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Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero. Gv 6 Vs 32 Primo tema.


Titolo: La legge e l’amore.


Argomenti: Lettura brano di Serafino Falvo(00) Poter accogliere la novità(38) La legge non salva: dovere e amore(39) Solo la Persona ci salva(40) Solo la conoscenza dell’Altro ci libera dal pensiero dell’io(42) Il vero pane, il Verbo ci mantiene in comunione con Dio(49) “Dalla bocca di Dio”(51) Cercare il Verbo presso il Padre(52) Il rischio di voltarsi indietro(54) La vita è dinamica e l’energia viene solo da Dio(1.04) Chiudere “La stampa” e aprire il Vangelo(1.08) Opporsi a Dio in nome delle opere di Dio(1.11) Il pensiero dell’io si oppone alla Parola di Cristo e non l’assimila(1.29) L’attrazione del Padre necessaria per giungere a Cristo(1.30) Il tempo(1.40) Raccogliere in Dio(1.48)


 

1/Maggio/1980





Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero. Gv 6 Vs 32 Secondo tema.


Titolo: Il  vero pane dato dal cielo.


Argomenti: Perdere il contatto col Presente. Il cibo nuovo del rapporto personale con Dio. Il pensiero dell’io vive di sentimento. Il presente è possibilità di scelta. L’io si nasconde nel gruppo. Tempo e eternità. La creazione è fatta nella parola di Dio rivolta a noi. Il futuro è nella proposta di Cristo. Vedere il positivo nella parola di Dio.


 

4/Maggio/1980


SINTESI

Luigi: Oggi cerchiamo, con l’aiuto di Dio, di approfondire il passaggio dal passato al presente che qui opera il Signore Gesù.

Ecco, con queste Sue Parole il Signore ci presenta

il passaggio alla Presenza.

L’Eterno, l’abbiamo detto tante volte, è il Presente.

E abbiamo anche visto che il contatto con questo eterno noi lo perdiamo in quanto non raccogliamo tutto in Esso; il fatto è che per raccogliere si richiede il; per raccogliere in Dio dobbiamo superarci.

Se non lo facciamo, non raccogliamo; non raccogliendo, perdiamo il contatto col presente: e allora, ecco, cadiamo nel passato.

E il passato, per noi, è soltanto “fotografia”, “scorza”: richiama il segno, ma  il segno è senza l’anima.

Ecco, perdiamo proprio la vita…per restare col Presente si richiede si richiede questo continuo superamento di noi stessi.

Dio ci parla tramite i segni, richiedendoci il superamento di noi stessi: si tratta di vedere questi Suoi segni “da Lui”, perché Lui è attualità.

Il Signore ci chiede sempre il superamento della nostra memoria: perché ci colleghiamo col Suo Spirito.

Soltanto così si resta con il presente.

Qui possiamo capire perché noi non riusciamo mai a restare nel presente…il pensiero è un attimo, subito ci sfugge: perché non lo raccogliamo; e allora succede che finiamo con il vivere sempre di passato.

Ora, il futuro rappresenta, in ultimi termini, il mondo che ancora non conosciamo…allora diciamo: noi siamo fatti di passato/presente/futuro.

Ma se non ci superiamo, ecco cosa succede: che il passato cresce sempre di più, e progressivamente perdiamo il futuro.

Perdiamo il futuro in quanto

non ci impegniamo a raccogliere

in Dio.

Al contrario, se raccogliamo in Dio, cresce progressivamente il futuro e diminuisce progressivamente il passato.

Diminuisce, diminuisce…fino a diventare, a un certo momento, tutto presente.

Quando non ci superiamo, invece, logicamente rimaniamo nel pensiero dell’io, e allora diventiamo tutto rimpianto del passato. E quello è segno della possibilità dell’inferno; in altre parole, si tratta dell’impossibilità, per la creatura, di potersi agganciare a Colui che le sta parlando.

Luigi: I Comandamenti sono Opera di Dio, ragion per cui non sono assolutamente da disprezzare; ma però, guai a voltarsi indietro! Perché si corre questo rischio: di perdere Dio in nome delle Sue Opere.

Bisogna tener presente che Dio è perenne novità; e Lui parla per sollecitarci ad entrare in un rapporto sempre più personale con Se stesso.

Quindi,  andando avanti, non ci parla più con la Legge, con la regola.

D’altronde, tutto è segno: quando si è bambini si vive di latte, ma se da adulti ci impuntiamo a volere solo il latte, ci roviniamo.

La sostanza è: bisogna crescere.

E ciò che ci fa crescere è (sempre): “Dio che parla con noi”.

E allora: il “Dio che parla con me” mi ha dato, all’inizio, il latte; e il “Dio che parla con me” adesso mi invita a lasciarlo per nutrirmi di un altro cibo.

Logicamente io non debbo impuntarmi a rifiutare il nuovo cibo in nome di quello precedente, che pure era Opera Sua.

Ma, come dicevamo all’inizio, per mantenere quest’apertura si richiede sempre, da parte nostra, il continuo dimenticare noi stessi. Perché il pensiero del nostro io è sentimento, ragion per cui vive solo di quello che ha esperimentato: “io ho esperimentato il latte, mi andava bene, lo voglio sempre”; ecco il sentimento.

Luigi: Per caratterizzare il presente, possiamo dire che esso è proprio dato dalla “possibilità di scegliere”.

Al contrario, infatti, il passato non lo possiamo più  scegliere.

Ecco, il presente è scelta, è impegno: perché è Dio che mi parla.

Parlandomi, mi presenta le cose: in questo modo mi dà la possibilità di scegliere. Ora, quando io non ho più possibilità di scegliere, vuol dire che sono caduto tutto nel passato.

Dico: il presente è tale in quanto la creatura ha la possibilità di scegliere.

Se io trascuro questo, cado nel passato: e allora perdo la vita. Si capisce, perché la vita sta proprio nella possibilità di scegliere.

Questa possibilità di scegliere è poi la possibilità/capacità di crescere nell’amore.

La creatura può crescere nell’amore in quanto ha la possibilità di tradirlo; e ha la possibilità di tradirlo in quanto ha una  possibilità di scelta.

Nella scelta ho la possibilità di essere fedele; ma se non lo sono, se cioè trascuro Dio in nome di altro (in nome del passato), perdo la Vita.

È logico: perché perdo l’offerta della Vita, l’offerta che il Signore mi propone “oggi”.

Ecco perché vediamo che qui il Signore ci richiama al presente.

Possiamo dire che il Figlio di Dio, parlando, recupera tutto il nostro passato in “presente”.

E ci recupera anche tutto alla Causa Prima; noi tendiamo, nel pensiero dell’io, a scadere nelle cause seconde: parlandoci, il Signore Gesù ci recupera sempre alla Causa Prima, Dio.

Infatti ci dice sempre: “è Dio, è Dio, è Dio”.

Questo errore che noi facciamo “spazialmente” scivolando sulle cause seconde, equivale a quello di passare dal presente al passato.

Noi tendiamo a rifugiarci nel passato; questo passato, il Figlio ce lo recupera (riporta)  in presente. Cioè ci dice: “guarda che quello che è stato detto è ciò che il Padre ti dice, oggi”.

Così: la Morte del Cristo non è avvenuta 2000 anni fa; essa rivela ciò che Lui fa adesso, la Sua Morte di adesso.

Ecco: il Figlio di Dio ricupera la causa seconda in Causa Prima, ricupera il passato in Presente.

Se noi, in tutto, stiamo attenti al Verbo di Dio, a un certo punto ci veniamo a trovare nel “tutto presente”.

Eligio:  Per quale motivo il nostro io tende a rifugiarsi nel passato?

Luigi: Proprio per cercare di sfuggire alla responsabilità del presente.

In altre parole: per cercare di sfuggire alla responsabilità personale.

È il meccanismo con il quale il nostro io tende a rifugiarsi nel “gruppo”, nella “massa”, nella “collettività”: sempre per cercare di scappare all’impegno personale. Così, cerca di sfuggire al presente rifugiandosi  nel  passato, sempre per lo stesso motivo.

È una lotta contro Dio, perché Dio parla sempre per impegnarci personalmente, al momento presente. Allora, se noi non seguiamo Dio nel presente, succede che finiamo con il divenire spettatori di una cosa passata.

Praticamente, allora, non siamo più vivi.

Ecco: diventiamo spettatori della nostra morte; quando per noi tutto è diventato passato, non c’è più niente di “attuale”: e allora siamo morti.

Quando l’uomo è “vecchio”, sente ancora parlare di novità, certo, però più niente lo riesce ad agganciare.; lui ormai vive soltanto più di quello che è stato.

In sostanza: assiste alla sua morte.

Ed è una morte crescente: non c’è fondo.

Stiamo andando verso un “senza fondo”: può essere di vita Eterna, o può trattarsi di morte eterna.

Noi ci troviamo immersi nel tempo, il quale è movimento; e si esce dal tempo in due modi, che noi chiamiamo Paradiso e inferno.

In altre parole: si esce dal tempo o immergendosi completamente nel movimento (l’inferno), o portandosi del tutto sulla riva, sulla riva dell’Eterno.

Per Grazia di Dio noi abbiamo la possibilità di raccogliere tutto nell’eternità: anche il movimento, anche il “fiume” del tempo.

Come sempre, è una questione di pensiero: se pensiamo a noi stessi, ci buttiamo del tutto nel fiume, e perdiamo l’aggancio con l’eterno; entriamo allora, comunque, in un’eternità, ma si tratta dell’eternità di una morte crescente.

Raccogliendoci, invece, in Dio (e per far questo bisogna superare sé stessi), noi assorbiamo anche il fiume in Vita Eterna.

Allora a un certo punto, col Figlio, anche noi diciamo: “prima che Abramo fosse Io sono”.

Con Cristo lo possiamo dire: perché facciamo una cosa sola con Lui.

Poiché Lui ricupera tutto il passato in presente, ci riporta nel “tutto Parola di Dio per me”.  Direi quasi: prima che Dio creasse il cielo e la terra, già io ero.

Col Figlio ritorno a ciò che già era.

Come dico: tutto (ri)diventa Parola di Dio per me; dunque tutto diventa Presenza Sua che parla a me, dunque tutto si trasforma in presente.

In altre parole: per ognuno di noi c’è l’Antico Testamento, c’è il peccato, c’è l’Incarnazione.

Ed è qui che ci conduce il Figlio di Dio: con il Padre.

Perché bisogna tenere presente che l’Infinito non si divide in parti: Esso è tutto in ogni singola parte.

Ne consegue che, in ognuno di noi, c’è “tutto Dio”.

Non è che in ognuno di noi si trovi una “parte” di Dio! Come dico, l’Infinito è tale in ogni punto, quindi Esso è sempre presente con tutta la Sua Opera.

Allora, in ognuno di noi c’è tutta l’Opera di Dio.

Noi non siamo fatti solo di “adesso”: siamo anche fatti di tutto quello che è stato.

Ora, se siamo uniti a Dio, ecco che, in noi, tutto quello che è  stato diventa presente.

Cioè diventa: “sono Io che sto parlando con te”.

Parlando con me Lui mi fa pensare, agire, eccetera…ma è  sempre: “Dio che parla con me”.

Infatti è nell’Essere che noi contempliamo queste cose.

Tutta la creazione è fatta nel Verbo di Dio (Gv 1,13).

Approfondiamo questo: ci rendiamo allora conto che tutta la creazione è fatta nella Parola “rivolta a noi”.

Ed ecco allora che anche tutto quello che noi chiamiamo “passato” o “futuro”, lo contempliamo nel Pensiero di Dio.: nel Pensiero dell'Essere.

Lo percepiamo proprio in quanto è Pensiero dell’Essere.

Pinuccia: In Dio non esiste “passato e futuro”.

Luigi: Passato, presente e futuro, il tempo…non sono altro che il segno della Realtà del Regno di Dio tra noi.

Direi: il passato rappresenta quello che siamo noi, nel nostro io. Infatti noi siamo fatti di passato, di quello che abbiamo ricevuto: perché Dio, parlando a noi con i Suoi segni, ci forma coscienti di quanto ci dà: è la consapevolezza del segno, e lì c’è l'io.

Ma se questo segno non viene raccolto in Dio, passa: perché parlandoci, Dio ci propone sempre soltanto Sè stesso.

Allora diciamo: il momento presente è dato dal parlare di Dio con segni. Il segno che noi non raccogliamo nel Suo Pensiero diventa in noi/per noi passato.

Poi c’è tutto il mondo che ancora non conosciamo: questo per noi è il futuro.

Cioè, il futuro è il mondo che ci è offerto e che noi dobbiamo anticipare prima che avvenga. Se non lo anticipiamo facciamo la fine delle vergini stolte: esse non possedevano il futuro.

Diciamo così: l’uomo vive nel momento presente proprio in quanto si lancia nel futuro; e il futuro è proprio ciò che Dio ci sta presentando nel momento presente.

E rappresenta quello che ancora non conosciamo.

Dio oggi ci propone la novità; e che cos’è questa “novità”?

È il futuro!

Ma, come dico, questo futuro noi lo perdiamo se non ci impegniamo nel presente, nel parlare di Dio a  noi.

Ecco perché si dice: “conoscerete il futuro”; il futuro infatti non è altro che  il Regno di Dio che sta avanzando; ma noi lo dobbiamo anticipare.

Con la Sua Parola Presente Dio ci annuncia il futuro in modo da darci la possibilità di anticiparlo dentro di noi prima che esso sia.

Si tratta di essere “vergini sagge”, cioè creature che prevedono le esigenze dell’incontro con lo Sposo.

Ecco il “già” e il “non  ancora”.

Perché domani la Verità di Dio sarà “tutta”…bisogna però che Essa trovi in noi la dimensione capace di portarla.

E già, perché la capacità di capire è data dal “quanto futuro” si porta dentro.

Quindi, il futuro ci viene proposto dall’”oggi”, dal Presente di Dio.

Allora, in questo  “Pane che il Padre vi dà” c’è tutta la Sua Verità. È il Sigillo della Verità, di quella Verità che domani sarà tutta in tutto.

La creatura, però, deve vederla “oggi”: perché oggi Dio gliela sta proponendo, personalmente.

Se non la assimila oggi, diviene cibo inassimilabile.

Dico: il problema non consiste nello “staccarci dalle cose”, ma sta nel prevedere come le cose saranno presso Dio.

Noi non dobbiamo tanto sapere quello che perdiamo, quanto quello che arriva.

Nino: Si tratta di aderire alla Parola di Dio, quando Essa ci giunge.

Luigi: Sì, se Dio non parla noi restiamo impotenti a tutto. Lui, parlandoci, ci dà la Grazia di intendere (con Lui) ciò di cui ci parla.

La Sua Parola è un annuncio, quindi è una promessa: una promessa positiva. Come “risvolto”, è logico, Essa mi chiede il superamento; quindi, io non devo tanto mettere le mani al mio mondo di oggi…perché Dio mi occupa in altro; ecco quindi: “non preoccuparti del mangiare e del vestire”. Logicamente io non devo sforzarmi di dimenticare il mangiare ed il vestire: farei l’asceta, però perderei il Regno di Dio.

Il problema sta nel positivo, cioè sta nel: “Cerca!”.

Il problema non è il “non”…è il “sì”.

Dobbiamo dunque sempre cogliere, nella Parola Divina, che cosa Dio ci propone in Essa. Nella Sua Parola c’è sempre una proposta, una proposta personale.

Dobbiamo sforzarci di coglierla, perché un attimo dopo averci parlato, la cosa comincia a realizzarsi.

Se mi sono dedicato, comincia per me la gioia, perché comincio a vedere quanto mi attendevo: “è proprio così!”.

Progressivamente la partecipazione aumenta, dunque aumenta la gioia.

Ma se non mi sono preoccupato di seguire l’annuncio, comincio a verificare di esser smentito; progressivamente non capisco più niente.

Cioè, comincio ad essere “rifiutato” dall’avvenimento.

Ecco perché Dio parla sempre “prima”, prima che le cose avvengano: lo fa appunto per darci la possibilità di sopportarle.

Perché se non le abbiamo assimilate in precedenza non le possiamo sopportare quando si verificano: e allora dobbiamo scappare.

E scappa, scappa…a un certo momento ci ritroviamo ridotti ad un punto infinitesimale; dall’Infinito,  passiamo all’infinitesimo!

Diventiamo un granellino di sabbia che si sperde nell’universo di Dio; scompare senza veramente scomparire…è la morte/dispersione.

Questo punto che era destinato a diventare un Infinito (perché in ogni punto c’è tutto l’Infinito), si perde in un infinitesimo.

Dio però parla (ecco la Parola che diventa giudice) per ampliarci fino alla capacità di poter sopportare la  Sua Eternità,

cioè la Sua Presenza Infinita: “affinchè dove Io sono siate anche voi”.

“Io sono Colui che è’: ecco, affinchè noi possiamo esser con Colui che è.

È Dio, che fa: e Colui che ha cominciato a farci è anche lo stesso che  porta a compimento: ma non lo fa “senza di noi”.

Perché le  Sue  Parole  sono  una  continua  sollecitazione  a partecipare  a  ciò  che  Lui  ci  propone.

Noi non dobbiamo ripiegarci: se lo facciamo, perdiamo il contatto.

Siccome per noi, attualmente, la realtà è un’altra, il Signore ci invita a mettere questa “realtà” tra parentesi, ad accantonare questa realtà che vediamo e tocchiamo; infatti ci dice: “guarda che la Realtà è un’Altra; attualmente tu vedi al piano terra”, per cui vedi la realtà in un certo modo, ma Io ti dico: sali più in alto, e vedrai in modo molto diverso”.

Il nostro errore è quello di adeguarci alla realtà che vediamo al piano terra.

Adeguandoci al “piano terra”, ne consegue l’errore colossale di proporre i segni come fine; è un errore che si verifica anche in tante lezioni morali.

Pinuccia: Il problema è capire che si tratta di aderire ad una novità.

Luigi: Sì, è così che Dio ci mantiene in vita: comunicandoci la Sua novità, una Novità che è inesauribile.

Ora, Lui parlando, ci unisce a Sé: ma nella misura in cui noi restiamo aperti all’ascolto; più lo ascoltiamo, più ci unisce a Sé, in modo sempre più personale.

Il problema è che noi possiamo staccarci da questo ascolto e ripiegarci indietro su: “quello che avevo, quello che ero…”.

Ecco come perdiamo il contatto.

Perdendo il contatto con la Sua Parola, perdiamo la vita; c’è niente da fare, è il Suo parlare, a mantenerci in vita: nella misura in cui, però, noi lo ascoltiamo e assimiliamo.

Tanto più Lo assimiliamo, tanto più questa Parola dentro di noi ci rende capaci di maggior intimità con Lui. Ma ci vuole sempre la nostra apertura; questa maggiore intimità è sempre un’apertura; ecco, mi trovo con un Essere Meraviglioso: tanto più lo conosco, tanto più lo amo; cioè,  resto sempre più attento a Lui!

Per restare attento a Lui, devo essere attento alla novità: la vita è sempre davanti a noi; tutto quello che c’è stato è servito, non è certo da disprezzare: però non bisogna ripiegarsi su esso.

La vita è davanti…se io ho fatto dieci scalini, la vita mi viene dall’undicesimo, da quello che devo ancora affrontare.

Il gradino che mi sta davanti è Dio che me lo propone con la Sua Parola; quindi richiede un superamento di me, di tutte le mie nozioni, per stare attento a quello che Lui mi sta proponendo.

Luigi: Nel v.33 vedremo il passaggio dalla cosa alla Persona: “Pane del Cielo è Colui”.




Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero. Gv 6 Vs 32 Terzo tema.


Titolo: Passaggio dalla cosa alla persona.


Argomenti: Forme di evasione dall’impegno personale(5) Il tempo presente del parlare di Cristo recupera il passato nel presente(8) Il significato è nel futuro(9) Il presente è una Pasqua(10) Saremo compresi nella misura in cui avremo compreso(14)


 

5/Maggio/1980