Tutto ciò che il
Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò. Gv 6 Vs 37 Primo tema.
Titolo: Alle origini dell’ateismo.
Argomenti: Se le Parole di Cristo non ci attraggono, dobbiamo rivedere i nostri rapporti
col Padre. Il principio della
sapienza sta nel Padre. La parola di Cristo mette
in crisi la nostra fede. Riconoscere la voce
di Dio. La Parola che scandalizza.
Rapporto interno ed esterno con Dio. Cristo parla sempre del Padre. L’interno
capisce l’esterno. Il Vangelo e le altre
religioni. Il giovane ricco. Cristo è il vertice dell’universo. Il desiderio di
conoscere è fede. L’amore è conoscenza.
27/Luglio/1980
SINTESI
Luigi: Eccoci al versetto 37.
Nelle domeniche precedenti abbiamo visto che
questo “venire a Lui” è da intendersi come “credere in Lui”. E poi abbiamo
visto che “credere in Lui” significa impegnarsi con le sue parole.
E dunque, poiché in precedenza Gesù ha
affermato: “ma voi non credete”, ciò significa: “ma voi non venite a Me”.
Ecco, adesso Gesù, per giustificare il motivo
per il quale essi non vengono a Lui, afferma: “ma tutto ciò che il Padre mi dà
verrà a Me.
Tutto Dio opera in un fine d’amore, e dunque
anche qui Lui dice questo per aiutarli (per aiutarci) a comprendere quale sia
la ragione a causa della quale essi non credono in Lui, non vengono a Lui.
Teniamo presente che il Figlio si distingue
da noi in quanto Egli riferisce ogni cosa al Padre; il difetto nostro, il
peccato nostro sta proprio qui, nel fatto che noi non riferiamo tutto a Dio:
magari accogliamo tutto da Dio (ed anche questo è già difficile), ma quasi mai
riferiamo tutto a Lui.
Ed è proprio questa la ragione per cui non
siamo figli Suoi, o siamo “poco” figli
Suoi.
Allora, qui Gesù non è che li accusi perché
non credono in Lui, ma vuole far loro capire che la ragione del loro “non
credere” si trova nel Padre.
Perché, dice: “poiché tutto ciò che il Padre
mi dà viene a Me, se voi non venite è segno che il Padre non vi ha dato a Me”.
E qui sorge allora un problema: ma come,
possibile che il Padre non dia al
Figlio? Eppure Gesù stesso dice che tutto ciò che è del Padre è anche del
Figlio, e questo è logico, perché il Figlio è Dio, dunque fa una cosa sola col
Padre.
Ma dunque come può il Padre non dare qualcosa
al Figlio?…
Il fatto è questo, che questo parlare qui di
Gesù non si riferisce a quanto avviene nei rapporti tra Padre e Figlio
nell’essenza Divina , ma è rivelazione di ciò che avviene tra il Padre ed il
Figlio in ognuno di noi.
Allora, anzitutto, qui Gesù li invita a
rivedere il loro rapporto con il Padre, a capire perché mai il Padre non ci
abbia dati a Lui, per quale motivo il Padre non ci dia la possibilità di capire
le Parole del Figlio.
D’altronde “le mie pecore ascoltano la Mia
voce”, cioè a dire che chi non l’ascolta non è Sua pecora.
Allora, diciamo che in questa affermazione ci
fa capire che se le Sue Parole non ci attraggono noi dobbiamo rivedere i nostri
rapporti col Padre; ci fa capire che
l’errore sta lì.
Ci fa capire, di conseguenza, che il
principio della luce, dell’intelligenza, della sapienza, sta nel Padre.
A questo proposito abbiamo San Giacomo che
dice: “se qualcuno ha bisogno di luce la domandi al Padre, il quale la concede abbondantemente,
senza nulla rimproverare”.
Dunque qui Cristo non dice che “se non venite
a Me la colpa è vostra”, ma che ciò è determinato dal fatto che “il Padre non
vi dà a Me”.
Dunque ci invita a rivedere il nostro rapporto
con Dio Padre, nell’intimo della nostra anima.
E infatti è proprio da questo rapporto
sbagliato col Padre che nasce l’incredulità, l’ottusità, l’ateismo.
Abbiamo qui la spiegazione della nascita
dell’ateismo; esso nasce da un difetto di rapporto tra la nostra anima e il
Padre.
Il fatto è che noi non possiamo annullare
Dio; la Sua Verità è trascendente, è superiore a noi.
Noi non possiamo cambiare la Verità: Essa
c’è. Ciò che noi possiamo fare è l’aderire, più o meno bene.
Ecco, a seconda dell’intensità della nostra
adesione (più salda, meno salda), nasce in noi la capacità di intendere o di
fraintendere le Parole e le opere di Dio.
Pinuccia:Con Cristo abbiamo la possibilità di capire
se crediamo veramente.
Luigi: Solo con Lui; infatti, tante volte, la Sua
Parola che ci arriva ci mette in crisi: appunto perché smaschera il nostro
credere di credere; dunque essa ci revisiona, ci fa rivedere: ci costringe a
farlo.
Dall’incontro con la Sua Parola, la nostra
fede o viene esaltata, confermata, o viene bruciata; se non riusciamo a credere
alle Sue Parole, è segno che la nostra era una fede fittizia; e si tratta
allora di rivedere il nostro rapporto col Padre.
E il nostro rapporto con il Padre deve
raggiungere lo stesso livello di purezza che passa nell’Essere della
Trinità tra il Figlio ed il Padre.
Ora, fintanto che non si arriva lì succederà
sempre che incontreremo delle Parole di Cristo che non riusciamo a sopportare,
che troviamo “troppo dure”: che ci scandalizzano.
Ecco, lo scandalo è segno che non è presente
la Purezza Totale.
Luigi: Senza le Parole di Cristo noi non possiamo
neppure accorgerci del rapporto difettoso che abbiamo col Padre.
La Parola del Figlio Incarnato è rivelatrice.
Senza questa Parola noi cadremmo
nell’illusione, saremmo come bambini di pochi anni che credono di sapere tutto.
La Parola del Cristo è Grazia, ci sollecita
al rapporto personale (vero) col Padre.
Ora, questo rapporto col Padre è un
crescendo, un processo che ha inizio il 1° giorno della creazione; il Signore
stabilisce il 1° rapporto con noi già dicendo: “sia fatta la luce”; creandoci,
Lui dice ad ognuno di noi questa Parola.
E la Luce è Lui stesso.
Quindi Dio stabilisce un legame tra Sé e noi “prima di noi”: prima che noi siamo
capaci di alcunchè.
D’altronde, se Egli non fosse l’iniziatore,
non succederebbe assolutamente niente, in noi: non cominceremmo neppure ad
esistere.
Tutto è opera Sua; ed in questo Suo operare
Egli ci precede sempre: noi dunque siamo sempre in situazione di difetto.
Lui ci sopravanza sempre, e la nostra
risposta tarda sempre a venire. Ed
allora, in questo crescendo Suo, Lui ci sollecita a stabilire, a ristabilire,
quel rapporto di purezza che Egli ha stabilito con noi; come dico, è il
rapporto che intercorre tra il Padre ed il Figlio nel Rapporto Trinitario.
Pinuccia: L’essenza di questo rapporto in cosa consiste?
Luigi: Proprio in ciò che afferma qui Gesù: “tutto
ciò che il Padre mi dà”; e cosa significa questo ‘dare’?
Nella Preghiera Sacerdotale Gesù dice: “tutto
quello che è tuo è mio”; ecco, tra Padre e Figlio c’è questo Rapporto puro.
È cioè un rapporto che è “tutto comunicato”.
Il Padre dona tutto al Figlio, e il Figlio
riconosce tutto al Padre.
Questa è l’essenza del loro rapporto, ma noi
dobbiamo scoprire l’essenza del rapporto tra il Padre e noi.
Ma non è
uguale?
Deve esserlo;
finché però non c’è corrispondenza, cioè finché non c’è purezza totale, noi ci
troviamo in questa situazione di difetto; siamo nella situazione in cui non andiamo
a Lui come dovremmo.
Pinuccia: Perché il Padre non ci manda?
Luigi: Non è che non ci mandi: è che noi non
riportiamo tutto a Lui, come invece fa il Figlio.
Il problema è nostro; siamo noi, in difetto.
Appunto perché, non riportando tutto al
Padre, c’è qualcosa in noi che risulta “non tutto ricevuto da-“.
Non è che qualcosa non venga a noi da Dio:
“di che cosa ti vanti, o uomo?”. Noi dunque riceviamo tutto, ma non riportiamo
tutto: ecco l’errore; ci fermiamo a metà strada.
Ci fermiamo ai nostri sentimenti, a quello
che dicono gli altri, e qui nasce il difetto: un difetto nel rapporto tra il
Padre e le sue creature.
Ed è questo il difetto che ci impedisce poi
di andare a Gesù, di capire le Sue parole. Ecco dunque: tutte le volte che noi
non capiamo, che ci troviamo in difficoltà, è segno che dobbiamo rivedere il
nostro rapporto col Padre, in noi.
Ecco: il rapporto puro trinitario, tra Padre
e Figlio, deve essere lo stesso che passa tra Dio e tutto quello che c’è in
noi.
Perché “noi”…di cosa siamo fatti? Noi siamo fatti di tanti pensieri, di tanti
giudizi, di tante impressioni: di tanto mondo.
Ma tutto quanto portiamo in noi deve
riflettere lo stesso rapporto che passa tra Padre e Figlio.
Pinuccia: Quindi il non capire le parole di Gesù è un
campanello d’allarme.
Luigi: Sì, è misericordia di Dio; ci segnala il
nostro rapporto sbagliato col Padre.
Luigi: Noi sappiamo che c’è Dio; ecco, di fronte a
Lui, ci troveremo con il suo rimprovero: “tu sapevi”.
Quindi la Verità si afferma su di noi, il
nostro errore sta nel non combaciare; è un difetto di unione, di adesione.
Ecco quindi: quando anche noi diciamo: “io
non credo, ho difficoltà”, ecc., è sempre solo un difetto di coerenza, di
adesione a ciò che sappiamo.
Si tratta dunque di entrare dentro noi stessi,
e rimettersi in attenzione a quanto già sappiamo.
Luigi: Qui Gesù cosa dice? “Tutto ciò che il Padre
mi dà verrà a Me”. A chi lo dice?
A delle anime che non vanno a Lui: ecco il
rimprovero. Allora qui li sta aiutando ad andare a Lui. Questa gente è in
situazione di impossibilità ad andare a Lui: “voi non credete”, dice loro Gesù;
e come mai? Perché c’è un difetto nel
loro rapporto col Padre.
E Gesù, qui, lo sta denunciando: per aiutarli
a correggere questo rapporto.
Perché Lui dice: “”tutto ciò…”, ecc; e quindi
sta dicendo: “voi non venite a Me perché il Padre non vi dà a Me”.
Ma se Gesù mi rivela questo, caspita! Io devo
correre al Padre, e chiedergli: “perché non mi dai al Tuo Figlio? Perché non mi
lasci capire quello che mi sta dicendo Gesù?”.
Ecco, devo essere illuminato su qualche
disarmonia che esiste tra me e il Padre.
E Gesù poi dopo lo dirà ben chiaro: “non
mormorate tra di voi, perché nessuno può venire a Me se non è attratto dal
Padre”.
E lì si vede bene come il rapporto tra noi e
il Figlio sia determinato dal rapporto che abbiamo col Padre”.
Evidentemente non abbiamo ascoltato bene il
Padre, perché se no: “chi ha ascoltato il Padre viene a Me”.
Pinuccia: Non che l’abbia visto, il Padre…
Luigi: Certo, perché il Figlio che mi conduce a vederlo;
Lui dice: “chi ha ascoltato”…perché il Padre inizia l’opera, e parla: parla ad
ognuno di noi.
Il problema si determina perché in noi
avviene un difetto di ascolto. Cioè,in noi si determina un difetto di risposta
alla Verità.
Perché se Gesù ci informa che “chi ha
ascoltato il Padre viene a ME”, è per invitarci ad un rapporto di ascolto col
Padre.
“Di ascolto”: si ascolta il Padre e il Padre
è Dio Creatore, Dio che fa, Dio che è Principio di tutto.
Il Padre opera, ed opera per mezzo del
Figlio. Ora, noi abbiamo un rapporto interiore, diretto, con Dio: ed è un
rapporto col Figlio; ma il Figlio non ci parla d’altro che del Padre.
Quindi c’è questo rapporto qui, all’interno.
E poi c’è il rapporto che abbiamo col Verbo
incarnato, e questo è un rapporto esterno.
Lì è il Figlio di Dio che parla fuori di noi
per recuperare il difetto intimo tra noi e il Padre.
Quindi ci sono due rapporti, uno interno ed
uno esterno.
Il rapporto interno è tra la nostra anima e
Dio: la nostra anima è in rapporto diretto col Signore, senza interposizione di
creature. Dio parla dentro ad ognuno di noi; Lui è Presente in noi, essendo la
nostra anima creata direttamente da Lui.
Ciò significa che Lui parla personalmente ad
ognuno di noi.
E poi c’è il rapporto esterno; teniamo
presente che esternamente, fuori di noi, tutto è opera di Dio, e questa opera è
parola, perché Dio, operando, non fa altro che comunicare Sé stesso.
Ecco, la creazione è: Dio che parla a noi.
È la prima grande rivelazione
di Dio all’uomo. E questa creazione/rapporto esterno si riassume nel Cristo,
Verbo Incarnato.
Infatti, studiando attentamente il Cristo noi
comprendiamo tutto l’universo. Perché nel Cristo si sintetizza tutto
l’universo, compreso l’uomo.
Ora ci chiediamo: che cosa passa, che cosa
intercorre tra i due rapporti?
Diciamo anzitutto che il rapporto interno è
privilegiato rispetto all’esterno, e ciò significa che se il primo è difettoso
ciò si ripercuote anche sul secondo; e se invece il rapporto interno è in
armonia con Dio, ne consegue che vediamo armonico anche l’esterno, anche fuori
vediamo l’armonia di Dio.
E dunque diciamo: si tratta di un rapporto
non rovesciabile.
Lo constatiamo tutti: se siamo infelici
dentro, questo rimane anche se sono immerso nel benessere esteriore.
Perché la mia infelicità interiore è
determinata da un cattivo rapporto con Dio, e non c’è nulla dall’esterno che
possa supplire a questo rapporto.
Questo ci insegna che l’interno è
privilegiato; e l’interno è dato dal rapporto diretto della nostra anima con
Dio. Ecco dunque che se noi non ascoltiamo Dio dentro di noi, non possiamo
intendere il Cristo fuori.
Ecco, capiamo allora quale sia il principio
dell’incredulità.
È questo: chi non è da Dio non
può ascoltare la Voce di Dio.
Se l’ascolto c’è, sia pur con inquinamento,
quindi con difetto, questa povera creatura che è l’uomo, avendo comunque fatto
la giustizia essenziale può riconoscere la Voce di Dio fuori di sé; può
riconoscere la Parola di Dio, la quale magari lo mette in crisi, però lo aiuta;
soprattutto lo purifica, perché tutto il lavoro è basato sulla purificazione
interiore.
Il problema è proprio dato dalla nostra “non
purezza”; infatti, se il nostro rapporto interiore fosse puro, noi canteremmo
la Gloria di Dio da mattino a sera: perché La vedremmo.
Perché già tutto è Gloria di Dio.
Il problema è il nostro occhio difettoso;
Cristo viene appunto per purificare i nostri occhi, in modo che possano vedere
cosa c'è da vedere. Noi vediamo pagliuzze ovunque perché siamo pieni di travi.
Non capendolo, ecco che appena vediamo qualcosa di difettoso cerchiamo di
modificarlo…no, aspetta un momento, lasciati prima purificare dal Cristo, e
vedrai che dopo dirai: “Oh Signore, com’è buona la Tua opera!”.
Cambia tutto, quando si vede il Disegno di
Dio!
Ecco, tutta l’opera di Gesù è quella di
recuperarci a questo rapporto intimo con Dio.
E questo rapporto intimo tra noi e Dio
corrisponde al Rapporto
tra Padre e Figlio.
Perché il Padre parla, e la Sua stessa Parola
è il Figlio. È proprio un invito a rientrare
in noi stessi: lì il Figlio ci purifica, continuamente…Lui ci corregge sempre,
corregge le ombre che crea il nostro io staccato da Dio.
Tutte le Parole di Gesù sono sollecitazioni a
rivedere tutto nel Pensiero di Dio, nel Padre, dentro di noi.
Dio ci forma così’, perché parlando ci
raccoglie in Sé.
Ascoltando Gesù noi ascoltiamo il Padre,
perché Cristo non parla altro che del Padre.
Si richiede in noi l’attrazione del Padre, se
no fraintendiamo…Lui ci dice di mettersi all’ultimo posto quando si è invitati,
e noi crediamo ci faccia una lezione di galateo! Succede questo quando si pensa
a sé stessi anziché a Dio.
Lui ci parla delle Nozze col Padre e noi lo
rendiamo una cosa di comportamento umano.
No, Lui parla sempre, solo del Padre, per
purificarci in modo che possiamo vedere la Gloria di Dio: ecco la preminenza
dell’interiorità.
Ora, Dio opera dall’esterno per
lavorare/correggere questo interno che è ciò che determina tutto.
È dall’interno che parte il
male; il male non esiste nell’esterno.
• Gesù
viene a portarci la Conoscenza di Dio; se noi fraintendiamo è perché il Padre
non ci dà a Lui: il difetto sta lì. Non capiamo che il Vangelo ci parla del
Padre perché non siamo attratti da Lui.
Se poi sono attratto dal Padre, ma poco,
capisco poco.
È sempre l’interno a determinare ogni cosa.
La vera nostra preoccupazione deve dunque
essere quella di immagazzinare tanto di Dio: “cercate prima di tutto il Regno
di Dio”.
Ecco, non immagazzinare cose che passano, non
accumulare tesori in terra…accumula tesori in Cielo, in Dio, cioè dentro di te.
Luigi: Gesù qui ci dice: “se tu non vedi le
meraviglie che Dio ti offre “in Me”, stai attento al rapporto che hai col
Padre: c’è senz’altro un difetto”. Certo, perché quando questo rapporto è puro
il Padre “dà” al Figlio, non si scappa.
Ecco, più questo rapporto è genuino,
autentico, più esso ci convoglia al Cristo. Il giovane ricco è arrivato al
Cristo seguendo i comandamenti: ecco il rapporto genuino. Sì, poi non resta…ma
quello è un altro discorso.
Dico: il Cristo è la sintesi di tutta la
creazione, dunque lo è anche della Legge; ora, “sintesi” è uguale a “vertice”,
e allora se io seguo i sentieri che conducono al vertice non posso fare a meno
di giungervi.
Perché tutta la Legge, tutto l’A. Testamento,
tutte le religioni, tutta l’umanità, sono tutti sentieri di cui Cristo è il
vertice.
Il problema è che noi questi sentieri non li
seguiamo, saltiamo da uno all’altro ma senza procedere fino in fondo; cioè, non
abbiamo la genuinità; non abbiamo l’anima delle cose.
E l’anima di esse è proprio questo amore
verso Dio, questo Dio messo prima di tutto; siccome tutto mi parla di Dio, io
devo mettere Lui prima di tutto: in caso diverso tradisco tutto, la sua
funzione…per cui tutta la creazione un giorno mi rimprovererà.
Nel campo di questo tradimento, io sono
impossibilitato a riconoscere Cristo: perché sono inquinato.
Luigi: Fintanto che in noi c’è qualcosa di non
illuminato da questo Rapporto Padre/Figlio, qualcosa cioè che non sia “visto”
come lo vede il Figlio, significa che in noi è presente un qualche difetto: e
quindi noi non vediamo la cosa da figli di Dio.
E allora subentra il richiamo di Gesù.
E come posso purificare questo rapporto?
Nell’intimo, portando la cosa al Padre.
Luigi:”Voi Mi avete veduto ma non credete”, ecco se
si crede veramente lo si verifica così, che tutto –sia ciò che piace sia ciò
che non piace- viene accettato dalle mani di Dio: omnia per ipsum facta sunt.
Dopo l’accettazione il passo successivo è la
ricerca del perché: l’amore vero è intelligenza.
Luigi: In un primo tempo Dio opera per farci
credere in Lui, per farci capire che Lui c’è e che è Colui che opera in tutto;
poi opera per farci capire che parla in tutto, cioè che la Sua non è un’opera
magica; ecco, tutta la creazione è una conversazione di Dio con noi, e il Suo
parlare tende a portarci a capire un pensiero, quindi tende ad una rivelazione,
ad una conoscenza.
Per noi, quindi, si tratta di intendere.
Certo, prima bisogna credere, ma se si crede veramente si desidera
intendere…cioè si desidera vedere la Presenza di Dio.
Il desiderio di vedere è fede; qui capiamo
che ogni volta che noi ci avviciniamo al Cristo senza la vera fede, andiamo
inevitabilmente a sbattere contro un muro: cioè non riusciamo più a capirlo.
E allora lo mettiamo in croce.
Pinuccia:Ciò che ci
succede sarebbe ciò che Dio usa per metterci in crisi?
Luigi: È
soprattutto il Suo parlare, a metterci in crisi. Certo, ciò che ci capita è
opera Sua, però di per sé non è mica illuminato; infatti io posso fraintendere
quello che mi succede.
E soprattutto la Sua Parola.
Certo, se io non mi metto in contatto con la
Sua Parola arriva un momento in cui Lui mi metterà in crisi con l’avvenimento
“massiccio”.
Sarà un tumore, sarà un’altra disgrazia…così
mi fa tornare al: “Signore, perché?”.
Ma lì indubbiamente resto con il mio ‘perché’
buttato in aria, senza la possibilità di capire.
Se invece seguo il Cristo, la Parola Sua mi
mette in crisi: ma è una crisi illuminata da Lui: “vedi? Tu non hai fede…se ne
avessi anche solo come un granello di senape vedresti che tutto cambia”.
Luigi: Quello che portiamo dentro “di noi” in
rapporto al Padre deve essere puro come è il Rapporto che intercorre tra Padre
e Figlio; finché non lo è, noi non capiamo: appunto perché siamo inquinati.
Bisogna che questo “tutto di noi” porti in sé
lo stesso rapporto che intercorre tra Padre e Figlio nell’Eternità. Tutto di
noi, soprattutto il pensiero del nostro io, deve essere raccolto in Dio…cioè
tra il nostro io e Dio deve esserci lo stesso rapporto che esiste tra Padre e
Figlio. Dio opera per portarci lì.
Luigi: Se noi cerchiamo Dio, Lui risolve tutto,
tutti i problemi: Lui ha infinite possibilità, può risolvere tutto.
Diciamo che quello che non può risolvere è il
nostro pensiero, perché “chi ti crea senza di te non ti salva senza di te”.
Luigi: Quando in noi qualcosa “tra noi e Dio” ha lo
stesso rapporto che passa tra Padre e Figlio questo qualcosa ci porta al
Cristo.
È cioè quando in noi si forma
il pensiero di Dio.
“Quello che il Padre dà”…andando a fondo si
vede che questo “dare” diventa in noi pensiero di Dio…desideriamo vedere il
pensiero di Dio in quello che portiamo in noi.
Se in qualunque cosa tendiamo a vedere il
rapporto che ha con Dio, stiamo cercando il Pensiero di Dio, cioè tendiamo a
vedere il rapporto tra Padre e Figlio, lo Spirito Santo.
Pinuccia: Una persona che arrivi a vedere il Pensiero
di Dio in qualcosa di esterno…
Luigi: Ma no, a questo punto qui non c’è più
“esterno” ed “interno”: è tutto una cosa sola.
Le cose sono “esterno ed interno” in quanto
pensiamo a noi stessi…diventano sempre più così più pensiamo a noi stessi: le
categorie “esterno/interno” sono legate alla nostra lontananza da Dio.
Ma più ci si avvicina a Dio e più tutto
diviene Interno.
Luigi: L’opera del Figlio è una sollecitazione,
tant’è vero che “l’ora solo il Padre la conosce”; solo il Padre conosce l’ora
della rivelazione di Sé stesso. Il Padre solo è la sorgente della Luce.
Dopo la Pentecoste c’è lo Spirito Santo; ciò
che conosce lo Spirito Santo è molto diverso da ciò che conosciamo noi.
Pur con il
Figlio.
Sì, perché il
Figlio parla a noi, ma ciò che di Lui noi comprendiamo è “esterno”, è rapporto
esterno. Con lo Spirito Santo, invece, abbiamo il rapporto interno tra l’anima ed il Padre.
Luigi: Quanto più ci fermiamo col Cristo, tanto più
Lui ci convince, tanto più ci porta di testimonianza in testimonianza: ci fa
vedere sempre più l’unità, l’armonia di ogni cosa.
Tutto ciò che il
Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò.
Gv 6 Vs 37 Secondo tema.
Titolo: Vedere il rapporto che passa tra
Padre e Figlio.
Argomenti: La cintura di Geremia. Il difetto d’amore è
un difetto di conoscenza. Capire, non modificare l’avvenimento. La pietra di paragone. Non agire autonomamente.
Lasciare il mondo. Il concetto di “dare al pensiero di Dio”. Il privilegio
dell’interiorità. Il vangelo della creatura e la parola di Cristo. Il Verbo interno e il
Verbo estero.
28/Luglio/1980
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo
respingerò. Gv 6 Vs 37 Terzo tema.
Titolo: Non è il Cristo, che ci mette fuori, noi ci mettiamo fuori.
Argomenti: Solo chi è mandato dal
Padre ha la capacità d’intendere la Verita del parlare di Cristo. La capacità di sopportare
la parola di Cristo. Sapere quello che si vuole. La fame d’assoluto. Dall’ascolto alla
visione del Padre. La giustizia del mondo e la giustizia di Cristo. Lasciare per amare. La bellezza della
Verità.
3/Agosto/1980
SINTESI
Luigi: Teniamo presente, per la nostra meditazione,
che ci sono stati dei momenti in cui Gesù ha cacciato fuori qualcuno che era
venuto a Lui, ed ha cacciato fuori qualcuno che già era entrato nel Regno (cfr.
la parabola di colui che non aveva l’abito per restare).
Ora, tutto questo ci fa capire che non tutti
coloro che vanno a Lui saranno sicuramente accolti; e allora nasce ovviamente
il bisogno di comprendere perché qui Gesù faccia questa affermazione.
Dicendo “chiunque viene a Me”, Gesù ci dice
una parola che infonde grande sicurezza; in effetti, tanto più ci avviciniamo a
Dio, tanto più si forma in noi una grande sicurezza.
Chi è insicuro mentirebbe se dicesse “sono
sicuro”, ma altrettanto mentirebbe colui che, essendo sicuro, dicesse: “non lo sono”.
Ecco, Dio parla per condurci ad una grande
sicurezza, ad una certezza interiore derivante dalla Sua stessa Presenza.
Ma teniamo presente che anche le vergini
stolte “andavano a Lui”, eppure il Signore dice ad esse: “non vi conosco”.
Con ciò fa capire che non appartenevano a coloro
cui accenna in questo versetto: “chiunque viene a Me”.
In realtà, dunque, le vergini stolte non
andavano incontro allo Sposo, non andavano a Lui.
Ecco, ci rivela che ci si può illudere di
cercare Dio, ed essere invece alla ricerca di sé stessi.
Abbiamo infatti già visto che va veramente a
Lui solo chi è mandato dal Padre.
Solo, cioè, chi è “dato a Lui dal Padre”.
Poco dopo infatti Gesù dirà: “non mormorate
tra di voi, perché nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre”. Mormoravano perché trovavano le Sue parole
troppo difficili, troppo “astratte”.
Ecco: “nessuno può comprendermi se non è
attratto dal Padre”.
E infatti noi possiamo andare al Cristo per
motivi diversissimi dal Padre: motivi sociali o psicologici…non sono motivi del
Padre.
Ed ecco quindi che fraintendiamo il Cristo; e
allora non Lo capiamo, e allora Lui non può accoglierci: veniamo così a
trovarci di fronte ad una porta chiusa.
E già, perché può capire Gesù solo colui che
il Padre ha dato a Suo Figlio.
Solo il Padre conosce il Figlio, e solo chi è
mandato dal Padre possiede in sé stesso la capacità di scoprire la verità delle
Parole del Cristo; in caso diverso, saremo necessariamente costretti ad
“annacquarle”, a metterci del “buon senso”…non riusciremo cioè mai ad avere la
parola “netta” del Cristo in noi; e, di
conseguenza, non potremo arrivare a quella sicurezza che ci promette Gesù, che
qui Gesù promette a chiunque vada a Lui.
C’è anche da approfondire la parola “fuori”;
ecco, nel Regno di Dio c’è un “dentro” ed un “fuori”; noi possiamo essere
dentro o fuori di questo Regno.
C’è un mondo interno ed uno esterno…ma
abbiamo detto tante volte che il mondo interno predomina su quello esterno; se
siamo tristi, ciò è determinato da un qualche conflitto tra la nostra anima, i
nostri desideri, e Dio.
Logico, perché Dio abita dentro di noi.
Si tratta di una presenza che nessuno di noi
può minimamente annullare.
Ci troviamo in una casa abitata da Dio
stesso; e dunque, noi ci possiamo solo trovare o in armonia o in disarmonia con
questo Signore…ma certamente non possiamo farlo fuori!
È dunque Dio a determinare la
nostra tristezza o la nostra gioia.
E siccome l’interiorità è superiore a tutto,
se dentro siamo tristi, anche il mondo intorno a noi diventa triste.
Noi dunque dobbiamo preoccuparci di entrare
nel Regno di Dio, perché se no restiamo in balia delle tenebre esteriori: cioè
non abbiamo in noi la vita.
Gli avvenimenti esterni determinano tutto di
noi, in questo caso.
E quando siamo soli, siamo
disperati....appunto perché siamo proiettati fuori.
È quindi fondamentale scoprire
questa realtà interiore di cui siamo portatori.
Bisogna scoprire questa “Casa” che portiamo
in noi, Casa che è abitata da Dio, perché è solo lì che troviamo la sicurezza,
la gioia che nessun segno esterno può donarci, e che nessuna cosa esterna può
portarci via…perché la Luce che Gesù porta dentro di noi è così grande da non
poter essere offuscata.
Già nell’Antico Testamento sta scritto: “ciò
che Egli apre, nessuno può chiudere, ma ciò che Egli chiude nessuno lo può
aprire”.
Luigi: Dio ci ha fatti bene; ci ha infatti creati
in questa attrazione per Lui…noi portiamo la passione dell’assoluto, il
desiderio della Verità (e infatti ciò che maggiormente ci offende è la
menzogna).
Luigi: Ascoltare il Padre significa metterLo prima
di tutto nei nostri pensieri, senza fermarsi alle impressioni, ai sentimenti.
Luigi: “Chiunque viene a Me”; cioè, chiunque,
avendo ascoltato il Padre, ha maturato questo interesse per le Parole del
Cristo…perché è proprio l’interesse per il Padre a guidare verso Gesù; e allora
Gesù dice: “non sono venuto a fare la volontà mia, ma ad ubbidire alla volontà
del Padre, e dunque accolgo chiunque il Padre Mi manda, e non lo caccio fuori;
cioè “lo porto dentro”; “dentro” vuol dire “lo conduco a vedere Colui di cui ha
ascoltato, da lontano, la voce”.
Ecco, noi ascoltiamo la voce del Padre “da
lontano”; se abbiamo interesse, seguiamo l’indicazione, cominciamo cioè a
seguire questa voce…e non ci fermiamo finchè non giungiamo a vedere il volto di
Colui di cui abbiamo ascoltato la voce.
Non ci fermiamo, cioè, finchè non siamo
giunti alla Sorgente.
Come dico, se abbiamo questo interesse siamo
sospinti al Cristo.
Luigi: Si può anche andare al Cristo in modo
corretto, sospinti dal Padre, ma poi finire col rivolgersi a degli uomini…prima
o poi, allora, restiamo delusi, perché veniamo portati su altri argomenti.
Con altri-da-Cristo non possiamo restare, e
allora andiamo da uno all’altro finchè non approdiamo al Cristo.
È proprio la sete della nostra anima
(l’aver ascoltato il Padre) che ci conduce a scartare tutto il resto e ad
orientarci al Cristo.
Noi non possiamo andare (entrare) da soli…si
entra nel Regno di Dio solo attraverso
Dio; se entreremo diremo allora: “Signore, è stato tutto Opera Tua, disegno
d’amore Tuo, invenzione Tua”.
È proprio solo attribuendo
tutto a Dio che noi abbiamo la grazia di entrare.
Se attribuiamo qualcosa a noi stessi, ci
mettiamo fuori…è solo il nostro io, a porci fuori; da parte Sua, Dio non ci esclude
mai; ecco, noi ci mettiamo fuori in quanto ci attribuiamo qualcosa, fosse anche
un minimo pensiero…proprio così restiamo impediti ad entrare.
Luigi: Quel tale che va al Cristo perché gli faccia
giustizia circa l’eredità….ecco, va al Cristo ma non motivato dal Padre; subito
dopo, infatti, Gesù parla del guardarsi da ogni avarizia.
Nel mondo si parla tantissimo di giustizia,
ma non si tratta mai della Vera Giustizia, cioè l’attrazione del Padre, per il
Padre…e allora siamo scartati da Gesù.
Ci occupiamo di altra giustizia perché non
sappiamo da cosa ci venga veramente la vita…e allora diamo una tremenda
importanza a cose come un’eredità terrena.
Ma Gesù dice che “la vita non viene dalle
cose che si possiedono”.
E già: la vita è amore, è dedizione a-, è
passione per-.
Ora, chi ha passione per- (per Dio), ha
dentro l’anima che canta, si trovasse pure in mezzo a tante tribolazioni
esterne, proprio perché sa di stare facendo la volontà di Dio.
Cioè, lì alla creatura importa più di tutto
essere con Dio…la sua sicurezza le è data dall’essere con Dio.
Ora, chi ha la presenza di Dio certamente
canta di gioia, ovunque egli sia…nulla le può portare via la gioia.
Al contrario, privi di questa presenza, si
fosse pure pieni di miliardi, si è privi della vita; dice infatti il Signore:
“a che vale possedere tutto il mondo se si perde l’anima?”.
Evidentemente, Dio potrebbe farci tutti
miliardari: ma con questo, ci darebbe forse la vita?!
Dunque, in ogni cosa Dio ci dà una lezione
per farci capire in cosa consista la vera vita, per farci coscienti che la vita
non viene da ciò che uno ha, ma da ciò che uno è.
E “ciò che uno è” è questo: ciò che uno ama.
E già: dimmi ciò che ami, e ti dirò se hai o
no la vita.
E poiché solo Dio è la vita, solo amando Lui
si ha la vita, perché si “è” nella vita…perché si partecipa dell’Essere.
Luigi: La vita, così come l’amore, possiede sempre
due aspetti, uno positivo ed uno negativo.
L’aspetto positivo è “io amo quello”,
l’aspetto negativo è: “lascio il resto”.
Perché è proprio lasciando il resto che si
diviene “capaci” di quell’amore.
Al giovane ricco Gesù dice di lasciare tutto,
e poi di seguire Lui: “così entrerai”; e il giovane ricco (lezione per noi) se
ne va, restando impedito ad entrare...ecco cosa ci impedisce di entrare.
Non è che ci manchi qualcosa…se non possiamo
entrare è perché abbiamo troppo!
Luigi: Cristo muore per farci capire che ognuno di
noi deve morire a sé stesso, al pensiero del proprio io; cioè, deve morire a
tutte le sicurezze umane; bisogna imparare a far conto solo su Dio.
Luigi: Certamente la Verità, in sé e per sé,
essendo armonia, unificazione, è bellezza; ma il fatto è questo, che Essa si
presenta a noi come esigenza, richiedendoci delle rotture; ora, agli occhi
nostri (del nostro io) evidentemente questo è tutt’altro che bello; ecco, la
constatazione della bellezza, per noi, viene dopo.
La bellezza è cioè una conseguenza della
Verità.
Di per sé, anche l’ubriaco trova bello il
bicchiere di vino, e dice: “non ho bisogno di altro!”.
È un esempio che fa capire che
non dobbiamo basarci su quello che ci “piace”…perché in quel caso facciamo
l’errore di Eva; no, in tutto dobbiamo cercare la verità.
E quando una cosa è vera, costi quel che
costi essa va rispettata nella sua verità.
La bellezza e tutto il resto verranno dopo.
Luigi: Siamo noi stessi ad impedirci di entrare, a
porci nella condizioni di “non entrare”. Adamo ed Eva erano dentro, e si sono
messi fuori…e come è avvenuto, questo? Lasciandosi guidare dal principio della
bontà e della bellezza anziché da quello della Verità; proprio così l’uomo si
rovina.
Si tratta invece di accogliere tutto da Dio
per entrare nella Sua parola; e tutto è Parola Sua, il Vangelo e il fatto di
ogni istante…è tutto parlare di Dio che io debbo assimilare; e anche quando mi
presenta qualcosa in cui/su cui non posso fare assolutamente nulla, anche così
mi dice qualcosa di Sé.
Se non accolgo anche questo da Dio, mi pongo
fuori…io stesso mi pongo fuori dal Regno di Dio.
Luigi: Dio mi presenta un povero che mi chiede
qualcosa per liberarmi da questo, da una zavorra che porto in me…zavorra che
può magari essere una regola morale; Dio opera così per (ri)mettermi in
movimento, in ascolto delle Sue Parole.
Ecco, non c’è il conflitto: “ma se do questo
non posso più dedicarmi a Dio”; no, si tratta di un perfetta unità di
sviluppo…è sempre Dio che opera.
Il fatto è che noi non ci rendiamo conto
delle tante “condizioni” di cui siamo portatori, e che ci impediscono di capire
le Parole di Dio; e il Signore opera dunque per rendercene coscienti, e
liberarcene.
Luigi: L’anima di tutto è l’attrazione per il
Padre; qualunque altro motivo che mi conduce al Cristo mi impedisce di restare;
è il “Lui che mi caccia fuori”: mi ritrovo con delle Parole che mi risultano
insopportabili, incomprensibili, per cui devo scappare.
Proprio al termine del capitolo VI, vediamo
che (quasi) tutti se ne vanno: “è un parlare duro, chi lo può capire?”; e già,
è inevitabile che si debba scappare da chi non si riesce a comprendere.
Pinuccia: Se Gesù dice “non lo caccerò fuori”
significa che lo lascia dentro.
Luigi: Sì, ma il “dentro” è la Sua stessa Presenza,
la Sua stessa Persona.
Luigi: Quando hai la sensazione di girare a vuoto,
stai sperimentando di essere fuori.
Hai magari il desiderio, però…
Pinuccia: Ma se uno ha il desiderio di-, non è già
dentro?!
Luigi: Il desiderio mi fa passare dal fuori al
dentro, però il dentro è dato dalla Sua Presenza, dalla conoscenza del Suo
Volto.
Si è cioè dentro quando l’interno è
determinato da Dio, dalla Sua Presenza.
È la Sua Presenza a costituire
l’interno.
Luigi: Dio pone tutto Sé stesso nell’uomo: l’uomo
deve porre tutto sé stesso in Dio “come” Dio ha posto tutto Sé stesso in lui!
Finché c’è un dislivello tra i 2 come, l’uomo
è inquieto: riceve più amore di quanto ne corrisponda.
Luigi: Dio ci assicura che ci renderà sicuri: se Lo
seguiamo nel Suo parlare, Egli ci dona la fonte della sicurezza, la fonte della
certezza. Lì non c’è più nessuna cosa al mondo che ce la possa portare via.
È questo il Dono di Dio (Gv IV,10): Egli ci assicura il
possesso della Verità in noi stessi.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo
respingerò. Gv 6 Vs 37 Quarto tema.
Titolo: L’ignoranza del Regno di Dio.
Argomenti: Le false sicurezze. Le tenebre:
sovrabbondanza di Luci. Dentro e fuori. Perdere la fede. Il principio della conflittualità. Il vero amore rinuncia a tutto. La ricerca personale. Raccogliere dalla
bocca di Dio. Il fine della vita. Approfondire la parola di Dio.
4/Agosto/1980
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo
respingerò. Gv 6 Vs 37 Quinto tema.
Riassunti.
Argomenti: Tutto ciò che noi
diamo al pensiero di Dio ci porta al Cristo. Il nostro rapporto col
Padre. Il venire del Figlio fra le nubi. L’anima sel Vangelo. L’agonia. Andare al Cristo
mandati o non mandati dal Padre. Generare il Figlio per guardare il Padre.
11/Agosto/1980