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Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Gv 6 Vs 64 Primo tema.


Titolo: Ascoltare e non credere.


Argomenti: L’illusione di credere – Perdere la fede – Amare la Verità – L’ateismo – Fede imposta e proposta – La vera fede cerca l’intenzione di Dio – Le caratteristiche della fede – Scoprire la presenza di Dio – L’intenzione di Dio – Dio parla solo di Sé – Conoscere la persona -  Superare il pensiero dell’io -


 

16/ Agosto /1981


Qui Gesù dice: “Vi sono tra voi”, tra voi chi?

“Tra voi che state ascoltando”.

E allora nasce subito il problema di come sia possibile che tra coloro che ascoltavano Gesù, che erano suoi discepoli, vi fossero alcuni che non credevano?

Chiediamoci quale lezione Gesù abbia voluto significare per la nostra vita personale, interiore dicendoci questo.

Evidentemente se Gesù ha detto queste parole, esse servono per ogni uomo.

E servono in particolare, per ogni uomo che è in ascolto della parola di Dio.

Gesù ci avvisa che possiamo essere anche noi in ascolto della parola di Dio e non credere.

Quand’è che veramente si crede se non basta ascoltare?

Non basta accogliere tutto da Dio Creatore, non basta credere in Dio per restare nella fede,  Dio è spirito e bisogna quindi arrivare all’intenzione del Creatore nel dare a noi l’esistenza, nel creare tutte le cose, nell’operare ogni giorno con noi.

Non basta credere che sia Lui a fare tutto, se abbiamo veramente le fede, la fede ci deve condurre ad interrogare Dio circa la sua intenzione nel fare tutte le cose che fa.

Altrimenti noi possiamo illuderci.

Ecco perché arriva a noi la parola di Dio che dice: “Proprio mentre ascoltate le mie parole voi non credete”.

Noi possiamo cadere nell’illusione di ritenerci credenti, di ritenerci giusti, di appartenere al popolo di Dio, di essere salvati.

Dio non ci abbandona mai e la parola di Dio conversando con noi, ci ammonisce, ci corregge, ci tira fuori dalle nostre illusioni e ci rimette sempre in cammino, ci mette magari in crisi e intanto ci mette in cammino.

Noi dobbiamo chiederci quand’è che si crede e quand’è che invece possiamo illuderci di credere e perdere invece la fede.

Cos’è che ci fa perdere la fede, lasciandoci l’illusione di credere?

Noi possiamo non credere quando abbiamo la possibilità di credere, ma possiamo anche venirci a trovare nella situazione di impossibilità di credere.

“Come potete credere voi che mendicate la gloria gli uni dagli altri?”, vuol dire che fintanto che cerchiamo la gloria del mondo, che pensiamo a noi stessi, ci troviamo nella impossibilità di credere.

Per cui possiamo anche restare lì, seduti in chiesa ad ascoltare la parola di Dio dal mattino alla sera e trovarci nella impossibilità di credere, è parola di Dio.

Quindi vedi che c’è una situazione di impossibilità?

Solo il giorno in cui mi deciderò a rinnegare me stesso, a superare la mia figura davanti agli altri, incomincerò ad aprirmi alla possibilità della fede, prima sono nell’impossibilità di credere.

Vuol dire che ci sono situazioni d’impossibilità, in cui la creatura non può credere.

 

Qui il problema è dello spirito, perché lo spirito è intenzionalità.

C’è una fede che arriva a noi senza di noi ed è la fede in Uno che mi parla.

Io incontro Uno che mi parla, Dio è Colui che nessuno può ignorare, però pochi lo conoscono.

Tra il non potere ignorare e il conoscere c’è tutta la vita.

Quando uno conosce Dio, necessariamente lo ama.

Allora c’è una fede iniziale che è la fede di non poterlo ignorare.

Anche se non lo conosco e non lo comprendo, non lo posso ignorare.

Un giorno di questi parleremo del problema dell’ateismo, anche per essere atei è necessario Dio.

Non c’è ateismo senza Dio.

L’ateismo è un istanza, un esigenza di Dio.

L’ateo ha bisogno di Dio.

Perché senza Dio non lo può negare.

Allora c’è una fede in Dio Creatore che è data a noi senza di noi.

Anche il demonio crede in Dio Creatore.

C’è una fede che s’impone su di noi ma non è conoscenza.

Per cui io non posso negare Dio, però non posso conoscerlo.

Allora io resto nell’incertezza, nel dubbio, perché ho una molteplicità di cose davanti a me che mi confondono.

C’è questa fede in Dio Creatore che non dipende da noi, come la nostra attuale vita, qualcuno ce l’ha imposta, ce l’ha data.

Questo però non vuol dire vivere.

Avere una vita che abbiamo ricevuto senza di noi, non significa che noi viviamo.

Per entrare nella vita ci vuole una nostra partecipazione personale e lo stesso è con la fede.

Noi riceviamo una fede, Dio si presenta e parla con noi, ma non è detto che noi abbiamo la fede.

Per avere la fede vera, ci vuole il passaggio allo spirito, cioè il passaggio all’intenzione di Dio.

Cioè non si rimane nella fede, se la fede che noi abbiamo non ci sollecita a cercare l’intenzione di Dio.

Se io di fronte alla creazione e alle opere di Dio non interrogo, non m’interesso, non cerco di capire il fine, l’intenzione di Dio nel suo operare nel dare a me la vita, io perdo la fede.

Per restare nella fede, bisogna che la fede che Dio mi ha dato, mi conduca ad interessarmi di Dio fino a conoscere la sua intenzione.

Cioè fino a scoprire Lui come spirito.

 

Noi ci illudiamo di fare la volontà di Dio, solo accettando tutte quelle situazioni in cui Dio ci pone: “Dio mi ha posto qui e facendo quello che faccio, faccio la volontà di Dio”.

Noi confondiamo e questa non è l’intenzione di Dio.

Crediamo di fare la volontà di Dio e questa non è la volontà di Dio.

L’intenzione di Dio è in Dio stesso.

A un certo momento bisogna arrivare a quella che è l’intenzionalità di Dio.

Perché poi a poco per volta, Dio ci inserisce in quella che è la problematica della sua Trinità, per cui il Figlio è la volontà di Dio ma si distingue dallo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è Spirito di Verità e non può venire se Cristo non se ne va, e Cristo è la Volontà di Dio!

 

Fintanto che in noi c’è la preoccupazione per noi stessi, noi non possiamo entrare nella fede.

La condizione per entrare nella fede è superare il pensiero di noi stessi.

Ma fintanto che faccio attenzione a me, non posso entrare nella fede.

Un allievo a scuola che pensa a se stesso, sente le parole dell’insegnante ma non può seguire la lezione.

Il segno della vera fede è cercare in tutto l’intenzione di Dio.

Non bisogna soltanto accettare le cose da Dio.

La fede ci sospinge a cercare in ogni cosa l’intenzione di Dio, anche nelle parole stesse del vangelo.

Che cosa Dio mi vuole dire di Sè in ciò che ci fa arrivare, è molto importante quel “di Sé”.

L’intenzione di uno è sempre la rivelazione del suo pensiero.

Noi possiamo leggere le cose di Dio e interpretarle nei nostri pensieri, nelle nostre intenzioni e trarne regole e norme di vita.

Rivestiamo queste cose del pensiero del nostro io e crediamo di aver capito la lezione di Dio senza aver capito niente.

Se c’è in noi la fede, questo sguardo alla persona divina, ci deve essere l’interesse per conoscere Dio.

Per cui attraverso tutte le opere e le parole di Dio, chiediamo a Lui che cosa Lui ci riveli di Sé.

Se invece non sentiamo l’interesse per conoscere Dio, vuol dire che nel nostro cuore abbiamo un altro interesse.

E quest’altro interesse ci porta molto lontano da Dio.

Per cui noi, in tutte le cose ci fermiamo alla carne e non passiamo allo spirito di Dio.

Ci fermiamo ai nostri sentimenti, alle nostre impressioni, alla nostra vita di relazioni con gli altri e non passiamo allo spirito.

 

La vita con Dio è interesse per una persona, è un rapporto, è desiderio di scoprire la sua presenza sapendo che Lui c’è.

Noi sappiamo che Lui c’è, però non lo conosciamo.

Sappiamo che Lui c’è perché è Lui che parla con noi.

Quando una persona parla con me, io non la posso ignorare.

Noi non possiamo ignorare Dio, però non vediamo la sua presenza.

La fede ci fa desiderare di esperimentare quella presenza che sappiamo che c’è.

La fede ci deve portare lì.

Noi non dobbiamo disunire le cose dal Pensiero di Dio.

Tutte le cose le dobbiamo sempre considerare con il Pensiero di Dio.

Dio tutte le sue opere le ha fatte unite a Sé, noi non dobbiamo disunire quello che Dio ha unito.

Se noi le teniamo unite a Dio è il Pensiero stesso di Dio che ci sospinge a cercare la sua intenzione.

Se ho interesse per una persona, cerco sempre di più di conoscere e capire il suo pensiero.

La mancanza di fede che si forma in noi è solo effetto di molteplicità di cose non raccolte in Dio.

L’unificazione dei segni di Dio in Dio, ci conduce a scoprire la sua presenza.

Tutte le opere di Dio sono parole sue, attraverso le sue parole noi siamo condotti a conoscere Lui.

Un essere si rivela attraverso le sue parole.

 

La fede che Dio dà a tutti ci deve sospingere verso la ricerca dell’intenzione di Dio, in caso diverso quella fede viene dispersa da tante altre fedi.

Se noi di fronte a fatti e parole di uomini, non cerchiamo l’intenzione di Dio, la parola di Dio,  la conferma di Dio, succede che queste parole e fatti degli uomini, portano via a noi la fede.

 

Fede vuol dire sguardo a Dio e far conto su Dio, certo se tu fai conto su altro non fai più conto su Dio.

Se faccio conto su Dio non posso far altro che desiderare sempre più Dio.

Questa fede, facendomi guardare Dio, mi fa guardare una persona, un essere che agisce in tutto e se io guardo una persona non posso fare a meno di desideraredi capire  l’intenzione, lo spirito, il pensiero di quella persona.

Se invece non desidero questo, vuol dire che non appartengo alla fede.

 

L’intenzione di Dio prima di tutto dobbiamo scoprirla.

Una volta scoperta dobbiamo mantenerla presente per unificare tutto in quella.

Sapendo che Dio in tutto opera per manifestare Se stesso, adesso io in tutto, mi devo chiedere che cosa Dio mi dice di Sé.

L’intenzione è consapevolezza.

Quando il Signore ti ha condotta a prendere consapevolezza che Lui in tutte le cose opera per manifestare Se stesso, adesso in tutte le cose, tu cerchi che cosa Dio dice di Sé a te.

Prima di sapere che Dio in tutte le cose ha l’intenzione di farsi conoscere, ritenevo magari che l’intenzione nelle sue opere fosse una lezione morale, di vita, di comportamento e anche questo aveva il suo valore.

Ma poi il Signore ci conduce a capire che la sua intenzione in tutto, è quella di rivelare Se stesso a noi, poiché soltanto attraverso questa sua intenzione, noi siamo condotti al suo spirito, lo spirito di verità, cioè a scoprire la sua presenza.

La sua presenza viene a noi da Lui, non viene dal nostro comportamento più o meno giusto, dalle nostre virtù, dalle nostre regole, dai nostri doveri.

Adesso, avendo capito che Dio in tutte le cose ha quest’intenzione, se io voglio restare con Lui, tutte le cose non le posso utilizzare per trarne regole, comportamenti o morale, non mi fermo neppure più al Cristo ma è necessario andare oltre: “Signore che cosa mi dici di te in questo?”.

Anche in Cristo: “Signore che cosa mi dici di Te?”.

“Le mie parole sono spirito”, lo spirito è intenzionalità.

E noi ascoltando Dio, dobbiamo cercare di vedere l’intenzionalità.

Per questo non fermarti alla carne, perché la carne non giova a niente.

Lo spirito è intenzionalità, cioè dobbiamo  arrivare ad intendere l’intenzione di Dio, cioè che cosa Lui rivela di Sé a noi.

A un certo momento le cose vengono a noi soltanto da Dio.

Le parole di Dio ci raccolgono sempre di più nel suo Pensiero, in questo suo silenzio, ed è in questo suo silenzio che si forma in noi la scoperta di tante cose di Dio.

Quanto più noi scopriamo la sua intenzione, tanto più la nostra vita viene concentrata in un punto, è luce che si polarizza verso un fine sempre più preciso.

Prima era una meta a largo raggio, poi diventa sempre più precisa, in modo da condurci allo spirito di Verità.

Avere  presente l’intenzione di Dio non vuole ancora dire conoscerla ma è la condizione perché in noi si formi questo interesse, questo desiderio che ci collega in tutto con Dio ma in modo consapevole in una intenzione particolare: “Che cosa Signore mi dici di Te?”.

Si stabilisce quindi un rapporto personale che è la premessa per arrivare alla conoscenza.

 

Quando noi siamo condotti a scoprire l’intenzione di Dio fondamentale attraverso cui Dio opera, abbiamo nelle nostre mani la chiave per capire il significato delle Parole che arrivano a noi.

Lì abbiamo l’inizio del dialogo personale con Dio.

Abbiamo un punto fisso di riferimento.

Adesso, sapendo questo, attraverso tutte le parole e le opere che Dio ci fa arrivare, noi abbiamo la possibilità di capirle.

Non è detto che sia facile e immediata la cosa ma abbiamo un punto fisso di riferimento per conoscere il Signore e per non accontentarci di altre soluzioni.

Perché quello che ci può illudere sono gli altri significati.

Noi possiamo fare l’errore di non cercare i significati non credendo in Dio o accogliendo semplicemente tutto da Dio, noi possiamo accogliere tutto da Dio e cercare il significato come una morale, una regola, un comportamento.

Possiamo anche vedere nella creazione uno specchio per noi.

Sono tutte tappe valide nel cammino, attraverso le quali però a poco per volta il Signore, ci orienta sempre di più verso il suo spirito.

E se noi lo seguiamo, Lui ci porta a scoprire che in tutte le cose Lui ci parla di Sé.

Sapendo questo, adesso non cerco più altri significati e non sono soddisfatto fintanto che non scopro cosa Dio mi dice di Sé attraverso la sua creazione.

Noi una persona come la conosciamo?

La conosciamo attraverso le sue parole, se abbiamo interesse a conoscerla.

Perché le sue parole possono giungere a noi e non trovare in noi interesse a conoscere Lui.

Attraverso le parole di quella persona e la nostra intelligenza data dall’interesse, noi arriviamo a conoscere sempre di più quella persona.

A un certo momento si giunge a conoscere la persona, attraverso tutti i segni (parole) attraverso cui la persona si è rivelata a me.

Nella vita di tutti i giorni per conoscere una persona dobbiamo essere attenti a quello che dice, a quello che fa, a come si comporta, sbagliamo certamente però dall’approssimazione giungiamo a farci un idea più precisa di quella persona.

Anche i rapporti che avvengono umanamente tra noi, sono lezioni di Dio, per insegnarci i rapporti con Dio.

Fra di noi, noi ci conosciamo poco per volta frequentandoci e allo stesso modo avviene nei riguardi di Dio.

Prima di tutto dobbiamo scoprire che la sua intenzione fondamentale è quella di farsi conoscere.

Poi dobbiamo unificare tutti i segni di Dio in questa sua intenzione.

Non è una cosa immediata, è faticosa certo.

In ogni segno Dio parla a noi di noi (specchio) e di Lui, noi non dobbiamo accontentarci di fermarci alla prima parte.

 

La condizione per potere accogliere quello che Lui mi vuole comunicare, è che la mia attenzione sia fissa su quello, altrimenti la mia attenzione non riceve.

Dio è già presente tra noi, Lui parla già con noi, però noi non siamo capaci di portare questo dono.

E non siamo capaci di portare questo dono, perché la nostra attenzione non è focalizzata al punto tale da potere accogliere quel dono.

Noi siamo tanto distratti e allora non possiamo vedere il dono del suo spirito, della sua presenza.

Lui parlando con noi, a poco per volta, ferma la nostra attenzione su questo dono ben preciso.

La nostra attenzione ferma su quel punto preciso, fa noi capaci di portare quel dono.

Ma quando noi siamo capaci a portare il dono Lui ce lo dà, perché già ce lo ha dato e lì abbiamo la scoperta.

 

La fede è movimento, dev’essere interesse per capire le parole, i segni, le opere di Dio, sapendo che è Lui che opera tutto.

 

Noi rischiamo di sentire solo più parole nostre.

Come corriamo il rischio di essere costretti a pensare solo a noi stessi, così corriamo il rischio di sentire solo più parole nostre.

Dobbiamo tenere sempre presente che è un altro che parla a noi e in quanto parla, mi aiuta ad uscire dal pensiero del mio io e mi dà la grazia per entrare nel rapporto con Lui.

Una persona che incontro già attrae la mia attenzione.

Incontrando una persona, io già sono liberato da quelli che possono essere i miei crucci, i miei fastidi, le mie preoccupazioni.

E quest’altro uomo che mi attrae e mi fa superare l’io è già segno del Dio che viene a me.

Naturalmente quando quella persona si allontana, io ricado di nuovo nel pensiero del mio io.

 

Noi abbiamo la vera fede se abbiamo il desiderio di capire in Dio le sue parole.

Non capirle nel pensiero del nostro io, non capirle secondo il mondo, ma capirle in Lui.

Se noi lo ascoltiamo senza avere il desiderio di capire quello che Lui dice a noi di Sé, del suo spirito (le sue parole sono spirito), noi anche se ascoltiamo non crediamo.


Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Gv 6 Vs 64 Secondo tema.


Titolo: Credere è desiderio di capire la Parola.


Argomenti: Ascoltare, meditare, capire – La grammatica del vangelo – Lo spirito e la carne – La capacità di leggere – Accumulare in cielo – La conoscenza è una sintesi Dio/Segni – La manifestazione del pensiero – Vedere per credere – Il pane spezzato -


 

17/ Agosto /1981


Il vero credere sta nel cercare di capire le parole di Dio.

Siccome c’è questa illusione di credere di ascoltare il Signore e di illudersi di credere in Lui, ecco che Gesù avverte: “Vi sono alcuni tra voi che non credono”.

Tra voi che ascoltate, tra voi che leggete vi sono alcuni che non credono.

Il significato di queste parole sta in questo avviso, in questa messa in crisi di coloro che ascoltano Dio, non di coloro che non ascoltano.

Allora abbiamo approfondito per vedere quand’è che veramente si crede?

Quand’è che veramente si crede?

Qual’è il segno per cui possiamo dire di avere un granello di fede?

Si era concluso che questo granello di fede sta nell’interesse per capire in Dio le parole che Lui dice.

Perché se uno ascolta senza sentire il desiderio di capire l’intenzione di Dio, noi rivestiamo le parole ascoltate delle nostre intenzioni e usciamo dalla fede.

 

Lo spirito si caratterizza per l’intenzionalità e l’intenzionalità, uno non può averla senza capirla, senza averla conosciuta.

Dio ci vuole intelligenti: “Nelle cose vostre siete intelligenti e perché nelle cose di Dio non lo siete?”.

Il modo di pensare secondo lo spirito è desiderare di conoscere l’intenzione di Colui che parla.


Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Gv 6 Vs 64 Terzo tema.


Titolo: Principio dell’essere.


Argomenti: Principio è il Verbo di Dio – Il principio della fede – Il rapporto col Principio – La fede viene da Dio – Ritrovare il Principio – La conversione – Il sì o il no a Dio – Il determinismo -


 

23/ Agosto /1981


La conclusione di domenica scorsa è stata che non basta ascoltare per credere, perché Gesù aveva fatto notare come, anche tra coloro che lo ascoltavano vi erano alcuni che non credevano.

E allora abbiamo visto che un segno della vera fede è quello di desiderare di capire nell’intenzione di Dio quello che si ascolta.

“Gesù sapeva fin da principio”, noi potremmo ritenere questo “principio” riferirsi al tempo, ma allora si cadrebbe nel determinismo, fatalismo, poiché erano già stabiliti coloro che non avrebbero creduto e coloro che avrebbero creduto.

Ma questa è una interpretazione nello schema temporale e quindi nello schema umano e non corrisponde alla premessa, in cui abbiamo detto che le cose vanno intese nello spirito di Dio che è al di fuori, al di sopra del tempo.

Ora, nello spirito, sappiamo che: “In principio era il Verbo del Padre”.

E nel capitolo due si dice che “Gesù non affidava a loro Se stesso, perché sapeva ciò che c’era nell’uomo”.

Questo “sapeva ciò che vi era nell’uomo”, corrisponde a questo “sapeva fin da principio”.

Se il Principio è il Verbo del Padre, Gesù conosceva l’uomo nel Pensiero del Padre, nel Verbo del Padre.

Cioè conosceva l’uomo nella sorgente, nel Principio.

Quindi non principio di tempo ma Principio di esistenza.

Effettivamente le cose si conoscono veramente, soltanto quando si conoscono nel loro principio.

E soltanto conoscendole nel loro principio, si conoscono in tutto il loro sviluppo.

Questo è valido per tutto di noi e questo ci rivela che nel principio, nella sorgente della nostra vita, della nostra mentalità, di tutto di noi, sta il Verbo di Dio.

Noi nasciamo dal Verbo di Dio, noi nasciamo dalla Parola di Dio, noi nasciamo dal Pensiero di Dio.

E questa è la sorgente del nostro vero essere.

Succede però che noi ci allontaniamo da questa sorgente e allora avvengono tutte le deformazioni della nostra vita che non sono altro che un allontanamento dal nostro Principio.

Per cui noi perdiamo l’essere.

Mentre quanto più noi restiamo nel Principio, restiamo nella nostra sorgente, tanto più noi partecipiamo del vero Essere.

La Parola di Dio che costituisce la sorgente del nostro essere, della nostra vita, della nostra mentalità, della nostra fede si rivela a noi non come imposizione ma come proposta e per questo noi possiamo trascurarla, cioè noi possiamo dimenticare il nostro Principio.

Qui dice che Gesù sapeva fin da principio chi fossero quello che lo avrebbero tradito.

Gesù conosceva gli uomini, non per quello che essi recitavano davanti a Lui, ma Gesù li conosceva per il rapporto che essi avevano con il Verbo del Padre.

Cioè li conosceva nel Padre, nel Pensiero del Padre.

Ed è proprio conoscendoli nel Pensiero del Padre che si sa, se l’uomo può credere o non può credere.

Perché Gesù stesso dice: “Nessuno può venire a Me, se non è attratto dal Padre”.

Questo ci fa anche capire che non bastano tutte le parole del mondo per far credere una persona, perché la persona è fatta dalla Parola di Dio.

La sua Sorgente è lì.

E se la persona è in difetto rispetto a questa sorgente, è come se un albero fosse morto, non basterebbero tutti i fertilizzanti del mondo a farlo ritornare in vita.

Quando viene meno il rapporto con la sorgente, con il Principio, il Padre, non basta tutto l’universo, non bastano tutte le parole degli uomini per dare a noi un briciolo di fede.

La fede viene a noi da Dio, ed è per questo che noi possiamo venirci a trovare nella impossibilità di credere.

Però rivelandoci qual è il principio, ci offre la possibilità di recuperare la fede, perché ci indica il principio della fede stessa.

Dicendoci che nessuno può andare a Lui e quindi nessuno può credere in Lui, se non è attratto dal Padre, ci rivela e ci offre la possibilità di recuperare la fede, perché ci indica il principio della fede stessa.

E la possibilità sta nel ritrovare il nostro Principio.

“Fate penitenza perché il regno di Dio s’avvicina”.

Il che vuole dire che l’uomo ha la possibilità di fare questa penitenza, ha la possibilità di questa conversione, poiché se anche l’uomo può trascurare Dio, Dio rimane sempre Colui che nessuno può ignorare.

Può costargli moltissimo, perché l’uomo diventa figlio delle sue opere e quindi il carico può diventare molto pesante, però in quanto ci viene annunciato il Principio della nostra esistenza, ci viene data la possibilità di recuperare il Principio e di ritrovare la fede perduta.

Come il principio della fede sta nel desiderio di capire la Parola di Dio, adesso ci viene presentato il principio del nostro stesso essere e del nostro stesso vivere: il Verbo del Padre.

Per ritrovare questo Principio, è assolutamente necessario fare tacere in noi ogni altra cosa.

Questo Principio è offerto ad ognuno di noi ma in senso personale, per cui non può essere ritrovato senza di noi.

Il Principio ci è dato, noi non lo possiamo ignorare,  lo possiamo trascurare, possiamo offenderlo, bestemmiarlo e perderlo.

Ci viene annunciato e offerto e in quanto è in noi lo possiamo recuperare ma costa fatica, è tutto un punto interrogativo, perché è un fatto di impegno personale.

Soltanto ritrovando il nostro Principio, noi possiamo effettivamente cambiate qualcosa di noi.

Noi non possiamo assolutamente cambiare qualcosa di noi se non ritorniamo al Principio dal quale ci siamo allontanati.

Perché ogni altro nostro cambiamento, non è altro che diversificazione da quel Principio, cioè diminuzione di essere.

Chi ci conosce nel Principio (Gesù) e sa che la nostra risposta al Padre è stata “No”, ci conosce perfettamente in ogni tradimento, sa perfettamente che noi ci troviamo nell’impossibilità di credere.

Ecco per cui Gesù sapeva coloro che lo avrebbero tradito, conosceva coloro che non potevano credere.

Poiché li conosceva nel Padre.

Gesù sa quello che c’è nell’uomo, e nell’uomo c’è soltanto questo: o un sì o un no al Padre.

Il Principio è la Parola del Padre ma la Parola del Padre è solo proposta, non è imposta, allora nell’uomo c’è soltanto il sì, l’adesione o il no, il rifiuto.

Tutto è determinato da questo.

Se il principio in noi è il Padre è tutto determinato, liberamente, consapevolmente determinato.

Se il principio in noi è il rifiuto del Padre è tutto altrettanto determinato e l’uomo viene a trovarsi nella impossibilità di credere.

Gesù conosceva veramente l’uomo perché lo conosceva nel suo principio.

Noi non conosciamo gli uomini, perché non li conosciamo nel principio.

Noi li conosciamo per altri motivi e allora c’illudiamo circa l’essere e c’illudiamo anche su noi stessi.

Se noi li conoscessimo e ci conoscessimo nel rapporto con Dio, eviteremmo illusioni.

Perché è proprio quel rapporto con Dio che condiziona e determina tutta l’esistenza e la vita dell’essere.

Presentandoci questo, offre però a noi la possibilità di cambiare.

Io sono così come sono, fintanto che non ritrovo il mio Principio ma se ritrovo il mio Principio, io non sono più così.

Lì nasco come figlio di Dio, nasco come spirito e nasco libero.

Se invece non recupero quel Principio, io non sono libero, sono tutto determinato.

La libertà è soltanto a livello del Principio.

Più ci allontaniamo dal Principio e più cadiamo sotto il determinismo degli avvenimenti esterni, per cui se sono con una persona gentile sono gentile, se sono con una persona rude divento rude.

Perché vengo costantemente condizionato dall’abiente esterno.

Non ho la possibilità di amare il nemico o sopportare situazioni difficili.

Sono determinato, perché mi sono allontanato dal Principio, quindi è sufficiemnte che Cristo mi parli in un certo modo per mandarlo in croce necessariamente.

 

Il sangue di Cristo viene sparso, proprio per darci la possibilità di recuperare il Principio.

Noi ci illudiamo di essere buoni, di essere giusti, di avere la fede e poi arriviamo al deicidio.

E questo avviene ancora per convincerci che senza Dio facciamo niente.

È tutta una sollecitazione ad avere come preoccupazione principale ritrovare il nostro Principio che è il tesoro, la pietra fondamentale, senza la quale non si può fare niente.

 

Noi siamo in continua fuga dal Principio, siamo come un fiume che avessa la possibilità di dimenticare la sua sorgente, staccarsi dalla sua sorgente, è tutto un morire.

Mano a mano che il fiume scorre l’acqua si perde.

Noi siamo come un fiume che sta perdendo tutta la sua acqua.

Però in questo perdersi c’è l’annuncio: devi ritrovare la sorgente.

In caso diverso, sei costretto ad assistere alla tua morte, al fiume che va in secca.

 

Dobbiamo tenere presente che tutte le parole di Dio devono essere intese nell’intenzione di Dio.

E Dio opera ogni cosa per manifestare Se stesso.


Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Gv 6 Vs 64 Quarto tema.


Titolo: Dio nostro principio.


Argomenti: Il Principio spirituale – L’uomo non sa chi egli è finché non trova il suo Principio – Il distacco dal Principio – La privazione di essere – Solo Dio ci cambia – Lo sforzo personale – Abramo – Piccolo gregge – Il tormento della fede -


 

24/ Agosto /1981



Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. Gv 6 Vs 64 Quinto tema.


Titolo: Dio Principio del nostro pensiero.


Argomenti: I due principi – Il tradimento – Trovare il Principio del nostro essere – Dio Creatore e motivatore – I motivi di vita – La solitudine e la molteplicità – L’infedeltà – L’ignoranza di noi – Il dubbio del pensiero – La gioa di pensare -


 

27/ Agosto /1981


Abbiamo visto che quel “principio”, non si riferisce a una categoria di tempo, ma va considerato nello spirito.

Il “fin da principio” nello spirito, coincide con quello che è affermato nel prologo di San Giovanni: “In principio era il Verbo”, il Verbo del Padre.

Quindi Gesù conosceva gli uomini nel Padre, che è il vero Principio, la vera sorgente di ogni uomo.

Il Figlio di Dio conosce tutto nel Padre.

Noi non ci conosciamo in Dio, ed è per questo che non ci conosciamo.

Cioè noi non conosciamo il nostro Principio, ma Dio è il vero nostro Principio.

Quando si conosce un essere nel suo Principio, lo si conosce veramente.

E conoscendolo veramente si sa, tutto quello che lui farà.

Conoscendolo nel suo principio lo si conosce nella motivazione del suo essere.

Il principio è la motivazione del suo essere.

Essendo noi creati da Dio, la vera sorgente del nostro essere è Dio.

Però noi vivendo, perdiamo il contatto con il nostro Principio.

E a un certo momento ci confondiamo su quello che veramente noi siamo.

Perché se Dio è il nostro Principio, noi però dobbiamo crescere consapevolmente in questo Principio.

Dobbiamo vivere in questo Principio, dobbiamo camminare restando fermi in questo Principio.

Dobbiamo cioè ricollegare sempre tutto al Principio.

L’argomento di oggi è questo: Dio è il Principio del nostro essere! Affermazione.

Poi, Dio è il Principio del nostro essere? Interrogazione.

In realtà Dio è Principio del nostro essere.

Il Figlio di Dio ci conosce in questo Principio.

Dio dando a noi l’esistenza e dando a noi l’essere, si presenta a noi come proposta.

Non si afferma mica su di noi, si presenta a noi come proposta, ed è per quello che noi possiamo trascurarlo.

Noi nei riguardi di Dio possiamo dire si o no.

Dio si presenta, in quanto si presenta e ci fa essere, Dio è Colui che nessuno può ignorare.

Però non poterlo ignorare non significa conoscerlo.

Per conoscerlo, noi dobbiamo imparare a restare in questo Principio.

Sapendo che Dio è il nostro Principio, noi dobbiamo restare in questo Principio e raccogliere tutto in questo Principio, dobbiamo derivare tutto di noi da questo Principio.

Altrimenti perdiamo la consapevolezza di quello che noi siamo.

Noi abbiamo la possibilità di allontanarci dal nostro vero Principio e di avere come principio di vita altro.

Per cui noi possiamo fare come motivo di vita le cose del mondo, le creature, i nostri interessi e quello diventa il nostro principio.

Per cui noi, pur avendo Dio come Principio, finiamo per avere altro come nostro principio, come nostro padre.

Diventiamo figli di altro da Dio.

Dio ci conosce qui nel Principio.

Se noi abbiamo  il Padre suo come nostro Principio, allora Gesù sa che possiamo credere e che noi non tradiremo, ma se invece noi non abbiamo Dio come nostro Principio, ma abbiamo altro, Lui sa perfettamente che noi non possiamo credere e dovremo tradire.

Ecco per cui Lui ci conosce.

In un altro passo è detto che Gesù non si fidava degli uomini perché sapeva quello che c’era in loro.

Poi dice ancora: “Nessuno può venire a Me, se non è attratto dal Padre”.

Il che vuole dire che se in noi non c’è quest’attrazione del Padre, noi non possiamo credere in Cristo, non possiamo riconoscerlo.

Non possiamo accogliere in noi la sua Parola, perché abbiamo un altra sorgente in noi, abbiamo un altro principio.

Ognuno di noi diventa capace di accogliere solo ciò che il vero Padre nostro dà a noi la possibilità di accogliere.

Se il nostro padre è diverso da Dio, noi ci troviamo nella impossibilità di accogliere e di lasciare entrare gli argomenti di Dio.

E questo ci porta all’impossibilità di credere.

Ci porta all’ateismo.

Ora il Figlio di Dio, tutte queste cose qui le sa, perché ci conosce in questa sorgente.

Noi ci illudiamo di credere appunto perché non ci conosciamo.

Se ci conoscessimo, il più delle volte ci spaventeremmo, perché conoscendoci nella sorgente, noi capiremmo che ci troviamo nella impossibilità di credere.

Però scopriremmo anche che la cosa più urgente per noi è ricollegarci con il nostro vero Principio, cioè ritrovare Dio.

Fintanto che non scopriamo l’importanza di ritrovare il nostro Principio, tutte le nostre buone intenzioni sono tutte dei palliativi, perché la sorgente da cui traiamo vita è avvelenata.

E fintanto che non arriviamo alla Vera Sorgente tutti i nostri programmi d’impegno con Di0, di cambiamento, di revisione falliscono perché non arrivano mai alla sostanza.

Noi non facciamo altro che trasferirci da un problema all’altro, da una superficialità all’altra, ma non arriviamo mai al nocciolo della questione.

Per cui dobbiamo capire che la cosa più importante è trovare il Principio del nostro essere.

Cioè dobbiamo ritrovare Dio, ma non soltanto Dio Creatore, il Dio creatore trovato, non è ancora per noi motivo di vita.

Se per noi come vita abbiamo un motivo diverso da Dio, noi abbiamo un altra paternità da Dio.

Noi credendo in Dio Creatore, noi accogliamo tutto da Dio: tutto è opera di Dio, molto bene, non lo posso smentire, ma accogliendo tutto da Dio, posso usare tutto quello che Dio mi manda secondo una mia intenzione diversa dall’intenzione di Dio.

La decisione che io prendo riguardo a ciò che mi arriva da Dio, è motivata da che cosa?

Dio può mandarmi una caramella e dirmi che devo utilizzarla secondo la sua intenzione, non secondo la mia intenzione.

Tutto quello che noi facciamo, non lo possiamo mai fare senza una intenzione.

Siamo esseri consapevoli e anche le cose più banali le facciamo con una intenzione, non fosse altro perché qualcosa di esterno entra nel nostro pensiero.

“Faccio questo perché mi piace” e intanto quella cosa che piace a te, diventa in te motivo di scelta.

Quando tu dici: “Questa cosa mi piace”, la interiorizzi e la fai come motivo di vita.

Non dici: “Faccio questo perché Dio vuole così”, non ho presente l’intenzione di Dio, ho presente la mia intenzione.

C’è solo il rapporto che passa orizzontalmente tra me e la cosa.

L’intenzione diversa da Dio che noi scriviamo sulle cose che riconosciamo come mandate da Dio, ci porta poi molto lontano da Dio, cioè mi porta lontano dal Principio.

Per cui ad un certo momento, io m’accorgo di avere perso il contatto con il Principio.

Perché ho seminato in me un altro Principio.

Cioè, l’intenzione diversa da Dio con cui uno utilizza una cosa mandata da Dio, lo porta lontano dal Principio, perché semina in lui un altro motivo di vita.

Diventa un altra intenzione, cioè diventa un altra paternità sostanzialmente.

Per cui finiamo col diventare figli di tanti.

Abbiamo tanti nomi e lì abbiamo la dispersione.

Nella molteplicità finiamo col ritrovarci soli, ci accorgiamo di non essere più conosciuti, di non essere più pensati.

Non viviamo più in un amore superiore.

La solitudine è data dall’essere figli di “tanti”.

Noi ci sentiamo amati in quanto siamo figli di uno solo.

Ma quando abbiamo tanti amori, noi finiamo con l’essere figli di nessuno.

La nostra vita diventa una “cosa”.

Ma la cosa è a livello di molteplicità d’intenzioni.

Tutto questo è una conseguenza del fatto che noi abbiamo trascurato il Principio.

Dio essendo Creatore, si annuncia come Principio, ma Lui come Creatore è anche il mio Principio, il mio Padre.

E se Lui è il mio Padre, io in tutte le cose mi devo comportare come figlio, quindi non devo utilizzare niente senza vedere l’intenzione del Padre, altrimenti perdo il Principio.

È il fiume che perde il contatto con la sorgente.

È fatale che s’inaridisca.

Quando noi perdiamo il contatto con il vero Principio, la nostra vita s’inaridisce.

Ed è fatale che s’inaridisca.

Ecco quindi come Gesù ci conosce, quando io so che un fiume ha perso contatto con la sorgente, conosco il suo destino.

Dio ci conosce lì, ci conosce nel Principio.

 

Dobbiamo arrivare a scoprire Dio come intenzionalità che vuole noi, come Principio del nostro essere, come essere del nostro pensiero e per scoprire questo dobbiamo isolarci col pensiero unicamente in Dio.