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L’ammalato rispose: “Signore, io non ho alcuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua è agitata; onde mentre io giungo un altro è già sceso prima di me”. Gv 5 Vs 7


Titolo: L’annullamento dei valori messi al posto di Dio.


Argomenti: L’acqua agitata rappresenta la parola di Dio che arriva a noi. L’ intermittenza sempre più rara. I sei giorni della creazione. Ringraziare vuol dire riportare a Dio. Nel settimo giorno arriva tutto gratis. La mentalità materiale. La disperazione: la tazza vuota. È Dio che muove in noi la volontà. Le due vie per entrare nel sabato. “Non ho nessuno”.Ciò su cui fai conto e su cui fondi la vita, Dio l’annulla. L’intermittenza  è la fusione di due fattori: Dio e l’io. Dio ci fa toccare con mano esternamente gli effetti della nostra lontananza interna  da Dio. Nell’impotenza sfioriamo l’onnipotenza di Dio. L’allontanamento da Dio e l’accecamento di Dio. Riferire tutto a Dio, anche la nostra volontà è mossa da Dio.  Lo sforzo sta nell’attribuire tutto a Dio. Nel distacco da Dio c’è tutto il male. La volontà del Padre ha preso su di Sé in Cristo la nostra morte per salvare noi. Affidarsi alle presenze materiali. Vedere il giudizio anzichè la salvezza. L’unico difetto dell’uomo è non attribuire tutto a Dio. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi.


 

5/Marzo/1978


 Introduzione:

Emma: Dio opera nei sei giorni e al settimo giorno attende la nostra risposta. Il settimo giorno è ogni momento, ogni istante della nostra vita, vero?

Luigi: Sì.

Emma: Ma questi sei giorni e questo settimo giorno sono per noi nel tempo, ma non è che Dio ad un certo momento abbia detto: “Creo il mondo e le persone”.

Luigi: Per dire a noi:“Guarda che ogni avvenimento che tu incontri è creato dal Signore attraverso un lavoro lunghissimo di preparazione per te!”.Tu lo incontri adesso, in questo istante, ma è stato preparato per te da lungo tempo. Tutto l'universo è stato piegato al tuo servizio per portare a te questo messaggio, quindi tienilo molto prezioso.

Emma: In sostanza questi sei giorni sono per farci capire il fine per cui siamo stati creati.

Luigi: Il Signore in questi sei giorni ci forma in vita e ci fornisce l'alimento per mantenerci in vita.

Emma: Per farci capire dove sta la vita. 

Luigi: Sì, e per offrirci la possibilità di entrare nel suo Regno, di raccoglierci, perché noi senza di Lui non esistiamo, ma senza di Lui non abbiamo neanche il nutrimento. Perché al mattino quando uno si alza, se Dio non le presentasse una giornata da vivere, un pane da mangiare, lei non saprebbe cosa fare. Nessuno di noi saprebbe cosa fare. Iddio quindi ci fa giungere a oggi e ci da anche il pane per oggi, per mantenerci in vita, ma ci offre anche l'argomento da vivere perché è la dedizione a … che ci fa vivere. Per cui ci dice: “Oggi, ogni cosa che io ti presento, raccoglila in me”. E Lui ce la presenta spezzettata in modo che ci sia accessibile (il pane Lui lo spezza secondo le nostre capacità di assimilare). Oggi quindi Dio ci presenta questo cibo e questi argomenti di vita, affinché noi abbiamo del materiale su cui impegnarci, per entrare, del materiale da raccogliere. Raccogliendo, anche la nostra anima resta raccolta in Dio: e questo è il settimo giorno, l'entrata nella sua pace. “Sforzatevi di entrare nella sua pace”.

Emma: Ma se nel tempo che Lui ci lascia non facciamo questo, il tempo per noi finisce, la nostra speranza di salvezza tramonta e Dio ci dirà: “Non vi conosco”.

Luigi: Il tempo rappresenta il nostro cammino di entrata nell’eternità. Siccome noi passiamo dal nulla al tutto, ecco, in questo tratto, noi viviamo il tempo; è uno sviluppo, un crescere, un divenire, un cammino.

Ora, poiché l'eternità è in Dio, più noi ci avviciniamo a Dio, più partecipiamo di questa eternità. In Lui vediamo anche tutta l'opera immensa che ha fatto per creare noi e per mantenere noi in vita.

Ma ogni istante giunge a noi da un lavoro enorme di Dio per noi! Noi cogliamo soltanto la superficie; come l'acqua di una sorgente che arriva a noi attraverso un lavorio di rocce, di purificazione, magari di chilometri e chilometri sottoterra.

E tu pensa che tutta quell’acqua che sgorga è formata da tante gocce che si sono riunite, purificate, fino a sgorgare nell’acqua limpida della sorgente.

Così è lo stesso per ogni avvenimento.

Pinuccia: Il settimo giorno è l'ora settima, no?

Luigi: Sì, come significato.

Pinuccia: È il momento della raccolta, dell’entrata nella vita.

Luigi: È un’entrata che non avviene senza di noi.

Perché Dio attraverso i sei giorni: forma l'uomo: “Facciamo l'uomo”, e poi lo invita ad entrare: “Sforzatevi di entrare”; questo è il settimo giorno. Allora attraverso tutto l'universo, la creazione, ogni giorno Dio ci forma; direi, ogni mattina ci ricrea e ci offre la possibilità di vivere una giornata.

Ora, il vivere una giornata in che cosa consiste? Consiste nel raccogliere quello che Dio ci offre, nel raccoglierlo in Lui. Ogni giorno Dio ci offre i suoi doni e dice: “Adesso questi doni che Io ti presento, portali a Me”. Nella misura in cui riportiamo questi doni in Lui, noi viviamo.

Lettura del Vangelo di Giovanni cap. V, 1/8

Eligio: Rileggendo: “Allora il primo che si immergeva dopo l’agitazione dell’acqua”,pensavo all’argomento che avevo posto qualche domenica fa: “di quale iniziativa la creatura deve essere promotrice per ottenere la guarigione”, e vedo che qui positivamente un’iniziativa la prende : il primo che si immerge , “ si da’ da fare”. Quindi , indubbiamente è Dio che manda  l’Angelo , è Dio che mette d’innanzi la piscina con l’acqua che quando è agitata  può dare la guarigione, ma certamente c’è una risposta della creatura che si da’ da fare per buttarsi.

Luigi: Allora avevamo visto che questo “buttarsi per primo” voleva dire mettere prima di tutto,considerare al di sopra di tutto la parola di Dio (l’acqua agitata rappresenta la parola di Dio che arriva a noi ).

Eligio: Si, mi piacerebbe, approfondire il concetto del “darsi da fare” della creatura. Cioè se non mi do da fare, nessuno mi guarisce. Neanche Dio può guarirmi.

Luigi: Quel darsi da fare, quel buttarsi nell’acqua, coincide con quel “sforzarsi per entrare attraverso la porta stretta”. E la porta stretta è la porta delle pecore che richiede il superamento del nostro io .Il superamento del nostro io consiste nel mettere prima di tutto la parola di Dio che arriva a noi . Ora quando la parola di Dio arriva a noi, ci trova ammalati, cioè ci trova immersi in un mondo con tutta una problematica, con tutti i suoi argomenti, con tutti i suoi problemi che sorgono e si impongono su di noi. Per cui abbiamo i buoi, i campi, la moglie, la casa, ecc. abbiamo tanti problemi : siamo malati.La nostra malattia è  causata dal fatto che non abbiamo superato il pensiero del nostro io. Attraverso la Parola di Dio che arriva a noi Dio ci insegna a compiere questo superamento e a buttarci, cioè a ritenerla al di sopra di tutto. Gesù nella parabola dell’invito al pranzo di nozze, manda i suoi servi ( gli Angeli ) ad invitare alle nozze: ecco, qui abbiamo il movimento dell’acqua. Gli invitati vengono a trovarsi di fronte a questi servitori che dicono loro: “ Venite, che tutto è pronto”: ecco l’acqua che si mette in movimento. Di fronte a quest’invito, ognuno ha una sua scusa e non si butta. Non buttandosi: “Non assaggeranno la mia cena”.

Eligio: Questo chiarisce anche quanto abbiamo detto domenica scorsa sul settimo giorno e su una errata interpretazione del riposo del Signore, che molte volte noi facciamo coincidere con un non far niente, cioè con un oziare. Qui invece colui che si agita, che si da’ da fare per buttarsi nella piscina, entra nel settimo giorno.

Luigi: Si.

Eligio: Ecco perché il concetto del non far niente è un concetto sfasato riferito esclusivamente all’io, ma indubbiamente non interpreta quella che è la Volontà di Dio nei confronti della creatura, la quale deve darsi da fare per entrare, per ottenere la guarigione, per entrare nel settimo giorno,nella Sua pace.

Luigi: Si, però dobbiamo sempre tenere presente che questo darsi da fare della creatura, coincide con quell’istante in cui Dio gli fa giungere l’invito perché lei da sola,appunto perché non e passata attraverso la porta delle pecore, si trova con acqua stagnante e non può far niente; può agitarsi tutto quello che vuole, è come un malato che si agiti nel suo letto: per quanto si agiti, non fa altro che rivoltarsi nella sua malattia, ma non ne esce, non guarisce.

Eligio: Dovremmo però precisare questo: che Dio agita in continuazione, durante la nostra vita, l’acqua, per cui continuamente dialoga con noi e dà a noi la possibilità di entrare in questo suo settimo giorno.Non è che di tanto in tanto ci sia una vacanza spirituale, ecco, una possibilità di assenza, distorno dell’attenzione del pensiero di Dio. Se siamo attenti Dio manda l’Angelo in continuazione ad agitare le acqua e in continuazione ci dà la possibilità di darci da fare per buttarci in questa piscina, per entrare in questo settimo giorno.

Luigi: Anche qui ci sarebbero tante cose da notare, soprattutto questo: avevamo detto che la continuità della vita è nel Verbo di Dio. Ma più noi siamo lontani dal verbo di Dio e più noi ci allontaniamo da questa continuità, e abbiamo l’intermittenza. Un’ intermittenza che diventa sempre più rara. Non è che Dio non parli in continuità, ma noi sentiamo sempre meno la parola di Dio. Sentiamo la parola di Dio ad intervalli sempre più distanti.

Eligio: Ma l’intermittenza è dell’anima.

Luigi: È per noi, è in noi, perché siamo noi che ci allontaniamo dalla continuità di vita che è in Dio, fino ad arrivare al punto estremo: vita stagnante, cioè morte, non più vita. Man mano che scendiamo dal “tutto vita” al “non più vita”Dio ci sorprende: ma sono fatti intermittenti, cioè di tanto in tanto, per farci toccare con mano che siamo lontani dalla vita. E come ci farebbe toccare con mano che siamo lontani dalla vita ? Facendoci toccare con mano la stagnazione della vita, la noia della vita, la vecchiaia per cui noi nel pensiero del nostro io rendiamo tutte le cose non più vive, non più nuove, non più attraenti, cose che non ci prendono più. Tutto è Parola di Dio, ma per essere presi noi dovremmo sempre essere con Dio. Più noi siamo con Dio e più anche la fogliolina che cade, l’erbetta che cresce,anche la creatura più insignificante è una fonte infinita di vita, perché arriva a noi attraverso l’opera di Dio di sei giorni; questi famosi sei giorni ci significano che tutto è un dono meraviglioso di Dio, che arriva a noi da una profondità enorme dell’infinito di Dio! Tutto arriva a te preparato da Dio, per cui non vantarti di niente! Tu arrivi soltanto al sesto giorno, sbuchi soltanto al sesto giorno. Ma guarda che quando tu ti affacci sulla finestra dell’universo, l’universo è stato preparato per te da cinque epoche lunghissime in cui Dio ha operato per te. Quando Dio ha incominciato a dire:”Sia fatta la luce”, lo diceva per te personalmente per te, pensava a te. E poi quando ha creato il sole, le stelle, pensava a te. E tu ti sei affacciato solo al sesto giorno. E allora ringrazia il Signore per tutto. Non disprezzare niente, perché tutto arriva a te da una profondità immensa di Pensiero di Dio! La volta scorsa abbiamo detto che se noi non raccogliamo in Dio sciupiamo non soltanto il disegno, ma tutta la creazione, tutto l’universo; frustriamo tutta l’opera di Dio, tutto decade in noi: è sangue sparso del Signore per dare a noi la vita.

Emma: Pensavo che modo diverso questo di concepire il settimo giorno quando si andava a Messa, senza capire, sì, si ringraziava il Signore per tutto quello che ci aveva dato: ma che differenza di realtà.

Luigi: Più noi approfondiamo, certo, più ci avviciniamo a cose che sono un infinito di bontà e di amore.

Teresa: Sì, ma è anche ringraziare il Signore per tutto quello che ci ha dato e che ci ha preparato a questo momento in cui possiamo rispondere.

Luigi: Sì bisogna accogliere tutto dalle mani di Dio e portare a Dio. Ma se noi non riportiamo, tutto quello che abbiamo ricevuto diventa inutile, anzi diventa motivo di condanna, perché tutto quello che giunge a noi è Parola di Dio che arriva a noi per darci la vita. Ora la Parola di Dio che arriva a noi, se non viene da noi riportata nel Padre, raccolta nel Padre, diventa per noi motivo di responsabilizzazione e di condanna, perché: “Se io non avessi parlato non avrebbero colpa, ma dal momento che ho parlato, qui inizia la loro colpa”.

Teresa: Si faceva e si diceva con parole più semplici; ma era già quello. Il ringraziamento, io penso è già un riconoscere che tutto viene da Lui.

Luigi: Ringraziare nel vero senso della parola vuol dire ritornare, riportare a Dio. Il vero ringraziamento sta lì. Non basta dire: “Signore ti ringrazio”, perché noi lo diciamo a parole e non facciamo quello che Lui vuole. E allora perché a parole tu mi ringrazi e poi il tuo pensiero invece si appropria dei miei beni e non li riporta a me ? Il vero ringraziamento, che è il ritorno di quel lebbroso su dieci, ( è il ringraziamento che salva ) è quello del ritornare: Non sono stati guariti tutti dieci ?” Come mai uno solo è tornato ? “ La tua fede ti ha salvato.” Tutti sono stati guariti. Uno solo è stato salvato. Vedi la differenza che fa Gesù ? Tutti guariti, uno solo salvato. Quindi c’è differenza. L’opera di Dio quando arriva a noi ci guarisce, ci apre alla vita, ma………

Teresa: Gli altri non hanno ringraziato  

Luigi: Non hanno ringraziato. Ma il ringraziare è un tornare indietro,è riportare a Dio.

Teresa: Riconoscere che tutto viene da Lui.

Pinuccia:Ecco questo “riportare” è riconoscere e cercare di capire il messaggio.

Luigi: Riconoscere e cercare di capire è ringraziare,è riportare a Dio, perché l’intelligenza, la luce si ha nel Padre. Tutto arriva a noi attraverso il Figlio. Arriva a noi affinché noi andiamo al Padre,attraverso il Figlio. Se noi non andiamo al Padre non compiamo il ringraziamento,

non diamo a Dio quello che è di Dio. E allora tutto si arena in noi. Anche il Figlio si arena in noi, viene ucciso: sangue sparso, opera inutilizzata. E noi scopriamo che impegnandoci a raccogliere in Dio è il Figlio che noi non ascoltiamo. Noi credevamo di non tener conto delle creature, invece no, noi non tenevamo conto del Figlio di Dio che parlava con noi: “Ero io che parlavo con te”. “Sono io che parlo con te”: la Samaritana non lo sapeva, ma chi parlava con lei era il Messia. Qui abbiamo questo paralitico che non sa – è l’argomento di stasera – non sa di trovarsi di fronte al Figlio di Dio e dice: “ Non ho nessuno”. Lui diceva “Non ho nessuno” e non si rendeva conto che aveva davanti a sé Dio. Come molte volte noi riteniamo di essere soli e non ci accorgiamo che proprio in questo “nessuno”c’è Qualcuno .Perché noi non potremmo dire nessuno se non avessimo presente Qualcuno.

Emma: Non potremmo dire nessuno se non ci fosse la presenza di Dio?

Luigi: Certo, perché noi pensiamo alla presenza corporea e allora nella presenza corporea diciamo; non c’è nessuno. Nella presenza spirituale invece il concetto di “nessuno” non può essere detto senza la presenza di Qualcuno.

Teresa: Stavo pensando a quello che diceva: che ci vuole allora la nostra partecipazione.

Luigi: Sempre.

Teresa: Ma da parte del paralitico c’è stata questa partecipazione? Forse tentava di buttarsi, ma non poteva; ma c’è stato lo sforzo da parte sua ? O gli è data gratuitamente la guarigione da parte di Dio?

Luigi: Nel settimo giorno arriva tutto gratis. Cioè si entra nel Regno di Dio. Anche quando noi diciamo: “Ce l’ho messa tutta, ho fatto lo sforzo per entrare”, se andiamo alla ricerca della sostanza di questo sforzo, ci accorgiamo che anche lo sforzo è dono gratuito di Dio! Cioè la volontà nostra di riportare a Dio è grazia di Dio è dono di Dio.

Teresa: Dio ha dato la volontà al paralitico come agli altri ; soltanto che gli altri riuscivano,mentre il paralitico forse non riusciva, perché era paralitico.

Luigi: C’è una differenza (tutto ha un disegno) tra l’acqua agitata dall’angelo e la presenza del Cristo. L’acqua agitata dall’angelo è a intermittenza; la presenza del Cristo è una presenza eterna: la prima è segno di questa, ma questa non è segno della prima. Cristo non ha più bisogno di prendere quel paralitico e di buttarlo nell’acqua; non ha bisogno né degli uomini né degli angeli. Con l’incontro del Cristo tutto è dato. La presenza del Cristo supplisce all’acqua, al movimento dell’acqua, allo sforzo della creatura; supplisce a tutto.

Teresa: Ma il desiderio e lo sforzo ci sarà stato tanto nell’uno quando negli altri.

Luigi: Qui nel paralitico c’è da approfondire se veramente c’era il desiderio o nò. Si nota che c’era molta disperazione o rassegnazione, perché quando Gesù gli dice: “ Vuoi essere guarito ?” lui risponde: “non ho nessuno che si butti; non ho nessuno”. Ora quando uno dice non ho nessuno, è la disperazione che parla, è rassegnazione, ormai, a non farcela più.  Non ce la fa più né con le sue forze e non ce la fa più con le forze degli altri.

Teresa: Avrebbe anche potuto rispondere “ vorrei, ma come ce la faccio ?”

Luigi: Sì, quindi abbiamo uno che fa conto su altro da Dio, non fa conto su Dio. Anche qui questo paralitico rivela (d’altronde se non fosse così non sarebbe stato paralitico) la mentalità materiale. È la mentalità del funzionario che arriva a Gesù dicendogli: “Signore, discendi a guarire mio figlio”.È la mentalità della Samaritana che dice:” come puoi tu darmi da bere, che non hai i mezzi, il pozzo è profondo, ecc.” Vede abbiamo sempre di fronte a Gesù l’uomo carico di materialità. D’altronde se l’uomo non fosse carico di materialità, sepolto sotto la pietra, non ci sarebbe stato bisogno della Incarnazione del Figlio di Dio.

Teresa: Anche gli altri hanno contato sulle proprie forze: hanno creduto nel valore dell’acqua che si agitava; però hanno adoperato le loro forze per buttarsi, non sono stati lì ad aspettare……….

Luigi: Certo e anche questo ha una sua lezione. Questo è il suo significato: per dirci: quando la parola di Dio giunge a te devi buttarti, devi cioè ritenerla come la cosa più preziosa per la tua vita; è quel tesoro che Dio ti offre e per il quale tu devi vendere tutto per poterlo possedere: buttarsi è questo. Questo ha quindi una sua lezione. Però noi possiamo essere paralizzati al punto da non poterci buttare, ed abbiamo l’altra lezione: cioè noi possiamo arrivare alla situazione della disperazione. Il Signore ci prende in tutto l’arco, in tutte le sfumature della nostra vita. Se il Verbo di Dio si è incarnato, si è incarnato per raccoglierci in tutta la gamma delle situazioni in cui noi possiamo trovarci. Noi possiamo trovarci anche disperati. Gesù viene anche per i disperati. E chi è il disperato? È colui che oramai non può più muoversi, non può gettarsi. Allora se abbiamo la possibilità di gettarci, non vantiamoci: è dono di Dio! S. Paolo dice: È Dio che muove in noi il  volere e il fare”. Se tu ti muovi, non attribuirlo alla tua volontà, non attribuirlo a tuo merito, ma ringrazia il Signore. Se tu hai volontà di lavorare, non attribuirlo alla tua buona volontà, ringrazia il Signore. È il Signore che muove in te la volontà. È il Signore che ti dà la possibilità di fare: attribuiscilo a Dio, non attribuirlo a te, perché se tu lo attribuisci a te, esci dal Regno di Dio: un giorno sarai paralizzato. Ma se anche sei paralizzato e sei disperato e non hai più fiducia in niente, perché ormai hai esaurito tutte le tue risorse ( vedete che qui ci avviciniamo alla tazza del te vuota, svuotata e quindi pronta per essere riempita ?) sappi che Dio viene a te. Quando uno non fa più conto su niente, è Dio che attraverso tutta la sua opera ( i sei giorni ), ha svuotato quella tazza che era piena: era piena perché faceva conto sulle sue forze: ( ho la possibilità di buttarmi ) o sull’aiuto degli altri, gli altri che mi aiutano a buttarmi, ecc. Il Signore allora attraverso il suo lavoro ci invita ad entrare nel suo riposo ed opera affinché possiamo entrare. Il settimo giorno, il sabato, presenta due aspetti :1) l’aspetto dell’origine, prima del peccato originale, cioè nel disegno puro di Dio: 2) dopo il peccato.Nel sabato si entrava, o si doveva entrare secondo il disegno di Dio, mettendo Dio prima di tutto. Quindi mettendo Dio prima di tutto, tutto si riferiva a Dio e tutto era dono di Dio; tutto si riceveva da Dio e tutto si riportava a Dio. Ma si riportava a Dio anche la volontà di buttarsi anche la volontà di riferire a Dio. Perché guai se la creatura attribuisce qualcosa a sé. Attribuendo qualcosa a sé, abbiamo il peccato originale, per cui la creatura ritiene qualcosa suo, merito suo e allora si mette fuori del Regno di Dio. E allora noi non soltanto dobbiamo riportare a Dio le cose che Dio ci fa giungere, ma dobbiamo riportare a Dio anche la buona volontà che c’è in noi, anche l’azione stessa del riportare a Dio  dobbiamo riferirla a Dio, ritenerla di Dio, perché è di Dio. Ora noi possiamo entrare nel sabato in due modi:

- mettendo Dio prima di tutto      

- attraverso lo svuotamento di tutto ciò che non è Dio.                                                                      

E Dio opera, visto che noi non siamo stati intelligenti nel mettere Dio prima di tutto, per liberarci, cioè per svuotarci di tutto ciò su cui noi abbiamo fatto conto al posto di Dio . Arriviamo al punto in cui, di fronte all’ offerta del Signore:” Vuoi essere guarito ?“, noi che facciamo conto su altro, vediamo questo “vuoi essere guarito?”della parola di Dio, quasi come un rimprovero, come se dicessi:” Come mai tu sei malato, come mai tu non ti butti?”   

Infatti lui risponde:” ma io non mi butto, io sono malato, perché non ho nessuno”. Non ho nessuno . Ecco lo vediamo come un rimprovero, abbiamo bisogno di giustificarci: “ non ho nessuno che mi butti”.E allora come è successo questo? Come ha fatto quest’uomo ad arrivare a dire: “non ho nessuno?” Come facciamo noi ad un certo momento della nostra vita a confessare a testimoniare: “ non ho nessuno”, cioè tutto ciò che su cui uno fa conto, non l’ha più, non gli serve più, perché le cose se ne sono andate da noi. È opera di Dio. Io facevo conto sul denaro, Dio mi fa toccare con mano che con il denaro non posso risolvere il mio problema principale. Io facevo conto sulla creatura: Dio mi fa toccare con mano che attraverso la creatura non posso risolvere il mio problema principale. E così anche tutto ciò su cui noi facciamo conto all’infuori di Dio e su cui fondiamo la nostra vita, Dio ce la annulla attraverso la nostra vita: ci mette in contraddizione: io ero sicuro di quello e Dio mi fa sorgere il dubbio; io facevo conto su quell’altro e Dio mi mette in contraddizione. Ecco è Dio che svuota la tazza che è troppo piena. Me la svuota perché  essendo troppo piena,non posso accogliere la sua grazia,non posso ricevere. E mi prepara ad accogliere la sua grazia. Infatti quando questo paralitico dice: “ non ho nessuno “ ,Gesù risponde “Alzati e cammina”. La  tazza è vuota, ha la possibilità di essere riempita di Dio, perché non fa più conto su altro. Adesso se la grazia la ottiene non può più attribuirla ad altro o ad altri. Non la può più attribuire alla sua dedizione, alla sua buona volontà, al suo sforzo di buttarsi, non può più attribuirlo all’aiuto di nessuno, perché ormai dice: “ non ho più nessuno”.Quando uno non ha più nessuno è giunto il momento per riconoscere Dio. Questa è una lezione personale per la nostra vita, per ognuno di noi, perché noi di fronte a questo quadro capiamo. Lui non capiva perché la lezione non era per lui, ma per noi, per noi che attualmente siamo spettatori. Di fronte a quest’uomo che interrogato da Dio: “ vuoi essere guarito ? “ e che risponde: “ io non ho nessuno” noi qui sorridiamo. E il sorriso di noi spettatori sta in questo, ed è questa la lezione per noi, perché diciamo: “ Guarda, aveva costui diceva che non nessuno e aveva davanti a sé Dio                             

Eligio : Ma Dio è sempre davanti a noi.

Luigi : Comunque bisogna sempre ricordare la nostra difficoltà a restare in Dio. Tu dici “Dio parla sempre in continuità” e in questo siamo perfettamente d’ accordo.

Eligio: Opera senza intermittenza, senza interruzione.

Luigi: Opera senza intermittenza eppure c’è l’intermittenza.

Eligio: L’intermittenza è creata dalla distrazione dal pensiero di Dio. Più la distrazione si fa lunga più i periodi di apparizione di Dio diventano lunghi.

Luigi: Perciò l’intermittenza è una realtà per noi.

Eligio:Ma è creata da noi con la distrazione da Dio.

Luigi:No, non è creata da noi,ma è determinata da Dio.

Eligio: La determiniamo noi, perché come può Dio positivamente creare una diversione della creatura da Lui? Siamo noi che attratti da altri centri di interesse, operiamo questa diversione.

Luigi: Certo ma, il fatto che noi dimentichiamo Dio. Dio ci fa toccare con mano che nella dimenticanza di Lui c’è una diminuzione di vita. È Lui che ci fa toccare con mano, quindi è Lui che la crea.

Eligio: Dio mi fa sperimentare le conseguenze di questa distrazione.

Luigi: Certo è Lui, per questo dico che è Lui. Quindi l’intermittenza  è opera di Dio. Lui è continuo,ma è necessario che precisiamo questo: sei convinto che nel Verbo di Dio c’è continuità di vita ?

Eligio: Si

Luigi: E quindi c’è sorgente viva di acqua, l’acqua della vita in Dio è sempre agitata. Quindi nel Verbo di Dio noi abbiamo la vita continua. Però noi siamo nel Verbo di Dio ? Noi naturalmente non siamo nel Verbo di Dio. Naturalmente siamo nel pensiero dell’io. Il pensiero dell’io certamente non è Dio, perché io non sono Dio, nessuno di noi è Dio. Allora se la vita è continua solo nel Verbo di Dio, nel pensiero dell’io noi abbiamo la negazione della vita. Ora, se paragoniamo, in parabole la vita con l’ acqua mossa, acqua sorgiva, la non vita dobbiamo paragonarla con acqua stagnante. E allora qui abbiamo l’intermittenza, che è dono di Dio. L’intermittenza è la fusione di due fattori: Dio e l’io.

Eligio: Io direi soprattutto che rivela una debolezza e una incostanza dell’io nel percepire la continuità della presenza di Dio. Ecco perché stento a vedere in Dio la causualità di questa intermittenza. Cioè causa efficiente della mancanza di visione dell’operare di Dio nella vita dell’uomo è l’uomo stesso, è l’io, il pensiero dell’io.

Luigi: Riflettiamo un po’: la morte è voluta da Dio, no? Senz’altro la paralisi, la malattia è voluta da Dio, vero?

Eligio: Si.

Luigi: E allora perché non vediamo anche questo come voluto da Dio? Perché Dio ci mette la morte? Perché Dio ci mette la malattia? La paralisi? Per far toccare con mano che lontano da Lui si diventa ammalati, lontano da Lui si diventa paralizzati, lontano da Lui si perde interesse per la vita. Ecco il Signore opera questa lontananza ci chiama a Sé, ma proprio perché ci chiama a Sé, ci fa toccare con mano anche quanto si sta male lontano da Lui. E come ce lo fa toccare con mano?

Eligio: Noi sperimentiamo la lontananza con la paralisi, con tutti i mali che Dio ci manda: sono gli unici mezzi con cui Dio può farci capire le conseguenze della nostra diversione da Lui, questo senz’ altro. Ma questo allontanamento non è Dio che lo opera.

Luigi: No, non è l’allontanamento, la dimenticanza di Dio.

Eligio: Dio non può creare la nostra distrazione da Sé.

Luigi: No Dio ci attrae a Sé. Dio è il massimo centro di attrazione e vuole e opera tutto per attrarci a Sé. Però non basta l’opera di Dio perché noi restiamo con Lui.

Eligio: Abbiamo parlato dell’iniziativa della creatura, del darsi da fare per buttarsi.

Luigi: Ecco, per restare con Lui, bisogna che noi ci raccogliamo in Lui. Noi naturalmente non siamo figli di Dio. Allora cosa succede ? Che il nostro io può non raccogliersi in Dio. Può non superarsi. Non superandosi, il nostro io viene a trovarsi in una situazione di non vita. Però può non accorgersi della rovina che sta portando dentro di sé: allora Dio opera per fargli toccare con mano che lontano da Lui si sta male, per esempio, che lontano da Lui si è infelici, lontano da Lui ci sono le tenebre. Dio è luce eppure è Lui che crea le tenebre. Dio è pace eppure è Lui che crea l’angoscia. Ma crea  l’angoscia per raccoglierci dalla nostra lontananza .Dio che è vita ad un certo momento si mette nelle nostre mani e si lascia uccidere. Ora è Lui che si lascia uccidere, ma si lascia uccidere per darci la vita, per riportarci alla vita. Allora distinguiamo: l’allontanamento come distacco da Lui, non è voluto da Dio, è il pensiero del nostro io che non riporta a Dio.

Eligio: Ecco, è questo che mi premeva chiarire.

Luigi:  Ma questo è intimo, questo non ha niente a che fare con tutto quello che è attorno a noi, esterno a noi. Questo è un fatto personale, intimo per cui io non supero il pensiero del mio io. Allora il Signore ( ecco l’opera di misericordia ) mi mette attorno, mi fa toccare con mano, tutta una situazione di infelicità, di tristezza, di paralisi, di malattie, ecc. di morte, per salvarmi, per richiamarmi. Per cui abbiamo una duplice opera di Dio.

1: L’opera di Dio attraverso la quale Lui ci dice: “Metti prima di tutto Me”: opera ‘intelligenza, opera di valori, per cui mi fa capire che è giusto che io metta Dio prima di tutto;

2: E abbiamo l’altra opera di Dio che affianca questa, per cui Dio, se io faccio questo, se non entro nella mia pace, se non entro nel suo riposo, mi fa toccare con mano quanto sia triste essere lontano da Lui. E attraverso la tristezza che mi fa provare attraverso la malattia, ecc., Dio opera per ricuperare la mia distrazione, la mia lontananza da Lui. Ma è Dio che opera questo.

Eligio: Si, si indubbiamente.

Luigi: Cioè è Dio che manda l’angelo di tanto in tanto ad agitare le mie acque, perché io sono morto. È Lui che fa arrivare la sua parola nella mia tomba. Io sono sceso nella tomba, ma Dio con la sua Onnipotenza, fa arrivare la sua parola nella mia tomba. È Dio che svuota la mia tazza del tè che ho messo dentro, per renderla capace di ricevere la sua acqua, la sua acqua fresca, la sua acqua sorgiva. È Lui che svuota per renderla capace. Noi la riempiamo di tutto ciò che non è Dio, Dio opera per svuotarla di tutto ciò di cui noi l’abbiamo riempita, in modo da farci capaci di accogliere. Ecco è proprio per l’opera di Dio che noi diciamo: “ Signore, io non ho nessuno che mi aiuti: io sono ammalato, paralizzato, perché non ho nessuno”. Ora questo nessuno è la tazza svuotata. Io facevo conto… avevo riempito la mia vita di questo e quell’ altro. Dio poco per volta ha lavorato, ha preso su di Sé le mie colpe, ha preso su di Sé i miei peccati, cioè la mia distrazione da Lui, e sul mio peccato Lui ha lavorato per annullare tutti quei valori che io ho messo al posto di Dio. Ad un certo momento della mia vita,io mi accorgo che non ho più nessuno, sono solo: sono messo con le spalle al muro. Se a questo punto mi arriva un raggio di luce, se mi arriva la grazia, se a questo punto mi ritorna  la vita, a chi lo debbo attribuire ? Ormai io ho sperimentato che non ho più nessuno. Ecco perché  dico che nel nulla siamo aperti al Tutto, nell’impotenza noi stiamo sfiorando l’Onnipotenza di Dio. Proprio perché abbiamo creduto in altra potenza, Dio ci ha portati all’impotenza affinché fosse dato a noi di scoprire l’Onnipotenza. Dovevamo già scoprirlo con l’intelligenza che Dio ci aveva dato, con la Parola di Dio, perché la Parola di Dio recava a noi la luce. Difatti il Signore come prima creatura ha detto: “ Sia fatta la luce”. Quindi tutto è fatto nella luce, è fatto nell’intelligenza. Dio non opera per accecarci, Dio opera per portarci nella luce. Quindi nel Verbo di Dio noi abbiamo la luce, cioè noi riconosciamo l’Onnipotenza di Dio: tutto è opera di Dio. Ma siccome noi ci siamo illuminati con altre luci,allora Dio, che ha creato come prima creatura la luce (quindi tutto è creato nella luce), ha creato le tenebre. Cioè Dio deve accecare noi che crediamo di vedere, per portarci nella luce. Per cui, Dio che è venuto a recarci la luce, devono accecare coloro che vedono per poter dare loro la luce. Se invece noi fossimo ciechi, Dio verrebbe recandoci la sua luce. Ecco perché Cristo venendo trova l’uomo paralitico, trova l’uomo cieco : è Dio che l’ha reso paralitico perché questo qui muoveva con i suoi mezzi, faceva conto su altro; questo qui guardava con i suoi occhi e Dio l’ha reso cieco. Come l’uomo è paralizzato come l’uomo è cieco, abbiamo la tazza vuota che è pronta per incontrare il Cristo.

Cina: Quest’uomo si rivolge ai mezzi umani che non ha.

Luigi: Ai mezzi umani su cui aveva fatto conto e che non ha più. Come mai non li ha più ? È Dio, è l’opera di Dio che glie li ha tolti, perché lui faceva conto sui mezzi umani. E fintanto che noi facciamo conto su mezzi umani anche per arrivare a Dio, ( la nostra buona volontà, l’aiuto degli altri ), fintanto che facciamo conto su altro, siamo aperti a quest’opera di Dio che a poco per volta annulla tutti gli aiuti attorno, affinché abbiamo a scoprire e ad entrare in rapporto personale con Lui. Perché Dio chiama tutti noi ad un rapporto intimo, personale a quella nuova conoscenza di cui parlavamo un giorno, a quella nuova conoscenza che ci apre alla vita eterna, a quel “come” Lui conosce noi. Cioè Dio attraverso tutte le sue opere, ci fa scoprire come Lui conosce noi e come Lui ama noi, ma noi conoscendo come Lui conosce noi, come Lui ama noi, conosciamo come Lui ci conosce e amiamo come Lui ci ama. Ma abbiamo avuto bisogno di giungere a capire come Lui ci conosce e come Lui ci ama, abbiamo avuto bisogno che Lui ci mettesse con le spalle al muro, ci svuotasse di tutto.

Cina: Invece era una grazia.

Luigi: Era una grazia che ci svuotasse di tutto. Non è che all’inizio Dio abbia voluto questo, che Dio abbia detto: “Io creo l’uomo e poi l’acceco”, no, Dio ha creato l’uomo per la luce. Ma la luce è Dio. I nostri occhi da soli non vedono, i nostri occhi hanno bisogno della luce, hanno bisogno del sole per vedere. Noi non dobbiamo vantarci dei nostri occhi. Invece noi ci facciamo forza di quello che riteniamo nostro e che invece è tutta grazia di Dio, per dire: “ ma io ci vedo, ma io sono forte, ma io vivo, ma io, ecc.” Allora il Signore per non lasciarci perdere, ha bisogno  di accecarci, ha bisogno di toglierci la volontà. Come ci toglie la volontà ? Ce la toglie mettendoci il dubbio : nel dubbio non camminiamo più; la nostra mente nel dubbio non agisce più. Crolla anche la fede. Ad un certo momento se ne va tutto di noi. Ecco, noi siamo un niente che dispera, che non ha niente su cui far conto.

Teresa: Dire che tutto è opera di Dio non vuol dire che Dio ci allontana perché noi sperimentiamo che siamo lontani da Lui, siamo falliti, vero ?

Luigi:         Certo.

Teresa: Siamo noi che ci allontaniamo allora interviene quando noi siamo già allontanati.

Luigi: Certo e noi come ci allontaniamo ? Ci allontaniamo non raccogliendo in Dio, non superando noi stessi.

Teresa: E allora in quel momento Lui ci fa sperimentare quanto siamo miseri lontani da Lui.

Luigi: In quel momento : è un momento che può durare tutta una vita, perché è un’azione che ci deve convincere. Qui abbiamo un tempo di 38 anni.

Teresa: Ad un certo momento mi pareva quasi che si dicesse che tutto è opera di Dio lo è anche il nostro allontanamento: ma Dio non opera per allontanarci, non vuole allontanarci. Il momento dell’allontanamento è solamente nostro.

Luigi:         L’abbiamo detto con nettezza questo, che noi naturalmente non stiamo con Dio, perché per restare uniti a Dio, si richiede il superamento di noi stessi. Ora per superare noi stessi, ci vuole da parte nostra questo raccoglimento in Dio: tutte le cose che arrivano a noi, le dobbiamo attribuire a Dio, riferire a Dio, persino la nostra volontà di riferire a Dio, la dobbiamo riferire a Dio: è opera di Dio! Se lei ha volontà di pensare Dio, non deve dire : questo è mio, se no esce da Dio, si allontana da Dio. Ora siccome noi facciamo tanti di questi errori, per cui attribuiamo a noi qualcosa anziché attribuire tutto a Dio, e quindi ci portiamo fuori del Regno di Dio, Dio opera per ricuperarci attraverso tutti questi errori. Noi dobbiamo quindi attribuire a Dio non soltanto i doni che arrivano dall’esterno a noi, ma anche tutti i doni che ci sono dentro di noi, cioè tutto quello che noi riteniamo più nostro : il nostro pensare, ad esempio. Se tu in questo momento pensi Dio, non attribuirlo a te, non sei tu che pensi Dio, è Dio che pensa te, è Dio che ti dona il suo pensiero. Quindi attribuiscilo a Dio questo, ringrazia Dio, offri tutto a Dio. E se tu in questo momento hai la volontà di raccogliere in Dio attribuisci a Dio, è grazia di Dio. Per questo bisogna riferire tutto a Dio, riportare tutto a Dio : qui sta il superamento dell’io.

Teresa: Normalmente facciamo tanti di questi errori di non attribuire  a Dio, non soltanto le cose nostre ma anche quelle degli altri, ammirandoli per i loro sforzi, lodandoli per ciò che hanno ricevuto da Dio.

Luigi: Invece, no: “andate e predicate il Regno di DioÈ Dio che regna. Colui che è il Creatore è anche colui che regna in tutto, non soltanto nelle cose grandi :Dio regna nelle cose grandi e nelle cose minime, perché l’infinito è perfettissimo sia nel grande che nel piccolo. E Dio ci mette “ tanta intelligenza nel fare l’universo con tutte le stelle i soli ecc. come ce la mette nel fare un filo d’erba. Tanto c’è d’intelligenza nel filo d’erba, o nella pietruzza o in una goccia d’acqua. Non dobbiamo dire: questa è una goccia d’acqua la posso trascurare. No nella goccia d’acqua c’è tanto significato e quindi tanta carica divina come c’è in tutto l’universo stellato e di più ancora.

Teresa: Nel passato sempre si è considerato che la virtù di una persona consistesse nello sforzo.

Luigi:         Lo sforzo sta nell’attribuire tutto a Dio.

Teresa: Ma forse un tempo si trascurava troppo l’intervento di Dio, per mettere in rilievo lo sforzo della persona : la persona era grande nella misura in cui aveva più virtù.

Luigi: Quello che è del nostro io è sempre un  difetto nell’opera di Dio, per cui ci arrestiamo nel cammino dell’opera di Dio.

Eligio: La spiritualità benedettina fa molto leva sull’esercizio della virtù. Questo mi lascia perplesso, perché c’è qui rischio di cadere nel volontarismo per cui si attribuisce all’io il successo, mentre l’insuccesso è facile attribuirlo alle creature o alle congiunture sfavorevoli, o ad altro. Eppure S. Benedetto è l’iniziatore del monachesimo in occidente, è un gran santo. Eppure parlava molto, molto sull’esercizio delle virtù, e parlava dei vari gradi, ecc.

Luigi: Certo ma c’è tutta una scuola ascetica fondata sui vari atti di virtù, della nostra buona volontà, su questo sforzo da parte dell’individuo.

Teresa: Eppure tanti si sono fatti santi così.

Eligio: Io non credo nell’esercizio della virtù. Però mi lascia perplesso questo : che S.benedetto è un gigante di santità , eppure parla molto dell’esercizio della virtù.

Luigi: Quello che lo ha fatto gigante è l’amore a Dio, la fiducia in Dio e l’abbandono a Dio e l’attribuire tutto a Dio : quello l’ha fatto gigante. Tutto il resto sono sovrastrutture che ci sono come ci sono nella Chiesa, dove c’è del buono e c’è del difetto. Però noi dobbiamo sempre vedere il positivo.

Teresa: Io penso che anche quei sacrifici che si fanno per Dio non vanno perduti : ad un certo punto Lui interviene e ci dà la luce.

Luigi: Si, ad un certo momento anche noi capiremo che è stata tutta grazia di Dio, per cui non dobbiamo attribuire nulla a noi, alla nostra buona volontà. Ho detto che anche la buona volontà è opera di Dio. San Paolo qui è esplicito: “ È Lui che muove in noi il volere e il fare”. O crediamo o non crediamo. Quindi la parola è esplicita: è Lui che muove il volere e il fare. Allora se io voglio qualche cosa è Lui che mi muove, è Lui che mi dà la volontà. Noi siamo sempre superficiali, ma il nostro atto di volontà per scattare, per volere richiede l’opera di tutto l’universo. Ma l’universo l’ho fatto io? E come posso allora dire : io voglio questo ? Ma io non posso muovere questo dito, in questo momento, se non ci fosse la collaborazione di tutte le stelle di tutto l’universo. Ed io dico che sono io che muovo? Ma è sciocco ! C’è tutto l’universo che ti fa muovere il dito, non sei tu. Lei pensi anche ad un atto di volontà. Un atto di volontà non salta fuori se non ci fosse la collaborazione di tutti i sei giorni della creazione, di tutta l’opera di Dio. La nostra volontà è un centro di gravitazione di tutto l’universo, per cui ad un certo momento, ecco noi vogliamo questo. Quindi attribuiscilo a Dio, riferiscilo a Dio, e se tu puoi fare qualche cosa non sei tu che lo fai, è Dio che te lo fa fare. Non attribuirlo a te: di che cosa ti vanti? Tutto hai ricevuto. Allora bisogna imparare sempre a riconoscere in tutto “ Signore sei Tu che mi fai muovere”. Ecco è sempre questo riportare a Dio.

Teresa: Allora il Signore vuole da qualcuno più degli altri. Lui vuole tutto da tutti, però uno fa e l’altro non fa: c’è una differenza.

Luigi: In tutto, in quello che noi vediamo, dobbiamo sempre riferirlo a Dio, è opera di Dio. “Se io voglio che Lui resti a te che importa ? Tu vieni e segui Me”. È Lui che distribuisce, è Lui che conosce i tempi della creazione. San Pietro chiede : “ Ma perché Lui non ci segue ?” Gesù gli risponde “Lascia fare, se io voglio che lui resti fermo, a te cosa deve importare ? Tu vieni e segui Me”. Quindi tutto è lezione per ognuno di noi. E anche quando i suoi discepoli gli chiedono : Signore sono molti quelli che si salvano ?”, Gesù risponde: “ Non è dato a voi di conoscere , ecc., voi sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Ecco tutto è lezione, affinché ognuno di noi personalmente entri nel Regno di Dio, si affatichi, si sforzi per entrare e riconosca tutto il suo sforzo, tutta la sua fatica come grazia, come dono di Dio: lo attribuisca tutto a Dio. Soltanto attribuendo tutto a Dio, la creatura si sente amata, si sente pensata, si sente conosciuta da Dio. Se invece la creatura attribuisce qualcosa a sé, proprio in questo qualche cosa che essa attribuisce a sé, esce dal Regno di Dio. Perché è Dio che regna. È Lui il creatore. Soltanto se possiamo dire in ogni cosa: “ in tutto Signore sei Tu il Creatore del mio pensare, sei Tu il Creatore del mio volere, sei Tu il Creatore del mio vivere, sei Tu il Creatore di tutto quello che faccio e di tutto quello che non faccio”, noi apparteniamo al Regno di Dio. È soltanto per grazia di Dio, che prende su di sé le nostre colpe, che le nostre colpe sono perdonate. Se le nostre colpe possono essere perdonate è perché Lui le ha prese su di sé e ha detto : “ Sono io che te le ho fatte fare”. Soltanto se noi abbiamo la possibilità di intendere anche questo noi siamo perdonati ; in caso diverso questo diventa un delitto per noi di separazione eterna. Ma Lui lo prende su di sé, perché tutto è opera Sua : se noi ci convinciamo che Lui è il Creatore in tutto e per sempre, noi non possiamo entrare nel Regno di Dio e nella pace del Suo perdono. Il principio sta lì : “ Uno solo è il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio fuori di Me”. Quindi non ritenere né il tuo io un dio, né gli altri un dio: uno solo è il Signore Dio tuo, quindi adora e riconosci questo.

Teresa: Solamente il male è nostro.

Luigi: Sì, ma il male, anche lì, cos’è questo male ? Il male è la nostra separazione da Lui, cioè sta nel non attribuire tutto a Lui. Il male sta lì: nel non attribuire tutto a Lui. Non è che io faccia il male fuori: non puoi fare niente tu, perché se Dio non te lo fa fare, tu non fai niente, assolutamente niente. Io posso maturare dentro di me tutti i delitti di questo mondo, non faccio nessun delitto: forse abbraccio tutte le persone che incontro, mentre le volevo uccidere, perché Dio non me lo lascia fare.

Eligio:Questo non te lo lascia fare esteriormente.

Luigi: Certo esteriormente.

Eligio: Ma quello che concepisci dentro di te nel pensiero è già un male grave.

Luigi: Si, ma quello che concepisci è il distacco da Dio. Tu concepisci soltanto il distacco da Dio.

Eligio:D’accordo ma il male è consumato nel pensiero.

Luigi : Nel distacco da Dio c’è tutto il male, c’è tutto il delitto, c’è tutta la morte. È logico, è il distacco da Dio. Perché il distacco da Dio è uccisione di Dio: io faccio fuori Dio dalla mia vita io faccio fuori tutta la creazione dalla mia vita,faccio fuori tutte le creature, ho già ucciso tutti. Per questo S. Agostino chiede perdono di tutto quello che non ha fatto, perché nella separazione da Dio noi assumiamo, in quanto abbiamo fatto fuori Dio dalla nostra vita, un delitto universale in noi. Invece tutto quello che facciamo, è Dio che ce lo fa fare. È soltanto nel riconoscere questa Onnipotenza divina e questa grandezza di amore di Dio che prende su di sé le conseguenze del nostro distacco, per ricuperarci, per farci toccare con mano il nostro distacco, che noi possiamo essere liberati dal male. L’ha preso su di Sé, l’ha portato sulla croce. E perché è morto in croce ? È morto in croce proprio per farci toccare con mano: “Guarda il delitto che tu portavi dentro di te e non lo sapevi”. Non lo sapevi: ecco, noi non sappiamo che staccandoci da Dio portiamo in noi questo delitto, questo deicidio, e non lo sapremo fintanto che Lui non ci darà la possibilità di farlo fuori, non ce lo farà fare fuori. Ma tu capisci che facendocelo fare fuori, è Lui che ce lo fa fare affinché lo scopriamo ? È soltanto di fronte a Lui morto ( ecco: “piangeranno davanti a Lui tutte le genti”) che noi cominciamo a dire : ma, sono io che ho fatto quello ?, ma è possibile ?” e scopriamo il male che portiamo dentro di noi. Perché noi non ce ne rendiamo conto che lo portiamo in noi. Quando il Signore dice : “ Voi cercate di uccidermi”, gli altri cosa dicono ? “ Ma tu sei un pazzo, un indemoniato : chi cerca di ucciderti ?” “ Voi cercate di uccidermi, perché le mie parole non penetrano in voi : avete un altro padre”.Quindi in quanto non abbiamo per padre Dio noi già uccidiamo. Non possiamo ucciderlo, infatti non lo uccideremo fintanto che Lui lo voglia, non basta che noi vogliamo. È Lui che determina l’ora e che ad un certo momento dice : “Io voglio che voi mi uccidiate”. E quando Pietro dice:  “No Signore questo non sarà mai”, Gesù gli dice: “Tu sei un demonio perché non sai la volontà del Padre”. Quindi è la volontà del Padre che ha preso su di Sé in Cristo la nostra morte per salvare noi. È questo che dobbiamo imparare a renderci conto per poter capire il mistero di Cristo, perché il vero male sta lì: nel non attribuire tutto a Dio, nel non riferire tutto a Dio.

Teresa: Quindi una morte, un’uccisione è una spuma che viene a galla da qualcosa che c’è sotto.

Luigi: Certo

Teresa: È un segnale che io mi sono staccata da Dio

Luigi: Certo

Pinuccia. B.: È Dio che dà quel segnale.

Luigi: Certo, è Dio, perché ci rendiamo conto che siamo lontani da Lui.

Pinuccia B.: Però non è che da questo noi possiamo giudicare gli altri: se un altro uccide non è che da questo noi possiamo dire che ha il delitto dentro di sé.

Luigi: No, noi dobbiamo sempre prendere la lezione su di noi. Dio mi presenta questo per me. Abbiamo qui questo paralitico da 38 anni che dice:  “Signore, io non ho nessuno che mi butti quando muove l’acqua”, rispondendo a Gesù che gli aveva chiesto: “ vuoi essere guarito ?”. Noi di fronte a questa scena, non dobbiamo giudicare quell’uomo dicendo che affermando di non avere nessuno, ha una mentalità materiale, ecc., cioè non possiamo giudicare lui. No la scena è per noi, noi che adesso, dopo, a cose fatte, sappiamo chi è Gesù. Quell’uomo paralitico non sapeva chi aveva davanti, non sapeva chi fosse Gesù, non poteva saperlo. Noi, a cose fatte, sappiamo. Per questo come dicevo prima, noi sorridiamo di fronte a Lui che dice: “Signore, io non ho nessuno” e ha davanti Dio ! La lezione è per noi: quante volte noi diciamo: “ io non ho nessuno”. E un giorno il Signore ci dirà: “ proprio mentre tu dicevi che non avevi nessuno, avevi di fronte me”. “ Ero io che parlavo con te”. Perché nessuno di noi potrebbe dire: “ non ho nessuno” se non avesse presente qualcuno. È quel qualcuno che mi fa dire nessuno. Perché non posso pensare “ nessuno” se non ho presente “ qualcuno” che attualmente non vedo, non tocco. Allora io, forte delle mie presenze corpose, non vedendo una presenza corporea, dico: “ sono solo”, ed è perché confondo la presenza con la presenza corporea. Invece Dio è Spirito e vuole adoratori in spirito e verità. Allora la sua presenza è spirituale, è pensiero. E quando tu dici: “ non ho nessuno”, pensi a quel Qualcuno che attualmente non vedi più, ma se lo pensi ti è presente. Ecco la presenza spirituale: se lo pensi ti è presente. Dio è l’unico Essere che ti è presente al solo pensarlo perché è spirito ( le creature le abbiamo presenti spiritualmente solo se le pensiamo in Dio, solo attraverso Dio.) Per cui di fronte alla sua Verità, alla sua luce, Lui ci dirà: “Proprio mentre tu dicevi: io non ho nessuno io stavo parlando con te”. Come qui di fronte a Gesù che dice “Vuoi essere guarito ?” Il paralitico non si accorge che gli sta offrendo la guarigione: non si accorge di Colui che gli sta presente e dice : “Non ho nessuno”. “Ma come,  quel tale che hai lì davanti è nessuno? È Colui che ti dice “ Alzati e cammina

Teresa: Sì avrebbe potuto dirgli:  “aiutami tu”,invece pensava agli altri…

Luigi: Siccome noi pensiamo a noi (il paralitico è paralitico perché era nel pensiero dell’io), il pensiero dell’io ci fa ritenere le presenze corporee, riferite all’io: tutti gli altri io. Di fronte alla parola di salvezza che è parola di spirito come quella detta a quel funzionario: “ Va tuo figlio vive” (parola di salvezza e la parola è spirito: “le mie parole sono spirito e vita”), di fronte alla parola di salvezza, colui che pensa a sé, non trova la salvezza, non vede la salvezza che gli è offerta, non vede l’aspetto positivo: vede il giudizio, quasi come se uno gli chiedesse: come mai tu non sei sano ? Come mai sei lì ammalato ? Per cui l’altro sente il bisogno di giustificarsi dicendo:   “io non ho nessuno”. Di fronte alla parola di Dio che dice: “Lascia tutto, cerca prima di tutto il regno di Dio”, io lo vedo come un giudizio su di me: “ma io non posso, io come faccio, io ecc.”, perché ho presente tanti altri doveri, tanti altri impegni. Eppure è quella la parola di salvezza che mi giunge !  Ma non mi accorgo della parola di salvezza, vedo questa parola come una parola che mi vuole giudicare, per cui io cerco di correre ai ripari per salvarmi, per giustificarmi, perché io non posso. Non vediamo la salvezza ! Questo qui non ha visto la salvezza. Anche qui è scena per ognuno di noi, affinché noi impariamo la lezione, impariamo a vedere la salvezza che Dio ci offre. Quando il Signore ci fa giungere una sua parola, ce la fa giungere per salvarci non per giudicarci, non perché noi abbiamo a dire: “ ma Signore, io come faccio, tu lo vedi che ho questo, e quell’altro, ecc., non posso dedicarmi a quello che tu mi proponi”, e non ci accorgiamo che quello che Lui ci propone è la salvezza nostra. È per salvarci ! Per cui noi possiamo trovarci di fronte a Lui che parla e noi dire: “ non ho nessuno”. Ecco la contraddizione in cui veniamo a trovarci nel pensiero dell’io.

Pinuccia B.: Ed è sempre nel pensiero dell’io che uno dice: “ un altro è già sceso prima di me ?”

Luigi: Sì perché nel pensiero dell’io trova gli impedimenti

Pinuccia B.: Cioè uno si trova in un conflitto di pensieri: vorrebbe buttarsi, ma subito sorge un altro pensiero che glie lo impedisce.

Luigi: Certo è in contraddizione.

Eligio: È un guardare altro da Dio.

Luigi:

Eligio: Mi affido alla mia abilita più che a Dio.

Luigi: Mi affido alla mia abilità o all’aiuto degli altri, perché noi facciamo sempre conto su altri invece che su Dio e non ci accorgiamo che il vero aiuto viene da Dio. È Dio che mi ha tolto gli altri, ha reso impotenti gli altri, ha reso impotente me, per svuotare la mia tazza, affinché io possa finalmente accogliere Lui, perché Lui è la Vita. Quando gli altri mi aiutavano erano una mano sua: io dovevo vedere Dio non dovevo vedere gli altri. Allora siccome non ho visto Dio, ho visto gli altri, allora il Signore mi cancella gli altri, perché gli altri mi stavano portando lontano da Dio. E ad un certo momento non ho più altri: facevo conto su quello, non c’è più. Ecco perché c’è la morte, i fallimenti, la distruzione di tutti i valori, di tutte le nostre sicurezze, ecc.

Teresa: Invece se contiamo su Dio non ci manca mai nulla.

Luigi: Se contiamo su Dio, tutto diventa positivo e si costruisce, perché Dio non opera la distruzione. Se Dio distrugge, distrugge per salvarci. Distrugge il  nostro corpo che è un universo meraviglioso, eppure non esita a distruggere con il nostro corpo tutto l’universo per salvare la nostra anima: perché salvando la nostra anima con le nostre anime ricostruisce tutto. Ma se salvasse tutto l’universo, se salvasse il nostro corpo e non la nostra anima, tutto andrebbe perduto. Ora Dio per salvare la nostra anima, poiché è la nostra anima che si aggancia all’eterno, non esita a distruggere tutto. Ecco noi invece diciamo: “ Dio mi ha rovinato, Dio mi ha tolto tutto”. E non ti accorgi invece che Dio è stato misericordioso, poiché tutto è opera di Dio. Tutto è misericordia di Dio, anche se attualmente ti fa soffrire, perché ti toglie quello, quell’altro, ecc. Ma te lo toglie per svuotarti la tazza e renderla capace di accogliere la sua acqua che è acqua viva.

Pinuccia B.: Dobbiamo attribuire a Dio la nostra volontà, ma anche la stanchezza di volontà ? la nostra impotenza ?

Luigi: Tutto, dobbiamo attribuire a Dio, perché il nostro male sta nel non attribuire a Dio. Se noi attribuiamo a Dio anche la nostra povertà, la nostra miseria: anche questa è opera sua.

Pinuccia B.: Anche la nostra pigrizia ?

Luigi: Sì, anche la pigrizia: tutto lo dobbiamo riferire a Dio. In quanto lei la riferisce a Dio, Dio la carica di vita.

Rina: Ma a volte quello che noi chiamiamo pigrizia, è dovuta a tante cose: non si è dormito bene, ecc.

Luigi: Sì, è una sintesi

Eligio: Ci può essere però un difetto di volontà; c’è un male che è l’accidia spirituale…

Rina: Certe pigrizie, certe mal disposizioni verso gli altri sono dovute a disfunzioni fisiche

Eligio: Ma allora siamo condizionati dal corpo ?…… allora saremmo quasi del tutto giustificati….Siamo condizionati, si, ma entro certi limiti. Mi pare troppo comoda e semplicistica una tesi così.

Luigi: Ma anche questi condizionamenti vanno posti in relazione a Dio

Eligio: A me pare che con un po’ di buona volontà anche quando ho mal di testa, riesco a vedere Dio

Luigi: Certo, ma anche l’ammalato più grave può elevare la sua mente a Dio

Eligio: È quando mi lascio andare, che lo attribuisco ad  altri o lo faccio dipendere da altri o al non aver dormito o digerito bene, però naturalmente dimentico Dio, opero una diversione, un distacco del mio pensiero da Dio.

PinucciaB.: Anche una cattiva digestione dipende da Dio vero ?

Luigi: Io non so se siate convinti che il nostro bene, la nostra salvezza sta nel riportare, nell’attribuire tutto a Dio. Il nostro male sta nel non riferire tutto a Dio. Non so se siate convinti o no di questo.

Eligio: Sì, certo

Luigi: Lei Teresa è convinta di questo ?

Teresa: Sì, sì

Luigi: No, perché fa tante obiezioni. E lei C. è convinta ?

Cina: Penso di sì: ci viene detto dalla parola di Dio

Luigi: È convinta che il nostro male sta nel non riportare, nel non riferire a Dio e che invece il nostro bene, la nostra vita sta nel riportare tutto a Dio ? E lei D. è convinta ?

DeBortoli: Pensavo alle condizioni fisiche e ai condizionamenti fisici di cui parlava R.

Luigi: Ma è opera di Dio ! Deve riportare a Dio anche quello. Poco fa mi pose la questione dei sei giorni, ma non pensa che le sue condizioni fisiche dipendono dai sei giorni di creazione di Dio ?

DeBortoli: Sì, penso che sono una purificazione      

Luigi: Ma ad esso lasciamo la finalità per cui Dio fa quello; notiamo che tutti i mali che ci portiamo addosso arrivano a noi dai sei giorni della creazione di Dio.

Eligio: S. Teresina non aveva salute, ma è santa !

Luigi: Tutti i mali fisici ci arrivano da un infinito divino, per cui noi ad un certo momento diciamo: “mi fa male un dente”. Ma questo dente che ti duole, Dio è dall’eternità che l’ha predisposto. Come un raggio di luce che arriva da una stella lontanissima e mi colpisce l’occhio: così è un dolore che mi colpisce un dente.Questo dolore di dente mi arriva come una stella lontanissima, ma non è che siano le stelle, sia ben chiaro, ed è tutta opera di Dio che fa giungere a me questo; per cui se io scavassi, andassi in profondità, attraverso questo dolore, questa ferita che mi è giunta oggi, in questo momento io precipiterei in un abisso di opere di Dio, tutte concatenate per farmi arrivare quello in quel momento, per dialogare con  me attraverso questo fatto sensibile, perché io avevo bisogno di essere toccato in quel punto, perché questo era il punto attraverso cui io avvertivo Dio. Ma tutto è dono di Dio e tutto va attribuito a Dio, riferito a Dio. Senza questo noi agitiamo le acque invano; senza questo noi facciamo dei grossi buchi nell’acqua, seguissimo anche tutte le scuole di virtù di questo mondo. Facessimo anche tanto Yoga, tanta bella ginnastica, fossimo molto virtuosi, senza Dio concluderemmo un bel niente; per cui quando crederemo di essere arrivati alla perfezione, giganti di virtù, noi ci scopriremo dei giganti di orgoglio e di egoismo che crollano per una pietruzza che ci colpisce. È il Signore, è tutto il Signore che opera per dirci: “ vedi ? Tu hai fatto conto su questi esercizi di virtù, su questa tua buona volontà, guarda invece in che stato sei; impara dunque a riportare tutto a Me a fare conto su di Me, perché Io sono il tuo Signore”.

Teresa: Non è non si debbano fare questi atti di virtù, solamente dobbiamo vedere il Signore che ce li fa fare.

Luigi: La virtù che il Signore ci chiede è di pensare a Lui: di accogliere tutto da Lui, di riportare tutto a Lui. Questa è la virtù che Lui vuole: “ Pensa a Me ed Io penserò a te in tutto; non preoccuparti di niente”. Lui sa ciò di cui abbiamo bisogno, prima che noi glie lo chiediamo.

Teresa: Però anche questo richiede sempre uno sforzo.

Luigi : Fintanto che lei non accantona tutti i suoi “però” non c’è nulla da fare: vuol dire che lei mi ha detto che crede che tutto è opera di  Dio e poi non ci crede; perché fintanto che ci mette un però non ci siamo ! Accolga tutto da Dio, riporti tutto a Dio e poi vedrà nella sua vita cosa succede.

Pinuccia B.: Quindi l’unico difetto nostro è quello di non attribuire  a Dio. Invece il difetto di volontà è tutta un'altra cosa e va attribuito a Dio, vero?

Eligio: No, quello no.

Luigi: Vuole attribuire tutto a Dio o no ? Allora, il difetto sta nel non attribuire a Dio: tutto è di Dio. Lei riporti tutto a Dio, attribuisca tutto a Dio: allora si accorgerà cosa succede nella sua volontà, nel suo pensiero, nella sua vita. Ma riporti, riferisca, attribuisca tutto a Dio.

Pinuccia B.: Quindi anche il difetto di volontà.

Eligio: Questo stento a comprenderlo. Che il male stia nel non attribuire tutto a Dio mi è chiarissimo, e che è nel distacco da Dio la ragione di tutti i miei mali personali è altrettanto chiaro, ma……

Luigi: È Dio che muove in noi il volere e il fare

Pinuccia: E quindi se non me lo muove, questo difetto di volontà lo devo attribuire a Lui.

Eligio: Ma, Dio che me  lo muove il non volere ? È Dio che ad un certo punto mi dice: “ invece di prendere il Vangelo prendi una rivista di moda ?” Questo stento a capirlo. Cioè che io affermi il mio io dinnanzi alla sollecitazione di Dio e che prenda magari un romanzo anziché il Vangelo, capisco, ma…..

Luigi: Vedi, se tu prendi un romanzo o una lettura leggera è perché hai già dimenticato Dio. E Dio ti mette di fronte ad una “porcheria” per dirti hai visto cosa ti succede a non pensare a Me ? Dio sta dialogando con la nostra dimenticanza di Lui. Dio sta dialogando anche quando noi siamo nei sepolcri lontano da Lui; allora, essendo noi lontani da Lui, Lui ci fa compiere dei delitti. È Lui che ce li fa compiere per dirci: ma vedi dove arrivi, dimenticando Me? A un certo momento noi soffochiamo la vita ! Io, Creatore della vita, debbo ad un certo momento sottoscrivere il delitto, la morte, l’incapacità di avere la vita per dirti: guarda che lontano da Me tu sei fattore di morte.

Eligio: In quel senso lì mi è più chiaro. Quindi Dio mi concede, permette, vuole il non volere perché io sperimenti la non vita quando non penso a Lui.

Luigi: Certo, se noi abbiamo sempre presente Dio, se riferiamo sempre tutto a Lui; se noi siamo uniti a Lui, Dio muove in noi una volontà enorme, bellissima. Guarda un Cottolengo, guarda un Giovanni Bosco, che volontà, che cosa hanno fatto! Ma è Dio che  ha operato; essi erano povere creature, erano bastoni. Se c’è l’unione con Dio allora è Dio che muove: e allora ti dà una volontà buona. Invece nel distacco da Dio ci fa toccare con mano la nostra impotenza: Ma è sempre per salvarci, per salvarti! Per cui: “ guarda, Signore, che cosa mi fai fare per chiamarmi, perché mi ero dimenticato di Te”. Così mi trovo soltanto a raccontare barzellette stupide o volgari e Dio mi dice: ecco cosa succede, quando ti dimentichi di Me.” Ma tutto è opera di Dio.

Teresa: Adesso mi è più facile capire un passo della Bibbia con cui non ero mai stata d’accordo: “ Dio ha indurito il cuore del Faraone”.

Luigi: Per forza non poteva essere d’accordo. Ma adesso è convinta ?

Teresa: Mi pareva quasi che fosse Dio a istigarlo al male

Luigi: No

Pinuccia: Ci sono tanti passi della Bibbia che non si possono capire senza  questa visione di fede.

Eligio: Comunque adesso ho capito. Forse mi era già chiaro prima, ma un’ulteriore spiegazione me l’ha chiarito di più.

Pinuccia B.: Ogni tanto abbiamo bisogno di sentircelo ripetere

DeBortoli: Ma i passi che non capiamo servono almeno a farci capire che non capiamo.

Luigi: Sì, anche questo : Dio a volte ci presenta delle cose per dirci: guarda, tu credi di essere nella luce, invece vedi ? E ci mette di fronte a delle contraddizioni, a delle tenebre per dirci: muoviti, cammina, approfondisci.

Teresa: Ecco, sembrava una contraddizione: Dio non può volere il male e invece lì in quel passo della Bibbia sembrava che fosse Dio a volerlo.

Luigi: No, perché noi chiamiamo male quello che invece è opera di misericordia di Dio. Che noi non vediamo. Noi chiamiamo male perché non ci conviene. Invece è amore e misericordia e bontà in tutto: “ ero Io in tutto, ero Io”. Noi dobbiamo tenere presente che quando arriveremo di fronte a Lui, Lui ci farà constatare e toccare con mano che era Lui in tutto: “ Ero Io” e noi non potremo mica smentirlo ! Perché di fronte alla sua Verità, alla sua Onnipotenza che mi dice: “ Guarda che ero Io in tutto che parlavo con te”, voglio vedere che cosa posso obbiettare io !

DeBortoli:  Quando invece capisco delle letture della Bibbia……

Luigi: È dono suo. Lei capisce che di fronte a certe cose deve confessare la sua impotenza; se poi le arriva luce su di esse dice: “Signore è proprio dono tuo, perché io ero talmente lontana dalla soluzione ! Quindi tutto è grazia tua”.

DeBortoli: In quanto alla convinzione su cui lei ci chiedeva, penso di sì, però è anche vero che siamo tanto condizionati dal corpo, dalle sofferenze fisiche o morali.

Luigi: Bisogna lodare e ringraziare Dio anche in questo. Fa tribolare ma è un dono.

DeBortoli: In certi momenti mi sembra di non farcela.

Luigi: Anche se è difficile e sembra di non farcela, bisogna imparare. Se non ce la faccio, dico: “Signore non ce la faccio, però Signore, sei Tu che mi fai toccare con mano che non ce la faccio.” Ma sempre riportare tutto a Dio. Bisogna imparare a riferire tutto a Dio.

DeBortoli: Certo, sarebbe una cosa tremenda, in certi momenti, se non si avesse la certezza che Dio c’è.

Rina: Io temo lo spogliamento di cui lei parlava, come necessario per aprirci a Dio, in quanto temo che in questo spogliamento ci sia anche l’assenza di speranza e del pensiero di Dio, perché allora degenererebbe in disperazione.

Luigi: Ma anche nella disperazione Dio è con noi. Abbiamo diversi esempi: in questo ammalato di 38 anni c’è un esempio di disperazione perché dice: “ Non ho nessuno”.Ormai è un uomo disperato. Abbiamo detto che i 38 anni rappresentano quasi tutta la vita: siamo sul confine estremo, il che vuol dire che lui ha sperimentato tutto, ha provato tutto e non è riuscito a guarire. Quindi siamo sull’orizzonte della disperazione. Ora il Signore viene per i disperati, per dire: “ se anche tu fossi disperato, non disperare, perché Io sono venuto anche per chi dispera”. Se anche per centomila volte sei caduto nello stesso peccato, nella stessa colpa, nello stesso male e non sei riuscito a liberartene per cui dici: “Signore ormai è finita, non ce la faccio più,ormai è tutto finito”, sappi che proprio in quel tutto è finito ci sono Io”:

Eligio: Qui dice ancora che “ chiunque si immergeva dopo l’agitazione dell’acqua, era guarito dal suo male qualunque fosse”. Quindi non c’è stadio di disperazione, di dissociazione della persona che non possa essere ricuperato e ricomposto da Dio.

Luigi: Sì, però c’è anche questo : che noi possiamo giungere all’incapacità di buttarci in ciò che vediamo , ci farebbe guarire. Uno può dire: “ io sono diventato ormai incapace, non ho nessuno che mi butti, non posso buttarmi”. Anche per te, se fosse arrivata anche quest’ora in cui ormai hai perso tutte le speranze di poterti buttare, sappi: “ il Cristo viene anche per te”Il Cristo ci recupera in tutta la gamma della nostra lontananza da Dio, fino al punto estremo dell’uomo che si ritiene addirittura dannato. Anche se ti ritieni dannato sappi che c’è una speranza anche per te. Cristo viene per questo. L’incarnazione ha questa funzione: di ricuperare tutto l’uomo. Forse non ricupera l’uomo che si ritiene giusto; il Signore dice: “Guai a voi, giusti, guai a voi che vi ritenete giusti o che ritenete di vedere.” Attraverso quel “guai” Lui ci ricupera. Il guai è opera di amore. Anche se il Signore dicesse a noi: “ per te non c’è speranza è finito tutto”, la sua Parola è ancora per salvarci. Dicesse anche questo: “Meglio per te ti fosse legata una macina al collo ed essere buttato……” sarebbe ancora per salvarci, perché tutte le cose che Dio opera e dice, è per salvare l’uomo; anche quando dicesse queste parole: “Meglio per te una macina e essere buttato…. meglio per te non essere nato”, questa parola di Dio la dice per salvarci.

Eligio: Però è tanto dura. Se la dicesse a me, penserei che le cose non si mettono bene.

Luigi: Non si mettono bene, però lo dice per salvarmi. La parola è chiara. Non dobbiamo mai  allontanarci da quello che è la volontà di Dio: “ Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi”.

Eligio: Però è una parola che esprime un giudizio, e la parola di Dio non ha ambiguità.

Luigi: No, se Dio dice così, è sempre nella sua volontà. Qual è la sua volontà ? Salvare l’uomo. Io non posso dimenticare questo. Dio vuole salvare l’uomo. E in quanto vuole, tutte le sue opere hanno questa finalità: è parola rivelata: “ Dio vuole che tutti si salvino”. O dubito che questa sia la sua volontà o altrimenti debbo dire: tutte le sue opere ( anche le sue parole sono sue opere ) sono in questa volontà. Questa volontà è una volontà salvifica. Allora Dio non condanna, Dio non giudica; tutto quello che fa, anche quando mi dice: “ Io ti giudico”, lo dice per salvarmi. Questa è la sua volontà: l’ha detto Lui. Quando si conosce la volontà di una persona, si ha la chiave per intendere tutte le sue opere. Però in una creatura, la volontà cambia perché oggi vuole questo, domani altro, per cui uno non può essere sicuro; ma verso Dio, quando Dio, stesso dice: “ guarda che la mia volontà è questa”, uno è sicuro, è Lui che l’ha detto. “ La mia volontà è questa , voglio che tutti si salvino e giungano a vedere la Verità”. Ma allora sono tutti salvi ? No, perché per salvarci vuole che noi superiamo il nostro io, che aderiamo a questa sua volontà. Però tutto quello che viene da Dio, viene per salvarci, quindi viene per smuoverci, viene per suscitare in noi questo atto di adesione. Quindi tutto quello che arriva a noi, tutto, è in questa volontà. Lui dichiarandoci la sua Volontà ci ha dato nelle mani la sua Misericordia, per cui: “ Tutte le mie parole, vedile nel mio amore, vedile in questo disegno di misericordia: le dico per te, per la tua salvezza”.

Eligio: Ma sto pensando questo: proprio perché Dio non oscilla nella sua volontà, non è che oggi  mi dice. “ meglio per te non essere nato” e domani mi dica: “no, mi sono sbagliato, la penso come prima”.

Luigi: No, no, perché la sua Parola è finalizzata nella sua volontà. È la Volontà che lo fa parlare. Ed essendo la sua Volontà per salvarmi,  “ Signore, ti ringrazio che mi hai detto in quel giorno: meglio per te non essere nato”, perché mi hai salvato, proprio attraverso questa tua parola”.

Eligio: Ma è un giudizio suscettibile di revisione, il che non è possibile pensarlo in Dio.

Luigi: No, ma Dio parla per noi

Pinuccia B.: Cioè è un giudizio espresso da Dio nel linguaggio relativo al nostro io, ma questo giudizio non esprime la sua volontà immutabile. La sua volontà immutabile è quella di salvarmi; essa usa un linguaggio per me, cioè si abbassa al mio livello, si adatta al mio modo di intendere e mi dice: “ guai”, “ meglio per te non essere mai nato”.

Cina: Cioè è come se dicesse: “ non sei nato per questo”: mi vuol prendere da un sentiero e portarmi su un altro.

Luigi: Quando il Signore dice: “ Io parlo in parabole affinché non capiscano”, Dio parla affinché lo capiamo. Eppure dice: “ Io parlo in parabole, affinché non capiscano e Dio non li salvi”. Quindi se io non capisco devo stare attento. Dio parla per farmi capire che io non capisco, affinché io capisca.

DeBortoli:  Bisogna prenderla con pazienza e incominciare a incarnare quello che siamo riusciti a capire.

Luigi: Sia quello che capisci, sia quello che non capisci accoglilo tutto dalle mani di Dio e riportalo tutto a Dio, anche quello che non capisci: capirai poi, però accettalo dalle mani di Dio. Accetta tutto, anche quello che ti sembra assurdo. Per Pietro era una cosa assurda che il suo Maestro si mettesse ai suoi piedi a lavargli i piedi. Eppure Gesù gli dice: “ Se tu non lasci fare,non avrai parte con  me”, quindi lascia fare, accogli tutto quello che capisci e tutto quello che non capisci, accoglilo dalle mani del tuo Signore.

DeBortoli:  Ma quello che non capisco, non lo posso incarnare, vivere.

Luigi : Lo incarni accogliendolo dalle mani di Dio. In quanto lo accogli dalle mani del Signore, già lo incarna.

DeBortoli:  Anche senza capirlo ?

Luigi : Anche senza capirlo, perché in quanto lo accetta dalle mani del Signore già lo vive. Non lo incarnerebbe se dicesse: “ Io non lo capisco quindi non lo accolgo. Io accolgo solo quello che capisco”. Sarebbe allora un atto superbo, nostro. Invece proprio accogliendo ogni cosa incarniamo la parola di Dio.

Teresa: Anche Maria non capiva tutto.

Luigi : Certo, non poteva mica capire tutto, ma accoglieva tutto: “Si faccia di me secondo la tua parola”. E mica ha previsto tutto, non poteva : tante cose non le capiva. Lo dice il Vangelo esplicitamente. Eppure accoglieva tutto, meditava. Non bisogna disprezzare nulla perché in tutto c’è la mano di Dio. Non disprezzare niente non disprezzare nemmeno quello che ti sembra assurdo e non dire: “ Signore, non mi dovevi fare questo”. Invece: loda il Signore anche per questo; lo capirai poi, perché c’è la mano misericordiosa di Dio. Tutto è opera sua per salvarti, per aprirti il cuore, per liberarti dai tuoi limiti. Ma bisogna che ci convinciamo ad entrare in questo ordine: questo è entrare nel Regno di Dio, questo è sforzarsi a superare noi stessi: è questo accogliere tutto da Dio e riferire tutto a Dio: anche quello che crediamo siano nostre virtù, o difetti, che è poi lo stesso.

Rina: Non è più di moda adesso parlare di virtù, meriti, ecc…

Luigi: Sì, una volta si parlava molto di questo.

DeBortoli: Ora si parla di più di missione sacerdotale.

Luigi : Ma la missione sacerdotale sta proprio in questo: riferire tutto a Dio !

Eligio: Nel rendere sacro tutto ciò con cui veniamo in contatto.

Luigi : Invece, in quanto uno dice: ho questa virtù, sono io che faccio….è finito ! Dov’è più il sacerdote ?