Proprio
mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio
vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli
dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». Il
padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio
vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo
miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Primo tema.
Argomenti: La fede vera. La Parola ci libera soltanto quando noi andiamo a vederla. La rivelazione della Presenza è l'ultimo passaggio che richiede il
silenzio di tutto. Discendere. Raccogliere. La funzione dei
segni. Parabole e parlare aperto. Discendere da Dio. La realta’ che ci
travolge.
1/Gennaio/1978
Dall'esposizione di Luigi Bracco:
Il
pensiero centrale di domenica scorsa: andare a vedere la Parola.
La fede vera
è quella che va a vedere il Verbo annunciato, perché solo chi va trova e
trovando entra nella fede. La fede diventa vita. Chi invece sente la Parola ma
non va a vederla, non potrà mai giungere a vederla, non potrà mai entrare nella
Realtà dello Spirito che parla nella Parola. Non vedendo la Realtà, resta
schiavo delle altre realtà, cioè anziché vedere il Regno di Dio, vede altri
regni, si ferma al di sotto della Parola, quindi rimane succube di ciò che
vede.
La Parola ci
libera soltanto quando noi andiamo a vederla. Ora, in tutte le
cose, c'è sempre questo passaggio da fare, perché in tutte le cose, Dio si
annuncia, ma è sempre necessario che noi partiamo da questo annuncio, cioè che
noi ubbidiamo a ciò che Lui annuncia e andiamo a vedere, e non ci fermiamo fintanto
che non arriviamo a vedere ciò che ci è annunciato.
È quanto
dicono i pastori: “Andiamo a vedere il
Verbo che ci è stato annunciato”. Tutte le cose (il tramonto, la natura, il
cielo, le creature, le parole stesse che leggiamo), sono annunci, e in quanto
annunci non vediamo ciò che essi annunciano; per vederlo è necessario da parte
nostra questo partire, questo interessarci, questo “fare”. La pratica,
l'aspetto pratico, sta in questo interessamento.
C'è chi
sente parlare di una cosa, ma non si interessa di andare a
vederla. Certo, non è che l'annuncio ci dica: “Andare a vedere”. Ma se uno è veramente interessato, è sufficiente
che gli si dica: “C'è questo, ti annuncio questo”. Chi veramente ha interesse
per quello, anche se non gli si dice: “Va”, egli va a vedere. La parola,
l'annuncio, di per sé non soddisfa se non chi non ha interesse per ciò che si
dice.
Tutto questo
è la premessa a quell’altro passaggio a cui tutti siamo chiamati a giungere:
arrivare a vedere la Presenza di Dio senza più parole, cioè la rivelazione del
Padre. “Non vi parlerò più in parabole,
ma apertamente vi farò vedere il Padre”. La rivelazione della Presenza è
l'ultimo passaggio che richiede il silenzio di tutto. Ogni passaggio richiede
un distacco, perché l'annuncio arriva a noi in un certo mondo in cui abbiamo
delle cose presenti. Nel nostro mondo, in cui c'è il nostro io interessato, ci
sono gli uomini, la natura, arriva la Parola di Dio, e per noi è un segno, un
annuncio: ci annuncia che c'è qualcosa che ancora non vediamo. Bisogna partire
per giungere a vederlo. Ma partire vuol dire lasciare questo mondo fatto di
presenze nostre: ecco la necessità di superare ad esempio la pressione del
mangiare, del vestire, dei doveri del mondo, delle relazioni nostre, dei
rapporti coi parenti, conoscenti. Quindi ci vuole sempre questo distacco per
andare a vedere, perché per andare a vedere bisogna “partire da” e “partire da”
vuol dire lasciare.
Per giungere
a quella presenza che non ha più bisogno di parole, in cui Dio non parla più
parole umane, in non c'è più annuncio, c'è solo più presenza, senza più parole,
si richiede il silenzio di tutto, il distacco da tutto, il silenzio soprattutto
del pensiero del nostro io.
È allora che
si arriva a quella Presenza, perché è dal Pensiero del Padre che nasce in noi
la Presenza di Dio, il Verbo di Dio.
Infatti per
giungere a questa consapevolezza, “Lui è tutto”, è necessario si faccia in noi
il silenzio di tutto, perché è nel silenzio di tutto che si rivela il Tutto.
Ma la
rivelazione del Tutto (bisogna intenderlo bene), è quello che possiamo dire ad
una persona che per noi è tutto.
Quando noi
amiamo molto una persona, diciamo che quella persona per noi è tutto: ora è
questo tutto per noi. richiede un silenzio di tutto il resto.
Siccome Dio
è tutto per noi, noi non arriviamo a scoprire, a vedere la presenza di questo
“tutto per noi”, se non c'è il silenzio di tutto il resto, soprattutto del
nostro io. La rivelazione della Presenza è tutto per noi, ma fintanto che noi
abbiamo presenti altre cose, non possiamo percepire la presenza di questo
tutto. Soprattutto il pensiero del nostro io è ciò che maggiormente offusca in
noi la presenza dell’Altro, perché diciamo: “Sono io che penso”.
Arrivare a
questa Presenza è arrivare al nostro principio, a scoprire che è Dio che fa
pensare noi, che è Dio che genera in noi il Suo Pensiero.
Tutta l'opera
del Cristo è quella di raccoglierci dalle nostre dispersioni (la dispersione
vuol poi dire: presenza in altro da Dio) e poco per volta portarci a questo
superamento di noi stessi e di tutto, fino ad arrivare a questa coscienza di
Colui che è l'Essere, Colui che è presente in noi, che è tutto per noi.
Luigi: Il tema è quello della preghiera: “Lo pregò di discendere” e precisamente
della seconda parte “discendere”.
“Discendere”:
perché nella preghiera si forma in noi questa richiesta a Dio di discendere?
E che cosa si
intende per questo discendere di Dio? Quando veramente c’è preghiera, si
desidera che il Signore faccia suo tutto ciò che ancora non è suo di noi,
appunto per rivelarci in tutto la sua presenza. Per questo quando veramente si
ama, si desidera donare tutto all’Altro, anzi c’è fastidio di avere qualcosa
che non sia dell’Altro. La preghiera è un’elevazione dell’anima all’Altro, un
offrirci all’Altro. Teniamo presente che ognuno di noi vive molto di più in ciò
che pensa. Infatti noi possiamo essere di fronte ad un panorama bellissimo, ma
avere il pensiero in una situazione di tristezza, e allora il panorama
bellissimo non ci consola, perché noi viviamo molto di più nell’oggetto del nostro
pensiero che in ciò che abbiamo presente fisicamente. Quindi, quando preghiamo,
siccome pregare è pensare Dio, pensando a Dio, abbiamo presente Dio; avendo
presente Dio, si vive molto di più in Dio che in noi stessi e allora si
desidera che Dio faccia suo tutto ciò che noi abbiamo di nostro, cioè ciò in
cui noi non vediamo Lui. È allora ecco questa invocazione: “Discendi, discendi
prima che la mia anima muoia!” perché ciò che non è suo minaccia in noi di
portarci via a Lui, di portarci via la vita. È per questa minaccia che noi
preghiamo che Lui faccia presto a far suo tutto, affinché quello che non è suo
non ci porti via. Noi vivendo per l’Altro, vorremmo essere sempre dove è
l’Altro. Tutta la sofferenza nell’amore è quella di non poter essere là dove è l’Altro.
Pregando siamo con l’Altro, però non vedendo tutto secondo l’Altro, c’è la
tristezza, la sofferenza e quindi l’invocazione: “Discendi”. In una situazione di preghiera, essendo col
pensiero presenti a Dio, nasce spontanea la preghiera di vedere che tutto ciò
che noi abbiamo presente e in cui non c’è Lui, sia fatto di Lui, quindi Lui lo
faccia suo.
Pinuccia: Sarebbe la stessa cosa del raccogliere?
Cioè riportare le cose in Dio e chiedere a Lui la luce per intenderle? Perché
raccogliendo una cosa, cioè intendendone il significato, Dio la fa sua. È così?
Luigi: Si, ma nel raccoglimento è più
accentuata l’opera nostra, attraverso cui noi prendiamo le
cose e le riferiamo, le riferiamo a Dio, riferiamo a Lui la luce. Invece nella preghiera in cui si
invoca Dio di discendere, si accentua il processo di discesa da parte di Dio
che prende possesso. È lo Spirito che prende possesso di ciò che è suo. La vera
comprensione (della cosa raccolta) si ha soltanto nella discesa di Dio. Da
parte nostra c’è però sempre quest’opera di raccolta: noi facciamo quel che
possiamo per portare a Dio, per raccogliere in Dio; però indubbiamente noi non
possiamo raccogliere da soli. (“Nessuno può salire se non Colui che discende”,
“Chi raccoglie con me…”), per cui l’opera di raccolta va sempre fatta con la
parola di Dio che giunge a noi, che discende a noi e si rivela a noi. “Nessuno
può venire al Padre, se non per mezzo di Me”. Ora, quel “Me”, attraverso del
quale noi andiamo, è una discesa del Padre di Lui. Naturalmente più noi ci
raccogliamo nel Padre, e più quel “Me” in noi diventa operativo. Quindi Dio ci
dice che per giustizia dobbiamo mettere Lui al centro dei nostri pensieri, vuol
dire incominciare a raccogliere tutto in Lui, a sottomettere tutto a Lui, a
riferire tutto a Lui, quindi, a sentire questo bisogno. Poi ad un certo momento
in questo bisogno noi capiamo che la vera luce ci viene soltanto in questa
discesa dello Spirito dall’alto. Ecco, arriviamo a Pentecoste in cui erano
tutti raccolti in silenzio, in attesa di essere investiti della luce dall’Alto.
È la luce dall’Alto che discende. Ma anche qui non è un processo magico, quasi
ad un certo momento ci arriva magicamente quella luce, no! È il Verbo di Dio
che, elevandoci, ci porta in questo puro sguardo verso il Padre, per cui la
discesa del Verbo che fa suo tutto ciò che in noi non suo, è “una cosa logica”,
per cui l’anima è soddisfatta. È soddisfatta perché vede che è così. Allora
abbiamo l’invocazione: “Signore, discendi”, perché c’è una situazione di
sofferenza; cioè una situazione in cui noi col pensiero siamo in Dio (e abbiamo
la situazione di preghiera), ma in noi, c’è una parte di noi che non è tutta
lì, e allora c’è la tristezza perché una parte di noi, la parte migliore di
noi, è con l’Essere amato, mentre una parte di noi è lontana. Per cui l’Essere
amato si trova in quella città, ed io mi trovo qui. Che cosa vuol dire “io mi
trovo qui”? vuol dire che ci troviamo in un luogo che non è il luogo in cui c’è
l’Essere amato. Ed ecco allora il desiderio di andare dove è Lui. Quasi a dire:
“elimina questa distanza, fa tutto tuo”. Discendi a fare tuo, perché il
luogo in cui io mi trovo minaccia me”. Minaccia, perché il pensiero che
abbiamo in noi è labile quando noi siamo in una realtà diversa. La realtà ad un
certo momento ci occupa, ci impegna. E noi vediamo tutta la tribolazione ad
esempio che abbiamo quando ci troviamo in un ambiente di lavoro diverso
dall’ambiente di preghiera. Nell’ambiente di preghiera gustiamo certe cose,
ma quando siamo nell’ambiente di lavoro come facciamo? E allora “Signore
discendi prima che questo altro ambiente abbia a portarmi via a questo ambiente
di preghiera prima che mio figlio muoia”. Quindi si invoca perché c’è una
minacciai incombente su di noi, determinata dal fatto che una parte della
nostra esistenza, della nostra vita, si trova in un luogo diverso da quel luogo
in cui si trova il nostro pensiero; c’è un dislivello di vita. Col pensiero noi
possiamo già gustare qualcosa dell’eternità, ma non siamo inseriti in essa: ci
accorgiamo che la nostra realtà è diversa. Per cui c’è il sogno e la
realtà. Però, gustando col pensiero già qualcosa dell’eternità, noi la
desideriamo, mentre la nostra realtà è diversa. Questa realtà però, minaccia il
nostro pensiero perché tende a diventare pensiero, perché incombe su di noi con
i suoi impegni, i suoi doveri, le sue relazioni. Tutto questo incomincia ad
occuparci il pensiero perché noi ci dobbiamo occupare col pensiero. Ma se altro
ci occupa il pensiero, incomincia a venir meno il pensiero dell’Essere amato.
Noi ci accorgiamo allora che l’anima sta morendo, perché c’è tutto un altro
mondo, la nostra realtà che ci assorbe, che ci beve l’anima: è sangue che si
perde. E allora si invoca che il Signore discenda a fare suo, a trasformare
questa nostra realtà, ad eliminare questa distanza, in modo che a questa non
abbia a soffocarci, a portarci via l’anima: “Prima che mio figlio muoia”.
Emma: Quando uno ha
un amore unico, pur lavorando il suo pensiero, dovrebbe essere in quest’unico
amore.
Luigi: Quando Dio ci ha illuminato, cioè ha
fatto sua questa parte del nostro mondo, allora noi siamo felici, perché non
vediamo più la distanza; noi vediamo la sua presenza qui, in tutto quello che
si fa, allora la cosa è diversa.
Rita: Eppure la realtà quotidiana ci
travolge…
Luigi: Ci travolge quando non è motivata da
Dio, ma da altro. Non è la realtà quotidiana che ci travolge, ma è il motivo
per cui noi siamo in questa realtà quotidiana che ci travolge. Quando il
motivo che ci guida è Dio, allora in qualunque luogo ci troviamo, dato che
tutto è Città di Dio, tutto è Regno di Dio, possiamo stare con Dio. Se uno si
ferma a guardare una formica, ed è motivato da Dio, la formica lo porta a Dio e
gli parla di Dio. Se uno guarda le stelle, lo stesso. Se uno conversa con una
persona, lo stesso. Non c’è nulla che non gli parli di Dio, perché tutto è
opera di Dio, in tutto c’è la presenza di Dio. Ma se io guardo la formica per
un mio interesse, cioè se ho un motivo diverso da Dio, la formica mi porta via
da Dio. Per cui è molto meglio sopportare ad esempio il disagio di avere una
formica o una mosca che dà fastidio, ma non perdere il pensiero di Dio,
piuttosto che, per eliminare magari questo fastidio, seminare in noi un motivo
diverso da Dio. Perché il danno spirituale è peggiore; è meglio sopportare un
danno materiale. Per questo il Signore dice: “Se uno vuol portarti via l’abito,
non contendere, dagli anche il soprabito, perché se tu non contendi resti con
Dio, ma se tu contendi, rendi testimonianza che la tua motivazione non è più
Dio perché contendendo con il fratello, rendi testimonianza che per te il
soprabito è importante, è una cosa necessaria, allora non rendi più
testimonianza allo Spirito, ma ad un “altro necessario”. È questo che ti porta
via l’unione con Dio. Allora è molto meglio perdere tutto, anche tutto il
mondo, ma non perdere lo Spirito. Perché con lo Spirito, tutto il mondo può
essere ricostruito, ma se io recupero, salvo tutto il mondo, ma perdo lo
Spirito, lo Spirito con il mondo non può certamente essere ricostruito. Se io
ad esempio, mi riempissi di tante parole umane, ma perdessi la Parola divina,
tutte le parole umane non suppliscono una parola divina. Ma se io divento sordo
e muto a tutte le parole umane, perdo, divento stupido di fronte a tutta la sapienza
e scienza del mondo per salvare una Parola divina, questa Parola divina mi
ricostruisce tutti i beni e tutte le parole del mondo. Allora, non perdete mai
l’essenziale, ci dice Gesù, siate disposti a perdere tutto, a rinunciare a
tutto pur di non perdere l’essenziale, cioè pur di salvare l’anima: “A che vale
conquistare tutto il mondo, se poi perdi l’anima?”. Quindi se tuo fratello
vuole contendere con te, vuol litigare con te, cedigli tutto, ma non perdere
l’unione con lo Spirito. Perché come entro in lotta, in discussione, semino in
me un motivo diverso da Dio. Se invece rispetto il fratello e il fratello me lo
vuole portare via? È Dio che me lo presenta, quindi rispetto la presenza di Dio: vuol dire che
in questo momento Dio che mi aveva dato l’abito, mi vuol portare via anche il
soprabito. Cedilo, lascialo, perché così tu rispetti la volontà di Dio. È vero che tu perdi l’abito e il
soprabito, però non perdi l’unione con Dio. Potrai sempre dire: “Signore, me
l’hai portato via tu, eri tu, ed io ho rispettato la tua presenza; sarò stato
uno stupido però ho rispettato la tua presenza”. Stupido, ma con Dio. È molto meglio essere stupido con Dio,
che essere furbo con gli uomini, ma essere senza Dio. Per cui ciò che è grande
agli occhi degli uomini. È abominevole presso Dio e ciò che è stupido presso
gli uomini, è grande presso Dio. Ora, la nostra vera pace, la nostra vera
gioia, è questo accordo, questa sintonia, questa armonia con Dio, questo poter
sempre colloquiare: “Signore, sono in mezzo a
una strada, sono sotto la pioggia, mi bagno, perché sono rimasto senza
niente, però sono con Te: sei Tu che mi bagni!”. Ecco, allora c’è questa
armonia. Uno magari soffre materialmente, però è con Dio, è in amicizia con
Dio. E questa è la vera gioia. Invece uno può anche essere in una casa
ricchissima, avere tutto il mondo attorno, ma se non è in sintonia, se non è in
armonia, dentro ha una grande solitudine e un grande vuoto. È la solitudine
dell’io che non riesce ad uscire da se stesso. Qui abbiamo una grande tristezza.
Emma: Quando in noi c’è questa unione con
Dio, vediamo tutto come opera di Dio?
Luigi: Sì, perché effettivamente la realtà è
quella: tutto è opera di Dio, Dio parla in tutto. Noi perdiamo questa
percezione della presenza di Dio, perché questa presenza di Dio è una sintonia,
è una sintesi di due fattori: è dono di Dio (non siamo noi che facciamo la
presenza, il dono è di Dio), ma anche da parte nostra ci vuole la presenza del
motivo divino. Perché se in noi c’è un altro motivo che ci domina (il pensiero
dell’io, il pensiero della figura davanti al mondo, i beni della terra), allora
questi altri motivi ci fanno perdere di vista la presenza di Dio; perché la
presenza di Dio per noi è un motivo, è la motivazione di Dio. Dio è spirito e
lo Spirito in noi spira in noi come motivo di pensiero, di vita, ma se noi
seminiamo in noi un motivo diverso, questo ci porta via quello, per cui non
vediamo più. Dio parla ancora, ci manda i suoi annunci in questo nostro mondo
di dispersione, ci manda i suoi richiami, però questo richiede sempre un nostro
passaggio a: “Va, tuo figlio vive”, ma bisogna partire e non legarci alle
presenze fisiche, materiali, presenze che sono relative al nostro io: non
legarci lì, ma partire, andare a vedere; perché si tratta di passare da una
presenza materiale a una presenza spirituale, attraverso la Parola di Dio: è la
Parola di Dio che ci fa fare il passaggio. Ora, soltanto nella presenza
spirituale arriviamo alla presenza universale. Con la presenza fisica io non
sono mai in una presenza universale, perché essa è caratterizzata dall’essere
in un certo luogo e in un certo tempo; per cui se io voglio trovarla, devo
andare al tale indirizzo, suonare il campanello, e trovare la tale persona:
presenza fisica. La presenza fisica è localizzata, per cui nella presenza
fisica c’è sempre le sofferenza, perché non posso essere sempre con la presenza
fisica; invece con la presenza spirituale sì, perché la presenza spirituale è
universale: “Affinché dove sono Io siate anche voi”. Ecco, Dio parlando, ci conduce
dalla sua presenza fisica alla sua presenza universale, cioè ovunque. Lui parla
in tutto, affinché noi possiamo sempre essere con Lui in tutto, non soltanto
quando ci isoliamo nel silenzio. No, “Io parlo con te in tutto, se tu mi segui,
io ti condurrò ad essere sempre con Me”, cioè in questo accordo in tutto.
Allora più niente mi porta via.
Pinuccia: Nella Messa Dio fa suo ciò che
offriamo, ma è tutta la vita che deve trasformarsi in una Messa, vero?
Luigi: Però la parola che fa suo quello che
ancora non è suo è Parola sua: noi possiamo soltanto sospirarla questa Parola,
ma la Parola discende da Lui.
Pinuccia: C’è una differenza nella Messa: qui è
il Sacerdote che la dice in nome di Dio.
Luigi: La dice perché è autorizzato da Dio. Ma anche qui siamo nel campo dei segni, come il Cristo stesso.
La venuta, l’Incarnazione del Cristo è nel campo dei segni, per significarci la
realtà del Regno di Dio. Infatti Lui dice: “Se io non me ne vado, non può
venire in voi lo Spirito”. E allora perché è venuto? Abbiamo una funzione
transitoria. “La carne non giova a niente”, dice, eppure s’incarna: è il Verbo
che si incarna per raccoglierci nel Verbo. E così tutta la funzione dei segni:
allora se è necessario superare i segni, perché Dio fa i segni? Se ci mette in
un mondo di creature, perché poi ci fa superare tutte le creature? Anche le
creature sono sue, perché ci invita ad andare oltre? Tutto è funzione per la
nostra salvezza perché attraverso le creature Dio ci collega, collega la nostra
dispersione, la nostra incapacità a restare con la sua Verità. Infatti tutta la
nostra difficoltà sta nel restare con Dio. Dio è stabile, noi siamo instabili.
Allora Lui ci raccoglie dall’instabilità (ecco la creazione), per portarci a
poco a poco ad essere stabili come Lui è stabile (ecco la vita eterna). Quindi
c’è un passaggio da una vita temporanea, instabilità nostra, ad una vita
eterna, stabilità con Dio. Questo avviene attraverso la Parola di Dio,
nell’ascolto della Parola di Dio che parla con segni nella nostra instabilità. E
mentre parla dice a noi: “Io ho tante cose da dirvi, ma non siete ancora in
grado di portarle”. Parla nella nostra instabilità, parla in parabole, ma nello
stesso tempo ci dice: “Io ho tutto un mondo superiore da comunicare a voi”.
Ecco, ci apre la mente a qualcosa di superiore. Ora, siccome questo qualcosa di
superiore è già in noi, questo risveglio di interesse e di attenzione verso
Dio, ci fa invocare e ci fa desiderare: “Signore, discendi!”. Ci fa invocare e
ci fa desiderare questo; mentre Lui parla, noi lo percepiamo, perché noi
l’abbiamo già presente. È come se in noi fosse già una Presenza che però per
impegni nel mondo trascuriamo. Quando qualcuno ci parla di questa Presenza, ce
la richiama. Richiamandola, ce la fa rivivere, per cui ne gustiamo la bellezza:
“Com’è bello, facciamo tre tende; sarebbe bello vivere qui”. Però è l’Altro che
me lo richiama; ma io non sono capace a vivere qui, è grazia dell’Altro che,
parlandomene, mi richiama ciò che io ho già presente, altrimenti se non
l’avessi presente, non potrei gustarlo, non potrei vederlo. L’Altro mi
richiama, mi fa fare attenzione a questo. Ad esempio, noi potremmo avere qui un
oggetto molto prezioso, ma non lo sappiamo; se uno ce lo presenta e ce lo
descrive e ci fa capire quanto è prezioso, noi che credevamo fosse un oggetto
comune, ne scopriamo la preziosità.
Proprio mentre
scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò
poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno
la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora
Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua
famiglia. Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla
Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Secondo
tema.
Argomenti: Unificare due pensieri. Svuotare la tazza
dell’io. L’importanza di essere motivati da Dio. I servitori. La vita comincia nel donare qualcosa. La vita è
comunione. Presenza e
preparazione. Esterno e interno. La conferma dei servi. Dio abita in Se
stesso. Parole umane e divine. Si arriva alla vita sospinti dalla morte. Il prezzo da pagare. La presenza dello
Spirito. La necessità di cercare
Dio. Intendere nello Spirito. L’ubbidienza alla parola di Dio.
8/Gennaio/1978
Introduzione:
Domanda: Come si unificano due pensieri?
Luigi: L'unificazione tra i vari pensieri,
avviene in profondità: nella profondità ritrovo anche gli altri pensieri
sentiti prima e già dimenticati. Le cose si uniscono da sole quando si arriva
al punto giusto: non c'è bisogno di fare lo sforzo della memoria. Basterebbe
approfondire una cosa sola: man mano che si approfondisce, questa attira a sé
tutto il resto. Infatti arrivando alla Parola unica di Dio, al Verbo universale
di Dio, si unifica tutto l'universo, si unificano tutte le parole di Dio, cioè
si ritrova tutto: per questo, avvicinandoci a Dio, si ritrova tutto. In Dio
ritroviamo immediatamente tutto quello che è avvenuto nella nostra vita: è la
profondità che attira tutto a sé. E c'è la valutazione perché si è nella luce: è
il giudizio universale. Quindi non
si tratta di fare lo sforzo da parte nostra di ricordare. Il vero sforzo nostro
è quello di collegare ogni cosa, ogni pensiero con lo Spirito di Dio, cioè
mantenere unito a Dio quello che viene da Dio, mantenere le parole di Dio
unite allo Spirito di Dio: ecco il vero sforzo. Poi queste attirano
le altre; quando arrivano ad un certo livello, attirano quelle che a quel
livello lì possono essere unificate; le fanno risorgere.
Domanda.: Allora si capisce come in un punto ci sia tutto
l'universo.
Luigi: Certo, il silenzio svuota
l’anima dai pensieri nostri e l’aiuta a ricevere i doni di
Dio. Un allievo chiede ad un maestro di yoga che gli spieghi in che cosa
consiste lo yoga. Il maestro che sta
versando il the, continua a versarlo anche quando la tazza è piena, fino a
riversarlo sul pavimento e risponde all’allievo che, sbigottito, gli domanda quello che sta
facendo: “Ecco, vedi, come è possibile
che io ti spieghi lo yoga, quando non hai la capacità di accogliere, di
ricevere? Il recipiente è già pieno, come questa tazza. Fintanto che tu sei
pieno di te stesso, non è possibile che io ti possa spiegare lo yoga”. Perché
per spiegare una cosa, è necessario il vuoto in noi, fare silenzio: bisogna
avere il recipiente capace di accogliere. Questo fatto ci serve a capire
meglio la scena di questo funzionario. Egli chiede la vita di suo figlio e Gesù
non risponde a questa sua “pretesa”, ma alla sua richiesta: “Scendi con me”, gli dice la parola
nella quale lui deve credere, che è la condizione proprio per svuotarlo, in
modo da renderlo capace di ricevere la vita. Perché lui chiedeva la vita per il
figlio, e Dio gli dà prima la vita in lui: lo rende capace di ricevere ciò
che chiede. Se noi diventiamo capaci di accogliere la vita in noi, allora
la vita si fa anche fuori di noi. Ma se noi chiediamo qualcosa fuori di noi, ma
dentro siamo incapaci di portare quello, allora il Signore scrive fuori di noi
il vuoto che è dentro di noi perché è impossibile che ci dia fuori quello
che noi non possiamo portare dentro. E allora dato che il Signore i suoi doni
li dà formando prima la capacità di riceverli, prima ci svuota dentro. Ecco la
fede, il credere senza vedere, che è lo svuotamento di noi stessi, della
pretesa del nostro io, per rendere l’animo capace di poter accogliere veramente
quello che chiediamo. Per cui la preghiera ottiene sempre effettivamente quello
che domanda.
Rina: Trovo che
è molto utile, prima di venire qua, pregare e fare silenzio, perché quanto
udiamo qua non vada sprecato, ma accolto.
Luigi: Bisognerebbe mettere molto
silenzio prima, perché è proprio nel silenzio che uno allontana e pone a tacere
gli argomenti del mondo, gli avvenimenti che sono avvenuti durante la nostra
giornata, i problemi propri, per aver soltanto presente Dio, perché è Dio che
ci dà la capacità di accogliere i suoi doni, altrimenti sarebbe come vuotare
quel the in una tazza che non può riceverlo perché già piena: si spanderebbe da
tutte le parti e si perderebbe.
Rina: Perché non basta la nostra
volontà?
Luigi: Perché ci vuole il Pensiero
di Dio per accogliere le cose di Dio, perché il recipiente delle cose
divine è Dio stesso, fintanto che noi siamo pieni di noi stessi, e pieni di noi
stessi vuol dire anche degli argomenti del nostro mondo, è necessaria quella
pausa di silenzio; ma quella pausa deve essere prolungata fino al punto in cui
le cose si sono allontanate e in noi c’è solo l’unica cosa necessaria: ecco
allora l’animo è fatto capace di ascoltare e di accogliere. Allora l’animo
dice: “Signore adesso parla che il tuo
servo ascolta”. Ma fintanto che noi siamo pieni di cose nostre, non
possiamo dire: “Signore, parla che il tuo
servo ascolta”, perché non siamo capaci di ascoltare, cioè ascoltiamo noi
stessi; rimbombano dentro di noi i nostri argomenti, i nostri problemi.
Pinuccia: Ma se
siamo carichi di questi problemi e di tutto quanto è successo, non serve
portarlo a Dio? Bisogna dimenticarlo?
Luigi: Noi arriviamo coi nostri
problemi: “Signore, discendi prima che
mio figlio muoia”; il Signore ci pone il suo problema. Perché è vero che
anche i problemi che ci arrivano dal mondo ci sono mandati da Lui, ma ci sono
mandati da Lui per farci passare attraverso questa crisi: crisi di disponibilità
per Lui, per l’unica cosa necessaria. Per cui Dio dà lezioni a noi in modo
diverso a seconda della situazione in cui la nostra anima si trova: se la
nostra anima è piena del pensiero dell’io, Dio ci dà particolari lezioni, per
insegnarci a superare il pensiero del nostro io e renderci disponibili per Lui.
Se noi siamo già disponibili per Lui, Dio ci dà altre lezioni: i tempi sono
diversi a seconda della situazione dell’anima. Per cui Dio parla personalmente
ad ognuno di noi quegli argomenti che sono necessari per convincerci a superare
il pensiero del nostro io, a superare gli argomenti del mondo, a fare
attenzione a Lui; forse poi Lui ci pone gli stessi argomenti di prima (infatti
Lui dice: “Va’, tuo figlio vive”),
ma li riceviamo da Lui: come sua parola, che diventa in noi motivo di vita.
In questa scena del funzionario che ritorna a casa (v.51: “Mentre egli già
ritornava i suoi servitori gli vennero incontro, dicendo:”Tuo figlio vive”),
avviene appunto questo. Confrontiamo infatti questa scena con quella di lui che
va a cercare Gesù e osserviamo i motivi. Quando lui andò a cercare Gesù, da che
cosa era motivato? E adesso che ritorna a casa sua, da che cosa è motivato?
Quando partì per andare a cercare Gesù era motivato dalla
morte del figlio: il figlio stava morendo. Aveva fede in Gesù, ma il motivo che
lo muoveva era la morte imminente del figlio. Se Gesù avesse accolto la sua
richiesta e fosse sceso con lui, lui da che cosa ancora sarebbe stato mosso al
ritorno? Sarebbe stato mosso sempre dalla morte del figlio: il motivo non
sarebbe cambiato. Invece adesso, da che cosa era motivato nel ritorno? Dalla
Parola di Gesù.
Ecco come la Parola ha capovolto i motivi! Prima era
motivato dalla morte del figlio. Gesù si rifiuta di andare da lui. Se fosse
andato con lui, lui sarebbe ancora ritornato motivato dal suo stesso problema e
Gesù avrebbe convalidato quel motivo, la morte del figlio. Invece no, adesso
lui, credendo, ritornava motivato dalla parola di Dio, era mandato dalla
Parola di Dio.
Ecco l’importanza dell’incontro con la Parola di Dio, ci
capovolge i motivi di vita. Ci fa motivati da Dio, mandati da Dio.
Ecco l’importanza di essere motivati da Dio,
e non più dagli argomenti del mondo o nostri. Magari Dio ci dice gli stessi
argomenti nostri di prima, ma ce li dice Lui, ci manda Lui, richiedendoci un
atto di fede in cui c’è il superamento del nostro motivo.
Il funzionario non si è mosso in quanto ha visto, ma in
quanto ha aderito alla parola che gli veniva detta e parte su questa parola:
vedrà poi.
Dovette rischiare di trovare suo figlio morto.
E poi è bellissimo ciò che avviene: partendo dalla Parola,
i servi gli vanno incontro dicendogli che la parola si è realizzata. Fintanto
che ci muoviamo su altri argomenti, veniamo sempre contraddetti: così vediamo
le contraddizioni della fede, non vediamo il Regno di Dio, perché non siamo
motivati da Dio; ma come cominciamo a muoverci motivati dalla Parola di Dio, i
servi, (i servi rappresentano tutte le opere di Dio), tutto comincia a
confermarci il Regno di Dio, perché tutto è Regno di Dio.
Luigi: Ci fermiamo stasera sul
versetto 51: “Mentre egli già ritornava i
suoi servitori gli vennero incontro dicendogli: “Tuo figlio vive”.
Pinuccia: Per
servitori s’intende tutto ciò che esiste e accade, anche le
circostanze?
Luigi: Sì, tutto, perché tutto è servo
di Dio. Nel vangelo si parla di servitori essenzialmente in due funzioni:
servitori che invitano e servitori che testimoniano la cosa avvenuta. Servitori
che invitano a: “Tutto è pronto,venite”;
e servitori che testimoniano il Regno di Dio. Servitori che chiamano,
convogliano. Convogliano, perché finché noi siamo presi dal mondo o da altre
cose, Dio ci manda i suoi servi, tutti argomenti che ci sollecitano a lasciare
ogni cosa, per occuparci di Lui, per mettere prima di tutto quello che va messo
prima di tutto. Quindi: “Non preoccuparti
del mangiare, del vestire, della figura, del mondo, di te stesso ma cerca prima
di tutto il Regno di Dio, perché tutto il resto ti sarà dato in soprappiù”. Ecco
questa è l’opera dei servi che invitano: non aver paura che ti manchi qualcosa,
perché tutto e pronto. Cosa vuol dire che è tutto pronto? Che tutto e stato
disposto da Dio perché tu cammini verso di Lui. Quindi non preoccuparti di
aggiustare le altre cose: sono già tutte aggiustate. L’universo è già fatto
tutto da Dio in quel modo ottimo affinché la tua anima si rivolga al Signore e
Lo cerchi, Lo conosca e impari a restare con Lui, impari a vivere con Lui.
Infatti lo scopo della nostra vita è imparare a
convivere con la Verità di Dio. Tutto è pronto per questo. Quindi non dire:
prima faccio questo e quell’altro, perché un giorno tu ti accorgerai che tutto
era già fatto. E tu fermandoti per la strada a prepararti in altre cose prima
di partire, non fai altro che far del rumore, che sconvolgere quello che è già
fatto bene, per qui ritardi la tua partenza e ostacoli le necessità della tua
anima. Qui abbiamo questo compito dei servitori che, mandati da Dio, tendono a
convincerci (e quindi anche tutte le opere e i fatti che avvengono nella nostra
vita) a superare il pensiero di noi stessi e ad aprirci alla Verità di Dio. Imparare
a convivere con Dio vuol dire accettare tutto da Dio, rispettare in tutto
l’iniziativa di Dio, lodare e ringraziare il Signore, cercare possibilmente di
capire la lezione che il Signore ci dà, in modo da poter partecipare in tutto
del suo Spirito.
Ma l’anima di tutto è il Pensiero di Dio, perché se noi
dimentichiamo il Pensiero di Dio, ecco che cominciamo a non poter più accettare
certe cose, cominciamo a non interessarci di capire il significato di certe
cose, non lodiamo più, non glorifichiamo più il Signore, e allora naturalmente
provochiamo queste resistenze, è Dio stesso che ce le pone per farci capire che
abbiamo deviato strada; per richiamarci sulla strada essenziale. La strada
essenziale è sempre questo dialogare con Lui, ascoltare Lui, questo ricevere
tutto da Lui. E poi sapere anche che l’intelligenza delle opere sue e delle
parole sue è sempre in Lui, non è in noi. Noi non siamo intelligenti, in modo
autonomo, da soli, da capire le cose di Dio. È Dio che opera ed è Dio che
illumina le sue opere per noi. Per cui Dio opera e poi ci invita a guardare Lui per intendere le opere sue.
Comunque ci vuole sempre questo riferimento a Lui.
Nella vita eterna noi ci riferiremo sempre a Dio; noi
passeremo sempre attraverso Dio in tutte le cose, anche parlando anima ad
anima, perché è Lui la Verità, è Lui l’iniziatore, non siamo noi gli
iniziatori. Noi siamo essenzialmente spettatori delle opere sue. Come
spettatori, si è partecipi; per cui Dio ci fa anche partecipi delle opere sue.
Per cui più contempliamo la Verità di Dio, e più partecipiamo dell’opera di
Dio, diventiamo partecipi della vita di Dio.
Quindi abbiamo l’opera di questi servitori che ci
convogliano a Dio, quando noi siamo lontani; e l’errore grosso in questo caso è
quello di dire: “Ma io ho il lavoro, ho
la casa, ho i buoi, ho la moglie, non posso venire”. È un errore grosso,
perché: “Non assaggeranno la mia cena”.
Quando noi ci dimentichiamo di Lui, Lui ci manda i servi a convogliarci all’essenziale:
“Tutto è pronto, vieni!”. Noi non
dobbiamo scusarci, dicendo: “Ho altro”.
Perché in questo caso ci mettiamo in una situazione di impossibilità di gustare
la cena del Signore. Non importa se siamo zoppi, ciechi, malati, ecc., non
importa: Dio non ha difficoltà a curare tutti i nostri mali. Infatti Lui manda:
“Sforzateli a venire, anche se ciechi,
ecc., non importa”. Quello che importa veramente è che noi non diciamo: “Non posso venire, abbimi per giustificato”;
così ci escludiamo dall’invito.
Se cominciamo a camminare sulla Parola di Dio, motivati
da Dio, allora cominciano tutte le opere di Dio, i servi, a confermarci. Mentre
prima i servi ci distoglievano dalle nostre opere, adesso i servi ci
confermano: “Quella è la strada buona”
.
Per cui prima di arrivare a conoscere Dio, quando ancora
siamo sulla strada, già tutte le cose cominciamo a confermarci, ci annunciano
che la nostra anima è viva. Per cui cercare Dio è già vivere, anche se non Lo
si trova ancora. Allora in un primo tempo abbiamo i servi che ci sollecitano e
cercare Dio; in un secondo tempo abbiamo che ci confermano; gli avvenimenti e
tutte le cose ci confermano che la strada è buona e ci dicono quindi: “Tuo figlio vive” .
De Bortoli: I servi
sarebbero gli angeli?
Luigi: Si, tutte le opere di Dio,
tutte quello che accade, perché tutto è servitore di Dio, tutti siamo servi di
Dio.
De Bortoli: Perché
chi va dietro ai buoi non assaggerà la cena del Signore? Non si può fare quel
lavoro, stando con Dio, dal momento che a Dio si va non fisicamente, ma con il
pensiero?
Luigi: Ma se noi facciamo quel
lavoro lì per Dio, mossi da Dio, non facciamo difficoltà ad ascoltare: “Lascia
i buoi, vieni che c’è qualcos’altro di più importante”.
De Bortoli: Può
essere un fratello che ci chiama?
Luigi: Dio per esempio ci dà in dono e poi ce lo richiede. Ma perché ce lo dà e poi ce
la richiede? Perché ce lo richiede dopo avercelo dato? Proprio perché nel
donarlo noi a Lui incomincia la nostra
vita. Se invece noi ci irrigidiamo vuol dire che c’è il nostro io in mezzo che
si oppone a Dio e questo ci impedisce di donare e di entrare nella vita. La
vita comincia nel donare qualcosa. Dio ci dà tante cose, e poi ci invita a
lasciarle, perché è proprio nella capacità che abbiamo di lasciare che
riveliamo l’amore: lasciando riveliamo il prezzo con cui stimiamo l’amore per
Dio. L’amore è sempre una scelta. La vita stessa è scelta. Ma cosa vuol dire
scegliere? Scegliere vuol dire pagare. Quando andiamo in un negozio e compriamo
un capo, cosa facciamo? Paghiamo un certo prezzo e pagando cosa facciamo?
Pagando, lasciamo, perdiamo. Posso dire: “Ma
il denaro era mio, perché lo debbo lasciare? Lo lascio perché preferisco
quell’abito, a quel pezzo di denaro che avevo”. Ecco facciamo una scelta.
Così è nei riguardi di Dio. Dio ci dà un certo capitale: e son tutte le cose di
cui possiamo disporre e abbiamo con noi: i nostri lavori, i nostri impegni; ma
ad un certo momento Lui ci dice di lasciarli perché c’è qualcosa di più
importante che ancora non abbiamo, e c’è un prezzo da pagare.
Nel prezzo che paghiamo, esprimiamo l’importanza che
diamo a quella cosa. Quell’abito può valere cento; se io lo stimo e gli do
importanza per dieci non pago, non son disposto a pagare 100. Ma se per me
quell’abito è importantissimo, non m’importa di pagare tutto quello che ho, pur
di averlo perché per me è importantissimo. Ecco: nel prezzo che siamo disposti
a pagare, noi testimoniamo l’importanza che diamo a quella cosa, ma proprio
nell’importanza che diamo ad una cosa diventiamo capaci di possedere, di godere
di quella cosa. Per cui se io sono disposto a dare a Dio soltanto il prezzo
dieci, io divento capace di godere Dio
soltanto per dieci, ma se Lui vale ad es. un milione ed io gli do prezzo
soltanto per dieci io Lo godo soltanto per dieci e perdo tutto l’altro.
Per questo Gesù ci dice: “Và, lascia, vendi tutto quello che hai”. Non lo dice perché si
diverta a farci fare dei sacrifici, no; ma perché proprio proponendo di
vendere, di lasciare tutto, Gesù offriva a quel giovane ricco la capacità di ottenere quella vita eterna che cercava.
Il problema di quel giovane ricco: “Che cosa debbo fare per avere la vita eterna?” coincide con il
problema di questo funzionario: “Signore,
discendi, prima che mio figlio muoia”.
E la risposta di Gesù è identica, sia a quel giovane
ricco, sia a questo funzionario, perché a questo dice: “Va, tuo figlio vive”, e lo educa alla Parola per accogliere in sé
la vita, in modo che egli possa avere il figlio vivo.
A quel giovane che chiede la vita eterna e chiede tutto,
Gesù dice: “Và, vendi tutto quello che
hai, dallo ai poveri, poi vieni e segui me”, gli dice la stessa cosa,
perché lo rende capace di ricevere quella vita che lui chiedeva.
Quindi questo giovane ricco e questo funzionario,
chiedevano tutti e due la vita, e Gesù risponde personalmente,ma la risposta è
uguale: li rende capaci di accogliere la vita. Non dà la vita come la chiedono
loro, ma li rende capaci di accogliere la vita.
Pinuccia: I
riassunti che leggeremo, dobbiamo vederli alla luce di quanto detto?
Luigi: Possibilmente sì. Teniamo
presente perlomeno la scena del ritorno, per possibilmente passare ai motivi
che operano in essa a capire quindi la Volontà di Dio.
Ora abbiamo fatto, riflettendo, questi passaggi: Dio
opera sempre per condurci a vedere, a ottenere la vita vera, la vita eterna,
che è conoscere Lui.
Comunque teniamo presente la scena di questo funzionario
che ritorna motivato dalla Parola di Dio e sulla via del ritorno incontra i
suoi servitori che gli dicono: “Tuo
figlio vive”.
Pinuccia: Lettura riassunto dell’incontro
della domenica 16 novembre a Vigna:
1° tema: - Perché molti cercano Dio e non
lo trovano?
2° tema: - Dov’è il luogo in cui Dio si fa
trovare?
La ricerca è subordinata a due condizioni:
1° - Chi cerca Dio deve sapere quello che
vuole
2° -
Chi cerca deve sapere dov’è quello che vuole; (e il come deve
cercarlo).
Questo funzionario fu sospinto a cercare
Gesù da due fattori: fede e dolore. Ma come mai molto cercano Dio, anche se sospinti
da questi fattori, e non Lo trovanmo? Perché? Quale lezione Dio vuole darci
attraverso questo?
Gesù stesso ci dice: “Cercate e troverete. Viene dato a chi domanda”. Però dice anche: “Dove sono Io voi non potete venire”.“Mi
cercherete e non mi troverete”. Perché? (questo è il primo quesito del 1°
tema).
2° quesito: perché è necessario trovare
Dio? Dio vuole veramente che Lo cerchiamo? Perché noi, posti qui in terra
dobbiamo occuparci del cielo?
3° quesito: Qual è la colpa di chi cerca
Dio dove non si può trovare? Dio ci ha promesso che si fa trovare, quindi se
non Lo troviamo, o Lo cerchiamo male o Lo cerchiamo dove non è.
Luigi: Perché bisogna cerca Dio?
Pinuccia: Perché
Dio è la vita.
Luigi: Se siamo qui in terra
perché dobbiamo occuparci del cielo?
Pinuccia: Perché
noi non siamo esseri autonomi. La vita la riceviamo da Lui,quindi è questione
di vita e di morte.
Luigi: Quindi vivendo in modo
autonomo, noi corriamo verso la morte; facciamo la nostra morte. Quindi non
pensiamo a Dio, non raccogliendo in Dio, noi scaviamo la nostra tomba. È
importante cercare Dio, perché è un problema di vita. È essenziale: “Io sono la Vita”. Quindi noi non
dobbiamo mai ritenerci come esseri autonomi, vivere in modo autonomo: siamo dei
tralci di una vite e il tralcio fruttifica nella misura in cui è unito alla
vite; riceve linfa dalla vite.
È un problema di comunione: il problema
della vita è un problema di comunione. Ecco allora perché il Signore ci
dice: “Preoccupatevi prima di tutto di
cercare Dio, di conoscere Dio”. È un problema di vita, un problema di
comunione, ed è quello che noi il più delle volte proprio trascuriamo. Perché
noi facciamo della vita un problema di realizzare posizioni qui in terra,
benessere, figura, gloria, crediamo che la vita stia lì, per cui cerchiamo male
la vita.
Tutti cerchiamo la vita, perché aneliamo alla vita, ad
una vita per sempre, però la cerchiamo là dove essa non è. Colui che cerca deve
sapere quello che vuole ma deve anche sapere dove è quello che egli vuole: non
si può cercare così a vanvera.
Le vergini stolte sono stolte, perché non si rendono
conto del luogo e del come va cercato quello che esse cercano.
Cioè bisogna essere intelligenti. L’intelligenza è
appunto sapere le esigenze dell’altro. E siamo sempre lì: per sapere le esigenze
dell’altro, bisogna aver presente l’altro, bisogna meditare sull’altro.
Esempio, chi aspetta l’arrivo di una persona. Ora come
può preparare l’ambiente all’arrivo di quella persona? Soltanto pensando a
quella persona, alla sua mentalità, desideri, carattere e problemi. Soltanto
pensando a quella persona, si rende conto di quali sono i desideri di quella
persona, le sue abitudini, e prepara tutto conforme a queste, di modo che
quando quella persona arriverà, si troverà ben accolta, perché troverà tutto l’ambiente
secondo i suoi desideri.
Ecco l’investitura del regno: quel re che va in un paese
lontano per ottenere l’ investitura del regno. È Dio che si fa lontano da noi
per darci la possibilità di preparare tutto, di modo che quando Lui arriverà,
ecco, sarà investito del regno, perché troverà l’ambiente preparato. Allora
quel servitore che non avrà preparato, ma si sarà ubriacato con gli altri,
subirà molte battiture, per la difficoltà dell’inserimento. Per cui l’ incontro
con la presenza di Dio è sempre una sintesi di due fattori: fattore
preparazione e fattore arrivo.
L’arrivo dipende da colui che viene,
perché la presenza di un essere è sempre dono della persona: noi possiamo
preparare tutto, ma se Lui non viene la nostra casa resta vuota. Ecco, abbiamo preparato
tutto, ma alla cena siamo soli. Lui non è venuto.
Quindi la presenza è dono essenziale della persona che
viene, ma presuppone la preparazione, altrimenti venendo e non trovando
preparato, se ne va, e noi non possiamo restare con Lui.
“Io sono
venuto, quante volte ti ho cercato, ma tu non hai capito l’ora in cui sei stata
visitata”.
Siamo sempre lì: il problema fame-pane: il pane può
essere gustato nella misura in cui abbiamo fame; l’acqua può essere bevuta
nella misura in cui abbiamo sete.
Però già nella preparazione, con Dio ancora lontano, si
richiede a noi la presenza del pensiero di Dio, perché soltanto pensando Dio,
possiamo conoscere e quindi preparare tutto di noi per Lui, in modo che Egli
venendo trovi la casa preparata. La preparazione, è condizionata dal Pensiero
di Dio. Ma se noi pensiamo a noi, anziché pensare a Lui, allora prepariamo
stoltamente. Per cui Lui viene e anziché vedere le cose secondo Lui, vede tutte
le cose secondo noi. Per cui i regali che abbiamo preparato, non sono quali
sono graditi da Lui, ma quali fanno piacere a noi, abbiamo cioè preparato tutto
in funzione del nostro pensiero.
Pinuccia: Il
collegamento con quanto hai detto prima dove sta? Il re che va lontano per
essere investito equivale a Gesù che non ascolta la preghiera di quel
funzionario per renderlo capace di cogliere il vero dono?
Luigi: Sì.
Pinuccia: Però non
vedo il collegamento coi servitori.
Luigi: Se Gesù avesse risposto
alla pretesa della fede che aveva quel funzionario (quel
funzionario aveva fede in Lui in quanto
medico, nella sua presenza fisica, per cui gli disse: “Signore, discendi”, quasi a dirgli: “Vieni, toccalo, metti le mani su di lui, curalo, guariscilo”) e
fosse sceso con lui avrebbe confermato questa fede e il motivo che avrebbe
guidato quel funzionario in quel ritorno sarebbe sempre stato il pensiero del
figlio che stava morendo.
Invece qui Gesù ha seminato la Parola di Dio, quindi ha
reso lui, padre, capace di ricevere la vita in sé, e quindi ottenere di vedere
la vita fuori, nel figlio, perché Dio scrive fuori di noi in funzione di quello
che c’è dentro di noi. Prima di fare il dono fuori, prepara la nostra anima ad
accogliere il dono dentro di sé. L’esterno è in funzione dell’interno. C’è
sempre questo rapporto: Dio-interiorità-esteriorità. Quindi l’esteriorità non è
mai autonoma, non è mai una lezione autonoma da Dio e dall’interiorità nostra.
Ma l’esteriorità è sempre dipendente dal rapporto:
Dio-interiorità. Allora, se la nostra interiorità non si modifica, anche il
mondo esterno non si può modificare, e noi inutilmente ci affatichiamo per
modificarlo. Dio per darci quello che noi chiediamo nel mondo esterno, modifica
la nostra anima, la rende capace di ricevere in sé quel dono che noi chiediamo
all’esterno; rendendola capace di riceverlo nell’interno, stabilisce la
promessa per donarglielo anche nell’esterno.
Allora, per chi cerca Dio, tutto coopera (ecco i
servitori) in bene: è logico, perché chi cerca Dio ha l’animo disposto ai doni
essenziali, interiori, e allora anche tutto coopera per questo, perché tutto è
lezione di Dio esterna che conferma colui che è confermato e che distoglie
colui che è distolto. Per cui se l’anima è distolta da Dio, Dio nel mondo
esterno opera per distogliere quest’anima da una strada sbagliata e
convogliarla. Per cui Dio i veri doni li dà all’interno. Dio opera per dare i
veri suoi doni nel nostro mondo interno. Dati nel nostro mondo interno, anche
il mondo esterno assume un altro aspetto.
Pinuccia: Però il
fine di questo operare di Dio è di renderci capaci di ricevere i doni veri
all’interno: il resto è un soprappiù?
Luigi: Certo, il resto è un
soprappiù.
Pinuccia: … e anche
segno?
Luigi: Per questo, quando noi
chiediamo il soprappiù, il Signore dice: “Cerca
prima di tutto il Regno di Dio, perché tutto il resto ti sarà dato in
soprappiù. Ma se tu cerchi prima il soprappiù fuori, sei nella situazione
assurda, nell’impossibilità di riceverli; non puoi.
Pinuccia: Questo
soprappiù allora diventa una conferma del dono vero che
abbiamo ricevuto?
Luigi: Sì, sono i servi che
arrivano a dire: tuo figlio vive. Non ce n’era bisogno perché intanto lui stava
già andando a casa, e arrivato a casa, avrebbe toccato con mano che il figlio
era guarito. Invece prima che lui arrivi abbiamo già la conferma: ecco il
soprappiù, per cui uno si trova confermato per la strada prima ancora di essere
arrivato. L’opera dei servi è questa.
Pinuccia: Prima di
arrivare alla visione?
Luigi: Sì, prima di arrivare a
questa visione, già tutto ci conferma che la nostra anima vive. Conferma e
quindi coopera in questo senso; ci aiuta a camminare, mentre prima invece,
quando non eravamo orientati a Dio tutto ci allontanava, cioè tutto ci era di
ostacolo, era un bastone nelle ruote. Era un bastone nelle ruote, perché non
eravamo motivati da Dio, eravamo distratti. Per cui il mondo stride verso di
noi, ci urta, ci rende le cose difficili, diventa una remora, in quanto noi
siamo distolti dalla ricerca di Dio prima di tutto. Ma se cerchiamo Dio prima
di tutto, allora tutto il mondo, anche le cose nemiche, ci aiutano a camminare
verso Dio e l’anima si accorge che è aiutata, anche da chi gli fa del male; per
cui diventiamo riconoscenti a Dio in tutto, anche per i nemici, e quindi
amiamo, abbiamo la possibilità di amare anche i nemici, perché tutto ci aiuta
per purificarci, a liberarci, a superare il pensiero del nostro io, a liberarci
da tutte quelle aderenze che ci soffocano, ad accelerare il nostro passo verso
la vita: ecco i servi: tutto diventa servo di Dio, perché effettivamente tutto
è servo di Dio. Però per capire che tutto è servo di Dio, uno deve avere la
mente a Dio, altrimenti uno vede soltanto quell’altro che gli mette il bastone
nelle ruote.
Pinuccia: (continuazione lettura riassunti) Passando al secondo tema, le
domande erano queste:
Dov’è il luogo in cui Dio fa trovare la sua
presenza?
Dio è ovunque e allora perché c’è un luogo
particolare?
E
perché fintanto che non lo troviamo in quel luogo particolare, non Lo
troviamo, con la conseguenza che siamo schiavi del mondo materiale, ecc.? (con
delusioni). Sant’Agostino diceva: “Signore
io non ti trovavo perché io ero tutto rivolto alle cose esteriori, mentre Tu
sei nelle interiori. Ero proteso nelle cose superficiali, mentre Tu sei nella
profondità, ero nelle cose materiali, mentre Tu sei nelle spirituali; ero
intento alle cose che passano, mentre Tu sei nelle cose eterne, perché sei l’
Eterno”. Quindi la nostra colpa sta nel cercare Dio nelle cose esterne,
materiali, superficiali, che passano?
Luigi: Oppure farlo consistere
nelle regole, ad esempio. Ma Dio non si trova nelle regole di vita. Non
facciamo poi consistere la ricerca di Dio nei ragionamenti umani, oppure nelle
sicurezze terrene: certamente lì non Lo possiamo trovare Dio. Dio si trova nel
Pensiero di Sé. Dio si conosce in Dio. Bisogna quindi cercarlo nel Suo stesso
Verbo, nell’interiorità. Ecco perché ad un certo momento si richiede quel
distacco di cui si parlava prima. Dio abita in Se stesso. Tutto
è segno di Dio; ma Dio non si trova nelle cose sue, ma in Sé. Perciò è
necessaria questa ascesi, questo passaggio, le diverse pasque, attraverso cui
deve passare l’anima umana fino ad arrivare alla casa di Dio, perché nella casa
di Dio che si scopre la presenza di Dio. Quindi Dio parla in tutto, ma la sua
presenza la rivela solo nel suo Tempio, nel Pensiero di Sé. Fintanto che noi
non arriviamo alla Sua Presenza, anche se tutto ci parla di Dio, nessuno ci può
dire quell’essenzialità di cui noi veramente abbiamo bisogno. Per cui anche
tutte le parole umane, analizzate, ci parlano di Dio,
esprimono il bisogno di Dio, però nessuna parola umana ci può dire quella
parola che Dio solo può dire. Ecco perché è necessario sospendere l’ascolto
delle parole umane e rivolgerci all’ascolto soltanto della Parola di Dio.
È vero che in tutte le parole umane parla Dio, ma solo
quando noi avremo avuto, ascoltato la Parola essenziale di Dio, allora
troveremo questa essenzialità anche in tutte le parole umane; ma se noi non
avremo fatto il passaggio prima, noi non troveremo certamente in tutte le
parole umane e in tutte le creature quell’essenzialità, quella Parola
essenziale che Dio solo dice.
Allora anche qui abbiamo i due tempi:
- primo tempo: l’ascolto di parole umane che a poco per
volta ci fa desiderare l’ ascolto della parola di Dio;
- secondo tempo: in cui bisogna lasciare l’ascolto di
tutte le cose umane e rivolgerci unicamente a Dio, per ascoltare da Dio quella
rivelazione, quella Parola, quella Presenza: la presenza di Dio è puro dono di
Dio, nel silenzio di tutto: il grande silenzio che precede la rivelazione della
presenza di Dio. Allora attraverso l’ascolto di tutti gli argomenti umani, di
tutti i fatti della nostra vita, ecc., noi siamo convinti della necessità di
fare questo silenzio di tutto per ascoltare quella Parola essenziale che Dio
solo ci dice e in cui c’è la rivelazione della sua Presenza, il dono della sua
Presenza. Questo avviene nel silenzio non soltanto di tutte le cose, ma anche
del nostro io stesso.
Per cui Sant’ Agostino dice: “Tacciano anche tutti i pensieri della mia anima”. È proprio in
questo silenzio di tutto che Dio rivela, senza parole, la sua Presenza. E in
questa rivelazione della Presenza allora, tutto diventa un linguaggio nuovo,
perché diventa un linguaggio essenziale di Dio: allora non c’è nulla che ci
possa distogliere da questa presenza di Dio in tutto. Anche in questo c’è il
problema di formare in noi la capacità di accogliere il dono. Se Dio ci donasse
la sua presenza prima che in noi si sia formata l’anima capace di accogliere quel
dono lì, la sua presenza è versata fuori: sangue sprecato, dono sprecato: non
può essere ricevuto; la nostra tazza è insufficiente ad accogliere il suo dono,
incapace, per cui il dono si rovescia fuori. E forse tutto l’universo, questo
fuori di noi che c’è, è questo rovesciare di Dio che non si contiene in noi,
nella nostra anima.
Pinuccia: (continuazione
lettura riassunto) La base di tutto è L’
ascolto, l’attenzione a Dio, perché se non ascoltiamo siamo come coloro che non
sanno ciò che vogliono. Ciò che ci impedisce di sapere ciò che vogliamo è la
molteplicità di amori e di interessi. Ascoltando Dio, Dio ci semplifica gli
interessi per portarci alla consapevolezza di ciò che vogliamo. L’ascolto ci
porta a mettere un prima di tutto, e quindi a fare una scelta, e ad una grande
consapevolezza di quanto vale questa cosa.
Bisogna cioè cercare Dio sapendo chi è Dio.
Ed è Lui che ci guida in questa ricerca: più sappiamo chi è Dio, e più sappiamo
come va cercato.
Dio ci toglie la molteplicità degli
interessi e ci incentra nell’ interesse del suo Verbo, che diventa un pilota
della nostra vita.
Più restiamo in ascolto, più il Verbo ci
corregge (perché noi fraintendiamo sempre) fino a condurci davanti al Volto del
Padre, nel silenzio di tutto ciò che non è Dio, nel silenzio della notte, notte
che è luce (San Giovanni della Croce).
San Paolo: “Ho considerato tutto come spazzatura per guadagnare l’amore di Cristo”
.
Si arriva ad esclamare: “Mi hai ridotto a nulla, Signore”, se si
fa il confronto con gli altri che seguono il mondo. Ma uno rimane affascinato
da un Amore, e se è affascinato da un Amore non si deve stancare, se no
qualcosa non funziona.
O si è presi e affascinati da un Amore o si
gira a vuoto, a freddo.
Stare nel Pensiero di Dio, in Colui che
opera tutto, nel “Tu” che mi pensa.
Luigi: Quindi è importante tener
presente la necessità di cercare Dio e di sapere dove cercare
Dio. Il problema essenziale della nostra
vita è proprio questo: la necessità di cercare Dio.
Dio ci ha creati proprio per questo: Dio ci ha creati
perché lo cerchiamo e lo conosciamo. San Paolo dice che Dio ha fatto tutto le
cose perché l’uomo cerchi, a tentoni magari, di toccarlo, di vederlo,
conoscerLo.
Quindi tutte le cose sono state fatte per questo scopo,
ma l’uomo si deve orientare a questa ricerca, cioè si deve convincere che è
stato creato per conoscere il suo Signore, quindi si deve occupare nella sua
vita, di questa ricerca e di questa conoscenza. Avendo capito che deve cercare
Dio, deve capire a questo punto, dove lo deve cercare. Perché noi possiamo
anche cercare Dio e cercarLo in modo sbagliato, ad es. io posso credere di
trovare Dio, facendo elemosina a destra e a sinistra, oppure rinnegando me
sesso, oppure dando il mio corpo a bruciare alle fiamme, oppure posso credere
di cercare Dio attraverso filosofie e studi umani.
Ma Dio ci aiuta nella ricerca di Sé.
Prima di tutto però bisogna convincerci che dobbiamo
cercare Dio. Convinti di questo, Dio ci aiuta a capire “dove” lo dobbiamo cercare
affinché lo possiamo trovare. Però siccome tutti i doni di Dio non sono mai
atti magici, ma richiedono sempre la nostra partecipazione consapevole, ecco
che Dio parla a noi, per farci convinti (Dio ci convince se noi siamo in
ascolto) della ricerca che dobbiamo fare, del luogo dove dobbiamo farla
e del come dobbiamo farla, in
modo da poter arrivare.
Quindi se noi restiamo in ascolto di Dio, Dio opera in
tutto per portarci verso quel luogo in cui Lui può dire, non più a parole: “Sono Io che parlo con te”. Allora lì
capiamo che è sempre stato Lui a parlare con noi, anche prima, e che ci
educava, magari quando noi Lo cercavamo,
e ci bastonava per farci capire che non dovevamo cercare altro ma Lui. Quando
Lo cercavamo ci correggeva per dirci: “Guarda
che mi cerchi, ma mi cerchi in modo sbagliato, Io sono vicino a te e tu mi
cerchi lontano”. Quando magari Lo cerchiamo dove è, ci corregge ancora,
perché non Lo cerchiamo come deve essere cercato; oppure non entriamo in quel
silenzio che è necessario per trovarLo. Dio continuamente opera a livelli
diversi, a seconda di come ci troviamo noi, per cui ci troviamo sempre con
questo parlare personale per noi, perché Dio parla personalmente per noi. Noi
possiamo non cercarlo; possiamo cercarlo e non cercarlo dove Lui è; possiamo
cercarlo dove Lui è, ma non cercarlo come Lui deve essere cercato. E così Dio
ci educa, ci accompagna, poco per volta, fino ad arrivare a quella scoperta che
è inizio di vita eterna, che è nascita, vera nascita: dove nasce il nostro io
nuovo, nasce l’uomo nuovo della Parola Eterna di Dio.
Qui abbiamo il funzionario che nasce dalla Parola che Dio
gli ha detto: va tuo figlio vive, ma c’è una ben altra grande parola che Dio
vuole dirci: quella è soltanto un segno della vera Parola che Lui vuole dirci:
è la Parola che nasce eternamente dal Padre, che nasce continuamente dal Padre:
il Figlio, il Verbo suo, rivelazione della sua Presenza. Quindi tutto è una
significazione di quella vera grande Parola che soltanto quando riceveremo ci
darà la possibilità di nascere: ecco, l’uomo nuovo, l’uomo che nasce da Dio;
non più l’uomo che va verso Dio, ma l’uomo che nasce da Dio, un io nuovo.
In questo funzionario abbiamo significata questa nascita
nuova, perché egli è arrivato a Gesù come uomo vecchio, motivato
dalla morte: (e arriviamo tutti al Cristo motivati dalla morte; il preannuncio
già del Cristo: “La gente, il popolo, che
siede all’ombra della morte”: ecco il Cristo che viene; viene per
soccorrere appunto questa gente che siede all’ombra della morte: siamo tutti
lì, dominati dalla preoccupazione, dal tempo che passa, dalla morte che viene:
Dio viene in questo mondo di morte per portarci alla vita). Così troviamo
questo funzionario che in un primo tempo, uomo vecchio, va al Cristo, sospinto
dalla morte.
E nel secondo tempo, uomo che nasce dalla Parola di Dio:
prima era motivato dalla morte; adesso è motivato dalla Parola di Dio: tuo
figlio vive, và: significazione di quella vera nascita alla quale è chiamato
ogni uomo: vi è così un primo tempo in cui l’uomo vecchio ascende sotto la
sollecitazione di Dio e le prove della vita, fino ad incontrare la presenza di
Dio (rivelazione): qui nasce l’uomo nuovo che in tutto si lascia guidare dallo
Spirito di Dio, dalla presenza di Dio. Ora Dio è sempre presente, non più
lontano.
Pinuccia: (continuazione della lettura dei riassunti)
Dio è Spirito e va cercato nello Spirito,
quindi dentro di noi. E qui dentro di noi, superato il pensiero di noi stessi e
di tutto il mondo relativo all’io, in questo silenzio di tutto, si trova Dio.
Quando si tocca il nostro nulla, si esperimenta il Tutto di Dio.
È l’essenza di Dio che mi fa intuire che
Dio è in un luogo: perché Dio non si identifica con nessuna creatura, né
con una nostra immagine, o sentimento o ragionamento o pensiero: Lui non è lì,
perché sono tutte cose create.
Ecco perché Dio lo si trova solo in Dio.
Ecco quindi la necessità del silenzio di tutto che precede la scoperta di Dio.
Luigi: Già si intravede quello di
cui si parlò prima: il prezzo da pagare: il silenzio di tutto. Per cui quando
mi si dicesse: “Guarda che Dio è questo
tavolo”. No, sono convintissimo che Dio non è questo tavolo. Come si è
formata questa convinzione che Dio non è questo tavolo? È Dio che mi ha già
convinto che non si può identificare con il tavolo. Cioè mi convince di un
passaggio: “Non cercarmi nel tavolo
perché io non sono un tavolo”. Quindi nella nostra vita Dio forma in noi la
convinzione di ciò che Egli è, per cui riconosciamo ciò che Egli non è. È Dio
che parla con noi e poco per volta ci fa capire che Lui non è quello, né
quell’atro. E chi è?
È Dio che parlando in noi, purifica la nostra anima, i nostri pensieri, fino a condurci a identificare ciò che Egli
è, e il luogo in cui Lui va cercato, perché Lui si trova solo lì: “Quindi non
cercarmi nelle cose materiali, non identificarmi con le creature, non
identificarmi coi tuoi pensieri, né con le tue regole di vita; cercami più
avanti, sempre più avanti”, e poco per volta ci purifica e ci orienta fino a
portarci nel suo Cielo, dove Egli è. Ora tutta questa purificazione, è prezzo
da pagare, perché noi ci leghiamo ad ogni cosa che tocchiamo, per cui ci riesce
faticoso, partire, andare oltre, lasciare quella cosa per occuparci, per
cercare altro. Noi vorremmo sempre stare con quella cosa, con quella creatura,
con quella regola di vita che ci siamo formati; è il prezzo da pagare: ecco la
difficoltà. C’è sempre in tutto, il nostro io che entra a far parte di ciò che
tocca. Hai toccato questo? Non lo vuoi più lasciare. Di qui il prezzo da
pagare, perché devi andare oltre. La vita sta in questa capacità di
pagare questo prezzo per arrivare a questa essenzialità in cui si ritroverà
tutto.
Pinuccia: È il
credere sulla Parola, il partire sulla Parola?
Luigi : Sì, è il partire sulla Parola,
perché è partendo sulla Parola, che si diventa figli della Parola: cioè è la
Parola che ci rende capaci di accogliere i doni di Dio. Dio parlando forma in
noi l’orecchio, cioè l’anima capace di accogliere i suoi doni. Più accogliamo i
suoi doni, e più i suoi doni ci rendono capaci di doni successivi fino al dono
essenziale della sua Presenza.
La rivelazione della sua Presenza è difficile per noi,
perché per noi sono presenti le cose, le creature: noi riteniamo presenti le
cose che sono relative al nostro io.
La scoperta della Presenza dello Spirito come noi vediamo
le altre presenze, (e più ancora, perché la Sua Presenza è più efficace), a noi
riesce difficile; il giorno però in cui la scopriamo, tutto si semplifica. È
Dio che ci conduce qui, per cui mentre viviamo con altre presenze, Dio ci
convince che tutte queste durano poco, e noi non possiamo far consistere la
nostra vita in esse perché certamente domani ci deludono, domani cambiano,
ecc.. C’è una dinamica in tutte queste opere che tendono a convogliarci verso
la vera presenza spirituale. Questa a noi è difficile cogliere, perché richiede
il superamento dell’ io, il silenzio di tutto. Cosa molto difficile, perché noi
naturalmente pensiamo sempre a noi stessi, riferiamo tutto a noi, e ci riesce
difficile superare noi stessi. Il giorno invece in cui (anche le lezioni stesse
della vita poco per volta ci educano a questo), mettiamo Dio prima di tutto, al
di sopra del pensiero del nostro io, (e quindi Dio ci rende capaci di
accogliere il dono della sua Presenza), allora comincia una grande gioia per
noi, e quello che prima era faticoso, diventa sorgente di grande gioia, perché
si è scoperta la Presenza di Dio.
Mentre prima Dio era per noi un Assente, di cui tutto
parlava, ma che noi non vedevamo, ora in tutto c’è Lui. Tutto parla a noi di
Dio, ma noi non vediamo Dio, per cui per noi Dio è l’Assente.
Dopo quella scoperta Dio è il Presente, il Presente che
dà valore a tutte le cose. Allora ecco la gioia, perché tutte le cose ci
confermano questa presenza. Allora non c’è più fatica di vivere in un’Assenza.
Pinuccia: (continuazione lettura) Il luogo di Dio è il suo stesso Spirito, il
suo Pensiero, il suo Verbo. Per questo ci dice: “Dove Io sono, voi non potete venire”, ed è logico, perché è solo
nel Pensiero di Dio che noi troviamo Dio.
Luigi: Quindi diciamo che è il
Verbo di Dio che parlando a noi ci conduce al Verbo di Dio. È ascoltando Dio
che siamo condotto al luogo in cui Dio rivela la sua Presenza. Ma dobbiamo
giungere a quel luogo non per iniziativa nostra, ma per ascolto della Parola di
Dio. È ascoltando la Parola di Dio che la Parola di Dio a poco per volta ci
conduce lì. Per cui se noi seguiamo il Vangelo fedelmente, troveremo la Parola
stessa di Gesù, Verbo di Dio, che ci conduce in questo silenzio del Padre. È
seguendo la Parola di Dio, che noi siamo condotti alla scoperta di questa
Presenza. Non è che dipenda da noi, per cui se dicessimo: “Adesso vado a casa, mi metto in questo silenzio e trovo Dio”; no,
tu ti metti in questo silenzio e ti accorgi che trovi niente, oppure sei invaso
dal mondo. No, è la Parola di Dio che ci conduce, e ci deve condurre fino a
questo silenzio, e a questa rivelazione che trovi come dono della Parola di
Dio.
Pinuccia: (continuazione lettura) Finché non si forma in noi questo silenzio,
non si scopre la presenza di Dio: trovarlo in tutto è una conseguenza
dell’averlo già trovato. Cerca Dio dove Egli è, nel suo Pensiero, e allora lo
troverai in tutto. È “Dio” come motivo di vita , che ci fa trovare Dio. (Tema
del motivo: cfr. il servitore che va a Gesù con un motivo e torna con un altro
motivo). C’è un passaggio da fare: il silenzio di tutto, per scoprire la
presenza di Dio.
Luigi: Per questo anche qui: noi
non vediamo Dio, perché Dio è presenza spirituale, e soltanto
se siamo motivati da Dio, possiamo vederla.
Così questo funzionario, ubbidendo alla parola di Dio,
comincia a vedere il Regno di Dio. Ubbidendo alla Parola di Dio. È l’ubbidienza
che ci porta alla visione. Ecco perché bisogna “fare Dio”. Quel servo che
riceve il perdono, soltanto perdonando al suo debitore, diventa capace di
vedere il Regno di Dio, perché la visione delle cose dello Spirito presuppone
in noi la fede nello Spirito. Soltanto facendo secondo lo Spirito, noi vediamo
le cose dello Spirito.
Per cui se noi operiamo secondo il mondo, ce lo sogniamo
di veder il Regno di Dio; non lo vedremo mai! Ma se noi operiamo secondo la
Parola di Dio noi cominciamo a vedere il Regno di Dio, perché la visione, è una
conseguenza di una Presenza in noi: la presenza che è adesione allo Spirito di
Dio.
Aderendo allo Spirito di Dio, vivendo secondo lo Spirito
di Dio, noi cominciamo a vedere lo Spirito di Dio. Se invece aderiamo allo
spirito del mondo, lo Spirito di Dio opera sempre e in tutto, ma noi non Lo
possiamo vedere.
Se per esempio uno avesse il proposito di partire con il
treno e invece Dio volesse altro, egli vedrebbe solo questo suo proposito:
partire col treno.
Tutto il resto che Dio gli presentasse per impedirgli di
partire col treno, egli lo vedrebbe solo come in ostacolo; quindi non vedrebbe
il positivo del Regno di Dio, ma solo l’ostacolo all’intenzione che ha.
Soltanto se uno ha l’intenzione secondo la Volontà di Dio, secondo la Parola di
Dio, allora incomincia a vedere tutte le cose, secondo il Regno di Dio, come
opera di Dio.
Pinuccia: Però se
uno pensa che è secondo Dio prendere il treno?
Luigi: Allora tutto coopera per
farglielo prendere.
Pinuccia: Oppure
può anche essere una correzione, se arriva qualche impedimento, che gli fa
capire che si era sbagliato.
Luigi: Ma allora è sempre
disponibile. Vivere nel Regno di Dio, vuol dire riconoscere sempre che l’opera,
l’iniziativa è di Dio, e chi opera è Dio. Bisogna imparare a convivere con la
Verità di Dio, e questo vuol dire stare sempre attenti all’avviso: guarda che il
Padrone è Lui, il Creatore è Lui, l’Operatore è Lui.
Quindi rispetta sempre la sua iniziativa in tutto.
Anche nella vita eterna dovrai sempre rispettare
l’iniziativa di Dio, per cui il Creatore è sempre Lui, Colui che parla è sempre
Lui.
Se è Lui che parla, io posso anche sbagliare nell’
intendere in buona fede; ma se sono in buona fede, non ho difficoltà a
cambiare. Io ho difficoltà a cambiare quando non sono in buona fede, cioè
quando c’è il pensiero del mio io al centro: allora il mio io mi irrigidisce:
io voglio questo.
Ad esempio voglio ricevere un certo dono, e mi
irrigidisce su quello. Magari mi possono offrire mille doni; li rifiuto tutti,
perché voglio quello.
La pretesa ci rende ciechi. Questo ci fa capire come ci
sia tanta cecità tra noi nel mondo, perché nel pensiero dell’io noi ci
irrigidiamo e non siamo più disponibili per altro.
Allora se anche crediamo in Dio, noi tendiamo a
strumentalizzare Dio, a metterlo a servizio del nostro proposito. Invece no,
nella vita eterna, nella vita vera, l’anima è disposta in modo tutto diverso.
L’anima non vuole niente, perché se Dio non parla, l’anima non vuole niente. È
Dio che deve far nascere, che vuol far nascere nella sua creatura il volere e
il fare: è Dio che la muove. La creatura nel Regno di Dio non vuole niente: se Dio non parla la creatura è
in situazione di riposo. Dio semina i suoi desideri, Dio semina la sua Volontà,
e allora parla, e la creatura si muove.
Muovendosi per la Parola di Dio non è legata all’io, per
cui se deve cambiare non fa nessuna difficoltà.
L’anima è perfettamente disponibile a fare ciò che piace
a Dio perché non è legata all’io. Ma se invece uno è legato all’io, e si
orienta a fare una cosa, anche magari per fare la Volontà di Dio, ma si
irrigidisce, allora fa come Giona che quando Dio gli cambia le carte si
offende: “E io che figura ci faccio io?
Cosa dicono gli altri? Io mi ero avviato in questo proposito, avevo quest’
intenzione, orientato la mia vita e adesso devo cambiare? Che figura ci
faccio?”. Ecco, l’io si irrigidisce e non vuole cambiare. È l’io che si
sostituisce a Dio , l’io quando pensa a se stesso si irrigidisce, non vuole
cambiare, perché vuole fare la figura di Dio. No, tu sei creatura.
E noi non ci accorgiamo che facciamo molto più bella
figura a cambiare che a irrigidirci, perché irrigidendoci, mentre crediamo di
fare la figura di Dio, facciamo la figura sciocca, perché gli altri sanno
perfettamente che noi non siamo Dio, ma creature.
Invece la creatura povera dice: “Ecco, finora ho fatto così ed ora sono disposta a cambiare”; qui
si vede l’umiltà, la povertà; è la grandezza della creatura, perché la creatura
è tanto più grande quanto più rispetta e magnifica il suo Signore. Allora i
valori sono a posto e la creatura diventa grande; perché noi diventiamo grandi
nella misura in cui possiamo glorificare Dio, rispettare Dio in tutto.
Perché noi siamo destinati a diventare Pensiero di Dio.
Più possiamo parlare di Dio, pensare a Dio, glorificare Dio, e più veramente
diventiamo ciò cui Dio ci ha chiamati ad essere. Invece una persona che
glorifichi se stessa: diventa ridicola agli occhi di tutti. E come mai? Eppure
parla di sé, glorifica sé, esalta sé..
Ecco la differenza, i veri valori. La persona che parla
di Dio, glorifica Dio, e ignora se stessa, ha in Dio la sua grandezza: è Dio
che la fa grande. La Madonna: “L’anima
mia magnifica il Signore”: ecco la vera grandezza della creatura. La
Madonna è veramente la figura esemplare di ogni creatura, per cui ognuno di noi
dovrebbe poter dire in ogni istante: “L’anima
mia magnifica il Signore”: è lì la vera grandezza. Ed è anche la vera
liberazione. Potessimo dire in ogni cosa: “L’anima
mia magnifica il Signore”, saremmo liberi, perché chi ci incatena è il
pensiero dell’io, che ci fa dire: “Ma qui
che figura ci faccio, il mondo, gli altri, cosa diranno”. Qui la nostra
libertà è perduta: siamo in piene catene.
Pinuccia: È solo lo
Spirito che ci fa liberi?
Luigi: Sì, è solo lo Spirito che
ci fa liberi.
Debortoli: Dobbiamo
essere consapevoli della nostra missione, perché Dio ci ha creati e allora
dobbiamo sapere che cosa ci vuol far fare.
Luigi: Bisogna essere consapevoli
del nostro destino: Dio ci ha destinati a conoscerlo. Che cosa facciamo noi
ogni giorno per conoscerlo? Perché se so di essere destinato a diventare re, ad
esempio, già dall’infanzia mi preparo a diventare re e mi si educa a diventare
re. Ma tu uomo sei stato destinato a conoscere Dio, e cosa fai ogni giorno per
conoscere il tuo Signore?
Se quello è il tuo destino dove stai sprecando la tua
vita, i tuoi giorni? Il Signore ci dirà: vedi in che cosa hai sprecato la tua
vita? Non lo sapevi che io ti avevo creato per conoscere Me? E perché invece
hai consumato la tua vita in altro? Né potremo dire niente a nostra
giustificazione perché lo sapevamo, e tutto ce lo diceva, che eravamo stati
creati per conoscere Dio.
Debortoli: Possiamo
negarlo, ma non ignorarlo.
Luigi: Certo, non possiamo
ignorarlo, perché l’annuncio arriva a tutti.
Debortoli: La
creatura deve stare in stato di riposo o di attesa?
Luigi: Se Dio non parla, la
creatura non fa niente, riposa; perché il figlio non può far nulla se non lo
vede fare da Dio.
Pinuccia: Che cosa
s’ intende per questo riposo?
Luigi: Non far niente, se non lo
si vede fare al Padre
Pinuccia: Ma pensa
a Dio.
Luigi: Proprio perché pensa a Dio
è in riposo. Se non pensasse a Dio sarebbe in agitazione.
Pinuccia: Ma quando
agisce continua a stare in questo riposo?
Luigi: Sì, se agisce per Volontà
di Dio.
Rina: Non capisco come Dio
intervenga a dire: adesso tu fai questo, tu fai quello?
Luigi: Sì, certo; Dio parla, Dio
suggerisce. Se parlano le creature, a maggior ragione parla Dio. Bisogna
partire da quanto dice Gesù: “Il Figlio
non può far niente so non lo vede fare il Padre”. Tante volte ci immaginiamo
Dio come una statua, per cui facciamo lo yoga …. Stiamo fermi a guardare la
punta del naso o l’ombelico … No, Dio è un centro di vita, Dio è il Creatore,
più noi ci fermiamo a guardarlo, a contemplarlo, e più vediamo tutta la vita
che viene da Lui. Dio per poco che ci fermiamo a guardarlo, a pensarlo, già
suscita in noi un’infinità di problemi, per esempio.
Rina: Ma nelle cose materiali, di ogni giorno, quelle
cose lì ce la vediamo noi.
Luigi: No, Lui entra in tutto e
ci modifica tutto, ci modifica il modo di parlare, di pensare, di guardare, di
agire, tutto, perché Lui è novità in tutto e non c’è niente in cui si debba
dire: questo me lo debbo guardare io. Dio entra in tutto, ci illumina in tutto,
ci suggerisce tutto, per cui anche le parole che prima usavo, adesso non le
posso più usare, devo usare altre parole, perché Dio parla in modo diverso.
È la condizione per poter restare nel Pensiero di Dio,
altrimenti il pensiero di Dio se ne va via da noi.
Se cominciamo ad agire in modo autonomo, perché: “Beh, questa è una piccola cosa, me la
faccio da me, mi fa comodo così, ecc..”, questo mi porta via da Dio.
Bisogna poter dire tutte le cose: “ L’anima mia glorifica il Signore”.
Bisogna poter dire: “Faccio
questo, perché Dio vuole così”. Possiamo anche sbagliare, ma siamo in buona
fede, e allora Dio ci corregge. E ce ne accorgiamo, perché non abbiamo
difficoltà a cambiare il nostro proposito o la nostra azione: siamo staccati
dll’ io.
Invece se abbiamo difficoltà è perché c’entra il nostro
io, ciò vuol dire che non siamo guidati dal pensiero di Dio. Ma siamo guidati
dal pensiero di Dio, qualunque cosa, anche mentre la facciamo, se Dio ci
corregge, noi siamo disponibili immediatamente a cambiare.
Ora proprio in questa disponibilità a cambiare, si rivela
che in noi c’è lo Spirito di Dio che ci guida.
Se in noi c’è difficoltà a cambiare, è segno che il
pensiero dell’io ci domina. E Dio ci corregge: “Vedi? Tu credevi di essere con me, invece guarda che difficoltà hai”.
Per cui molte volte il Signore ci cambia le carte proprio per farci toccare con
mano.
Anche Giuseppe e Maria, creature sante, credevano che
Gesù fosse con loro. Ad un certo momento alla sera scoprono che Gesù non è con
loro e devono rimangiarsi tre giorni di fatiche.
Rina: Non posso pensare che Maria
si sia dimenticata di Gesù.
Luigi: No, ma lei credeva che
Gesù fosse col gruppo. Noi molte volte crediamo che Dio sia col nostro gruppo,
con la nostra compagnia, col nostro modo di vivere e andiamo avanti tranquilli,
perché è la regola, la comunità che ci fa vivere. E diamo per scontato la cosa:
Dio è con noi.
Ma una sera, quando magari ci mettiamo lì e chiediamo un
po’ di aiuto, un po’ di luce, ci accorgiamo che siamo in piena notte, che Dio
non è con noi. Perché Dio non è mai una cosa scontata; Dio richiede sempre il
superamento, la presenza del nostro spirito. Dio è Spirito e vuole adoratori in
spirito e verità.
Rina: Non è che Lui non sia con
noi, siamo noi che non siamo con Lui. E allora anche la Madonna non era con
Lui?
Luigi: Anche la Madonna non era
con Lui. Ma questo è lezione per noi: non per giudicare la Madonna. Il Signore
l’ha fatto accadere, non perché noi giudichiamo Giuseppe e la Madonna, ma per
dirci: se anche tu fossi creatura perfetta come la Madonna, sta attento, perché
può capitarti questo: ritenere che Lui sia nel gruppo; e te ne vai tranquillo e
alla sera tu ti accorgi che Lui non è con te. Ora la grandezza della Madonna e
di Giuseppe è questa: quando si accorgono che Gesù non è con loro, non si
rassegnano, partono e si danno da fare finché non Lo ritrovano. Noi magari
invece ci accorgiamo che Dio non è con noi, ma continuiamo grossolanamente a
vivere secondo le nostre abitudini, le nostre regole di vita ecc..
Pinuccia: Se entra
in tutto e ci suggerisce tutto, come facciamo a sapere ciò che Lui mi
suggerisce? Basta attribuire a Dio il pensiero che vi viene in mente?
Luigi: No, non basta attribuire
tutto. Certo, è Lui che ci suggerisce tutto, anche i pensieri che ci vengono in
mente, per es. di fare una certa cosa: perché nulla accade senza la Volontà di
Dio, quindi se in noi vengono i pensieri è Dio che li manda e dobbiamo
rispettarli come mandati da Dio; però tutte le cose che a noi arrivano, come
anche le cose che arrivano dall’ esterno, devono essere riportate a Dio se
vogliamo capire la volontà di Dio. Es. Se Dio manda un bue: non è che io debba
mangiarlo.
Tutte le cose che arrivano, anche i pensieri, devono
sempre essere portati da noi in Dio, raccolti in Dio, riferiti a Dio, visti in
Dio.
Pinuccia: Allora se
non sono in contrasto con Dio, vuol dire che vengono da Dio?
Luigi: Non ci siamo. Tutto viene
da Dio, tutto.
Pinuccia: Ma Dio vuole che non segua ciò che è in
contrasto con Lui.
Luigi: Le cose devono essere
viste in Dio, altrimenti noi siamo guidati alla cieca: mi viene un pensiero e
lo seguo; invece no. Certamente viene da Dio, ma devo valutarlo in Dio: Dio mi
chiede la partecipazione consapevole; Dio non opera con noi, come opera con gli
animali: agli animali suggerisce l’ istinto, e l’animale deve fare
necessariamente ciò che l’istinto gli suggerisce e fa la volontà di Dio; non
può farne a meno. Con noi no, con noi Dio ci chiede sempre partecipazione
consapevole al Suo Spirito, che è in tutto, ma che non si confonde con niente.
Per cui c’è sempre questo lavoro: riceve un dono da Dio, un pensiero: questo lo
debbo riportare a Dio, perché si illumini nello Spirito di Dio: è la
partecipazione consapevole.
Se noi non riportiamo a Dio, diventiamo degli automi, non
dei figli di Dio. Certamente Dio ci corregge sempre se siamo in buona fede. Ma
dobbiamo sapere che tutte le cose arrivano a noi da Dio e debbono essere
riportate da noi a Dio: è la pioggia che scende dal cielo e che feconda la
terra. Se Dio non parla, non ci manda i pensieri, la nostra terra diventa
arida, sterile, non produce niente. Così la pioggia; e la pioggia ritorna in
cielo, dopo aver fertilizzato la Terra. Quindi la parola di Dio arriva a noi,
ci sveglia, ci chiede di essere riportata nel pensiero di Dio, di essere vista
in Dio. Vista in Dio, si illumina, ci fa capaci di agire secondo Dio, nello
Spirito di Dio; altrimenti noi andiamo alla cieca dietro i nostri sentimenti e
desideri: abbandonati ai desideri del nostro cuore. No, lasciati guidare da
Dio, portalo a Dio, riferisci a Dio, interroga Dio, guarda Dio.
Pinuccia: E per
ottenere la risposta?
Luigi: Più siamo amici di Dio e
più questa risposta viene immediata, perché come Dio manda un
pensiero subito fa vedere nel suo Pensiero, il Padre fa vedere al Figlio tutto
ciò che fa. Se siamo lontani da Dio c’è tanta fatica per capire la volontà di
Dio, oppure i pensieri ci paralizzano. Arriva un pensiero e un pensiero è una
proposta, ma io non so camminare con questo pensiero, non so riportarlo a Dio,
resto bloccato: ecco, è l’uomo paralitico.
Più invece c’è
amicizia con Dio, e più questo lavoro è facilitato: è la tanta amicizia con Dio
che ci rende facile vedere le cose con Dio. Per cui più noi sostiamo a riferire
tutto a Dio, più raccogliamo in Dio e più Dio ci fa entrare nella sua intimità.
Anche le parole stesse di Gesù vanno sempre riportate a Dio, altrimenti
leggiamo e interpretiamo materialmente. Il Vangelo dice ad esempio: “Tagliati un braccio!”, “Cavati un occhio!”.
Mi taglio un braccio, mi cavo un occhio e che cosa ho risolto? No, il Signore
dice: “La carne non giova a niente” e
mi corregge: “Le mie parole sono spirito
e vita”. Cosa vuol dire? Vuol dire che tutte le sue parole vanno intese
nello spirito. E come faccio ad intenderle nello Spirito? Lui mi parla nella
carne e anche la carne mi parla di Lui; ma io debbo intendere il suo linguaggio
nel suo Spirito. È Dio che illumina le sue parole. Non basta quindi che io
riceva le sue parole: bisogna che le sue parole le veda alla sua Presenza, con
Lui, perché è Lui che me lo illumina: “Le mie parole sono spirito e vita”.
Quindi non dobbiamo agire stoltamente, altrimenti sono la vergine stolta che
legge materialmente. Legge: “Corri!” e mi metto a correre. Ma dove vai? Oppure:
“Vieni dietro di me”; allora per
andare dietro a Lui vado a finire nel deserto, oppure vado in un convento. Ma
questo è andare dietro di Lui? Lui non è il convento, Lui non è il deserto. Tu
identifichi Lui con quello? No, Lui non è questo. Allora cosa vuol dire andare
dietro di Lui? Ecco, che la parola va intesa nello spirito e non materialmente.
Tutte le parole di Dio vanno intese spiritualmente non materialmente.
Altrimenti vado a finire sul Monte
Bianco e mi fermo lì e sono salvo. Sei stolto, perché le parole di Dio vanno
intese nello Spirito di Dio. Gesù stesso dice: “Le mie parole è il Padre che le parla; è sempre il Padre che opera”.
Allora la parola non deve intenderla nel pensiero del mio io. Ad esempio se
dice: “Ho iniziato l’anno in casa” posso intendere “casa” in senso naturale e
in senso spirituale. Se intendo nello spirito di Dio, la casa non è più la casa
materiale, è qualcos’altro, è la casa vera, è il Padre; allora ho iniziato
l’anno con il Padre. Così tutte le
parole di Dio vanno intese nel pensiero del Padre, quindi spiritualmente. Se io
invece le intendo senza riferirle a Dio, le riferisco al mio io. Allora vado
sul Monte Bianco, dicendo: lì sono salvo.
Pinuccia: (continuazione
lettura riassunto) C’è un passaggio:
silenzio di tutto, per scoprire che Dio è il Pensiero di Dio: presenza in noi
che non si può più cancellare.
Debortoli: Nel
dubbio se sono io o Dio che mi muove, è questione di fede: credere sulla sua
parola, poi anche se sbaglio Dio mi corregge, no?
Luigi: Si, Dio ci corregge. Se
noi siamo disponibili a cambiare, man mano che Lui ci corregge, vuol dire che non
c’è il nostro io in mezzo; se invece noi non siamo disponibili, vuol dire che
c’è il nostro in mezzo.
Pinuccia: Noi siamo
spettatori delle opere di Dio e Dio ci fa partecipi: questa partecipazione ci
fa anche attori?
Luigi: Certo, lo spettatore
diventa attore. Però si è sempre spettatori pur essendo attori, e si è veri
attori solo se si è spettatori.
Rina: Prima di incontrare Dio,
tutto ci allontana da Lui, ma dopo averlo incontrato, tutto coopera.
Luigi: Per questo bisogna mettere
prima di tutto la preoccupazione di trovarlo. La vera preoccupazione nostra
deve essere questa.
Rina: Trovandolo resta tutto
risolto.
Luigi: Si, trovandolo comincia
una vita nuova.
De bortoli: Trovarlo
vuol dire sentire spiritualmente la sua presenza?
Luigi: Ma sia chiaro che non è un
sentimento. La vera preoccupazione di vita è trovare, non sentire, perché Dio
non è un sentimento.
Proprio mentre
scendeva, gli vennero incontro i servi a
dirgli: «Tuo figlio vive!». S'informò poi a che ora avesse cominciato a
star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha
lasciato». Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva
detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo
fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.». Gv 4 Vs 51-54 Terzo tema.
Argomenti: La sorgente della vita. L'ora in cui Dio
parla. L’approvazione
dell’universo. La nascita da Dio è
continua. La caratteristica della Parola. Le
contraddizioni. Il posto dell’io. La responsabilità della risposta alla parola di Dio. Sollecitati dalla paura o dalla carità. La stanza vuota. Figli delle nostre
opere. Il rischio di credere
alla parola di Dio. Il sette. Pecore del mondo o di Dio.
15/Gennaio/1978
Introduzione
di Luigi Bracco:
Sentiremo i
riassunti degli argomenti precedenti approfondendo questo “tempo”, questa “ora
precisa” che determinò la guarigione del figlio di quel funzionario.
“Ieri
alla settima ora la febbre lo lasciò”. Ed era quella l'ora in cui
Gesù aveva parlato.
Intanto
possiamo notare subito due argomenti:
-
1) La sorgente della vita: questo passo ci fa capire che la vita ci viene dalla Parola di Dio.
Già nelle tentazioni Gesù aveva detto: “Ogni
uomo vive di ogni parola che procede dalla bocca di Dio”. Se l'uomo trova
la vita nella parola di Dio, fintanto che si appoggia alle parole degli uomini
(e quindi anche alle parole del proprio io), trova la morte. Ci fa capire che
se la vita viene a noi nel momento che Dio ha parlato a noi, è per evidenziarci
che fintanto che Dio non parla a noi, cioè fintanto che noi ascoltiamo altri
parlare, non viene in noi la vita, ma cresce in noi la morte.
-
2) L'ora in cui Dio parla: come può essere che ci sia
un’ora in cui Dio parla? Dio è Colui che opera in tutto, è Colui che parla in
tutto, e se parla in tutto, parla sempre; ma il fatto che Lui parli sempre, è
in contrapposizione al fatto che ci sia un’ora in cui Egli parli. Eppure è
detto: “All’ora settima la febbre lo
lasciò”, cioè all’ora in cui Gesù aveva parlato.
Ci aiuta a
capire questo la parola stessa di Gesù che ci dice: “I figli di Dio, cioè coloro che sono nati da Dio, ascoltano le parole
di Dio”. Questo ci fa capire che fintanto che non siamo da Dio, non
ascoltiamo le parole di Dio.
Allora
notiamo questa contrapposizione nella nostra vita:
-
Dio che parla in tutto e quindi parla sempre;
-
noi che non ascoltiamo mai Lui parlare;
-
noi ascoltiamo parlare le creature, ma non udiamo il
parlare di Dio;
-
Dio parla in tutto e noi non lo sentiamo parlare in
niente.
Evidentemente
da questa contrapposizione deve scaturire ad un certo momento un punto di
contatto, quella è l'ora in cui Dio parla.
Qual è
questo punto in cui noi udiamo Dio parlare?
La vita
viene in noi non dal fatto che Dio che parli, ma dal fatto che noi udiamo Dio
parlare.
Esempio del
pane e della fame: la vita viene in noi non dal fatto che c'è il pane, ma in
quanto il pane si incontra con la nostra fame, cioè da questo punto di incontro
del pane con la nostra fame. Se il pane non si incontra con noi, non è che
l'esistenza del pane dia a noi la vita.
La vita
arriva a noi dal punto di incontro del pane con la nostra fame.
Tra il pane
e la fame c'è la stessa contrapposizione tra:
-
il Dio che parla in tutto (il pane),
-
e noi che non Lo riceviamo in niente (la fame);
bisogna che
la fame si incontri con il pane.
Qual è
questo punto di incontro tra il pane e la fame? Cosa si presuppone?
Perché noi
possiamo vivere con tutta la nostra fame, senza mai incontrare il pane?
Ad esempio
se la tazza del thè è piena, per quanto si versi, non riceve più. Così:
fintanto che la nostra vita è piena del pensiero del nostro io, abbiamo la
tazza piena. Se la tazza è piena, non si può versare altro. Anzi: siccome Dio
parla in tutto, tutto ciò che Egli versa in noi, si spande fuori di noi, ma non
entra in noi.
Ora, la
Parola di Dio reca a noi vita, in quanto entra in noi.
Ma quand’è
che la Parola di Dio entra in noi e noi ascoltiamo la Parola di Dio? Quando
viene questo “tempo”, quest’ora in cui Dio parla a noi Lo udiamo?
Sentiamo i
riassunti alla luce di questa domanda:
Pinuccia:
Lettura riassunti Domenica 20/XI (presso la Sig. De Bortoli): La realtà della
presenza di Dio in noi, ci sollecita ad un incontro personale a tu per tu con
Lui, “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: dacci ogni giorno una tua Parola
che ci serva di nutrimento e riempia il nostro giorno.
Domenica
27/ XI (presso la Sig. De Bortoli ):
Tutte
le creature ci sollecitano ad un rapporto personale con Dio per ascoltare da Lui
quella Parola che nessuna creatura può dire. La vita vera in noi nasce da
questo rapporto personale e intimo con Dio, in cui non c’è interposta
nessuna creatura (è il silenzio di tutta la creazione).
Luigi: Ecco che è venuta
fuori la risposta alla domanda posta.
Pinuccia:
(continuaz. Lettura riassunti ): Dio parla in tutto e tutto ciò che fa ha un
significato per noi, cioè lo fa per modificare il nostro rapporto diretto
con Lui, cioè il nostro pensiero.
Se
comprendiamo la lezione, muta l’ambiente intorno a noi. Per questo Gesù, ci
dice: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in
soprappiù “.
Quanto accade fuori (fosse anche un virus, un ragno,
ecc.) è in relazione con il nostro rapporto con Dio.
Luigi: Cioè, Dio parla in tutto, in ciò che a noi fa piacere e in ciò che a noi dispiace;
anzi, soprattutto in quello che a noi dispiace, perché in quello che fa piacere
a noi, Dio non ci modifica perché ci sentiamo approvati. Non è che Dio ci
disapprovi sempre in tutto (anche questo funzionario qui è stato approvato
sulla via del ritorno) perché quando si crede alla Parola, si cammina sulla
Parola, si nasce dalla Parola, le cose intorno incominciano ad approvarci.
Quando invece camminiamo su altre parole, le cose intorno a noi incominciano a
fare resistenza, a contraddirci, la nostra vita diventa sempre più difficile,
l’ambiente, ecc., ma è sempre Parola di Dio, per avvisarci che non nasciamo
dalla sua parola, che in noi operano altre parole e che quindi siamo sulla
strada sbagliata. Invece per poco che cominciamo a camminare secondo la Parola
di Dio che abbiamo ascoltato, subito Dio manda dei servi a confrontarci, a
confermarci che siamo sulla strada buona, prima ancora di arrivare a vedere
(quel funzionario non era ancora arrivato a toccare con mano che suo figlio
veramente viveva, ma già per la strada incontrò i servi che gli confermarono
quello che gli aveva detto Gesù).
Per cui ubbidendo
alla Parola di Dio, cominciamo a vedere le testimonianze del Regno di Dio,
cioè cominciamo a vedere il Regno di Dio intorno a noi.
Invece,
vivendo secondo altre parole, assolutamente, non lo possiamo vedere, però
subiamo i conflitti, le contraddizioni, gli urti di un mondo in conflitto, ed è
Dio che non ci approva.
Ines: Questi urti sono
determinati dalla bontà del Signore?
Luigi: Sì, tutto. Però
siccome Dio è un Infinito che ci chiama al suo Infinito, ci sollecita
continuamente a superarci. Noi siamo instabili, allora la stabilità di Dio ci chiama
a diventare stabili nel suo Verbo,come Lui è stabile. Noi siamo incapaci di
restare fermi, di restare fedeli, stabili in un unico pensiero, siamo
continuamente in balia di tanti pensieri (ce ne accorgiamo quando vogliamo
raccoglierci un pochino). Eppure siamo chiamati a diventare eternamente
stabili in un unico pensiero, perché è nel Pensiero di Dio che siamo chiamati a
vivere e a vedere tutte le cose, quindi siamo chiamati a questa stabilità
in Dio, fermi in Dio. L’infinito ci chiama alla sua vita infinita, a questa
partecipazione infinita della sua Verità, e noi, dato che partiamo dal nulla,
cominciamo ad ascoltare qualche sua parola; Lui ci approva su questo, però
essendo questo solo un trattino, ci sollecita a fare passi ulteriori, a
superarci, a superare la nostra mentalità, per aprire sempre di più la nostra
anima, la nostra mente a quella verità eterna che parla in tutto e che è
presente in tutto.
E qui
cominciamo a percepire come mai la Verità Eterna che parla in tutto, viene
percepita da noi soltanto in un punto.
Non riusciamo a percepire il Tutto, perché per percepire in Tutto dovremmo
avere le stabilità nella sua Verità in tutto. Invece, data la nostra
instabilità, la percepiamo in un punto. Es.: un cerchio ed una retta tangente
si toccano in un punto, così la nostra instabilità (curva) si tocca con la
retta infinita (Dio) in un punto solo, al massimo; per cui percepiamo solo in
quel punto lì la Parola, per noi; ma Lui parla in tutto, parla eternamente. Man
mano che noi cresciamo, la Parola ci sollecita continuamente, dandoci delle
lezioni che non ci approvano, che ci mettono in difficoltà. Ora, noi di fronte
a queste lezioni possiamo aderire o respingere. Le respingiamo attribuendole
alla creatura e quindi non vediamo Dio: scarichiamo su altri e non riceviamo la
lezione su di noi, e allora la lezione di Dio è perduta. Se invece noi
l’accettiamo da Dio, non la scarichiamo più sulla creatura: la lezione è per
me. E allora questo crea una modifica, anche se non capisco ancora, ma per il
semplice fatto che aderisco, l’accolgo, la lascio entrare in me (es. Pietro che
si lascia lavare i piedi dal Signore anche se non capisce), già questo opera in
noi una purificazione e una trasformazione. Dio opera per trasformare noi:
quindi amplia la nostra mente, il nostro cuore ad intendere parole, lezioni
successive.
Più noi
aderiamo, più Dio opera su di noi, fino ad aprirci l’animo al suo Infinito,
fino a farci diventare infiniti come Lui è Infinito, (cioè a sviluppare la
nostra curva, il nostro cerchio, in una retta infinita, in modo da combaciare
con la sua retta).
Ines: Chi ha già camminato
più con il Signore dovrebbe essere più stabile?
Luigi: Sì, più stiamo col
Signore, più diventiamo stabili.
Ines: A me pare sempre di
dover ricominciare.
Luigi: Certo, l’inizio della
vita sta nel ricominciare sempre, nel tornare sempre al
Principio, perché è il Principio che ci fa nascere alla vita vera.
Ma è proprio
questo suo parer sempre di ricominciare che ci raccoglie in una cosa sola e ci
rende stabili. La retta è fatta di molti punti ed in ogni punto c’è il
principio. Più noi ricominciamo, cioè più noi ci ricolleghiamo sempre con Dio,
da Dio, più costruiamo in noi la fedeltà.
Ed è vita
nuova, perché Dio è sempre per noi vita nuova, e ci sembra sempre di
ricominciare. Cioè non c’è una nascita da Dio una volta tanto, come c’è una
nascita qui in terra. La nascita da Dio è continua, perché Dio ci chiede
continuamente il superamento di noi stessi, perché Lui non è mai noi ed
eternamente non sarà mai noi, per quanto facciamo una cosa sola con Lui, perché
noi possiamo fare una cosa sola, senza essere mai Lui, cioè le nostre persone
non si confondono.
In Dio
stesso c’è un Essere solo, ma in Tre Persone. Vede che può esserci distinzione
di persone in un Essere solo. Noi siamo chiamati a fare una cosa sola con Dio,
ma le persone non si confondono.
Cosa vuol
dire che non si confondono le persone?
Vuol dire
che noi siamo chiamati continuamente a superare noi stessi e a glorificare
Dio, e viviamo nella misura in cui glorifichiamo Dio, magnifichiamo Dio,
pensiamo a Dio, parliamo di Dio.
E questo
è una nascita continua.
Ines: Ammesso che siamo
aperti.
Luigi: Certo, perché chi ci
fa nascere è la Parola di Dio. Se non siamo aperti ad essa non nasciamo.
Questa non è
una nascita una volta tanto, ma una nascita continua, eterna: “Oggi io ti ho
generato”.
Quest’oggi
è un oggi eterno. In Dio non c’è il prima o dopo: in Dio c’è l’oggi: “Oggi
ti ho generato”. Ed è quest’oggi qui che diventa eterno.
Per cui in
continuazione noi incominciamo e concludiamo in Dio. Tutta la nostra vita già
qui dovrebbe essere sempre un superare noi stessi, nascere da Dio e riportare a
Dio, concludere in Dio.
Allora Dio
diventa in continuazione il nostro Principio e il nostro fine, in
continuazione.
R: E questo riportare è
lodare?
Luigi: Sì, lodare e
glorificare, perché noi non possiamo sinceramente e
onestamente lodare e glorificare Dio se non riportiamo ogni cosa a Dio per
riconoscerla dipendente da Lui; se no sarebbe come violinare una creatura
perché mi fa un piacere, ma non son convinto che quella creatura veramente
valga, e allora abbiamo una lode recitata. La lode a Dio non è mettersi lì a
recitare salmi dal mattino alla sera, dire a parole: ecco io lodo Dio. La lode
a Dio consiste proprio nel riconoscere, quindi è un atto intellettuale, un atto
spirituale. Se no, sarebbe recitazione.
Dio non
chiede che ci mettiamo a cantare a Lui dal mattino alla sera. Soprattutto Dio
vuole essere conosciuto. Noi possiamo ad esempio a parole glorificare Dio
(possiamo anche bestemmiarlo a parole), possiamo anche lodarlo, ma a parole, e
il nostro cuore essere altrove. Ma quand’è che il nostro cuore è altrove? Il
nostro cuore è sempre altrove se noi non siamo convinti di quello che diciamo
con le parole. Ma per essere convinti dobbiamo averlo veduto altrimenti non
siamo convinti e diciamo una cosa fasulla. Non posso parlare di una cosa che
non ho mai visto, se no recito. Il Signore non accetta di essere glorificato
dai demoni. Il Signore ci chiede la convinzione.
Chi ci
convince è Lui, chi ci fa vedere è Lui.
Per arrivare
a vedere, dobbiamo credere alla Sua Parola; credendo alla sua parola, Lui ci
conduce a vedere: vedendo, si glorifica. Uno non può glorificare se non vede. Avendo
veduto, ha glorificato. Ma come ha fatto arrivare a vedere? Ha creduto.
Per credere,
bisogna aderire alla Parola. La Parola di Dio bussa alla porta nostra in
continuazione, perché tutto è opera di Dio, Dio parla in tutto.
Se parla in
tutto, allora la Parola di Dio non è mai la parola dell’uomo, degli altri o
nostra: Dio non si confonde mai: “Tu solo hai parole di vita eterna”. Quindi
Dio si distingue sempre dalla creatura, in tutto. La Parola di Dio non si
confonde mai con la parola che diciamo noi o con la parola che dicono gli
uomini. Allora, la sua parola, che è in tutto, in continuazione bussa alla
nostra porta e ci sollecita ad aderire a quella parola.
Ma per aderire
noi dobbiamo superare la nostra mentalità, quello che dicono gli altri,
quello che fa piacere a noi, il giudizio degli altri, la moda, le abitudini,
ecc.: è tutto un mondo da superare in continuazione: il mondo del nostro io e
anche il mondo dell’io, degli altri. Per cui, se noi assumiamo come criterio di
verità le parole degli altri, il giudizio degli altri, noi siamo chiusi alla
parola di Dio, perché al nostro criterio di Verità deve essere la Parola di
Dio, non quello che dicono gli altri non è mai la parola di Dio
Ora, la
Parola di Dio bussa alla nostra porta,in continuazione: se noi aderiamo a
questa parola, questa parola c’impegna ad un superamento, c’impegna
allora a camminare per credere quello che Lui ci annuncia. Perché la parola in
quanto giunge a noi ci annuncia qualche cosa che ancora non vediamo. Gesù che
lava i piedi a Pietro fa una cosa – e anche questo è parola – che Pietro non
capisce, a cui però deve credere, aderire, deve accogliere, lasciar fare.
Quando si dice credere, credere vuol dire accogliere tutte le parole che
giungono a noi, tutti i fatti che giungono a noi, perché in tutti i fatti Dio
parla. Vuol dire aderire, quindi non rifiutare, non respingere, non dire: son
gli uomini, no, perché in tutto quello che arriva a te c’è la parola di Dio.
Però quella parola di Dio non è quello che dicono gli uomini, sia ben chiaro, o
che fa piacere a te.
No, ti
annuncia una cosa che ancora non vedi.
Ecco, la
parola di Dio ha questa caratteristica, che in quanto parte da Uno che è
superiore a noi, dice a noi cose che ancora non capiamo e che ancora non
vediamo, ma che ce le promette perché ce le annuncia. La parola di Dio è una
promessa, è una promessa di una cosa che ancora non vedo, ma che Lui vuol farmi
vedere. Allora se noi crediamo, aderiamo a questa parola, ci impegniamo
con la fede e la speranza, di arrivare a vedere quello che Lui ci promette facendoci giungere questa parola. Se ci
impegniamo, ecco, che ad un certo momento Lui ci illumina su la Verità che Lui
ci ha detto. Come vediamo la Verità, glorifichiamo perché vedendo, si
glorifica : ecco la lode a Dio. E la
vera vita sta in questo.
E più noi
entriamo nella vita, cioè più noi glorifichiamo Dio, e più abbiamo la
possibilità di fermarci con Dio. La lode a Dio è un fermarci con Dio, perché è
un estendere, parlare di, ma parlando restiamo. Ecco allora che la nostra
capacità di restare con Dio si amplia, si allunga, diventiamo più fermi, più
stabili. E quindi, chi ci rende stabili, è Lui col suo parlare.
È la sua
Parola che dà vita a noi. Dare vita è dare la possibilità di
restare in comunione con Lui. La vita viene dalla comunione con la sua Verità,
con Lui. Ma se io dico una cosa e subito vedo la contraddizione, una cosa
contraria, io non posso più restare in questa cosa qui: la cosa contraria me la
porta via.
Noi nel
pensiero del nostro io stiamo andando verso una contraddizione continua, per
cui non potremo restare in niente. Il demonio è stato definito come colui che
non trova pace in nessun luogo, che non può restare in nessun luogo: né in
cielo, né in terra. Perché? Perché come mette piede in una cosa subito è
contraddetto dall’altra.
Ora, queste
contraddizioni noi le portiamo in noi stessi, nel pensiero del nostro io, nel
pensiero degli uomini, delle parole e opere degli uomini. E allora ci
avviciniamo verso la morte.
La morte è
poi in questa dispersione, questa incapacità di restare in, per cui come
sentiamo in una cosa, subito abbiamo già immediatamente la contraddizione,
anche semplicemente come pensiero dentro di noi. Ma quando uno sosta in una
cosa, in un pensiero magari, e subito è contraddetto da altro, non può più
restare né nell’uno né nell’altro, e allora abbiamo un’instabilità continua;
non troviamo un luogo di pace: la pace è in Dio. Ma noi entriamo in questa pace
nella misura in cui aderiamo alla Parola di Dio. Aderiamo alla Parola di Dio,
vediamo ed è una visione che non è contraddetta, perché ubbidendo alla Parola
di Dio, troviamo le conferme: tutto diventa Regno di Dio. E se tutto diventa
Regno di Dio; tutte le creature ci confermano.
Invece
lontani da Dio, se noi cerchiamo la vita nelle creature, nelle cose, nel mondo,
nel denaro, ecc.; abbiamo tutte le creature che ci contraddicono, dicendoci:
no, noi non siamo Dio.
E se io
scambio una creatura per Dio, per l’Assoluto e pretendo quindi che quella
creatura sia assoluta, la creatura stessa scappa, dicendo: “Io non posso essere
Dio, non posso essere perfetto come tu vuoi che io sia, perché tu vuoi che io sia Dio, non posso essere assoluta e
immutabile come tu vuoi che io sia assoluta e immutabile”.
E allora, di
lì tutte le difficoltà della nostra vita: le angosce, le paure, ecc., perché ci
siamo abbarbicati ad una cosa che si sta sciogliendo.
Se io
andando in montagna mi afferro ad una radice, ad un filo d’erba, il filo d’erba
cede, la radice cede ed io precipito giù. Ecco, l’angoscia.
Ma noi nella
nostra vita continuamente ci afferriamo, salendo su di una montagna, a delle
radici, a dei fili d’erba che sono fragili e si staccano.
Di fronte a
questa minaccia, ecco la paura e l’angoscia, perché noi abbiamo bisogno di un
sostegno in continuazione. E ci afferriamo alla creatura e la creatura viene
meno, e ci afferriamo al denaro e il denaro viene meno, e ci afferriamo ad una
nazione e la nazione viene meno, e tutto ci contraddice, anche la scienza
stessa ad un certo momento muta, per cui non c’è luogo “ubi consistam”, su cui
io possa mettere piede e fermarmi: è la lezione di Dio in tutte le creature
attraverso le quali ci dice: “Noi non siamo quello che tu cerchi, noi non siamo
Dio, cerca più in su, alza gli occhi, Dio è Spirito, Dio non si confonde con
nessuna creatura”.
Ines: Ma il nostro io è una
creatura buona di per sé, no?
Luigi: Certo, ma va tenuto al
suo posto. Il nostro io come creatura va
sempre mantenuta unita a Dio, cioè Dio è il primo, il nostro io dopo. Il nostro
io come tutte le creature, va sempre mantenuto in subordinazione a Dio: Dio è
il primo, noi veniamo dopo; Dio è il Creatore, io debbo nascere da Lui; Dio è
il Maestro, io debbo essere il discepolo. Allora l’io è buono, come discepolo.
Cioè deve
stare al suo posto. E stare al suo posto vuol dire che non deve essere mai al
centro dei nostri pensieri, il punto fisso di riferimento.
Se io
determino la mia vita in base a: questo mi piace, quello non mi piace; questo è
simpatico, quello è antipatico, faccio le mie scelte in base ai miei
sentimenti, allora il punto fisso di riferimento è il mio io, e sfaso tutto.
Il nostro io
invece non deve essere al centro dei nostri pensieri e dei nostri riferimenti,
deve essere in periferia, allora è al posto suo.
Al centro
dei nostri pensieri ci deve essere Dio.
Dio è il centro.
Allora tutte le cose che arrivano a noi, non le dobbiamo fermare alle nostre
impressioni, cioè non dobbiamo lasciarci guidare dalle nostre impressioni, dai
nostri sentimenti, ma dobbiamo andare oltre.
Come tutte
le creature dicono a noi “noi non siamo il tuo Dio”, anche il nostro io,
creatura, dice a noi : “io non sono Dio, e allora non fermarti a me, non
prendere le lezioni da me, da quello che io ti dico di sentire”. Infatti il mio
io dice: “io sento questo”, ma io non lo
debbo udire, debbo andare oltre, debbo cercare presso Dio.
È la lezione
del piede pestato: la reazione dell’io è subito questa: ripagare chi mi ha
pestato un piede con la stessa moneta; fare le guerra all’altro, perché l’altro
la fa me. No, vai oltre, il tuo io sente questo, ma tu và oltre, non ti devi
lasciar guidare dall’io, ma da Dio.
“Ma Dio non
Lo vedo”. Ecco, appunto: supera te stesso, supera le tue avversioni. Il nostro
io si ferma alle impressioni, ai sentimenti, alle intuizioni, al mi piace o non
mi piace; no, va oltre, non lasciarti guidare da questo, devi arrivare
all’anima.
Come nel
nostro vivere quotidiano, noi diciamo: non dobbiamo lasciarci guidare dalle
impressioni, ma dobbiamo sempre subordinare ogni nostra scelta, ogni nostra
azione al pensiero, alla ragione, per cui in ogni cosa se non pensiamo,
sbagliato:come mai, se in ogni cosa se noi non pensiamo sbagliamo? Vuol dire
che noi possiamo agire senza pensare;
e quante volte noi agiamo senza pensare! Vede che c’è allora
un’azione che è una risposta ad uno stimolo: noi rispondiamo per sentimento,
ecc., rispondiamo così, ma non abbiamo pensato, allora sbagliamo. E
allora, come nella nostra vita bisogna sempre subordinare tutte le nostre
impressioni alla riflessione, al pensiero (e questo è una lezione, una
significazione) perché se noi vogliamo risolvere un problema senza pensare,
certamente noi sbagliamo, così è per la nostra vita dello spirito. E come mai
noi sbagliamo se non pensiamo?
Vuol dire
che la luce ci viene dal pensiero: il pensiero è una fatica, però bisogna
pensare.
Così è lo
stesso: in tutte le cose che arrivano a te, non fermarti alle tue impressioni,
va all’anima, va al pensiero. Ma il Pensiero del nostro pensiero è Dio.
È Lui che illumina, perché il nostro pensiero da solo è come i nostri occhi: i
nostri occhi da soli non vedono, hanno bisogno della luce: e il nostro
pensiero, la nostra ragione anche, da sola è cieca: ha bisogno della luce.
E la luce
del nostro pensiero è Dio. E allora va oltre,
cerca presso Dio.
E come
faccio a trovare Dio?
Tu non potresti
trovare Dio, se Dio non abitasse in te. Ecco, è Dio che per primo parla, è Dio
che per primo si dona e, in quanto si dona, dà a te la possibilità di pensarlo.
E se dà a te la possibilità di pensarlo, non trascurarlo, perché Dio è
con te, Dio parla in tutto. Se parla, ti dà la possibilità di ascoltarlo,
quindi non trascurarlo, perché se lo trascuri, nasce la colpa.
Se Dio non
parlasse, noi non saremmo in colpa, ma in quanto parla, ecco noi siamo in colpa
se non ascoltiamo Lui. Perché Lui ha parlato, la sua parola è data: per questo,
se noi non ascoltiamo nasce la colpa.
La colpa
viene dal rispondere: l’uomo invitato diventa responsabile. La responsabilità
nasce in quanto uno mi ha interrogato, Uno ha parlato a me .
Noi possiamo
anche rifiutare, respingere Dio, ma non possiamo ignorarlo; noi possiamo anche
dirci atei (ateo vuol dire: rifiuto Dio): lo rifiuto ma non posso ignorarlo.
Perché non posso ignorarlo? Perché la Parola mi è giunta. Quando camminando per
la strada vedo un cane, il cane lo vedo, gli posso dare un calcio, lo posso
subito dimenticare, però l’ho visto. Se qualcuno mi chiede se l’ho visto, posso
negarlo, però non lo posso ignorare: l’ho visto. Le cose entrano in noi.
Così in
tutte le cose c’è la Parola di Dio.
Ma la parola
di Dio è più forte di noi, ed essendo più forte, come si annuncia, ci
rende responsabili: non possiamo dire di non averla udita.
E quando nel
giudizio, Dio ci dirà: “Io ti avevo parlato”, noi non lo potremo negare:
“È vero, Tu mi avevi parlato”.
Noi non
possiamo dire: “non è vero”; a parole sì lo
possiamo dire. Cioè abbiamo una dualità in noi : abbiamo la possibilità di dire
a parole: no; ma in coscienza non possiamo dire no, ma: sì; la nostra coscienza
dice: “sì, tu sei un bugiardo, perché a parole tu dici una cosa, mentre tu sai
che l’hai visto”.
Ecco, la
parola di Dio arriva a noi, anche senza di noi (“ Verrà l’ora in cui anche nei
vostri sepolcri udirete la Parola di Dio”), e si fa sentire da noi, anche nel
nostro io.
Adesso qui
viene la responsabilità, la risposta: possiamo credere (aderire) o possiamo
rifiutare; ma anche rifiutandola, non possiamo negare di averla udita. La
rifiutiamo, però l’abbiamo udita.
“Quante
volte Gerusalemme, Gerusalemme, ho cercato di riunirti, e tu non hai visto”: ma
Lui è venuto.
Quindi Dio
entra nella nostra vita, Dio parla: questo è l’inizio, la nascita, la nascita
nuova della creatura nuova.
Prima
nasciamo per opera d’altri sulla terra, qui non nasciamo più per opera d’altri.
Qui nasciamo in quanto aderiamo alla parola di Dio e qui comincia la nostra
vera vita personale, perché ci assumiamo su di noi questa responsabilità: è
un’adesione. Senza di noi, non nasciamo.
Nella nostra
vita terrena, noi ci troviamo in una continua sollecitazione da parte di Dio a
questa nascita personale. Ecco perché con Dio la vita è personale, non è di
gruppo, non è di massa, non è di società: essa richiede questa adesione che è
una adesione personale. Se noi aderiamo, allora ci impegniamo a camminare
sulla parola di Dio: siamo nati dalla parola di Dio. È la parola di Dio che fa nascere. Cfr.: confronto tra il
funzionario che arriva a Gesù e il funzionario che parte da Gesù. Il
funzionario quando arriva a Gesù, arriva motivato dal figlio che sta morendo,
sollecitato dalla morte, preoccupato dalla vita che viene meno.
Noi
arriviamo a Gesù (perché Gesù arriva a noi) sollecitati dalla nostra vita
che viene meno, perché è sempre un
morire continuo, quindi siamo motivati dalla morte. Così arriviamo a Gesù.
Gesù
parla.
Se noi crediamo alla Parola di Dio, allora iniziamo una vita nuova, motivata
dalla Parola di Dio.
Il funzionario nel ritorno, non è più motivato
dalla morte;
ritorna al figlio, a casa sua, sulla parola di Dio: “Và tuo figlio vive”. Lui
credette è andò. Qual è il motivo che lo spinge adesso ad andare? La parola di
Dio. Ecco qui abbiamo la creatura nuova; la creatura è nata dalla Parola di
Dio.
Nella nostra
vita succede questo. Prima nella nostra vita
terrena, tutte le nostre preoccupazioni, tutte le nostre ansie, fatiche, il
nostro lavorare, le nostre tribolazioni, sono tutte determinate dal pensiero
della vita che viene meno, dalla morte crescente; quindi abbiamo paura di
perdere questo o quello, di perdere la salute, e allora ci assicuriamo con le
mutue, le medicine, ecc.: abbiamo paura che ci mancano gli affetti, abbiamo
paura di restare allo sbaraglio, allora ci assicuriamo una casa; cerchiamo il
denaro per renderci al sicuro: è sempre tutto un correre, perché siamo
sollecitati da una paura: ecco, qui non siamo nella vita.
Nella vita
dello spirito, non siamo più sollecitati dalla paura, ma dalla carità,
dall’amore, dalla conoscenza di Dio . Allora qui abbiamo la Verità di Dio
che ci fa vivere. Nella Verità di Dio non si cammina più nella paura, anzi
si loda Dio in tutto, si glorifica Dio in tutto perché c’è sovrabbondanza
di vita, c’è pienezza di vita con Dio, c’è gioia, come dice Gesù: “Chiedete e
vi sarà dato, affinché vi sia in voi pienezza di gioia”.
Di lì viene
la lode a Dio, la glorificazione di Dio perché
si vede il Regno di Dio, si constata il Regno di Dio.
Prima non lo
vediamo, ma vediamo altri regni: vediamo che domina il denaro, dominano gli
uomini, dominano le passioni del mondo e siamo tutti in balia di questo.
In questo caos
la Parola di Dio si annuncia: se noi aderiamo alla Parola di Dio, ecco, allora seguendola,
Dio ci conduce a vedere in tutte le cose il suo Regno, anche in quello che
prima noi dicevamo caos, ecc., era tutto opera di Dio che opera a livelli
diversi, disegni suoi, per sollecitare le creature alla vera nascita, a nascere
personalmente. È un po’ come il sole che opera sulla massa d’acqua sul mare, ed
è tutta una tribolazione di queste molecole d’acqua ( anche se noi non la
vediamo ) perché sollecitate dal calore dalla luce del sole, sono richiamate
dalla profondità in cui si trovano, poco per volta ad arrivare alla superficie,
e come arrivano alla superficie diventano vapore e vanno in cielo.
È tutta la
sollecitazione dalla luce e dal calore del sole.
Così anche
noi siamo in questo mare, in cui tutto si agita, le onde, ecc., e siamo in
balia di tutto: però c’è la luce di Dio che penetra e riscalda, e man mano che
riscalda ci porta su dall’abisso, dalla profondità in cui ci troviamo, fino ad
arrivare a poco per volta alla superficie, a quell’orrizzonte in cui, ecco, le
molecole, diventano vapore: abbiamo il cambiamento di stato: abbiamo la nascita
della creatura nuova.
P:
(continuazione della lettura dei riassunti). Ricerca della parola che dà vita:
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cioè: dacci oggi una parola che fa
vivere.
(Arrivo
di Cina, quindi breve riepilogo dell’argomento trattato):
Luigi: L’argomento di stasera
è: l’ora in cui Gesù parla. Perché la vita viene dalla parola di Dio.
Qual è
quest’ora in cui Gesù parla? Il figlio di quel funzionario cominciò a star
nell’ora in cui Gesù aveva parlato. Cioè qual è l’ora in qui Gesù parla alla
nostra vita?
Perché è
in quest’ora che cominciamo a guarire, a stare meglio.
Qual è
quest’ora?
Pinuccia: L’ora settima
Cina: Non è sempre? Solo di
qualche volta?
Luigi: Dio parla sempre,
perché parla in tutto, noi però lo sentiamo mai, sentiamo parlare tutt’altro. E
qui Gesù lo conferma perché dice: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; per
questo voi non ascoltate, perché non siete
da Dio”.
Quindi
fintanto che noi non siamo da Dio non ascoltiamo le parole di Dio.
Eppure Lui
parla, parla in tutto, ma noi non sentiamo, non ascoltiamo, noi vediamo altri,
sentiamo altri, attribuiamo le parole, ma non a Dio. Allora, tra il tutto di
Dio e il niente nostro, c’è un certo momento in cui c’è un passaggio in questo
momento del passaggio c’è il punto, l’ora in cui Dio parla a noi: si tratta ora
di approfondire quand’è che si realizza quest’ora.
Sentiamo gli
appunti alla luce di questo.
Pinuccia:
(continuaz. lettura): Dovremmo invocare ogni mattino il pane del giorno che ci
dia nella giornata la possibilità di pensare a Lui, che ci aiuti a pensare a
Lui, perché i nostri pensieri sono sempre disorientati, in balìa del mondo.
Allora
invochiamo che ci faccia incontrare una sua parola che ci serva di sostegno e
di guida per tutti i nostri pensieri durante la giornata: invocarla,
specialmente il mattino: “Dacci oggi una parola, il pane quotidiano”, perché se
la stanza è vuota viene occupata dal demonio.
Bisogna
allora invocare questa parola, perché la nostra stanza sia occupata da un
pensiero di Dio.
Parlando
Dio ci fa pensare a qualcosa. Se pensiamo a qualcosa è perché Dio parla a noi.
Ci
lega attraverso tutte le sue parole.
Abbiamo
bisogno di restare uniti a Dio, ma non siamo noi che restiamo a Lui, ma è la
Sua Parola che ci tiene uniti a sé. Il grave è quando attribuiamo qualcosa
non a Lui, ma a noi o ad altri, a colpe nostre o di altri, e allora questo
diventa un motivo di disunione. La colpa sta proprio in questa dimenticanza di
Dio.
Non
dovremmo mai uscire di casa, incominciare a lavorare, camminare, prima di aver
invocato e trovato quella parola che è bene per la nostra giornata; cioè
riempirci di calore dentro per non subire il freddo fuori. Allora la stanza
interiore è piena, e anche se usciamo fuori nessuno ci potrà distogliere.
Bisogna preoccuparci di averla e non avventurarci prima di averla trovata.
Luigi: Cioè, non dobbiamo
avventurarci nelle cose del mondo se non abbiamo riempito
prima la nostra anima del pane di Dio, cioè di una parola di Dio.
E questo
tutti i giorni: perché se noi ci avventuriamo con la stanza vuota,
immediatamente entra il mondo con gli argomenti suoi. E noi non abbiamo in noi
la forza per resistere, e rimaniamo preda.
Es. una
persona che cammini per via Roma senza sapere dove andare: tutto l’attrae,
tutto la distrae, tutto la disperde: si ferma a tutte le vetrine; è sbandata,
non sa dove andare. Se invece noi partiamo di casa con uno scopo ben preciso,
passiamo davanti alle vetrine, incontriamo le persone, ecc., ma non ci
fermiamo. E più siamo preoccupati (per es. come quando si ha una persona molto
cara ammalata ) e maggiormente noi, pur passando in mezzo a tante cose, stiamo
liberi, camminiamo liberi.
Questa libertà
da tutte le pressioni, da tutte le cose intorno a noi è determinata da
quello che portiamo dentro di noi.
Se noi
dentro siamo vuoti, siamo in balia di tutto quello che accade intorno a noi e
allora non viviamo, siamo lacerati, portati via da tutti, dispersi. Dobbiamo
allora preoccuparci di questo: dovremmo sempre interrogarci prima ancora di
avviarci nel mondo, un momento: ho qualcosa dentro o sono vuoto? Se sono vuoto
allora è fatale che la mia giornata passerà a vuoto, lacerata da tutto e alla
sera mi troverò morto e con grande fatica a ricostruire.
Allora
l’importante è partire chiedendoci questo: ho trovato il pane per oggi? Cioè la
mia anima è piena di un pensiero, di una parola di Dio che mi occupi, che mi
impegni, che mi dia vita?
Allora
qualunque cosa accada noi lo osserviamo sotto un certo angolo di luce della
parola di Dio, allora le cose arrivano, ma ho questo pensiero e le vedo sotto
questo; e allora la cosa non può far male, perché non c’è nulla che faccia
male.
Le cose
fanno male in quanto noi ci siamo già fatti male da soli, ci siamo fatti male
nei riguardi di Dio, ci siam privati. Essendoci privati della vita, tutte le cose ci
portano via la vita.
Nel mondo
biologico ci sono degli insetti che hanno lo scopo di distruggere quello che è
morto: sono i necrofori. Per cui un insetto quando muore, ci sono questi altri
che hanno lo scopo di compierne il funerale, cioè di distruggerlo, di
disperderlo. E così tutte le cose, cioè tutto il mondo fa male a chi già sì è
fatto male.
Ma chi invece
ha introdotto Dio in sé, ha la vita in sé, tutte le cose lo aiutano a vivere,
non gli fanno male, anzi lo aiutano, lo sollecitano a vivere di più. Ci
aiutano a restare maggiormente in Dio.
Perché
invece noi troviamo tanta difficoltà a restare in Dio? È perché abbiamo già
seminato in noi il distacco da Dio, e allora tutte le cose ci rendono
instabili, ci portano via, e noi ci lamentiamo di tutte le cose di fuori, che
ci troviamo in un ambiente difficile, ecc.. Ma il Signore ci farà capire un
giorno: “No guarda, le cose di fuori non ti portavano mica via, perché se tu
dentro fossi stato con me, tutte le cose ti avrebbero aiutato a restare in me,
ti avrebbero legato di più anziché portati via”.
E noi non
avremo nemmeno la soddisfazione di poterci giustificare: ma io mi sono trovato
in un ambiente difficile che mi portava via. No, niente ci potrà giustificare,
e d’altronde è logico.
Rina: Uniti a Dio tutto
coopera, lontano da Dio tutto ci porta via.
Luigi: Tutto distrugge, tutto
disperde, tutto nuoce.
E nuoce
appunto per farci toccare con mano che noi non siamo con Dio; è la morte
crescente ed è ancora un’ opera di misericordia da parte di Dio che ci avvisa:
tu ti credi vivo, ma guarda che sei morto, affinché tu faccia in fretta a
recuperare la vita.
S. Giovanni
nell’Apocalisse che scrive al Vescovo di Laodicea: “Tu ti credi ricco e forte,
ma guarda che invece sei misero, sei morto, sei povero“. “Quindi fa in fretta a
recuperare”.
Son parole
di Dio, son lezioni.
Tu ti credi
vivo, no, guarda, sta attento, e allora ecco che il Signore ce lo dice a fatti
(poiché Dio parla con i fatti) che ci lacerano, ci disperdono, ci
rendono invasi (campi d’invasione di tutte le cose): è il Signore che ci dice:
guarda che stai morendo, affrettati, non perdere tempo.
È opera di
misericordia di Dio, poiché Dio parla in tutto.
Pinuccia: (continuaz. lettura ):
Preoccuparci allora di avere ogni mattina una parola di eternità che ci
riempia la giornata, per cui noi camminiamo, per cui noi camminiamo presi
da questa parola, da questo amore, da questo pensiero, in modo da udire Dio che
ci dice in ogni cosa, anche in malattia, ecc.. : “Sono Io che parlo con te”.
E nessuno
può smentirlo, perché tutto è opera di Dio. Dovremmo poter dire in ogni cosa,
in tutto: “Sei Tu, sei Tu”.
È necessario
molto tempo e disponibilità per sentire tanto parlare di Dio, non stancarci mai
di parlare di Dio e fermarci molto tempo per assimilarlo.
“Io sono
Colui che parlo con te” e ci assicura che ci condurrà a questo, in quanto si
annuncia.
Per cui Gesù
ci dice: “Entra nella tua stanza e lì nel segreto invoca il Padre tuo”, anche
per fede, anche se non lo vedi, perché la fede ti dice che è presente.
Dal momento
che non posso smentirlo, per fede mi devo raccogliere in Lui anche se non lo
vedo, perché Lui è presente.
Quindi far
tacere le altre voci per ascoltare la Sua parola. Più l’ascolto, più mi parla,
più mi convince, più mi lega, più mi svela il suo Volto: Si scopre il Tu che ci
libera, anche se avviene nella fede, perché è Lui che ci dice che è presente.
Lui non ha difficoltà a rivelarci la sua presenza, perché è già presente, ma è
la nostra distrazione e superficialità che ci impedisce di coglierla. Abbiamo
l’occhio malato. Si scopre la sua presenza quando Lui fa suo il nostro
pensiero.
La
condizione per arrivare qui è l’
ascolto, come la Samaritana che fu condotta a questa rivelazione: “Sono Io che
parlo con te”, perché rimase nell’ascolto. Dobbiamo rimanere nell’ascolto
sempre. E Gesù ci promette: “Dove sono Io sarete anche voi”. È Lui che ci
riferisce e che ci fa sognare di restare lì, ci dà la nostalgia di permanere,
di realizzare una vita con Lui.
Continuazione
riassunto 27/XI/77: Tutto è opera angelica per portarci a questo rapporto
personale con Dio, ma non è detto che noi arriviamo a questo rapporto personale,
perché nulla avviene per automatismo: ci vuole la partecipazione personale,
adesione libera nostra personale.
Però questo
rapporto personale si realizza solo nel silenzio di tutto, nel silenzio totale
di tutto ciò che non è Dio. Quindi non solo dobbiamo parlare di noi agli altri,
ma neppure dobbiamo parlare di noi a noi stessi, perché nessuna creatura
si può mettere in mezzo tra noi a Dio.
La salvezza
appunto sta in questo rapporto personale, non di massa; se non avviene questo,
la creazione, che è tutta opera angelica, fallisce, e tutte le creature ci
rimprovereranno.
Noi non
cercando Dio tradiamo tutta la creazione.
Fintanto che
non entriamo in questo rapporto personale ci allontaniamo da Dio, sperimentando
il caos e la schiavitù. La vita, l’ io nuovo nasce da questo rapporto
personale. E ciò che Dio ci dice in questo rapporto, nessuna creatura ce lo può
dire. Tutto ci convoglia lì. Però per entrare in questo rapporto è
necessario il superamento dell’ io. Ci vuole la fede e ci vuole anche un
aiuto, una sollecitazione che può venire dalle creature o anche dal dolore come
è avvenuto per questo funzionario che aveva la fede ma è stato sospinto dal
dolore (dal figlio ammalato) a cercare questo rapporto con Gesù, questo
incontro.
Anche lui
“aveva sentito dire” (ecco l’opera angelica ) ed era andato, aveva cercato
questo rapporto personale.
Questo
rapporto personale all’inizio si realizza nella fede, per giungere alla
conoscenza della visione.
La partenza
è per fede; l’arrivo è conoscenza.
Ci vuole la
fame e il dono. La fame è la capacità di assimilare il dono. Ma per arrivare ad
assimilare il dono bisogna arrivare a selezionare tutte le nostre fami fino
ad arrivare ad avere solo fame di quello. Cfr.: le nozze di Cana: prima
Gesù era uno fra tanti e l’opera di Dio è stata quella di rivolgere
l’attenzione di tutti solo più di Lui.
È lo stesso
processo della vita che è selezionatore di interessi, ma l’ importante è
arrivare s Dio non obbligati dagli avvenimenti, ma per desiderio nostro, perché
allora l’anima sarà preparata per accogliere Dio.
È la vita
stessa, cioè Dio, che ci incarica di selezionare i nostri interessi, ma se
aderiamo noi stessi a questa delezione, o se li selezioniamo noi, allora il
nostro animo è preparato all’incontro. Perché se noi non vogliamo entrare in
questo rapporto personale, Dio non ce lo impone. Ci offre la vita, ce la
propone, ma non ci obbliga.
Una volta
iniziato questo rapporto, non può più venir meno, perché si scopre una cosa
talmente importante che non si può più lasciare: si capisce che tutto era in
funzione di quello.
Ora se la
vita viene da Dio, non possiamo attingerla dalle altre cose, da ciò che non
è Dio.
Guardiamo a
Maria che dice: “Si faccia di me secondo la tua Parola”. Questo lo può dire nel
silenzio di tutto ciò che non è Dio.
Si erano
letti i riassunti degli argomenti precedenti (la necessità di riportare i doni
a Dio).
Poi si parlò
sul problema posto da Eligio:
-
Perché costa così tanto il superamento dell’ io?
-
La sofferenza viene dal fatto che l’io ha già stabilito
le sue aderenze.
Eligio: È già una buona
risposta. La rinuncia non è rinuncia, ma è lasciare un meno per aderire ad un
più.
Pinuccia:
(continuazione lettura) Ma perché c’è la sofferenza per superare l’io, se Dio
ha fatto le cose bene? All’inizio non era così.
Eligio: Perché non abbiamo la
visione né conoscenza di quello che è il più che noi troviamo abbandonando
l’io.
Pinuccia:
(continuaz. lettura) Si, però all’inizio, nel pensiero di Dio il superamento
dell’io non era una sofferenza; non sarebbe così se non fosse avvenuta la
tragedia, cioè quando Adamo prese coscienza di sé, si rese autonomo da Dio: non
riferendo più il suo io a Dio (l’io era stato creato nel pensiero di Dio),
incominciarono le aderenze errate. È lo staccarci da queste aderenze che
provoca la sofferenza, perché di per sé, il superamento dell’io dovrebbe essere
gioia; perciò è facile amare Dio quando non ci sono aderenze.
Luigi: Si, ma è anche giusto
il fatto che noi non vediamo ancora: questo è sofferenza.
Si tratta di
partire verso una cosa che ancora non vediamo.
Pinuccia: Però Adamo soffriva
anche se non vedeva?
Lui alla
sera conversava con Dio.
Luigi: No, li non c’era
sofferenza. La sofferenza viene col peccato.
Il peccato è un atto di autonomia, cioè ha dato luogo a qualche cosa senza
riferirlo a Dio, cioè nel pensiero dell’io. Questo basta. Come nasciamo da noi
stessi, incomincia subito la morte ad operare in noi e quindi ecco questa
tribolazione, la fatica. Infatti il Signore maledice tutta la terra in
conseguenza del peccato di Adamo: “Ti produrrà triboli e spine”.
Che cos’è
questo? “Tutti gli avvenimenti, tutte le cose saranno per te motivo di
sofferenza, di tribolazione, di fatica”. Ecco la fatica dell’ uomo, in
conseguenza di questo.
Basta una
parola sola, un pensiero solo di autonomia, non riferito, non raccolto in Dio che un
fiume, un’onda ci trascina lontano, chissà dove. Ecco, tutta la tribolazione
che si scatena in noi per farci ricuperare.
È la
giornata di lontananza di Giuseppe e di Maria da Gesù: per una giornata di
cammino di allontanamento da Gesù si son dovuti rimangiare tre giorni di
tribolazione: Ecco, è la terra che produce triboli e spine, perché non ti sei
accorto che Gesù non era con te; ti sei fidato del gruppo, della massa, credendo
che Gesù fosse lì, e invece Gesù non c’era, e poi hai tribolato per tre giorni.
È tutto lezione per dirci: sta attento a non lasciar partire nulla, né una
parola, nè un pensiero da te.
Perché prima
di dirlo noi siamo padroni di quello, ma come l’abbiamo detto immediatamente
quello ci porta via se non è secondo Dio e ci porta lontano, perché noi
diventiamo figli delle nostre opere. Fintanto che noi abbiamo fatto una cosa
noi siamo liberi verso quella cosa; ma dal momento che l’ abbiamo fatta, siamo
legati e se non subentra la grazia di Dio, una grazia potente, noi non ci
liberiamo più. Lo esperimentiamo in tutte le cose: es. il fumare: fintanto che
uno non ha fumato è libero dal fumare o non fumare; ma dal momento che ha
incominciato non è più libero, o almeno c’è una fatica grande da fare, perché
c’è la componente dell’ io. Fintanto che non tocco questa cosa qui, io sono
libera verso di essa, ma se la tocco o la sposto sono già legato e se qualcuno
me la vuol riportare altrove sento l’
offesa, doveva chiedermi il permesso perché c’era il mio io dentro.
Il nostro io
entra dappertutto.
Se invece
questo spostamento l’ho fatto per ubbidire a Dio, per amore a Dio, anche se
l’altro me lo sposta altrove, ringrazio e lodo Dio, perché vedo il significato
di Dio, e non c’è più l’io che si offende perché l’ ho fatto motivato da Dio.
Se invece l’ho fatto motivato dal mio io, se l’ altro interviene senza chiedere
il permesso, cioè senza subordinarsi al mio io, il mio io si sente offeso. Ecco
come restiamo legati alle cose.
Allora è una
grande liberazione imparare a operare, parlare e pensare secondo Dio, perché
per quanto subentrino gli altri, il nostro io non sente difficoltà, anzi lascia
benissimo operare l’ altro, perché nell’ altro vede la mano do Dio, l’opera di
Dio, poiché Dio è in tutto.
E così se
Dio ci fa maturare, in quanto noi accettiamo la presenza di Dio, noi mutiamo
con facilità; ma se invece la cosa parte dal nostro io, noi ci irrigidiamo, non
vogliamo mutare. Es. di Giona che si offende, non vuole che l’avvenimento sia
diverso da come lui l’ha profetato, perché “Che figura ci faccio io?”. C’è l’io
in mezzo.
Invece se
uno ha profetato, ha parlato per amor di Dio, e Dio adesso perdona alla città,
e quindi smentisce la profezia, ma sia lodato il Signore! Il Signore ha
perdonato! Il Signore ha dato vita, non ha distrutto, per cui Dio ha adoperato
me per non distruggere quella città.
Non c’è più
l’io in mezzo, ma c’è tutta una partecipazione alla gloria di Dio. Avviene
proprio tutto un capovolgimento, e allora c’è la gioia; ecco c’è la lode a Dio
in tutto.
Importante è
sempre questo collegamento, questo partire da Dio e operare sempre secondo Dio.
L’uomo non
deve mai staccare, mai separare, mai disunire, ciò che viene da Dio. Se lo
disunisce diventa figlio di questa disunione, e allora soffre le pene dell’
inferno, perché deve essere smentito, provato col fuoco.
Eligio: Io ho pensato ad un altro
significato della settima ora: penso che sia quell’ora in cui per l’uomo crolla
tutto il mondo. C’è un silenzio delle creature che è determinato da un
orientamento dell’anima a Dio e c’è un silenzio che ad certo punto si impone,
come la Verità si impone, malgrado l’ uomo non voglia.
Ora noi,
dopo aver fatto molto affidamento sul mondo, vediamo il mondo venir meno, siamo
nell’anticamera di questa settima ora, per cui non trovando più l’appiglio alle
creature che ci hanno sostenuti fino a quel momento, invochiamo Dio: “Vieni,
mio figlio muore”.
Questo
funzionario, il paralitico, ecc., saranno andati da Gesù dopo aver certamente
tentato tutti gli altri medici.
Luigi: Certo, Marco lo dice
apertamente riguardo a quella donna che perdeva sangue: aveva speso tutto
quanto aveva con i medici, anzi era peggiorata. Luca che era medico, non dice
che era peggiorata. Marco che era più libero lo dice: “Aveva speso tutto il suo
con i medici, e non soltanto non aveva ottenuto giovamento, ma era peggiorata”
.
Uno prova tutte
le creature ….
Eligio: A questo punto l’opera
di salvezza del Signore mette in crisi la creatura: tronca il rapporto che ha
col mondo e le fa vedere che questo rapporto è inconsistente, non lo libera e
non lo salva. E qui entriamo nella settima ora, cioè nel rivolgimento
dell’attenzione ad una forza diversa ed è l’incontro con Gesù.
Beati
quelli, come gli apostoli, per i quali la settima ora è un desiderio di Verità!
Incontrano la Parola di Dio, incontrano Gesù ed aderiscono,senza essere spinti
da delusioni per il crollo del loro mondo.
Luigi: Si, aderiscono prima
che il mondo crolli.
Eligio: Sono andati per amore
della Verità, ed è una scelta più pura.
Luigi: Si, bisogna volere
morire a noi stessi e a tutti i nostri interessi nel mondo prima di morire;
bisogna imparare a morire prima di morire.
Eligio: Prima però di arrivare
a sperimentare quello che Gesù o la parola di Dio, può avere di valore per noi
nella vita, dobbiamo passare attraverso la delusione e la sperimentazione del
nulla delle creature, la morte: questo funzionario arriva perché gli sta
morendo il figlio. Sarebbe ottimo se noi andassimo direttamente perché dovremmo
scorgere nella Parola di Dio il valore massimo, da cui tutti gli altri valori
traggono significato e senso di orientamento per noi verso la parola e verso la rivelazione di Dio.
Ecco, in
questo senso io pensavo al significato della settima ora, cioè il momento in
cui entriamo in crisi nei confronti del mondo: si spezza questo legame e la
creatura si trova sola, per cui: o Dio o la disperazione.
Luigi: D’altronde abbiamo
detto: Dio parla in tutto, perché tutto è opera di Dio e quindi parla sempre.
La totalità di spazio diventa anche una continuità di parlare: Dio parla
sempre, perché parla in tutto. Ma noi non lo sentiamo mai, perché sentiamo le
creature e vediamo le creature. Come mai questo? Abbiamo fatto l’esempio della
tazza di thè piena, per quanto noi versiamo, non riceve più a se continuiamo a
versare si spande per terra. Ecco. È evidente allora il fatto che se Dio
parla in tutto e noi non Lo riceviamo in niente, è perché la nostra tazza è
piena. E cos’è che riempie la nostra tazza? È il pensiero del nostro io. Noi
siamo pieni del pensiero del nostro io
e questa pienezza ci impedisce di ricevere la pienezza di Dio. E allora
tutta l’opera di Dio si versa fuori, ed ecco allora tutto l’universo, tutte le
creature, tutti gli avvenimenti rimangono tutti fuori di noi.
C’è il fuori
e il dentro.
Dovrebbe
essere tutto dentro. Nell’eternità è tutto dentro,
non è niente fuori. Qui invece abbiamo tutto fuori, perché abbiamo il nostro io
che riempie già tutto nella nostra vita.
Ecco allora
si arriva a “quest’ora” in cui Dio opera per deluderci, per svuotare questa
tazza, in modo da renderla capace di accogliere quello che Lui deve versare dentro.
Soltanto
quindi nello svuotamento di questa tazza interiore del pensiero del nostro io e
di tutto quello che si riferisce al nostro io, noi siamo fatti capaci di
sentire la Parola di Dio.
E noi lo
vediamo che Gesù ha operato con quel funzionario lo svuotamento, perché il
funzionario è arrivato a Gesù e gli chiede la guarigione del figlio: lui è
pieno del pensiero del suo io, della sua preoccupazione e gli chiede: “Vieni,
discendi! A guarire il mio figlio”. Lui voleva che il medico andasse, gli imponesse
le mani, lo curasse, cioè aveva fiducia nella presenza del medico col suo
figlio, ma Gesù si rifiuta. Noi ci sentiremmo offesi se andando da un
professore per una persona ammalata questi si rifiutasse di venirla a visitare.
Vedi che ci
svuota?
E dice: “Voi
se non vedete miracoli e prodigi non credete”. Il funzionario insiste:
“Discendi”. E Gesù: “ Và, tuo figlio vive “.
E lì viene
la crisi. La Parola che Gesù ha detto ha messo in crisi quell’uomo, in una
crisi gravissima, anche se non lo dice. E la crisi è questa: se io parto, se io
mi allontano dal medico che mi può curare il figlio, rischio di arrivare a casa
e di trovare mio figlio morto, perché Lui non viene con me.
Ecco la
crisi in cui Gesù l’ha messo.
Per cui ha
dovuto nascere.
Ecco lo svuotamento:
l’ha svuotato di tutta la sua fede nella presenza fisica e l’ha aperto alla
parola spirituale che può operare : “Và, tuo figlio vive”. Se lui crede
alla Parola, va e si allontana dal medico che può salvargli il figlio.
Ma per
credere alla Parola rischia di trovare suo figlio morto, perché non ha portato
con sé il medico.
È qui che
Gesù l’ha aperto alla meraviglia:
La creatura
nuova che nasce dalla Parola di Dio si apre alla meraviglia.
La
meraviglia è questa: la Parola di Dio opera: opera tra noi ed è presente
in noi. E allora la fede diventa gigante: “Credette lui e tutta la sua
famiglia”: ecco c’è tutta la sua casa che crede! Abbiamo la creatura nuova che
vive.
Quindi per
aprirlo ad intendere quella parola, in quell’ora, in quel momento, ha dovuto
svuotarlo di tutta la sua fede antica, di tutta la sua mentalità. E l’altro ha
accettato.
È Dio che
parlando opera, ci svuota, in modo che la nostra tazza diventi capace di
accogliere quello che Lui vuole versare.
Ci troviamo
come due parallele: le due parallele sono sempre alla stessa distanza e non si
possono incontrare: Dio lo troviamo sempre ad una stessa distanza: guardiamo
fuori ed è distante, ci raccogliamo dentro ed è distante; è distante sempre. E
già, perché siamo su due piani diversi: Dio parla un linguaggio e noi un altro:
due rette parallele non s’incontrano mai.
Dio opera
per congiungere due rette parallele: punto d’incontro.
(In realtà
non esistono due rette parallele che non s’incontrano mai, perché lo spazio è
curvo: se si curva tutte le rette s’incontrano).
Dio trova
sempre il modo d’incontrarsi con noi: ad es. incatenandoci, facendoci
sperimentare il nostro nulla, la morte.
È necessaria
la povertà nostra per poterlo incontrare: nel nostro nulla, tocchiamo il Tutto
suo, perché ciò che ci impedisce di vederLo è appunto il fatto che
attribuiamo qualcosa a noi o ad
altri (e quindi sempre a noi ). Ecco l’importanza di attribuire sempre tutto a
Dio, per questo, per incontrarci con Dio ci vuole il Pensiero di Dio = Colui
che opera tutto. Quindi non basta l’ascolto, ci vuole il Pensiero di Dio ( e
quindi la coscienza del nostro nulla ).
Pinuccia: Bisogna desiderare che
questa ora settima diventi un’ora continua? Può essere?
Luigi: Sì, perché l’ora
settima è l’ora del riposo del Signore, vita eterna. Nel settimo giorno, Dio
entrò nel suo riposo.
Quindi la
settima ora diventa vita eterna.
Sette è già
simbolo di vita: vita eterna.
Pinuccia: Perché è simbolo di
vita eterna?
Luigi: Perché è simbolo di ciò che viene dopo i sei giorni della creazione.
Nel settimo
giorno entrò nel suo riposo: dopo aver creato l’uomo.
Cosa vuol
dire che Dio entrò nel suo riposo?
Vuol dire
che adesso invita l’uomo ad entrare.
Dio ha fatto
l’uomo: adesso invita l’uomo ad entrare nella vita di Dio. Dopo
averlo fatto, lo invita a superarsi: (ecco, la parola che parla) Dio entra
nella sua pace e invita l’uomo ad entrare in quella pace.
Per cui San
Paolo dice: “Se oggi udirete la sua Parola affrettatevi ad entrare nella
sua pace”.
Affrettatevi,
perché la Parola di Dio vi sollecita ad entrare nella pace, che è vita eterna,
per cui la settima ora diventa eternità.
È una
settima ora che non è più seguita da altre ore. Ma per giungere a quest’ora,
bisogna far tacere tutto di noi, anche ogni pretesa, bisogna svuotare il nostro
io di tutto; e in quel silenzio di tutto che è poi simbolo della vita eterna,
sorge quell’ora in cui il Padre rivela la sua presenza e il Verbo, la nascita
del Figlio in noi. La nascita eterna, presuppone la mezz’ora di silenzio di
tutto l’universo, di tutta la creazione, di cui parla l’Apocalisse; che è poi
il silenzio di tutto di noi, di tutta la creazione e quindi anche del nostro
io.
È nel
silenzio di tutto che si rivela a noi il Tutto.
Pinuccia: Quindi l’ora settima
coincide con quest’incontro personale?
Luigi: Sì. Per cui, noi
eravamo in difficoltà: Dio parlava in tutto, ma noi non Lo sentivamo in niente,
perché non eravamo Dio. È soltanto con Dio, quindi avendo Dio in noi,che noi
ascoltiamo parlare Dio. Ma se Dio non è in noi, noi non Lo ascoltiamo parlare,
perché noi ascoltiamo parlare quello che abbiamo dentro di noi.
“Voi avete
altri padri”. Se noi abbiamo il demonio in noi, noi in tutto sentiamo demoni.
Pinuccia: Il demonio è il nostro
io al centro?
Luigi: Dice Gesù: “Perché non
sopportate le mie parole?” (Sopportare vuol dire: lasciar entrare) “Perché non
lasciate entrare in voi le mie parole? Perché voi avete un altro padre”.
E questo ci
fa capire che noi possiamo accogliere soltanto le parole del padre “nostro”.
Ognuno ha un suo padre. Fintanto che noi non abbiamo Dio come Padre, noi non
possiamo accogliere la parola di Dio e allora le critichiamo, le condanniamo,
le diciamo pazze, o le interpretiamo secondo il nostro io, ma le possiamo
accogliere. Ognuno di noi accoglie solo quelle parole compatibili con ciò da
cui nasce. Ognuno nasce dal suo tesoro. Dov’è il tuo tesoro? Se il tuo tesoro è
il denaro tu sei il figlio del denaro. Se il tuo tesoro è il mondo tu sei il
figlio del mondo, ma né il mondo, né il denaro, né la gloria, né tanto meno il
pensiero del proprio io possono accogliere la parola di Dio. Solo con Dio. Solo
Dio accoglie parole di Dio. Quindi soltanto se voi siete nati da Dio, potete
accogliere le parole di Dio. I nati da Dio, questi sì accolgono tutte le parole
di Dio, perché i figli di Dio ascoltano le parole di Dio. “Le mie pecore
ascoltano le mie parole”: le mie pecore, anche se sono sperdute, perché
possono essere pecore di Dio, ma sperdute nel mondo: pure questo sentono la
parola di Dio, “ed io le raccolgo, ecc.” Ma devono essere pecore di Dio.
Ines: Che cosa vuol dire
“sperdute nel mondo”?
Luigi: Uno può essere pecora
di Dio, cioè avere Dio come tesoro, avere Dio al centro della sua vita però non
farcela nel mondo, per cui resta disperso, distratto, soffre, si sente in esilio.
Vorrebbe, ma non sa come fare. Ecco, non sappiamo come fare per restare con
Colui che amiamo, per cui si sogna la vita secondo Dio, però c’è la sofferenza.
La pecora di Dio si distingue in questo: che nelle cose del mondo soffre, non è
a casa sua. Se noi siamo pecore del mondo ce ne accorgiamo da questo: che nelle
cose del mondo ci troviamo bene, siamo contenti, siamo felici; mentre nelle
cose di Dio soffriamo, perché non ci troviamo a casa nostra, le sopportiamo con
difficoltà, ci annoiamo, ecc. Se allora noi sopportiamo con difficoltà le cose
di Dio e ci troviamo bene nel mondo, vuol dire che noi siamo figli del mondo,
pecore del mondo.
Se noi
invece amiamo le cose di Dio, desideriamo sentirne parlare e soffriamo nel
trovarci nelle cose del mondo vuol dire che noi apparteniamo a Dio (questo è un
segno), perché ci troviamo male in altre cose. Qui c’è l’apertura e qui Dio
manda suo figlio a raccoglierci.
Perché Dio
viene a raccogliere ciò che si stava perdendo. “Erano tuoi e li hai dati a me”.
Erano tuoi: quindi c’era questa attrazione; ognuno appartiene a ciò da cui è
attratto, dov’è il mio tesoro. Tu sei attratto dal tuo tesoro. Se il tuo tesoro
è Dio, tu sei attratto da Dio e allora appartieni a. E allora se qualcuno viene
e ci parla di ciò che ci sta a cuore, ringraziamo il Signore; benedetto sia!
“Beati quei piedi che vengono a noi parlandoci di Dio”. Questo avviene soltanto
se c’è in noi la sete, il bisogno di Dio.
Si può aver
bisogno e non trovare nessuno che spezzi a noi il pane secondo la nostra fame:
si può morire anche di fame, se non si trova chi spezzi a noi il pane.
Ora Gesù è
venuto a noi spezzando il pane di Dio: a Emmaus lo riconoscono allo spezzare
del pane. È Lui che spezza a noi il pane di Dio, ma se abbiamo fame di Dio.
Ma se noi
non abbiamo fame di Dio, Lui può spezzare tutto il pane che c’è, ma noi non
sappiamo cosa farcene, anzi lo mettiamo in croce.
Eligio: Riprendendo quanto
Pinuccia disse prima, io penso che il demonio non è l’io. Il demonio è una
potenza contraria a Dio. l’io potenzialmente può diventare invece “parola di
Dio”.
Luigi: Ma il nostro io può
diventare anche demonio
Eligio: Però esiste il
demonio? Anche nella vita di Gesù si trova questa forza spirituale che in
qualche modo ha cercato di deviarne la missione. Comunque penso che uno si
danna per responsabilità personale e non per intervento di una potenza
spirituale estranea.
Luigi: Se l’uomo appartiene a
Dio, il demonio non può deviarlo. Sente magari la tentazione, ma essa opera
solo se si è nel pensiero dell’io. Quando una persona ci esalta, l’io è
tentato, però se siamo uniti a Dio la tentazione non può operare.
Eligio: Comunque il demonio
non è l’io.
Pinuccia: È l’io messo al centro
Eligio: Ma questo non è ancora
il demonio. Il demonio è una personalità spirituale diversa.
Pinuccia: Ma quando Gesù dice ai
Farisei: “avete un altro padre” non si riferisce al fatto che hanno l’io al
centro?
Luigi: Dice decisamente: “Il
vostro padre è il demonio”. L’io al centro è già un demonio. Anche Pietro è stato
chiamato da Gesù “demonio”.
Pinuccia: Però è un demonio che
può ancora convertirsi.
Continuazione lettura riassunti
Tutto
è fatto bene. Se l’uomo sta attento al Pensiero di Dio. Se non capiamo le cose,
basta custodirle nella speranza di giungere alla luce.
Pensieri conclusivi:
Cina: La parola di Dio ha
una importanza così grande e l’abbiamo tra le mani!
Luigi: Quanto però è
difficile ascoltarla! Cos’è che ci rende difficile ascoltarla? Ci vuole sempre quel
superamento dell’io, perché questo superamento continuo di noi, del nostro io
in tutto, è la condizione per poter accogliere la Parola di Dio. Gesù dice: “Ho
tante cose da dirvi, ma per ora non le potete portare”, cioè la vostra tazza
non può riempirsi di esse. Ha tante cose, cioè ha tutto un infinito da
comunicare a noi. Noi siamo chiamati da
Dio a partecipare ad una vita eterna, a diventare eternamente sempre
presenti al suo Pensiero, e a vedere tutta l’opera sua nel suo Verbo, in
un’unica Parola: non c’è più da passare da parola a parola, ma raccogliere
tutto in un’unica Parola. Come qui: avevamo iniziato cercando di leggere i
riassunti alla luce di quest’ora in cui Dio parla con noi, perché la vita viene
da quest’ora in cui Dio parla. Nella vita eterna, un’unica Parola, noi vediamo
tutte le opere di Dio, per cui: presente, passato e futuro diventa tutto
presente. Scompare il tempo, diventa tutto un’eternità presente in un’unica
parola. Noi siamo nel tempo in quanto possiamo in tante parole, di parola in
parola e non restiamo in un’unica Parola. Ma più recuperiamo in una Parola e
più recuperiamo il tempo in un presente. Tutto diventa presente.
In Dio tutto
è presente; noi siamo chiamati ad entrare in questa eternità presente a
recuperare tutto in questa presenza. In noi ritroveremo la presenza della
creazione, la presenza dell’ A.T., la presenza del Cristo, tutto presente,
perché tutto effettivamente è presente con Dio. Ma senza Dio c’è il passato,
presente e futuro, anzi il presente non lo possiamo fermare nemmeno un istante,
perché come lo fermiamo è già scappato, non ci resta niente. È un punto che
scivola tra le mani. Lontani da Dio, tutto per noi diventa tutto passato
o tutto futuro, ma niente consistente.
Ines: Devo tener presente al
mattino di chiedere a Dio quel pezzo di pane, perché se no si è già sfiniti
prima ancora di cominciare la fatica del giorno.
Luigi: Più che altro ci vuole
la preoccupazione di non uscire materialmente nel mondo, fintanto che non si
trova quella parola che ci serve da alimento per la giornata, perché se usciamo
sprovveduti, già siamo in balia; non abbiamo più tempo per recuperare, perché
le cose ci portano via. Se non siamo stati capaci a recuperare nel momento del
mattino prima di avvicinarci, pensi dopo ! come ci troviamo alla notte !
Rina: Mi pare che ogni volta
che uscirò di casa, dovrò dire: “non sono in regola”.
Luigi: È già positivo
accorgersene.
Pinuccia: “Il padre riconobbe
essere quella l’ora precisa in cui Gesù gli aveva detto”. È un commento di
quanto i servi stessi gli dicono. Ma come mai il padre riconosce dopo
che quella era l’ora settima? Perché penso che l’anima, se realizza questa
unione con Dio, questo rapporto personale con Dio, è già cosciente nel momento
in cui lo realizza, non dopo, no?
Luigi: Non è che lo riconobbe
dopo. Ma le cose l’hanno confermato. Ha trovato la conferma di ciò che aveva
già.
Lui aveva
creduto, ed era l’ora settima, che il figlio era guarito. Le cose poi glielo
confermano e glielo dicono. Se noi nasciamo da Dio, poi tutte le cose ci
confermano che siamo nella Verità, che la Realtà è quella. È come il Cottolengo
che vede lo Spirito di Dio che opera in tutto. Quando uno vive, nasce dalla
Parola di Dio e tutte le cose glie lo confermano. Allora capisce che la vera
nascita è iniziata da quella Parola lì, perché si trova la parola in tutto.
Tutte le creature diventano buone. Cosa vuol dire buone? Ci confermano la
Realtà di Dio. Mentre oggi come oggi tutte le creature ci mettono in dubbio la
Realtà di Dio, ci dicono: “no, Dio non esiste; dov’è il tuo Dio? Se Dio c’è
discenda, si faccia vedere”. Le creature ci dicono questo, perché noi non siamo
nati da Dio. Ma il giorno in cui noi nasciamo dalla Parola di Dio, dal Verbo di
Dio, tutte le creature ci confermano che la Realtà è Dio che opera in tutto,
che il Protagonista di tutti gli avvenimenti è Lui, non sono più gli uomini: è
Lui. Quella è la Realtà.
Pinuccia: Cioè ci confermano che
è vera quella Parola in cui abbiamo creduto.
Luigi: Certo, e che quella è
diventata vita è vita.
Pinuccia: Per cui: “credette lui
e tutta la sua casa”, è una fede confermata e maggiore di prima.
Luigi: Sì, tutta la sua casa,
cioè tutta la casa in cui noi siamo, tutto l’universo, tutte le creature, tutto
quanto conferma, glorifica Dio. Tutto è gloria di Dio. Noi non ce ne rendiamo
conto, ma abbiamo la possibilità di far scendere il cielo in terra. Dio ci dà
la possibilità di far scendere il cielo in terra: tutto diventa cielo e cielo
di Dio, perché effettivamente Dio opera in tutto, regna in tutto. Siamo noi che
mettiamo il cielo lontano e la terra la facciamo un luogo di tribolazione, di
lontananza da Dio, di esilio. Altrimenti possiamo far discendere il cielo in
terra, ubbidendo a Dio, raccogliendo in Dio.
Eligio: Anch’io penso che sia
necessario chiedere al Signore ogni mattina di essere Lui alimento, medicina,
perché le creature che il più delle volte sono motivo di dispersione e di
disgregazione, siano conferma del suo Pensiero e del suo operare lungo la
nostra giornata, per non trovarci
esausti prima ancora di iniziare questi rapporti con le creature.
Luigi: D’ora in poi quanti di
noi al mattino uscendo dovranno dirsi: “Non
sono in regola!”, “Non posso uscire,
perché non sono in regola! Non posso aprire il negozio!”
Ines: Come quel tale che si
sposò e scrisse sul negozio chiuso: “Chiuso
per amore”.
Luigi: Bellissimo poter avere
quella libertà, di poter dire: “Chiuso
per amore”. Ma quanti invece dovranno scrivere: “Non ho chiuso per mancanza di amore!”.
Sentiremo i riassunti degli argomenti precedenti
approfondendo questo “tempo”.