Dopo queste cose Gesù
andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi e battezzava. Anche Giovanni
battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era là molta acqua e la gente vi
accorreva e si faceva battezzare. Giovanni infatti non era ancora stato mandato
in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque una discussione con un
giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da Giovanni gli dissero:
“Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso
testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui. Giovanni rispose:
“Nessuno può prendere qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi
siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato
davanti a Lui. Chi ha la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo che gli sta
vicino e lo ascolta, è pieno di gioia per la voce dello sposo. Questa è la mia
gioia, ed è piena”.Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”».
Gv 3 Vs 22/30
Primo tema
Titolo: È necessario che Lui
cresca e che io diminuisca.
Argomenti: La novità che Cristo
reca all’uomo – Le nozze di Cana – La cacciata dei mercanti dal Tempio – Nicodemo – L’amore di Dio e per
Dio – Dio non punisce – Il rifiuto della Luce – La Giudea spirituale – Le apparenti
contraddizioni – Giovanni Battista – Il sogno e il dovere – La creatura nuova – Il battesimo di giustizia -
20/Marzo/1977
Dall’esposizione di Luigi Bracco.
Con l’incontro
precedente abbiamo terminato l'incontro notturno con Nicodemo, e qui cambia la
scena poiché il Vangelo dice: “Dopo queste cose Gesù con i suoi discepoli
andò nel paese della Giudea e vi si intratteneva con essi e battezzava”.
Oggi ci fermiamo su questi versetti.
“Dopo queste cose…”. Ora, teniamo sempre presente che in tutte le parole che
il Vangelo ci presenta, magari cambiano i personaggi, cambiano le scene, però
tutto è lezione per la nostra vita spirituale, e quindi ogni cosa segna una
tappa verso la meta che è quella della scoperta della presenza di Dio in noi,
l'inizio della vita eterna in noi.
“Dopo queste cose …”, queste cose che sono avvenute in questi ultimi tempi
nella vita di Gesù furono:
·
a Cana il primo miracolo;
·
la cacciata dei mercanti dal Tempio;
·
e l'incontro notturno con Nicodemo.
Sintetizziamo un po’ gli argomenti per
definire le tappe di questo cammino spirituale.
Nella lezione di Cana (ne abbiamo parlato per
due mesi) è sintetizzata la novità che Cristo reca all’uomo, l'incontro
con Cristo; la trasformazione di vita, cioè la trasformazione dell’acqua in
vino, dopo aver provato tutti gli altri vini.
Non solo, perché Lui in un primo tempo
rimprovera sua Madre, che non è giunta la sua ora, per il semplice fatto che
l'attenzione degli uomini era rivolta ad altri, era rivolta agli sposi e
quindi, naturalmente, non era il suo tempo. Perché Lui è il Verbo di Dio, ed
essendo il Verbo di Dio è il Verbo che parla; in quanto parla, “l'ora
sua” è determinata dall’ascolto. Fintanto che a scuola non si fa
silenzio, non è l'ora per i professori, per il maestro di parlare; quindi l'ora
non è ancora venuta. La Madre richiama a fare attenzione ed ecco che abbiamo
l'ora del parlare, e parlando apporta una novità di vita, il vino nuovo.
Un segno che è captato solo da coloro che già
lo portavano nel cuore, da coloro che avevano già sperimentato la vita nuova: i
suoi discepoli.
I suoi discepoli videro la sua gloria gli
altri no. Per cui avevamo fatto la distinzione che quel miracolo è stato:
·
da alcuni frainteso, è stato attribuito allo sposo;
·
alcuni servi hanno visto il miracolo ma non hanno capito,
non si sono resi conto di che cosa significasse;
·
i discepoli hanno capito che cosa significava perché già lo
avevano sperimentato il giorno prima incontrando Gesù: la vita nuova segnalata
da Giovanni Battista che abbiamo visto negli episodi precedenti.
Ecco, questo per dire che noi per
comprendere il significato delle opere di Dio, dobbiamo già averlo dentro di
noi. Quindi soltanto in quanto lo portiamo dentro, vediamo sempre fuori
quello che già portiamo dentro.
Poi il secondo segno che è l'episodio della cacciata
dei mercanti dal Tempio. Avevamo detto che il secondo segno era determinato
dall’incompatibilità.
Cioè Dio entrando in noi ci rende
insopportabile altri amori, altri interessi. Per cui noi possiamo accorgerci se
Dio è in noi, se l'amore di Dio è entrato in noi, da questo senso di
incompatibilità verso tutto il resto. Perché Dio è un fuoco che consuma tutto,
che accentra tutto perché vuole unificare tutto in Sé; è Colui che ha in Sé la
ragione di tutto, quindi un Amore Unico, e quindi crea questo senso di
incompatibilità. Mentre prima di incontrarlo noi siamo dispersi tra tanti
amori, tanti interessi. Incontrando Lui abbiamo il segno del Tempio, la
cacciata dei mercanti, la purificazione: “Perché la mia casa è una casa di
preghiera e non dovete farne una spelonca di ladri..”; la casa di Dio è la
nostra anima, il nostro mondo interiore e quindi ci deve essere questa
semplicità, questa adorazione: “Adorerai il Signore Dio tuo e servirai Lui
solo; non avrai altri idoli nella tua vita”.
Poi il terzo episodio che è quello del notturno
con Nicodemo, della necessità della rinascita. Perché l’episodio
della cacciata dal Tempio concludeva con queste parole: “Molti, vedendo i
miracoli che faceva, credettero nel suo nome. Ma Gesù non si fidava di loro
perché sapeva che cosa c'era nell’uomo”. L'uomo fintanto che non rinasce da
Dio, fintanto che dentro di sé non ha il bisogno di Dio prima di tutto, non può
essere luogo di riposo, luogo di pace, di fiducia per Dio.
Nell’episodio di Nicodemo si mette a fuoco
questo. Nicodemo è un maestro in Israele eppure si presenta dicendo: “Noi
sappiamo”. Dopo poche battute deve confessare la sua ignoranza, Gesù lo
conduce a toccare con mano la sua cecità, il suo niente: “Com’è possibile
questo?” e Gesù: “Tu che sei maestro in Israele non capisci questo?”.
Questo per significare che Gesù,
incontrandosi con l'uomo, deve ricondurlo sempre alla situazione del cieco di
Gerico. L'uomo è un povero cieco, e non deve mai pretendere di vedere
perché fintanto che non ha scoperto Dio l'uomo è nelle tenebre e deve
confessare queste tenebre, non deve mai ritenere di essere vedente. Perché
quello che è giorno, per colui che è staccato da Dio, nello Spirito di Dio
invece è pura notte.
L'uomo per entrare nella luce, deve invece
toccare con mano la sua notte, deve invocare la luce; la luce allora quando
è invocata, quando è desiderata, è presenza, perché nel desiderio c'è già la
presenza di Dio.
Avevamo terminato con questo episodio di
Nicodemo; la conclusione di questo episodio della rinascita, è questo che: “Dio
ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio suo nel mondo, e lo ha mandato non
per giudicare il mondo, ma per salvare”.
Quindi Dio ha mandato il suo Figlio non per
far toccare agli uomini quello che essi sono, ma unicamente per offrire la
salvezza, per cui il Verbo di Dio parla tra noi. Teniamo presente che il Verbo di
Dio parla in tutto, e quello che noi vediamo in Gesù, in Cristo, è soltanto
rivelazione di quello che avviene nella nostra vita, in tutto, perché Dio parla
in tutto; tutto è Verbo di Dio che parla a noi.
Noi, dispersi, non intendiamo questo, e
arriviamo all’incontro col Cristo che ci deve aprire a questo colloquio, a
questo ascolto di Dio in tutte le cose.
Ora, Dio, siccome opera in tutto per salvare
l'uomo, attraverso tutte le cose, noi possiamo anche sentirci giudicati, perché
posti in confronto alla vetta diciamo: “Guarda in che stato sono”, però
noi stessi non dobbiamo, ascoltando la Parola di Dio, ritenerci giudicati dalla
Parola di Dio, perché la Parola di Dio non arriva a noi per giudicarci, non
arriva a noi per farci toccare con mano quello che noi siamo, ma arriva a noi
per farci sperare quello che possiamo essere; per farci desiderare quello che
possiamo essere.
Il Signore ignora, vuole ignorare quello che
noi siamo, per cui sia che noi siamo buoni, sia che noi siamo cattivi, santi o
peccatori, non importa. Anche se noi fossimo nell’abisso più nero, o della
dispersione o del male in questo mondo, noi non dobbiamo mai disperare perché
la Parola di Dio, essendo Dio onnipotente, ha la possibilità (l'onnipotenza si
rivela in questo), di far arrivare la sua Parola a chiunque:“Fino agli
estremi confini della terra”, dice il Salmo, a chiunque, anche nelle tombe.
La Parola di Dio giunge anche all’uomo chiuso nel più gretto egoismo; in quanto
però giunge non per giudicare, ma per salvare, giunge per aprire alla speranza.
E se l'uomo quindi, si afferra a questa
Parola, la Parola lo tira su e lo libera: il Liberatore.
Però bisogna che l'uomo si afferri a questa
Parola.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Nino: Tu pensi che la cosa più
importante sia quella di riferirci sempre all’amore di Dio. A me è capitato
qualche volta di pensare che nell’educazione religiosa che abbiamo ricevuto ci
sia stata un’insistenza esagerata sulla Legge invece che sull’amore; ci hanno
insegnato a non peccare ma non ad amare il Signore che è il primo comandamento,
poi amare gli altri che è un comandamento che è simile al primo basato
sull’amore.
Luigi: Sì, però poi Gesù stesso
lo dice: “Tutta la Legge e tutti i comandamenti dipendono da questo: Ama il
Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutte le tue forze!”. Quindi se
noi togliamo questo, o lo dimentichiamo, tutto il resto diventa regola, diventa
il sabato, diventa lettera, nemmeno più Legge, diventa solo più lettera,
diventa solo più un dover fare. Per cui: “Io ho fatto questo, ho pagato le
imposte, sono a posto, Signore ti ringrazio”, e Gesù ti condanna!
Nino: Ad un certo punto scopri
che il Signore ti vuole bene; che malgrado tutto Lui ci ama.
Luigi: Sì. L'amore di Dio non è
quell’amore sentimentale che forse possiamo immaginarci noi; Lui ha interesse
per te, Lui ti pensa, noi siamo sempre pensati da Lui e pensati personalmente.
Noi siamo pensati da Dio personalmente; perché il vero amore è poi questo: è
pensare all’altro personalmente. Non è mica dire tante parole! Perché poi molte
volte il Signore è stato severo ed è pur sempre amore. Quando caccia dal Tempio
non fa delle carezze, non fa dei complimenti; oppure quando ai farisei li
tratta come razza di vipere, sepolcri imbiancati, non fa delle carezze; non
diciamo che non è amore. È amore! È vero amore!
Nino: Quando sbagliamo ci fa
soffrire, ma non dobbiamo mai arrivare a disperarci. Arriviamo ad un certo
punto che ci fa ricadere nella speranza…
Luigi: Dobbiamo convincerci che
tutto quello che avviene non è mai per punizione, perché Dio non punisce, non
punisce mai. È rivelazione di San Paolo che dice: “Dio vuole che tutti si
salvino”, Dio opera tutto per salvare non per punire, ed è l'anima di
tutto. Per cui tutto quello che accade, e noi lo dobbiamo dire, ed è la lezione
di domenica scorsa, la torre di Siloe non è caduta per punire perché ci sono
stati dei morti sotto, e Pilato non ha ucciso, cioè Pilato ha ucciso, ma
l'opera è stata di Dio e non fu per punire, “Credete forse che fossero più
peccatori degli altri? No, vi dico, ma se non fate penitenza perirete tutti
allo stesso modo” quindi è lezione e lezione d’amore, avviso, annuncio.
Quindi in quanto io ho uno che mi preavvisa, e mi dice: “Guarda, non
continuare su quella strada li perché la strada poi ad un certo momento è
interrotta”, questo mi ama. Quando mi dice: “Guarda che la strada è
sbagliata”, e forse io sono convinto e non chiedo nemmeno, e uno mi avvisa,
quello è amore, non è punizione. Allora in tutte le cose, noi dobbiamo sempre
vedere questo, anche i fatti gravi che accadono nella nostra società, sono
lezioni di Dio, lezioni d’amore, sono sempre avvisi, perché Dio non punisce.
Quindi è un errore dire che Dio giudica, Dio non manda il suo Verbo, quindi non
opera per giudicare, Lui sa benissimo quello che è l'uomo, opera per salvare
l'uomo, quindi in qualunque situazione egli sia. Se l'uomo, poi dice qui
concludendo con Nicodemo, se l'uomo non accoglie l'opera di Dio, non
accoglie la luce, allora è già giudicato, perché dico: l'uomo è nei
pasticci, perché Dio opera per salvare in quanto l'uomo è nel rischio di
perdersi. Quindi se uno sta annegando, chi gli offre la mano, non gliela offre
mica per giudicarlo, ma opera per tirarlo su; è logico che se l'altro rifiuta
la mano, è già giudicato.
Ora, qui dice: come mai la luce splende e le
tenebre rifiutano?
Cosa succede? Come è successa questa enormità
nella creazione di Dio in cui tutto è fatto bene; questa enormità per cui la
luce splende e le tenebre rifiutano?
Cioè alla creatura viene offerto il cento e la
creatura preferisce il dieci, come avviene questo capovolgimento?
Gesù lo giustifica dicendo: “Perché le loro
opere erano malvagie”; noi diventiamo figli delle nostre opere. Quindi in
quanto noi facciamo cose non secondo Dio, intimamente, ecco quello che poi dopo
pesa nella nostra scelta, intimamente noi preferiamo il nostro io al Pensiero
di Dio, scartiamo Dio, e il peso delle nostre opere ci impedirà poi in seguito
di accogliere la parola di Dio, perché quella magari ci impegna a cambiamenti,
a distacchi, e noi, figli delle nostre opere, non accettiamo i cambiamenti,
rinviamo.
Con Nicodemo chiude a questo punto qui. E il
Vangelo prosegue dicendo: “Dopo queste cose, Gesù con i suoi discepoli, andò
nel paese della Giudea e si intratteneva con essi”.
Qui evidentemente Gesù si ritira perché vuole
trattenersi, lo dice chiaramente, con i suoi discepoli, per fare un certo
discorso (poi lo vedremo in seguito); un discorso che continua con quello già
iniziato con Nicodemo, perché continua con gli stessi argomenti però per bocca
di Giovanni Battista.
Evidentemente qui Gesù vuole approfondire con
i suoi discepoli, e ricordiamoci sempre che ogni scena di Gesù è un momento, è
una tappa, in questo itinerario di questa vita spirituale con ognuno di noi,
quindi ci significa qualche cosa.
Però possiamo chiederci, come mai non ha
continuato con Nicodemo?
Gesù soventi volte dice: “Io ho tante cose
da dirvi ma non le potete portare”. Nicodemo, evidentemente doveva
digerirsi questa lezione qui, la lezione della rinascita; lui si credeva già
maturo, già vecchio e doveva ancora rinascere; quindi non poteva portare un
altro argomento.
Quindi Gesù allora lascia e va con i suoi
discepoli in Giudea.
Qui accade una difficoltà perché Gesù era in Gerusalemme,
quindi era già in Giudea e come mai essendo in Giudea, va in Giudea?
Qui evidentemente perché c'è Giudea e Giudea.
Noi molte volte crediamo di essere in un
luogo, e non ci siamo in quel luogo li; nel Vangelo si parla sempre di
argomenti spirituali, quindi qui si parla di una Giudea spirituale, in cui Gesù
non era prima, anche se era nella capitale della Giudea, era a Gerusalemme.
Perché? Perché, come argomento, il discorso
che ha fatto a Nicodemo non era un discorso in Giudea. Infatti andando poi in
Giudea, chi trova al centro?
Troverà Giovanni Battista: Giovanni
Battista è il centro della vera Giudea.
Perché per Giudea bisogna intendere l'anima
o l'argomento in cui si sia già compiuta la giustizia: cioè si è messo Dio al
centro.
Nicodemo doveva ancora rinascere; lui era
maestro in Israele quindi aveva tutt’altro che Dio al centro, tant’è vero che
si riteneva di poter giudicare: “Noi sappiamo che tu sei stato mandato da
Dio…”, ma con argomenti umani, perché? “Perché tu fai delle cose
meravigliose, straordinarie”.
Quindi per distinguere che c'è Giudea e
Giudea, come c'è luogo e luogo.
Lo vedremo poi dopo con la Samaritana: “Dio
ricerca adoratori in Spirito e Verità”, quindi non qui e non là.
Questo è per farci pensare che ci sono dei
luoghi spirituali per cui uno può essere nel deserto e non essere nel deserto,
possiamo essere nella solitudine e non essere nella solitudine.
Ecco, il vero ambiente è quello che è
determinato dallo Spirito e la vera Giudea in cui Egli va con i suoi
discepoli e in cui si troverà vicino a Giovanni Battista, non è la Giudea che
si trova in Gerusalemme. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che Gesù si
sposta in Giudea con i suoi discepoli, quando era già in Giudea (e si
tratteneva con essi).
E qui abbiamo: “Anche Giovanni battezzava a
Enon, vicino a Salim, perché là vi era molta acqua e la gente vi accorreva
perché voleva farsi battezzare”; ma a questo punto sorge una contestazione.
Penso che Gesù abbia condotto i suoi
discepoli dal Battista proprio per far sorgere questa contestazione fra i
discepoli di Giovanni Battista e qualche giudeo, in modo da trarre una lezione.
Perché dalla contestazione nasce poi il problema, la fame, il desiderio e
quindi nasce la preparazione degli animi a ricevere una lezione successiva.
Ecco per cui il Signore molte volte ci mette
in difficoltà; in un primo tempo noi troviamo una luce e poi il giorno dopo
questa luce qui è contestata, è offuscata e ci mette in difficoltà; perché
nella difficoltà e nel problema si forma in noi il desiderio, il bisogno di
andare avanti, di approfondire e quante volte noi ci siamo trovati (e questo è
già un accenno, il fatto di Giudea in contraddizione o in apparente
contraddizione: era in Giudea e va in Giudea).
Ora, sono proprio queste apparenti
contraddizioni che ci impegnano ad approfondire gli argomenti perché non
bisogna mai fermarsi alla superficialità; Dio è profondità e la profondità
richiede sempre un: “Non giudicate secondo le apparenze ma cercate il retto
giudizio”, dice Gesù; non fermarci mai alle apparenze.
Allora in un primo tempo noi ci fermiamo alle
apparenze perché riteniamo che quelle siano valide, l'importanza del denaro:
validissimo! L'importanza della società, l'importanza della figura, della
forza, della potenza, del lavoro. Apparentemente hanno un valore imponente,
valido, e noi in un primo tempo ci crediamo: l'importanza del mangiare. Poi a
poco per volta nella vita viene il dubbio, la contraddizione; ad esempio noi
non riusciamo con il denaro a risolvere il problema essenziale; allora Dio ci
mette in contraddizione. Ecco l'abbattimento degli idoli, la contraddizione
degli idoli. E ci obbliga quindi a scavare, perché allora noi rinunciamo alla
partita e allora scaviamo il vuoto dentro di noi, o altrimenti siamo
necessariamente obbligati ad approfondire. Quindi in un primo tempo abbiamo una
luce, poi sorge un’altra luce: contraddizione. La contraddizione ci obbliga
ad approfondire; approfondendo si va avanti e cosi fintanto che non si
arriva alla pace, fintanto che non si arriva alla conoscenza di Dio. E fintanto
che noi non arriviamo a quella conoscenza di Dio che Dio vuole comunicarci, Dio
ci metterà sempre in movimento, ci metterà sempre il pungolo; per cui a un
certo momento mi manda in pace fra i neri ma mi manda anche il bianco che mi crea
lo stridore; con questo ti fa capire che non sei ancora arrivato e ti
sollecita.
E cosi in tutte le cose, per cui ad un certo
momento uno sale un gradino e pensa: “Oh, finalmente sono salito su un
gradino”, ma come sono salito sul gradino c'è un pungolo che ti sollecita a
salire ancora. C'è la contraddizione, c'è il conflitto, uno si accorge che gli
manca ancora qualche cosa e non è tranquillo, quindi non c'è quella condizione
di pace.
Noi non saremo mai in pace fintanto che non
arriveremo a quella conoscenza per la quale siamo chiamati; per la quale
potremo dire: “Conosco il Signore come Lui conosce me!”. Noi siamo
chiamati a questa conoscenza, a questa intimità, a questa pace; ecco, Lui ci
sollecita, ci richiama.
Per cui non dobbiamo mica stupirci dei conflitti,
delle nebbie, delle contraddizioni, delle nostre debolezze, delle nostre
incapacità, perché è opera di Dio, è opera di Dio. Dio opera in tutte le cose
perché vuole che noi ci salviamo e giungiamo a conoscere Lui come Lui ci
conosce.
Dio ci sta dietro e ci sta dietro
personalmente; perché magari noi vorremmo essere toccati in mille altri
argomenti ma non in quello, e invece Lui ti lascia liberi tutti gli altri e ti
tocca proprio in quello. Perché ad un certo momento Lui ci fa capire che ci sta
seguendo personalmente.
Cosi il Signore ha condotto i suoi discepoli
in questa situazione qui; nel Vangelo si dice che Giovanni Battista battezzava,
sorge la problematica: quale battesimo valesse di più.
Qui per battesimo si intende purificazione, quindi
vita spirituale; quindi se valesse di più il battesimo del Cristo o quello di
Giovanni Battista.
Teniamo presente che con Giovanni Battista
abbiamo tre momenti essenziali.
Giovanni Battista, Gesù stesso lo dice: “E
tra i più grandi dei nati di donna”, quindi è la più grande figura tra
tutti i profeti e di tutto l'Antico Testamento.
Perché i figli di Dio incominciano con il
Cristo, incominciano con il Nuovo Testamento; quindi è il più grande ed essendo
il più grande è quello in cui si sintetizza tutto.
Infatti è una figura meravigliosa di
giustizia, di onestà, di umiltà.
Noi abbiamo quindi il Giovanni Battista che è
il Segnalatore, colui che non parla di sé, colui che segnala, l'Indicatore: “È
Lui” che convoglia.
Noi abbiamo visto la prima scena quando nel
battesimo, Giovanni incontra Gesù, e segnala: “Ecco l'Agnello di Dio”. I
suoi discepoli, i discepoli di Giovanni Battista, coloro che avevano l'animo
aperto alla Verità, non hanno alcuna difficoltà a seguire la segnalazione.
Se noi siamo semplici, vedendo la freccia, non
abbiamo nessuna difficoltà a seguire l'indicazione della freccia. Se
l'indicazione del valore: “Quello vale di più” non ho nessuna difficoltà
a rivolgermi a quello che vale di più.
Però, dei discepoli di Giovanni Battista non
erano tutti cosi semplici, noi abbiamo visto un Giovanni, un Pietro che sono
disponibili, i primi discepoli di Gesù; c'erano altri discepoli che oltre
all’amore alla Verità, avevano anche l'amore alla persona di Giovanni Battista,
un certo legame con Giovanni Battista, per cui trovano una certa difficoltà,
avendo visto segnalare il loro maestro: “Ecco l'Agnello di Dio”, loro
continuano a restare con Giovanni.
E restando con Giovanni, ecco che è necessaria
un’altra presentazione, da parte di Giovanni Battista, e altre occasioni per
poter segnalare Gesù.
Abbiamo visto qui la seconda segnalazione: “Io
ve l'ho detto: è necessario che Lui cresca e che io diminuisca. Lui è lo Sposo
perché lo Sposo è Colui che ha la Sposa. Io sono l'amico dello Sposo; io
gioisco nel vedere lo Sposo”; ecco quindi la seconda segnalazione.
Abbiamo poi una terza segnalazione rivolta
agli ultimi discepoli che restano con Giovanni Battista quando sarà in
prigione; allora lui dalla prigione manderà e non dirà: “Andate e interrogate”,
ma dirà: “Andate a nome mio e dite: Giovanni il Battista….”. E qui
rivela che costoro si muovevano soltanto in nome di Giovanni il Battista perché
erano soltanto legati a Giovanni Battista; e Giovanni il Battista che continua
a convogliare fino all’ultimo, fino alla vigilia della sua morte, convoglia gli
ultimi dei suoi discepoli: “Andate da Gesù e dite così: Giovanni il Battista
ci manda a chiedere: Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un
altro? E vedrete quello che Lui vi dirà”. Giovanni Battista esclude sempre
se stesso. Soltanto che sono i suoi discepoli che non vogliono escludere lui,
perché sono legati a lui. Ecco noi qui abbiamo le due componenti che sono in
ogni uomo: la componente dell’io, per cui l'uomo è questo essere strano, che da
una parte appartiene a Dio, appartiene alla Verità, ha questa fame di infinito,
di luce, di semplicità; e dall’altra parte c'è la componente dell’io che lo
lega a ciò che egli fa, al suo mondo, e gli crea questo stridore, questa
difficoltà. Per cui c'è il sogno e c'è la realtà; c'è il sogno e c'è il dovere;
per cui uno vorrebbe ma è legato da tutte queste cose e non può perché c'è la
componente dell’io. In tutte queste cose c'è la componente dell’io; tutte
questa figure qui le troviamo nel Giovanni Battista.
Ora dobbiamo dire questo: Giovanni Battista è
il massimo dei profeti, quindi è l'onestà, è l'uomo giusto verso Dio e quindi
non fa altro che convogliare continuamente a Gesù.
E all’ultimo dirà addirittura: “Andate a
nome mio e chiedete” perché gli altri non si erano mossi per altro motivo, “e
vedrete quello che Lui vi dirà”.
Tanto è difficile da parte dell’uomo questa
disponibilità verso la Verità; anche quando la Verità parla: “La luce
splende nelle tenebre”, non basta che la luce splenda nelle tenebre perché
c'è questa componente negativa dell’uomo che è legato alle sue opere.
E qui, verso il maestro, da parte dei
discepoli, c'è questo legame personale che impediva a loro questa
disponibilità.
La parola essenziale che dice qui Giovanni
Battista su questi suoi discepoli è proprio questa: “L'uomo nulla può
prendere se non ciò che gli è dato dal cielo”; ecco come noi dovremmo in
tutte le cose giudicare, tutto ciò che accade, tutto ciò che si ha, è sempre
dono di Dio.
Quindi anche nei nostri riguardi, noi dobbiamo
sempre riconoscere: tutto è dono di Dio.
L'uomo da solo non si feconda, l'uomo da solo
non può auto fecondarsi; quindi soltanto in quanto noi vediamo sempre l'opera
dell’Altro e in quanto noi ci manteniamo uniti all’Altro, l'Altro ci rende
fecondi.
E in quanto troviamo nella creatura lo Spirito
che è fecondo, c'è sempre la presenza dell’Altro (“la Sposa che è feconda”),
è lo Spirito.
Quindi se c'è l'uomo che è fecondo, (è la
pioggia che scende e che fertilizza la terra), è sempre dono di Dio perché
l'uomo da solo, la creatura da sola non si feconda.
Allora quello è necessario far crescere. Per
cui Colui che fa rinascere lo Spirito di Dio in noi, la Parola di Dio che
arriva a noi, alla quale noi ci dobbiamo afferrare per rinascere, perché si
rinasce da Dio, la creatura nuova deve crescere in noi.
E deve crescere fino alla sua dimensione
completa.
Ecco allora la creatura che si dimentica per
far crescere l'Altro; la mamma che si dimentica di sé per far crescere il
bambino.
Quindi abbiamo il tempo della concezione,
della gestazione, della nascita e quindi la dedizione a questa creatura nuova.
Ora, la creatura nuova è nata da Dio, nata
dalla Parola di Dio che arriva a noi; se ci afferriamo a questa Parola di Dio,
se ci uniamo a questa Parola di Dio, e facciamo vivere questa Parola di Dio,
questa Parola di Dio fa vivere noi.
Per cui la creatura nuova nasce in noi e fa
vivere noi nella misura in cui noi ci uniamo a questa.
Ed è necessario che questa Parola cresca in
noi: “È necessario che Lui cresca…”, ognuno di noi deve dire: “È
necessario che Lui cresca e che io diminuisca”, più noi possiamo dire ogni
giorno: “È necessario che Lui cresca e che il nostro io diminuisca …”,
che il mio io diminuisca, che il nostro mondo diminuisca, che tutti i miei interessi
diminuiscano, che Lui cresca e più noi serviamo questo e più la vera vita
cresce in noi e ad un certo momento ci troviamo completamente liberi perché se
noi potessimo sempre dire: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”,
ad un certo momento il nostro io sparisce, diventa (direi che questa è la
conclusione di tutta l'opera di Dio), tutto Pensiero di Dio perché noi siamo
creati per diventare tutto Pensiero di Dio e soltanto diventando tutto Pensiero
di Dio, diventiamo poi figli di Dio, perché il Figlio di Dio è tutto Pensiero
di Dio.
La caratteristica del Cristo è questa: Lui è
tutto Pensiero del Padre, in tutte le cose.
Perché amare vuol dire pensare a: quindi il
Figlio pensa al Padre e tutto opera per il Padre: “Affinché il mondo sappia”,
addirittura va al Calvario: “Affinché il mondo sappia che io amo il Padre”.
Infatti noi non sperimentiamo la presenza di Dio proprio in quanto noi serviamo
altri e quindi creiamo degli altri legami e quindi esperimentiamo altre
presenze.
Se noi invece, in tutte le cose ci
preoccupassimo di far crescere Dio, di far crescere la Parola di Dio, noi
sperimenteremmo la Parola di Dio perché ognuno di noi sperimenta ciò per cui
vive, ciò a cui tende. Se uno decide di andare a Torino, sperimenta la strada
di Torino; fintanto che uno non va a Torino o non fa la strada di Torino,
conoscerà per sentito dire quello che succede sulla strada di Torino, ma non
esperimenta. Noi sperimentiamo le cose soltanto in quanto ce le proponiamo,
quindi cominciamo a viverle.
Soltanto se noi ci proponiamo di vivere la
Parola di Dio, allora cominciamo ad sperimentare la Parola di Dio, quindi la
presenza di Dio; sperimentiamo quindi il Regno di Dio.
Ecco per cui noi non sperimentiamo il Regno di
Dio, quindi restiamo in tutto un altro mondo, perché non ci proponiamo di
vivere la Parola di Dio, di perseguire la Parola di Dio.
Eligio: Il Battista aveva una
conoscenza personale del Cristo come Figlio di Dio? Perché il suo discorso
sembra impersonale, non dice: “Guardate che quello è il Figlio di Dio”,
ma dice: “Andate e chiedetegli se Lui è Colui che deve venire o se dobbiamo
aspettare un altro”.
Luigi: No, questo lo dice
all’ultimo perché siano loro stessi a toccare con mano in quanto non hanno
capito la sua segnalazione. Questo: “Andate …”; lo dice agli ultimi
discepoli che sono rimasti con lui in prigione, era l'ultimo, perché lui
convoglia tutti. Ma in un primo tempo dice: “Io ho visto lo Spirito scendere
e testimonio che Costui è il Figlio di Dio”, lui lo dice. “Io ho visto
lo Spirito scendere… perché Colui che mi ha mandato nel deserto a battezzare,
mi disse: Colui sul quale tu vedrai lo Spirito scendere, questi… io ho visto e
testimonio che Costui è il Figlio di Dio”.
Nino: Noi dobbiamo sentire la
Parola del Verbo di Dio, non può essere il Battista a convincerci; solo il
Figlio di Dio parlando ci convince.
Luigi: Questo è chiaro.
Nino: È il Figlio di Dio che mi
deve dire: “Io sono il Figlio di Dio”, non basta che me lo dica un
altro.
Eligio: L'altro è il maestro per
questi discepoli, quindi è comprensibile che i discepoli fossero dubbiosi tra
due voci molto autorevoli, quella di Gesù e quella del Battista.
Nino: Anche se il Battista
avesse detto: “Quello è il Figlio di Dio”, rimane il dubbio. Se invece è
Gesù che te lo dice, ti convince.
Luigi: Si, certo, lo vedremo poi
nell’episodio successivo dei samaritani, quando alla voce della samaritana: “Io
ho visto… sarà forse?” e loro vanno e poi rispondono: “Adesso non
crediamo per quello che hai detto, ma noi stessi abbiamo udito e siamo convinti
che Lui è il Salvatore del mondo”, per esperienza personale. Però teniamo
sempre presente che noi possiamo scoprire fuori di noi, attorno a noi soltanto
una cosa che già abbiamo messo sull’altare dentro di noi. Fintanto che noi,
dentro di noi, non mettiamo prima di tutto Dio, se avessimo tutti Giovanni
Battista che ci segnalassero il Figlio di Dio, noi non lo vediamo, non lo
seguiamo, non capiamo.
Perché noi capiamo soltanto tutto in funzione
di quello che abbiamo dentro.
Eligio: Dobbiamo operare noi
questa giustizia essenziale di porre Dio al centro della nostra vita..
Luigi: Si, questo è il battesimo
del Battista; infatti il Battista è venuto per preparare all’incontro. E cosa
faceva per preparare all’incontro? Questa giustizia essenziale, infatti diceva:
“Razza di vipere! La scure è ormai alle radici dell’albero. Fate frutti di
penitenza”. Questi frutti di penitenza sono: “Riconoscete Dio come vero
Dio!”, “Mettete Dio al centro!”, “Cercate prima di tutto il Regno di Dio!”.
Ora, se l'uomo non si convince, e non
riconosce che Dio deve essere il centro della nostra vita; e se non si convince
a spostare il suo io dal centro di riferimento dei suoi pensieri, delle sue
scelte, dei suoi ragionamenti, dei suoi giudizi, e a mettere Dio, perché
veramente Dio è al centro e nessuno di noi è Dio, fintanto che l'uomo questo
non lo fa e solo lui personalmente lo può fare.
Tutti gli altri ci ammoniscono, tutte le
creature ci ammoniscono, gli avvenimenti, i tempi ci ammoniscono, la morte ci ammonisce:
“Tu non sei Dio” e tutte le cose ci dicono: “Tu non sei Dio”. Ma
fintanto che noi personalmente non mettiamo Dio al centro della nostra vita,
noi ci mettiamo nella impossibilità perché non abbiamo accettato il battesimo
del Battista.
Questo battesimo che è condizione
preliminare per poter individuare il Cristo.
Perché Giovanni Battista venne come araldo,
come preparatore, come battistrada; quindi in quanto è venuto a preparare, qual
è la funzione? È proprio questa!
E siccome la funzione è proprio questa
giustizia essenziale da fare per poter individuare fuori, quindi soltanto in
quanto noi accettiamo questo e poi accettando questa giustizia essenziale,
riferendo a Dio, si forma poi il bisogno di vivere secondo questa Verità di cui
siamo convinti, ecco che allora si forma in noi il bisogno del Cristo, la fame;
la fame ci fa poi individuare il pane; ma soltanto quando uno ha fame!
Ma io non ho fame di Dio fintanto che non mi
metto Dio al centro.
Perché anche se io fossi tormentato
continuamente dalle fami di Dio, io attribuirei questa fame a tanti altri
argomenti, agli uomini, all’ingiustizia, alla società, la chiamerei con altri
nomi, ma non certamente con il nome di Dio, quindi non sentirei il bisogno del
Cristo.
Per cui il Cristo non mi parlerebbe secondo
quello che è il mio bisogno essenziale; per cui io leggo il Vangelo e penso: “Ma
io ho bisogno di altro!”, non risponde alla mia fame.
Soltanto in quanto noi ci siamo convinti e
abbiamo messo Dio al centro della nostra vita, quindi si è formata in noi
questa fame, allora questa fame ci fa individuare il pane.
Per questo i discepoli dicono: “Ah, abbiamo
trovato quello di cui noi avevamo bisogno”. Ma come hanno fatto a dire: “Abbiamo
trovato quello di cui avevamo bisogno”? Se questo bisogno non lo portavano
dentro? Ora, Giovanni Battista forma questo, che è poi il compito di tutto
l'Antico Testamento; per cui noi al centro di tutto l'Antico Testamento,
abbiamo la rivelazione di Dio a Mosé: “Io sono Colui che è”, “Io sono
l'Essere”.
Quindi dicendo “Essere”, (ricordiamo
che il popolo ebreo non osava dire il nome di Dio, non osava!), esclude che
tutti noi siamo esseri.
Lui solo è l'Essere; per cui noi viviamo solo
per partecipazione, noi siamo dei tralci, ma la vita è una sola, per cui il
Vivente è Uno; noi viviamo solo in quanto partecipiamo.
Allora se uno dice: “Io sono il vivente”;
io non posso più dirmi vivo, tu non puoi più dirti vivo, l'altro non può più
dirsi vivo.
Ora al centro di tutto l'Antico Testamento
c'è questa Verità che ti cala, che dice: “Io sono Colui che è”; quindi
tutte le creature non sono tali, quindi ognuno di noi deve riconoscere questa
Verità: Dio è l'Altro, Dio deve essere il centro.
Quindi tutte le volte che io metto il mio io
al centro dei miei pensieri, dei miei ragionamenti, delle mie scelte, della mia
vita, io faccio una ingiustizia essenziale verso questa Verità
essenziale.
E questo mi impedisce di aprirmi al Cristo.
Cristo lo dice chiaro: “Nessuno viene a Me
se non è attratto dal Padre”, quindi se il Padre non lo attira; quindi se
questa Verità essenziale del Dio che abita in noi non ci attira, noi non
possiamo andare al Cristo, o se andiamo, andiamo male, per altri motivi.
E allora noi ci crediamo cristiani ma non
conosciamo affatto il Cristo; magari andiamo in chiesa tutti i giorni ma non
conosciamo il Cristo e adoriamo il Cristo e ci professiamo cattolici, e tutto
questo facciamo perché non conosciamo il Cristo.
Se Lo conoscessimo magari scapperemmo
lontanissimo dal Cristo, perché non abbiamo la fame essenziale, non c'è questa
giustizia qui.
Eligio: Scusa però facendo questo
atto di giustizia essenziale, cioè ponendo Dio al centro della nostra vita, non
stabiliamo ancora un rapporto personale, è ancora sempre un rapporto esterno …
Nino: Ti forma il desiderio di
conoscere Dio, ma Dio lo devi ancora conoscere …
Eligio: Manca ancora il
collegamento col mezzo che ti porta ad un rapporto personale, quindi non basta
la giustizia essenziale…
Luigi: È la premessa, è
essenziale. Ti ricordi quando abbiamo parlato di questo? Questa ti crea il
sogno, ma la realtà è un’altra. Avendo posto questo dici: “Come
sarebbe bello se… se tutti vivessero cosi, se tutti vivessero secondo Dio! Però
io ho la moglie, io ho la famiglia, il mondo che ci obbliga a fare tutt’altro”,
abbiamo questo enorme divario tra quello che contempliamo nel nostro cielo,
avendo messo Dio al centro. Per cui uno, avendo messo Dio al centro,
contempla la vita come dovrebbe essere secondo Dio, come dovremmo comportarci e
poi la realtà è un’altra!
Ora, siccome noi siamo figli di questa realtà
perché la presenza fisica, materiale, ci opprime, per cui ad un certo momento
prendi mal di pancia, e il mal di pancia, ti obbliga a correre dal medico, a
prendere le medicine e non c'è niente da fare, ci sono questi problemi che si
impongono, c'è una realtà che pesa su di noi.
È li che si forma il bisogno di incontrare Uno
che ci salvi.
Per cui San Paolo dice: “Ma io conosco
quello che devo fare, come mai? Conosco il bene e poi faccio il male!”.
Ecco il bisogno del Cristo che ci liberi da una realtà che ci ossessiona, da
una realtà in cui noi già per le opere precedenti, prima di aver fatto questa giustizia,
siamo immersi, abbiamo creato dei legami, per cui noi non riusciamo più a
liberarci.
Per cui noi abbiamo bisogno di trovare
un’altra Realtà nella nostra realtà: ecco l'incarnazione.
Abbiamo bisogno in una Presenza fisica tra
tutte le presenze fisiche, perché noi siamo schiavi di queste presenze fisiche.
Una Presenza fisica però che sia Dio, che
coincida con quello che è il sogno.
Per cui uno avendo il sogno, avendo dentro
l'amore, dice: “Ah, ma era questo che io sognavo!”.
Eligio: Questo il Battista l'aveva
capito chiaramente, aveva avuto la rivelazione durante il battesimo, che Cristo
era il Figlio di Dio …
Luigi: Aveva capito che era il
Salvatore. Ad un certo momento ha avuta un’illuminazione per cui ha capito
come Dio opera per salvare gli uomini, cioè abbassandosi, sottomettendosi.
Vedendo il Figlio di Dio che si sottometteva
al suo battesimo, in quel momento ha quella luce per cui ha visto come Dio
opera; opera prendendo su di Sé le nostre colpe.
È attraverso questo che Dio opera questa
salvezza, che è poi sintetizzata nell’arrivo del Cristo.
Per cui il Cristo è una realtà tra noi come
sono tutte le altre realtà che ci portano via; però è una realtà in cui parla a
noi Dio.
Perché noi facciamo sempre delle scelte in
tutto un mondo di realtà; che cos’è che ci guida a scegliere questo piuttosto
che quell’altro? Che cos’è che mi guida a seguire un maestro piuttosto che
quell’altro? Ad andare a una scuola piuttosto che ad un'altra? Seguire una
scienza piuttosto che un’altra? Perché ci sono degli interessi personali.
Che cos’è che ad un certo momento mi porta a
scegliere il Cristo, anziché altri? Un interesse personale.
Per cui scopro che quello che mi dice Lui, non
c'è nessun altro che me lo possa dire; quello che mi dà Lui non c'è nessun
altro che me lo possa dare; c'è una singolarità in Cristo che lo distingue da
tutti gli altri uomini: “Nessun uomo ha mai parlato come Te!”
Ad un certo momento Gesù dice: “Volete
andarvene anche voi?”, “Da chi andremo?”.
Ora, avendo sperimentato, “Da chi potremo
andare? Nessun uomo parla come Te”: ecco la singolarità.
Per questo diciamo che il Cristo è al centro
di tutto l'universo, è il vertice, è al centro della storia, è il punto di fuga
attraverso il quale tutta la nostra materialità entra nell’eternità, è il ponte,
è il passaggio.
Eligio: Scusa, quando prima hai
accennato che ogni realtà e voluta da Dio per noi, che cosa c'è in queste
realtà che ci portano via e che non dovrebbero portarci via anzi che dovrebbero
orientarci al Cristo?
Luigi: La componente del nostro
io.
Eligio: Quindi qualunque realtà,
il Cristo stesso potrebbe essere una realtà che ci allontana da Dio.
Luigi: Anche il Cristo stesso,
tutto, tutto … invece se noi abbiamo Dio al centro della nostra vita, ad un
certo momento non c'è più niente che devia, anche le bestemmie,
niente…tutto è opera di Dio, tutto è fatto bene. Per cui più noi siamo con Dio,
e tutto coopera per mantenerci uniti a Dio, tutto diventa significazione di
Dio, tutto diventa un canto di Dio, tutto è bene per coloro che sono orientati
a Dio.
Se noi invece non siamo orientati a Dio, tutto
diventa motivo di rovina, di allontanamento per cui noi ci sentiamo
giustificati: “Perché io non posso, perché io qui, io là; se quello là fosse
nei pasticci come sono io”, e non ci accorgiamo che questi sono tutti
risvolti del nostro io che ci portano sempre più giù.
Eligio: Quindi non ci sono realtà
che ci allontanano da Dio ma ci sono proiezioni del nostro io in realtà
oggettivamente buone..
Luigi: Per cui ad un certo
momento noi scopriremo tutto il nostro errore; all’ultimo, pur nella nostra
fuga da Dio, ci troveremo a tu per tu con Dio.
E a tu per tu con Dio noi capiremo che abbiamo
sbagliato tutto perché abbiamo capovolto tutti i valori in un pensiero
sbagliato.
Per cui tutto quello che era opera di Dio per
salvarci, tutto quello che esiste e tutto quello che accade, è tutto opera di
Dio, quindi è tutta cosa buona, noi lo vedevamo tutto come dannoso, perché
c'era in noi qualche cosa che capovolgeva i valori.
Eligio: E in questa fuga da tutto
quello che Dio ci ha fatto accadere, e che avrà come conclusione la nostra
presenza davanti a Dio in cui noi vedremo il nostro peccato, non è implicito il
giudizio da parte di Dio su di noi?
Luigi: Si, ma tu capisci che il
giudizio sta in questo: che noi vedremo Dio e tutta la sua opera come tutta
un’opera d’amore per salvarci e noi che non abbiamo capito niente. È li la
tragedia! “Perché davanti a Lui piangeranno tutte le genti”, perché
scopriremo che tutto quello che Lui aveva fatto, non l'aveva fatto per
allontanarci, per giudicarci, per punirci, ma era tutta un’opera d’amore e noi
non abbiamo capito mai niente.
Siamo noi stessi che non sopportiamo questa
grandezza d’amore, resteremo confusi di fronte a questa meraviglia e diremo: “Guarda,
io non ho mai capito niente!” e la colpa è stata mia. Perché se Dio fosse
stato severo, quindi la colpa è stata sua perché mi ha allontanato; invece non
possiamo dire questo davanti a Lui. Scopriremo questo! Infatti Lui dice: “Il
giudizio sta li: che la luce è venuta ma gli uomini hanno preferito le tenebre”.
Ecco il giudizio, perché l'uomo è già giudicato, nelle scelte dentro. Perché io
quando scelgo il mio io e non scelgo Dio, già mi sono giudicato, io stesso ho
rifiutato. “Mi hanno rifiutato senza conoscermi”. Noi rifiutiamo la
Verità, rifiutiamo Dio senza conoscerlo perché se lo conoscessimo, non faremo a
meno di amarlo.
Nino: D’altronde è già un segno
quando tu agisci così, la sofferenza c'è già nel momento che hai sbagliato a
scegliere.
Luigi: Non c'è la pace.
Eligio: È già un segno che sei
fuori strada.
Luigi: C'è la sofferenza, che è
penitenza, perché noi siamo figli delle nostre opere, in quanto noi dobbiamo
staccarci, reagire, perché siamo portati a seguire quello che abbiamo detto,
quello che abbiamo fatto, e qui è la penitenza; è il prezzo della conversione.
Nino: Ogni volta che tu fai una
scelta per Dio rinunciando a qualche cosa, sperimenti la soddisfazione, non la
sofferenza.
Luigi: Certo, tu pensa al
conflitto con tutto il mondo, il non essere approvato da nessuno, quella è
serenità, perché se tu avessi tutti che ti approvassero, “Fai bene!”…
Nino: Tu vedi che quando sei
fermo a quell’idea è proprio perché non sei arrivato.
Luigi: Però come dico, la
serenità, la pace, la luce è interiore, mentre tu hai il conflitto. Infatti il
Signore dice: “Vi porteranno davanti ai tribunali” e tutto il mondo è un
tribunale, ogni giorno è un tribunale.
Nino: Tutti quelli che fanno
degli atti eroici …
Luigi: L'opera è tutta di Dio e
il compenso interiore è infinitamente superiore perché ti convince, infatti il
Signore dice che: “Il Padre è più forte di tutti e che nessuno li potrà
portare via” perché la luce è interiore. Tu capisci che se uno è convinto
della Verità, ma non c'è nessuna forza al mondo che ci può portare via a questa
convinzione. È soltanto quando uno è debole che resta incerto; poi quando su di
noi pesano le opere…
Teniamo presente che noi siamo chiamati a
diventare figli di Dio, noi diventiamo figli di quello che facciamo, figli delle
nostre opere, queste opere qui pesano terribilmente. Quando io tocco e questa
cosa è mia, se un altro me la prende, io mi sento toccato terribilmente;
fintanto che io non ho toccato la cosa, non me ne importa che qualcuno altro la
tocchi, o la porti via, ma in quanto l'ho sposata al mio io, li è il giogo.
Ora, fintanto che noi non riusciamo a
vedere che tutte le cose sono di Dio, e che per quanto noi tocchiamo, non
tocchiamo niente con il nostro io, perché è tutto dono di Dio, riceviamo tutto
da Dio, allora noi siamo perfettamente liberi in tutte le cose.
Per cui il Signore dice: “Se uno vuol
prenderti la giacca, ma dagli anche il soprabito”; ecco, c'è questa libertà
immensa. Ma questa libertà si realizza non per gioco di virtù:
“Io voglio essere generoso”, no, in quanto c'è questa sovrabbondanza
della luce di Dio, della Presenza di Dio. Ora, sapendo che tutto è dono
di Dio, è dono di Dio anche colui che ti vuole portare via la giacca, mi
spiego? È dono di Dio; lo vedi come dono di Dio, come una mano di Dio per
liberarti, e lo vedi come un soprappiù. Non lo vedi più come un conflitto con
il fratello, lo vedi come opera di Dio. Ora, vedendo tutto come opera di Dio,
quando uno si trova in conflitto con un fratello, non è che uno debba
esercitarci sulla virtù per cercare di vincere! Deve approfondire di più,
perché evidentemente il livello di approfondimento della Presenza, della
conoscenza di Dio è difettoso, per cui il Signore mi fa toccare con mano la mia
incapacità.
È Dio che chiama e che mi dice: “Conoscimi
di più, non mi conosci abbastanza; non mi hai conosciuto abbastanza per cui io
ti ho fatto toccare con mano che di fronte a questo problema tu non vedi la mia
presenza, non vedi il mio volto e quindi perdi la pace”. Sono barometri,
sono termometri da parte di Dio che ci sollecita a camminare mettendoci di
fronte la nostra incapacità a sopportare a portare il peso e ci dice: “Sali
più su”; è grazia di Dio. Poi magari ci sentiamo offesi, umiliati, invece
noi dovremmo vedere l'amore di Dio: “Guarda Dio come mi chiama, mi sollecita
ad approfondire di più, a non perdere del tempo, a chiudermi maggiormente nel
silenzio con Lui in modo da conoscerLo di più”.
Cina: Siamo chiamati alla
conoscenza di Dio come Lui conosce noi. Ho capito bene?
Luigi: Ha capito perfettamente. E
la nostra pace sta li. Li sta la nostra pace: Dio ci chiama a conoscerLo come
Lui conosce noi. Infatti Gesù stesso dice che: “Il Padre gli fa conoscere
tutto”. Comunque bisogna tenere presente la meta per sapere a cosa dobbiamo
tendere.
Eligio: Sono quegli inviti che
sanno di paradossale. Come “Siate perfetti come il Padre vostro…”.
Luigi: Si noi siamo chiamati a
diventare tutto pensiero di Dio, anche li è la meta; è quello che unisce. Cina,
noi non possiamo restare uniti a quello che noi non conosciamo; facciamo
sforzi di volontà, sforzi di memoria, poi ad un certo momento quello che noi
non comprendiamo, quello che noi non conosciamo non possiamo mantenerlo unito.
Quindi è soltanto nella tanta conoscenza
che noi possiamo restare tanto uniti; più noi conosciamo più restiamo uniti.
La fede è già un principio di conoscenza, è un
principio di unione. Però la fede non deve essere a parole: “Io credo”,
la vera fede è desiderio di vedere il Suo volto.
Se la mia fede non mi fa desiderare di vedere
il volto di Dio, la mia fede è fasulla, è una recitazione di fede; io recito la
mia fede per altri motivi: la vera fede è desiderio.
Infatti la fede deve essere unita alla
speranza, perché?
Perché deve essere desiderio di vedere il
volto di Dio e avere la speranza di giungere. Perché se io dico di aver fede ma
non arriverò mai, io non mi impegno. Invece no!
La speranza è Dio che me la dà. Dio mi chiama
e se Dio mi chiama, Dio mi fa vedere la via e Dio mi dà la grazia e la forza
per arrivare fino là perché “Nulla presso di Lui è impossibile”, dice
l'Angelo.
Nino: Non puoi credere se non
cominci a vedere Dio in tutto quello che ti capita…
Luigi: La base, il punto
fondamentale di tutto è sempre questo: tutto è opera di Dio. Se noi non siamo
convinti che tutto è opera di Dio, non cominciamo nessun cammino; perché questo
è l'elemento fondamentale: dobbiamo convincerci che Dio opera in tutto.
Nino: Mi ricordo quella volta
che chiedevi ad ognuno di noi: “Tu sei convinto che Dio è il Creatore di
tutto?”. Poi ripensandoci più tardi, si, dicevamo che eravamo convinti ma
era forse più il desiderio di arrivare ad essere convinti che la vera
convinzione.
Luigi: Certo; tu sei convinto che
tutto è opera di Dio?
Nino: Si.
Luigi: Tu Angelo sei convinto che
tutto è opera di Dio?
Angelo: Si, anche se qualche
volta…
Luigi: Si, ma sei convinto che
Dio opera in tutto? Tu Eligio?
Eligio: Si, malgrado le quotidiane
cadute…
Luigi: Lei signora è convinta che
tutto è opera di Dio? Cina, convinta che tutto è opera di Dio? Pinuccia
convinta?
Pinuccia: Spero di sì …
Nino: Io ho un macchina vecchia;
l'ho portata dal meccanico e gli ho chiesto:
“Dopo aver fatto quel lavoro funzionerà?”; e il meccanico mi risponde:
“Garantisco che va ancora per duecentomila chilometri”. Io gli dico:
“Se io la curassi, non garantirei che lei vivrebbe ancora per duecentomila
anni” e lui:
“Ah, no! Perché la mia vita dipende da Dio ma la macchina dipende dagli
uomini”.
Io invece gli ho detto che la macchina dipende
da Dio come dipende da Dio la nostra vita. Ha accettato i limiti del medico ma
non quelli del meccanico.
Luigi: È tutt’altro che facile
credere che tutto dipende da Dio. Ricordo che venticinque, trent’anni fa, nel
1948, si parlava in una riunione che tutto è voluto da Dio. Una persona non
ammetteva che Dio è il Creatore di tutto perché diceva che l'uomo ha la sua
libertà. Questi incontri si tenevano nel seminario e ad un certo momento lui
dice: “Ma allora io non sono libero di accendere un fiammifero?”; prende
una scatola di fiammiferi, ne accende uno e lo butta per terra e dice: “Questa
azione qui è determinata da Dio?”. Ed era proprio determinata da Dio nel
modo più spaccato perché era proprio per il problema di Dio che lui aveva
acceso il fiammifero. Invece lui ha acceso il fiammifero per dimostrare che era
talmente libero da accenderlo o da non accenderlo per cui non poteva essere
determinata da Dio quell’azione. E invece era proprio apertamente palese che
era determinata da Dio perché se non fosse stato per il motivo di Dio non
avrebbe fatto quell’azione. Ma era proprio spaccata la cosa che era proprio per
Dio che aveva acceso il fiammifero perché era proprio per dimostrare che era
libero nei riguardi di Dio.
Dio è sempre l'elemento determinante di tutto
ed essendo Lui l'elemento determinante di tutto, noi dobbiamo realizzare
consapevolmente: “Non avrai altro Dio al di fuori di Me” cioè non avrai
altro motivo di vita oltre a Me. Dio è motivo di vita, perché Lui è il Vivente
quindi “Non avrai altro Dio al di fuori di Me”, non avrai altro motivo di
vita che Me.
Nino: Direi che è una concetto
scarsamente accettato..
Luigi: Si perché l'apparenza
inganna.
Nino: Si sente sempre dire che
Dio è nelle grandi cose, ma nelle piccole cose non si disturba.
Luigi: Si perché sembra una illogicità,
sembra assurdo che..
Nino: Quel libro che mi hanno
regalato: “La preghiera che guarisce”, dice proprio quello: …noi
certe volte diciamo: “Non devo importunare il Signore per queste piccole cose.
Il Signore è senza limiti, non è che io gli tolga qualcosa. Posso importunarlo
anche per le più piccole cose, anzi lo devo importunare per le più piccole cose
perché devo abituarmi a pensare che c'è in tutte le cose anche nelle più
stupide di questo mondo..”
Luigi: Certo; agli occhi nostri
una cosa è grande e un’altra cosa è piccola, ma agli occhi di Dio no! Perché Dio
le cose le carica di significato. Una cosa minima, magari ha tanto
significato..
Nino: In quel libro dice che
dobbiamo abituarci a chiedere sempre a Dio. D’altra parte è Dio stesso che dice
di non stancarci mai di chiedere…
Luigi: Si, adesso li ci sarebbe
da fare un lungo discorso sul “chiedere”. Non dobbiamo chiedere perché
non dobbiamo strumentalizzare, cioè dobbiamo chiedere di conoscere Lui;
l'essenziale è tutto un problema di conoscenza.
Si, dobbiamo cercare il suo pensiero, la sua
volontà, la sua intenzione, dobbiamo conoscerlo. Lui deve essere il tuo motivo,
noi non dobbiamo accontentarci di avere altri motivi, dobbiamo cercare il suo
motivo.
Per cui chi ama la luce, arriva alla Verità
perché cerca, non si accontenta di altri motivi, e cerca sempre le sue ragioni
presso Dio.
“Il Figlio di Dio non fa niente se non lo vede fare dal Padre” e non può fare
niente se non lo vede fare dal Padre; per cui non si lascia muovere da niente.
Non è che prima faccia un’azione e poi dopo
cerca presso Dio di giustificarla, questo è sbagliato!
Deve muoversi, deve essere mosso da Dio;
allora cerca la volontà di Dio, cerca di conoscere la volontà di Dio per poter
fare la volontà di Dio.
Cerca l'intenzione di Dio per poter vivere
secondo Dio.
Luigi: Giovanni hai qualcosa da
dire?
Giovanni: Le opere fatte da noi non
possiamo confermarle…
Luigi: Non sono giustificate …
Giovanni: Non sono positive; ma
viste nel pensiero di Dio io posso anche confermare una cosa positiva…
Luigi: Tu capisci però che la
cosa, per essere giustificata, non è che tu la possa aggiungere come
intenzione, tu la devi vedere procedere da Dio; è conseguente di Dio perché
altrimenti fai una giustificazione fasulla. Il Signore poi li è chiarissimo: “I
miei pensieri non sono i vostri, la mia volontà non è la vostra”, quindi
non dobbiamo mai confondere le nostre scelte con le scelte di Dio, mai!
Nino: E qualche volta, se noi
non ci accorgiamo di aver scelto una cosa secondo Dio, e poi cerchiamo di
capire se abbiamo fatto bene, ci accorgiamo che l'abbiamo fatta bene se avevamo
Dio dentro.
Luigi: Però guarda che Dio ci
chiede continuamente la consapevolezza, perché noi possiamo anche
abbandonarci a delle abitudini, non dobbiamo mai crederci troppo sicuri.
Eligio: Ci chiede sempre un
rapporto cosciente.
Nino: Si, ma lui adesso parlava
di capire sempre se una cosa è giusta o no.
Luigi: Dio chiede sempre il
superamento di noi stessi; Dio è sempre trascendente, non si identifica mai con
la creatura, quindi non si identifica mai con i tuoi pensieri, con la tua
volontà, con il tuo modo di agire, con le tue abitudini, con le tue regole: c'è
sempre quella trascendenza. E la vita sta li; la bellezza della vita della
creatura sta li! Dio ti costringe sempre a pensare, ad essere intelligente,
a cercare presso di Lui, a non vivere di abitudine.
Noi invece siamo portati a sederci, a
pianificare gli incontri.
“Cercate sempre il Pensiero di Dio”, “Restate sempre davanti al mio volto”; Pinuccia c'è
qualcosa?
Pinuccia: Non riesco a cogliere
l'idea centrale di stasera.
Luigi: Sentiamo Nino: lei dice che non riesce a cogliere l'idea
centrale di stasera.
Pinuccia: Ci sono tante idee, ma vorrei
sintetizzale in un’idea centrale.
Luigi: Si, è vero. L'idea
centrale è questa: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”.
Il proposito mio era di approfondire questo versetto: “È necessario che Lui
cresca e che io diminuisca”. Cioè era quel supplemento al discorso a
Nicodemo che Gesù voleva fare con i suoi discepoli: “È necessario che Lui
cresca e che io diminuisca” e che glielo fa fare da Giovanni il Battista. Con
Nicodemo ha trattato della nascita, qui tratta della crescita, di questa crescita
di vita.
Direi che il pensiero essenziale sta li,
perché gli altri argomenti sono ripetuti; anche l'argomento che l'uomo non può
ricevere niente se non gli è stato dato da Dio, sono argomenti che sono stati
già affrontati, che tutto è opera di Dio. Qui abbiamo un pensiero nuovo, quello
della crescita. Quindi bisogna nascere, e per rinascere bisogna avere tutto un
pensiero di pulizia; bisogna rinascere da Dio, dalla Parola di Dio. Bisogna
ricominciare da li, una vita nuova.
Poi questa Parola bisogna farla crescere,
svilupparla; non soltanto ricordarla, non basta ricordarla, bisogna farla
crescere.
Ad un certo momento deve diventare tutta vita.
Nino: Noi abbiamo tanta
difficoltà ad accettare la figura del Battista, ma il Battista ce l'abbiamo
davanti (Luigi) perché tu ci stai dicendo la Verità…
Luigi: Siamo tutti il Battista…
Nino: Si, ma noi non siamo
ancora arrivati alla Verità; noi arriveremo alla Verità, nel momento in cui
avremo creduto a te..
Luigi: Certo …
Nino: Ma nel momento in cui noi
saremo riusciti per mezzo tuo, ad agganciarci là, e a ricevere l'insegnamento
da Gesù.
Luigi: Certo. Stai attento che ci
sono tre registratori…
Eligio: È bellissimo il concetto
della nascita di Nicodemo, della crescita… è un collegamento splendido ...
Luigi: Si, perché ho detto prima
che sono tutte tappe, anche se sono segni diversi o con altri personaggi, però
abbiamo una tappa unitaria in un cammino crescente…
Eligio: La condizione del crescere
è la diminuzione dell’io.
Luigi: Si.
Eligio: La diminuzione dell’uomo
vecchio..
Luigi: Si, “È necessario che
Lui cresca e che io diminuisca”.
Dopo queste cose Gesù andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi
e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era
là molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare. Giovanni infatti
non era ancora stato mandato in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque
una discussione con un giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da
Giovanni gli dissero: “Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al
quale tu hai reso testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui. Giovanni rispose: “Nessuno può prendere
qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che
io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui. Chi ha
la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo che gli sta vicino e lo ascolta, è
pieno di gioia per la voce dello sposo. Questa è la mia gioia, ed è piena, bisogna
che Egli cresca e che io diminuisca”. Gv 3 Vs 22/30
Secondo tema
Titolo: Crescere e diminuire.
Argomenti: Fare la Verità è
andare in profondità – Cercare la Luce fa figli della Luce – Essere mossi dalla
Verità – La ricerca è attrazione – Muoversi spiritualmente – La Parola giunge
ovunque e ci convoca a Dio – Partire è lasciare – La penitenza – Il male è trascurare
la proposta di Dio – Il positivo è opera di Dio – La pretesa del miracolo – Vivere è crescere – La vera vita è far
crescere Dio – La soddisfazzione dell’io – Il centro della sapienza terrena: Giovanni
Battista – La convinzione di far diminuire l’io facendo crescere Dio in noi – Budda – L’uomo è desiderio – L’amore fa crescere
l’altro -
27/Marzo/1977
Luigi: Noi adesso, una volta al
mese, facciamo i riassunti degli argomenti svolti nel mese.
Pinuccia: In queste ultime quattro
domeniche abbiamo riflettuto sul capitolo terzo di San Giovanni dal versetto 18
al 30.
La domenica del 27 febbraio ci siamo fermati
sul versetto 18: “Chi crede in Lui non è giudicato; ma chi non crede è già
giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio unico di Dio”. Questa è
la conferma del versetto precedente: “Dio non ha mandato nel mondo il suo
Figlio per giudicarci ma per salvarci”. Si parla qui di salvezza perché
siamo in una situazione di pericolo e di rischio di fallire, di non rinascere,
di abortire. Dato che il nostro destino è quello di diventare figli di Dio,
cioè tutto pensiero di Dio, la nostra vita principale deve essere il pensiero e
l'azione solo un soprappiù, un’espressione di sovrabbondanza. Il nostro
lavoro essenziale allora è quello di diventare tutto pensiero che raccoglie
tutto in Dio. Questo è l'essenza della preghiera, è quella la vita
essenziale, poiché siamo chiamati a diventare una sola cosa con il Verbo di
Dio, a diventare tutto pensiero di Dio. Corriamo però il rischio di
disperdere il nostro pensiero dietro alle cose del mondo e questo avviene
quando non crediamo in Dio, quando cioè non lo facciamo centro della nostra
attenzione, perché abbiamo messo il pensiero del nostro io al centro del nostro
vivere. E questo è il vero peccato mortale perché ci conduce alla morte:
ecco il rischio in cui ci troviamo. Allora il Figlio di Dio giunge a noi
per chiamarci a questa vita essenziale e rendercela possibile “Affinché
chiunque crede in Lui non perisca”. Il Figlio di Dio è Colui che ci propone
Dio come ricerca prima di tutto; proprio perché è Figlio del Padre, parla a noi
del Padre. Se noi crediamo in Dio, aderiamo alla proposta del Figlio e lo
seguiamo, se no siamo già giudicati perché rimaniamo schiavi di tutto, dispersi
e in balia di tutto. Lui viene appunto per liberarci, per raccoglierci, ma solo
se crediamo in Dio, aiutandoci e rendendoci possibile la vita secondo Dio che
già desideriamo ma non riusciamo a realizzare. Ci aiuta nella misura in cui
restiamo nelle sue parole, cioè le capiamo: “Se resterete nelle mie parole,
conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi”. Ce lo promette, ci
convince e ce lo rende possibile; perché Gesù non è solo la Verità, ma è anche
la strada, cioè quel tratto che ci congiunge la situazione in cui ci troviamo,
qualunque essa sia, con la meta, il Padre.
Congiungerci alla meta, vuol dire renderci
possibile arrivare, indicandoci passo per passo che cosa dobbiamo fare; non c'è
un tratto di strada interrotto, è questa la salvezza che il Verbo di Dio ci
porta, congiungerci alla meta. Se invece non crediamo in Lui, siamo già
giudicati perché riconosciamo la situazione di morte in cui ci troviamo già.
Credere vuol dire aderire ad una proposta; camminare dietro a chi mi offre la
possibilità di uscire dalla situazione in cui mi trovo.
“Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome del Figlio
unico di Dio”. Il Figlio unico di Dio è il Pensiero di Dio, e ci
propone di pensare a Dio, di occuparci di Dio prima di tutto perché la nostra
vita è lì. Se noi non crediamo nelle sue parole, significa che già non abbiamo
Dio nel nostro cuore, abbiamo altri padri; il peccato nostro è già li perché
non abbiamo creduto nel nome del Figlio unico.
Il nome è il centro della sua vita, il suo
amore principale, il Padre; cioè non abbiamo fatto in noi la giustizia
essenziale, quindi siamo già staccati, già giudicati perché non siamo orientati
a Dio, ma disorientati, perché riferiamo le cose a noi e concludiamo nella
morte.
Siamo già giudicati perché se noi non
accettiamo la parola di Dio, e in ogni cosa, in ogni avvenimento c'è il Verbo
di Dio, non è che noi rifiutiamo la Parola di Dio, ma Dio stesso che l'ha
mandata; rifiutiamo cioè l'argomento di Dio, poiché ogni parola di Dio che
giunge a noi, ci propone Dio, ci sollecita a pensare a Dio prima di tutto, ci
impegna nel pensiero. Se accettiamo la parola di Dio che giunge a noi, cioè se
siamo disponibili per Dio, diventiamo degni di ricevere ciò che desideriamo.
Nei momenti difficili, mai staccarci da Gesù che è la strada; Gesù ha sempre per
me una parola che mi unisce alla meta, mi raccoglie, mi dà un appiglio a cui
afferrarmi. Si arriva alla meta ascoltando le sue parole, non per sforzo nostro
di pensiero o di immaginazione.
La partecipazione che ci è chiesta è
l'ascolto, è Lui che ci conduce e può farlo, perché pur scendendo al nostro
livello, resta in cielo, non si lascia strumentalizzare da noi, non ci
appartiene; resta nel seno del Padre, per portarci in cielo, per liberarci
dalle nostre schiavitù, per questo se non crediamo in Lui siamo già giudicati,
condannati in questa schiavitù.
Anche se manchiamo, mai dubitare della sua
pazienza infinita, Lui essendo strada, ci collega sempre. Tutte le parole di
Dio, avvenimenti, ecc., giungono a noi per salvarci, perché Dio vuole salvare
tutti, e non giungono mai per giudicarci, punirci.
Se rifiutiamo, siamo già giudicati perché
abbiamo preferito l'io a Dio, ci scopriamo nudi, cioè non giustificati, perché
la nostra vita non è secondo Dio ma è incentrata sull’io.
Credere nelle parole di Dio vuol dire
impegnarci nel suo pensiero, tutto ciò che ci arriva è per aiutarci a mantenere
il pensiero rivolto a Lui, “Con la pazienza guadagnerete le anime vostre”.
La domenica seguente, il 6 marzo, ci siamo
fermati sul versetto 19: “E il giudizio è questo, la luce è venuta nel
mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere
erano malvagie”. È una conseguenza del versetto precedente: “Chi non
crede è già giudicato”. Si parla di salvezza in quanto c'è una situazione
di rischio: la chiusura nell’io. La Verità per essere conosciuta, richiede il
superamento dell’io, per cui tutta l'opera di Dio è per smuoverci dall’io e
portarci a conoscere Lui. Dio non opera per farci conoscere noi stessi, gli
uomini, ecc., ma per farci conoscere Lui, perché è Lui la vita.
Ecco perché il Signore non vuole che
giudichiamo né noi stessi, né gli altri, perché Lui non opera per giudicare, ma
per salvare, e ogni avvenimento va inteso in Lui. Chi giudica, si ferma alle
creature. Il giudizio è sempre una classificazione, una definizione, un
rapporto, una misura relativa ad un termine fisso; Dio non opera per
giudicarci, per definirci, ma per salvarci, cioè per cambiarci; così pure
dobbiamo operare noi. Infatti Dio non opera per farci capire quello che l'uomo
è, ma quello che Dio è. Sbagliamo non soltanto quando giudichiamo riferendo le
cose al nostro io, ma anche quando, pur attribuendole a Dio, giudichiamo gli
altri in base ai risultati, considerati come premio o come castigo.
Anche se il giudizio è buono: “Quel tale è
buono perché Dio lo ha premiato”, è da evitarsi, perché gli avvenimenti non
sono operati da Dio per farci classificare gli uomini, ma per farci conoscere
Se stesso. Ogni avvenimento è per salvarci, è un invito di Dio a convertirci, a
cambiare, ad avvicinarci a Lui. Ce lo dice Gesù di fronte alla torre di Siloe e
alla strage di Pilato: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso
modo”. Se ci rifiutiamo, il giudizio scatta li, perché siamo già in
pericolo. E il giudizio sta in questo che: “La luce è venuta nel mondo, ma
gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce”; come mai? Perché scelgono
quello che vale di meno, rispetto a ciò che vale di più? Lo dice Gesù: “Perché
le loro opere erano malvagie”. Ciò che procede dall’io, bilancia
l'attrazione della luce; rifiutiamo la luce perché la luce tende a trasformare,
a farci superare le nostre opere. Chi non le supera e resta nel pensiero
dell’io, è già giudicato, perché rifiuta la salvezza che gli è offerta. Il
richiamo della luce giunge anche nelle tombe, sconfessando la nostra
centralità, e mettendoci in conflitto con le nostre opere. Dobbiamo cercare la
ragione degli avvenimenti non nelle creature, ma in Dio perché è Dio il
protagonista di tutto e ha in Sé la ragione di tutto. E la ragione di tutto è
questa: in ogni cosa Dio opera per cambiarci, per farci conoscere la sua
Presenza in modo che lo possiamo pensare e ci sentiamo pensati da Lui, per
portarci alla sua intimità, per farci capaci di conoscere e di amare
l'Infinito. Questa è la luce, il richiamo della luce; chi la rifiuta è già
giudicato, perché preferendo le tenebre, rimane nelle tenebre.
- La domenica seguente, il 13 marzo, ci
siamo fermati su due versetti, il 20 e il 21.
Versetto 20: “Chiunque infatti fa il male odia
la luce e non si mette in luce perché le sue opere non siano conosciute per
quello che valgono”. Cioè perché le sue opere non siano rimproverate.
“Chiunque infatti fa il male” è tradotto meglio con: “Chiunque opera
malamente”.
“Perché le sue opere non siano conosciute per quello che valgono” è meglio tradurlo
con: “Perché le sue opere non siano rimproverate”.
Concludendo il suo discorso con Nicodemo, Gesù
vuole dimostrarci la necessità della rinascita; perché l'uomo che opera
malamente, cioè superficialmente, cioè nel pensiero del suo io, si taglia il
cammino verso la luce, non può seguire la luce, il cui richiamo giunge ovunque,
per cui non può giungere a vedere il Regno di Dio.
Nel versetto precedente aveva già affermato: “Nonostante
Dio avesse fatto tutte le cose bene, perché l'uomo fosse attratto dalla luce, e
potesse accoglierlo, l'uomo ha rifiutato la luce”; come mai? Gesù dice: “Chiunque
opera malamente odia la luce”.
Odiare va inteso come amare meno, cioè pospone
la luce ad altro.
Operare malamente vuol dire operare
superficialmente cioè nel pensiero dell’io, autonomamente, senza riferire a
Dio, senza interrogare Dio. E questo ci condiziona perché ogni pensiero,
parola, azione che non parta da Dio è una catena che ci imprigiona per cui
siamo costretti a rifiutare la luce perché le opere sono malvagie.
Per questo non si mette in luce; chi opera
malamente cioè autonomamente, non desidera vedere le cose secondo Dio, perché
vuole già che le cose siano come le vuole lui e non le vuole modificare. Non cerca
la luce perché le sue opere sarebbero rimproverate, non approvate dalla luce.
Per questo Dio ci proibisce di mangiare i
frutti dell’albero dell’io, albero della scienza del bene e del male, perché
dobbiamo solo nutrirci dell’albero della vita, Dio: rapportando tutto a Dio,
interrogando sempre Dio.
Dio ci dice: “Non avrai altro Dio al di
fuori che Me”, cioè non avrai nessun altro motivo di vita, non avrai nessun
altro movente.
·
versetto 20: “Ma colui che attua la Verità si mette in
luce, in modo che le sue opere si rivelino come compiute in Dio”.
“Chi attua la Verità”, chi fa la Verità. Naturalmente noi non conosciamo la
Verità, quindi non possiamo farla, per farla bisogna vederla. Quindi fare la
Verità, vuol dire cercare la Verità, desiderare la luce, quindi riferire a Dio,
interrogare Dio.
“Chi fa la Verità si mette in luce” perché non vuole agire
autonomamente, e allora cerca in tutte le cose il pensiero di Dio, perché non
vuole fare qualcosa che non sia secondo Dio, ma vuole che tutte le sue opere
siano secondo la luce, non che siano magnificate, ma compiute in Dio. partendo
da Dio, nascendo da Dio, vediamo le cose nella Verità, facciamo la Verità, e
vediamo la luce, il Regno di Dio. Invece nel pensiero dell’io noi non possiamo
vedere la Verità; naturalmente vediamo regnare le creature, non Dio; per cui ci
comportiamo superficialmente, secondo ciò che appare ai nostri occhi,
sentimenti, intuizioni e questo dà luogo a scelte, desideri, giudizi
superficiali.
Se invece non ci permettiamo di agire senza
Dio, superiamo le apparenze; è Dio che ci fa profondi.
Questo è il pensiero conclusivo per dimostrare
a Nicodemo la necessità di rinascere. Non si può far entrare il nostro mondo
nel mondo di Dio, col compromesso, col rattoppo bisogna invece dar luogo ad un
uomo nuovo, l'uomo che nasce da Dio.
È necessario rinascere perché l'uomo vecchio è
fatto da questo uomo che è superficiale, che opera male, che quindi non può
arrivare alla luce, a vedere il Regno di Dio; perché le azioni da lui fatte nel
pensiero dell’io, lo imprigionano in un posto di blocco.
La rinascita, la vita nuova secondo Dio,
richiede penitenza e distacco: non vogliamo più essere mossi da altro ma solo
da Dio. La penitenza è possibile solo nel Pensiero di Dio.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Eligio: Non ho capito tanto
questo: possedere la Verità, cercare la Verità e fare la Verità si racchiudono
in un unico concetto.
Luigi: Noi facciamo la Verità in
quanto la cerchiamo cioè noi non facciamo la Verità se ci fermiamo in
superficie per cui agiamo per impressione, perché le cose appaiono così, perché
le sentiamo così, o perché tutti dicono così. Ecco, allora noi siamo
superficiali, non cerchiamo la Verità, non facciamo la Verità.
Eligio: Il cercarla è una cosa, ma
il possederla è un’altra.
Luigi: Certo. Gesù dice: “Chi
fa la Verità”. Quindi noi facciamo la Verità, non in quanto (perché non
possiamo farla se non la conosciamo), ma la facciamo in quanto la cerchiamo, a
livello nostro, già in quanto la cerchiamo siamo figli.
Noi siamo figli della luce in quanto cerchiamo
la luce: “Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato”;
implicitamente, in quanto cerchiamo la Verità, già siamo attratti dalla Verità,
siamo mossi dalla Verità, facciamo la Verità. Il fare la Verità, vuol dire
avvicinarci ad essa, ma noi ci avviciniamo in quanto siamo mossi da. Tu capisci
che se io mi muovo in quanto sono mosso da, io già faccio la volontà
dell’Altro, di Colui che mi muove, perché sono mosso; entro già. Però noi
possiamo invece lasciarci muovere da altro; tutte le volte che noi ci lasciamo
muovere da altro, ci lasciamo muovere in quanto c'è il pensiero del nostro io
che controbilancia. Questo perché nella vita, semplice, se noi fossimo bambini,
in stato di purezza, noi cercheremmo sempre la Verità, in tutto noi saremmo
attratti sempre dalla Verità. Più il nostro io pesa, e più allora noi ci
fermiamo in superficialità.
“Perché fai questa cosa?”, “Perché mi piace” oppure “Perché ci guadagno”
o per il prestigio, per la figura, o perché gli altri….abbiamo dei motivi superficiali,
non andiamo più presso Dio.
Ora, come mai noi non andiamo più presso Dio,
ma ci fermiamo a questi motivi qui in superficie? Perché c'è il controbilancio
del pensiero dell’io: “Mi conviene”, “Il mio io è soddisfatto”. Ecco per
cui le opere sono fatte malamente, perché non cerchiamo più la ragione presso
Dio, la ragione ce l'abbiamo già in noi.
Quando io dico: “Questa cosa qui io la
faccio perché mi piace”, la ragione ce l'ho già in me; e avendola già in me
non cerco più la ragione in altro.
Soltanto in quanto noi siamo interessati ad
agire secondo l'Altro, allora facciamo la Verità, allora noi cerchiamo la
Verità, interroghiamo Dio, cerchiamo quello che vuole Dio; non è che cerchiamo
l'approvazione di Dio, ma di quello che vogliamo noi, quindi non è che
cerchiamo di strumentalizzare Dio.
Perché noi molte volte riteniamo di pregare
Dio non in quanto cerchiamo la sua volontà, ma in quanto vogliamo essere
aiutati da Dio a conseguire la nostra volontà; siamo sempre nel pensiero del
nostro io.
Quindi in questo caso non facciamo la Verità;
fare la Verità vuol dire cercare presso Dio.
Ora, uno non cercherebbe se non fosse
attratto; in quanto è attratto è mosso quindi fa, fa l'Altro.
Eligio: Mi sembra che l'azione
umana non sia così netta.
Luigi: Più noi ci avviciniamo a
Dio, più Dio ci convince, perché Dio opera convincendo. Quindi è quando siamo
lontani da Dio che si consuma la tragedia..
Eligio: Cercare la Verità non è
fare la Verità.
Nino: Il fatto che tu cerchi la
Verità, ti sei messo sul sentiero giusto, è il primo passo.
Luigi: Si, sei mosso da; in
quanto uno è mosso, fa la Verità, in quanto sei mosso dalla Verità, la fai. Ad
esempio se tu mi trovi in via Roma, dall’altra parte, e mi fai cenno: “Vieni
qui!” e io vado da te, non so ancora quello che tu vuoi, però faccio già la
tua volontà, mi avvicino a te. Tu mi chiami ed io mi muovo verso. Così è con
Dio: Dio ci chiama, noi non sappiamo ancora quello che vuole Lui, non Lo
conosciamo ancora, ma in quanto però andiamo verso di Lui, facciamo la sua volontà.
Eligio: L'esempio non calza perché
se io ho qualcuno dietro che..
Luigi: D’accordo ma qui l'esempio
è relativo ad un movimento materiale, ma nel campo dello Spirito è sempre un
interesse di pensiero; io mi muovo spiritualmente, non mi muovo mica materialmente,
è logico.
Eligio: All’inizio del cammino il
cercare la Verità, non coincide con il fare la Verità, almeno inizialmente….
Luigi: Non so dirti, io in quanto
vedo la ricerca, in quanto uno cerca, c'è già un fare. In quanto uno cerca la
Verità, c'è un fare. Fare cioè un ubbidire alla volontà di Dio, e in quanto c'è
un ubbidire alla volontà di Dio c'è un fare la volontà di Dio.
Si fa la volontà di Dio cercando Dio. Quando
il Signore mi dice: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio”, in quanto io
cerco prima di tutto il Regno di Dio, io faccio la Verità, perché Lui è la
Verità che parla. Lui mi dice: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio”,
io lo cerco. È vero che lo posso cercare malamente, tu hai ragione; perché io
lo posso cercare dedicandomi tutto, lo posso cercare dedicandomi in parte,
posso cercare dedicando il superfluo. È logico questo; però in quanto già mi
applico, faccio già qualche cosa nella Verità. Perché dico: nessuno di noi può
muoversi autonomamente verso -, se non è attratto da. In quanto uno è attratto,
mosso, “Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre”,
quell’attrazione abbiamo già visto che vuol dire essere mossi, desiderare di.
Il desiderio in noi, siccome andiamo verso una cosa che non conosciamo, noi non
possiamo desiderare una cosa che non conosciamo, quindi vuol dire che siamo
mossi, mossi da. E quindi in quanto sono mosso da, non conosco ancora, faccio
la volontà dell’Altro, cercando. Il guaio nostro è soltanto in quanto noi
facciamo la nostra volontà, noi abbiamo per centro il nostro io, e allora ci
giustifichiamo, ma la nostra giustificazione non è valida presso Dio e allora
non ci siamo, siamo fuori dalla Verità perché ci chiudiamo in una conchiglia e
non possiamo più ricevere i messaggi di Dio, perché vediamo soltanto più le
cose nel pensiero del nostro io.
Eligio: Anch’io quando sono
arrivato ho fatto fatica ad entrare nell’argomento eppure sono venuto
all’incontro perché sono attratto…
Luigi: Ecco, li è la penitenza,
perché portiamo su di noi il peso di tutte le nostre opere, delle nostre
chiacchiere, del nostro parlare, portiamo questo peso qui. Qui ecco questa
penitenza per…
Perché non ci dovrebbe essere questa penitenza
allo stato puro, allo stato puro c'è solo l'attrazione per la luce;
l'attrazione per la luce non è mica una penitenza, anzi è una gioia andare
verso, perché Dio è vita, quindi è gioia.
Ora, in quanto io mi carico di altre opere,
che hanno per centro il mio io, siccome poi divento figlio delle mie opere, mi
crea delle resistenze, per cui non sono più disponibile: allora c'è la
penitenza.
Per cui io posso spiritualmente riconoscere
che Dio è il massimo dei valori, però porto con me un certo purgatorio, porto
con me un carico.
Ecco, allora ho bisogno di penitenza, di
questa violenza su me stesso, questo: “Va, vendi tutto quello che hai, dallo
ai poveri” perché tutto quello che hai, è frutto, è un’aderenza, è frutto
di opere nel pensiero del nostro io. Quindi scarica, scarica, scarica, in modo
da renderti disponibile per… più noi ci rendiamo disponibili e più abbreviamo i
tempi della ricerca; mentre più siamo carichi e più il tempo diventa lungo, e
può diventare un tempo eterno. Perché anche l'inferno è fatto di ricerca di
Dio, però l'anima si trova nell’impossibilità di comprendere; abbiamo un tempo infinito.
Mentre invece più c'è disponibilità, purezza di animo e più il tempo si
accorcia. Il tempo è una cosa molto relativa; più il tempo si accorcia fino
a diventare eternità di contemplazione di possesso, quindi immediatezza.
Ma quello dipende appunto dal carico che
portiamo con noi; certamente qui c'è la confusione e c'è la penitenza.
Quindi più noi siamo lontani, e più facciamo
difficoltà ad entrare nell’attrazione di Dio, perché siamo maggiormente
distratti.
Chi è tanto distratto, non è che non senta la
voce di Dio, perché abbiamo visto che anche i morti sentono la voce di Dio
perché Dio è talmente onnipotente, da far sentire la sua voce, anche da coloro
che sono nelle tombe, quindi anche a coloro che sono chiusi nel pensiero del
loro io; perché anche quando noi pensiamo ai nostri interessi, Dio fa arrivare
la sua parola, il suo rimprovero, ci umilia.
Questo vuol dire la onnipotenza, fa arrivare
la sua parola; il fatto di sentire la sua parola, non vuol dire seguirla. Però
la sua parola arriva, ed è quella che ci giudica se noi non…
Ecco, la sua parola facendoci sentire il
richiamo, provoca in noi tutta questa penitenza se noi incominciamo a seguirla
in qualche modo, comprendi?
Cina: Mi dà speranza sapere che
ci possiamo nutrire dell’albero della vita.
Luigi: Dobbiamo nutrirci
dell’albero della vita e non dobbiamo nutrirci dell’altro; sono chiari adesso?
Cina: L'Epistola di oggi è una
conferma…; San Paolo che ritiene come spazzatura tutto il resto e che la cosa
più importante è la conoscenza..
Luigi: Ecco bisogna arrivare a
capire che non è che tutto sia spazzatura! Perché sono tutte opere di Dio,
tutte cose buone, perché in quanto sono opere di Dio, portano a noi un
riflesso, quindi sono vere, sono buone, sono belle. Le creature sono vere,
buone e belle; anche i fatti, gli avvenimenti. Però per questa penitenza è
necessario ritenere tutto spazzatura, per conquistare l'essenziale: “Cercate
prima di tutto il Regno di Dio”, è un problema di scelta.
Ieri sera dicevamo: il problema è partire. Ma
il partire è una gioia, se non ci fosse il lasciare. Si può partire senza
lasciare? No, nella nostra situazione non si può partire senza lasciare.
Il problema di scelta, è sempre il problema di
un lasciare: “Va, vendi tutto quello che hai” e qui abbiamo la penitenza
perché il nostro problema è quello che noi vorremmo partire ma senza lasciare.
Eligio: Non sono convinto che il
cercare e il fare coincidano…
Luigi: Cioè non sei convinto che
il cercare la Verità sia già il fare la Verità.
Eligio: Stento a capirlo, perché penso
alla notte dei mistici, a San Giovanni della Croce, per esempio. Non capisco se
il cercare la Verità sia la stessa cosa del fare la Verità. Poi tutto i resto
mi è chiaro…
Pinuccia: Gesù dice: “Chi fa la
Verità cerca la luce”, cioè è quasi un sinonimo..
Luigi: No, Gesù dice: “Chi fa
la Verità giunge alla luce”, cioè chi fa la Verità arriva alla luce;
perché? perché non si accontenta delle apparenze..
Nino: Però non l'ha ancora
posseduta…
Luigi: Ah no!
Nino: Secondo me Eligio fa difficoltà
a distinguere tra l'andare verso la Verità e il conoscere la Verità; ha
difficoltà ad accettare che tutto è grazia di Dio, anche la nostra volontà è
grazia di Dio.
Luigi: Cioè la nostra volontà non
è grazia di Dio quando ha per centro il pensiero del nostro io…
Eligio: Ma come faccio a fare la
Verità, allora?
Nino: Il primo gradino della
scala è già
Luigi: È già grazia.
Sant’Agostino dice che noi non possiamo muoverci, nemmeno una briciola, nemmeno
un minimo pensiero verso Dio, senza la grazia di Dio.
Non siamo noi che abbiamo iniziato il cammino,
ma è Dio che ce l'ha fatto fare; per questo diciamo che è Dio che ha fatto.
Certamente se io ho fatto un piccolo passo verso Dio, non sono io che l'ho
fatto, ma è Dio che mi ha fatto fare questo piccolo passo. Qui la Verità si è
fatta. Capito?
Pinuccia: Quindi siamo sempre
all’inizio…
Luigi: No, più progrediamo, e più
questa Verità qui si fa in noi, ci fa dire: “È necessario che Lui cresca e
che io diminuisca”. Ecco, c'è un io che deve diminuire, e c'è un Dio che
deve crescere in noi. Ora, la crescita incomincia da un seme, e poi a poco per
volta si sviluppa…
Eligio: È l'inizio che non
comprendo…
Luigi: Però io vorrei sempre
insistere su questo: non siamo noi che facciamo ma è Dio che fa. Perché
fintanto che io sono orientato ad altro da Dio, cioè sono autonomo, agisco,
vivo autonomamente, non è Dio che agisce; nel mio io sono superficiale, agisco
malamente, non è Dio che agisce, sono opere malvagie.
Pinuccia: Anche se è Lui che mi fa
fare questo…
Luigi: Si, mi fa fare questo ma
per altri fuori di me però il male lo faccio io perché non cerco Dio. In quanto
non cerco Dio, mi rifiuto, mi ribello a Dio, quindi esco dall’attrazione, resto
nel pensiero del mio io, quindi qui non abbiamo Dio che opera, ma è il mio io
che opera, come intenzione. Perché in quanto noi non passiamo………..ricordati
sempre che noi viviamo in proposte di, siamo immersi nelle proposte di Dio,
quindi il male è sempre una diminuzione, un non rispondere alla proposta; è un
dimenticarsi questa proposta…
Ora, ogni minima adesione alla proposta, non
sono più io che faccio, ma è la grazia che opera, ecco è Dio che ha fatto!
Se noi fossimo capaci a restare in questa
grazia, la grazia è talmente operante che ci porta nel possesso della Verità
infinita; solo che noi, fatto il primo passo ci voltiamo indietro, desistiamo.
Anche se fossimo arrivati a 99 su 100 della Verità ma ci ripiegassimo, crolla
tutto, perché la Verità è sempre superamento, mai voltarsi indietro per cercare
di recuperare: “Ma ieri io ho gustato questo!”; era dono di Dio.
“Ieri
ho gustato questo incontro o questo cibo o questo dono e adesso voglio
riprovarlo”, voglio che Dio me lo ridia, e allora diventiamo pretesa verso Dio
di avere quello che mi ha dato ieri. Ma oggi Dio mi vuol dare magari un dono
maggiore, però per avere questa apertura a ricevere questo dono maggiore, io
non devo pretendere il miracolo che Lui mi ha fatto ieri.
Per cui tutte le volte che la folla si
avvicina a Dio pretendendo il miracolo che ha avuto il giorno prima, si trova
il rimprovero da parte di Dio: “Voi mi cercate per il pane che vi ho dato
ieri” oppure “… per i miracoli che avete visto a Gerusalemme” e
allora li rimprovera. Perché la creatura deve essere aperta. Dio essendo un
infinito, ha novità continue, ma noi dobbiamo essere aperti a questa novità
continua; il nostro io invece è ricordo di quello che ha gustato, anche con
Dio, per cui diventa pretesa verso.
Come la creatura diventa pretesa si chiude
all’amore, non riceve più, perché si aspetta solo più quello; quindi non è più
disponibile per ricevere altro, perché vuole quello.
Magari l'Altro la inonda di tante altre
grazie, di infiniti altri doni superiori a quello, ma lui, chiuso nella sua pretesa,
non vede niente e quindi non vede più l'amore, e non cammina più.
Per cui arrivassimo anche a 99 su 100 della
Verità di Dio non….. capisci?
Pinuccia: Domenica scorsa, 20 marzo,
ci siamo fermati sul brano che va dal versetto 22 al versetto 30.
“Dopo
queste cose Gesù andò in Giudea; ….. sorse una contestazione con i discepoli di
Giovanni. … Giovanni rispose: “È necessario che Lui cresca e che io
diminuisca”.
Versetto 22: “Dopo queste cose …” cioè
dopo queste cose che sono avvenute, e che segnano una tappa nel nostro cammino
spirituale:
a Cana, dove Gesù rivelò il primo segno del
suo incontro con l'uomo: la novità, il cambio di vita;
poi nel Tempio, quando cacciando i mercanti
Gesù rivelò il secondo segno della sua venuta in noi: l'incompatibilità con altri
amori e altri interessi;
poi a Gerusalemme dove nel suo discorso con
Nicodemo Gesù parlò sulla necessità della rinascita, portandolo a toccare la
sua cecità. Concludendo che Dio ha mandato il suo Figlio per salvarci e non per
giudicarci. “Chi non crede è già giudicato”.
“Dopo
tutte queste cose Gesù con i suoi discepoli andò nel paese della Giudea e vi si
tratteneva con essi e battezzava”.
Qui Gesù per bocca di Giovanni Battista vuole
approfondire con i suoi discepoli il discorso iniziato con Nicodemo.
Come mai Gesù essendo già in Giudea va in
Giudea?
Per Giudea bisogna intendere l'ambiente
spirituale, l'argomento in cui si sia già compiuta la giustizia essenziale.
Il discorso che Gesù aveva fatto con Nicodemo,
che giudicava Gesù con argomenti umani, non era un discorso fatto in Giudea
(Giovanni Battista è il centro della vera Giudea).
Versetti 23-24-25-26: “Anche Giovanni
battezzava... I suoi discepoli ebbero una contestazione a proposito di tale
purificazione…. e gli dissero: Colui che era con te e al quale hai resto
testimonianza, battezza e tutti vanno da Lui”.
Gesù conduce i suoi discepoli proprio per far
sorgere una contestazione, in modo da far sorgere un problema, una fame, un
desiderio e quindi una preparazione degli animi a ricevere una lezione successiva.
Dio ci mette in difficoltà, in apparente
contraddizioni, per obbligarci ad approfondire, ad andare avanti, fino a
conoscere il Signore come Lui ci conosce.
Giovanni Battista è il segnalatore, e
convoglia tutti a Gesù:
·
dopo la sua prima segnalazione: “Ecco l'Agnello di
Dio”,
·
dà ora una seconda segnalazione per i discepoli che sono
rimasti legati alla sua persona,
·
e ne darà una terza per coloro che rimarranno con Lui
quando sarà in prigione, mandandoli da Gesù a nome suo.
Ora, la parola essenziale che Giovanni
Battista dice in questa seconda segnalazione è quella che va dal versetto 23 al
30:
“L'uomo
nulla può prendere se non ciò che gli è stato dato dal cielo;
Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto:
Io non sono il Cristo, ma sono stato mandato innanzi a Lui. …È necessario che
Lui cresca e che io diminuisca;
Perché è Lui lo sposo; e lo sposo è colui che
ha la sposa (lo Spirito);
Io sono l'amico dello sposo e mi rallegro a
vederlo. Egli deve crescere ed io diminuire”.
Tutto ciò che accade, tutto ciò che si ha, è
tutto dono di Dio; l'uomo da solo non può autofecondarsi.
Solo se noi vediamo sempre l'opera dell’Altro,
stiamo uniti all’Altro, l'Altro ci feconda.
È lo Spirito che ci fa rinascere, se ci afferriamo
alla Parola di Dio; la creatura nuova deve crescere in noi, fino alla sua
dimensione completa.
Ecco allora la creatura che si dimentica per
far crescere l'Altro.
Dopo il tempo della concezione, della
gestazione, c'è il tempo della dedizione.
Se facciamo vivere la Parola di Dio che arriva
a noi, essa fa vivere noi; più facciamo crescere la Parola, più facciamo
crescere la vita in noi e ad un certo momento sparisce l'io e si diventa tutto
Pensiero di Dio, cioè figli di Dio e si sperimenta la presenza di Dio, il Regno
di Dio.
Questo è il supplemento al discorso con
Nicodemo; con Nicodemo Gesù ha trattato della nascita, qui per bocca di
Giovanni Battista della crescita di questa vita divina.
Bisogna rinascere dalla Parola di Dio e farla
crescere, svilupparla, non solo ricordarla, ma farla diventare tutta vita.
La condizione della crescita è della
diminuzione dell’io.
Appendice:
·
Solo accettando il battesimo di giustizia, Dio al centro,
poiché Lui solo è l'Essere, il Vivente, si forma in noi il bisogno del Cristo e
quindi la possibilità di riconoscerLo; la possibilità di riconoscere Colui che
ci salva e che ci rende possibile la realizzazione della vita secondo Dio.
·
Solo accettando questo battesimo di giustizia, è
possibile l'incontro con Dio incarnato, realtà fisica in cui parla a noi Dio e
che ci libera dal peso delle altre realtà fisiche.
·
Ogni realtà, anche Cristo stesso, nel pensiero dell’io,
ci porta via da Dio. Invece se abbiamo Dio al centro, più nulla ci porta via,
anzi tutto coopera per mantenerci uniti. Un giorno capiremo che tutto era opera
di Dio per salvarci, e noi non abbiamo capito niente.
·
Non è fede se non desidero vedere il volto di Dio; ci
vuole la speranza, se no non mi impegno.
·
L'approfondimento della presenza di Dio è il rimedio alla
mancanza di carità.
Pinuccia: La volta scorsa avevi
accennato che gli altri argomenti di cui parla Giovanni Battista sono una
ripetizione degli argomenti già trattati con Nicodemo. Se vuoi illustrarci il
collegamento, perché anche se sono gli stessi argomenti, forse sono espressi
con parole diverse e non è che se ne veda bene il nesso.
Luigi: Adesso il concetto chiave
è quello del crescere. “Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”.
L'argomento chiave è questo; ed è l'argomento che aveva accennato Eligio: come mai c'è questa necessità, questo
bisogno di far crescere e di far diminuire. C'è qualcosa che deve crescere.
Teniamo presente che vivere è sempre un crescere in. Soltanto che noi possiamo
sbagliare; infatti noi vivendo facciamo sempre crescere qualche cosa. Possiamo
anche metterci ad innaffiare delle pietre, e la pietra non cresce, sbagliamo;
però noi ci diamo da fare per, perché vivere è un crescere, facciamo crescere
qualche cosa. Ecco, la vera vita sta nel far crescere. Noi corriamo questo rischio
qui, questo pericolo, di perdere del tempo a far crescere altro. Fintanto che
noi siamo nel pensiero del nostro io, noi tendiamo sempre a far crescere
qualche cosa in cui il nostro io trova una certa soddisfazione. Facciamo
crescere il denaro, le case, i poderi, facciamo crescere qualche cosa perché il
nostro io si sostiene su, non sta su da solo.
La grande saggezza che è ancora terrena, di
Giovanni Battista, la grande sapienza, la conclusione di tutto il cammino
terreno è di capire quello che bisogna far veramente crescere durante la nostra
vita.
E San Giovanni che è la conclusione di tutta
la saggezza terrena, “È il più grande tra i nati di donna”. Ora Gesù
dicendo “Il più grande tra i nati di donna” non intende mica soltanto il
più grande tra i profeti, tra quelli dell’Antico Testamento; nati di donna
comprende anche tutti i pagani, tutti i filosofi, tutti i sapienti. Gesù,
Parola di Dio, dice: “È il più grande tra i nati di donna”; quindi
abbiamo il centro della sapienza terrena. Ora, cosa mi dice questa sapienza
terrena? “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca” cioè la
nostra vita ci è stata data per far crescere Dio in noi. Ma Dio forse non è
infinito? Non ha bisogno di crescere. Perché in noi portiamo tutto un mondo che
ha bisogno di…
La Madonna che è poi l'attuazione, che dice: “L'anima
mia magnifica il Signore”. L'anima mia fa crescere, fa grandeggiare Dio.
Ora, questa è una frase che noi dobbiamo poter
dire tutti i giorni per fare la Verità, per essere sul cammino della Verità;
noi dovremmo dire tutti i giorni: “È necessario che Lui cresca e che io
diminuisca”.
Siccome però noi non siamo soli ma è Lui che
fa, ecco che allora, tutte le lezioni che diminuiscono il nostro io o quello
che noi abbiamo fatto crescere umanamente, superficialmente, vengono da noi
accettate perché “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”,
quindi anche se ci costano le accettiamo perché Lui attraverso questo,
diminuisce quello che noi abbiamo fatto crescere umanamente, per far posto alla
sua crescita.
Direi che il concetto centrale, l'argomento
che dobbiamo approfondire è questo: “Si apra la terra e germini il
Salvatore”. Ora, questa apertura della terra, questo è il centro della
sapienza, è quello che la terra deve capire. La terra deve capire questo: “È
necessario che Lui cresca…” ed è la lezione di Giovanni Battista,
Tutta la sua grandezza sta in questa sua
grande umiltà: l'uomo giusto.
Noi tendiamo sempre a far crescere il nostro
io e a far diminuire gli altri, perché è il nostro io che deve crescere, qui
invece abbiamo il Giovanni Battista che dice: “Lui deve crescere ed io
diminuire”.
Ora noi dobbiamo convincerci di questo, perché
noi non siamo ancora entrati nella grazia, nel Regno di Dio, ma questa è la
premessa per poter entrare, cioè capire che dobbiamo far crescere Dio in noi e
far diminuire il nostro io.
Quindi di conseguenza, siccome il nostro io si
vale di tutto quello che ha fatto crescere attorno, deve far diminuire tutto.
Nino: Pensavo al Budda che è
stato già un grande. Egli ha portato la rinuncia all’io, ma non ha portato la
crescita in Dio.
Luigi: Budda sai cosa ti ha
detto? Tu hai mal di capo; il mal di capo ti deriva dal fatto che tu hai la
testa; tagliati la testa e tu non avrai più mal di capo.
Nino: Quello è un paradosso.
Luigi: È un paradosso ma ha fatto
questo. La fonte di tutti i nostri mali…
Nino: Comunque la rinuncia che
ti propone Budda è già una rinuncia al tuo io…
Luigi: No, ma scusa un momento,
lui dice: la fonte di tutti i mali è il desiderio; l'uomo non deve desiderare più
niente, deve imparare a non desiderare più niente. Quindi il rinnegamento è
inteso come rifiuto del desiderio. Allora abbiamo il vuoto… invece quello che
ci propone Cristo..
Nino: Ma io stavo facendo il
confronto tra Budda e Giovanni Battista; Giovanni Battista è più grande in
quanto ti porta Dio e invece Budda non ti porta Dio…
Luigi: No, ma vedi Nino, io ho
detto che Budda ti propone di tagliarti la testa in quanto togliere il
desiderio dall’uomo è togliere l'uomo; l'uomo è essenzialmente desiderio, desiderio
di, la vita è desiderare. Ora, se io soffoco il desiderio, soffoco l'uomo,
soffoco la vita. No, invece si tratta di orientare il desiderio a quello che è
giusto. Quando Cristo ti dice: “Rinnega te stesso” ti impegna a
desiderare molto, c'è un desiderio da potenziare, da orientare. Non ti dice
mica: “Elimina il desiderio”, no, ti dice: “Devi desiderare questo”,
“Devi volere questo” e volerlo con tutte le tue forze perché Cristo ti
parla di un amore.
Già nell’Antico Testamento l'amore era inteso
come desiderare; desiderare che cosa? L'amore fa vivere l'altro, pensa
all’altro e vuole far crescere l’altro. La mamma, quando ama il figlio, cosa
fa? Fa crescere il figlio, vive per; vedi che abbiamo qualcuno che fa crescere?
Ora, l’amore fa crescere, fa crescere l’altro. È logico che la fonte di tutti i
nostri mali è il desiderio, e il desiderio se è incentrato nel nostro io, ma
noi non possiamo togliere il desiderio. Come non possiamo non pensare, ad
esempio. Se uno ti dicesse: “Non pensare”, si posso fare uno sforzo, ma
è sempre un pensiero; sarà fisso sulla punta del mio naso ma è sempre pensiero,
a meno che non si uccida l’uomo. Si tratta di orientare il pensiero, si tratta
di orientare il desiderio; perché in noi ci sono tanti pensieri, ma c'è anche
il Pensiero di Dio tra tutti i pensieri.
Per questo dico che su tutto, ed è tutto dono
di Dio, Dio chiede a noi di mettere in alto quello che deve essere messo in
alto. Allora, tutto ti è dato, ma tu devi mettere i valori al loro posto;
quindi devi mettere prima di tutto Dio, che vale più di tutto, quindi dedicati
molto di più a Dio di quello che ti dedichi ad altro. Dedicarsi a, vuol dire
far crescere; più Lui cresce e più ti attrae perché più un corpo si avvicina e
più diventa attraente, l’attrazione è effetto di vicinanza. Più sono lontano e
meno sento l’attrazione. Però per vincere, per fare i passaggi, attraverso cui
io mi avvicino, debbo pormi il problema di quello che devo mettere, di quello
che devo volere prima di tutto.
Allora, devo mettere Dio prima di tutto; a
poco per volta mi avvicino e più mi avvicino e più riconosco la validità, poi
dopo incomincio a passare alla bontà, alla bellezza, e uno resta attratto e non
lo lascia più.
Mentre più noi cerchiamo le cose del mondo e più
noi andiamo verso delusioni; ecco che abbiamo le dimostrazioni pratiche che Dio
opera in tutto.
Per cui più noi cerchiamo le cose del mondo,
cioè facciamo crescere le cose del mondo e più noi andiamo verso le delusioni;
più noi cerchiamo Dio e più andiamo verso conferme, perché Dio conferma la sua
Verità.
Pinuccia: Questa crescita sarebbe
questa rinascita continua di cui parlavi quando ci commentavi Nicodemo?
Luigi: Si, più noi raccogliamo in
Dio, più noi riferiamo a Dio e più Dio cresce perché diventa sempre più vero ai
nostri occhi. Ora, ti ricordi quando abbiamo parlato del Tempio? Che il Tempio,
o la casa, è il luogo in cui si fa esperienza di una presenza. Ma come si
caratterizza il Tempio o la casa? Si caratterizza in quanto tutto è subordinato
a colui che è presente. Ora, noi non facciamo esperienza di una presenza,
perché noi abbiamo nella nostra casa, tutte le cose che non sono subordinate a
Dio; più noi subordiniamo le cose a Dio, più entriamo nella casa di Dio, e li
allora facciamo esperienza della presenza di Dio.
Per cui se io sono lontano, e chi è lontano,
chi è fuori casa, non fa l’esperienza della presenza, tuttalpiù farà esperienza
negativa: è fuori casa.
È soltanto in casa che si fa l’esperienza
della presenza di. Ora, perché noi non facciamo l’esperienza della presenza di
Dio? Lui è presente, ci viene annunciato, ma noi non facciamo esperienza, come
mai? Perché siamo fuori casa. E come mai siamo fuori casa? Perché tutto non è
subordinato a Dio.
Ora, dico, la casa si caratterizza in questo,
è il luogo in cui tutto è subordinato al padrone, questo è quello che
caratterizza la casa. Per cui si vede la presenza del padrone. Quindi entrando
nella casa di uno, li si vede la presenza del padrone, anche se il padrone non
c'è, tu vedi la presenza del padrone perché tutte le cose sono subordinate a
lui.
Allora, come mai uno non esperimenta la
presenza? Tutto è di Dio e noi non esperimentiamo la presenza di Dio? perché
tutte le cose sono subordinate al pensiero del nostro io, ai nostri interessi,
al pensiero del mondo; non sono subordinate a Dio allora siamo fuori casa.
Siamo nella casa, siamo in casa di Dio, però
siamo fuori, ecco, spiritualmente siamo fuori casa e li è la rovina.
Appendice:
Nino: Mi puoi dire qual è il tuo
pensiero sull’aborto?
Luigi: C'è questo fatto, che sia
dal punto di vista religioso, sia sotto il punto di vista scientifico, sia
sotto il punto di vista giuridico, il concepito è già persona.
Nino: Su questo non ci sono
dubbi, perché per un cattolico..
Luigi: Ma no, anche per un non
cattolico; prendiamo in campo giuridico: se il padre muore e la madre ha
concepito da una settimana, il figlio eredita, nascerà da qui a nove mesi ma è
già erede. Ora in quanto erede, e qui siamo in campo giuridico, in quanto erede
è persona,
Nino: Secondo me la Chiesa
avrebbe dovuto dire: “Fate quello che volete di questa legge, sappiate che
c'è una legge superiore a questa che non potete trasgredire”.
Luigi: Quello lo dice, quello lo
dice; forse quello che si digerisce poco e che i cattolici si ritengono
cattolici nel far valere una cosa che è anticattolica……………………..
Dopo
queste cose Gesù andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi e
battezzava. Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era là
molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare. Giovanni infatti non era ancora stato mandato
in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque una discussione con un
giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da Giovanni gli dissero:
“Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso
testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui. Giovanni rispose: “Nessuno può prendere
qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che
io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui. Chi ha la sposa è lo sposo; ma l'amico dello
sposo che gli sta vicino e lo ascolta, è pieno di gioia per la voce dello
sposo. Questa è la mia gioia, ed è piena”.Bisogna che Egli cresca e
che io diminuisca”».Gv 3 Vs 22/30
Titolo: Immergersi in Dio
Argomenti: L’invidia e la carità
– L’assenza dell’io io Battista – La giustizia sociale – La liberazione dall’egoismo
– La torre di Babele – Il superamento dell’io – La Giudea è l’anima che cerca Dio – Adorare è mettere in
alto – La salvezza viene dalla conoscenza – Terra sacra – Riferire tutto a Dio – In Giudea tutto
convoglia a Cristo – Le regole non salvano – Il furto spirituale – Individuare il Messia – La funzione del
Battista – I tempi sono di Dio – La prigione di Giovanni – Il significativo del dolore – Le lezioni di Dio – Dio operatore in tutti
gli uomini – La lezione della croce – Commorire con Cristo -
10/Aprile/1977
Versetto 22: “Dopo queste cose Gesù con i suoi
discepoli andò nel paese della Giudea e vi si tratteneva con essi e
battezzava”.
Versetto
23: “Battezzava anche Giovanni Battista perché c'era là molta acqua e la gente
vi accorreva e si faceva battezzare”.
Gesù
va nel paese della Giudea, cioè nel paese di Giovanni Battista dove c'era molta
acqua; l’acqua è il simbolo della sapienza in cui si concludono tutti gli
argomenti dell’Antico Testamento, simbolo della Parola di Dio, delle lezioni di
Dio.
“La gente vi accorreva”. Tutto il mondo va verso Dio; le lezioni della vita sono
strade che ci sospingono a Dio verso Colui che Giovanni Battista, che è la
sintesi di tutte le lezioni di Dio, ci segnala preparando in noi la fame di
verità, di luce.
“Si faceva battezzare”. Non si tratta di un semplice rito ma di una conversione,
infatti Giovanni Battista gridava: “Fate penitenza”, cioè mettete Dio al
centro della vostra vita.
Non
si ha vera conversione se non si ha un cambio di interesse: Dio al centro, non
abbiate altri idoli, altri interessi; ciò che macchia la nostra anima è
l’interesse per altro.
“E battezzava”,
Gesù battezzava. Bisogna intendere un altro battesimo, il battesimo dello
Spirito, battesimo come immersione spirituale in una verità.
Versetto
25: “I discepoli di Giovanni Battista ebbero una contestazione con un giudeo
a proposito di tale purificazione”, sorge un conflitto che deriva dal
problema della purificazione. Senza accorgercene confondiamo la regola, un modo
di essere, la virtù con quello che è la Persona di Cristo.
Abbiamo
tre gruppi, tre categorie di discepoli di Giovanni Battista:
·
il primo
gruppo ha colto l’anima dell’insegnamento di Giovanni Battista e si staccano
quando segnala loro il Cristo.
·
Il
secondo gruppo restò legato alla regola di Giovanni Battista, ne fanno la loro
vita, cioè fanno consistere la loro vita in questa regola, non compresero che
la legge è solo una preparazione, ma che va lasciata dopo aver incontrato il
Cristo. Costoro fanno un discorso sulla purificazione: la vita non consiste né
in una regola, né in quell’altra, ma nell’incontro con una Persona. L’anima di
ogni regola, l’anima della legge è l’introduzione a questo incontro d’amore con
una Persona; l’anima di ogni legge è: ama!.
Versetto
27 “Giovanni Battista rispose: l’uomo nulla può prendere se non ciò che gli
è stato dato dal cielo”. Giovanni Battista dà questa risposta appunto
perché nasce questa contestazione a motivo della purificazione della
preparazione al Messia.
Giovanni
Battista risponde ai suoi discepoli che hanno avuto questa contestazione cosi: “L’uomo
nulla può prendere se non ciò che gli è stato dato dal cielo”. Il primo
argomento con cui Giovanni Battista risponde è questo: “Tutto viene da Dio”,
quindi dobbiamo cogliere tutto, dobbiamo rispettare tutto; questa è la
posizione di fondo che deve sempre orientare la vita in ogni cosa. Gli dicono: “Tutti
accorrono a Lui”, Giovanni Battista risponde: “Questo viene da Dio”.
Gli altri tendono a suscitare rivolte, invece lui afferma: “Tutto ci viene
da Dio”. Questa è la posizione giusta, la condizione per poter iniziare a
ragionare sui veri valori. San Paolo ci dice: “Uomo di che ti vanti? Che
cos’è che non hai ricevuto?” Tutto ti è stato dato da Dio gratuitamente:
volontà, intelligenza, lavoro, anche quello che ci sembra di averci guadagnato
da noi stessi, perché poi intanto Dio ci fa toccare con mano che è Lui che fa.
“L’uomo nulla può prendere, cioè avere, se non ciò che gli
è stato dato dal cielo”, quindi
a che gli dice: “Tutti vanno da Lui”, da colui che tu hai segnalato,
Giovanni Battista risponde: “Se vanno è perché è Dio che glieli manda”.
Giovanni Battista si mette sempre in questa posizione di attenzione e rispetto,
l’atteggiamento fondamentale dell’uomo.
La
vocazione dell’uomo è essenzialmente vocazione all’attenzione. Dio è Colui che
opera, l’uomo colui che ascolta. Come l’uomo si distacca dall’attenzione,
ritorna verso il nulla, conflitti, caos, confusione, ecc..
Versetto
28: “Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: io non sono il Cristo,
ma sono stato mandato davanti a Lui”. Noi stessi siamo testimoni che tutto
dice a noi: noi non siamo Dio, guarda al di sopra di noi. In Giovanni Battista
abbiamo la sintesi della voce di tutte le creature di tutto l’Antico
Testamento, la creazione, la situazione dell’uomo staccato da Dio nella sua
miseria, che dice a noi: “Io non sono il Cristo; io non sono la luce, ma
sono venuto per rendere testimonianza alla luce”. Quindi tutto non è luce
ma viene ed esiste per rendere testimonianza a noi che la luce esiste, ma che è
altrove. Noi stessi per essere sulla linea della verità dobbiamo dire: “Non
sono la luce”, nessuno deve farsi luce. Tutte le creature assumono questa
voce qui che rivela e testimonia che la luce è altrove. Noi non dovremo aver
bisogno di questo se fossimo semplici, ma siccome siamo nella confusione, Dio
ci manda Giovanni Battista a ripetercelo, a dircelo chiaramente: nulla è luce,
né fatti, né uomo, né creatura, ma noi tendiamo a trasformare le creature in
luce, perché subentra l’io che ci fa scambiare i valori.
I
legami col versetto precedente sopra è questo: “Colui a cui hai reso
testimonianza ecco battezza e tutti vanno a Lui…”, allora dapprima li mette
in posizione di giustizia, in tutto ciò che accade c'è la mano di Dio, quindi
non parlatemi di conflitti, poi riconoscete che ho detto: “Non sono la luce,
ma sono stato mandato innanzi a Lui”; non dice: “Andate dietro a Lui”
perché la decisione deve venire dal di dentro, ma educa ai valori, presenta i
valori.
Versetto
29: “Chi ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo che gli sta vicino e
lo ascolta, prova la gioia più viva per la voce dello sposo. Questa è la mia
gioia ed è completa”.
E
questa è una parabola per dire che colui che ha la sposa è lo sposo; fa il
paragone tra lo sposo e l’amico dello sposo, perché prima i suoi discepoli li
avevano portati sul piano della rivalità, come se si trattasse di due sposi.
L’amico non deve invidiare quello che non ha, perché quello che uno ha è dono
di Dio. Quindi l’amico si rallegra, se invidia non è più amico, ma scende sul
piano della rivalità. Sul piano della giustizia invece ci si rallegra perché si
ama Dio. Quando c'è l’invidia è perché c'è il problema dell’io; quando invece
si è messo Dio al centro, c'è sempre la gioia per tutte le opere di Dio: non si
invidia né si soffre perché quel tale è arrivato prima. In cielo non c'è
rivalità, perché nessuno pensa a sé. Tutto è dono di Dio e si riceve tutto come
dono di Dio e si ammirano le opere di Dio in tutte le creature, se no non si è
in cielo ma all’inferno. Chi ama Dio è felice che Dio sia stato cosi generoso
nonostante che quel tale abbia sprecato la vita: ormai il pensiero dell’io è
superato.
“La mia gioia è completa” perché ha visto realizzato un suo sogno; se non lo avesse
visto realizzato ci sarebbe stata l’insoddisfazione; cioè ha visto la
realizzazione del suo sogno, la glorificazione di Gesù: “Tutti vanno da
Lui”.
Giovanni
Battista che venne a preparare la via al Messia, vedendo che la gente va, è
contento, qui abbiamo la grandezza del Battista, che deve essere quella di ogni
uomo, non pensare a sé ma glorificare Dio. Dirà dopo: “È necessario che Lui
cresca”.
“Chi ha la sposa è lo sposo”; Giovanni Battista tende a spostare l’argomento sul
centro della scena, Cristo, per evitare la rivalità tra i due sposi se li si
considera entrambi come tali.
Lo
sposo ha la sposa; lo sposo è colui che resta con la sposa. La sposa dell’anima
è lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. Giovanni Battista aveva visto nel
battesimo di Gesù che lo Spirito di Dio scese e rimase su di Lui. La
caratteristica del Figlio di Dio sta nell’avere con sé lo Spirito; nella
creatura lo spirito va e viene, invece il Figlio rimane nel Padre, nella
conoscenza di Lui. In Cristo abbiamo una permanenza, nelle creature abbiamo
l’instabilità, ma siamo chiamati a diventare sposi in, permanenti nella verità
di Dio; lo sposo è colui che resta con la sposa. Se non fossimo visitati da
Dio, non potremmo neppure sognare la verità, ma pur sognandola siamo instabili,
non siamo ancora sposi della verità. Solo colui che rimane nello spirito, il
Cristo, può dare lo spirito, cioè rendere stabili; solo chi è nel cielo può
portarci nel cielo. Noi un giorno siamo tutti spirituali e un giorno tanto
materiali, dobbiamo diventare stabili e ci può aiutare solo chi è stabile.
È
sbagliata l’interpretazione di questo versetto, che vede nella sposa tutta la
gente che corre al Cristo, la Chiesa, perché prima la gente accorreva a
Giovanni Battista; la verità si testimonia da sola, non sul piano sperimentato.
Infatti distinguiamo lo sposo non con un criterio statistico: va più gente da
Lui quindi è lo sposo; ma “Chi viene dal cielo è al di sopra di tutto”.
Versetto
30: la sposa allora va cercata qui. Chi parla delle cose dello spirito ha lo
Spirito in sé, la sposa; Cristo viene a parlarci delle cose del cielo: è questo
che caratterizza il Messi dagli uomini, nessuno può parlarci come Lui; Lui solo
ci fa conoscere il Padre. “Tu solo hai parole di vita eterna”. Ne
abbiamo una conferma, di questa interpretazione, al versetto 34: “Quegli che
Dio ha inviato, pronuncia parole di Dio, perché Dio non gli dà lo Spirito con
misura”, cioè per un certo tempo. Questo versetto chiarisce meglio che la
sposa è lo Spirito. Quindi ciò che caratterizza lo sposo, il Messia, è che ci
parla cose di Dio: “Quegli che Dio ha inviato pronunzia parole di Dio” e
chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Giovanni Battista che è da Dio si
rallegra; l’uomo invece “Chi è dalla terra appartiene alla terra e parla
della terra” versetto 31, invidia. Come ad esempio i farisei che invidiano
la posizione del Cristo “Essendo uomo ti fai Dio”, l’uomo da solo non
può fare nulla. Chi è staccato da Dio dice: “È un uomo che parla” e non
sa e non può coglierlo da Dio.
Poi
c'è il commento al versetto 30 “È necessario che Egli cresca e che io
diminuisca” e questo argomento l’ha già spiegato domenica scorsa.
Versetto
31: “Chi è dal cielo è al di sopra di tutti e annuncia ciò che ha visto e
udito e nessuno accetta la sua testimonianza. Chi accetta la sua testimonianza
con ciò suggella che Dio è verace”. Chi accetta conferma la verità e prova
a se stesso che Dio è vero. Questa testimonianza vale anche per gli altri, ma
per essere riconosciuta esige sempre una partecipazione personale, cioè che chi
la riceve abbia presente il Pensiero di Dio. Abbiamo l’esempio di Cristo, chi
più di Lui rese testimonianza a Dio? eppure ci fu chi gli disse “pazzo”,
“satana”. Chi ha presente il Pensiero di Dio Lo riconosce; chi non ha
presente il Pensiero di Dio vede in Lui solo l’uomo. È sempre l’interno che
illumina l’esterno, l’esterno è una breccia che ci porta all’interno, che ci
segnala Dio. Suggellare vuol dire mettere il sigillo, confermano, rendono
testimonianza. Rendere testimonianza, si suggella, si conferma la verità; si
prova a se stesso e agli altri che Dio è verace, ma solo aderendo alla
testimonianza di Dio.
Se
succede qualcosa che non è gradito, ma riconosco in questo l’opera di Dio,
aderendo suggello la verità, rendo testimonianza alla verità di Dio. Il vedere
viene dopo, prima devo aderire; la testimonianza a Dio si rende sempre quando
lasciamo fare a Dio; quando ci ribelliamo abbiamo la creatura che non rispetta
più. Dio prende lo stesso testimonianza dalla sua notte, perché raccoglie
testimonianza da tutto. Più la creatura partecipa aderendo, più vive e più
aumenta la sua pace, la luce, la stabilità; è una conseguenza del nostro far
grandeggiare Dio, ma se non lo facciamo, gli rendiamo gloria lo stesso, ma noi
ci carichiamo di angoscia, di confusione, instabilità, ecc..
Tutto
fin dal primo giorno della creazione, Dio l’ha fatto per renderci partecipi
della sua gloria, ma dipende da noi. Se aderiamo è grazia sua, se rifiutiamo la
colpa è nostra.
Versetto
34: “Perché quegli che Dio ha inviato pronunzia parole di Dio, perché Dio
non gli dà lo spirito con misura”, ma qui non siamo ancora arrivati….
Luigi: C'è
qualcosa da dire su quanto è stato letto? Soprattutto è importante sottolineare
che è il concetto di permanenza che distingue il Figlio di Dio dalla creatura.
Nino:
Bisognerebbe avere un Vangelo su cui si potessero fare delle annotazioni…
Luigi: Un
nostro amico ha disfatto un Vangelo completamente; poi ha introdotto tra ogni
pagina un foglio bianco poi lo ha rilegato e cosi poteva inserire le
annotazioni.
Cina: Se non
c'è l’io si gode sempre del bene dell’altro; non c'è rivalità.
Luigi: C'è
invidia, si invidia il bene dell’altro. Per cui in Paradiso, pur essendo
diversi, non si invidia nessuno perché non c'è l’io; dove c'è la carità,
invece, la carità si sopporta tutto, crea tutto, ama tutto.
Cina: Fa diventare
superiore…
Luigi: Perché
si glorifica Dio in tutto e per tutto; quindi se Dio ad uno dà cento, si
glorifica Dio per il cento; se all’altro dà dieci, glorifica Dio per dieci; se
a me dà uno, glorifico Dio per quello che Dio ha voluto fare. È li la grandezza
del Battista: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca” c'è
l’assenza dell’io. Mentre invece dove c'è il pensiero dell’io, c'è la pretesa.
Per quello che dico che tutti i problemi sulla giustizia sociale sono tutti
fasulli, perché non si riuscirà mai, fintanto che c'è l’io nell’uomo, non si
riuscirà mai a fare la giustizia, perché la giustizia è quella che viene da
Dio, raccogliendo tutto nelle mani di Dio. Tutte le altre giustizie sono tutte
giustizie sbagliate, che suscitano dei problemi sempre più grossi, perché una
persona non potrà mai convincersi che l’altro ha avuto lo stesso perché, sono
infinite le sfumature, per cui uno si ritiene sempre diverso dall’altro, o
ritiene di aver più diritto dell’altro.
Soltanto
scavalcando tutto, e vedendo tutto da Dio, allora si incomincia a lodare, a
glorificare Dio. Il principio è quello: tutto è opera di Dio e tutto viene da
Dio.
È
perfettamente inutile fare tanti problemi sociali, umani, di giustizia; perché
le complicazioni, è come la torre di Babilonia: “Vogliamo glorificare la
torre di Babilonia per glorificare noi stessi”, ad un certo momento non ci
capiamo più a vicenda. Non possiamo, non c'è nessun sistema che possa liberarci
dall’egoismo, solo Dio ci può liberare dall’egoismo. Ora, l’egoismo tende
sempre a soffocare gli altri, tende sempre a strumentalizzare gli altri, perché
pensa a se stesso. Pensando a noi stessi, siccome il nostro io è universale, è
un centro di attrazione universale, perché è fatto per contemplare Dio, che è
l’Unità massima, quindi se noi pensiamo a noi stessi, noi diventiamo degli
accentratori al massimo. Ma come io divento accentratore immediatamente
incomincio ad immagazzinare tutto intorno a me e a strumentalizzare tutti gli
altri creando lutti, conflitti, gelosie e tutto quanto…. È sempre il nostro io.
Quindi
la via è quella: quella del superare noi stessi, ed è l’unica cosa su cui noi
dobbiamo puntare, non c'è niente altro su cui bisogna insistere! È questo
superamento dell’io per mettere Dio al centro; e siamo nell’Antico Testamento.
Se non ci convinciamo di questo, è perfettamente inutile ogni giustizia, ogni
lotta, ogni opera sociale, umana.
C'è
un umanesimo che agli occhi nostri sembra giusto e invece è delittuoso perché
uccide e soffoca completamente l’uomo perché esaspera i problemi umani che sono
espressioni dell’io e quindi diventa delittuoso perché distoglie l’uomo dalla
ricerca di Dio.
Il
fatto che noi presentiamo i fatti come opera di uomo, invece che di opere di
Dio, già immediatamente distogliamo, quindi uccidiamo gli uomini perché li
distogliamo dalla vera via: quella del superamento di se stessi per arrivare a
Dio che è il vero problema ed è l’unico problema. Quello di cui parla Gesù: “Cercate
prima di tutto il regno di Dio e tutto il resto…” e Lui si rifiuta di fare
la giustizia umana, si rifiuta!
Cina: Anche
là dove sarebbe giusto…
Luigi: Anche
là dove sarebbe giusto! “Di a mio fratello che divida con me l’eredità!”
Gesù risponde: “Guardatevi da ogni avarizia! La vita non sta li!”. La vita
non sta nei beni che si posseggono, la vita viene da altrove.
Eligio: Gesù e
Giovanni Battista si trovano entrambi in Giudea ed entrambi battezzano. Questo
è un segno quindi portiamo tutti dentro di noi una Giudea interiore. Quindi
abbiamo Gesù che annuncia la verità e il Battista che si ferma vicino a Gesù
perché c'è molta acqua. Ora, riferendo ad ognuno di noi, alla nostra anima, che
significato possiamo dare alla permanenza del Battista vicino a Gesù per il
fatto che c'è molta acqua; vuol dire molta sapienza?
Però
anche Gesù usa l’acqua per il battesimo…..
Luigi:
Precisiamo prima di tutto cosa significa Giudea; è chiaro questo?
Eligio: È la
regione che è sorgente di questa luce, di questa verità, di questo annuncio che
ci segnala il Salvatore…
Luigi: Si,
perché noi abbiamo detto che Giudea, “La salvezza viene dalla Giudea”
dice Gesù. Quindi Giudea rappresenta l’anima che cerca Dio, che cerca la
conoscenza di Dio. Abbiamo visto nel Vangelo: “Voi samaritani adorate quello
che non conoscete; i Giudei adorano quello che conoscono”. Quando abbiamo
dovuto determinare il termine di adorare abbiamo detto che adorare significa
mettere Dio prima di tutto, mettere in alto nella nostra vita, riferire tutto
a.
Allora,
noi nella nostra vita mettiamo prima di tutto quello che ad esempio non
conosciamo, cioè la ricerca di quello che noi non conosciamo; ad esempio
abbiamo come prima di tutto il denaro, cioè a noi non preoccupa la conoscenza.
Eligio: Non
siamo in Giudea…
Luigi: Non
siamo in Giudea; allora noi nella terra del nostro io, non in Giudea, mettiamo
prima di tutto non la conoscenza, non la ricerca di Dio ma mettiamo prima di
tutto l’ambizione, la figura, l’onore, non la conoscenza. “La salvezza viene
da mettere la conoscenza di Dio prima di tutto”, quindi dal cercare Dio
prima di tutto. E allora noi siamo in Giudea; al centro del popolo elette, del
popolo ebraico noi abbiamo: “Togliti i sandali perché il luogo su cui stai è
terra sacra, terra santa, dove Io sono Colui che è”. Al centro di tutto c'è
Dio che parla all’uomo e l’uomo che deve considerarsi in terra sacra, tutto è
sacro, tutto è adorabile tutto è Parola di Dio, tu ti trovi in questo luogo
qui. Allora quando l’uomo riconosce questo entra in Giudea; essendo in Giudea
riferisce tutto a Dio quindi mette la ricerca di Dio prima di tutto. In questo
territorio qui, abbiamo la grande sintesi del Giovanni Battista che è il
segnalatore.
Per
cui tutte le opere in Giudea, ci convogliano al Cristo. E direi che il Giovanni
Battista è la voce che raccoglie tutte le voci di Giudea in questa unica
espressione: “Ecco l’Agnello di Dio” e lo segnala.
Per
cui noi abbiamo alla conclusione, sull’orizzonte della Giudea, al vertice della
Giudea, noi abbiamo Giovanni Battista che dice: “Ecco…” alla presenza
del Cristo perché l’altro potrebbe dire: “Ecco”; quando si dice: “Ecco..”
c'è una copresenza.
Eligio: Però
dovrebbe scomparire il Giovanni Battista ..
Luigi: E
infatti la figura del Battista scompare.
Eligio: Però
qui dice che battezzava..
Luigi: Permane
perché non era stato ancora messo in prigione, ma come lui termina la sua
missione scompare. E abbiamo visto che per concludere la sua missione non sia
sufficiente dire: “Ecco” ma è ancora necessario qualche altro argomento
affinché alcuni dei suoi discepoli, per motivi loro personali, restano ancora
affezionati, motivi umani, al Giovanni Battista.
Eligio: Scusa,
questo vorrebbe significare quei motivi umani che sopravvivono in noi, pur
incontrando il Cristo? Quei motivi che non riusciamo a superare?
Luigi: Si, ci
impediscono però di andare al Cristo, cioè ci impediscono di continuare con il
Cristo; per cui noi fraintendiamo il messaggio del Cristo in regola, lo
riteniamo regola di vita. Fintanto che noi riteniamo la salvezza in una regola
di vita, noi siamo con il Battista, ma per motivi umani; cioè noi siamo con la
legge, ma la legge applicata come regola, per cui: “Non rubare”, “Io
non rubo quindi sono salvo”. E intanto però ho dimenticato che il non
rubare è un comandamento dipendente dal “Ama il Signore Dio tuo con tutta la
tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso”. Se io non amo il
Signore Dio mio con tutta la mia mente, con tutto il mio cuore, con tutte le
mie forze, con tutto me stesso, apparentemente non rubo, ma sostanzialmente io
sono ladro, io rubo. Anche se non ne sono cosciente; cioè io ho trasformato la
legge della salvezza in una regola, in un modo di essere, in un modo di fare
allora resto con il Giovanni Battista. Allora ho bisogno ancora che Giovanni
Battista mi solleciti ad andare al Cristo. Per cui non basta che Giovanni
Battista mi dica: “Ecco l’Agnello di Dio”, io non ubbidisco a questo
perché per me la vita sta in una regola e la mia regola è rappresentata da
Giovanni Battista.
Eligio: Scusa,
non mi resta ancora chiaro come in questa Giudea interiore possano esistere il
Cristo che dovrebbe annullare il Battista, e il Battista stesso; intendendo la
Giudea come un fatto emblematico per ogni anima.
Luigi: Sono
fatti transitori; il Giovanni Battista non permane, Cristo permane e anche noi
non permaniamo per cui l’opera del Battista permane in noi, la segnalazione,
permane in noi per un certo tempo. Se poi dopo noi non intendiamo, non passiamo
al Cristo, al solo – Cristo, perdiamo tutto: perdiamo il Cristo e perdiamo
Giovanni Battista.
D’altronde
anche con il Cristo possiamo fraintendere e non continuare con Cristo fino alla
Pentecoste, fino al Padre; per cui noi possiamo crederci con il Cristo in
quanto imitiamo certi tratti di strada con il Cristo, ma non continuiamo col
Cristo oltre certe sue esigenze, oltre certe sue lezioni e allora non arriviamo
al Padre.
E
ad un certo momento noi ci sentiamo staccati dal Cristo.
Cioè
tutto è segnalazione, ma in quanto è segnalazione è passaggio, invito a
passare: fare Pasqua.
Stamattina
tu stesso hai letto: “Se siete morti con Cristo non occupatevi più delle
cose che si vedono, ma passate (Pasqua) alle cose che non si vedono. Non
cercate le cose della terra, cercate le cose del cielo dove Cristo è alla
destra del Padre”.
Allora
vuol dire che se Cristo è alla destra del Padre, Cristo non è più nelle cose
della terra, ma è passato; “E se voi siete morti con Cristo: passate;
altrimenti siete staccati”.
Per
cui noi possiamo crederci ancora con Lui ma non siamo più con Lui.
Eligio: In
questo passaggio noi troviamo la figura del Cristo di cui abbiamo una
percezione altrimenti non lo seguiremmo e abbiamo la figura del Giovanni
Battista quindi abbiamo degli elementi umani fintanto che queste due figure
coesistono…
Luigi: Si,
queste due figure coesistono in quanto l’Antico Testamento segnala il Nuovo
Testamento. L’Antico Testamento, con la voce del Battista dice: “Ecco”.
Quindi tu capisce che Giovanni Battista non può dire: “Ecco” se non c'è
la copresenza dell’Altro.
Perché
noi abbiamo i profeti antichi, già in Giudea, che dicevano: “Verrà” e
allora l’anima che riceve le segnalazioni e sospira l’incontro con Colui che
dovrà venire, perché tutte le creature mi parlano di Lui però io non lo vedo e
nessuna creatura me lo indica con il dito: “È Lui”.
Allora
si forma nell’anima la situazione di attesa, l’anima aspetta, invoca, prega,
piange, si sente in esilio; ecco abbiamo una segnalazione da lontano: “Verrà
il giorno”.
Giovanni
Battista è colui che me lo indica con il dito e mi dice: “Ecco”.
Per
cui io con lui ho l’individuazione; cioè quando si mette Dio al centro si forma
in noi questa fame che dà a noi la possibilità di individuare il Messia; per
cui io dico: “È Lui, Colui che io aspettavo!” e passo, se passo.
Se
invece in me ci sono i motivi dell’io che per un motivo o per un altro mi
legano al Giovanni Battista, la regola, la figura, la pretesa, o altro, per cui
io resto legato umanamente al Giovanni Battista. Giovanni Battista che è
fedele, troverà il modo, fino alla fine, di convogliarmi al Cristo.
Per
cui lui non mi dice: “Va” ma mi presenta i motivi per cui debbo andare.
E
all’ultimo di dirà ancora, siccome sono legato al Battista, “Va a mio nome!”;
perché se lui mi dicesse: “Va” per conto mio io non voglio andare.
Allora mi dice: “Va a mio nome”, perché io mi muovo su Giovanni
Battista; “Va a mio nome e chiedigli: Sei tu quello che deve venire? E vedrete
cosa vi dice”.
Ma
tutta l’opera del Giovanni Battista è quella di convogliare tutto ciò che ha,
tutto di sé: “La mia gioia è completa”, tutto di sé all’Altro: “È
necessario che Lui cresca” cresca fino a che punto? Tutto!
Abbiamo
detto l’altra volta, che il cielo deve crescere fino a far diventare la nostra
terra cielo, fino ad assorbire tutta la nostra terra.
Giovanni
Battista è la terra che vuol far crescere il cielo fino ad assorbire la terra.
E
come fa a farlo crescere? Convogliando tutto.
E
lui morendo, come ha convogliato tutto poi muore.
Allora
Erode lo prende e lo mette in prigione, succede che Salomè balla e come
l’Impero romano che viene mosso nel momento opportuno, col pretesto del
censimento, affinché quella coppia deve spostarsi a Betlemme per far nascere
Gesù a Betlemme: tutto incomincia a muoversi, perché Dio lo muove. “Va”
i tempi è Dio che li determina.
Come
la figura del Battista è esaurita, è finita, avviene il delitto, avviene la
morte, viene sottratto, ha finito.
Non
sono gli uomini che hanno mosso è Dio che ha determinato il tempo.
Cosi
Gesù, fintanto che la sua missione non è finita, anche se hanno cercato di
lapidarlo dice: “Nessuno può fare niente perché il mio tempo non è ancora
giunto”. Quando il suo tempo è giunto, Giuda si agita, vuole tradirlo, il
Sinedrio complotta, finché arriva la croce, la morte: ma il tempo lo ha
determinato Dio; la missione era compiuta, ed era necessario.
Ecco,
tutto è predisposto, capisci?
Cosi
anche la nostra morte, non ci sorprende perché arriva quando la nostra missione
è finita; quando ormai abbiamo risposto tutto e non possiamo rispondere di più;
vivessimo anche mille anni, non rispondiamo di più, e allora è finita; Dio non
ci tiene mica un giorno in più. A fare che cosa.
Eligio:
Nell’analisi dei segni, è difficile però capire la conclusione del Battista;
perché lui ha la funzione di orientare e di segnalare il Cristo ed è una
funzione stupenda, meravigliosa, quindi penseresti che, conclusa la sua
missione, la sua conclusione sia la gloria (ad esempio come la Madonna), invece
lo vediamo in prigione, riceve una ricompensa un po’ meschina.
Luigi: Vedi,
ogni figura, siccome qui siamo sempre sulla scena del mondo, ogni figura è un
attore, non vive il suo dramma, ma rappresenta…
Nino: Ma noi
vediamo quante figure abbiamo che hanno ben meritato ma hanno fatto una brutta
fine: guarda Charles de Foucauld o Gandhi………….
Eligio: Sono
figure sempre molto lontane dal Battista…
Pinuccia: E Gesù
sulla croce?
Nino: A volte
mi sono trovato disorientato davanti a persone che hanno ben meritato davanti a
Dio che alla fine vengono puniti con la spada….
Luigi: Ma quella
non è mica una punizione..
Nino: Adesso
lo capisco, ma una volta mi trovavo disorientato davanti a cose del genere.
Adesso penso che hanno fatto la fine di Gesù….
Eligio: Che
significato può avere la prigione in cui è stato messo Giovanni Battista e la
sua decapitazione per noi. Perché Elia viene assunto in cielo e il Battista
viene decapitato…
Nino: Nella
figura di Giovanni Battista è realizzata la parola di Gesù: “Vi manderanno a
morte pensando di rendere gloria a Dio”.
Luigi: “È
necessario che il seme caduto in terra muoia per produrre molto frutto”.
Eligio: Ad
esempio San Giuseppe ha fatto una morte ben diversa, pur essendo un uomo
giusto…
Luigi: Ma non
è che tutti i giusti debbano morire in quel modo, non è questo, perché non c'è
una regola nell’opera di Dio, capisci? Sono degli spettacoli. Altrimenti io
posso pensare: “Se io vivo bene, muoio nel mio letto; se invece vivo male
muoio di un tumore. Oppure, se io vivo bene il Signore mi fa vincere alla
Sisal; se vivo male Dio mi manda una disgrazia….”. Ognuno ha una sua
lezione che deve essere da noi assimilata. Ecco per cui abbiamo tante lezioni e
sono tutte diverse perché noi tendiamo sempre a scivolare nella regola. Appena
capiamo che Dio tratta in quel modo, immediatamente ci adeguiamo e ci camuffiamo;
per cui non è mica che inganniamo Dio, ma inganniamo noi stessi. Per cui: “Se
io tocco questo tasto ottengo quel determinato regalo”, noi tendiamo ad
associare in quel modo. Tu vedi il popolo eletto con quanta facilità cadeva in
questo errore. E tutti quanti noi cadiamo perché non c'è diversità tra noi e il
popolo eletto…
Pinuccia: Quindi
tu dici che c'è un’intenzione interessata nell’essere buoni, nell’amare Dio?
Luigi: Può
venire fuori questo! Perché se Dio ci desse tutte lezioni uguali, ad esempio:
“Tutti i giusti vengono portati in cielo, vengono glorificati”, ma noi potremmo
intendere e seguire Dio per quella glorificazione li e ci danneremmo in pieno
perché lo facciamo nel pensiero dell’io, ci illuderemmo! Perché noi ameremmo
Dio non per la sua verità ma per il suo dono, per la sua ricompensa, cioè noi
non usciremmo dal pensiero dell’io.
Pinuccia: Però
quando ad esempio il Signore ci prova, un dolore, una disgrazia, noi
comprendiamo che magari il Signore ce lo manda per richiamarci a Lui, lo interpretiamo
come un richiamo, e che magari, ritornando a Lui, quella prova cessa. Allora
questo sforzo di cercare Dio è sempre nel pensiero dell’io?
Luigi: No, è
intendere che prima di tutto Dio non opera per farci soffrire, questo è logico,
Dio opera per salvarci. Però la salvezza passa attraverso questo punto
chiave: il superamento di noi stessi, la morte al nostro io.
La
conclusione è questa: come mai c'è la croce? Come mai c'è Cristo? Come mai
Cristo muore in croce? Per quale motivo è morto? Per quale motivo c'è questa
tragedia qui al centro dell’universo? Un uomo crocifisso, che muore in quel
modo, perché?
Evidentemente
è una lezione che noi dobbiamo assimilare e attraverso cui dobbiamo passare;
cioè c'è una morte a noi stessi, al nostro io.
E
soltanto se noi commoriamo con Lui siamo salvi. Altrimenti diciamo: “Signore
io ti ringrazio che sei morto sulla croce e adesso me ne sto tranquillo e
contento”. No, assolutamente no. Quella è una lezione che va capita. Non
posso dire: “Signore tu sei morto, io ti ringrazio tanto e adesso me la
spasso”, perché tanto Lui è morto per me, mi ha salvato. No! Se tu non
intendi la lezione e non commuori con Lui; “Se siete morti con…”, in
tutte le lettere di San Paolo c'è sempre quel “con”, “con”.
Quindi
intendere il significato di quello che è avvenuto vuol dire assumerci la
responsabilità (perché quello ci rende responsabili) di un passaggio, di una
morte a noi stessi; capire che cosa ha voluto Dio significarci nel far morire
suo Figlio sulla croce. Noi dobbiamo morire a noi stessi per far vivere Dio
in noi.
“È necessario che Lui cresca” che Dio cresca; quindi dimenticare noi: questa è la
grande lezione, è l’anima di tutto.
Allora
noi in tutte le lezioni di Dio, in tutte le opere di Dio, abbiamo tante lezioni
diverse. Per cui un giorno Dio ci manda un regalo, il giorno dopo invece ci
manda una batosta. “Come mai Signore? Non sono stato mica più cattivo di
prima!”; è per farci capire che non dobbiamo vivere per quel regalo; perché
quel regalo li ha un suo significato.
È
logico, Dio non vuole mica vederci soffrire, quindi magari ci manda dei dono
buoni, ma noi allora incominciamo a vivere per i doni buoni.
Perché
noi dobbiamo sempre intendere il significato dei doni buoni, le opere sono
sempre quelle, anche se ci tratta bene, di farci superare il pensiero del
nostro io e di imparare a fare la verità, a farla questa verità, quindi a fare
Dio, noi siamo chiamati a fare Dio, a partecipare, a generare Dio, perché Lui
ci chiama a fare una cosa sola con Lui.
Non
saremo mai Dio anche se faremo una cosa sola con Dio, ma non saremo mai Dio
perché saremo sempre creature, per cui non potremo mai essere autonomi, è
logico perché la verità e Lui. Però siamo chiamati a partecipare e partecipare
vuol dire ciò che fa Lui, generare ciò che genera Lui, operare nell’intenzione
e nello spirito suo, nella sensibilità dello spirito suo.
Quindi
ci vuole quella dimenticanza completa, assoluta perché noi siamo chiamati a
diventare tutto pensiero di Dio, e quando dico tutto pensiero di Dio intendo
figlio di Dio: il Figlio di Dio è tutto pensiero di Dio.
Ma
se dico tutto pensiero di Dio non dico più pensiero dell’io perché il pensiero
dell’io è scomparso. Cioè il pensiero dell’io è diventato tutto pensiero di
Dio, contemplazione di Dio.
È
un errore: tutta la teoria attuale basata su Marx che dice: cessiamo di
contemplare la terra, dobbiamo operare e trasformare la terra, quello che vale
è trasformare. No! Quello che vale è contemplare, è intendere il significato.
Quindi contemplazione della terra è intendere il significato dell’opera di Dio;
non intende l’operare e il trasformare. Anzi più noi operiamo per trasformare
la terra, arriviamo a distruggere la terra. Quindi sta fermo non muoverti, non
operare, cerca di capire le lezioni di Dio.
Allora,
se è importante cercare di capire, l’uomo è essenzialmente pensiero,
comprendendo, cosa succede? Che l’uomo diventa contemplazione di, cioè diventa
pensiero di, chi opera è l’Altro, chi opera è Dio. Noi siamo chiamati a
diventare contemplatori dell’opera di Dio ma contemplando facciamo, generiamo
il Verbo, diventiamo pensiero di, e parliamo di, e glorifichiamo di,
glorifichiamo tutto Dio. Quanto più noi glorifichiamo Dio, tanto più il nostro
io scompare, non esiste più perché tutto è opera di Dio; anche la nostra terra,
anche le nostre opere sono opere sue; i nostri pensieri sono suoi, le nostre
parole sono sue, le nostre azioni sono sue. È tutto Lui, noi diventiamo
contemplatori, pensatori di Dio: ecco allora abbiamo il tutto pensiero di Dio.
Per entrare qui c'è questa morte a noi stessi, che è la condizione essenziale.
Ecco, fintanto che noi non capiamo questo, noi abbiamo bisogno di queste
lezioni qui, lezioni di morte, lezioni di croce, lezioni di passaggio,
altrimenti noi tendiamo sempre a confondere: “Se io faccio questo poi Dio mi
remunera cosi”, a trasformare tutto in regola, per cui tocco questo tasto e mi
salta fuori il panino. La nostra vita diventa cosi, per cui se io faccio
l’elemosina poi il Signore mi ricompensa dall’altra.
Ad
un certo momento tendiamo a trasformare tutto in una regola, io do, cosi
ottengo; si tratta solo di capire qual è la regola di Dio e poi dopo io,
inserendomi in questa regola di Dio sono a posto. No! Perché si tratta di
entrare in un amore personale per, si tratta di amare, si tratta di conoscere;
non è una regola di vita.
Ora
noi, fintanto che siamo nel pensiero del nostro io, tendiamo sempre, anche nei
riguardi di Dio, a fare delle regole: abbiamo le virtù, abbiamo delle regole, abbiamo
i nostri programmi, ma non abbiamo invece questa preoccupazione di conoscere
Colui che è tra noi, che è presente, che opera in tutto.
Pinuccia: Per
liberarci dal pensiero dell’io dobbiamo ascoltare il richiamo però non con il
fine di essere liberati da quella prova…
Luigi: Ma il
richiamo è un po’ più complesso! Lui nel richiamo non ci dice solo: “Devi
conoscere Me, devi cercare Me”, ma ci indica anche la via.
Le
sue opere sono segnalazione e sono anche via per arrivare alla meta. Per cui
quando Lui mi segnala, mi dice anche: “Guarda che per arrivare là devi anche
morire a te stesso”.
Ora,
io dico “via” a parole, “devi morire a te stesso”, Lui mi dà le
lezioni con i fatti e mi dice: “Devi morire a te stesso”. Quindi mi
segnala dove debbo arrivare, quello che devo cercare prima di tutto, e mi dice
anche: “Guarda che fintanto che non muori a te stesso, tu sbagli tutto”.
Per cui tu ti illudi magari di camminare, ma non cammini mica.
E
Lui ha tutto questo programma da svolgere con ognuno di noi, perché ognuno di
noi è un caso a sé, per convincerci a questa morte a noi stessi, a piantarla li
di pensare a noi.
Tu
pensa che noi viviamo quotidianamente immersi nel pensiero dell’io, sempre
riferendo tutto a noi, sempre parlando di noi.
Proviamo
a dire: “Da questo momento qui non parliamo più di noi stessi”, voglio
proprio vedere di cosa parliamo.
Continuamente
diciamo: “Io ho fatto questo, io ho fatto quello; sono andato qui, sono
andato là, io …. Io … io…” e Dio?
Dobbiamo
invece diventare dei contemplatori di Dio come attualmente siamo dei
contemplatori di noi stessi: noi contempliamo noi stessi.
Quindi
quando incontro una persona, non fa altro che presentare la vetrina di tutto
quello che è in quel giorno li; cioè il nostro io è operatore e noi siamo
fuori…
Signora: Ma è
Dio che ci fa operare…
Luigi: Certo…
ma lei capisce che se noi siamo contemplatori di Dio, non facciamo altro che
descrivere ciò che Dio fa. Allora devo diventare un descrittore di Dio, non un
descrittore di me stesso.
Nino: Anche
adesso ma noi stiamo ricercando una regola per arrivare li… mentre la regola è
non cercare regole.
Luigi: No,
perché noi dobbiamo essere dei contemplatori di questo Essere che fa tutto..
Nino:
Dobbiamo rinunciare a tutto, anche alle regole pur di allargare la mente…
Pinuccia: Non so
se …
Luigi: Se tu
vivessi con una persona che ami infinitamente, cosa faresti tutto il giorno?
Non faresti che osservare che quella persona li fa per capirne il pensiero, per
capire quello che opera; e con gli altri cosa direbbe? Parlerebbe soltanto di
quello che ha fatto quella persona, quello che ha detto quella persona: la
glorificazione di..
Se
noi vivessimo in continuazione con Dio, Operatore di -, e noi contemplatori
suoi, noi non potremo fare a meno di dire: “Dio oggi ha fatto questo, ha
fatto quell’altro”, sempre! Perché è Lui! Oppure non siamo convinti che sia
Lui, che siano gli uomini, allora parliamo degli uomini. Allora, dobbiamo
cessare di parlare degli uomini se siamo convinti che è Dio l’Operatore, che è
Lui che opera anche negli uomini, mi spiego? Perché se io sono convinto che Dio
è anche l’Operatore di tutti gli uomini, anche attraverso gli uomini, io devo
parlare di Dio, non devo parlare dell’uomo.
Perché
parlando dell’uomo, prima di tutto, inganno me stesso, ma inganno anche gli
altri, perché dico: “Guardate che i tali uomini hanno fatto questo!” e
gli altri dicono: “Ah, sono gli uomini che hanno fatto questo!”; “Quel tale
è un delinquente!”, “Quel tale invece è un grande”, “Se quel politico avesse
queste idee invece di quelle altre chissà come andrebbe meglio…”: e Dio
dove lo mettiamo? C'è o non c'è? È Lui il Creatore o no? E se siamo convinti
che sia quello, perché parliamo degli uomini? Bisogna parlare di Dio.
Ora,
come mai non parliamo di Dio? perché non siamo dei contemplatori di Dio; e
allora certo, se io non sono un contemplatore di Dio, non posso parlare di Dio;
non lo vedo, e allora parlo di quello che vedo e allora dico: “È il gatto
che mi ha portato via la bistecca” non vedo Dio, vedo il gatto; per me
l’operatore è il gatto. Oppure è il tempo che fa succedere questo, non mi
preoccupo più, mi fermo alle cause seconde, non mi preoccupo più perché non
vedo Dio e allora parlo secondo quello che mi appare e mi fermo alle apparenze
e ritengo che la realtà sia l’apparenza; ma l’apparenza per me è realtà perché
è riferita al mio io, è sotto di me, è il mondo sotto di me, ma allora io ho
dimenticato il mondo sopra di me, e questo non mi salva, mi gonfia. Allora
tutti gli uomini sono sotto di me e allora parlo degli uomini; questo come dico
mi gonfia e non mi salva e non salva nessuno e divento omicida.
Bisogna
entrare in quest’ordine di idee: se siamo convinti che Dio è l’Operatore di
tutto, che Lui non è soltanto il Creatore ma è Colui che in tutto opera per
questo fine ben chiaro, preciso e allora dobbiamo parlare di questo e
contemplare questo; se non facciamo questo siamo fuori.
Pinuccia: Forse
prima non mi sono spiegata bene perché avete inteso che io ricercassi una
regola.
Nino: È un errore
che faccio anch’io …
Pinuccia: Io
pensavo a queste pagine dell’Antico Testamento dove continuamente, per bocca
dei profeti Dio richiama il suo popolo a tornare a Sé. Lo ferisce e poi lo
invita a tornare a Lui perché lo curi. Mi pare che l’atteggiamento più giusto
non sia tornare a Lui affinché cessi il castigo, la punizione, l’importante è
che io torni a Lui disinteressatamente: è cosi la morte a noi stessi.
Dio
faccia quello che vuole…
Nino: Tanto
succede che Dio fa quello che vuole lo stesso…
Pinuccia: Si,
però un conto è tornare disinteressatamente e un conto è illudersi di ritornare
…
Luigi: Si,
allora Dio interviene con altre lezioni per farci capire. È molto più facile
per Lui crearci dal niente che salvarci da tutti i pasticci in cui noi ci mettiamo,
che richiamarci dalle strade in cui noi continuamente deviamo. È molto più
facile per Lui crearci dal nulla.
Come
è molto più facile per noi fare il nostro lavoro che magari aiutare un altro
che ha un testone cosi a imparare a farlo; si fa molto più in fretta a farlo..
Nino: È molto
più facile fare una dentiera nuova che aggiustarne una sbagliata…
Luigi: Certo,
tu pensa che noi continuamente abbiamo dentiere sbagliate e Dio continuamente
lavora sulle nostre note sbagliate per cercare di costruire una sinfonia nuova.
Appendice:
Nino: Adesso
bisogna far maturare quello che ci hai detto perché …
Luigi: Pasqua
…
Nino:
Dovremmo poi approfondire questo argomento: Gesù che si carica dei nostri
peccati.
Eligio: Certo che
i segni sono mal capire… mentre lui parlava del gatto, noi…
Nino: Quante
volte abbiamo sentito nelle letture l’invito ad abbandonarsi a Dio;
abbandonarsi a Dio vuol dire proprio smettere di cercare delle regole..
Eligio: Siamo
tutti d’accordo che la regola non salva…
Nino: Ma
quand’è che tu fai proprio l’atto di rinuncia; quando tu sai perdere qualcosa è
quando ti accorgi …
Eligio: Io sono
convinto che il peccato è quando agisco secondo il mio interesse, non quando
cerco la regola…
Luigi: Però
ecco, è un istante, tu pensa che dobbiamo imparare a diventare eternità …
Nino: Però è
già una finestra che ti fa intravedere qualcosa…
Luigi: Certo….
Eligio: È li
che io vedo veramente il peccato, non tanto nella regola, ma l’andare dietro
alle cose che mi interessano …
Nino: Perché
il Signore si comporta in modo diversissimo uno dall’altro, per portarci tutti
alla stessa meta, però ognuno di noi è differente…
Luigi: Ognuno
di noi è un suo mondo, la parola è uguale ma poi ognuno ha un suo mondo da
convertire, da far entrare..
Eligio:
Comunque siamo tutti convinti che senza l’adesione a Dio, la regola è
ipocrisia, è fariseismo..
Luigi: Siamo
convinti che la meta è che dobbiamo diventare tutto pensiero di Dio?
Eligio: Si ..
Luigi: Allora
se noi abbiamo presente questa finalità, io penso che sia facile sempre
misurare, fare il punto su noi stessi ..
Eligio: Si,
però direi che non dobbiamo neanche farlo il punto su noi stessi; “Siate
perfetti come il Padre vostro che è nei cieli” ho un punto di riferimento
che è inarrivabile, che però mi spinge in continuazione ad superarmi.
Luigi: Certo,
ma se io so che devo diventare tutto pensiero di Dio è logico che se mi scopro
che penso ad altro, o se penso a me stesso, sono lontano.
Eligio: Se
penso a qualunque regola che non sia l’amore di Dio, anche se parla di Dio, la
regola è deviante..
Luigi: Si, ma
anche lo stesso amore di Dio, perché io posso anche illudermi e dire: “Signore
io ti amo”, ma ad un certo punto la creatura mi diventa una regola. Io amo veramente,
quindi prego veramente quando non me ne accorgo nemmeno di pregare e amo
veramente quando non mi accorgo di amare. Perché altrimenti è una riflessione
su me stesso, direi quasi una soddisfazione: “Ah, ma io amo! Io sono capace
di amare!”, oppure “Io prego; io sono capace a pregare!” quindi ho
la soddisfazione di dire: “Sono diventato buono a pregare” ed è il mio
io. Ora, io direi che la vera preghiera è quando non ce ne accorgiamo nemmeno
di pregare…
Nino: La vera
preghiera noi la stiamo facendo qui, quando in base a quello che ci dice lui,
noi stiamo analizzando noi stessi in rapporto a Dio. Siamo ancora grossolani,
siamo ancora da fare. Nel momento in cui lui parla, noi in base a quello che
dice, analizziamo in nostri comportamenti in rapporto a Dio, quello è
preghiera, ed è la preghiera più proficua; perché quando noi siamo soli e
cerchiamo di fare della contemplazione, troviamo molto difficile perché
arrivano tanti pensieri; invece in questo momento proprio il suo pensiero cosi
definito, cosi chiaro, trascina anche il nostro e noi siamo contenti di
quest’ora qui proprio perché ci rendiamo conto che c'è qualcosa di guadagnato
per noi. Non è un’ora persa, è proprio un’ora guadagnata…
Luigi: Io non
c'entro mica niente…
Nino: C'entri
si, sei il tramite; è proprio la chiarezza del tuo pensiero che trascina una
chiarezza anche nostra; poi la perdiamo di nuovo però …
Emma: Bisogna
parlare di Dio non di noi stessi; ma non si può parlare di Dio con gli altri,
con chi se ne può parlare?
Luigi:
Signora, a fare scena muta, guardi che non ci rimette mica niente? Se non
riesce a parlare di Dio è meglio che lei taccia, tanto sono solo tutte parole.
Emma: Quando
si incontra la gente, si saluta e si dicono solo stupidate e non si può parlare
d’altro…
Comunque
ho capito che bisogna esaminare noi stessi…
Nino: No,
esaminare noi stessi non basta; esaminando noi stessi in rapporto a Dio…
Pinuccia: Ma non
dobbiamo dimenticarci? Se continuiamo a pensare a noi stessi..
Nino: Se noi
esaminiamo noi stessi in rapporto a Lui, arriviamo a dimenticarci;
Pinuccia: Se noi
pensiamo a Lui non è Lui che ci porta?
Luigi: È
l’argomento di cui si parlava prima con Eligio della coopresenza di Giovanni
Battista con Gesù ..
Pinuccia: È un
momento transitorio..
Luigi: Si,
perché fintanto che siamo nel pensiero del nostro io abbiamo bisogno di
Giovanni Battista.
Pinuccia: Si, ma
dobbiamo arrivare a pensare a Lui non a pensare a noi…
Luigi: Certo,
perché la meta è quella di diventare tutto pensiero di Dio perché siamo
chiamati a diventare figli di Dio. ha visto il diario di Marmacou: il suo
ideale era quello di diventare tutto pensiero di Dio, ed è vero!
Pinuccia: Ieri
sera abbiamo sentito alla televisione la testimonianza di Seniaski, uno
scrittore russo: dice che bisogna solo parlare di Dio. Diceva che nell’Unione
Sovietica non si può trovare un Vangelo, è proibito.
Luigi: L’avevo
citato a capo del libro Pensieri su Dio, all’inizio come introduzione.
Pinuccia: Diceva
che dobbiamo smetterla di parlare degli uomini. È una figura bellissima,
patriarcale. Quando è venuto a Fossano una persona è stata tanto colpita dal
fatto che lui non ha mai parlato male, né con risentimento verso l’Unione
Sovietica; è li che l’ha convinta.
Nino: Essere
carità vuol dire mai parlare male degli altri.
Pinuccia: Lui
diceva che in Unione Sovietica non si può trovare un Vangelo perché è proibito,
ma nonostante questo bisogna parlare di Dio e solo parlare di Dio perché
parliamo troppo di altro. Però parlare di Dio, come si fa? Dev’essere Dio che
parla in noi, solo Dio può parlare di Se stesso. La domanda era: come si fa ad
arrivare alla fede in un paese cosi?
Nino: Io
credo che forse è meno difficile che non qui..
Luigi: È
sempre Dio che parla in tutto..
Nino: Per lo meno
non è più difficile di qua.., anzi è proprio quando sei nelle persecuzioni che
ti chiudi nel segreto della tua stanza..
Luigi: Noi qui
ci crediamo religiosi, ci crediamo soltanto: è li il guaio. Il guaio del popolo
eletto, dell’essere nati in -; si crede per tradizione e manca l’amore.