Gesù vedendolo giacere e sapendo che in questo stato durava
da molto tempo, gli disse: “Vuoi essere guarito?».
Gv 5 Vs 6
Titolo: Vuoi essere
guarito?
Argomenti: La vera
malattia dell’uomo. L’iniziativa di Gesù: per svegliare l’uomo fermo a una regola. Il sabato dell’uomo(far
niente) e di Dio: sforzati di entrare nel riposo di Dio. Le malattie fisiche
sono segni della malattia spirituale. Il pensiero dell’io trasforma tutto in
regola: paralisi dell’anima. L’interesse principale attraverso le scelte
quotidiane. La legge non salva. Solo
nel settimo giorno la creatura è invitata ad esprimere un pensiero.Testimoniare
lo Spirito e il conflitto con la legge. Il sangue sparso invano.
26/Febbraio/1978
Dall'esposizione
di Luigi Bracco:
Cerchiamo, se il Signore ce ne dà la
possibilità, di intendere la lezione che è contenuta in questo versetto.
Prima abbiamo visto la
causa della vera malattia dell’uomo (la malattia spirituale) e domenica
scorsa abbiamo anche visto gli effetti di questa malattia.
Teniamo presente che la
malattia dell’uomo inizia dal momento in cui egli sospende il cammino della
vita, cammino che necessariamente conduce alla Porta delle pecore ed
introduce nella Città di Dio.
Per passare attraverso
la Porta delle pecore si richiede il superamento dell’io.
Se tale superamento non
avviene, l’uomo incomincia a cadere malato, a giacere quindi sotto quei portici
intorno alla piscina, e a dover aspettare il movimento dell’acqua, perché tutto
stagna nella sua vita.
Adesso qui si puntualizza se veramente uno ha la
volontà o no di uscire da questa malattia.
E’ l’essenza della domanda che fa Gesù: “Vuoi essere guarito?”.
Cioè interroga l’uomo circa ciò che veramente vuole.
Ma innanzitutto va messa in evidenza l’iniziativa di
Gesù.
Notiamo che generalmente in tutte le guarigioni, Gesù è
sollecitato da parte degli stessi malati, o dei parenti, discepoli o
conoscenti, che lo invocano, e lo pregano mentre Lui generalmente resiste o
chiede un atto di fede.
Il miracolo generalmente avviene come un soprappiù .
E in particolare troviamo che Gesù non prende Lui
l’iniziativa.
Invece qui troviamo che Gesù stesso prende l’iniziativa e
chiede al malato se vuole essere guarito.
Lui stesso offre la guarigione ad uno che
da lungo tempo giaceva lì.
Indubbiamente tutto ciò
che Gesù fa lo fa per darci una lezione e una lezione particolare per la nostra
vita personale.
Ora, questa sua iniziativa nell’offrire la guarigione al
malato, deve avere un significato particolare, evidentemente.
Per cogliere il significato di questa iniziativa
rileggiamo alcuni episodi del Vangelo in cui si ritrova la stessa iniziativa di
Gesù e cerchiamo, attraverso quello che ci mette in evidenza in tutti questi
fatti, di cogliere il perché di essa.
Nel capitolo IX di San Giovanni troviamo l’episodio del
cieco nato guarito da Gesù nel giorno di sabato: <<Passando vide un uomo cieco dalla nascita. E i suoi
discepoli lo interrogarono dicendo: “Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché è nato cieco?” Egli rispose loro: “Né lui ha peccato né i suoi
genitori, ma è così affinché siano manifestate in lui le opere di Dio. Io debbo
compiere le opere di Colui che mi ha mandato finché è giorno. Viene la notte
quando nessuno può lavorare; fintanto che sono nel mondo sono la luce del
mondo.” Detto questo sputò in terra e fatto del fango con la saliva, ne spalmò
gli occhi del cieco, dicendogli: “Va e lavati nella piscina di Siloe (che vuol
dire inviato)”… Andò egli, si lavò e tornò che ci vedeva…Condussero dai Farisei
colui che era stato cieco. Era in un giorno di sabato che Gesù aveva fatto
quel fango e gli aveva aperto gli occhi…>>.
Nel
Vangelo di San Giovanni al capitolo VI: <<Avvenne
pure, un altro giorno di sabato, che Egli entrò nella sinagoga e insegnava e lì
stava un uomo la cui mano destra era secca. Ora gli scribi e i farisei l’osservavano
per sapere se guariva nel giorno di sabato e così trovare un pretesto per
accusarlo. Ma egli che intuiva i loro pensieri disse all’uomo che aveva la mano
secca: “Alzati e sta qui in mezzo”, ed egli si alzò e stette in piedi. E Gesù
disse loro: “Io vi domando: è permesso in giorno di sabato fare del bene o fare
del male, salvare una vita o troncarla?”. E girando lo sguardo su tutti loro
disse a quell’uomo: “Stendi la tua mano!”. Ed egli la stese e la mano ritornò
sana. Ora essi quali forsennati si misero a complottare su ciò che potessero
fare a Gesù>>.
Notiamo
che sia nella guarigione del cieco nato, sia nella guarigione di questo uomo
con la mano rattrappita, Gesù prende sempre l’iniziativa.
Ancora
Luca 13,10; << Di poi Gesù insegnava in una sinagoga in giorno di
sabato (ecco sempre questo sabato che cade
come una goccia).
C'era là una donna posseduta da uno spirito che da 18 anni la teneva inferma,
ed era così curva che non poteva in alcun modo guardare in cielo. Gesù
la vide, la chiamò a sé e le disse: “Donna, sei liberata dalla tua infermità” e
le impose le mani e subito essa si raddrizzò e rendeva gloria a Dio. Ma
il capo della sinagoga intervenne indignato che Gesù avesse guarito in
giorno di sabato e diceva al popolo: “Ci sono sei giorni durante i quali si
deve lavorare; venite dunque in quei giorni a farvi guarire e non in giorno di
sabato. Gesù rispose e disse: “Ipocriti, ognuno di voi non scioglie forse il
suo bue o il suo asino dalla stalla in giorno di sabato e non lo conduce a
bere? E questa figlia di Abramo, tenuta legata dal demonio per 18 anni, non
doveva forse essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?”. E
mentre parlava così i suoi avversari arrossivano, ma tutto il popolo si
rallegrava delle cose meravigliose che Egli faceva.>>
Un
altro passo ancora. Luca 14, 1-6: <<In
un sabato Gesù, per ristorarsi, entrò nella casa di un capo dei farisei, i
quali lo spiavano. Davanti a Lui stava un idropico. Gesù prendendo la
parola disse ai dottori della Legge e ai farisei: “E’ permesso guarire in
giorno di sabato?”. Ma essi tacquero. Allora prese per mano colui, lo
guarì e lo congedò. Poi rivolto ad essi soggiunse: “Chi di voi se il suo
asino e il suo bue cade in un pozzo, non lo tira subito fuori anche in giorno
di sabato?”. E in questo nulla gli potevano ribattere.>>
Adesso
ritorniamo al nostro Vangelo.
Abbiamo
visto che in tutti questi miracoli Gesù che prese Lui l’iniziativa. Però
questa iniziativa, questi miracoli vengono tutti a coincidere con il giorno
di sabato. Ora evidentemente è proprio per dimostrare una certa sua tesi
che Gesù prende l’iniziativa.
Quindi
non è certamente per guarire quei malati che Gesù prende l’iniziativa, perché
Gesù non è venuto per fare dei miracoli, ma per salvare gli uomini, quindi per
riportare gli uomini ad una certa essenzialità che era venuta meno. Tutte
le opere che il Signore fa, le fa per salvare gli uomini. Ora è proprio il
pensiero del sabato, dal momento che è associato così, su cui noi dobbiamo
soffermarci per cercare di intendere le ragioni dell’iniziativa di Gesù.
Ora il sabato è presentato come il giorno del riposo del Signore. Dopo i sei
giorni della creazione, il settimo giorno (il settimo giorno ebraico è il
sabato, il giorno del riposo), il Signore entrò nel suo riposo. Questo giorno
del riposo del Signore però è stato inteso dagli uomini come anche un loro
giorno di riposo, cioè come si trattasse di dover applicare una certa
regola: “In quel giorno ti riposerai”.
Ma la legge, il comando, la regola: “Il
settimo giorno ti riposerai”, non è l’ordine di far niente in quel giorno.
Perché non è che il Signore il settimo giorno abbia fatto niente. Gesù
stesso dirà poi in seguito, giustificando la sua opera in sabato: “Il Padre mio opera tuttora”, ed era di
sabato. Il Padre opera. E allora in che cosa consiste questo riposo del
Signore e in che cosa consiste questo riposo al quali gli uomini sono invitati
in quel giorno? Il riposo del Signore è quindi cessare dall’operare
esternamente per rientrare nella Sua Vita: la Vita Trinitaria, nella sua
Essenza: è lì dove il Signore ritrova la sua pace. E abbiamo San Paolo che
dice: “Se oggi udirete la Parola di Dio,
sforzatevi di entrare nella sua pace”, cioè sforzatevi di entrare nel
giorno del suo riposo. Il riposo di Dio nel settimo giorno è una
dichiarazione all’uomo, perché tutto quello che è detto e tutto quello che
il Signore ha fatto, lo ha detto e lo ha fatto anche per gli uomini. Gesù lo
dirà apertamente: “Anche il sabato è
stato fatto per l’uomo”. Cosa vuol dire che anche il sabato è stato fatto
per l’uomo? Vuol dire che in questo giorno l’uomo non è che sia invitato a fare
niente, ma è invitato ad entrare in Dio, cioè nella pace di Dio.
Come
dice San Paolo: “Se oggi voi udirete la
sua parola, sforzatevi di entrare nella sua pace”, cioè sforzatevi di
entrare nella Vita di Dio, perché Dio ha la sua pace in se stesso. Quindi sforzatevi
di raccogliere tutte le opere dei sei giorni di Dio che il Signore fa giungere
a voi nella conoscenza di Dio, sforzatevi per entrare attraverso queste sue
opere nell’essenza della vita di Dio. Invece, intendendo il settimo giorno come
il dover applicare una regola, un comandamento, cioè il fare niente, un
riposarci, cosa succede? Succede che l’uomo dice: “Io lavoro sei giorni il
settimo giorno mi riposo, con ciò lo consacro al Signore, applico il suo
comando, faccio niente e mi salvo. Ora, proprio nel dire: “Io faccio la volontà di Dio, applico la legge, la regola dettata da
Dio e faccio niente in questo giorno”, cioè il confondere la volontà di
Dio con un certo modo di essere qui in terra e non passare quindi a quello
che è l’anima, a quello che è il significato dell’opera di Dio, rende l’uomo
malato, paralitico. L’uomo ritiene di essere salvo identificando la volontà
di Dio col non fare niente, cioè con l’applicazione di una regola. Cioè:
oggi per me questa è la volontà di Dio e se io mi comporto così, cioè mi riposo
in quello che sono e con quello che ho, faccio niente, io sono salvo.
Naturalmente l’uomo dicendo: “Questa è la
volontà di Dio per me” si paralizza proprio in quello che Dio gli
chiede, in quel “Sforzati di
entrare”. Perché il settimo giorno è stato dato affinché l’uomo si sforzi
di entrare nella pace del Signore: la pace del Signore, è poi la pace nostra.
Ora, dopo i sei giorni il Signore si è ritirato nel suo riposo per invitare gli
uomini ad entrare in esso, quando Gesù dice: “Adesso me ne vado” si lamenta perché i suoi discepoli avendo
sentito dire che Lui se ne andava, hanno incominciato a pensare con tristezza
che sarebbero rimasti soli, invece di interrogarlo circa il luogo in cui
sarebbe andato. E lo dice: “Poiché Io vi
ho detto che me ne vado vi siete rattristati e nessuno mi interroga: dove
vai?”. Ecco il Signore parla affinché noi lo seguiamo, affinché lo
interroghiamo, affinché cerchiamo di capire qual è il significato della sua
opera. Ora, qual è il significato del settimo giorno, di questo giorno in cui
il Signore, dopo aver creato tutte le sue opere si ritira?
Questo
settimo giorno è invitare tutti noi a passare dalla creazione a Dio, a
raccogliere quindi il frutto dell’opera dei sei giorni, a raccoglierla in Dio per
conoscere Dio, perché soltanto che raccoglie in Dio riceve mercede di vita
eterna, cioè riceve la conoscenza di Dio, ora il fatto di intendere come
volontà di Dio il fare niente, il fermarci, il riposarci, è una paralisi
dell’uomo: “Perché ve ne state tutto il
giorno a fare niente?” rimprovera Gesù in una sua parabola.
Di
fronte all’uomo che fa niente nell’essenziale c'è una soluzione unica.
Ecco
la ragione per cui il Figlio di Dio per fare la volontà di Dio, cioè per far
intendere, per significare all’uomo il significato di quello che il Padre ha
fatto, prende l’iniziativa.
Di
fronte a colui che ritiene di salvarsi con una certa regola, non c'è altra
via che Dio stesso prenda l’iniziativa
per svegliarlo, per farlo camminare, perché quello sta fermo. Chi si ritiene
salvo, si ritiene come coloro che si
ritengono sani, che si ritengono giusti e non si muove più. E invece no; è
necessario muoversi.
Ecco
perché troviamo qui questa iniziativa del Figlio di Dio, sempre soltanto in
giorno di sabato. Negli altri giorni invece Lui aspetta che siano gli altri, anzi fa
resistenza a fare dei miracoli, perché il suo messaggio è un altro.
Ci
confortano tutti gli altri episodi che abbiamo letto, in cui anche questo è
avvenuto in giorno di sabato. E ne vedremo le conseguenze.
Ora
Gesù non guarisce tutti questi malati, ma solo questo che è malato da 38 anni;
non lo guarisce per lui stesso ma lo guarisce per tutti gli spettatori che gli
sono attorno e che gli solleveranno il problema che vedremo di seguito, proprio
il problema del sabato, per cui accuseranno il Cristo di essere un
bestemmiatore, di non essere uno da Dio, un giusto, perché viola il sabato, non
tiene conto del sabato.
E
il Signore lo fa di proposito proprio per fare intendere che il sabato ha
un’anima ben diversa da quella che essi intendono.
C'è
ancora da tener presente l’interrogazione che Gesù fa: “Vuoi essere guarito?”:
Sembra
un’interrogazione superflua, chiedere ad un malato se vuol essere guarito.
Il
malato di per sé desidera, vuole la guarigione. Eppure se Gesù chiede al
malato: “Vuoi essere guarito?” è
perché è evidentemente possibile che un malato non voglia essere guarito.
Lo
troviamo qualche volta in certi casi di stanchezza di vita in cui abbiamo
l’uomo che desidera morire.
E
il morire è la conclusione di tutta una malattia.
Abbiamo
dunque dei malati che non desiderano guarire o che desiderano morire.
È
per questo che Gesù chiede: “Vuoi essere
guarito?”.
Il
Signore le cose, i miracoli, non li fa in modo magico: chiede sempre la
partecipazione; vuole che l’uomo prenda coscienza di quello che vuole, perché
in definitiva il Signore ci dà veramente quello che noi vogliamo.
Ora
chiedendo a quel malato: “Vuoi essere
guarito?” è quello che Dio attraverso la nostra vita, poco per volta,
selezionando tutte le nostre scelte, chiede a noi: “Ma tu, nella tua vita, sai quello che vuoi?”.
Molte
volte noi ci lamentiamo delle nostre malattie, dei nostri mali, della nostra
incapacità a camminare, ma sappiamo veramente quello che vogliamo?
Cioè
vogliamo veramente essere guariti? Oppure vogliamo essere malati, magari per
suscitare intorno a noi una certa compassione o un certo interesse, un certo
amore?
Ci
sono molti che desiderano essere malati e vogliono restare ammalati per avere
attorno a sé una certa attenzione, perché l’uomo vive molto di più di amore e
di attenzione che del suo stesso star bene.
Noi
siamo tutti mendicanti di un pensiero, di un po’ di interesse da parte degli
altri, di un po’ di amore. E in fondo in fondo siamo disposti ad essere malati,
pur di ottenere un pochino di compassione, un pochino di amore da parte di
qualcuno.
E
allora è lì che l’interrogazione di Gesù ha la sua ragione di essere posta.
Perché
se noi teniamo presente che l’essenza della nostra malattia è poi questo non
donarci totalmente all’essenziale, non dedicarci a quell’essenzialità che,
come dice Gesù, è: “Cerca prima di tutto
il Regno di Dio e non preoccuparti del mangiare, del vestire, ecc.”, quante
volte noi ci sottraiamo a questo impegno essenziale, giustifichiamo le nostre
malattie e le preferiamo alla guarigione.
Colui
che non può mettere prima di tutto ciò che Dio vuole mettiamo prima di tutto è
un malato.
E
quante volte noi giustifichiamo le nostre malattie, cioè il nostro non poter
mettere Dio prima di tutto, ciò che Dio vuole noi mettiamo prima di tutto,
vogliamo essere malati.
Giustifichiamo
le nostre malattie e non vogliamo essere guariti, perché sappiamo che perdiamo
qualcosa che ci sta a cuore più di tutto.
Ma
proprio qui sta la causa della nostra malattia, causa che non vogliamo
rimuovere. Ecco penso sia questa la domanda che Gesù fa ad ognuno di noi: “Ma tu, veramente vuoi essere guarito?”.
Pinuiccia: L’esempio che tu hai portato, cioè che ci sono dei
malati che non desiderano guarire, si riferiva alle malattie fisiche o questo
può anche succedere per le malattie spirituali?
Luigi: Le malattie fisiche sono dei segni di quella che è la vera
malattia.
Pinuiccia: Quindi anche spiritualmente può succedere che qualcuno
non voglia guarire per richiamare l’attenzione su di sé?
Luigi: Soprattutto spiritualmente, ho parlato spiritualmente. Le malattie
fisiche sono un segno della vera malattia. Ora se nei campi dei segni si
verifica ciò, è perché nel campo sostanziale c'è questo; altrimenti non ci
sarebbe il motivo della significazione di essa.
Rina:
Sembra che non sia possibile che debba esistere un malato che non voglia
guarire.
Luigi: Credo che lei ne avrà già avuti alla sua portata; quanti
desiderano essere ammalati e quanti sono ammalati immaginari!
Rina:
E’ già una malattia quella.
Luigi: Certo, è già una malattia quella; il voler essere ammalati è già
una malattia.
Pinuiccia: Un vittimismo.
Luigi: Comunque non parliamo tanto di malattie naturali, perché quelle
sono segni.
Passiamo
a quella che è la malattia essenziale.
La
malattia essenziale è quella di non mettere prima di tutto la ricerca di Dio.
Pinuiccia: Se la causa del non voler guarire dalle malattie
fisiche è quella di attirare l’attenzione degli altri, spiritualmente quale può
essere la causa?
Luigi: E’ sempre quella: è il pensiero dell’io. Quando c'è il pensiero
dell’io l’uomo incomincia a non voler più desiderare di essere guarito, a
desiderare magari che il Signore stia lontano. I Geraseni supplicano Gesù di
andarsene lontano perché sta rovinando i loro interessi. Ecco uomini malati che
chiedono a Gesù di stare lontano perché rovina i loro interessi, preferiscono
la loro malattia.
Ora
Gesù è uno che impegna nell’essenziale.
Quindi
si trovano persone che non desiderano di essere guarite. Per questo il Signore
venendo a noi dice: “Ma tu vuoi essere
guarito?”, “Lo sai quel che vuoi? E lo vuoi veramente? Oppure lo reciti
soltanto?”.
Passando
però prima al problema del sabato, avete qualcosa da dire circa questa
iniziativa o meglio circa la giustificazione di quell’iniziativa presa dal
Figlio di DIO?
Qui
il Figlio di Dio viene per dimostrarci qual è la volontà del Padre, perché noi la
fraintendiamo, come fraintendiamo quando dice: “Non preoccuparti del mangiare e del vestire”, ritenendo che sia un
invito a fare niente perché Dio provvede.
No,
Dio vuole che tu non ti preoccupi del mangiare e del vestire, affinché tu possa
essere disponibile per ciò che ti deve impegnare a tempo pieno: la conoscenza
di Dio
In
tuo tempo interiore deve essere per questo.
Noi
invece, intendendolo nel pensiero dell'io, vediamo soltanto l’aspetto esterno
della regola: mi dice di non preoccuparmi? Non mi preoccupo.
No,
Lui ti dice di non preoccuparti, perché tu possa preoccuparti di altro.
Così
il giorno festivo: giorno del riposo. Il Signore ti dice di riposare da
tutti quelli che sono i pensieri del tuo io, del mondo, delle cose esterne, per
applicarti, per sforzarti di entrare nella sua pace, non nel far niente.
Nel
pensiero dell'io traduciamo tutto in regola, cioè pietrifichiamo lo spirito, lo
rendiamo abitudine, norma, regola. Il fatto è questo, che noi diciamo: questa è
la volontà di Dio per me, Dio mi ha messo in questi doveri, Dio mi ha stretto
in questi impegni, questa è la volontà di Dio, quindi sono giustificato: “Abbimi per giustificato, Dio mi ha dato i
buoi, i campi, la moglie, non posso venire, abbimi per giustificato”.
Il
fatto di dire: “Questa è la mia regola,
questo è il mio impegno, questo è il mio dovere, (dovere di creatura, dovere del proprio
stato), io sono giustificato”, paralizza.
L’uomo
che si ritiene giustificato, non cerca altro: ecco la paralisi di quest’uomo.
L’uomo paralizzato significa l’uomo che si giustifica nei propri doveri,
ritenendoli volontà di Dio e non cerca Dio, non mette l’essenziale.
Nell’uomo paralizzato soltanto Dio può intervenire, perché l’uomo già si
ritiene salvo. Di fronte all’uomo salvo, solo Dio può intervenire dicendo: “No, guarda che tu ti stai ingannando, non
sei salvo”. Deve sbloccare una situazione che pietrifica l’uomo. L’uomo
tende sempre a pietrificare le cose, a trasformarle in abitudini, in regole, in
doveri e quindi a privare dell’anima la Parola di Dio, la volontà di Dio.
Qui
ha bisogno dell’iniziativa di Dio: ecco perché il Figlio di Dio prende
l’iniziativa in giorno di sabato e soltanto in giorno di sabato.
Pinuiccia: Proprio per scalzare questa mentalità.
Luigi: Per salvare l’uomo, perché l’uomo tende a dire: “Signore, ti ringrazio perché compio i miei
doveri, sono un uomo giusto, ecc.”.
Il
Figlio di Dio viene per salvare l’uomo, quindi per sbloccarlo da una situazione
in cui si crede salvo, si crede giustificato. “No – gli dice Lui – non sei
giustificato: Dio ti ha creato perché tu ti preoccupi di entrare nella sua
pace, nella pace di Dio: la pace di Dio è la vita di Dio, è la conoscenza di
DIO”. La conoscenza di Dio è vita eterna: “Sforzatevi di entrare in questa vita eterna, oggi, oggi.” Ogni
nostro oggi è un’offerta che Dio fa a noi di vita eterna. Dice: “Sforzati di entrare oggi, perché domani non
sai”.
Ines: Dice proprio oggi?
Luigi: Oggi, “Se tu oggi senti la
Parola di Dio, sforzati di entrare”. Noi abbiamo l’oggi non il domani. Il
domani non è in mano nostra, quindi la vita eterna ci è offerta oggi e tu
sforzati di entrare oggi. Dio opera quest’oggi perché tu entri. La parola di
Dio è una proposta affinché noi
entriamo. La vita eterna ci è offerta ogni giorno, la vita eterna non arriva
con la nostra morte. La vita eterna è già adesso, noi siamo già nella
vita eterna, ma dobbiamo sforzarci di entrare in essa, perché possiamo essere
cacciati fuori o possiamo restare fuori.
Afferrati
alla Parola che Dio ti manda. Afferrati a questa parola ed entra, perché attraverso
la parola di Dio si entra nella Città di Dio.
Ma
bisogna che ci afferriamo a questa parola; non diciamo: “Io oggi non posso”. Ecco se rinviamo a domani, il domani non sarà
più per noi un oggi: “Non gusteranno, non
assaggeranno la mia cena”. Eppure cosa hanno messo da ostacolarsi l’entrata
nella vita? Hanno messo dei doveri davanti all’essenziale: i buoi, i campi, la
moglie; cose sacrosante, Dio stesso ha dato all’uomo il lavoro, degli impegni,
ecc.
No,
tutto ciò che ci viene da Dio non deve essere per noi motivo di arenamento,
motivo di ostacolo; ad esempio i poveri possono essere motivo di ostacolo a
Dio.
Gesù
stesso dice: “I poveri li avrete sempre
con voi, ma non sempre avrete Me”.
Quando
si arriva al conflitto per cui in nome di questo io mi sottraggo all’impegno
essenziale, c'è un qualcosa che in me non va.
Ora
Dio attraverso la vita seleziona, ci fa fare delle scelte: è attraverso queste
scelte che noi evidenziamo quello che ci sta veramente a cuore.
Nel
tuo cuore c'è veramente il pensiero di Dio? o c'è altro?
E
allora a poco a poco il Signore ce lo evidenzia. La vita è tutta una selezione
e attraverso questa selezione resta in noi solo ciò che vogliamo prima di
tutto: ci viene dato soltanto quello che noi abbiamo messo prima di tutto nel
nostro cuore.
Ad
ognuno sarà dato soltanto quello che avrò voluto avere.
Ecco
perché Dio risponde a ciò che veramente noi vogliamo.
“Cosa vuoi?”
Ora
non è che noi dobbiamo formulare la risposta: “Io voglio questo”, ma noi, giorno dopo giorno, diciamo quello che
vogliamo, perché ogni giorno dichiariamo quello che più ci sta a cuore: è
quello a cui noi rivolgiamo il nostro interesse principale nella giornata, lì
dimostriamo ciò che vogliamo e il Signore ci dà questo, ecco perché la
preghiera è soddisfatta.
Soltanto
che donandoci questo ci fa toccare con mano ciò che esso vale: noi tocchiamo
con mano il nostro errore!
Accade
tutte le volte che noi mettiamo prima di tutto quello che Lui dice di mettere
prima di tutto.
“Hai preferito questo? Adesso
tocca con mano la vita che ti viene da questo”.
“Hai preferito un re a Dio?
Tocca con mano cosa vuol dire avere un re su di te, anziché Dio”.
“Hai preferito la creatura a Dio?
Tocca con mano cosa vuol dire servire la creatura anziché Dio”.
Di
lì tutte le conseguenze: sono lezioni di misericordia di Dio anche queste,
perché Dio scrive sui nostri errori, sempre per salvarci, per raccoglierci, per
riprenderci dai nostri errori.
Ma
nello stesso tempo evidenzia, fintanto che è possibile, perché l’evidenziazione
dei nostri mali è una sua concessione.
Dio
scrive e scrivendo dona se stesso.
Se
nel dono di Sé noi diciamo: “Facciamolo
fuori così la vigna sarà nostra finalmente”, ecco noi arriviamo a quello
che è morte nostra, al punto estremo.
Teresa: Il motivo per cui Gesù fece quei miracoli in giorno di sabato,
siccome il sabato è il giorno dedicato al Signore, non potrebbe essere quello
di portare la gente a lodare DIO?
Luigi: Certo, proprio quello.
Teresa: Vedendo le meraviglie che operava facendo il miracolo…
Luigi: No, le meraviglie Lui le operava tutti i giorni. Qui quello che è
da evidenziare è l’iniziativa: è proprio questa che caratterizza il sabato.
Nel
sabato abbiamo l’iniziativa del Cristo.
Gli
altri giorni Dio risponde e risponde a stento alle richieste degli altri.
Teresa: Lo fa per portarci al Padre.
Luigi: Certo, perché proprio nel sabato è significato l’invito a portarci
al Padre. E’ il problema principale che Cristo sviluppa ampiamente e che sarà
l’argomento di San Paolo circa il problema della legge per cui dimostra che la
legge non salva.
È
il cavallo di battaglia delle Lettere ai Romani e ai Galati: la legge non
salva.
Quello
che salva è l’unione con Cristo, è lo Spirito.
Ora
Gesù opera questo miracolo proprio di sabato per liberare gli uomini da una
certa schiavitù alla quale si sottomettono ritenendo la lettera al posto dello
Spirito.
Teresa: Ma Gesù riguardo al cieco nato dice: “E’ cieco perché sia
manifesta la gloria di DIO”.
Quindi
anche gli altri miracoli che Gesù ha fatto di sabato non è perché sia manifesta
la gloria di DIO?
Luigi: Questa gloria di Dio è
nella pace. È il riposo, è l’entrare nella sua pace, nella conoscenza di Dio: “Affinché vediate…..affinché possiate essere
dove sono Io e vediate la mia gloria”, questa è la pace di Dio ed è la pace
nostra. E quando noi preghiamo per coloro che sono entrati nella vita eterna
che cosa diciamo?
“L’eterna pace, l’eterno riposo
dona loro o Signore”, il riposo di Dio.
Ma
in che cosa consiste il riposo di Dio?
“La luce splenda”, ecco: la luce, la
conoscenza, la verità, questa è la pace.
Entrate
in questa pace!
Ora,
il giorno del sabato è stato fatto per l’uomo, affinché l’uomo entri in questa
pace.
Non
è che il Signore avesse bisogno di riposare il settimo giorno.
Il
Signore si è fermato, si è riposato il settimo giorno, affinché l’uomo possa
entrare.
Quindi
l’anima del settimo giorno è questa: il sabato è fatto per l’uomo
affinché l’uomo entri, affinché l’uomo raccolga, affinché l’uomo si
elevi a Dio.
Teresa: Nei sei giorni gli ha dato la possibilità di corrispondere, poi
nel settimo aspetta la sua risposta.
Luigi: I sei giorni rappresentano tutta l’opera che Dio fa, il settimo
giorno Dio aspetta la risposta dell’uomo: perché senza l’uomo, senza questa
risposta, l’uomo non entra.
Non
basta l’opera di Dio, la vera vita non nasce in noi dai doni che riceviamo da
Dio, quindi dai sei giorni.
La
vera vita nasce in noi dal ridonare e dal riportare a Dio quello che Dio ha
dato, ha fatto arrivare a noi attraverso i sei giorni.
Quindi
la vera nascita inizia dal momento in cui doniamo, portiamo a Dio, non in cui
riceviamo, ma in cui portiamo a Dio quello che ha messo nelle nostre mani.
Cioè
incomincia con l’offertorio, a cui segue la consacrazione, perché è Dio che
deve fare suo quello che Lui ha dato a noi.
Facendo
suo anche noi entriamo, entriamo in Lui, diventiamo cosa sua: quindi ci
sentiamo conosciuti come Lui ci conosce, ci sentiamo amati come Lui ci ama.
Pinuiccia: I sei giorni e il settimo giorno sono poi un segno per
ogni momento che arriva a noi e che dobbiamo raccogliere?
Luigi: Certo, ogni giorno è settimo giorno; ogni momento, ogni fatto che
arriva a noi arriva attraverso i sei giorni.
Ogni
avvenimento arriva a noi su una superficie, ma questa superficie sprofonda in
abisso di sei giorni di opere di Dio.
Ogni
parola che arriva a noi arriva da distanze lontanissime: sei epoche
lontanissime attraverso cui giunge ad incontrarci.
Noi
non ce ne rendiamo conto: come fa un avvenimento a giungere alla nostra
presenza?
Come
facciamo noi ad incontrare una parola, a incontrare un fatto, ad incontrare una
persona?
È Dio che dirige dall’eternità: che dall’eternità ha
predisposto tutte le cose, affinché in quel determinato luogo, in quel
determinato punto, noi ci incontrassimo: tutto è ordinato da Dio dall’eternità.
Quindi
il fatto che avviene, il punto della presenza, è un punto che sprofonda in
un’infinità di epoche, tutte guidate, pilotate da Dio per condurre a questo
incontro.
E
da quell’incontro lì, opera dei sei giorni di Dio, inizia la creatura nuova,
l’uomo.
L’uomo
che è fatto dall’eternità da Dio: l’uomo è fatto di questi incontri.
In
questi incontri l’uomo si sveglia e comincia a guardare Colui che lo chiama e
impara a guardare il Signore.
Noi
viviamo in un mondo che è tutto di un Altro, noi non siamo capaci a fare
nemmeno un filo d’erba; tutto è fatto, ma è fatto da distanze lontanissime:
ecco perché non possiamo fare niente.
Noi
siamo degli esseri ai quali giunge quest’opera immensa attraverso questo
travaglio: ad esempio l’acqua di una sorgente; noi diciamo: “L’acqua sgorga lì”.
No,
guarda che per arrivare a sgorgare in questa sorgente che tu vedi, l’acqua ha
fatto un cammino di chilometri e chilometri sottoterra; si è purificata
passando attraverso chissà quali strati di minerali; un cammino enorme e tu la
vedi soltanto in questo punto: così è quell’avvenimento che tu incontri adesso.
Ma
per arrivare a te, in questo momento, in questo punto, è un po’ come l’acqua
della sorgente che è passata attraverso a epoche lunghissime.
È
in questo punto che tu bevi e incominci a guardare in alto: è questo il settimo
giorno.
Per
cui diciamo che il settimo giorno è la settima puntata di tutto un romanzo di
sei epoche attraverso le quali Dio forma l’uomo.
Ed
è soltanto in questo settimo giorno che la creatura è invitata a volere
qualche cosa, ad esprimere un pensiero.
Pinuiccia: E’ la raccolta?
Luigi: E’ l’opera di raccolta in Dio.
Cina: Penso a quel settimo giorno come ad un giorno di festa.
Luigi: Certo.
Cina: Quale è la mia festa che aspetto di più? Se è il giorno del
Signore, la guarigione mi è offerta in quel giorno. Viene la guarigione se c'è
questa attenzione, questa risposta.
Luigi: Tenendo presente questo ammalato dobbiamo riconoscere che egli è
un rassegnato che ormai non aspetta più nulla; per questo Gesù puntualizza: “Vuoi essere guarito?”.
Vedremo
in seguito che questo malato quasi si giustifica dicendo: “Vedi, se io sono così non è colpa mia, ma è perché non c'è nessuno che
mi butti e quando io cerco di buttarmi, un altro scende prima, ed io non ci
riesco”.
Quel
malato non è che aspetti; sentendosi dire: “Vuoi
essere guarito?” si sente quasi richiesto di una giustificazione.
“Come mai sei così? Dopo tanto
tempo e ancora non sei guarito avendo l’acqua lì vicino?” e lui si giustifica.
Cina: E’ una parola di salvezza quella che gli dice Gesù, che si
dovrebbe cogliere al volo e invece è proprio in quella malattia lì che uno non
si accorge della salvezza che gli viene offerta.
Luigi: Non è che questo malato sospirasse il giorno della guarigione.
Teresa: Ma è stato tanto tempo lì, se non avesse sospirato la guarigione
se ne sarebbe andato.
Luigi: Bisogna vedere come poteva andarsene se era paralitico. Gesù
arriva anche nella nostra paralisi, nei nostri errori, arriva nella nostra
festa intesa in modo sbagliato, perché l’iniziativa è sua e guai se non fosse
sua.
Perché
la nostra festa sbagliata ci giustifica e ci fa dire: “Io faccio festa quindi
sono a posto”.
Per
questo dico che soltanto l’iniziativa di Dio ci può liberare da questo errore,
perché io ritengo di fare bene.
Abbiamo
fatto coincidere questo con la giustificazione di un nostro dovere.
Anche
questo ammalato qui si giustifica: “Guarda che se io sono malato non è per
colpa mia, ma la colpa è di Dio, perché tutte le volte che io cerco di
buttarmi, un altro si butta prima, non ho nessun uomo che mi aiuti….”.
Ecco
come ragiona!
Gesù
gli dirà: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”.
Ma
prima gli chiede: “Lo vuoi veramente? Oppure è un sogno, un pio desiderio, uno
schermo?”
Teresa: Poi lo ha guarito senza la sua volontà?
Cina: E come lo ha guarito? Lo ha guarito e basta?
Luigi: Lo ha guarito con la Parola, come guarisce tutti: con la Parola.
Però
lo ha messo nei pasticci, guarendolo, perché, poi lo vedremo, lo ha messo in
conflitto con tutti gli altri, perché gli altri sono in conflitto con Dio.
“Ma
come? In giorno di sabato tu fai una cosa che non ti è lecita? Che non è
secondo la legge?”: vedi il conflitto?
“Colui
che mi ha guarito mi ha detto di portare il mio giaciglio”, risponde.
Vedi?
Incomincia ad essere l’uomo che afferma lo spirito.
Ormai
abbiamo l’uomo che appartiene a Dio e non più alla legge, non più agli uomini.
Gesù
gli aveva detto: “Cammina” e lui incomincia a camminare e camminando deve
testimoniare lo spirito, non dà più ragione al mondo.
Vedi
che abbiamo un uomo nuovo?
È
come per la Samaritana e per tanti altri episodi che abbiamo visto; come quel
funzionario che è partito sulla parola e che trova il figlio guarito.
Abbiamo
sempre questo fatto: è la parola di Dio applicata, vissuta, che fa guarire, che
fa rinascere.
Ines: Capisco che se noi fossimo fedeli al nostro posto di creature,
accetteremmo questa provvisorietà.
Luigi: Provvisorietà senz’altro. Non dobbiamo però confondere il “posto
di creatura” come volontà di Dio.
Ines: No, io dicevo che essendo creature non dobbiamo mai essere sicuri,
in nessun momento, di essere a posto. Penso a quei Farisei che, essendo di
sabato, facevano il loro dovere, credevano che bisognava fare così. Quindi mi
fa pensare che non devo essere sicura, cioè non sono i doveri, non è la legge
che salva.
Luigi: Ne è convinta?
Ines: Sì, ben convinta; loro confondevano……
Luigi: Non loro, ma noi!
Ines: Sì, noi. ma se siamo sinceri con noi stessi, Dio ce lo fa capire:
Lui non vuole che io mi appoggi sulla legge, sui doveri altrimenti inganno me
stessa.
Luigi: Certo, non dobbiamo appoggiarci sulla nostra giustizia,
sull’interpretazione della volontà di Dio secondo gli altri.
Ines: Non è possibile che Gesù
l’abbia fatto cadere di sabato se non voleva insegnarci qualcosa.
Luigi: Certo.
Eligio: Io non vedo nell’intervento di Gesù presso quel paralitico un
contenuto, un messaggio di speranza.
Luigi: Certo e guai se non ci fosse la speranza.
Eligio: E in questo senso, costui da 38 anni è paralizzato, cioè per quasi
tutto l’arco della sua esistenza.
Luigi: Nota questo, qui è detto che Gesù “Sapendo che durava da molto tempo in questo stato”, in questo
stato, come per dire: “Guarda in che
stato sei da tanto tempo!”. Quindi vedendo da quanto tempo noi continuiamo
una vita… credendoci giustificati.
Eligio: Di costui era già passata una buona parte della sua esistenza che
era trascorsa in mezzo alle opere che attraverso i sei giorni Dio aveva creato;
ora queste opere, questi segni di Dio non gli erano serviti. Il contenuto di
speranza sta in questo: che alla fine, pur avendo sciupato tutta l’esistenza in
mezzo ai segni di Dio che dovrebbero chiamarci e ricollegarci a Lui, viene come
“Deus ex machina”, si presenta Dio che
esce dal settimo giorno, dalla sua pace, dal luogo della sua vita trinitaria e
ci chiama e opera in noi tutto quanto in un’esistenza in cui noi non siamo
stati capaci di operare. E poi nell’interpretazione che hai dato al settimo
giorno, mi pare che ci sia anche una risposta al problema che ci siamo posti
due domeniche fa sul come conoscere Dio, non per analogia, non per rapporto,
non per conoscenze umane. Chiamandoci al settimo giorno che è il giorno in cui
Dio entra nella sua vita trinitaria.
Luigi: Ecco, entra in Se Stesso. Non è che sia uscito fuori di Se Stesso,
ma entra in Se stesso per noi, per dirci: “Entra in Me”.
Eligio: E invitandoci ad entrare in questo giorno suo (e indubbiamente si
entra attraverso un rapporto di amore e di conoscenza), ci indica appunto in
che cosa consiste questo “come”. Cioè
noi dobbiamo tralasciare le creature, scavalcare i sei giorni, semmai usare le
creature per dimenticarle ed entrare “nell’inseità
di DIO”, in questo “come” dobbiamo
conoscerlo.
Luigi: Sì, in quel silenzio di tutto in cui scopriamo il Tutto di Dio.
Eligio: Sì, ma mi pare anche che vuoi insegnarci questo: che ad un certo
punto i sei giorni noi dobbiamo trasformarli in un settimo giorno continuo.
Luigi: Si capisce, perché tutte le cose arrivano a noi attraverso i sei
giorni della creazione ed aspettano noi per entrare in noi e per noi nel
settimo giorno.
Senza
di noi il settimo giorno nella nostra vita non viene; ogni cosa, un
avvenimento, una parola, una persona che incontro, arriva a me dai sei
giorni; il settimo giorno di essi però non avviene senza di me, perché nella
conoscenza di Dio non si entra senza di noi.
Così
tutte le creature, tutte le cose arrivano a noi, si mettono nelle nostre
mani e dicono a noi: adesso tu portaci a Dio. Ma questo “portaci a Dio” non avviene se noi non
le portiamo a Dio. ecco perché il vero compito sacerdotale avviene dentro di
noi, nel segreto.
Sant’Agostino
dice: “La tua mente è il vero altare su
cui tu devi offrire i veri sacrifici al Signore”, cioè devi portarli al
Signore: senza la tua mente, senza questo altare l’offerta non avviene.
Noi possiamo fare esteriormente tanti sacrifici, tante penitenze ma “il tuo pensiero dov’era? Non era con me,
perché non portavi niente a Me”, ci dirà il Signore.
“Ma io Signore ho fatto tanti
salti mortali, ecc.”, no, c'era il tuo io di mezzo.
“Nel digiuno, nei vostri
sacrifici io trovo il vostro orgoglio, il vostro io, la vostra figura, la
vostra ambizione: non è quello che io chiedo”.
Eligio: Quindi nel settimo giorno deve verificarsi il compimento di
ricondurre da parte della creatura tutte le opere dei sei giorni della
creazione con la quale si incontra. Cioè c'è questo riporto dei doni.
Luigi: Certo, il settimo giorno è una cosa stupenda, meravigliosa. È
una cosa stupenda nella creazione, nell’opera di Dio; questo Dio che entra nel
suo riposo e che dice che il sabato è stato fatto per l’uomo. Una cosa
meravigliosa! Per cui voi uomini, non dovete sottomettere l’uomo al sabato,
perché il sabato è stato fatto per l’uomo. Non sottomettete l’uomo ad un fare
niente: il riposo di Dio è stato fatto per l’uomo, affinché l’uomo entri in
questo. E’ bellissimo!
Rina:
E’ un tempo di incontro.
Luigi: E’ un tempo di incontro, di silenzio, di tutto: “Quando vuoi pregare entra nel segreto della
tua stanza e lì rivolgiti al Padre”.
Rina:
Anch’io volevo fare proprio quella conclusione che ha già fatto Eligio: che se il
tempo del sabato è il tempo dell’incontro, di ricerca e di guarigione, si deve
fare in modo che tutta la settimana, tutta la nostra vita sia un sabato
continuo.
Luigi: Sarebbe l’inizio della vita eterna.
Eligio: Siamo tutti alla ricerca del sabato.
Teresa: Certo che, se nei sei giorni Dio rende capace l’uomo di dare una
risposta, se non la diamo facciamo fallire i sei giorni.
Luigi: Giusto, facciamo fallire tutto; cioè non falliamo solo noi, ma
in noi fallisce tutto l’universo, cioè tutta l’opera di Dio. Gesù dice: “A questa generazione sarà chiesto conto del
sangue versato dal principio fino adesso”, perché tutta la creazione, tutto
l’universo (sono i sei giorni) sono stati fatti per te, per ognuno di noi.
Per
cui se tu non entri guarda che fai fallire anche tutto l’universo: in te
fallisce tutta l’opera di Dio.
Eligio: Sì, però dopo tutti questi rimproveri, Gesù gli chiede: “Vuoi essere guarito?”.
Luigi: Certo, “Vuoi? Vuoi essere
guarito?”
Eligio: E dopo tutta una vita di errori…..
Luigi: Anche sulla croce a quel ladrone. Dio opera per salvare, quindi
anche quando ci dice: “Vuoi essere
guarito?” lo dice per salvare, per risvegliare in noi la sua grazia, perché
noi generalmente ci adagiamo in un clima di abitudini, di tran-tran, di routine
e la nostra volontà sparisce. “E tu che
cosa vuoi? Per che cosa vivi? Che cosa vuoi dalla vita?”. “Signore io credevo
di servirti”, “Ma se non sai nemmeno quello che vuoi!”.
Ecco
perché mi evidenzia: “Vuoi essere
guarito?”.
Soltanto
se la nostra volontà coincide con la sua, noi siamo consapevoli di quello che
vogliamo. “Io ti dico: cerca prima di
tutto il Regno di Dio” e tu: cosa vuoi? Fintanto che in noi non matura
questo…
Ines: Io non capisco cosa vuol dire che si rovina tutto l’universo…..
Luigi: Fallisce tutto l’universo in noi, perché l’universo è stato fatto
affinché noi ci alzassimo a Dio. Se noi non ci alziamo a Dio, tutta quell’opera
lì è fallita. Tu pensa ad una persona che abbia fatto tanto per te, per
risvegliare in te in un certo pensiero d’amore e che si sia sacrificata ma che
ad un certo momento il pensiero d’amore in te non scaturisce: per cui tutta la
sua opera è sciupata, perché aveva fatto tutto in un pensiero e il pensiero non
è venuto. Ecco, il fiore non è nato. “Ma
io mi ero sacrificato tanto, avevo messo tanto letame attorno perché spuntasse
il fiore e il fiore non è nato: è il deserto”.
Pinuiccia: E questo Gesù lo chiama “sangue sparso” di cui dovremo dar conto?
Luigi: Certo.
Pinuiccia: E perché lo chiama “sangue”? Perché significa l’opera di Dio? Cioè,
l’opera di Dio è un segno della sua Incarnazione?
Luigi: Si capisce, è tutta opera sciupata….
Pinuiccia: Richiama Gesù in croce che sparge il suo :
l’Incarnazione.
Luigi: Soprattutto in Cristo in croce c'è la sintesi, il “Tutto è compiuto”. E quindi in
Cristo abbiamo il massimo della rivelazione quando dice: “Tutto è compiuto”.
Meditando
lì, abbiamo la chiave per intendere il significato di tutta l’opera di Dio.
L’opera
di Dio si sintetizza nel Cristo: vertice.
E
lì abbiamo la luce; raccogliendo in Dio troviamo la luce su tutto il mistero
che portiamo in noi.
Ecco
perché non si può giustificare quel Moon che dice che l’opera del Cristo non è
stata compiuta e che è soltanto un passaggio.
No,
la seconda venuta del Cristo è una cosa molto diversa: non è che ci sia bisogno
di un terzo Adamo. No, Cristo è il compimento di tutte le cose, tutto è
compiuto lì.
Pinuiccia: Deve compiersi in noi…
Luigi: Deve compiersi in noi, in noi personalmente e quindi non più
fuori. Non c'è più lo spettacolo, lo spettacolo era quello. Se quello non ti è
servito, non c'è una ripetizione: Dio non si ripete.
Pinuiccia: Per noi il Cristo è spettacolo e chi non può assistere
a questo spettacolo sia perché non ne ha sentito parlare, sia perché è vissuto
prima? Lo so che lo incontra lo stesso il Cristo, però non ha lo spettacolo
davanti.
Luigi: Tutto è spettacolo: ogni avvenimento è Parola di Dio.
Pinuiccia: Ma esplicito così, come quello del Cristo?
Luigi: Se noi aderiamo alla Parola di Dio nel momento, come giunge a noi,
attraverso i fatti che arrivano a noi, anche se fossimo sperduti in un’isola o
in una foresta, quello ci conduce al Cristo. Siamo in un sistema. Nel sistema
tu non può togliere una ruota senza rovinare tutto, perché una riferisce
all’altra: Cristo è al centro.
Quindi
quando io parto dalla periferia, qualsiasi sia il punto da cui io mi trovo in
periferia, quel punto lì mi riporta al centro, presto o tardi arrivo al centro,
non posso farne a meno. Cristo è al centro di tutta la creazione, di tutto
l’universo. L’opera di Dio non è fatta a stanze-stagni, a stanze separate.
L’opera
di Dio è continua e quando noi ci inseriamo in quella, quella già ci conduce al
centro.
Pinuiccia: Anche per un selvaggio dell’Africa, aderire alla
Parola significa cercare Colui che quella parola gli annuncia?
Luigi: Certo, attraverso tutte le cose riceve l’annuncio. Le cose non si
fanno da sole, quindi tutte le cose ci fanno alzare gli occhi all’Autore.