Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei
Dodici. Gv 6 Vs 71 Primo tema.
Titolo: Dobbiamo cercare Dio per quello che Egli è.
Argomenti: La figura di Giuda –
Restare nella Verità – Il demonio – Il tradimento – I talenti e l’interesse –
Dio si offre ad essere scelto da noi – La persona – Il principio del
trtadimento – Le intenzioni umane – Servire due padroni – Conflitto
Dio/creatura – Il vero essere della creatura – Il rapporto intimo con Dio – Gli
attributi di Dio – Dio Principio ed Essere -
11/ Ottobre /1981
Qui Giovanni
dice che Gesù alludeva a Giuda che lo avrebbe tradito.
Pur essendo
Giuda uno dei dodici.
Gesù aveva
detto: “Uno di voi è un demonio”.
E abbiamo visto
la volta scorsa che Gesù dice questo non per confermare ma per salvare, come lo
disse a Pietro: “Sei un demonio”.
Lo dice
affinché la creatura non sia un demonio.
Però si è
demoni, quando non si rimane nella Verità.
Evidentemente
Gesù conosceva gli animi e anche il Vangelo di S.Giovanni lo dice: “Gesù non si
fidava di quello che gli uomini dicevano, perché sapeva quello che c’era nel
loro cuore”.
E conoscendo
quello che c’era, conosceva anche quello che c’era in Giuda, cioè che Giuda
come il demonio, non restava nella Verità.
Cioè era uno
che si lasciava portare, dominare da argomenti e da sentimenti umani.
Abbiamo la
conferma in quanto Gesù dice a Pietro che era un demonio in quanto ragionava
non secondo Dio ma secondo gli uomini.
Non gli
dice:”Ragioni secondo i demoni”, ma gli dice: “Ragioni secondo gli uomini”.
Quando noi ci
lasciamo guidare da sentimenti o da argomenti umani, questi impediscono a noi
di restare nella Verità.
E siccome il
demonio è colui che non seppe restare nella Verità, ecco che il nostro animo
scende al livello del demonio.
Tutto questo
avviene perché Dio attraverso Cristo ci vuole educare a restare nella Verità.
Perché soltanto
restando nella Verità, noi troviamo la fedeltà e la libertà.
Fintanto che noi
non siamo capaci a restare nella Verità, noi non siamo né liberi, né fedeli.
Ecco per cui
Gesù, dicendo:”Uno di voi è un demonio”, fa la profezia e Giovanni lo conferma,
che Giuda lo avrebbe tradito.
Quando non si resta
nella Verità, necessariamente si giunge al tradimento.
È questione di
tempo.
È questione di
occasione.
Perché non si è
liberi.
E allora è
sufficiente che Dio ci presenti l’occasione del tradimento perché noi tradiamo.
Cioè noi di
fronte alle occasioni non possiamo resistere.
Quando non si
rimane nella Verità, si è come dice Gesù “una stanza vuota” e la stanza vuota
non resiste al restare vuota.
Arriva sempre
il giorno in cui quella stanza si riempie di demoni.
Non può farne a
meno, quindi necessariamente.
Perché l’uomo è
libero soltanto in Dio.
In caso diverso
non è libero, e non essendo libero, resta in balia delle occasioni.
Questo ci
riconduce ad approfondire cosa vuole dire restare nella Verità.
Che cosa si
richiede perché uno possa restare nella Verità.
Abbiamo visto
che Dio opera con noi in tutte le cose, per formare in noi l’interesse per Dio,
l’interesse per Lui.
Poi viene a
cercare da noi questo interesse.
È la parabola
dei talenti.
Dio dà i
talenti, poi si allontana, affinché ognuno li faccia fruttificare, ne tragga un
interesse.
Poi ritorna,
per vedere quanto interesse ognuno ha saputo trarre da quello che il padrone
gli aveva affidato.
Quanto
interesse.
Quindi
nell’operare di Dio, abbiamo sempre queste due facce.
In un primo
tempo, Dio dona a noi dei doni senza di noi.
Tutta la
creazione, la nostra vita, il nostro tempo, sono tutto un susseguirsi di doni
che arrivano a noi dal Creatore, quindi arrivano a noi senza di noi.
Ma il fine di
tutta quest’opera di Dio, di tutti questi doni che Dio dà a noi, è quello di
formare in noi interesse per Lui.
Se questo è lo
scopo di tutto l’operare di Dio nella nostra vita, senza di noi, questo fa
pensare che arrivi un giorno in cui Dio venga a noi a chiedere a noi
l’interesse che abbiamo saputo trarre da tutto quello che Lui ci ha dato.
L’interesse per
Lui.
Dio in un primo
tempo ci sceglie e poi si offre ad essere scelto da noi.
Creandoci ci
sceglie.
E ci sceglie in
quanto forma in noi l’interesse per-.
Quindi noi
siamo chiamati ad interessarci di Dio.
Poiché tutte le
cose che avvengono nella nostra vita hanno questo senso.
Poi Dio si
offre ad essere scelto.
Quando si offre
ad essere scelto, lì si rivela quanto interesse ognuno di noi ha per Lui.
Ma come Dio si
offre ad essere scelto da noi?
Dio si offre ad
essere scelto da noi, mettendosi in concorrenza con tutto quello che Lui ci ha
dato, con tutte le creature e i suoi doni.
In un primo
tempo Lui c’inonda di tutte le creature, di tutti i suoi doni.
Poi scende in
concorrenza con tutte le creature per vedere l’interesse che noi abbiamo per
Lui.
Gesù stesso
dice: “Non potete servire due padroni”.
Il che vuole
dire che arriva un momento in cui Lui stesso, si mette in concorrenza con ogni
nostro altro amore.
Questo lo fa,
per formare noi delle persone capaci di restare con Lui, capaci di restare con
la sua Verità.
E si è persone,
nella misura in cui si ha in noi stessi la ragione di quello che vogliamo.
Soltanto se
abbiamo in noi la ragione di quello che amiamo, noi siamo consapevoli di quello
che amiamo, ed abbiamo la possibilità di restare.
Ma fintanto che
non abbiamo in noi la ragione del nostro amore, cioè amiamo per altre
intenzioni, viene sempre un giorno in cui noi dobbiamo tradire, non possiamo
farne a meno.
Per avere in
noi la ragione di quello che amiamo, dobbiamo amare e volere una cosa per ciò
che essa è.
Soprattutto
dobbiamo volere Dio per ciò che Dio è.
Fintanto che
noi vogliamo Dio per altro da Dio, noi siamo aperti al tradimento.
Perché il
giorno che si presenta qualcuno che risponde a noi secondo quelle intenzioni
per cui amavamo Dio, noi non possiamo fare a meno di approfittare di
quell’occasione.
Tradire vuole
dire preferire un altro essere.
Fintanto che
noi amiamo un essere per qualche altra intenzione da ciò che egli è, noi siamo
sempre aperti al tradimento.
I dodici
apostoli rappresentano l’uomo, e l’uomo che è scelto da Dio.
Anche Giuda è
scelto da Dio.
Ma non è
sufficiente essere scelti da Dio per restare con Dio.
Per restare con
Dio è necessario che in noi si formi l’intenzione.
Cioè che si
formi la ragione del nostro amore.
Cioè che in noi
si formi l’amore per Dio, per ciò che Dio è.
E non per un
altro motivo.
Ma fintanto che
noi amiamo Dio per altro motivo, noi veniamo a trovarci nella impossibilità di
restare nella Verità.
E allora è Dio
stesso che ci mette delle occasioni per farci tradire, per farci capire che noi
non abbiamo ancora in noi la vera intenzione.
Non abbiamo
ancora in noi la vera ragione per la quale si può restare con Lui.
Perché si può
restare con Dio, soltanto volendo ciò che Egli è.
Lui è il
Principio di tutto e soltanto volendolo per ciò che Egli è, noi possiamo
diventare figli suoi, in caso diverso non possiamo restare con Lui.
E allora
abbiamo questo futuro: “L’avrebbe tradito”.
Perché fintanto
che in noi ci sono intenzioni umane si deve tradire Dio.
Dio ci sceglie
per formare in noi interesse per Lui ma fintanto che noi crediamo in Lui,
amiamo Lui per ragioni umane, noi abbiamo seminato in noi il principio del
tradimento.
E se non
tradiamo, è soltanto perché Dio non ci presenta l’occasione.
Ma in realtà
abbiamo già seminato in noi il pensiero del tradimento.
E il seme del
tradimento sta nel fatto che noi amiamo Lui per una intenzione diversa dalla
sua.
Se uno ama una
creatura per la bellezza, per la ricchezza, il giorno che trova un altra
creatura più bella o più ricca, lui tradisce.
Fintanto che
l’intenzione dell’uomo non è un essere, cioè fintanto che uno non ama l’altro
per ciò che l’altro è, l’uomo è solo.
L’intenzione
non supplisce.
Quindi è una
stanza vuota.
E non appena
trova l’occasione che risponde a quella sua intenzione, l’uomo non può
resistere.
Noi siamo
creati per diventare figli di Dio, essere figli di Dio, vuole dire amare Lui
per ciò che Egli è.
Non per ciò che
Lui dona a noi.
Gli attributi
(bontà, bellezza etc...) di Dio sono sempre ancora in relazione a noi.
Amare Dio per
la felicità? Ma l’ubriaco preferisce un bicchiere di vino a Dio!
Noi
sostanzialmente non siamo.
Noi siamo per
partecipazione.
Dio chiamandoci
alla vita, dà a noi la possibilità di partecipare a ciò che Lui è, non per i
suoi doni.
Fintanto che
amo Dio per i suoi doni, io non lo amo mica per ciò che Egli è.
E
necessariamente devo tradirlo quando smette di darmi i doni.
Ma il
tradimento l’avevo già dentro di me, poiché non avevo in me l’intenzione pura
con cui dovevo volere Dio.
Ecco per cui in
un primo tempo Dio ci ricolma di doni, soltanto per formare in noi l’interesse
per Lui.
Ma poi viene a
mettere in discussione tutte le nostre intenzioni, tutti i nostri amori.
In un secondo
tempo Dio viene per essere scelto da noi.
Ma cosa vuole
dire essere scelto?
Vuol dire che
si mette in concorrenza con tutti i suoi doni.
In un primo
tempo Lui ci dona i suoi doni, in un secondo tempo si mette in concorrenza con
i suoi stessi doni.
I doni erano
buoni, erano doni di Dio, ma erano per formare in noi l’intenzione, la ragione,
l’interesse per Lui.
Fintanto che
abbiamo intenzioni diverse da Dio, noi tradiamo a livello dei doni di Dio.
Ogni creatura
creata per conoscere Dio, anche gli angeli, deve passare attraverso questa
prova, necessariamente.
La conoscenza è
solo oggetto di un essere consapevole.
Un essere
inconsapevole non può conoscere.
Il processo di
conoscenza richiede la formazione della ragione in noi del perché vogliamo una
cosa.
Perché la
creatura si stanca di Dio?
Perché Dio la
mette in conflitto con ciò che Dio stesso le ha donato.
La creatura non
vuole staccarsi da questi doni e comincia a trascurare Dio.
Tu non puoi
amare due cose contemporaneamente, non puoi amare Dio e la creatura.
Questa è
l’esigenza di Dio.
Noi non
possiamo pensare contemporaneamente due cose.
Ora, amare
vuole dire pensare.
E se non posso
amare contemporaneamente due cose, questo vuole dire che devo preferirne una
all’altra.
Allora tu metti
come prima cosa Dio o il tuo io?
A un certo
momento debbo mettere qualcosa al di sopra di tutto.
Le altre cose
le debbo rapportare al mio prima di tutto.
Ecco per cui
Dio viene a me per farsi scegliere, per farmi entrare nel suo regno.
Perché per
entrare nel suo regno, bisogna rapportare tutto a Dio.
Rapportando
tutto a Dio, uno entra veramente nel regno di Dio.
Entra nella
conoscenza ma è Dio che ti costringe in quanto ti mette nel dilemma.
Tu non puoi
contemporaneamente pensare due cose.
Allora io penso
Dio o penso la creatura.
Qui Dio mi
mette in conflitto.
Dio non ci
chiede più pensiero, ci chiede un pensiero unico, perché dobbiamo vedere tutte
le cose nello Spirito di Dio.
Per cui tutte le
cose non si amano per il rapporto orizzontale con il nostro io ma si amano in
relazione a Dio.
E poi in
conseguenza di questo rapportare tutte le cose a Dio, devo vedere tutte le cose
secondo Dio.
Ridotto
all’essenziale l’amore è un pensiero.
Dimmi a ciò cui
tu pensi e ti dirò qual è il tuo amore.
Arriva un certo
momento in cui Dio si offre ad essere scelto.
Si offre ad
essere pensato da noi e ci fa capire che non possiamo pensare
contemporaneamente a Lui e alla creazione.
Perché si
pensa?
Si pensa per essere
presenti.
Amore è
desiderio di essere presente all’essere amato.
In quanto Dio
si presenta per essere scelto da me, si presenta per essere cercato per essere
presente a Lui.
Per averlo
presente in tutto.
Quando l’anima
scopre questa conflittualità tra Creatore e creatura, è Dio che si presenta ad
essere scelto.
Perché noi non
possiamo passare da una cosa all’altra.
Dio pensa a
tutte le creature senza però separarsi dalla sua Verità, perché Lui le vede
tutte nel suo Pensiero.
Ecco per cui
tutta la creazione, tutto l’universo, noi tutti siamo creati nel suo Verbo.
Per cui Dio ci
pensa nel suo Verbo.
Ecco per cui
siamo amati nel suo Verbo.
Noi invece non
pensiamo mica le creature nel Verbo di Dio.
Noi le pensiamo
in rapporto a noi e quindi orizzontalmente.
Per cui noi
saltiamo da una creatura all’altra.
Non penso tutto
nel Verbo di Dio.
Allora non sono
nello Spirito di Dio.
La creatura
salta dall’uno all’altra, cioè ha tanti amori.
In Dio invece
si amano tutte le creature nel Pensiero di Dio e per il Pensiero di Dio.
Non è che si
ami meno la creatura, la si ama molto di più perché la si ama veramente.
Perché amandole
orizzontalmente siamo nel pensiero del nostro io e tu ami la creatura per
quello che quella creatura dà a te, non per quello che la creatura è.
Perchè per
amarla per quello che è, devi amarla nel Verbo di Dio, in caso contrario non la
ami per quello che è.
E quindi arrivi
al tradimento, non puoi farne a meno.
Fossi anche nel
matrimonio più santo arriva il momento in cui tu devi tradirla.
Non puoi farne
a meno.
Non fosse altro
che interiormente.
Perché amare
una creatura per ciò che essa è, è possibile solo in Dio e per Dio, perché
l’essere della creatura è dato dal suo rapporto con Dio.
In caso
contrario non la amo per quello che essa è, la amo per quello che fa comodo a
me.
Cioè la amo per
l’intenzione con cui la rivesto.
Ma quindi io
amo me stesso, c’è il pensiero del mio io.
Per cui
certamente, quando Dio mi presenterà l’occasione, sarò costretto a tradire.
Perché io la
creatura la amo per quello che mi serve.
Dio vuole
insegnarci ad amare veramente bene le creature.
Perché si amano
veramente le creature lasciandole libere.
L’amore
possessivo c’è verso la creatura perché mi fa comodo ma è tutto in funzione
dell’avere.
Questo non è
amore.
Noi amiamo le
altre creature perché fa comodo a noi.
Il vero amore è
volere il bene dell’altro.
Ma l’altro è,
in quanto è in rapporto a Dio, in rapporto all’Essere.
Di per sé
l’altro non esiste, siamo noi che lo facciamo essere rivestendolo delle nostre
intenzioni, lo facciamo essere per quello che fa comodo a noi.
Ma il vero
essere di ognuno è soltanto in rapporto a Dio.
Dio solo è
Colui che è e soltanto la creatura che ama Dio per ciò che Dio è, ha la
capacità di amare tutte le opere di Dio e tutte le creature, per quello che
esse sono.
Per quanto di
Dio c’è in esse e allora si amano veramente.
Allora si
rispetta la creatura e si vuole il suo bene.
Perché soltanto
in Dio noi siamo liberi.
Se noi fossimo
liberi in senso assoluto, la nostra libertà condizionerebbe Dio.
Farebbe
precipitare Dio nel tempo!
Dio è fuori dal
tempo.
Se io potessi
fare un azione veramente libera, sarebbe nuova per Dio, la novità farebbe
precipitare Dio nel tempo.
Dio non può
essere sorpreso dalle nostre azioni.
Siamo noi che siamo
sorpresi dall’opera di Dio.
Basta che Dio
mi presenti l’occasione per tradire e io tradisco, sono come la tartaruga
calamitata.
Le occasioni ce
le provoca Dio.
I tempi sono di
Dio.
Quindi Giuda
portava il tradimento in sé perché aveva argomenti umani, però il tempo del
tradimento lo ha determinato Dio.
Dio ha i tempi
in mano.
La vera libertà
la creatura invece l’ha soltanto in Dio.
Perché in Dio,
conoscendo la Verità, vuole quello che vuole Dio.
La vera libertà
è quando si ha in se stessi la ragione di quello che si vuole, potendolo
volere.
Questo solo in
Dio succede.
Ma volendo
quello che vuole Dio, Dio è libero e noi siamo liberi.
Allora c’è la
vera libertà che nessuno condiziona.
Perché Dio è
libero e anche noi siamo liberi perché vogliamo quello che vuole Dio, perché
abbiamo in noi stessi la ragione di quello che Lui vuole.
Giuda ha
tradito senza voler tradire, è un tradimento che deriva dalla inconsapevolezza.
Noi con i
nostri argomenti umani, seminiamo in noi dei motivi per poi tradire.
Fintanto che
non vogliamo Dio per ciò che Egli è, è Dio stesso che ci fa tradire per farci
rivedere l’intenzione che portiamo in
noi.
Il tradimento
di Giuda, è opera di Dio per far rivedere a Giuda i motivi del suo amore per
Gesù che era un amore egoistico, interessato, geloso che non poteva sopportare
certe altre presenze.
Il vero
tradimento sta nel non cercare di capire e conoscere Dio.
Gli attributi,
in quanto attributi sono delle qualità in rapporto alla creatura.
La bontà di Dio
è tale perché la rapportiamo al pensiero del nostro io.
Il primo
concetto da considerare di Dio (sempre in relazione a noi) è il concetto di Dio
come principio, come Creatore.
Questo
principio di tutto deve diventare principio del mio stesso pensiero, del mio
stesso volere e della mia stessa intenzione.
Cioè Dio deve
diventare l’essere del mio pensiero.
Ma il rapporto
nasce dal concetto di principio, perché è Lui che mi crea.
È il primo dono
che mi fa: Io sono il Creatore e tu la creatura.
Ma è un dono,
non è ciò che Egli è in Sé.
Questa è la
premessa per arrivare a scoprire quello che Egli è in Sé.
Ma per arrivare
a scoprire ciò che Egli è in Sé, devo avere Lui come principio di tutto di me,
altrimenti non posso arrivare a Lui come Essere e come Essere del mio pensiero.
Dio deve essere
creatore della mia intenzione e creatore del mio pensiero.
Dio deve
diventare l’essere del mio pensiero.
Quando tu pensi
Dio fai di Dio l’oggetto del tuo pensiero e diventa l’essere del tuo pensiero.
Se tu pensi un
elefante, l’elefante diventa principio del tuo pensiero.
Dobbiamo
mettere Dio come principio di tutto di noi.
Noi accettiamo
tutto da Dio ma Dio non è il principio di tutto di noi.
I principi e i
padri dei nostri desideri e pensieri sono altri.
Fintanto che
non mettiamo Lui per quello che Egli è in rapporto a noi: principio di tutto,
noi non possiamo restare nella Verità.
Verità
relativa, perché il trtadimento avviene ancora a livello dei doni, non avviene
a livello di Dio in Sé.
Dio si annuncia
a noi come Principio, come Creatore di tutto, noi abbiamo una infinità di altri
principi e Dio ci fa tradire fintanto che noi non lo mettiamo nella nostra vita
come principio di tutto di noi.
Principio di
tutto.
Colui che è il
principio di tutto, deve diventare il principio di tutto di me.
Ecco per cui
noi non restiamo nella Verità.
Dio Creatore è
la strada per condurci a scoprire cosa Dio è in Sé, in modo da avere noi stessi
la ragione della nostra unione con Dio.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Secondo
tema.
Titolo: Dio si offre ad essere scelto da noi.
Argomenti: La conoscenza di Dio
in relazione alla creazione – La stima che facciamo di Dio – Motivazioni
diverse da Dio – La scena di Giuda – I due tempi dell’opera di Dio – La
giustizia essenziale – La libertà di Adamo e dell’uomo – Gli argomenti umani –
Amare la creatura
15/ Ottobre /1981
Il concetto di
Creatore è in relazione al concetto di creatura.
Noi possiamo separarci
dal Principio, come effettivamente ci separiamo.
Per cui il
problema della nostra vita sta sempre nel ritrovare il nostro Principio.
Noi
praticamente perdiamo l’identità di quello che siamo, perché perdiamo di vista
il nostro Principio.
S’incomincia a
cercare Dio per la creazione, poi a poco per volta saliamo ma in un primo tempo
è Lui che scende a livello nostro.
Poi la nostra
ricerca s’affina fino a cercarlo e amarlo per ciò che Egli è e non per i doni
che ci dà.
Perché fintanto
che amiamo un essere per i suoi doni siamo aperti al tradimento.
Dio ci sta
conducendo al rapporto essenziale, dove Lui è la fonte dei nostri pensieri,
dove diventa l’essere del nostro pensiero, mentre attualmente l’essere del
nostro pensare sono le creature, i nostri problemi eccetera.
Noi diventiamo
figli di ciò a cui dedichiamo il pensiero, figli di ciò che amiamo.
Noi cerchiamo
Dio non di nostra iniziativa ma perché Lui parla a noi in un certo modo e si
presenta in un certo modo: si rende interessante ai nostri occhi, quindi si
rende interessante in relazione a noi, ma mano a mano aumenta la consapevolezza
in noi e di questo rapporto con Dio.
Purifica
l’intenzione in noi.
Fino a quella
sogli in cui la nostra intenzione deve essere amare Lui per ciò che Egli è e
non per i suoi doni.
Noi a livello
umano amiamo le creature perchè le strumentalizziamo in relazione ai nostri
bisogni.
Possiamo anche
amare strumentalizzando Dio, amarlo per quello che ci serve.
Questo è un
amore instabile, perché basta cambiare le condizioni perchè l’amore finisca.
Il termine
“principio” è ancora sempre in relazione alla creatura.
Arriverà il
giorno in cui Dio ti porterà alla fine di tutta la sua creazione, per darti la
possibilità di conoscerlo per ciò che Egli è, indipendentemente dal mondo.
Dio è l’Essere
indipendente dalla creazione.
Dio non è Dio
perché c’è la creazione.
Noi partiamo
dalla creazione per arrivare a Dio ma bisogna arrivare alla conoscenza di Dio
per ciò che Egli è in Sé, al di sopra della creazione, “prima” che il mondo
fosse.
Altrimenti noi
siamo sempre relativizzati alla creazione.
Il termine
“principio” esiste in quanto esiste qualcosa che viene dopo.
C’è il
principio in quanto questo principio produce qualcosa.
La creazione è
opera libera di Dio, quindi non condiziona Dio, fintanto che noi conosciamo Dio
in funzione della creazione, la nostra conoscenza di Dio è sempre relativa e
non assoluta.
Giuda aveva in
sé argomenti umani, non era soprattutto attratto dal bisogno di conoscere Dio.
In lui c’erano altri
motivi determinati dall’io, per cui si confrontava magari con gli altri
apostoli.
Ma noi non
possiamo giudicare Giuda.
Giuda può
essere un angelo.
Noi osserviamo
la scena di Giuda.
Dio ci ha
presentato Giuda, perché?
Quale lezione
ha voluto darci?
Che significato
ha per me?
Quando Gesù
dice che c’è un demonio fra i dodici, vuole dirti: “Guarda che fra tutti i tuoi
pensieri santi e virtuosi. C’è anche un demonio”.
Dio in un primo
tempo c’inonda di doni senza di noi (talenti).
Attraverso
questi doni Lui tende a formare in noi l’interesse per Lui.
In un secondo
tempo, viene a noi a cercare l’interesse per Lui che abbiamo maturato.
E allora viene
a mettersi in concorrenza con tutti i doni che ci ha dato, perché il nostro
interesse è abbozzato.
E attraverso
questa selezione forma in noi la motivazione per cui noi preferiamo Lui alla
creazione.
Cosa
preferisci? I trenta denari o Dio?
Per fare la
scelta, io debbo dentro di me formare una motivazione.
Prima forma
l’interesse per Dio e poi la motivazione di quello che vogliamo.
Perché solo
formando in noi la motivazione per Lui o per la creazione, forma in noi la
consapevolezza.
Ci rende
consapevoli.
A un certo
momento Dio mi porta in conflitto con tutto ciò che non è Lui, con tutte le sue
creature, in modo da formare in me il motivo per cui devo scegliere Lui al di
sopra di tutto.
Al di sopra
addirittura della mia stessa vita.
Al di sopra
addirittura del mio stesso pensiero.
E dopo la
scelta si è stabilizzati.
La
consapevolezza si ha solo in Dio.
Noi crediamo di
possedere e siamo posseduti.
Ogni volta che
stacchiamo le cose da Dio, noi ne diventiamo schiavi, perché è Dio il
liberatore.
Con Dio
camminiamo nel mondo senza essere incatenati dal mondo.
L’uomo è veramente
libero in quanto non può sbagliare, noi invece che la libertà stia nel potere
sbagliare.
Per non potere
sbagliare, l’uomo deve conoscere la verità.
Noi sbagliamo
perché non conosciamo.
Quando uno non
conosce non è libero.
Chi non conosce
si lascia guidare da sensazioni, impressioni, sentimenti: “Mi sembra, mi
piace...” e poi dobbiamo pentirci delle nostre scelte.
L’unica nostra
libertà sta nel riportare o nel non riportare la creazione a Dio.
Se noi non
riportiamo a Dio, cadiamo schiavi delle impressioni, dei sentimenti, delle
intuizioni.
Innanzitutto
noi non possiamo volere quello che ignoriamo.
È sufficiente
che Dio ci presenti una cosa piuttosto che un altra e Dio ci conduce dove vuole
Lui.
Io non posso
volere una cosa che non conosco.
“Chi fa il male
resta schiavo del male” e il vero male sta nel non riportare le cose a Dio.
Il peccato di
Adamo che è il peccato di ogni uomo, è stato fermarsi al pensiero del suo io.
Come ognuno di
noi, Adamo era in formazione e a un certo punto ha scoperto il pensiero del suo
io e questo pensiero dell’io non lo ha sottomesso a Dio.
Lì è il
peccato, non ha dato a Dio quello che era di Dio.
Il suo io era
di Dio, doveva portarlo a Dio, sottometterlo a Dio e invece Adamo si è lasciato
guidare dall’impressione, da quello che il suo io conosceva.
Ha visto la
mela bella e buona, attraente e si è lasciato da quell’attrazione.
Attrazione,
quindi non più consapevolezza della Verità.
Non ha più
riportato a Dio la cosa.
Si è fermato
alle sue impressioni e quando noi ci lasciamo guidare dalle nostre impressioni
non siamo liberi.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Terzo tema.
Titolo: Quand’è che si ama veramente.
Argomenti: Strumentalizzare
l’altro – I due amori – Essere e apparenza – L’anima – Le conseguenze
dell’amore – Crescere a immagine e somiglianza – Il potere dell’io – Massa e
persona – Le illusioni degli uomini – Adeguarsi all’amato – La mentalità -
18/ Ottobre /1981
Abbiamo visto come
siano possibili due forme di amore.
Si può amare
uno per ciò che ha e si può amare uno per ciò che è.
Il tema di oggi
da approfondire è; quando è che si ama veramente.
Questo ci
sospinge a cercare il perché si ama, in modo da potere capire qual è il vero
amore.
Basta chiedersi
perché si ama per arrivare a vedere l’intenzione nell’amore.
Ciò che dà
veramente valore all’amore è l’intenzione per cui uno ama.
Quando si parla
d’intenzione si parla sempre di essere, perché l’intenzione è l’espressione
stessa dell’essere.
E riferendosi
all’essere, noi troviamo questi unici due poli nella nostra vita: noi possiamo
amare nel pensiero dell’io o noi possiamo amare nel pensiero di Dio.
Se il punto
fisso di riferimento a cui tutto sottomettiamo è il pensiero del nostro io, noi
amiamo gli altri (Dio compreso) per i doni che ci possono fare.
Quindi li
amiamo per ciò che essi hanno e per ciò che essi danno a noi.
O meglio li
amiamo perché li possiamo strumentalizzare al nostro io.
Questo non è
amore ma egoismo e questo è sbagliato.
È sbagliato,
perché in questo amore, noi facciamo come centro il pensiero del nostro io e
evidentemente il pensiero del nostro io non è il centro.
Quindi è un
problema di giustizia togliere il nostro io dal centro.
Centro di tutte
le cose è Dio e nessuna creatura è Dio.
E nessuna
creatura tanto meno il pensiero del nostro io, deve mettersi al centro, come
punto fisso di riferimento a cui tutto sottomettere e strumentalizzare.
Da qui deriva
che il vero amore è quello che ha come centro, come punto fisso di riferimento
Dio.
Ed è soltanto
in Dio che noi amiamo Dio per ciò che è, ed amiamo anche ogni persona per ciò
che è.
Dio è l’essere
assoluto e le creature sono in quanto e per quanto partecipano all’essere
assoluto.
Quando noi
amiamo le creature per quello che possiamo avere da loro, noi ignoriamo quelle
che esse sono, cioè ignoriamo il loro rapporto con Dio, a noi interessa ciò che
esse hanno e ciò che noi possiamo avere da esse.
Quindi a noi
interessa il rapporto orizzontale.
Ecco per cui
questo amore diventa offensivo nei riguardi della persona che diciamo di amare.
Perché noi
ignoriamo la parte più nobile di quella persona, e la parte più nobile di
quella persona è proprio il rapporto che essa ha con Dio.
Quando noi
amiamo nel pensiero dell’io, noi ignoriamo l’anima di coloro che diciamo di
amare, a noi interessano solo i beni che essi hanno.
E il giorno in
cui troviamo altre creature che hanno beni migliori per noi, noi siamo pronti a
tradire le prime, per amare le altre.
Questo denuncia
che il nostro amore è sbagliato.
Solo se noi
abbiamo come centro Dio, abbiamo la capacità di amare le creature per ciò che
esse sono cioè per la loro anima, per il loro rapporto con Dio.
Perché è quello
che veramente interessa.
Lì allora diventiamo
capaci di essere fedeli.
Quali sono le
conseguenze dell’amore vero e dell’amore non vero?
Quando amiamo
veramente, noi tendiamo ad adeguarci all’essere che amiamo, cioè noi cresciamo
a immagine e somiglianza di ciò che amiamo.
Allora il
nostro amore c’impegna ad un continuo superamento di noi stessi.
Perché
cerchiamo in tutto ad essere conformi a colui che amiamo.
Quando invece
noi amiamo gli altri per quello che hanno, e quindi amiamo nel pensiero del
nostro io, noi veniamo a trovarci nella impossibilità di superarci e quindi
nella impossibilità di cambiare.
Noi con questo
amore cambiamo gli altri, pretendiamo di cambiare gli altri, perché tendiamo a
fare gli altri a nostra immagine e somiglianza, fino a sottomettere gli altri a
noi, ma non cambiamo noi stessi.
Così ci
condanniamo, perché non facciamo altro che chiuderci sempre più nei nostri
limiti.
Abbiamo la
possibilità di amare l’altro solo in quanto amiamo l’altro per ciò che egli è.
Ma amando ciò
che egli è, noi ci conformiamo all’altro e allora ci impegniamo nel superamento
e nel cambiamento.
In caso diverso
restiamo quello che noi siamo e restando quello che noi siamo, noi abbiamo la
nostra condanna, siamo noi stessi che ci condanniamo non entrando nell’amore.
Questi sono i
due aspetti dell’amore vero e dell’amore non vero.
*
Noi abbiamo un
carico di abitudini, di eredità, di carattere e nella maggior parte della
nostra vita, noi ci comportiamo secondo questo schema che ci portiamo addosso.
Questo schema
che ci portiamo addosso, non è possibile a noi cambiarlo, se non incontriamo un
amore a cui adeguarci.
E l’amore,
quando è vero amore, facendoci adeguare all’essere che amiamo, ci cambia i
gusti, le tendenze, la mentalità, il carattere, cambia tutto di noi, fino a
farci a immagine e somiglianza della persona amata.
Si dice anche
in un proverbio popolare che chi si ama finisce con l’assomigliarsi.
Uno resta
conformato dall’altro.
Questa è una
legge che ci fa capire come possiamo crescere a immagine e somiglianza di Dio,
se amiamo veramente Dio.
Si cresce a
immagine e somiglianza di Dio, proprio in quanto guardando Dio, avendo Dio come
punto fisso di riferimento, uno si adegua e adeguandosi a Dio, uno diventa come
Dio.
È Dio che ci fa
come Sé, nella misura in cui abbiamo Dio come centro.
Se invece noi
pensiamo a noi stessi e abbiamo come punto fisso di riferimento il pensiero di
noi stessi, noi tendiamo ad adeguare gli altri a noi, a strumentalizzare gli
altri a noi e se noi siamo una nullità, confermiamo la nostra nullità che
tendendo a sottomettere tutti gli altri a sé, impedisce agli altri la vita, la
soffoca e gli altri scappano, non possono resistere ad una nullità.
Noi scriviamo
la nostra stessa condanna amando noi stessi.
Mentre invece,
amando Dio per ciò che Egli è, noi siamo portati in continuazione ad un
superamento continuo.
Avendo Dio come
punto di riferimento, noi cerchiamo sempre di adeguarci alle esigenze di Dio.
La
preoccupazione di adeguarci alle esigenze di Dio, c’impegna ad una continua
revisione.
Infatti
restando in contatto col Cristo, Cristo cerca in continuazione di farci uscire
dalle nostre illusioni, per cui io credo di credere, di essere giusto, di amare
Dio.
Se noi non ci
manteniamo in contatto con Cristo, noi ci illudiamo.
Il nostro grande
errore è di credere di essere già fatti, di essere giusti, buoni onesti e
trovando conferma di questo confrontandoci con gli altri, ma non abbiamo Dio
come punto fisso di riferimento, cioè non apparteniamo all’amore di Dio.
*
Se noi abbiamo
come punto fisso di riferimento il nostro io, noi frustriamo tutte le lezioni
di Dio.
Il nostro io ha
un potere tremendo,grandissimo, ha il potere di annullare tutte le lezioni di
Dio.
Così come un
malato di mente può travisare tutte le azioni buone che riceve dagli altri.
Il nostro io ha
questo terribile potere.
Siccome il
nostro io è fatto per l’assoluto, per Dio, ha questo terribile potere di
capovolgere tutto.
Facendosi
centro l’io assolutizza se stesso ma assolutizzando se stesso condanna se
stesso, perché si condanna alla sua nullità.
È il tralcio
che assolutizzando se stesso, staccandosi dalla vire, si condanna alla rovina.
Noi da soli non
siamo, noi siamo in quanto partecipiamo ad altro da noi.
Noi da soli non
stiamo su.
Da soli non
siamo capaci ad amare, non abbiamo nemmeno la vita poiché il nostro essere è
partecipazione a Dio.
Quindi noi
siamo in quanto partecipiamo a Dio e nella misura in cui noi partecipiamo a
Dio.
L’importante è
mantenerci in questa partecipazione.
Quindi avere
Dio come punto fisso di riferimento.
Io sono il
tralcio, la vite è il mio punto fisso di riferimento.
Adeguandomi in
continuazione a questo punto fisso di riferimento, entro nell’amore vero.
L’amore vero ci
fa in continuazione adeguare all’altro.
Mentre invece
nell’amore non vero, in continuazione adeguo l’altro a me.
Ma io sono
niente e quindi naturalmente mi condanno.
*
Noi da soli non
possiamo stare su.
Però la maggior
parte delle nostre scelte, delle nostre decisioni le facciamo da soli.
Noi quasi
inconsciamente, scartiamo Dio dalla nostra vita, agiamo indipendentemente da
Dio.
Noi ci
comportiamo secondo i nostri piaceri, i nostri sentimenti, le nostre
convenienze e qui abbiamo come punto fisso di riferimento il nostro io.
“Faccio questo
perché mi piace”, il “piace” è legato all’io.
Dio non è il
nostro “buon senso”.
E Dio non è
quello che fanno tutti.
Dio non si
confonde con i miei sentimenti, non si confonde con i miei pensieri, non si
confonde con la creatura, non si confonde con quello che fanno tutti.
“I miei pensieri
non sono i vostri”, Lui non è una creatura, Lui non è “quello che fanno tutti”!
La figura,il
piacere, il sentimento, il “così fan tutti” sono le nostre giustificazioni e
sono sempre relative al pensiero del nostro io.
Se tu cerchi di
adeguarti a Dio, capisci che i pensieri di Dio sono tutti diversi dai nostri.
Certamente Dio
disapprova la mia mentalità se io ho come punto di riferimento quello che fanno
tutti.
Altrimenti noi
abbiamo un appiattimento generale.
Abbiamo una
legge universale che è la legge della degradazione.
Più noi ci
facciamo massa e più noi degradiamo.
La legge della
personificazione, è una legge di qualità.
Più ci si
avvicina a Dio e più Dio forma in noi una personalità.
È Dio Colui che
forma la persona.
Dio ci fa
crescere in verticalità.
“Voce di
popolo, voce di Dio” è un proverbio sbahliato!
Dio non è il
popolo.
Dio non è la
quantità.
Dio non è la
statistica.
Dio è qualità,
Dio è intelligenza.
L’intelligenza
richiede una grande purificazione d’ontenzione.
E più noi
restiamo davanti a questo punto fisso di riferimento: Dio e più ci rendiamo
conto di quanta fatica, quanta purificazione d’intenione, di pensieri sia
necessaria.
See non teniamo
presente Dio è comodo adeguarsi a quello che fanno tutti.
Ma a un certo
momento m’accorgo che porto con me un abisso di vuoto perché tutta la mia vita
è servita a niente.
Non tenendo
conto di Dio ti sei ridotto a niente, ecco la condanna.
Questa mica è
teoria, è esperienza nella vita vissuta di ognuno di noi.
*
Il punto fisso
del “mi conviene” è il pensiero del nostro io.
Il Signore dice
a Sant’Agostino: “Non sono Io che debbo mutarmi in te, sei tu che devi mutarti
in Me”.
Noi non
dobbiamo fare scendere Dio al nostro io, al nostro livello, ma dobbiamo
guardare Dio affinché Dio ci faccia salire al suo livello.
Dio opera per
portarci al suo livello.
E allora
dobbiamo sempre guardare a Lui.
“Facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.
Non è che
l’uomo debba fare Dio a sua immagine e somiglianza.
L’uomo deve
crescere a immagine e somiglianza di Dio in quanto ha Dio come punto fisso di
riferimento.
Allora amando
Dio, diventiamo capaci di amore vero verso Dio e anche verso le creature.
Perché non
amiamo le creature per quello che hanno (denaro, bellezza etc), ma amiamo le
creature per quello che sono in rapporto a Dio.
Nell’amore
vero, quello che interessa è il rapporto tra l’anima di una creatura e Dio.
Allora
c’interessa la mente, il pensiero, la fede di quella creatura.
Si ama la
creatura per quello che essa è in Dio.
Nel cielo, noi
ci ameremo veramente per quello che siamo in Dio, per il rapporto che abbiamo
con Dio.
*
Il nostro
grande errore è quello di illuderci di amare, di credere, di essere giusti, di
essere salvi: “Signore io ti ringrazio perché non sono come gli altri” e invece
siamo lontanissimi da Dio.
Per questo è
molto importante approfondire le lezioni di Dio, approfondire il Vangelo.
Perché più
approfondiamo le parole di Verità e più queste parole ci liberano dalle nostre
illusioni.
Ci liberano dal
credere di essere.
Vediamo in
queste ultime battute del capitolo sesto, come Gesù disinganni i suoi apostoli
dal credere di amare, di credere e di essere giusti.
Una delle prime
opere della Parola di Dio tra noi è quella di tirarci fuori dalla nostra palude
di illusioni.
*
L’amore parte
da un incontro e tende ad una permanenza.
Quando in noi
c’è bisogno di questa permanenza, vuole dire che c’è amore vero.
Se non c’è
bisogno di questa permanenza, non c’è amore vero.
Annunciandosi,
Dio provoca in noi interesse per quella Verità che Lui ci ha annunciato e che
non può essere smentita da noi.
L’amore altro
non è che adeguazione all’essere.
Adeguazione
alla Verità.
*
Il rapporto tra
Dio e la creatura sfugge a noi nel pensiero dell’io.
Sfugge a noi,
perché in noi c’è l’apparenza.
Ci fermiamo a
quello che la creatura mi può dare.
Io amo la
gallina perché la gallina mi fa l’uovo tutti i giorni.
Sembra che io
la ami, ma in fondo è perché la sfrutto, quello non è amore.
Quello è
interesse, è egoismo, chiamalo come ti pare.
Quella è
strumentalizzazione di quella cosa a me.
A me non
interessa quello che è la gallina, a me interessa l’uovo, mi interessa quello
che produce.
Al contrario,
se uno ha presente Dio e ha questo amore per Dio al di sopra di tutto, questo
amore per Dio mi fa cercare la presenza di Dio in tutto, anche nelle creature.
Allora cercando
la presenza di Dio, per essere con Dio in tutto, uno ama la creatura per quello
che essa è in rapporto a Dio.
E soltanto per
quello che essa è in rapporto a Dio e non per altro.
Se in noi
abbiamo interesse per Dio, noi cerchiamo Dio in tutto, la ricerca di Dio in
tutto, mi porta ad amare le creature per quello che Dio è nella creatura, non
per quello che le creature sono in Dio.
Non si ama Dio
e le creature, si ama Dio.
Amando Dio, si
ama tutto ciò che fa Dio.
Per cui si
cerca la presenza di Lui in tutto.
La presenza di
Dio in tutto non è soltanto quando uno chiude gli occhi e pensa a Lui.
Quando ci si
incontra con delle creature, sapendo che quelle creature sono opera di Dio, per
restare con Dio si cerca la presenza di Dio nella creatura.
Perché si tende
ad essere presenti a Dio, l’amore tende ad essere presente in tutto.
Se Dio mi
presenta la creatura, io per essere presente a Dio, debbo vedere la presenza di
Dio in quella creatura lì.
Proprio la
ricerca dell’intenzione di Dio mi dà la possibilità di permanere con Dio.
Altrimenti
resto con Dio in certi luoghi ma non in altri.
L’amore invece
tende alla permanenza nella casa dell’essere amato.
*
Si ama
soprattutto cercando l’intenzione dell’altro.
L’intenzione di
Dio è una sola che scaturisce dall’essere stesso di Dio e poi si cerca
l’intenzione di Dio melle creature, che è poi il significato.
Quando noi
siamo nel pensiero dell’io, noi non cerchiamo nica l’intenzione dell’altro.
Nel pensiero
dell’io noi abbiamo la nostra intenzione e cerchiamo di far servire l’altro
alla nostra intenzione, anche nei riguardi di Dio.
Per cui se
preghiamo Dio, noi non cerchiamo mica l’intenzione di Dio, noi preghiamo Dio
per fare servire l’Onnipotente alla nostra volontà.
Qui non abbiamo
l’amore, abbiamo la conoscenza della nostra intenzione.
Quando invece
si ama si cerca l’intenzione dell’altro.
E qui c’è il
superamento di noi stessi, perché si cerca l’intenzione dell’altro, non
s’afferma l’intenzione propria.
Quello che ci
impedisce di cambiare è volere affermare la nostra intenzione.
Non è tanto
importante l’amore ma è importante il motivo per cui si ama, l’intenzione.
L’intenzione
scaturisce dall’essere, cioè l’intenzione scaturisce da quel punto fisso di
riferimento che abbiamo in noi.
L’amore è un
punto fisso, quando si ama si ha un punto fisso.
Questo punto
fisso può essere solo o l’io o Dio.
E noi non
facciamo altro che adeguare tutto a questa nostra intenzione, a questo punto fisso
di riferimento.
Il punto fisso
è la nostra intenzione.
*
L’amore rende
simili.
“Facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.
Vedi che Dio ha
creato l’uomo nell’amore?
Quando l’amore
non è vero non rende simili.
Quando non è
vero, noi non cambiamo.
Allora vuole
dire che noi abbiamo come punto fisso di riferimento il pensiero di noi stessi.
Il pensiero del
nostro io non ci cambia perché tende a cambiare l’altro.
Per cui noi
tendiamo a cambiare il nostro prossimo, tendiamo a togliere la pagliuzza dall’occhio
del fratello.
Anche quello
che noi chiamiamo amore per il prossimo è tendere a cambiare l’altro.
Tendiamo a
informare gli altri di quello che siamo noi.
*
La creatura da
sola non è capace di amare.
Noi siamo
capaci di amare solo nella misura in cui riceviamo amore.
Dio chiede solo
a noi di adeguarci a quell’amore con il quale Lui ci ama.
E questo è
rispetto della Verità.
La giustizia
già è amore, perché la giustizia è rispetto della Verità.
Rispetta la
Verità con cui Dio ti ama.
Il nostro amare
Dio, non è altro che un rispondere all’amore di Dio
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71
Quarto tema.
Titolo: Solo se si resta nella Verità c’è l’amore vero.
Argomenti: Il principio del
tradimento – Responsabili del male nel mondo – La fede che salva – L’universo è
creato nell’amore – Passione di unità – L’amore egoista – Segni e intenzione – La
conoscenza è amore -
25/ Ottobre /1981
Stiamo
osservando il tradimento che può avvenire nella vita dell’uomo, perché qui
appunto si parla di uno che, essendo dei dodici lo avrebbe tradito.
E in quanto ci
si presenta questa scena, è una lezione di Dio che dobbiamo assumere su di noi
e cercare soprattutto di capire il significato di questo.
Per noi, per la
nostra vita personale.
Perché nel
gruppo dei dodici, uno, ad un certo momento ha tradito?
Quand’è che
nella nostra vita noi seminiamo il tradimento?
“Uno di voi è
un demonio” e il demonio è uno che non sta nella Verità.
Il principio del
tradimento sta lì.
Quando non ci
preoccupiamo di stare nella Verità.
Non stando
nella Verità, noi seminiamo in noi il tradimento.
Che questo
avvenga o non avvenga è solo questione di tempo e di occasioni.
Ma questo
dipende da Dio.
Ma noi
implicitamente abbiamo già tradito tutto e portiamo su di noi il peso di tutti
i delitti che avvengono o che possono avvenire nel mondo.
Per cui niente
avviene di male nel mondo, di cui noi non siamo responsabili.
E quando noi
diciamo: “Io quello non l’ho fatto”, noi diciamo una cosa non vera.
Come noi siamo
responsabili del sangue versato di Cristo, così tutto quello che accade nel
mondo, non avviene senza la nostra responsabilità.
E avviene
proprio per rivelarci che quando noi non restiamo nella Verità, siamo
responsabili di tutto il male del mondo, non importa che lo facciamo noi o lo
facciano altri, perché gli altri lo fanno per noi, è Dio che lo fa fare per
noi.
Quindi dobbiamo
prendere questa consapevolezza.
Noi siamo parte
in causa di tutto quello che accade.
Non perché non
ci diamo da fare socialmente, noi siamo responsabili per lo sbagliato rapporto
verticale che abbiamo con Dio, perché noi non restiamo nella Verità.
E allora che
cosa bisogna fare per restare nella Verità?
Quand’è che
restiamo nella Verità?
Si resta nella
Verità, in quanto si porta tutto nel suo Principio.
In quanto in
tutto si riconosce il Creatore.
Quindi è questo
raccogliere in continuazione tutto in Dio, questo riportare tutto nel suo
Principio che ci fa stare nella Verità.
Quello che noi
non riportiamo nel Principio, ci porta via alla Verità.
Impedisce a noi
di restare nella Verità.
Non basta
quindi che Dio voglia noi, che Dio ci scelga e ci elegga, non basta questo.
Anche Giuda è
stato scelto da Dio.
Ed è per questo
che ci fu un traditore, per insegnare a noi che non basta che Dio scelga noi.
Dio ci
eleggesse anche a far parte dei dodici, questo non basta.
Bisogna che noi
scegliamo Dio.
Non basta che
Dio voglia noi, bisogna che noi vogliamo Dio.
E dobbiamo
sceglierlo per quello che Lui ci sceglie.
Dobbiamo
volerlo per quello che Lui ci vuole.
E proprio a
questo punto che si apre il problema dell’amore.
Perché amare è
scegliere.
La nostra vita
non inizia quando noi riceviamo la vita da Dio, quando noi riceviamo doni da
Dio, grazia e luce da Dio.
La nostra vita
inizia quando noi rispondiamo a Dio.
Quando noi
scegliamo Dio.
Quando noi
riportiamo a Dio quello che Dio ci ha dato.
La vita inizia
lì.
In questo
ritornare a Dio.
Come quel
lebbroso su dieci, che ritornando da Colui che lo aveva guarito, trova la
conferma da parte di Gesù stesso: “La tua fede ti ha salvato”.
La fede che
salva non è quella che ci guarisce dai nostri mali, ma è quella che ci fa
ritornare a Colui dal quale riceviamo ogni cosa.
Perché questo
ci ricollega, ci fa stare nella Verità.
Qui si apre il
grande problema dell’amore perché è un problema di scelta, amare è scegliere.
E la vita è
scegliere.
Noi non ci
rendiamo conto, del grande male che ci facciamo non scegliendo.
Perché il più
delle volte noi non scegliamo per paura di perdere ed è l’unico modo con cui
certamente noi perdiamo.
Noi il più
delle volte non scegliamo perché abbiamo paura di perdere.
Infatti
scegliere vuol dire mettere qualcosa al di sopra di tutto e sottomettere tutto
a quello.
L’amore è essenzialmente
il rapporto tra due esistenti.
In un rapporto
c’è sempre un termine fisso a cui l’altro va riferito, va adeguato.
Il termine
fisso è Dio, principio di tutto.
E noi dobbiamo
mettere Dio come Principio di tutto, al di sopra di tutto, a cui tutto
riferire, a cui tutto adeguare e a cui adeguarci.
L’amore inizia
lì.
Però noi
possiamo invertire i termini e mettere il pensiero di noi stessi come punto
fisso di riferimento.
Allora noi
crediamo soltanto di amare, poiché il nostro amore diventa un adeguare l’altro
a noi, anziché adeguare noi all’altro.
Per cui se
anche amiamo Dio, se anche preghiamo Dio, noi amiamo Dio, preghiamo Dio per
strumentalizzarlo a noi, ma il punto fisso, l’intenzione fondamentale che portiamo
in noi è il pensiero di noi stessi.
E questo
capovolge completamente tutto.
Qui scopriamo
che abbiamo due possibilità di amare.
Noi possiamo
amare uno per ciò che egli è, oppure possiamo amare uno per ciò che egli ha.
Fintanto che
amiamo uno per ciò che ha, questo rivela che il nostro punto fisso di
riferimento in noi è il pensiero di noi stessi, quindi l’intenzione
fondamentale in noi non è Dio ma è il nostro io.
Il nostro io
fondamentalmente è un bisogno d’assoluto.
E quando questo
bisogno non è focalizzato in Dio, il bisogno rimane.
Perché noi non
possiamo cancellare Dio dalla nostra mente.
Se il nostro
amore non è rivolto consapevolmente a Dio, noi portiamo comunque la passione
d’assoluto in noi che provoca la passione di unità.
Una cosa che
dobbiamo domandarci è questa: perché c’è l’amore?
Perché c’è
l’amore nella nostra vita?
Come mai c’è
questo amore nell’universo?
Cos’è questo
amore?
Questo amore è
la testimonianza dell’unità di Dio, per cui nell’universo c’è la passione
dell’unità.
L’universo stesso
è creato nell’amore.
Lo dice la
parola stessa “Uni-Verso”.
Verso l’unità.
Tutto è rivolto
verso l’unità.
Noi stessi
siamo rivolti verso l’unità.
Però questa
unità qui, può essere presente in noi elettivamente o inconsapevolmente.
Se è presente
elettivamente in quanto l’abbiamo messa noi al di sopra di tutto, allora noi
partecipiamo di questa e siamo consapevoli di questa e allora noi partecipiamo
dell’amore.
Se invece
questa unità di Dio non è presente in noi elettivamente, diventa presente in
noi passivamente e quindi noi subiamo questa passione.
E questa
passione qui è amore.
Questo amore
quando non è consapevolmente rivolto a Dio, per cui noi sottomettiamo tutto di
noi a Dio, questa passione fa sentire a noi il bisogno di accumulare tutto
attorno a noi.
Cioè di
sottomettere tutto a noi.
Tutto a questo
bisogno di avere, questo bisogno che portiamo dentro di noi che è bisogno di
assoluto.
E allora noi
amiamo tutte le cose, non per quello che esse sono, ma per quello che noi le
possiamo possedere.
E allora, anche
se amiamo gli altri, amiamo gli altri per quello che essi hanno e che può
servire a noi.
In quanto
vediamo in quello che gli altri hanno, qualcosa che è utile a noi.
E li amiamo per
quello.
Il giorno in
cui riusciamo a portare via all’altro, quello che l’altro ha, non riusciamo più
ad amarlo.
Noi questo lo
chiamiamo amore ma è un amore egoistico, possessivo.
Ed è un amore
che ci porta a costatare la nostra morte.
Perché noi
sostanzialmente non siamo.
Siamo, come
ogni creatura, per quello che siamo in rapporto a Dio.
Sostanzialmente
non siamo.
Sostanzialmente
siamo solo una passione ma, a fondo di questa passione c’è il vuoto, c’è il
niente.
E tutto il
nostro amare gli altri, è questo tendere a sottomettere, ad adeguare gli altri
a noi.
Ma questo
niente, ad un certo momento provoca il niente attorno a noi e il niente dentro
di noi, cioè ci fa toccare con mano la nostra morte e la nostra dispersione.
L’amore vero
invece è volere gli altri per quello che essi sono.
E ciò che un
essere è, è sempre solo ciò che uno è in rapporto a Dio, poiché Dio solo è
Colui che è.
Noi non
possiamo quindi amare gli altri per quelli che essi sono, se non amando Dio
prima di tutto.
E questo è il
primo comandamento.
Tutto il resto
è una conseguenza.
Soltanto amando
Dio, quindi adeguando tutto a Dio, e adeguando tutto di noi a Dio, noi abbiamo
la possibilità (ricevendo amore da Dio) di amare.
Una delle
caratteristiche principali della creatura è questa: è capace di amare, soltanto
nella misura in cui riceve amore.
Noi da soli ci
illudiamo, ma non siamo capaci ad amare.
La capacità di
amare viene a noi dal Principio dell’amore, cioè viene a noi da Dio.
Dio è la
sorgente dell’amore, come Dio è la sorgente di tutto.
La capacità di
vivere, di capire, come tutto, viene a noi da Dio.
E quando noi ci
troviamo incapaci ad amare, questo è segno di un difetto nel nostro rapporto
verticale con Dio.
Quindi qui
dobbiamo operare, se vogliamo “curare” la nostra malattia.
In caso
diverso, noi mettiamo dei palliativi, ma non risolviamo assolutamente niente.
Perché soltanto
adeguandoci a Dio, Dio cambia noi.
Anche il
principio del cambiamento di noi stessi è Dio.
E più noi ci
adeguiamo a Dio e più Dio cambia noi e ci cambia fino a quel punto tale, da
renderci capaci di una unione eterna, di una conoscenza eterna, fino ad inserirci
nella sua stessa vita trinitaria.
*
L’intenzione di
uno, viene a noi da ciò che egli è.
Il dono è un
recipiente vuoto che si offre a ricevere una intenzione.
Il dono non dà
a noi l’intenzione, chi dà a noi l’intenzione è l’essere.
Se io non ho
presente l’essere, il dono da solo, riceve la mia intenzione.
Se trascuro
Dio, sono io che vesto tutti i doni di Dio delle mie intenzioni.
L’intenzione viene
dall’essere, da colui che opera, ma bisogna che io abbia presente l’essere.
Tutte le parole
di Dio che arrivano a noi, hanno ancora bisogno di Dio per essere intellette
nella sua intenzione.
Per cui non
basta che io riceva le parole di Dio, devo guardare a Dio, perché Lui mi faccia
capire la sua Intenzione.
Altrimenti io
rivesto le parole che Lui mi fa arrivare delle mie intenzioni del pensiero del
mio io.
Ogni segno che
arriva a noi di Dio o è rivestito dell’intenzione dell’io, o è rivestito dell’intenzione
di Dio, per cui diventiamo responsabili e colpevoli.
Per cui tutte
le cose diventano intenzionali.
Cioè, ogni cosa
è un numero senza segno (+ o -), ma il numero non può stare senza segno (+ o -),.
Il segno (+ o
-), è quello che mi dà l’orientamento.
Noi al dono di
Dio possiamo mettere il segno più o il segno meno e viene qualificato.
Il segno di per
sé non mi dice niente.
Ogni segno, in
quanto si presenta a me, richiede a me di mettergli il segno più o il segno
meno, cioè il significato.
Per mettere il
significato di Dio devo guardare a Dio e il significato di Dio lo ricevo solo
da Dio.
Ma se non
guardo a Dio, necessariamente metto la mia intenzione, ed è il principio del
tradimento.
E la mia
intenzione qual è?
La mia
intenzione è il bisogno di assoluto.
Per cui
trasformo il segno in idolo.
Io sono
inconsapevole di Dio, però porto la passione d’assoluto di Lui.
E allora io
rivesto ogni segno, di questa mia intenzione, di questo mio bisogno d’assoluto
e lo trasformo in idolo.
La cosa diventa
intenzionale per me.
Ogni cosa
diventa intenzionale per me, e non posso sfuggire a questo.
E questo mi
porta al tradimento.
*
L’arrivare ad
amare Dio per ciè che Egli è e quindi conoscerlo per ciè che Egli è, presuppone
il nostro desiderio specifico di questo, perché in noi ci sia questo desiderio
specifico, bisogna che in noi si sia formata la convinzione che lì sta il
nostro vero bene.
Ora come si
forma questa convinzione?
È Dio che
attraverso il nostro adeguarci alla sua Verità, a poco per volta forma in noi
questo.
Come Gesù,
parlando con gli apostoli, a poco per volta li convince della necessità che Lui
se ne vada.
Sembra una
privazione, per quale motivo è venuto se poi dopo se ne va?
L’importanza
della sua venuta è stata per agganciare gli apostoli al Padre.
Loro non
sarebbero mai arrivati al Padre se in loro non si fosse formato il desiderio
del Padre, con la possibilità di restare con il Padre.
Perché non si
arriva alla conoscenza del Padre se in noi non c’è il desiderio, il pensiero
del Padre, cioè il Cristo.
Il Cristo
esterno, dopo avere scritto Se Stesso dentro di loro, se ne va, affinché loro possano
guardare il Padre, con gli occhi della mente del Cristo stesso, che Cristo ha
travasato in loro attraverso le sue Parole.
Loro si sono
rivolti al Padre, per quello che hanno ricevuto dal Figlio, per quello che
portavano dentro di sé del Figlio.
Ma coloro che l’hanno
ucciso mica sono potuti arrivare, perché non
portavano nulla in sé del Figlio.
*
L’amore è conoscenza.
E quell’amore
che non desidera conoscere non è amore.
L’amore è
soggettivo, cioè l’amore egoistico, non ti serve mica a conoscere l’altro, ti
serve affinché l’altro serva te.
Quando noi
abbiano come centro il pensiero del nostro io, noi adeguiamo gli altri a noi ma
li adeguiamo per quello che noi vogliamo.
E proprio
adeguando gli altri a noi, ci lasciamo sfuggire la nostra vita, perché ci
lasciamo sfuggire il meglio che gli altri avevano da dare a noi, avevano da
dare a noi il loro rapporto con Dio, che era la vita per me.
Il conoscere l’altro
nel suo rapporto con Dio, è pane di vita per me, perché è parola di Dio.
Se io analizzo
il diamante, mi trovo con un po’ di carbone e io ho perso il diamante.
Noi
sottomettendo al pensiero del nostro io, noi analizziamo e quindi distruggiamo,
noi ci priviamo della bellezza del diamante.
Ogni creatura
che arriva a me, arriva a me come dono di Dio, come parola di Dio, ma per
vederla come parola di Dio, io devo essere nell’amore di Dio, cioè portare con
me l’Intenzione di Dio.
Per cui io amo
veramente, solo in quanto ho la stessa intenzione dell’altro.
Ma quando io ho
una intenzione diversa, io perdo quello che l’altro mi sta dando.
Io perdo la
parola di Dio e vedo solo la mia intenzione, ma la mia intenzione è carbone.
E noi perdiamo
la vita così.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Quinto tema.
Titolo: L’amore vero.
Argomenti: L’amore
egoista di Dio – La morte di Dio – Il mondo come segno o realtà – Dio principio
di noi – Dio nei fratelli – Le illusioni umane – La bestemmia – Cambiare noi e
non gli altri -
26/ Ottobre /1981
A Dio noi
possiamo per due vie.
O la via dell’intelligenza,
o la via dell’esperienza e della sofferenza.
Purtroppo noi
arriviamo sempre attraverso la seconda.
Noi dovremmo
arrivare a Dio attraverso la via dell’intelligenza, in modo da poter formare in
noi la fame di Dio, senza dover passare attraverso l’esperienza della sua
assenza.
Invece noi,
incominciamo a scoprire l’importanza di una persona quando non l’abbiamo più.
E così, noi
incominciamo a scoprire l’importanza di Dio, quando non lo abbiamo più.
Cioè quando
esperimentiamo il vuoto, l’assenza di Dio.
Dio che non
risponde più, noi lo invochiamo, lo desideriamo e Dio non risponde più.
Esperimentiamo
la morte di Dio.
Quello che è
avvenuto col Cristo, è rivelazione di quello che avviene nella vita di ognuno
di noi.
Questo silenzio
di Dio, che è necessario, per far sentire a noi la nostra impotenza.
Per far sentire
a noi la nostra povertà.
Siccome noi ci
esaltiamo, Dio per ricondurci nella situazione di povertà, cecità, miseria, ci
fa esperimentare quello che siamo capaci di pensare, di fare, di volere da
soli.
Quando siamo
soli, noi stiamo esperimentando la morte di Dio.
*
Quando io penso
a me stesso e parlo di me stesso, non tengo conto di Dio e faccio fuori Dio
dalla mia vita.
Spiritualmente
parlando, non tenere conto di uno è ucciderlo.
Praticamente
uccidiamo Dio.
Ora però, poiché
questi rapporti spirituali noi non li avvertiamo, dobbiamo passare attraverso
la morte di Cristo in croce.
E anche questo
è un segno che va intelletto, che va capito.
Il significato
della morte di Cristo è quello di condurre noi a prendere coscienza che tutte
le volte che noi non teniamo conto di Dio, noi uccidiamo Dio nella nostra vita.
E come
conseguenza esperimentiamo il silenzio di Dio.
Tutte le volte
che affermiamo noi come essere autonomi da Dio, dobbiamo esperimentare il
silenzio di Dio.
Cristo viene a
morire in noi fino alla fine del nostro mondo.
Fintanto che in
noi c’è ancora qualcosa del nostro mondo, Lui deve morire per farci maturare.
Altrimenti non
ci salviamo.
Il nostro mondo
è il mondo che ha ottenebrato la gloria di Dio.
Fintanto che in
noi pesa il nostro mondo, come realtà (come segno ci porterebbe a Dio), Dio
viene a morire in noi.
Dobbiamo arrivare
a vedere tutto il nostro mondo come segno di Dio.
Allora il mondo
da negativo, diventa positivo.
*
Sapendo che Dio
è principio di tutto, io devo farlo principio di tutto di me.
Dio prende su
di Sé il nostro peccato, facendo una realtà per noi, affinché serva alla nostra
salvezza.
Dio solo è in
assoluto, ogni altro essere è in quanto è in rapporto con Dio.
Se io amo il
fratello per quello che Egli è, lo devo amare per il rapporto che ha con Dio.
Noi non
conosciamo Dio in Sé come a Pentecoste, noi conosciamo Dio come Creatore.
Conoscendo Dio
come Creatore, dobbiamo adeguarci, ad avere Dio come Creatore di tutto.
Sapendo che Dio
è Creatore adeguati a Lui, abbilo come tuo Creatore (principio) in tutto.
Soprattutto di
tutto quello che Lui ti presenta, altrimenti tu esci dal rapporto con Dio
Creatore.
Se tu ti
stacchi da Dio come Creatore di tutto, è assurdo pensare che tu possa amare il
fratello.
Perché nell’io
tu ami il fratello in senso egoistico, lo ami in quanto ti serve.
Qui abbiamo già
un io che è impazzito, poiché si è diviso da Dio Creatore.
La conoscenza è
sempre relativa a un dato che Dio ti dà.
Prima di Pentecoste
il dato che Dio ci dà è: “Io sono il Creatore di tutto”.
“Io sono il
principio”, questo è il dato.
Noi siamo
tenuti a rispettare questa conoscenza, a rispettarla in noi e a rispettarla in
tutto quello che Dio fa accadere intorno a noi.
Quando avrai
finito di evangelizzare tutto il tuo mondo, sarai a Pentecoste.
*
Il fratello è
sempre opera di Dio per me, anche se viene a bestemmiare.
Abbiamo il
rapporto triangolare: Dio, la mia anima e il segno attraverso cui Dio mi
riporta a Sé.
In quanto “Uno
solo è il tuo Maestro”, tra la nostra anima e Dio non è interposta nessuna
creatura.
Dio parla
personalmente con ognuno di noi.
Siccome noi il
più delle volte siamo distratti e lontani da Lui, Dio ci richiama con il segno.
Ma il segno è
sempre un richiamo per noi a questo rapporto diretto con Dio.
Per cui non
puoi e non devi mai giudicare il fratello ma devi sempre vedere nel fratello
Dio che opera per liberarti da un egoismo, da una avarizia, da una superbia o
per farmi approfondire di più la Parola e magari mi manda un fratello che
bestemmia o che nega l’esistenza di Dio.
Tu non devi salvare
il fratello ma è il fratello che serve per salvare te.
L’amore per la
creatura l’hai soltanto se rispetti l’opera di Dio nel fratello.
Non esiste l’amore
per la creatura orizzontale.
*
Noi amiamo gli
altri, solo fintanto che possiamo vedere noi stessi negli altri.
La madre ama il
figlio, perché vede se stessa nel figlio.
Se noi
rivestiamo gli altri della nostra intenzione, questo provoca amore in noi per
gli altri.
Dio in noi può
essere presente consapevolmente o inconsapevolmente ma non lo possiamo
cancellare.
Se è presente
inconsapevolmente il nostro io è passione d’assoluto, perché non possiamo
cancellare Dio.
Se tu sei
incosciente della presenza di Dio in te, tu cosa hai presente? La passione dell’assoluto,
la passione di Dio e quella è intenzione sua.
L’intenzione è
espressione dell’Essere con la E maiuscola.
Per questo
quando non abbiamo presente Dio consapevolmente e avendo in noi la pasisione
dell’assoluto, noi amiamo gli altri per quello che hanno, perché quello che
hanno, noi lo possiamo rivestire dela nostra passione ma quello che sono non
possiamo rivestirlo della nostra passione.
Solo se io amo
Dio al di sopra di tutto, non mi interessa quello che ha l’altro, mi interessa
quello che è.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Sesto tema.
Titolo: La giustizia come base della fede e del vero amore I.
Argomenti: Creazione/Fede/Conoscenza
– Amore stabile e instabile – L’io naturale e spirituale – Il principio di
giustizia – La fede è desiderio di vedere dal punto di vista di Dio – Il vero
amore e il tradimento -
1/ Novembre /1981
Essendo noi
creature, noi possiamo amare solo per l’amore che riceviamo.
Ci sono dei
doni che arrivano a noi da Dio senza di noi e ci sono dei doni che non arrivano
a noi da Dio senza la nostra partecipazione.
I primi sono la
condizione per poterci aprire ai doni maggiori.
Ma la
condizione per potere ricevere i doni maggiori di Dio, è la nascita in noi dell’interesse
per Dio.
Il Principio,
cioè Dio, si annuncia a tutti e in tutto, non si manifesta, cioè non si rivela
per ciò che è, se non a coloro che lo cercano attraverso la fede e l’interesse
per Dio.
Il Principio,
Dio Creatore si annuncia a tutti in tutto, quindi abbiamo dei doni che sono
dati a noi senza di noi.
Però questo
creatore non si rivela per ciò che Esso è, e quindi non dà a noi la capacità di
entrare nell’amore vero (amare un essere per ciò che è), se noi stessi non lo
cerchiamo (interesse) con fede.
La fede è già
un fatto personale.
Possiamo
sintetizzare tutto in tre tappe.
La prima sono i
doni di Dio, i dati, il Principio è dato a tutti, la seconda è la fede e la
terza è la conoscenza.
I passaggi da
un dato all’altro, richiedono una adesione.
Non si può
passare da un dato all’altro se da parte nostra non c’è adesione al primo dato.
Il primo dato,
Dio Principio di tutto, aspetta da noi un atto di giustizia.
Non è fede né
amore, qui è adesione a ciò che mi è dato.
Quando noi
aderiamo a ciò che ci è dato, non facciamo mica un atto di fede, facciamo un
atto di giustizia.
Se io vedo che
una cosa è bianca, la giustizia sta nel dire che la cosa è bianca.
Se io vedo che
tutte le cose sono create, la giustizia sta nel dire che tutte le cose sono
create.
Se io vedo che
sono una creatura, la giustizia sta nel dire che io sono una creatura.
Questo atto di
giustizia diventa la premessa per la fede che è desiderio di conoscere.
Il dato non è
conosciuto in sé, il dato è un annuncio, io non so cosa è il bianco, però sono
impegnato ad aderire e per giustizia dire che è bianco.
Tutto quello
che arriva a noi senza di noi non è conoscenza, perché è creazione di Dio, s’impone
a noi e chiede a noi questo atto di adesione.
Fintanto che
non facciamo questo atto di giustizia, noi non entriamo nel processo della
fede.
E a molta
maggior ragione non entriamo nel processo dell’amore.
Se facciamo
questo atto di giustizia, nasce in noi il desiderio di conoscere, di vedere
questa verità nella quale io credo in tutto.
La fede mi fa
invocare, desiderare, quello che ancora non vedo ma che credo per atto di
giustizia.
L’atto di
giustizia è premessa della fede.
La fede che è
dono di Dio, è il secondo dono dopo il primo dato.
Se io avessi
anche la fede ma non compio questo atto di giustizia, la fede mi viene portata
via.
La perdo,
perché viene in meno in me l’interesse per Dio.
Poi abbiamo il
passaggio dalla fede alla conoscenza.
La fede mi
porta a Cristo, perché mi porta a valorizzare il Cristo che risponde al mio
desiderio di conoscere Dio.
E Cristo mi
porta a conoscere quel Principio che mi era dato.
E nella
conoscenza noi abbiamo l’amore vero.
Quindi l’ultimo
dato: la conoscenza di Dio è il fondamento dell’amore stabile.
Fintanto che io
amo per fede, io aderisco a quello che mi è dato, però non ho un amore stabile.
È un amore che
oscilla, perché la fede non ha in sé il motivo, la ragione, la conoscenza di
ciò in cui crediamo.
Per cui noi
crediamo in ciò che ci è dato ma non sappiamo che cosa sia.
Ora, il fatto
di non sapere, rende noi incerti e abbiamo l’oscillazione dell’amore.
Noi abbiamo l’amore
instabile, per cui certe volte diciamo si e certe volte diciamo no.
Il giorno in
cui, attraverso la fede, per mezzo del Cristo arriviamo alla conoscenza, noi
entriamo nell’amore stabile, cioè in quell’amore che ama Dio per ciò che Egli è
in Sé.
Fintanto che
non si arriva alla conoscenza, essendo noi in cammino, noi subiamo eventi
diversi.
La fede non ci
dà quella sicurezza che solo la conoscenza può darci.
La conoscenza
che è una esperienza essenzialmente personale.
Tanto che tra l’anima
che contempla Dio e Dio non è più interposta nessuna creatura.
A un certo
momento arriva la fine del mondo ma la fine anche del nostro io.
Resta solo il
rapporto puro dell’anima che contempla il suo Signore.
E dico che è la
fine del nostro io vecchio, perché l’anima anche il suo nuovo io lo riceve dal
Signore.
In quanto l’io
nasce da Dio, qui abbiamo la stabilità.
Noi non siamo
stabili, fintanto che non nasciamo da Dio, per contemplazione di ciò che Egli è
in Sé.
Perché Dio solo
è l’essere stabile.
Dio è un si e
un si eterno.
La creatura di
per sé è si e no, è instabilità.
La creatura da
sola poi è pura ribellione, puro no.
La creatura se
aderisce a Dio non è stabile, è oscillante, è si e no.
L’io nostro naturale
nasce come capacità di distinguersi.
Distinguersi
vuole dire avere capacità di dire no.
Invece l’io
nostro spirituale è un si poiché nasce da Dio.
Ora, se io dico
“sì” e nasco da uno che è stabile, divento stabile.
L’ultimo
passaggio nella conoscenza avviene quando Dio ha formato la convinzione nella
creatura che soltanto se conosco Dio per ciò che Egli è, lo posso veramente
amare.
Colui che ha
formato nell’anima questa convinzione, è reso capace di ricevere la
comunicazione di ciò che Dio è.
La rivelazione
di Dio (dono maggiore), presuppone nell’anima la consapevolezza della fame, del
bisogno che ha di questo.
Le fasi
precedenti hanno lo scopo di fare maturare in noi, questa fame consapevole che
Dio è l’unico bene e l’importanza che ha per noi.
Quando l’anima
ha questa consapevolezza, siamo alla vigilia di Pentecoste.
Quando uno è
tutto teso verso un unico punto, tutto il resto per lui sparisce.
Ma è proprio
questa tensione verso un punto unico che fa maturare l’anima e la rende capace,
poiché rende pura la sua intenzione.
Che qui è
intenzione di ciò che Dio è.
È l’intenzione
stessa di Dio.
Dio operando
sull’anima, ha portato l’anima ad avere la stessa intenzione di ciò che Egli è.
Qui entriamo
nel vero amore, poiché si ama veramente quando si vuole l’altro per la sua
intenzione, non per la nostra, per ciò che Egli è non per ciò che noi siamo.
Quando si vuole
l’altro per la sua volontà, non per la nostra volontà.
E allora
abbiamo la creatura nuova che nasce da Dio, per opera di Dio.
*
Dio s’annuncia,
io debbo adeguarmi, questa è la giustizia.
Noi nella
maggior parte della nostra vita siamo degli ingiusti.
E tutte le
conseguenze negative, derivano da quello.
Il problema
della fede, dell’amore e della conoscenza sono impedite se non c’è questo atto
di giustizia.
Noi ci
riteniamo autonomi, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre
scelte e questa è ingiustizia piana.
E allora siamo
molto lontani da fede, amore e conoscenza.
Se tu t’accorgi
che non sei capace ad amare a credere e a conoscere, risali al principio e fai
questa giustizia.
Ogni dono che
Dio fa a noi, attende da noi l’atto di adesione.
É L’io di per
sé è capacità di dire no, è ribellione, l’io è capacità di distinguersi.
L’io naturale
da solo è un essere che continuamente si distingue da-.
L’io naturale
tende sempre a distinguersi, se noi andiamo a fondo è soltanto capacità di dire
no, però il sì, non lo può dire senza Dio.
L’io senza Dio
può dire no, ma senza Dio non può dire sì.
Il nostro io da
solo è solo capacità di dire no.
Con Dio ha la
capacità di dire sì.
Però il sì, non
lo può dire senza Dio.
Ma allora se
dico sì, di chi è il dono?
È di Dio.
Infatti noi
diciamo sì quando abbiamo un dato presente, senza dato non posso dire sì.
Tant’è vero che
noi non possiamo volere (volere vuol dire amare) ciò che non ci è dato.
Quello che noi
non conosciamo, non abbiamo presente, non possiamo assolutamente volerlo.
Quindi bisogna
che ci sia prima uno che ce lo dia gratuitamente, perché solo dandocelo
gratuitamente, dà a noi la capacità di volerlo.
Allora la mia volontà
è soltanto grazia di Dio, perché se Dio non si dà per primo, io non posso
volerlo.
*
La fede ci fa
sentire il bisogno di capire il significato dell cose in Dio.
È vero che noi
possiamo fraintendere le parole di Dio rivestendole di nostre intenzioni, ma la
fede mi fa capire che capisco veramente, soltanto quando questa parola la vedo
nell’intenzione di Dio e non nell’intenzione di altri.
Allora c’è
tutto questo processo per arrivare all’intenzione di Dio.
Ma l’intenzione
di Dio non nasce dalle creature, non nasce dalle opere di Dio, non nasce dai
segni, l’intenzione di uno, nasce soltanto da ciò che uno è, nasce dall’essere.
Poco per volta
Dio fa maturare in noi il bisogno di conoscere Dio per ciò che Egli è in Sé,
perché solo di lì, nasce l’intenzione sua e quindi la capacità di intendere il
significato di tutto quello che Lui fa o ha fatto.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Settimo tema.
Titolo: La giustizia come base della fede e del vero amore II.
Argomenti: Giustizia e fede – La sostanza
della fede – Amore stabile e instabile – Il fiore che raddoppia -
2/ Novembre /1981
L’oggetto della
fede è indipendente dalla creatura, però è offerto alla creatura.
La fede è
adesione a ciò che ti viene proposto come oggetto d’interesse.
Anche la
giustizia è adesione.
La giustizia
non s’impone, il dato s’impone.
La curva s’impone
ma tu puoi uscire dalla curva, fai una cosa ingiusta, non è che manchi di fede
di fronte al dato.
Aderendo al
dato, lo metti al suo posto, lo rispetti e di lì nasce l’interesse per
estendere ciò cui hai aderito su tutto.
L’atto di fede
è arrivare a vedere come vero quello a cui tu hai aderito per giustizia.
Quando tu
cerchi, la fede in te è sostanza di una cosa che speri, la tua ricerca è una
sostanza in te, di quello che tu speri di arrivare a vedere.
La ricerca
della fede è un movimento, noi crediamo che dipenda dall’io ma sostanzialmente
il movimento dipende da quello che ti attrae.
Tu ti metti in
movimento in quanto c’è qualcosa che ti attrae.
La sostanza
dell’essere è il pensiero, la fede è sostanza di cose sperate.
La passione è
in me, la passione per me è sostanza di una cosa che desidero raggiungere.
La passione in
me è una sostanza di una cosa a cui tendo.
La cosa è in
sé, la sostanza di questa cosa in me creatura diventa passione.
La vera fede è
ricerca, perché la fede non è nell’oggetto della ricerca, esiste nel soggetto.
La fede esiste
nella creatura, non esiste in Dio.
Tant’è vero che
la fede è destinata a sparire, resterà la carità che è conteplazione pura,
resta il pensiero, cioè resta l’essere del nostro pensiero.
Se la fede è
solo nella creatura, è un movimento verso una certa meta.
La fede scatta
quando io, avendo aderito a ciò che mi è stato dato, desidero estenderlo,
arrivare a vederlo.
La fede è passione
per ciò cui tu hai aderito.
Ma il dato ti è
stato dato senza di te.
La passione
(patire) è movimento.
*
La giustizia è
rispetto di quello che ci viene presentato.
Nel rispetto di
quello che ci viene presentato, non c’è la fede ma c’è la giustizia.
Quindi prima di
tutto ci viene chiesto questo atto di rispetto.
Se questo foglio
è bianco, la giustizia è riconoscere che è bianco.
Se vedi una
cosa che è creata, riconosci che non l’hai creata tu, è relativa, non è
assoluta.
Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota:
questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Ottavo
tema.
Titolo: La purezza d’intenzione: da che cosa
deriva.
Argomenti: Amore e tradimento –
L’essere e il rapporto con Dio – Il demonio – Giustizia, fede, amore – Perdere la
fede – Far conto su Dio – Stabilità e instabilità – Essere e intenzione – L’amore
viene dal fine -
8/ Novembre /1981
Inquadriamo
negli argomenti delle domeniche precedenti, a cui siamo approdati approfondendo
questo versetto.
Soffermandoci
soprattutto su questo fatto: “Pur essendo uno dei dodici”.
E Gesù dice: “Uno
di voi è un demonio”, pur avendoli scelti tutti Lui.
Allora abbiamo
riscontrato che questo avvenne per farci capire che non basta che Dio ci scelga.
Dio sceglie
anche i demoni per compiere i suoi voleri e per portare a termine i suoi
disegni.
Quand’anche noi
ritenessimo di essere stati scelti da Dio, teniamo sempre presente che in noi
può sempre albergare questo demonio che avrebbe tradito.
Approfondendo
questo abbiamo visto che per approdare verso un amore che non tradisce, il
problema non sta tanto nell’essere scelti, quanto piuttosto nello scegliere.
Però anche qui,
quando si sceglie, nella risposta che diamo all’opera di Dio, possiamo avere
motivi diversi.
Noi possiamo
scegliere e quindi amare uno per ciò che ha e invece possiamo anche amare uno
per ciò che è.
Fintanto che
noi amiamo uno per ciò che ha, noi non usciamo dal pensiero del nostro io e
quindi siamo sempre soggetti al tradimento.
Perché quando colui
che amiamo non ha più ciò per cui lo amavamo, noi ci troviamo nella incapacità
di amare.
Noi non siamo
liberi di amare, noi amiamo solo in quanto riceviamo amore.
Quindi l’elemento
motivante in noi è determinante dell’amore stesso.
Quando abbiamo
meditato su quale fosse il vero amore, abbiamo visto che deriva da questa
intenzione: amare uno per ciò che esso è.
Rivolto a Dio,
il vero amore è quando si ama e si cerca Dio per ciò che Egli è e non per ciò
che Egli ci dà.
Solo approdando
a questo amore, si giunge al campo della fedeltà.
Questo è l’amore
fedele, l’amore che non muta.
Ecco, la
purezza d’intenzione ca cercata lì.
Da questo
possiamo capire che l’intenzione nasca da ciò che uno è.
Nei riguardi di
Dio è chiaro, però la creatura non è di per sé, la creatura è soltanto nel suo
rapporto con Dio.
La creatura è
per il rapporto che essa ha con Dio.
E se l’intenzione
nasce da ciò che uno è, cioè da questo rapporto che ha con Dio, l’intenzione in
noi non può cambiare e purificarsi, se non muta il nostro essere, se non muta
cioè il nostro rapporto con Dio.
L’accumulo di
tante cose attorno a noi, non è che possa far cambiare la nostra intenzione.
Noi restiamo
sempre quelli.
Se noi siamo
egoisti, ambiziosi o cinici, per quanti beni accumuliamo attorno a noi, noi
continueremo ad essere egoisti, ambiziosi o cinici e non potremo uscire dal
pensiero del nostro io.
O per quanto
noi mettiamo attorno a noi dei programmi o dei propositi di vita.
Tutto questo
non cambia la nostra intenzione.
L’unica cosa
che può cambiare la nostra intenzione, è quello che cambia il nostro essere.
Ma il nostro
essere cambia, soltanto se cambia il rapporto tra noi e Dio.
Quindi se noi
vogliamo camminare verso questa purificazione d’intenzione, dobbiamo cambiare
il nostro rapporto con Dio.
Teniamo
presente l’importanza di questa purificazione d’intenzione,poiché a un certo
momento Gesù dice nel discorso della montagna: “Beati i puri di cuore, perché
questi vedranno Dio”.
La purezza d’intenzione
è la condizione per potere conoscere Dio, per potere vedere Dio.
Noi possiamo
camminare verso questa purificazione d’intenzione, soltanto se cerchiamo di
modificare, il rapporto in cui si trova la nostra mentalità, il nostro cuore,
la nostra anima, la nostra vita stessa con Dio.
Soltanto
modificando questo rapporto, facciamo un salto di qualità nel campo dell’essere,
cioè modifichiamo il nostro essere e di conseguenza si modifica l’intenzione in
noi.
Tanto più la
nostra intenzione si avvicina alle cose del mondo e più diventa inquinata, così
tanto più la nostra intenzione si avvicina a Dio e più la nostra intenzione
diventa pura.
Tanto più l’intenzione
in noi si purifica, tanto più in noi si forma la capacità di adesione a Dio e
la capacità di portare Dio.
Quando Gesù
vuole segnalarci la causa della nostra volubilità, parla del demonio e dice che
il demonio fu “Colui che non seppe stare nella Verità”.
C’è quindi una
verità in cui noi siamo impegnati a restare e questa non è la Verità assoluta,
perché chi conosce la Verità assoluta, non può non restare in essa, non può
peccare.
C’è invece una
verità che ci è data e nella quale noi possiamo non restare e diventare dei
demoni.
L’impegno con
la verità che ci è data, entra nel campo della giustizia.
Il primo
termine da cui deriva tutto di noi, sta nella giustizia verso la verità che ci
è data.
Quindi Dio si
annuncia a noi come Creatore, ecco la verità che ci è data.
Noi siamo
impegnati a restare in questa verità, se non restiamo, cadiamo nel campo del
demonio.
Quanto più
restiamo in questa verità: Dio Creatore, tanto più si purifica la nostra
intenzione e passiamo dal campo della giustizia al campo della fede e poi dal
campo della fede passiamo al campo dell’amore.
Questa
intenzione si purifica in noi, fino a farci capaci di essere tutto pensiero di
Dio, di avere in noi il pensiero di Dio e di avere in noi la capacità di
conoscere Dio.
Perché quando
portiamo in noi il Figlio di Dio, il Figlio di Dio glorifica il Padre e abbiamo
la capacità di accogliere in noi la gloria del Padre, la conoscenza del Padre.
*
Dio è il
Creatore di tutte le cose.
Noi non
sappiamo chi sia Dio ma noi crediamo in Dio perché ci troviamo in un universo
non fatto da noi o da altre creature ma fatto da un Altro.
Quindi noi
siamo tenuti a rispettare questo dato, come in automobile siamo tenuti a
rispettare le curve.
Cioè noi siamo
tenuti a rispettare la Verità che Dio ci presenta come tale.
E questa è
giustizia, non è fede.
Se tu fai la
curva in macchina non hai fatto un atto di fede!
Quindi noi
abbiamo una realtà che ci viene data, presentata, annunciata.
Noi non
sappiamo cosa sia in sé, però noi siamo tenuti a rispettarla.
Ci viene
annunciato che Dio è il Creatore, noi non possiamo annullarlo.
Dio si presenta
come il Creatore di tutte le cose, non so chi sia ma siamo tenuti a
rispettarlo.
Se noi non
aderiamo a ciò che è giusto, noi non possiamo nel modo più assoluto entrare
nella fede.
E noi perdiamo
la fede se non facciamo la giustizia.
Perché la fede
è una conseguenza della giustizia.
La giustizia
sta nel tenere presente ciò che sai, sta nel restare nella verità che ti è
data.
Noi non siamo
responsabili della verità che non ci è data.
Ma siamo
responsabili verso la verità che ci è data.
Quindi tu
questo lo devi rispettare.
Ora, tutte le
cose ci vengono date e non sono nostre.
Noi ci troviamo
in una casa che non è nostra e noi siamo tenuti per giustizia (non per fede) a
rispettare tutte le cose, perché le cose non sono nostre.
Un altro è il
Padrone, tu sei amministratore, non permetterti di usare le cose secondo la tua
intenzione, ma devi usare tutte le cose secondo l’intenzione del tuo Padrone.
Questa è
giustizia non è fede!
Io so che tutte
le cose che ho, non sono mie.
Non sono io che
ho fatto il mondo.
Non sono io che
mi sono fatto.
Quindi tutte le
cose di cui puoi disporre, sono cose non tue, nemmeno il tuo cuore, la tua
mente, la tua vita, il tuo tempo sono tuoi, non puoi disporne come vuoi!
Altrimenti
applichi la tua intenzione e sei un amministratore infedele e ti sarà tolta l’amministrazione.
Tu non puoi
amministrare le cose di Dio secondo la tua intenzione, perché non sono tue.
Se tu non fai
quest’atto di giustizia tu non puoi entrare nella fede e a maggior ragione non
puoi entrare nell’amore e nella conoscenza di Dio.
Quindi noi ci
troviamo con dei dati, con una verità che si presenta a noi senza di noi e noi
siamo tenuti a questo atto di giustizia.
Se noi siamo
giusti, apriamo la nostra anima a poco per volta per accogliere quei doni
superiori: la conoscenza della Verità in sé, che ci rende stabili.
Perché fintanto
che tu sei con la verità che è data a te senza di te, tu sei instabile.
*
Sapendo che Dio
è il Creatore di tutto, io devo riconoscerlo come Creatore anche del mio
pensare, del mio vivere, del mio scegliere, del mio amare, del mio parlare,
cioè Dio deve essere il mio padre.
Dio è creatore,
fallo tuo creatore.
Dio è
principio, fallo tuo principio.
Dio è padre,
fallo tuo padre.
Dio è Dio,
fallo tuo Dio.
È in questa
corrispondenza che si verifica la giustizia.
E entrando in
questa giustizia, si entra nel campo della fede e della maturazione dell’intenzione
pura.
Questa
giustizia deve essere alimentata dalle parole di Cristo.
Tutto il
capitolo è una purificazione dell’intenzione.
Come possiamo
noi approdare a questa purificazione dell’intenzione?
Noi siamo
partiti da una intenzione inquinata: “Cercavano il Cristo, perché aveva
moltiplicato il pane”.
Cioè cercavano
Cristo per i suoi doni, quindi abbiamo una intenzione inquinata.
Attraverso
tutto il suo discorso, Cristo ha purificato questa intenzione.
È vero che la
maggior parte se ne sono andati via, ma qualcuno è rimasto.
Tra quel
qualcuno rimasto c’era ancora un demonio.
E Cristo ha
dovuto evidenziarlo, per poterci fare capire in cosa consiste questa purezza.
Quanto più uno
si nutre della parola di Cristo, quanto più il suo pensiero si purifica, fino a
diventare pensiero del Figlio: la glorificazione del Figlio, che dà poi dopo a
noi la possibilità di accedere alla gloria del Padre.
Egli parlava di
Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per
tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Nono tema.
Titolo: La purezza d’intenzione.
Argomenti: La Verità relativa e
assoluta di Dio – La giustizia essenziale – Assimilare la Parola – La verità
capovolta – Il segno che diventa realtà – Le dipendenze – La ripetitività – Essere
e intenzione – La Sindone -
9/ Novembre /1981