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Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Primo tema.


Titolo: Glorificare Dio.

Argomenti: La fede vera. La Parola ci libera soltanto quando noi andiamo a vederla. La rivelazione della Presenza è l'ultimo passaggio che richiede il silenzio di tutto. Discendere. Raccogliere. La funzione dei segni. Parabole e parlare aperto. Discendere da Dio. La realta’ che ci travolge.


 

1/Gennaio/1978


Dall'esposizione di Luigi Bracco:

Il pensiero centrale di domenica scorsa: andare a vedere la Parola.

La fede vera è quella che va a vedere il Verbo annunciato, perché solo chi va trova e trovando entra nella fede. La fede diventa vita. Chi invece sente la Parola ma non va a vederla, non potrà mai giungere a vederla, non potrà mai entrare nella Realtà dello Spirito che parla nella Parola. Non vedendo la Realtà, resta schiavo delle altre realtà, cioè anziché vedere il Regno di Dio, vede altri regni, si ferma al di sotto della Parola, quindi rimane succube di ciò che vede.

La Parola ci libera soltanto quando noi andiamo a vederla. Ora, in tutte le cose, c'è sempre questo passaggio da fare, perché in tutte le cose, Dio si annuncia, ma è sempre necessario che noi partiamo da questo annuncio, cioè che noi ubbidiamo a ciò che Lui annuncia e andiamo a vedere, e non ci fermiamo fintanto che non arriviamo a vedere ciò che ci è annunciato.

È quanto dicono i pastori: “Andiamo a vedere il Verbo che ci è stato annunciato”. Tutte le cose (il tramonto, la natura, il cielo, le creature, le parole stesse che leggiamo), sono annunci, e in quanto annunci non vediamo ciò che essi annunciano; per vederlo è necessario da parte nostra questo partire, questo interessarci, questo “fare”. La pratica, l'aspetto pratico, sta in questo interessamento.

C'è chi sente parlare di una cosa, ma non si interessa di andare a vederla. Certo, non è che l'annuncio ci dica: “Andare a vedere”. Ma se uno è veramente interessato, è sufficiente che gli si dica: “C'è questo, ti annuncio questo”. Chi veramente ha interesse per quello, anche se non gli si dice: “Va”, egli va a vedere. La parola, l'annuncio, di per sé non soddisfa se non chi non ha interesse per ciò che si dice.

Tutto questo è la premessa a quell’altro passaggio a cui tutti siamo chiamati a giungere: arrivare a vedere la Presenza di Dio senza più parole, cioè la rivelazione del Padre. “Non vi parlerò più in parabole, ma apertamente vi farò vedere il Padre”. La rivelazione della Presenza è l'ultimo passaggio che richiede il silenzio di tutto. Ogni passaggio richiede un distacco, perché l'annuncio arriva a noi in un certo mondo in cui abbiamo delle cose presenti. Nel nostro mondo, in cui c'è il nostro io interessato, ci sono gli uomini, la natura, arriva la Parola di Dio, e per noi è un segno, un annuncio: ci annuncia che c'è qualcosa che ancora non vediamo. Bisogna partire per giungere a vederlo. Ma partire vuol dire lasciare questo mondo fatto di presenze nostre: ecco la necessità di superare ad esempio la pressione del mangiare, del vestire, dei doveri del mondo, delle relazioni nostre, dei rapporti coi parenti, conoscenti. Quindi ci vuole sempre questo distacco per andare a vedere, perché per andare a vedere bisogna “partire da” e “partire da” vuol dire lasciare.

Per giungere a quella presenza che non ha più bisogno di parole, in cui Dio non parla più parole umane, in non c'è più annuncio, c'è solo più presenza, senza più parole, si richiede il silenzio di tutto, il distacco da tutto, il silenzio soprattutto del pensiero del nostro io.

È allora che si arriva a quella Presenza, perché è dal Pensiero del Padre che nasce in noi la Presenza di Dio, il Verbo di Dio.

Infatti per giungere a questa consapevolezza, “Lui è tutto”, è necessario si faccia in noi il silenzio di tutto, perché è nel silenzio di tutto che si rivela il Tutto.

Ma la rivelazione del Tutto (bisogna intenderlo bene), è quello che possiamo dire ad una persona che per noi è tutto.

Quando noi amiamo molto una persona, diciamo che quella persona per noi è tutto: ora è questo tutto per noi. richiede un silenzio di tutto il resto.

Siccome Dio è tutto per noi, noi non arriviamo a scoprire, a vedere la presenza di questo “tutto per noi”, se non c'è il silenzio di tutto il resto, soprattutto del nostro io. La rivelazione della Presenza è tutto per noi, ma fintanto che noi abbiamo presenti altre cose, non possiamo percepire la presenza di questo tutto. Soprattutto il pensiero del nostro io è ciò che maggiormente offusca in noi la presenza dell’Altro, perché diciamo: “Sono io che penso”.

Arrivare a questa Presenza è arrivare al nostro principio, a scoprire che è Dio che fa pensare noi, che è Dio che genera in noi il Suo Pensiero.

Ma per arrivare a questo “è Dio che genera in noi il Suo Verbo”, è necessario che ci sia in noi questo silenzio di tutto il resto.

Tutta l'opera del Cristo è quella di raccoglierci dalle nostre dispersioni (la dispersione vuol poi dire: presenza in altro da Dio) e poco per volta portarci a questo superamento di noi stessi e di tutto, fino ad arrivare a questa coscienza di Colui che è l'Essere, Colui che è presente in noi, che è tutto per noi.

Continuazione del riassunto: (incontro a Vigna del 16/10)

Luigi: Il tema è quello della preghiera: “Lo pregò di discendere” e precisamente della seconda parte “discendere”.

“Discendere”: perché nella preghiera si forma in noi questa richiesta a Dio di discendere?

E che cosa si intende per questo discendere di Dio? Quando veramente c’è preghiera, si desidera che il Signore faccia suo tutto ciò che ancora non è suo di noi, appunto per rivelarci in tutto la sua presenza. Per questo quando veramente si ama, si desidera donare tutto all’Altro, anzi c’è fastidio di avere qualcosa che non sia dell’Altro. La preghiera è un’elevazione dell’anima all’Altro, un offrirci all’Altro. Teniamo presente che ognuno di noi vive molto di più in ciò che pensa. Infatti noi possiamo essere di fronte ad un panorama bellissimo, ma avere il pensiero in una situazione di tristezza, e allora il panorama bellissimo non ci consola, perché noi viviamo molto di più nell’oggetto del nostro pensiero che in ciò che abbiamo presente fisicamente. Quindi, quando preghiamo, siccome pregare è pensare Dio, pensando a Dio, abbiamo presente Dio; avendo presente Dio, si vive molto di più in Dio che in noi stessi e allora si desidera che Dio faccia suo tutto ciò che noi abbiamo di nostro, cioè ciò in cui noi non vediamo Lui. È allora ecco questa invocazione: “Discendi, discendi prima che la mia anima muoia!” perché ciò che non è suo minaccia in noi di portarci via a Lui, di portarci via la vita. È per questa minaccia che noi preghiamo che Lui faccia presto a far suo tutto, affinché quello che non è suo non ci porti via. Noi vivendo per l’Altro, vorremmo essere sempre dove è l’Altro. Tutta la sofferenza nell’amore è quella di non poter essere là dove è l’Altro. Pregando siamo con l’Altro, però non vedendo tutto secondo l’Altro, c’è la tristezza, la sofferenza e quindi l’invocazione: “Discendi”. In  una situazione di preghiera, essendo col pensiero presenti a Dio, nasce spontanea la preghiera di vedere che tutto ciò che noi abbiamo presente e in cui non c’è Lui, sia fatto di Lui, quindi Lui lo faccia suo.

Pinuccia: Sarebbe la stessa cosa del raccogliere? Cioè riportare le cose in Dio e chiedere a Lui la luce per intenderle? Perché raccogliendo una cosa, cioè intendendone il significato, Dio la fa sua. È così?

Luigi: Si, ma nel raccoglimento è più accentuata l’opera nostra, attraverso cui noi prendiamo le cose e le riferiamo, le riferiamo a Dio, riferiamo a Lui  la luce. Invece nella preghiera in cui si invoca Dio di discendere, si accentua il processo di discesa da parte di Dio che prende possesso. È lo Spirito che prende possesso di ciò che è suo. La vera comprensione (della cosa raccolta) si ha soltanto nella discesa di Dio. Da parte nostra c’è però sempre quest’opera di raccolta: noi facciamo quel che possiamo per portare a Dio, per raccogliere in Dio; però indubbiamente noi non possiamo raccogliere da soli. (“Nessuno può salire se non Colui che discende”, “Chi raccoglie con me…”), per cui l’opera di raccolta va sempre fatta con la parola di Dio che giunge a noi, che discende a noi e si rivela a noi. “Nessuno può venire al Padre, se non per mezzo di Me”. Ora, quel “Me”, attraverso del quale noi andiamo, è una discesa del Padre di Lui. Naturalmente più noi ci raccogliamo nel Padre, e più quel “Me” in noi diventa operativo. Quindi Dio ci dice che per giustizia dobbiamo mettere Lui al centro dei nostri pensieri, vuol dire incominciare a raccogliere tutto in Lui, a sottomettere tutto a Lui, a riferire tutto a Lui, quindi, a sentire questo bisogno. Poi ad un certo momento in questo bisogno noi capiamo che la vera luce ci viene soltanto in questa discesa dello Spirito dall’alto. Ecco, arriviamo a Pentecoste in cui erano tutti raccolti in silenzio, in attesa di essere investiti della luce dall’Alto. È la luce dall’Alto che discende. Ma anche qui non è un processo magico, quasi ad un certo momento ci arriva magicamente quella luce, no! È il Verbo di Dio che, elevandoci, ci porta in questo puro sguardo verso il Padre, per cui la discesa del Verbo che fa suo tutto ciò che in noi non suo, è “una cosa logica”, per cui l’anima è soddisfatta. È soddisfatta perché vede che è così. Allora abbiamo l’invocazione: “Signore, discendi”, perché c’è una situazione di sofferenza; cioè una situazione in cui noi col pensiero siamo in Dio (e abbiamo la situazione di preghiera), ma in noi, c’è una parte di noi che non è tutta lì, e allora c’è la tristezza perché una parte di noi, la parte migliore di noi, è con l’Essere amato, mentre una parte di noi è lontana. Per cui l’Essere amato si trova in quella città, ed io mi trovo qui. Che cosa vuol dire “io mi trovo qui”? vuol dire che ci troviamo in un luogo che non è il luogo in cui c’è l’Essere amato. Ed ecco allora il desiderio di andare dove è Lui. Quasi a dire: “elimina questa distanza, fa tutto tuo”. Discendi a fare tuo, perché il luogo in cui io mi trovo minaccia me”. Minaccia, perché il pensiero che abbiamo in noi è labile quando noi siamo in una realtà diversa. La realtà ad un certo momento ci occupa, ci impegna. E noi vediamo tutta la tribolazione ad esempio che abbiamo quando ci troviamo in un ambiente di lavoro diverso dall’ambiente di preghiera. Nell’ambiente di preghiera gustiamo certe cose, ma quando siamo nell’ambiente di lavoro come facciamo? E allora “Signore discendi prima che questo altro ambiente abbia a portarmi via a questo ambiente di preghiera prima che mio figlio muoia”. Quindi si invoca perché c’è una minacciai incombente su di noi, determinata dal fatto che una parte della nostra esistenza, della nostra vita, si trova in un luogo diverso da quel luogo in cui si trova il nostro pensiero; c’è un dislivello di vita. Col pensiero noi possiamo già gustare qualcosa dell’eternità, ma non siamo inseriti in essa: ci accorgiamo che la nostra realtà è diversa. Per cui c’è il sogno e la realtà. Però, gustando col pensiero già qualcosa dell’eternità, noi la desideriamo, mentre la nostra realtà è diversa. Questa realtà però, minaccia il nostro pensiero perché tende a diventare pensiero, perché incombe su di noi con i suoi impegni, i suoi doveri, le sue relazioni. Tutto questo incomincia ad occuparci il pensiero perché noi ci dobbiamo occupare col pensiero. Ma se altro ci occupa il pensiero, incomincia a venir meno il pensiero dell’Essere amato. Noi ci accorgiamo allora che l’anima sta morendo, perché c’è tutto un altro mondo, la nostra realtà che ci assorbe, che ci beve l’anima: è sangue che si perde. E allora si invoca che il Signore discenda a fare suo, a trasformare questa nostra realtà, ad eliminare questa distanza, in modo che a questa non abbia a soffocarci, a portarci via l’anima: “Prima che mio figlio muoia”.

Emma: Quando uno ha un amore unico, pur lavorando il suo pensiero, dovrebbe essere in quest’unico amore.

Luigi: Quando Dio ci ha illuminato, cioè ha fatto sua questa parte del nostro mondo, allora noi siamo felici, perché non vediamo più la distanza; noi vediamo la sua presenza qui, in tutto quello che si fa, allora la cosa è diversa.

Rita: Eppure la realtà quotidiana ci travolge…

Luigi: Ci travolge quando non è motivata da Dio, ma da altro. Non è la realtà quotidiana che ci travolge, ma è il motivo per cui noi siamo in questa realtà quotidiana che ci travolge. Quando il motivo che ci guida è Dio, allora in qualunque luogo ci troviamo, dato che tutto è Città di Dio, tutto è Regno di Dio, possiamo stare con Dio. Se uno si ferma a guardare una formica, ed è motivato da Dio, la formica lo porta a Dio e gli parla di Dio. Se uno guarda le stelle, lo stesso. Se uno conversa con una persona, lo stesso. Non c’è nulla che non gli parli di Dio, perché tutto è opera di Dio, in tutto c’è la presenza di Dio. Ma se io guardo la formica per un mio interesse, cioè se ho un motivo diverso da Dio, la formica mi porta via da Dio. Per cui è molto meglio sopportare ad esempio il disagio di avere una formica o una mosca che dà fastidio, ma non perdere il pensiero di Dio, piuttosto che, per eliminare magari questo fastidio, seminare in noi un motivo diverso da Dio. Perché il danno spirituale è peggiore; è meglio sopportare un danno materiale. Per questo il Signore dice: “Se uno vuol portarti via l’abito, non contendere, dagli anche il soprabito, perché se tu non contendi resti con Dio, ma se tu contendi, rendi testimonianza che la tua motivazione non è più Dio perché contendendo con il fratello, rendi testimonianza che per te il soprabito è importante, è una cosa necessaria, allora non rendi più testimonianza allo Spirito, ma ad un “altro necessario”. È questo che ti porta via l’unione con Dio. Allora è molto meglio perdere tutto, anche tutto il mondo, ma non perdere lo Spirito. Perché con lo Spirito, tutto il mondo può essere ricostruito, ma se io recupero, salvo tutto il mondo, ma perdo lo Spirito, lo Spirito con il mondo non può certamente essere ricostruito. Se io ad esempio, mi riempissi di tante parole umane, ma perdessi la Parola divina, tutte le parole umane non suppliscono una parola divina. Ma se io divento sordo e muto a tutte le parole umane, perdo, divento stupido di fronte a tutta la sapienza e scienza del mondo per salvare una Parola divina, questa Parola divina mi ricostruisce tutti i beni e tutte le parole del mondo. Allora, non perdete mai l’essenziale, ci dice Gesù, siate disposti a perdere tutto, a rinunciare a tutto pur di non perdere l’essenziale, cioè pur di salvare l’anima: “A che vale conquistare tutto il mondo, se poi perdi l’anima?”. Quindi se tuo fratello vuole contendere con te, vuol litigare con te, cedigli tutto, ma non perdere l’unione con lo Spirito. Perché come entro in lotta, in discussione, semino in me un motivo diverso da Dio. Se invece rispetto il fratello e il fratello me lo vuole portare via? È Dio che me lo presenta, quindi rispetto la presenza di Dio: vuol dire che in questo momento Dio che mi aveva dato l’abito, mi vuol portare via anche il soprabito. Cedilo, lascialo, perché così tu rispetti la volontà di Dio. È vero che tu perdi l’abito e il soprabito, però non perdi l’unione con Dio. Potrai sempre dire: “Signore, me l’hai portato via tu, eri tu, ed io ho rispettato la tua presenza; sarò stato uno stupido però ho rispettato la tua presenza”. Stupido, ma con Dio. È molto meglio essere stupido con Dio, che essere furbo con gli uomini, ma essere senza Dio. Per cui ciò che è grande agli occhi degli uomini. È abominevole presso Dio e ciò che è stupido presso gli uomini, è grande presso Dio. Ora, la nostra vera pace, la nostra vera gioia, è questo accordo, questa sintonia, questa armonia con Dio, questo poter sempre colloquiare: “Signore, sono in mezzo a  una strada, sono sotto la pioggia, mi bagno, perché sono rimasto senza niente, però sono con Te: sei Tu che mi bagni!”. Ecco, allora c’è questa armonia. Uno magari soffre materialmente, però è con Dio, è in amicizia con Dio. E questa è la vera gioia. Invece uno può anche essere in una casa ricchissima, avere tutto il mondo attorno, ma se non è in sintonia, se non è in armonia, dentro ha una grande solitudine e un grande vuoto. È la solitudine dell’io che non riesce ad uscire da se stesso. Qui abbiamo una grande tristezza.

Emma: Quando in noi c’è questa unione con Dio, vediamo tutto come opera di Dio?

Luigi: Sì, perché effettivamente la realtà è quella: tutto è opera di Dio, Dio parla in tutto. Noi perdiamo questa percezione della presenza di Dio, perché questa presenza di Dio è una sintonia, è una sintesi di due fattori: è dono di Dio (non siamo noi che facciamo la presenza, il dono è di Dio), ma anche da parte nostra ci vuole la presenza del motivo divino. Perché se in noi c’è un altro motivo che ci domina (il pensiero dell’io, il pensiero della figura davanti al mondo, i beni della terra), allora questi altri motivi ci fanno perdere di vista la presenza di Dio; perché la presenza di Dio per noi è un motivo, è la motivazione di Dio. Dio è spirito e lo Spirito in noi spira in noi come motivo di pensiero, di vita, ma se noi seminiamo in noi un motivo diverso, questo ci porta via quello, per cui non vediamo più. Dio parla ancora, ci manda i suoi annunci in questo nostro mondo di dispersione, ci manda i suoi richiami, però questo richiede sempre un nostro passaggio a: “Va, tuo figlio vive”, ma bisogna partire e non legarci alle presenze fisiche, materiali, presenze che sono relative al nostro io: non legarci lì, ma partire, andare a vedere; perché si tratta di passare da una presenza materiale a una presenza spirituale, attraverso la Parola di Dio: è la Parola di Dio che ci fa fare il passaggio. Ora, soltanto nella presenza spirituale arriviamo alla presenza universale. Con la presenza fisica io non sono mai in una presenza universale, perché essa è caratterizzata dall’essere in un certo luogo e in un certo tempo; per cui se io voglio trovarla, devo andare al tale indirizzo, suonare il campanello, e trovare la tale persona: presenza fisica. La presenza fisica è localizzata, per cui nella presenza fisica c’è sempre le sofferenza, perché non posso essere sempre con la presenza fisica; invece con la presenza spirituale sì, perché la presenza spirituale è universale: “Affinché dove sono Io siate anche voi”. Ecco, Dio parlando, ci conduce dalla sua presenza fisica alla sua presenza universale, cioè ovunque. Lui parla in tutto, affinché noi possiamo sempre essere con Lui in tutto, non soltanto quando ci isoliamo nel silenzio. No, “Io parlo con te in tutto, se tu mi segui, io ti condurrò ad essere sempre con Me”, cioè in questo accordo in tutto. Allora più niente mi porta via.

Pinuccia: Nella Messa Dio fa suo ciò che offriamo, ma è tutta la vita che deve trasformarsi in una Messa, vero?

Luigi: Però la parola che fa suo quello che ancora non è suo è Parola sua: noi possiamo soltanto sospirarla questa Parola, ma la Parola discende da Lui.

Pinuccia: C’è una differenza nella Messa: qui è il Sacerdote che la dice in nome di Dio.

Luigi: La dice perché è autorizzato da Dio. Ma anche qui siamo nel campo dei segni, come il Cristo stesso. La venuta, l’Incarnazione del Cristo è nel campo dei segni, per significarci la realtà del Regno di Dio. Infatti Lui dice: “Se io non me ne vado, non può venire in voi lo Spirito”. E allora perché è venuto? Abbiamo una funzione transitoria. “La carne non giova a niente”, dice, eppure s’incarna: è il Verbo che si incarna per raccoglierci nel Verbo. E così tutta la funzione dei segni: allora se è necessario superare i segni, perché Dio fa i segni? Se ci mette in un mondo di creature, perché poi ci fa superare tutte le creature? Anche le creature sono sue, perché ci invita ad andare oltre? Tutto è funzione per la nostra salvezza perché attraverso le creature Dio ci collega, collega la nostra dispersione, la nostra incapacità a restare con la sua Verità. Infatti tutta la nostra difficoltà sta nel restare con Dio. Dio è stabile, noi siamo instabili. Allora Lui ci raccoglie dall’instabilità (ecco la creazione), per portarci a poco a poco ad essere stabili come Lui è stabile (ecco la vita eterna). Quindi c’è un passaggio da una vita temporanea, instabilità nostra, ad una vita eterna, stabilità con Dio. Questo avviene attraverso la Parola di Dio, nell’ascolto della Parola di Dio che parla con segni nella nostra instabilità. E mentre parla dice a noi: “Io ho tante cose da dirvi, ma non siete ancora in grado di portarle”. Parla nella nostra instabilità, parla in parabole, ma nello stesso tempo ci dice: “Io ho tutto un mondo superiore da comunicare a voi”. Ecco, ci apre la mente a qualcosa di superiore. Ora, siccome questo qualcosa di superiore è già in noi, questo risveglio di interesse e di attenzione verso Dio, ci fa invocare e ci fa desiderare: “Signore, discendi!”. Ci fa invocare e ci fa desiderare questo; mentre Lui parla, noi lo percepiamo, perché noi l’abbiamo già presente. È come se in noi fosse già una Presenza che però per impegni nel mondo trascuriamo. Quando qualcuno ci parla di questa Presenza, ce la richiama. Richiamandola, ce la fa rivivere, per cui ne gustiamo la bellezza: “Com’è bello, facciamo tre tende; sarebbe bello vivere qui”. Però è l’Altro che me lo richiama; ma io non sono capace a vivere qui, è grazia dell’Altro che, parlandomene, mi richiama ciò che io ho già presente, altrimenti se non l’avessi presente, non potrei gustarlo, non potrei vederlo. L’Altro mi richiama, mi fa fare attenzione a questo. Ad esempio, noi potremmo avere qui un oggetto molto prezioso, ma non lo sappiamo; se uno ce lo presenta e ce lo descrive e ci fa capire quanto è prezioso, noi che credevamo fosse un oggetto comune, ne scopriamo la preziosità.



Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Secondo tema.


Titolo: La nascita dalla Parola di Dio.

Argomenti: Unificare due pensieri. Svuotare la tazza dell’io. L’importanza di essere motivati da Dio. I servitori. La vita comincia nel donare qualcosa. La vita è comunione. Presenza e preparazione. Esterno e interno. La conferma dei servi. Dio abita in Se stesso. Parole umane e divine. Si arriva alla vita sospinti dalla morte. Il prezzo da pagare. La presenza dello Spirito. La necessità di cercare Dio. Intendere nello Spirito. L’ubbidienza alla parola di Dio.


8/Gennaio/1978


Introduzione:

Domanda: Come si unificano due pensieri?

Luigi: L'unificazione tra i vari pensieri, avviene in profondità: nella profondità ritrovo anche gli altri pensieri sentiti prima e già dimenticati. Le cose si uniscono da sole quando si arriva al punto giusto: non c'è bisogno di fare lo sforzo della memoria. Basterebbe approfondire una cosa sola: man mano che si approfondisce, questa attira a sé tutto il resto. Infatti arrivando alla Parola unica di Dio, al Verbo universale di Dio, si unifica tutto l'universo, si unificano tutte le parole di Dio, cioè si ritrova tutto: per questo, avvicinandoci a Dio, si ritrova tutto. In Dio ritroviamo immediatamente tutto quello che è avvenuto nella nostra vita: è la profondità che attira tutto a sé. E c'è la valutazione perché si è nella luce: è il giudizio universale.  Quindi non si tratta di fare lo sforzo da parte nostra di ricordare. Il vero sforzo nostro è quello di collegare ogni cosa, ogni pensiero con lo Spirito di Dio, cioè mantenere unito a Dio quello che viene da Dio, mantenere le parole di Dio unite allo Spirito di Dio: ecco il vero sforzo. Poi queste attirano le altre; quando arrivano ad un certo livello, attirano quelle che a quel livello lì possono essere unificate; le fanno risorgere.

Domanda.: Allora si capisce come in un punto ci sia tutto l'universo.

Luigi: Certo, il silenzio svuota l’anima dai pensieri nostri e l’aiuta a ricevere i doni di Dio. Un allievo chiede ad un maestro di yoga che gli spieghi in che cosa consiste lo yoga.  Il maestro che sta versando il the, continua a versarlo anche quando la tazza è piena, fino a riversarlo sul pavimento e risponde all’allievo che,  sbigottito, gli domanda quello che sta facendo: “Ecco, vedi, come è possibile che io ti spieghi lo yoga, quando non hai la capacità di accogliere, di ricevere? Il recipiente è già pieno, come questa tazza. Fintanto che tu sei pieno di te stesso, non è possibile che io ti possa spiegare lo yoga”. Perché per spiegare una cosa, è necessario il vuoto in noi, fare silenzio: bisogna avere il recipiente capace di accogliere. Questo fatto ci serve a capire meglio la scena di questo funzionario. Egli chiede la vita di suo figlio e Gesù non risponde a questa sua “pretesa”, ma alla sua richiesta: “Scendi con me”, gli dice la parola nella quale lui deve credere, che è la condizione proprio per svuotarlo, in modo da renderlo capace di ricevere la vita. Perché lui chiedeva la vita per il figlio, e Dio gli dà prima la vita in lui: lo rende capace di ricevere ciò che chiede. Se noi diventiamo capaci di accogliere la vita in noi, allora la vita si fa anche fuori di noi. Ma se noi chiediamo qualcosa fuori di noi, ma dentro siamo incapaci di portare quello, allora il Signore scrive fuori di noi il vuoto che è dentro di noi perché è impossibile che ci dia fuori quello che noi non possiamo portare dentro. E allora dato che il Signore i suoi doni li dà formando prima la capacità di riceverli, prima ci svuota dentro. Ecco la fede, il credere senza vedere, che è lo svuotamento di noi stessi, della pretesa del nostro io, per rendere l’animo capace di poter accogliere veramente quello che chiediamo. Per cui la preghiera ottiene sempre effettivamente quello che domanda.

Rina: Trovo che è molto utile, prima di venire qua, pregare e fare silenzio, perché quanto udiamo qua non vada sprecato, ma accolto.

Luigi: Bisognerebbe mettere molto silenzio prima, perché è proprio nel silenzio che uno allontana e pone a tacere gli argomenti del mondo, gli avvenimenti che sono avvenuti durante la nostra giornata, i problemi propri, per aver soltanto presente Dio, perché è Dio che ci dà la capacità di accogliere i suoi doni, altrimenti sarebbe come vuotare quel the in una tazza che non può riceverlo perché già piena: si spanderebbe da tutte le parti e si perderebbe.

Rina: Perché non basta la nostra volontà?

Luigi: Perché ci vuole il Pensiero di Dio per accogliere le cose di Dio, perché il recipiente delle cose divine è Dio stesso, fintanto che noi siamo pieni di noi stessi, e pieni di noi stessi vuol dire anche degli argomenti del nostro mondo, è necessaria quella pausa di silenzio; ma quella pausa deve essere prolungata fino al punto in cui le cose si sono allontanate e in noi c’è solo l’unica cosa necessaria: ecco allora l’animo è fatto capace di ascoltare e di accogliere. Allora l’animo dice: “Signore adesso parla che il tuo servo ascolta”. Ma fintanto che noi siamo pieni di cose nostre, non possiamo dire: “Signore, parla che il tuo servo ascolta”, perché non siamo capaci di ascoltare, cioè ascoltiamo noi stessi; rimbombano dentro di noi i nostri argomenti, i nostri problemi.

Pinuccia: Ma se siamo carichi di questi problemi e di tutto quanto è successo, non serve portarlo a Dio? Bisogna dimenticarlo?

Luigi: Noi arriviamo coi nostri problemi: “Signore, discendi prima che mio figlio muoia”; il Signore ci pone il suo problema. Perché è vero che anche i problemi che ci arrivano dal mondo ci sono mandati da Lui, ma ci sono mandati da Lui per farci passare attraverso questa crisi: crisi di disponibilità per Lui, per l’unica cosa necessaria. Per cui Dio dà lezioni a noi in modo diverso a seconda della situazione in cui la nostra anima si trova: se la nostra anima è piena del pensiero dell’io, Dio ci dà particolari lezioni, per insegnarci a superare il pensiero del nostro io e renderci disponibili per Lui. Se noi siamo già disponibili per Lui, Dio ci dà altre lezioni: i tempi sono diversi a seconda della situazione dell’anima. Per cui Dio parla personalmente ad ognuno di noi quegli argomenti che sono necessari per convincerci a superare il pensiero del nostro io, a superare gli argomenti del mondo, a fare attenzione a Lui; forse poi Lui ci pone gli stessi argomenti di prima (infatti Lui dice:  “Va’, tuo figlio vive”), ma li riceviamo da Lui: come sua parola, che diventa in noi motivo di vita.

In questa scena del funzionario che ritorna a casa (v.51: “Mentre egli già ritornava i suoi servitori gli vennero incontro, dicendo:”Tuo figlio vive”), avviene appunto questo. Confrontiamo infatti questa scena con quella di lui che va a cercare Gesù e osserviamo i motivi. Quando lui andò a cercare Gesù, da che cosa era motivato? E adesso che ritorna a casa sua, da che cosa è motivato?

Quando partì per andare a cercare Gesù era motivato dalla morte del figlio: il figlio stava morendo. Aveva fede in Gesù, ma il motivo che lo muoveva era la morte imminente del figlio. Se Gesù avesse accolto la sua richiesta e fosse sceso con lui, lui da che cosa ancora sarebbe stato mosso al ritorno? Sarebbe stato mosso sempre dalla morte del figlio: il motivo non sarebbe cambiato. Invece adesso, da che cosa era motivato nel ritorno? Dalla Parola di Gesù.

Ecco come la Parola ha capovolto i motivi! Prima era motivato dalla morte del figlio. Gesù si rifiuta di andare da lui. Se fosse andato con lui, lui sarebbe ancora ritornato motivato dal suo stesso problema e Gesù avrebbe convalidato quel motivo, la morte del figlio. Invece no, adesso lui, credendo, ritornava motivato dalla parola di Dio, era mandato dalla Parola di Dio.

Ecco l’importanza dell’incontro con la Parola di Dio, ci capovolge i motivi di vita. Ci fa motivati da Dio, mandati da Dio.

Ecco l’importanza di essere motivati da Dio, e non più dagli argomenti del mondo o nostri. Magari Dio ci dice gli stessi argomenti nostri di prima, ma ce li dice Lui, ci manda Lui, richiedendoci un atto di fede in cui c’è il superamento del nostro motivo.

Il funzionario non si è mosso in quanto ha visto, ma in quanto ha aderito alla parola che gli veniva detta e parte su questa parola: vedrà poi.

Dovette rischiare di trovare suo figlio morto.

E poi è bellissimo ciò che avviene: partendo dalla Parola, i servi gli vanno incontro dicendogli che la parola si è realizzata. Fintanto che ci muoviamo su altri argomenti, veniamo sempre contraddetti: così vediamo le contraddizioni della fede, non vediamo il Regno di Dio, perché non siamo motivati da Dio; ma come cominciamo a muoverci motivati dalla Parola di Dio, i servi, (i servi rappresentano tutte le opere di Dio), tutto comincia a confermarci il Regno di Dio, perché tutto è Regno di Dio.

Luigi: Ci fermiamo stasera sul versetto 51: “Mentre egli già ritornava i suoi servitori gli vennero incontro dicendogli: “Tuo figlio vive”.

Pinuccia: Per servitori s’intende tutto ciò che esiste e accade, anche le circostanze?

Luigi: Sì, tutto, perché tutto è servo di Dio. Nel vangelo si parla di servitori essenzialmente in due funzioni: servitori che invitano e servitori che testimoniano la cosa avvenuta. Servitori che invitano a: “Tutto è pronto,venite”; e servitori che testimoniano il Regno di Dio. Servitori che chiamano, convogliano. Convogliano, perché finché noi siamo presi dal mondo o da altre cose, Dio ci manda i suoi servi, tutti argomenti che ci sollecitano a lasciare ogni cosa, per occuparci di Lui, per mettere prima di tutto quello che va messo prima di tutto. Quindi: “Non preoccuparti del mangiare, del vestire, della figura, del mondo, di te stesso ma cerca prima di tutto il Regno di Dio, perché tutto il resto ti sarà dato in soprappiù”. Ecco questa è l’opera dei servi che invitano: non aver paura che ti manchi qualcosa, perché tutto e pronto. Cosa vuol dire che è tutto pronto? Che tutto e stato disposto da Dio perché tu cammini verso di Lui. Quindi non preoccuparti di aggiustare le altre cose: sono già tutte aggiustate. L’universo è già fatto tutto da Dio in quel modo ottimo affinché la tua anima si rivolga al Signore e Lo cerchi, Lo conosca e impari a restare con Lui,  impari a vivere con Lui.

Infatti lo scopo della nostra vita è imparare a convivere con la Verità di Dio. Tutto è pronto per questo. Quindi non dire: prima faccio questo e quell’altro, perché un giorno tu ti accorgerai che tutto era già fatto. E tu fermandoti per la strada a prepararti in altre cose prima di partire, non fai altro che far del rumore, che sconvolgere quello che è già fatto bene, per qui ritardi la tua partenza e ostacoli le necessità della tua anima. Qui abbiamo questo compito dei servitori che, mandati da Dio, tendono a convincerci (e quindi anche tutte le opere e i fatti che avvengono nella nostra vita) a superare il pensiero di noi stessi e ad aprirci alla Verità di Dio. Imparare a convivere con Dio vuol dire accettare tutto da Dio, rispettare in tutto l’iniziativa di Dio, lodare e ringraziare il Signore, cercare possibilmente di capire la lezione che il Signore ci dà, in modo da poter partecipare in tutto del suo Spirito.

Ma l’anima di tutto è il Pensiero di Dio, perché se noi dimentichiamo il Pensiero di Dio, ecco che cominciamo a non poter più accettare certe cose, cominciamo a non interessarci di capire il significato di certe cose, non lodiamo più, non glorifichiamo più il Signore, e allora naturalmente provochiamo queste resistenze, è Dio stesso che ce le pone per farci capire che abbiamo deviato strada; per richiamarci sulla strada essenziale. La strada essenziale è sempre questo dialogare con Lui, ascoltare Lui, questo ricevere tutto da Lui. E poi sapere anche che l’intelligenza delle opere sue e delle parole sue è sempre in Lui, non è in noi. Noi non siamo intelligenti, in modo autonomo, da soli, da capire le cose di Dio. È Dio che opera ed è Dio che illumina le sue opere per noi. Per cui Dio opera e poi ci invita  a guardare Lui per intendere le opere sue.

Comunque ci vuole sempre questo riferimento a Lui.

Nella vita eterna noi ci riferiremo sempre a Dio; noi passeremo sempre attraverso Dio in tutte le cose, anche parlando anima ad anima, perché è Lui la Verità, è Lui l’iniziatore, non siamo noi gli iniziatori. Noi siamo essenzialmente spettatori delle opere sue. Come spettatori, si è partecipi; per cui Dio ci fa anche partecipi delle opere sue. Per cui più contempliamo la Verità di Dio, e più partecipiamo dell’opera di Dio, diventiamo partecipi della vita di Dio.

Quindi abbiamo l’opera di questi servitori che ci convogliano a Dio, quando noi siamo lontani; e l’errore grosso in questo caso è quello di dire: “Ma io ho il lavoro, ho la casa, ho i buoi, ho la moglie, non posso venire”. È un errore grosso, perché: “Non assaggeranno la mia cena”. Quando noi ci dimentichiamo di Lui, Lui ci manda i servi a convogliarci all’essenziale: “Tutto è pronto, vieni!”. Noi non dobbiamo scusarci, dicendo: “Ho altro”. Perché in questo caso ci mettiamo in una situazione di impossibilità di gustare la cena del Signore. Non importa se siamo zoppi, ciechi, malati, ecc., non importa: Dio non ha difficoltà a curare tutti i nostri mali. Infatti Lui manda: “Sforzateli a venire, anche se ciechi, ecc., non importa”. Quello che importa veramente è che noi non diciamo: “Non posso venire, abbimi per giustificato”; così ci escludiamo dall’invito.

Se cominciamo a camminare sulla Parola di Dio, motivati da Dio, allora cominciano tutte le opere di Dio, i servi, a confermarci. Mentre prima i servi ci distoglievano dalle nostre opere, adesso i servi ci confermano: “Quella è la strada buona” .

Per cui prima di arrivare a conoscere Dio, quando ancora siamo sulla strada, già tutte le cose cominciamo a confermarci, ci annunciano che la nostra anima è viva. Per cui cercare Dio è già vivere, anche se non Lo si trova ancora. Allora in un primo tempo abbiamo i servi che ci sollecitano e cercare Dio; in un secondo tempo abbiamo che ci confermano; gli avvenimenti e tutte le cose ci confermano che la strada è buona e ci dicono quindi: “Tuo figlio vive” .

De Bortoli: I servi sarebbero gli angeli?

Luigi: Si, tutte le opere di Dio, tutte quello che accade, perché tutto è servitore di Dio, tutti siamo servi di Dio.

De Bortoli: Perché chi va dietro ai buoi non assaggerà la cena del Signore? Non si può fare quel lavoro, stando con Dio, dal momento che a Dio si va non fisicamente, ma con il pensiero?

Luigi: Ma se noi facciamo quel lavoro lì per Dio, mossi da Dio, non facciamo difficoltà ad ascoltare:  “Lascia i buoi, vieni che c’è qualcos’altro di più importante”.

De Bortoli: Può essere un fratello che ci chiama?

Luigi: Dio per esempio ci dà in dono e poi ce lo richiede. Ma perché ce lo dà e poi ce la richiede? Perché ce lo richiede dopo avercelo dato? Proprio perché nel donarlo noi a Lui  incomincia la nostra vita. Se invece noi ci irrigidiamo vuol dire che c’è il nostro io in mezzo che si oppone a Dio e questo ci impedisce di donare e di entrare nella vita. La vita comincia nel donare qualcosa. Dio ci dà tante cose, e poi ci invita a lasciarle, perché è proprio nella capacità che abbiamo di lasciare che riveliamo l’amore: lasciando riveliamo il prezzo con cui stimiamo l’amore per Dio. L’amore è sempre una scelta. La vita stessa è scelta. Ma cosa vuol dire scegliere? Scegliere vuol dire pagare. Quando andiamo in un negozio e compriamo un capo, cosa facciamo? Paghiamo un certo prezzo e pagando cosa facciamo? Pagando, lasciamo, perdiamo. Posso dire: “Ma il denaro era mio, perché lo debbo lasciare? Lo lascio perché preferisco quell’abito, a quel pezzo di denaro che avevo”. Ecco facciamo una scelta. Così è nei riguardi di Dio. Dio ci dà un certo capitale: e son tutte le cose di cui possiamo disporre e abbiamo con noi: i nostri lavori, i nostri impegni; ma ad un certo momento Lui ci dice di lasciarli perché c’è qualcosa di più importante che ancora non abbiamo, e c’è un prezzo da pagare.

Nel prezzo che paghiamo, esprimiamo l’importanza che diamo a quella cosa. Quell’abito può valere cento; se io lo stimo e gli do importanza per dieci non pago, non son disposto a pagare 100. Ma se per me quell’abito è importantissimo, non m’importa di pagare tutto quello che ho, pur di averlo perché per me è importantissimo. Ecco: nel prezzo che siamo disposti a pagare, noi testimoniamo l’importanza che diamo a quella cosa, ma proprio nell’importanza che diamo ad una cosa diventiamo capaci di possedere, di godere di quella cosa. Per cui se io sono disposto a dare a Dio soltanto il prezzo dieci, io divento capace di godere Dio  soltanto per dieci, ma se Lui vale ad es. un milione ed io gli do prezzo soltanto per dieci io Lo godo soltanto per dieci e perdo tutto l’altro.

Per questo Gesù ci dice: “Và, lascia, vendi tutto quello che hai”. Non lo dice perché si diverta a farci fare dei sacrifici, no; ma perché proprio proponendo di vendere, di lasciare tutto, Gesù offriva a quel giovane     ricco la capacità di ottenere quella vita eterna che cercava.

Il problema di quel giovane ricco: “Che cosa debbo fare per avere la vita eterna?” coincide con il problema di questo funzionario: “Signore, discendi, prima che mio figlio muoia”.

E la risposta di Gesù è identica, sia a quel giovane ricco, sia a questo funzionario, perché a questo dice: “Va, tuo figlio vive”, e lo educa alla Parola per accogliere in sé la vita, in modo che egli possa avere il figlio vivo.

A quel giovane che chiede la vita eterna e chiede tutto, Gesù dice: “Và, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e segui me”, gli dice la stessa cosa, perché lo rende capace di ricevere quella vita che lui chiedeva.

Quindi questo giovane ricco e questo funzionario, chiedevano tutti e due la vita, e Gesù risponde personalmente,ma la risposta è uguale: li rende capaci di accogliere la vita. Non dà la vita come la chiedono loro, ma li rende capaci di accogliere la vita.

Pinuccia: I riassunti che leggeremo, dobbiamo vederli alla luce di quanto detto?

Luigi: Possibilmente sì. Teniamo presente perlomeno la scena del ritorno, per possibilmente passare ai motivi che operano in essa a capire quindi la Volontà di Dio.

Ora abbiamo fatto, riflettendo, questi passaggi: Dio opera sempre per condurci a vedere, a ottenere la vita vera, la vita eterna, che è conoscere Lui.

Comunque teniamo presente la scena di questo funzionario che ritorna motivato dalla Parola di Dio e sulla via del ritorno incontra i suoi servitori che gli dicono: “Tuo figlio vive”.

Pinuccia: Lettura riassunto dell’incontro della domenica 16 novembre a Vigna:

1° tema: - Perché molti cercano Dio e non lo trovano?

2° tema: - Dov’è il luogo in cui Dio si fa trovare?

La ricerca è subordinata a due condizioni:

1° - Chi cerca Dio deve sapere quello che vuole

2° -  Chi cerca deve sapere dov’è quello che vuole; (e il come deve cercarlo).

Questo funzionario fu sospinto a cercare Gesù da due fattori: fede e dolore. Ma come mai molto cercano Dio, anche se sospinti da questi fattori, e non Lo trovanmo? Perché? Quale lezione Dio vuole darci attraverso questo?

Gesù stesso ci dice: “Cercate e troverete. Viene dato a chi domanda”. Però dice anche: “Dove sono Io voi non potete venire”.“Mi cercherete e non mi troverete”. Perché? (questo è il primo quesito del 1° tema).

2° quesito: perché è necessario trovare Dio? Dio vuole veramente che Lo cerchiamo? Perché noi, posti qui in terra dobbiamo occuparci del cielo?

3° quesito: Qual è la colpa di chi cerca Dio dove non si può trovare? Dio ci ha promesso che si fa trovare, quindi se non Lo troviamo, o Lo cerchiamo male o Lo cerchiamo dove non è.

Luigi: Perché bisogna cerca Dio?

Pinuccia: Perché Dio è la vita.

Luigi: Se siamo qui in terra perché dobbiamo occuparci del cielo?

Pinuccia: Perché noi non siamo esseri autonomi. La vita la riceviamo da Lui,quindi è questione di vita e di morte.

Luigi: Quindi vivendo in modo autonomo, noi corriamo verso la morte; facciamo la nostra morte. Quindi non pensiamo a Dio, non raccogliendo in Dio, noi scaviamo la nostra tomba. È importante cercare Dio, perché è un problema di vita. È essenziale: “Io sono la Vita”. Quindi noi non dobbiamo mai ritenerci come esseri autonomi, vivere in modo autonomo: siamo dei tralci di una vite e il tralcio fruttifica nella misura in cui è unito alla vite; riceve linfa dalla vite.

È un problema di comunione: il problema della vita è un problema di comunione. Ecco allora perché il Signore ci dice: “Preoccupatevi prima di tutto di cercare Dio, di conoscere Dio”. È un problema di vita, un problema di comunione, ed è quello che noi il più delle volte proprio trascuriamo. Perché noi facciamo della vita un problema di realizzare posizioni qui in terra, benessere, figura, gloria, crediamo che la vita stia lì, per cui cerchiamo male la vita.

Tutti cerchiamo la vita, perché aneliamo alla vita, ad una vita per sempre, però la cerchiamo là dove essa non è. Colui che cerca deve sapere quello che vuole ma deve anche sapere dove è quello che egli vuole: non si può cercare così a vanvera.

Le vergini stolte sono stolte, perché non si rendono conto del luogo e del come va cercato quello che esse cercano.

Cioè bisogna essere intelligenti. L’intelligenza è appunto sapere le esigenze dell’altro. E siamo sempre lì: per sapere le esigenze dell’altro, bisogna aver presente l’altro, bisogna meditare sull’altro.

Esempio, chi aspetta l’arrivo di una persona. Ora come può preparare l’ambiente all’arrivo di quella persona? Soltanto pensando a quella persona, alla sua mentalità, desideri, carattere e problemi. Soltanto pensando a quella persona, si rende conto di quali sono i desideri di quella persona, le sue abitudini, e prepara tutto conforme a queste, di modo che quando quella persona arriverà, si troverà ben accolta, perché troverà tutto l’ambiente secondo i suoi desideri.

Ecco l’investitura del regno: quel re che va in un paese lontano per ottenere l’ investitura del regno. È Dio che si fa lontano da noi per darci la possibilità di preparare tutto, di modo che quando Lui arriverà, ecco, sarà investito del regno, perché troverà l’ambiente preparato. Allora quel servitore che non avrà preparato, ma si sarà ubriacato con gli altri, subirà molte battiture, per la difficoltà dell’inserimento. Per cui l’ incontro con la presenza di Dio è sempre una sintesi di due fattori: fattore preparazione e fattore arrivo.

L’arrivo dipende da colui che viene, perché la presenza di un essere è sempre dono della persona: noi possiamo preparare tutto, ma se Lui non viene la nostra casa resta vuota. Ecco, abbiamo preparato tutto, ma alla cena siamo soli. Lui non è venuto.

Quindi la presenza è dono essenziale della persona che viene, ma presuppone la preparazione, altrimenti venendo e non trovando preparato, se ne va, e noi non possiamo restare con Lui.

“Io sono venuto, quante volte ti ho cercato, ma tu non hai capito l’ora in cui sei stata visitata”.

Siamo sempre lì: il problema fame-pane: il pane può essere gustato nella misura in cui abbiamo fame; l’acqua può essere bevuta nella misura in cui abbiamo sete.

Però già nella preparazione, con Dio ancora lontano, si richiede a noi la presenza del pensiero di Dio, perché soltanto pensando Dio, possiamo conoscere e quindi preparare tutto di noi per Lui, in modo che Egli venendo trovi la casa preparata. La preparazione, è condizionata dal Pensiero di Dio. Ma se noi pensiamo a noi, anziché pensare a Lui, allora prepariamo stoltamente. Per cui Lui viene e anziché vedere le cose secondo Lui, vede tutte le cose secondo noi. Per cui i regali che abbiamo preparato, non sono quali sono graditi da Lui, ma quali fanno piacere a noi, abbiamo cioè preparato tutto in funzione del nostro pensiero.

Pinuccia: Il collegamento con quanto hai detto prima dove sta? Il re che va lontano per essere investito equivale a Gesù che non ascolta la preghiera di quel funzionario per renderlo capace di cogliere il vero dono?

Luigi: Sì.

Pinuccia: Però non vedo il collegamento coi servitori.

Luigi: Se Gesù avesse risposto alla pretesa della fede che aveva quel funzionario (quel funzionario aveva fede in Lui in  quanto medico, nella sua presenza fisica, per cui gli disse: “Signore, discendi”, quasi a dirgli: “Vieni, toccalo, metti le mani su di lui, curalo, guariscilo”) e fosse sceso con lui avrebbe confermato questa fede e il motivo che avrebbe guidato quel funzionario in quel ritorno sarebbe sempre stato il pensiero del figlio che stava morendo.

Invece qui Gesù ha seminato la Parola di Dio, quindi ha reso lui, padre, capace di ricevere la vita in sé, e quindi ottenere di vedere la vita fuori, nel figlio, perché Dio scrive fuori di noi in funzione di quello che c’è dentro di noi. Prima di fare il dono fuori, prepara la nostra anima ad accogliere il dono dentro di sé. L’esterno è in funzione dell’interno. C’è sempre questo rapporto: Dio-interiorità-esteriorità. Quindi l’esteriorità non è mai autonoma, non è mai una lezione autonoma da Dio e dall’interiorità nostra.

Ma l’esteriorità è sempre dipendente dal rapporto: Dio-interiorità. Allora, se la nostra interiorità non si modifica, anche il mondo esterno non si può modificare, e noi inutilmente ci affatichiamo per modificarlo. Dio per darci quello che noi chiediamo nel mondo esterno, modifica la nostra anima, la rende capace di ricevere in sé quel dono che noi chiediamo all’esterno; rendendola capace di riceverlo nell’interno, stabilisce la promessa per donarglielo anche nell’esterno.

Allora, per chi cerca Dio, tutto coopera (ecco i servitori) in bene: è logico, perché chi cerca Dio ha l’animo disposto ai doni essenziali, interiori, e allora anche tutto coopera per questo, perché tutto è lezione di Dio esterna che conferma colui che è confermato e che distoglie colui che è distolto. Per cui se l’anima è distolta da Dio, Dio nel mondo esterno opera per distogliere quest’anima da una strada sbagliata e convogliarla. Per cui Dio i veri doni li dà all’interno. Dio opera per dare i veri suoi doni nel nostro mondo interno. Dati nel nostro mondo interno, anche il mondo esterno assume un altro aspetto.

Pinuccia: Però il fine di questo operare di Dio è di renderci capaci di ricevere i doni veri all’interno: il resto è un soprappiù?

Luigi: Certo, il resto è un soprappiù.

Pinuccia: … e anche segno?

Luigi: Per questo, quando noi chiediamo il soprappiù, il Signore dice: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio, perché tutto il resto ti sarà dato in soprappiù. Ma se tu cerchi prima il soprappiù fuori, sei nella situazione assurda, nell’impossibilità di riceverli; non puoi.

Pinuccia: Questo soprappiù allora diventa una conferma del dono vero che abbiamo ricevuto?

Luigi: Sì, sono i servi che arrivano a dire: tuo figlio vive. Non ce n’era bisogno perché intanto lui stava già andando a casa, e arrivato a casa, avrebbe toccato con mano che il figlio era guarito. Invece prima che lui arrivi abbiamo già la conferma: ecco il soprappiù, per cui uno si trova confermato per la strada prima ancora di essere arrivato. L’opera dei servi è questa.

Pinuccia: Prima di arrivare alla visione?

Luigi: Sì, prima di arrivare a questa visione, già tutto ci conferma che la nostra anima vive. Conferma e quindi coopera in questo senso; ci aiuta a camminare, mentre prima invece, quando non eravamo orientati a Dio tutto ci allontanava, cioè tutto ci era di ostacolo, era un bastone nelle ruote. Era un bastone nelle ruote, perché non eravamo motivati da Dio, eravamo distratti. Per cui il mondo stride verso di noi, ci urta, ci rende le cose difficili, diventa una remora, in quanto noi siamo distolti dalla ricerca di Dio prima di tutto. Ma se cerchiamo Dio prima di tutto, allora tutto il mondo, anche le cose nemiche, ci aiutano a camminare verso Dio e l’anima si accorge che è aiutata, anche da chi gli fa del male; per cui diventiamo riconoscenti a Dio in tutto, anche per i nemici, e quindi amiamo, abbiamo la possibilità di amare anche i nemici, perché tutto ci aiuta per purificarci, a liberarci, a superare il pensiero del nostro io, a liberarci da tutte quelle aderenze che ci soffocano, ad accelerare il nostro passo verso la vita: ecco i servi: tutto diventa servo di Dio, perché effettivamente tutto è servo di Dio. Però per capire che tutto è servo di Dio, uno deve avere la mente a Dio, altrimenti uno vede soltanto quell’altro che gli mette il bastone nelle ruote.

Pinuccia: (continuazione lettura riassunti) Passando al secondo tema, le domande erano queste:

Dov’è il luogo in cui Dio fa trovare la sua presenza?

Dio è ovunque e allora perché c’è un luogo particolare?

E  perché fintanto che non lo troviamo in quel luogo particolare, non Lo troviamo, con la conseguenza che siamo schiavi del mondo materiale, ecc.? (con delusioni). Sant’Agostino diceva: “Signore io non ti trovavo perché io ero tutto rivolto alle cose esteriori, mentre Tu sei nelle interiori. Ero proteso nelle cose superficiali, mentre Tu sei nella profondità, ero nelle cose materiali, mentre Tu sei nelle spirituali; ero intento alle cose che passano, mentre Tu sei nelle cose eterne, perché sei l’ Eterno”. Quindi la nostra colpa sta nel cercare Dio nelle cose esterne, materiali, superficiali, che passano?

Luigi: Oppure farlo consistere nelle regole, ad esempio. Ma Dio non si trova nelle regole di vita. Non facciamo poi consistere la ricerca di Dio nei ragionamenti umani, oppure nelle sicurezze terrene: certamente lì non Lo possiamo trovare Dio. Dio si trova nel Pensiero di Sé. Dio si conosce in Dio. Bisogna quindi cercarlo nel Suo stesso Verbo, nell’interiorità. Ecco perché ad un certo momento si richiede quel distacco di cui si parlava prima. Dio abita in Se stesso. Tutto è segno di Dio; ma Dio non si trova nelle cose sue, ma in Sé. Perciò è necessaria questa ascesi, questo passaggio, le diverse pasque, attraverso cui deve passare l’anima umana fino ad arrivare alla casa di Dio, perché nella casa di Dio che si scopre la presenza di Dio. Quindi Dio parla in tutto, ma la sua presenza la rivela solo nel suo Tempio, nel Pensiero di Sé. Fintanto che noi non arriviamo alla Sua Presenza, anche se tutto ci parla di Dio, nessuno ci può dire quell’essenzialità di cui noi veramente abbiamo bisogno. Per cui anche tutte le parole umane, analizzate, ci parlano di Dio, esprimono il bisogno di Dio, però nessuna parola umana ci può dire quella parola che Dio solo può dire. Ecco perché è necessario sospendere l’ascolto delle parole umane e rivolgerci all’ascolto soltanto della Parola di Dio.

È vero che in tutte le parole umane parla Dio, ma solo quando noi avremo avuto, ascoltato la Parola essenziale di Dio, allora troveremo questa essenzialità anche in tutte le parole umane; ma se noi non avremo fatto il passaggio prima, noi non troveremo certamente in tutte le parole umane e in tutte le creature quell’essenzialità, quella Parola essenziale che Dio solo dice.

Allora anche qui abbiamo i due tempi:

- primo tempo: l’ascolto di parole umane che a poco per volta ci fa desiderare l’ ascolto della parola di Dio;

- secondo tempo: in cui bisogna lasciare l’ascolto di tutte le cose umane e rivolgerci unicamente a Dio, per ascoltare da Dio quella rivelazione, quella Parola, quella Presenza: la presenza di Dio è puro dono di Dio, nel silenzio di tutto: il grande silenzio che precede la rivelazione della presenza di Dio. Allora attraverso l’ascolto di tutti gli argomenti umani, di tutti i fatti della nostra vita, ecc., noi siamo convinti della necessità di fare questo silenzio di tutto per ascoltare quella Parola essenziale che Dio solo ci dice e in cui c’è la rivelazione della sua Presenza, il dono della sua Presenza. Questo avviene nel silenzio non soltanto di tutte le cose, ma anche del nostro io stesso.

Per cui Sant’ Agostino dice: “Tacciano anche tutti i pensieri della mia anima”. È proprio in questo silenzio di tutto che Dio rivela, senza parole, la sua Presenza. E in questa rivelazione della Presenza allora, tutto diventa un linguaggio nuovo, perché diventa un linguaggio essenziale di Dio: allora non c’è nulla che ci possa distogliere da questa presenza di Dio in tutto. Anche in questo c’è il problema di formare in noi la capacità di accogliere il dono. Se Dio ci donasse la sua presenza prima che in noi si sia formata l’anima capace di accogliere quel dono lì, la sua presenza è versata fuori: sangue sprecato, dono sprecato: non può essere ricevuto; la nostra tazza è insufficiente ad accogliere il suo dono, incapace, per cui il dono si rovescia fuori. E forse tutto l’universo, questo fuori di noi che c’è, è questo rovesciare di Dio che non si contiene in noi, nella nostra anima.

Pinuccia: (continuazione lettura riassunto) La base di tutto è L’ ascolto, l’attenzione a Dio, perché se non ascoltiamo siamo come coloro che non sanno ciò che vogliono. Ciò che ci impedisce di sapere ciò che vogliamo è la molteplicità di amori e di interessi. Ascoltando Dio, Dio ci semplifica gli interessi per portarci alla consapevolezza di ciò che vogliamo. L’ascolto ci porta a mettere un prima di tutto, e quindi a fare una scelta, e ad una grande consapevolezza di quanto vale questa cosa.

Bisogna cioè cercare Dio sapendo chi è Dio. Ed è Lui che ci guida in questa ricerca: più sappiamo chi è Dio, e più sappiamo come va cercato.

Dio ci toglie la molteplicità degli interessi e ci incentra nell’ interesse del suo Verbo, che diventa un pilota della nostra vita.

Più restiamo in ascolto, più il Verbo ci corregge (perché noi fraintendiamo sempre) fino a condurci davanti al Volto del Padre, nel silenzio di tutto ciò che non è Dio, nel silenzio della notte, notte che è luce (San Giovanni della Croce).

San Paolo: “Ho considerato tutto come spazzatura per guadagnare l’amore di Cristo” .

Si arriva ad esclamare: “Mi hai ridotto a nulla, Signore”, se si fa il confronto con gli altri che seguono il mondo. Ma uno rimane affascinato da un Amore, e se è affascinato da un Amore non si deve stancare, se no qualcosa non funziona.

O si è presi e affascinati da un Amore o si gira a vuoto, a freddo.

Stare nel Pensiero di Dio, in Colui che opera tutto, nel “Tu” che mi pensa.

Luigi: Quindi è importante tener presente la necessità di cercare Dio e di sapere dove cercare Dio. Il problema  essenziale della nostra vita è proprio questo: la necessità di cercare Dio.

Dio ci ha creati proprio per questo: Dio ci ha creati perché lo cerchiamo e lo conosciamo. San Paolo dice che Dio ha fatto tutto le cose perché l’uomo cerchi, a tentoni magari, di toccarlo, di vederlo, conoscerLo.

Quindi tutte le cose sono state fatte per questo scopo, ma l’uomo si deve orientare a questa ricerca, cioè si deve convincere che è stato creato per conoscere il suo Signore, quindi si deve occupare nella sua vita, di questa ricerca e di questa conoscenza. Avendo capito che deve cercare Dio, deve capire a questo punto, dove lo deve cercare. Perché noi possiamo anche cercare Dio e cercarLo in modo sbagliato, ad es. io posso credere di trovare Dio, facendo elemosina a destra e a sinistra, oppure rinnegando me sesso, oppure dando il mio corpo a bruciare alle fiamme, oppure posso credere di cercare Dio attraverso filosofie e studi umani.

Ma Dio ci aiuta nella ricerca di Sé.

Prima di tutto però bisogna convincerci che dobbiamo cercare Dio. Convinti di questo, Dio ci aiuta a capire “dove” lo dobbiamo cercare affinché lo possiamo trovare. Però siccome tutti i doni di Dio non sono mai atti magici, ma richiedono sempre la nostra partecipazione consapevole, ecco che Dio parla a noi, per farci convinti (Dio ci convince se noi siamo in ascolto) della ricerca che dobbiamo fare, del luogo dove dobbiamo farla e del come  dobbiamo farla, in modo da poter arrivare.

Quindi se noi restiamo in ascolto di Dio, Dio opera in tutto per portarci verso quel luogo in cui Lui può dire, non più a parole: “Sono Io che parlo con te”. Allora lì capiamo che è sempre stato Lui a parlare con noi, anche prima, e che ci educava, magari quando noi  Lo cercavamo, e ci bastonava per farci capire che non dovevamo cercare altro ma Lui. Quando Lo cercavamo ci correggeva per dirci: “Guarda che mi cerchi, ma mi cerchi in modo sbagliato, Io sono vicino a te e tu mi cerchi lontano”. Quando magari Lo cerchiamo dove è, ci corregge ancora, perché non Lo cerchiamo come deve essere cercato; oppure non entriamo in quel silenzio che è necessario per trovarLo. Dio continuamente opera a livelli diversi, a seconda di come ci troviamo noi, per cui ci troviamo sempre con questo parlare personale per noi, perché Dio parla personalmente per noi. Noi possiamo non cercarlo; possiamo cercarlo e non cercarlo dove Lui è; possiamo cercarlo dove Lui è, ma non cercarlo come Lui deve essere cercato. E così Dio ci educa, ci accompagna, poco per volta, fino ad arrivare a quella scoperta che è inizio di vita eterna, che è nascita, vera nascita: dove nasce il nostro io nuovo, nasce l’uomo nuovo della Parola Eterna di Dio.

Qui abbiamo il funzionario che nasce dalla Parola che Dio gli ha detto: va tuo figlio vive, ma c’è una ben altra grande parola che Dio vuole dirci: quella è soltanto un segno della vera Parola che Lui vuole dirci: è la Parola che nasce eternamente dal Padre, che nasce continuamente dal Padre: il Figlio, il Verbo suo, rivelazione della sua Presenza. Quindi tutto è una significazione di quella vera grande Parola che soltanto quando riceveremo ci darà la possibilità di nascere: ecco, l’uomo nuovo, l’uomo che nasce da Dio; non più l’uomo che va verso Dio, ma l’uomo che nasce da Dio, un io nuovo.

In questo funzionario abbiamo significata questa nascita nuova, perché egli è arrivato a Gesù come uomo vecchio, motivato dalla morte: (e arriviamo tutti al Cristo motivati dalla morte; il preannuncio già del Cristo: “La gente, il popolo, che siede all’ombra della morte”: ecco il Cristo che viene; viene per soccorrere appunto questa gente che siede all’ombra della morte: siamo tutti lì, dominati dalla preoccupazione, dal tempo che passa, dalla morte che viene: Dio viene in questo mondo di morte per portarci alla vita). Così troviamo questo funzionario che in un primo tempo, uomo vecchio, va al Cristo, sospinto dalla morte.

E nel secondo tempo, uomo che nasce dalla Parola di Dio: prima era motivato dalla morte; adesso è motivato dalla Parola di Dio: tuo figlio vive, và: significazione di quella vera nascita alla quale è chiamato ogni uomo: vi è così un primo tempo in cui l’uomo vecchio ascende sotto la sollecitazione di Dio e le prove della vita, fino ad incontrare la presenza di Dio (rivelazione): qui nasce l’uomo nuovo che in tutto si lascia guidare dallo Spirito di Dio, dalla presenza di Dio. Ora Dio è sempre presente, non più lontano.

Pinuccia: (continuazione della lettura dei riassunti)

Dio è Spirito e va cercato nello Spirito, quindi dentro di noi. E qui dentro di noi, superato il pensiero di noi stessi e di tutto il mondo relativo all’io, in questo silenzio di tutto, si trova Dio. Quando si tocca il nostro nulla, si esperimenta il Tutto di Dio.

È l’essenza di Dio che mi fa intuire che Dio è in un luogo: perché Dio non si identifica con nessuna creatura, né con una nostra immagine, o sentimento o ragionamento o pensiero: Lui non è lì, perché sono tutte cose create.

Ecco perché Dio lo si trova solo in Dio. Ecco quindi la necessità del silenzio di tutto che precede la scoperta di Dio.

Luigi: Già si intravede quello di cui si parlò prima: il prezzo da pagare: il silenzio di tutto. Per cui quando mi si dicesse: “Guarda che Dio è questo tavolo”. No, sono convintissimo che Dio non è questo tavolo. Come si è formata questa convinzione che Dio non è questo tavolo? È Dio che mi ha già convinto che non si può identificare con il tavolo. Cioè mi convince di un passaggio: “Non cercarmi nel tavolo perché io non sono un tavolo”. Quindi nella nostra vita Dio forma in noi la convinzione di ciò che Egli è, per cui riconosciamo ciò che Egli non è. È Dio che parla con noi e poco per volta ci fa capire che Lui non è quello, né quell’atro. E chi è?

È Dio che parlando in noi, purifica la nostra anima, i nostri pensieri, fino a condurci a identificare ciò che Egli è, e il luogo in cui Lui va cercato, perché Lui si trova solo lì: “Quindi non cercarmi nelle cose materiali, non identificarmi con le creature, non identificarmi coi tuoi pensieri, né con le tue regole di vita; cercami più avanti, sempre più avanti”, e poco per volta ci purifica e ci orienta fino a portarci nel suo Cielo, dove Egli è. Ora tutta questa purificazione, è prezzo da pagare, perché noi ci leghiamo ad ogni cosa che tocchiamo, per cui ci riesce faticoso, partire, andare oltre, lasciare quella cosa per occuparci, per cercare altro. Noi vorremmo sempre stare con quella cosa, con quella creatura, con quella regola di vita che ci siamo formati; è il prezzo da pagare: ecco la difficoltà. C’è sempre in tutto, il nostro io che entra a far parte di ciò che tocca. Hai toccato questo? Non lo vuoi più lasciare. Di qui il prezzo da pagare, perché devi andare oltre. La vita sta in questa capacità di pagare questo prezzo per arrivare a questa essenzialità in cui si ritroverà tutto.

Pinuccia: È il credere sulla Parola, il partire sulla Parola?

Luigi : Sì, è il partire sulla Parola, perché è partendo sulla Parola, che si diventa figli della Parola: cioè è la Parola che ci rende capaci di accogliere i doni di Dio. Dio parlando forma in noi l’orecchio, cioè l’anima capace di accogliere i suoi doni. Più accogliamo i suoi doni, e più i suoi doni ci rendono capaci di doni successivi fino al dono essenziale della sua Presenza.

La rivelazione della sua Presenza è difficile per noi, perché per noi sono presenti le cose, le creature: noi riteniamo presenti le cose che sono relative al nostro io.

La scoperta della Presenza dello Spirito come noi vediamo le altre presenze, (e più ancora, perché la Sua Presenza è più efficace), a noi riesce difficile; il giorno però in cui la scopriamo, tutto si semplifica. È Dio che ci conduce qui, per cui mentre viviamo con altre presenze, Dio ci convince che tutte queste durano poco, e noi non possiamo far consistere la nostra vita in esse perché certamente domani ci deludono, domani cambiano, ecc.. C’è una dinamica in tutte queste opere che tendono a convogliarci verso la vera presenza spirituale. Questa a noi è difficile cogliere, perché richiede il superamento dell’ io, il silenzio di tutto. Cosa molto difficile, perché noi naturalmente pensiamo sempre a noi stessi, riferiamo tutto a noi, e ci riesce difficile superare noi stessi. Il giorno invece in cui (anche le lezioni stesse della vita poco per volta ci educano a questo), mettiamo Dio prima di tutto, al di sopra del pensiero del nostro io, (e quindi Dio ci rende capaci di accogliere il dono della sua Presenza), allora comincia una grande gioia per noi, e quello che prima era faticoso, diventa sorgente di grande gioia, perché si è scoperta la Presenza di Dio.

Mentre prima Dio era per noi un Assente, di cui tutto parlava, ma che noi non vedevamo, ora in tutto c’è Lui. Tutto parla a noi di Dio, ma noi non vediamo Dio, per cui per noi Dio è l’Assente.

Dopo quella scoperta Dio è il Presente, il Presente che dà valore a tutte le cose. Allora ecco la gioia, perché tutte le cose ci confermano questa presenza. Allora non c’è più fatica di vivere in un’Assenza.

Pinuccia: (continuazione lettura) Il luogo di Dio è il suo stesso Spirito, il suo Pensiero, il suo Verbo. Per questo ci dice: “Dove Io sono, voi non potete venire”, ed è logico, perché è solo nel Pensiero di Dio che noi troviamo Dio.

Luigi: Quindi diciamo che è il Verbo di Dio che parlando a noi ci conduce al Verbo di Dio. È ascoltando Dio che siamo condotto al luogo in cui Dio rivela la sua Presenza. Ma dobbiamo giungere a quel luogo non per iniziativa nostra, ma per ascolto della Parola di Dio. È ascoltando la Parola di Dio che la Parola di Dio a poco per volta ci conduce lì. Per cui se noi seguiamo il Vangelo fedelmente, troveremo la Parola stessa di Gesù, Verbo di Dio, che ci conduce in questo silenzio del Padre. È seguendo la Parola di Dio, che noi siamo condotti alla scoperta di questa Presenza. Non è che dipenda da noi, per cui se dicessimo: “Adesso vado a casa, mi metto in questo silenzio e trovo Dio”; no, tu ti metti in questo silenzio e ti accorgi che trovi niente, oppure sei invaso dal mondo. No, è la Parola di Dio che ci conduce, e ci deve condurre fino a questo silenzio, e a questa rivelazione che trovi come dono della Parola di Dio.

Pinuccia: (continuazione lettura) Finché non si forma in noi questo silenzio, non si scopre la presenza di Dio: trovarlo in tutto è una conseguenza dell’averlo già trovato. Cerca Dio dove Egli è, nel suo Pensiero, e allora lo troverai in tutto. È “Dio” come motivo di vita , che ci fa trovare Dio. (Tema del motivo: cfr. il servitore che va a Gesù con un motivo e torna con un altro motivo). C’è un passaggio da fare: il silenzio di tutto, per scoprire la presenza di Dio.

Luigi: Per questo anche qui: noi non vediamo Dio, perché Dio è presenza spirituale, e soltanto se siamo motivati da Dio, possiamo vederla.

Così questo funzionario, ubbidendo alla parola di Dio, comincia a vedere il Regno di Dio. Ubbidendo alla Parola di Dio. È l’ubbidienza che ci porta alla visione. Ecco perché bisogna “fare Dio”. Quel servo che riceve il perdono, soltanto perdonando al suo debitore, diventa capace di vedere il Regno di Dio, perché la visione delle cose dello Spirito presuppone in noi la fede nello Spirito. Soltanto facendo secondo lo Spirito, noi vediamo le cose dello Spirito.

Per cui se noi operiamo secondo il mondo, ce lo sogniamo di veder il Regno di Dio; non lo vedremo mai! Ma se noi operiamo secondo la Parola di Dio noi cominciamo a vedere il Regno di Dio, perché la visione, è una conseguenza di una Presenza in noi: la presenza che è adesione allo Spirito di Dio.

Aderendo allo Spirito di Dio, vivendo secondo lo Spirito di Dio, noi cominciamo a vedere lo Spirito di Dio. Se invece aderiamo allo spirito del mondo, lo Spirito di Dio opera sempre e in tutto, ma noi non Lo possiamo vedere.

Se per esempio uno avesse il proposito di partire con il treno e invece Dio volesse altro, egli vedrebbe solo questo suo proposito: partire col treno.

Tutto il resto che Dio gli presentasse per impedirgli di partire col treno, egli lo vedrebbe solo come in ostacolo; quindi non vedrebbe il positivo del Regno di Dio, ma solo l’ostacolo all’intenzione che ha. Soltanto se uno ha l’intenzione secondo la Volontà di Dio, secondo la Parola di Dio, allora incomincia a vedere tutte le cose, secondo il Regno di Dio, come opera di Dio.

Pinuccia: Però se uno pensa che è secondo Dio prendere il treno?

Luigi: Allora tutto coopera per farglielo prendere.

Pinuccia: Oppure può anche essere una correzione, se arriva qualche impedimento, che gli fa capire che si era sbagliato.

Luigi: Ma allora è sempre disponibile. Vivere nel Regno di Dio, vuol dire riconoscere sempre che l’opera, l’iniziativa è di Dio, e chi opera è Dio. Bisogna imparare a convivere con la Verità di Dio, e questo vuol dire stare sempre attenti all’avviso: guarda che il Padrone è Lui, il Creatore è Lui, l’Operatore è Lui.

Quindi rispetta sempre la sua iniziativa in tutto.

Anche nella vita eterna dovrai sempre rispettare l’iniziativa di Dio, per cui il Creatore è sempre Lui, Colui che parla è sempre Lui.

Se è Lui che parla, io posso anche sbagliare nell’ intendere in buona fede; ma se sono in buona fede, non ho difficoltà a cambiare. Io ho difficoltà a cambiare quando non sono in buona fede, cioè quando c’è il pensiero del mio io al centro: allora il mio io mi irrigidisce: io voglio questo.

Ad esempio voglio ricevere un certo dono, e mi irrigidisce su quello. Magari mi possono offrire mille doni; li rifiuto tutti, perché voglio quello.

La pretesa ci rende ciechi. Questo ci fa capire come ci sia tanta cecità tra noi nel mondo, perché nel pensiero dell’io noi ci irrigidiamo e non siamo più disponibili per altro.

Allora se anche crediamo in Dio, noi tendiamo a strumentalizzare Dio, a metterlo a servizio del nostro proposito. Invece no, nella vita eterna, nella vita vera, l’anima è disposta in modo tutto diverso. L’anima non vuole niente, perché se Dio non parla, l’anima non vuole niente. È Dio che deve far nascere, che vuol far nascere nella sua creatura il volere e il fare: è Dio che la muove. La creatura nel Regno di Dio non  vuole niente: se Dio non parla la creatura è in situazione di riposo. Dio semina i suoi desideri, Dio semina la sua Volontà, e allora parla, e la creatura si muove.

Muovendosi per la Parola di Dio non è legata all’io, per cui se deve cambiare non fa nessuna difficoltà.

L’anima è perfettamente disponibile a fare ciò che piace a Dio perché non è legata all’io. Ma se invece uno è legato all’io, e si orienta a fare una cosa, anche magari per fare la Volontà di Dio, ma si irrigidisce, allora fa come Giona che quando Dio gli cambia le carte si offende: “E io che figura ci faccio io? Cosa dicono gli altri? Io mi ero avviato in questo proposito, avevo quest’ intenzione, orientato la mia vita e adesso devo cambiare? Che figura ci faccio?”. Ecco, l’io si irrigidisce e non vuole cambiare. È l’io che si sostituisce a Dio , l’io quando pensa a se stesso si irrigidisce, non vuole cambiare, perché vuole fare la figura di Dio. No, tu sei creatura.

E noi non ci accorgiamo che facciamo molto più bella figura a cambiare che a irrigidirci, perché irrigidendoci, mentre crediamo di fare la figura di Dio, facciamo la figura sciocca, perché gli altri sanno perfettamente che noi non siamo Dio, ma creature.

Invece la creatura povera dice: “Ecco, finora ho fatto così ed ora sono disposta a cambiare”; qui si vede l’umiltà, la povertà; è la grandezza della creatura, perché la creatura è tanto più grande quanto più rispetta e magnifica il suo Signore. Allora i valori sono a posto e la creatura diventa grande; perché noi diventiamo grandi nella misura in cui possiamo glorificare Dio, rispettare Dio in tutto.

Perché noi siamo destinati a diventare Pensiero di Dio. Più possiamo parlare di Dio, pensare a Dio, glorificare Dio, e più veramente diventiamo ciò cui Dio ci ha chiamati ad essere. Invece una persona che glorifichi se stessa: diventa ridicola agli occhi di tutti. E come mai? Eppure parla di sé, glorifica sé, esalta sé..

Ecco la differenza, i veri valori. La persona che parla di Dio, glorifica Dio, e ignora se stessa, ha in Dio la sua grandezza: è Dio che la fa grande. La Madonna: “L’anima mia magnifica il Signore”: ecco la vera grandezza della creatura. La Madonna è veramente la figura esemplare di ogni creatura, per cui ognuno di noi dovrebbe poter dire in ogni istante: “L’anima mia magnifica il Signore”: è lì la vera grandezza. Ed è anche la vera liberazione. Potessimo dire in ogni cosa: “L’anima mia magnifica il Signore”, saremmo liberi, perché chi ci incatena è il pensiero dell’io, che ci fa dire: “Ma qui che figura ci faccio, il mondo, gli altri, cosa diranno”. Qui la nostra libertà è perduta: siamo in piene catene.

Pinuccia: È solo lo Spirito che ci fa liberi?

Luigi: Sì, è solo lo Spirito che ci fa liberi.

Debortoli: Dobbiamo essere consapevoli della nostra missione, perché Dio ci ha creati e allora dobbiamo sapere che cosa ci vuol far fare.

Luigi: Bisogna essere consapevoli del nostro destino: Dio ci ha destinati a conoscerlo. Che cosa facciamo noi ogni giorno per conoscerlo? Perché se so di essere destinato a diventare re, ad esempio, già dall’infanzia mi preparo a diventare re e mi si educa a diventare re. Ma tu uomo sei stato destinato a conoscere Dio, e cosa fai ogni giorno per conoscere il tuo Signore?

Se quello è il tuo destino dove stai sprecando la tua vita, i tuoi giorni? Il Signore ci dirà: vedi in che cosa hai sprecato la tua vita? Non lo sapevi che io ti avevo creato per conoscere Me? E perché invece hai consumato la tua vita in altro? Né potremo dire niente a nostra giustificazione perché lo sapevamo, e tutto ce lo diceva, che eravamo stati creati per conoscere Dio.

Debortoli: Possiamo negarlo, ma non ignorarlo.

Luigi: Certo, non possiamo ignorarlo, perché l’annuncio arriva a tutti.

Debortoli: La creatura deve stare in stato di riposo o di attesa?

Luigi: Se Dio non parla, la creatura non fa niente, riposa; perché il figlio non può far nulla se non lo vede fare da Dio.

Pinuccia: Che cosa s’ intende per questo riposo?

Luigi: Non far niente, se non lo si vede fare al Padre

Pinuccia: Ma pensa a Dio.

Luigi: Proprio perché pensa a Dio è in riposo. Se non pensasse a Dio sarebbe in agitazione.

Pinuccia: Ma quando agisce continua a stare in questo riposo?

Luigi: Sì, se agisce per Volontà di Dio.

Rina: Non capisco come Dio intervenga a dire: adesso tu fai questo, tu fai quello?

Luigi: Sì, certo; Dio parla, Dio suggerisce. Se parlano le creature, a maggior ragione parla Dio. Bisogna partire da quanto dice Gesù: “Il Figlio non può far niente so non lo vede fare il Padre”. Tante volte ci immaginiamo Dio come una statua, per cui facciamo lo yoga …. Stiamo fermi a guardare la punta del naso o l’ombelico … No, Dio è un centro di vita, Dio è il Creatore, più noi ci fermiamo a guardarlo, a contemplarlo, e più vediamo tutta la vita che viene da Lui. Dio per poco che ci fermiamo a guardarlo, a pensarlo, già suscita in noi un’infinità di problemi, per esempio.

Rina: Ma nelle cose materiali, di ogni giorno, quelle cose lì ce la vediamo noi.

Luigi: No, Lui entra in tutto e ci modifica tutto, ci modifica il modo di parlare, di pensare, di guardare, di agire, tutto, perché Lui è novità in tutto e non c’è niente in cui si debba dire: questo me lo debbo guardare io. Dio entra in tutto, ci illumina in tutto, ci suggerisce tutto, per cui anche le parole che prima usavo, adesso non le posso più usare, devo usare altre parole, perché Dio parla in modo diverso.

È la condizione per poter restare nel Pensiero di Dio, altrimenti il pensiero di Dio se ne va via da noi.

Se cominciamo ad agire in modo autonomo, perché: “Beh, questa è una piccola cosa, me la faccio da me, mi fa comodo così, ecc..”, questo mi porta via da Dio.

Bisogna poter dire tutte le cose: “ L’anima mia glorifica il Signore”.

Bisogna poter dire: “Faccio questo, perché Dio vuole così”. Possiamo anche sbagliare, ma siamo in buona fede, e allora Dio ci corregge. E ce ne accorgiamo, perché non abbiamo difficoltà a cambiare il nostro proposito o la nostra azione: siamo staccati dll’ io.

Invece se abbiamo difficoltà è perché c’entra il nostro io, ciò vuol dire che non siamo guidati dal pensiero di Dio. Ma siamo guidati dal pensiero di Dio, qualunque cosa, anche mentre la facciamo, se Dio ci corregge, noi siamo disponibili immediatamente a cambiare.

Ora proprio in questa disponibilità a cambiare, si rivela che in noi c’è lo Spirito di Dio che ci guida.

Se in noi c’è difficoltà a cambiare, è segno che il pensiero dell’io ci domina. E Dio ci corregge: “Vedi? Tu credevi di essere con me, invece guarda che difficoltà hai”. Per cui molte volte il Signore ci cambia le carte proprio per farci toccare con mano.

Anche Giuseppe e Maria, creature sante, credevano che Gesù fosse con loro. Ad un certo momento alla sera scoprono che Gesù non è con loro e devono rimangiarsi tre giorni di fatiche.

Rina: Non posso pensare che Maria si sia dimenticata di Gesù.

Luigi: No, ma lei credeva che Gesù fosse col gruppo. Noi molte volte crediamo che Dio sia col nostro gruppo, con la nostra compagnia, col nostro modo di vivere e andiamo avanti tranquilli, perché è la regola, la comunità che ci fa vivere. E diamo per scontato la cosa: Dio è con noi.

Ma una sera, quando magari ci mettiamo lì e chiediamo un po’ di aiuto, un po’ di luce, ci accorgiamo che siamo in piena notte, che Dio non è con noi. Perché Dio non è mai una cosa scontata; Dio richiede sempre il superamento, la presenza del nostro spirito. Dio è Spirito e vuole adoratori in spirito e verità.

Rina: Non è che Lui non sia con noi, siamo noi che non siamo con Lui. E allora anche la Madonna non era con Lui?

Luigi: Anche la Madonna non era con Lui. Ma questo è lezione per noi: non per giudicare la Madonna. Il Signore l’ha fatto accadere, non perché noi giudichiamo Giuseppe e la Madonna, ma per dirci: se anche tu fossi creatura perfetta come la Madonna, sta attento, perché può capitarti questo: ritenere che Lui sia nel gruppo; e te ne vai tranquillo e alla sera tu ti accorgi che Lui non è con te. Ora la grandezza della Madonna e di Giuseppe è questa: quando si accorgono che Gesù non è con loro, non si rassegnano, partono e si danno da fare finché non Lo ritrovano. Noi magari invece ci accorgiamo che Dio non è con noi, ma continuiamo grossolanamente a vivere secondo le nostre abitudini, le nostre regole di vita ecc..

Pinuccia: Se entra in tutto e ci suggerisce tutto, come facciamo a sapere ciò che Lui mi suggerisce? Basta attribuire a Dio il pensiero che vi viene in mente?

Luigi: No, non basta attribuire tutto. Certo, è Lui che ci suggerisce tutto, anche i pensieri che ci vengono in mente, per es. di fare una certa cosa: perché nulla accade senza la Volontà di Dio, quindi se in noi vengono i pensieri è Dio che li manda e dobbiamo rispettarli come mandati da Dio; però tutte le cose che a noi arrivano, come anche le cose che arrivano dall’ esterno, devono essere riportate a Dio se vogliamo capire la volontà di Dio. Es. Se Dio manda un bue: non è che io debba mangiarlo.

Tutte le cose che arrivano, anche i pensieri, devono sempre essere portati da noi in Dio, raccolti in Dio, riferiti a Dio, visti in Dio.

Pinuccia: Allora se non sono in contrasto con Dio, vuol dire che vengono da Dio?

Luigi: Non ci siamo. Tutto viene da Dio, tutto.

Pinuccia:  Ma Dio vuole che non segua ciò che è in contrasto con Lui.

Luigi: Le cose devono essere viste in Dio, altrimenti noi siamo guidati alla cieca: mi viene un pensiero e lo seguo; invece no. Certamente viene da Dio, ma devo valutarlo in Dio: Dio mi chiede la partecipazione consapevole; Dio non opera con noi, come opera con gli animali: agli animali suggerisce l’ istinto, e l’animale deve fare necessariamente ciò che l’istinto gli suggerisce e fa la volontà di Dio; non può farne a meno. Con noi no, con noi Dio ci chiede sempre partecipazione consapevole al Suo Spirito, che è in tutto, ma che non si confonde con niente. Per cui c’è sempre questo lavoro: riceve un dono da Dio, un pensiero: questo lo debbo riportare a Dio, perché si illumini nello Spirito di Dio: è la partecipazione consapevole.

Se noi non riportiamo a Dio, diventiamo degli automi, non dei figli di Dio. Certamente Dio ci corregge sempre se siamo in buona fede. Ma dobbiamo sapere che tutte le cose arrivano a noi da Dio e debbono essere riportate da noi a Dio: è la pioggia che scende dal cielo e che feconda la terra. Se Dio non parla, non ci manda i pensieri, la nostra terra diventa arida, sterile, non produce niente. Così la pioggia; e la pioggia ritorna in cielo, dopo aver fertilizzato la Terra. Quindi la parola di Dio arriva a noi, ci sveglia, ci chiede di essere riportata nel pensiero di Dio, di essere vista in Dio. Vista in Dio, si illumina, ci fa capaci di agire secondo Dio, nello Spirito di Dio; altrimenti noi andiamo alla cieca dietro i nostri sentimenti e desideri: abbandonati ai desideri del nostro cuore. No, lasciati guidare da Dio, portalo a Dio, riferisci a Dio, interroga Dio, guarda Dio.

Pinuccia: E per ottenere la risposta?

Luigi: Più siamo amici di Dio e più questa risposta viene immediata, perché come Dio manda un pensiero subito fa vedere nel suo Pensiero, il Padre fa vedere al Figlio tutto ciò che fa. Se siamo lontani da Dio c’è tanta fatica per capire la volontà di Dio, oppure i pensieri ci paralizzano. Arriva un pensiero e un pensiero è una proposta, ma io non so camminare con questo pensiero, non so riportarlo a Dio, resto bloccato: ecco, è l’uomo paralitico.

Più invece  c’è amicizia con Dio, e più questo lavoro è facilitato: è la tanta amicizia con Dio che ci rende facile vedere le cose con Dio. Per cui più noi sostiamo a riferire tutto a Dio, più raccogliamo in Dio e più Dio ci fa entrare nella sua intimità. Anche le parole stesse di Gesù vanno sempre riportate a Dio, altrimenti leggiamo e interpretiamo materialmente. Il Vangelo dice ad esempio: “Tagliati un braccio!”, “Cavati un occhio!”. Mi taglio un braccio, mi cavo un occhio e che cosa ho risolto? No, il Signore dice: “La carne non giova a niente” e mi corregge: “Le mie parole sono spirito e vita”. Cosa vuol dire? Vuol dire che tutte le sue parole vanno intese nello spirito. E come faccio ad intenderle nello Spirito? Lui mi parla nella carne e anche la carne mi parla di Lui; ma io debbo intendere il suo linguaggio nel suo Spirito. È Dio che illumina le sue parole. Non basta quindi che io riceva le sue parole: bisogna che le sue parole le veda alla sua Presenza, con Lui, perché è Lui che me lo illumina: “Le mie parole sono spirito e vita”. Quindi non dobbiamo agire stoltamente, altrimenti sono la vergine stolta che legge materialmente. Legge: “Corri!” e mi metto a correre. Ma dove vai? Oppure: “Vieni dietro di me”; allora per andare dietro a Lui vado a finire nel deserto, oppure vado in un convento. Ma questo è andare dietro di Lui? Lui non è il convento, Lui non è il deserto. Tu identifichi Lui con quello? No, Lui non è questo. Allora cosa vuol dire andare dietro di Lui? Ecco, che la parola va intesa nello spirito e non materialmente. Tutte le parole di Dio vanno intese spiritualmente non materialmente. Altrimenti  vado a finire sul Monte Bianco e mi fermo lì e sono salvo. Sei stolto, perché le parole di Dio vanno intese nello Spirito di Dio. Gesù stesso dice: “Le mie parole è il Padre che le parla; è sempre il Padre che opera”. Allora la parola non deve intenderla nel pensiero del mio io. Ad esempio se dice: “Ho iniziato l’anno in casa” posso intendere “casa” in senso naturale e in senso spirituale. Se intendo nello spirito di Dio, la casa non è più la casa materiale, è qualcos’altro, è la casa vera, è il Padre; allora ho iniziato l’anno con il Padre.  Così tutte le parole di Dio vanno intese nel pensiero del Padre, quindi spiritualmente. Se io invece le intendo senza riferirle a Dio, le riferisco al mio io. Allora vado sul Monte Bianco, dicendo: lì sono salvo.

Pinuccia: (continuazione lettura riassunto) C’è un passaggio: silenzio di tutto, per scoprire che Dio è il Pensiero di Dio: presenza in noi che non si può più cancellare.

Debortoli: Nel dubbio se sono io o Dio che mi muove, è questione di fede: credere sulla sua parola, poi anche se sbaglio Dio mi corregge, no?

Luigi: Si, Dio ci corregge. Se noi siamo disponibili a cambiare, man mano che Lui ci corregge, vuol dire che non c’è il nostro io in mezzo; se invece noi non siamo disponibili, vuol dire che c’è il nostro in mezzo.

Pinuccia: Noi siamo spettatori delle opere di Dio e Dio ci fa partecipi: questa partecipazione ci fa anche attori?

Luigi: Certo, lo spettatore diventa attore. Però si è sempre spettatori pur essendo attori, e si è veri attori solo se si è spettatori.

Rina: Prima di incontrare Dio, tutto ci allontana da Lui, ma dopo averlo incontrato, tutto coopera.

Luigi: Per questo bisogna mettere prima di tutto la preoccupazione di trovarlo. La vera preoccupazione nostra deve essere questa.

Rina: Trovandolo resta tutto risolto.

Luigi: Si, trovandolo comincia una vita nuova.

De bortoli: Trovarlo vuol dire sentire spiritualmente la sua presenza?

Luigi: Ma sia chiaro che non è un sentimento. La vera preoccupazione di vita è trovare, non sentire, perché Dio non è un sentimento.



Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Terzo tema.


Titolo: L’ora settima: l’ora in cui Gesu aveva parlato.

Argomenti: La sorgente della vita. L'ora in cui Dio parla. L’approvazione dell’universo. La nascita da Dio è continua. La caratteristica della Parola. Le contraddizioni. Il posto dell’io. La responsabilità della risposta alla parola di Dio. Sollecitati dalla paura o dalla carità. La stanza vuota. Figli delle nostre opere. Il rischio di credere alla parola di Dio. Il sette. Pecore del mondo o di Dio.


 

15/Gennaio/1978


Introduzione di Luigi Bracco:

Sentiremo i riassunti degli argomenti precedenti approfondendo questo “tempo”, questa “ora precisa” che determinò la guarigione del figlio di quel funzionario.

“Ieri alla settima ora la febbre lo lasciò”. Ed era quella l'ora in cui Gesù aveva parlato.

Intanto possiamo notare subito due argomenti:

-                       1) La sorgente della vita: questo passo ci fa capire che la vita ci viene dalla Parola di Dio. Già nelle tentazioni Gesù aveva detto: “Ogni uomo vive di ogni parola che procede dalla bocca di Dio”. Se l'uomo trova la vita nella parola di Dio, fintanto che si appoggia alle parole degli uomini (e quindi anche alle parole del proprio io), trova la morte. Ci fa capire che se la vita viene a noi nel momento che Dio ha parlato a noi, è per evidenziarci che fintanto che Dio non parla a noi, cioè fintanto che noi ascoltiamo altri parlare, non viene in noi la vita, ma cresce in noi la morte.

-                       2) L'ora in cui Dio parla: come può essere che ci sia un’ora in cui Dio parla? Dio è Colui che opera in tutto, è Colui che parla in tutto, e se parla in tutto, parla sempre; ma il fatto che Lui parli sempre, è in contrapposizione al fatto che ci sia un’ora in cui Egli parli. Eppure è detto: “All’ora settima la febbre lo lasciò”, cioè all’ora in cui Gesù aveva parlato.

Ci aiuta a capire questo la parola stessa di Gesù che ci dice: “I figli di Dio, cioè coloro che sono nati da Dio, ascoltano le parole di Dio”. Questo ci fa capire che fintanto che non siamo da Dio, non ascoltiamo le parole di Dio.

Allora notiamo questa contrapposizione nella nostra vita:

-                       Dio che parla in tutto e quindi parla sempre;

-                       noi che non ascoltiamo mai Lui parlare;

-                       noi ascoltiamo parlare le creature, ma non udiamo il parlare di Dio;

-                       Dio parla in tutto e noi non lo sentiamo parlare in niente.

Evidentemente da questa contrapposizione deve scaturire ad un certo momento un punto di contatto, quella è l'ora in cui Dio parla.

Qual è questo punto in cui noi udiamo Dio parlare?

La vita viene in noi non dal fatto che Dio che parli, ma dal fatto che noi udiamo Dio parlare.

Esempio del pane e della fame: la vita viene in noi non dal fatto che c'è il pane, ma in quanto il pane si incontra con la nostra fame, cioè da questo punto di incontro del pane con la nostra fame. Se il pane non si incontra con noi, non è che l'esistenza del pane dia a noi la vita.

La vita arriva a noi dal punto di incontro del pane con la nostra fame.

Tra il pane e la fame c'è la stessa contrapposizione tra:

-                       il Dio che parla in tutto (il pane),

-                       e noi che non Lo riceviamo in niente (la fame);

bisogna che la fame si incontri con il pane.

Qual è questo punto di incontro tra il pane e la fame? Cosa si presuppone?

Perché noi possiamo vivere con tutta la nostra fame, senza mai incontrare il pane?

Ad esempio se la tazza del thè è piena, per quanto si versi, non riceve più. Così: fintanto che la nostra vita è piena del pensiero del nostro io, abbiamo la tazza piena. Se la tazza è piena, non si può versare altro. Anzi: siccome Dio parla in tutto, tutto ciò che Egli versa in noi, si spande fuori di noi, ma non entra in noi.

Ora, la Parola di Dio reca a noi vita, in quanto entra in noi.

Ma quand’è che la Parola di Dio entra in noi e noi ascoltiamo la Parola di Dio? Quando viene questo “tempo”, quest’ora in cui Dio parla a noi Lo udiamo?

Sentiamo i riassunti alla luce di questa domanda:

Pinuccia: Lettura riassunti Domenica 20/XI (presso la Sig. De Bortoli): La realtà della presenza di Dio in noi, ci sollecita ad un incontro personale a tu per tu con Lui, “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: dacci ogni giorno una tua Parola che ci serva di nutrimento e riempia il nostro giorno.

Domenica 27/ XI (presso la Sig. De Bortoli ):

Tutte le creature ci sollecitano ad un rapporto personale con Dio per ascoltare da Lui quella Parola che nessuna creatura può dire. La vita vera in noi nasce da questo rapporto personale e intimo con Dio, in cui non c’è interposta nessuna creatura (è il silenzio di tutta la creazione).

Luigi: Ecco che è venuta fuori la risposta alla domanda posta.

Pinuccia: (continuaz. Lettura riassunti ): Dio parla in tutto e tutto ciò che fa ha un significato per noi, cioè lo fa per modificare il nostro rapporto diretto con Lui, cioè il nostro pensiero.

Se comprendiamo la lezione, muta l’ambiente intorno a noi. Per questo Gesù, ci dice: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù “.

Quanto accade fuori (fosse anche un virus, un ragno, ecc.) è in relazione con il nostro rapporto con Dio.

Luigi: Cioè, Dio parla in tutto, in ciò che a noi fa piacere e in ciò che a noi dispiace; anzi, soprattutto in quello che a noi dispiace, perché in quello che fa piacere a noi, Dio non ci modifica perché ci sentiamo approvati. Non è che Dio ci disapprovi sempre in tutto (anche questo funzionario qui è stato approvato sulla via del ritorno) perché quando si crede alla Parola, si cammina sulla Parola, si nasce dalla Parola, le cose intorno incominciano ad approvarci. Quando invece camminiamo su altre parole, le cose intorno a noi incominciano a fare resistenza, a contraddirci, la nostra vita diventa sempre più difficile, l’ambiente, ecc., ma è sempre Parola di Dio, per avvisarci che non nasciamo dalla sua parola, che in noi operano altre parole e che quindi siamo sulla strada sbagliata. Invece per poco che cominciamo a camminare secondo la Parola di Dio che abbiamo ascoltato, subito Dio manda dei servi a confrontarci, a confermarci che siamo sulla strada buona, prima ancora di arrivare a vedere (quel funzionario non era ancora arrivato a toccare con mano che suo figlio veramente viveva, ma già per la strada incontrò i servi che gli confermarono quello che gli aveva detto Gesù).

Per cui ubbidendo alla Parola di Dio, cominciamo a vedere le testimonianze del Regno di Dio, cioè cominciamo a vedere il Regno di Dio intorno a noi.

Invece, vivendo secondo altre parole, assolutamente, non lo possiamo vedere, però subiamo i conflitti, le contraddizioni, gli urti di un mondo in conflitto, ed è Dio che non ci approva.

Ines: Questi urti sono determinati dalla bontà del Signore?

Luigi: Sì, tutto. Però siccome Dio è un Infinito che ci chiama al suo Infinito, ci sollecita continuamente a superarci. Noi siamo instabili, allora la stabilità di Dio ci chiama a diventare stabili nel suo Verbo,come Lui è stabile. Noi siamo incapaci di restare fermi, di restare fedeli, stabili in un unico pensiero, siamo continuamente in balia di tanti pensieri (ce ne accorgiamo quando vogliamo raccoglierci un pochino). Eppure siamo chiamati a diventare eternamente stabili in un unico pensiero, perché è nel Pensiero di Dio che siamo chiamati a vivere e a vedere tutte le cose, quindi siamo chiamati a questa stabilità in Dio, fermi in Dio. L’infinito ci chiama alla sua vita infinita, a questa partecipazione infinita della sua Verità, e noi, dato che partiamo dal nulla, cominciamo ad ascoltare qualche sua parola; Lui ci approva su questo, però essendo questo solo un trattino, ci sollecita a fare passi ulteriori, a superarci, a superare la nostra mentalità, per aprire sempre di più la nostra anima, la nostra mente a quella verità eterna che parla in tutto e che è presente in tutto.

E qui cominciamo a percepire come mai la Verità Eterna che parla in tutto, viene percepita  da noi soltanto in un punto. Non riusciamo a percepire il Tutto, perché per percepire in Tutto dovremmo avere le stabilità nella sua Verità in tutto. Invece, data la nostra instabilità, la percepiamo in un punto. Es.: un cerchio ed una retta tangente si toccano in un punto, così la nostra instabilità (curva) si tocca con la retta infinita (Dio) in un punto solo, al massimo; per cui percepiamo solo in quel punto lì la Parola, per noi; ma Lui parla in tutto, parla eternamente. Man mano che noi cresciamo, la Parola ci sollecita continuamente, dandoci delle lezioni che non ci approvano, che ci mettono in difficoltà. Ora, noi di fronte a queste lezioni possiamo aderire o respingere. Le respingiamo attribuendole alla creatura e quindi non vediamo Dio: scarichiamo su altri e non riceviamo la lezione su di noi, e allora la lezione di Dio è perduta. Se invece noi l’accettiamo da Dio, non la scarichiamo più sulla creatura: la lezione è per me. E allora questo crea una modifica, anche se non capisco ancora, ma per il semplice fatto che aderisco, l’accolgo, la lascio entrare in me (es. Pietro che si lascia lavare i piedi dal Signore anche se non capisce), già questo opera in noi una purificazione e una trasformazione. Dio opera per trasformare noi: quindi amplia la nostra mente, il nostro cuore ad intendere parole, lezioni successive.

Più noi aderiamo, più Dio opera su di noi, fino ad aprirci l’animo al suo Infinito, fino a farci diventare infiniti come Lui è Infinito, (cioè a sviluppare la nostra curva, il nostro cerchio, in una retta infinita, in modo da combaciare con la sua retta).

Ines: Chi ha già camminato più con il Signore dovrebbe essere più stabile?

Luigi: Sì, più stiamo col Signore, più diventiamo stabili.

Ines: A me pare sempre di dover ricominciare.

Luigi: Certo, l’inizio della vita sta nel ricominciare sempre, nel tornare sempre al Principio, perché è il Principio che ci fa nascere alla vita vera.

Ma è proprio questo suo parer sempre di ricominciare che ci raccoglie in una cosa sola e ci rende stabili. La retta è fatta di molti punti ed in ogni punto c’è il principio. Più noi ricominciamo, cioè più noi ci ricolleghiamo sempre con Dio, da Dio, più costruiamo in noi la fedeltà.

Ed è vita nuova, perché Dio è sempre per noi vita nuova, e ci sembra sempre di ricominciare. Cioè non c’è una nascita da Dio una volta tanto, come c’è una nascita qui in terra. La nascita da Dio è continua, perché Dio ci chiede continuamente il superamento di noi stessi, perché Lui non è mai noi ed eternamente non sarà mai noi, per quanto facciamo una cosa sola con Lui, perché noi possiamo fare una cosa sola, senza essere mai Lui, cioè le nostre persone non si confondono.

In Dio stesso c’è un Essere solo, ma in Tre Persone. Vede che può esserci distinzione di persone in un Essere solo. Noi siamo chiamati a fare una cosa sola con Dio, ma le persone non si confondono.

Cosa vuol dire che non si confondono le persone?

Vuol dire che noi siamo chiamati continuamente a superare noi stessi e a glorificare Dio, e viviamo nella misura in cui glorifichiamo Dio, magnifichiamo Dio, pensiamo a Dio, parliamo di Dio.

E questo è una nascita continua.

Ines: Ammesso che siamo aperti.

Luigi: Certo, perché chi ci fa nascere è la Parola di Dio. Se non siamo aperti ad essa non nasciamo.

Questa non è una nascita una volta tanto, ma una nascita continua, eterna: “Oggi io ti ho generato”.

Quest’oggi è un oggi eterno. In Dio non c’è il prima o dopo: in Dio c’è l’oggi: “Oggi ti ho generato”. Ed è quest’oggi qui che diventa eterno.

Per cui in continuazione noi incominciamo e concludiamo in Dio. Tutta la nostra vita già qui dovrebbe essere sempre un superare noi stessi, nascere da Dio e riportare a Dio, concludere in Dio.

Allora Dio diventa in continuazione il nostro Principio e il nostro fine, in continuazione.

R: E questo riportare è lodare?

Luigi: Sì, lodare e glorificare, perché noi non possiamo sinceramente e onestamente lodare e glorificare Dio se non riportiamo ogni cosa a Dio per riconoscerla dipendente da Lui; se no sarebbe come violinare una creatura perché mi fa un piacere, ma non son convinto che quella creatura veramente valga, e allora abbiamo una lode recitata. La lode a Dio non è mettersi lì a recitare salmi dal mattino alla sera, dire a parole: ecco io lodo Dio. La lode a Dio consiste proprio nel riconoscere, quindi è un atto intellettuale, un atto spirituale. Se no, sarebbe recitazione.

Dio non chiede che ci mettiamo a cantare a Lui dal mattino alla sera. Soprattutto Dio vuole essere conosciuto. Noi possiamo ad esempio a parole glorificare Dio (possiamo anche bestemmiarlo a parole), possiamo anche lodarlo, ma a parole, e il nostro cuore essere altrove. Ma quand’è che il nostro cuore è altrove? Il nostro cuore è sempre altrove se noi non siamo convinti di quello che diciamo con le parole. Ma per essere convinti dobbiamo averlo veduto altrimenti non siamo convinti e diciamo una cosa fasulla. Non posso parlare di una cosa che non ho mai visto, se no recito. Il Signore non accetta di essere glorificato dai demoni. Il Signore ci chiede la convinzione.

Chi ci convince è Lui, chi ci fa vedere è Lui.

Per arrivare a vedere, dobbiamo credere alla Sua Parola; credendo alla sua parola, Lui ci conduce a vedere: vedendo, si glorifica. Uno non può glorificare se non vede. Avendo veduto, ha glorificato. Ma come ha fatto arrivare a vedere? Ha creduto.

Per credere, bisogna aderire alla Parola. La Parola di Dio bussa alla porta nostra in continuazione, perché tutto è opera di Dio, Dio parla in tutto.

Se parla in tutto, allora la Parola di Dio non è mai la parola dell’uomo, degli altri o nostra: Dio non si confonde mai: “Tu solo hai parole di vita eterna”. Quindi Dio si distingue sempre dalla creatura, in tutto. La Parola di Dio non si confonde mai con la parola che diciamo noi o con la parola che dicono gli uomini. Allora, la sua parola, che è in tutto, in continuazione bussa alla nostra porta e ci sollecita ad aderire a quella parola.

Ma per aderire noi dobbiamo superare la nostra mentalità, quello che dicono gli altri, quello che fa piacere a noi, il giudizio degli altri, la moda, le abitudini, ecc.: è tutto un mondo da superare in continuazione: il mondo del nostro io e anche il mondo dell’io, degli altri. Per cui, se noi assumiamo come criterio di verità le parole degli altri, il giudizio degli altri, noi siamo chiusi alla parola di Dio, perché al nostro criterio di Verità deve essere la Parola di Dio, non quello che dicono gli altri non è mai la parola di Dio

Ora, la Parola di Dio bussa alla nostra porta,in continuazione: se noi aderiamo a questa parola, questa parola c’impegna ad un superamento, c’impegna allora a camminare per credere quello che Lui ci annuncia. Perché la parola in quanto giunge a noi ci annuncia qualche cosa che ancora non vediamo. Gesù che lava i piedi a Pietro fa una cosa – e anche questo è parola – che Pietro non capisce, a cui però deve credere, aderire, deve accogliere, lasciar fare. Quando si dice credere, credere vuol dire accogliere tutte le parole che giungono a noi, tutti i fatti che giungono a noi, perché in tutti i fatti Dio parla. Vuol dire aderire, quindi non rifiutare, non respingere, non dire: son gli uomini, no, perché in tutto quello che arriva a te c’è la parola di Dio. Però quella parola di Dio non è quello che dicono gli uomini, sia ben chiaro, o che fa piacere a te.

No, ti annuncia una cosa che ancora non vedi.

Ecco, la parola di Dio ha questa caratteristica, che in quanto parte da Uno che è superiore a noi, dice a noi cose che ancora non capiamo e che ancora non vediamo, ma che ce le promette perché ce le annuncia. La parola di Dio è una promessa, è una promessa di una cosa che ancora non vedo, ma che Lui vuol farmi vedere. Allora se noi crediamo, aderiamo a questa parola, ci impegniamo con la fede e la speranza, di arrivare a vedere quello che Lui ci promette  facendoci giungere questa parola. Se ci impegniamo, ecco, che ad un certo momento Lui ci illumina su la Verità che Lui ci ha detto. Come vediamo la Verità, glorifichiamo perché vedendo, si glorifica : ecco la lode a Dio.  E la vera vita sta in questo.

E più noi entriamo nella vita, cioè più noi glorifichiamo Dio, e più abbiamo la possibilità di fermarci con Dio. La lode a Dio è un fermarci con Dio, perché è un estendere, parlare di, ma parlando restiamo. Ecco allora che la nostra capacità di restare con Dio si amplia, si allunga, diventiamo più fermi, più stabili. E quindi, chi ci rende stabili, è Lui col suo parlare.

È la sua Parola che dà vita a noi. Dare vita è dare la possibilità di restare in comunione con Lui. La vita viene dalla comunione con la sua Verità, con Lui. Ma se io dico una cosa e subito vedo la contraddizione, una cosa contraria, io non posso più restare in questa cosa qui: la cosa contraria me la porta via.

Noi nel pensiero del nostro io stiamo andando verso una contraddizione continua, per cui non potremo restare in niente. Il demonio è stato definito come colui che non trova pace in nessun luogo, che non può restare in nessun luogo: né in cielo, né in terra. Perché? Perché come mette piede in una cosa subito è contraddetto dall’altra.

Ora, queste contraddizioni noi le portiamo in noi stessi, nel pensiero del nostro io, nel pensiero degli uomini, delle parole e opere degli uomini. E allora ci avviciniamo verso la morte.

La morte è poi in questa dispersione, questa incapacità di restare in, per cui come sentiamo in una cosa, subito abbiamo già immediatamente la contraddizione, anche semplicemente come pensiero dentro di noi. Ma quando uno sosta in una cosa, in un pensiero magari, e subito è contraddetto da altro, non può più restare né nell’uno né nell’altro, e allora abbiamo un’instabilità continua; non troviamo un luogo di pace: la pace è in Dio. Ma noi entriamo in questa pace nella misura in cui aderiamo alla Parola di Dio. Aderiamo alla Parola di Dio, vediamo ed è una visione che non è contraddetta, perché ubbidendo alla Parola di Dio, troviamo le conferme: tutto diventa Regno di Dio. E se tutto diventa Regno di Dio; tutte le creature ci confermano.

Invece lontani da Dio, se noi cerchiamo la vita nelle creature, nelle cose, nel mondo, nel denaro, ecc.; abbiamo tutte le creature che ci contraddicono, dicendoci: no, noi non siamo Dio.

E se io scambio una creatura per Dio, per l’Assoluto e pretendo quindi che quella creatura sia assoluta, la creatura stessa scappa, dicendo: “Io non posso essere Dio, non posso essere perfetto come tu vuoi che io sia, perché tu vuoi  che io sia Dio, non posso essere assoluta e immutabile come tu vuoi che io sia assoluta e immutabile”.

E allora, di lì tutte le difficoltà della nostra vita: le angosce, le paure, ecc., perché ci siamo abbarbicati ad una cosa che si sta sciogliendo.

Se io andando in montagna mi afferro ad una radice, ad un filo d’erba, il filo d’erba cede, la radice cede ed io precipito giù. Ecco, l’angoscia.

Ma noi nella nostra vita continuamente ci afferriamo, salendo su di una montagna, a delle radici, a dei fili d’erba che sono fragili e si staccano.

Di fronte a questa minaccia, ecco la paura e l’angoscia, perché noi abbiamo bisogno di un sostegno in continuazione. E ci afferriamo alla creatura e la creatura viene meno, e ci afferriamo al denaro e il denaro viene meno, e ci afferriamo ad una nazione e la nazione viene meno, e tutto ci contraddice, anche la scienza stessa ad un certo momento muta, per cui non c’è luogo “ubi consistam”, su cui io possa mettere piede e fermarmi: è la lezione di Dio in tutte le creature attraverso le quali ci dice: “Noi non siamo quello che tu cerchi, noi non siamo Dio, cerca più in su, alza gli occhi, Dio è Spirito, Dio non si confonde con nessuna creatura”.

Ines: Ma il nostro io è una creatura buona di per sé, no?

Luigi: Certo, ma va tenuto al suo posto. Il nostro io come creatura va sempre mantenuta unita a Dio, cioè Dio è il primo, il nostro io dopo. Il nostro io come tutte le creature, va sempre mantenuto in subordinazione a Dio: Dio è il primo, noi veniamo dopo; Dio è il Creatore, io debbo nascere da Lui; Dio è il Maestro, io debbo essere il discepolo. Allora l’io è buono, come discepolo.

Cioè deve stare al suo posto. E stare al suo posto vuol dire che non deve essere mai al centro dei nostri pensieri, il punto fisso di riferimento.

Se io determino la mia vita in base a: questo mi piace, quello non mi piace; questo è simpatico, quello è antipatico, faccio le mie scelte in base ai miei sentimenti, allora il punto fisso di riferimento è il mio io, e sfaso tutto.

Il nostro io invece non deve essere al centro dei nostri pensieri e dei nostri riferimenti, deve essere in periferia, allora è al posto suo.

Al centro dei nostri pensieri ci deve essere Dio.

Dio è il centro. Allora tutte le cose che arrivano a noi, non le dobbiamo fermare alle nostre impressioni, cioè non dobbiamo lasciarci guidare dalle nostre impressioni, dai nostri sentimenti, ma dobbiamo andare oltre.

Come tutte le creature dicono a noi “noi non siamo il tuo Dio”, anche il nostro io, creatura, dice a noi : “io non sono Dio, e allora non fermarti a me, non prendere le lezioni da me, da quello che io ti dico di sentire”. Infatti il mio io dice: “io  sento questo”, ma io non lo debbo udire, debbo andare oltre, debbo cercare presso Dio.

È la lezione del piede pestato: la reazione dell’io è subito questa: ripagare chi mi ha pestato un piede con la stessa moneta; fare le guerra all’altro, perché l’altro la fa me. No, vai oltre, il tuo io sente questo, ma tu và oltre, non ti devi lasciar guidare dall’io, ma da Dio.

“Ma Dio non Lo vedo”. Ecco, appunto: supera te stesso, supera le tue avversioni. Il nostro io si ferma alle impressioni, ai sentimenti, alle intuizioni, al mi piace o non mi piace; no, va oltre, non lasciarti guidare da questo, devi arrivare all’anima.

Come nel nostro vivere quotidiano, noi diciamo: non dobbiamo lasciarci guidare dalle impressioni, ma dobbiamo sempre subordinare ogni nostra scelta, ogni nostra azione al pensiero, alla ragione, per cui in ogni cosa se non pensiamo, sbagliato:come mai, se in ogni cosa se noi non pensiamo sbagliamo? Vuol dire che noi possiamo agire senza pensare;  e quante volte noi agiamo senza pensare! Vede che c’è allora un’azione che è una risposta ad uno stimolo: noi rispondiamo per sentimento, ecc., rispondiamo così, ma non abbiamo pensato, allora sbagliamo. E allora, come nella nostra vita bisogna sempre subordinare tutte le nostre impressioni alla riflessione, al pensiero (e questo è una lezione, una significazione) perché se noi vogliamo risolvere un problema senza pensare, certamente noi sbagliamo, così è per la nostra vita dello spirito. E come mai noi sbagliamo se non pensiamo?

Vuol dire che la luce ci viene dal pensiero: il pensiero è una fatica, però bisogna pensare. 

Così è lo stesso: in tutte le cose che arrivano a te, non fermarti alle tue impressioni, va all’anima, va al pensiero. Ma il Pensiero del nostro pensiero è Dio. È Lui che illumina, perché il nostro pensiero da solo è come i nostri occhi: i nostri occhi da soli non vedono, hanno bisogno della luce: e il nostro pensiero, la nostra ragione anche, da sola è cieca: ha bisogno della luce.

E la luce del nostro pensiero è Dio.  E allora va oltre, cerca presso Dio.

E come faccio a trovare Dio?

Tu non potresti trovare Dio, se Dio non abitasse in te. Ecco, è Dio che per primo parla, è Dio che per primo si dona e, in quanto si dona, dà a te la possibilità di pensarlo. E se dà a te la possibilità di pensarlo, non trascurarlo, perché Dio è con te, Dio parla in tutto. Se parla, ti dà la possibilità di ascoltarlo, quindi non trascurarlo, perché se lo trascuri, nasce la colpa.

Se Dio non parlasse, noi non saremmo in colpa, ma in quanto parla, ecco noi siamo in colpa se non ascoltiamo Lui. Perché Lui ha parlato, la sua parola è data: per questo, se noi non ascoltiamo nasce la colpa.

La colpa viene dal rispondere: l’uomo invitato diventa responsabile. La responsabilità nasce in quanto uno mi ha interrogato, Uno ha parlato a me .

Noi possiamo anche rifiutare, respingere Dio, ma non possiamo ignorarlo; noi possiamo anche dirci atei (ateo vuol dire: rifiuto Dio): lo rifiuto ma non posso ignorarlo. Perché non posso ignorarlo? Perché la Parola mi è giunta. Quando camminando per la strada vedo un cane, il cane lo vedo, gli posso dare un calcio, lo posso subito dimenticare, però l’ho visto. Se qualcuno mi chiede se l’ho visto, posso negarlo, però non lo posso ignorare: l’ho visto. Le cose entrano in noi.

Così in tutte le cose c’è la Parola di Dio.

Ma la parola di Dio è più forte di noi, ed essendo più forte, come si annuncia, ci rende responsabili: non possiamo dire di non averla udita.

E quando nel giudizio, Dio ci dirà: “Io ti avevo parlato”, noi non lo potremo negare: “È vero, Tu mi avevi parlato”.

Noi non possiamo dire: “non è vero”; a parole sì lo possiamo dire. Cioè abbiamo una dualità in noi : abbiamo la possibilità di dire a parole: no; ma in coscienza non possiamo dire no, ma: sì; la nostra coscienza dice: “sì, tu sei un bugiardo, perché a parole tu dici una cosa, mentre tu sai che l’hai visto”.

Ecco, la parola di Dio arriva a noi, anche senza di noi (“ Verrà l’ora in cui anche nei vostri sepolcri udirete la Parola di Dio”), e si fa sentire da noi, anche nel nostro io.

Adesso qui viene la responsabilità, la risposta: possiamo credere (aderire) o possiamo rifiutare; ma anche rifiutandola, non possiamo negare di averla udita. La rifiutiamo, però l’abbiamo udita.

“Quante volte Gerusalemme, Gerusalemme, ho cercato di riunirti, e tu non hai visto”: ma Lui è venuto.

Quindi Dio entra nella nostra vita, Dio parla: questo è l’inizio, la nascita, la nascita nuova della creatura nuova.

Prima nasciamo per opera d’altri sulla terra, qui non nasciamo più per opera d’altri. Qui nasciamo in quanto aderiamo alla parola di Dio e qui comincia la nostra vera vita personale, perché ci assumiamo su di noi questa responsabilità: è un’adesione. Senza di noi, non nasciamo.

Nella nostra vita terrena, noi ci troviamo in una continua sollecitazione da parte di Dio a questa nascita personale. Ecco perché con Dio la vita è personale, non è di gruppo, non è di massa, non è di società: essa richiede questa adesione che è una adesione personale. Se noi aderiamo, allora ci impegniamo a camminare sulla parola di Dio: siamo nati dalla parola di Dio. È la parola  di Dio che fa nascere. Cfr.: confronto tra il funzionario che arriva a Gesù e il funzionario che parte da Gesù. Il funzionario quando arriva a Gesù, arriva motivato dal figlio che sta morendo, sollecitato dalla morte, preoccupato dalla vita che viene meno.

Noi arriviamo a Gesù (perché Gesù arriva a noi) sollecitati dalla nostra vita che viene meno, perché  è sempre un morire continuo, quindi siamo motivati dalla morte. Così arriviamo a Gesù.

Gesù parla. Se noi crediamo alla Parola di Dio, allora iniziamo una vita nuova, motivata dalla Parola di Dio.

Il  funzionario nel ritorno, non è più motivato dalla morte; ritorna al figlio, a casa sua, sulla parola di Dio: “Và tuo figlio vive”. Lui credette è andò. Qual è il motivo che lo spinge adesso ad andare? La parola di Dio. Ecco qui abbiamo la creatura nuova; la creatura è nata dalla Parola di Dio.

Nella nostra vita succede questo. Prima nella nostra vita terrena, tutte le nostre preoccupazioni, tutte le nostre ansie, fatiche, il nostro lavorare, le nostre tribolazioni, sono tutte determinate dal pensiero della vita che viene meno, dalla morte crescente; quindi abbiamo paura di perdere questo o quello, di perdere la salute, e allora ci assicuriamo con le mutue, le medicine, ecc.: abbiamo paura che ci mancano gli affetti, abbiamo paura di restare allo sbaraglio, allora ci assicuriamo una casa; cerchiamo il denaro per renderci al sicuro: è sempre tutto un correre, perché siamo sollecitati da una paura: ecco, qui non siamo nella vita.

Nella vita dello spirito, non siamo più sollecitati dalla paura, ma dalla carità, dall’amore, dalla conoscenza di Dio . Allora qui abbiamo la Verità di Dio che ci fa vivere. Nella Verità di Dio non si cammina più nella paura, anzi si loda Dio in tutto, si glorifica Dio in tutto perché c’è sovrabbondanza di vita, c’è pienezza di vita con Dio, c’è gioia, come dice Gesù: “Chiedete e vi sarà dato, affinché vi sia in voi pienezza di gioia”.

Di lì viene la lode a Dio, la glorificazione di Dio perché  si vede il Regno di Dio, si constata il Regno di Dio.

Prima non lo vediamo, ma vediamo altri regni: vediamo che domina il denaro, dominano gli uomini, dominano le passioni del mondo e siamo tutti in balia di questo.

In questo caos la Parola di Dio si annuncia: se noi aderiamo alla Parola di Dio, ecco, allora seguendola, Dio ci conduce a vedere in tutte le cose il suo Regno, anche in quello che prima noi dicevamo caos, ecc., era tutto opera di Dio che opera a livelli diversi, disegni suoi, per sollecitare le creature alla vera nascita, a nascere personalmente. È un po’ come il sole che opera sulla massa d’acqua sul mare, ed è tutta una tribolazione di queste molecole d’acqua ( anche se noi non la vediamo ) perché sollecitate dal calore dalla luce del sole, sono richiamate dalla profondità in cui si trovano, poco per volta ad arrivare alla superficie, e come arrivano alla superficie diventano vapore e vanno in cielo.

È tutta la sollecitazione dalla luce e dal calore del sole.

Così anche noi siamo in questo mare, in cui tutto si agita, le onde, ecc., e siamo in balia di tutto: però c’è la luce di Dio che penetra e riscalda, e man mano che riscalda ci porta su dall’abisso, dalla profondità in cui ci troviamo, fino ad arrivare a poco per volta alla superficie, a quell’orrizzonte in cui, ecco, le molecole, diventano vapore: abbiamo il cambiamento di stato: abbiamo la nascita della creatura nuova.

P: (continuazione della lettura dei riassunti). Ricerca della parola che dà vita: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cioè: dacci oggi una parola che fa vivere.

(Arrivo di Cina, quindi breve riepilogo dell’argomento trattato):

Luigi: L’argomento di stasera è: l’ora in cui Gesù parla. Perché la vita viene dalla parola di Dio.

Qual è quest’ora in cui Gesù parla? Il figlio di quel funzionario cominciò a star nell’ora in cui Gesù aveva parlato. Cioè qual è l’ora in qui Gesù parla alla nostra vita?

Perché è in quest’ora che cominciamo a guarire, a stare meglio.

Qual è quest’ora?

Pinuccia: L’ora settima

Cina: Non è sempre? Solo di qualche volta?

Luigi: Dio parla sempre, perché parla in tutto, noi però lo sentiamo mai, sentiamo parlare tutt’altro. E qui Gesù lo conferma perché dice: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; per questo voi non ascoltate, perché non siete  da Dio”.

Quindi fintanto che noi non siamo da Dio non ascoltiamo le parole di Dio.

Eppure Lui parla, parla in tutto, ma noi non sentiamo, non ascoltiamo, noi vediamo altri, sentiamo altri, attribuiamo le parole, ma non a Dio. Allora, tra il tutto di Dio e il niente nostro, c’è un certo momento in cui c’è un passaggio in questo momento del passaggio c’è il punto, l’ora in cui Dio parla a noi: si tratta ora di approfondire quand’è che si realizza quest’ora.

Sentiamo gli appunti alla luce di questo.

Pinuccia: (continuaz. lettura): Dovremmo invocare ogni mattino il pane del giorno che ci dia nella giornata la possibilità di pensare a Lui, che ci aiuti a pensare a Lui, perché i nostri pensieri sono sempre disorientati, in balìa del mondo.

Allora invochiamo che ci faccia incontrare una sua parola che ci serva di sostegno e di guida per tutti i nostri pensieri durante la giornata: invocarla, specialmente il mattino: “Dacci oggi una parola, il pane quotidiano”, perché se la stanza è vuota viene occupata dal demonio.

Bisogna allora invocare questa parola, perché la nostra stanza sia occupata da un pensiero di Dio.

Parlando Dio ci fa pensare a qualcosa. Se pensiamo a qualcosa è perché Dio parla a noi.

Ci lega attraverso tutte le sue parole.

Abbiamo bisogno di restare uniti a Dio, ma non siamo noi che restiamo a Lui, ma è la Sua Parola che ci tiene uniti a sé. Il grave è quando attribuiamo qualcosa non a Lui, ma a noi o ad altri, a colpe nostre o di altri, e allora questo diventa un motivo di disunione. La colpa sta proprio in questa dimenticanza di Dio.

Non dovremmo mai uscire di casa, incominciare a lavorare, camminare, prima di aver invocato e trovato quella parola che è bene per la nostra giornata; cioè riempirci di calore dentro per non subire il freddo fuori. Allora la stanza interiore è piena, e anche se usciamo fuori nessuno ci potrà distogliere. Bisogna preoccuparci di averla e non avventurarci prima di averla trovata.

Luigi: Cioè, non dobbiamo avventurarci nelle cose del mondo se non abbiamo riempito prima la nostra anima del pane di Dio, cioè di una parola di Dio.

E questo tutti i giorni: perché se noi ci avventuriamo con la stanza vuota, immediatamente entra il mondo con gli argomenti suoi. E noi non abbiamo in noi la forza per resistere, e rimaniamo preda.

Es. una persona che cammini per via Roma senza sapere dove andare: tutto l’attrae, tutto la distrae, tutto la disperde: si ferma a tutte le vetrine; è sbandata, non sa dove andare. Se invece noi partiamo di casa con uno scopo ben preciso, passiamo davanti alle vetrine, incontriamo le persone, ecc., ma non ci fermiamo. E più siamo preoccupati (per es. come quando si ha una persona molto cara ammalata ) e maggiormente noi, pur passando in mezzo a tante cose, stiamo liberi, camminiamo liberi.

Questa libertà da tutte le pressioni, da tutte le cose intorno a noi è determinata da quello che portiamo dentro di noi.

Se noi dentro siamo vuoti, siamo in balia di tutto quello che accade intorno a noi e allora non viviamo, siamo lacerati, portati via da tutti, dispersi. Dobbiamo allora preoccuparci di questo: dovremmo sempre interrogarci prima ancora di avviarci nel mondo, un momento: ho qualcosa dentro o sono vuoto? Se sono vuoto allora è fatale che la mia giornata passerà a vuoto, lacerata da tutto e alla sera mi troverò morto e con grande fatica a ricostruire.

Allora l’importante è partire chiedendoci questo: ho trovato il pane per oggi? Cioè la mia anima è piena di un pensiero, di una parola di Dio che mi occupi, che mi impegni, che mi dia vita?

Allora qualunque cosa accada noi lo osserviamo sotto un certo angolo di luce della parola di Dio, allora le cose arrivano, ma ho questo pensiero e le vedo sotto questo; e allora la cosa non può far male, perché non c’è nulla che faccia male.

Le cose fanno male in quanto noi ci siamo già fatti male da soli, ci siamo fatti male nei riguardi di Dio, ci siam privati. Essendoci privati della vita, tutte le cose ci portano via la vita.

Nel mondo biologico ci sono degli insetti che hanno lo scopo di distruggere quello che è morto: sono i necrofori. Per cui un insetto quando muore, ci sono questi altri che hanno lo scopo di compierne il funerale, cioè di distruggerlo, di disperderlo. E così tutte le cose, cioè tutto il mondo fa male a chi già sì è fatto male.

Ma chi invece ha introdotto Dio in sé, ha la vita in sé, tutte le cose lo aiutano a vivere, non gli fanno male, anzi lo aiutano, lo sollecitano a vivere di più. Ci aiutano a restare maggiormente in Dio.

Perché invece noi troviamo tanta difficoltà a restare in Dio? È perché abbiamo già seminato in noi il distacco da Dio, e allora tutte le cose ci rendono instabili, ci portano via, e noi ci lamentiamo di tutte le cose di fuori, che ci troviamo in un ambiente difficile, ecc.. Ma il Signore ci farà capire un giorno: “No guarda, le cose di fuori non ti portavano mica via, perché se tu dentro fossi stato con me, tutte le cose ti avrebbero aiutato a restare in me, ti avrebbero legato di più anziché portati via”.

E noi non avremo nemmeno la soddisfazione di poterci giustificare: ma io mi sono trovato in un ambiente difficile che mi portava via. No, niente ci potrà giustificare, e d’altronde è logico.

Rina: Uniti a Dio tutto coopera, lontano da Dio tutto ci porta via.

Luigi: Tutto distrugge, tutto disperde, tutto nuoce.

E nuoce appunto per farci toccare con mano che noi non siamo con Dio; è la morte crescente ed è ancora un’ opera di misericordia da parte di Dio che ci avvisa: tu ti credi vivo, ma guarda che sei morto, affinché tu faccia in fretta a recuperare la vita.

S. Giovanni nell’Apocalisse che scrive al Vescovo di Laodicea: “Tu ti credi ricco e forte, ma guarda che invece sei misero, sei morto, sei povero“. “Quindi fa in fretta a recuperare”.

Son parole di Dio, son lezioni.

Tu ti credi vivo, no, guarda, sta attento, e allora ecco che il Signore ce lo dice a fatti (poiché Dio parla con i fatti) che ci lacerano, ci disperdono, ci rendono invasi (campi d’invasione di tutte le cose): è il Signore che ci dice: guarda che stai morendo, affrettati, non perdere tempo.

È opera di misericordia di Dio, poiché Dio parla in tutto.

Pinuccia: (continuaz. lettura ): Preoccuparci allora di avere ogni mattina una parola di eternità che ci riempia la giornata, per cui noi camminiamo, per cui noi camminiamo presi da questa parola, da questo amore, da questo pensiero, in modo da udire Dio che ci dice in ogni cosa, anche in malattia, ecc.. : “Sono Io che parlo con te”.

E nessuno può smentirlo, perché tutto è opera di Dio. Dovremmo poter dire in ogni cosa, in tutto: “Sei Tu, sei Tu”.

È necessario molto tempo e disponibilità per sentire tanto parlare di Dio, non stancarci mai di parlare di Dio e fermarci molto tempo per assimilarlo.

“Io sono Colui che parlo con te” e ci assicura che ci condurrà a questo, in quanto si annuncia.

Per cui Gesù ci dice: “Entra nella tua stanza e lì nel segreto invoca il Padre tuo”, anche per fede, anche se non lo vedi, perché la fede ti dice che è presente.

Dal momento che non posso smentirlo, per fede mi devo raccogliere in Lui anche se non lo vedo, perché Lui è presente.

Quindi far tacere le altre voci per ascoltare la Sua parola. Più l’ascolto, più mi parla, più mi convince, più mi lega, più mi svela il suo Volto: Si scopre il Tu che ci libera, anche se avviene nella fede, perché è Lui che ci dice che è presente. Lui non ha difficoltà a rivelarci la sua presenza, perché è già presente, ma è la nostra distrazione e superficialità che ci impedisce di coglierla. Abbiamo l’occhio malato. Si scopre la sua presenza quando Lui fa suo il nostro pensiero.

La condizione  per arrivare qui è l’ ascolto, come la Samaritana che fu condotta a questa rivelazione: “Sono Io che parlo con te”, perché rimase nell’ascolto. Dobbiamo rimanere nell’ascolto sempre. E Gesù ci promette: “Dove sono Io sarete anche voi”. È Lui che ci riferisce e che ci fa sognare di restare lì, ci dà la nostalgia di permanere, di realizzare una vita con Lui.

Continuazione riassunto 27/XI/77: Tutto è opera angelica per portarci a questo rapporto personale con Dio, ma non è detto che noi arriviamo a questo rapporto personale, perché nulla avviene per automatismo: ci vuole la partecipazione personale, adesione libera nostra personale.

Però questo rapporto personale si realizza solo nel silenzio di tutto, nel silenzio totale di tutto ciò che non è Dio. Quindi non solo dobbiamo parlare di noi agli altri, ma neppure dobbiamo parlare di noi a noi stessi, perché nessuna creatura si può mettere in mezzo tra noi a Dio.

La salvezza appunto sta in questo rapporto personale, non di massa; se non avviene questo, la creazione, che è tutta opera angelica, fallisce, e tutte le creature ci rimprovereranno.

Noi non cercando Dio tradiamo tutta la creazione.

Fintanto che non entriamo in questo rapporto personale ci allontaniamo da Dio, sperimentando il caos e la schiavitù. La vita, l’ io nuovo nasce da questo rapporto personale. E ciò che Dio ci dice in questo rapporto, nessuna creatura ce lo può dire. Tutto ci convoglia lì. Però per entrare in questo rapporto è necessario il superamento dell’ io. Ci vuole la fede e ci vuole anche un aiuto, una sollecitazione che può venire dalle creature o anche dal dolore come è avvenuto per questo funzionario che aveva la fede ma è stato sospinto dal dolore (dal figlio ammalato) a cercare questo rapporto con Gesù, questo incontro.

Anche lui “aveva sentito dire” (ecco l’opera angelica ) ed era andato, aveva cercato questo rapporto personale.

Questo rapporto personale all’inizio si realizza nella fede, per giungere alla conoscenza della visione.

La partenza è per fede; l’arrivo è conoscenza.

Ci vuole la fame e il dono. La fame è la capacità di assimilare il dono. Ma per arrivare ad assimilare il dono bisogna arrivare a selezionare tutte le nostre fami fino ad arrivare ad avere solo fame di quello. Cfr.: le nozze di Cana: prima Gesù era uno fra tanti e l’opera di Dio è stata quella di rivolgere l’attenzione di tutti solo più di Lui.

È lo stesso processo della vita che è selezionatore di interessi, ma l’ importante è arrivare s Dio non obbligati dagli avvenimenti, ma per desiderio nostro, perché allora l’anima sarà preparata per accogliere Dio.

È la vita stessa, cioè Dio, che ci incarica di selezionare i nostri interessi, ma se aderiamo noi stessi a questa delezione, o se li selezioniamo noi, allora il nostro animo è preparato all’incontro. Perché se noi non vogliamo entrare in questo rapporto personale, Dio non ce lo impone. Ci offre la vita, ce la propone, ma non ci obbliga.

Una volta iniziato questo rapporto, non può più venir meno, perché si scopre una cosa talmente importante che non si può più lasciare: si capisce che tutto era in funzione di quello.

Ora se la vita viene da Dio, non possiamo attingerla dalle altre cose, da ciò che non è Dio.

Guardiamo a Maria che dice: “Si faccia di me secondo la tua Parola”. Questo lo può dire nel silenzio di tutto ciò che non è Dio.

Si erano letti i riassunti degli argomenti precedenti (la necessità di riportare i doni a Dio).

Poi si parlò sul problema posto da Eligio:

-                       Perché costa così tanto il superamento dell’ io?

-                       La sofferenza viene dal fatto che l’io ha già stabilito le sue aderenze.

Eligio: È già una buona risposta. La rinuncia non è rinuncia, ma è lasciare un meno per aderire ad un più.

Pinuccia: (continuazione lettura) Ma perché c’è la sofferenza per superare l’io, se Dio ha fatto le cose bene? All’inizio non era così.

Eligio: Perché non abbiamo la visione né conoscenza di quello che è il più che noi troviamo abbandonando l’io.

Pinuccia: (continuaz. lettura) Si, però all’inizio, nel pensiero di Dio il superamento dell’io non era una sofferenza; non sarebbe così se non fosse avvenuta la tragedia, cioè quando Adamo prese coscienza di sé, si rese autonomo da Dio: non riferendo più il suo io a Dio (l’io era stato creato nel pensiero di Dio), incominciarono le aderenze errate. È lo staccarci da queste aderenze che provoca la sofferenza, perché di per sé, il superamento dell’io dovrebbe essere gioia; perciò è facile amare Dio quando non ci sono aderenze.

Luigi: Si, ma è anche giusto il fatto che noi non vediamo ancora: questo è sofferenza.

Si tratta di partire verso una cosa che ancora non vediamo.

Pinuccia: Però Adamo soffriva anche se non vedeva?

Lui alla sera conversava con Dio.

Luigi: No, li non c’era sofferenza. La sofferenza viene col peccato. Il peccato è un atto di autonomia, cioè ha dato luogo a qualche cosa senza riferirlo a Dio, cioè nel pensiero dell’io. Questo basta. Come nasciamo da noi stessi, incomincia subito la morte ad operare in noi e quindi ecco questa tribolazione, la fatica. Infatti il Signore maledice tutta la terra in conseguenza del peccato di Adamo: “Ti produrrà triboli e spine”.

Che cos’è questo? “Tutti gli avvenimenti, tutte le cose saranno per te motivo di sofferenza, di tribolazione, di fatica”. Ecco la fatica dell’ uomo, in conseguenza di questo.

Basta una parola sola, un pensiero solo di autonomia, non riferito, non raccolto in Dio che un fiume, un’onda ci trascina lontano, chissà dove. Ecco, tutta la tribolazione che si scatena in noi per farci ricuperare.

È la giornata di lontananza di Giuseppe e di Maria da Gesù: per una giornata di cammino di allontanamento da Gesù si son dovuti rimangiare tre giorni di tribolazione: Ecco, è la terra che produce triboli e spine, perché non ti sei accorto che Gesù non era con te; ti sei fidato del gruppo, della massa, credendo che Gesù fosse lì, e invece Gesù non c’era, e poi hai tribolato per tre giorni. È tutto lezione per dirci: sta attento a non lasciar partire nulla, né una parola, nè un pensiero da te.

Perché prima di dirlo noi siamo padroni di quello, ma come l’abbiamo detto immediatamente quello ci porta via se non è secondo Dio e ci porta lontano, perché noi diventiamo figli delle nostre opere. Fintanto che noi abbiamo fatto una cosa noi siamo liberi verso quella cosa; ma dal momento che l’ abbiamo fatta, siamo legati e se non subentra la grazia di Dio, una grazia potente, noi non ci liberiamo più. Lo esperimentiamo in tutte le cose: es. il fumare: fintanto che uno non ha fumato è libero dal fumare o non fumare; ma dal momento che ha incominciato non è più libero, o almeno c’è una fatica grande da fare, perché c’è la componente dell’ io. Fintanto che non tocco questa cosa qui, io sono libera verso di essa, ma se la tocco o la sposto sono già legato e se qualcuno me la  vuol riportare altrove sento l’ offesa, doveva chiedermi il permesso perché c’era il mio io dentro.

Il nostro io entra dappertutto.

Se invece questo spostamento l’ho fatto per ubbidire a Dio, per amore a Dio, anche se l’altro me lo sposta altrove, ringrazio e lodo Dio, perché vedo il significato di Dio, e non c’è più l’io che si offende perché l’ ho fatto motivato da Dio. Se invece l’ho fatto motivato dal mio io, se l’ altro interviene senza chiedere il permesso, cioè senza subordinarsi al mio io, il mio io si sente offeso. Ecco come restiamo legati alle cose.

Allora è una grande liberazione imparare a operare, parlare e pensare secondo Dio, perché per quanto subentrino gli altri, il nostro io non sente difficoltà, anzi lascia benissimo operare l’ altro, perché nell’ altro vede la mano do Dio, l’opera di Dio, poiché Dio è in tutto.

E così se Dio ci fa maturare, in quanto noi accettiamo la presenza di Dio, noi mutiamo con facilità; ma se invece la cosa parte dal nostro io, noi ci irrigidiamo, non vogliamo mutare. Es. di Giona che si offende, non vuole che l’avvenimento sia diverso da come lui l’ha profetato, perché “Che figura ci faccio io?”. C’è l’io in mezzo.

Invece se uno ha profetato, ha parlato per amor di Dio, e Dio adesso perdona alla città, e quindi smentisce la profezia, ma sia lodato il Signore! Il Signore ha perdonato! Il Signore ha dato vita, non ha distrutto, per cui Dio ha adoperato me per non distruggere quella città.

Non c’è più l’io in mezzo, ma c’è tutta una partecipazione alla gloria di Dio. Avviene proprio tutto un capovolgimento, e allora c’è la gioia; ecco c’è la lode a Dio in tutto.

Importante è sempre questo collegamento, questo partire da Dio e operare sempre secondo Dio.

L’uomo non deve mai staccare, mai separare, mai disunire, ciò che viene da Dio. Se lo disunisce diventa figlio di questa disunione, e allora soffre le pene dell’ inferno, perché deve essere smentito, provato col fuoco.

Eligio: Io ho pensato ad un altro significato della settima ora: penso che sia quell’ora in cui per l’uomo crolla tutto il mondo. C’è un silenzio delle creature che è determinato da un orientamento dell’anima a Dio e c’è un silenzio che ad certo punto si impone, come la Verità si impone, malgrado l’ uomo non voglia.

Ora noi, dopo aver fatto molto affidamento sul mondo, vediamo il mondo venir meno, siamo nell’anticamera di questa settima ora, per cui non trovando più l’appiglio alle creature che ci hanno sostenuti fino a quel momento, invochiamo Dio: “Vieni, mio figlio muore”.

Questo funzionario, il paralitico, ecc., saranno andati da Gesù dopo aver certamente tentato tutti gli altri medici.

Luigi: Certo, Marco lo dice apertamente riguardo a quella donna che perdeva sangue: aveva speso tutto quanto aveva con i medici, anzi era peggiorata. Luca che era medico, non dice che era peggiorata. Marco che era più libero lo dice: “Aveva speso tutto il suo con i medici, e non soltanto non aveva ottenuto giovamento, ma era peggiorata” .

Uno prova tutte le creature ….

Eligio: A questo punto l’opera di salvezza del Signore mette in crisi la creatura: tronca il rapporto che ha col mondo e le fa vedere che questo rapporto è inconsistente, non lo libera e non lo salva. E qui entriamo nella settima ora, cioè nel rivolgimento dell’attenzione ad una forza diversa ed è l’incontro con Gesù.

Beati quelli, come gli apostoli, per i quali la settima ora è un desiderio di Verità! Incontrano la Parola di Dio, incontrano Gesù ed aderiscono,senza essere spinti da delusioni per il crollo del loro mondo.

Luigi: Si, aderiscono prima che il mondo crolli.

Eligio: Sono andati per amore della Verità, ed è una scelta più pura.

Luigi: Si, bisogna volere morire a noi stessi e a tutti i nostri interessi nel mondo prima di morire; bisogna imparare a morire prima di morire.

Eligio: Prima però di arrivare a sperimentare quello che Gesù o la parola di Dio, può avere di valore per noi nella vita, dobbiamo passare attraverso la delusione e la sperimentazione del nulla delle creature, la morte: questo funzionario arriva perché gli sta morendo il figlio. Sarebbe ottimo se noi andassimo direttamente perché dovremmo scorgere nella Parola di Dio il valore massimo, da cui tutti gli altri valori traggono significato e senso di orientamento per noi verso la parola  e verso la rivelazione di Dio.

Ecco, in questo senso io pensavo al significato della settima ora, cioè il momento in cui entriamo in crisi nei confronti del mondo: si spezza questo legame e la creatura si trova sola, per cui: o Dio o la disperazione.

Luigi: D’altronde abbiamo detto: Dio parla in tutto, perché tutto è opera di Dio e quindi parla sempre. La totalità di spazio diventa anche una continuità di parlare: Dio parla sempre, perché parla in tutto. Ma noi non lo sentiamo mai, perché sentiamo le creature e vediamo le creature. Come mai questo? Abbiamo fatto l’esempio della tazza di thè piena, per quanto noi versiamo, non riceve più a se continuiamo a versare si spande per terra. Ecco. È evidente allora il fatto che se Dio parla in tutto e noi non Lo riceviamo in niente, è perché la nostra tazza è piena. E cos’è che riempie la nostra tazza? È il pensiero del nostro io. Noi siamo pieni del pensiero del nostro io  e questa pienezza ci impedisce di ricevere la pienezza di Dio. E allora tutta l’opera di Dio si versa fuori, ed ecco allora tutto l’universo, tutte le creature, tutti gli avvenimenti rimangono tutti fuori di noi.

C’è il fuori e il dentro.

Dovrebbe essere tutto dentro. Nell’eternità è tutto dentro, non è niente fuori. Qui invece abbiamo tutto fuori, perché abbiamo il nostro io che riempie già tutto nella nostra vita.

Ecco allora si arriva a “quest’ora” in cui Dio opera per deluderci, per svuotare questa tazza, in modo da renderla capace di accogliere quello che Lui deve versare dentro.

Soltanto quindi nello svuotamento di questa tazza interiore del pensiero del nostro io e di tutto quello che si riferisce al nostro io, noi siamo fatti capaci di sentire la Parola di Dio.

E noi lo vediamo che Gesù ha operato con quel funzionario lo svuotamento, perché il funzionario è arrivato a Gesù e gli chiede la guarigione del figlio: lui è pieno del pensiero del suo io, della sua preoccupazione e gli chiede: “Vieni, discendi! A guarire il mio figlio”. Lui voleva che il medico andasse, gli imponesse le mani, lo curasse, cioè aveva fiducia nella presenza del medico col suo figlio, ma Gesù si rifiuta. Noi ci sentiremmo offesi se andando da un professore per una persona ammalata questi si rifiutasse di venirla a visitare.

Vedi che ci svuota?

E dice: “Voi se non vedete miracoli e prodigi non credete”. Il funzionario insiste: “Discendi”. E Gesù: “ Và, tuo figlio vive “.

E lì viene la crisi. La Parola che Gesù ha detto ha messo in crisi quell’uomo, in una crisi gravissima, anche se non lo dice. E la crisi è questa: se io parto, se io mi allontano dal medico che mi può curare il figlio, rischio di arrivare a casa e di trovare mio figlio morto, perché Lui non viene con me.

Ecco la crisi in cui Gesù l’ha messo.

Per cui ha dovuto nascere.

Ecco lo svuotamento: l’ha svuotato di tutta la sua fede nella presenza fisica e l’ha aperto alla parola spirituale che può operare : “Và, tuo figlio vive”. Se lui crede alla Parola, va e si allontana dal medico che può salvargli il figlio.

Ma per credere alla Parola rischia di trovare suo figlio morto, perché non ha portato con sé il medico.

È qui che Gesù l’ha aperto alla meraviglia:

La creatura nuova che nasce dalla Parola di Dio si apre alla meraviglia.

La meraviglia è questa: la Parola di Dio opera: opera tra noi ed è presente in noi. E allora la fede diventa gigante: “Credette lui e tutta la sua famiglia”: ecco c’è tutta la sua casa che crede! Abbiamo la creatura nuova che vive.

Quindi per aprirlo ad intendere quella parola, in quell’ora, in quel momento, ha dovuto svuotarlo di tutta la sua fede antica, di tutta la sua mentalità. E l’altro ha accettato.

È Dio che parlando opera, ci svuota, in modo che la nostra tazza diventi capace di accogliere quello che Lui vuole versare.

Ci troviamo come due parallele: le due parallele sono sempre alla stessa distanza e non si possono incontrare: Dio lo troviamo sempre ad una stessa distanza: guardiamo fuori ed è distante, ci raccogliamo dentro ed è distante; è distante sempre. E già, perché siamo su due piani diversi: Dio parla un linguaggio e noi un altro: due rette parallele non s’incontrano mai.

Dio opera per congiungere due rette parallele: punto d’incontro.

(In realtà non esistono due rette parallele che non s’incontrano mai, perché lo spazio è curvo: se si curva tutte le rette s’incontrano).

Dio trova sempre il modo d’incontrarsi con noi: ad es. incatenandoci, facendoci sperimentare il nostro nulla, la morte.

È necessaria la povertà nostra per poterlo incontrare: nel nostro nulla, tocchiamo il Tutto suo, perché ciò che ci impedisce di vederLo è appunto il fatto che attribuiamo qualcosa a noi  o ad altri (e quindi sempre a noi ). Ecco l’importanza di attribuire sempre tutto a Dio, per questo, per incontrarci con Dio ci vuole il Pensiero di Dio = Colui che opera tutto. Quindi non basta l’ascolto, ci vuole il Pensiero di Dio ( e quindi la coscienza del nostro nulla ).

Pinuccia: Bisogna desiderare che questa ora settima diventi un’ora continua? Può essere?

Luigi: Sì, perché l’ora settima è l’ora del riposo del Signore, vita eterna. Nel settimo giorno, Dio entrò nel suo riposo.

Quindi la settima ora diventa vita eterna.

Sette è già simbolo di vita: vita eterna.

Pinuccia: Perché è simbolo di vita eterna?

Luigi: Perché è simbolo di ciò che viene dopo i sei giorni della creazione.

Nel settimo giorno entrò nel suo riposo: dopo aver creato l’uomo.

Cosa vuol dire che Dio entrò nel suo riposo?

Vuol dire che adesso invita l’uomo ad entrare.

Dio ha fatto l’uomo: adesso invita l’uomo ad entrare nella vita di Dio. Dopo averlo fatto, lo invita a superarsi: (ecco, la parola che parla) Dio entra nella sua pace e invita l’uomo ad entrare in quella pace.

Per cui San Paolo dice: “Se oggi udirete la sua Parola affrettatevi ad entrare nella sua pace”.

Affrettatevi, perché la Parola di Dio vi sollecita ad entrare nella pace, che è vita eterna, per cui la settima ora diventa eternità.

È una settima ora che non è più seguita da altre ore. Ma per giungere a quest’ora, bisogna far tacere tutto di noi, anche ogni pretesa, bisogna svuotare il nostro io di tutto; e in quel silenzio di tutto che è poi simbolo della vita eterna, sorge quell’ora in cui il Padre rivela la sua presenza e il Verbo, la nascita del Figlio in noi. La nascita eterna, presuppone la mezz’ora di silenzio di tutto l’universo, di tutta la creazione, di cui parla l’Apocalisse; che è poi il silenzio di tutto di noi, di tutta la creazione e quindi anche del nostro io.

È nel silenzio di tutto che si rivela a noi il Tutto.

Pinuccia: Quindi l’ora settima coincide con quest’incontro personale?

Luigi: Sì. Per cui, noi eravamo in difficoltà: Dio parlava in tutto, ma noi non Lo sentivamo in niente, perché non eravamo Dio. È soltanto con Dio, quindi avendo Dio in noi,che noi ascoltiamo parlare Dio. Ma se Dio non è in noi, noi non Lo ascoltiamo parlare, perché noi ascoltiamo parlare quello che abbiamo dentro di noi.

“Voi avete altri padri”. Se noi abbiamo il demonio in noi, noi in tutto sentiamo demoni.

Pinuccia: Il demonio è il nostro io al centro?

Luigi: Dice Gesù: “Perché non sopportate le mie parole?” (Sopportare vuol dire: lasciar entrare) “Perché non lasciate entrare in voi le mie parole? Perché voi avete un altro padre”.

E questo ci fa capire che noi possiamo accogliere soltanto le parole del padre “nostro”. Ognuno ha un suo padre. Fintanto che noi non abbiamo Dio come Padre, noi non possiamo accogliere la parola di Dio e allora le critichiamo, le condanniamo, le diciamo pazze, o le interpretiamo secondo il nostro io, ma le possiamo accogliere. Ognuno di noi accoglie solo quelle parole compatibili con ciò da cui nasce. Ognuno nasce dal suo tesoro. Dov’è il tuo tesoro? Se il tuo tesoro è il denaro tu sei il figlio del denaro. Se il tuo tesoro è il mondo tu sei il figlio del mondo, ma né il mondo, né il denaro, né la gloria, né tanto meno il pensiero del proprio io possono accogliere la parola di Dio. Solo con Dio. Solo Dio accoglie parole di Dio. Quindi soltanto se voi siete nati da Dio, potete accogliere le parole di Dio. I nati da Dio, questi sì accolgono tutte le parole di Dio, perché i figli di Dio ascoltano le parole di Dio. “Le mie pecore ascoltano le mie parole”: le mie pecore, anche se sono sperdute, perché possono essere pecore di Dio, ma sperdute nel mondo: pure questo sentono la parola di Dio, “ed io le raccolgo, ecc.” Ma devono essere pecore di Dio.

Ines: Che cosa vuol dire “sperdute nel mondo”?

Luigi: Uno può essere pecora di Dio, cioè avere Dio come tesoro, avere Dio al centro della sua vita però non farcela nel mondo, per cui resta disperso, distratto, soffre, si sente in esilio. Vorrebbe, ma non sa come fare. Ecco, non sappiamo come fare per restare con Colui che amiamo, per cui si sogna la vita secondo Dio, però c’è la sofferenza. La pecora di Dio si distingue in questo: che nelle cose del mondo soffre, non è a casa sua. Se noi siamo pecore del mondo ce ne accorgiamo da questo: che nelle cose del mondo ci troviamo bene, siamo contenti, siamo felici; mentre nelle cose di Dio soffriamo, perché non ci troviamo a casa nostra, le sopportiamo con difficoltà, ci annoiamo, ecc. Se allora noi sopportiamo con difficoltà le cose di Dio e ci troviamo bene nel mondo, vuol dire che noi siamo figli del mondo, pecore del mondo.

Se noi invece amiamo le cose di Dio, desideriamo sentirne parlare e soffriamo nel trovarci nelle cose del mondo vuol dire che noi apparteniamo a Dio (questo è un segno), perché ci troviamo male in altre cose. Qui c’è l’apertura e qui Dio manda suo figlio a raccoglierci.

Perché Dio viene a raccogliere ciò che si stava perdendo. “Erano tuoi e li hai dati a me”. Erano tuoi: quindi c’era questa attrazione; ognuno appartiene a ciò da cui è attratto, dov’è il mio tesoro. Tu sei attratto dal tuo tesoro. Se il tuo tesoro è Dio, tu sei attratto da Dio e allora appartieni a. E allora se qualcuno viene e ci parla di ciò che ci sta a cuore, ringraziamo il Signore; benedetto sia! “Beati quei piedi che vengono a noi parlandoci di Dio”. Questo avviene soltanto se c’è in noi la sete, il bisogno di Dio.

Si può aver bisogno e non trovare nessuno che spezzi a noi il pane secondo la nostra fame: si può morire anche di fame, se non si trova chi spezzi a noi il pane.

Ora Gesù è venuto a noi spezzando il pane di Dio: a Emmaus lo riconoscono allo spezzare del pane. È Lui che spezza a noi il pane di Dio, ma se abbiamo fame di Dio.

Ma se noi non abbiamo fame di Dio, Lui può spezzare tutto il pane che c’è, ma noi non sappiamo cosa farcene, anzi lo mettiamo in croce.

Eligio: Riprendendo quanto Pinuccia disse prima, io penso che il demonio non è l’io. Il demonio è una potenza contraria a Dio. l’io potenzialmente può diventare invece “parola di Dio”.

Luigi: Ma il nostro io può diventare anche demonio

Eligio: Però esiste il demonio? Anche nella vita di Gesù si trova questa forza spirituale che in qualche modo ha cercato di deviarne la missione. Comunque penso che uno si danna per responsabilità personale e non per intervento di una potenza spirituale estranea.

Luigi: Se l’uomo appartiene a Dio, il demonio non può deviarlo. Sente magari la tentazione, ma essa opera solo se si è nel pensiero dell’io. Quando una persona ci esalta, l’io è tentato, però se siamo uniti a Dio la tentazione non può operare.

Eligio: Comunque il demonio non è l’io.

Pinuccia: È l’io messo al centro

Eligio: Ma questo non è ancora il demonio. Il demonio è una personalità spirituale diversa.

Pinuccia: Ma quando Gesù dice ai Farisei: “avete un altro padre” non si riferisce al fatto che hanno l’io al centro?

Luigi: Dice decisamente: “Il vostro padre è il demonio”. L’io al centro è già un demonio. Anche Pietro è stato chiamato da Gesù “demonio”.

Pinuccia: Però è un demonio che può ancora convertirsi.

Continuazione lettura riassunti

Tutto è fatto bene. Se l’uomo sta attento al Pensiero di Dio. Se non capiamo le cose, basta custodirle nella speranza di giungere alla luce.

Pensieri conclusivi:

Cina: La parola di Dio ha una importanza così grande e l’abbiamo tra le mani!

Luigi: Quanto però è difficile ascoltarla! Cos’è che ci rende difficile ascoltarla? Ci vuole sempre quel superamento dell’io, perché questo superamento continuo di noi, del nostro io in tutto, è la condizione per poter accogliere la Parola di Dio. Gesù dice: “Ho tante cose da dirvi, ma per ora non le potete portare”, cioè la vostra tazza non può riempirsi di esse. Ha tante cose, cioè ha tutto un infinito da comunicare a noi. Noi siamo chiamati da  Dio a partecipare ad una vita eterna, a diventare eternamente sempre presenti al suo Pensiero, e a vedere tutta l’opera sua nel suo Verbo, in un’unica Parola: non c’è più da passare da parola a parola, ma raccogliere tutto in un’unica Parola. Come qui: avevamo iniziato cercando di leggere i riassunti alla luce di quest’ora in cui Dio parla con noi, perché la vita viene da quest’ora in cui Dio parla. Nella vita eterna, un’unica Parola, noi vediamo tutte le opere di Dio, per cui: presente, passato e futuro diventa tutto presente. Scompare il tempo, diventa tutto un’eternità presente in un’unica parola. Noi siamo nel tempo in quanto possiamo in tante parole, di parola in parola e non restiamo in un’unica Parola. Ma più recuperiamo in una Parola e più recuperiamo il tempo in un presente. Tutto diventa presente.

In Dio tutto è presente; noi siamo chiamati ad entrare in questa eternità presente a recuperare tutto in questa presenza. In noi ritroveremo la presenza della creazione, la presenza dell’ A.T., la presenza del Cristo, tutto presente, perché tutto effettivamente è presente con Dio. Ma senza Dio c’è il passato, presente e futuro, anzi il presente non lo possiamo fermare nemmeno un istante, perché come lo fermiamo è già scappato, non ci resta niente. È un punto che scivola tra le mani. Lontani da Dio, tutto per noi diventa tutto passato o tutto futuro, ma niente consistente.

Ines: Devo tener presente al mattino di chiedere a Dio quel pezzo di pane, perché se no si è già sfiniti prima ancora di cominciare la fatica del giorno.

Luigi: Più che altro ci vuole la preoccupazione di non uscire materialmente nel mondo, fintanto che non si trova quella parola che ci serve da alimento per la giornata, perché se usciamo sprovveduti, già siamo in balia; non abbiamo più tempo per recuperare, perché le cose ci portano via. Se non siamo stati capaci a recuperare nel momento del mattino prima di avvicinarci, pensi dopo ! come ci troviamo alla notte !

Rina: Mi pare che ogni volta che uscirò di casa, dovrò dire: “non sono in regola”.

Luigi: È già positivo accorgersene.

Pinuccia: “Il padre riconobbe essere quella l’ora precisa in cui Gesù gli aveva detto”. È un commento di quanto i servi stessi gli dicono. Ma come mai il padre riconosce dopo che quella era l’ora settima? Perché penso che l’anima, se realizza questa unione con Dio, questo rapporto personale con Dio, è già cosciente nel momento in cui lo realizza, non dopo, no?

Luigi: Non è che lo riconobbe dopo. Ma le cose l’hanno confermato. Ha trovato la conferma di ciò che aveva già.

Lui aveva creduto, ed era l’ora settima, che il figlio era guarito. Le cose poi glielo confermano e glielo dicono. Se noi nasciamo da Dio, poi tutte le cose ci confermano che siamo nella Verità, che la Realtà è quella. È come il Cottolengo che vede lo Spirito di Dio che opera in tutto. Quando uno vive, nasce dalla Parola di Dio e tutte le cose glie lo confermano. Allora capisce che la vera nascita è iniziata da quella Parola lì, perché si trova la parola in tutto. Tutte le creature diventano buone. Cosa vuol dire buone? Ci confermano la Realtà di Dio. Mentre oggi come oggi tutte le creature ci mettono in dubbio la Realtà di Dio, ci dicono: “no, Dio non esiste; dov’è il tuo Dio? Se Dio c’è discenda, si faccia vedere”. Le creature ci dicono questo, perché noi non siamo nati da Dio. Ma il giorno in cui noi nasciamo dalla Parola di Dio, dal Verbo di Dio, tutte le creature ci confermano che la Realtà è Dio che opera in tutto, che il Protagonista di tutti gli avvenimenti è Lui, non sono più gli uomini: è Lui. Quella è la Realtà.

Pinuccia: Cioè ci confermano che è vera quella Parola in cui abbiamo creduto.

Luigi: Certo, e che quella è diventata vita è vita.

Pinuccia: Per cui: “credette lui e tutta la sua casa”, è una fede confermata e maggiore di prima.

Luigi: Sì, tutta la sua casa, cioè tutta la casa in cui noi siamo, tutto l’universo, tutte le creature, tutto quanto conferma, glorifica Dio. Tutto è gloria di Dio. Noi non ce ne rendiamo conto, ma abbiamo la possibilità di far scendere il cielo in terra. Dio ci dà la possibilità di far scendere il cielo in terra: tutto diventa cielo e cielo di Dio, perché effettivamente Dio opera in tutto, regna in tutto. Siamo noi che mettiamo il cielo lontano e la terra la facciamo un luogo di tribolazione, di lontananza da Dio, di esilio. Altrimenti possiamo far discendere il cielo in terra, ubbidendo a Dio, raccogliendo in Dio.

Eligio: Anch’io penso che sia necessario chiedere al Signore ogni mattina di essere Lui alimento, medicina, perché le creature che il più delle volte sono motivo di dispersione e di disgregazione, siano conferma del suo Pensiero e del suo operare lungo la nostra giornata, per non  trovarci esausti prima ancora di iniziare questi rapporti con le creature.

Luigi: D’ora in poi quanti di noi al mattino uscendo dovranno dirsi: “Non sono in regola!”, “Non posso uscire, perché non sono in regola! Non posso aprire il negozio!”

Ines: Come quel tale che si sposò e scrisse sul negozio chiuso: “Chiuso per amore”.

Luigi: Bellissimo poter avere quella libertà, di poter dire: “Chiuso per amore”. Ma quanti invece dovranno scrivere: “Non ho chiuso per mancanza di amore!”.

Sentiremo i riassunti degli argomenti precedenti approfondendo questo “tempo”.