L’uomo se ne andò e disse ai Giudei che era Gesù Colui
che lo aveva guarito…. Gv 5 Vs 15
Argomenti: Fedeltà o
infedeltà? La facilità con cui si
esce dal Tempio. Approfondire la
parola di Dio. “Non date le vostre
perle ai porci”. Il silenzio della
Madonna. È Dio che illumina e
che rende testimonianza. La volontà che
manda: l’io o Dio. La preoccupazione di
capire. L’apostolato. La superficialità. Chi ama rimane nelle parole dell’amato. Deve essere Dio che manda e Dio non è il nostro sentimento. Non vedere la tentazione.Dopo la Parola c’è la Prova.
9.Luglio.1978
Pensieri tratti dalla conversazione:
Eligio: Come ha fatto questo paralitico guarito dire ai Giudei
che chi l’aveva guarito era Gesù? Prima non sapeva chi fosse e quando incontra Gesù
nel Tempio non gli chiede chi è, ma è Gesù che parla a lui. Non risulta aver
avuto la possibilità di conoscere l’identità di Gesù.
Luigi: Ma il principio di rivelazione è il fatto di essere nel
Tempio. Abbiamo distinto che:
-
fuori del Tempio noi conosciamo in base agli altri;
-
nel Tempio di Dio si conosce in base a Dio e qui abbiamo la vera
conoscenza.
La vera conoscenza
la si ha nel Tempio di Dio, perché in esso tutte le cose dipendono da Dio e noi
le conosciamo in rapporto a Dio e non più in rapporto alla folla e in rapporto
al mondo. Fuori del Tempio invece le cose noi le conosciamo in rapporto a
quello che dicono gli altri. Quindi quell’uomo ha avuto li la vera conoscenza,
in quanto Gesù si è presentato. Presentandosi, lui ha capito, difatti è andato a
dire ai Giudei che era Gesù.
Eligio: Ci sarebbe da chiedersi perché torna dai Giudei a dire
che era Gesù che l’aveva guarito.
Luigi: È il problema di oggi. Infatti il tema di oggi è questo: “L’uomo se ne
andò e disse ai Giudei che era Gesù che l’aveva guarito”.
Teresa: Ma Gesù non aveva detto: “Sono Gesù”.
Luigi: Guardi che nel Tempio non è che si conosca in base al
nome. La conoscenza è diversa. Nel mondo noi crediamo di conoscere perché
sappiamo il nome delle persone: non conosco niente, sapendo il nome, perché il
nome non dice niente. Invece dentro il Tempio si ha la vera conoscenza, perché
si ha la conoscenza di Dio. Nel Tempio di Dio tutte le cose sono rapportate a
Dio e riferite a Dio. Dio è la Verità e allora si conosce nella Verità. Però il
tema di oggi è questo: “L'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era Gesù che
lo aveva guarito”. Ora noi dobbiamo sempre chiederci in ogni fatto del
Vangelo quale lezione il Signore vuole darci attraverso quel fatto, quella
parola, quella scena. Qui ci troviamo con uno che è stato guarito da Gesù, che
ha dimostrato fedeltà a Lui di fronte all'obiezione che gli fanno i farisei e
ha dimostrato ubbidienza. In base a quell'ubbidienza, abbiamo visto le volte
scorse, è entrato nel Tempio di Dio, ed entrando nel Tempio di Dio, ha avuto la
possibilità di incontrare Gesù, di conoscerlo, ed ha ricevuto da Gesù
l'ammonimento: “Non peccare più, affinché non ti avvenga di peggio”.
Dopo ciò quest'uomo se ne andò a dire ai Giudei che era Gesù che lo aveva
guarito. La lezione che il Signore vuole darci qui deve essere rapportata a
questo fatto: in quest'uomo che avendo incontrato Gesù va a dire ai Giudei chi
l'aveva guarito, abbiamo una testimonianza di ciò che gli è avvenuto, quindi
una glorificazione di Dio? Oppure abbiamo un atto di superficialità e di
ingenuità, perché è andato a dire a dei nemici e a dei contestatori di Gesù chi
era Colui che l'aveva guarito? Ecco a me sembra che dobbiamo precisare se qui
c'è stato un atto di fedeltà, oppure un atto di superficialità. Se c'è stato
fedeltà a Gesù o un'infedeltà. Oppure un atto di malizia nell'andare a dire ciò
ai Giudei e quindi tradire Gesù consegnandolo ai suoi nemici? Direi di no da
questo fatto: i Giudei gli avevano chiesto: “Chi è quell'uomo che ti ha
detto: prendi il tuo letto e cammina?” lui invece va a dire ai Giudei, non
chi è Colui che gli ha detto: “prendi il tuo letto e cammina”, ma che
era Gesù che lo aveva guarito. Quindi testimonia che più che la trasgressione,
è opera di Gesù la guarigione. Le conseguenze le vedremo in seguito in questa
sua testimonianza, sono state gravi nel senso che hanno accentuato la
persecuzione dei Giudei verso Gesù. Ma a parte le conseguenze, quello che
dobbiamo chiederci è questo: se quest’uomo sia stato un testimone o un
infedele. La Samaritana quando ebbe la conversazione con Gesù e la rivelazione
che Egli era il Messia, andò di corsa a dire agli altri del suo paese tutto
quello che Gesù aveva detto a lei, ed è stata una testimone buona. Altrove noi
troviamo Gesù che invita invece a dire niente, a far silenzio. Abbiamo anche
dei passi in cui Gesù dice: “Chi
si sarà vergognato di me davanti agli uomini, io mi vergognerò di lui”; quasi a dire che dobbiamo avere il
coraggio di testimoniare le opere di Dio davanti agli altri. Però abbiamo anche
un altro passo in cui il Signore dice: “Non date le vostre perle ai porci, perché altrimenti
pestano le perle e si rivoltano contro di voi”. Quindi
non troviamo qualche passo che ci possa chiarire subito il nostro problema, e sembra
che l’argomento sia abbastanza profondo per poter capire se sia stato un atto
di fedeltà o di infedeltà. Io consiglierei, per intendere bene il motivo che ha
mosso quest’uomo ad andare verso i Giudei, di collegare questo fatto all’ultima
parola che Gesù gli disse: “Non peccare
più, affinché non ti avvenga di peggio”. Quando Gesù lo guarì e gli disse: “Prendi il tuo letto e cammina”,
quell’uomo prese il suo letto e di fronte al rimprovero dei Giudei, lui
ubbidisce a Gesù. I Giudei gli dicono: “Non
ti è lecito portare il letto”, ma lui risponde: “Colui che mi ha guarito…”; e qui è fedele. Abbiamo visto che in
base a questa fedeltà è entrato nel Tempio. Qui abbiamo un’altra parola di
Gesù, molto più impegnativa della guarigione: “Non peccare più, affinché non ti avvenga di peggio”. È in base a
questa parola di Gesù che dobbiamo osservare se lui sia stato fedele o
infedele, cioè se abbia custodito la parola udita. Cioè è una lezione positiva
o è una lezione negativa che il Signore vuol darci attraverso questo?
Nino: È positiva senz’altro!
Luigi: La maggior parte dei commentatori la danno positiva.
Nino: È positiva, perché noi Lo dobbiamo testimoniare sempre
costi quel che costi… e le conseguenze sono nelle mani di Dio, non nostre. Non
è che lui voglia provocare un male a Gesù per avere un vantaggio personale.
Luigi: No, qui lo escluderei che sia stato così.
Nino: È evidente che questo non è un Giuda.
Luigi: Sì, questo è da escludere, però potrebbe essere stato un
superficiale. Cioè la superficialità penso che possa scaturire approfondendo
l’ultima parola che Gesù gli disse: “Non
peccare più”. Cosa voleva dirgli Gesù con questo “non peccare più?”. Quando abbiamo meditato su questo “non peccare più” abbiamo visto che Gesù
lo invitava a restare nel Tempio (quel non peccare = restare), perché peccare
vuol dire allontanarsi da Dio.
Eligio: E qui c’è già un rovesciamento; intanto non resta più
nel Tempio, ma esce e va dai Giudei.
Luigi: Ecco, penso che si debba approfondire in tale senso.
Quindi teniamo questo come tema. Cosa ne dite? Cioè cercheremo di approfondire
questo mettendo in relazione la parola che Gesù gli disse: “Non peccare più affinché non ti avvenga di peggio”. E allora
chiediamoci: quest’uomo è andato dai Giudei a dire loro che era Gesù che
l’aveva guarito, per non peccare più? Ha detto loro questo per non peccare più
o l’ha detto sospinto da altro? O è stato superficiale? Cioè ha tenuto o no
conto dell’ultima parola che Gesù gli ha detto? Un’altra cosa che io suggerirei
di tenere presente è che dopo ogni parola di Gesù ci viene la prova. La prima
volta, quando Gesù lo guarì e gli disse: “Alzati
e cammina”, la prova successiva a queste parole, fu quella dei Giudei che
gli dissero: “Non puoi portare il tuo
letto”. E lui di fronte a questa prova è stato fedele. Qui abbiamo una
seconda parola di Gesù: “Non peccare più”.
Dopo questa parola ci dobbiamo aspettare la prova e la prova è stata qui.
Adesso c’è da vedere se è stato fedele o no ad uscire dal Tempio e ad andare a
dire ai Giudei che era Gesù che lo aveva guarito. Approfondiamo cosa vuol dire
il concetto di peccare e quindi la raccomandazione che Gesù gli aveva fatto
dicendogli: “Non peccare più”. Quando
uno è paralitico quale peccato può fare? E quando è guarito e Gesù gli dice: “Non peccare più”, che cosa gli
raccomanda? Quando avevamo meditato queste parole avevamo notato che Gesù lo
invitava (dato che peccare vuol dire staccarsi da Dio e pensare a noi stessi) a
permanere nel Tempio. Però di fronte ad ogni parola, ad ogni offerta da parte
di Gesù, c’è sempre una prova. L’uomo è messo alla prova affinché abbia a
testimoniare lo Spirito, cioè a comprovare quello che vuole. Ora qui ci sono di
nuovo due volontà. Le due volontà di prima erano: la volontà di Gesù che gli
dice: “Prendi il tuo letto” e poi la volontà
dei Giudei che gli dicono: “Non ti è
lecito portare il letto”. Qui sono: la volontà di Gesù che gli dice: “Non peccare più”, e la volontà che gli
avevano seminato i Giudei chiedendogli: “Chi
è Colui che ti ha detto “Prendi il tuo letto?”, alla quale aveva risposto: “Non so”. Adesso lui è mosso da questa
volontà ad andare a dire loro quello che essi si aspettavano. Domandiamoci:
questo uomo ha ubbidito a Gesù o ha ubbidito ai Giudei? Cioè è stato un atto
autonomo, oppure un atto di sottomissione alla parola di Gesù?
Nino: L’interpretazione non è semplice. Comunque è evidente
che le conseguenze …
Teresa: Lui può averlo fatto per glorificare Gesù che era tanto
criticato dai Giudei.
Luigi: Facciamo allora un tema di riflessione per noi, per applicarlo
personalmente a noi. Perché se noi restiamo in superficie, noi possiamo subito
dire: “Beh, è andato a parlare di Gesù …”.
Ma per applicarlo personalmente a noi, dobbiamo scoprire qual è il motivo che
ha guidato quest’uomo, altrimenti non possiamo applicarlo a noi. Il problema
viene fuori qui. Cioè quest’uomo è rimasto nella parola di Gesù o non è
rimasto? Il problema è quello di restare: “Sarete
miei veri discepoli se resterete nelle mie parole”. Adesso l’applicazione è
che quest’uomo è rimasto nella parola di Gesù o non è rimasto sulla parola di
Gesù? L’ultima parola che Gesù gli aveva detto era: “Non peccare più”. Lui è rimasto? Cioè è andato a dire ai Giudei: “Chi mi ha guarito è Gesù”, per restare
nella parola di Gesù? Oppure ha trascurato la parola di Gesù? O non ha pensato
nemmeno che cosa volesse dire quel: “Non
peccare più?”. Cioè qual è l’intenzione che l’ha guidato? Perché è lì che
la lezione avviene per noi e non per giudicare quest’uomo. E Gesù, Dio, che ci
presenta nel Vangelo questa scena, come lezione per ognuno di noi, per farci
capire forse con che facilità noi dimentichiamo la parola udita e usciamo dal
Tempio. Con che facilità Pietro passa da “Beato
tu sei, Pietro”, a: “Tu sei un
demonio”. Con che facilità cioè noi scivoliamo dalle parole di Dio.
Eligio: Con che facilità si esce dal Tempio!
Luigi: Ecco, con che facilità si esce dal Tempio. Direi: la
lezione principale è questa: con che facilità si esce dal Tempio. Ecco, vorrei
che raccogliessimo le fila sopra questo argomento.
Teresa: Questo a volte succede senza che ce ne accorgiamo, con
retta intenzione.
Luigi: Sì, certo; non possiamo
dire che quest’uomo fosse malizioso, tipo Giuda, e andasse a tradire colui che
l’aveva guarito; no, perché dice: “Colui
che mi ha guarito è stato Gesù”. Però direi proprio che per superficialità
può accadere questo: con che facilità noi usciamo dal Tempio.
Eligio: Andrebbe precisato quel concetto di “retta intenzione”.
Quante volte noi rivestiamo di “retta intenzione” ciò che ci fa comodo o ciò
che può far piacere agli altri.
Luigi: Cioè per superficialità. Lui doveva approfondire …
Eligio: Perché non teniamo conto di Dio nella superficialità.
Noi diciamo: “con retta intenzione”,
ma non lo è, perché retta intenzione è lasciarci guidare da Dio. Invece nella
superficialità sostanzialmente non teniamo conto di una cosa per farne
un’altra.
Luigi: Cioè a me sembra sia molto evidente questo fatto:
quest’uomo prima si trova di fronte a due volontà, la volontà di Gesù che gli
dice: “Prendi il tuo letto e cammina”,
e la volontà dei Giudei che gli dicono: “Non
ti è lecito portarlo”. Di fronte a queste due volontà, lui dichiara
apertamente la volontà che vuole seguire. Qui si trova di nuovo di fronte a due
volontà; Gesù che gli dice: “Non peccare
più”, e la volontà di soddisfare la curiosità dei Giudei circa chi era
Colui che l’aveva guarito. È qui in questo confronto che mi sembra, venga fuori
chiara la lezione. Quest’uomo è passato dalla volontà di Gesù alla volontà dei
Giudei: questo è da approfondire.
Eligio: Direi di più, perché lui aveva già superato la volontà
dei Giudei.
Luigi: Sì, in un primo tempo l’aveva già superata.
Eligio: Quindi mi dà l’impressione che sia un passo indietro
deciso.
Luigi: Ecco.
Eligio: Cioè è tornato dai Giudei, quando poteva anche non
tenerne più conto. E questo succede molte volte anche a noi.
Luigi: Sì, e direi che la lezione
per oggi da meditare sia proprio questa: con che facilità si esce dal Tempio.
Gesù parla in continuazione (il Verbo di Dio parla in continuazione con ognuno
di noi) e ad ogni sua parola segue la prova, per creare sempre più un’intimità
di vita con Dio. Viviamo in coppia e questa coppia è fatta di un colloquio
sempre più intimo; l’amore non si stabilisce una volta tanto; l’amore è
reciproco, è un continuo donarsi. Più c’è questo reciproco donarsi e più cresce
l’unione, la fusione. Così è con Dio. Dio parla, ma ad ogni parola fa seguire
la prova in cui dobbiamo donarci a questa parola. E qui chiedo: se quest’uomo
si è donato alla parola di Gesù: “Non
peccare più” oppure non ci ha nemmeno pensato? È quanto bisogna
approfondire …
Nino: Quest’interpretazione è suggestiva, ma mi lascia
perplesso in quanto: Gesù ha elogiato quell’uomo per aver tenuto fede al suo
comando, ma però non gli ha spiegato cosa doveva fare per non uscire dal
Tempio.
Luigi: Sì, gli ha detto: “Non
peccare più”.
Nino: Ma come può aver capito cosa vuol dire “Non peccare?”.
Luigi: C’è questo fatto, che il Signore quando chiama, chiama
proprio presentandoci delle sue parole, delle sue lezioni che debbono essere
approfondite. È lì che si rivela l’amore. Perché se noi abbiamo amore a Lui, di
fronte ad un suo ammonimento, noi ci pensiamo molto, approfondiamo molto. La
parola sembra in superficie: “Non peccare
più”. “Va bene, grazie, non gioco più
a birille…”, mi sembra. Ma se ho amore per Lui, mi chiedo: “Chissà cosa vorrà dirmi col “non peccare più”? Quell’uomo aveva
dimostrato di avere a cuore Gesù, perché di fronte agli altri che gli dicevano:
“Non puoi”, aveva risposto: “No, Colui che mi ha guarito mi ha detto …”.
È per questo che Gesù lo sollecita ad entrare nel più intimo. Ora, quindi lui
doveva restare in quella parola: “Non
peccare”, perché il Signore parla in parabole; ma parlando in parabole fa una
selezione dei cuori. Chi ha a cuore la Verità si ferma e medita; chi non ha a
cuore la Verità, dice: “Non ci capisco
niente… oppure è una frase qualunque” e se ne va. Vedi che è una selezione
d’amore? Più uno ha amore ad Uno e più custodisce molto la parola di quest’Uno
anche se non la capisce. Abbiamo la Madonna che è caratterizzata proprio da
questa disponibilità alla Parola. Lei non vuole sentire parole di altri. E
allora ritorniamo qui: quest’uomo è stato disponibile alla parola di altri
uomini o è stato disponibile alla Parola che ha sentito da Gesù?
Eligio: Qui resta chiaro com’è superficiale l’affermazione che
una volta entrati nel Tempio sia pressoché impossibile uscirne.
Luigi: Certo. Vedi invece con che facilità… Ma anche qui
apparentemente si direbbe: “Ha dato buona
testimonianza”, però se approfondiamo…
Eligio: Bisognerebbe vedere l’intenzione del paralitico.
Luigi: Se noi ci fermiamo in superficie diamo
un’interpretazione positiva, come la diedero la maggior parte dei Padri: “Perché ha dato testimonianza”. Ma
approfondendo… Teniamo presente ciò che Gesù dice: “Sarete miei veri discepoli se resterete nelle mie parole”. Lui
invece è andato a soddisfare l’intenzione, quindi la volontà di altri. Difatti
poi le conseguenze furono una maggior avversione verso Gesù. Gesù trarrà anche
dal male argomento per fare un discorso di rivelazione del Padre, perché dal
male trae il bene, però le conseguenze sono fatali; acuiscono il conflitto.
Vogliamo allora fermarci su questo? Non vorrei però aver condizionato la vostra
riflessione.
Nino: È molto facile interpretare il: “Se ne andò… e disse” non come uscita dal Tempio, ma come cosa
valida, perché lui ha reso testimonianza a Gesù; perché Gesù ha anche detto: “Chi mi avrà riconosciuto anch’io lo
riconoscerò”.
Luigi: Sì, per questo dico che apparentemente…
Nino: Io apparentemente l’avrei interpretato così. Adesso
cercherò di vedere se c’è ancora qualcosa di valido in questa interpretazione,
cioè se è stata veramente una testimonianza. D’altra parte se quest’altra interpretazione
che abbiamo sentito ora col mio ragionamento la vedo vera, è inutile star lì a
chiedermi se sono condizionato o meno. Cercherò comunque di sostenere ancora la
mia tesi.
Luigi: Sì, perché ci sono diversi passi del Vangelo in cui Gesù
dice ad es.: “Chi avrà arrossito di me,
anch’io…”. Quindi sembra apparentemente che sia una testimonianza, che cioè
quest’uomo sia andato a testimoniare che era Gesù che l’aveva guarito.
Nino: Però tanto nell’una come nell’altra interpretazione
l’insegnamento è sempre valido.
Luigi: No, adesso qui c’è un insegnamento abbastanza
importante.
Nino: Questo mi sembra più profondo. È un insegnamento che per
scovarlo bisogna scavare di più, ma è anche il più valido e che si applica di
più a noi.
Luigi: Perché evidentemente qui c’è una lezione che…
Nino: Comunque se invece accettiamo la lezione di costui che
prima ha seguito le parole di Gesù contro la volontà dei Giudei e poi seguita a
testimoniarlo coraggiosamente davanti ai Giudei, ne riceviamo un insegnamento
anche valido. Ma certo non avrebbe più senso quel: “Se ne andò”.
Luigi: Poiché dobbiamo cercare qual è la lezione che il Signore
vuole dare a noi in questo fatto, dobbiamo riflettere che probabilmente sta
proprio nel rivelarci con che facilità noi passiamo dal Tempio al fuori del
Tempio… magari per dare testimonianza. Anche Pietro credeva in buona fede di
glorificare il suo Maestro dicendo: “No,
noi impediremo che gli altri Ti abbiano a mandare a morte, Ti difenderemo”
e si sente dire da Gesù: “Tu sei un
demonio”. Quindi con retta intenzione, con buona fede, noi possiamo
arrivare a diventare dei demoni, fuori del Tempio.
Eligio: Si vuol essere compiacenti a Dio e al mondo.
Luigi: Cioè, noi crediamo di rendere gloria a Dio: “Ho testimoniato…”. No, guarda che Gesù
ti chiedeva altro. In tanti altri luoghi, molte volte quando ha guarito ha
detto: “Adesso non dirlo a nessuno”.
E l’altro magari diceva: “È Lui che mi ha
guarito” e Gesù non approvava. Come
mai gli diceva invece: “Non dirlo a
nessuno?”; perché devi custodire dentro di te il dono che hai avuto e
portarlo a maturazione. Cioè a me sembra che la lezione diventerebbe
efficacissima se noi al posto di quest’uomo paralitico mettessimo la Madonna.
Cioè se la Madonna avesse sentito dire da suo Figlio questa parola: “Non peccare più”, come si sarebbe
comportata?
Teresa: Non sarebbe stata lì a dare spiegazioni agli uomini.
Luigi: Tanto più che Lei dice: “Non conosco uomo”. Cioè sarebbe rimasta con suo Figlio ad
approfondire la parola che il Figlio le aveva detto, perché è un ammonimento
molto severo.
Nino: Rimane il fatto che lui aveva già superato la fase del
dover rispondere ai farisei, quindi questo ritornare è un po’ per rimettersi in
grazia di questa gente.
Teresa: E per soddisfare la loro curiosità
Luigi: Cioè ha dimostrato superficialità.
Eligio: E debolezza.
Teresa: O che l’abbia fatto per fare un favore.
Luigi: Sì, sì appunto, per piacere a…
Eligio: Pietro era in un ambiente di minacce quando aveva tradito
Gesù; costui invece aveva già superato il primo ostacolo
Luigi: Sì, ormai l’aveva superato, quindi è stato solo un atto
di compiacenza.
Eligio: Quindi resta qualcosa con noi del mondo per cui ad un
certo punto…
Luigi: Vedi che Gesù il: “Non
peccare più” glie l’ha detto ben a ragione, no? Vedeva il rischio in cui
l’altro si trovava, perché vedeva la debolezza in cui si trovava, per cui: “Mi raccomando, non peccare più”; ma non
ha finito di dirglielo che l’altro è già partito. Proviamo a restare su questo
argomento?
Cina: Io sono un po’ divisa tra le due tesi, perché abbiamo
anche altri esempi nel Vangelo: es. la suocera di Pietro è stata guarita e si è
messa a servire; la samaritana è stata guarita e ha sentito il bisogno di
andarlo a gridare. E quest’uomo è anche stato guarito. E perché tenere per sé
un dono così grande? Ha sentito il bisogno di comunicarlo, è andato a dirlo ai
Giudei, ma certamente non pensava che quello fosse un peccato. Il “Non peccare più” per lui significava
un’altra cosa, per cui non pensava che l’andare a dirlo ai Giudei fosse un
disubbidire. Ma poi se invece penso che il peccato più grosso è distaccarsi, è
andare via dal Tempio, allora se l’uscire per andare a dirlo ai Giudei era un
rischio per lui di cadere nell’autonomia, allora certo avrebbe fatto meglio a
non muoversi, pensando che la risposta ai Giudei avrebbe pensato il Signore a
darla. Ma lui avrà creduto di fare una cosa buona, gli sarà sembrato di fare un
servizio così come la suocera di Pietro: comunicare agli altri una cosa bella
che ha avuto. Non so, mi son trovata un po’ divisa.
Luigi: Quindi ha l’animo diviso … e ciò è grave. Se Gesù
anziché: “Non peccare più” gli avesse
detto: “Non chiacchierare più, affinché
non ti avvenga di peggio”, lui avrebbe fatto bene ad andare subito a dire
che era Gesù che l’aveva guarito?
Cina: No, sarebbe stato più chiaro.
Luigi: E non pensa che quel: “Non peccare più” volesse proprio dire: “Non chiacchierare più?”. Perché chiacchierare diventa
superficialità.
Teresa: Ma c’è modo e modo di chiacchierare. Lui parlava del
Signore. Anche noi stiamo parlando del Signore.
Luigi: Ha il cuore diviso anche lei?
Teresa: Io stavo pensando che anche noi, fuori del Tempio,
attribuiamo agli uomini o ad altro ogni cosa (es. una guarigione l’attribuiamo
al dottore). Invece nel Tempio scopriamo che dobbiamo attribuire tutto a Dio
anche se è un dottore che ci guarisce (è Dio che si serve del dottore).
Luigi: Sì, perché la caratteristica di essere nel Tempio è
quella di far dipendere tutto da Dio.
Teresa: Quindi fuori del Tempio, il paralitico diceva: “è un uomo che mi ha guarito”; nel
Tempio invece ha scoperto che era Gesù che l’aveva guarito; e lui va ad
annunciare questa sua scoperta: “Solamente
Gesù guarisce; tutto viene da Gesù”. Ho pensato però anche a un’altra cosa:
al rischio che si corre al raccontare le proprie esperienze. Non sempre questo
porta a glorificare il Signore.
Luigi: Certo. Gesù stesso ammonisce: “Non date le vostre perle ai porci”.
Teresa: Una grazia ottenuta non è poi che porti tutti a
glorificare il Signore.
Luigi: Certo, perché è personale.
Teresa: Anzi, a volte c’è ancora il rischio di esaltare una
persona.
Luigi: Sì, perché il dono è personale. “I segreti del Re, dice l’Arcangelo Raffaele nel libro di Tobia, non si
debbono comunicare”.
Teresa: In certi casi si è talmente esaltato la persona che ha
raccontato le sue esperienze, da lasciare in secondo ordine Dio.
Luigi: Tutto va sempre attribuito a Dio
Teresa: C’è il rischio però di fermarsi alla persona.
Luigi: Il fermarsi alla creatura è sempre un uscire dal Tempio.
Nino: Ma c’è anche il rischio per la persona stessa di
comunicare la sua esperienza positiva. Bisogna essere prudenti a comunicare che
è Dio che ci ha guariti, perché c’è della gente che fraintende ogni cosa.
Luigi: Ma a parte la gente, c’è anche il rischio personale di
perdere il dono di Dio, perché i doni di Dio sono profondissimi e quando
giungono a noi, giungono accennati e hanno bisogno di essere molto
approfonditi. Maria che era la creatura perfetta non parlava mica a nessuno il
suo segreto. Non ha parlato nemmeno a Giuseppe che era il suo fidanzato, e ha
sentito il bisogno di andare soltanto da colei alla quale era stata associata
dall’Angelo nel mistero divino, da Elisabetta. Perché non l’ha detto a nessuno?
Perché dicendolo con facilità lo perdiamo, perché il dono va meditato,
approfondito, custodito, fino a maturazione. La parabola di domenica prossima è
la parabola del seminatore, dove vediamo che il seme di Dio va custodito (ecco
il terreno buono) con pazienza, meditato, ecc, fino alla maturazione. Ma se uno
lo propaga prima di giungere a maturazione, lo perde. Ed abbiamo allora
l’esempio del seme che cade sulla strada
che subito è portato via; che cade sul terreno sassoso, dove cresce un poco e
subito secca; e così il seme che cade in terreno spinoso … Questo vuol dire che
il dono di Dio che arriva a noi, va meditato e custodito. Ma come possiamo
custodirlo se ci mettiamo a propagarlo? Infatti le creature che son tanto prese
da entusiasmo, durano poco, perché non hanno profondità.
Nino: L’esperienza insegna che quando comunico quello che per
me è una grazia, non lo è per l’altro. È proprio un’esperienza personale che
non dice nulla all’altro.
Luigi: Anzi, ti può danneggiare perché può distrarti da quella
fonte dalla quale tu avevi ricevuto quella grazia e può dirti: “No, guarda che quella è una sciocchezza,
che ti è arrivata così”, per cui uno può subirne un danno, perché possiamo
essere distolti da ciò che non abbiamo approfondito. Per questo Gesù dice: “Non date le vostre perle ai porci, perché
essi disprezzano le perle e poi si voltano contro di voi per sbranarvi”.
Quante volte il Signore, facendo un miracolo, raccomanda di non dire niente a
nessuno! Le grazie di Dio vanno custodite, meditate, approfondite con umiltà e
pazienza, fino al giorno della maturazione. Sarà poi Dio, se vorrà, che
solleciterà. Ma sarà per obbedire alla parola di Dio, in quanto il Signore
dice: “Adesso va e dì questo; va a casa
tua e dì quello che il Signore ha fatto per te”. Ma allora lì uno ubbidisce
alla Parola di Dio, non ad altra sollecitazione. Resta nel Tempio. “Il Figlio non può fare niente se non lo
vede fare dal Padre”. Il Figlio è il Figlio in quanto è sempre mandato da,
quindi non agisce di sua iniziativa. Qui Gesù aveva invitato quest’uomo a non
peccare più, cioè a non staccarsi più da Lui (peccare vuol dire staccarsi) e
quindi a non agire autonomamente. A me sembra che qui lui si sia fermato un po’
in superficie, cioè non si è preoccupato di approfondire questa parola che Gesù
gli aveva detto, ma, appena scoperto che Gesù era Colui che l’aveva guarito, ha
sentito subito il bisogno di andarlo a dire agli altri che avevano manifestato
interesse di sapere chi era colui che l’aveva guarito. Quindi c’è stata la
sollecitazione di un’altra volontà. Non è Gesù che gli ha detto: “Adesso va dai Sacerdoti, va dai Giudei e dì
quello che il Signore ha fatto per te”. Ora è convinta o ha ancora il cuore
diviso?
Teresa: No, sono convinta che nel Tempio si riconosce che tutto
viene da Dio
Luigi: E bisogna restare in questo Tempio; il difficile è
restare. Gesù stesso fa consistere l’essere suoi discepoli nel restare, mica
nell’ascoltare. Ascoltare sì, è l’inizio, ma il difficile è restare. “Sarete miei veri discepoli se resterete”.
Quanti ascoltarono e se ne andarono! Vede, invece bisogna imparare a restare.
Teresa: Sì, la vera testimonianza si dà più che nel contarlo
agli altri, nel restare.
Luigi: I doni di Dio vanno custoditi come un tesoro personale
che il Signore affida a noi. È quella famosa pietra bianca con sopra scritto il
nome e che solo chi la riceve lo sa. L’altro non può saperlo, l’altro non può
capire (l’abbiamo letto poco fa nell’Apocalisse)
Nino: Spesso noi facciamo confusione sulla parola “testimoniare”; la intendiamo nel senso
di dire agli altri.
Luigi: Di far apostolato
Teresa: Si finisce di esaltare certe persone che raccontano la
loro testimonianza; ma chissà quali altre testimonianze segrete ci sarebbero!
Nino: La testimonianza è un comportamento, è un vivere, non è
un agire, un dire.
Luigi: Anzi direi che il Signore non vuole che noi raccontiamo
le testimonianze. Le testimonianze sono personali per noi. È Dio che rende la
testimonianza non è la persona che deve rendere testimonianza. Il Signore non
vuole che noi parliamo di noi; il Signore vuole che parliamo di Lui,
glorifichiamo Lui.
Eligio: Cioè non dobbiamo assumere l’iniziativa noi di rendere
testimonianza.
Luigi: No, no. Ecco se il Signore ti comanda e ti dice: “Và e dì quello che ho fatto per te”,
allora uno deve dirlo, perché se no disubbidirebbe al Signore. Qui il Signore
gli aveva raccomandato altro: “Sta
attento a non peccare”, cioè gli aveva dato una preoccupazione grande. Se
lui fosse andato dai sacerdoti e farisei e avesse detto: “Il Maestro mi ha detto di non peccare più: cosa vuol dire “non
peccare?”, avrebbe testimoniato la sua preoccupazione di capire la parola
del Maestro e sarebbe rimasto col Maestro. Ma sembra che qui lui non si sia
preoccupato di capire la parola di Gesù: “Non
peccare più”. È una parola profondissima, grandissima. Invece quella parola
è stata dimenticata, è passata in superficie.
Cina: Sì, è vero, è molto meglio restare col Signore, però è
difficile.
Luigi: Sì, è difficile
Teresa: Anche la Madonna avrebbe potuto dire a tutti …
Luigi: Ma soprattutto con Giuseppe; l’ha messo in crisi! E che
razza di crisi! Eppure guardi … E perché?
Teresa: E Giuseppe ne avrebbe avuto il diritto, e sarebbe stato
anche carità.
Luigi: Secondo noi
Nino: E poi più che altro sarebbe stata legittima difesa.
Luigi: Per l’onore, il giudizio della gente! Quante volte noi
agiamo, affinché non si abbia a dire … per il mio nome, per la figura, per
l’onore … e quante difese noi facciamo per salvare la nostra onestà, perché non
abbiano a dire … No, lascia, lascia … Dicano quello che vogliono. La Madonna ha
fatto così ed è lì l’esempio grandissimo.
Teresa: Anche se uno avrebbe il diritto di parlare, affinché non
pensino così.
Luigi: Se noi effettivamente fossimo convinti che è solo il
Signore che illumina, che rende la vera testimonianza, noi lasceremmo fare …
Che dicano bene o che dicano male … E poi la meraviglia (la lezione la
riceviamo dalla Madonna, perché è la creatura esemplare, tipica), e lì. La
Madonna a costo di essere calunniata, calpestata, e addirittura dal suo fidanzato,
ha taciuto, non si è difesa.
Nino: Se avesse parlato, probabilmente avrebbe rovinato tutto,
non le avrebbero creduto.
Luigi: Con Giuseppe è poi intervenuto l’Angelo, che l’ha
illuminato. Ma Lei non parlava. Cioè Dio ha iniziato? Sarà Dio che giustificherà.
Dio manda gli Angeli.
Eligio: Ne avranno parlato entrambi, già nello Spirito di Dio.
Teresa: Ma non Lei per scusarsi …
Luigi: Ah, no. Lei si è rifiutata di giustificarsi. Chi
giustifica è Dio.
Pinuccia: Dal Vangelo non risulta che Giuseppe le abbia chiesto
spiegazioni.
Luigi: No, qui risulta il dramma di Giuseppe. Giuseppe dentro
di sé pensava e voleva rimandarla.
Pinuccia: Però non risulta che abbia parlato con la Madonna, dato
che l’iniziativa era di un altro, la Madonna avrebbe risposto?
Luigi: Può darsi … Ma è inutile che facciamo ipotesi perché noi
dobbiamo stare alla lezione che il Vangelo ci dà.
Teresa: In questo caso però non sarebbe più il desiderio di
mettersi in mostra o di difendersi, ma sarebbe solamente un rispondere.
Nino: Ma non sarebbe stata creduta.
Luigi: Certo, perché la testimonianza è Dio che la dà, non
siamo noi. Perché quando noi parliamo, tutte le nostre parole non servono se
Dio non illumina. Noi facciamo soltanto dei rumori. E qui è S. Agostino che ce
lo dice. Quando noi parliamo, se il Verbo dentro alle anime non parla, tutte le
nostre parole non servono a niente, fanno soltanto rumore. Ognuno interpreta
secondo quello che ha dentro: “Sì, lui
dice così, ma …” e ritraduce tutto secondo ciò che ha dentro. Quindi la
testimonianza che lei crede di dare viene corretta (…come il caffè che è stato
corretto dal fernet). Viene corretta dai pensieri che uno porta dentro di sé,
dall’animo o dalla malizia che uno ha: Gesù dice così, ma … se fosse un po’ al
mio posto, ma … e correggiamo ogni cosa. È Dio che illumina ed è Dio che rende
testimonianza, Dio può servirsi anche di noi, servi, però è sempre Lui. Non è
mai la creatura che possa dire: “Adesso
io vado e rendo testimonianza”… È Dio che opera nelle anime, non siamo noi.
Se Dio non illumina … “è inutile sorgere
prima della luce”. Vedete? Le piante chi le fa crescere è il Signore, non
siamo noi con le nostre opere.
Eligio: È difficile non alzarci prima della luce, cioè non
prendere noi l’iniziativa, non alzarci se non quando siamo illuminati.
Luigi: Il Signore quando vuole sa parlare e sa anche mandare.
Quando convertì Paolo a Damasco, disse ad Anania: “Alzati
e và e gli dirai questo”. È il Signore che manda. La creatura deve essere
mandata ad operare sempre nella volontà di -. Allora resta nel Tempio.
Eligio: Analizzando l’espressione “L’uomo se ne andò”, lui andandosene risponde semplicemente ad una
domanda che gli è stata rivolta in antecedenza dai Giudei. Però questa domanda
rappresenta una volontà diversa e contraria a quella di Gesù. Ora, se la
condizione per entrare nel Tempio, che è il luogo in cui si rivela la presenza
di Dio, è dire di “no” a tutte le
tentazioni e agli argomenti che mi propongono gli altri da Dio, la condizione
per restare (e si può restare solo dopo essere stati scoperti e avvicinati da
Gesù) è realizzare in permanenza la volontà (parola) di Gesù, la quale mi dà la
possibilità di non peccare più. Costui però ad un certo momento ha una
soluzione di continuità, cioè rompe questa permanenza di presenza.
Luigi: Alla quale Gesù l’aveva
invitato
Eligio: Per ritornare ad un’altra volontà. Quindi pecca, perché
peccare significa uscire dalla presenza attuale di Dio per rivolgere
l’attenzione ad altre presenze. Costui esce dalla presenza di Gesù e si pone
alla presenza dei Giudei che l’avevano interrogato precedentemente su motivi
che lui ormai aveva rifiutato e superato.
Luigi: Cioè a cose fatte, cioè dopo che lui è uscito ed è
andato a dire questo, noi capiamo l’ammonimento di Gesù: “Non peccare più”; perché Gesù che vede già il futuro di
quest’uomo, sa che egli è debole e che ha un’altra volontà presente, la volontà
degli altri, e gli raccomanda: “Stai
attento, perché stai per peccare, non peccare più”. Cioè capiamo, a cose
fatte, l’ammonimento. C’era una ragione perché Gesù gli dicesse questo.
Eligio: E c’è perfino un insegnamento profondissimo di Gesù nel
significato del peccato. Noi intendiamo come peccato il rubare, l’ammazzare,
ecc. No, qui è uscire dalla Sua Presenza, per porsi alla presenza,
all’attenzione di altri che sostengono valori diversi da quelli di Dio. E porsi
all’attenzione degli altri è peccato, per qualsiasi titolo ciò avvenga: sia per
cortesia, sia per solidarietà umana, sia per apostolato …
Luigi: Quando non si è mandati da Dio.
Eligio: Sia per far propaganda per Dio, sia per educazione
Luigi: “Guai a voi che
correte mari e terre per fare dei proseliti e poi voi non entrate e impedite
agli altri di entrare”.
Eligio: Direi a qualunque titolo.
Luigi: No, c’è un solo titolo: che Dio mandi. Se Dio dice: “Adesso va dal tale e dì questo”, allora
la creatura deve andare, per restare nel Tempio
Eligio: Cioè non ci sono più altre presenze, altre volontà che
muovono.
Pinuccia: E si capisce chiaro quando è Dio che manda?
Luigi: Certo, si capisce chiaro, stia tranquilla, perché Dio è
luce. Cioè la creatura si accorge che se non va disubbidisce, si accorge che fa
la sua volontà a non andare. Cioè la creatura deve sempre essere sottomessa,
cioè deve poter dire: “Dio mi ha ordinato
questo”. Ma a questo punto a costui Dio gli aveva ordinato: “Non peccare più”, cioè resta sempre
qui. Se lui avesse dovuto restare tutta la vita nel Tempio, anche
materialmente, ecco lui avrebbe fatto la volontà del Signore. “Il Signore mi ha detto di restare qui”.
Se qualcuno gli avesse chiesto: “Ma cosa
fai? Tu dormi nel Tempio?” “Gesù mi ha ordinato di restare qui ed io resto qui”.
Ecco la fedeltà, che è difficilissima, perché richiede questa permanenza nella Parola
e quindi non volgersi ad altra volontà. Tu capisci che non c’è nessuna
differenza tra i Giudei che gli avevano detto: “Non puoi portare il letto, perché oggi è sabato”, e i Giudei che
gli chiedono: “Chi è Colui che ti ha
detto di portarlo?”. È sempre la stessa volontà, non c’è diversità. Lui
alla prima ha detto no, alla seconda ha detto sì; ed è sempre una volontà
diversa da quella di Gesù. È lì il fatto. Dunque lui di fronte alla prima
volontà ha detto no ed è andato bene, ed è entrato nel Tempio. Di fronte alla
seconda volontà non è più stato capace di dire di no. Il problema era più
difficile, perché è più facile da capire la volontà dell’Altro che ti dice: “Prendi il tuo letto e cammina”, che: “Non peccare più”. Questo richiede un
approfondimento, cioè un restare. Lui avrebbe dovuto approfondire il senso del:
“Non peccare più”. Così se Gesù dice:
“Cerca prima di tutto il Regno di Dio”,
è meno intellegibile di: “Va vendi tutto
quello che hai”.
Eligio: Richiede un superamento dell’io …
Luigi: Richiede un approfondimento.
Eligio: Comporta più sacrificio.
Luigi: Cioè quando la creatura non capisce, scende di nuovo
nella schiavitù di prima. Cfr. la parabola del seminatore: quando la parola non
è capita, viene portata via.
Eligio: Non capita sul piano dell’intelligenza o nel senso che
non è fatta vita?
Luigi: Non è fatta vita, cioè quando la parola in noi non
diventa preoccupazione di capire. Lui non ha capito cosa volesse dire: “Non peccare più”. Gli si richiedeva la
preoccupazione di capire. Ci vuole la preoccupazione di capire, altrimenti la
parola viene portata via. Infatti qui proprio Gesù che, interpretando per noi
la sua parabola del seminatore, paragona il seme caduto sulla strada a: “Coloro che ricevono la parola e non la
capiscono allora viene subito portata loro via”. Questo ci insegna che noi
possiamo custodire soltanto quelle cose che o le capiamo o ci preoccupiamo di
capirle. Altrimenti la Parola passa, non penetra, non può restare. Noi sentiamo
tante parole: le parole arrivano, ma ci possono anche condannare perché il
Signore ha parlato e tu non hai ricevuto. Anzi il Signore rimprovera dicendo: “Hanno indurito il loro orecchio, hanno
chiuso i loro occhi per non intendere, per non vedere e non convertirsi”,
ecco, perché non vogliono capire.
Teresa: Ora mi si è chiarito il perché, in vari passi del
Vangelo, Gesù non vuole che si dica ciò che Lui ha fatto. Riferendolo a Gesù,
non ne capivo il perché. Invece ora comprendo che Gesù lo diceva non per Sé, ma
per le singole persone che avevano ricevuto un suo beneficio, perché a dirlo
avrebbe potuto far loro del male.
Luigi: Si capisce, perché il dono va custodito. E poi anche i
miracoli sono soltanto dei segni, delle grazie che la creatura riceve e che poi
deve approfondire per farli suoi personali, fino ad arrivare all’amicizia con
Dio.
Teresa: Quindi il non dirlo non è per Gesù.
Luigi: No, si capisce. Il Signore parla sempre per la persona
singola, perché per gli altri ci penserà Lui. Quante volte Gesù dice: “Tu vieni dietro di me, sforzati di entrare,
non preoccuparti; ci penserò io per gli altri”. Quando gli chiedono: “Sono molti quelli che si salvano?”,
risponde: “Sforzatevi di entrare voi nel
Regno”.
Pinuccia: E così quando ci manda, è sempre per noi, non per Lui.
Luigi: Certo. Bisogna sempre essere nel Tempio, cioè nel quadro
della Volontà di Dio: “Il Figlio non può
fare niente se non vede il Padre”. Se tu non vedi il Padre, sta fermo e non
muoverti, vuol dire che hai bisogno di restare fermo. Quando il Padre parla,
stai tranquillo che Lui fa capire quello che vuole.
Teresa: Quindi non c’è mai una regola fissa, se no succede che
esco quando non dovrei uscire, e non esco quando dovrei uscire.
Luigi: Cioè, c’è una regola fissa: “Guarda il Padre”.
Teresa: È Lui che al momento giusto ci dirà …
Pinuccia: E ciò che ci dice è diverso per ogni persona e nella
stessa persona è diverso momento per momento.
Luigi: Siccome Lui ci conosce, sa ciò di cui abbiamo veramente
bisogno. Quante persone si buttano subito con un fuoco di fiamma a far molto
apostolato, e basta una minima prova e lasciano tutto. Perché? Perché non c’è
profondità; si accendono subito credendo di fare chissà cosa, e poi di fronte
alla minima prova, tutto si spegne. No, no, il lavoro con Dio è molto diverso.
Dov’è un Infinito si richiede un’applicazione infinita. Quindi direi se qualche
volta il Signore manda a dire una parola o a fare qualcosa, è sempre un fatto
marginale, poiché ogni cosa avviene in quel rapporto che c’è nella vita di
Gesù: 30 anni di silenzio e 3 anni di vita pubblica. Cioè un rapporto di 1 a
10, per dire che è proprio un fatto marginale. La vera formazione si ha nel
silenzio, cioè nell’intimità, nel custodire. È la caratteristica del terreno
profondo che custodisce la parola fino a portarla al frutto. E qual è questo
frutto? Il frutto è la vita eterna! Non c’è da scherzare! Quasi a dire: “Tu non ti devi muovere finché non entri
nella vita eterna”.
Eligio: Noi non possiamo sapere il motivo per cui il paralitico
guarito sia tornato dai Giudei. Una cosa però è certa: che Dio dopo averci
guariti e portati nel Tempio, ci esorta a non distrarci da Lui, perché qui sta
la causa della nostra paralisi, e anche il peccato. Malgrado tutta quest’opera
paziente di Dio (dei suoi segni, della sua creazione) per convincerci a non
distoglierci da Lui, noi usciamo dalla sua Presenza (come questo paralitico che
“se ne andò”) per ritornare, come
dice S. Agostino, alle presenze delle consuetudini, cioè al mondo di tutti i
giorni, presenze che per molto tempo ci hanno bloccato e che per tanto tempo
abbiamo desiderato venissero rimosse …
Luigi: Quell’uomo era stato per 38 anni paralizzato, e, quasi
per tutta una vita, aveva desiderato di essere liberato, ma come ha trovato la
liberazione, subito dopo è ritornato nella sua schiavitù.
Eligio: Ho sempre creduto che una volta operate certe scelte,
certi valori fossero irrinunciabili e che quando uno avesse abbandonato quei
valori che potevano prima essere per lui ragione di vita (cioè dopo aver detto
dei “no”, come questo paralitico alle
richieste dei Giudei), entrando nel Tempio, pensavo che l’uscita dal Tempio non
fosse più possibile. Invece ora sono convinto che non solo è possibile, ma è
molto facile.
Luigi: La lezione di oggi è proprio questa: con quanta facilità
noi ci separiamo, ci stacchiamo da Dio.
Nino: Ciò che mi ha poi stupito è proprio quando lui dice: “Colui che mi ha guarito è Gesù”; lui si
ritiene guarito e immediatamente ricade. Nel momento in cui ci crediamo
guariti, a posto, proprio allora è più facile ricadere.
Eligio: La domanda che pongo è questa: perché riconosciuta la
vanità del mondo (cioè i tanti “no” detti ai Giudei), perché assaporate le
primizie dello Spirito (l’incontro personale con Gesù nel Tempio), è possibile
questo riflusso nel groviglio e nella schiavitù dell’io che pur riconosciamo
causa di sciagure e di tristezze senza fine? Cioè l’anima guarita dalla
paralisi, incontrato Gesù nel Tempio e ricevuto l’ammonimento, che
comportamento deve tenere per non tornarsene di nuovo nel mondo dei Giudei?
Cioè per non subire questo rigetto dal mondo di Dio? Tu dici approfondire! Lo
so, è una parola!
Luigi: Gesù lo aveva avvisato.
Eligio: Dicendogli: “Non
peccare più” … ma son altre parole!
Luigi: Già son parole che però vanno capite.
Eligio: Ma come concretizzare …
Luigi: Chi ama la persona, e lui amava Gesù perché l’aveva
guarito (infatti gli ha dato testimonianza), chi ama rimane nelle parole della
persona.
Eligio: La risposta è questa: “Ama! Ama Gesù!”.
Luigi: E già, ma l’amore ti porta proprio ad approfondire, ad
essere molto attento, a custodire, ad approfondire la parola che ti dice la
persona amata. Quando uno ama sta molto attento alla parola che dice la persona
amata, la custodisce e cerca di penetrarla più che sia possibile. Ora, è
proprio questo desiderio, perché desiderio della persona amata, che ti porta a
ritenere molto preziose tutte le cose di quella persona. In lui ha giocato una
volontà diversa. Non si è accorto che la volontà degli altri che lui portava in
se, perché gli avevano chiesto: “Chi è
Colui che ti ha detto questo?”; quindi c’era in lui la risonanza di
quest’altra volontà, era la prova alla quale lui era sottomesso la seconda
volta. Quindi nella prima prova ha vinto, nella seconda prova no. Perché vedi,
il Signore opera per farci crescere. Ogni tratto di strada è costituito da una
sua proposta (la parola che arriva) e da una prova; non è che superata la prima
prova sei a posto. No, il cammino è infinito, perché Lui opera per portarti
alla vita eterna; è una vita d’intimità immensa con il Signore; quindi abbiamo
sempre queste proposte da parte di Dio che sono seguite sempre da una prova in
cui è richiesta la partecipazione nostra personale, cioè il dono nostro a
quella proposta.
Eligio: E lì ci può essere uno scivolone nel mondo di prima, ma
non è possibile che questo avvenga per una sostituzione di valori.
Luigi: E la tristezza sta lì: che non sei più affascinato dal
mondo di prima.
Eligio: Non è una sostituzione di valori.
Luigi: È una perdita, perché sai che perdi.
Nino: E siamo talmente abituati che non ce ne accorgiamo
nemmeno.
Luigi: Guarda la finezza della scena. L’avvenimento è sottile,
perché qui assume la forma dell’apostolato, di una testimonianza: “Vado a dirlo” e intanto non t’accorgi
che è il tuo io che salta fuori.
Eligio: Io non ho quella divisione però sono frastornato dal
fatto che pur non sostituendo il resto come valore a Dio, scivolo nel resto,
pur sapendo che non vale.
Nino: Se non approfondisci non te ne rendi conto
Luigi: Dio è un Essere Trascendente, per cui richiede sempre un
superamento.
Cina: Però quando si sente e si gode di una cosa bella, si
vorrebbe che ci fossero tutti e si vorrebbe partecipare.
Luigi: Non ha mai provato qualche volta a dire una cosa bella e
gustata da lei e riceversi … una pedata? Lei credeva di partecipare e ha perso
lei la cosa bella perché l’ha detta e in compenso ha ricevuto una pedata.
Eligio: Per quale motivo la Madonna compì la visita ad
Elisabetta?
Luigi: Perché era l’unica persona alla quale l’Angelo l’ha
associata al mistero divino.
Eligio: Ma non è anche per renderla partecipe?
Luigi: Essa si rifugiò presso Elisabetta per restare nella
Parola udita.
Eligio: Ebbene se noi la partecipiamo a persone che condividono
il nostro ideale …
Luigi: Bisogna essere mandati da Dio, non dal sentimento
nostro. Deve essere Dio che manda e Dio non è il nostro sentimento. Il nostro
sentimento è: “Io desidero che …” e
allora sono io che desidero rendere partecipi gli altri, far conoscere agli
altri una cosa che ho gustato.
Pinuccia: È un desiderio legittimo questo, no?
Luigi: No, legittimo è quello che viene da Dio. Non c’è niente
di sentimento che possa sostituirsi alla voce di Dio. Il nostro io si veste di
sentimento e allora noi chiamiamo giusto, legittimo … ecc., ciò che è desiderio
del nostro io. No, addirittura: “Padre,
madre, figli … chi non è disposto a lasciarli …”.
Pinuccia: Ma io non dico che il sentimento sia legittimo, ma il
desiderare che tutti gli uomini arrivino
a conoscere la Verità. Bisogna desiderarlo, vero?
Luigi: Certo! Cristo è venuto per questo. Però chi fa conoscere
la Verità non siamo noi. Noi facciamo dei rumori! Chi fa conoscere la Verità è
Dio, perché per conoscere la Verità c’è una condizione personale nell’anima e
non siamo noi che possiamo formare queste condizioni nell’anima; è solo il
Signore! Quindi l’anima deve essere attenta all’opera di Dio, allora se è
attenta all’opera di Dio, ubbidisce al Padre. Gesù stesso dice: “Io non scaccerò nessuno di coloro che il
Padre mi manda”. Lui ubbidisce al Padre. Ma dev’essere il Padre che manda;
se il Padre non manda, Lui non si muove, non agisce.
Teresa: Alla gente interesserebbe forse sapere di più il motivo
che mi fa cambiare; ma se io conto il motivo prima di cambiare …
Luigi: Lo perde.
Eligio: Hai detto molto bene della Madonna, la creatura più
silenziosa: non è andata a fare dell’apostolato, però è l’unica testimonianza
della creatura che è secondo i piani del Signore.
Luigi: Maria è l’Immacolata Concezione, è il disegno puro di
Dio. Dio ce la presenta e ci dice: “Vedi,
è questa la creatura, come la concepisco io” e ad ognuno di noi dice: “questo sei tu concepito da Me”. Quindi
guarda come devi essere.
Pinuccia: Quindi non dovremmo mai staccarci dalla Madonna.
Luigi: Ma chi non si stacca da Dio, non si stacca dalla
Madonna. Sarebbe assurdo, perché la Madonna è la creatura voluta da Dio. Quando
noi siamo voluti da Dio, formiamo una cosa sola con la Madonna.
Nino: Io ho accettato senz’altro questa interpretazione,
perché non ho trovato argomenti per sostenere l’altra, e questa la ritengo
molto più ricca di insegnamenti e più coerente. Ci fa vedere che proprio quando
noi siamo sicuri di essere in linea, siamo addirittura fuori strada.
Luigi: Questa è la lezione più efficace.
Eligio: Quando dico: “Vado
a dare testimonianza”, pecco. Questa è la cosa più grave.
Nino: Magari non lo diciamo apertamente, ma sotto sotto
abbiamo questo pensiero.
Teresa: Eppure mai come al giorno d’oggi, in ogni movimento, si
invita la gente a raccontare la propria esperienza.
Nino: Non è che siano sciocchezze, perché sono cose che ci ha
detto o fatto sentire il Signore; ma è il fatto di credere che basti
l’esperienza nostra per gli altri. E questa è una cosa che tocchiamo con mano:
la nostra esperienza è perfettamente inutile agli altri.
Luigi: Però vale per noi e ci rende responsabili. L’esperienza
che Dio ci fa fare, ci rende responsabili se noi la trascuriamo … Agli altri
non serve, ma a noi sì.
Nino: Rimane comunque sempre questo punto fermo: che tutto è
per noi e non per gli altri.
Pinuccia: Però penso che il comunicare un’esperienza non sempre
sia inutile. A me personalmente ha fatto del bene ascoltare. E poi dipende
anche a chi si racconta: perché uno, anziché perdere il dono, può essere confermato
se lo racconta a chi ha fede.
Luigi: Non si tratta mica di fare i muti.
Nino: Però c’è il rischio di sentirsi utili, anziché sentirsi
a disposizione di Dio.
Luigi: Comunque la lezione di oggi è proprio questo ammonimento
di star molto attento, perché con molta facilità, anche se siamo nel Tempio, se
ne esce. Si esce magari credendo di fare un’opera buona, perché non possiamo
pensare che quell’uomo abbia agito con malizia: questo è da escludere. Però con
molta facilità si ubbidisce ad altra volontà, al nostro sentimento … Non si
vede la prova, nella quale il Signore ci mette per farci restare maggiormente,
più intimamente nel suo Tempio. Non la vediamo, e, forti di essere nel Tempio,
ci riteniamo autorizzati a scappare dal Tempio. Come Pietro forte dell’approvazione
del Signore, si crede autorizzato a dire: “No,
guarda che noi ti difenderemo”, e diventa un demonio.
Pinuccia: A me personalmente quest’atteggiamento del paralitico
guarito che se ne andò a riferire ai Giudei che era Gesù che l’aveva guarito, è
sempre parso negativo, perché mi è sempre suonato come un tradimento nei
confronti di Gesù, per le conseguenze che gli arrecava. Non ho mai visto in
questo un atteggiamento di amore o di testimonianza. Chi ama sta attento e non
dice con troppa facilità, anzi dovrebbe soffrire a dover dire delle cose che possono portare conseguenze negative
all’altro. Però non avevo mai pensato che quest’atteggiamento fosse negativo
per i motivi che si son detti oggi. È una lezione nuova per me. L’uomo se ne
andò, anziché restare, come l’aveva invitato Gesù. Quante volte anche noi
usciamo dal Tempio, lasciamo l’intimità con Dio, per parlare, per far piacere
agli altri, per soddisfare la curiosità degli altri, o anche per dar
testimonianza o per servire. Non restiamo in ciò che ha detto o dato, cioè non
lo approfondiamo, ma lo trascuriamo per darlo agli altri, perdendolo. Invece la
vera testimonianza dovrebbe lasciarci in ciò che abbiamo udito o ricevuto. Cioè
quando si va ai fratelli, bisogna permanere nell’ascolto, restare nella Parola
di Gesù, restare alla sua Presenza, nel Tempio, e fintanto che non riusciamo a
parlare o ad agire permanendo in ascolto, dovremmo ubbidire a Gesù che ci dice:
“Non dirlo a nessuno”. È la
superficialità che ci spinge ad uscire dall’ascolto, che causa la nostra
infedeltà, i nostri adulteri spirituali. È si è superficiali finché non si è
ancora messo a tacere totalmente l’io. Infatti questo paralitico non sarà forse
tornato dai Giudei, per far loro piacere? E le conseguenze le vediamo dopo per
Gesù. Così la superficialità, il voler far piacere agli altri, ci porta non
solo all’infedeltà, all’adulterio, ma anche al tradimento, a consegnare Gesù
nelle mani dei nemici, magari in nome di dar testimonianza. Per cui quando per
dar testimonianza si esce dal Tempio, si
finisce di tradire.
Luigi: Si tradisce già.
Pinuccia: Le conseguenze di quest’atteggiamento del paralitico
però sono negative non tanto per Gesù, quanto per il paralitico stesso.
Luigi: Certo, per lui stesso. Gesù aveva parlato a lui. La lezione
è per ognuno di noi, è personale. A questo punto noi possiamo ritenere che la
condizione per restare nel Tempio, cioè per restare nella Parola di Dio, sia
proprio quella di approfondire. Ciò che non si approfondisce, non si può
trattenere e necessariamente si tradisce. Anche se una parola noi l’avessimo
letta mille volte, ma il Signore ce la proponesse ancora, vuol dire che è
ancora da approfondire. Certo l’approfondimento richiede sempre un sacrificio;
noi preferiamo star seduti su di una poltrona, sulle posizioni già acquisite.
Ogni approfondimento richiede un impegno e anche un’avventura, perché non sai,
approfondendo, dove magari vai a sfociare, però puoi restare nella parola
udita, solo nella misura in cui ti impegni ad approfondirla, altrimenti la
perdi.
Eligio: Resta la difficoltà di sapere come fare per approfondire
la parola. Perché posso fermarmi sulle parole: “Non peccare più” e non ricavarci niente o poco.
Luigi: Ricordi quando abbiamo meditato ed approfondito questa
frase:“non peccare più”? Tu l’avevi
approfondita; non è che tu non abbia cavato niente, cioè la grazia del Signore
ti ha raccolto nel silenzio e ti ha fatto dire qualcosa. Allora partendo dal
pensiero di peccato come “distacco da …”
avevamo notato che Gesù lo invitava a restare unito. Avevamo parlato che lui
era entrato nel Tempio per negatività. Adesso il Signore lo invitava,
ammonendolo a non peccare più, a restare nel Tempio positivamente, cioè nella
conoscenza. Prima era entrato dicendo: “No”. Adesso era arrivato il momento di
dire: “Sì”. E si era parlato anche della necessità di riempire la stanza vuota
della Presenza di Dio. Vedi, non possiamo mai dire: “Qui io non posso approfondire”. Si prega il Signore fintanto che
ci dà la possibilità di approfondire.
Eligio: Non dico quello, ma mi accorgo che mi riesce più facile
restare negli argomenti della nostra conversazione, battendoli a macchina; così
pure per un po’ di tempo dopo queste conversazioni ho ben presenti questi
argomenti (dovremmo farle tutte le sere!), ma non è possibile, e allora con
facilità resto preso dalle abitudini, dal lavoro, dal mondo delle relazioni
solite e me ne dimentico e mi spiace. E vorrei imparare a restare un po’ di
più.
Luigi: … Ci vuole una trappa … per permanere.
Nino: Sarebbe bello, anche perché la correzione fraterna ci
potrebbe aiutare.
Eligio: E poi lo sforzo di parlare su un argomento, ci rende
più facile restare in esso.
Nino: Domani noi possiamo iniziare la giornata col pensiero di
oggi, ma poi la vita ti porta via, le difficoltà, il mondo, le contrarietà …
Luigi: Che non sono la vita
Nino: Ma che in pratica sono le prove che Dio ti manda,
soltanto che non le prendiamo nel pensiero di Dio.
Eligio: Ma queste prove riesco con più facilità a superarle
nella misura in cui entro in questa realtà, conversandone. Per questo dovremmo
trovarci tutte le sere … Mi accorgo che il parlarne mi dà la possibilità di
restare di più, di sfuggire di meno, per cui lo propongo.
Nino: Sarebbe una bella cosa!
Pensieri conclusivi:
Cina: Il Signore non vuole che ci allontaniamo dal Tempio.
Luigi: Questo è poco, ma sicuro. Ne è convinta, no?
Cina: Ci sono tante scuse, giustificazioni, che sono
tentazioni.
Luigi: E che apparentemente possono anche essere: fare la
volontà di Dio, testimoniare, mentre sotto, sotto c’è un allontanamento dal
Tempio.
Teresa: Per me oggi mi ha chiarito …
Luigi: Il Signore le ha chiarito …
Teresa: Sì, mi ha chiarito il perché il Signore molte volte non
vuole che si dica il beneficio ricevuto. Non avevo mai pensato che fosse un
bene per la stessa persona. E poi l’altro pensiero: le testimonianze raccontate
si perdono …
Luigi: È un rischio grosso.
Eligio: È meglio vivere e tacere.
Luigi: Anche il silenzio è una parola. Non interviene il nostro
io a parlare di noi.
Pinuccia: A me è rimasto questo: di porre più attenzione che dopo
la parola, dopo una luce c’è la prova.
Luigi: Sempre.
Pinuccia: Perché non è che le veda tanto le prove … Le riconosco
solo “post factum”.
Luigi: Se noi avessimo dimenticato che dopo le parole c’è la
prova, questo passo noi l’avremmo interpretato in modo diverso. Il Signore ti
manda una luce ti fa giungere una parola e poi ti mette alla prova. Se uno lo
sa, dice: “Qui sto attento, perché …”.
E allora si sta attenti a non scivolare, a non chiamare volontà di Dio quello
che non è volontà di Dio.
Pinuccia: Ma allora siamo sempre alla prova?
Luigi: Certo! Come siamo sempre in ascolto della Parola di Dio!
Eligio: Come pensiero conclusivo: non c’è conoscenza
acquisita che mi garantisca di non scivolare più nel mondo che di per sé non
costituisce più un’attrattiva o un valore.
Luigi: Chi te lo garantisce è Lui, nella misura in cui tu resti
con Lui.
Eligio: Si resta alla sua Presenza. Comunque c’è sempre questo
rischio di fare uno scivolone. Poi l’approfondimento del concetto di peccato,
come distrazione dalla Presenza di Gesù, non come un fare o non fare: tutto
questo rubare, adulterare, ecc. è solo una conseguenza.
Luigi: Certo, perché il vero peccato sta lì.
Eligio: Quindi: “Non
peccare più” è “Non distoglierti più
da me”, nemmeno sotto la scusa di dar gloria a Dio.
Luigi: Certo. Se noi teniamo presenti questi argomenti, in
quanto diventiamo più raccolti, più silenziosi! Molto più attenti! Cioè ci
avviciniamo a quell’ascolto permanente di Dio anche quando parliamo, anche
quando non siamo in silenzio, anche quando non siamo in preghiera. Perché il
Signore poco per volta forma in noi questo stato d’animo, questa permanenza
nell’ascolto di Lui, sempre. E allora si resta veramente molto raccolti.
Nino: Anch’io lo stesso pensiero. Più ancora attenti dobbiamo
essere quando più si prova la gioia di essere stati uniti per un attimo, perché
è proprio in quel momento lì che è più facile staccarci.
Luigi: Certo.
Eligio: È la classica mano sulla spalla. “Ce l’ho fatta”, diciamo e ci troviamo subito per terra.