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« Gesù gli disse: “Và, tuo figlio vive”. L’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e se ne andò». Gv 4 Vs 50 Primo tema.


Titolo:  La morte come parola di Dio

Argomenti: Il figlio rappresenta la nostra anima dispersa che sta morendo(3). Attraverso la nostra morte scopriamo Dio(5). L’oggetto dell’amore di ciascuno (7). La dispersione dell’anima(9). Si invoca la vita quando si è con la morte (12). Il mondo degli affetti (13). La morte è una maggiore unione con Dio e le creature(16). La morte come annullamento non esiste(24). Dio è il protagonista della nostra vita (27). La luce sulle parole di Dio è Dio (29). La resurrezione dei corpi (31). Corpo spirituale (33). Vicinanza spirituale (36). Il superamento dell’io (38). La sofferenza (41). Accettare la morte (44). La morte a noi stessi (45). La morte: Dio che viene tra noi (50). Giustizia-fede-amore (52). La prova (54). La fede che non ritorna(55). La Parola di Dio e il dolore (1.01). La distruzione dell’universo (1.05). Tutto il nostro sentire è dono di Dio(1.07). Attribuire tutto a Dio (1.10). Capire il significato eterno in ciò che passa(1.12). Isaia(1.13). Le lezioni di Dio (1.14). Il negativo dell’io e il positivo di Dio(1.16).

 

 

6/Novembre/1977



« Gesù gli disse: “Và, tuo figlio vive”. L’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e se ne andò». Gv 4 Vs 50 Secondo tema.

 

 

 


Titolo:  Perchè molti cercano Dio e non lo trovano?


Argomenti: Le confessioni di Sant’Agostino(10). Sapere quello che si vuole(26). La molteplicità(28).

Attratti dalla fede e sospinti dalla morte(31). Ciò che abbiamo ci toglie la capacità di sapere ciò che vogliamo(33). Sapere chi è Dio(35). Il luogo di Dio(38). Il pensiero di Dio è il pilota della nostra ricerca(40). Subordinare Dio al mondo(42). Le lezioni di Dio e il nostro ascolto(48). La presenza in noi di ciò che non è di Dio(52). Il vero amore(55). Lo spogliamento è misericordia di Dio(57). L’ascolto di Dio necessario per cercare bene Dio(1.01). Riferendo tutto a Dio, tutto s’illumina(1.03). Dio ci sospinge a guardarlo toccandoci in un nostro interesse(1.05). La stanchezza è data dalla molteplicità(1.10). Dio parla per mantenerci nell’ascolto(1.16). Far tacere tutto ciò che non è Dio(1.19). Sapersi pensati da Dio(1.24).


 

13/ Novembre /1977


Siamo ancora al versetto del funzionario che andò da Gesù, avendo sentito dire che Egli era venuto in Giudea e lo pregò di discendere a guarire il suo figliolo malato che in realtà stava per morire.

Gesù gli disse: “Voi se non vedete miracoli e prodigi non credete” e il funzionario rispose: “Signore discendi, prima che il mio figlio muoia”.

Su questo sfondo siamo sull’argomento della preghiera da alcune domeniche.

Abbiamo visto come nella preghiera, la presenza di Dio forma in noi il desiderio che Egli discenda a fare suo ciò che ancora non è suo e noi dovremmo riflettere su questo nostro bisogno che Dio discenda a fare suo ciò che ancora non è suo, perché?

Noi scopriamo che ciò che ancora non è di Dio in noi, porta via a noi ciò che è suo, cioè porta via a noi quel dono che riceviamo nella preghiera.

Nella preghiera Dio dona a noi la sua presenza, rivela il suo volto, poi ci mette alla prova, per darci la possibilità di possedere questo dono, poiché ricevere doni è facile, ma restare nei doni di Dio è molto difficile, ed è sempre qui che noi perdiamo.

Per cui noi possiamo dire che tutti i giorni, noi perdiamo i doni che Dio tutti i giorni ci fa.

E allora abbiamo una morte che proviamo giorno per giorno e con pazienza giorno per giorno Dio ci fa rinascere, ci rimette sulla strada e ci riporta in vita.

Dio ogni giorno ci partorisce e ci rimette sulla strada della vita con i suoi doni e noi tutti i giorni perdiamo questi doni.

Se questo funzionario cercando il Signore lo ha trovato, lo ha trovato perché fu sospinto da due fattori, prima di tutto il fattore fede “credette”, e poi il fattore morte: “pressato dalla morte”.

Ci sono sempre questi due fattori nella nostra vita, all’inizio la morte non c’era, perché era tutta fede, era tutta parola di Dio, era tutto annuncio di Dio, all’inizio l’anima umana non aveva difficoltà ad aderire e a credere alla parola di Dio.

Come invece è subentrata la difficoltà a credere, nel mondo è entrata la morte che è opera di misericordia di Dio.

Allora mano a mano che la fede diminuisce aumenta la morte che è una pressione che ci fa cercare Dio, questi sono i due fattori che premono sul funzionario, per farlo incontrare con Gesù, per fargli cercare Gesù.

Però un altra lezione che riceviamo dal mondo e da noi stessi è che molti cercano Dio e non lo trovano, è il primo tema che abbiamo posto per la nostra meditazione di oggi.

Cioè quale lezione Dio vuole darci attraverso questo?

Teniamo presente che Gesù stesso disse: “Cercate e troverete, domandate e vi sarà dato, perché trova chi cerca e viene dato a chi domanda”, eppure Lui stesso dice in un altro luogo: “Mi cercherete e non mi troverete, dove Io sono voi non potete venire”, sembra una contraddizione eppure non lo è, c’è una lezione profonda.

Per questo noi notiamo che ci sono molti che cercano Dio e non lo trovano e forse anche noi stessi, perché questo? A cosa serve questo? Perché è necessario cercare Dio? Dio vuole veramente che lo cerchiamo?

Dio ci ha posti qui in terra, Lui abita nel cielo e perché noi qui in terra dobbiamo occuparci del cielo quando abbiamo tanti problemi legati alla terra?

E quale è la colpa di chi cerca Dio là, dove non si può trovare?

Evidentemente se Dio ci ha promesso che si fa trovare, se noi lo cerchiamo e non lo troviamo è perché o lo cerchiamo male o perché non lo cerchiamo là, dove Egli è.

Il secondo tema è questo: dov’è il luogo in cui Dio si fa trovare? Cioè dov’è il luogo in cui Dio fa trovare la sua presenza?

Teniamo presente che Dio abita in tutti i luoghi, tutto è opera sua, Dio è ovunque e perché allora c’è un luogo particolare in cui si fa trovare e fintanto che noi non lo cerchiamo in questo luogo, noi lo cerchiamo senza trovarlo.

La conseguenza di non trovarlo è poi la stanchezza e la ricaduta nel mondo materiale.

Come pensiero guida traggo dalle confessioni di Sant’Agostino questo brano: “Io non ti trovavo, Signore, perché ero tutto rivolto alle cose esteriori, mentre Tu sei nelle interiori; io nelle superficiali, mentre Tu sei nelle profonde; io nelle cose materiali, Tu nelle spirituali, io applicavo il mio animo, il mio interesse, i miei discorsi, nelle cose che passano, mentre Tu, Signore, abiti nelle cose eterne, perché sei l'Eterno".

Qui Agostino ci aiuta molto, perché ci fa capire che Dio è nelle cose interiori, nelle profonde, nelle spirituali, nelle cose eterne, nelle cose che non passano.

E allora quale errore facciamo noi e qual è la colpa del cercare Dio nelle cose esteriori, nelle cose materiali, nelle cose superficiali, nelle cose che passano?

Dal libro delle confessioni di Sant’Agostino:

Ciò che sento in modo non dubbio, anzi certo, Signore, è che ti amo. Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti amai, e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essi contenute, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti, come lo dicono senza posa a tutti gli uomini, affinché non abbiano scuse. Più profonda misericordia avrai di colui, del quale avesti misericordia, userai misericordia a colui, verso il quale fosti misericordioso. Altrimenti cielo e terra ripeterebbero le tue lodi a sordi. Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene d'ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo il mio Dio. Eppure amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso nell'amare il mio Dio: la luce, la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso dell'uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal vento, ov'è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà. Ciò amo, quando amo il mio Dio.

Che è ciò?  Interrogai sul mio Dio la mole dell'universo, e mi rispose: "Non sono io, ma è lui che mi fece". Interrogai la terra, e mi rispose: "Non sono io"; la medesima confessione fecero tutte le cose che si trovano in essa. Interrogai il mare, i suoi abissi e i rettili con anime vive; e mi risposero: "Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi". Interrogai i soffi dell'aria, e tutto il mondo aereo con i suoi abitanti mi rispose: "Erra Anassimene, io non sono Dio". Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: "Neppure noi siamo il Dio che cerchi", rispondono. E dissi a tutti gli esseri che circondano le porte del mio corpo: "Parlatemi del mio Dio; se non lo siete voi, ditemi qualcosa di lui"; ed essi esclamarono a gran voce: "È lui che ci fece". Le mie domande erano la mia contemplazione; le loro risposte, la loro bellezza. Allora mi rivolsi a me stesso. Mi chiesi. "Tu, chi sei?"; e risposi: "Un uomo". Dunque, eccomi fornito di un corpo e di un'anima, l'uno esteriore, l'altra interiore. A quali dei due chiedere del mio Dio, già cercato col corpo dalla terra fino al cielo, fino a dove potei inviare messaggeri, i raggi dei miei occhi? Più prezioso l'elemento interiore. A lui tutti i messaggeri del corpo riferivano, come a chi governi e giudichi, le risposte del cielo e della terra e di tutte le cose là esistenti, concordi nel dire: "Non siamo noi Dio", e: "È lui che ci fece". L'uomo interiore apprese queste cose con l'ausilio dell'esteriore; io, l'interiore, le ho apprese, io, io, lo spirito, per mezzo dei sensi del mio corpo.

Non appare a chiunque è dotato compiutamente di sensi questa bellezza? Perché dunque non parla a tutti nella stessa maniera? Gli animali piccoli e grandi la vedono, ma sono incapaci di fare domande, poiché in essi non è preposta ai messaggi dei sensi una ragione giudicante. Gli uomini però sono capaci di fare domande, per scorgere quanto in Dio è invisibile e comprendendolo attraverso il creato. Senonché il loro amore li asservisce alle cose create, e i servi non possono giudicare. Ora, queste cose rispondono soltanto a chi le interroga sapendo giudicare; non mutano la loro voce, ossia la loro bellezza, se uno vede soltanto, mentre l'altro vede e interroga, così da presentarsi all'uno e all'altro sotto aspetti diversi; ma, pur presentandosi a entrambi sotto il medesimo aspetto, essa per l'uno è muta, per l'altro parla; o meglio, parla a tutti, ma solo coloro che confrontano questa voce ricevuta dall'esterno, con la verità nel loro interno, la capiscono. Mi dice la verità: "Il tuo Dio non è la terra, né il cielo, né alcun altro corpo"; l'afferma la loro natura, lo si vede, essendo ogni massa minore nelle sue parti che nel tutto. Tu stessa sei certo più preziosa del tuo corpo, io te lo dico, anima mia, poiché ne vivifichi la massa, prestandogli quella vita che nessun corpo può fornire a un altro corpo. Ma il tuo Dio è anche per te vita della tua vita. Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri già nella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai, per conoscerti, se non in te, sopra di me? Lì non v'è spazio dovunque: ci allontaniamo, ci avviciniamo, e non v'è spazio dovunque. Tu, la Verità, siedi alto sopra tutti coloro che ti consultano e rispondi contemporaneamente a tutti coloro che ti consultano anche su cose diverse. Le tue risposte sono chiare, ma non tutti le odono chiaramente. Ognuno ti consulta su ciò che vuole, ma non sempre ode la risposta che vuole. Servo tuo più fedele è quello che non mira a udire da te ciò che vuole, ma a volere piuttosto ciò che da te ode.

Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.


Cina: Nelle nostre mani non sta il trovare, nelle nostre mani sta il cercare.

Luigi: Nelle nostre mani sta il cercare? Cioè tu dici perché dipende da Dio il farsi trovare.

Ma se Lui non si fa trovare da taluni che lo cercano, quale lezione vuole darci?

Cina: Ma alla fine se uno è perseverante nella fede, giunge a trovare Dio, come nella parabola del giudice e della vedova.

Luigi: Certo bisogna pregare sempre e pregare è guardare Dio, elevare la nostra anima a Dio.

Nella preghiera noi chiediamo Dio e lo otteniamo, il difficile è poi permanere, però quale lezione Dio vuole darci presentandoci taluni che lo cercano e non lo trovano? Quando Lui stesso dice che chi cerca trova.

Niente avviene a caso, tutto quello che accade ha un suo significato personale per noi.

Se Dio dopo averci detto che chi cerca trova, ci presenta taluni che cercano e non trovano, cosa vuole dire a noi con questa lezione che ci presenta?

Amelia: Si può cercare Dio in modo sbagliato.

Luigi: Si può prima di tutto credere di cercare e non cercare.

Se il Signore ci presenta questo problema è perché la ricerca è legata a delle condizioni.

Una delle prime condizioni della ricerca è sapere quello che si vuole, non si può cercare una cosa se non si sa quello che si vuole.

Distinguerei gli uomini in quelli che sanno quello che vogliono e quelli che non sanno quello che vogliono.

Ci sono tanti magari che cercano Dio ma non sanno quello che vogliono.

Allora la prima condizione della ricerca è questa: sapere quello che si vuole.

E come si fa per arrivare a sapere quello che si vuole?

Quand’è che si sa quello che si vuole?

Amelia: Alla base di tutto c’è l’ascolto.

Luigi: L’ascolto è fede. Abbiamo visto che questo funzionario cerca Gesù, in quanto crede in Gesù, quando sente dire che è in Galilea, lui va da Lui pressato dalla morte che gli sta invadendo la vita, però evidentemente ha la fede.

All’inizio non c’era la morte, c’era solo la fede, c’era solo l’ascolto, perché Dio è il Maestro che suscita in noi la ricerca e che ci guida nella ricerca ed è Lui che si fa trovare, questo c’impegna ad essere sempre attenti a Lui, a guardare sempre a Lui.

Amelia: Ma il fatto di sapere quello che si vuole è subordinato all’ascolto.

Luigi: Se noi non ascoltiamo, siamo come coloro che non sanno quello che vogliono.

Allora si vive senza sapere quello che si vuole.

Potremmo anche precisare cosa è che c’impedisce di sapere quello che vogliamo e quand’è che noi sappiamo quello che vogliamo.

Generalmente più noi abbiamo e meno sappiamo quello che vogliamo, direi che è quello che abbiamo che c’impedisce di sapere quello che vogliamo.

La molteplicità a un certo punto c’impedisce di sapere quello che vogliamo.

Ascoltando Dio, Dio semplifica.

All’inizio c’era solo la fede, poi quando è subentrato il pensiero dell’io è iniziato il problema dell’avere più che il problema dell’essere.

Come subentra in noi il problema dell’avere, entra il problema della morte.

Con la morte Dio ci toglie quello che abbiamo, per semplificare la nostra vita, per riportarci nella consapevolezza di quello che vogliamo.

Se noi fossimo capaci a restare sempre nell’ascolto, Dio ci farebbe prendere coscienza di quello che vogliamo, guidandoci a volerlo, fino a portarci nella scoperta di Lui.

Siccome però non siamo capaci a restare nell’ascolto, a restare nella fede, subentra l’altro fattore della morte, il fattore privazione, prova ed è la morte crescente.

Il fattore fede ci vuole sempre, perché se cresce solo la morte senza la fede, la morte non ci conduce a trovare Dio, però quanto più in noi la fede diventa confusa e incerta tanto più deve crescere la morte, la privazione, è Dio che ci toglie tutto quello che c’impedisce di sapere quello che vogliamo.

E allora siamo attratti a Dio dalla fede e sospinti a Dio dalla morte.

Ci sono molti che sono solo sospinti dalla morte, cioè dalla paura di perdere ma questo non ci porta alla vita.

Questa ricerca dell’assoluto è mossa solo dalla paura di perdere, perché Dio ci minaccia con il passare del tempo.

Sospinti dalla morte crescente e attratti dalla fede questo ci riporta a ragionare con Dio e allora avviene il distacco dalle cose prima che la morte ci sorprenda.

Noi cominciamo a volere soltanto in quanto facciamo delle scelte.

È scegliendo che prendiamo consapevolezza di quello che vogliamo.

Per questo dico che quello che abbiamo, ci toglie la capacità di sapere quello che vogliamo, come il bambino che ha tanti giochi, a un certo momento non sa più quello che vuole.

Amelia: Ma la scelta non è già una conseguenza del volere qualcosa specificamente?

Luigi: Sì, però è una conseguenza pressata da qualcosa.

Se noi siamo in ascolto di Dio mettiamo prima di tutto Dio e allora naturalmente scelgo Dio e lascio tutto il resto e più lascio il mondo e più prendo consapevolezza del volere la conoscenza di Dio.

Quanto più uno paga per una cosa, tanto più prende consapevolezza di ciò che è quella cosa, di quello che vale quella cosa lì.

Amalia: Dio è spirito e verità e va cercato nello spirito non nella materia.

Luigi: Vedi che bisogna sapere quello che si vuole? Cioè bisogna cercare Dio sapendo chi è Dio, ma chi è che ci fa sapere chi è Dio? È sempre l’ascolto di Dio, quindi è Lui che ci guida nella ricerca, in rapporto sempre all’ascolto che noi abbiamo di Lui.

Per cui più noi sappiamo chi Lui è e più noi sappiamo come cercarlo, ma meno sappiamo chi Lui è e più noi ci disperdiamo nella nostra ricerca e allora cerchiamo e non troviamo.

Per cui prima di tutto bisogna sapere quello che si vuole e bisogna sapere che cosa è quello che noi vogliamo, cioè che cosa è Dio.

La nostra ricerca è pilotata da Dio, nella misura in cui noi ci fermiamo ad ascoltare il Pensiero di Dio.

Bisogna passare dalla situazione di uomini che vivono senza sapere quello che vogliono a uomini che sanno quello che vogliono e soltanto nell’ascolto di Dio questo passaggio è possibile.

Dio opera per portarci qui, anche negativamente attraverso la morte, è un fattore negativo questo, mentre la luce ci viene dalla fede, cioè dall’ascolto di Dio.

Ora, siccome quello che c’impedisce è la molteplicità, Dio opera nella molteplicità togliendocela per concentrarci in Lui.

Il Pensiero di Dio diventa il navigatore della nostra vita e c’insegna a volere, a sapere quello che vogliamo.

Allora la prima riflessione è questa: io so quello che voglio?

Il più delle volte noi sappiamo che vogliamo tante cose ma queste tante cose è una conseguenza del fatto che non sappiamo quello che vogliamo, allora abbiamo tanti capricci, non sappiamo quello che vogliamo.

Tutti siamo cercatori di Dio, tutti cercano la vita e la verità ma non la troviamo.

La prima lezione che Dio vuole darci è che noi possiamo illuderci di cercare Dio ma non sapere effettivamente quello che vogliamo, poi se sai quello che vuoi subentrano altre condizioni: bisogna sapere chi è Dio, in modo da cercarlo nel suo luogo.

Quindi una cosa va cercata sapendo quello che si vuole ma ogni cosa occupa un suo luogo: se uno cerca stelle alpine in un campo di grano, certamente non le trova.

Come mai nelle lezioni che Dio ci dà, ogni cosa ha un suo luogo? Ogni pianta cresce in un suo habitat, come mai questo? È una lezione di Dio per insegnarci come cercare Lui e cercarlo come vuole Lui, perché Dio opera con un solo fine: farsi conoscere.

Fintanto che noi cerchiamo Dio là dove non è o non può essere non lo possiamo trovare.

Se lo cerchiamo nelle cose esterne come diceva Sant’Agostino certamente non lo troviamo.

Allora bisogna sapere quello che si vuole, bisogna sapere cos’è quello che noi cerchiamo e bisogna sapere dove dobbiamo cercarlo.

Ogni cosa ha un suo luogo, anche Dio ha un suo luogo e fintanto che tu non cerchi Dio nel suo luogo non lo troverai.

Quindi tutti coloro che cercano Dio dove Dio non è, non lo trovano.

Amalia: Se resto in ascolto Lui mi fa capire il suo luogo.

Luigi: Per questo bisogna raccogliere tutto quello che Lui dice e custodirlo.

Cristo, la Parola di Dio, il Verbo di Dio è il pilota della nostra ricerca.

Venendo tra noi prima di tutto ci risveglia a cercare Dio e a cercarlo come va cercato e dove va cercato, quindi non si tratta d’imitarlo nelle sue virtù ma si tratta di seguirlo in tutte le sue lezioni che ci guidano verso il luogo in cui Dio è: “Affinché dove sono Io siano anche loro e vedano”, ecco la conclusione, il vedere in un certo luogo, ecco il “dove”.

Quindi soltanto quando si è dove è il Figlio, si potrà vedere quello che vede il Figlio, prima no.

Ecco che abbiamo diverse tappe pilotate sempre dall’ascolto del Verbo.

Ogni parola del Figlio che arriva a noi è subordinata ad una prova, ad una scelta, per cui Dio parla, fa a noi il suo dono e poi aspetta da noi la risposta, se la nostra adesione non arriva, perdiamo il suo dono e la via si spegne, non camminiamo più.

Silvana: Non si può trovare Dio con delle pretese o con ragionamenti umani.

Luigi: Non si può subordinare Dio alle nostre ragioni o ai nostri motivi terreni, quante volte diciamo: “Se Dio esistesse!”, che errore facciamo?

Silvana: Si vuole fare entrare l’assoluto nella nostra mentalità relativa.

Luigi: Il cielo non va interpretato in funzione della terra, è la terra che va interpretata in funzione del cielo, bisogna sempre partire dal cielo, da Dio per intendere come dovrebbe essere la terra.

Allora capiamo perché la terra è sbagliata.

Quindi non dobbiamo uniformare il cielo in funzione della terra no, cerca prima di tutto il cielo e come dovrebbe essere la terra secondo il cielo, allora vedi la diversità tra la terra come è e la terra come dovrebbe essere secondo il cielo e allora capisci anche la causa per cui la terra non è secondo il cielo.

La terra cioè tutto quel mondo che dipende da noi, non lo abbiamo subordinato a Dio e allora Dio ci fa trovare sulla terra (quel mondo che dipende da noi) condizione di male, di tormento, perché noi ci siamo dimenticati di Dio.

Lontano da Dio c’è la confusione, c’è il caos, perché presso di Lui c’è l’ordine, c’è la pace, c’è la luce, allora se noi siamo lontani da Lui, Lui ci fa esperimentare la violenza, il caos, le tenebre, il disordine e noi invece diciamo che se Dio ci fosse non ci sarebbero caos e violenza, no guarda che la violenza e il caos ci sono perché tu sei lontano da Dio, perché la pace, la luce e l’ordine sono vicino a Dio.

Quando noi cerchiamo di giustificare Dio in funzione di come è il mondo, facciamo l’errore di subordinare l’assoluto al relativo e non capiamo invece la volontà di Dio.

Dio evidenzia attorno a noi, fuori di noi, il rapporto che c’è tra la nostra anima e Lui e se questo rapporto è di distanza, Dio nel mondo sensibile ci fa esperimentare la nostra distanza da Lui: “Prova, tocca con mano cosa vuole dire servire la creatura e non il Creatore”.

Dio ti fa soffrire perché la tua anima è lontana da Dio, avvicinati a Lui e troverai la felicità e la gioia, perché Lui e gioia e felicità, se sei vicino a Lui.

Noi facciamo l’errore di mettere il carro davanti ai buoi,no, mettiamo prima di tutto sempre Dio e scopriremo che la pace e la gioia sono solo presso di Lui.

Silvana: Nel pensiero dell’io non possiamo trovare Dio, possiamo desiderare di conoscerlo ma Dio è spirito e verità.

Luigi: Già il fatto di sapere che Dio è spirito e verità è conseguenza della fede e dell’ascolto, quanti non sanno che Dio è spirito e verità?

È il problema della samaritana: “Voi dite che bisogna adorare Dio in Gerusalemme, noi diciamo che bisogna adorarlo su questo monte” e Gesù gli risponde: “Viene l’ora in cui né a Gerusalemme, né su questo monte, perché Dio è spirito”, ecco l’ascolto.

Quindi se noi ascoltiamo il Verbo di Dio scopriamo che il problema della ricerca di Dio non sta in luoghi o atti materiali ma è un fatto spirituale, per questo dico che è il Verbo stesso che ci conduce nella nostra ricerca di Dio.

Noi partiamo da una grande dispersione e con una piccolissima capacità di ascolto ma restando nell’ascolto, Gesù ci fa progredire, fino a condurci sulla vetta.

Ogni passo verso la vetta è pilotato da Lui, nella misura in cui noi ascoltiamo Lui.

Rita: “Mi troverete quando mi cercherete con tutto il vostro cuore”, evidentemente io non lo cerco con tutto il mio cuore se non l’ho trovato.

Luigi: Cioè noi lo cerchiamo per i suoi doni, perché ci fa comodo, perché lo vogliamo strumentalizzare.

Rita: La condizione per trovarlo è il silenzio in noi di tutto quello che non è Dio e dipendere completamente da Lui. Per questo bisognerebbe che il Signore scenda per fare suo quello che non è ancora suo.

Luigi: C’è un punto che vorrei ancora precisare e cioè che tutto ciò che non è suo, ci porta via da Lui e questa  è una morte crescente, lì nasce in noi il bisogno che Lui scenda.

La morte è tutto ciò che in noi non è suo, c’è tutto un mondo che dipende da noi e che noi non possiamo dimenticare ma questo mi porta via a ciò che è suo e quindi mi porta via alla dipendenza da Lui.

Non ci deve essere più niente di noi in noi.

Rita: Non è molto consolante.

Luigi: Qui abbiamo questo funzionario che ha il figlio morente, pressato dalla morte non è consolante per lui andare da Gesù e invocarlo che discenda?

Il giorno in cui capirà che Dio gli ha portato sul punto di morte il figlio per portarlo all’incontro con Cristo non è consolante?

Per cui la malattia del figlio è stata misericordia di Dio, per smuovere quel funzionario che aveva una fede limitata.

Quel giorno in cui quel funzionario vedrà la Luce sulla sua vita, ringrazierà il Signore di avere mandato quasi la morte al figlio per smuoverlo, per salvarlo dalla dannazione.

Rita: Non è tanto la morte che impressiona ma quella morte di tutto di noi.

Luigi: Sì tutto deve diventare di Dio, ma nel “tutto di Dio” abbiamo il massimo della nostra vita.

Noi il più delle volte vediamo Dio come un nemico...

Rita: Lo spogliamento totale, angoscia...

Luigi: Il grande amore per Dio ci porta ad un grande amore verso tutte le creature ma non in quanto possedute nel pensiero dell’io, ma viste nel Pensiero di Dio, questo è il vero amore ed è un amore liberante.

Quello che noi chiamiamo amore, attualmente è solo la proiezione del nostro io sull’altro, quando piangiamo i cari che ci sono portati via, non piangiamo i nostri cari, piangiamo noi stessi.

Il nostro amore è proiezione del nostro io sull’altro, ed è logico, se io trovo una persona che mi applaude e mi loda, io l’amo perché gonfia il mio io.

Siccome noi non siamo capaci a restare con Dio, le creature che Dio ci mette attorno per sostenerci, noi le trasformiamo in idoli.

Allora Dio per non lasciarci morire, deve fare morire gli altri attorno a noi.

Tutto avviene per misericordia di Dio.

Tutto il Signore ordina per la nostra Salvezza, per la nostra Vita, non per punirci, non per privarci o per spogliarci ma per arricchirci, perché noi nel pensiero del nostro io ci distruggiamo con le nostre stesse mani.

E prima che noi arriviamo a distruggerci con le nostre stesse mani, Dio ci toglie quello che prima ci ha dato.

La problematica della vita è tutta impostata lì, Dio ci dà e poi ci toglie, che senso ha?

Perché nel dono che riceviamo da Dio, anziché intendere il significato (fede), noi trasformiamo il dono in idolo e allora abbiamo attorno a noi tante cose tanto da non sapere più quello che vogliamo, non sappiamo più per che cosa vivere, è lì la tragedia.

Noi portiamo la morte dentro perché non sappiamo più cosa vogliamo.

Ho tutto eppure comincio a sentire in me la tristezza, la noia ecco le nozze di Cana quando nel pieno della festa, colei che veglia, la Madre dice che non hanno più vino.

Nello spirito quando magari noi riteniamo di avere raggiunto il massimo del benessere, la sentinella della nostra anima avverte che stiamo rasentando la morte.

Prima che la morte dell’anima ci prenda, allora Dio ci toglie tutto quello che c’impedisce di volere Dio.

Quindi non dobbiamo parlare di spogliamento ma di arricchimento, è opera di misericordia di Dio.

Anche la stessa morte è opera di misericordia di Dio, è segno di Dio, se noi la vediamo in Dio non è spogliamento.

Tant’è vero che tutto quello che noi diciamo morto, non è morto, in Dio lo ritroviamo.

Pinuccia: Se cerchiamo Dio senza trovarlo evidentemente è perché lo cerchiamo male, non come Lui vuole e dove Lui è.

Luigi: Se sbagliamo nella ricerca di Dio è perché non restiamo in ascolto di Dio, se restiamo in ascolto di Dio certamente non sbagliamo perché Lui è il Maestro ma se sbagliamo, è perché si è interrotto l’ascolto.

Dio non è che ci faccia desiderare qualcosa e poi dopo ci lasci allo sbaraglio, siamo noi che ci mettiamo allo sbaraglio perché non restiamo nell’ascolto.

Dio non abbandona mai la sua creatura.

Pinuccia: per trovare Dio dobbiamo cercarlo con tutto il cuore mettendolo cioè prima di tutto, cioè quando siamo mossi da Dio in ogni azione, pensiero, parola.

Luigi: Noi abbiamo Lui che parla e che c’invita per giustizia a metterlo al centro dei nostri pensieri, se lo mettiamo al centro è dono suo, se non lo mettiamo al centro è colpa nostra, difetto nostro.

Riferendo tutto a Lui, le cose s’illuminano, la morte stessa riferita a Dio assume tutto un altro aspetto.

In Dio non c’è l’annullamento, l’annullamento è solo nel pensiero dell’io.

Dio sapendo che io sono schiavo del mio io, solo toccandomi in un punto che interessa il mio io può smuovermi è poi incontrando Lui è Lui che mi capovolge le carte.

Infatti quando il funzionario arriva Gesù dice: “Voi se non vedete miracoli non credete”, vedi che gli sta capovolgendo le cose?

Guardando Lui io non posso non vedere che Lui è in croce per me, che Lui soffre per me, che Lui mi ammonisce e rimprovera certi miei capricci, per cui guardando Lui non posso più pensare a certi capricci e a certe passioni del mondo.

Quando prego, Lui già mi sta cambiando.

Infatti noi siamo informati da ciò a cui eleviamo lo sguardo, l’oggetto che noi guardiamo ci informa, ci trasforma, ci trasfigura.

Siccome la condizione per cambiare la nostra vita, per trasformare la nostra vita è guardare Lui, Lui ci conduce, ci sospinge a guardarlo, toccandoci in un nostro interesse.

Perché solo toccati nel nostro interesse noi ci muoviamo.

Colui che è schiavo della materia, può essere salvato solo attraverso la materia.

Colui che è schiavo del suo io, può essere salvato solo attraverso il suo io.

Ecco perché Dio ci conduce a morte, per muoverci verso la Vita.

E mano a mano che ci muoviamo verso la vita, prendiamo consapevolezza di quello che dobbiamo volere.

Prima noi vivevamo senza sapere quello che volevamo: “Vivevate senza Dio un tempo, sospinti dagli elementi del mondo”.

Tutta quella che noi chiamiamo vita è soltanto cercare di mangiare perché si ha fame, ripararsi perché piove, stare con una creatura perché soli si soffre la solitudine.

Quella che noi chiamiamo vita è soltanto una reazione a degli stimoli, a delle sofferenze, a delle pene, ma quello non è vivere.

Fintanto che non abbiamo la vita in noi stessi, che siamo quindi motivati, determinati da altro noi non siamo vivi.

Quando cerco una creatura perché non voglio essere solo è perché sono motivato da altro.

Quando cerco una casa perché voglio ripararmi dalla pioggia e dal vento, io sono motivato da altro, non vivo mica, non ho la vita in me.

Fintanto che siamo in questa situazione noi siamo nella morte e allora Dio ci tocca in quelle cose lì.

Se non c’è la fede ci ripieghiamo solo su quello che Dio ci ha tolto e cominciamo a piangere e rimpiangere e giriamo attorno a noi stessi.

La morte automaticamente non salva nessuno, ci vuole la fede.

Basterebbe la fede da sola ma siccome con la fede non restiamo, Dio ci tocca con la morte, con la privazione, con lo spogliamento, per farci correre nella fede.

Il dialogo con Dio, incomincia a trasformarci, perché mi fa guardare Dio, mi fa correre verso Dio.

Dove la fede non è sufficiente Dio deve colpirci, se la fede si spegne la morte non salva.

Pinuccia: Questa totalità di cuore in cui va cercato Dio in cosa consiste allora?

Luigi: Dio purifica, quanto più noi restiamo in ascolto di Lui, le cose da realtà diventano segni e quando capiamo che Lui è il centro di tutto, noi non abbiamo più difficoltà ad avere totalità di cuore verso di Lui.

È quando noi crediamo ancora in altri regni e altre realtà che abbiamo difficoltà, per cui teniamo il piede in due scarpe: credo in Dio ma credo anche negli uomini e allora non sono molto convinto e allora abbiamo molteplicità di amori e abbiamo il cuore diviso e in noi è seminata la morte.

Chi purifica è la conoscenza di Dio, più noi restiamo in ascolto di Dio, più Dio ci convince del grande bene che Lui è e noi possiamo convincerci che Lui è il nostro tutto.

Pinuccia: Molti cercano Dio e non lo trovano perché si stancano e si scoraggiano.

Luigi: Più uno cerca Dio e più si entusiasma e più si carica di vita, se c’è stanchezza c’è qualcosa di sbagliato e bisogna trovare la fonte di questa stanchezza.

La stanchezza è la creatura che non sa quello che vuole, perché ha tante altre cose, è la molteplicità che crea la stanchezza, noi crediamo che la molteplicità arricchisca la vita, no la molteplicità impoverisce la vita.

È l’unità che arricchisce la vita, ma se noi restiamo nell’unità, più ascoltiamo Dio e più quello ci entusiasma, ci carica di vita, Dio è vita, la stanchezza è lontano da Dio.

La stanchezza è un sintomo di lontananza.

Pinuccia: E bisogna cercare Dio con umiltà, senza la pretesa di sottomettere Dio alle nostre ragioni.

Luigi: Bisogna tenere presente che Dio in tutte le opere corregge la nostra ricerca.

Noi iniziamo cercando senza sapere ciò che cerchiamo, come lo dobbiamo cercare e dove lo dobbiamo cercare e Dio ci corregge in continuazione.

Se noi abbiamo presente Lui, capiamo che Lui ci sta correggendo nella ricerca e lo ringraziamo, perché è tutta opera di misericordia.

Prendiamo tutto dalle sue mani, perché in tutto quello che ci accade, Lui sta correggendo la mia ricerca di Lui.

Pinuccia: Dio è spirito e va cercato nello spirito. Non lo si può trovare nelle cose esteriori, materiali, superficiali. “Dove Io sono voi non potete venire”.

Luigi: “Voi da soli non potete venire”, ascoltando il Maestro, il Maestro ci guida, solo restando con il Maestro possiamo giungere a Dio.

Non lo dice per escluderci ma per mantenerci uniti a Lui, affinché non abbiamo a distrarci da Lui.

Dio non parla per escluderci o punirci, Dio parla sempre per salvarci, per unirci a Lui e a mantenerci nel suo ascolto, cioè per evitarci la distrazione verso altro o verso altri.

Tutto va sempre inteso nello spirito di Dio che vuole salvare tutti.

Pinuccia: Dio va cercato con Dio, con la Parola di Dio, appoggiandoci sempre ad Essa.

Luigi: Tutti cercano Dio, pochi però sanno quello che vogliono, allora cercano di rendere assoluto quello che non è assoluto, fuori tutti cercano Dio, non sanno mica quello che vogliono, però vogliono l’assoluto, vogliono che la vita permanga sempre, noi cerchiamo l’eterno, cioè Dio, logicamente prendiamo delle solenni cantonate poiché Dio non è la materia.

Fintanto che non ci convinciamo a cercare Dio come è e dove è, noi siamo sempre destinati a dei fallimenti salutari, opera di Dio per insegnare a noi che stiamo camminando su una strada sbagliata e per invitarci a infilare quella giusta.

Pinuccia: Molti non trovano Dio perché fanno conto sui propri sforzi e non s’appoggiano a Cristo.

Molti non trovano Dio perché non sanno fare silenzio dentro di sé.

Luigi: Ad un certo momento, alla scuola del Cristo, noi siamo guidati nella convinzione di fare tacere tutto ciò che non è Dio, per potere scoprire Dio.

La nascita del nostro vero io, sta nella dipendenza da Dio, ma noi non possiamo giungere a questa dipendenza da Dio, fintanto che in noi parlano in noi cose diverse da Dio.

Bisogna che tutto taccia in noi, perché discenda la città nuova di Dio.



« Gesù gli disse: “Và, tuo figlio vive”. L’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e se ne andò». Gv 4 Vs 50 Terzo tema.

 

 

 


Titolo:  Desiderio di scoprire la Presenza di Dio come realtà pensabile.

Argomenti: Modificare il nostro rapporto con Dio(2). Rispettare l’opera di Dio(4). Il sentimento(6). Guai a quel lavoro che ti impedisce di pregare(11). Riferire tutto a Dio(13).La realtà è lo spirito di Dio(15). La presenza fisica e spirituale(19). Lo spirito di Dio deve moverci(22). Le paure (26). Dio si annuncia e si propone come realtà spirituale(35).


 

20/ Novembre /1977



« Gesù gli disse: “Và, tuo figlio vive”. L’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e se ne andò». Gv 4 Vs 50 Quarto tema.


Titolo:  La vita ci viene dal rapporto diretto.

Argomenti: L’attesa e il silenzio(3). La fame di Dio ciene da Dio(6). La funzione del dolore(9). Il rapporto personale(14). La funzione della lontananza(16).L’opera angelica(17). Il messaggio e il mezzo(19). Dalla fede alla conoscenza(21). La sola fame di Dio(23). Tutto è in funzione dell’incontro personale con Dio(29).La selezione delle fami(33). La sofferenza del superamento dell’io(35). La tentazione dell’autonomia(40). L’amore(43). La sofferenza della Madonna(50). La creatura pura o impura(52). La purificazione e la penitenza(58). La responsabilità è personale(1.01). La chiave inglese (1.08). No vedere Dio operare(1.10). L’automatismo dell’animale(1.12). A tu per tu(1.14). Parlare direttamente del Padre(1.20) La ricerca personale(1.22) “Nel segreto della tua stanza”(1.26).


 

27/Novembre/1977



 

 

 

 

« Però Gesù gli disse: “Se voi non vedete i miracoli e prodigi, non credete”. Il funzionario della corte gli rispose: “Signore, discendi, prima che il mio figlio muoia” ». Gv 4 Vs 48-49


Titolo:  Miracoli e fede.

Argomenti: L’annuncio di Dio precede la fede(3). La parola di Dio alimenta la fede(5). Dalla fede alla visione(6). Il dono del pensiero a Dio(10). Il silenzio e l’attenzione(12). La Parola precede il dolore(16). L’inquietudine di non trovare l’essere assoluto(18). La parola di Dio forma in noi il desiderio di vedere tutto secondo Dio(23). Le negatività(25). Mai sottomettere Dio a un suo segno(26). La funzione del nemico e della notte(28). Il parlare del Verbo è in sintonia col mio problema e l’universo(40). Cogliere l’eterno in ciò che passa(49). Il venire dell’eterno(52). Permanere nella parola di Dio(55). L’essenzialità della proposta da Dio(57). Ammettere la propria debolezza(58). Il peccato mortale e veniale(1.oo). La fedeltà allo spirito di Dio(1.07). Fare la parola di Dio(1.13). L’instabilità e l’orientamento (1.16). La distrazione delle nostre parole(1.20). Permanere nell’ascolto(1.28).


 

4/Dicembre/1977



« Gesù gli disse: “Và, tuo figlio vive”. Gv 4 Vs 50 Quinto tema.


Titolo:  “Va, tuo figlio vive!”

Argomenti: La chiesa(2). Avanti e dopo Cristo(3). Manilo Guardabassi(7). Invocare la vita(33)(1.14). La vita viene a noi dalla Parola di Dio(36). Figli delle nostre opere(46). Le nature umane(47). L’ambiente(52). Imparare a vivere nel cielo di Dio(54).Le libellule(55). La meta ci purifica(1.00). Vivere nello spirito(1.05). Credere è partire verso la meta che Dio ci presenta(1.08). Rompere la comunione con Dio: la solitudine(1.13). L’intimità con Dio: rivelazione di presenza(1.14). La pretesa dei segni(1.20). Svuotare l’anima(1.21). L’ascolto di Dio(1.23). La parola di Dio comunica l’Essere(1.33). La venuta personale di Gesù(1.42). L’amore puro di Dio(1.45). La perdita della vita(1.46). “Va” e “Vieni”(1.52). La lezione personale del Vangelo (2.00).


 

18/Dicembre/1977


Luigi: Tutto quello che precede l’incontro con Cristo è antico testamento.

Pinuccia: È preparazione, però la chiesa è già dopo l’incontro con Cristo.

Luigi: E allora dovrebbe essere espressione dell’unione di tutti coloro che vivono personalmente con Dio.

Pinuccia: E quale dovrebbe essere la funzione della chiesa?

Luigi: Noi tendiamo sempre a scivolare nell’interpretazione delle cose in funzione delle istituzioni, mentre sul piano divino tutte le cose sono in funzione della persona.

Anche la chiesa è una lezione di Dio per noi personalmente, anche lo scandalo là dove non dovrebbe esserci è una lezione personale per noi, per formare in noi un colloquio intimo con Dio.

Ci sono i vari passaggi da fare, per andare verso una luce sempre più personale.

Tutto diventa uno sfondo di opere di Dio che ci aiutano e a poco per volta ci liberano per quello che è il rapporto personale con Dio.

Non c’è una istituzione al di sopra della persona, la persona è chiamata ad un rapporto personale con Dio, quindi tra la nostra anima e Dio, non c’è nessuna istituzione in mezzo.

Tutto è al servizio della persona, affinché la persona entri in dialogo personale con Dio.

Quindi dovrebbe essere una liberazione progressiva.

Noi tendiamo sempre a caricarci di ossessioni, di preoccupazioni, di distrazioni e dovremmo invece aiutarci un l’altro ad evidenziare solo l’essenziale, cioè il rapporto personale con Dio.

Pinuccia: Nell’antico testamento Dio prepara l’uomo all’incontro con Cristo, dopo Cristo l’azione di Dio a che cosa tende?

Luigi: L’azione di Dio è per ognuno di noi personalmente.

Per ognuno di noi personalmente Dio ripete la creazione, l’antico testamento, l’incontro con Cristo, la Pentecoste, perché è tutto è lezione per ognuno di noi personalmente.

Pinuccia: Anche dopo Cristo?

Luigi: Il dopo Cristo è un rapporto personale.

Non dobbiamo vedere le cose sul piano lineare della storia.

La storia è quel mondo al di sotto di noi e lì abbiamo il tempo che scorre: prima, adesso, dopo ma sul piano dello Spirito, Cristo è la pienezza dei tempi, Cristo è il vertice del tempo in cui c’è il rapporto diretto dell’anima con Dio.

Cristo è la conclusione di tutto il tempo, mica solo del tempo che lo precede ma anche del tempo che lo segue.

Noi dovremmo vedere il tempo come una montagna, la cui vetta è Cristo.

Prima della vetta è antico testamento, dalla vetta in poi abbiamo il rapporto con il Padre, si va in cielo ma in cielo si va personalmente.

Nella dimensione dell’io noi vediamo passato, presente e futuro, mentre invece nell’eternità c’è solo il presente.

Nel pensiero dell’io il presente non esiste.

Il nostro mondo è formato di passato e di futuro e il presente sfugge, nell’eternità invece il passato e il futuro scompaiono nel presente.

Cristo è il centro di tutta l’opera di Dio, Cristo è la pienezza dei tempi, il compimento di tutte le opere di Dio.

Noi ci crediamo dopo Cristo e magari siamo ancora al peccato di Adamo o alla schiavitù dell’Egitto.

Queste sono dimensioni personali per ognuno di noi.

Pinuccia: E la chiesa dovrebbe essere questa comunità di amore di tutti coloro che hanno incontrato Cristo.

Luigi: E allora possiamo già portarci nel paradiso.

Pinuccia: In terra non esiste il paradiso...la chiesa comprova che è fatta di tanti sbagli.

Luigi: Quanto più uno entra in rapporto personale con Dio, tanto più si crea affinità, comunione con tutte le creature.


Luigi: Il funzionario ripete due volte, in un primo tempo lo prega di discendere, poi dopo che Gesù lo rimprovera lo dice un altra volta.

Mi sembra che Gesù abbia operato una purificazione di animo nel funzionario, dicendogli: “Voi se non vedete miracoli non credete”.

L’importante non è cercare dei segni, l’importante è cominciare a vivere.

L’argomento di oggi sarebbe questo: “Va, tuo figlio vive”.

Collegandoci all’argomento della volta scorsa, dovremmo cercare di vedere la differenza tra Gesù che si rifiuta di dare dei segni per credere a chi chiede segni e Gesù che invece dà la vita a chi gli chiede la vita.

“Nessun segno verrà dato a questa generazione”, cioè a queste anime che pretendono segni per credere, invece qui Gesù dicendo: “Voi se non vedete segni e miracoli non credete”, purifica quell’anima, per cui l’anima dice: “No, io voglio proprio questo”.

Abbiamo visto che nel figlio morente è rappresentata la vita che viene meno alla nostra anima, quel funzionario, credendo cerca la vita, non cerca dei segni per credere ma credendo cerca la vita e allora ottiene la vita.

Gesù è venuto a dare la Vita, allora se uno chiede quello che Lui è venuto a darci, lo ottiene.

La fede è scontata, perché Dio ci dà tutte le testimonianze per credere, San Paolo diceva che andiamo sempre alla ricerca di motivi per credere, però non credete mai.

Invece tutto è pronto per partire verso Dio.

Il funzionario credendo invocava la vita.

La sua fede poi è confermata dal miracolo ma il miracolo viene dopo: “Allora credette lui e tutta la sua famiglia”.

Si va di fede in fede ma i segni sono dati liberamente da Dio, non ci deve essere mai la pretesa.

Si deve ricevere tutto da Dio e ritornare tutto a Dio.

Ritornando tutto a Dio, si comincia a vivere.

La vita inizia non quando si riceve, ma inizia quando s’incomincia a tornare.

Tenendo presente il tema: “Va tuo figlio vive”, colleghiamolo con il concetto della vita.

La vita è possibilità di comunione con Colui che è.

La vita è preghiera e la vera preghiera richiede il silenzio di tutto e l’attenzione solo a Dio.

E l’ultimo argomento cui siamo approdati è che la Vita viene da un rapporto intimo e personale tra la nostra anima e Dio.

Per cui prima di questo rapporto personale, tutto è opera di Dio, per invitarci a questo rapporto tra la nostra anima e Lui, in modo da ricevere la vita.

Allora dobbiamo cogliere che cosa rappresenta per la nostra vita personale questa frase: “Va tuo figlio vive”.

È la parola di Gesù che dà vita.

“L’uomo non vive di solo pane ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

La nostra vita è nascosta in Dio diceva San Paolo, se Dio non parla, noi moriamo.

C’è una poesia di Victor Hugo, la grand-mere, la nonna, a un certo momento c’è il bambino che si trova accanto alla nonna morta e prega perché non capisce cosa sia la morte e dice: “Si tu ne parles pas, le feu qui se consume, Et la lampe, et nous deux, nous allons tous mourir!”, ossia se tu non parli tutto si spegne.

La vita viene a noi dalla parola e dalla Parola di Dio.

Se Dio non parla tutto di noi, la nostra vita e l’universo si spengono, è il fiume che è staccato dalla sorgente, la sorgente che dà acqua, che dà vita è la Parola, se Dio non parla il fiume a poco per volta si esaurisce , secca e muore, e così tutta la nostra vita.

Quindi l’importante è mantenerci in collegamento con la sorgente, con la Parola.

Dobbiamo approfondire quando Gesù dice nella nostra vita: “Va, la tua anima vive”.


Cina: L’anima vive in quanto dipende da Dio, in quanto non è autonoma da Dio, se sta in questa dipendenza riceve la vita.

A volte sono in mezzo a cose del mondo che mi portano via a Dio.

Luigi: Allora in quel caso è meglio perdere un braccio o perdere un occhio invece che perdere Dio e bisogna ritornare nella dipendenza da Dio.

Bisogna cioè scappare da quelle cose che ci fanno sentire autonomi da Dio.

Quanto più noi ci sentiamo presi da qualcosa di diverso da Dio e più dobbiamo rifugiarci nel silenzio.

Noi possiamo correre e agitarci nel mondo, purché lo Spirito sia con noi, ma se t’accorgi che lo Spirito viene meno, lascia tutto per riprendere contatto con lo Spirito.

È la cosa essenziale.

Ritorniamo sempre all’esempio di Giuseppe e di Maria, come s’accorgono che Gesù non è con loro, s’affrettano a lasciare la comitiva per andare a cercare Gesù e lo cercano, fintanto che non lo trovano.

Tutto è lezione: abbi il coraggio di lasciare tutto per vivere in sintonia, in dipendenza con lo Spirito.

L’ultima volta abbiamo visto che la vita viene a noi da questo rapporto personale tra la nostra anima e Dio, quindi dalla dipendenza a Dio, dal riferire tutto a Dio.

Avevamo portato come esempio il fatto di essere all’estero cercando una strada per-, chiediamo informazioni e ci viene indicato che la strada è quella, poi chiediamo ad un altro e ci dice che la strada è quella, e tutti ci indicano la stessa strada, questo è “Cercare segni e miracoli ma non credete”, credere è partire.

All’anima semplice basta una segnalazione sola, se invece noi continuiamo a cercare segni e segnalazioni, vuole dire che in noi c’è qualcosa di sbagliato, non vogliamo partire e allora abbiamo il rimprovero di Gesù.

Fintanto che noi cerchiamo segni e miracoli per credere, noi non incominciamo a vivere, allora il Signore per darci la vita, sgombera il terreno da questo errore di cercare senza partire mai, la vita è partire, la vita è dedicarsi a qualcosa.

Quando uno è in buona fede parte, perché il Signore poi aiuta e corregge, non siamo mai soli, però l’importante è camminare sulla sua Parola.

Debortoli: Fede è fiducia, uno crede perché c’è la rivelazione della creazione.

Luigi: Credere non è affermarlo a parole, credere è camminare verso una meta che Dio ti ha presentato.

Dio dicendoci: “Sono Io che parlo con te”, ci presenta la meta, adesso tu cammina verso questa meta che ti è stata segnalata.

Dicendomi: “Sono Io che parlo con te”, ci dice che tutta la realtà è Dio che parla con te personalmente, cammina in questo.

Qui Gesù dice: “Va tu figlio vive”, quand’è che noi invochiamo la vita?

Debortoli: Quando invochiamo la conoscenza di Dio perché tutto ce lo annuncia.

Luigi: Abbiamo detto che vivere è possibilità di comunione, non ti sembra che noi invochiamo la vita quando ci sentiamo soli? Quando non partecipiamo più a nulla spiritualmente.

Noi ci sentiamo isolati, chiusi, soli, abbandonati a noi stessi, se la vita è comunione con, tutte le volte che ci sentiamo autonomi, noi ci sentiamo soli.

Una delle cose più difficile per noi è uscire dalla nostra solitudine e ogni azione autonoma che parte da noi, ci chiude nella solitudine, rompe la nostra comunione con Dio, ma rompere la comunione è rompere la vita.

Debortoli: Dobbiamo uscire dal guscio.

Luigi: Ma noi da soli non possiamo uscire dal guscio.

Lo diciamo sempre alla comunione: “Dì solo una parola ed io sarò salvato”.

Ma quand’è che noi invochiamo la vita? Da tutte le nostre tribolazioni e da tutte le nostre notti, sale questa preghiera e tutto il mondo invoca la vita, perché ogni uomo si sente isolato e la solitudine più grande è nelle grandi città eppure sono appiccicati uno all’altro.

Ognuno è solo, solo con la sua notte, solo con la sua morte, ognuno muore solo ma è una morte di tutti i giorni, si è in tanti e si è soli, non è il gruppo che ci libera dall’io, è lì che tutto diventa preghiera e invocazione: chiamare dentro di noi Colui che non sentiamo.

Invucare vuole dire chiamare dentro la vita, dentro la comunione, perché ci sentiamo soli e a un certo momento tutti il mondo diventa una conchiglia in cui risuona solo l’eco delle nostre parole, non si sente più la Sua Parola, il Suo Pensiero, tutto riflette l’eco delle parole nostre, tutto il mondo riflette noi, la tragedia è lì.