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“Il mietitore ha il salario e riceve il frutto per la vita eterna” Gv 4 Vs 36


Titolo:  Il frutto della vita eterna.

Argomenti: Paga e Vita eterna. La paga è la liberazione dall’io. La molteplicità di fami. Chi fa il mietitore è il Padre nella misura in cui noi ascoltiamo. La messe è  l'opera di Dio che si conclude nella fame nostra. La semina e la raccolta – La gioia del Signore e della creatura – La creazione che geme in noi – La fame infinita – Molteplicità d’interessi -  Ascolto e raccolta – L’uomo nuovo -


 

17/Luglio/1977


(Ripresa della conversazione dopo un'ora di silenzio)

Luigi: “Nel frattempo i discepoli pregavano Gesù: “Maestro mangia”. Ma egli rispose loro:”Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. I discepoli perciò si dicevano gli uni gli altri: “Che qualcuno gli abbia portato da mangiare? Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e portare a compimento l'opera sua. Non dite voi: ancora quattro mesi ed ecco venire il raccolto? Ebbene io vi dico: alzate gli occhi e guardate i campi che già biancheggiano per la messe. Il mietitore ha il salario e riceve frutto per la vita eterna; in modo che il seminatore si rallegra con il mietitore”.

Cina: Ho sempre pensato che la messe rappresentasse la gente, invece sono le opere di Dio in noi, la creazione, le sue parole, il pensiero dell'io, tutto questo aspetta di essere raccolto da me.

Luigi: San Paolo dice: “Compio in me quello che manca alla passione di cristo” e ognuno di noi deve compiere quello che manca alla passione di Cristo; perché non  basta che Cristo sia morto, che abbia patito se noi non moriamo con Lui. Quindi c'è un'opera di raccolta che se noi non facciamo, nessuno può farla al posto nostro. E allora abbiamo il compimento. “Compio” ecco il compimento.

Cina: “O Signor mio, non passare ti prego, senza fermarti”, oggi, perché domani non passa più..

Luigi: Gesù quando ci dice di non preoccuparci, ci dice: “Perché ogni giorno ha il suo affanno” e l'affanno è questo che ogni giorno ha: che ogni giorno si presenta un raccolto, da parte di Dio a noi, che deve essere raccolto. Questa è la parte che spetta a noi; non dobbiamo preoccuparci del mangiare e del vestire, ma dobbiamo preoccuparci perché “ogni giorno ha il suo affanno”. Se noi oggi non raccogliamo, e rinviamo a domani, il domani avrà un affanno per conto suo e noi non avremmo più la possibilità di raccogliere quello di ieri, perché è passato.

Emma: Mietere significa raccogliere in Dio.

Luigi: Si.

Emma: Di conseguenza si riceve la paga e la vita vera, la vita eterna..

Luigi: No, Gesù fa distinzione tra ricevere la paga, ha la paga, il salario, e ricevere il frutto per la vita eterna. Quindi distingue tra paga e vita eterna. Una cosa è il frutto di vita eterna e una cosa è la paga che il mietitore riceve.

Emma: Ma raccogliendo in Dio, non si raccoglie il frutto di vita eterna..

Luigi: Si, si raccoglie il frutto di vita eterna. In che cosa consiste il frutto di vita eterna? La vita eterna è conoscere Dio come vero Dio. Il frutto di vita eterna è la conoscenza della verità.

Emma: Sia chi raccoglie, sia chi semina in Dio..

Luigi: No, il seminatore è Dio. Però perché Dio semina? Per ottenere un certo raccolto, e qual è questo raccolto? Il raccolto sta nel portare le creature nella vita eterna. Allora la gioia della creatura che arriva alla vita eterna, è anche la gioia del suo Signore. Infatti quando nella parabola dei talenti il Signore ritorna e dice: “Date la ricompensa ad ognuno” dice poi: “Entra nella gioia del tuo Signore”. Quindi il fatto di lavorare secondo l'ordine di Dio, nell'l'orientamento di Dio, nella volontà di Dio, produce gioia a noi e questa gioia è la gioia del Signore perché corrisponde all'attesa. L'attesa di Dio è che “Tutti si salvino e giungano a conoscere la verità” e giungere a conoscere la verità, è vita eterna. Ora, chi giunge a conoscere la verità, gioisce, “Affinché la vostra gioia sia piena” dice Gesù. Ma questa è anche la gioia del Signore, di Colui che crea e che vuole. Quindi quando uno vede il compimento del suo disegno, gioisce. È una gioia comune. Quindi la creatura gioisce, ma questa gioia corrisponde alla gioia di Dio, perché è la volontà di Dio. “Entra nella gioia del tuo Signore”. Quindi c'è una gioia da parte di Dio nel compimento.

Silvana: Qui fa una distinzione tra il mietitore che riceve la mercede e che raccoglie..

Luigi: Ma, un momento perché il mietitore riceve la mercede...

Silvana: ... e raccoglie il frutto per la vita eterna..

Luigi: Ah, si; perché il mietitore è uno che raccoglie.

Silvana: Riceve la mercede equivale al raccogliere in Dio e quindi vedere ciò che si è raccolto in Dio, vederlo nel significato di Dio, nella verità di Dio.

Amalia: Se raccolgo tutto in Dio, già oggi ricevo la paga, la mercede di vita eterna e mi sento già oggi amata da Dio..

Luigi: Non è la stessa cosa? Identificare il ricevere la paga con la vita eterna. Qui vuole fare proprio la distinzione tra salario e vita eterna.

Amalia: Chi raccoglie oggi è già nella vita eterna..

Luigi: Raccogliendo si entra. Si entra nella vita eterna, quindi si supera la vita relativa, la vita qui nel mondo; la possibilità di superare la vita qui nel mondo, la otteniamo soltanto nella misura in cui raccogliamo in Dio. Quindi se noi vogliamo superare i nostri problemi relativi, se siamo nel dubbio, dobbiamo star fermi, però correggerei il tiro: però bisogna avanzare in Dio. Il dubbio è per farci avanzare in Dio, non per sciogliere i problemi. I problemi si sciolgono a monte, cioè si risolvono in alto..

Eligio: Si, ma io dicevo sul piano pratico.

Luigi: Si, sul piano pratico, non muovere. Mentre sul piano intellettuale bisogna muoversi: cercare in Dio, in modo da vedere il problema in Dio. Perché la sollecitazione di Dio ci muove verso la ricerca di Dio.

Ines: “Chi ha seminato gioisca con chi miete”..

Luigi: Non è che gioisca ma gioisce..

Nino: Anche io ho scritto: “affinché chi ha seminato gioisca con chi miete”. È un accenno all'amore infinito di Dio, la sua gioia è ancora superiore alla nostra. La nostra gioia è un riflesso della sua..

Luigi: Si, quello è vero! Si il raccogliere è una gioia per noi ed è una gioia per Dio. Non hai pensato che questa paga sia la liberazione dall'io? Non pensi che possa essere quello? Il frutto di vita eterna è conoscenza di Dio, ma abbiamo anche la liberazione del nostro io. Perché fintanto che non arriviamo a conoscere Dio, non raccogliamo in Dio, noi siamo succubi, schiavi del pensiero del nostro io e non possiamo liberarci da soli. Un effetto della paga è anche, raccogliendo in Dio, è l'essere raccolti. Noi nel mondo siamo dispersi. Gesù dice: “Con la pazienza, giungerete a possedere le anime vostre”, il che vuol dire che fintanto che noi non raccogliamo in Dio, noi abbiamo le nostre anime in balia del mondo esterno, degli altri, di quello che arriva a noi, non abbiamo il possesso delle nostre anime e nemmeno il possesso dei nostri pensieri. Raccogliendo la messe, quindi stando attenti all'opera di Dio, raccogliendo l'opera di Dio, uno dei primi risultati che otteniamo, è quello di liberare la nostra anima, dalla schiavitù alle cose esterne e quindi diventare noi i possessori dell'anima nostra. E poi avere quel centuplo di cui parla il Signore “Chi lascerà tutte le cose che ha, riceverà il centuplo in questa vita e la vita eterna”. Quindi vedi che fa la distinzione? Riceverà il centuplo qui e la vita eterna; quindi questo centuplo  rappresenta la liberazione. Dio quando crea l'uomo e gli ordina: “Crescete e moltiplicatevi e possedete la terra”, quel possedere la terra è appunto questo centuplo. Per cui più uno si libera dalla schiavitù delle cose, e più acquista il possesso vero. Perché il vero signore delle cose non è colui che è legato alle cose, ma è colui che può fare a meno delle cose, quindi colui che è libero. Quindi quel centuplo: “Và, vendi quello che hai e riceverai il centuplo in questa vita e la vita eterna dall'altra”. Quel centuplo rappresenta questa ricchezza, questo possesso per cui uno rinunciando a possedere le cose, diventa il vero signore delle cose e qui riceve il centuplo e la conoscenza di Dio come vero Dio.

Ines: Perché abbiamo letto la lettera di s. Paolo ai Romani?

Luigi: Perché parlavamo della fame che tutte le opere di Dio, rappresentate da questa messe che cresce, fa crescere in noi la fame. Cioè tutte le cose che arrivano a noi ogni giorno, provocano in noi e fanno crescere in noi, la fame di Dio, la fame di verità. Dio opera per far crescere in noi la fame. Tutto l'universo, tutta la creazione, è opera di Dio per suscitare in noi un desiderio, una fame, la fame di Dio. “Tutta la creazione geme e soffre, in attesa..” e chi ha fame, soffre in noi in attesa di ricevere, di essere raccolta in Dio. Per cui se noi non raccogliamo, non soltanto creiamo la nostra infelicità, ma frustriamo anche l'attesa di tutte le creature perché tutte le creature che arrivano a noi, vengono a noi per suscitare in noi la fame. Quindi noi deludiamo l'attesa di Dio e deludiamo l'attesa di tutte le creature. Per cui, tutti i poveri che uno ha incontrato nella sua vita, ci rimprovereranno: “Perché io sono stato povero per te, per sollecitare la tua anima a cercare il Signore e tu non hai capito: io ho sofferto per te! Per sollecitare la tua anima a cercare Dio”. “Io sono stato malato, ho preso il tumore per te, per sollecitarti a cercare Dio: e tu non hai capito!”. Perché Dio, tutte le cose che fa e che ci presenta, ce le presenta per ognuno di noi. Per cui se noi non entriamo in Dio, non raccogliamo in Dio, saremo anche rimproverati da tutte le creature che hanno patito per noi, che hanno sofferto per noi, che sono state umiliate per noi, che sono state in miseria per noi! Perché era tutto per noi! Infatti il Signore dice: “Sodoma e Gomorra vi rimprovereranno, e anche Ninive, perché hanno fatto penitenza!. Sono tutte lezioni per farvi maturare: e voi non avete capito!

Nino: Chi accoglie e raccoglie ogni cosa in Dio, da Cristo viene portato a diventare uno con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La mercede può essere tradotta in fame e interesse per Dio..

Luigi: E poi siccome in quanto ci fa superare la nostra relatività, espande la nostra fame fino a quel livello infinito fino a diventare capace di nutrirsi del pane infinito. Perché Dio è pane infinito, un cibo infinito di vita; un cibo infinito richiede una fame infinita per essere gustata. Nel tempo noi siamo fratturati perché abbiamo una fame limitata; e quindi per noi il cibo di Dio è fratturato. Invece se Dio fa crescere in noi la fame fino all'infinito, e la fame infinita diventa in noi una fame unica, semplice. Perché noi ci limitiamo la nostra capacità, la nostra fame stessa, in quanto moltiplichiamo le fami. Moltiplicando le fami, le tante fami non sono una grande fame, ma come somma è una minor fame di una fame unica (nel regno di Dio la matematica non serve!!). Chi abbia una fame sola ha molto più fame di uno che abbia tante fami. Le tante fami ci rendono incapaci di mangiare il pane infinito. Ecco per cui bisogna semplificare. Più semplifichiamo per cui: “Và, vendi tutto quello che hai...” bisogna semplificare molto, i nostri desideri, i nostri interessi, perché ogni cosa che possediamo, in noi è una fame, perché siamo noi che manteniamo le cose. Per cui più noi abbiamo le cose, e più moltiplichiamo le fami perché dobbiamo occuparci, interessarci delle cose. Ogni cosa che possediamo, o meglio da cui siamo posseduti, suscita in noi una fame per quella cosa lì. Per cui io sono interessato a quella cosa. Ma interessandomi a quella cosa, praticamente è una diminuzione della fame vera. Per cui: “Beati i poveri, beati coloro che piangono”, perché questi hanno una fame potenziale capace di mangiare un pane molto sostanzioso. Sono liberi all'infinito. Però soltanto in quanto uno cresce in questa fame infinita diventa capace di mangiare il pane di Dio, il pane infinito; altrimenti mangiamo un pane minore.

Eligio: In sostanza dobbiamo diventare dei mietitori: alzare gli occhi, scorgere che la messe è matura..

Luigi: Volevo precisare che: soltanto alzando gli occhi vediamo che il tempo futuro è oggi. Cioè quello che noi, quando non alziamo gli occhi, vediamo come futuro, sarà domani, sarà dopodomani, tra quattro mesi; alzando gli occhi ci accorgiamo che il futuro diventa oggi. Quello che è lontano diventa vicino, addirittura diventa presente. È scoprendo allora l'oggi, che noi credevamo fosse domani, subentra in noi la capacità di mietere. Uno non si mette mica a mietere il grano quando non è ancora maturo. Ma se qualcuno gli dà la possibilità di vederlo maturo, subito si mette la falce per tagliarlo. Non si aspetta, si taglia subito perché domani sarebbe troppo tardi. La capacità di vedere la messe, ce l'ha soltanto colui che alza gli occhi. L'importanza di alzare gli occhi, perché se noi non alziamo gli occhi noi vediamo sempre il problema come: “Sarà domani”. Affrontiamo altri problemi urgenti nel nostro mondo relativo. E quello lo posticipiamo: posticipando lo perdiamo. Perché la messe effettivamente è matura oggi. Il superamento è continuo, bisogna sempre avere gli occhi in alto.

Eligio: Perché è continua l'estensione della messe..

Luigi: Certo, quello diventa motivo di vita. Un altro aspetto del salario è questo: il significato della vita. Perché chi non ha gli occhi in alto e non raccoglie, non ha il senso della vita. Non ha il significato della vita, la vita è senza senso. Invece alzando gli occhi in Dio, la vita acquista significato. Poter vivere con un significato, con un senso di vita, ecco la prima ricompensa.

Eligio: La mercede, Dio e la vita eterna sono la stessa cosa.

Luigi: La mercede è una liberazione dall'io. Come conseguenza del raccoglimento. Non è che noi ci liberiamo da soli e poi conosciamo Dio!

Pinuccia: Il mietitore è colui che raccoglie.

Luigi: Ma come si fa a diventare mietitori?

Pinuccia: Ho cercato il collegamento con il versetto precedente. La messe è già matura quindi bisogna raccoglierla subito. Adesso ci dice che chi la raccoglie subito ha il salario e riceve il frutto per la vita eterna.

Luigi: Come si fa a diventare mietitori?

Pinuccia: Raccogliendo..

Luigi: La possibilità di..

Pinuccia: Prima di tutto bisogna aver maturato una grande fame di Dio..

Luigi: Abbiamo citato il passo del Vangelo dove Gesù dice: “La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe”. Quindi chi è che fa i mietitori? È il Padre. Per cui Lui non dice: “La messe è molta: tiratevi su le maniche, datevi da fare e andate a raccogliere la messe”. No! Dice: “La messe è molta, gli operai sono pochi, cioè voi siete insufficienti, incapaci, voi non compite l'opera, pregate affinché il Padre mandi operai per la sua messe”.

Pinuccia: Pregate perché il Padre trasformi voi stessi..

Luigi: Eh già! Chi fa il mietitore è il Padre nella misura in cui noi ascoltiamo. Pregare vuol dire ascoltare. Ora, cosa succede ascoltando il Padre? Cresce la fame. Ma è il Padre che fa diventare mietitori nella misura in cui noi ascoltiamo. Infatti “Chi ha ascoltato il Padre, resta attratto dal Padre” ecco la fame che cresce, allora chi è attratto dal Padre va al Cristo e diventa mietitore. Perché il Cristo è il Figlio: “Tutta la creazione geme in attesa della rivelazione dei figli di Dio”. E il Figlio che cosa fa? “Io sono venuto per raccogliere”. Il Figlio raccoglie. Nella misura in cui noi guardiamo il Padre, ascoltiamo il Padre, il Padre ci fa raccoglitori.

Pinuccia: Però questa raccolta è possibile farla solo alla Presenza di Dio e con il Pensiero di Dio. Questo è dato a tutti..

Luigi: In un altro passo si specifica che i mietitori raccolgono nel granaio. Quindi c'è anche il tema del granaio. Il granaio è il Pensiero del Padre. Il Padre fa i mietitori e il Padre diventa il granaio dei mietitori. Riportando in Dio, lì succede la meraviglia, perché nasce l'uomo nuovo. Raccogliendo in Dio. Nella misura in cui si raccoglie, nasce l'uomo nuovo. s. Paolo dice: “gemono come la donna nel parto” perché deve nascere al mondo un uomo nuovo. Noi nasciamo con un io che deve rinascere da Dio. Il nostro io che nasce dal mondo, dalle creature, figlio di donna, ci chiama il Signore; e abbiamo un io che deve nascere da Dio come figlio di Dio. Si nasce da Dio raccogliendo.  Raccogliendo in Dio nasce la creatura nuova. Quest'opera di raccolta diventa una fatica, la fatica del parto da cui si genera l'uomo nuovo. Che diventa una gioia per cui si dimenticano tutti i dolori del parto.

Pinuccia: E da lì nasce anche la comunione che è conoscenza. Chi raccoglie riceve il salario che è frutto di vita eterna. Il salario consiste nel fatto che si è confermati, approvati da ciò che si sta facendo, approvati, giustificati, cioè che la strada che si è intrapreso è giusta.

Luigi: La strada acquista un senso, un significato. La nostra vita acquista significato.

Pinuccia: Quindi quello ci aiuta a vivere; come il salario che è un mezzo di sussistenza per la nostra vita, anche questa conferma che riceviamo da Dio che il cammino è giusto, ci aiuta ad andare avanti. Il frutto di vita eterna è la conoscenza di Dio. La gioia del seminatore e del mietitore è di vedere il compimento..

Luigi: È nata la creatura nuova perché abbiamo detto che ci può essere l'aborto; se abbiamo l'aborto, abbiamo la tristezza, non la gioia. Invece quando nasce una creatura nuova c'è la gioia.

Pinuccia: Vorrei approfondire la differenza tra la messe che è opera di Dio, che è matura, pronta per essere raccolta e la messe intesa come fame che matura in noi.

Luigi: È la stessa cosa. La messe è tutta l'opera di Dio che si conclude nella fame nostra. Tutta l'opera di Dio si conclude nell'uomo come fame. È l'opera di Dio per far crescere la fame in noi. La messe che deve essere tagliata e portata nel granaio è la fame. Raccogliere la fame vuol dire tener conto di questa fame, perché noi potremmo trascurarla questa fame. Noi possiamo avere fame di Dio, e questa è opera di Dio, e non tener conto di questa fame, cioè trascurare la nostra anima, non tener conto della nostra anima, che vuol dire disprezzare il dono di Dio. Per cui Dio ha detto: “Ho posto in Dio il desiderio della verità e tu non ne hai tenuto conto”. “Io ho posto in te la fame di me e tu non ne hai tenuto conto”. Come ha fatto Dio per creare in noi, per formare in noi questa fame? Per formare in noi questa fame, Dio ha creato il primo giorno la luce, poi la terra, il cielo, le stelle, il firmamento, gli animali, i vegetali, l'uomo. Per cui quelle stelle lontanissime le ho create per formare in te la fame di me. Tutto è un processo di evoluzione che si sintetizza nell'animo dell'uomo con la fame. Le stelle in noi, diventano fame di Dio. L'universo in noi, diventa fame di Dio. Ecco perché dico che è la stessa cosa. Per cui se noi trascuriamo la fame, trascuriamo implicitamente, anche tutte le creature, tutta l'opera di Dio. Raccogliere vuol dire: tener conto di. Il mietitore cosa fa? Perché raccoglie il grano? Per tener conto del grano. Perché lo mette nel granaio? Perché non si sciupi. Allora noi abbiamo una fame, ecco la messe che è matura. Vuol dire che la creazione in te è arrivata a maturazione. Non aspettare altro. Tutte le opere che io ho fatto e tutte le creature che ti ho messo attorno, in quanto in te hanno provocato il desiderio, il problema di Dio, sono giunte alla maturazione, hanno maturato il frutto. Adesso tu tieni conto e raccogli questo nel granaio di Dio. Cioè non trascurare questa fame. Per questo dico che il povero mi rimprovererà, perché io sono stato povero per creare in te la fame di Dio. E tu hai trascurato la fame di Dio. Il povero non dirà: “Hai trascurato me” perché il povero è un angelo di Dio, magari. Ma un angelo di Dio ad un certo momento si è vestito di lebbra per me. Ma perché per me? Per formare in me la fame di Dio. Se io trascuro la fame di Dio, e non mi elevo a Dio, e non cerco Dio, io frustro l'opera dell'angelo. Per cui tutta la creazione, geme e soffre in attesa che noi raccogliamo questa fame. Perché loro sono quello che sono, unicamente per creare in noi questo desiderio di Dio, questa fame di Dio. Non trascurare la tua anima, per cui se oggi tu senti il desiderio di Dio, fuggi per la tua via e non voltarti indietro. Ora, qual è questa via sulla quale devi fuggire? È questa fame, il desiderio è via, è strada. Ed è su questa strada che tu devi fuggire e non voltarti indietro. Non devi nemmeno pensare a seppellire tuo padre! Non salutare nessuno per la strada: fuggi per la tua via! Perché tutta la creazione è stata fatta per questo tuo atto di fame, per questo tuo desiderio di fame. Lo raccogliamo in quanto ne teniamo conto. Invece se io dico: “Ma cosa me ne fa se sto morendo di fame?” preferisco il piatto di lenticchie.

Pinuccia: Quindi c'è una sola messe e c'è una sola raccolta.

Nino: Quindi come fine identifichi: fame che poi sfocia nella conoscenza.

Luigi: Si, perché abbiamo visto che la conoscenza è il pane mangiato. Per arrivare alla conoscenza che è comunione e partecipazione da parte nostra, si richiedono due fattori: il dono di Dio e la capacità di mangiare questo dono. Dio forma in noi la capacità di mangiare, si assimilare il dono di Dio. Può darsi che ci sia il dono di Dio e che non ci sia la possibilità di mangiare. Può darsi che ci sia la possibilità di mangiare e che non ci sia il dono di Dio. E lì abbiamo una frustrazione da una parte e dall'altra. Il Signore dice: “Mi cercherete e non mi troverete”. Il bambino quando nasce deve urlare perché deve imparare a respirare. E se si tarda un momento muore. Quindi c'è una coincidenza di due elementi che entrano in gioco. E sono tutti e due simboli. Può essere passato il tempo. Il Signore dice: “Stai attento la messe è matura oggi: per cui se tu oggi senti fame, desiderio, non rinviare a domani perché domani tu sei morto!”. Noi non ci rendiamo conto ma è una cosa delicatissima. Il bambino per nascere ha richiesto sacrifici per nove mesi e poi nell'istante del parto si gioca tutto. Ora se noi pensassimo che per la nostra nascita Dio ha creato l'universo da dieci – quindici miliardi di anni fa per formare un atto di fame in noi e in quell'istante in cui sentiamo la fame si gioca tutto. Noi non ci rendiamo conto.

Ines: Dio non ripete niente!

Luigi: No, Dio non ripete niente, è sempre novità assoluta.

Ines: Allora se io trascuro una cosa l'ho trascurata in eterno..

Luigi: Si, in eterno. Dio però può rimediare in questo senso. La speranza c'è sempre in Dio. Dio sulle nostre note sbagliate ricostruisce una sinfonia nuova, perché Dio trasforma in male in bene. Dio può sempre ricostruire però l'importante è, e il Signore ci avverte perché: “Se senti la fame sforzati, affrettati ad entrare nella sua pace” dice S. Paolo “affinché non ti succeda come il popolo ebreo che essendosi rifiutato di entrare nella terra promessa, per mancanza di fede, fu costretto a vagare per quarant'anni nel deserto fino all'estinzione della vecchia generazione”. Tutto è simbolo, tutto è lezione di Dio. Per cui se noi non entriamo quando Dio ci dà la grazia di sentire il bisogno, la fame, Dio ci può salvare. Ci conduce magari nel deserto per quarant'anni, perché: “mi cercherete e non mi troverete”. Quando Giuseppe e Maria smarriscono Gesù, fanno un cammino di un giorno e poi sono costretti a cercarlo per tre giorni per trovarlo. È vero che tre giorni sono misericordia di Dio per salvarci; ed è anche vero che se ha fatto vagare il popolo ebreo per quarant'anni fino all'estinzione, l'ha fatto per salvarli; Dio opera tutto salvare, non per punire ma per salvare. Dio ci salva in due modi: o attraendoci o togliendoci tutto quello che ci attrae. Per cui, Lui ci attrae perché il cammino è positivo; se noi non mangiamo, non seguiamo l'attrazione, allora Dio ci toglie tutto quello che ci impedisce di mangiare; abbiamo la morte, il deserto, l'aridità, la vanità del tutto. Questo ce lo fa sperimentare perché non siamo stati intelligenti, non abbiamo capito.

Pensieri conclusivi:

Silvana: Il problema dell'urgenza: raccogliere e non perdere tempo.

Luigi: Non lasciar passare l'oggi. Ogni giorno ha il suo pane; mangiare quel pane lì.

Emma: Partire in fretta, non perdere tempo..

Luigi: Adesso che andiamo via di qua, il pensiero di oggi per domani, a che cosa le servirà? Le è rimasto qualche cosa per cui le rende più intenso qualche impegno...

Emma: Mi dà il senso della vita.

Luigi: L'urgenza della vita, del raccogliere.

Emma: Non perdere tempo, vegliare, se Dio vuole..

Luigi: Dio vuole perché quello è l'essenziale. L'ha detto perché vuole che ci occupiamo sempre di Lui. Altrimenti non avrebbe parlato di quell'urgenza. E più noi ci raccogliamo in Lui e più la nostra vita acquista senso e anche gioia. Perché presso Dio c'è gioia.

Emma: Sperimento che quando voglio pregare sono disturbata da tanti problemi..

Luigi: È Dio che te li manda perché fintanto che noi non siamo capaci ad essere fedeli nel poco, Dio ci disturberà sempre proprio per farci capire che noi sprechiamo tempo quando Lui ci dà il tempo bisogna essere attenti a quei famosi cinque minuti, a quella poca fedeltà che è nostra disposizione, non sprecarla, se vogliamo che Dio allarghi lo spazio e il tempo per occuparci di Lui. Quindi ci lascia più liberi. Ma se tu hai cinque minuti a disposizione e li sprechi, dopo quei cinque minuti sprecati, Dio ti manda tante di quelle noie, di quelle seccature, per farti capire che hai sprecato quei cinque minuti. Perché Dio opera così! Ci disturba immensamente perché noi non siamo capaci ad essere fedeli. Ma se tu stai raccolta, il Signore allarga. Bisogna essere molto fedeli e bisogna mettere prima di tutto quello che va messo prima di tutto. Non dire: “Prima leggo poi chiacchiero un pochino e poi dopo mi dedico a Dio!”, la cosa è fallita! Perché Dio dice: “Cercami prima di tutto!”. Perché noi mettiamo prima di tutto quello che ci sta più a cuore. Se mettiamo Dio prima di tutto, allora scopri il terreno (la parabola del tesoro nascosto in un campo). Altrimenti abbiamo l'invasione delle cavallette. È opera di Dio! E quello ci convince che Dio dialoga personalmente con noi. Se noi fossimo attenti, ci verrebbe da sorridere perché capiremmo quanto il Signore ci sta dietro, come cura la creatura momento per momento, come osserva la creatura. Per cui uno si sente pensato, colloquiato, c'è l'amico. L'amico non mi parla da lontano, mi manda le lettere da lontano, l'amico sta lì. Ad un certo momento scopri la presenza di questo amico, con un'intimità tale che non ti senti mai più solo, camminassi sotto la pioggia, scherzi e ridi contenta di essere bagnata perché è Dio che ti bagna. E sei contenta di essere bagnata da Dio.