E se vedeste il
Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? Gv 6 Vs 62 Primo tema.
Titolo: Il ritorno al
Padre.
Argomenti: Lo scandalo – Unione e
comprensione – Il linguaggio di Gesù – I diritti di Dio – La giustizia
essenziale – Linguaggio terreno e celeste – Nicodemo: rinascere dall’alto – La
fedeltà nel poco e nel molto – Amministratori di cose di Dio – La fedeltà
eterna -
12/ Luglio /1981
È una frase che Gesù contrappone a quanto avevamo visto domenica scorsa con
la sua interrogazione: “Questo vi scandalizza?”.
“Questo” era ciò che Lui aveva affermato, quel lungo discorso che Lui aveva
fatto nella sinagoga di Cafarnao, si concludeva con questa frase: “Chi mangia
Me, vivrà anch’egli per Me”.
Quel “mangiare Me”, inteso però come il “mandato dal Padre” ed era questo
che aveva scandalizzato, perché?
Perché Gesù era di Nazareth, quindi agli occhi degli uomini, non veniva dal
cielo.
Di Gesù conoscevano i famigliari, il padre, la madre, i parenti, mentre
Gesù afferma di essere mandato dal Padre Celeste.
Lo scandalo è stato lì.
Cioè, abbiamo visto che lo scandalo, è qualcosa che non possiamo digerire.
È un conflitto tra la realtà che vediamo davanti a noi e la fede che
portiamo dentro di noi.
Lo scandalo è sempre in relazione a ciò che portiamo dentro di noi.
Ora Gesù qui dice: “Quello che Io vi ho detto vi scandalizza?”, vi crea
cioè una frattura, una incompatibilità nel vostro animo? Per cui determina
quello che avverrà: la fuga.
Perché quando uno non può comprendere qualcosa, quel qualcosa diventa non
più assimilabile e quindi quel qualcosa ci fa scappare.
Noi siamo costretti a scappare da ciò che non riusciamo a capire.
E quindi soltanto comprendendo, abbiamo la possibilità di restare, di
rimanere, quindi di vivere in unione con-.
Noi possiamo restare uniti, soltanto con ciò che possiamo comprendere.
Siamo fatti per comprendere e l’unione è una conseguenza del comprendere.
Là dove noi non siamo in grado di comprendere, siamo costretti a scappare o
a distruggere l’oggetto che non possiamo comprendere.
Qui però Gesù, dopo avere detto: “Questo vi scandalizza?”, aggiunge: “E se
vedeste il figlio dell’uomo risalire dove era prima?”.
Evidentemente fa intuire che s’incorre in uno scandalo maggiore.
È una frase che richiede approfondimento.
Abbiamo detto che tutte le parole e i fatti di Gesù, sono Parole di Dio,
che quindi vanno sempre intese in senso personale per la nostra vita.
Allora dobbiamo chiederci che cosa Gesù vuole significare a noi, quale
lezione vuole dare a noi dicendo: “E se vedeste il figlio dell’uomo risalire
dove era prima?”.
Ecco, intanto facciamo attenzione su questo “dove era prima”.
Evidentemente quel “prima” lo riferisce a un “poi”.
E quel “poi” è la situazione in cui attualmente si trova.
Cioè Gesù, affermando un “dove era prima”, fa un confronto con la
situazione in cui Egli si trova adesso.
Adesso dove è?
Adesso è lì, nella sinagoga di Cafarnao, e cosa vuole dire questo?
È in mezzo a degli ascoltatori, è in mezzo a dei suoi discepoli, è in mezzo
a degli uomini.
Il che vuol dire che Lui è fisicamente presente.
Cioè presente con il suo corpo.
Ed è quindi visibile agli occhi di coloro che lo ascoltavano.
Non solo, ma parlava anche in termini accessibili all’udito di coloro che
stavano ascoltando.
Accessibile cosa vuole dire?
Vuol dire che parlava un linguaggio che gli uomini potevano intendere.
E potevano intenderlo, perché si riferiva a cose che essi avevano presente.
Cioè parlava un linguaggio terreno.
Non è che parlasse il linguaggio degli uomini, cioè che condividesse le
intenzioni degli uomini.
Ma usava il linguaggio degli uomini per significare l’intenzione di Dio.
Cioè Lui parlava parole umane ma non secondo l’intenzione degli uomini.
Infatti parlava in modo diverso dagli uomini.
Tutto l’insegnamento di Gesù, colpisce proprio perché è un insegnamento
diverso da come parlano gli uomini.
Eppure usa parole umane.
La diversità in cosa consiste?
La diversità consiste nell’intenzione.
Cioè Lui usando parole terrene, parole di uomini, rivela l’intenzione di
Dio, cioè parla come Dio.
Parla come Dio, con parole umane.
Non condivide quindi le passioni degli uomini.
Non condivide gli interessi degli uomini.
Non condivide le giustizie degli uomini.
Ma afferma attraverso un parlare umano i diritti di Dio.
Cristo venendo tra noi, viene affermando i diritti di Dio: “Cercate prima
di tutto il regno di Dio”.
Ed è tutto un continuo richiamarci, convogliarci a questa unica cosa
necessaria.
Tu uomo sei stato creato per Dio e
devi preoccuparti prima di tutto di dare a Dio quello che è di Dio.
Di riportare quindi sempre tutto a Dio.
Questa è la giustizia essenziale, senza la quale ci si esclude del tutto
dal regno di Dio.
Ed è una giustizia che nessuno può fare al posto nostro.
Perché è una giustizia che dobbiamo fare nei nostri cuori, dentro di noi,
nei nostri stessi pensieri.
Dobbiamo riportare a Dio ogni cosa, perché ogni cosa viene da Dio e ogni
cosa appartiene a Dio.
Dobbiamo unificare in Dio.
Dobbiamo cercare in tutto l’intenzione di Dio.
Perché in tutte le cose noi siamo amministratori di cose di Dio.
Niente è nostro.
Tutto è di Dio.
Noi siamo amministratori di cose di Dio.
Ed in quanto siamo amministratori di cose di Dio, ci si richiede la fedeltà
all’intenzione del Signore, all’intenzione quindi di Dio.
Noi non dobbiamo comportarci nelle cose del mondo o nelle cose che
riteniamo nostre, secondo le nostre intenzioni o secondo le intenzioni degli
altri.
Perché saremmo degli amministratori infedeli.
Ma in tutto, sapendo che ogni cosa è di Dio, dobbiamo adoperare ogni cosa
secondo il Pensiero di Dio.
E questa è la giustizia essenziale.
Cristo venendo tra noi, viene per richiamarci a questa giustizia
essenziale.
E per darci la possibilità di attuarla.
Il parlare di Cristo tra noi, usa parole umane, inttellegibili quindi a noi
ma in cui afferma una intenzione divina.
Quindi Lui, parla come Figlio di Dio, usa parole nostre ma per significare
a noi i diritti di Dio e la Verità di Dio.
Quindi è parlare in parabole.
Però Lui dice: “E se vedeste il Figlio dell’uomo risalire dove era prima?
Lui è presente fisicamente e parla con termini visibili ai nostri occhi,
parla con parlare umano ma per affermare argomenti divini, e possiamo quindi
capire cosa voglia dire questo “risalire dove era prima”.
Il “dove era prima” è la gloria del Padre.
Lo dice Gesù stesso nella ultima preghiera: “Padre è giunta l’ora,
glorifica tuo Figlio, con quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo
fosse”.
Quel “prima” è questa gloria del Padre.
Cioè: “E se vedeste il Figlio dell’uomo ritornare nella gloria del Padre?”.
Cioè nel cielo di Dio.
Quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse.
Forse che il mondo ha portato via la gloria a Dio?
No.
Prima che il mondo in noi, portasse via la gloria di Dio.
Infatti noi perdiamo la gloria di Dio, la conoscenza di Dio, proprio per le
cose del mondo, per le creature stesse del mondo.
Quelle creature che Dio ha fatto, per significare a noi Se stesso, quindi
quelle creature attraverso le quali noi potessimo arrivare a vedere la sua
gloria, sono diventate per noi un motivo d’inciampo.
Un motivo che offusca la gloria stessa di Dio.
Noi vediamo soltanto più corpi, presenze fisiche e non vediamo più Dio.
La presenza di tutto questo mondo materiale nella nostra vita, priva non la
gloria di Dio in Sé ma in noi, priva Dio della sua Luce e della sua gloria.
O diciamo meglio: prima noi della luce di Dio, della gloria di Dio.
Allora, questo risalire del figlio dell’uomo dove era prima, è questo
ritornare nella gloria di Dio.
Ritornare nella gloria del Padre.
Ritornale nel cielo di Dio.
Questo ci fa intuire l’esistenza di due linguaggi nel Cristo.
Un linguaggio in parabole dove usa parole umane per significare la volontà
di Dio a noi.
E usa parole del cielo del Padre suo, che sono le vere Parole, in cui Lui
glorifica il Padre suo, Lui fa conoscere il Padre suo.
Questo Gesù stesso lo afferma, all’ultimo nella sua vita, dicendo ai suoi
apostoli: “Finora vi ho parlato in parabole, ma viene il giorno (Pentecoste) in
cui non vi parlerò più in parabole, ma apertamente vi parlerò del Padre”.
Quindi abbiamo nell’opera del Cristo questi due linguaggi.
Un linguaggio terreno ed un linguaggio celeste.
Il linguaggio terreno è quando il Figlio usa cose che noi vediamo con i
nostri occhi, cose della terra, per portarci in questa giustizia essenziale.
Ed abbiamo un linguaggio celeste, in cui Lui ci fa conoscere il Padre.
Abbiamo due termini: le cose della terra e le cose del cielo.
Ma in che cosa consiste questo linguaggio celeste?
Sia le cose del cielo che le cose della terra appartengono a Dio.
Ma le cose della terra sono transitorie, passano, sono soltanto segni, sono
visibili ai nostri occhi, sono relativamente intellegibili, però ci offuscano
la gloria di Dio e Gesù stesso dirà: “È necessario che io me ne vada”.
È necessario che Lui se ne vada, altrimenti lo Spirito di Verità, non può
venire a noi.
E c’è invece un linguaggio del cielo.
Le cose del cielo in che cosa si differenziano dalle cose della terra.
Le cose del cielo si differenziano in questo, che in tutto dipendono
direttamente da Dio.
Per questo sono invisibili.
Le cose della terra sono visibili a noi, perché sono relativamente
dipendenti da altre cose.
Le cose del cielo invece dipendono direttamente da Dio.
Le cose della terra non dipendono direttamente da Dio.
E infatti sono intellegibili per noi perché noi le riferiamo a delle cause
seconde, però passano.
Perché in tutto non fanno altro che riportarci a Dio.
Sono di Dio, però sono soltanto segni di Dio.
Invece le cose del cielo sono eterne, sono invisibili e dipendono
direttamente da Dio, per cui non sono intellegibili senza Dio.
Allora è soltanto nelle cose del cielo che noi possiamo conoscere Dio.
Gesù qui accenna ad uno scandalo maggiore: “Questo vi scandalizza?”.
Tutto il parlare di Gesù a Cafarnao è stato tutto un parlare in parabole,
all’ultimo dirà: “Finora vi ho sempre parlato in parabole”.
Quindi anche questo a Cafarnao è stato un parlare in parabole.
Quando Lui dice: “Chi mangia Me”, usa un termine umano “mangiare”, che è un
termine terreno.
È un termine terreno e Lui in esso riflette una intenzione divina, quindi che
deve essere interpretato con lo Spirito.
Vedremo subito dopo che Lui dice che è lo Spirito che vivifica, la carne
non giova a niente.
Quindi Lui usa un parlare terreno per significare cose divine e tutto
questo discorso che Lui ha fatto è stato un discorso in parabole.
Se noi restiamo scandalizzati da questo parlare in parabole, maggiore sarà
lo scandalo che noi incontreremo quando Lui ci parlerà di cose del cielo.
Questo suo risalire dove era prima, è un parlare non più in parabole ma è
un parlare con parole del cielo, cioè con parole che dipendono direttamente da
Dio.
Per cui sono intellegibili soltanto a chi ha Dio dentro di sé.
Questa difficoltà, Gesù l’aveva già presentata a Nicodemo, quando Gesù
affermò la necessità di rinascere.
“Nessuno può vedere il regno di Dio se non rinasce da Dio”.
E Nicodemo chiede come può avvenire questo: “Può forse un uomo vecchio
ritornare nel seno di sua madre?”
L’obbiezione di Nicodemo non è una
obbiezione materiale, Nicodemo era un saggio e quindi diceva che un uomo vecchio carico di esperienze e
abitudini, non può ritornare bambino, è impossibile quindi per l’uomo cambiare:
“Ma è possibile che un uomo oramai vecchio possa ancora cambiare se stesso?”.
E Gesù gli risponde: “Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?”,
ecco l’accenno allo scandalo.
Lo scandalo ha sempre come sottofondo questo non capire.
L’uomo resta scandalizzato da ciò che non riesce a capire.
“Vi ho parlato delle cose della terra e se non capite le cose della terra,
come capirete le cose del cielo?”, fa lo stesso confronto che fa con Nicodemo.
Cristo parla sempre con la sapienza divina, perché è il Figlio di Dio che
parla, però parla in termini umani.
Ora: “Se tu Nicodemo non capisci questo, come potrai capire quando ti
parlerò di cose del cielo?”.
Per questo a fondo di: “Se vedeste il Figlio dell’uomo risalire dove era
prima”, noi dobbiamo vedere questa frase che Gesù dice a Nicodemo.
“Questo vi scandalizza? E se vi parlasse delle cose del cielo?”.
E qui ci fa capire ancora un altra cosa ed è questa: nelle parabole, nel
linguaggio terreno che Gesù usa, si richiede una fedeltà nel poco, come
premessa e condizione per diventare capaci di essere fedeli nel molto.
La fedeltà nel molto è nelle cose del cielo.
Negli altri vangeli si dice: “Se non siete capaci ad essere fedeli in ciò
che non è vostro, chi si fiderà a dare a voi il vostro?”.
Qui in terra noi siamo amministratori di cose di Dio.
Tutte le cose arrivano a noi con il sigillo: “Noi apparteniamo a Dio”.
Questo è il sigillo che caratterizza tutte le cose.
Tutte le cose sono di Dio, quindi se tu hai la disponibilità di qualcosa
(vita, tempo, pensieri, parole), tieni sempre presente che questo non è tuo ma
è di Dio.
Tu sei amministratore di cose d’altri.
In queste cose d’altri, si richiede la massima fedeltà, perché della cosa
tu non puoi disporne secondo te stesso e questa è fedeltà nel poco, è poco
perché è di altri.
Siccome una cosa arriva con la caratteristica di non essere mia, io non la
posso usare secondo la mia volontà, secondo i
miei interessi, io la devo usare secondo la volontà del proprietario,
altrimenti io rubo a Dio quello che è di Dio.
Questa è fedeltà nel poco, perché questa richiede soltanto il rispetto di
quello che appartiene a Dio.
“Se voi non siete stati capaci ad essere fedeli in ciò che non è vostro,
chi si fiderà a dare a voi il vostro?”.
Ciò che veramente è nostro è ciò per cui noi siamo stati creati: la
conoscenza di Dio.
Ma chi si fiderà a dare a noi la conoscenza di Dio se noi non siamo fedeli
nel poco?A molta maggior ragione noi non saremo fedeli avendo a disposizione
Dio.
Questo linguaggio di Gesù che ha scandalizzato e che ci scandalizza, in cui
parla in termini umani, si richiede una fedeltà nel poco.
Non si richiede una grande fatica, basta tenere presente, come è evidente,
che le cose non sono nostre ma sono di Dio.
Quindi basta avere fede in Dio e rispettare in tutto le cose perché ci
troviamo nel regno di Dio e non ci troviamo in casa nostra.
Basta questo per renderci capaci di accogliere e di intendere il linguaggio
di Dio e di non essere scandalizzati.
Ma se noi siamo scandalizzati in questo “poco”, noi saremo certamente
incapaci di sopportare il linguaggio del cielo di Dio, che richiede tanta
fedeltà.
Perché richiede una fedeltà eterna.
E se vedeste il
Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? Gv 6 Vs 62 Secondo tema.
Titolo: La fedeltà nel
poco.
Argomenti: Il sigillo di Dio –
L’amministratore – Il linguaggio terreno e celeste di Cristo – Lo scandalo – Ogni
giorno è una parabola – La presenza di Dio è vita – La Parola alimenta – Assimilare
– Vita e cibo – L’attenzione a Dio – Conoscere Dio è vivere -
13/ Luglio /1981
E se vedeste il
Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? Gv 6 Vs 62 Terzo tema.
Titolo: La fedeltà nel
molto.
Argomenti: I due linguaggio di
Cristo – Lo scandalo – La fedeltà – La capacità d’essere fedeli – Il ritorno
del Verbo di Dio nel Padre – Debolezza di pensiero e di attenzione – Fede e
giustizia – L’anima dell’antico testamento -
19/ Luglio /1981
Abbiamo visto domenica scorsa, come questa dichiarazione ci annunci due
linguaggi del Signore, per condurre la nostra anima alla salvezza, alla vita
eterna.
Vi è un linguaggio delle cose della terra e vi è un linguaggio delle cose
del cielo.
Linguaggio delle cose del cielo che è stato adombrato da quest’affermazione
di Gesù: “Se vedeste il figlio dell’uomo risalire dove era prima”.
Questo ci fa pensare che Cristo che è con noi, la Luce che è con noi, viene
un tempo in cui non è più con noi.
“Ancora per poco la Luce è con voi, affrettatevi a camminare nelle Luce affinché le tenebre non
vi sorprendano”.
Viene un giorno nella nostra vita, prima che giunga la nostra morte, in cui
il figlio dell’uomo che era con noi, risale al Padre.
E se noi non siamo capaci di andare con Lui, dove Lui va, restiamo
scandalizzati da quello a cui dobbiamo assistere.
La capacità di non essere scandalizzati, presuppone in noi una fedeltà, che
abbiamo visto ha due volti: in rapporto al parlare di Gesù sulla terra e al
parlare di Gesù nel cielo di Dio.
E questi due volti sono la fedeltà nel poco e la fedeltà nel molto.
Non soltanto ma Lui annuncia che se noi non siamo capaci o stati capaci ad
essere fedeli nel poco, sarà impossibile a noi essere fedeli nel molto.
Il tema di oggi dovrebbe essere questo: quali sono le condizioni perché la
nostra anima sia capace ad essere fedele nel molto.
La premessa è essere capaci ad essere fedeli nel poco.
Quindi partiamo da questa fedeltà nel poco e cerchiamo di capire cosa è che
rende la nostra anima capace di essere fedele nel poco.
In che cosa consiste questa fedeltà nel poco e in che cosa conclude?
Per portarci poi alla fedeltà nel molto.
Che cosa è che rende noi capaci di essere fedeli nel molto.
Ricordiamoci che senza i doni di Dio, noi siamo tutta infedeltà, per cui la
fedeltà inizia sempre da un dono di Dio.
Un dono che non deve essere trascurato, altrimenti noi esperimentiamo
l’infedeltà.
A.: La fedeltà nel molto la possiamo
identificare nella conoscenza di Dio?
Luigi: Sì, la fedeltà nel molto si conclude con la conoscenza di Dio, cioè
la vita eterna.
A questo risalire di Gesù dove era prima, che è un ritornare nel seno del
Padre.
Lui viene dal Padre e fa ritorno al Padre.
Però anche questo venire tra noi e questo ritornare al Padre, ha bisogno di
essere inteso spiritualmente, visto nella nostra anima, in cosa consiste questo
suo venire e questo suo tornare al Padre.
Quand’è che il Figlio di Dio è con noi e quand’è che il Figlio di Dio non è
con noi.
“Affrettatevi, perché per poco la luce è con voi”.
Fintanto che la Luce è con noi, si richiede una certa fedeltà, che Gesù
precisa è fedeltà nel poco.
Questa fedeltà nel poco, è una premessa per formare in noi la capacità di
essere fedeli nel molto.
Questo ci fa pensare che Dio dà a noi la capacità di essere fedeli nel
poco, anche senza di noi, ma non ci dà la capacità di essere fedeli nel molto
senza di noi.
B.: Ma la fedeltà è una scelta.
Luigi: Sì ma io parlo della capacità della fedeltà.
La capacità di essere fedeli, noi l’abbiamo senza di noi.
La capacità, non la fedeltà.
La possibilità richiede una capacità.
Mentre invece la capacità di essere fedeli nel molto non l’abbiamo senza di
noi.
Per cui non possiamo arrivare ad essere fedeli nel molto, se non siamo
fedeli nel poco.
La capacità di essere fedeli nel poco, arriva a noi senza di noi, l’altra
non arriva a noi senza di noi.
La capacità ad essere fedeli nel molto è una sintesi del dono di Dio e
della nostra fedeltà nel poco.
Anche nel nostro male e nella nostra colpa, Dio dà sempre a noi la capacità
di essere fedeli nel poco.
Tu puoi avere la capacità di fare 100 metri in 10 secondi e questa è una capacità
della tua natura, che Dio ti ha dato, il premio, la fedeltà nel molto sarà una
conseguenza del fatto che tu abbia applicato questa capacità.
Ora, la capacità tu l’hai avuta come dono di natura, l’applicazione di
questa capacità ti fa ottenere qualche cosa.
La capacità di essere fedeli nel poco è data a noi senza di noi, dono
gratuito di Dio, in qualunque situazione noi ci troviamo, se noi siamo fedeli
in questo “poco”, allora otteniamo un certo premio che è sintesi del dono di
Dio e della nostra risposta.
Qual è questo dono?
È una capacità ulteriore: essere fedeli nel molto.
Bisogna capire in cosa consiste questa fedeltà nel poco e in che cosa
conclude.
Cioè da cosa inizia la capacità ad essere fedeli nel molto e a che cosa
conclude.
Naturalmente se noi non saremo fedeli nel poco, non potremo essere fedeli
nel molto, per cui resteremo scandalizzati dal ritorno del Verbo di Dio nel
seno del Padre.
E non potremo sostenere questo ritorno.
Se non ci siamo allenati in pianura, non potremo fare l’ascensione in
montagna.
Arriva il momento in cui c’è l’ascensione da fare in montagna, se non ci
siamo allenati in pianura, l’ascensione in montagna ci risulta impossibile.
Allora la capacità di allenarci in pianura ci è data, l’ascensione in
montagna sarà una sintesi della nostra applicazione in pianura.
Dio ci dà la capacità di essere fedeli in questo poco, saranno 5 secondi o
5 minuti al giorno, bisogna quindi individuare bene cosa consiste questa
fedeltà nel poco.
La fedeltà nel poco è la fedeltà dell’amministratore.
Noi siamo tutti amministratori di cose che non sono nostre.
Essere fedeli in quest’amministrazione secondo il pensiero del Padrone, è
la fedeltà nel poco.
Questa capacità, è dono di Dio a noi senza di noi.
Se rispondiamo bene, allora passiamo alla fedeltà nel molto.
Questa ulteriore capacità di fede nel molto, non ci viene data senza di
noi, per cui noi possiamo venirci a trovare di fronte ad una parete impossibile
per noi da scalare.
Dobbiamo cercare di capire bene i legami che uniscono la fedeltà nel poco e
la fedeltà nel molto.
A.: Posso identificare il “molto” con il
parlare del Cristo non più in parabole?
Luigi: Certo.
Essere fedeli vuole dire seguire.
Non possiamo seguire il Verbo di Dio, oltre un certo livello, se non siamo
diventati capaci di essere fedeli nel molto.
Non possiamo seguirlo.
Noi esperimentiamo la nostra debolezza di pensiero, di attenzione.
Per cui uno studente, un allievo è capace di fare attenzione a una lezione
per un quarto d’ora ma non di più.
Un altro è capace di fare attenzione per mezz’ora, un altro per un ora.
C’è questa differente capacità di attenzione.
Perché poi quello che Dio chiede a noi è la nostra attenzione a Lui.
Per cui quando il parlare di Dio raggiunge certi livelli, se in noi non si
è formata questa capacità, non riusciamo più a seguirlo.
E allora naturalmente ricadiamo nelle schiavitù di prima.
E se vedeste il
Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? Gv 6 Vs 62 Quarto tema.
Titolo: Totale
disponibilità.
Argomenti: Dare a Dio ciò che è
di Dio – Tutto ci è dato in amministrazione – La fedeltà al Proprietario – La fede
e l’adesione a Dio – La fede è dono di Dio – Tutto dipende dalla conoscenza di
Dio – Volontà e valore -
20/ Luglio /1981