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Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Primo tema.


Titolo: Dobbiamo cercare Dio per quello che Egli è.


Argomenti: La figura di Giuda – Restare nella Verità – Il demonio – Il tradimento – I talenti e l’interesse – Dio si offre ad essere scelto da noi – La persona – Il principio del trtadimento – Le intenzioni umane – Servire due padroni – Conflitto Dio/creatura – Il vero essere della creatura – Il rapporto intimo con Dio – Gli attributi di Dio – Dio Principio ed Essere -


 

11/ Ottobre /1981


Qui Giovanni dice che Gesù alludeva a Giuda che lo avrebbe tradito.

Pur essendo Giuda uno dei dodici.

Gesù aveva detto: “Uno di voi è un demonio”.

E abbiamo visto la volta scorsa che Gesù dice questo non per confermare ma per salvare, come lo disse a Pietro: “Sei un demonio”.

Lo dice affinché la creatura non sia un demonio.

Però si è demoni, quando non si rimane nella Verità.

Evidentemente Gesù conosceva gli animi e anche il Vangelo di S.Giovanni lo dice: “Gesù non si fidava di quello che gli uomini dicevano, perché sapeva quello che c’era nel loro cuore”.

E conoscendo quello che c’era, conosceva anche quello che c’era in Giuda, cioè che Giuda come il demonio, non restava nella Verità.

Cioè era uno che si lasciava portare, dominare da argomenti e da sentimenti umani.

Abbiamo la conferma in quanto Gesù dice a Pietro che era un demonio in quanto ragionava non secondo Dio ma secondo gli uomini.

Non gli dice:”Ragioni secondo i demoni”, ma gli dice: “Ragioni secondo gli uomini”.

Quando noi ci lasciamo guidare da sentimenti o da argomenti umani, questi impediscono a noi di restare nella Verità.

E siccome il demonio è colui che non seppe restare nella Verità, ecco che il nostro animo scende al livello del demonio.

Tutto questo avviene perché Dio attraverso Cristo ci vuole educare a restare nella Verità.

Perché soltanto restando nella Verità, noi troviamo la fedeltà e la libertà.

Fintanto che noi non siamo capaci a restare nella Verità, noi non siamo né liberi, né fedeli.

Ecco per cui Gesù, dicendo:”Uno di voi è un demonio”, fa la profezia e Giovanni lo conferma, che Giuda lo avrebbe tradito.

Quando non si resta nella Verità, necessariamente si giunge al tradimento.

È questione di tempo.

È questione di occasione.

Perché non si è liberi.

E allora è sufficiente che Dio ci presenti l’occasione del tradimento perché noi tradiamo.

Cioè noi di fronte alle occasioni non possiamo resistere.

Quando non si rimane nella Verità, si è come dice Gesù “una stanza vuota” e la stanza vuota non resiste al restare vuota.

Arriva sempre il giorno in cui quella stanza si riempie di demoni.

Non può farne a meno, quindi necessariamente.

Perché l’uomo è libero soltanto in Dio.

In caso diverso non è libero, e non essendo libero, resta in balia delle occasioni.

Questo ci riconduce ad approfondire cosa vuole dire restare nella Verità.

Che cosa si richiede perché uno possa restare nella Verità.

Abbiamo visto che Dio opera con noi in tutte le cose, per formare in noi l’interesse per Dio, l’interesse per Lui.

Poi viene a cercare da noi questo interesse.

È la parabola dei talenti.

Dio dà i talenti, poi si allontana, affinché ognuno li faccia fruttificare, ne tragga un interesse.

Poi ritorna, per vedere quanto interesse ognuno ha saputo trarre da quello che il padrone gli aveva affidato.

Quanto interesse.

Quindi nell’operare di Dio, abbiamo sempre queste due facce.

In un primo tempo, Dio dona a noi dei doni senza di noi.

Tutta la creazione, la nostra vita, il nostro tempo, sono tutto un susseguirsi di doni che arrivano a noi dal Creatore, quindi arrivano a noi senza di noi.

Ma il fine di tutta quest’opera di Dio, di tutti questi doni che Dio dà a noi, è quello di formare in noi interesse per Lui.

Se questo è lo scopo di tutto l’operare di Dio nella nostra vita, senza di noi, questo fa pensare che arrivi un giorno in cui Dio venga a noi a chiedere a noi l’interesse che abbiamo saputo trarre da tutto quello che Lui ci ha dato.

L’interesse per Lui.

Dio in un primo tempo ci sceglie e poi si offre ad essere scelto da noi.

Creandoci ci sceglie.

E ci sceglie in quanto forma in noi l’interesse per-.

Quindi noi siamo chiamati ad interessarci di Dio.

Poiché tutte le cose che avvengono nella nostra vita hanno questo senso.

Poi Dio si offre ad essere scelto.

Quando si offre ad essere scelto, lì si rivela quanto interesse ognuno di noi ha per Lui.

Ma come Dio si offre ad essere scelto da noi?

Dio si offre ad essere scelto da noi, mettendosi in concorrenza con tutto quello che Lui ci ha dato, con tutte le creature e i suoi doni.

In un primo tempo Lui c’inonda di tutte le creature, di tutti i suoi doni.

Poi scende in concorrenza con tutte le creature per vedere l’interesse che noi abbiamo per Lui.

Gesù stesso dice: “Non potete servire due padroni”.

Il che vuole dire che arriva un momento in cui Lui stesso, si mette in concorrenza con ogni nostro altro amore.

Questo lo fa, per formare noi delle persone capaci di restare con Lui, capaci di restare con la sua Verità.

E si è persone, nella misura in cui si ha in noi stessi la ragione di quello che vogliamo.

Soltanto se abbiamo in noi la ragione di quello che amiamo, noi siamo consapevoli di quello che amiamo, ed abbiamo la possibilità di restare.

Ma fintanto che non abbiamo in noi la ragione del nostro amore, cioè amiamo per altre intenzioni, viene sempre un giorno in cui noi dobbiamo tradire, non possiamo farne a meno.

Per avere in noi la ragione di quello che amiamo, dobbiamo amare e volere una cosa per ciò che essa è.

Soprattutto dobbiamo volere Dio per ciò che Dio è.

Fintanto che noi vogliamo Dio per altro da Dio, noi siamo aperti al tradimento.

Perché il giorno che si presenta qualcuno che risponde a noi secondo quelle intenzioni per cui amavamo Dio, noi non possiamo fare a meno di approfittare di quell’occasione.

 

Tradire vuole dire preferire un altro essere.

Fintanto che noi amiamo un essere per qualche altra intenzione da ciò che egli è, noi siamo sempre aperti al tradimento.

I dodici apostoli rappresentano l’uomo, e l’uomo che è scelto da Dio.

Anche Giuda è scelto da Dio.

Ma non è sufficiente essere scelti da Dio per restare con Dio.

Per restare con Dio è necessario che in noi si formi l’intenzione.

Cioè che si formi la ragione del nostro amore.

Cioè che in noi si formi l’amore per Dio, per ciò che Dio è.

E non per un altro motivo.

Ma fintanto che noi amiamo Dio per altro motivo, noi veniamo a trovarci nella impossibilità di restare nella Verità.

E allora è Dio stesso che ci mette delle occasioni per farci tradire, per farci capire che noi non abbiamo ancora in noi la vera intenzione.

Non abbiamo ancora in noi la vera ragione per la quale si può restare con Lui.

Perché si può restare con Dio, soltanto volendo ciò che Egli è.

Lui è il Principio di tutto e soltanto volendolo per ciò che Egli è, noi possiamo diventare figli suoi, in caso diverso non possiamo restare con Lui.

E allora abbiamo questo futuro: “L’avrebbe tradito”.

Perché fintanto che in noi ci sono intenzioni umane si deve tradire Dio.

Dio ci sceglie per formare in noi interesse per Lui ma fintanto che noi crediamo in Lui, amiamo Lui per ragioni umane, noi abbiamo seminato in noi il principio del tradimento.

E se non tradiamo, è soltanto perché Dio non ci presenta l’occasione.

Ma in realtà abbiamo già seminato in noi il pensiero del tradimento.

E il seme del tradimento sta nel fatto che noi amiamo Lui per una intenzione diversa dalla sua.

Se uno ama una creatura per la bellezza, per la ricchezza, il giorno che trova un altra creatura più bella o più ricca, lui tradisce.

Fintanto che l’intenzione dell’uomo non è un essere, cioè fintanto che uno non ama l’altro per ciò che l’altro è, l’uomo è solo.

L’intenzione non supplisce.

Quindi è una stanza vuota.

E non appena trova l’occasione che risponde a quella sua intenzione, l’uomo non può resistere.

 

Noi siamo creati per diventare figli di Dio, essere figli di Dio, vuole dire amare Lui per ciò che Egli è.

Non per ciò che Lui dona a noi.

Gli attributi (bontà, bellezza etc...) di Dio sono sempre ancora in relazione a noi.

Amare Dio per la felicità? Ma l’ubriaco preferisce un bicchiere di vino a Dio!

 

Noi sostanzialmente non siamo.

Noi siamo per partecipazione.

Dio chiamandoci alla vita, dà a noi la possibilità di partecipare a ciò che Lui è, non per i suoi doni.

Fintanto che amo Dio per i suoi doni, io non lo amo mica per ciò che Egli è.

E necessariamente devo tradirlo quando smette di darmi i doni.

Ma il tradimento l’avevo già dentro di me, poiché non avevo in me l’intenzione pura con cui dovevo volere Dio.

Ecco per cui in un primo tempo Dio ci ricolma di doni, soltanto per formare in noi l’interesse per Lui.

Ma poi viene a mettere in discussione tutte le nostre intenzioni, tutti i nostri amori.

In un secondo tempo Dio viene per essere scelto da noi.

Ma cosa vuole dire essere scelto?

Vuol dire che si mette in concorrenza con tutti i suoi doni.

In un primo tempo Lui ci dona i suoi doni, in un secondo tempo si mette in concorrenza con i suoi stessi doni.

I doni erano buoni, erano doni di Dio, ma erano per formare in noi l’intenzione, la ragione, l’interesse per Lui.

Fintanto che abbiamo intenzioni diverse da Dio, noi tradiamo a livello dei doni di Dio.

Ogni creatura creata per conoscere Dio, anche gli angeli, deve passare attraverso questa prova, necessariamente.

 

La conoscenza è solo oggetto di un essere consapevole.

Un essere inconsapevole non può conoscere.

Il processo di conoscenza richiede la formazione della ragione in noi del perché vogliamo una cosa.

 

Perché la creatura si stanca di Dio?

Perché Dio la mette in conflitto con ciò che Dio stesso le ha donato.

La creatura non vuole staccarsi da questi doni e comincia a trascurare Dio.

Tu non puoi amare due cose contemporaneamente, non puoi amare Dio e la creatura.

Questa è l’esigenza di Dio.

Noi non possiamo pensare contemporaneamente due cose.

Ora, amare vuole dire pensare.

E se non posso amare contemporaneamente due cose, questo vuole dire che devo preferirne una all’altra.

Allora tu metti come prima cosa Dio o il tuo io?

A un certo momento debbo mettere qualcosa al di sopra di tutto.

Le altre cose le debbo rapportare al mio prima di tutto.

Ecco per cui Dio viene a me per farsi scegliere, per farmi entrare nel suo regno.

Perché per entrare nel suo regno, bisogna rapportare tutto a Dio.

Rapportando tutto a Dio, uno entra veramente nel regno di Dio.

Entra nella conoscenza ma è Dio che ti costringe in quanto ti mette nel dilemma.

Tu non puoi contemporaneamente pensare due cose.

Allora io penso Dio o penso la creatura.

Qui Dio mi mette in conflitto.

Dio non ci chiede più pensiero, ci chiede un pensiero unico, perché dobbiamo vedere tutte le cose nello Spirito di Dio.

Per cui tutte le cose non si amano per il rapporto orizzontale con il nostro io ma si amano in relazione a Dio.

E poi in conseguenza di questo rapportare tutte le cose a Dio, devo vedere tutte le cose secondo Dio.

 

Ridotto all’essenziale l’amore è un pensiero.

Dimmi a ciò cui tu pensi e ti dirò qual è il tuo amore.

Arriva un certo momento in cui Dio si offre ad essere scelto.

Si offre ad essere pensato da noi e ci fa capire che non possiamo pensare contemporaneamente a Lui e alla creazione.

Perché si pensa?

Si pensa per essere presenti.

Amore è desiderio di essere presente all’essere amato.

In quanto Dio si presenta per essere scelto da me, si presenta per essere cercato per essere presente a Lui.

Per averlo presente in tutto.

Quando l’anima scopre questa conflittualità tra Creatore e creatura, è Dio che si presenta ad essere scelto.

Perché noi non possiamo passare da una cosa all’altra.

Dio pensa a tutte le creature senza però separarsi dalla sua Verità, perché Lui le vede tutte nel suo Pensiero.

Ecco per cui tutta la creazione, tutto l’universo, noi tutti siamo creati nel suo Verbo.

Per cui Dio ci pensa nel suo Verbo.

Ecco per cui siamo amati nel suo Verbo.

Noi invece non pensiamo mica le creature nel Verbo di Dio.

Noi le pensiamo in rapporto a noi e quindi orizzontalmente.

Per cui noi saltiamo da una creatura all’altra.

Non penso tutto nel Verbo di Dio.

Allora non sono nello Spirito di Dio.

La creatura salta dall’uno all’altra, cioè ha tanti amori.

In Dio invece si amano tutte le creature nel Pensiero di Dio e per il Pensiero di Dio.

Non è che si ami meno la creatura, la si ama molto di più perché la si ama veramente.

Perché amandole orizzontalmente siamo nel pensiero del nostro io e tu ami la creatura per quello che quella creatura dà a te, non per quello che la creatura è.

Perchè per amarla per quello che è, devi amarla nel Verbo di Dio, in caso contrario non la ami per quello che è.

E quindi arrivi al tradimento, non puoi farne a meno.

Fossi anche nel matrimonio più santo arriva il momento in cui tu devi tradirla.

Non puoi farne a meno.

Non fosse altro che interiormente.

Perché amare una creatura per ciò che essa è, è possibile solo in Dio e per Dio, perché l’essere della creatura è dato dal suo rapporto con Dio.

In caso contrario non la amo per quello che essa è, la amo per quello che fa comodo a me.

Cioè la amo per l’intenzione con cui la rivesto.

Ma quindi io amo me stesso, c’è il pensiero del mio io.

Per cui certamente, quando Dio mi presenterà l’occasione, sarò costretto a tradire.

Perché io la creatura la amo per quello che mi serve.

Dio vuole insegnarci ad amare veramente bene le creature.

Perché si amano veramente le creature lasciandole libere.

L’amore possessivo c’è verso la creatura perché mi fa comodo ma è tutto in funzione dell’avere.

Questo non è amore.

Noi amiamo le altre creature perché fa comodo a noi.

Il vero amore è volere il bene dell’altro.

Ma l’altro è, in quanto è in rapporto a Dio, in rapporto all’Essere.

Di per sé l’altro non esiste, siamo noi che lo facciamo essere rivestendolo delle nostre intenzioni, lo facciamo essere per quello che fa comodo a noi.

Ma il vero essere di ognuno è soltanto in rapporto a Dio.

Dio solo è Colui che è e soltanto la creatura che ama Dio per ciò che Dio è, ha la capacità di amare tutte le opere di Dio e tutte le creature, per quello che esse sono.

Per quanto di Dio c’è in esse e allora si amano veramente.

Allora si rispetta la creatura e si vuole il suo bene.

Perché soltanto in Dio noi siamo liberi.

Se noi fossimo liberi in senso assoluto, la nostra libertà condizionerebbe Dio.

Farebbe precipitare Dio nel tempo!

Dio è fuori dal tempo.

Se io potessi fare un azione veramente libera, sarebbe nuova per Dio, la novità farebbe precipitare Dio nel tempo.

Dio non può essere sorpreso dalle nostre azioni.

Siamo noi che siamo sorpresi dall’opera di Dio.

Basta che Dio mi presenti l’occasione per tradire e io tradisco, sono come la tartaruga calamitata.

Le occasioni ce le provoca Dio.

I tempi sono di Dio.

Quindi Giuda portava il tradimento in sé perché aveva argomenti umani, però il tempo del tradimento lo ha determinato Dio.

Dio ha i tempi in mano.

La vera libertà la creatura invece l’ha soltanto in Dio.

Perché in Dio, conoscendo la Verità, vuole quello che vuole Dio.

La vera libertà è quando si ha in se stessi la ragione di quello che si vuole, potendolo volere.

Questo solo in Dio succede.

Ma volendo quello che vuole Dio, Dio è libero e noi siamo liberi.

Allora c’è la vera libertà che nessuno condiziona.

Perché Dio è libero e anche noi siamo liberi perché vogliamo quello che vuole Dio, perché abbiamo in noi stessi la ragione di quello che Lui vuole.

 

Giuda ha tradito senza voler tradire, è un tradimento che deriva dalla inconsapevolezza.

Noi con i nostri argomenti umani, seminiamo in noi dei motivi per poi tradire.

Fintanto che non vogliamo Dio per ciò che Egli è, è Dio stesso che ci fa tradire per farci rivedere l’intenzione che portiamo in  noi.

Il tradimento di Giuda, è opera di Dio per far rivedere a Giuda i motivi del suo amore per Gesù che era un amore egoistico, interessato, geloso che non poteva sopportare certe altre presenze.

 

Il vero tradimento sta nel non cercare di capire e conoscere Dio.

 

Gli attributi, in quanto attributi sono delle qualità in rapporto alla creatura.

La bontà di Dio è tale perché la rapportiamo al pensiero del nostro io.

Il primo concetto da considerare di Dio (sempre in relazione a noi) è il concetto di Dio come principio, come Creatore.

Questo principio di tutto deve diventare principio del mio stesso pensiero, del mio stesso volere e della mia stessa intenzione.

Cioè Dio deve diventare l’essere del mio pensiero.

Ma il rapporto nasce dal concetto di principio, perché è Lui che mi crea.

È il primo dono che mi fa: Io sono il Creatore e tu la creatura.

Ma è un dono, non è ciò che Egli è in Sé.

Questa è la premessa per arrivare a scoprire quello che Egli è in Sé.

Ma per arrivare a scoprire ciò che Egli è in Sé, devo avere Lui come principio di tutto di me, altrimenti non posso arrivare a Lui come Essere e come Essere del mio pensiero.

Dio deve essere creatore della mia intenzione e creatore del mio pensiero.

Dio deve diventare l’essere del mio pensiero.

Quando tu pensi Dio fai di Dio l’oggetto del tuo pensiero e diventa l’essere del tuo pensiero.

Se tu pensi un elefante, l’elefante diventa principio del tuo pensiero.

Dobbiamo mettere Dio come principio di tutto di noi.

Noi accettiamo tutto da Dio ma Dio non è il principio di tutto di noi.

I principi e i padri dei nostri desideri e pensieri sono altri.

Fintanto che non mettiamo Lui per quello che Egli è in rapporto a noi: principio di tutto, noi non possiamo restare nella Verità.

Verità relativa, perché il trtadimento avviene ancora a livello dei doni, non avviene a livello di Dio in Sé.

 

Dio si annuncia a noi come Principio, come Creatore di tutto, noi abbiamo una infinità di altri principi e Dio ci fa tradire fintanto che noi non lo mettiamo nella nostra vita come principio di tutto di noi.

Principio di tutto.

Colui che è il principio di tutto, deve diventare il principio di tutto di me.

Ecco per cui noi non restiamo nella Verità.

 

Dio Creatore è la strada per condurci a scoprire cosa Dio è in Sé, in modo da avere noi stessi la ragione della nostra unione con Dio.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Secondo tema.


Titolo: Dio si offre ad essere scelto da noi.


Argomenti: La conoscenza di Dio in relazione alla creazione – La stima che facciamo di Dio – Motivazioni diverse da Dio – La scena di Giuda – I due tempi dell’opera di Dio – La giustizia essenziale – La libertà di Adamo e dell’uomo – Gli argomenti umani – Amare la creatura


 

15/ Ottobre /1981


Il concetto di Creatore è in relazione al concetto di creatura.

Noi possiamo separarci dal Principio, come effettivamente ci separiamo.

Per cui il problema della nostra vita sta sempre nel ritrovare il nostro Principio.

Noi praticamente perdiamo l’identità di quello che siamo, perché perdiamo di vista il nostro Principio.

S’incomincia a cercare Dio per la creazione, poi a poco per volta saliamo ma in un primo tempo è Lui che scende a livello nostro.

Poi la nostra ricerca s’affina fino a cercarlo e amarlo per ciò che Egli è e non per i doni che ci dà.

Perché fintanto che amiamo un essere per i suoi doni siamo aperti al tradimento.

Dio ci sta conducendo al rapporto essenziale, dove Lui è la fonte dei nostri pensieri, dove diventa l’essere del nostro pensiero, mentre attualmente l’essere del nostro pensare sono le creature, i nostri problemi eccetera.

Noi diventiamo figli di ciò a cui dedichiamo il pensiero, figli di ciò che amiamo.

 

Noi cerchiamo Dio non di nostra iniziativa ma perché Lui parla a noi in un certo modo e si presenta in un certo modo: si rende interessante ai nostri occhi, quindi si rende interessante in relazione a noi, ma mano a mano aumenta la consapevolezza in noi e di questo rapporto con Dio.

Purifica l’intenzione in noi.

Fino a quella sogli in cui la nostra intenzione deve essere amare Lui per ciò che Egli è e non per i suoi doni.

Noi a livello umano amiamo le creature perchè le strumentalizziamo in relazione ai nostri bisogni.

Possiamo anche amare strumentalizzando Dio, amarlo per quello che ci serve.

Questo è un amore instabile, perché basta cambiare le condizioni perchè l’amore finisca.

 

Il termine “principio” è ancora sempre in relazione alla creatura.

Arriverà il giorno in cui Dio ti porterà alla fine di tutta la sua creazione, per darti la possibilità di conoscerlo per ciò che Egli è, indipendentemente dal mondo.

Dio è l’Essere indipendente dalla creazione.

Dio non è Dio perché c’è la creazione.

Noi partiamo dalla creazione per arrivare a Dio ma bisogna arrivare alla conoscenza di Dio per ciò che Egli è in Sé, al di sopra della creazione, “prima” che il mondo fosse.

Altrimenti noi siamo sempre relativizzati alla creazione.

Il termine “principio” esiste in quanto esiste qualcosa che viene dopo.

C’è il principio in quanto questo principio produce qualcosa.

La creazione è opera libera di Dio, quindi non condiziona Dio, fintanto che noi conosciamo Dio in funzione della creazione, la nostra conoscenza di Dio è sempre relativa e non assoluta.

 

Giuda aveva in sé argomenti umani, non era soprattutto attratto dal bisogno di conoscere Dio.

In lui c’erano altri motivi determinati dall’io, per cui si confrontava magari con gli altri apostoli.

Ma noi non possiamo giudicare Giuda.

Giuda può essere un angelo.

Noi osserviamo la scena di Giuda.

Dio ci ha presentato Giuda, perché?

Quale lezione ha voluto darci?

Che significato ha per me?

Quando Gesù dice che c’è un demonio fra i dodici, vuole dirti: “Guarda che fra tutti i tuoi pensieri santi e virtuosi. C’è anche un demonio”.

 

Dio in un primo tempo c’inonda di doni senza di noi (talenti).

Attraverso questi doni Lui tende a formare in noi l’interesse per Lui.

In un secondo tempo, viene a noi a cercare l’interesse per Lui che abbiamo maturato.

E allora viene a mettersi in concorrenza con tutti i doni che ci ha dato, perché il nostro interesse è abbozzato.

E attraverso questa selezione forma in noi la motivazione per cui noi preferiamo Lui alla creazione.

Cosa preferisci? I trenta denari o Dio?

Per fare la scelta, io debbo dentro di me formare una motivazione.

Prima forma l’interesse per Dio e poi la motivazione di quello che vogliamo.

Perché solo formando in noi la motivazione per Lui o per la creazione, forma in noi la consapevolezza.

Ci rende consapevoli.

A un certo momento Dio mi porta in conflitto con tutto ciò che non è Lui, con tutte le sue creature, in modo da formare in me il motivo per cui devo scegliere Lui al di sopra di tutto.

Al di sopra addirittura della mia stessa vita.

Al di sopra addirittura del mio stesso pensiero.

E dopo la scelta si è stabilizzati.

 

La consapevolezza si ha solo in Dio.

Noi crediamo di possedere e siamo posseduti.

Ogni volta che stacchiamo le cose da Dio, noi ne diventiamo schiavi, perché è Dio il liberatore.

Con Dio camminiamo nel mondo senza essere incatenati dal mondo.

 

L’uomo è veramente libero in quanto non può sbagliare, noi invece che la libertà stia nel potere sbagliare.

Per non potere sbagliare, l’uomo deve conoscere la verità.

Noi sbagliamo perché non conosciamo.

Quando uno non conosce non è libero.

Chi non conosce si lascia guidare da sensazioni, impressioni, sentimenti: “Mi sembra, mi piace...” e poi dobbiamo pentirci delle nostre scelte.

L’unica nostra libertà sta nel riportare o nel non riportare la creazione a Dio.

Se noi non riportiamo a Dio, cadiamo schiavi delle impressioni, dei sentimenti, delle intuizioni.

Innanzitutto noi non possiamo volere quello che ignoriamo.

È sufficiente che Dio ci presenti una cosa piuttosto che un altra e Dio ci conduce dove vuole Lui.

Io non posso volere una cosa che non conosco.

“Chi fa il male resta schiavo del male” e il vero male sta nel non riportare le cose a Dio.

Il peccato di Adamo che è il peccato di ogni uomo, è stato fermarsi al pensiero del suo io.

Come ognuno di noi, Adamo era in formazione e a un certo punto ha scoperto il pensiero del suo io e questo pensiero dell’io non lo ha sottomesso a Dio.

Lì è il peccato, non ha dato a Dio quello che era di Dio.

Il suo io era di Dio, doveva portarlo a Dio, sottometterlo a Dio e invece Adamo si è lasciato guidare dall’impressione, da quello che il suo io conosceva.

Ha visto la mela bella e buona, attraente e si è lasciato da quell’attrazione.

Attrazione, quindi non più consapevolezza della Verità.

Non ha più riportato a Dio la cosa.

Si è fermato alle sue impressioni e quando noi ci lasciamo guidare dalle nostre impressioni non siamo liberi.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Terzo tema.


Titolo: Quand’è che si ama veramente.


Argomenti: Strumentalizzare l’altro – I due amori – Essere e apparenza – L’anima – Le conseguenze dell’amore – Crescere a immagine e somiglianza – Il potere dell’io – Massa e persona – Le illusioni degli uomini – Adeguarsi all’amato – La mentalità -


 

18/ Ottobre /1981


Abbiamo visto come siano possibili due forme di amore.

Si può amare uno per ciò che ha e si può amare uno per ciò che è.

Il tema di oggi da approfondire è; quando è che si ama veramente.

Questo ci sospinge a cercare il perché si ama, in modo da potere capire qual è il vero amore.

Basta chiedersi perché si ama per arrivare a vedere l’intenzione nell’amore.

Ciò che dà veramente valore all’amore è l’intenzione per cui uno ama.

Quando si parla d’intenzione si parla sempre di essere, perché l’intenzione è l’espressione stessa dell’essere.

E riferendosi all’essere, noi troviamo questi unici due poli nella nostra vita: noi possiamo amare nel pensiero dell’io o noi possiamo amare nel pensiero di Dio.

Se il punto fisso di riferimento a cui tutto sottomettiamo è il pensiero del nostro io, noi amiamo gli altri (Dio compreso) per i doni che ci possono fare.

Quindi li amiamo per ciò che essi hanno e per ciò che essi danno a noi.

O meglio li amiamo perché li possiamo strumentalizzare al nostro io.

Questo non è amore ma egoismo e questo è sbagliato.

È sbagliato, perché in questo amore, noi facciamo come centro il pensiero del nostro io e evidentemente il pensiero del nostro io non è il centro.

Quindi è un problema di giustizia togliere il nostro io dal centro.

Centro di tutte le cose è Dio e nessuna creatura è Dio.

E nessuna creatura tanto meno il pensiero del nostro io, deve mettersi al centro, come punto fisso di riferimento a cui tutto sottomettere e strumentalizzare.

Da qui deriva che il vero amore è quello che ha come centro, come punto fisso di riferimento Dio.

Ed è soltanto in Dio che noi amiamo Dio per ciò che è, ed amiamo anche ogni persona per ciò che è.

Dio è l’essere assoluto e le creature sono in quanto e per quanto partecipano all’essere assoluto.

Quando noi amiamo le creature per quello che possiamo avere da loro, noi ignoriamo quelle che esse sono, cioè ignoriamo il loro rapporto con Dio, a noi interessa ciò che esse hanno e ciò che noi possiamo avere da esse.

Quindi a noi interessa il rapporto orizzontale.

Ecco per cui questo amore diventa offensivo nei riguardi della persona che diciamo di amare.

Perché noi ignoriamo la parte più nobile di quella persona, e la parte più nobile di quella persona è proprio il rapporto che essa ha con Dio.

Quando noi amiamo nel pensiero dell’io, noi ignoriamo l’anima di coloro che diciamo di amare, a noi interessano solo i beni che essi hanno.

E il giorno in cui troviamo altre creature che hanno beni migliori per noi, noi siamo pronti a tradire le prime, per amare le altre.

Questo denuncia che il nostro amore è sbagliato.

Solo se noi abbiamo come centro Dio, abbiamo la capacità di amare le creature per ciò che esse sono cioè per la loro anima, per il loro rapporto con Dio.

Perché è quello che veramente interessa.

Lì allora diventiamo capaci di essere fedeli.

Quali sono le conseguenze dell’amore vero e dell’amore non vero?

Quando amiamo veramente, noi tendiamo ad adeguarci all’essere che amiamo, cioè noi cresciamo a immagine e somiglianza di ciò che amiamo.

Allora il nostro amore c’impegna ad un continuo superamento di noi stessi.

Perché cerchiamo in tutto ad essere conformi a colui che amiamo.

Quando invece noi amiamo gli altri per quello che hanno, e quindi amiamo nel pensiero del nostro io, noi veniamo a trovarci nella impossibilità di superarci e quindi nella impossibilità di cambiare.

Noi con questo amore cambiamo gli altri, pretendiamo di cambiare gli altri, perché tendiamo a fare gli altri a nostra immagine e somiglianza, fino a sottomettere gli altri a noi, ma non cambiamo noi stessi.

Così ci condanniamo, perché non facciamo altro che chiuderci sempre più nei nostri limiti.

Abbiamo la possibilità di amare l’altro solo in quanto amiamo l’altro per ciò che egli è.

Ma amando ciò che egli è, noi ci conformiamo all’altro e allora ci impegniamo nel superamento e nel cambiamento.

In caso diverso restiamo quello che noi siamo e restando quello che noi siamo, noi abbiamo la nostra condanna, siamo noi stessi che ci condanniamo non entrando nell’amore.

Questi sono i due aspetti dell’amore vero e dell’amore non vero.

*

Noi abbiamo un carico di abitudini, di eredità, di carattere e nella maggior parte della nostra vita, noi ci comportiamo secondo questo schema che ci portiamo addosso.

Questo schema che ci portiamo addosso, non è possibile a noi cambiarlo, se non incontriamo un amore a cui adeguarci.

E l’amore, quando è vero amore, facendoci adeguare all’essere che amiamo, ci cambia i gusti, le tendenze, la mentalità, il carattere, cambia tutto di noi, fino a farci a immagine e somiglianza della persona amata.

Si dice anche in un proverbio popolare che chi si ama finisce con l’assomigliarsi.

Uno resta conformato dall’altro.

Questa è una legge che ci fa capire come possiamo crescere a immagine e somiglianza di Dio, se amiamo veramente Dio.

Si cresce a immagine e somiglianza di Dio, proprio in quanto guardando Dio, avendo Dio come punto fisso di riferimento, uno si adegua e adeguandosi a Dio, uno diventa come Dio.

È Dio che ci fa come Sé, nella misura in cui abbiamo Dio come centro.

Se invece noi pensiamo a noi stessi e abbiamo come punto fisso di riferimento il pensiero di noi stessi, noi tendiamo ad adeguare gli altri a noi, a strumentalizzare gli altri a noi e se noi siamo una nullità, confermiamo la nostra nullità che tendendo a sottomettere tutti gli altri a sé, impedisce agli altri la vita, la soffoca e gli altri scappano, non possono resistere ad una nullità.

Noi scriviamo la nostra stessa condanna amando noi stessi.

Mentre invece, amando Dio per ciò che Egli è, noi siamo portati in continuazione ad un superamento continuo.

Avendo Dio come punto di riferimento, noi cerchiamo sempre di adeguarci alle esigenze di Dio.

La preoccupazione di adeguarci alle esigenze di Dio, c’impegna ad una continua revisione.

Infatti restando in contatto col Cristo, Cristo cerca in continuazione di farci uscire dalle nostre illusioni, per cui io credo di credere, di essere giusto, di amare Dio.

Se noi non ci manteniamo in contatto con Cristo, noi ci illudiamo.

Il nostro grande errore è di credere di essere già fatti, di essere giusti, buoni onesti e trovando conferma di questo confrontandoci con gli altri, ma non abbiamo Dio come punto fisso di riferimento, cioè non apparteniamo all’amore di Dio.

*

Se noi abbiamo come punto fisso di riferimento il nostro io, noi frustriamo tutte le lezioni di Dio.

Il nostro io ha un potere tremendo,grandissimo, ha il potere di annullare tutte le lezioni di Dio.

Così come un malato di mente può travisare tutte le azioni buone che riceve dagli altri.

Il nostro io ha questo terribile potere.

Siccome il nostro io è fatto per l’assoluto, per Dio, ha questo terribile potere di capovolgere tutto.

Facendosi centro l’io assolutizza se stesso ma assolutizzando se stesso condanna se stesso, perché si condanna alla sua nullità.

È il tralcio che assolutizzando se stesso, staccandosi dalla vire,  si condanna alla rovina.

Noi da soli non siamo, noi siamo in quanto partecipiamo ad altro da noi.

Noi da soli non stiamo su.

Da soli non siamo capaci ad amare, non abbiamo nemmeno la vita poiché il nostro essere è partecipazione a Dio.

Quindi noi siamo in quanto partecipiamo a Dio e nella misura in cui noi partecipiamo a Dio.

L’importante è mantenerci in questa partecipazione.

Quindi avere Dio come punto fisso di riferimento.

Io sono il tralcio, la vite è il mio punto fisso di riferimento.

Adeguandomi in continuazione a questo punto fisso di riferimento, entro nell’amore vero.

L’amore vero ci fa in continuazione adeguare all’altro.

Mentre invece nell’amore non vero, in continuazione adeguo l’altro a me.

Ma io sono niente e quindi naturalmente mi condanno.

*

Noi da soli non possiamo stare su.

Però la maggior parte delle nostre scelte, delle nostre decisioni le facciamo da soli.

Noi quasi inconsciamente, scartiamo Dio dalla nostra vita, agiamo indipendentemente da Dio.

Noi ci comportiamo secondo i nostri piaceri, i nostri sentimenti, le nostre convenienze e qui abbiamo come punto fisso di riferimento il nostro io.

“Faccio questo perché mi piace”, il “piace” è legato all’io.

Dio non è il nostro “buon senso”.

E Dio non è quello che fanno tutti.

Dio non si confonde con i miei sentimenti, non si confonde con i miei pensieri, non si confonde con la creatura, non si confonde con quello che fanno tutti.

“I miei pensieri non sono i vostri”, Lui non è una creatura, Lui non è “quello che fanno tutti”!

La figura,il piacere, il sentimento, il “così fan tutti” sono le nostre giustificazioni e sono sempre relative al pensiero del nostro io.

Se tu cerchi di adeguarti a Dio, capisci che i pensieri di Dio sono tutti diversi dai nostri.

Certamente Dio disapprova la mia mentalità se io ho come punto di riferimento quello che fanno tutti.

Altrimenti noi abbiamo un appiattimento generale.

Abbiamo una legge universale che è la legge della degradazione.

Più noi ci facciamo massa e più noi degradiamo.

La legge della personificazione, è una legge di qualità.

Più ci si avvicina a Dio e più Dio forma in noi una personalità.

È Dio Colui che forma la persona.

Dio ci fa crescere in verticalità.

“Voce di popolo, voce di Dio” è un proverbio sbahliato!

Dio non è il popolo.

Dio non è la quantità.

Dio non è la statistica.

Dio è qualità, Dio è intelligenza.

L’intelligenza richiede una grande purificazione d’ontenzione.

E più noi restiamo davanti a questo punto fisso di riferimento: Dio e più ci rendiamo conto di quanta fatica, quanta purificazione d’intenione, di pensieri sia necessaria.

See non teniamo presente Dio è comodo adeguarsi a quello che fanno tutti.

Ma a un certo momento m’accorgo che porto con me un abisso di vuoto perché tutta la mia vita è servita a niente.

Non tenendo conto di Dio ti sei ridotto a niente, ecco la condanna.

Questa mica è teoria, è esperienza nella vita vissuta di ognuno di noi.

*

Il punto fisso del “mi conviene” è il pensiero del nostro io.

Il Signore dice a Sant’Agostino: “Non sono Io che debbo mutarmi in te, sei tu che devi mutarti in Me”.

Noi non dobbiamo fare scendere Dio al nostro io, al nostro livello, ma dobbiamo guardare Dio affinché Dio ci faccia salire al suo livello.

Dio opera per portarci al suo livello.

E allora dobbiamo sempre guardare a Lui.

“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.

Non è che l’uomo debba fare Dio a sua immagine e somiglianza.

L’uomo deve crescere a immagine e somiglianza di Dio in quanto ha Dio come punto fisso di riferimento.

Allora amando Dio, diventiamo capaci di amore vero verso Dio e anche verso le creature.

Perché non amiamo le creature per quello che hanno (denaro, bellezza etc), ma amiamo le creature per quello che sono in rapporto a Dio.

Nell’amore vero, quello che interessa è il rapporto tra l’anima di una creatura e Dio.

Allora c’interessa la mente, il pensiero, la fede di quella creatura.

Si ama la creatura per quello che essa è in Dio.

Nel cielo, noi ci ameremo veramente per quello che siamo in Dio, per il rapporto che abbiamo con Dio.

*

Il nostro grande errore è quello di illuderci di amare, di credere, di essere giusti, di essere salvi: “Signore io ti ringrazio perché non sono come gli altri” e invece siamo lontanissimi da Dio.

Per questo è molto importante approfondire le lezioni di Dio, approfondire il Vangelo.

Perché più approfondiamo le parole di Verità e più queste parole ci liberano dalle nostre illusioni.

Ci liberano dal credere di essere.

Vediamo in queste ultime battute del capitolo sesto, come Gesù disinganni i suoi apostoli dal credere di amare, di credere e di essere giusti.

Una delle prime opere della Parola di Dio tra noi è quella di tirarci fuori dalla nostra palude di illusioni.

*

L’amore parte da un incontro e tende ad una permanenza.

Quando in noi c’è bisogno di questa permanenza, vuole dire che c’è amore vero.

Se non c’è bisogno di questa permanenza, non c’è amore vero.

Annunciandosi, Dio provoca in noi interesse per quella Verità che Lui ci ha annunciato e che non può essere smentita da noi.

L’amore altro non è che adeguazione all’essere.

Adeguazione alla Verità.

*

Il rapporto tra Dio e la creatura sfugge a noi nel pensiero dell’io.

Sfugge a noi, perché in noi c’è l’apparenza.

Ci fermiamo a quello che la creatura mi può dare.

Io amo la gallina perché la gallina mi fa l’uovo tutti i giorni.

Sembra che io la ami, ma in fondo è perché la sfrutto, quello non è amore.

Quello è interesse, è egoismo, chiamalo come ti pare.

Quella è strumentalizzazione di quella cosa a me.

A me non interessa quello che è la gallina, a me interessa l’uovo, mi interessa quello che produce.

Al contrario, se uno ha presente Dio e ha questo amore per Dio al di sopra di tutto, questo amore per Dio mi fa cercare la presenza di Dio in tutto, anche nelle creature.

Allora cercando la presenza di Dio, per essere con Dio in tutto, uno ama la creatura per quello che essa è in rapporto a Dio.

E soltanto per quello che essa è in rapporto a Dio e non per altro.

Se in noi abbiamo interesse per Dio, noi cerchiamo Dio in tutto, la ricerca di Dio in tutto, mi porta ad amare le creature per quello che Dio è nella creatura, non per quello che le creature sono in Dio.

Non si ama Dio e le creature, si ama Dio.

Amando Dio, si ama tutto ciò che fa Dio.

Per cui si cerca la presenza di Lui in tutto.

La presenza di Dio in tutto non è soltanto quando uno chiude gli occhi e pensa a Lui.

Quando ci si incontra con delle creature, sapendo che quelle creature sono opera di Dio, per restare con Dio si cerca la presenza di Dio nella creatura.

Perché si tende ad essere presenti a Dio, l’amore tende ad essere presente in tutto.

Se Dio mi presenta la creatura, io per essere presente a Dio, debbo vedere la presenza di Dio in quella creatura lì.

Proprio la ricerca dell’intenzione di Dio mi dà la possibilità di permanere con Dio.

Altrimenti resto con Dio in certi luoghi ma non in altri.

L’amore invece tende alla permanenza nella casa dell’essere amato.

*

Si ama soprattutto cercando l’intenzione dell’altro.

L’intenzione di Dio è una sola che scaturisce dall’essere stesso di Dio e poi si cerca l’intenzione di Dio melle creature, che è poi il significato.

Quando noi siamo nel pensiero dell’io, noi non cerchiamo nica l’intenzione dell’altro.

Nel pensiero dell’io noi abbiamo la nostra intenzione e cerchiamo di far servire l’altro alla nostra intenzione, anche nei riguardi di Dio.

Per cui se preghiamo Dio, noi non cerchiamo mica l’intenzione di Dio, noi preghiamo Dio per fare servire l’Onnipotente alla nostra volontà.

Qui non abbiamo l’amore, abbiamo la conoscenza della nostra intenzione.

Quando invece si ama si cerca l’intenzione dell’altro.

E qui c’è il superamento di noi stessi, perché si cerca l’intenzione dell’altro, non s’afferma l’intenzione propria.

Quello che ci impedisce di cambiare è volere affermare la nostra intenzione.

Non è tanto importante l’amore ma è importante il motivo per cui si ama, l’intenzione.

L’intenzione scaturisce dall’essere, cioè l’intenzione scaturisce da quel punto fisso di riferimento che abbiamo in noi.

L’amore è un punto fisso, quando si ama si ha un punto fisso.

Questo punto fisso può essere solo o l’io o Dio.

E noi non facciamo altro che adeguare tutto a questa nostra intenzione, a questo punto fisso di riferimento.

Il punto fisso è la nostra intenzione.

*

L’amore rende simili.

“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.

Vedi che Dio ha creato l’uomo nell’amore?

Quando l’amore non è vero non rende simili.

Quando non è vero, noi non cambiamo.

Allora vuole dire che noi abbiamo come punto fisso di riferimento il pensiero di noi stessi.

Il pensiero del nostro io non ci cambia perché tende a cambiare l’altro.

Per cui noi tendiamo a cambiare il nostro prossimo, tendiamo a togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello.

Anche quello che noi chiamiamo amore per il prossimo è tendere a cambiare l’altro.

Tendiamo a informare gli altri di quello che siamo noi.

*

La creatura da sola non è capace di amare.

Noi siamo capaci di amare solo nella misura in cui riceviamo amore.

Dio chiede solo a noi di adeguarci a quell’amore con il quale Lui ci ama.

E questo è rispetto della Verità.

La giustizia già è amore, perché la giustizia è rispetto della Verità.

Rispetta la Verità con cui Dio ti ama.

Il nostro amare Dio, non è altro che un rispondere all’amore di Dio


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Quarto tema.


Titolo: Solo se si resta nella Verità c’è l’amore vero.


Argomenti: Il principio del tradimento – Responsabili del male nel mondo – La fede che salva – L’universo è creato nell’amore – Passione di unità – L’amore egoista – Segni e intenzione – La conoscenza è amore -


 

25/ Ottobre /1981


Stiamo osservando il tradimento che può avvenire nella vita dell’uomo, perché qui appunto si parla di uno che, essendo dei dodici lo avrebbe tradito.

E in quanto ci si presenta questa scena, è una lezione di Dio che dobbiamo assumere su di noi e cercare soprattutto di capire il significato di questo.

Per noi, per la nostra vita personale.

Perché nel gruppo dei dodici, uno, ad un certo momento ha tradito?

Quand’è che nella nostra vita noi seminiamo il tradimento?

“Uno di voi è un demonio” e il demonio è uno che non sta nella Verità.

Il principio del tradimento sta lì.

Quando non ci preoccupiamo di stare nella Verità.

Non stando nella Verità, noi seminiamo in noi il tradimento.

Che questo avvenga o non avvenga è solo questione di tempo e di occasioni.

Ma questo dipende da Dio.

Ma noi implicitamente abbiamo già tradito tutto e portiamo su di noi il peso di tutti i delitti che avvengono o che possono avvenire nel mondo.

Per cui niente avviene di male nel mondo, di cui noi non siamo responsabili.

E quando noi diciamo: “Io quello non l’ho fatto”, noi diciamo una cosa non vera.

Come noi siamo responsabili del sangue versato di Cristo, così tutto quello che accade nel mondo, non avviene senza la nostra responsabilità.

E avviene proprio per rivelarci che quando noi non restiamo nella Verità, siamo responsabili di tutto il male del mondo, non importa che lo facciamo noi o lo facciano altri, perché gli altri lo fanno per noi, è Dio che lo fa fare per noi.

Quindi dobbiamo prendere questa consapevolezza.

Noi siamo parte in causa di tutto quello che accade.

Non perché non ci diamo da fare socialmente, noi siamo responsabili per lo sbagliato rapporto verticale che abbiamo con Dio, perché noi non restiamo nella Verità.

E allora che cosa bisogna fare per restare nella Verità?

Quand’è che restiamo nella Verità?

Si resta nella Verità, in quanto si porta tutto nel suo Principio.

In quanto in tutto si riconosce il Creatore.

Quindi è questo raccogliere in continuazione tutto in Dio, questo riportare tutto nel suo Principio che ci fa stare nella Verità.

Quello che noi non riportiamo nel Principio, ci porta via alla Verità.

Impedisce a noi di restare nella Verità.

Non basta quindi che Dio voglia noi, che Dio ci scelga e ci elegga, non basta questo.

Anche Giuda è stato scelto da Dio.

Ed è per questo che ci fu un traditore, per insegnare a noi che non basta che Dio scelga noi.

Dio ci eleggesse anche a far parte dei dodici, questo non basta.

Bisogna che noi scegliamo Dio.

Non basta che Dio voglia noi, bisogna che noi vogliamo Dio.

E dobbiamo sceglierlo per quello che Lui ci sceglie.

Dobbiamo volerlo per quello che Lui ci vuole.

E proprio a questo punto che si apre il problema dell’amore.

Perché amare è scegliere.

La nostra vita non inizia quando noi riceviamo la vita da Dio, quando noi riceviamo doni da Dio, grazia e luce da Dio.

La nostra vita inizia quando noi rispondiamo a Dio.

Quando noi scegliamo Dio.

Quando noi riportiamo a Dio quello che Dio ci ha dato.

La vita inizia lì.

In questo ritornare a Dio.

Come quel lebbroso su dieci, che ritornando da Colui che lo aveva guarito, trova la conferma da parte di Gesù stesso: “La tua fede ti ha salvato”.

La fede che salva non è quella che ci guarisce dai nostri mali, ma è quella che ci fa ritornare a Colui dal quale riceviamo ogni cosa.

Perché questo ci ricollega, ci fa stare nella Verità.

Qui si apre il grande problema dell’amore perché è un problema di scelta, amare è scegliere.

E la vita è scegliere.

Noi non ci rendiamo conto, del grande male che ci facciamo non scegliendo.

Perché il più delle volte noi non scegliamo per paura di perdere ed è l’unico modo con cui certamente noi perdiamo.

Noi il più delle volte non scegliamo perché abbiamo paura di perdere.

Infatti scegliere vuol dire mettere qualcosa al di sopra di tutto e sottomettere tutto a quello.

L’amore è essenzialmente il rapporto tra due esistenti.

In un rapporto c’è sempre un termine fisso a cui l’altro va riferito, va adeguato.

Il termine fisso è Dio, principio di tutto.

E noi dobbiamo mettere Dio come Principio di tutto, al di sopra di tutto, a cui tutto riferire, a cui tutto adeguare e a cui adeguarci.

L’amore inizia lì.

Però noi possiamo invertire i termini e mettere il pensiero di noi stessi come punto fisso di riferimento.

Allora noi crediamo soltanto di amare, poiché il nostro amore diventa un adeguare l’altro a noi, anziché adeguare noi all’altro.

Per cui se anche amiamo Dio, se anche preghiamo Dio, noi amiamo Dio, preghiamo Dio per strumentalizzarlo a noi, ma il punto fisso, l’intenzione fondamentale che portiamo in noi è il pensiero di noi stessi.

E questo capovolge completamente tutto.

Qui scopriamo che abbiamo due possibilità di amare.

Noi possiamo amare uno per ciò che egli è, oppure possiamo amare uno per ciò che egli ha.

Fintanto che amiamo uno per ciò che ha, questo rivela che il nostro punto fisso di riferimento in noi è il pensiero di noi stessi, quindi l’intenzione fondamentale in noi non è Dio ma è il nostro io.

Il nostro io fondamentalmente è un bisogno d’assoluto.

E quando questo bisogno non è focalizzato in Dio, il bisogno rimane.

Perché noi non possiamo cancellare Dio dalla nostra mente.

Se il nostro amore non è rivolto consapevolmente a Dio, noi portiamo comunque la passione d’assoluto in noi che provoca la passione di unità.

Una cosa che dobbiamo domandarci è questa: perché c’è l’amore?

Perché c’è l’amore nella nostra vita?

Come mai c’è questo amore nell’universo?

Cos’è questo amore?

Questo amore è la testimonianza dell’unità di Dio, per cui nell’universo c’è la passione dell’unità.

L’universo stesso è creato nell’amore.

Lo dice la parola stessa “Uni-Verso”.

Verso l’unità.

Tutto è rivolto verso l’unità.

Noi stessi siamo rivolti verso l’unità.

Però questa unità qui, può essere presente in noi elettivamente o inconsapevolmente.

Se è presente elettivamente in quanto l’abbiamo messa noi al di sopra di tutto, allora noi partecipiamo di questa e siamo consapevoli di questa e allora noi partecipiamo dell’amore.

Se invece questa unità di Dio non è presente in noi elettivamente, diventa presente in noi passivamente e quindi noi subiamo questa passione.

E questa passione qui è amore.

Questo amore quando non è consapevolmente rivolto a Dio, per cui noi sottomettiamo tutto di noi a Dio, questa passione fa sentire a noi il bisogno di accumulare tutto attorno a noi.

Cioè di sottomettere tutto a noi.

Tutto a questo bisogno di avere, questo bisogno che portiamo dentro di noi che è bisogno di assoluto.

E allora noi amiamo tutte le cose, non per quello che esse sono, ma per quello che noi le possiamo possedere.

E allora, anche se amiamo gli altri, amiamo gli altri per quello che essi hanno e che può servire a noi.

In quanto vediamo in quello che gli altri hanno, qualcosa che è utile a noi.

E li amiamo per quello.

Il giorno in cui riusciamo a portare via all’altro, quello che l’altro ha, non riusciamo più ad amarlo.

Noi questo lo chiamiamo amore ma è un amore egoistico, possessivo.

Ed è un amore che ci porta a costatare la nostra morte.

Perché noi sostanzialmente non siamo.

Siamo, come ogni creatura, per quello che siamo in rapporto a Dio.

Sostanzialmente non siamo.

Sostanzialmente siamo solo una passione ma, a fondo di questa passione c’è il vuoto, c’è il niente.

E tutto il nostro amare gli altri, è questo tendere a sottomettere, ad adeguare gli altri a noi.

Ma questo niente, ad un certo momento provoca il niente attorno a noi e il niente dentro di noi, cioè ci fa toccare con mano la nostra morte e la nostra dispersione.

L’amore vero invece è volere gli altri per quello che essi sono.

E ciò che un essere è, è sempre solo ciò che uno è in rapporto a Dio, poiché Dio solo è Colui che è.

Noi non possiamo quindi amare gli altri per quelli che essi sono, se non amando Dio prima di tutto.

E questo è il primo comandamento.

Tutto il resto è una conseguenza.

Soltanto amando Dio, quindi adeguando tutto a Dio, e adeguando tutto di noi a Dio, noi abbiamo la possibilità (ricevendo amore da Dio) di amare.

Una delle caratteristiche principali della creatura è questa: è capace di amare, soltanto nella misura in cui riceve amore.

Noi da soli ci illudiamo, ma non siamo capaci ad amare.

La capacità di amare viene a noi dal Principio dell’amore, cioè viene a noi da Dio.

Dio è la sorgente dell’amore, come Dio è la sorgente di tutto.

La capacità di vivere, di capire, come tutto, viene a noi da Dio.

E quando noi ci troviamo incapaci ad amare, questo è segno di un difetto nel nostro rapporto verticale con Dio.

Quindi qui dobbiamo operare, se vogliamo “curare” la nostra malattia.

In caso diverso, noi mettiamo dei palliativi, ma non risolviamo assolutamente niente.

Perché soltanto adeguandoci a Dio, Dio cambia noi.

Anche il principio del cambiamento di noi stessi è Dio.

E più noi ci adeguiamo a Dio e più Dio cambia noi e ci cambia fino a quel punto tale, da renderci capaci di una unione eterna, di una conoscenza eterna, fino ad inserirci nella sua stessa vita trinitaria.

*

L’intenzione di uno, viene a noi da ciò che egli è.

Il dono è un recipiente vuoto che si offre a ricevere una intenzione.

Il dono non dà a noi l’intenzione, chi dà a noi l’intenzione è l’essere.

Se io non ho presente l’essere, il dono da solo, riceve la mia intenzione.

Se trascuro Dio, sono io che vesto tutti i doni di Dio delle mie intenzioni.

L’intenzione viene dall’essere, da colui che opera, ma bisogna che io abbia presente l’essere.

Tutte le parole di Dio che arrivano a noi, hanno ancora bisogno di Dio per essere intellette nella sua intenzione.

Per cui non basta che io riceva le parole di Dio, devo guardare a Dio, perché Lui mi faccia capire la sua Intenzione.

Altrimenti io rivesto le parole che Lui mi fa arrivare delle mie intenzioni del pensiero del mio io.

Ogni segno che arriva a noi di Dio o è rivestito dell’intenzione dell’io, o è rivestito dell’intenzione di Dio, per cui diventiamo responsabili e colpevoli.

Per cui tutte le cose diventano intenzionali.

Cioè, ogni cosa è un numero senza segno (+ o -), ma il numero non può stare senza segno (+ o -),.

Il segno (+ o -),  è quello che mi dà l’orientamento.

Noi al dono di Dio possiamo mettere il segno più o il segno meno e viene qualificato.

Il segno di per sé non mi dice niente.

Ogni segno, in quanto si presenta a me, richiede a me di mettergli il segno più o il segno meno, cioè il significato.

Per mettere il significato di Dio devo guardare a Dio e il significato di Dio lo ricevo solo da Dio.

Ma se non guardo a Dio, necessariamente metto la mia intenzione, ed è il principio del tradimento.

E la mia intenzione qual è?

La mia intenzione è il bisogno di assoluto.

Per cui trasformo il segno in idolo.

Io sono inconsapevole di Dio, però porto la passione d’assoluto di Lui.

E allora io rivesto ogni segno, di questa mia intenzione, di questo mio bisogno d’assoluto e lo trasformo in idolo.

La cosa diventa intenzionale per me.

Ogni cosa diventa intenzionale per me, e non posso sfuggire a questo.

E questo mi porta al tradimento.

*

L’arrivare ad amare Dio per ciè che Egli è e quindi conoscerlo per ciè che Egli è, presuppone il nostro desiderio specifico di questo, perché in noi ci sia questo desiderio specifico, bisogna che in noi si sia formata la convinzione che lì sta il nostro vero bene.

Ora come si forma questa convinzione?

È Dio che attraverso il nostro adeguarci alla sua Verità, a poco per volta forma in noi questo.

Come Gesù, parlando con gli apostoli, a poco per volta li convince della necessità che Lui se ne vada.

Sembra una privazione, per quale motivo è venuto se poi dopo se ne va?

L’importanza della sua venuta è stata per agganciare gli apostoli al Padre.

Loro non sarebbero mai arrivati al Padre se in loro non si fosse formato il desiderio del Padre, con la possibilità di restare con il Padre.

Perché non si arriva alla conoscenza del Padre se in noi non c’è il desiderio, il pensiero del Padre, cioè il Cristo.

Il Cristo esterno, dopo avere scritto Se Stesso dentro di loro, se ne va, affinché loro possano guardare il Padre, con gli occhi della mente del Cristo stesso, che Cristo ha travasato in loro attraverso le sue Parole.

Loro si sono rivolti al Padre, per quello che hanno ricevuto dal Figlio, per quello che portavano dentro di sé del Figlio.

Ma coloro che l’hanno ucciso mica sono potuti arrivare, perché non  portavano nulla in sé del Figlio.

*

 L’amore è conoscenza.

E quell’amore che non desidera conoscere non è amore.

L’amore è soggettivo, cioè l’amore egoistico, non ti serve mica a conoscere l’altro, ti serve affinché l’altro serva te.

Quando noi abbiano come centro il pensiero del nostro io, noi adeguiamo gli altri a noi ma li adeguiamo per quello che noi vogliamo.

E proprio adeguando gli altri a noi, ci lasciamo sfuggire la nostra vita, perché ci lasciamo sfuggire il meglio che gli altri avevano da dare a noi, avevano da dare a noi il loro rapporto con Dio, che era la vita per me.

Il conoscere l’altro nel suo rapporto con Dio, è pane di vita per me, perché è parola di Dio.

Se io analizzo il diamante, mi trovo con un po’ di carbone e io ho perso il diamante.

Noi sottomettendo al pensiero del nostro io, noi analizziamo e quindi distruggiamo, noi ci priviamo della bellezza del diamante.

Ogni creatura che arriva a me, arriva a me come dono di Dio, come parola di Dio, ma per vederla come parola di Dio, io devo essere nell’amore di Dio, cioè portare con me l’Intenzione di Dio.

Per cui io amo veramente, solo in quanto ho la stessa intenzione dell’altro.

Ma quando io ho una intenzione diversa, io perdo quello che l’altro mi sta dando.

Io perdo la parola di Dio e vedo solo la mia intenzione, ma la mia intenzione è carbone.

E noi perdiamo la vita così.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Quinto tema.


Titolo: L’amore vero.


Argomenti: L’amore egoista di Dio – La morte di Dio – Il mondo come segno o realtà – Dio principio di noi – Dio nei fratelli – Le illusioni umane – La bestemmia – Cambiare noi e non gli altri -


 

26/ Ottobre /1981


A Dio noi possiamo per due vie.

O la via dell’intelligenza, o la via dell’esperienza e della sofferenza.

Purtroppo noi arriviamo sempre attraverso la seconda.

Noi dovremmo arrivare a Dio attraverso la via dell’intelligenza, in modo da poter formare in noi la fame di Dio, senza dover passare attraverso l’esperienza della sua assenza.

Invece noi, incominciamo a scoprire l’importanza di una persona quando non l’abbiamo più.

E così, noi incominciamo a scoprire l’importanza di Dio, quando non lo abbiamo più.

Cioè quando esperimentiamo il vuoto, l’assenza di Dio.

Dio che non risponde più, noi lo invochiamo, lo desideriamo e Dio non risponde più.

Esperimentiamo la morte di Dio.

Quello che è avvenuto col Cristo, è rivelazione di quello che avviene nella vita di ognuno di noi.

Questo silenzio di Dio, che è necessario, per far sentire a noi la nostra impotenza.

Per far sentire a noi la nostra povertà.

Siccome noi ci esaltiamo, Dio per ricondurci nella situazione di povertà, cecità, miseria, ci fa esperimentare quello che siamo capaci di pensare, di fare, di volere da soli.

Quando siamo soli, noi stiamo esperimentando la morte di Dio.

*

Quando io penso a me stesso e parlo di me stesso, non tengo conto di Dio e faccio fuori Dio dalla mia vita.

Spiritualmente parlando, non tenere conto di uno è ucciderlo.

Praticamente uccidiamo Dio.

Ora però, poiché questi rapporti spirituali noi non li avvertiamo, dobbiamo passare attraverso la morte di Cristo in croce.

E anche questo è un segno che va intelletto, che va capito.

Il significato della morte di Cristo è quello di condurre noi a prendere coscienza che tutte le volte che noi non teniamo conto di Dio, noi uccidiamo Dio nella nostra vita.

E come conseguenza esperimentiamo il silenzio di Dio.

Tutte le volte che affermiamo noi come essere autonomi da Dio, dobbiamo esperimentare il silenzio di Dio.

Cristo viene a morire in noi fino alla fine del nostro mondo.

Fintanto che in noi c’è ancora qualcosa del nostro mondo, Lui deve morire per farci maturare.

Altrimenti non ci salviamo.

Il nostro mondo è il mondo che ha ottenebrato la gloria di Dio.

Fintanto che in noi pesa il nostro mondo, come realtà (come segno ci porterebbe a Dio), Dio viene a morire in noi.

Dobbiamo arrivare a vedere tutto il nostro mondo come segno di Dio.

Allora il mondo da negativo, diventa positivo.

*

Sapendo che Dio è principio di tutto, io devo farlo principio di tutto di me.

Dio prende su di Sé il nostro peccato, facendo una realtà per noi, affinché serva alla nostra salvezza.

Dio solo è in assoluto, ogni altro essere è in quanto è in rapporto con Dio.

Se io amo il fratello per quello che Egli è, lo devo amare per il rapporto che ha con Dio.

Noi non conosciamo Dio in Sé come a Pentecoste, noi conosciamo Dio come Creatore.

Conoscendo Dio come Creatore, dobbiamo adeguarci, ad avere Dio come Creatore di tutto.

Sapendo che Dio è Creatore adeguati a Lui, abbilo come tuo Creatore (principio) in tutto.

Soprattutto di tutto quello che Lui ti presenta, altrimenti tu esci dal rapporto con Dio Creatore.

Se tu ti stacchi da Dio come Creatore di tutto, è assurdo pensare che tu possa amare il fratello.

Perché nell’io tu ami il fratello in senso egoistico, lo ami in quanto ti serve.

Qui abbiamo già un io che è impazzito, poiché si è diviso da Dio Creatore.

La conoscenza è sempre relativa a un dato che Dio ti dà.

Prima di Pentecoste il dato che Dio ci dà è: “Io sono il Creatore di tutto”.

“Io sono il principio”, questo è il dato.

Noi siamo tenuti a rispettare questa conoscenza, a rispettarla in noi e a rispettarla in tutto quello che Dio fa accadere intorno a noi.

Quando avrai finito di evangelizzare tutto il tuo mondo, sarai a Pentecoste.

*

Il fratello è sempre opera di Dio per me, anche se viene a bestemmiare.

Abbiamo il rapporto triangolare: Dio, la mia anima e il segno attraverso cui Dio mi riporta a Sé.

In quanto “Uno solo è il tuo Maestro”, tra la nostra anima e Dio non è interposta nessuna creatura.

Dio parla personalmente con ognuno di noi.

Siccome noi il più delle volte siamo distratti e lontani da Lui, Dio ci richiama con il segno.

Ma il segno è sempre un richiamo per noi a questo rapporto diretto con Dio.

Per cui non puoi e non devi mai giudicare il fratello ma devi sempre vedere nel fratello Dio che opera per liberarti da un egoismo, da una avarizia, da una superbia o per farmi approfondire di più la Parola e magari mi manda un fratello che bestemmia o che nega l’esistenza di Dio.

Tu non devi salvare il fratello ma è il fratello che serve per salvare te.

L’amore per la creatura l’hai soltanto se rispetti l’opera di Dio nel fratello.

Non esiste l’amore per la creatura orizzontale.

*

Noi amiamo gli altri, solo fintanto che possiamo vedere noi stessi negli altri.

La madre ama il figlio, perché vede se stessa nel figlio.

Se noi rivestiamo gli altri della nostra intenzione, questo provoca amore in noi per gli altri.

Dio in noi può essere presente consapevolmente o inconsapevolmente ma non lo possiamo cancellare.

Se è presente inconsapevolmente il nostro io è passione d’assoluto, perché non possiamo cancellare Dio.

Se tu sei incosciente della presenza di Dio in te, tu cosa hai presente? La passione dell’assoluto, la passione di Dio e quella è intenzione sua.

L’intenzione è espressione dell’Essere con la E maiuscola.

Per questo quando non abbiamo presente Dio consapevolmente e avendo in noi la pasisione dell’assoluto, noi amiamo gli altri per quello che hanno, perché quello che hanno, noi lo possiamo rivestire dela nostra passione ma quello che sono non possiamo rivestirlo della nostra passione.

Solo se io amo Dio al di sopra di tutto, non mi interessa quello che ha l’altro, mi interessa quello che è.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Sesto tema.


Titolo: La giustizia come base della fede e del vero amore I.


Argomenti: Creazione/Fede/Conoscenza – Amore stabile e instabile – L’io naturale e spirituale – Il principio di giustizia – La fede è desiderio di vedere dal punto di vista di Dio – Il vero amore e il tradimento -


 

1/ Novembre /1981


Essendo noi creature, noi possiamo amare solo per l’amore che riceviamo.

Ci sono dei doni che arrivano a noi da Dio senza di noi e ci sono dei doni che non arrivano a noi da Dio senza la nostra partecipazione.

I primi sono la condizione per poterci aprire ai doni maggiori.

Ma la condizione per potere ricevere i doni maggiori di Dio, è la nascita in noi dell’interesse per Dio.

Il Principio, cioè Dio, si annuncia a tutti e in tutto, non si manifesta, cioè non si rivela per ciò che è, se non a coloro che lo cercano attraverso la fede e l’interesse per Dio.

Il Principio, Dio Creatore si annuncia a tutti in tutto, quindi abbiamo dei doni che sono dati a noi senza di noi.

Però questo creatore non si rivela per ciò che Esso è, e quindi non dà a noi la capacità di entrare nell’amore vero (amare un essere per ciò che è), se noi stessi non lo cerchiamo (interesse) con fede.

La fede è già un fatto personale.

Possiamo sintetizzare tutto in tre tappe.

La prima sono i doni di Dio, i dati, il Principio è dato a tutti, la seconda è la fede e la terza è la conoscenza.

I passaggi da un dato all’altro, richiedono una adesione.

Non si può passare da un dato all’altro se da parte nostra non c’è adesione al primo dato.

Il primo dato, Dio Principio di tutto, aspetta da noi un atto di giustizia.

Non è fede né amore, qui è adesione a ciò che mi è dato.

Quando noi aderiamo a ciò che ci è dato, non facciamo mica un atto di fede, facciamo un atto di giustizia.

Se io vedo che una cosa è bianca, la giustizia sta nel dire che la cosa è bianca.

Se io vedo che tutte le cose sono create, la giustizia sta nel dire che tutte le cose sono create.

Se io vedo che sono una creatura, la giustizia sta nel dire che io sono una creatura.

Questo atto di giustizia diventa la premessa per la fede che è desiderio di conoscere.

Il dato non è conosciuto in sé, il dato è un annuncio, io non so cosa è il bianco, però sono impegnato ad aderire e per giustizia dire che è bianco.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi non è conoscenza, perché è creazione di Dio, s’impone a noi e chiede a noi questo atto di adesione.

Fintanto che non facciamo questo atto di giustizia, noi non entriamo nel processo della fede.

E a molta maggior ragione non entriamo nel processo dell’amore.

Se facciamo questo atto di giustizia, nasce in noi il desiderio di conoscere, di vedere questa verità nella quale io credo in tutto.

La fede mi fa invocare, desiderare, quello che ancora non vedo ma che credo per atto di giustizia.

L’atto di giustizia è premessa della fede.

La fede che è dono di Dio, è il secondo dono dopo il primo dato.

Se io avessi anche la fede ma non compio questo atto di giustizia, la fede mi viene portata via.

La perdo, perché viene in meno in me l’interesse per Dio.

Poi abbiamo il passaggio dalla fede alla conoscenza.

La fede mi porta a Cristo, perché mi porta a valorizzare il Cristo che risponde al mio desiderio di conoscere Dio.

E Cristo mi porta a conoscere quel Principio che mi era dato.

E nella conoscenza noi abbiamo l’amore vero.

Quindi l’ultimo dato: la conoscenza di Dio è il fondamento dell’amore stabile.

Fintanto che io amo per fede, io aderisco a quello che mi è dato, però non ho un amore stabile.

È un amore che oscilla, perché la fede non ha in sé il motivo, la ragione, la conoscenza di ciò in cui crediamo.

Per cui noi crediamo in ciò che ci è dato ma non sappiamo che cosa sia.

Ora, il fatto di non sapere, rende noi incerti e abbiamo l’oscillazione dell’amore.

Noi abbiamo l’amore instabile, per cui certe volte diciamo si e certe volte diciamo no.

Il giorno in cui, attraverso la fede, per mezzo del Cristo arriviamo alla conoscenza, noi entriamo nell’amore stabile, cioè in quell’amore che ama Dio per ciò che Egli è in Sé.

Fintanto che non si arriva alla conoscenza, essendo noi in cammino, noi subiamo eventi diversi.

La fede non ci dà quella sicurezza che solo la conoscenza può darci.

La conoscenza che è una esperienza essenzialmente personale.

Tanto che tra l’anima che contempla Dio e Dio non è più interposta nessuna creatura.

A un certo momento arriva la fine del mondo ma la fine anche del nostro io.

Resta solo il rapporto puro dell’anima che contempla il suo Signore.

E dico che è la fine del nostro io vecchio, perché l’anima anche il suo nuovo io lo riceve dal Signore.

In quanto l’io nasce da Dio, qui abbiamo la stabilità.

Noi non siamo stabili, fintanto che non nasciamo da Dio, per contemplazione di ciò che Egli è in Sé.

Perché Dio solo è l’essere stabile.

Dio è un si e un si eterno.

La creatura di per sé è si e no, è instabilità.

La creatura da sola poi è pura ribellione, puro no.

La creatura se aderisce a Dio non è stabile, è oscillante, è si e no.

L’io nostro naturale nasce come capacità di distinguersi.

Distinguersi vuole dire avere capacità di dire no.

Invece l’io nostro spirituale è un si poiché nasce da Dio.

Ora, se io dico “sì” e nasco da uno che è stabile, divento stabile.

L’ultimo passaggio nella conoscenza avviene quando Dio ha formato la convinzione nella creatura che soltanto se conosco Dio per ciò che Egli è, lo posso veramente amare.

Colui che ha formato nell’anima questa convinzione, è reso capace di ricevere la comunicazione di ciò che Dio è.

La rivelazione di Dio (dono maggiore), presuppone nell’anima la consapevolezza della fame, del bisogno che ha di questo.

Le fasi precedenti hanno lo scopo di fare maturare in noi, questa fame consapevole che Dio è l’unico bene e l’importanza che ha per noi.

Quando l’anima ha questa consapevolezza, siamo alla vigilia di Pentecoste.

Quando uno è tutto teso verso un unico punto, tutto il resto per lui sparisce.

Ma è proprio questa tensione verso un punto unico che fa maturare l’anima e la rende capace, poiché rende pura la sua intenzione.

Che qui è intenzione di ciò che Dio è.

È l’intenzione stessa di Dio.

Dio operando sull’anima, ha portato l’anima ad avere la stessa intenzione di ciò che Egli è.

Qui entriamo nel vero amore, poiché si ama veramente quando si vuole l’altro per la sua intenzione, non per la nostra, per ciò che Egli è non per ciò che noi siamo.

Quando si vuole l’altro per la sua volontà, non per la nostra volontà.

E allora abbiamo la creatura nuova che nasce da Dio, per opera di Dio.

*

Dio s’annuncia, io debbo adeguarmi, questa è la giustizia.

Noi nella maggior parte della nostra vita siamo degli ingiusti.

E tutte le conseguenze negative, derivano da quello.

Il problema della fede, dell’amore e della conoscenza sono impedite se non c’è questo atto di giustizia.

Noi ci riteniamo autonomi, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre scelte e questa è ingiustizia piana.

E allora siamo molto lontani da fede, amore e conoscenza.

Se tu t’accorgi che non sei capace ad amare a credere e a conoscere, risali al principio e fai questa giustizia.

Ogni dono che Dio fa a noi, attende da noi l’atto di adesione.

É L’io di per sé è capacità di dire no, è ribellione, l’io è capacità di distinguersi.

L’io naturale da solo è un essere che continuamente si distingue da-.

L’io naturale tende sempre a distinguersi, se noi andiamo a fondo è soltanto capacità di dire no, però il sì, non lo può dire senza Dio.

L’io senza Dio può dire no, ma senza Dio non può dire sì.

Il nostro io da solo è solo capacità di dire no.

Con Dio ha la capacità di dire sì.

Però il sì, non lo può dire senza Dio.

Ma allora se dico sì, di chi è il dono?

È di Dio.

Infatti noi diciamo sì quando abbiamo un dato presente, senza dato non posso dire sì.

Tant’è vero che noi non possiamo volere (volere vuol dire amare) ciò che non ci è dato.

Quello che noi non conosciamo, non abbiamo presente, non possiamo assolutamente volerlo.

Quindi bisogna che ci sia prima uno che ce lo dia gratuitamente, perché solo dandocelo gratuitamente, dà a noi la capacità di volerlo.

Allora la mia volontà è soltanto grazia di Dio, perché se Dio non si dà per primo, io non posso volerlo.

*

La fede ci fa sentire il bisogno di capire il significato dell cose in Dio.

È vero che noi possiamo fraintendere le parole di Dio rivestendole di nostre intenzioni, ma la fede mi fa capire che capisco veramente, soltanto quando questa parola la vedo nell’intenzione di Dio e non nell’intenzione di altri.

Allora c’è tutto questo processo per arrivare all’intenzione di Dio.

Ma l’intenzione di Dio non nasce dalle creature, non nasce dalle opere di Dio, non nasce dai segni, l’intenzione di uno, nasce soltanto da ciò che uno è, nasce dall’essere.

Poco per volta Dio fa maturare in noi il bisogno di conoscere Dio per ciò che Egli è in Sé, perché solo di lì, nasce l’intenzione sua e quindi la capacità di intendere il significato di tutto quello che Lui fa o ha fatto.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Settimo tema.


Titolo: La giustizia come base della fede e del vero amore  II.


Argomenti: Giustizia e fede – La sostanza della fede – Amore stabile e instabile – Il fiore che raddoppia -


 

2/ Novembre /1981


L’oggetto della fede è indipendente dalla creatura, però è offerto alla creatura.

La fede è adesione a ciò che ti viene proposto come oggetto d’interesse.

Anche la giustizia è adesione.

La giustizia non s’impone, il dato s’impone.

La curva s’impone ma tu puoi uscire dalla curva, fai una cosa ingiusta, non è che manchi di fede di fronte al dato.

Aderendo al dato, lo metti al suo posto, lo rispetti e di lì nasce l’interesse per estendere ciò cui hai aderito su tutto.

L’atto di fede è arrivare a vedere come vero quello a cui tu hai aderito per giustizia.

Quando tu cerchi, la fede in te è sostanza di una cosa che speri, la tua ricerca è una sostanza in te, di quello che tu speri di arrivare a vedere.

La ricerca della fede è un movimento, noi crediamo che dipenda dall’io ma sostanzialmente il movimento dipende da quello che ti attrae.

Tu ti metti in movimento in quanto c’è qualcosa che ti attrae.

La sostanza dell’essere è il pensiero, la fede è sostanza di cose sperate.

La passione è in me, la passione per me è sostanza di una cosa che desidero raggiungere.

La passione in me è una sostanza di una cosa a cui tendo.

La cosa è in sé, la sostanza di questa cosa in me creatura diventa passione.

La vera fede è ricerca, perché la fede non è nell’oggetto della ricerca, esiste nel soggetto.

La fede esiste nella creatura, non esiste in Dio.

Tant’è vero che la fede è destinata a sparire, resterà la carità che è conteplazione pura, resta il pensiero, cioè resta l’essere del nostro pensiero.

Se la fede è solo nella creatura, è un movimento verso una certa meta.

La fede scatta quando io, avendo aderito a ciò che mi è stato dato, desidero estenderlo, arrivare a vederlo.

La fede è passione per ciò cui tu hai aderito.

Ma il dato ti è stato dato senza di te.

La passione (patire) è movimento.

*

La giustizia è rispetto di quello che ci viene presentato.

Nel rispetto di quello che ci viene presentato, non c’è la fede ma c’è la giustizia.

Quindi prima di tutto ci viene chiesto questo atto di rispetto.

Se questo foglio è bianco, la giustizia è riconoscere che è bianco.

Se vedi una cosa che è creata, riconosci che non l’hai creata tu, è relativa, non è assoluta.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Ottavo tema.


Titolo: La purezza d’intenzione: da che cosa  deriva.


Argomenti: Amore e tradimento – L’essere e il rapporto con Dio – Il demonio – Giustizia, fede, amore – Perdere la fede – Far conto su Dio – Stabilità e instabilità – Essere e intenzione – L’amore viene dal fine -


 

8/ Novembre /1981


Inquadriamo negli argomenti delle domeniche precedenti, a cui siamo approdati approfondendo questo versetto.

Soffermandoci soprattutto su questo fatto: “Pur essendo uno dei dodici”.

E Gesù dice: “Uno di voi è un demonio”, pur avendoli scelti tutti Lui.

Allora abbiamo riscontrato che questo avvenne per farci capire che non basta che Dio ci scelga.

Dio sceglie anche i demoni per compiere i suoi voleri e per portare a termine i suoi disegni.

Quand’anche noi ritenessimo di essere stati scelti da Dio, teniamo sempre presente che in noi può sempre albergare questo demonio che avrebbe tradito.

Approfondendo questo abbiamo visto che per approdare verso un amore che non tradisce, il problema non sta tanto nell’essere scelti, quanto piuttosto nello scegliere.

Però anche qui, quando si sceglie, nella risposta che diamo all’opera di Dio, possiamo avere motivi diversi.

Noi possiamo scegliere e quindi amare uno per ciò che ha e invece possiamo anche amare uno per ciò che è.

Fintanto che noi amiamo uno per ciò che ha, noi non usciamo dal pensiero del nostro io e quindi siamo sempre soggetti al tradimento.

Perché quando colui che amiamo non ha più ciò per cui lo amavamo, noi ci troviamo nella incapacità di amare.

Noi non siamo liberi di amare, noi amiamo solo in quanto riceviamo amore.

Quindi l’elemento motivante in noi è determinante dell’amore stesso.

Quando abbiamo meditato su quale fosse il vero amore, abbiamo visto che deriva da questa intenzione: amare uno per ciò che esso è.

Rivolto a Dio, il vero amore è quando si ama e si cerca Dio per ciò che Egli è e non per ciò che Egli ci dà.

Solo approdando a questo amore, si giunge al campo della fedeltà.

Questo è l’amore fedele, l’amore che non muta.

Ecco, la purezza d’intenzione ca cercata lì.

Da questo possiamo capire che l’intenzione nasca da ciò che uno è.

Nei riguardi di Dio è chiaro, però la creatura non è di per sé, la creatura è soltanto nel suo rapporto con Dio.

La creatura è per il rapporto che essa ha con Dio.

E se l’intenzione nasce da ciò che uno è, cioè da questo rapporto che ha con Dio, l’intenzione in noi non può cambiare e purificarsi, se non muta il nostro essere, se non muta cioè il nostro rapporto con Dio.

L’accumulo di tante cose attorno a noi, non è che possa far cambiare la nostra intenzione.

Noi restiamo sempre quelli.

Se noi siamo egoisti, ambiziosi o cinici, per quanti beni accumuliamo attorno a noi, noi continueremo ad essere egoisti, ambiziosi o cinici e non potremo uscire dal pensiero del nostro io.

O per quanto noi mettiamo attorno a noi dei programmi o dei propositi di vita.

Tutto questo non cambia la nostra intenzione.

L’unica cosa che può cambiare la nostra intenzione, è quello che cambia il nostro essere.

Ma il nostro essere cambia, soltanto se cambia il rapporto tra noi e Dio.

Quindi se noi vogliamo camminare verso questa purificazione d’intenzione, dobbiamo cambiare il nostro rapporto con Dio.

Teniamo presente l’importanza di questa purificazione d’intenzione,poiché a un certo momento Gesù dice nel discorso della montagna: “Beati i puri di cuore, perché questi vedranno Dio”.

La purezza d’intenzione è la condizione per potere conoscere Dio, per potere vedere Dio.

Noi possiamo camminare verso questa purificazione d’intenzione, soltanto se cerchiamo di modificare, il rapporto in cui si trova la nostra mentalità, il nostro cuore, la nostra anima, la nostra vita stessa con Dio.

Soltanto modificando questo rapporto, facciamo un salto di qualità nel campo dell’essere, cioè modifichiamo il nostro essere e di conseguenza si modifica l’intenzione in noi.

Tanto più la nostra intenzione si avvicina alle cose del mondo e più diventa inquinata, così tanto più la nostra intenzione si avvicina a Dio e più la nostra intenzione diventa pura.

Tanto più l’intenzione in noi si purifica, tanto più in noi si forma la capacità di adesione a Dio e la capacità di portare Dio.

Quando Gesù vuole segnalarci la causa della nostra volubilità, parla del demonio e dice che il demonio fu “Colui che non seppe stare nella Verità”.

C’è quindi una verità in cui noi siamo impegnati a restare e questa non è la Verità assoluta, perché chi conosce la Verità assoluta, non può non restare in essa, non può peccare.

C’è invece una verità che ci è data e nella quale noi possiamo non restare e diventare dei demoni.

L’impegno con la verità che ci è data, entra nel campo della giustizia.

Il primo termine da cui deriva tutto di noi, sta nella giustizia verso la verità che ci è data.

Quindi Dio si annuncia a noi come Creatore, ecco la verità che ci è data.

Noi siamo impegnati a restare in questa verità, se non restiamo, cadiamo nel campo del demonio.

Quanto più restiamo in questa verità: Dio Creatore, tanto più si purifica la nostra intenzione e passiamo dal campo della giustizia al campo della fede e poi dal campo della fede passiamo al campo dell’amore.

Questa intenzione si purifica in noi, fino a farci capaci di essere tutto pensiero di Dio, di avere in noi il pensiero di Dio e di avere in noi la capacità di conoscere Dio.

Perché quando portiamo in noi il Figlio di Dio, il Figlio di Dio glorifica il Padre e abbiamo la capacità di accogliere in noi la gloria del Padre, la conoscenza del Padre.

*

Dio è il Creatore di tutte le cose.

Noi non sappiamo chi sia Dio ma noi crediamo in Dio perché ci troviamo in un universo non fatto da noi o da altre creature ma fatto da un Altro.

Quindi noi siamo tenuti a rispettare questo dato, come in automobile siamo tenuti a rispettare le curve.

Cioè noi siamo tenuti a rispettare la Verità che Dio ci presenta come tale.

E questa è giustizia, non è fede.

Se tu fai la curva in macchina non hai fatto un atto di fede!

Quindi noi abbiamo una realtà che ci viene data, presentata, annunciata.

Noi non sappiamo cosa sia in sé, però noi siamo tenuti a rispettarla.

Ci viene annunciato che Dio è il Creatore, noi non possiamo annullarlo.

Dio si presenta come il Creatore di tutte le cose, non so chi sia ma siamo tenuti a rispettarlo.

Se noi non aderiamo a ciò che è giusto, noi non possiamo nel modo più assoluto entrare nella fede.

E noi perdiamo la fede se non facciamo la giustizia.

Perché la fede è una conseguenza della giustizia.

La giustizia sta nel tenere presente ciò che sai, sta nel restare nella verità che ti è data.

Noi non siamo responsabili della verità che non ci è data.

Ma siamo responsabili verso la verità che ci è data.

Quindi tu questo lo devi rispettare.

Ora, tutte le cose ci vengono date e non sono nostre.

Noi ci troviamo in una casa che non è nostra e noi siamo tenuti per giustizia (non per fede) a rispettare tutte le cose, perché le cose non sono nostre.

Un altro è il Padrone, tu sei amministratore, non permetterti di usare le cose secondo la tua intenzione, ma devi usare tutte le cose secondo l’intenzione del tuo Padrone.

Questa è giustizia non è fede!

Io so che tutte le cose che ho, non sono mie.

Non sono io che ho fatto il mondo.

Non sono io che mi sono fatto.

Quindi tutte le cose di cui puoi disporre, sono cose non tue, nemmeno il tuo cuore, la tua mente, la tua vita, il tuo tempo sono tuoi, non puoi disporne come vuoi!

Altrimenti applichi la tua intenzione e sei un amministratore infedele e ti sarà tolta l’amministrazione.

Tu non puoi amministrare le cose di Dio secondo la tua intenzione, perché non sono tue.

Se tu non fai quest’atto di giustizia tu non puoi entrare nella fede e a maggior ragione non puoi entrare nell’amore e nella conoscenza di Dio.

Quindi noi ci troviamo con dei dati, con una verità che si presenta a noi senza di noi e noi siamo tenuti a questo atto di giustizia.

Se noi siamo giusti, apriamo la nostra anima a poco per volta per accogliere quei doni superiori: la conoscenza della Verità in sé, che ci rende stabili.

Perché fintanto che tu sei con la verità che è data a te senza di te, tu sei instabile.

*

Sapendo che Dio è il Creatore di tutto, io devo riconoscerlo come Creatore anche del mio pensare, del mio vivere, del mio scegliere, del mio amare, del mio parlare, cioè Dio deve essere il mio padre.

Dio è creatore, fallo tuo creatore.

Dio è principio, fallo tuo principio.

Dio è padre, fallo tuo padre.

Dio è Dio, fallo tuo Dio.

È in questa corrispondenza che si verifica la giustizia.

E entrando in questa giustizia, si entra nel campo della fede e della maturazione dell’intenzione pura.

Questa giustizia deve essere alimentata dalle parole di Cristo.

Tutto il capitolo è una purificazione dell’intenzione.

Come possiamo noi approdare a questa purificazione dell’intenzione?

Noi siamo partiti da una intenzione inquinata: “Cercavano il Cristo, perché aveva moltiplicato il pane”.

Cioè cercavano Cristo per i suoi doni, quindi abbiamo una intenzione inquinata.

Attraverso tutto il suo discorso, Cristo ha purificato questa intenzione.

È vero che la maggior parte se ne sono andati via, ma qualcuno è rimasto.

Tra quel qualcuno rimasto c’era ancora un demonio.

E Cristo ha dovuto evidenziarlo, per poterci fare capire in cosa consiste questa purezza.

Quanto più uno si nutre della parola di Cristo, quanto più il suo pensiero si purifica, fino a diventare pensiero del Figlio: la glorificazione del Figlio, che dà poi dopo a noi la possibilità di accedere alla gloria del Padre.


Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. Gv 6 Vs 71 Nono tema.


Titolo: La purezza d’intenzione.


Argomenti: La Verità relativa e assoluta di Dio – La giustizia essenziale – Assimilare la Parola – La verità capovolta – Il segno che diventa realtà – Le dipendenze – La ripetitività – Essere e intenzione – La Sindone -


 

9/ Novembre /1981