Tanto più quindi i giudei cercavano di farlo morire, perché non solo
violava il sabato, ma anche perché chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a
Dio. Gv 5 Vs 18
Titolo: Il Padre di Gesù e il padre dei giudei.
Argomenti: Antico e
nuovo testamento. Cristo è Figlio perché è tutto
Pensiero del Padre; noi siamo pensiero di tante cose e siamo chiamati a
diventare pensiero di Uno solo. È Dio che conferisce l’autorità, non viceversa.
L’assunzione della Madonna. Peccato e morte. Chiesa cattolica e protestante. I
dogmi. La funzione della chiesa. Amare vuol dire scegliere. Il vero nostro padre
è ciò per cui viviamo. Superficialità, abitudine, vecchiaia. Camminare con e
camminare in Dio. Cogliere nelle creature la parola di Dio. Nella massima
umiliazione troviamo la Presenza di Dio. Essere generati, vuol dire derivare il
nostro pensiero da-. La funzione dello scandalo.Accogliere e capire la Parola.
20/Agosto/1978
Pensieri tratti dalla conversazione:
Luigi: Proporrei come argomento della nostra meditazione
questo: “Chiamava Dio suo Padre” e perché questo fatto rendesse così nemici e
giudei. Teniamo presente che Dio era Padre già nell’Antico Testamento. Non era
una novità il fatto che Gesù chiamasse Dio suo Padre. Tutti gli ebrei
consideravano Dio loro Padre, per la rivelazione antica. Quante volte già i
profeti riportavano parole di paternità da parte di Dio; Dio che arriva a dire:
“Può forse una madre dimenticare il suo figliolo? Ma se anche una madre
dimenticasse il suo bambino, Io non vi dimenticherò”. Quindi questo è Antico
Testamento. Molti dicono: “Gesù è venuto a rivelarci che Dio è Padre”. No! Dio
si è rivelato come Padre già fin dall’Antico Testamento, sempre, in tutte le
sue espressioni. Le sue sono tutte espressioni di amore, di misericordia, di
bontà. Certo, ci sono anche delle espressioni dure, severe, ma anche Gesù ha
delle espressioni dure, severe. Non dobbiamo dire che l’Antico Testamento si
differisca dal nuovo perché nell’Antico Testamento c’era la severità di Dio e
nel Nuovo invece c’è tutta la misericordia; non è vero! Nell’Antico Testamento
c’è misericordia, bontà e c’è anche severità; ma anche nel Nuovo: abbiamo
parole durissime da parte di Gesù e quindi non dobbiamo ritenere che la
differenza tra i due testamenti sia lì. No, non è questo! Già nell’Antico
Testamento si riconosceva e si invocava Dio come Padre; non è una novità. C’è
da chiedersi come mai adesso, il fatto che Gesù chiamasse Dio suo Padre,
facesse arrabbiare così i Giudei fino a renderli talmente ostili a Gesù da
pensare di ucciderlo. Proporrei di tenere presente questo fatto con quello che
abbiamo detto sabato scorso a San Lorenzo di Pietraporzio dove ci chiedevamo
dove ci eravamo proposti due temi:
-
Che cosa Dio dice di Sé in tutto
l’episodio del paralitico e anche nelle parole che Egli ebbe a dire;
-
Che cosa noi diciamo di Dio, che
cosa è Dio per noi. Tenendo presente questi due temi adesso andiamo avanti e
chiediamoci:
-
Che cosa è Dio per Gesù;
-
E che cosa questo può servire per
la nostra vita spirituale.
Proporrei di tenere ancora questo fatto: Gesù dice a
tutti: “Non date a nessuno il nome di Padre, perché Uno solo è il Padre Vostro,
quello che è nei cieli”. Basta così?
Nino: Ho l’impressione che abbiamo superato un po’ velocemente
il tema: “Che cosa è Dio per noi”.
Luigi: Non è superato perché l’argomento di questa volta è: “Che
cosa è Dio per Gesù”, ci obbliga a un’autocritica su quello che noi abbiamo
detto di Dio, perché Gesù parla per noi. E allora ci obbliga a rivedere proprio
quello che tu, giustamente dici, abbiamo forse trattato un po’
superficialmente: “Che cosa è Dio per noi”. Perché siccome Gesù parla per noi e
fa parte di noi, quello che dice, lo dice per noi. E allora: “Tu cosa hai detto
di Dio?”, “Ed io cosa dico di Lui?”. Qui Lui ci dice che cosa Dio è per Lui.
Questo fa arrabbiare i Giudei e bisogna vedere perché li fa arrabbiare. Il
fatto che li faccia arrabbiare mette in evidenza una differenza.
Nino: Questo è già un rapporto, perché può darsi che noi di
quello che Gesù ci dice del Padre abbiamo già accettato forse non tutto. Ecco
perché avrei voluto svolgere meglio quella parte, per sentire quello che è
stato dimenticato, per completare.
Luigi: A me sembra che qui Gesù lo dica Lui. In quanto qui ci
dice: “Gesù chiamava Dio suo Padre”, proprio con questo chiamare Dio suo Padre,
ci porta a rivedere quello che Dio è per noi. Noi lo abbiamo chiamato nostro
Padre? Gesù lo chiamava suo Padre e Lo chiamava per noi, perché Lui stesso
dice: “Non date a nessuno il nome di Padre, perché Uno solo è vostro Padre”. E
quando ci insegna a pregare dice: “Quando pregate dite: Padre”. Quindi Lui lo
dice e parla per noi. Però questo irrita, fa saltare i nervi a qualcuno.
Nino: Però Gesù stesso fa una distinzione, cioè: noi siamo
chiamati a diventare figli del Padre, ma Lui quando parla del Padre dice:
“Padre mio e Padre vostro”; quindi fa una distinzione tra la paternità nei suoi
e nei nostri confronti.
Luigi: Certo. La distinzione c’è, però noi siamo chiamati a
formare una sola cosa con Lui e chi ci fa una cosa sola è il Padre. Allora
soltanto nella misura in cui noi ci orientiamo al Padre, o meglio, Lui ci
orienta al Padre: “Perché nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me”,
nella misura in cui Lui ci orienta al Padre noi diventiamo figli del Padre come
Lui, quindi facciamo una cosa sola con Lui. Lui è il Figlio naturale, noi siamo
figli adottivi, ma chiamati a formare una cosa sola con Lui. Abbiamo fatto
distinzione tra Lui e noi: Lui è Figlio perché è tutto Pensiero del Padre; noi
invece siamo pensiero di tante cose e di tante creature; però siamo chiamati,
essendo pensiero di tante cose, a diventare pensiero di Uno solo. Attraverso
questo pensiero di Uno solo noi diventiamo figli del Padre. Però se noi
diventiamo pensiero di altro, diventiamo figli di altro. Ecco, il Figlio di Dio
non può diventare questo. Noi non possiamo diventare figli del Padre, figli di
Dio, se non per mezzo del Figlio di Dio. È il Figlio di Dio che scendendo a
noi, parlando a noi, ci insegna, ci aiuta a diventare figli e a fare una cosa
sola con Lui: “Affinché siano una cosa sola, come Tu ed Io siamo una cosa
sola”. Allora Lui dice, parla a noi per farci figli del Padre come Lui è.
Abbiamo detto qualcosa di Dio; adesso raffrontando con quello che Gesù dice di
Dio, siamo invitati ad approfondire quello che noi abbiamo detto di Dio, perché
dobbiamo fare il raffronto tra quello che Lui dice e quello che noi abbiamo
detto. Gesù dice che Dio è Padre suo. Cosa vuol dire essere Padre? Qui abbiamo
una vetta e un abisso: la vetta è ciò che Gesù dice, l’abisso è quello che i
Giudei fanno. Però tutti e due aiutano ad evidenziare quello che Gesù dice a
noi. Ce lo mette in evidenza; vuol dire che anche noi possiamo interpretare,
ritenere Dio come lo ritenevano loro, anche se lo dicevano Padre. E possiamo
essere irritati quando qualcuno si appella a Dio come suo Padre; perché Lui si
appellava a Dio come suo Padre per giustificare la sua violazione del sabato;
quindi scavalcava una certa autorità: un’autorità che si avvaleva di Dio per
sostenersi sul suo piedistallo. È questo che fa scattare i nervi. Come se un
figlio dicesse a suo padre: “Mio padre è un altro!”. Fa scattare i nervi perché
mette in discussione l’autorità del padre appellandosi a un’altra autorità. E
qui Gesù si appellava ad un’altra Autorità della loro. Ma proprio appellandosi
ad un’altra autorità, autorizzava tutti noi ad appellarci ad un’altra autorità
e questo ce lo conferma dicendoci: “Non date a nessuno il nome di Padre”, cioè
come dire: “Non accettate nessun’altra autorità, perché l’autorità è una sola:
il Padre vostro che è nei cieli”. Quindi tutti gli argomenti, tutte le cose che
sentite, non seguiteli soltanto per quello che vi dicono, ma cercate presso
Dio, perché il Maestro è Uno solo: cercate presso di Lui.
Nino: Questo è ancora uno degli argomenti del protestantesimo
di oggi, il non accettare nessun altro come Padre.
Luigi: Si, nessuno può sostituirsi a Dio.
Nino: Nemmeno il Papa?
Luigi: No, nemmeno il Papa può sostituirsi a Dio; no, è logico.
Tutti gli argomenti che arrivano a noi devono trovare conferma in Dio. L’autorità
che è da Dio non è contraddetta da Dio, quindi non si sostituisce a Dio. Noi
dobbiamo essere aperti a tutto perché Dio è Colui che magari ci mette sul
piedistallo, ma Dio è anche Colui che ci fa scendere dal piedistallo e bisogna
accettare tutto. Dio è Colui che fa vivere, ma è anche Colui che fa morire;
bisogna accettare la vita e bisogna accettare la morte. Bisogna accettare tutto
da Dio. Quindi tutte le cose bisogna accettarle da Dio. Non possiamo dire:
“Quello che dice il Papa, quello che dice l’Autorità della Chiesa è giusto o è
falso”. Non possiamo scartarlo, perché in quanto si dice, viene a noi da Dio;
però tutte le cose bisogna sempre riportarle a Dio. È Dio che conferisce
l’autorità, non viceversa. È Dio che rende valida la Chiesa, non viceversa.
Quante volte si sentono cose che vengono poi deformate magari per il principio
dell’autorità. Tutte le cose bisogna sempre riferirle a Dio, e questo avviene
nel segreto intimo di ognuno di noi. Non possiamo ubbidire, diciamo così,
ciecamente, come dei corpi morti, o no?
Nino: Sto pensando alla stragrande maggioranza dei credenti,
non solo cattolici, ma di qualsiasi religione che accettano molte cose e le
accettano perché sono state dette da un’autorità che le ha dette in nome di
Dio.
Luigi: Certo, e non bisogna rifiutarle.
Nino: Però bisogna anche discuterle.
Luigi: Ecco, bisogna portale presso la Verità di Dio, presso
Dio. Dio parla in ognuno di noi.
Nino: Sì, però io non posso pensare che in tutto il
protestantesimo non ci siamo mai stato nessun uomo che abbia agito senza
riferirsi a Dio.
Luigi: Certo.
Nino: Ma con questo è arrivato ad essere in contrasto con
l’autorità papale, in contrasto ad esempio con la dichiarazione dell’assunzione
della Madonna, in contrasto con la verginità della Madonna. Quindi se costui si
è rivolto a Dio e se con il pensiero tutto rivolto a Lui è arrivato a queste
conclusioni, cosa ne dobbiamo dedurre?
Luigi: Anche questo è da tenere presente. Però dobbiamo anche
tenere presente quello che dice la Chiesa. Dobbiamo tenere presente la Chiesa
che dice, ad esempio che Maria è Vergine (e a parte la Chiesa è il Vangelo
stesso che parla della verginità di Maria), ma dell’assunzione di Maria, per
esempio non ne parla nel Vangelo, però la Chiesa ne afferma l’assunzione.
Nino: Ma per esempio non mi convince la spiegazione
dell’assunzione sentita qualche giorno fa, cioè ad un certo punto la Chiesa è
stata trascinata dalla credenza popolare a dichiarare l’assunzione.
Luigi: Sì, dalla tradizione.
Nino: Non è che sia eccessivamente convincente la tradizione
popolare: “Così la pensano tutti”.
Luigi: Certo, ma la tradizione non è: “Così la pensano tutti”.
Infatti il protestantesimo non la pensa così ad esempio. Come tradizione ha il
suo peso e il suo valore. E poi c’è anche una ragione logica. Quante volte noi
pensiamo che quando uno muore risusciterà poi alla fine del mondo, per cui
resterebbe chissà quanto tempo morto. L’assunzione di Maria ci fa pensare che
non c’è quel tempo in cui si resta morti; ma appena morti ci si apre ad una vita
nuova. Infatti, a parte la resurrezione del Cristo, perché il Cristo è Figlio
di Dio, la Madonna è una creatura; per cui abbiamo una creatura che ha fatto un
passaggio immediato dalla morte alla vita, e ce lo dice la Chiesa. In quanto
arriva a me questo, non posso fare l’atto superbo di rifiutarlo, perché la fede
in Dio mi fa accettare quello che capisco, ma mi fa anche accettare quello che
non capisco. Se io volessi sostenere il mio rifiuto soltanto in base a ragioni
umane, questo non sarebbe giustificato, perché Dio, essendo superiore a noi
parla certamente argomenti superiori a noi, e quindi noi come allievi, dobbiamo
sempre essere aperti ad accettare anche le cose che non capiamo. Qui ci viene
affermato che la Madonna è stata assunta in cielo appena morta. Questo ci fa capire:
1)
Che i nostri corpi sono destinati
alla vita nel cielo;
2)
Che la morte può darsi non sia un
tempo di attesa per noi, ma che sia un passaggio immediato alla vita del cielo.
Se la Madonna, la creatura perfetta, quindi l’ideale di
ogni creatura, come Dio l’ha voluta, ha realizzato questo, ci fa capire che è
disegno di Dio per ognuno di noi, perché quello che si è verificato nella
Madonna è quello che Dio ha voluto per ogni creatura se non ci fosse il
peccato, perché nella Madonna abbiamo la creatura immacolata, cioè prima del
peccato. Quindi quello che è avvenuto nella Madonna rivela quello che Dio aveva
destinato avvenisse per ognuno di noi. Difatti Dio all’inizio non creò la
morte. E nella Madonna si verifica questo: quasi non c’è la morte, c’è il
passaggio immediato dalla vita terrena alla vita dello spirito, alla vita del
cielo. Quindi ragionando con Dio vedi che se anche non si comprende, c’è una
certa apertura per giustificare questo fatto.
Nino: No, non si comprende, perché si direbbe che Dio sia
stato sorpreso dal tradimento dell’uomo; Dio lo sapeva già certamente prima.
Luigi: Sì, certo, è logico. Non è che sia stato sorpreso.
All’inizio Dio non creò la morte, perché tutte le cose le ha fatte per la vita,
per cui l’uomo non era destinato a morire. In conseguenza del peccato Dio fece
la morte, ma il peccato era contemplato da Dio nel fare l’uomo, perché nel fare
l’uomo si è sottomesso all’uomo; ha creato infatti un essere cosciente. Essere
cosciente vuol dire essere libero di superare se stesso. Se non supera se
stesso si stacca da Dio. Staccandosi da Dio, ecco è necessaria la lezione della
morte, cioè è necessario il distacco di tutte le creature per cui l’uomo pecca,
affinché l’uomo sia riportato nella condizione di riconoscere la Verità di Dio;
perché l’uomo scambia la Verità di Dio con le creature: ecco il peccato! E
allora chiama assoluto quello che non è assoluto; e Dio crea la morte che è un
atto ancora di aiuto verso la sua creatura, per salvare la creatura, per
distoglierla da quell’idolo con cui lei ha sostituito la Verità di Dio, come
vita. Ha fatto sua vita, anziché Dio, la creazione. E allora Dio deve annullare
la creazione. Non è una sorpresa per Dio: è contemplato, però l’ha fatto dopo,
dopo il peccato. Non poteva farlo prima, perché prima non ha fatto l’uomo per
la morte, ma per la vita. Ora questo è rimasto, cioè il disegno di Dio rimane.
Ecco allora tutto il concetto di morte, di travaglio, è tutto già in dipendenza
dal concetto di peccato, per cui abbiamo l’opera di Dio e abbiamo la risposta
della creatura e quindi l’intervento di Dio. Allora (a meno che non abbiamo
proprio l’anima ribelle), quando alla creatura Dio toglie tutti i motivi per
cui essa pecca, essa viene messa nettamente di fronte a Dio, e se non si oppone
a Dio non ha più motivo di rifiutarlo. Con la morte Dio toglie ogni altro
motivo di distacco da Lui.
Pinuccia: Ritornando all’argomento dell’autorità e collegandolo
con questo discorso, una persona pagana che arrivi a conoscere il Cristo, si
trova di fronte alla Chiesa Cattolica che propone diversi dogmi, ad esempio
appunto quello dell’Assunzione, e di fronte alla Chiesa Protestante che li
nega. Noi non dobbiamo rifiutare nulla, per cui questa persona non dovrebbe
rifiutare né l’insegnamento della Chiesa Cattolica ma neppure quello della
Chiesa Protestante.
Luigi: Ma il no della Chiesa Protestante da che cosa è
giustificato? Di fronte a chi fa un’affermazione, come la Chiesa Cattolica che
afferma: “Maria è stata assunta in cielo”, chi nega è come chi accusa e quindi
deve giustificare la sua negazione. È colui che accusa che, quindi colui che
dice “no”, che deve provare la sua accusa. Esempio: tu dici che Dio non esiste.
Dio afferma la sua esistenza. Tu puoi dire: “Dio non esiste”, però il tuo “no”,
se non lo giustifichi, ti mette in colpa. Quindi la Chiesa afferma: “La Madonna
è stata assunta in cielo”. Chi dice: “no”, forma un’accusa, ma l’accusa va
giustificata. Se non è giustificata, abbiamo la condanna, perché se tu rifiuti
quello che non capisci, non sei giustificato. Nessuno di noi è giustificato a
rifiutare quello che non capisce. Tu non capisci? Devi aderire: capirai poi;
intanto comincia ad aderire. Noi abbiamo la Chiesa Cattolica che dice: “Questo
è avvenuto”. E abbiamo la Chiesa Protestante che non so se dica o possa dire:
“Non è vero”. Ma ammettiamo che dica: “Non è vero”: se non lo giustifica si
mette in situazione di colpa. Colui che protesta, colui che nega, è colui che
accusa, ma per accusare deve avere delle giustificazioni, altrimenti c’è la querela,
perché c’è la calunnia. È calunnia in quanto l’accusa non è giustificata.
Quindi noi di fronte a chi dice: “Si”, anche non capiamo, dobbiamo sempre
aderire, a meno che abbia degli argomenti da dire: “No”, ma questi argomenti
devono essere presso Dio. Per cui se la Chiesa Cattolica è l’autorità posta per
affermare le cose di Dio, non può essere mai smentita da Dio. Anzi, Dio
conferma: più uno cerca Dio e più Dio conferma quello che dice. La conferma
però uno ce l’ha nell’interiore. Quante volte abbiamo detto: noi sentiamo gli
argomenti che arrivano dal di fuori; ma questi argomenti come ci convincono? Ci
convincono in quanto dentro di noi li confrontiamo con il Verbo, con Dio che
parla dentro di noi. Le stesse parole del Cristo, perché le accettiamo? Le
accettiamo perché le verifichiamo e diciamo: “È vero”. Ognuno di noi
personalmente fa sempre una verifica. Ciò vuol dire che abbiamo Dio che parla
dentro ognuno di noi e ci convince della Verità (e questa è superiore a noi
stessi) che arriva a noi dal di fuori, dal Cristo stesso che parla fuori di
noi. Questo ci vincola; possiamo anche dire: “No”, ma a parole: non possiamo
esserne convinti. La Verità è superiore a noi e si afferma. E come si afferma?
Parlando dentro di noi e convincendoci di quello che si dice fuori di noi
quando coincide. È quanto si diceva ieri sera: la Verità ci convince in quanto
reca due fattori, due elementi: un elemento interno ed un elemento esterno. Non
basta che ci sia l’elemento esterno; bisogna che ci sia l’elemento interno. È l’elemento
interno che prevale. La Chiesa Cattolica stessa dice: “Tu devi seguire la tua
coscienza. E se la tua coscienza ti convince che la Verità è il buddismo tu se
sei convinto devi seguire il buddismo”.
Pinuccia: Quindi la Chiesa Cattolica non ha quell’autoritarismo
che i farisei invece avevano: rispetta la libertà di coscienza, perché sa che
il Verbo interiore parla dentro.
Luigi: No, certo; non può averlo, non deve averlo.
Nino: Non dovrebbe averlo.
Luigi: Certo, perché c’è anche stato e può anche esserci in
molte espressioni, perché lì c’entra l’io, come c’entrava l’io in questi
farisei che si irritano.
Pinuccia: Però nell’orientamento generale,
ufficiale, c’è questo rispetto; infatti insegna che ognuno deve seguire la sua
coscienza.
Luigi: Certo, c’è questo rispetto perché crede che Dio parla
nella coscienza di ognuno di noi. E appunto perché Dio parla dentro e fuori,
non può essere, se l’autorità esteriore è secondo Dio, che quello che dice
fuori sia in conflitto con quello che avviene dentro.
Pinuccia: Però può avvenire che la stessa Chiesa Cattolica faccia
cose non secondo Dio, come ai tempi dell’Inquisizione.
Luigi: Può avvenire; possono verificarsi fatti che sono in
conflitto, ma allora l’anima che ascolta Dio se ne accorge. Può avvenire perché
anche nella Chiesa Cattolica c’è l’aspetto umano, quindi c’è l’aspetto dell’io
che anche talvolta prevalere; ma uno in coscienza non deve seguire.
Pinuccia: In certi fatti è evidente. Supponiamo
invece in quello che è insegnamento ufficiale della Chiesa, ad esempio i dogmi:
noi non siamo in grado di vedere o no se sono secondo Dio. Quindi li dobbiamo
accettare?
Luigi: Quando non siamo in grado, quando non capiamo, noi
abbiamo l’obbligo di accettare. Perché qui la Chiesa dice: “Si”. Tu se non
capisci e fintanto che non capisci, non sei autorizzato a dire: “No”. Se dici:
“No”, vuol dire che prevale il tuo io. La fede in Dio ci impegna a credere a
tutto ciò che capiamo e anche a tutto ciò che non capiamo, fintanto che non
capiamo. Capirai poi, però accetta.
Eligio: È un po’ umiliante credere così.
Luigi: No, è nella logica delle cose. È la situazione di ogni
creatura, di ogni allievo. È la situazione di Pietro che non vuole lasciarsi
lavare i piedi e dice: “No, tu sei il maestro, non mi devi lavare i piedi, non
ti devi abbassare”. Ma Gesù gli risponde: “Se non ti lasci lavare i piedi non
potrai avere parte con me. Adesso non capisci, capirai dopo”. È la situazione
di ogni discepolo, di ogni allievo. Noi siamo allievi di Dio. Alla scuola di
Dio la prima condizione è quella di essere umili, perché noi siamo la tazza
vuota che Dio riempie. La situazione della tazza vuota è di essere vuota. Io
sono una povera creatura, sono un essere vuoto: Signore, riempimi.
Pinuccia: È meno umiliante se uno vuole approfondire e si lascia
riempire da Dio.
Luigi: Si, è questo che va fatto: lasciarsi riempire da Dio. La
condizione che noi diciamo umiliante è proprio la situazione dell’apertura a
lasciarsi riempire da Dio, a conoscere Dio.
Eligio: Ma per esempio, credere all’Assunzione, se proprio non
si riesce a darsi nessuna spiegazione, né scientifica, né logica.
Luigi: Guarda che tante cose si riescono a capire con la
pazienza e con Dio, perché non è che Dio ci metta di fronte ad una parete e ci
dica: “Tu devi accettare questo e non capirai mai niente”. No, i dogmi sono
delle proposte da essere penetrate; i dogmi sono come paracarri che il Signore
ci fa mettere davanti affinché credendo, possiamo andare avanti, senza
sbagliare. Non dobbiamo avere paura dei dogmi. Così la Verità che è annunciata
nell’Assunzione, è un aiuto che ci viene proposto, affinché approfondendo, con
più facilità possiamo penetrare il mistero di Dio. Tutti i dogmi sono
facilitazioni, non sono delle pareti, ma sono delle facilitazioni che ci
vengono date affinché con più facilità possiamo penetrare nei misteri divini.
Altrimenti noi nella nostra superficialità, nella nostra grossolanità, ci
disperdiamo in mille cose. Invece proprio tenendo presente i dogmi, abbiamo
delle tracce. Ecco, i dogmi sono delle tracce di sentiero. Il sentiero non è
tutto tracciato; quando andiamo in montagna, sovente si trovano dei sentieri
che si perdono; si va avanti un po’, alla cieca, finché riappare una traccia,
che di nuovo si perde, e poi un’altra traccia. Sono tracce di sentiero; però
queste tracce ci confermano che siamo sulla strada buona. Così è anche per il
cammino spirituale. Noi possiamo trovarci in montagna senza alcuna traccia di
sentiero e si va avanti, alla cieca, nella nebbia, ed è la situazione della
natura umana. Invece possiamo trovarci in montagna con un sentiero che
continua, oppure con delle tracce di sentiero. Le tracce si perdono, si
ritrovano, ma tutte le volte che uno le ritrova, ha la conferma di trovarsi
sulla strada buona. Di tanto in tanto poi c’è una zona di pietre e il sentiero
si perde. Quante volte si perdono i sentieri e dopo un po’ se ne ritrova la
traccia! Ora, i dogmi sono delle tracce di sentiero. Sono soltanto tracce, però
ci aiutano ad andare avanti se noi li teniamo presenti. Ecco, non sono quindi
da accettare così alla cieca. Tutte le parole di Gesù quando arrivano a noi
sono dei dogmi, perché sono parole superiori. Se noi avessimo accettato le
parole superiori del Vangelo, tante cose non le avremmo nemmeno minimamente
penetrate, e invece di tante cose possiamo già attualmente rendercene conto e
capirle. Come abbiamo fatto? Proprio perché abbiamo accettato. Allora diciamo
così: le parole del Vangelo, le parole di Gesù sono sentieri di montagna.
Quando ci si trova di fronte a un sentiero di montagna, la prima cosa che ci
chiediamo è questa: “Chissà dove ci porta questo sentiero?”. Dovremmo sempre
chiederci questo di fronte ad una parola di Gesù: “Chissà dove mi porta questo
sentiero, questa parola?”. Ecco, la parola di Gesù è un sentiero; dove porta,
noi non lo vediamo ancora. Qui Gesù dice che il Padre suo opera e chiama Dio
suo Padre: “Chissà dove porta questo sentiero!”. È un sentiero che si apre ai
nostri passi: non sappiamo ancora dove porti, ma siamo invitati a camminare. È
un sentiero che apre davanti ai nostri passi: non sappiamo ancora dove porti,
ma siamo invitati a camminare. Dobbiamo accettarlo, perché è una parola che
arriva a noi e non abbiamo dei motivi per rifiutarla. Noi possiamo dire: “Ma io
ho altro da fare!”. Allora fai una scelta. Qui la responsabilità è tua. Se
invece umilmente accettiamo, accettiamo di camminare, quindi di approfondire.
Approfondendo, chissà dove ci condurrà. Non sappiamo adesso dove ci condurrà: lo
vedremo poi, se accettiamo. Però dobbiamo accettare di camminare. Accettare di
camminare in quello vuol proprio dire aderire a quello che ancora non capiamo.
Aderendo a quello che non capiamo, Dio, quando e come vorrà, ci condurrà a
capire. Ma è Lui che ci conduce a capire, non sono gli altri. Diciamo:
attraverso un libro scritto o attraverso quello che abbiamo sentito da altri,
ci è giunta questa parola di Dio, per esempio, attraverso la Chiesa. La Chiesa
ci ha messo tra le mani, oggi come oggi, questa frase di Dio: “Gesù chiamava
Dio suo Padre”. È attraverso la Chiesa che ci arriva questo: se noi siamo
umili, allievi umili, ecco, adesso siamo noi che ci impegniamo a camminare in
questo sentiero. Ecco, la Chiesa ci ha portati di fronte a un sentiero e lì ci
dice: “Adesso cammina”. Qui subentra l’elemento personale nostro. Nella misura
in cui noi siamo interessati a Dio, incominciamo a camminare su questo
sentiero. Ora qui comincia la Verità personale a parlare, che la Chiesa non
smentirà, non può smentire; però è verità personale. Ecco, non è più la Chiesa
dal di fuori che mi possa dire. La funzione esterna della Chiesa è quella di
mettermi di fronte o darmi la Parola del Signore dicendomi: “Questa è la parola
del Signore, io te la metto nelle mani; adesso tu cammina”.
Pinuccia: Come anche i sacramenti.
Luigi: Come anche i sacramenti, è lo stesso. Noi possiamo farne
un’abitudine. Anche i sacramenti sono tracce di sentiero che il Signore ti
offre nelle mani affinché tu abbia ad approfondire, a camminare, affinché tu
non abbia a divertire verso gli altri argomenti, ma a scegliere ed a fermarti
in quelle cose, dicendoti: questo è l’argomento su cui tu ti devi impegnare e
lascia correre ogni altra cosa. Lascia correre gli argomenti di politica, della
società, i problemi del mondo, di sport, di guadagno e impegnati in questo.
Questo è il dogma, questo è il mistero, questo è la parola di Dio. Perché c’è
la parole di tante creature e c’è la parola di Dio? C’è questo per impegnare
appunto la nostra anima, la nostra mente, il nostro interesse. Le altre parole
che ci giungono, ci giungono come denaro con cui pagare la parola di Dio.
Scegliendo questa parola e scartando le altre, io pago un prezzo: il prezzo
dell’amore. L’amore, la vita è una scelta; ma la scelta è scelta in quanto uno
lascia le altre cose. Per lasciare bisogna avere l’occasione di lasciare. Se
uno non ha l’occasione di lasciare non sceglie niente. Ora Dio ci mette
nell’occasione di lasciare e quindi ci propone qualche cosa da amare, quindi da
scegliere e scegliendo dobbiamo pagare quindi lasciare altre cose.
Emma: Dio ci propone qualcosa da amare?
Luigi: Si, amare vuol dire scegliere. Ora uno sceglie in quanto
ha la possibilità di lasciare, rinunciare a certe cose. Il giorno in cui noi
non avremo più niente da lasciare, il nostro amore sarà bloccato; la nostra
conoscenza è bloccata, noi non potremo conoscere di più. Fintanto che noi
possiamo essere fedeli, possiamo conquistare amore, quindi possiamo conquistare
conoscenza di Dio nella misura in cui possiamo tradire. Ma il giorno in cui non
potremo più tradire, il nostro amore non aumenterà più, e la conoscenza sarà
stabilizzata. Quindi fintanto che abbiamo la possibilità di tradire, abbiamo la
possibilità di aumentare l’amore, quindi di possedere i doni di Dio; ma solo
fintanto che abbiamo la possibilità, perché la possibilità di tradire vuol dire
avere la possibilità di testimoniare quello che vogliamo amare veramente.
Allora riteniamo al tema di prima: che cosa Gesù dice di Dio, raffrontandolo
con quanto abbiamo detto noi di Dio e chiediamoci perché questo provochi questa
astiosità nell’animo dei farisei, perché li offenda così.
Pinuccia: Sarebbero due allora i punti su cui soffermarci?
Luigi: No, perché questo (il secondo) mette in evidenza quello
che Gesù dice di Dio. Perché se già nell’Antico Testamento si diceva Dio Padre
e anche i farisei chiamavano Dio loro Padre, non accettano che Gesù dica: “Dio
è il Padre mio?”.
Pinuccia: Perché lo intendevano in un altro modo.
Luigi: Evidentemente anche noi possiamo chiamare Dio nostro
Padre ed essere come i farisei. Ecco, è lì la lezione che deve servire alla
nostra vita. Quand’è che noi abbiamo come Dio, il Dio dei farisei e quand’è che
abbiamo come Dio il Dio di Gesù?
Nino: Perché il Padre di Gesù e il Padre
dei Giudei dicono cose diverse.
Luigi: E già, perché avviene questo? Ed è quello che avviene
nella vita di ognuno di noi.
Pinuccia: Evidentemente questo avviene
quando non si crede in un Dio vero.
Luigi: Certo, per cui chiamando Dio anche loro Padre, può avvenire
che lo travisino al punto tale da uccidere il Figlio di Dio, in nome di Dio.
Pinuccia: Ed è quanto possiamo fare noi?
Luigi: Questo non sarebbe avvenuto se noi non lo potessimo
fare, se non lo facessimo.
Nino: È la stessa cosa di quei Giudei
che uccidono l’adultera.
Luigi: Certo, siamo sempre lì. Per questo dicevo che l’adultera
è un simbolo dell’opera di Dio tra noi. L’adultera che viene lapidata è Dio che
prende su di Sé il nostro peccato, il peccato di adulterio. È sempre la legge
quando viene interpretata alla lettera e non secondo lo spirito, che ci porta a
giudicare gli altri: invece secondo lo spirito ci porterebbe a giudicare noi
stessi.
Cina: Molto utili queste precisazioni
che sono state fatte, perché non se n’era mai parlato.
Luigi: Più andiamo avanti e più Dio ci offre cose nuove. Il
Signore è un Infinito. Non siamo mai arrivati. Quando si va in montagna, si
arriva a una vetta e già se ne vede un’altra. Siamo in un infinito e noi
crediamo sempre di essere arrivati.
Nino: Anche quando sono argomenti
ripetuti c’è sempre qualche novità. D’altra parte il nostro pensiero proprio
perché è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza, non ha limiti; non
abbiamo confini nella possibilità di pensare.
Luigi: Certo. Per questo Dio ci supererà sempre infinitamente,
ma noi dobbiamo sempre essere umilmente aperti all’infinito.
Nino: Noi potremo sempre, rimanendo
uniti a Lui, seguirlo.
Luigi: Cioè essere suoi contemporanei.
Nino: Non è che uno non possa più andare
avanti perché a un certo momento il cervello non ce la fa più.
Luigi: Non è il nostro cervello, è la nostra anima che lavora.
Nino: Può anche darsi che questo possa
succedere e a un certo punto Lui troncherà anche la nostra attività.
Luigi: L’attività del mio io, ma non la Sua attività. La Sua
attività opera nello spirito e non più sul cervello. Noi possiamo arrivare alla
morte del nostro io (arteriosclerosi), non dello spirito.
Nino: Però penso che se noi continuiamo
a stare uniti a Dio non penso che ci possa venire l’arteriosclerosi.
Luigi: Si, perché con l’arteriosclerosi Dio mette con le spalle
al muro il nostro io, ma non la nostra umiltà che si apre a Dio; per cui a un
certo momento è solo Dio che versa su di noi. Cioè, quando siamo giovani
abbiamo la nostra attività, che è attività dell’io; a poco per volta il Signore
la riduce affinché la tazza si svuoti e Lui la possa riempire. Quindi non è una
morte.
Rina: Nel Pensiero di Dio si vede
benissimo e si giustifica e la si accetta; nel pensiero dell’io invece subentra
la depressione.
Luigi: Certo.
Cina: Gesù non fa niente staccato dal
Padre, perché vive per il Padre; opera sempre in vista del Padre. E questo mi
insegna che se voglio avere la vita, non devo staccarmi dal Padre: devo
dipendere dal Padre come un tralcio alla vite.
Luigi: Cioè noi dobbiamo sempre considerare Dio come nostro
Padre, Padre dei nostri pensieri, Padre delle nostre parole e Padre del nostro
agire. Non dobbiamo mai essere autonomi ma agire sempre in conseguenza di-. Però
abbiamo notato che anche i farisei affermavano che Dio era loro Padre. Però tra
la paternità di Dio e la paternità che affermava Gesù c’è un conflitto. Ora
quand’è che invece abbiamo come Dio il Padre di Gesù?
Cina: Ho intravisto che questi giudei
agivano in vista della legge.
Luigi: Ma perché sentendo che Gesù dice che Dio è suo Padre,
loro si offendono? Dovrebbero anzi gioirne e perché invece si offendono?
Cina: È strano; si tratta forse di
gelosia?
Luigi: Si, evidentemente, ma gelosia perché? L’abbiamo
accennato prima. Si sentivano scavalcati nella loro autorità. Come
consideravano Dio, se trovando uno che disobbedisce a loro in nome di Dio,
maturano il delitto? Perché Gesù disobbedisce a loro, ma disobbedisce in nome
di Dio. È questo che li offende! Quindi cos’era Dio per loro? Il vero loro Dio
cos’era per loro? E qual è il nostro Dio? Noi abbiamo detto: “Dio è il mio
Signore”, ma se ci voltiamo attorno scopriamo che abbiamo tanti signori. E
allora siamo onesti quando diciamo: “Signore, tu sei il mio Signore!”, quando
invece il mio Signore è il mangiare, il vestire, lavorare guadagnare, la
figura, il mondo, il gruppo? Allora abbiamo tanti signori e Dio non è il mio
Signore. Ora qual è il vero nostro Dio? Il vero nostro dio è ciò per cui
viviamo, ciò che mettiamo prima di tutto. I farisei qui che cosa mettevano
prima di tutto? Perché si offendevano nel vedere che Gesù disobbediva loro in
nome di Dio? Se noi fossimo umili, vedendo uno che disobbedisce a noi in nome
di Dio, saremmo fatti più attenti a questa disubbidienza perché forse Dio vuole
darci una lezione per cambiare certe convinzioni che ci siamo formati. Allora
la creatura è aperta al vero Dio. Se non è aperta al vero Dio, condanna l’altro
che non è conforme alla sua regola, alla sua legge. Lì c’è l’io come Dio, c’è
la nostra autorità che prende il posto di Dio. Allora ci si avvale di Dio per
sostenere la nostra autorità; quello che conta è la nostra autorità, il
pensiero di noi stessi. E quando vediamo uno che offende il pensiero di noi
stessi, siccome questo è per noi l’assoluto, noi tendiamo ad annullarlo.
Cina: Però lo si capisce questo?
Luigi: Si capisce, certo.
Cina: Se non si capisce è una cosa, ma se si capisce e farlo
lo stesso!!!
Luigi: Certo, però se il Signore parla, parla per metterci in evidenza
che c’è la possibilità di fare questo errore: di scambiare per volontà di Dio
quello che è pensiero nostro, e allora per questo chiedevo quand’è che noi
abbiamo come Dio, il Dio di Gesù, il Padre di Gesù? E quand’è che abbiamo come
Dio invece il Dio dei farisei, perché c’è questa possibilità di scambiare, di
chiamare come mio dovere, mio Dio, mia religione una cosa che è errata,
attraverso la quale magari noi non facciamo altro che difendere la nostra
comodità, o anche il nostro disimpegno; perché la fede nel Dio vero, nel Padre,
ci impegna in continuazione a superarci, a superare anche le nostre
convinzioni, a cercare sempre presso Dio, a non fermarci. Quando ci fermiamo
difendiamo sempre qualcosa di noi, può essere la nostra comodità, può essere la
nostra famiglia, può essere il nostro guadagno, può essere il nostro benessere,
può essere anche la nostra mentalità, quando diventiamo pigri e non vogliamo
approfondire di più e ci rifiutiamo di pensare, Dio invece richiede sempre a
noi un approfondimento quindi un impegno col pensiero.
Rina: Come siamo superficiali nel nostro modo di vivere!
Luigi: Si, il nostro io ci rende superficiali. Dio invece ci fa
approfondire, però bisogna aver presente il Pensiero di Dio. Se noi trascuriamo
il Pensiero di Dio, immediatamente cadiamo nella superficialità, scambiandola
per verità. Ecco l’errore dei farisei: loro scambiano la loro superficialità
per verità, per cui di fronte a uno che pensa in modo diverso da loro, non lo
sopportano più; invece di approfondire, non sopportano più. Il non sopportare
porta immediatamente al delitto, al pensare di farlo fuori, perché quando uno
non sopporta qualcuno tende a farlo fuori. Invece no. Chi ha veramente per
Padre Dio, accoglie tutto da Dio, sia colui che pensa conformemente a noi e sia
colui che non pensa conformemente a noi. Ecco perché colui che è aperto a Dio è
capace di comprendere, di essere paziente, di sopportare anche il nemico,
perché accoglie tutto dalle mani di Dio; egli vede nel nemico anche la mano di
Dio, anche l’opera di Dio; per questo la può accogliere. Chi ci rende capaci di
accogliere è Dio.
Emma: Trovo difficile discernere il sentiero giusto; a volte
uno può credere che sia giusto, invece magari non lo è …
Luigi: Ma non siamo noi che dobbiamo distinguere. È il Pensiero
di Dio in noi, se noi ci eleviamo a Dio, cioè se non ci fermiamo a noi, se non
affermiamo noi, che ci illumina la strada. Ad esempio fino a ieri dormivo fino
alle due dopo pranzo, ma se oggi Dio mi propone invece di alzarmi all’una, se
lo accetto dalle mani di Dio, questo superamento di me stesso, senza
accorgermene, mi libera. In caso diverso che cosa succede? No, non accetto,
faccio della mia regola un assoluto. No, Dio non è una regola, per cui ad
esempio, domani Dio mi propone di non mangiare la minestra, uno deve essere
talmente disponibile da non dire: “Senza la minestra non vivo!”. No! Sii
disponibile! Adesso il Signore ti invita a superare questo? Superalo! È proprio
questa apertura a Dio che ci rinnova in continuazione, ci fa sempre giovani.
“Al Dio che allieta la mia giovinezza”. Perché Dio ci impegna continuamente.
Noi diventiamo vecchi perché ci standardizziamo, diventiamo abitudinari. La
vecchiaia è questa, per cui a un certo momento non riusciamo più a smuoverci da
certe fossilizzazioni. Perché ieri ho fatto questo, quindi oggi faccio questo,
domani faccio questo: e sono un fossile. Tieni presente Dio! Dio ieri ti ha
fatto fare questo? Adesso ti propone una cosa diversa e ti dà l’agilità di
farti superare le tue abitudini: è il Pensiero di Dio che te le fa superare.
Così anche per la mentalità. Fino a ieri pensavi così? Adesso il Signore ti
propone altro. La creatura di Dio non ha difficoltà ad aprirsi ad un sentiero
nuovo.
Rina: Bisogna essere elastici.
Nino: Ci vuole la pazienza.
Luigi: Con la pazienza certo, ma ci vuole sempre apertura a
Dio, a Dio che supera noi stessi. Dio è superiore a noi, per questo ci vuole
questa apertura. Quindi non è che io debba preoccuparmi di distinguere ciò che
debbo fare. No, tu preoccupati solo di pensare Dio. Dio ti aiuterà, perché Dio
stesso ti sollecita: “Cambia!”, “Fa questo!”, “Fa quell’altro!”. Ti propone una
cosa nuova? Accettala! Non prenderla a calci e non dire: “No, io sono abituato
così!”. No! Fino a ieri sei stato abituato così? Adesso apriti ad una cosa
nuova, vedrai “qualche cosa” di nuovo e quando lo vedrai, quel “qualche cosa”
di nuovo ti farà gustare ancora di più quello di prima.
Cina: Mi è venuto in mente quando nella Messa si dice: “Per
ipsum, cum ipso et in ipso”, “Per Cristo, con Cristo e in Cristo”. È in
argomento?
Luigi: Si, lo possiamo riferire per noi verso di Lui e anche
per Lui verso il Padre.
Cina: Vuol dire: “Per il Signore …”.
Luigi: “Per mezzo del Signore, con il Signore e nel Signore”. Tempo
fa avevamo fatto come argomento di conversazione: “Camminare con Dio e
camminare in Dio”. Camminando con Dio, Dio ci conduce a camminare in Dio.
Nell’episodio del paralitico abbiamo un tratto di questo episodio che ci fa
vedere la creatura che cammina con Dio: il paralitico cammina con la parola di
Dio, e camminando con Dio, viene condotto nel tempio. Nel tempio il Signore
vuole parlargli del Padre, cioè invita quell’uomo a camminare in Dio, ad
approfondire Dio. Non si tratta più di camminare nel mondo con Dio; qui si
tratta di camminare in Dio. Ed è qui che quel paralitico non rimane, ma si
allontana per andare a rispondere a quella che era la richiesta dei farisei:
“Chi è che ti ha guarito?”. Camminando con Dio, Dio ci conduce a camminare in
Dio, cioè ad occuparci del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a penetrare
nel mistero della Trinità di Dio in cui ci si ritrova con la Presenza di Dio.
Lo Spirito Santo che è lo Spirito di Verità è quello che rivela a noi la
presenza del Padre e del Figlio. Allora bisogna imparare a camminare con,
diciamo anche attraverso, per, per mezzo di Lui, per arrivare a camminare in
Lui, perché la vita eterna è conoscere Dio, che è questo camminare in Dio.
Nino: L’avversione dei Giudei nei confronti di Gesù è più che
comprensibile dal loro punto di vista, perché il Padre di cui parla Gesù è un
Padre che toglie loro il potere, li svergogna, perché essi stessi hanno
strumentalizzato Dio ai loro interessi. Si fermano alla lettera della legge e
non riportano a Dio ogni cosa per vederla nel pensiero di Lui; quindi rifiutano
Gesù, vero Dio, Figlio del Padre e finiranno per condurlo alla morte in croce
dopo averlo già ucciso nel loro pensiero. Il loro vero padre, anche se essi
dicono: “Signore, Signore, Signore”, è il potere, il denaro, l’apparenza, il
prestigio, la paura, la consuetudine, il mondo materiale.
Luigi: Certo.
Nino: Siamo lontanissimi da quanto Gesù dice del Padre che è
il Dio delle beatitudini, della rinuncia all’egoismo, della non paura in nome
della fede in Lui, il Dio che opera eternamente in tutto per la nostra
salvezza, il Dio di cui Gesù fa sempre in tutto la volontà, incarnandosi e
morendo e risuscitando per noi, invitando noi a mettere Dio prima di tutto e a
diventare tutto Pensiero di Dio. Praticamente tutto l’insegnamento di Gesù noi
lo troviamo confermato in noi stessi dal Padre; conferma che prima noi
attribuiamo al nostro sentimento, alla nostra coscienza, fino ad attribuirla al
Padre che opera e parla in noi, come ad un certo punto avvertiamo che tutto quello
che ci viene dal di fuori è Parola di Dio.
Luigi: Certo, per cui quando effettivamente ascoltiamo la
parola di Dio fuori di noi, questa, in quanto è parola di Dio, si trova sempre
in sintonia con il Verbo interiore, cioè con la parola del Padre dentro di noi.
Il Padre parla dentro di noi.
Nino: È cosa che i primi tempi noi l’avvertiamo senza esserne
perfettamente coscienti.
Luigi: Certo, è logico. Dio parla ma noi non sappiamo chi sia.
Nino: La sentiamo. E all’inizio può essere confusa con sentimento
e non lo è.
Luigi: Certo. Come Samuele che si sente chiamare nella notte,
ma non sapeva ancora che Dio parlasse e quindi crede che sia il suo maestro, il
sacerdote Eli che lo chiama e allora si alza e va da lui: “Mi hai chiamato?”.
“No, non ti ho chiamato”. E questo avviene due, tre volte. Alla fine il
sacerdote dice: “Guarda che probabilmente è Dio che ti chiama, per cui non
venire più da me, ma dì: Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”. Il
Signore voleva parlare personalmente a Samuele, per questo il sacerdote gli
dice: “Non venire più da me”. Ecco qui la lezione: in un primo tempo noi
scambiamo e riteniamo che sia la natura che parli, che siano le creature a
parlare; ma a un certo momento il Signore ci manda a dire: “No, sono io che voglio
parlare a te”; però per cogliere quello che Lui vuol dire, bisogna che la
nostra anima si renda attenta a Lui, perché fintanto che noi siamo attenti ad
altri, Lui ci chiama, ma noi fraintendiamo. Per questo fintanto che la nostra
anima non si dispone a questa attenzione personale, diretta con Lui, noi non
possiamo accogliere la sua parola. Lui parla ma noi non la accogliamo, la
attribuiamo ad altri. Indubbiamente Dio parla sempre con noi, perché quando il
Signore ci dice: “Non date a nessuno il nome di Maestro, perché Uno solo è il
vostro Maestro”, ci invita ad ascoltarlo. Maestro è Colui che insegna. Ogni
uomo dunque è ammaestrato da Dio, e se è ammaestrato da Dio, non deve andare da
altri maestri. O per lo meno, siccome Dio parla anche attraverso tutte le
creature, l’uomo deve cogliere nelle creature la parola di Dio. Quante volte si
sente dire: “Questo l’ha detto il giornale, la radio, la televisione”, come se
fosse una parole assoluta. No, ogni cosa che ti giunge, confrontala con quello
che dice il Signore, con quello che dice Dio dentro di te: non prendere a calci
niente, perché in tutto c’è una lezione di Dio. però non accettarla senza
riportarla a Dio. Ci vuole sempre questo lavoro personale.
Nino: E in fondo è la vera critica di quello che ci capita.
Luigi: Si, qui abbiamo quella vita che il più delle volte
trascurandola lasciamo spegnere, senza accorgerci che lasciamo spegnere la
nostra vita. La nostra vita nella luce che viene da Dio. In principio la vita
era la luce. E noi invece, trascurando la luce che viene da Dio, trascuriamo
Dio e ci fermiamo soltanto alle cose. Ma le cose che avvengono attorno a noi,
non sono per noi luce; anche tutte le parole che noi sentiamo non sono luce; la
luce viene soltanto dal Padre: “Se qualcuno ha bisogno di luce la chieda al
Padre e il Padre la dà senza rimproverare niente, anzi sovrabbonda perché vi
ama”, dice San Giacomo. Gesù dice: “Chiedete, chiedete con insistenza e
otterrete, affinché la vostra gioia sia piena, perché il Padre vi ama”. La luce
ci viene dal Padre. Noi il più delle volte, trascuriamo questa sorgente e non
ci accorgiamo che ci priviamo della vita. Ecco perché cadiamo in vecchiaia e
cadiamo nella morte.
Eligio: Per Gesù Dio è il Padre, in nome del quale Gesù
giustifica la violazione del sabato. Egli infatti è tutto Pensiero del Padre e
opera quello che vede fare dal Padre. I farisei non figli del Padre ma figli
del pensiero del proprio io. Infatti nel pensiero di se stessi utilizzano la
legge non come mezzo per giungere al Padre, ma come fine a se stessa.
Luigi: Certo. La utilizzano per far valere la loro autorità,
quindi la strumentalizzano.
Eligio: Per cui l’affermazione di Gesù scavalca la loro
autorità.
Luigi: E quindi li offende.
Eligio: Si sentono declassati in qualità di sacerdoti.
Luigi: Quando uno è offeso tende naturalmente a distruggere
colui che lo offende, che lo ferisce. Si difende.
Eligio: Quindi è evidente che non sono figli del Padre perché
non dipendono dal Padre, ma dalla legge che li porta sul trono.
Luigi: Si, hanno fatto della legge motivo di esaltazione di se
stessi: si sono messi sul trono. Ed ora vedendo uno che li abbassa … Invece se
uno è aperto a Dio, accetta quando lo mette sul trono, ma accetta anche quando
lo depone dal trono. “Dio ha deposto i potenti dal loro trono”. E non si sono
accorti che era l’azione di Dio che li deponeva loro, la loro potenza dal loro
trono, per mettervi la potenza di Dio.
Rina: Queste considerazioni mi aiutano a criticare le mie
azioni per vedere se sono figlia di Dio, cristiana o una farisea.
Luigi: Quand’è che noi scopriamo di essere farisei? Quando ci
offendiamo se qualcuno ci declassa, offende il nostro io; invece se noi siamo
aperti al Padre non ci offendiamo, ma prendiamo la lezione di Dio; perché anche
quando il nostro io è umiliato, proprio questa è un’azione che Dio fa verso di
noi per preparare il nostro cuore e la nostra anima a dei doni maggiori, perché
più siamo umiliati e più Dio ci prepara a captare, a cogliere delle lezioni
maggiori, dei doni maggiori. È la tazza che va svuotata per poter essere
riempita dei doni di Dio. Dovremmo essere molto contenti quando siamo umiliati
nelle cose della terra, comprendendo l’azione di Dio; dovremmo essere molto
contenti perché certamente questo ci prepara ad una maggior luce, ed
un’intensità maggiore di luce, fino a scoprire la Presenza di Dio; cioè nella
massima umiliazione noi troviamo il massimo dei doni di Dio, la Presenza
stessa.
Rina: Tanto è il bene che mi aspetto che
ogni pena mi è diletto.
Luigi: Infatti, se tutto il nostro io tace, chi parla?
Nino: Si arriva a dire: “Tutto il resto
crolla, però ho trovato Dio”.
Luigi: E già!
Eligio: Ma tante volte crolla e Dio non
c’era ancora.
Luigi: No, no, nel crollo di tutto c’è Dio! Soltanto se non
crolla il nostro io non si trova Dio. Nella nostra umiliazione, troviamo il
massimo dei doni di Dio, cioè la sua Presenza. Se noi fossimo capaci di
dimenticare completamente noi stessi, noi vedremmo immediatamente la Presenza
di Dio, perché Dio è presente.
Pinuccia: Per Gesù Dio è il Padre, suo
Padre, Colui che lo genera e lo genera non soltanto nell’Essere, ma anche nelle
sue operazioni.
Luigi: Tante volte noi usiamo tante parole di cui non ci
rendiamo conto. Noi diciamo: “Per Gesù Dio è il Padre suo, Colui che lo
genera”. Cerchiamo di renderci conto di cosa vuol dire: non è la generazione
come la intendiamo noi. Noi per generazione intendiamo: la madre che genera il
figlio. Ma passiamo all’essere spirituale: e cosa vuol dire essere generati?
Vuol dire derivare il nostro pensiero da-. Se abbiamo Dio come Padre, noi non
pensiamo più da noi soli, ma il nostro pensare è determinato da Dio. Allora
siamo generati da Dio, come pensiero.
Nino: La diretta conseguenza del
Pensiero di Dio è Gesù.
Luigi: Si, perché Gesù è il Pensiero di Dio ed è la sua Parola,
tutto il resto è significazione. Quante volte, per esempio, abbiamo detto che
le madri che vogliono essere veramente madri dei loro figli, devono generare i
loro figli due volte: la prima è la generazione naturale; bisogna poi generarli
una seconda volta spiritualmente. È qui che si diventa veramente madri. La
prima generazione naturale è soltanto un segno di quest’altra generazione.
Questa richiede tutto un rinnegamento di se stessi, della madre stessa. Infatti
abbiamo detto che la Madonna ha generato veramente suo Figlio sulla Croce, cioè
nel momento in cui ha rinunciato a suo Figlio. Lì è diventata Madre di tutti i
figli di Dio. Infatti Gesù disse a Giovanni: “Ecco la Madre tua” e lo diceva a
tutta l’umanità, ma proprio nel momento in cui ha visto suo Figlio morire. Qui
abbiamo la vera generazione che richiede la morte a noi stessi. Per cui la
prima generazione è naturale, ma c’è sempre ancora l’io. Le madri amano i figli
nel pensiero di se stesse, per cui questa non è la vera generazione. La vera
generazione invece è nel dono del pensiero di sé, la rinuncia quindi a se
stessi per far essere l’altro. Qui abbiamo la seconda generazione spirituale,
che è tutta un’altra cosa.
Pinuccia: Quindi Gesù è generato dal Padre
anche in tutte le sue operazioni: nel pensiero, nelle parole, nelle azioni.
“Nulla Egli può fare se non lo vede fare dal Padre”. Gesù questo lo dice perché
noi sappiamo cosa vuol dire chiamare Dio come nostro Padre. Noi possiamo
infatti dire che Dio è nostro Padre, ma in realtà abbiamo per padre altri o
altro o addirittura noi stessi.
Luigi: Anzi, non solo non l’abbiamo come Padre, ma lo facciamo
servire a noi, quando poniamo Dio a servizio del nostro posto, della nostra
carriera, della nostra situazione, della nostra gloria, delle nostre ambizioni.
Pinuccia: Lo chiamiamo Padre, ma non lo è
per noi.
Luigi: E allora il nostro Dio non coincide più con il Dio di
Cristo, che è ben altro.
Pinuccia: Così come fu per i giudei, i quali hanno capito che Gesù
chiamava Dio suo Padre in modo molto diverso dal loro, tanto diverso da
metterlo in urto contro il proprio. Gesù infatti qui giustifica la sua
guarigione operata di sabato proprio dal fatto che Dio è suo Padre: “Il Padre
mio opera ed io pure opero”, cioè, il Padre mio inizia l’opera nei sei giorni
della creazione ed Io la porto a compimento proprio nel settimo giorno, di
sabato.
Luigi: Qui possiamo anche capire perché Gesù guarendo quel
paralitico di sabato gli dica: “Prendi il tuo letto e cammina”, perché proprio
ordinandogli di portare il letto, gli ha ordinato di violare il sabato. Era una
violazione patente. Ma proprio attraverso a questa violazione patente Lui è
arrivato a dire ai farisei quello che doveva dire, cioè a parlare del Padre e a
mettere in conflitto il Padre suo con il Padre loro. Era lì che bisognava
arrivare. Quindi Lui ha adoperato la violazione del sabato, (apparente
violazione del sabato), per arrivare a fare questo discorso, per sfociare qui,
perché è questo il verso discorso; non è tanto il fatto di dire: “Prendi il tuo
letto e cammina”, perché poteva anche non dirglielo; avrebbe potuto solo
guarirlo, ma se Lui l’avesse solo guarito non ci sarebbe stato quel conflitto,
che sorge quando gli altri vedono che porta il letto.
Pinuccia: L’ha voluto suscitare Lui, per sfondare una mentalità.
Luigi: E già, ha suscitato il conflitto, ma per arrivare a
discutere sul loro Dio, e quindi per portarli (è stata un’opera di misericordia
da parte sua) a capire il vero Dio che essi debbono servire e che era il Padre
suo. Molte volte noi ci stupiamo dello scandalo che Dio ci mette davanti e non
ci accorgiamo che attraverso quello scandalo Lui vuole condurci a un certo
discorso, come dicevamo; non è tanto l’approfondire un segno che conta, quanto
portarci a guardare Colui che ha fatto quel segno. Perché non è tanto il segno
di per sé, non è tanto la pietra che il Signore ci butta che va osservata,
quanto Colui che la butta. Ecco, Dio ci butta una pietra: ecco lo scandalo! E
diciamo: “Perché Dio permette una cosa cosi?”. È la pietra che Dio ci butta. Ma
Dio non ce la butta tanto perché noi stiamo lì a guardare e ad esaminare la
pietra come è fatta, no, quanto a guardare Colui che ha buttato a noi la
pietra. È lì lo scopo per cui Lui ci butta la pietra. Lo scopo è quello di
farci alzare gli occhi a guardare Lui. Lui ha qualche cosa di nuovo da dire a
noi di Sé, non della pietra; in questo la pietra è giustificata. Per cui Lui fa
portare di sabato quel letto a quel malato che Egli ha guarito, per arrivare a
fare un certo discorso sul Padre in modo da aiutare gli altri ad uscire dal
loro idolo; dallo scambiare per Dio quello che non era Dio, ma che era un loro
idolo; che era un piedistallo per glorificare se stessi e per affermare il loro
prestigio, la loro autorità, per difendere i loro interessi.
Pinuccia: Avendo Dio come Padre, come unica autorità, Gesù
guarisce di sabato, perché è mosso dall’iniziativa del Padre (che ha operato
nei sei giorni), perché Egli opera solo se è mosso dal Padre e da nessun’altra
autorità, sia essa la legge o i farisei, mettendosi così in urto con
l’interpretazione che i farisei davano alla legge e quindi anche in urto con il
Dio dei farisei. Ci fa capire così che solamente se abbiamo Dio come Padre,
come unica autorità movente, noi possiamo cogliere il vero spirito della legge.
Invece se abbiamo come padre il pensiero del nostro io o l’autorità degli
uomini, noi ci fermiamo alla lettera della legge, soffocandone lo spirito,
uccidendo la Parola di Dio, la volontà stessa di Dio, cioè il Cristo, Dio
stesso. Solo nascendo in ogni cosa da Dio, possiamo realmente chiamare Dio
nostro Padre e come figli, con Gesù, portare a compimento l’opera da Lui
iniziata.
Luigi: Quindi riassumendo, ricollegandoci con il tema di quel sabato:
“Che cosa Dio è per noi”, teniamo presente quello che insegna Gesù; perché se
Gesù chiama Dio suo Padre, lo chiama per insegnare a noi ad essere suoi figli,
affinché anche noi chiamiamo Dio nostro Padre, cioè abbiamo come nostro Padre
Dio. E ce lo conferma dicendo: “Non chiamate nessuno col nome di Padre, perché
Uno solo è il Padre vostro, quindi non date a nessuno tale autorità”. “Chi ama
suo padre più di me, non è degno di me”. Non abbiate nessuna autorità su di voi
all’infuori di Dio, perché Lui solo è la vera autorità su di voi. E allora: che
cosa è Dio per te? Che cosa è Dio per noi? Che cosa deve essere Dio per ognuno
di no? Deve essere il nostro Padre, l’unico Padre; allora noi diventeremo
figli, perché è il Padre che genera il Figlio. Noi siamo chiamati ad avere Dio
come nostro Padre. Se noi abbiamo Dio come nostro Padre, allora dal Padre noi
nasciamo come figli suoi; ma Dio chiede a noi che lo mettiamo come nostro
Padre. Che cos’è Dio per te? Dobbiamo poter dire: “Dio è mio Padre”.
Pinuccia: Per poterlo dire dobbiamo nascere
da Lui.
Luigi: No, non dobbiamo nascere da Lui. È Lui che ci fa
nascere.
Pinuccia: Gesù dice: “Se non nascete di
nuovo …”.
Luigi: Certo, ma questo rinascita dal Padre è opera del Padre,
non è opera nostra. Non che io possa dire: “Adesso voglio rinascere”. Nessuna
creatura può dire: “Adesso io nasco”. Chi genera è un Altro.
Pinuccia: Certo, però per essere generati
dobbiamo guardare a Lui.
Luigi: Ecco, dobbiamo guardare a Lui. È Lui che ci genera. Più
noi lo conosciamo, più siamo generati. Ma nasciamo da. È una nascita nuova.
Anzi, è un io nuovo che nasce in noi dal Padre.
Pinuccia: Quando nasce questo io nuovo, l’io
vecchio non rinasce più?
Luigi: No, quando è morto è morto.
Nino: Comunque bisogna passare
attraverso tutto quello che Gesù dice e fa.
Luigi: Attraverso il Calvario, la morte del nostro io.
Nino: Incominciando dalle Beatitudini,
alla parabola del seminatore e andando avanti, fino ad essere perfetti: “Come è
perfetto il Padre vostro” …
Luigi: Certo, sono tutte parole che
vanno assimilate, perché non si può restare in cielo se non si mangia il cielo.
Noi non possiamo restare se non mangiamo. Non basta quindi guardare il cielo:
bisogna mangiare le cose del cielo, assimilarle, capirle, altrimenti noi
udiamo, ma se non capiamo, quelle ci vengono portate via. La parola che arriva
a noi ci viene portata via quando non è capita. Tutte le cose non capite ci
vengono portate via. Per cui quando una parola arriva a noi, prima di tutto
anche se non la capiamo, dobbiamo accoglierla. Quando l’abbiamo accolta,
dobbiamo desiderare di capirla. Ma solo quando la capiamo ci inseriamo in,
entriamo nel tempio.
Nino: Camminiamo.
Luigi: Ecco, desiderando di capirla
camminiamo; ma soltanto quando la capiamo veniamo inseriti in virtù della Parola.
Non siamo inseriti per opera nostra, ma è la Parola che ci ha inseriti, però la
Parola richiede di essere capita, mangiata e assimilata. Quindi il cielo si
annuncia, ma va cercato.
Nino: La Parola ci fa capire il
Pensiero.
Luigi: Quindi non è vero che il pozzo è pozzo tanto sull’orlo
come in profondità, perché c’è una differenza tra l’orlo e l’acqua che è in
fondo: la Parola che arriva a noi è l’orlo del pozzo; ma questa parola può
essere da noi respinta. Eppure arriva ai farisei. Ma lo dicono un bestemmiatore,
ed è la Parola di Dio che arriva a loro! Quindi allora, la Parola di Dio arriva
a noi, non è capita, però va accolta. Atto primo. Avendola accolta, bisogna
desiderare di capirla, perché noi possiamo anche accoglierla e non desiderare
di capirla e allora ci illudiamo di averla accolta, ma la perdiamo, perché se
noi non abbiamo interesse per essa, vuol dire che abbiamo altri interessi e
quando abbiamo altri interessi praticamente la rifiutiamo. Ci illudiamo
soltanto dicendo così: “Intanto io l’accetto!”. Ma se non amo capirla,
praticamente la rifiuto e quindi la perderò. Domani non sarà più per me. Quindi
dobbiamo desiderare di capirla. Desiderando di capirla, dobbiamo arrivare a
capirla, perché è dono di Dio.
Nino: Ci pensa Lui a farci arrivare.
Luigi: Certo.
Cina: Ciò che fa coraggio è questo.
Luigi: Ma tutto fa coraggio, perché tutto è opera di Dio! Siamo
immersi nelle opere di Dio! Di che cosa abbiamo paura? È Dio che fa nascere, è
Dio che conduce, è Dio che fa crescere, è Dio che porta a compimento! E di che
cosa dobbiamo ancora avere paura?
Nino: Dobbiamo avere paura di noi
stessi.
Luigi: Siamo nelle sue mani. Dobbiamo aver paura soltanto di
noi stessi. Quando diciamo: “Quello mi fa coraggio!”, ritieni forse ci siano
parole di Dio che facciano coraggio?
Cina: C’è la paura di arrestarci.
Luigi: Non bisogna aver paura perché si è sempre immersi nelle
opere di Dio.
Emma: Certo che è un mistero!
Luigi: Il mistero siamo noi più ancora di Dio. Siamo noi che
rendiamo difficile Dio con le nostre complicazioni, appunto perché siamo noi
che complichiamo. Se noi fossimo semplici, Dio si presenterebbe in modo molto
semplice. Perché è molto difficile conoscere le creature, non Dio. Dio si
presenta per essere conosciuto.
Nino: Una volta che uno ha ricevuto gli
apparenti paradossi di Gesù (che sono solo apparenti) e li ha capiti, poi
dipende da noi: il problema è solo nostro, di non rifiutare quello che ci viene
offerto.
Luigi: Perché Dio lavora su di noi, in continuazione; in ogni
cosa, in ogni minima cosa. Non c’è nulla che non sia opera sua, nulla, dal filo
d’erba, all’albero, al sole, alla nebbia, tutto: siamo immersi nella parole di
Dio come pesci in un mare. È tutto parlare di Dio a noi. Di che cosa aver paura
allora?
Nino: Lavora anche quando non ce ne
rendiamo conto.
Rina: Anche se non rispondiamo, anche se
siamo apatici.
Luigi: Appunto è il nostro non rispondere che rende complicate
le cose, perché Dio deve risvegliarci in qualche modo dalla nostra sonnolenza.
Ed ecco: “Quello ci offende, l’altro ci urta e diciamo: “Perché Dio mi tratta
così?”. Oppure: “Perché Dio mi trascura o mi dimentica?”. Allora concludiamo
dicendo: “Dio non esiste, per me Dio è lontano” e non ci accorgiamo che tutta
complicazione del nostro io che ha creato queste confusioni.
Nino: Basta avere il pensiero di Lui, se
no non ci capiamo niente. Tante volte Lui opera e noi capiamo niente; però ad
un certo punto ci accorgiamo che qualcosa è cambiato.
Luigi: Basta tener presente Lui; Lui modifica anche se non
capiamo. Si, attraverso l’accettazione. Ecco perché l’accettare anche senza
capire crea già una modificazione del nostro animo e ad un certo momento noi
scopriamo: “Toh guarda, capisco! Guarda è luminoso! Mentre prima era tutto
buio. Forse se mi fossi dato da fare per cercare di capire io, non avrei
capito. No, ora splende!”. Cosa è avvenuto? Noi non sappiamo ma Dio lo sa. Dio
lo sa, però noi abbiamo accettato quello che Lui faceva su di noi per aprire la
finestra.
Emma: Lui ci fa salire se ci abbandoniamo
a Lui, anche se non siamo nella luce.
Luigi: Certo. Per questo dico che bisogna sempre essere aperti,
anche e soprattutto alle cose che magari ci scombussolano. Sii aperto! In tutto
c’è la mano di Dio, non aver paura di niente, Lui ti condurrà, anzi Lui ti
conduce.