Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti.
Chi è della terra appartiene alla terra e parla della terra. Ma chi viene dal cielo
è al di sopra di tutti; testimonia di
ciò che ha visto e udito, ma nessuno accetta la sua testimonianza GV 3 VS 32/33
Titolo: Entra nel segreto
della tua stanza.
Argomenti: Parlare di cose della
terra o del cielo - Terra e cielo – La conoscenza relativa all’io – L’insicurezza – Il silenzio interiore
– Il cielo è dentro di noi – Passaggio dall’esterno all’interno -
8/Maggio/1977
Fermiamoci
ancora su questo versetto: “Chi viene dal cielo è superiore a tutti e annuncia
ciò che ha visto e udito e nessuno accetta la sua testimonianza. Chi accetta la
sua testimonianza con ciò suggella che Dio è verace”.
Prima
di tutto soffermiamoci su: “Chi viene dal cielo…”; qui lo contrappone a:
“Chi è della terra appartiene alla terra e parla della terra”.
“Chi viene dal cielo..” il primo problema che si affaccia è questo: come fare
per distinguere chi è dalla terra e chi viene dal cielo.
Chi
è dalla terra, è già stato precisato, parla della terra e chi viene dal cielo,
di conseguenza, parla del cielo; in un altro passo del vangelo Gesù dice che la
bocca parla dall’abbondanza del cuore. Ognuno parla di ciò che ha veduto e il
Figlio parla di ciò che ha ascoltato dal Padre. Anzi precisa che: “Nessuno
può salire al cielo se non Colui che è disceso dal cielo” e che dà la
possibilità quindi, a coloro che non sono in cielo, di andare in cielo e di
ascoltare le cose del Padre.
Allora,
direi che la caratteristica di chi viene dal cielo, la cogliamo in questo: che
parla delle cose del cielo, mentre chi è della terra parla delle cose della
terra.
Nel
discorso del pane di vita, quando Gesù vede che tutti se ne vanno perché
l’argomento è troppo difficile, chi mai lo può digerire, chi mai lo può
assimilare, Gesù dice: “Volete andarvene anche voi?” e Pietro risponde
per tutti: “E da chi andremo, tu solo, Signore, hai parole di vita eterna”; parole
di vita eterna: cioè tu solo hai parole che ci fanno conoscere Dio. La vita
eterna è nel conoscere Dio come vero Dio. Ecco la caratteristica di Colui che
viene dal cielo: chi viene dal cielo ci fa conoscere Dio perché parla di cose
di Dio. Invece chi appartiene alla terra, parla di cose della terra.
Il
nostro parlare è un’espressione dei nostri interessi sempre. Bisogna sempre
cogliere il motivo che ci fa parlare più che le cose che noi diciamo. Perché
noi possiamo anche parlare o ripetere parole però qual è il motivo per cui -,
ecco è nel motivo che si coglie l’interesse principale.
Ora,
chi appartiene alla terra ha come motivo del suo parlare, del suo dire, del suo
agire la terra: gli argomenti del mondo, i problemi del mondo, gli affari del
mondo.
Chi
invece viene dal cielo, parla delle cose del cielo a noi.
Ma
qui penso che sia ancora necessario ribadire il concetto tra cielo e terra.
Abbiamo visto che per terra intendiamo ciò che dipende dal nostro io, ciò che è
rivelazione al nostro io, ciò che è esperimentabile dal nostro io; per cielo
invece intendiamo ciò che supera il nostro io, cioè i valori trascendenti. Nel
mondo dei significati noi abbiamo un cielo ed una terra; evidentemente, tutto
ciò che avviene attorno a noi ha un significato per la nostra vita personale.
Quindi se nel nostro habitat, nel nostro mondo, se nella vita di ognuno di noi
c'è un cielo e c'è una terra, dobbiamo cercare di intendere quale sia il
significato, il messaggio che Dio vuole comunicarci presentandoci un mondo
fatto così: cioè fatto con una terra al di sotto di noi, e fatto con un cielo
al di sopra di noi.
Il
messaggio è questo: che ci sono delle cose che sono in relazione al nostro io,
in rapporto al nostro io, esperimentabili dal nostro io e ci sono delle cose
superiori al nostro io.
Ora,
che siano delle cose superiori al nostro io è più che evidente, come è altrettanto
evidente che ci sono delle cose che dipendono dal nostro io e che noi possiamo
fare oggetto di esperimentazione. Per cui noi vediamo, noi tocchiamo, noi
gustiamo, a noi una cosa piace, una non piace; tutte queste cose hanno per
centro la sperimentazione del nostro io, è una conoscenza nel pensiero del
nostro io; per cui tutto il nostro vivere, generalmente è incentrato su:
“Perché fai questo?”, “Perché ti comporti così?”, “Perché questo mi piace!”,
“Perché quell’altro brucia”, “Questo non mi conviene!”.
Ma
al centro di tutto c'è il pensiero del mio io che ha provato qualche cosa, che
ha gustato qualcos’altro, che si è trovato bene con questo, che deve ripararsi
da quest’altro ma tutto questo ha per centro il nostro io.
Ora,
questa conoscenza di cose dipendenti dal nostro io non è la vera conoscenza,
perché il nostro io non è la verità.
Ecco,
a questo punto si esige da noi stessi la ricerca di qualche cosa che abbia un
punto di appoggio assoluto, che non sia fondato soltanto sull’io, sulle nostre
esperienze, ma qualche cosa che abbia un punto di appoggio assoluto.
Ecco,
l’orientamento alle cose superiori che ci sono date, le cose del cielo, le cose
trascendenti il nostro io, che superano il nostro io.
E
Dio appartiene alle cose trascendenti, Dio non esperimentabile dal nostro io,
la nostra anima non è sperimentabile dal nostro io, le cose eterne non le
possiamo esperimentare perché non le possiamo assoggettare, però tra il cielo e
la terra non c'è una frattura, in modo che il cielo non interferisca sulla
terra, c'è una continuità tra il cielo e la terra.
Noi
ad un certo momento possiamo, ed arriviamo a capire, che la nostra terra
appartiene al cielo ed è un corpo del cielo.
Quindi
il cielo si fa sentire sulla terra, non può essere esperimentabile dal nostro
io, ma opera sul nostro io e si fa provare.
E
quando si fa provare, quindi si annuncia, ha qualche cosa da proporci, da
proporre alla nostra vita, a noi stessi.
È
questo bisogno, questo orientamento al di sopra delle cose, della terra, delle
cose del nostro mondo.
Ora,
teniamo presente che al centro delle cose che dipendono da noi stessi, c'è il
pensiero del nostro io; evidentemente noi per conoscere le cose del cielo, le
cose trascendenti….
Ora,
queste cose qui, devono essere conoscibili perché si annunciano e in quanto si
annunciano si propongono e se si propongono, evidentemente si offrono.
Ora,
si tratta soltanto di scoprire la via per arrivare.
Ora,
certamente, se Dio fa giungere a noi un annuncio, e dico che questo annuncio è
la proposta ad un certo bene, in quanto ci fa una proposta di un certo bene, ci
dà la possibilità di giungere ad esso.
Altrimenti
dobbiamo subordinarci a quelle che sono le condizioni della verità stessa per
arrivare; ma certamente in quanto le cose ci sono annunciate, ci sono offerte.
Quindi
le cose del cielo ci sono annunciate, arrivano a noi come invito, come
proposta.
Anzi
Dio stesso, con tutto il suo parlare ci invita: “Cercate prima di tutto il
regno di Dio” e ci ammonisce a non vivere per le cose del mondo, per le cose
che passano, per le cose al cui centro c'è il nostro io.
Quindi
noi abbiamo questa pressione da parte di Dio su di noi che ci sollecita a
cercare, ad alzare gli occhi al di sopra di noi stessi, alle cose del cielo,
alle cose trascendenti noi stessi.
Ma
dico, tutte le cose che dipendono dal nostro io, hanno per centro, come punto
fisso di riferimento il nostro io e per arrivare quindi alle cose del cielo…
Noi
facciamo un errore grossissimo quando cerchiamo la nostra sicurezza nelle cose
del mondo, è un errore di logica perché certamente la certezza non ci può
essere data dalle cose che dipendono dal nostro io perché noi stessi siamo
incerti.
Ora,
se tutte le cose che dipendono dal nostro io, dipendono da un fattore di
incertezza il quale è il nostro io, certamente noi non possiamo trovare la
certezza attorno a noi come non possiamo trovare la verità attorno a noi.
È
altrettanto un errore illogico cercare la verità attorno a noi, io metterei in
dubbio la possibilità di arrivare a delle sicurezze anzi, più noi ci
sprofondiamo nelle cose esterne, nelle cose del mondo, più queste cose si
sgretolano e ci lasciano nell’insicurezza: dell’insicurezza che è la norma
dell’uomo nel mondo.
L’insicurezza
che poi si avvia verso la paura, verso delle situazioni angoscianti; ma più noi
ci proiettiamo al di fuori di noi, esterno a noi, e più non facciamo altro che
ritrovare quello che siamo noi, perché queste cose dipendono dal nostro io,
perché il nostro io essendo insicuro, proietta la sua insicurezza verso tutte
le cose che tocca, verso tutte le cose che vede.
La
nostra sicurezza è al di sopra del nostro io, la verità è al di sopra del
nostro io; quindi richiede (ecco il cielo) il superamento di noi stessi.
Ora
il superamento del nostro io, di noi stessi, è un fatto che può avvenire solo
personalmente, non può avvenire per gruppo, per massa perché il pensiero di noi
stessi, può essere superato solo da noi stessi, nessuno lo può fare al nostro
posto, nemmeno Dio.
Dio
ci ammonisce, ci propone, ma non ce lo impone perché Lui stesso dà a noi la
coscienza di noi stessi; e dandoci la coscienza del nostro io non può imporci
di lasciare questa coscienza, ci può invitare a superarci dicendo: “Guarda che
tu non sei la verità” e ce lo dimostra: “Guarda che tu non sei Dio”.
Quindi,
dimostrando che noi non siamo Dio, ci invita a togliere il pensiero del nostro
io dal centro e mettere un Altro al centro, cioè mettere la Verità al centro.
Questo
superamento del nostro io è un fatto che può avvenire solo personalmente e in
quanto viene solo personalmente, passiamo dal campo della esteriorità al campo
della interiorità.
Quindi
il cielo è essenzialmente un valore interiore a noi stessi, perché richiede, per
poter essere avvicinato, richiede da parte nostra un superamento e un
superamento che è personale, un atto intimo personale, fatto nel silenzio,
soltanto nel silenzio di noi stessi, nel chiuso della nostra stanza che noi
possiamo fare questo superamento e guardare il Padre.
Allora,
se soltanto nel segreto del nostro essere, in questo silenzio, noi possiamo
avvicinarci al cielo, dobbiamo dire che questo è un valore interiore; cioè il
cielo non è fuori di noi ma il cielo è dentro di noi, e Dio abita dentro di noi
e noi possiamo trovare Dio soltanto chiudendo gli occhi a tutto quello che è il
mondo esterno.
Forse
che il mondo a questo punto è male?
In
quanto ad un certo momento dobbiamo lasciarlo? No, è bene, ma è
un’introduzione, è pedagogia a questo salto, a questo distacco.
Ma
fintanto che noi non ci convinciamo della necessità di chiudere gli occhi a
tutto questo mondo esterno, noi non possiamo avvicinarci al cielo che ci è
annunciato e che ci rende responsabili proprio in quanto ci è annunciato.
La
responsabilità nostra sorge in quanto noi riceviamo un messaggio, riceviamo un
annuncio.
La
responsabilità viene da respondere e dal mondo con cui noi rispondiamo.
Il
cielo si annuncia a noi, ci annuncia il valore trascendente, noi lo trascuriamo
(trascurando facciamo l’errore di trascurare la nostra eredità per i beni della
terra) e quindi questa non la considereremo.
Se
invece noi aderiamo a questo annuncio, passiamo dalle cose esterne del mondo
esterno, alle cose interne.
Ed
è in questa interiorità che cominciamo a scoprire per gradi, quello che è la
verità, quello che è la nostra pace, quella che è la sicurezza che poi dopo ci
dà l’intelligenza (lo Spirito di Verità) di tutte le cose esterne.
A
questo punto possiamo collegarci a quella che è stata la riflessione,
l’argomento di Vigna, cioè: “Imparare a camminare con Dio e in Dio”.
Ecco,
il passaggio, l’aderire all’annuncio delle cose trascendenti, delle cose che
appartengono al cielo, e quindi il passaggio dalla terra al cielo, e non
proiettare tutta la nostra vita sulla terra (conseguenza del fatto che abbiamo
messo il nostro io al centro), questo è cominciare a camminare con Dio.
Per
cui se noi ubbidiamo a Dio, cominciamo ad alzare i nostri occhi al cielo.
Alzare
i nostri occhi al cielo vuol dire passare, cioè chiuderci alle cose esterne e
ricominciare a cercare in.
Questo
silenzio interiore, questo raccoglimento, questa chiusura alle cose esterne,
per elevare i nostri occhi al Padre nostro che è dentro di noi, è questo
camminare in -.
Perché
abbiamo detto che il camminare in Dio è dimenticare tutte le cose per occuparci
di conoscere Dio.
È
questo impegno con Dio per conoscere Dio.
Allora
il passaggio dalla terra alle cose interiori abbiamo l’ubbidienza a Dio quindi
camminare con Dio; quindi tutta la fatica che dobbiamo fare per staccarci,
mettere un pochino di distacco, di lontananza tra noi e il mondo abbiamo
un’ubbidienza a Dio che è camminare con Dio; invece impegnarci, cercare di
conoscere Dio, questo tu per tu con Dio, lì è il tuo segreto: “Prega il Padre
tuo”, “Alza lo sguardo verso il Padre tuo che è nel segreto, che premia nel
segreto, e che in questo segreto ti vede e ti ascolta”, questo è camminare in
Dio, è avanzare nella conoscenza di Dio.
Ma
questo avanzamento non è dato a noi, è dato in quanto noi ascoltiamo la Parola
di Dio e seguiamo la Parola di Dio, perché “Senza di Me non potete fare
niente”, “Nessuno può salire al cielo se non colui che discende dal cielo”,
“Nessuno può arrivare al Padre se non per mezzo del Figlio”. È soltanto
seguendo…
Per
cui la parola del Figlio diventa per noi via, strada che, seguendo la quale,
noi giungiamo a conoscere, noi entriamo nel cielo, entriamo cioè nel regno di
Dio.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Pinuccia: Se si
potesse approfondire questo versetto 33: “Chi accetta la sua testimonianza, con
ciò suggella che Dio è verace”, è la continuazione di questo argomento?
Luigi: Ho
detto che la sicurezza, la certezza, la conoscenza della verità, si ha soltanto
nel cielo di Dio. È l’argomento di Tommaso: solo credendo si arriva a vedere;
vedendo si suggella, si ha la testimonianza.
Pinuccia: Però
suggellare cosa vorrebbe dire? Testimoniare?
Luigi: No,
suggellare vuol dire comprovare; cioè si ha in noi stessi la prova della
verità.
Nino: La
verità è testimone a se stessa.
Luigi: La
verità è testimone a se stessa. Però, vedendo, però per vedere devo credere.
Allora, quando credo, cammino con Dio..
Nino: Quando
io accetto Dio mi prova con la sua verità, ma io devo fare l’atto di
accettazione e di messa a tacere del mio io.
Luigi: Solo
credendo, quindi, noi arriviamo a vedere, perché “Nessuno conosce il Padre se
non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo”. Quindi
“Nessuno conosce il Padre se non il Figlio” per arrivare a conoscere il Padre dobbiamo
passare attraverso il Figlio; però bisogna credere a -, il Figlio è la Parola.
Il Figlio è la Parola, la Parola che parla a noi del cielo, del Padre suo,
parla a noi; se noi aderiamo alla sua parola, attraverso la sua parola che
diventa strada, arriviamo a conoscere il Padre e nel Padre riceviamo il
suggello, la testimonianza; abbiamo in noi stessi la prova, noi stessi abbiamo
ascoltato, diventiamo una cosa sola col Figlio; e avendo ascoltato da noi
stessi, noi stessi diventiamo prova che Dio è verità.
Ma
per arrivare lì abbiamo dovuto….
Per
cui chi giudica noi, non è il Padre, ma la parola che arriva a noi per cui se
noi rifiutiamo la parola, rifiutiamo la via per arrivare. Non arriveremo mai,
però la parola ci giudica perché io ti avevo annunciato quello che vale più di
tutto.
Ora,
quello che parla a noi del cielo, è superiore a tutto, perché ci porta alla
sicurezza, ci porta alla verità, alla vita vera.
Mentre
invece tutto quello che appartiene alla terra, è inferiore; per cui noi non
dobbiamo preferire i valori inferiori ai valori superiori perché i valori
inferiori appartengono al nostro io.
Ma
se il nostro io è insicurezza, tutto quello che dipende dal mio io, sarà
suggellato dalla insicurezza. Infatti tutto perisce, tutto è sotto il sigillo
della morte, tutto quello che dipende dal nostro io. Quindi tutta la funzione
del mondo esterno, è quella di richiamarci, è un ammonimento, perché Dio parla
anche nel mondo esterno. Ora, parlando nel mondo esterno ci ammonisce a non
vivere per le cose esterne; perché ho detto: c'è la terra, ma c'è anche il
cielo e il cielo opera sulla terra; la terra è riscaldata dal sole. Non
possiamo noi dimenticare sulla terra che il calore lo riceviamo dal sole!
Quindi abbiamo questa continua pressione del cielo sulla terra; ma perché c'è
questa pressione? Ora, tutte le cose, in quanto sono, hanno un valore di
significato per la nostra vita personale; e se hanno un valore di significato
sono proposte; in quanto sono proposte ci sollecitano a cambiare vita.
Perché
io faccio una proposta a uno in quanto lo sollecito a cambiare il suo modo di
vivere: la proposta è una novità, altrimenti non è più proposta.
Allora,
in tutte le cose noi dobbiamo cogliere la proposta di Dio: “Come mai esiste il
cielo?”. Ora, io non potrò rispondere a questa domanda fintanto che non capirò
la proposta che Dio mi fa, facendomi vedere il cielo.
Ora,
presentandomi il cielo, Dio mi propone di alzare gli occhi dalla terra al
cielo; ma per alzare gli occhi dalla terra al cielo, devo superare me stesso, quindi
ha questo valore di interiorizzazione.
Devo
passare dalle cose esterne, perché le cose esterne sono quelle che dipendono
dal mio io; per cui il grande cielo di Dio non è quello che noi vediamo, quella
è una proposta, quello è messaggio; il grande cielo di Dio è dentro di noi.
Ecco
allora la necessità, per entrare in questo cielo, di chiudere gli occhi, di
mettere una frattura con tutto il mondo esterno, perché il mondo esterno non
farà altro che dirmi: “Entra dentro te stesso, perché Dio abita dentro di te, e
Dio Lo conoscerai soltanto nel tuo segreto, personalmente”, in quanto è segreto
è personalmente.
Allora,
siccome nel mondo esterno ci sono anche tutti gli uomini, e ci sono anche tutte
le parole degli uomini, tutti gli uomini, con tutte le loro parole, non fanno
altro che ammonirmi: “Guarda che la verità è dentro di te”, quindi rientra in
te stesso.
E
fintanto che noi non ci convinceremo che dobbiamo chiuderci nella nostra
stanza, chiudere i nostri occhi e prendere contatto con questo Dio che abita
dentro di noi, in questo suo cielo che è in noi. Per cui il cielo che è dentro
di noi è infinitamente più grande di tutto il cielo che noi troviamo fuori di
noi, quello è soltanto un segno di -.
Quindi
è la porta stretta di cui parla il Signore “Sforzatevi di entrare!”, questo
superamento dell’io, per entrare in questo mondo che è immensamente più grande
di tutto il mondo esterno.
A
noi, siccome noi ci immedesimiamo con il nostro corpo, sembra strano che il
mondo che portiamo dentro di noi sia infinitamente più grande di tutto il mondo
esterno, ma dentro il nostro spirito, avendo superato il pensiero del nostro
io, (“dentro” in quanto richiede il superamento del pensiero del nostro io e
quindi il superamento di tutto quello che dipende dal nostro io), c'è un
infinito immenso….
Nino: Noi
siamo fuori dal tempo e fuori dallo spazio..
Luigi: Ecco, è
necessario fare questo superamento…
Nino: Questa
tua spiegazione ci fa capire meglio il “Padre Nostro”. “Padre Nostro che sei
nei cieli, sia santificato il Tuo nome…” lì dimentichiamo noi stessi…. “Venga
il Tuo Regno” che c'è già ma noi dobbiamo scoprirlo.
Luigi: Si ma
per scoprirlo dobbiamo dedicarci molto di più a quello che vale di più e meno a
quello che vale di meno.
Pinuccia:
Apparentemente sembra una contraddizione… “Entra in te stesso per trovare Dio”
Luigi: Tieni
presente che l’affermazione di noi stessi è tutta questa proiezione sul mondo;
l’affermazione di noi stessi, la centralità sul nostro io, ci porta a
proiettarci tutto sul mondo esterno, perché il mondo esterno dipende dal mio
io; mentre la morte all’io comporta un distacco da tutto. Infatti più noi ci
proiettiamo nel mondo esterno, siamo gonfiati dal mondo esterno, il mondo
esterno ci esalta, ci deforma; per cui noi ci mettiamo attorno tante cose credendo
con ciò di assicurare la nostra vita, la nostra sicurezza e invece non facciamo
altro che subire delle deformazioni. Noi non cogliamo la nostra verità nel
mondo esterno; la nostra verità noi la cogliamo soltanto con Dio. Dio ci
ridimensiona; ma ci ridimensiona nella misura in cui noi prendiamo contatto con
Lui. Ma per prendere contatto con Lui devo staccarmi perché le cose esterne
esaltano me, perché dipendono dal mio io.
Tutto
quello che dipende dal mio io non fa altro che gonfiare me perché dipende da -.
Ora,
se io ho poche cose che dipendono da me, sento la mia povertà; se ho tante cose
che dipendono da me, mi credo… e sono un nulla! Mi credo di essere qualcosa!
Noi
tendiamo a conquistare tanto mondo, conquistando tanto mondo non è che noi
conosciamo più della verità, ma ci deformiamo al punto di crederci al centro di
tanto mondo.
Ognuno
di noi se è al centro di un piccolo mondo, sente la sua povertà; ma se tutti
gli battono le mani, si crede di essere qualcuno… è forse diverso? No! È’
povero prima come è povero dopo, solo che ha tanti che gli battono le mani.
Ma
coloro che gli battono le mani, non fanno altro che esaltarlo!
Esaltare
che cosa? Un nulla! Perché noi siamo niente! Dio è la verità e noi saremo
sempre niente!
Allora
soltanto se io mi stacco da tutti coloro che mi battono le mani, quindi da
tutto il mondo che dipende da me, (ecco il distacco che richiede
l’interiorizzazione) perché è distacco da -; “Quando vuoi pregare entra nel
segreto della tua stanza, chiudi l’uscio, e lì, nel segreto, prega”
Cos’è
questo segreto? È il superamento dell’io; ma questo superamento è un atto
personale, ecco per cui dico che è segreto, perché è un atto personale. Non si
fa all’esterno, è un atto di pensiero. Anziché pensare a cose esterne, anziché
pensare al mio io, debbo pensare a Dio.
Ma
questo trapasso, questo passaggio da – a - , richiede questa interiorizzazione,
perché Dio non lo trovo nelle cose esterne; le cose esterne sono soltanto un
segno di Dio, anche il cielo stesso è un segno di Dio, tutte le cose sono segni
ma non sono Lui.
Io
farei un errore gravissimo se cercassi la verità fuori di me, quindi se
cercassi Dio fuori di me.
Nino: Ma
quell’errore è necessario affinché noi scopriamo la nostra nullità…
Luigi: Certo,
però il passaggio nessuno lo può fare al posto nostro perché è un passaggio
personale. Infatti noi vediamo anche nelle scienze, ad un certo momento si
arriva al muro, per cui c'è il salto nel pensiero, non si può andare oltre…
In
ogni campo, nel campo dell’infinitamente piccolo e nel campo dell’infinitamente
grande, ad un certo momento si arriva al muro, io so che certamente non
arriverò mai a mettere il naso in una stella.
Per
cui bisogna portarsi nel campo del pensiero; in tutti i campi bisogna imparare
a pensare.
Imparare
a pensare vuol dire chiudere gli occhi, entrare dentro di noi, non si può fare
in modo diverso… è prendere contatto con un’altra verità, con un’altra
dimensione, che è la dimensione del divino.
E
si annuncia… perché è Dio che si annuncia altrimenti noi non potremmo prendere
contatto, non siamo mica noi che scopriamo Dio! È Dio che si annuncia, e in
quanto si annuncia, ci offre la possibilità di pensarlo perché Dio pensa a noi
prima che noi siamo capaci di pensare a Lui; è Lui che dà a noi la possibilità
di pensare Lui, non siamo noi che pensiamo Lui.
Quindi
in quanto si annuncia, si offre, si dona; l’importante è che noi accogliamo il
suo dono.
Accogliere
il suo dono vuol dire orientarsi, soprattutto col nostro pensiero su di Lui.
Orientare
il pensiero su di Lui, siccome Lui non è Tizio, Caio, Sempronio, non è l’uomo,
non sono le cose del mondo, non è tutto il mondo esterno, allora dove Lo trovo?
Perché
non posso dire che Dio è il tavolo, la sedia, no, certamente Dio non è questo!
Ecco
la necessità del superamento, perché Dio è Spirito e vuole adoratori in Spirito
e Verità.
Cosa
vuol dire: “Dio vuole adoratori in spirito e verità!”?
Cessa
di vivere per -, di essere motivato da -, dalle cose del mondo, cerca Dio nel tuo
spirito: questa è l’interiorizzazione; questa possibilità che abbiamo noi di
superare il pensiero del nostro io, che è un atto d’amore, per poi fermarci nel
pensiero di Dio.
Come
dico: pensiero di Dio; perché noi non potremmo immaginarcelo se Dio non si
donasse prima che noi siamo capaci di pensarlo.
Per
cui se io penso Dio è perché Dio per primo si è donato a me, altrimenti non
potrei neanche immaginarmi di poter pensarlo.
Per
cui se noi ragioniamo con Dio, è perché Dio si è già dato a noi, allora possiamo
capire la parola Dio, altrimenti non possiamo nemmeno capirla.
Pinuccia: Questo
distacco dovrebbe essere una cosa usuale, anche a Pentecoste…
Luigi: Certo,
perché le cose esterne dovrebbero sempre essere viste nel Pensiero di Dio,
dovrebbe essere un fatto usuale, perché sono intelleggibili soltanto nel
Pensiero di Dio, essendo opera di Dio.
Tutte
le cose sono segni di, quindi quel segno deve essere intelleggibile solo alla
presenza di Colui che lo fa; ma se io distacco il segno da colui che lo fa, il
segno non è più intelleggibile. Ecco perché dovrebbe essere il nostro stato
abituale, sempre questo distacco dalle cose.
Cioè
questo essere sempre con Dio e questo certo distacco…
Bisognerebbe
sempre guardare dal punto di vista da Sirio, cioè contemplare la terra dal
cielo, non è che la terra non si debba vedere, perché la terra è opera di Dio,
ma si deve vedere con Dio.
Pinuccia: Perché
dicevi che questo isolamento era una parte della vita…
Luigi: Si, è
una fase provvisoria, perché l’abituale arriva dopo. San Francesco per arrivare
al Cantico delle creature gli fu necessaria, prima, tutta l’ascesi e che razza
di ascesi; ma se non ci fosse stata quell’ascesi, non sarebbe arrivato al
Cantico delle creature!
Il
Cantico delle creature che cos’è? Non è altro che il punto di vista da Dio, dal
cielo, verso tutte le cose; per cui anche la morte: “Laudato sii mi Signore,
per nostra sora morte comporale”, per tutte le cose, perché tutto è segno di
Dio, tutto è grazia di Dio, tutto è opera di Dio, tutto è adorabile. E allora
tutto si loda! Ma per arrivare qui, voglio vedere!
Pinuccia: Allora
è l’ascesi che è provvisoria…
Luigi:
L’ascesi è provvisoria, non è abituale; il distacco è provvisorio. È necessario
questo distacco da -, per arrivare a questa interiorizzazione, per arrivare a
conoscere, per inserirci nel cielo, perché soltanto inseriti nel cielo, abbiamo
la possibilità di guardare la terra dal cielo.
È
una superiorità, è un certo distacco, ma non è il distacco di prima!
È
un distacco diverso perché si guardano le cose con una certa lontananza, perché
si è inseriti con Dio, in Dio.
Per
cui le cose si vedono, ma non toccano come ci toccavano prima.
Adesso
se noi tocchiamo le cose, restiamo bruciati dalle cose, con Dio possiamo
toccare le cose ma non siamo più bruciati, perché praticamente siamo bruciati
da Dio!
Ecco
allora che le cose non ci fanno più male!
Se
invece noi tocchiamo le cose nel pensiero del nostro io, quelle ci dominano,
perché noi diventiamo figli delle nostre opere e in quanto ci dominano, noi
siamo in prigione.
Ecco
allora la fase transitoria, di penitenza, di distacco per -, con Dio.
Eligio: Come si
può conciliare il superamento del mondo esteriore con il fatto che il mondo
esteriore ha una funzione pedagogica?
Luigi: La
pedagogia è cammino, è strada, è una scala a - . San Paolo dice che la legge è
stata pedagogo al Cristo; ma se è stata pedagogo al Cristo, adesso che è
arrivato il Cristo, dobbiamo ancora rivolgerci alla legge? Niente affatto!
Perché ormai la legge è stata la scala che ci ha condotto all’appartamento.
Eligio: La
legge è necessaria in quanto esiste l’uomo.
Luigi: Certo!
Eligio: Ora, il
mondo esterno può esistere anche senza l’uomo.
Luigi: No, perché
al centro del mondo esterno c'è il nostro io. Il mondo esterno è significazione
di Dio e del pensiero del nostro io.
Eligio: Nella
Genesi c'è scritto che il mondo è stato creato prima dell’uomo.
Luigi: Certo,
tutte le cose (la Genesi si ripete ogni giorno perché la creazione continua),
noi nasciamo e ogni giorno ci troviamo in un mondo che non facciamo noi, ce lo
troviamo fatto, però fatto perché è opera di Dio; è fatto nel pensiero del
nostro io.
Eligio: Per
questo dico se io annullo il mondo esterno, non ho più la possibilità di…
Luigi: Prima
di tutto noi non possiamo annullare niente, dico come distacco da -. Dico
distacco da – perché se tutto è segno, in quanto è segno, vale non per la cosa
in sé, ma per il significato che comunica a me. ora che cosa mi significa? Il
significato si concretizza in una proposta. Ora, in quanto il mondo esterno è
opera di Dio, quindi non dobbiamo distruggerlo, anche se non potremo
distruggere proprio niente.
Eligio: Se lo
distruggiamo vuol dire che è una cosa cattiva…
Luigi: No,
tutto è bene, soltanto che noi non dobbiamo vivere per quello, ma dobbiamo
capirne il significato. Tutte le creature e tutte le cose debbono essere viste
con Dio perché sono opera di Dio, Dio è il Creatore.
Se
Dio è il Creatore, in tutte le cose io debbo tenere presente Lui.
Se
tengo presente Lui allora passo al: “Che cosa mi vuol significare Dio in questo
fatto, in questo avvenimento, in questo incontro”?
Cogliendo
il significato di Dio, arriva la proposta che è una proposta di vita, ma in quanto
mi è proposta, ormai dimentico la cosa perché il messaggio me l’ha dato sono io
adesso che mi debbo impegnare. E in che cosa mi impegno?
La
proposta, in quanto è proposta di Dio a me, è modificazione del rapporto tra la
mia anima e Lui, non tra la mia
anima e le cose. Le cose sono proposte di Dio ad ogni anima, affinché io con
il mio pensiero, con la mia anima, modifichi il mio modo, il mio comportamento,
verso Dio, non verso le creature. la salvezza è Dio, non sono le creature.
Nino: Noi
partiamo deificando tutte le cose che ci circondano. Quando li capiamo come
segni di Dio, allora hanno svolto la loro funzione e quindi decadono in noi.
Luigi: Però
adesso bisogna precisare che per arrivare a cogliere le cose in Dio, per cui ad
un certo punto utilizziamo anche noi stessi la creazione per cooperare
all’elezione di Dio, perché Dio ci chiama a partecipare alla sua opera.
Per
arrivare a questo punto, c'è la fase transitoria, per cui è necessario
annullare, è necessario il distacco, è necessario questo chiudere: “Quando vuoi
pregare, chiudi l’uscio….”.
Tieni
presente che la preghiera è l’essenza della nostra vita, perché è lì, proprio
nella preghiera che l’uomo si forma; l’uomo non si forma a contatto col mondo, a
contatto col mondo si deforma, perché il mondo mi esalta; il mondo esterno ha
per centro, come punto di riferimento il mio io, perché tutte le cose che sono
esterne a me, sono dipendenti da me in un certo modo (in quanto le vedo e le
tocco).
Non
è che queste cose che sono dipendenti da me siano male, perché è Dio che le ha
fatte, ma in queste cose che dipendono da me (ed è il campo di gioco tra Dio e
me questo mondo), per cui le cose che dipendono da me, in quanto dipendono da
me, sono il campo in cui Dio mi può toccare.
Se
io amo il denaro, il denaro, diventa il campo di sensibilità in cui Dio mi può
toccare, e in quanto mi può toccare, entra in colloquio con me.
Eligio: Quindi
il peccato consisterebbe in questo: la proiezione del mio io…
Luigi: Certo….
Eligio: Io ho
sempre pensato che il vero peccato fosse quello di Satana, cioè un atto
eminentemente di pensiero..
Luigi: È’ la
stessa cosa, se tu vai a fondo è la stessa cosa.
Eligio: No, io
penso che il più delle volte sia un fatto di ignoranza..
Luigi: Ma ho
detto che non c'è una frattura tra noi e il cielo, il cielo interferisce su di
noi. Cosa vuol dire che interferisce? Che il cielo si annuncia.
Allora
la responsabilità scatta nel momento in cui il cielo mi ha fatto arrivare
l’annuncio e io ho fatto le spallucce…. Perché? Perché a me interessava la
terra; il cielo per me è una cosa astratta. Cosa mi parli di cielo? parlami di
cose pratiche. Ecco, allora io trascuro la mia eredità, trascuro le cose
superiori: ed è lì il peccato.
Non
quando io ignoro, ma quando io voglio ignorare.
Eligio: Il
valore delle cose superiori, il valore della verità non sono sempre così
evidenti, come è evidente il mondo materiale….
Nino:
Dobbiamo arrivare al punto di dire il mondo esterno non ha più niente da dirmi…
Eligio: Non basta
questo per ricevere la risposta dal cielo..
Nino: A quel
punto lì è Dio che ti prende per mano e se tu ti affidi a Lui….
Luigi: Bisogna
affidarci alla Parola di Dio, perché è la Parola di Dio che ci conduce, Dio che
ci conduce, non siamo noi..
Nino: ……
Luigi: Per
arrivare a quella chiarezza e a quella sicurezza d’animo, ed è l’argomento di
questa sera, è necessario chiudere gli occhi sul mondo, per entrare in questa
interiorità, in questo cielo interiore che è in noi, in cui c'è Dio.
Se
facciamo questo, lo facciamo per ubbidire alla volontà di Dio che ce lo
propone, e quindi, in quanto ubbidiamo, Lui stesso è garante della riuscita,
non si affida alle nostre risorse. Perché mi sono affidato alle mie risorse
quando ubbidisco e allora tutto dipende da me, perché quello che distacco da
Dio, quello resta certamente solo mio; ma se io aderisco a Dio, allora lì c'è
la grazia di Dio che opera, non sono più io che opero.
Quindi
se io accetto la Parola di Dio, e ubbidisco a Dio, e se Dio mi dice: “Quando
vuoi pregare, chiudi l’uscio della tua stanza, prega nel segreto, e lì, il
Padre tuo ti ascolta…”.
Allora,
se io ubbidisco a questo, non sono più io che ubbidisco e la riuscita della mia
strada, non dipende più da me, ma dipende da Dio e se Dio mi ha fatto la proposta,
certamente mi ha fatto la garanzia che la promessa si compirà; perché Lui è
fedele. Io sono infedele, ma Lui è fedele. Se Lui mi propone una cosa, se io
rifiuto, allora tutte le risorse sono mie, e sono affidato solo più a me
stesso, ma se io aderisco alla sua proposta, è Lui che si mette in movimento,
la garanzia mi viene da Lui.
Vorrei
che voi foste convinti della necessità di questo distacco, che non è
annullamento perché in quanto io mi metto sulla strada di Torino, in quanto ho
incontrato tante persone intorno a me, anche se stanno qui a Fossano: “Guarda
che a Torino c'è una cosa molto importante. Va a Torino!”; se io mi avvio sulla
strada di Torino, devo pur lasciare queste persone che sono qui a Fossano, però
in quanto io aderisco al messaggio di queste persone, quindi lascio le persone,
ma porto con me il messaggio di queste persone.
Allora,
in quanto noi ci convinciamo che dobbiamo distaccarci dalle cose del mondo per
entrare in questo cielo interiore in cui abita Dio, non è che noi annulliamo,
noi portiamo con noi il messaggio, il vero messaggio delle cose, il vero
significato delle cose che è poi l’anima delle cose stesse. Mentre invece
quando io mi proietto sulle cose, mi abbarbico alla scorza delle cose, ma
l’anima mi sfugge, perché l’anima è di Dio, il messaggio è di Dio. Quindi io
non colgo il messaggio delle cose, colgo soltanto la relazione tra le cose e il
mio io che è la “scorza”, ma l’anima mi sfugge: la scorza se ne andrà e l’anima
la perderò.
Ma
se io seguo e abbandono la scorza, lascio le cose per ubbidire all’anima delle
cose, al messaggio delle cose, io porto con me tutta l’opera di Dio; perché
tutto l’universo creato che è attorno a noi, e che costituisce l’habitat della
nostra esistenza, si racchiude in una parola sola, e quando io ho capito questa
parola sola, e mi avvio con questa parola alla ricerca di Dio, io ho colto
tutto l’universo, l’anima di tutto l’universo.
L’anima
dell’universo si sintetizza in un’unica parola: “Cerca Dio!” e mi ripeterà
infinitamente, per tutta l’eternità: “Cerca Dio!”.
Ora,
se io rifiuto di cercare Dio, non ho colto l’anima; se invece ho colto l’anima,
ad un certo momento lascio di cercare il mondo e cerco Dio.
Ma
cercando Dio ubbidisco al mondo; per cui non cercando Dio, non soltanto
tradiamo Dio, ma tradiamo tutto l’universo.
Per
cui se io dico: “Ho lasciato Dio però ho tutte le creature!”, no! tu non avrai
nemmeno le creature; perché tutte le creature un giorno, certamente, mi
smentiranno perché mi diranno: “Noi ti dicevamo continuamente di cercare Dio! E
tu invece…. Perché tu non ci amavi per quello che ti dicevamo, ma ci amavi
perché proiettavi il pensiero del tuo io su noi stesse”.
Per
cui tutte le cose ad un certo momento se ne vanno, ci lasciano, per cui noi non
avremmo Dio e neppure le cose.
Mentre
se noi ubbidiamo all’anima delle cose, se cerchiamo Dio, in Dio, noi ritroviamo
tutte le cose, perché ritroviamo le opere di Dio.
Se
le cose passano, o transitoriamente le dobbiamo lasciare per ubbidire alle
cose, le cose essendo opera di Dio, si fanno tutte ritrovare
Pinuccia: Allora
il distacco è vero amore alla creatura e il cogliere il significato è già …
Eligio: Il
distacco vale se ci rivolgiamo a Dio, per entrare in comunione con Dio, non è
il distacco per il distacco. Perché anche lo storico, lo studioso, si distacca…
Luigi: Il
distacco è anima, è il cogliere l’anima delle cose: il distacco dalle cose è
cogliere l’anima delle cose. Come se uno mi dicesse: “Va a Torino”, io colgo
l’anima in quanto vado a Torino, ma devo distaccarmi da Fossano….
Eligio: Si, il
distacco ha senso se mi rivolgo a Dio..
Nino: Si
annullano le cose affinché rimanga il significato che il Signore ci ha voluto
dare attraverso esse…
Luigi: Certo,
e per cogliere la divinità delle cose. Se non mi distacco da Dio, io proietto il
mio io sulle cose, non proietto mica Dio sulle cose; per cui le perderò
certamente. Noi perderemo certamente le cose che avremo voluto trattenere, ma
le cose che avremo lasciato, le ritroveremo tutte. Infatti noi avremo soltanto
quello che avremo saputo donare, lasciare, lo ritroveremo in Dio. Ma tutte le
cose che noi avremo avuto paura di lasciare, quelle le perderemo certamente,
Dio ce le toglierà violentemente, con offesa.
È’
l’eredità famosa di Esaù che gli viene portata via con offesa…
Eligio: Nel rapporto
con il mondo esterno, il mio io viene esaltato, quindi ricava un’affermazione
della mia coscienza, il mio io è al centro; parlo di coscienza come quel lato
del pensiero che sa di esistere. Dovendo trascendere la coscienza, per
stabilire un rapporto con Dio, come diventa questa coscienza?
Luigi:
Coscienza di Dio: è una nascita nuova. Mentre attualmente la nostra coscienza è
il rapporto tra noi e le cose, se noi ci orientiamo a Dio la nostra coscienza
diventa rapporto tra noi e Dio e lì scopriamo il vero nostro essere. Manteniamo
la coscienza dell’io, ma la coscienza dell’io che nasce da Dio. Mentre
attualmente abbiamo la coscienza dell’io che è in rapporto con il mondo, e
abbiamo detto che in questo caso il mondo gonfia il nostro io e ci fa uscire dalla
nostra dimensione, ci fa credere il centro mentre noi siamo tutt’altro che il
centro, quando invece noi ci orientiamo a Dio, e ci fermiamo con Dio, in Dio
scopriamo il vero nostro essere, abbiamo l’uomo nuovo che nasce da Dio, abbiamo
la creatura nuova che nasce da Dio e che sa….
Allora
lì scopre la sua vera dimensione, per cui Dio è l’Essere e noi siamo soltanto
il pensiero di Dio, siamo l’amore di Dio, noi siamo la creatura che Dio ha
fatto capace di pensarlo, di amarlo, di godere…
Abbiamo
la creatura nuova; quindi abbiamo l’uomo vecchio quando abbiamo l'io al centro
del nostro mondo, per cui noi ci riteniamo come Dio, abbiamo una conoscenza
vecchia che è una conoscenza fatta da: “Questa cosa qui la vivo, la faccio, la
posseggo, la cerco perché mi conviene, perché mi piace, perché ho esperimentato
così..” ma al centro di tutte queste conoscenze c'è sempre l’esperimentazione
del mio io: “Io tocco con mano…!”. Per cui “Perché cerchi la casa?”, “Perché
così mi riparo” ecco il riferimento al mio io. “Perché cerchi il denaro?”,
“Perché fai la carriera?” , “Per il mio io…!”. tutte le nostre conoscenze, sono
tutte riferite al mio io, questa non è vera conoscenza. Perché il mio io non è
verità; nel pensiero dell’io noi non possiamo conoscere Dio, quindi non possiamo
conoscere la verità, quindi non possiamo attingere a delle certezze.
Allora
è necessario superare il nostro io che è questa interiorizzazione, il distacco
dal mondo esterno, perché Dio abita nell’interno, la Verità è spirito.
Questa
interiorizzazione, questo distacco, questa ricerca di Dio, dentro di noi:
“Chiudi gli occhi!”, ci fa scoprire quello che veramente noi siamo in rapporto
a Dio, allora Dio diventa il punto fisso di riferimento, non più il mio io.
Allora
adesso abbiamo tutta una rivoluzione da fare, di conoscenza! Per cui mentre
prima ero in pace quando riferivo le cose al pensiero del mio io, per cui
quando dicevo: “Questa cosa non la faccio perché mi brucia!”, queste conoscenze
non mi servono più, ho bisogno di tutt’altra conoscenza! Quindi è tutta una
rivoluzione che devo fare! Perché tutto il campo di conoscenza che avevo prima,
lo debbo trasferire in rapporto al punto di riferimento che è Dio, non è più il
mio io. Qui abbiamo la vita nuova, che chiamiamo la vita spirituale, che ha per
centro Dio come punto fisso di riferimento. Per cui tutte le cose del mondo non
contano più, perché sono sempre riferite a impressioni nostre, a sentimenti
nostri, a sperimentazioni nostre; per cui nel mondo pratico, scappiamo da certe
cose e corriamo verso altre perché ci fa piacere. In Dio tutte queste
conoscenze non servono più, noi abbiamo bisogno di altre conoscenze! Abbiamo
bisogno di conoscenza nello Spirito di Dio, secondo Dio.
È’
questa tutta la rivoluzione che dobbiamo fare, che è inizio di vita spirituale;
ed è tutto un lavoro che è personale, perché non c'è nessuno che lo possa fare
al posto nostro.
Perché
le cose arrivano a noi e poi ci chiedono di essere portate e viste in Dio, non
più viste per l’impressione che fanno.
Se
uno mi pesta un piede, nel pensiero del mio io penso che sia un villano, e di
conseguenza reagisco allo stesso modo; se io invece mi porto nel Pensiero di
Dio, cerco la rivoluzione, cerco di capire il significato: “Perché Dio mi ha
mandato quell’essere a pestarmi il piede; perché Dio ha creato un essere
villano per me, per darmi una lezione”. Allora non mi accontento più della
reazione che subisco, della violenza che provoca il “perché mi ha pestato un
piede”, ma vado a cercare presso Dio il significato, l’intelligenza; ecco, supero!
Ecco qui faccio il superamento. Per cui non fermarti al pensiero del tuo io
perché il nostro io è un posto di blocco! Non fermarti lì! Va oltre! Cerca in
Dio. E allora questo passaggio dall’io a Dio, è un passaggio essenzialmente
personale che nessuno può fare per me. Per cui qui comincia la nostra vera vita
personale, comincia la vera persona, prima non siamo persone, siamo dei
burattini in balìa degli avvenimenti. Per cui se io cerco il denaro è perché ho
avuto tanti maestri che mi hanno esaltato il denaro, se cerco il cinema è
perché ho avuto dei maestri che mi hanno esaltato il cinema, così per lo
sport…. Quindi sono soltanto un burattino in balìa dei maestri che ho avuto
intorno che mi hanno esaltato. Quando invece comincio a cercare Dio, incomincio
a vivere veramente, personalmente perché non c'è nessuno che lo possa fare al
posto mio, perché è un atto personale, intimo.
Eligio: Quando
posso attingere delle certezze dal mio rapporto con Dio come quelle che attingo
dal mio io in rapporto con il mondo esterno?
Luigi: Quando
mi sono convinto che tutte le certezze che si riferiscono al mio io sono
fasulle, non sono vere, non rispondono al mio bisogno di verità perché io non
sono la verità.
Eligio: Ma io
chiedo al Signore: “Fammi avere un dialogo con te” ma non ho delle risposte.
Luigi: Quando
noi sinceramente, onestamente ci mettiamo alla ricerca di Dio, sappiamo che
tutto viene da Dio e rispettiamo i tempi di Dio. Dio ci dice che Lui lo sa qual
è il Suo tempo, non noi, nemmeno il Figlio lo sa.
Quindi
se noi effettivamente ci rivolgiamo a Dio, se a Dio piace mantenermi nelle
tenebre, nella notte, io dico: “Signore, ho sbagliato tanto; quindi certamente
se tu mi mantieni nella notte, e non mi sveli il tuo volto, è perché ritieni
che io ho bisogno di questo e accetto questo”. Perché in quanto ci rivolgiamo a
Dio, accettiamo tutto da Dio! Accettiamo la notte e accettiamo la luce, non
siamo noi che determiniamo i tempi! Dicevo l’altro giorno a mio cognato
(Giovanni Marengo): “Non sei tu che disponi di morire!” non può decidere né di
vivere, né di morire, perché tutto è opera di Dio.
Fintanto
che noi viviamo nel pensiero del nostro io, diciamo: “Le cose dipendono da me e
se io reputo così allora sono io che determino le cose…”.
Ma
come ci orientiamo a Dio, le cosa basilare è che le cose le dobbiamo far
dipendere da Dio!
Perché
se per caso, per assurdo, scoprissi Dio per volontà mia, io mi condannerei
all’inferno perché farei Dio come proiezione mia.
Invece
debbo arrivare a Dio scoprendo che tutto è stato dono di Dio, quindi anche il
tempo della sua rivelazione è stato suo non mio.
Allora,
convinto di questo, io accetto la notte di Dio, perché Dio sa….
Come
accetto l’operazione, perché Dio sa….
Ho
bisogno di tribolare…. Dio sa
E
quando arriverà la luce: il dono è solo Suo.
“Signore, tu sai l’ora e il momento in cui mi devi svelare
il Tuo volto! E io aspetto!”.
È
in questa attesa, in questo tempo di attesa che (si forma la capacità di
portare la rivelazione!)
Ma
in questo tempo di attesa uno non si deve divertire perché Dio si fa aspettare!
Allora
con ciò rivelo che non aspetto da Lui. Ecco che Gratrie sospira, anche i salmi
sono tutta un’invocazione: “Signore, svela il tuo volto!”. Ma quest’attesa ha
un significato profondo perché l’uomo forma il suo amore proprio nell’attesa,
in quanto è fedele nel tempo dell’attesa.
Sarebbe
troppo comodo dire: “Io cerco Dio!” e immediatamente Dio si rivela!
Premo
un bottone e mi salta fuori la caramella! Dio non è un distributore, capisci?
Dio
è un’intelligenza infinita che sa perfettamente qual è la situazione della
nostra anima, quali sono le condizioni della nostra anima, qual è soprattutto
la nostra incapacità.
Gesù
dice: “Ho tante cose ancora da dirvi, ma non le potete portare!”.
Ecco,
bisogna formare questo vaso capace di portare, direi, capace di sopportare
l’infinito, l’eternità. Oggi noi siamo capaci di essere fedeli a Dio quando
siamo capaci di chiudere gli occhi per cinque secondi perché il pensiero ci
scappa.
Tu
pensa che noi siamo chiamati, se ci uniamo a Dio Lui ci porta, a pensare Dio
eternamente, cioè permanentemente, a restare sempre davanti al Suo volto e a
veder tutte le cose nel Suo volto mentre noi siamo distratti da tutte le altre
cose.
“Ma come mai potrò?”, “No, certamente tu non potrai, però
se ti affidi alla mia grazia, se ti affidi a Me, Io posso sempre ricostruirti e
portarti!”.
Però
mi debbo affidare a Lui, perché la prova sta nell’affidarmi a Lui, nel far
conto su di Lui, bisogna imparare a far conto su di Lui in tutto. E quindi
anche come tempo di rivelazione….
Eligio: È una
cosa difficile…
Luigi: È’ una
cosa semplice ma difficile, bellissima e molto delicata….
Dobbiamo
lasciarci fare. Colui che ha iniziato l’opera creandoci è Colui che ci porterà
a compimento.
Nino: Dal
momento che noi vogliamo fare…….
Luigi: Prima
di tutto non dovremo essere noi stessi a volerlo fare, dovrebbe essere Dio che
ci muove a farlo! Se invece io prima voglio fare e poi chiedo….
Nino: Dio
sveglia in noi il desiderio di farlo nel suo pensiero….
Cina: Ho
trovato l’argomento particolarmente difficile perché il chiudere gli occhi per
trovare dentro di noi…
Luigi: Il
cielo di Dio, il cielo è dentro di noi…
Cina: Ho
capito meglio quando hai parlato del “Cantico delle Creature” di San
Francesco…. Che però c'è l’ascesi per arrivare…. Attorno a noi ci sono tante
cose che ci aiutano…..
Luigi: Ma ci
aiutano per che cosa?
Cina: Ci
aiutano perché sono messaggi di Dio…
Luigi: Ecco, e
questi messaggi cosa dicono a noi? Cosa ti dice Dio attraverso tutti i suoi
messaggi? Cosa ci dice?
Cina: Ci
confermano Lui…
Luigi: Ma per
confermarci Lui cosa ci invitano a fare? Ho detto che il messaggio è una
proposta; proposta di che cosa?
Cina: Di aderire…
Luigi: Ma di
aderire a che cosa? Te lo dico io; la proposta è questa: superare il pensiero
di noi stessi per poter entrare nel cielo di Dio. Perché abbiamo detto che è
trascendente.
Ma
questo trascendente diventa interiorità. Perché diventa interiorità? Perché il
passaggio sta nel superamento del nostro io, ed è un passaggio personale, per
cui diventa interiore. È’ un passaggio personale: non c'è nessuno al di fuori
che lo possa fare.
Tutti
dal di fuori mi dicono che devo farlo, mi ammoniscono a farlo, se sono cose
buone, perché sono messaggio di Dio, ma nessuno lo può fare se io non entro
nella mia stanza, chiudo tutto e lo faccio! Per cui tutte le creature mi
diranno: “Noi ti abbiamo sempre ammonito ad entrare nella tua stanza, tu non
sei mai entrato nella tua stanza!”. Tutte le creature ti rimprovereranno, ecco
per cui tutte le creature ci abbandoneranno se noi non abbiamo ubbidito
all’anima, al messaggio delle creature, che è il messaggio di Dio. E il
messaggio di Dio è questo: questo superamento, perché tutte le creature parlano
al mio io e si riferiscono al mio io.
Ma
io non mi debbo accontentare di ricevere il messaggio dalle creature, e dico:
“O guarda, come è bello, come è caro quello!”, non basta!
Perché
debbo accogliere la proposta che mi viene dalle creature.
La
proposta è andare al di là del pensiero del mio io perché io non sono Dio! Io
non sono colui che riceve, in quanto ricevo debbo attuare qualche cosa. E che
cosa debbo attuare? Quello che nessuno può fare per me.
E
cos’è questo che nessuno può fare per me? passare al di là del pensiero di me
stesso per arrivare a Dio, che è un atto essenzialmente personale, quindi
interiore. Perché tutte le volte che io mi proietterò fuori, mi sentirò sempre
l’ammonimento da fuori; “Entra e superati!”, “Entra e superati!” sempre!
Cina: Allora
quello è un ammonimento continuo!
Luigi: È’ un
lavoro continuo perché non basta che io lo riceva, perché se lo ricevo e non lo
faccio, non c'è nessuno che lo possa fare per me, nemmeno la morte lo può fare
per me! niente!
Nino: Quindi
io non posso dire che ci sia un altro migliore di me…
Luigi: Il
Maestro è uno solo…
Nino: Sono
solo io che posso scegliere di abbandonare il mio io…
Luigi: Si,
perché dobbiamo rinascere da Dio e allora è un uomo nuovo che nasce da Dio.
Emma: Non
siamo perfetti..
Nino: No, è
che non siamo così coerenti e non abbiamo presente che cosa è la verità….
Luigi: L’unica
via per liberarci è quella di aderire a Dio, rispondere a Dio, anche a costo di
rimanere “fregati”. Non importa! Perché è tutta grazia di Dio!
Più
noi entriamo in questo silenzio e mettiamo del tempo per la preghiera, più
quando poi ci troviamo nei momenti cruciali, di dubbio, abbiamo la luce dentro.
Ma se mettiamo poco silenzio allora nei momenti cruciali abbiamo i dubbi che
pesano…
È
come una prova d’esame. Tu non devi provare a risolvere il problema quando
ormai l’esame è imminente; tutto dipende dalla grande preparazione che hai
avuto! Ora, la tanta preparazione è data dalla tanta preghiera, cioè questo
silenzio interiore in cui uno deve entrare. Più noi mettiamo tanta preghiera,
questo silenzio, questo raccoglimento, questa conoscenza di Dio, e più la
conoscenza di Dio ci aiuterà, ci illuminerà, ci ispirerà. Gesù dice: “Non
preoccupatevi perché sarà il Padre a ispirarti quello che dovrete dire al
momento opportuno!”. Allora uno, lasciandosi guidare dalla Parola di Dio, dal
Pensiero di Dio, risponde secondo il Pensiero di Dio. Ma questa è una
conseguenza della tanta preparazione di preghiera. Ma se uno ha poca preghiera
alle spalle, quando si trova davanti a dei punti interrogativi, si trova con le
spalle al muro perché non ha la preparazione..
Eligio: Quindi
se non attingiamo le certezze, è perché non ci fermiamo abbastanza in
preghiera…
Luigi: Si, se
tu estendi questo punto all’infinito, diventi tutto incertezza. Mentre se metti
tanta preghiera, ad un certo diventa tutta verità, tutta certezza. Si cammina
nella luce. La luce è il termine finale di tutto il cammino della preghiera, di
questo entrare nel cielo interiore in cui abita Dio, la Verità. Ma se noi non
capiamo questa necessità di superare il pensiero del nostro io, questa
interiorizzazione, questo mettermi in contatto con Dio nel silenzio della mia
stanza, se non metto mai del tempo così, praticamente non ho tempo per Dio. Allora
per questo cadrò nei dubbi in continuazione!
Nino: Quando
non si hanno problemi particolari, uno si adagia…
Luigi: Allora
diventa routine, ma non è vita. È’ il Signore che ci fa toccare con mano il
livello nostro: “Guarda che non sei in grado di capire quello che devi fare
perché hai poca preghiera!”.
Nel
momento in cui capisce che dovresti lasciarti guidare dallo Spirito, ti accorgi
che non sei capace, cioè: “Non hai dato a Dio quello che è di Dio!”. È’ Dio che
ci mette in queste situazioni incresciose per fare il punto su noi stessi, per
farci toccare con mano che lo Spirito non suggerisce niente a noi. Ma se non ci
suggerisce niente, vuol dire che noi non abbiamo ascoltato Lui.
Pinuccia: “Dai a
chiunque ti chiede” non deve diventare una regola!
Luigi: Non
vuol sempre dire di dare denaro, magari vuol dire di dare un consiglio…
l’importante è essere nella luce, l’importante è poter dire di aver ubbidito a Dio.
Il grande segreto è poter mantenerci sempre nella linea di Dio. Poter dire: “Io
ho ubbidito a te, Signore!”. Possiamo anche sbagliare, ma uno lo fa in buona
fede. “Mi sono lasciato guidare da Te!”. Il Signore può anche farci toccare con
mano di credere di ubbidire a Lui e poi di aver sbagliato, ma se siamo in buona
fede allora Lui ci scusa. Bisogna ubbidire a Dio,
Quando
siamo completamente nel buio e Dio non dice niente, prevale su di noi il mondo,
quello è solo per dimostrarci che difetta in noi il silenzio, la fede, la
preghiera, l’ascolto per cui nel momento opportuno, l’aiuto ci manca. Non è che
io mi diverto e poi al momento opportuno suono il campanello e Dio mi risponde.
No! il Signore mi fa toccare con mano che Lui non è al mio servizio, non mi
risponde quando io voglio. Dio ci osserva se noi siamo fedeli nel poco; noi
abbiamo cinque minuti di tempo per fare silenzio, se in quei cinque minuti io
mi diverto, Dio me li farà pagare. Non perché me li faccia pagare, ma per farmi
toccare con mano che sono stato infedele. A chi è stato infedele, chi si fida a
dargli il molto? Il molto è poi il suo spirito. Il molto Lui non me lo da
perché non sono stato fedele nel poco. Però il Signore non ci lascia mai
mancare il poco in cui noi possiamo essere fedeli; ci porterà via ventitré ore
e cinquanta minuti ma ci lascerà quei dieci minuti in cui noi possiamo
dimostrare che cosa ci sta più a cuore. Se in quei dieci minuti ci divertiamo
allora vuol dire che Dio non ci sta a cuore. Dio dice: “Creando mi sono riservato
un giorno, il sabato. In quel giorno lì cosa fai tu?”. È’ in quel poco che si
rivela la fedeltà; quando veramente posso disporre di me, lì veramente rivelo
quello che mi sta più a cuore. Se mi sta veramente a cuore Dio, in tutto il
resto ho tanti doveri, tanti impegni, non posso, ma in quei cinque minuti lì,
se mi sta veramente a cuore Dio, mi occupo di Dio. Se non mi occupo di Dio vuol
dire che non mi sta a cuore. Per me la vita eterna, il cielo di Dio, la verità,
non mi interessano.
Eligio: Non è
che sia sempre chiaro…
Luigi: No, ma
ti voglio dire questo: la chiarezza è una meta! La chiarezza è una meta!
Eligio: A volte
devi dare proprio dei consigli pratici…
Luigi: Anche
lì, tu dai il consiglio, il più delle volte cadrà a vuoto e più che il denaro
dargli il consiglio e dirgli: “Senti un po’ cerca una soluzione in questo campo
qui!”.
Eligio: Quando
il fine delle persone che vuoi aiutare è un altro, come avrebbe fatto Gesù?
Luigi: Tieni
presente che Gesù dice: “Dai a chiunque ti domanda” se non puoi dare altro, dai
quello che ti chiede. In modo da poter dire: “Io ho sbagliato ma ero in buona
fede; il Signore mi ha mandato questo povero, io non sapevo cosa altro dargli e
gli ho dato questo!”. L’importante è poter dire: “Signore io ho rispettato la
tua volontà!”.
Eligio: Il più
delle volte non vogliono un consiglio ma vogliono denaro….
Luigi: Molte
volte anche se ti chiedono il denaro, se uno ha presente lo Spirito di Dio, non
gli dà quello che lui chiede, perché uno potrebbe chiederti una rivoltella e tu
non gliela dai mica! Però tu sai che dietro alla richiesta della rivoltella ha
bisogno di un conforto diverso, di una comprensione diversa, di uno spirito
diverso. Se un bambino ti chiede le forbici, tu non gliele dai mica perché può
farsi male. Eppure te le chiede, è Dio che te lo presenta; ma te lo presenta
come occasione, per rivelare una comprensione, un amore. È’ un fatto
occasionante per -, però se io non sono capace, non vedo la volontà di Dio,
dagli quello che ti chiede….
Eligio:
Comunque una risposta me l’hai data: devo accettarli e dargli qualcosa.
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti.
Chi è della terra appartiene alla terra e parla della terra. Ma chi viene dal
cielo è al di sopra di tutti; testimonia
di ciò che ha visto e udito, ma nessuno accetta la sua testimonianza GV 3 VS 32/33
Titolo: Argomenti vari.
Argomenti: La
preghiera: (“Quando due o più sono riuniti nel mio Nome…”). Glorificando il Padre, il Figlio “forma una cosa sola con
il Padre”. Il 7° giorno: il riposo di Dio (attesa della risposta della
creatura). La nascita dall’Alto. “Nessuno
accetta la sua testimonianza”. Camminare con Dio in
Dio. Anche gli Angeli hanno un mondo spirituale da superare (è prova). Necessità dell’interrogazione per far entrare tutto nel
Cielo di Dio. Non bastano i Comandamenti: conoscere Dio è vivere.
Necessità dell’interrogazione e
dell’approfondimento per far entrare tutto nel Cielo di Dio.
15/Maggio/1977
Preincontro:
Nino: Quando Gesù
dice: “Quando due o più sono riuniti nel mio Nome Io sono in mezzo a loro”,
perché non uno solo?
Luigi: Non lo
esclude mica….
Nino: Lo so
che non lo esclude, eppure sembra che voglia portare particolarmente…
Luigi: Perché
non è che escluda, anzi… però dice, per non escludere, ma per confermare
perché: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome…”, “nel mio nome”.
Emma: Ma
perché, non è il pensiero che ci unisce? O è proprio il caso che ci siano due o
tre persone riunite nel suo nome..
Nino:
Chiedevo se a lui pareva che ci fosse qualche altro..
Eligio: Perché
quello che conta è l’unione personale degli individui, dei singoli, con Dio.
Eppure lì è detto: “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome…!”
Luigi: Si, ma
non esclude l’uno, ma conferma anche che quando c'è lo spirito in comune, Lui è
presente. Quando c'è lo spirito in comune, perché riuniti nel mio nome, non
semplicemente riuniti, ma riuniti nel mio nome. Ora, il nome della persona è
sempre interesse per, lo spirito di. Cioè quando si è riuniti avendo interesse
per ciò di cui Cristo ha interesse; l’interesse del Figlio è il Padre. Quindi,
quando ci si riunisce per conoscere il Padre, per avvicinarci al Padre, Lui è
presente tra noi. Ma dice anche: “Quando vuoi pregare, entra nel segreto della
tua stanza, chiudi l’uscio e lì, nel segreto della tua stanza, prega il Padre
tuo che è presente. Allora, abbiamo prima di tutto l’evidenziazione della
ricerca personale, e Lui anzi dice: “È necessario pregare sempre!”; quindi è
necessario sempre entrare e mantenerci in questa stanza interiore a contatto
con il Padre. Poi dice: “Anche quando vi sono due o tre riuniti in questa
intenzione, Io sono presente in mezzo a loro!”. Vuol dire che tutto coopera per
portarci a ….
Eligio: Ci sono
altri passi, leggevo, soprattutto nei vangeli della settimana scorsa di San
Giovanni, nei quali la persona di Gesù sembra molto in sottordine rispetto a
quella del Padre, cioè sembra un figlio, così come umanamente noi intendiamo un
figlio rispetto al padre; cioè noi intendiamo il figlio molto meno al corrente
di tante cose di quello che il padre sa. Infatti Gesù dice: “Quello che il
Padre ha regalato a me Io lo regalo a voi”, come se il Padre a Gesù avesse solo
rivelato qualcosa e qualcosa non glielo avesse rivelato. Ora, noi siamo soliti
pensare Gesù uguale al Padre, mentre ne vien fuori un’immagine un pochino
diversa, cioè un po’ umanizzata, antropomorfizzata di Gesù, che è uomo ma è
anche Dio. Quindi quello che il Padre conosce, Lui lo conosce anche.
Luigi: Si, ma
vedi, bisogna sempre tener presente, che quello che Gesù dice, non lo dice mica
per Sé, lo dice per noi. E siccome tutti questi discorsi fino all’ultimo che
Egli fa nel Vangelo di San Giovanni, li fa per appuntare il nostro pensiero, il
nostro interesse, per rivolgere la nostra intenzione al Padre. Perché è lì che
troveremo Lui. Perché Lui dice: “Adesso vado, vado al Padre…”. Allora, affinché
tutta l’attenzione nostra, se seguiamo Lui, sia rivolta al Padre, Lui ci parla
del Padre; perché è dal Padre che sgorgherà in noi quel “di più” che non può
venirci da Lui. Perché Lui stesso dice: “Se Io non me ne vado, non può venire a
voi lo Spirito di Verità”. Quindi Lui dice: “Se Io non me ne vado…” quindi
parla in quanto presenza fisica, corporea di una necessità, quindi in un’inferiorità
perché “Se Io non me ne vado non può venire a voi lo Spirito di Verità, che il
Padre mio vi manderà”. Tutto questo succede perché ad un certo momento è
necessario, anche qui come ad un certo momento è necessario questo distacco
dalle cose esteriori dalle cose del mondo per accorgerci delle cose dello
spirito, qui ad un certo momento, è necessario il distacco dal Cristo, dalla
conoscenza del Cristo storico, dalla figura del Cristo, per isolarci col Padre
perché è nel Padre che scopriremo poi il vero volto del Figlio, perché:
“Nessuno conosce il Figlio se non il Padre”. Però ad un certo momento c'è
questo “in”….
Nino: Però
non è nel Vangelo di oggi che dice: “Il Padre è superiore a me…”
Luigi: Non è
oggi…
Nino: Perché
l’ho letto solo tra ieri e oggi…
Luigi: Beh, è
logico, perché il Padre è Padre e il Figlio è Figlio. Il Padre genera il
Figlio. Però teniamo presente che tutte le parole che Gesù dice, le dice per
noi. E perché le dice per noi? Per creare un certo orientamento di pensiero; in
un pensiero disorientato, Lui ci sta parlando per creare un certo orientamento…
Nino:
Comunque quell’affermazione: “Il Padre è superiore a Me” è difficile farla
concordare con le tre Persone uguali e distinte…
Luigi: Va beh,
ma Lui dice anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola”….
Nino: “Chi ha
visto Me ha visto il Padre”.
Luigi: Quindi
bisogna metterle d’accordo….le parole… teniamo presente che Gesù dice: “È
necessario che Io me ne vada” mentre afferma: “Io sarò sempre con voi!”, mentre
invita a restare sempre con Lui.. abbiamo dei conflitti apparenti che debbono
suscitare in noi un approfondimento. Qui è lo stesso perché Gesù dice: “Io e il
Padre siamo una cosa sola” e poi dice: “Il Padre è superiore a me”; quindi
questo è per sollecitarci ad approfondire perché apparentemente sono uguali
però quando dall’amore di Dio siamo sospinti nella ricerca del mistero divino,
queste parole ci aiuteranno molto per farci capire: e l’essenza del Padre e la
dipendenza del Figlio. Perché il Figlio, in quanto Figlio, è sempre Figlio. Quindi
in quanto Figlio non fa altro che glorificare il Padre. E cosa vuol dire
glorificare il Padre? È un po’ come la Madonna che glorifica Dio: “L’anima mia
magnifica il Signore” e glorificherà sempre il Signore. Quindi la creatura
magnifica Dio, il Figlio magnifica il Padre. E come lo magnifica il Padre?
Proprio professano la superiorità del Padre, eppure il Figlio e lo Spirito
Santo fanno una cosa sola col Padre. Ad esempio noi siamo chiamati a fare una
cosa sola con Dio, nella misura in cui diciamo: “Dio è tutto, io sono niente”.
Ma proprio dicendo: “Io sono niente” formiamo una cosa sola con Lui. Ora, il
nostro niente che glorifica Dio, diventa una cosa sola con Dio. Cioè noi,
quanto più dimentichiamo noi, per glorificare Dio, tanto più, viviamo e facciamo
una cosa sola con Dio. Ed è logico che facciamo una cosa sola con Dio perché
diventiamo pura espressione di Dio, parlando di Dio. Mentre più parliamo di noi
stessi, più ci stacchiamo da Dio e più diminuiamo come partecipazione. Direi,
uno tanto più partecipa, quanto più glorifica l’Altro, perché l’Altro è il
Creatore, è il Principio, è Colui che opera tutto. Allora se è Dio che opera
tutto, quanto più noi rendiamo testimonianza che tutto è opera sua, tanto più
entriamo nel suo cielo, perché per entrare nel suo cielo, dobbiamo far
dipendere tutto da Lui. Ma quando incominciamo a dire: “No, quello non l’ho
fatto io” già noi ci diminuiamo, noi crediamo di esaltarci, pensando a noi o
parlando di noi, o manifestando la nostra gloria agli altri, noi sostanzialmente
ci diminuiamo come partecipazione alla verità, alla vita e quindi ci diminuiamo
come essere, ci priviamo. Se noi aumentiamo, accresciamo la nostra
partecipazione quanto più glorifichiamo l’Altro, siamo in una situazione… siamo
agli antipodi perché il niente della creatura diventa un tutto con Dio (“Ut
unum sint” siamo chiamati a formare una cosa sola), quanto più dici: “Io sono
niente e Lui è tutto”. Il Figlio, tanto più è Figlio, quanto più glorifica il
Padre. Lui stesso dice: “Io non cerco la mia gloria”, c'è un Altro che la cerca
per me, ed è il Padre. Quindi Lui non cerca la sua gloria, è l’Altro. Se Lui
dicesse: “Io glorifico me stesso”, non sarebbe più il Figlio; anche la sua
gloria, cioè quello che Egli è, Lui lo fa dipendere dal Padre. Ecco, “Il Padre
è più grande, perché è Lui che mi fa”. Il Figlio è Figlio in quanto,
continuamente… non come noi che diciamo: “Io sono figlio di mio padre, in
quanto mio padre mi ha dato l’esistenza”. No! Poi dopo, avuta l’esistenza,
ognuno se ne va per i fatti suoi. Invece no! qui, nello Spirito, per essere
figli, non soltanto si è figli in quanto si riceve l’esistenza, ma in quanto si
riceve il pensiero da, si riceve la parola da, si riceve l’operazione da,
sempre, in tutto si deve essere figli di. Per cui diciamo che è sempre il Padre
che opera….
Nino: C'è una
generazione continua….
Luigi: C'è una
generazione continua che è poi l’eternità, la vita eterna, che è poi questa
continuità. Per cui continuamente non è l’inizio: “Io ho avuto l’esistenza da
Dio e poi adesso vivo per conto mio”, non esiste questo in Dio…
Nino: Perché
si potrebbe arrivare all’antagonismo..
Luigi: Certo,
e qui abbiamo l’annullamento: “Senza di Lui è fatto niente”, noi decadiamo
continuamente…
Nino: C'è
continuamente un rapporto d’amore, Lui continuamente glorifica il Padre e a sua
volta è glorificato dal Padre…
Luigi: Ecco,
proprio in quanto glorifica il Padre è Figlio, nella misura in cui glorifica il
Padre. E quanto più noi impariamo a glorificare Dio, tanto più diventiamo figli
di Dio e quindi Dio diventa nostro Padre. Per cui noi passiamo da Dio come
Creatore, come Autorità, a Dio Padre nella misura in cui glorifichiamo Lui,
facciamo dipendere tutto di noi da Dio, non come principio; come principio Dio
è il Creatore, ma in quanto più diventa attualmente Creatore, Generatore dei
nostri pensieri, quindi viene glorificato da parte nostra, tanto più Dio
diventa Padre e noi diventiamo figli. Quando arriveremo a glorificare Dio in
tutto, noi saremo figli di Dio in tutto, per elezione perché per generazione il
Figlio di Dio è naturale.
Noi
per elezione perché sappiamo che il nostro io è un niente, basta pensare che
pochi anni fa non esistevamo. Quindi siamo chiamati da, però abbiamo questo
punto obbligato, del superamento del pensiero del nostro io per entrare in un
mondo trascendente.
Nino: Stavo
pensando a: pochi anni fa non esistevamo col fatto che noi esistevamo nel
Pensiero di Dio…
Luigi: Noi
esistevamo nel Pensiero di Dio però noi abbiamo anche la fase della creazione
in cui siamo spettatori delle opere di Dio per formare noi. Poi ad un certo
punto scatta quell’istante in cui Dio chiama noi ad esprimerci, a partecipare.
Nella creazione c'è il settimo giorno; nel settimo giorno Dio si riposa. Quindi
abbiamo Dio che opera per formare l’uomo; già all’inizio fece il cielo e la
terra, fece gli astri nel cielo formavano l’uomo: l’uomo è la sintesi di tutta
quest’opera creatrice; al vertice delle galassie, quindici miliardi di anni
luce, noi troviamo l’uomo, quindi le galassie……..
Quindi
quando Dio creò le stelle e le galassie, già pensava all’uomo. Quindi è tutta
opera fatta per formare l’uomo, ma ad un certo momento, nella formazione di
quest’uomo, come l’uomo comincia a diventare pensiero che può pensare Dio,
abbiamo il settimo giorno in cui Dio si riposa e aspetta la risposta dell’uomo.
E qui abbiamo il momento in cui l’uomo nasce. A noi sembra cinquanta,
sessant’anni, perché noi il tempo lo misuriamo relativamente, ma è un istante,
un istante in cui diciamo: “Si, no”, aderiamo o no.
Nino: Non è
nemmeno un istante..
Luigi: Però è
il momento del riposo di Dio, è un riposo che è sempre un’azione, però
evidentemente, perché Dio opera anche di sabato, dice il Signore, quindi in che
cosa consiste questo riposo? Questo riposo è l’attesa da parte di Dio, della
risposta da parte di ciò che Egli ha fatto, della creatura che ha fatto. Per
cui qui la creatura può abortire, allora se abortisce allora comincia il
disfacimento di tutta quell’opera creatrice, di tutto quell’universo che Dio
aveva fatto perché su quel vertice ci fosse l’uomo. L’uomo nel momento in cui
avrebbe dovuto dire: “Si” non l’ha detto, abbiamo il processo di decadimento e
tutto si sfascia. Se invece dice: “Si” abbiamo il passaggio, ecco l’uomo che
comincia a vivere come uomo nuovo, figlio di Dio. Prima c'è tutta l’opera di
Dio, poi nel momento in cui l’uomo è interrogato fino a dare alla creatura la
possibilità di essere interrogata da Dio. Noi attualmente siamo delle creature
fatte da Dio, interrogate da Dio se vogliamo vivere o no; se vogliamo nascere o
no. Tutto questo universo qui, sotto l’aspetto elementare, lo possiamo
simboleggiare ad una creatura che una madre porta nel suo seno. Però la
dipendenza della nascita dipende dalla creatura stessa concepita; Dio dice:
“Vuoi?”. Qui abbiamo la differenza dalla nascita naturale; nella nascita
spirituale Dio ci dice: “Vuoi?”. Noi possiamo dire: “No” e allora c'è l’aborto.
Nell’aborto c'è il disfacimento di tutto; anche della matrice perché tutto era
in funzione di questa nascita di questa creatura. se questa creatura nasce
allora abbiamo un salto, abbiamo la creatura che nasce da Dio, la creatura
secondo Dio, che nasce da Dio consapevolmente. La partecipazione è in quanto la
creatura glorifica Dio come Creatore; e in quanto lo glorifica come Creatore
ecco che nasce il rapporto Padre – Figlio. Padre – Figlio sempre in quanto il
Figlio si riconosce Figlio in tutto, diciamo anche attualmente, per cui arriva
al punto di poter dire come il Figlio, ecco il rapporto di dipendenza: “Il
Figlio da solo non può fare niente”, ecco per cui dice: “Il Padre è più grande
di me”, Gesù non può fare niente se non lo vede fare dal Padre. Ma la grandezza
del Figlio sta proprio lì.
Nino: Nel
momento in cui si diventa figli, è il momento in cui non ci sono più attimi di
incertezza, cioè non hai più quegli alti e bassi…
Luigi: La
certezza viene da Dio! La certezza si basa su altri dati. Perché le nostre
certezze nel mondo sono basate sul: “Io tocco, io vedo…”…
Nino: Hai
lasciato cadere tutto il resto… hai annullato tutto il resto..
Luigi: Per te
è lo stesso: essere in una strada sotto la pioggia, o essere in casa…
Nino: Hai
annullato tutto il discorso della volta scorsa, quando si parlava
dell’annullamento di tutte le cose…
Luigi: Ah,
certo! Come nell’Apocalisse in cui si parla della Città di Dio: “Come una sposa
adorna preparata per il suo sposo che discende dal Cielo di Dio. Non c'è più
tempio in esso, e non c'è sole e non c'è luna perché Uno solo è il Luminare…” è
Dio; è Dio Colui che illumina, Uno solo è il tempio: è Dio stesso. Ecco la
creatura, la vita nuova che discende dall’Alto, che discende da Dio. Noi
attualmente nasciamo dal basso e infatti non abbiamo in noi la giustificazione
delle cose….
Lettura del Vangelo.
Nino: Tutte le
volte che leggiamo questo brano noto questo: “Ma chi viene dal cielo è
superiore a tutti e annunzia ciò che ha visto e udito e nessuno accetta la sua
testimonianza”. Perché viene dato come un fatto certo che nessuno accetta la
sua testimonianza? Dio viene per recare la testimonianza al Padre e c'è
qualcuno che accetta la sua testimonianza…
Nino: Posso
dirlo io se mi ricordo quello che hai detto? Tutti noi, anche noi che crediamo
di essere sulla via dell’accettazione, abbiamo dei momenti in cui lo rifiutiamo.
Quindi tutti, così almeno l’aveva spiegato lui, almeno una volta in vita
nostra, anche il migliore di tutti noi, almeno una volta nella vita, ha
rifiutato.
Luigi: Sì,
perché siamo nel peccato….
Eligio: Lì il
linguaggio è molto più categorico. Io non pensavo a me che son certo di essere
tra quelli che non accettano la sua testimonianza, anche se la desidero e
vorrei accettarla, però penso a quanto l’hanno accettata…
Nino: E chi
sono? Chi è che può partire dalla perfezione?
Eligio: Se va
inteso così, allora certo…
Luigi: In
quanto tutti abbiamo peccato, tutti siamo peccatori, se uno dice: “Io sono
senza peccato” è menzognero, dice San Giovanni nella sua prima lettera.
D’altronde Cristo è morto per tutti, e se è morto per tutti, tutti siamo
partecipi di quel sangue. Allora, in quanto tutti quanti abbiamo peccato, tutti
quanti abbiamo rifiutato la luce, il peccato sta lì: nel preferire l’inferiore
al superiore; nel preferire la creatura al Creatore. Poi abbiamo chi accetta la
sua testimonianza, abbiamo il passaggio personale. Ho detto che abbiamo sempre
questa differenza tra “molti i chiamati, pochi gli eletti”, c'è sempre questo
confronto tra la massa, tra il tutto e il qualcuno, per dire che, per
significare che l’azione è personale. Qui abbiamo l’azione di gruppo; l’azione
di gruppo che è poi un riflesso. Abbiamo la ricerca diventa personale perché
richiede un superamento del nostro io; è la preghiera. poi qui conferma che non
soltanto Lui è con noi quando noi siamo in preghiera, ma anche quando siamo riuniti
tra noi, raccolti, ma sempre con quell’interesse principale del Padre, allora
Lui è con noi perché Lui è “l’interesse per il Padre”. Come dire: quando noi ci
troviamo per cercare Dio, è sempre Lui “ricerca di Dio”, la ricerca di Dio è
con noi, lo Spirito della ricerca di Dio è con noi.
Eligio: Prima
pensavo, dato che hai detto che praticamente la nostra vita si risolve in un si
o in un no, i quaranta, cinquanta, sessant’anni sembrano lunghi per noi come
misure relative che utilizziamo per valutare le cose, quindi pensavo che questo
si e no che condensa l’accettazione o l’annullamento di questa sua
testimonianza, che si riferisse alla dannazione…
Luigi: No,
no..
Eligio: Pensavo
che il “nessuno accetta” diventasse definitivo…
Luigi: No, il
no definitivo l’abbiamo solo davanti a Dio. Ti ricordi di quando abbiamo
parlato di: “La luce brilla nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno compresa”,
poi Dio ha mandato il recupero, il Giovanni Battista, che viene a parlare nelle
tenebre che svolge la funzione del bidello: “Non distraetevi, fate attenzione
al Maestro”. Poi è venuto Lui stesso nel Cristo. Per cui abbiamo delle prove
nel mondo se noi vogliamo preferire Dio alle creature, Dio al mondo.
Abbiamo
la parabola della chiamata al pranzo di nozze:
·
in un
primo tempo abbiamo l’invito, la chiamata alle nozze;
·
abbiamo
un secondo tempo in cui il padrone, sdegnato, manda a mettere a fuoco tutte le
città di coloro che hanno rifiutato.
Perché
manda a mettere a fuoco le città di coloro che hanno rifiutato l’invito alle nozze?
Evidentemente perché loro avevano più interesse alle città che all’andare alle
nozze; abbiamo un secondo tempo in cui Dio interviene ad annullare tutti quei
motivi che ci distraggono da Lui. Per cui noi abbiamo detto “no”, ma questo
“no” non è definitivo, allora Dio per provare il cuore, ci allontana da quelle
che sono state le occasioni. Arriveremo al momento in cui di fronte solo alla
verità di Dio, il nostro io da solo, senza nessun altra attrazione, dice “si” o
“no”. ecco lì allora abbiamo l’azione definitiva, il “si” o il “no” definitivo;
ma abbiamo tutto questo sviluppo che per noi può sembrare uno sviluppo di
lunghi anni, ma che agli occhi di Dio magari è un istante, dell’anima che viene
portata di fronte alla grandezza di Dio, alla Verità di Dio ed è per grazia di
Dio se si pronuncia il “si”. L’anima come comincia a nascere, ha intorno a sé
tanti fatti che la sostengono, come il nostro mondo che dipende da noi, tutto
il nostro mondo esterno che ha per centro il nostro io, per sostenerci, per dirci:
“Tu ci sei!”. Quindi quando tu ci sei, non è che ci siamo ma cominciamo ad
esistere, abbiamo già tutto un mondo. Ma questo mondo può essere già un motivo
di distrazione, perché il nostro io si proietta, si esalta, è esaltato da
questo mondo. Il Signore, allora, in un secondo tempo, ci toglie questo mondo,
ci toglie tutte quelle occasioni che esaltano il nostro io, affinché il nostro
io prenda coscienza che tutte le cose dipendono solo da Lui, se vuole aderire
alla sua Verità.
Eligio: Noi
siamo al centro del mondo che dipende da noi e questo lo capisco, sul quale poi
proiettiamo il nostro io, se noi portiamo il discorso sui “puri spiriti”, la
domanda, che può essere retorica, non proiettano il loro io su niente
all’infuori del loro io puro e semplice. Il peccato di Satana, il peccato di
orgoglio, è un peccato tra Satana e Dio, tra l'io e Dio, tra l’affermazione
dell’io e la distruzione di Dio nel pensiero dell’io, di quella realtà
personale, spirituale. Non c'è una proiezione spirituale sul mondo; non è al
centro di altro che non sia il suo io.
Luigi: Adesso
io non ti so rispondere sui “puri spiriti”. Comunque la prova è necessaria per
tutti. In quanto abbiamo una creatura angelica o umana chiamata a conoscere
Dio, deve necessariamente avere la coscienza di sé, perché un essere
incosciente non può conoscere, non può partecipare consapevolmente. Avendo la
coscienza di sé deve essere sottoposta alla prova del superamento di sé stessa
per arrivare a Dio. Quindi sia la creatura angelica che la creatura umana, necessariamente
devono passare attraverso la prova. Prima di questa prova, questo io cosciente,
deve avere un mondo al centro di sé per poter constatare che esiste; altrimenti
come fa a constatare che esiste? Quindi avremo un mondo spirituale anche per l’angelo,
relativo all’angelo stesso, perché altrimenti non può percepire. Altrimenti
come fa a concepire, ad avere la coscienza di sé? Quindi noi abbiamo una
coscienza di noi stessi prima, perché noi abbiamo una coscienza del nostro io
che nasce da Dio, che dipende da Dio, ma questa non possiamo arrivare a
percepirla fintanto che Dio non diventa la nostra realtà. Dio è la nostra
realtà, però abbiamo detto che il mondo trascendente supera noi, noi non lo
esperimentiamo. Allora, il nostro io, in quanto deve prendere coscienza di sé
per potersi superare, deve avere una realtà relativa a se stesso, in cui lui
possa dire: “Ci sono!”. E sarà proprio questa realtà qui che deve condurlo a
superarsi per entrare in quello e prendere poi coscienza che la sua realtà è Dio;
allora lì abbiamo poi la nascita vera, la nascita spirituale, la nascita
dipendente. Per cui in questo mondo trascendente abbiamo Dio prima e il nostro
io dopo. Noi invece qui abbiamo il nostro io prima e la creatura dopo e la
creazione dopo…. per cui più mondo abbiamo intorno a noi e più noi ci
esaltiamo, ci gonfiamo, e siamo fuori dimensione. In quanto questo io deve
essere confermato che esiste, deve avere un mondo intorno a sé; avremo un mondo
spirituale, un mondo di significazioni. Notiamo bene che questo mondo è già il
mondo di Dio! Però a livello dell’io perché tutto questo mondo che abbiamo
intorno a noi è Parola di Dio, ma è Parola di Dio (ecco come si spiega il fatto
che Dio prende su di sé la nostra relatività, la nostra povertà), è Dio che si sottomette
al nostro io e ci mette in un mondo che è sua parola, ma che è relativo a noi
stessi. È l’uomo adulto che si abbassa a giocare alle birille, perché il
bambino capisce solo il linguaggio dei birilli. Però l’uomo adulto, giocando
alle birille, significa il suo pensiero, ha un suo pensiero; il bambino vede
soltanto le birille. Però l’uomo adulto deve scendere al gioco delle birille
perché il bambino capisce solo il gioco delle birille. Allora vediamo che
l’uomo adulto prende su di sé l’infanzia del bambino, la debolezza del bambino,
si adegua. Però adeguandosi, ha un pensiero grande, infinito da trasmettere al
bambino. Lui non si abbassa a giocare a birille col bambino perché la realtà
sono le birille; no, la sua realtà è ben altra! Si abbassa per colloquiare con
il bambino. Così Dio, si abbassa a livello del nostro io, e qui abbiamo tutto
un mondo che dipende dal nostro io, che è relativo al nostro io, non per
adeguarsi al nostro livello, ma per trasmetterci il suo pensiero infinito,
trascendente.
Per
cui nel nostro io abbiamo: tutto questo mondo che dipende dal nostro io e il
messaggio di tutto questo mondo trascendente in questo mondo dipendente, per
cui noi percepiamo l’esistenza di un mondo trascendente che si annuncia a noi,
che si testimonia a noi.
Eligio: Questo
messaggio però non è solo esteriore, porto in me qualcosa di questo mondo
trascendente…
Luigi: Per
forza!
Eligio:
Altrimenti non potrei sentire questa attrazione…
Luigi: No,
perché il pensiero partecipa al mondo trascendente, come la nostra anima. Se
uno volesse scoprire il pensiero di un uomo, sezionando il cervello, non trova
il pensiero, perché il pensiero appartiene al mondo trascendente e quindi non
si assoggetta ad esperimento. Così come non si assoggetta l’anima, così come
non si assoggetta Dio. Dio in quanto appartiene al mondo trascendente è dentro
di noi, quindi non lo vediamo fuori, però siccome parla fuori di noi perché noi
siamo soltanto estroversi fuori, allora, Lui parla fuori ma è dentro di noi.
Ecco il messaggio del pensiero: come l’uomo adulto scende a giocare a birille
col bambino, ma ha un pensiero da comunicare, evidentemente questo pensiero
glielo comunica in quanto nel bambino questo pensiero qui c'è già, perché se
non ci fosse, l’adulto non potrebbe comunicargli niente…..
Eligio: Però
l’uomo adulto è sempre esterno al bambino. Dio che parla all’esterno è quello
stesso Dio che internamente mi muove per sentire la voce che dall’esterno mi
raccoglie.
Luigi: Se Dio
non fosse all’interno di noi, tutta l’opera di Dio fuori di noi non servirebbe
a niente perché noi vedremmo soltanto l’opera esterna. Il bambino vedrebbe
soltanto le birille. Abbiamo l’uomo adulto che gioca a birille, non ci sono
soltanto le birille, c'è l’uomo adulto; la presenza dell’uomo adulto, infonde
nel bambino un pensiero ed è lì che il gioco delle birille diventa soltanto un
tramite, un tramite di un pensiero che è presente. Per cui abbiamo: il gioco
delle birille e abbiamo l’uomo, l’essere che opera questo. Ora questo essere è
interno; quindi non abbiamo soltanto la creazione intorno a noi ma abbiamo
anche Dio che opera e questo Dio è presente. Per cui non ci accorgiamo che le
cose non si fanno da sole, come mai ci accorgiamo di questo fatto? come mai non
percepiamo l’esistenza di tutte le cose, ma non percepiamo il significato? Il
senso delle cose? E il senso di noi stessi. Come mai sfugge a noi? Tutte le
scienze non fanno altro che giustificare i rapporti esterni tra cosa e cosa ma
non potrà mai dirci il significato della cosa e non ce lo possono dire. Come
mai non ce lo dicono? Perché la ragione di -, ce l’abbiamo in Colui che fa.
Quindi abbiamo bisogno di un’azione esterna perché non possiamo soltanto
proiettare sull’esterno relativo al nostro io, ma abbiamo bisogno della
presenza di Colui che opera, per capire il significato. Ora, la presenza di
Colui che opera, è la presenza di Colui che opera, pone in noi il problema,
l’insoddisfazione; per cui la pecora quando ha mangiato è soddisfatta (il
Leopardi) invece noi quando abbiamo mangiato, non siamo soddisfatti perché
abbiamo bisogno di capire il significato della nostra esistenza, del nostro
mangiare, di tutto quello che abbiamo intorno a noi. Come mai abbiamo bisogno
di questo? È la Presenza del Dio trascendente in noi che opera attorno a noi.
Per cui abbiamo la presenza dell’operato e la presenza dell’Operatore che non
dobbiamo disgiungere; se li disgiungiamo facciamo peccato. Perché disgiungendo
noi rifiutiamo l’Operatore e ci mettiamo al suo posto: “Sono io che faccio!”
anzi, non lo diciamo ma ci mettiamo al posto di Dio. A questo punto sostituiamo
all’Operatore il nostro io: allora, io e il mondo e qui abbiamo il peccato.
Invece, siccome non sono io che faccio il filo d’erba, io devo tener presente
il filo d’erba e devo tener presente il Creatore del filo d’erba. Ma se tengo
presente il filo d’erba e il Creatore del filo d’erba, immediatamente si
presenta il problema del perché, del significato: “Perché Dio mi fa questo?”;
“Perché Dio mi presenta questo?”. Per cui abbiamo Dio, il filo d’erba e io. allora:
Dio, il filo d’erba e io, mi pone il problema della trascendenza di Dio, del
superamento, per cercare in Dio la ragione del significato. Invece noi
complichiamo le cose perché dal filo d’erba noi passiamo al denaro, subentra
soltanto più il problema economico, e il problema del significato, che da
bambino sentivo forte, diventa una cosa lontana, astratta, perché pressato dai
problemi del mio io: guadagnare, ecc. per cui vedo solo più la creazione
intorno a me sotto l’aspetto dell’interesse, della figura, sotto l’aspetto del
mio io. A questo punto qui Dio è molto lontano e noi rifiutiamo la voce che
viene dall’alto, Colui che viene a noi mandato da Dio, lo rifiutiamo. Rifiutato
questo, subentra solo più il rapporto orizzontale: io e le cose; io e gli uomini.
Eligio: Ai fini
della conoscenza di Dio è necessario questo rapporto triangolare: io, Dio e il
filo d’erba? Dato che ad un certo punto, nel processo di conoscenza della
verità, se ho la grazia di poter entrare, si risolverà in un dialogo, in una
contemplazione fra l’anima e Dio. Quindi non ho più bisogno del rapporto con la
creazione.
Luigi:
Fintanto che non ci svegliamo a questo rapporto, a questo dialogo diretto tra
la nostra anima e Dio, quindi non entriamo, come dicevo la volta scorsa, non
passiamo attraverso questo passaggio obbligato del superamento di noi stessi,
per entrare in questa interiorità in cui abita Dio, in cielo che è dentro di
noi. Fintanto che non facciamo questo, noi dobbiamo essere sostenuti dal mondo
esterno, quindi non sempre il filo d’erba. Abbiamo il filo d’erba, già nella
creazione c'era Dio, il filo d’erba e Adamo, e Adamo che conversava con Dio
attraverso il filo d’erba. E quando è arrivato il momento cruciale, quando ha
dovuto mettere in discussione il suo io o Dio, ecco che ha avuto la caduta, il
peccato. È il peccato che abbiamo ognuno di noi che è alla base di ognuno di
noi. Perché quando noi proveremmo a mettere Dio prima di tutto, quindi superare
il pensiero del nostro io, ecco che lì noi preferiamo la creatura al Creatore.
Eligio: Hai
detto che Dio conversava con Adamo attraverso il filo d’erba, quindi attraverso
la creazione; nel libro della Genesi è scritto ancora che Dio scendeva a
conversare con Adamo.
Luigi: Si, è
giusto quello che dici, perché abbiamo due tempi: il mattino e la sera. Adamo
al mattino riceve da Dio e poi alla sera medita con Dio quello su cui ha
veduto; perché è sempre necessario questo dialogo.
Eligio: È
chiaro perché noi dovremmo sempre dialogare con Dio attraverso il filo d’erba..
Luigi: Proprio
attraverso tutta la creazione, ad un certo momento, noi arriviamo a prendere
coscienza della necessità di superare il pensiero del nostro io. Perché in un
primo tempo noi non capiamo mica questo, noi conversiamo con Dio. È l’argomento
di cui si parlava a Vigna: imparare a camminare con Dio; Adamo che camminava
con Dio, poi camminando con Dio e conversando con Dio, si arriva la momento
cruciale in cui la creatura prende coscienza che per conoscere il principio di
ogni conoscenza, è necessario che superi il pensiero di se stessa. È lì il
punto critico del nostro sviluppo con Dio.
Pinuccia: Questo
superamento è necessario per passare dal camminare con Dio al camminare in Dio…
Luigi: No, noi
non siamo con Dio quando siamo in situazione di peccato. Prima del peccato,
Gesù stesso dice che: “I bambini, i loro angeli, i loro pensieri sono sempre
presso il Padre” perché evidentemente è Dio che parla, è Dio che crea tutte le
cose, è Dio che dialoga con l’uomo. Quando Dio dialoga con l’uomo, l’uomo è
alla presenza di Dio. Noi vediamo le cose ma siamo insoddisfatti di quello che
vediamo, per quanto noi conosciamo del mondo, noi non siamo contenti di tutto
quello che noi conosciamo perché non capiamo il “perché”, non capiamo il
“perché” della nostra vita, il significato delle cose, perché questo nostro
mondo è stato fatto così, perché c'è il sole e la luna, c'è il cielo e c'è la
terra, perché c'è l’acqua, perché ci sono tanti uomini, perché, perché, lo sa
Dio. Ma in quanto in noi c'è questa inquietudine, c'è questa insoddisfazione,
cosa testimonia questa insoddisfazione? Testimonia Dio che parla con noi,
altrimenti l'io non avvertirebbe questa insoddisfazione. E questa
insoddisfazione non si risolve fintanto che noi non conosciamo le cose in Dio.
Attraverso il contatto tra Dio e la sua creazione, noi arriviamo a percepire
l’anima di tutta questa insoddisfazione, l’anima di tutti questi problemi. Per
cui capiamo l’importanza, la necessità di interessarci direttamente con Dio,
cioè di camminare in Dio. Allora a questo punto sorge il problema del
superamento; perché fintanto che noi non ci poniamo il problema di superare noi
stessi, non possiamo impegnarci a camminare in Dio cioè a penetrare nella
conoscenza di Dio. Evidentemente si può penetrare la conoscenza di Dio soltanto
con Dio perché Dio è il rivelatore di Se stesso. quindi attraverso la Parola di
Dio perché soltanto Lui ti conduce: “Nessuno può venire al Padre se non per
mezzo di Me”. Cristo è la sintesi di tutta l’opera creatrice di Dio.
Pinuccia:
Camminare con Dio è interrogare, interrogarsi del perché delle cose…
Luigi: Non
siamo noi che ci interroghiamo, ma è Dio che interroga noi; ora, se uno cammina
con una persona, in quanto cammini con una persona….
Immagina
di camminare con una persona e ammetti che questa persona sia talmente potente
che lei stessa ti crea la passeggiata e tutto il paesaggio intorno. Ora, tu
ricevi da questa persona con la quale tu passeggi, richiede la presenza di
quella persona, ricevi la strada su cui stai camminando e tutto il panorama
attorno. Quindi è quella persona che ti pone il problema, che dialoga con te,
solo che invece di parlare con le parole come parliamo noi, parla con lo
spettacolo. Quindi non siamo noi che ci interroghiamo, è quella persona che ci
interroga e che ti dice: “Vedi quello che ti faccio?”; “Lo sai perché te lo
faccio?”. Noi siamo continuamente interrogati da Dio. Ora noi dobbiamo
restare alla presenza di Dio; restare alla presenza di Colui che ci interroga:
non dobbiamo dimenticare quello..
Pinuccia: Però il
camminare in Dio vuol già dire cogliere il significato, delle cose…
Luigi: No,
niente! Siamo di nuovo a Vigna………
Nino: Ho
l’impressione che noi qualche volta stiamo facendo della teologia; Dio non ci
ha parlato di essere con Lui, in Lui, ecc., ma ci ha detto: “Fa la volontà del
Padre”. Senza tante cose. Adesso lui fa bene a spiegarcele perché noi le
vogliamo sapere; voi capite che questi discorsi qui, ad una donna semplice, è
inutile farglieli, eppure probabilmente ci arriva prima di noi. La prostituta,
ci arriva prima di noi! Perché ad un certo punto, le regole che il Signore ci
dà per andare avanti, sono tanto difficili, ma sono anche tanto semplici!
Emma: È’ vero
quello che dici, lo sento vero! Perché un giorno lui qui ha detto, spiegando il
Vangelo, che il mondo è fatto bene ma sono gli uomini che lo guastano. Io
questa frase me la sono sentita dire dalla madre di quel ragazzo che mi ha
soccorso. E ho avuto delle lezioni da questa gente; ad esempio quella che il
figlio non acquista un pezzo di terreno perché lo lascia comprare ad un altro
che ne ha più bisogno di lui. Conferma quello che hai detto tu, che le anime
semplici colgono meglio senza fatica…..
Nino: Noi ad
esempio a volte facciamo dei peccati perché siamo deboli. Con la nostra
intelligenza vorremmo arrivare a qualcosa di più…
Eligio: Cioè
vorremmo vedere sempre più chiara la frase, perché l’indagine…. Sant’Agostino
stesso dice che la conversazione, lo studio, ecc., l’hanno reso molto dotto
circa le cose di Dio…
Nino: Io non dico
mica che non ci deve essere l’indagine, dico solo che è amore il vostro! Però a
me sembra che si cade nella ricerca di una legge, di un qualcosa; la legge, il
Signore ci ha dato il Padre nostro, ci ha dato: “Ama Dio con tutte le tue
forze, con tutto te stesso, con tutta la tua anima, con tutto il tuo cuore,
ecc. e ama il tuo prossimo come te stesso!”. Le leggi di Dio sono quelle due
lì; poi il momento in cui io sono con Dio, in cui io sono in Dio, sono dei
passaggi della stessa cosa. È’ molto difficile perché siamo noi che siamo
complicati, ma è tanto semplice!
Luigi: No, ma
il parlare è sempre relativo alla creatura; è logico: le difficoltà nascono
dalla creatura. e quindi il cammino è difficile proprio perché noi siamo
complicati. Ora, tu dici che il Vangelo è semplice, ma ci sono delle pagine che
sono come pareti senza appiglio e senza sentiero……
Nino: Io non
ho mai detto che…. Mi richiamo a quei punti più che essenziali in cui Gesù
dice: “Cerca prima di tutto il regno di Dio e tutto il resto ti sarà dato in
soprappiù”..
Luigi: Poi,
man mano che camminerai, ti accorgerai cosa succede; perché il Signore ti
convince con la parabolina e man mano che arrivi sulla cima, sai, ti arrivano
delle parole molto difficili..
Nino: Ma
spiegami una cosa, sei d’accordo con me che i due comandamenti: “Ama il Signore
Dio tuo e ama il prossimo tuo come te stesso” da cui poi può derivare tutto il
resto..
Luigi: Tutta
la Legge e i Profeti…
Nino: Non
sono difficili nella comprensione, ma sono difficili nel viverli…
Luigi: Certo!
Ma scusa un momento, devo precisare un’altra cosa: che la legge che regola,
questa è regola non è amore, e non ti salva. Quindi, quando tu ti metti questa
regola davanti e te la scrivi bene lì davanti: “Ama il Signore Dio tuo con
tutte le tue forze e ama il prossimo tuo come te stesso!”, se cerchi di
realizzare tutto questo, tu non ti salvi! Non arrivi alla salvezza!
Nino: Cosa
vuol dire: “Ama il Signore Dio tuo!”? Cerca di conoscerlo.
Luigi: Certo.
Nino: Se tu
fai quello come scopo della tua vita non ti salvi?
Luigi: Un
momento: “Cerca di conoscere Dio!” è Antico Testamento. Diciamo che tutto
l’Antico Testamento ha per centro questo comandamento: “Cerca il Signore!”.
Come mai ad un certo momento ti viene fuori il Cristo? Ti viene fuori il Nuovo
Testamento? Perché? San Paolo lì è chiaro: “Tutto l’Antico Testamento è solo
pedagogo al Cristo”; quindi è scala che di deve condurre all’appartamento del
Cristo. Ma chi ci salva è il Cristo, perché? Perché è la persona che ci salva,
non è la regola. Qui tu cadi nella regola. Perché se tu fai come motivo di vita
la regola; se io amo il Signore Dio mio con tutte le mie forze, si, perché è
Dio che l’ha data e Cristo la conferma, ma l’anima di tutta la legge, di tutti
i profeti, Antico Testamento, è questo: se io cerco di realizzare in buona fede
questa parola di Dio, sai dove arrivo? Arrivo a fare questa richiesta al Cristo
che fece il giovane ricco: “Maestro, che cosa devo fare per entrare nella vita
eterna?”; “Osserva i comandamenti”, “Li ho osservati” è stato onesto, non ha
detto la menzogna perché Gesù lo conferma; dice l’evangelista che Gesù lo amò.
Qui abbiamo una cosa molto importante: osservando i comandamenti con tutte le
nostre forze, si arriva ad interrogare il Cristo, perché non si entra con i
comandamenti, ma si arriva ad interrogare il Cristo: “Cosa devo fare?”. Ecco,
quindi i comandamenti ci conducono al Cristo, al Cristo chiedi: “Cosa devo fare
per conoscere Dio?” perché entrare nella vita eterna vuol dire conoscere Dio
come vero Dio; allora chiedo a Te. Ma io non arriverò mai a fare questa domanda
a Cristo se prima non ho osservato i comandamenti, se non mi preoccupo di
osservare i comandamenti. Ma proprio osservando i comandamenti arrivo a fare
questa domanda qui. Quindi la regola mi conduce al Cristo; arrivato al Cristo,
il Cristo mi dice: “Osserva i comandamenti” ed io dico: “Li ho osservati”,
(almeno come intenzione li ho osservati) e questo mi ha condotto, mi ha aiutato
ad individuare l’essenziale per la mia vita (perché i comandamenti mi conducono
ad individuare l’essenziale per la mia vita). Questo essenziale mi fa invocare
il Maestro perché io con solo le mie forze non ci arrivo. Con tutte le regole,
anche divine, non arrivo, perché la creatura…. “Dove Io sono voi non potete
venire”.
Nino: E il Maestro
adesso gli dà un'altra regola…
Luigi: Ah, no!
Adesso il Maestro lo ama: “Lo amò”, perché se non lo avesse amato non
gli avrebbe dato la grazia per poter fare quello che Dio gli stava dicendo.
Quello che ti impedisce di entrare, di conoscere Dio come vero Dio è questo:
“Va, vendi tutto quello che hai, e segui Me!”; l’anima non è dare via tutto
quello che tu hai, è “Segui Me!”: positivo! Per seguire Lui bisogna
essere disponibili. Qui siamo sul vertice della legge, siamo a tu per tu col
Cristo: “Segui Me!”.
Ora,
questo seguire Lui, adesso voglio vedere dove si va a finire seguendo Lui! A
questo punto il giovane ricco rientra perché non è soddisfatto..
Nino: Il
giovane ricco a questo punto ha capito cosa doveva fare, non è che non l’abbia
capito, l’ha trovato anche semplice, come lo trovo io, però non ha avuto la
forza di buttare via tutto quello che aveva per essere disponibile a seguirlo.
Ecco quello che dicevo io. Dio non è che ci dica delle cose molto difficili nei
momenti essenziali, siamo noi che siamo difficili. Perché a quel punto lì, se
quel giovane ricco avesse incominciato a buttare via, si capisce che non era
quello che lo salvava però si sarebbe reso disponibile a seguire Dio.
Luigi: E lì
sarebbe incominciato il difficile, è li che incomincia il difficile. A questo
punto la regola scompariva e incominciava il rapporto personale con Cristo e
del contatto personale col Cristo che ad un certo momento diventa una parete
perché Gesù dice: “Volete andarvene anche voi?” e i discepoli erano con Lui: “Noi
abbiamo lasciato tutto”. Ad un certo momento il discorso è talmente difficile,
è talmente vorticoso che dice loro: “Volete andarvene anche voi?”.
Nino: A quel
punto lì, quando il discorso diventa difficile, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo
scoraggiarci? Oppure diamo una mano a Dio a aspettiamo che seguiti a farci
delle grazie? Entra in gioco anche la fede della donna semplice ed è necessaria
la fede della donna semplice. Perché noi ad un certo punto vediamo solo più
difficoltà.
Luigi: Cina,
ha capito qualche cosa di tutto questo discorso?
Cina: È tanto
necessario capire ciò che il Signore ci dice, purtroppo non si approfondisce
abbastanza il vangelo. Io sono arrivata a cinquant’anni amando il Signore con
tutto il cuore però senza conoscere il Vangelo in modo così profondo. Se Dio ce
l’ha dato dobbiamo leggerlo e approfondirlo. Ringrazio tanto per questi
incontri perché per camminare abbiamo bisogno di tante sollecitazioni…
Nino: Sì, ma
non è che io non ringrazi per questi incontri, li sospiravo da mesi, dall’Africa..
Luigi: Cina,
ritiene utile fermarsi su una parola sola del Vangelo e approfondirla? Oppure
pensa che siamo dei pignoli? Oppure sarebbe meglio vagare da una parola
all’altra, da un argomento all’altro? Ritiene più utile approfondire una parola
sola?
Cina: Ma
certo, io ritengo utile fermarsi su una parola.
Luigi: Cina, e
ripetere cinquemila volte sempre la stessa cosa, lo ritiene utile?
Cina: Si,
perché siamo di dura cervice, almeno parlo personalmente, altro che abbiamo
bisogno di sentirci ripetere sempre le stesse cose…
Nino: A me
sembra che il cercare di camminare è una questione di vita, non è una questione
solo di sapere. È giusto sapere ed è giusto cercare dal momento che si
comincia, fino alla fine. A me sembra lo sforzo di voler fare noi, comunque
come non detto, fammi vedere dov’è il mio errore.
Luigi: Ti
capisco perché vieni dall’Africa, dove probabilmente ti sei trovato a contatto
con tanti problemi pratici per cui pressato anche da bisogni, da povertà, da
malati, hai visto il conoscere, il cercare, una cosa lontana, astratta; la vita
è poi questo. Allora la praticità…..
Nino: No, no,
no, no; no, no, no, no! io ho sempre sospirato questi momenti. Ci sono dei modi
diversi di avvicinarsi…
Luigi: Non lo vedi
forse questo come un lusso, o un salotto. Rispetto a certe miserie…
Nino: No,
infatti il momento che avevo libero, era questo lusso…
Luigi: Perché
ho presente una cosa, cioè questa che dice San Paolo: “Lo spirito d’amore
desidera, e si caratterizza per questo, conoscere tutte le cose, anche le
profondità di Dio”. Ora, questo è spirito d’amore. Ora, quando si ama Dio, che
cosa si desidera? Si desidera conoscere tutto di Dio; e quando mi trovo con una
persona che ha tanto desiderio di conoscere, io lì trovo amore. Già il profeta
Daniele viene lodato dal Signore: “Perché sei uomo di molti desideri”. Ora, noi
molte volte diciamo “amore” in senso pratico; ma cogliamo la parola “amore”
nella sua sostanza; l’amore nella sua sostanza è desiderio di conoscere, e la
vita eterna è conoscere Dio come vero Dio, la vita eterna è conoscenza.
Nino: Ma tu,
scusa la mia obiezione, pensi che questa conoscenza possa venire solo da uno
sforzo mio di intelligenza, portato all’estremo, o possa venire anche a Pinota
Landris, buonanima, ve la ricordate? Che era tutto pensiero di Dio.
Luigi: Certo.
Nino: Io è
questo che voglio dire, non fermiamoci mai alle parole, questo io voglio dire.
Poi non so se riesco a farmi capire! Cioè chiediamo a Dio l’aiuto e Dio ce lo
dà. Penso che ci siano delle donne che sono in Dio però se tu chiedi loro: “Sei
in Dio?” ti rispondono che non lo sanno. Non sanno di essere in Dio ma lo sono.
Essere in Dio, essere con Dio sono cose verissime, ma io non mi fermerei, non
mi bloccherei davanti a queste parole. Le capiremo veramente soltanto quando le
vivremo! L’arrivarci è più una questione di abbandono, di preghiera, di
rimettersi…
Eligio:
Comunque la comprensione del significato aiuta molto. Almeno, personalmente
trovo che mi aiuta molto.
Nino: Si, però
trovo che qualche volta una cosa inceppa, non è quel modo di capire con Dio, in
Dio.
Eligio: Luigi,
di un po’ la tua. Come dobbiamo condurre la conversazione?
Luigi: Tutta
la validità della ricerca di Dio è proprio sull’approfondimento della parola di
Cristo. Tu mi dici: intellettualmente? Soprattutto intellettualmente. Tu mi
dici: ……
Perché
ritengo che la vita sia un’espressione di quello che portiamo nello spirito e
lo spirito è intelletto: “Dio è spirito e verità e vuole adoratori in spirito e
verità”.
Nino: Sì, è
questo allora che io voglio dire. Io sono d’accordo con te però hai notato
quante cosa hai dovuto pestare e qualcosa invece, noi l’abbiamo acquisito così.
Ad un certo punto ti trovi…
Luigi: Nino,
io sono niente! Tutto quello che opera è tutto grazia di Dio!
Nino: No, ma
adesso non dicevo per te.
Luigi: Quindi,
fintanto che Dio non accende la lampada, tutte le nostre parole sono soltanto
segni. E la lampada si accende nel segreto, quando noi, essendo stati ammoniti
dalle parole che abbiamo sentito tra noi, ad un certo momento sentiamo questo
desiderio, avendo sentito un argomento, poi nel mio segreto ci lavoro dentro
finché si accende la lampada. Ma questo è grazia di Dio, non è più grazia della
parola. Perché la parola mi ha ammonito a rientrare in questo segreto. E tutto
questo segreto, che è tutto personale, si chiama intelletto.
Nino: Quindi
è questo che voglio dire: che a me è sembrato che da quando ho delle cose molto
dure da capire, una volta, due e poi chiedo al Signore di aiutarmi a capire e
tante volte la comprensione mi è arrivata così.
Luigi: Ma
certo, perché la luce viene da Lui! La luce viene solo da Lui!
Eligio: Non
pensi allora che la comprensione venga, una certa luce arrivi perché dire la
preparazione remota è dovuta a certi argomenti. Allora vedi la validità di
approfondire certi argomenti?
Nino: Ma
certo perché altrimenti saremmo ridicoli se venissimo solo qui per fare
cultura! Tutto questo è sempre stato amore! Amore tanto più grosso da parte sua
(di Luigi) nei nostri confronti. È vero! Hai avuto una pazienza e ce l’hai
ancora! Una pazienza senza limiti che noi non avremmo mai avuto! Ed è stata una
prova d’amore a Dio perché è stato l’interesse per Dio che ci ha mossi.
Luigi: Certo!
Perché se non ci fosse stato interesse io stesso non avrei accettato di fare
gli incontri…
Eligio: Allora
confermi la validità di questi incontri!
Nino: Io non
ho mai messo in dubbio quel passaggio: essere con Dio, essere in Dio. Ed è
giusto che noi lo capiamo, però..
Emma: Luigi
ci ha sempre spiegato che la comprensione è essenzialmente personale. Per cui
uno capisce con delle parole, un altro capisce con altre parole, lasciando
perdere certe frasi che non riesce a capire, il giorno dopo le riprende perché
ha interesse e le capisce.
Luigi: Io
vorrei precisare questo fatto qui: ritengo che il fatto di partecipare a queste
conversazioni non è “dopo vivere” ma è “vivere!”. Ecco, io vorrei precisare
questo. Il partecipare alle conversazioni è vita perché in quanto Dio volesse
che noi ci dovessimo occupare di questi argomenti qui, ma ventiquattr’ore su
ventiquattro, noi vivremmo in pieno. E questa è la vita!
Non
è che qui meditiamo su una cosa e poi dopo resti il vivere….
Nino: È
perché non siamo a tempo pieno!
Luigi: Non
siamo a tempo pieno! Il tempo pieno è questo! La mia gioia è poter all’inizio
della giornata poter dire: “Ho tutta la giornata per pensare le cose di Dio!” e
naturalmente, accogliere, se Dio mi manda un fratello, parlare di cose di Dio e
non essere disturbato da altri problemi. L’ideale è questo! Tendere a questo
tempo pieno con Dio. Ma cosa si fa con Dio? Ma cosa si fa con Dio? Ma mica si
pensa agli argomenti nostri o ai pensieri nostri, non si fa gli intellettuali
con cose nostre. Ma dietro le parole sue, perché è Lui che me le dice!
Nino: Ma
perché noi ci comportiamo così? Proprio perché non siamo ancora arrivati al
tempo pieno: è tutto lì!
Luigi:
D’accordo, però…
Nino: È
proprio per quello che noi troviamo delle difficoltà, proprio perché non siamo
a tempo pieno. Perché se noi ci fossimo resi disponibili, come Dio ci chiede,
Dio poi ci aiuta in tutto il resto.
Eligio: Però le
due cose si legano. Io naturalmente vivo a tempo pieno, proporzionalmente, a
quanto capisco di Lui.
Nino:
Comunque a me è venuto in mente quanto lui ha dovuto ripetere e quanto noi
abbiamo dovuto pestare, quanto ci era duro capire che tutto era grazia di Dio…
Luigi: Tu
pensa se non l’avessimo ripetuto cinquemilacinquecentocinquantacinque volte e
l’avessimo detto una volta sola, e poi: “Beh, adesso ognuno viva per conto
suo!”, tu sei convinto che…
Nino: Io sono
convinto che tu sei stato..
Luigi: Non io,
quello non interessa……. Ma il fatto di averlo ripetuto
cinquemilacinquecentocinquanta volte….
Nino:
Lasciami finire, io sono convinto che tutto è stato necessario e indispensabile.
Tu ripeterlo cinquemila cinquecento cinquanta volte e noi tutte le volte,
esercitarci un pochino ad approfondire, quel riportare quell’insegnamento di
Dio ricevuto nella vita. Quando noi l’abbiamo sentito da te, ci abbiamo
creduto, ti siamo stati infinitamente grati, ma poi abbiamo dovuto trasportarlo
nella vita. Cioè una frase che io ho letto da qualche parte, che Dio vuole
essere riconosciuto fuori dalla Chiesa..
Luigi: Certo,
in tutto….
Nino: Allora,
anche quello ti aiuta, non solo… adesso tu hai messo l’accento sul lavoro di
intelligenza e quello deve essere il primo lavoro, o noi siamo capaci a dare il
calcio realmente a tutta quella che è la vita esterna, quella che viviamo ogni
giorno, e allora arriviamo alla contemplazione, e siamo nel settimo cielo; ma
finché noi continuiamo a tenere un piede qui e un piede nel mondo, e poi c'è il
vivere…
Luigi: NO!
Scusa eh! Fintanto che c'è un piede qui e un piede nel mondo ci sarà bisogno di
ripetere cinquemila cinquecento volte ogni argomento e c'è bisogno di essere
pignoli finché non capiamo….
Nino: E c'è
bisogno tutte le volte dopo la tua ripetizione le tue azioni, gli avvenimenti
che ti sono successi, di riportarli a Dio…
Luigi: E già..
Cina: Scusata
ma vado via perché ho un impegno…
Luigi: Buonasera
Cina…
Nino: Una
volta si diceva che la pratica non va mai disgiunta dalla grammatica. A me
sembra che qualche volta la pratica sia anche un aiuto, la pratica riportata a
Dio.
Luigi: Certo.
Nino: Io ti
do atto che è l’intelligenza e vengo qui perché la ritengo la prima cosa..
Eligio: Nino,
la pratica viene dopo, perché se non hai messo in alto il principio…
Nino: Ma sì
che viene dopo la pratica..
Nino: Ma la
pratica non è che sia una cosa passiva…
Pinuccia: Puoi ripetere
quello che hai detto dopo averci fatto spegnere i registratori, perché la
risposta è lì. Cos’è che hai detto? Ripetilo per piacere perché è la risposta
proprio a quello che dicevamo adesso: prima c'è la pratica, poi vita. Invece tu
facevi coincidere nella tua risposta, che queste conversazioni sono già vivere,
sono già vita.
Luigi: Che la
vita è qui, nel parlare di questi argomenti.
Eligio: Direi
che “nulla è nella pratica” e mettere in atto l’intelletto è una verità
sacrosanta; niente è nella pratica se prima non passa nel pensiero.
Luigi: Ma
vedi, il nostro ostentare a capire dove sta la vita è proprio perché, quante
volte ho detto, se noi fossimo capaci di fare come San Francesco, a buttare via
tutto, evidentemente entriamo nel regno di Dio e ad un certo momento ci
accorgiamo che è tutto contemplazione. Ma tutte le nostre difficoltà, sono
determinate dal fatto che noi abbiamo una frattura tra lo spirito e la nostra
vita pratica. E allora noi continuamente abbiamo bisogno di sentirci ripetere
cinquemila cinquecento volte i singoli argomenti, perché noi ci troviamo in
conflitto col mondo pratico in cui noi ci troviamo, che non entra in quello! E
allora abbiamo bisogno di vedere e questo aspetto qui, e quell’aspetto là e
ripetere sempre le stesse cose, fintanto che ad un certo momento ci convinciamo
e quando ci convinciamo lasciamo!
Nino: Ed è
vero! Perché io continuamente confronto dal mattino alla sera, la mia giornata
anche con le cassette, ed è vero! Però ad un certo punto, nelle ore in cui io
sono per il mondo, io chiedo continuamente di poter essere a tempo pieno, anche
quando sono lì che tiro il collo ad un pollo, anche quando faccio un’altra
cosa.
Luigi: Eh, ma
tu sarai a tempo pieno soltanto quando avrai buttato via tutto, capisci? E
vivrai soltanto di intelletto, di pensiero. Allora non avrai più il problema di
tirare il collo al pollo, capito? Perché diventi tutto… diventi San Francesco,
diventi carità di Dio, diventi manifestazione di Dio, diventi parlare di Dio,
ma hai la mente in Dio! Vivi nel cielo di Dio! Allora qualunque cosa tu faccia,
ma non ti poni il problema, perché non lo fai prima, sei mosso da Dio! Allora,
quando si è mossi da Dio, Dio è spirito, ti muove dal di dentro, capisci? E
allora canti per la strada, perché anche il tuo cantare diventa una
manifestazione di Dio. È Dio che vive in te! Non so se rendo l’idea! Ma
fintanto che tu sei in conflitto con due mondi: il mondo dello spirito e il tuo
mondo pratico, il tuo mondo che ha per centro un mondo di interessi, un mondo
di figura, un mondo di società, di convenzioni, ecc., per forza tu devi farti
il problema, a meno che tu accantoni il problema di Dio, dovresti sentire
questo stridore qui: “Ma come faccio a far andar d’accordo questo con
quell’altro” . C'è sempre questo conflitto fintanto che uno, a forza di
ripetere questi argomenti, non entra e butta via tutto. Allora si entra perché
non si ha più il problema di far collimare perché è lo spirito che fa collimare
i due mondi.
Nino: Comunque,
comunque il sentir ripetere non è ancora sufficiente perché deve esserci sempre
la tua partecipazione…
Luigi: Scusa
eh, ma noi abbiamo bisogno di sentir ripetere fintanto che siamo in
contraddizione con Dio. Cioè sono i nostri due mondi, è il bagaglio che ci
portiamo dietro, che ci fa sentire il bisogno. Direi che il tempo dell’attesa
si prolunga nella misura in cui noi abbiamo il bagaglio con noi. Noi potremmo
abbreviare il tempo. Potremmo abbreviarlo immediatamente: “Pronti! Tieni anche
l’abito! Prenditi tutto!” i tempi sono scaduti. Si apre l’eternità.
Nino: Adesso
mi sono lasciato scappare una cosa, quando dicevo che le cose di Dio sono
semplici, come San Francesco che butta via tutto. Se noi fossimo capaci a
rinunciare a tutte queste cose, e ci affidassimo a Dio, la parola “con”, “in”
non hanno nessuna importanza, perché noi siamo con, in, ecc.
Luigi: In
fatto è che noi abbiamo due mondi, abbiamo il bagaglio che ci portiamo dietro,
e allora lì abbiamo bisogno di sentircelo ripetere. Il giorno in cui noi
arriviamo, non abbiamo più bisogno di sentircelo ripetere perché lo viviamo, ce
l’abbiamo perché Dio è dentro di te. Allora non abbiamo più bisogno di dire:
“Andiamo a sentire una parola”, perché questa parola ti canta dentro, sgorga
dentro. Ma fintanto che questa parola qui non ti sgorga dentro, noi abbiamo
bisogna di sentircela attorno, dal di fuori. Perché altrimenti o rinunciamo a
Dio, o altrimenti abbiamo bisogno della pazienza di Dio che mi ripeta
cinquemilacinquecento volte la stessa parola. Praticamente il mondo, che è così
vario, mi ripete sempre una parola sola: “Cercami prima di tutto!”. E perché me
lo ripete in questo universo e da miliardi di anni me lo ripete il Signore?
Perché io sono testardo, perché io non capisco, perché sono lontano e Dio che è
infinitamente paziente me lo ripete in tutte le creature; ogni giorno mi fa
sempre sorgere il sole, lo fa tramontare: “Ma non l’hai ancora capito?”. Tutta
questa ripetizione è necessitata dalla nostra incapacità, dalla nostra
imperfezione. Ma il giorno in cui noi entriamo nell’ordine divino,
immediatamente tutto il mondo sparisce e lascia il posto ad un nuovo cielo e
una nuova terra, vero sole, e diventa tutto spirito. Uno non cerca più le
risposte, perché le risposte ce le ha dentro.
Nino: Allora
quando ho detto che Dio è semplice e noi siamo complicati. Non è che non
abbiamo capito quello che noi dovremmo fare, buttare via tutto per seguire Lui,
ma non siamo ancora in grado di farlo perché abbiamo ancora sempre delle
incertezze. Hai ragione che bisogna pestare, insistere.
Eligio: L’unica
cosa è capire che è semplice Dio in Sé, un’altra cosa è trovarsi davanti a
delle difficoltà pratiche, alla complicatezza…
Luigi: Scusa
un po’, ma chi ti impedisce di vestirti di stracci in questo momento qui. Chi
ti impedisce di andare per la strada a cantare al Signore?
Nino: Ma
questo lo so. È l’egoismo…
Luigi: No! è
perché non sei ancora convinto che il giudizio degli altri sia inutile o vano;
non sei ancora convinto che il denaro è una cosa completamente inutile; non sei
ancora convinto che avere una casa è una cosa completamente inutile. Sei
convinto che Dio è il primo necessario, ma tanti altri beni sono ancora validi.
Perché se fossi veramente convinto non avresti nessuna difficoltà a cantare e
ad essere libero per il Signore. Quindi vedi che abbiamo bisogno di sentircelo
ripetere, tante volte fintanto che percepiamo il regno di Dio. Quando
percepiamo questo meraviglioso regno di Dio in tutte le cose, ma noi mettiamo
le ali, non c'è nessuno che mi può convincere del contrario. Perché quando uno
è convinto di una verità, anche se tutto il mondo mi dicesse: “Corna!”, a me
non importerebbe proprio niente, perché la verità ti canta dentro. Quando tu
hai trovato un tesoro, e l’hai veramente trovato non hai mica difficoltà a
vendere tutte le altre cose per possedere quel tesoro lì; perché ormai hai
trovato un tesoro che vale più di tutto. Ma fintanto che noi non abbiamo
trovato quel tesoro, però non siamo convinti che quello sia il tesoro
essenziale, noi avremo sempre difficoltà, perché vorremmo il tesoro ma vorremmo
anche non perdere gli altri “tersoretti”; perché sono ancora “tesoretti”!. Ma
il giorno in cui….. ecco perché bisogna pestare e pestare, per convincerci
molto.
Eligio: A me a
volte sembra di essere convinto che questi “tesoretti” non sono necessari e non
valgono e ciò non di meno, non credo che buttandoli via mi darebbe il possesso
del tesoro che vale.
Luigi: Ma non
sei convinto, perché guarda che se fossimo veramente convinti….
Eligio: Mi
sembra un pochino più complessa la cosa..
Luigi: Bisogna
sentirselo pestare tanto, tanto, tanto…
Nino: Nel
momento in cui vediamo l’argomento generale lo accettiamo bene, però al momento
in cui siamo all’atto pratico, lo rifiutiamo (ad esempio se mi chiedi questo registratore
che ho appena acquistato, mi dispiace….).
Luigi: Scusa
eh, tutta la questione che ho fatto con Pinuccia per i registratori, è perché
le cose vanno scritte nell’anima, non le devi registrare. E abbiamo bisogno di
questo, di quello, di quell’altro!
Eligio:
Quest’oggi sono arrivato a questa conclusione, che nulla vale, né il denaro, né
la carriera, ecc.. E abbiamo veramente delle figure sublimi sotto questo
aspetto e non è che in contro parte abbiano trovato Dio. Seneca non ha trovato
Dio.
Luigi: Non
possiamo giudicare….
Eligio: Per
dire che l’abbandono di questi tesoretti non mi danno automaticamente quel
tesoro che è Dio.
Luigi: Tu mi
convinci che non sei convinto; per questo hai bisogno di pestare. Perché non
sei convinto che lasciando tutto si trovi Dio.
Eligio: Io sono
molto ignorante, conosco ancora troppo poco Dio. Non sono convinto perché non
lo sento ancora come valore totale…
Luigi: Tu mi
dici una cosa molto grande: “Io non sento ancora!” e allora hai bisogno di
trovarti tante volte. Non basta dire: “Ma queste cose qui le abbiamo già
sentite e risentite”. “Non lo sento ancora!” ecco! perché l’argomento non è
ancora entrato al punto tale, la pentola non è ancora a quel punto di
ebollizione da scoppiare. Cioè non lo senti ancora così vivo, per cui c'è
bisogno di sentirselo ripetere ancora tante, tante volte. La pazienza dei santi
sta lì. Tutti quanti sentiamo l’argomento principale una volta, e poi ce ne
andiamo a spasso. La pazienza dei santi è quella di pestare, sempre risentirla,
sempre rivedere la stessa cosa fintanto che ad un certo momento uno lo sente.
Allora quando lo sente, lo vive, lo attua perché è convinto. Quante volte sento
dire: “Ah, come sarebbe bello vivere così. Ma bisognerebbe che tutto il mondo
vivesse così”. Per dire che ognuno, di fronte a questo argomento, non è che lo
neghi, anzi dice che: “É valido, però la nostra vita pratica?”, “….però, siamo
in un mondo che è così malsano!”, “Però siamo in mezzo ai lupi!”. Ma come!
Questo mondo qui è opera di Dio, i lupi sono opera di Dio. Ora, non è questo il
movente che ci impedisce di cercare Dio, anche se sono in mezzo ai lupi, ma
quello che mi impedisce è il fatto che non lo sento a sufficienza. Allora
quando non lo sento a sufficienza, ho bisogno di sentirmelo ripetere e di ampliare,
e di sentirmelo urlare, fintanto che non arrivo proprio a sentirlo. Quando poi
la sentirai, stai tranquillo che quando tu senti una cosa, la realizzi, la
vivi, perché è più forte di te, ti domina. Gesù stesso dice che la verità del
Padre è più forte di tutte le cose del mondo e che quando uno la sente, non c'è
più nulla che lo possa portare via: “Non c'è più nessuno che vi possa portare
via la vostra gioia”. Allora se io questa gioia qui non la sento ancora, tutti
me la portano via, perché io non la sento ancora. Allora io elemosino gioia da
tutti gli altri perché io sono povero di questa gioia qui. Il giorno in cui io
scopro questa gioia qui, stai pur tranquillo che non c'è più nessuno che me la
porti via, per quanti brillanti mi facciano vedere davanti agli occhi. Però
fintanto che non arriviamo qui, abbiamo bisogno di questa pazienza qui, di
insistere, di fare i pignoli per poter percepire, per poter arrivare. Perché
dico: “Vabbè io nella mia vita pratica, durante il giorno non ci riesco, ma
almeno so che per un’ora io mi lascio pestare da questa cosa in testa”. A forza
di pestare, ad un certo momento, matura la convinzione.
Eligio: Quando
ci sono dei concetti che ci risultano chiari come ad esempio la casa del
Signore, “Maestro dove abiti?”, credo di non averlo mai più portato come
domanda. Una volta che si è accesa la lampadina, lo porti dentro di te e lo
vivi in modo personale.
Luigi: I cieli
di Dio sono dentro di noi, quindi raggiunta una certa capacità di
interpretazione, una volta che uno ha capito l’argomento, lo accantona, non è
che si faccia il problema. Fintanto che uno ha il problema, fintanto che non è
chiaro, bisogna pestare.
Eligio:
Fintanto che la tua idea e la parola di Dio non collimano bisogna pestare.
Luigi: Ognuno
di noi è al centro di un suo mondo; ora quando ci troviamo qui facciamo un
lavoro ma ci isoliamo con la mente. Ma ognuno di noi porta dentro un suo mondo.
Fintanto che tutto questo suo mondo, nelle singole parti, non è entrato, lui
non è convinto perché ha tante realtà presenti. Per cui ha un punto fisso in
lui, punto dell’intelletto, illuminato, chiarito, però ha tutto questo mondo
qui da far entrare. E fintanto che non è entrato, avrà sempre dei problemi. Lui
non lo dice apertamente di avere quel problema però mi farà sempre quella
questione lì perché ha un problema che non entra in quella luce lì. Ora,
fintanto che tutto il nostro mondo…
Quando
Gesù dice: “Andate e predicate il Vangelo a tutto il mondo”, io direi: “A tutto
il vostro mondo!”, perché c'è questa parola di Dio che va messa in alto nella
nostra stanza, non bella nascosta sotto il letto. No! tu la devi mettere in
alto, perché deve illuminare tutta la tua stanza, tutto il tuo mondo; di modo
che tutte le singole cose, anche i piccoli fatti, anche gli uccelli dell’aria,
devono entrare in questa luce. Soltanto quando saranno entrati in questa luce,
tu veramente avrai questa gioia, il regno di Dio in te. Allora la possederai
perché tutto il tuo mondo è entrato. Altrimenti, fintanto che tu hai un mondo
che è fuori da questa luce, quel mondo fuori da questa luce, ti mette la
problematica su quella luce lì, per cui tu avrai bisogno di fare mille
interrogazioni. Chi è nell’inferno fa interrogazioni su Dio perché è
sollecitato continuamente da una realtà che è diversa dal suo io.
Eligio: Alla
fine, o faccio entrare tutto nella problematica divina, oppure ho bisogno di
interrogare.
Luigi: Per
forza! Perché non sfuggo all’interrogazione perché Dio è più forte di me. Ma
fintanto che io non porto una realtà che non entra in questa interrogazione
qui, io ho bisogno di interrogare, non posso farne a meno. Capisci? Ma
l’interrogazione, direi, è un’invocazione per far entrare una cosa che io non
riesco, non ho ancora capito, non sono riuscito ancora a farla entrare. Non mi
sembra di fare problemi intellettuali ma direi: far entrare tutto in questo
spirito.