Il Padre ama il Figlio e ha posto tutte le
cose in sua mano. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, ma chi rifiuta di
credere al Figlio non vedrà la vita e la collera di Dio resta su di lui. Gv 3 Vs 35/36
Titolo: L’ira di Dio.
Argomenti: L’essere e l’amore del
Padre – La generazione del Figlio – La vita è partecipare al Figlio – Il concetto di Vita
eterna – L’ascolto della Parola – I desideri del cuore – L’indifferenza di
Dio – Amore, odio e indifferenza – Il trono e lo sgabello di Dio – Abbandonati ai
propri pensieri – L’ateismo – Strumentalizzare Dio – Essere con Dio – Il rifiuto di
ascoltare la Parola di Dio – La guerra e Hitler – Il superamento dell’io
– L’unico Maestro – Tradurre la terra in cielo – Spiritualizzare – Lo opere
mastodontiche – Toccare con mano l’autonomia da Dio – I peccati – In Dio non c’è
passionalità – Abbandonare a Satana – Il “tutto” dei figli
di Dio – Il cielo conquista la terra -
29/Maggio/1977
Introduzione:
Luigi: … non
dipende dalle nostre facoltà, capisci? Il problema non è quindi fare un lavoro
in un
modo
piuttosto che in un altro, in modo più leggero, più tranquillo o più
appassionato. Quanto invece il sapere, l’essere convinti dell’impegno che Dio
ci chiede nel cercare Lui, nel conoscere Lui in modo da dire: anche se io
faccio tutta la mia giornata in modo tranquillo, molto serena, molto libera, ma
non mi sono impegnato di cercare, di conoscere Dio, non mi sono raccolto in
Dio; se nella mia giornata non ho aumentato un pochino, non ho fatto qualche
passo nella conoscenza, quindi nell’intimità di Dio, in questa unione, la mia
giornata è stata vana lo stesso anche se l’ho passata molto serenamente!
Emma: Non lo
escludevo quello tu hai detto..
Luigi: Il
principio di norma che deve orientare noi nella scelta della giornata, del modo
di lavorare, deve essere l’impegno principale di cercare Dio, di conoscere Dio
per cui la giornata è valida in quanto uno si impegna lì, non in quanto uno
riesce a fare un certo lavoro con un certo distacco, oppure con una certa
serenità. Quando ci si appassiona per -, quando ci si appassiona molto per
quello, tutto il resto tu lo fai con distacco.
Ma
bisogna stare attenti perché il problema non sta nel dire: “Io mi devo
proporre di non bere il vino!” o di non fumare, il problema non sta né nel
non bere, né nel non fumare.
Io
direi che se uno si propone quell’altro (di conoscere Dio), poi anche se
continua ad ubriacarsi, arriverà presto o tardi, ma Dio lo libererà.
L’importante
è che non si proponga tanto di dire: “Io non devo ubriacarmi”, ma
proponiti di cercare Dio, poi vedrai che in un modo o nell’altro Dio ti
libererà. Ma se tu ti proponi di non ubriacarti, farai dei salti mortali ma poi
all’ultimo fai uno sforzo enorme e alla fine pensi sempre al vino: e lì sei
fregato!
Emma: Ma
qualunque cosa che uno fa, la dovrebbe fare nel Pensiero di Dio. Per esempio
anche se uno non ha voglia di fare una cosa, però ha il dovere di farla, se si
chiede a Dio di risolvere il problema, si risolve!
Luigi: Sì, lo
so, Dio ci risolve tutto perché è Dio l’Operatore, l’importante è che noi
facciamo conto su di Lui. Però, come dico, l’importante non è nemmeno il
vedersi risolti certi problemi; l’importante è impegnarci nell’essenziale.
Ora,
per che cosa sei stato creato? Per conoscere Dio; cosa faccio io per conoscere
Dio?
Se
io non bevo vino, conosco Dio? No! Se non bevo il vino non conosco Dio! Non è
un atto magico, per cui se io non fumo la sigaretta, automaticamente conosco
Dio; se non bevo vino un bicchiere di vino, conosco Dio! No! Non sta lì! La
conoscenza di Dio, che cosa mi richiede? Quali impegni mi richiede? E mi
impegno in questo? Questa mia giornata mi servita in qualche cosa a conoscere
Dio? Oppure ho fatto soltanto dei problemi morali? E quei problemi morali non
ti hanno aiutato a conoscere Dio. Hai imparato, magari, a vivere saggiamente
nel mondo, ma quello non ti ha aiutato a conoscere Dio. La conoscenza di Dio, è
una cosa diversa! Dico: questo è l’essenziale! Bisogna mettere bene a fuoco:
sei stato creato per conoscere Dio! Quindi, rispondi, cosa fai tu per conoscere
Dio? Oggi, nella tua giornata, cosa hai fatto per conoscere Dio? Posso
rispondere qualche cosa, o no? allora la mia giornata è valida, o non è valida.
Emma: Posso
rispondere che ho pensato Dio, che penso continuamente…
Luigi: Va
bene, ma questa è la risposta che lei personalmente in coscienza si darà, non
si darà, ognuno se lo pensa per conto proprio, non è che lo debba dire,
capisci?
Quando
ci si impegna a conoscere una cosa, quello richiederà tutto un insieme di
pensieri, prima di tutto, e di operazioni per potersi impegnare. In un primo
tempo dirà: “Ma cosa devo fare?” e già questa problematica ti mette in
movimento in modo positivo.
Emma: Ma non
è la prima volta che mi pongo queste domande…
Luigi: Ma io sto
parlando in termini generali, infatti non è tanto il problema di porsi le
domande, ma il sapere come liberarci da tante cose: “Oh, finalmente mi sono
liberato del fumare!”, e va bene, può essere una consolazione nostra, ma il
problema non è risolto lì perché magari non fumo però mangio le caramelle…
Nino: Quel
problema interessa in quanto uno pensa così di avere una maggiore
disponibilità..
Luigi: Quel
qualcuno però deve avere ben chiaro l’essenziale: “Io mi debbo occupare là,
debbo arrivare là e quindi sgombro il terreno da tutto quello che mi impedisce
di arrivare là”. Ecco, l’importante è questo perché se io non ho ben chiaro
il problema essenziale in cui debbo impegnare la mia vita, tutto il mio
pensiero, io mi accorgo di quello che debbo sgombrare nella mia giornata, di
quello che devo far fuori, perché mi ingombrano. Cerco di alleggerirmi di tante
cose ma il problema non sta lì.
Il
problema è proprio quello di impegnarmi a conoscere Dio perché sarà poi quello
che mi darà poi la possibilità di vedere poi tutti gli inconvenienti e di
eliminarli.
Per
cui: cammina come puoi e ad un certo momento vedrai che la carica dello spirito
arriverà talmente potente, ti inonderà in modo tale di gioia che quello
scomparirà naturalmente, non esiste nemmeno più la nostalgia.
Nino: Da
quando credo ai miracoli, ne ho visti tanti…
Luigi: I
miracoli ci sono in continuazione; noi siamo talmente grossolani che non li
vediamo: è tutto un miracolo!
Angelo
B.: Il brutto è che noi pensiamo che siano opera nostra…
Luigi: Sì, ed
è un errore sempre più grossolano…. Se invece noi fossimo capaci a contemplare,
vedremmo che Dio è un Artista, ci fa assistere a delle cose che sono opera di
un Artista. Cito mio cognato che ha detto che con una malattia Dio ha risolto
dei problemi che non sarebbe mai riuscito a risolvere.
Lettura
del Vangelo di San Giovanni cap. 3
Dall’esposizione di Luigi Bracco:
Siamo
arrivati al termine di questo brano, e quindi ci rimane solo più da meditare
questi due versetti: “Il Padre ama il Figlio e tutte le cose ha posto in sua
mano. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, ma chi rifiuta di credere al
Figlio non vedrà la vita e la collera di Dio resta in lui”.
Qui
i temi sono diversi:
·
prima di
tutto Padre e Figlio, l’amore che passa tra Padre e Figlio:
·
poi come
in questo amore ci sia il trasferimento di tutte le cose dal Padre nella mano
del Figlio;
·
poi
credere al Figlio,
·
il
concetto di vita eterna e … sono parecchi…
·
il
concetto della collera di Dio, che resta in colui che rifiuta di credere al
Figlio.
Cerchiamo
prima di tutto di vedere l’amore e come mai questo amore che c'è tra
il Padre e il Figlio faccia passare, faccia mettere tutte le cose nella
mano del Figlio e dovremmo chiederci soprattutto qual è il significato
perché tutte le cose che sono dette nel Vangelo sono dette per noi,
personalmente per noi, quindi quale significato questa informazione, questo
annuncio, questa notizia reca nella nostra vita.
Perché
se ci è detto che il Padre amando il Figlio, mette tutte le cose nella mano di
Costui, del Figlio, evidentemente è una segnalazione per noi in quanto deve
proporci, tutte le opere di Dio sono una proposta, una segnalazione alla quale
dobbiamo guardare.
Infatti
noi siamo chiamati per vocazione a diventare figli di Dio e Cristo è disceso
dal cielo, “Il Figlio di Dio è disceso dal cielo; perché nessuno può salire
al cielo se non Colui che è disceso dal cielo”. Il Vangelo ci dice che il
Verbo, il Figlio di Dio, è disceso dal cielo per dare agli uomini la
possibilità di diventare figli di Dio.
Ora,
questo pone subito in contrapposizione noi con il Figlio stesso poiché se Dio
Padre pone, amando il Figlio, tutte le cose in sua mano, fintanto che noi non
siamo figli di Dio, Dio non pone tutte le cose in nostra mano.
Quindi
abbiamo un termometro per misurare il cammino; man mano che la nostra
vita si spiritualizza, man mano che la nostra vita, superando l’elemento
fondamentale, superando il pensiero del nostro io posto al centro, si avventura
nel cielo di Dio, nel mondo delle cose trascendenti, quanto più si avvicina a
Dio e quindi nasce, raccoglie, vede tutte le cose da Dio, tanto più riceve il
regno di Dio.
Gesù
dice ai suoi discepoli: “Dio ha dato a voi il regno”. Man mano che la
creatura ascolta, crede al Figlio, (il Figlio è la parola di Dio che giunge a
noi), man mano che la creatura ascolta la parola di Dio, non soltanto
spiritualizza sé, ma riceve nelle sue mani tutto dal Padre, diventa figlio di
Dio.
Quindi
questa segnalazione che il Padre ama il Figlio e che dà tutto nelle mani del
Figlio, è una segnalazione per ognuno di noi, quasi a dire: “Guarda che se
tu diventi figlio, Dio Padre tuo, darà tutto nelle tue mani”.
Ora
questo non è per un fine egoistico ma per segnalarci che siamo chiamati a
formare una cosa sola con lo Spirito di Dio, ad operare come opera Dio,
direi addirittura a partecipare a quella sua opera creatrice, alla sua opera
salvatrice, ma tutto questo è una conseguenza del diventare figli di Dio.
Ora,
questo avviene attraverso il credere al Figlio. Il Figlio è il Verbo di
Dio, il Pensiero di Dio, la Parola di Dio che giunge a noi.
Anche
questo però ci indica un altro fatto che è questo: pone tutto nelle mani del
Figlio. Per cui che se abbiamo bisogno di qualche cosa, dobbiamo sapere che
questo qualche cosa arriva a noi attraverso il Figlio.
Il
Figlio chi è? E perché non attraverso il Padre? Perché il Figlio è la Parola di
Dio che parla a noi del Padre. Allora, nella misura in cui noi ascoltiamo la
Parola di Dio, a noi, nel pensiero del nostro io, giunge la parola di Dio
quindi nella misura in cui noi ascoltiamo la Parola di Dio, ecco che questa
parola ci fa figli e ci rende degni, quindi capaci di ricevere le cose, i doni
di Dio che sono poi…
Il
Padre che cosa dona? Amando? Non è che ci sia il Padre e un secondo atto,
l’atto di amore, quindi che nel Padre ci sia l’Essere del Padre e l’amore del
Padre: l’amore del Padre è il Padre stesso.
Nel
Pensiero di Dio l’amore non è altro che la generazione stessa del Verbo.
Cioè
l’amore di Dio è voler dare l’esistenza a -, il far essere, il vero concetto di
amore è volere il bene dell’altro, volere che l’altro sia.
Quindi
il Padre, amando il Figlio, fa essere il Figlio, cioè l’amore verso il Figlio è
un far essere il Figlio. Ma il far essere il Figlio, non è altro che comunicare
Se stesso, Padre che è Dio, al Figlio, è dono di Sé al Figlio.
Quindi
il Padre genera il Figlio, in quanto dona Se stesso al Figlio; man mano quindi
che noi cresciamo e diventiamo figli di Dio, questo diventare figli di Dio non
ci fa altro che degni di accogliere la Presenza di Dio, la conoscenza di Dio,
l’Essere stesso di Dio, la partecipazione di Dio.
Quello
che Gesù dice: “Affinché siano tutti una cosa sola, come noi Padre, siamo
una cosa sola”. E questa comunione si forma attraverso l’ascolto della
Parola di Dio, cioè del Figlio di Dio che giunge a noi.
Dio
parla a noi, quanto più noi crediamo nel Figlio, noi partecipiamo e questo
diventa vita.
Per
cui dice: “Chi crede nel Figlio”, chi crede nella Parola che gli parla
di Dio, crede nella Parola, questo credere è già vivere: parla di vita eterna.
Abbiamo
visto la volta scorsa il concetto di vita eterna, che non è come un
concetto di prolungamento o di opposizione alla nostra vita terrena, ma il
concetto di vita vera contrapposto a vita non vera, vita assoluta contrapposta
a vita relativa.
Ora
la nostra vita non vera ci lascia, in quanto non è vera, ci lascia in quanto ci
delude, passa, è soggetta alla morte, e quindi ci convince che quella non è
vita.
Invece
la vita eterna è vita vera e proprio perché è vita vera è immutabile, non muta
più, quindi si va di conferma in conferma.
Ora,
chi crede alla parola di Dio, siccome la Parola di Dio è verità, va di conferma
in conferma, resta sempre più confermato e quindi abbiamo una vita crescente,
non passa quindi attraverso delusioni, attraverso smentite, come passa ad
esempio colui che si appoggia su delle cose che sono relative, cose del mondo,
parole del mondo.
Quindi
ascoltando la Parola di Dio si va in un crescendo, un crescendo che si ampia su
un infinito che però è sempre più vero; ci si avvicina quindi alla verità,
all’infinito, ma sempre più confermata: e questa è vita. Vita eterna, cioè
non più soggetta a smentite.
Invece,
chi rifiuta di credere al Figlio, non vedrà la vita.
Ed
è logico, perché chi non ascolta la parola di Dio, e Dio si fa sentire anche
nei nostri sepolcri, anche nel nostro egoismo, nel nostro orgoglio, anche
quando siamo chiusi nel pensiero del nostro io (perché l’onnipotenza di Dio
arriva dappertutto), chi non ascolterà la parola di Dio non avrà la vita! non
vedrà la vita! In un altro posto Gesù precisa: “Il mondo non può ricevere lo
spirito di verità”.
I
due termini sono questi:
·
chi
crede ha la vita,
·
chi non
crede al Figlio non vedrà;
quindi
non solo non l’avrà, ma non la vedrà nemmeno.
Per
cui riterrà, magari, di essere nel giusto, nel vero, di essere nell’assoluto,
perché non ha la possibilità: “Il mondo non può ricevere lo spirito di
verità”, cioè non può vedere la verità.
Perché
il mondo crede in ciò che vede e in ciò che tocca. Ciò che il mondo vede e ciò
che il mondo tocca è il mondo sperimentabile, cioè il mondo soggetto al nostro
io e quindi, credendo soltanto in questo, noi ci mettiamo nella impossibilità
di poter vedere la verità e quindi di poter entrare nella vita.
Quindi
abbiamo proprio una opposizione.
Qui
abbiamo il concetto di collera; il quale non è il concetto di collera come se
Dio si adirasse, no, anzi San Paolo lì è chiarissimo, nella Prima Lettera ai
Romani, dove ci spiega che l’ira, la collera di Dio, non sta in altro che nel
lasciare, da parte di Dio, che la creatura segua i desideri del suo cuore.
Dio,
quelli che ama, sotto un certo aspetto, li perseguita, cioè sta molto dietro a
coloro che Egli ama; perché li corregge, li rimprovera, li ammonisce per poterli
attirare verso di Sé.
Invece,
verso la creatura che è indifferente verso Dio, anche Dio è indifferente verso
la creatura; e cosa significa questo?
Significa
che Dio l’abbandona a seguire i desideri del suo cuore.
Per
cui la creatura, ad un certo momento, si accorge che tutte le cose vanno per
suo verso, secondo i suoi interessi, secondo i suoi desideri e forse invece è
proprio quando è abbandonata da Dio!
Ed
è Dio che l’abbandona affinché tocchi con mano cosa vuol dire non ascoltare la
mia Parola.
Per
cui seguendo i desideri del proprio cuore, si arriva al punto, come diceva
Gesù, di uccidere, credendo con ciò di essere giusti, di essere onesti, di
rendere gloria a Dio.
Questo
è il concetto di collera, di ira di Dio.
Il
vero concetto di odio non è, il vero concetto di mancanza d’amore non è l’odio,
quello in contrapposizione all’amore, non è l’odio, ma direi che è
l’indifferenza.
Ora,
noi corriamo questo rischio: di entrare nell’indifferenza di Dio, se non
ascoltiamo Dio perché più noi ascoltiamo Dio e più entriamo nella
partecipazione di Dio; quindi Dio sta molto dietro, perché ama il Figlio; ma è
necessario che in noi si veda qualche cosa del Figlio: non fosse altro che
l’ascolto della Parola di Dio, l’attenzione a Dio, l’interesse per -.
Ecco,
allora abbiamo qualche cosa del Figlio, perché il Figlio è quello che guarda al
Padre. Se in noi c'è interesse per -, allora ecco che Dio opera; se non c'è
questo interesse per -, c'è indifferenza per Dio.
Ora
noi, abbiamo già visto molte volte, siamo delle creature che partono con l'io
al centro e che poi, a poco per volta, maturano verso la spiritualizzazione del
tutto Dio al centro.
Come
noi incominciamo ad entrare nel mondo trascendente cioè nel cielo (il cielo è
caratterizzato da questo: che tutto è opera di Dio); fintanto che noi siamo in
terra (la terra è caratterizzata da questo: tutto dipende dall’uomo, tutto è
relativizzato all’uomo, tutto è in funzione del nostro io).
Ora,
Dio opera anche sulla nostra terra, perché la terra, dice Gesù, è sgabello ai
piedi di Dio, è il trono di Dio nel cielo; per cui se noi vogliamo conoscere
Dio, dobbiamo portarci nel cielo.
Per
cui il trono cosa rappresenta: è il trono da cui Egli regna.
Ma
se noi vogliamo vedere il Regno di Dio, e quindi conoscere questa regalità di
Dio che opera anche in terra, dobbiamo portarci nel cielo, quindi superare il
pensiero del nostro io, entrare in questo mondo trascendente, è lì, in questo
mondo trascendente, al centro di questo mondo troviamo il trono di Dio, cioè il
luogo da cui Dio regna.
Conoscendo
questo, noi a poco per volta, capiamo anche il disegno di Dio sulla nostra
terra, dove Dio opera su questa nostra terra, facendo giungere la sua Parola;
se noi non crediamo alla sua Parola, ecco c'è il distacco.
E
allora si verifica questa situazione: noi abbandonati soltanto più ai pensieri
del mondo, ai pensieri del nostro io, ai nostri interessi, e qui abbiamo l’ira
di Dio; nel campo dello spirito la creatura è morta.
Quindi
abbiamo la creatura che, destinata a diventare figlia di Dio, destinata alla
nascita, a crescere fino a diventare figlia di Dio, che ad un certo momento dà
luogo all’aborto, dà luogo alla deformazione, è la creatura che ha fallito
nella sua vita.
In
questo processo qui di fallimento, noi possiamo avere diversi aspetti;
l’ateismo in cui la creatura considera Dio non esistente, oppure è
indifferente.
Oppure
in un primo tempo abbiamo la creatura che tende a strumentalizzare Dio, e
abbiamo già una funzione in cui c'è la creatura che non è più in ascolto di
Dio, ma la creatura che tende a strumentalizzare Dio, a servirsi di Dio.
Siamo
nel campo dell’educazione ad imparare ad essere con Dio.
Ma
qui abbiamo un essere con Dio, in un modo sbagliato, perché noi possiamo essere
con Dio:
·
possiamo
essere con Dio cercando di strumentalizzare Dio a noi stessi;
·
possiamo
essere con Dio vedendo Dio quasi come un nemico
·
e
possiamo invece considerare Dio con indifferenza;
siamo
nel campo pieno dell’ateismo, Dio è lontano, o è considerato come un essere
inesistente.
Sono
le forme della creatura che non matura più verso lo spirito, ma che sta
deformando o che sta abortendo.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Nino: L’ira
di Dio consiste nell’indifferenza da parte di Dio verso coloro che hanno
rifiutato Dio.
Luigi: No, che
ha rifiutato di ascoltare la Parola di Dio, la Parola di Dio che giunge a noi.
Nino: Ad
esempio Hitler, che credeva di essere Dio in terra, che ha rifiutato
l’esistenza di Dio, non pensi che Dio abbia voluto, magari alla fine della
vita, redimere anche lui?
Luigi: Sì, Dio
opera sempre, anche quando ci abbandona ai desideri del nostro cuore, Lui
abbandona la creatura perché è un’opera d’arte da parte Sua, per cercare di
salvarla. È un abbandono relativo..
Nino: Sembra
che a certe persone tutto vada bene e poi ad un certo punto hanno il crollo..
Luigi: Certo,
è lì la lezione di Dio. Perché in un primo tempo Dio ci sta dietro con le sue
parole, ci manda i suoi annunci, i suoi richiami. Se noi aderiamo, se noi
crediamo, e questo è il Figlio che opera, se noi aderiamo, allora incomincia
tutto il travaglio della vita spirituale, per spiritualizzare la nostra vita
dietro queste parole; perché queste parole diventano un sentiero, una strada,
che poco per volta ci porta a convincerci della necessità del superamento del
nostro io, ma non solo del nostro io ma di tutto il mondo che dipende dal
nostro io.
Perché
se il nostro io è al centro del nostro mondo, il superamento del nostro io
richiede anche il distacco e quindi il superamento di tutto un mondo che ha per
centro il nostro io.
Per
incominciare a portarci sui sentieri del trascendente, del cielo.
Ora,
sui sentieri del cielo noi abbiamo soltanto più un Maestro unico, che è lo
Spirito stesso di Dio, che è il Figlio stesso di Dio che ci porta al Padre, e
che è lo Spirito Santo; quindi non abbiamo più altre lezioni.
Quindi
abbiamo detto che i motivi che ci guidavano in terra, cadono, non ci sostengono
più; anche le stesse parole che sentiamo, mentre prima ci potevano servire come
norma, come morale, non ci servono più; perché abbiamo bisogno di tradurre.
Ad
esempio il verbo mangiare; fintanto che noi siamo in terra, abbiamo i piedi in
terra, il verbo mangiare è facilissimo, si capisce, è un’operazione naturale
con la quale noi ci nutriamo, assimiliamo.
Ma
come noi entriamo in cielo, e ci occupiamo delle cose di Dio, il valore del
mangiare ha bisogno di essere ritradotto, abbiamo bisogno di una terminologia
nuova, abbiamo bisogno di capire che cosa vuol dire mangiare secondo lo
spirito.
E
così tutte le cose, perché tutte le cose vengono spiritualizzate con Dio, nel
Pensiero di Dio.
Ora,
ascoltando il Pensiero di Dio, noi siamo portati a spiritualizzare tutto il
mondo, a ritradurre tutto il mondo ma in termini divini, secondo lo Spirito di
Dio.
Perciò
cerchiamo le cose secondo Dio, questo raccogliere in Dio; non basta più che le
cose si riferiscano al nostro corpo per essere intellette, per cui mangio un
pezzo di pane e capisco perfettamente cosa vuol dire mangiare un pezzo di pane,
lo riferisco al mio corpo.
Se
io invece ascolto il Figlio che mi dice di mangiare un pezzo di pane, questo mi
crea un travaglio perché fintanto che non vedo cosa vuol dire, cosa Lui mi vuol
dire mangiare un pezzo di pane nello Spirito di Dio, io non so più soddisfatto.
Sono
soddisfatto nel senso terreno di mangiare un pezzo di pane, ma non sono
soddisfatto a mangiare il pane di Dio.
Ho
bisogno di capirlo spiritualmente, intellettualmente, secondo lo Spirito di
Dio.
E
così per tutte le cose, per tutte le operazioni che avvengono nel mondo!
Devono
essere ritradotte dal nostro spirito con lo Spirito di Dio, per essere viste in
Dio, nella vita. Il Signore parla addirittura di “consumazione” che avviene
nell’uomo, di tutto l’universo; è una consumazione di tutto l’universo
nell’unità di Dio; “affinché siano tutti consumati nell’unità”.
Perché
più noi consumiamo l’universo in questa unità, e più formiamo una cosa sola con
Lui, con Dio. Noi restiamo raccolti, uniti a Dio, nella misura in cui
raccogliamo in Dio; più noi raccogliamo in Dio e più siamo raccolti e restiamo
raccolti.
Mentre
meno noi raccogliamo e più siamo dispersi nelle cose, portati via dalle cose.
Quest’opera
di raccoglimento avviene in quanto siamo già penetrati nel cielo di Dio,
abbiamo già presente Dio, siamo già con Dio.
Se
invece noi non aderiamo alla Parola di Dio, non aderendo alla Parola di Dio, si
crea questo distacco.
Con
questo non è che noi già siamo nell’inferno, Dio opera ancora! Ma opera
lasciandoci seguire quello di cui noi siamo convinti, perché ormai abbiamo
trascurato la sua Parola, il suo richiamo, “Allora, tocca con mano! Ho
abbandonato l’uomo ai desideri del suo cuore! Faccia pure quello che vuole”.
Allora
l’uomo vede che tutte le cose vanno secondo i suoi desideri; crede di avere la
benedizione, e pensa: “La mia volontà non conosce ostacoli!”, ecco
l’esaltazione.
Ma
più l’uomo si esalta e più arriva il momento del crollo!
Perché
soltanto toccando la vetta allora l’uomo scopre l’errore, il fallimento che ne
consegue.
Questo
è l’esempio di Mussolini e Hitler, direi, non tanto per loro, perché non
possiamo giudicare; può darsi che siano in cielo e che siano santi! Non
possiamo giudicare!
Tu
dicevi che loro sono stati molto più peccatori di noi. Io direi che non
possiamo dire una cosa così. Anche se è stata coinvolta una massa di gente,
tutto è opera di Dio.
Un
atto di egoismo verso un mio fratello equivale a ciò che hanno fatto loro.
Questa
è un’opera grandiosa, massiccia, perché noi siamo diventati tanto grossolani
che abbiamo bisogno di opere mastodontiche per capire qualche cosa, e non siamo
più capaci ad intendere la lezione della formichina o la lezione umile della
povera creatura o del povero che il Signore ci fa trovare per la strada.
Allora
ecco che Dio ci manda queste grandi lezioni, così imponenti, magari un
terremoto che ti sconquassa tutto, lezioni shoccanti.
Ecco
però in Dio tutte queste cose, anche l’indifferenza di Dio, quella che la
Bibbia chiama ira di Dio, collera di Dio, bisogna tradurla in questo senso
essendo opera di Dio.
Perché
la creatura non avendo più aderito alla Parola di Dio, non riceve più la Parola
di Dio, e quindi l’unica lezione che può ricevere, è l’esperienza di quello di
cui è convinta.
Tu
sei convinto che le bignole siano una grande gioia? Mangia un chilo di bignole,
prenderai mal di pancia e toccherai con mano che non era il tuo bene.
Per
cui si sente dire: “Se Dio non ci avesse dato i comandamenti, la legge, come
saremmo liberi!”, ma provate a fare come se non ci fossero questi comandamenti!
Seguite tutti i desideri del vostro cuore! Ad un certo punto il Signore dice:
“Cancella i comandamenti, non pensarci, segui tutte le tue voglie, toccherai
con mano cosa vuol dire avere per re un uomo anziché avere per re Dio!”.
La
cosa non è peccato perché Dio l’ha proibita, è peccato nel senso che ti sta
rovinando, ti rovina completamente!
Allora
questi peccati sono dei paracarri; “Ah, come sarebbe bello se non ci fossero i
paracarri!”, prova a camminare come se non ci fossero i paracarri e vedi dove
vai a finire! Noi non ci rendiamo conto! L’ira di Dio è Dio che dice: “Va bene,
tu non mi vuoi dare retta? Segui, tocca con mano e così constaterai!”.
Anche
questa è opera di misericordia di Dio per salvarci. Sempre in tutto quello che
accade!
Nino: Diciamo
che è un’indifferenza apparente!
Luigi:
Certamente perché in senso assoluto non c'è l’indifferenza! C'è l’indifferenza
nel senso che Dio non ti sta più dietro con il suo pungolo, con la sua Parola,
che ci dà fastidio!
“Potessimo
essere liberi!”, “Vuoi essere libero? Sii libero e tocca con mano cosa vuol
dire essere libero!”. L’uomo autonomo, l’uomo che non ha più qualcuno che
lo ami.
Il
fastidio che si prova ad avere una mamma, qualcuno che ti vuole bene, prova ad
essere solo! E vedrai cosa vuol dire! Hai toccato con mano! Quando hai toccato
con mano dirai: “Ah, se potessi ancora avere qualcuno che pensa a me!”.
Nino: L’uomo
che si allontana da Dio sente anche la solitudine nel mondo.
Luigi: Certo,
perché anche la possibilità di partecipare tra noi, creature con creature, ci è
data in quanto abbiamo Dio, in quanto abbiamo presente Dio. In caso diverso,
l’uomo nel suo io, diventa un centro di egoismo, e quindi diventa una fuga. Lui
fugge da tutti, ma tutti fuggono da lui! Perché se noi fossimo sinceri e
onesti, vivendo nel pensiero del nostro io, noi dovremmo sempre dire al nostro
prossimo: “Guarda che io cerco di fregarti, perché io penso soltanto a me
stesso!”, però noi ci mettiamo dei paraventi, delle etichette, dei nomi di
ideali, ci camuffiamo, ma ad un certo momento il gioco viene fuori.
E
come il gioco viene fuori…. È come il tale che ti vuol vendere una cosa
fasulla, ti frega una volta ma non più la seconda. Vedi che si crea la fuga?
Quindi
più uno cerca di essere, di pretendere, di strumentalizzare gli altri, di
essere egoista, più crea una fuga!
Per
cui se vuoi che il mondo ti vada dietro, tu non cercare di tenere il mondo,
lascia che vada! Vivi per Dio e ti accorgerai che “Chi eleva a sé eleva il
mondo” il motto di tutti i santi.
Per
cui noi più corriamo dietro il mondo, e più il mondo scappa, perché si accorge
che noi cerchiamo di strumentalizzarlo; più invece trascuriamo il mondo per
cercare Dio, e più tutto il mondo ci viene dietro!!! La grande lezione dello
Spirito sta lì: cerca prima di tutto Dio; non scorrere terre e mari per fare
dei proseliti, preoccupati di entrare tu nel Tempio, perché se tu entri nel
Tempio, ti accorgerai che tutti incominceranno ad andarti dietro.
Perché
ognuno di noi è spettacolo, ma spettacolo di cosa?
Di
quello che cerca prima di tutto; ora, se io mi metto a cercare l’altro, l’altro
scappa perché pensa: “Questo qui vuole strumentalizzarmi, vuole possedermi”.
Se invece io cerco qualcos’altro, il mondo si domanda: “Cosa sta cercando
quello lì?”. È l’interesse per -.
È
ciò che cerchiamo nella nostra vita, che rende testimonianza, che dà spettacolo
al mondo. Quindi, se noi sinceramente cerchiamo Dio, siccome che gli uomini
soffrono sostanzialmente perché non trovano Dio, non vedono Dio, vedendo
qualcuno che cerca Dio, ecco allora tutto il mondo incomincia ad andargli
dietro. “Chi eleva sé, eleva il mondo!”.
Eligio: Dio non
può essere soggetto di indifferenza..
Luigi: Si, da
parte di Dio è un’opera d’arte. Ho usato il termine “indifferenza” per ovviare
al termine “ira” che è una passionalità che non c'è in Dio. Poi San Paolo
stesso dice parlando di se stesso (usando un altro termine): “L’ho abbandonato
a Satana” parlando di uno che…”affinché toccasse con mano”. e Dio stesso
parlando ai Romani dice: “Poiché non hanno dimostrato di apprezzare la
conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati a seguire i loro desideri”. Ecco la
differenza: Dio abbandona, lascia che la creatura segua i desideri del suo
cuore. Come il padre che ha un figlio che a tutti i costi vuol toccare la
stufa, ad un certo momento gli dice: “Tocca, prova..” non perché sia
indifferente ma perché il figlio esperimenti e si renda veramente conto e non
abbia più un domani a sbagliare, a bruciarti in modo definitivo.
Eligio: Il
Padre ha dato tutto al Figlio, quindi anche a noi vuole darlo. Cosa s’intende
per questo “tutto”?
Luigi: È Lui,
il Padre, Dio. È Lui! Il Tutto è Lui perché siccome Dio è l’Essere, non c'è
qualcun altro, il Tutto è Lui.
Eligio: Più noi
diventiamo figli di Dio, più possediamo questo “tutto”.
Luigi: Perché
Dio stesso diventa il nostro “tutto”. Quando una persona ama tanto dice: “Tu
sei il mio tutto!”. Ad un certo momento Dio diventa veramente il nostro tutto.
Eligio: Perché
doveva darlo al Figlio? Il Figlio già lo aveva…
Luigi: Lo dice
per due motivi:
·
1° per
insegnare a noi che il “tutto” arriva a noi da suo Figlio, parla per accentrare
la nostra attenzione; affinché noi sappiamo che il “tutto” lo riceviamo solo
dal Figlio: “Nessuno può salire al Padre se non Colui che discende dal Padre”.
“Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia
rivelare” (usa sempre la stessa terminologia).
·
2° per
insegnare a noi che soltanto diventando figli riceviamo il “tutto”.
Il
“tutto” è Dio che deve diventare nostro “tutto”, come oggetto d’amore.
Allora,
diventando Lui il nostro tutto, nel tutto di Dio abbiamo tutto. Per cui più ci
eleviamo al cielo e più noi conquistiamo la terra. È assurdo che uno cerchi di
conquistare la terra, dandosi tanto da fare. No! la terra si conquista andando
in alto. Più tu vai in alto verso il cielo, e più tu possiedi veramente la
terra. Più tu ti dai da fare in senso orizzontale e più perdi, perdi te e perdi
la terra.
Eligio: Pensavo
al “tutto” come quel tanto di conoscenza da comunicare agli uomini che gli
uomini possano comprendere. Invece il “tutto” è proprio la Persona di Dio
stesso.
Luigi: Il
tutto è la Persona di Dio che deve diventare il nostro tutto.