e intimo con Lui.

Tutti i giorni della creazione di Dio concludono con un giorno di festa che però non è festa-luogo ma è Festa-Persona, cioè è una conclusione con la presenza di Dio.

Essendo un atto d’amore, presuppone in noi la capacità di lasciare ogni altra cosa.

La paura è impossibilità di lasciare e se c’è paura c’è in noi impossibilità di trovare la Vita.

Noi abbiamo paura di lasciare quello che abbiamo, perché la nostra vita dipende da quello ma proprio facendo così, noi perdiamo la vita perché perdiamo l’amore.

In nome del nostro attaccamento alla vita, noi perdiamo l’amore e perdiamo la Vita.

Solo l’intervento di Dio che opera per noi la semplificazione, può salvarci, annullando tutte quelle presenze che impediscono a noi di superare l’assenza di Dio e di ritrovare la sua presenza.

Però se la creatura non è preparata a questo spogliamento di presenze, la creatura rischia la nevrosi, la Morte eterna, Vera, perché ogni intervento di Dio, richiede sempre nella creatura almeno la capacità di accoglierlo da Dio.

Perché altrimenti la creatura che persa la presenza di Dio perdesse anche ogni altra presenza, verrebbe a trovarsi di fronte al vuoto assoluto.


 Nessuno però osava parlare di Lui apertamente, per paura dei Giudei. Gv 7 Vs 13 Secondo tema.


Titolo: La paura.


Argomenti: L’assenza di Dio – La conflittualità di pensieri – L’offerta d’amore – Segni e Realtà – Il bisogno di Dio – Molteplicità di presenze – La bontà di Dio – Le due voci in noi – La porta chiusa – L’angoscia – La dipendenza dai segni – La fine del mondo – L’ascesi imposta – Morire all’io – Dipendere da Dio – La vera nascita – L’attaccamento alla vita -     


 

15/ Febbraio /1982