Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Primo tema.
Titolo:
Accessibilità.
Argomenti: L’assimilazione è continua
– Capire Cristo nel seno del Padre – La Parola di Dio che opera in noi –
Cercare le cose invisibili – Mandato da Dio – Vicinanza e lontananza spirituale
– Il parlare spirituale di Gesù – Il Regno di Dio è vicino – La vicinanza di
Dio – La componente soggettiva del capire – Fare penitenza – Molteplicità di
amori – Da molti re a un Re – L’amore unico – Pensiero puro -
10/ Maggio /1981
Con queste sue parole, Gesù termina il suo
discorso sul pane di vita.
Questo cibo con il quale dobbiamo alimentare
la nostra vita, per crescere fino alla dimensione della vita eterna e della
conoscenza di Dio.
Il versetto precedente è stata la vetta del
suo discorso, qui non fa altro che confermare e riprende il discorso
dall’inizio in cui si era posta la questione del pane, qui si è giunti alla
presentazione del pane e dopo averlo presentato lo conferma: “È questo”.
Come a dire che questo è il pane di cui voi
vi dovete nutrire.
E questo pane è quel “Me”, è il suo “Io”,
ma è il suo “Io mandato dal Padre”: “Come il Padre, il Vivente ha mandato Me”.
Conferma che ciò di cui noi dobbiamo
preoccuparci di mangiare, di assimilare, di capire, è proprio questo “Me”
mandato dal Padre.
Per cui l’assimilazione del Cristo non si
ferma alla vetta ma va oltre, va nel seno del Padre.
È un assimilazione che continua e deve
arrivare alla sua nascita dal Padre. È questo quello che Lui ci ha voluto
presentare e confermare.
Perché noi possiamo anche credere di
mangiare, di nutrirci, di assimilare, di capire Cristo in un rapporto di
morale, di regole, in un rapporto terreno, orizzontale.
Attraverso questo discorso Gesù ci ha
portati fin su questa vetta e poi da questa vetta ci ha lanciati oltre,
dicendoci che l’assimilazione non si ferma nemmeno sulla vetta, nemmeno
nell’intelligenza di ciò che è Lui, l’assimilazione deve continuare alla destra
del Padre.
Per questo Lui ci porta, c’impegna, ci
lancia nel seno del Padre, ci sprofonda in questo mistero e c’impegna in questo
mistero.
Se a questo punto, noi c’impegnamo per
capire qualcosa di Lui nel seno del Padre, non siamo più noi che agiamo, non
siamo più noi che pensiamo, non siamo più noi che c’impegniamo ma è la Parola
di Dio che opera in noi.
Non siamo più noi a vivere a questo punto.
Se c’impegnamo ad assimilare quello che Lui
ci ha proposto, è la sua Parola in noi che opera, qui avviene la
trasformazione; “Non sono più io che vivo ma è Lui che vive in me”.
Perché c’impegniamo in una cosa che ancora
non capiamo, non vediamo.
C’impegnamo in un cielo che ci sovrasta, che
è sopprannaturale a tutto quello che vediamo, ed è qui la morte a tutto quello
che vediamo, ed è qui la nostra resurrezione.
“Per cui se voi siete risorti con Cristo,
non guardate più alle cose visibili ma cercate le cose invisibili”.
Qui è soltanto da Dio che viene a noi la
Luce, il capire, l’intelligenza.
Questo lo facciamo soltanto sulla parola
del Figlio che arrivando a noi c’impegna in questo campo.
Notiamo che Lui dice: “È questo” proprio
per differenziarlo e lo dice su questa vetta in cui ci ha presentato Se stesso
come “mandato dal Padre”.
E quindi c’invita in questo “come”.
Prima di tutto lo differenzia da ogni altro
pane, si tratta di nutrirci di Lui in una forma diversa.
Inoltre dicendo “questo”, dice a noi una
cosa che è vicina a noi, vicino a chi parla e vicino a chi ascolta.
Fa capire che a questo punto, su questa
vetta ciò che Lui ci propone, non è lontano da noi.
Prima era molto lontano da noi, ma seguendo
le sue parole Lui ci ha condotti a questa vicinanza.
“Questo” non è un fatto di spazio e di
tempo, è un “questo” riguardante lo spirito.
E il “questo” riguardante lo spirito, si
riferisce alla accessibilità.
Una cosa è vicina a noi in quanto è
accessibile.
Gesù non ci propone un cielo, una
conoscenza del Padre inaccessibile, ci propone una cosa che è vicina a noi.
Vicino vuole dire accessibile, vuole dire
comprensibile.
Vuole dire che lo possiamo capire.
Quindi mentre ci propone una cosa che
ancora non vediamo, conferma che questa cosa qui è vicina a noi.
Una cosa spiritualmente vicina, non è
determinata solo dall’oggetto che ci viene presentato, perché l’oggetto che ci
viene presentato può essere vicino a noi ma noi possiamo essere molto lontani
da esso.
Spiritualmente parlando non si applica la
reciprocità in vicinanza e lontananza, ciò che è vicino materialmente, può
essere molto lontano spiritualmente.
Gesù qui parla sempre spiritualmente,
perché parla sempre nel seno del Padre.
È il Figlio di Dio e allora le sue parole
dobbiamo sempre intenderle spiritualmente.
La vicinanza spirituale richiede non solo
la vicinanza dell’oggetto ma richiede anche una componente soggettiva, la
componente di chi ascolta.
Ascoltando Lui, il nostro animo giunge
vicino a ciò che Lui porta a noi vicino.
È il Regno di Dio che si fa vicino,
accessibile.
Dobbiamo approfondire i termini di “vicino”
e “lontano”.
La vicinanza, spiritualmente parlando non è
reciproca e presuppone sempre una dimensione nel soggetto a cui quella cosa si
avvicina.
Dio daltronde è vicino a tutti, eppure per
noi è lontano, incomprensibile, inaccessibile.
Eppure Lui è vicino e noi non lo possiamo
smentire.
Noi spiritualmente parlando possiamo essere
lontani, vicini, dentro.
La Verità di Dio a un certo momento può
essere per noi gloria, visione, certezza.
Per noi la Verità di Dio può essere una
verità facile, difficile o incomprensibile.
Noi possiamo venirci a trovare in queste
situazioni.
Essere vicino vuole dire vedere possibile
la cosa.
Quando un argomento lo vediamo accessibile,
siamo vicini.
Gesù ad uno scriba a un certo momento dice:
“Non sei lontano dal Regno di Dio”.
Possiamo essere dentro al regno di Dio ma
possiamo anche vederlo impossibile, possiamo essere esclusi dal Regno di Dio,
fuori dal Regno di Dio.
E questo è tutto determinato da qualcosa che
è dentro di noi.
Quello che ci fa capaci di capire, di
assimilare è quello che portiamo dentro di noi.
Quindi a seconda di quello che abbiamo
personalmente mangiato, questo rende noi capaci di assimilare e se ci rende
capaci di assimilare ci rende vicini alla cosa.
Non basta che la cosa venga vicina a noi, è
nella misura in cui noi abbiamo anticipato la conoscenza di quella cosa che noi
possiamo essere vicini ad essa.
Nella misura in cui noi abbiamo mangiato
prima, noi diventiamo capaci di assimilare, capire, altrimenti Dio che viene a
noi vicino ci mette fuori, nelle tenebre esteriori, se noi non abbiamo
preceduto la sua venuta.
Ecco per cui l’annuncio: il Regno di Dio si
fa vicino, fate penitenza, vegliate.
L’annuncio dell’avvicinarsi del Regno di
Dio, impegna a questa penitenza, impegna a precederlo, impegna a questa veglia,
per non essere sorpresi dal suo avvicinarsi.
Il Regno di Dio non viene nel tempo, è già
presente.
La nostra lontananza, la nostra incapacità
di capire è detrminata dalla molteplicità di interessi che portiamo in noi,
l’avvicinarsi è una riduzione d’interessi.
C’è una riduzione d’interessi indipendente
da noi, Dio elimina tutti gli altri nostri interessi ma non è detto che con
questo si renda comprensibile, però si avvicina.
Dio elimina le distanze eliminando la
nostra molteplicità di amori.
Noi in un primo tempo ci troviamo in un
Regno di Dio relativo, cioè non si vede il Regno di Dio in modo evidente,
glorioso, si vede il regno del denaro, del potere, della violenza, delle parole
degli uomini ma non si vede il Regno di Dio.
Ma mano a mano che la nostra vita passa,
questo Regno di Dio si afferma su di noi, cioè riduce, elimina tutti gli altri
regni.
Quindi noi passiamo da un Regno di Dio
relativo che richiede da parte nostra fatica, un anticipo perché non si vede, a
un regno di Dio escatologico, cioè un Regno di Dio che s’impone, che si vede,
perché resta Lui solo a regnare.
Mentre all’inizio abbiamo tanti che
regnano, mano a mano che la nostra vita passa, Lui solo diventa il regnante.
Con ciò, Lui si avvicina a noi, non è detto
che noi ci avviciniamo a Lui.
Perché noi possiamo portare la memoria di
quello che Lui ci sta eliminando, possiamo quindi ripiegarci su di noi e questo
ci rende impossibile capire.
Per poterci avvicinare a Colui che si
avvicina, è necessario che noi riduciamo, semplifichiamo in noi i nostri amori
e i nostri interessi, fino ad avere un interesse unico, un pensiero unico.
E questo pensiero unico, semplice, puro in
noi che rende noi vicini a Colui che si fa vicino e quindi dà a noi la
possibilità di accedere, di capire.
Perché il capire non ci viene dal di fuori,
il di fuori ci sollecita e Dio attraverso tutte le opere attorno a noi ci
sollecita fino ad essere Lui solo, pero questa azione unilaterale non ci fa
capire.
Dio che si avvicina a noi, può buttarci
nell’inferno, può buttarci nelle tenebre, si richiede da parte nostra
quest’opera di riduzione di molteplicità di amori e interessi, poiché è la
molteplicità che ci fa lontani da Dio e ci rende quindi impossibile o difficile
il capire.
Quanto più noi semplifichiamo il nostro
animo, quanto più riduciamo i nostri pensieri an un unico Pensiero, tanto più
noi siamo fatti vicini alla Parola di Dio che si avvicina a noi e quindi siamo
resi capaci di assimilarla, di entrare in essa, di capirla.
Soprattutto siamo resi capaci di seguire
questa Parola, là dove essa ci sospinge, cioè nel seno del Padre, tutto questo
presuppone la presenza del Padre in noi.
È con l’interno che si capisce l’esterno.
Ora questa presenza di Dio in noi, deve
diventare l’unico pensiero presente in noi, deve diventare l’unico nostro
interesse.
Seguendo la Parola di Dio, arriviamo a
questa vicinanza.
Cristo ci conduce a questa vicinanza,
parlando con noi ha semplificato i nostri pensieri, fino a farci diventare puro
pensiero del Padre.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e
morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Secondo tema.
Titolo: Il Pensiero
unico.
Argomenti: Vita naturale e
spirituale – L’Io del Cristo mandato dal Padre –Il posto di blocco dell’io –
Riferire a Dio – La carne di Cristo: Punto di contatto con l’uomo – Il
Principio – L’opera di Cristo – Come il Padre manda – Molteplicità o unità di
pensiero – Assimilare -
11/ Maggio /1981
Questo è il
pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri
vostri e morirono. Chi
mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Terzo tema.
Titolo: Individuare
il Pane.
Argomenti: L’interesse per la
vita eterna – Il giovane ricco – Intendere il mistero della persona di Cristo
nel Padre - La vita eterna è conoscere
Dio – La proposta di Dio: salvezza o colpa – La vita dello Spirito – Il pane
che libera dalla morte – L’individuazione del pane – Restare fermi nell’ascolto
– Vedere la presenza di Dio in tutto – L’interno illumina l’esterno – Interesse
e vita – Assimilare l’Io di Cristo che nasce dal Padre -
17/ Maggio /1981
Qui notiamo tre temi che sono da
approfondire: “Chi mangia” cioè il mangiare,
“questo” cioè l’individuazione del pane che fa pensare alla possibilità
di confusione con altri pani e poi “vivrà in eterno” la vita eterna.
Tutto questo presuppone un certo interesse
per quel “vivrà in eterno”.
Evidentemente chi non ha interesse per la vita
eterna non si preoccupa d’individuare il pane che gli serve d’alimento e non si
può preoccupare nemmeno di mangiarlo.
Se c’è questo interesse per la vita eterna,
sorge il problema dell’individuazione del pane e in conseguenza la
preoccupazione di assimilarlo, di mangiarlo che spiritualmente parlando vuole
dire capire.
Se noi lo ascoltiamo, Cristo parlando ci
conduce ad individuare in modo sempre più preciso un certo alimento in cui
dobbiamo concentrare il nostro pensiero.
Perché soltanto assimilandolo, noi possiamo
essere fatti partecipi della Verità di Dio e quindi della vita eterna che è la
meta per la quale siamo stati creati.
Per cui tu uomo, non disprezzare mai il tuo
destino, non disprezzare la tua anima.
Tu uomo sei stato creato per conoscere Dio.
In “Chi mangia questo pane vivrà in
eterno”, noi troviamo la precisa risposta a quell’interrogazione di quel
giovane ricco: “Maestro che cosa debbo fare per avere la vita eterna?”.
Aveva osservato i comandamenti però non era
arrivato alla vita eterna: “Va vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e
segui Me”.
E il giovane aveva declinato la proposta di
Cristo.
Qui ci fa capire che quel “seguire Me”,
significa “mangiare questo pane”.
“Questo pane” che Lui ha già
precedentemente dichiarato d’essere Lui stesso come il “mandato dal Padre”.
Il vivente è il Padre.
Per cui “mangiare quel pane” vuole dire
intendere il mistero della persona di Cristo nel Padre.
Ecco che attraverso tutto il suo parlare,
Lui ci conduce ad una meta ben precisa, ad individuare un pane ben preciso.
Questa risposta presuppone senz’altro
l’interesse per la vita eterna e in quel giovane ricco c’era l’interesse per la
vita eterna.
La vita eterna, lo troveremo poi in seguito
nel Vangelo è conoscere Dio.
Noi siamo stati creati per conoscere Dio.
Abbiamo questa proposta da parte di Dio, Dio
propone a noi di conoscerlo, sapendo che Lui c’è.
Noi non sappiamo chi Lui sia, però non
possiamo smentire che Egli sia.
Perché Lui stesso per primo s’annuncia e in
quanto s’annuncia a noi, noi non possiamo smentirlo.
Possiamo interessaci a Lui o non
interessarci a Lui.
Se non c’interessiamo a Lui, riveliamo di
avere altri amori e allora lì nasce una certa responsabilità, una certa colpa: “Perché
tu preferisci altro a Me?”.
Nessuno di fronte ad una proposta può
restare indifferente.
O aderisce alla proposta o deve rivelare
che gli interessa altro, ma se rivela che gli interessa altro, nasce la responsabilità.
È la Parola di Dio che, arrivando a noi
come proposta rende noi responsabili, se Dio non parlasse, noi non saremmo in
colpa.
Quindi la salvezza e la colpa nell’uomo,
nascono nell’uomo di fronte alla Parola di Dio.
La Parola di Dio c’interroga pronendoci un
interesse per qualcosa.
Di fronte a chi ci fa una proposta, noi non
possiamo non rispondere.
E non potendo non rispondere, non possiamo
non assumerci la responsabilità di questa risposta.
Ecco come si diventa persona.
Chi ci fa essere persona è la Parola di Dio
che c’interroga, proponendoci qualcosa.
Sia che noi aderiamo, sia che noi non
aderiamo, noi ci assumiamo una certa responsabilità di fronte a questa Parola
ma l’iniziativa è di Dio.
La Parola di Dio venendo a noi che cosa ci
propone? Di cosa ci parla?
Ci parla di Dio.
Dio non fa altro che parlarci di Sé.
Ogni creatura parlando, non fa altro che manifestare
il proprio pensiero.
Anche Dio parlando, manifesta il proprio Pensiero,
quindi ci parla di Sé.
Naturalmente tutte le creature parlano di
sè, però a noi spetta la responsabilità tra lo scegliere le parole degli uomini
o lo scegliere le Parole di Dio.
Se scegliamo le Parole di Dio, c’interessiamo
più di Dio che degli uomini.
L’interesse per la vita eterna, per
conoscere Dio, è già una conseguenza dell’adesione alla proposta di Dio.
Se in noi c’è stata questa adesione,
incomincia in noi la nascita della vita dello Spirito.
In caso diverso, non ci può essere in noi
vita dello Spirito.
La vita dello Spirito, non può esserci in
noi senza di noi.
La vita biologica, naturale è in noi anche
senza di noi: tutti noi viviamo e non sappiamo perché ci troviamo qui, Qualcuno
ci ha fatti nascere, Qualcuno ci dà l’esistenza, Qualcuno ci fa vivere, ma la
vita interiore, la vita spirituale, nessuno di noi può averla senza di noi,
cioè se noi stessi non aderiamo.
Per cui la vita interiore è una sintesi, è
una conseguenza di un offerta da parte di Dio e di un offerta da parte nostra.
Ci sono questi due fattori che vanno tenuti
presenti.
Soltanto dalla nostra risposta positiva,
nasce in noi la vita dello Spirito, cioè lo Spirito comincia a diventare per
noi interessante.
E avendo in noi questa vita, noi cominciamo
a diventare capaci di nutrirci del Pane.
In caso diverso, noi non siamo capaci a
nutrirci di questo pane.
Prima di tutto non siamo neppure in grado
di individuarlo.
L’anima di tutto è l’interesse per la vita
eterna, se c’è l’interesse per la vita eterna, noi abbiamo la possibilità di
individuare il pane.
Il che vuole dire che noi possiamo nutrirci
tutta la vita di un pane che non ci porta nella vita, che non ci libera dalla
morte.
Infatti Gesù prima ha detto: “non come
quello mangiato dai vostri padri che morirono”.
Il che vuole dire che c’è un pane che non
libera dalla morte e c’è un pane che invece libera dalla morte, ma questo è la
Parola di Dio che lo dice a noi.
L’individuazione del pane che ci libera
dalla morte ci libera dal pensiero del nostro io, poiché è il pensiero del
nostro io che si disperde in molteplicità di cose, le cose invadono noi e nella
molteplicità di questi interessi, noi siamo resi impotenti, incapaci di pensare
Dio.
L’intelligenza delle cose di Dio è data
dalla semplicità, cioè dall’amore unico, dalla purezza d’interesse per Dio.
Quando invece c’è molteplicità di interessi
(provocata dall’io), questa indebolisce le nostre facoltà intelletuali.
E questo indebolimento, impedisce a noi di
essere intelligenti, di potere cioè partecipare di quella sapienza che viene a
noi da Dio.
E allora anche se la sapienza arriva a noi,
noi non possiamo assimilarla, perché l’ascoltiamo un attimo ma poi siamo
distratti, dispersi: è il pensiero del nostro io.
Il pensiero che nasce dal nostro io, c’impedisce
di restare in quell’argomento di cui Dio ci sta parlando per condurci alla
conoscenza di Sé.
Perché soltanto Dio è il rivelatore di Sé,
noi da soli non possiamo conoscere Dio.
Però Dio parlando a noi, riversa Sé in noi,
nella misura in cui noi ci fermiamo ad ascoltarlo.
Ecco l’importanza della fedeltà, dello
stare fermi nell’ascolto, perché è attraverso l’ascolto di Dio che la nostra
anima è resa capace d’intendere le cose di Dio e intendendo le cose di Dio, è
portata a conoscere che cosa Dio è in Sé.
E la conoscenza di ciò che Dio è in Sé,
rende noi capaci di vedere la presenza di Dio in tutte le cose.
Nessuno di noi può sognarsi di vedere la
presenza di Dio nelle creature, nei fatti, nelle cose, se prima non ha scoperto
Dio in Sé.
Cioè è quello che portiamo dentro di noi,
che rende noi capaci d’intendere le cose fuori di noi.
Non basta avere gli occhi, non basta avere
gli orecchi, ci vuole la mente, ci vuole il cuore, noi vediamo con quello che
portiamo dentro di noi.
È con quello che abbiamo interiormente in
noi amato, capito.
Soltanto se noi prima abbiamo capito
qualcosa di Dio e quindi portiamo dentro di noi una certa conoscenza di Dio,
noi diventiamo capaci di leggere, d’intendere, di vedere la presenza di Dio
negli avvenimenti.
Allora non dobbiamo sforzarci di conoscere
Dio nelle cose, dobbiamo prima sforzarci di conoscere che cosa è Dio in Sé.
Ed è solo Dio che ci rivela ciò che Egli è
in Sé, è proprio questo pane che mangiato, rende noi capaci di comunione con
Dio.
C’è una precedenza della dimensione
interiore su quella che è la dimensione esterna.
È ciò che portiamo in noi che rende noi
capaci di capire quello che avviene attorno a noi.
Ognuno legge con ciò che ha nel suo cuore.
Allora prima di tutto è necessario che in
noi si formi l’interesse per conoscere Dio, perché l’interesse per conoscere
Dio è vita in noi, un essere che non è vivo non può assimilare, quindi dobbiamo
osservare se in noi c’è la vita o non c’è la vita.
Se in noi c’è la Vita, c’è interesse per
conoscere Dio, se in noi c’è vita noi siamo in grado di nutrirci, di crescere,
si tratta però d’individuare qual’è il pane con cui dobbiamo alimentare questa
vita.
Essendo questa vita interiore desiderio di
conoscere Dio, il pane è ciò che fa crescere in noi il desiderio di conoscere
Dio.
Allora sapendo che il pane è quello che fa
crescere in noi il desiderio di conoscere Dio, abbiamo la possibilità di
individuarlo e quindi d’evitare di nutrirci di alimenti che non servono per
questo nostro scopo.
Individuato il pane, resta il problema del
mangiare dell’assimilare il pane, di capirlo.
Tutto il parlare del Cristo ci conduce a
questa meta ben precisa, partendo dalla terra dalle parabole, se noi restiamo
nell’ascolto, Cristo ci conduce a scoprire una vita superiore, un pane
superiore ed a insegnarci come si fa a mangiare questo pane.
Fino a convincerci che questo pane che noi
dobbiamo preoccuparci di mangiare è Lui stesso, il suo Io, la sua Persona, ma
la sua Persona che nasce dal Padre.
Per cui impegna tutto il nostro pensiero in
questo preciso argomento: il mistero della Persona del Cristo nel Padre suo.
Questo è il
pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i
padri vostri e morirono. Chi
mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Quarto tema.
Titolo: Le macerie
dell’anima.
Argomenti: Desiserare,
individuare, assimilare – La dimensione interiore del capire – Anticipare –
Riduzione d’interessi – Distratti dai nostri pensieri – La schiavitù del
pensiero – La vita e la morte – Scegliere il male credendolo bene – La vita è
Dio – La volontà – Scoprire il Tu di Dio – Vivere partecipando al Vivente –
Vita biologica e spirituale -
19/ Maggio /1981
Questo è il
pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i
padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Quinto tema.
Titolo: Quello che
deve avvenire in noi.
Argomenti: Importanza,
individuazione, assimilazione – La vita eterna e il suo pane – Principio d’assimilazione
è la vita – Il pane è il mezzo per la vita – Il giovane ricco – Dio oggettivo e
Dio soggettivo – La partecipazione personale – L’impossibilità di assimilare –
Unificazione in un solo desiderio – Capire è assimilare – Si pensa Dio con il
Pensiero di Dio -
24/ Maggio /1981
Vigna
Qui abbiamo una promessa che è una
proposta: “Vivrà in eterno”.
Qui Gesù ci promette la vita eterna, però
questa promessa è condizionata da “Chi mangia questo pane”.
Intanto abbiamo qui una presentazione di un
pane “Questo”, individuazione di un certo pane, per evitare la confusione con
altri pani.
Evidentemente se Gesù ci dice questo è
perché ci troviamo nel rischio di alimentarci con altri pani e gli altri pani,
non ci danno la vita eterna.
Prima di tutto dobbiamo scoprire l’importanza
di quello che Gesù promette, cioè la vita eterna, poi dobbiamo individuare qual
è il pane che dà a noi questa vita eterna e per ultimo che ci preoccupiamo di
mangiare questo pane.
Perché non basta vedere, guardare, trovare il
pane, bisogna preoccuparsi di mangiarlo.
Noi possiamo commette l’errore di non
stimare la vita eterna, come Esaù che preferì un piatto di lenticchie all’eredità
della primogenitura.
Ognuno di noi è un primogenito rispetto al
nostro destino eterno, perché siamo chiamati a diventare una cosa sola con il
Cristo.
Secondo errore: possiamo confondere il
pane.
Terzo: possiamo anche avere identificato il
pane e non preoccuparci di assimilarlo.
Il tema di oggi potremmo chiamarlo: la vita
eterna e il suo pane, sviluppandolo verso: che cosa deve avvenire in noi perché
noi si possa dire: la vita eterna è
(verbo) il mio pane.
Solo quando possiamo dire: la vita eterna è
il mio pane, noi abbiamo cominciato a vivere veramente spiritualmente con Dio.
È a questo punto che noi possiamo dire di
avere inteso quello che dice Gesù: “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
Evidentemente noi dobbiamo cercare di
capire in cosa consista questa vita eterna, che cosa Gesù ci dice riguardo a
questa vita eterna.
Perché non si può scoprire il pane, se non
si ha chiaro davanti a noi qual è la vita.
Cioè se non si ha la vita in noi non si può
mangiare il pane.
Il principio dell’assimilazione è la vita.
La vita vera, la vita dello spirito, non è
in noi senza di noi.
Per cui è necessario che noi prendiamo
coscienza, perché le cose di Dio richiedono consapevolezza.
Dio le annuncia, arrivano a noi per sentito
dire, ma non entrano in noi senza di noi, bisogna che noi ne prendiamo
consapevolezza.
Quindi prima di tutto quella vita eterna
che deve diventare il nostro fine, dev’essere anche il nostro principio.
Che cosa è la vita eterna?
È una cosa accessibile, possibile?
È vicina a noi?
Possiamo approdare ad essa?
Naturalmente noi dobbiamo sempre
appoggiarci sulla parola di Cristo.
Trovare una lezione, un appiglio in Cristo
che dica a noi cosa è la vita eterna, se questa è possibile già adesso a noi,
se dobbiamo preoccuparci, se dobbiamo sforzarci di entrare in essa oppure se
dobbiamo aspettarcela.
Quando in noi si è formata la
consapevolezza dell’importanza che ha per noi la vita eterna già oggi, da
questa consapevolezza deriva a noi la possibilità dell’individuazione del vero
pane e poi la possibilità anche d’assimilarlo.
Perché solo assimilando quel pane di vita
eterna, noi cresciamo al punto da potere entrare nella vita eterna.
Questo è il
pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i
padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Gv 6 Vs 58 Sesto tema.
Titolo: La Vita
eterna e il suo Pane.
Argomenti: Il giovane ricco – L’antico
testamento – La vita è avere un fine – L’importanza di conoscere Dio – L’opera in
negativo e in positivo di Dio – L’asino di Buridano – Le conoscenze umane – Dio
si trova solo conoscendolo – Il teorema di Godel – Le parole inutili – Sguardo e
parola – La vita è riduzione all’essenziale – La ribellione dell’io – Capire la
Parola -
25/ Maggio /1981