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Dopo queste cose Gesù andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era là molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare. Giovanni infatti non era ancora stato mandato in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque una discussione con un giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da Giovanni gli dissero: “Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui. Giovanni rispose: “Nessuno può prendere qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui. Chi ha la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo che gli sta vicino e lo ascolta, è pieno di gioia per la voce dello sposo. Questa è la mia gioia, ed è piena”.Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”».

Gv 3 Vs 22/30 Primo tema


Titolo: È necessario che Lui cresca e che io diminuisca.


Argomenti: La novità che Cristo reca all’uomo – Le nozze di Cana – La cacciata dei mercanti dal Tempio – Nicodemo – L’amore di Dio e per Dio – Dio non punisce – Il rifiuto della Luce – La Giudea spirituale – Le apparenti contraddizioni – Giovanni Battista – Il sogno e il dovere – La creatura nuova – Il battesimo di giustizia -


20/Marzo/1977


 

Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Con l’incontro precedente abbiamo terminato l'incontro notturno con Nicodemo, e qui cambia la scena poiché il Vangelo dice: “Dopo queste cose Gesù con i suoi discepoli andò nel paese della Giudea e vi si intratteneva con essi e battezzava”. Oggi ci fermiamo su questi versetti.

Dopo queste cose…”. Ora, teniamo sempre presente che in tutte le parole che il Vangelo ci presenta, magari cambiano i personaggi, cambiano le scene, però tutto è lezione per la nostra vita spirituale, e quindi ogni cosa segna una tappa verso la meta che è quella della scoperta della presenza di Dio in noi, l'inizio della vita eterna in noi.

Dopo queste cose …”, queste cose che sono avvenute in questi ultimi tempi nella vita di Gesù furono:

·         a Cana il primo miracolo;

·         la cacciata dei mercanti dal Tempio;

·         e l'incontro notturno con Nicodemo.

Sintetizziamo un po’ gli argomenti per definire le tappe di questo cammino spirituale.

Nella lezione di Cana (ne abbiamo parlato per due mesi) è sintetizzata la novità che Cristo reca all’uomo, l'incontro con Cristo; la trasformazione di vita, cioè la trasformazione dell’acqua in vino, dopo aver provato tutti gli altri vini.

Non solo, perché Lui in un primo tempo rimprovera sua Madre, che non è giunta la sua ora, per il semplice fatto che l'attenzione degli uomini era rivolta ad altri, era rivolta agli sposi e quindi, naturalmente, non era il suo tempo. Perché Lui è il Verbo di Dio, ed essendo il Verbo di Dio è il Verbo che parla; in quanto parla, “l'ora sua” è determinata dall’ascolto. Fintanto che a scuola non si fa silenzio, non è l'ora per i professori, per il maestro di parlare; quindi l'ora non è ancora venuta. La Madre richiama a fare attenzione ed ecco che abbiamo l'ora del parlare, e parlando apporta una novità di vita, il vino nuovo.

Un segno che è captato solo da coloro che già lo portavano nel cuore, da coloro che avevano già sperimentato la vita nuova: i suoi discepoli.

I suoi discepoli videro la sua gloria gli altri no. Per cui avevamo fatto la distinzione che quel miracolo è stato:

·         da alcuni frainteso, è stato attribuito allo sposo;

·         alcuni servi hanno visto il miracolo ma non hanno capito, non si sono resi conto di che cosa significasse;

·         i discepoli hanno capito che cosa significava perché già lo avevano sperimentato il giorno prima incontrando Gesù: la vita nuova segnalata da Giovanni Battista che abbiamo visto negli episodi precedenti.

Ecco, questo per dire che noi per comprendere il significato delle opere di Dio, dobbiamo già averlo dentro di noi. Quindi soltanto in quanto lo portiamo dentro, vediamo sempre fuori quello che già portiamo dentro.

Poi il secondo segno che è l'episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio. Avevamo detto che il secondo segno era determinato dall’incompatibilità.

Cioè Dio entrando in noi ci rende insopportabile altri amori, altri interessi. Per cui noi possiamo accorgerci se Dio è in noi, se l'amore di Dio è entrato in noi, da questo senso di incompatibilità verso tutto il resto. Perché Dio è un fuoco che consuma tutto, che accentra tutto perché vuole unificare tutto in Sé; è Colui che ha in Sé la ragione di tutto, quindi un Amore Unico, e quindi crea questo senso di incompatibilità. Mentre prima di incontrarlo noi siamo dispersi tra tanti amori, tanti interessi. Incontrando Lui abbiamo il segno del Tempio, la cacciata dei mercanti, la purificazione: “Perché la mia casa è una casa di preghiera e non dovete farne una spelonca di ladri..”; la casa di Dio è la nostra anima, il nostro mondo interiore e quindi ci deve essere questa semplicità, questa adorazione: “Adorerai il Signore Dio tuo e servirai Lui solo; non avrai altri idoli nella tua vita”.

Poi il terzo episodio che è quello del notturno con Nicodemo, della necessità della rinascita. Perché l’episodio della cacciata dal Tempio concludeva con queste parole: “Molti, vedendo i miracoli che faceva, credettero nel suo nome. Ma Gesù non si fidava di loro perché sapeva che cosa c'era nell’uomo”. L'uomo fintanto che non rinasce da Dio, fintanto che dentro di sé non ha il bisogno di Dio prima di tutto, non può essere luogo di riposo, luogo di pace, di fiducia per Dio.

Nell’episodio di Nicodemo si mette a fuoco questo. Nicodemo è un maestro in Israele eppure si presenta dicendo: “Noi sappiamo”. Dopo poche battute deve confessare la sua ignoranza, Gesù lo conduce a toccare con mano la sua cecità, il suo niente: “Com’è possibile questo?” e Gesù: “Tu che sei maestro in Israele non capisci questo?”.

Questo per significare che Gesù, incontrandosi con l'uomo, deve ricondurlo sempre alla situazione del cieco di Gerico. L'uomo è un povero cieco, e non deve mai pretendere di vedere perché fintanto che non ha scoperto Dio l'uomo è nelle tenebre e deve confessare queste tenebre, non deve mai ritenere di essere vedente. Perché quello che è giorno, per colui che è staccato da Dio, nello Spirito di Dio invece è pura notte.

L'uomo per entrare nella luce, deve invece toccare con mano la sua notte, deve invocare la luce; la luce allora quando è invocata, quando è desiderata, è presenza, perché nel desiderio c'è già la presenza di Dio.

Avevamo terminato con questo episodio di Nicodemo; la conclusione di questo episodio della rinascita, è questo che: “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio suo nel mondo, e lo ha mandato non per giudicare il mondo, ma per salvare”.

Quindi Dio ha mandato il suo Figlio non per far toccare agli uomini quello che essi sono, ma unicamente per offrire la salvezza, per cui il Verbo di Dio parla tra noi. Teniamo presente che il Verbo di Dio parla in tutto, e quello che noi vediamo in Gesù, in Cristo, è soltanto rivelazione di quello che avviene nella nostra vita, in tutto, perché Dio parla in tutto; tutto è Verbo di Dio che parla a noi.

Noi, dispersi, non intendiamo questo, e arriviamo all’incontro col Cristo che ci deve aprire a questo colloquio, a questo ascolto di Dio in tutte le cose.

Ora, Dio, siccome opera in tutto per salvare l'uomo, attraverso tutte le cose, noi possiamo anche sentirci giudicati, perché posti in confronto alla vetta diciamo: “Guarda in che stato sono”, però noi stessi non dobbiamo, ascoltando la Parola di Dio, ritenerci giudicati dalla Parola di Dio, perché la Parola di Dio non arriva a noi per giudicarci, non arriva a noi per farci toccare con mano quello che noi siamo, ma arriva a noi per farci sperare quello che possiamo essere; per farci desiderare quello che possiamo essere.

Il Signore ignora, vuole ignorare quello che noi siamo, per cui sia che noi siamo buoni, sia che noi siamo cattivi, santi o peccatori, non importa. Anche se noi fossimo nell’abisso più nero, o della dispersione o del male in questo mondo, noi non dobbiamo mai disperare perché la Parola di Dio, essendo Dio onnipotente, ha la possibilità (l'onnipotenza si rivela in questo), di far arrivare la sua Parola a chiunque:“Fino agli estremi confini della terra”, dice il Salmo, a chiunque, anche nelle tombe. La Parola di Dio giunge anche all’uomo chiuso nel più gretto egoismo; in quanto però giunge non per giudicare, ma per salvare, giunge per aprire alla speranza.

E se l'uomo quindi, si afferra a questa Parola, la Parola lo tira su e lo libera: il Liberatore.

Però bisogna che l'uomo si afferri a questa Parola.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Nino: Tu pensi che la cosa più importante sia quella di riferirci sempre all’amore di Dio. A me è capitato qualche volta di pensare che nell’educazione religiosa che abbiamo ricevuto ci sia stata un’insistenza esagerata sulla Legge invece che sull’amore; ci hanno insegnato a non peccare ma non ad amare il Signore che è il primo comandamento, poi amare gli altri che è un comandamento che è simile al primo basato sull’amore.

Luigi: Sì, però poi Gesù stesso lo dice: “Tutta la Legge e tutti i comandamenti dipendono da questo: Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutte le tue forze!”. Quindi se noi togliamo questo, o lo dimentichiamo, tutto il resto diventa regola, diventa il sabato, diventa lettera, nemmeno più Legge, diventa solo più lettera, diventa solo più un dover fare. Per cui: “Io ho fatto questo, ho pagato le imposte, sono a posto, Signore ti ringrazio”, e Gesù ti condanna!

Nino: Ad un certo punto scopri che il Signore ti vuole bene; che malgrado tutto Lui ci ama.

Luigi: Sì. L'amore di Dio non è quell’amore sentimentale che forse possiamo immaginarci noi; Lui ha interesse per te, Lui ti pensa, noi siamo sempre pensati da Lui e pensati personalmente. Noi siamo pensati da Dio personalmente; perché il vero amore è poi questo: è pensare all’altro personalmente. Non è mica dire tante parole! Perché poi molte volte il Signore è stato severo ed è pur sempre amore. Quando caccia dal Tempio non fa delle carezze, non fa dei complimenti; oppure quando ai farisei li tratta come razza di vipere, sepolcri imbiancati, non fa delle carezze; non diciamo che non è amore. È amore! È vero amore!

Nino: Quando sbagliamo ci fa soffrire, ma non dobbiamo mai arrivare a disperarci. Arriviamo ad un certo punto che ci fa ricadere nella speranza…

Luigi: Dobbiamo convincerci che tutto quello che avviene non è mai per punizione, perché Dio non punisce, non punisce mai. È rivelazione di San Paolo che dice: “Dio vuole che tutti si salvino”, Dio opera tutto per salvare non per punire, ed è l'anima di tutto. Per cui tutto quello che accade, e noi lo dobbiamo dire, ed è la lezione di domenica scorsa, la torre di Siloe non è caduta per punire perché ci sono stati dei morti sotto, e Pilato non ha ucciso, cioè Pilato ha ucciso, ma l'opera è stata di Dio e non fu per punire, “Credete forse che fossero più peccatori degli altri? No, vi dico, ma se non fate penitenza perirete tutti allo stesso modo” quindi è lezione e lezione d’amore, avviso, annuncio. Quindi in quanto io ho uno che mi preavvisa, e mi dice: “Guarda, non continuare su quella strada li perché la strada poi ad un certo momento è interrotta”, questo mi ama. Quando mi dice: “Guarda che la strada è sbagliata”, e forse io sono convinto e non chiedo nemmeno, e uno mi avvisa, quello è amore, non è punizione. Allora in tutte le cose, noi dobbiamo sempre vedere questo, anche i fatti gravi che accadono nella nostra società, sono lezioni di Dio, lezioni d’amore, sono sempre avvisi, perché Dio non punisce. Quindi è un errore dire che Dio giudica, Dio non manda il suo Verbo, quindi non opera per giudicare, Lui sa benissimo quello che è l'uomo, opera per salvare l'uomo, quindi in qualunque situazione egli sia. Se l'uomo, poi dice qui concludendo con Nicodemo, se l'uomo non accoglie l'opera di Dio, non accoglie la luce, allora è già giudicato, perché dico: l'uomo è nei pasticci, perché Dio opera per salvare in quanto l'uomo è nel rischio di perdersi. Quindi se uno sta annegando, chi gli offre la mano, non gliela offre mica per giudicarlo, ma opera per tirarlo su; è logico che se l'altro rifiuta la mano, è già giudicato.

Ora, qui dice: come mai la luce splende e le tenebre rifiutano?

Cosa succede? Come è successa questa enormità nella creazione di Dio in cui tutto è fatto bene; questa enormità per cui la luce splende e le tenebre rifiutano?

Cioè alla creatura viene offerto il cento e la creatura preferisce il dieci, come avviene questo capovolgimento?

Gesù lo giustifica dicendo: “Perché le loro opere erano malvagie”; noi diventiamo figli delle nostre opere. Quindi in quanto noi facciamo cose non secondo Dio, intimamente, ecco quello che poi dopo pesa nella nostra scelta, intimamente noi preferiamo il nostro io al Pensiero di Dio, scartiamo Dio, e il peso delle nostre opere ci impedirà poi in seguito di accogliere la parola di Dio, perché quella magari ci impegna a cambiamenti, a distacchi, e noi, figli delle nostre opere, non accettiamo i cambiamenti, rinviamo.

Con Nicodemo chiude a questo punto qui. E il Vangelo prosegue dicendo: “Dopo queste cose, Gesù con i suoi discepoli, andò nel paese della Giudea e si intratteneva con essi”.

Qui evidentemente Gesù si ritira perché vuole trattenersi, lo dice chiaramente, con i suoi discepoli, per fare un certo discorso (poi lo vedremo in seguito); un discorso che continua con quello già iniziato con Nicodemo, perché continua con gli stessi argomenti però per bocca di Giovanni Battista.

Evidentemente qui Gesù vuole approfondire con i suoi discepoli, e ricordiamoci sempre che ogni scena di Gesù è un momento, è una tappa, in questo itinerario di questa vita spirituale con ognuno di noi, quindi ci significa qualche cosa.

Però possiamo chiederci, come mai non ha continuato con Nicodemo?

Gesù soventi volte dice: “Io ho tante cose da dirvi ma non le potete portare”. Nicodemo, evidentemente doveva digerirsi questa lezione qui, la lezione della rinascita; lui si credeva già maturo, già vecchio e doveva ancora rinascere; quindi non poteva portare un altro argomento.

Quindi Gesù allora lascia e va con i suoi discepoli in Giudea.

Qui accade una difficoltà perché Gesù era in Gerusalemme, quindi era già in Giudea e come mai essendo in Giudea, va in Giudea?

Qui evidentemente perché c'è Giudea e Giudea.

Noi molte volte crediamo di essere in un luogo, e non ci siamo in quel luogo li; nel Vangelo si parla sempre di argomenti spirituali, quindi qui si parla di una Giudea spirituale, in cui Gesù non era prima, anche se era nella capitale della Giudea, era a Gerusalemme.

Perché? Perché, come argomento, il discorso che ha fatto a Nicodemo non era un discorso in Giudea. Infatti andando poi in Giudea, chi trova al centro?

Troverà Giovanni Battista: Giovanni Battista è il centro della vera Giudea.

Perché per Giudea bisogna intendere l'anima o l'argomento in cui si sia già compiuta la giustizia: cioè si è messo Dio al centro.

Nicodemo doveva ancora rinascere; lui era maestro in Israele quindi aveva tutt’altro che Dio al centro, tant’è vero che si riteneva di poter giudicare: “Noi sappiamo che tu sei stato mandato da Dio…”, ma con argomenti umani, perché? “Perché tu fai delle cose meravigliose, straordinarie”.

Quindi per distinguere che c'è Giudea e Giudea, come c'è luogo e luogo.

Lo vedremo poi dopo con la Samaritana: “Dio ricerca adoratori in Spirito e Verità”, quindi non qui e non là.

Questo è per farci pensare che ci sono dei luoghi spirituali per cui uno può essere nel deserto e non essere nel deserto, possiamo essere nella solitudine e non essere nella solitudine.

Ecco, il vero ambiente è quello che è determinato dallo Spirito e la vera Giudea in cui Egli va con i suoi discepoli e in cui si troverà vicino a Giovanni Battista, non è la Giudea che si trova in Gerusalemme. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che Gesù si sposta in Giudea con i suoi discepoli, quando era già in Giudea (e si tratteneva con essi).

E qui abbiamo: “Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salim, perché là vi era molta acqua e la gente vi accorreva perché voleva farsi battezzare”; ma a questo punto sorge una contestazione.

Penso che Gesù abbia condotto i suoi discepoli dal Battista proprio per far sorgere questa contestazione fra i discepoli di Giovanni Battista e qualche giudeo, in modo da trarre una lezione. Perché dalla contestazione nasce poi il problema, la fame, il desiderio e quindi nasce la preparazione degli animi a ricevere una lezione successiva.

Ecco per cui il Signore molte volte ci mette in difficoltà; in un primo tempo noi troviamo una luce e poi il giorno dopo questa luce qui è contestata, è offuscata e ci mette in difficoltà; perché nella difficoltà e nel problema si forma in noi il desiderio, il bisogno di andare avanti, di approfondire e quante volte noi ci siamo trovati (e questo è già un accenno, il fatto di Giudea in contraddizione o in apparente contraddizione: era in Giudea e va in Giudea).

Ora, sono proprio queste apparenti contraddizioni che ci impegnano ad approfondire gli argomenti perché non bisogna mai fermarsi alla superficialità; Dio è profondità e la profondità richiede sempre un: “Non giudicate secondo le apparenze ma cercate il retto giudizio”, dice Gesù; non fermarci mai alle apparenze.

Allora in un primo tempo noi ci fermiamo alle apparenze perché riteniamo che quelle siano valide, l'importanza del denaro: validissimo! L'importanza della società, l'importanza della figura, della forza, della potenza, del lavoro. Apparentemente hanno un valore imponente, valido, e noi in un primo tempo ci crediamo: l'importanza del mangiare. Poi a poco per volta nella vita viene il dubbio, la contraddizione; ad esempio noi non riusciamo con il denaro a risolvere il problema essenziale; allora Dio ci mette in contraddizione. Ecco l'abbattimento degli idoli, la contraddizione degli idoli. E ci obbliga quindi a scavare, perché allora noi rinunciamo alla partita e allora scaviamo il vuoto dentro di noi, o altrimenti siamo necessariamente obbligati ad approfondire. Quindi in un primo tempo abbiamo una luce, poi sorge un’altra luce: contraddizione. La contraddizione ci obbliga ad approfondire; approfondendo si va avanti e cosi fintanto che non si arriva alla pace, fintanto che non si arriva alla conoscenza di Dio. E fintanto che noi non arriviamo a quella conoscenza di Dio che Dio vuole comunicarci, Dio ci metterà sempre in movimento, ci metterà sempre il pungolo; per cui a un certo momento mi manda in pace fra i neri ma mi manda anche il bianco che mi crea lo stridore; con questo ti fa capire che non sei ancora arrivato e ti sollecita.

E cosi in tutte le cose, per cui ad un certo momento uno sale un gradino e pensa: “Oh, finalmente sono salito su un gradino”, ma come sono salito sul gradino c'è un pungolo che ti sollecita a salire ancora. C'è la contraddizione, c'è il conflitto, uno si accorge che gli manca ancora qualche cosa e non è tranquillo, quindi non c'è quella condizione di pace.

Noi non saremo mai in pace fintanto che non arriveremo a quella conoscenza per la quale siamo chiamati; per la quale potremo dire: “Conosco il Signore come Lui conosce me!”. Noi siamo chiamati a questa conoscenza, a questa intimità, a questa pace; ecco, Lui ci sollecita, ci richiama.

Per cui non dobbiamo mica stupirci dei conflitti, delle nebbie, delle contraddizioni, delle nostre debolezze, delle nostre incapacità, perché è opera di Dio, è opera di Dio. Dio opera in tutte le cose perché vuole che noi ci salviamo e giungiamo a conoscere Lui come Lui ci conosce.

Dio ci sta dietro e ci sta dietro personalmente; perché magari noi vorremmo essere toccati in mille altri argomenti ma non in quello, e invece Lui ti lascia liberi tutti gli altri e ti tocca proprio in quello. Perché ad un certo momento Lui ci fa capire che ci sta seguendo personalmente.

Cosi il Signore ha condotto i suoi discepoli in questa situazione qui; nel Vangelo si dice che Giovanni Battista battezzava, sorge la problematica: quale battesimo valesse di più.

Qui per battesimo si intende purificazione, quindi vita spirituale; quindi se valesse di più il battesimo del Cristo o quello di Giovanni Battista.

Teniamo presente che con Giovanni Battista abbiamo tre momenti essenziali.

Giovanni Battista, Gesù stesso lo dice: “E tra i più grandi dei nati di donna”, quindi è la più grande figura tra tutti i profeti e di tutto l'Antico Testamento.

Perché i figli di Dio incominciano con il Cristo, incominciano con il Nuovo Testamento; quindi è il più grande ed essendo il più grande è quello in cui si sintetizza tutto.

Infatti è una figura meravigliosa di giustizia, di onestà, di umiltà.

Noi abbiamo quindi il Giovanni Battista che è il Segnalatore, colui che non parla di sé, colui che segnala, l'Indicatore: “È Lui” che convoglia.

Noi abbiamo visto la prima scena quando nel battesimo, Giovanni incontra Gesù, e segnala: “Ecco l'Agnello di Dio”. I suoi discepoli, i discepoli di Giovanni Battista, coloro che avevano l'animo aperto alla Verità, non hanno alcuna difficoltà a seguire la segnalazione.

Se noi siamo semplici, vedendo la freccia, non abbiamo nessuna difficoltà a seguire l'indicazione della freccia. Se l'indicazione del valore: “Quello vale di più” non ho nessuna difficoltà a rivolgermi a quello che vale di più.

Però, dei discepoli di Giovanni Battista non erano tutti cosi semplici, noi abbiamo visto un Giovanni, un Pietro che sono disponibili, i primi discepoli di Gesù; c'erano altri discepoli che oltre all’amore alla Verità, avevano anche l'amore alla persona di Giovanni Battista, un certo legame con Giovanni Battista, per cui trovano una certa difficoltà, avendo visto segnalare il loro maestro: “Ecco l'Agnello di Dio”, loro continuano a restare con Giovanni.

E restando con Giovanni, ecco che è necessaria un’altra presentazione, da parte di Giovanni Battista, e altre occasioni per poter segnalare Gesù.

Abbiamo visto qui la seconda segnalazione: “Io ve l'ho detto: è necessario che Lui cresca e che io diminuisca. Lui è lo Sposo perché lo Sposo è Colui che ha la Sposa. Io sono l'amico dello Sposo; io gioisco nel vedere lo Sposo”; ecco quindi la seconda segnalazione.

Abbiamo poi una terza segnalazione rivolta agli ultimi discepoli che restano con Giovanni Battista quando sarà in prigione; allora lui dalla prigione manderà e non dirà: “Andate e interrogate”, ma dirà: “Andate a nome mio e dite: Giovanni il Battista….”. E qui rivela che costoro si muovevano soltanto in nome di Giovanni il Battista perché erano soltanto legati a Giovanni Battista; e Giovanni il Battista che continua a convogliare fino all’ultimo, fino alla vigilia della sua morte, convoglia gli ultimi dei suoi discepoli: “Andate da Gesù e dite così: Giovanni il Battista ci manda a chiedere: Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? E vedrete quello che Lui vi dirà”. Giovanni Battista esclude sempre se stesso. Soltanto che sono i suoi discepoli che non vogliono escludere lui, perché sono legati a lui. Ecco noi qui abbiamo le due componenti che sono in ogni uomo: la componente dell’io, per cui l'uomo è questo essere strano, che da una parte appartiene a Dio, appartiene alla Verità, ha questa fame di infinito, di luce, di semplicità; e dall’altra parte c'è la componente dell’io che lo lega a ciò che egli fa, al suo mondo, e gli crea questo stridore, questa difficoltà. Per cui c'è il sogno e c'è la realtà; c'è il sogno e c'è il dovere; per cui uno vorrebbe ma è legato da tutte queste cose e non può perché c'è la componente dell’io. In tutte queste cose c'è la componente dell’io; tutte questa figure qui le troviamo nel Giovanni Battista.

Ora dobbiamo dire questo: Giovanni Battista è il massimo dei profeti, quindi è l'onestà, è l'uomo giusto verso Dio e quindi non fa altro che convogliare continuamente a Gesù.

E all’ultimo dirà addirittura: “Andate a nome mio e chiedete” perché gli altri non si erano mossi per altro motivo, “e vedrete quello che Lui vi dirà”.

Tanto è difficile da parte dell’uomo questa disponibilità verso la Verità; anche quando la Verità parla: “La luce splende nelle tenebre”, non basta che la luce splenda nelle tenebre perché c'è questa componente negativa dell’uomo che è legato alle sue opere.

E qui, verso il maestro, da parte dei discepoli, c'è questo legame personale che impediva a loro questa disponibilità.

La parola essenziale che dice qui Giovanni Battista su questi suoi discepoli è proprio questa: “L'uomo nulla può prendere se non ciò che gli è dato dal cielo”; ecco come noi dovremmo in tutte le cose giudicare, tutto ciò che accade, tutto ciò che si ha, è sempre dono di Dio.

Quindi anche nei nostri riguardi, noi dobbiamo sempre riconoscere: tutto è dono di Dio.

L'uomo da solo non si feconda, l'uomo da solo non può auto fecondarsi; quindi soltanto in quanto noi vediamo sempre l'opera dell’Altro e in quanto noi ci manteniamo uniti all’Altro, l'Altro ci rende fecondi.

E in quanto troviamo nella creatura lo Spirito che è fecondo, c'è sempre la presenza dell’Altro (“la Sposa che è feconda”), è lo Spirito.

Quindi se c'è l'uomo che è fecondo, (è la pioggia che scende e che fertilizza la terra), è sempre dono di Dio perché l'uomo da solo, la creatura da sola non si feconda.

Allora quello è necessario far crescere. Per cui Colui che fa rinascere lo Spirito di Dio in noi, la Parola di Dio che arriva a noi, alla quale noi ci dobbiamo afferrare per rinascere, perché si rinasce da Dio, la creatura nuova deve crescere in noi.

E deve crescere fino alla sua dimensione completa.

Ecco allora la creatura che si dimentica per far crescere l'Altro; la mamma che si dimentica di sé per far crescere il bambino.

Quindi abbiamo il tempo della concezione, della gestazione, della nascita e quindi la dedizione a questa creatura nuova.

Ora, la creatura nuova è nata da Dio, nata dalla Parola di Dio che arriva a noi; se ci afferriamo a questa Parola di Dio, se ci uniamo a questa Parola di Dio, e facciamo vivere questa Parola di Dio, questa Parola di Dio fa vivere noi.

Per cui la creatura nuova nasce in noi e fa vivere noi nella misura in cui noi ci uniamo a questa.

Ed è necessario che questa Parola cresca in noi: “È necessario che Lui cresca…”, ognuno di noi deve dire: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”, più noi possiamo dire ogni giorno: “È necessario che Lui cresca e che il nostro io diminuisca …”, che il mio io diminuisca, che il nostro mondo diminuisca, che tutti i miei interessi diminuiscano, che Lui cresca e più noi serviamo questo e più la vera vita cresce in noi e ad un certo momento ci troviamo completamente liberi perché se noi potessimo sempre dire: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”, ad un certo momento il nostro io sparisce, diventa (direi che questa è la conclusione di tutta l'opera di Dio), tutto Pensiero di Dio perché noi siamo creati per diventare tutto Pensiero di Dio e soltanto diventando tutto Pensiero di Dio, diventiamo poi figli di Dio, perché il Figlio di Dio è tutto Pensiero di Dio.

La caratteristica del Cristo è questa: Lui è tutto Pensiero del Padre, in tutte le cose.

Perché amare vuol dire pensare a: quindi il Figlio pensa al Padre e tutto opera per il Padre: “Affinché il mondo sappia”, addirittura va al Calvario: “Affinché il mondo sappia che io amo il Padre”. Infatti noi non sperimentiamo la presenza di Dio proprio in quanto noi serviamo altri e quindi creiamo degli altri legami e quindi esperimentiamo altre presenze.

Se noi invece, in tutte le cose ci preoccupassimo di far crescere Dio, di far crescere la Parola di Dio, noi sperimenteremmo la Parola di Dio perché ognuno di noi sperimenta ciò per cui vive, ciò a cui tende. Se uno decide di andare a Torino, sperimenta la strada di Torino; fintanto che uno non va a Torino o non fa la strada di Torino, conoscerà per sentito dire quello che succede sulla strada di Torino, ma non esperimenta. Noi sperimentiamo le cose soltanto in quanto ce le proponiamo, quindi cominciamo a viverle.

Soltanto se noi ci proponiamo di vivere la Parola di Dio, allora cominciamo ad sperimentare la Parola di Dio, quindi la presenza di Dio; sperimentiamo quindi il Regno di Dio.

Ecco per cui noi non sperimentiamo il Regno di Dio, quindi restiamo in tutto un altro mondo, perché non ci proponiamo di vivere la Parola di Dio, di perseguire la Parola di Dio.

Eligio: Il Battista aveva una conoscenza personale del Cristo come Figlio di Dio? Perché il suo discorso sembra impersonale, non dice: “Guardate che quello è il Figlio di Dio”, ma dice: “Andate e chiedetegli se Lui è Colui che deve venire o se dobbiamo aspettare un altro”.

Luigi: No, questo lo dice all’ultimo perché siano loro stessi a toccare con mano in quanto non hanno capito la sua segnalazione. Questo: “Andate …”; lo dice agli ultimi discepoli che sono rimasti con lui in prigione, era l'ultimo, perché lui convoglia tutti. Ma in un primo tempo dice: “Io ho visto lo Spirito scendere e testimonio che Costui è il Figlio di Dio”, lui lo dice. “Io ho visto lo Spirito scendere… perché Colui che mi ha mandato nel deserto a battezzare, mi disse: Colui sul quale tu vedrai lo Spirito scendere, questi… io ho visto e testimonio che Costui è il Figlio di Dio”.

Nino: Noi dobbiamo sentire la Parola del Verbo di Dio, non può essere il Battista a convincerci; solo il Figlio di Dio parlando ci convince.

Luigi: Questo è chiaro.

Nino: È il Figlio di Dio che mi deve dire: “Io sono il Figlio di Dio”, non basta che me lo dica un altro.

Eligio: L'altro è il maestro per questi discepoli, quindi è comprensibile che i discepoli fossero dubbiosi tra due voci molto autorevoli, quella di Gesù e quella del Battista.

Nino: Anche se il Battista avesse detto: “Quello è il Figlio di Dio”, rimane il dubbio. Se invece è Gesù che te lo dice, ti convince.

Luigi: Si, certo, lo vedremo poi nell’episodio successivo dei samaritani, quando alla voce della samaritana: “Io ho visto… sarà forse?” e loro vanno e poi rispondono: “Adesso non crediamo per quello che hai detto, ma noi stessi abbiamo udito e siamo convinti che Lui è il Salvatore del mondo”, per esperienza personale. Però teniamo sempre presente che noi possiamo scoprire fuori di noi, attorno a noi soltanto una cosa che già abbiamo messo sull’altare dentro di noi. Fintanto che noi, dentro di noi, non mettiamo prima di tutto Dio, se avessimo tutti Giovanni Battista che ci segnalassero il Figlio di Dio, noi non lo vediamo, non lo seguiamo, non capiamo.

Perché noi capiamo soltanto tutto in funzione di quello che abbiamo dentro.

Eligio: Dobbiamo operare noi questa giustizia essenziale di porre Dio al centro della nostra vita..

Luigi: Si, questo è il battesimo del Battista; infatti il Battista è venuto per preparare all’incontro. E cosa faceva per preparare all’incontro? Questa giustizia essenziale, infatti diceva: “Razza di vipere! La scure è ormai alle radici dell’albero. Fate frutti di penitenza”. Questi frutti di penitenza sono: “Riconoscete Dio come vero Dio!”, “Mettete Dio al centro!”, “Cercate prima di tutto il Regno di Dio!”.

Ora, se l'uomo non si convince, e non riconosce che Dio deve essere il centro della nostra vita; e se non si convince a spostare il suo io dal centro di riferimento dei suoi pensieri, delle sue scelte, dei suoi ragionamenti, dei suoi giudizi, e a mettere Dio, perché veramente Dio è al centro e nessuno di noi è Dio, fintanto che l'uomo questo non lo fa e solo lui personalmente lo può fare.

Tutti gli altri ci ammoniscono, tutte le creature ci ammoniscono, gli avvenimenti, i tempi ci ammoniscono, la morte ci ammonisce: “Tu non sei Dio” e tutte le cose ci dicono: “Tu non sei Dio”. Ma fintanto che noi personalmente non mettiamo Dio al centro della nostra vita, noi ci mettiamo nella impossibilità perché non abbiamo accettato il battesimo del Battista.

Questo battesimo che è condizione preliminare per poter individuare il Cristo.

Perché Giovanni Battista venne come araldo, come preparatore, come battistrada; quindi in quanto è venuto a preparare, qual è la funzione? È proprio questa!

E siccome la funzione è proprio questa giustizia essenziale da fare per poter individuare fuori, quindi soltanto in quanto noi accettiamo questo e poi accettando questa giustizia essenziale, riferendo a Dio, si forma poi il bisogno di vivere secondo questa Verità di cui siamo convinti, ecco che allora si forma in noi il bisogno del Cristo, la fame; la fame ci fa poi individuare il pane; ma soltanto quando uno ha fame!

Ma io non ho fame di Dio fintanto che non mi metto Dio al centro.

Perché anche se io fossi tormentato continuamente dalle fami di Dio, io attribuirei questa fame a tanti altri argomenti, agli uomini, all’ingiustizia, alla società, la chiamerei con altri nomi, ma non certamente con il nome di Dio, quindi non sentirei il bisogno del Cristo.

Per cui il Cristo non mi parlerebbe secondo quello che è il mio bisogno essenziale; per cui io leggo il Vangelo e penso: “Ma io ho bisogno di altro!”, non risponde alla mia fame.

Soltanto in quanto noi ci siamo convinti e abbiamo messo Dio al centro della nostra vita, quindi si è formata in noi questa fame, allora questa fame ci fa individuare il pane.

Per questo i discepoli dicono: “Ah, abbiamo trovato quello di cui noi avevamo bisogno”. Ma come hanno fatto a dire: “Abbiamo trovato quello di cui avevamo bisogno”? Se questo bisogno non lo portavano dentro? Ora, Giovanni Battista forma questo, che è poi il compito di tutto l'Antico Testamento; per cui noi al centro di tutto l'Antico Testamento, abbiamo la rivelazione di Dio a Mosé: “Io sono Colui che è”, “Io sono l'Essere”.

Quindi dicendo “Essere”, (ricordiamo che il popolo ebreo non osava dire il nome di Dio, non osava!), esclude che tutti noi siamo esseri.

Lui solo è l'Essere; per cui noi viviamo solo per partecipazione, noi siamo dei tralci, ma la vita è una sola, per cui il Vivente è Uno; noi viviamo solo in quanto partecipiamo.

Allora se uno dice: “Io sono il vivente”; io non posso più dirmi vivo, tu non puoi più dirti vivo, l'altro non può più dirsi vivo.

Ora al centro di tutto l'Antico Testamento c'è questa Verità che ti cala, che dice: “Io sono Colui che è”; quindi tutte le creature non sono tali, quindi ognuno di noi deve riconoscere questa Verità: Dio è l'Altro, Dio deve essere il centro.

Quindi tutte le volte che io metto il mio io al centro dei miei pensieri, dei miei ragionamenti, delle mie scelte, della mia vita, io faccio una ingiustizia essenziale verso questa Verità essenziale.

E questo mi impedisce di aprirmi al Cristo.

Cristo lo dice chiaro: “Nessuno viene a Me se non è attratto dal Padre”, quindi se il Padre non lo attira; quindi se questa Verità essenziale del Dio che abita in noi non ci attira, noi non possiamo andare al Cristo, o se andiamo, andiamo male, per altri motivi.

E allora noi ci crediamo cristiani ma non conosciamo affatto il Cristo; magari andiamo in chiesa tutti i giorni ma non conosciamo il Cristo e adoriamo il Cristo e ci professiamo cattolici, e tutto questo facciamo perché non conosciamo il Cristo.

Se Lo conoscessimo magari scapperemmo lontanissimo dal Cristo, perché non abbiamo la fame essenziale, non c'è questa giustizia qui.

Eligio: Scusa però facendo questo atto di giustizia essenziale, cioè ponendo Dio al centro della nostra vita, non stabiliamo ancora un rapporto personale, è ancora sempre un rapporto esterno …

Nino: Ti forma il desiderio di conoscere Dio, ma Dio lo devi ancora conoscere …

Eligio: Manca ancora il collegamento col mezzo che ti porta ad un rapporto personale, quindi non basta la giustizia essenziale…

Luigi: È la premessa, è essenziale. Ti ricordi quando abbiamo parlato di questo? Questa ti crea il sogno, ma la realtà è un’altra. Avendo posto questo dici: “Come sarebbe bello se… se tutti vivessero cosi, se tutti vivessero secondo Dio! Però io ho la moglie, io ho la famiglia, il mondo che ci obbliga a fare tutt’altro”, abbiamo questo enorme divario tra quello che contempliamo nel nostro cielo, avendo messo Dio al centro. Per cui uno, avendo messo Dio al centro, contempla la vita come dovrebbe essere secondo Dio, come dovremmo comportarci e poi la realtà è un’altra!

Ora, siccome noi siamo figli di questa realtà perché la presenza fisica, materiale, ci opprime, per cui ad un certo momento prendi mal di pancia, e il mal di pancia, ti obbliga a correre dal medico, a prendere le medicine e non c'è niente da fare, ci sono questi problemi che si impongono, c'è una realtà che pesa su di noi.

È li che si forma il bisogno di incontrare Uno che ci salvi.

Per cui San Paolo dice: “Ma io conosco quello che devo fare, come mai? Conosco il bene e poi faccio il male!”. Ecco il bisogno del Cristo che ci liberi da una realtà che ci ossessiona, da una realtà in cui noi già per le opere precedenti, prima di aver fatto questa giustizia, siamo immersi, abbiamo creato dei legami, per cui noi non riusciamo più a liberarci.

Per cui noi abbiamo bisogno di trovare un’altra Realtà nella nostra realtà: ecco l'incarnazione.

Abbiamo bisogno in una Presenza fisica tra tutte le presenze fisiche, perché noi siamo schiavi di queste presenze fisiche.

Una Presenza fisica però che sia Dio, che coincida con quello che è il sogno.

Per cui uno avendo il sogno, avendo dentro l'amore, dice: “Ah, ma era questo che io sognavo!”.

Eligio: Questo il Battista l'aveva capito chiaramente, aveva avuto la rivelazione durante il battesimo, che Cristo era il Figlio di Dio …

Luigi: Aveva capito che era il Salvatore. Ad un certo momento ha avuta un’illuminazione per cui ha capito come Dio opera per salvare gli uomini, cioè abbassandosi, sottomettendosi.

Vedendo il Figlio di Dio che si sottometteva al suo battesimo, in quel momento ha quella luce per cui ha visto come Dio opera; opera prendendo su di Sé le nostre colpe.

È attraverso questo che Dio opera questa salvezza, che è poi sintetizzata nell’arrivo del Cristo.

Per cui il Cristo è una realtà tra noi come sono tutte le altre realtà che ci portano via; però è una realtà in cui parla a noi Dio.

Perché noi facciamo sempre delle scelte in tutto un mondo di realtà; che cos’è che ci guida a scegliere questo piuttosto che quell’altro? Che cos’è che mi guida a seguire un maestro piuttosto che quell’altro? Ad andare a una scuola piuttosto che ad un'altra? Seguire una scienza piuttosto che un’altra? Perché ci sono degli interessi personali.

Che cos’è che ad un certo momento mi porta a scegliere il Cristo, anziché altri? Un interesse personale.

Per cui scopro che quello che mi dice Lui, non c'è nessun altro che me lo possa dire; quello che mi dà Lui non c'è nessun altro che me lo possa dare; c'è una singolarità in Cristo che lo distingue da tutti gli altri uomini: “Nessun uomo ha mai parlato come Te!”

Ad un certo momento Gesù dice: “Volete andarvene anche voi?”, “Da chi andremo?”.

Ora, avendo sperimentato, “Da chi potremo andare? Nessun uomo parla come Te”: ecco la singolarità.

Per questo diciamo che il Cristo è al centro di tutto l'universo, è il vertice, è al centro della storia, è il punto di fuga attraverso il quale tutta la nostra materialità entra nell’eternità, è il ponte, è il passaggio.

Eligio: Scusa, quando prima hai accennato che ogni realtà e voluta da Dio per noi, che cosa c'è in queste realtà che ci portano via e che non dovrebbero portarci via anzi che dovrebbero orientarci al Cristo?

Luigi: La componente del nostro io.

Eligio: Quindi qualunque realtà, il Cristo stesso potrebbe essere una realtà che ci allontana da Dio.

Luigi: Anche il Cristo stesso, tutto, tutto … invece se noi abbiamo Dio al centro della nostra vita, ad un certo momento non c'è più niente che devia, anche le bestemmie, niente…tutto è opera di Dio, tutto è fatto bene. Per cui più noi siamo con Dio, e tutto coopera per mantenerci uniti a Dio, tutto diventa significazione di Dio, tutto diventa un canto di Dio, tutto è bene per coloro che sono orientati a Dio.

Se noi invece non siamo orientati a Dio, tutto diventa motivo di rovina, di allontanamento per cui noi ci sentiamo giustificati: “Perché io non posso, perché io qui, io là; se quello là fosse nei pasticci come sono io”, e non ci accorgiamo che questi sono tutti risvolti del nostro io che ci portano sempre più giù.

Eligio: Quindi non ci sono realtà che ci allontanano da Dio ma ci sono proiezioni del nostro io in realtà oggettivamente buone..

Luigi: Per cui ad un certo momento noi scopriremo tutto il nostro errore; all’ultimo, pur nella nostra fuga da Dio, ci troveremo a tu per tu con Dio.

E a tu per tu con Dio noi capiremo che abbiamo sbagliato tutto perché abbiamo capovolto tutti i valori in un pensiero sbagliato.

Per cui tutto quello che era opera di Dio per salvarci, tutto quello che esiste e tutto quello che accade, è tutto opera di Dio, quindi è tutta cosa buona, noi lo vedevamo tutto come dannoso, perché c'era in noi qualche cosa che capovolgeva i valori.

Eligio: E in questa fuga da tutto quello che Dio ci ha fatto accadere, e che avrà come conclusione la nostra presenza davanti a Dio in cui noi vedremo il nostro peccato, non è implicito il giudizio da parte di Dio su di noi?

Luigi: Si, ma tu capisci che il giudizio sta in questo: che noi vedremo Dio e tutta la sua opera come tutta un’opera d’amore per salvarci e noi che non abbiamo capito niente. È li la tragedia! “Perché davanti a Lui piangeranno tutte le genti”, perché scopriremo che tutto quello che Lui aveva fatto, non l'aveva fatto per allontanarci, per giudicarci, per punirci, ma era tutta un’opera d’amore e noi non abbiamo capito mai niente.

Siamo noi stessi che non sopportiamo questa grandezza d’amore, resteremo confusi di fronte a questa meraviglia e diremo: “Guarda, io non ho mai capito niente!” e la colpa è stata mia. Perché se Dio fosse stato severo, quindi la colpa è stata sua perché mi ha allontanato; invece non possiamo dire questo davanti a Lui. Scopriremo questo! Infatti Lui dice: “Il giudizio sta li: che la luce è venuta ma gli uomini hanno preferito le tenebre”. Ecco il giudizio, perché l'uomo è già giudicato, nelle scelte dentro. Perché io quando scelgo il mio io e non scelgo Dio, già mi sono giudicato, io stesso ho rifiutato. “Mi hanno rifiutato senza conoscermi”. Noi rifiutiamo la Verità, rifiutiamo Dio senza conoscerlo perché se lo conoscessimo, non faremo a meno di amarlo.

Nino: D’altronde è già un segno quando tu agisci così, la sofferenza c'è già nel momento che hai sbagliato a scegliere.

Luigi: Non c'è la pace.

Eligio: È già un segno che sei fuori strada.

Luigi: C'è la sofferenza, che è penitenza, perché noi siamo figli delle nostre opere, in quanto noi dobbiamo staccarci, reagire, perché siamo portati a seguire quello che abbiamo detto, quello che abbiamo fatto, e qui è la penitenza; è il prezzo della conversione.

Nino: Ogni volta che tu fai una scelta per Dio rinunciando a qualche cosa, sperimenti la soddisfazione, non la sofferenza.

Luigi: Certo, tu pensa al conflitto con tutto il mondo, il non essere approvato da nessuno, quella è serenità, perché se tu avessi tutti che ti approvassero, “Fai bene!”…

Nino: Tu vedi che quando sei fermo a quell’idea è proprio perché non sei arrivato.

Luigi: Però come dico, la serenità, la pace, la luce è interiore, mentre tu hai il conflitto. Infatti il Signore dice: “Vi porteranno davanti ai tribunali” e tutto il mondo è un tribunale, ogni giorno è un tribunale.

Nino: Tutti quelli che fanno degli atti eroici …

Luigi: L'opera è tutta di Dio e il compenso interiore è infinitamente superiore perché ti convince, infatti il Signore dice che: “Il Padre è più forte di tutti e che nessuno li potrà portare via” perché la luce è interiore. Tu capisci che se uno è convinto della Verità, ma non c'è nessuna forza al mondo che ci può portare via a questa convinzione. È soltanto quando uno è debole che resta incerto; poi quando su di noi pesano le opere…

Teniamo presente che noi siamo chiamati a diventare figli di Dio, noi diventiamo figli di quello che facciamo, figli delle nostre opere, queste opere qui pesano terribilmente. Quando io tocco e questa cosa è mia, se un altro me la prende, io mi sento toccato terribilmente; fintanto che io non ho toccato la cosa, non me ne importa che qualcuno altro la tocchi, o la porti via, ma in quanto l'ho sposata al mio io, li è il giogo.

Ora, fintanto che noi non riusciamo a vedere che tutte le cose sono di Dio, e che per quanto noi tocchiamo, non tocchiamo niente con il nostro io, perché è tutto dono di Dio, riceviamo tutto da Dio, allora noi siamo perfettamente liberi in tutte le cose.

Per cui il Signore dice: “Se uno vuol prenderti la giacca, ma dagli anche il soprabito”; ecco, c'è questa libertà immensa. Ma questa libertà si realizza non per gioco di virtù: “Io voglio essere generoso”, no, in quanto c'è questa sovrabbondanza della luce di Dio, della Presenza di Dio. Ora, sapendo che tutto è dono di Dio, è dono di Dio anche colui che ti vuole portare via la giacca, mi spiego? È dono di Dio; lo vedi come dono di Dio, come una mano di Dio per liberarti, e lo vedi come un soprappiù. Non lo vedi più come un conflitto con il fratello, lo vedi come opera di Dio. Ora, vedendo tutto come opera di Dio, quando uno si trova in conflitto con un fratello, non è che uno debba esercitarci sulla virtù per cercare di vincere! Deve approfondire di più, perché evidentemente il livello di approfondimento della Presenza, della conoscenza di Dio è difettoso, per cui il Signore mi fa toccare con mano la mia incapacità.

È Dio che chiama e che mi dice: “Conoscimi di più, non mi conosci abbastanza; non mi hai conosciuto abbastanza per cui io ti ho fatto toccare con mano che di fronte a questo problema tu non vedi la mia presenza, non vedi il mio volto e quindi perdi la pace”. Sono barometri, sono termometri da parte di Dio che ci sollecita a camminare mettendoci di fronte la nostra incapacità a sopportare a portare il peso e ci dice: “Sali più su”; è grazia di Dio. Poi magari ci sentiamo offesi, umiliati, invece noi dovremmo vedere l'amore di Dio: “Guarda Dio come mi chiama, mi sollecita ad approfondire di più, a non perdere del tempo, a chiudermi maggiormente nel silenzio con Lui in modo da conoscerLo di più”.

Cina: Siamo chiamati alla conoscenza di Dio come Lui conosce noi. Ho capito bene?

Luigi: Ha capito perfettamente. E la nostra pace sta li. Li sta la nostra pace: Dio ci chiama a conoscerLo come Lui conosce noi. Infatti Gesù stesso dice che: “Il Padre gli fa conoscere tutto”. Comunque bisogna tenere presente la meta per sapere a cosa dobbiamo tendere.

Eligio: Sono quegli inviti che sanno di paradossale. Come “Siate perfetti come il Padre vostro…”.

Luigi: Si noi siamo chiamati a diventare tutto pensiero di Dio, anche li è la meta; è quello che unisce. Cina, noi non possiamo restare uniti a quello che noi non conosciamo; facciamo sforzi di volontà, sforzi di memoria, poi ad un certo momento quello che noi non comprendiamo, quello che noi non conosciamo non possiamo mantenerlo unito.

Quindi è soltanto nella tanta conoscenza che noi possiamo restare tanto uniti; più noi conosciamo più restiamo uniti.

La fede è già un principio di conoscenza, è un principio di unione. Però la fede non deve essere a parole: “Io credo”, la vera fede è desiderio di vedere il Suo volto.

Se la mia fede non mi fa desiderare di vedere il volto di Dio, la mia fede è fasulla, è una recitazione di fede; io recito la mia fede per altri motivi: la vera fede è desiderio.

Infatti la fede deve essere unita alla speranza, perché?

Perché deve essere desiderio di vedere il volto di Dio e avere la speranza di giungere. Perché se io dico di aver fede ma non arriverò mai, io non mi impegno. Invece no!

La speranza è Dio che me la dà. Dio mi chiama e se Dio mi chiama, Dio mi fa vedere la via e Dio mi dà la grazia e la forza per arrivare fino là perché “Nulla presso di Lui è impossibile”, dice l'Angelo.

Nino: Non puoi credere se non cominci a vedere Dio in tutto quello che ti capita…

Luigi: La base, il punto fondamentale di tutto è sempre questo: tutto è opera di Dio. Se noi non siamo convinti che tutto è opera di Dio, non cominciamo nessun cammino; perché questo è l'elemento fondamentale: dobbiamo convincerci che Dio opera in tutto.

Nino: Mi ricordo quella volta che chiedevi ad ognuno di noi: “Tu sei convinto che Dio è il Creatore di tutto?”. Poi ripensandoci più tardi, si, dicevamo che eravamo convinti ma era forse più il desiderio di arrivare ad essere convinti che la vera convinzione.

Luigi: Certo; tu sei convinto che tutto è opera di Dio?

Nino: Si.

Luigi: Tu Angelo sei convinto che tutto è opera di Dio?

Angelo: Si, anche se qualche volta…

Luigi: Si, ma sei convinto che Dio opera in tutto? Tu Eligio?

Eligio: Si, malgrado le quotidiane cadute…

Luigi: Lei signora è convinta che tutto è opera di Dio? Cina, convinta che tutto è opera di Dio? Pinuccia convinta?

Pinuccia: Spero di sì …

Nino: Io ho un macchina vecchia; l'ho portata dal meccanico e gli ho chiesto:

Dopo aver fatto quel lavoro funzionerà?”; e il meccanico mi risponde:

Garantisco che va ancora per duecentomila chilometri”. Io gli dico:

Se io la curassi, non garantirei che lei vivrebbe ancora per duecentomila anni” e lui:

Ah, no! Perché la mia vita dipende da Dio ma la macchina dipende dagli uomini”.

Io invece gli ho detto che la macchina dipende da Dio come dipende da Dio la nostra vita. Ha accettato i limiti del medico ma non quelli del meccanico.

Luigi: È tutt’altro che facile credere che tutto dipende da Dio. Ricordo che venticinque, trent’anni fa, nel 1948, si parlava in una riunione che tutto è voluto da Dio. Una persona non ammetteva che Dio è il Creatore di tutto perché diceva che l'uomo ha la sua libertà. Questi incontri si tenevano nel seminario e ad un certo momento lui dice: “Ma allora io non sono libero di accendere un fiammifero?”; prende una scatola di fiammiferi, ne accende uno e lo butta per terra e dice: “Questa azione qui è determinata da Dio?”. Ed era proprio determinata da Dio nel modo più spaccato perché era proprio per il problema di Dio che lui aveva acceso il fiammifero. Invece lui ha acceso il fiammifero per dimostrare che era talmente libero da accenderlo o da non accenderlo per cui non poteva essere determinata da Dio quell’azione. E invece era proprio apertamente palese che era determinata da Dio perché se non fosse stato per il motivo di Dio non avrebbe fatto quell’azione. Ma era proprio spaccata la cosa che era proprio per Dio che aveva acceso il fiammifero perché era proprio per dimostrare che era libero nei riguardi di Dio.

Dio è sempre l'elemento determinante di tutto ed essendo Lui l'elemento determinante di tutto, noi dobbiamo realizzare consapevolmente: “Non avrai altro Dio al di fuori di Me” cioè non avrai altro motivo di vita oltre a Me. Dio è motivo di vita, perché Lui è il Vivente quindi “Non avrai altro Dio al di fuori di Me”, non avrai altro motivo di vita che Me.

Nino: Direi che è una concetto scarsamente accettato..

Luigi: Si perché l'apparenza inganna.

Nino: Si sente sempre dire che Dio è nelle grandi cose, ma nelle piccole cose non si disturba.

Luigi: Si perché sembra una illogicità, sembra assurdo che..

Nino: Quel libro che mi hanno regalato: “La preghiera che guarisce”, dice proprio quello: …noi certe volte diciamo: “Non devo importunare il Signore per queste piccole cose. Il Signore è senza limiti, non è che io gli tolga qualcosa. Posso importunarlo anche per le più piccole cose, anzi lo devo importunare per le più piccole cose perché devo abituarmi a pensare che c'è in tutte le cose anche nelle più stupide di questo mondo..”

Luigi: Certo; agli occhi nostri una cosa è grande e un’altra cosa è piccola, ma agli occhi di Dio no! Perché Dio le cose le carica di significato. Una cosa minima, magari ha tanto significato..

Nino: In quel libro dice che dobbiamo abituarci a chiedere sempre a Dio. D’altra parte è Dio stesso che dice di non stancarci mai di chiedere…

Luigi: Si, adesso li ci sarebbe da fare un lungo discorso sul “chiedere”. Non dobbiamo chiedere perché non dobbiamo strumentalizzare, cioè dobbiamo chiedere di conoscere Lui; l'essenziale è tutto un problema di conoscenza.

Si, dobbiamo cercare il suo pensiero, la sua volontà, la sua intenzione, dobbiamo conoscerlo. Lui deve essere il tuo motivo, noi non dobbiamo accontentarci di avere altri motivi, dobbiamo cercare il suo motivo.

Per cui chi ama la luce, arriva alla Verità perché cerca, non si accontenta di altri motivi, e cerca sempre le sue ragioni presso Dio.

Il Figlio di Dio non fa niente se non lo vede fare dal Padre” e non può fare niente se non lo vede fare dal Padre; per cui non si lascia muovere da niente.

Non è che prima faccia un’azione e poi dopo cerca presso Dio di giustificarla, questo è sbagliato!

Deve muoversi, deve essere mosso da Dio; allora cerca la volontà di Dio, cerca di conoscere la volontà di Dio per poter fare la volontà di Dio.

Cerca l'intenzione di Dio per poter vivere secondo Dio.

Luigi: Giovanni hai qualcosa da dire?

Giovanni: Le opere fatte da noi non possiamo confermarle…

Luigi: Non sono giustificate …

Giovanni: Non sono positive; ma viste nel pensiero di Dio io posso anche confermare una cosa positiva…

Luigi: Tu capisci però che la cosa, per essere giustificata, non è che tu la possa aggiungere come intenzione, tu la devi vedere procedere da Dio; è conseguente di Dio perché altrimenti fai una giustificazione fasulla. Il Signore poi li è chiarissimo: “I miei pensieri non sono i vostri, la mia volontà non è la vostra”, quindi non dobbiamo mai confondere le nostre scelte con le scelte di Dio, mai!

Nino: E qualche volta, se noi non ci accorgiamo di aver scelto una cosa secondo Dio, e poi cerchiamo di capire se abbiamo fatto bene, ci accorgiamo che l'abbiamo fatta bene se avevamo Dio dentro.

Luigi: Però guarda che Dio ci chiede continuamente la consapevolezza, perché noi possiamo anche abbandonarci a delle abitudini, non dobbiamo mai crederci troppo sicuri.

Eligio: Ci chiede sempre un rapporto cosciente.

Nino: Si, ma lui adesso parlava di capire sempre se una cosa è giusta o no.

Luigi: Dio chiede sempre il superamento di noi stessi; Dio è sempre trascendente, non si identifica mai con la creatura, quindi non si identifica mai con i tuoi pensieri, con la tua volontà, con il tuo modo di agire, con le tue abitudini, con le tue regole: c'è sempre quella trascendenza. E la vita sta li; la bellezza della vita della creatura sta li! Dio ti costringe sempre a pensare, ad essere intelligente, a cercare presso di Lui, a non vivere di abitudine.

Noi invece siamo portati a sederci, a pianificare gli incontri.

Cercate sempre il Pensiero di Dio”, “Restate sempre davanti al mio volto”; Pinuccia c'è qualcosa?

Pinuccia: Non riesco a cogliere l'idea centrale di stasera.

Luigi: Sentiamo Nino: lei dice che non riesce a cogliere l'idea centrale di stasera.

Pinuccia: Ci sono tante idee, ma vorrei sintetizzale in un’idea centrale.

Luigi: Si, è vero. L'idea centrale è questa: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”. Il proposito mio era di approfondire questo versetto: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”. Cioè era quel supplemento al discorso a Nicodemo che Gesù voleva fare con i suoi discepoli: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca” e che glielo fa fare da Giovanni il Battista. Con Nicodemo ha trattato della nascita, qui tratta della crescita, di questa crescita di vita.

Direi che il pensiero essenziale sta li, perché gli altri argomenti sono ripetuti; anche l'argomento che l'uomo non può ricevere niente se non gli è stato dato da Dio, sono argomenti che sono stati già affrontati, che tutto è opera di Dio. Qui abbiamo un pensiero nuovo, quello della crescita. Quindi bisogna nascere, e per rinascere bisogna avere tutto un pensiero di pulizia; bisogna rinascere da Dio, dalla Parola di Dio. Bisogna ricominciare da li, una vita nuova.

Poi questa Parola bisogna farla crescere, svilupparla; non soltanto ricordarla, non basta ricordarla, bisogna farla crescere.

Ad un certo momento deve diventare tutta vita.

Nino: Noi abbiamo tanta difficoltà ad accettare la figura del Battista, ma il Battista ce l'abbiamo davanti (Luigi) perché tu ci stai dicendo la Verità…

Luigi: Siamo tutti il Battista…

Nino: Si, ma noi non siamo ancora arrivati alla Verità; noi arriveremo alla Verità, nel momento in cui avremo creduto a te..

Luigi: Certo …

Nino: Ma nel momento in cui noi saremo riusciti per mezzo tuo, ad agganciarci là, e a ricevere l'insegnamento da Gesù.

Luigi: Certo. Stai attento che ci sono tre registratori…

Eligio: È bellissimo il concetto della nascita di Nicodemo, della crescita… è un collegamento splendido ...

Luigi: Si, perché ho detto prima che sono tutte tappe, anche se sono segni diversi o con altri personaggi, però abbiamo una tappa unitaria in un cammino crescente…

Eligio: La condizione del crescere è la diminuzione dell’io.

Luigi: Si.

Eligio: La diminuzione dell’uomo vecchio..

Luigi: Si, “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”.

 


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Dopo queste cose Gesù andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era là molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare. Giovanni infatti non era ancora stato mandato in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque una discussione con un giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da Giovanni gli dissero: “Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui.  Giovanni rispose: “Nessuno può prendere qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui. Chi ha la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo che gli sta vicino e lo ascolta, è pieno di gioia per la voce dello sposo. Questa è la mia gioia, ed è piena, bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”. Gv 3 Vs 22/30 Secondo tema


Titolo: Crescere e diminuire.


Argomenti: Fare la Verità è andare in profondità – Cercare la Luce fa figli della Luce – Essere mossi dalla Verità – La ricerca è attrazione – Muoversi spiritualmente – La Parola giunge ovunque e ci convoca a Dio – Partire è lasciare – La penitenza – Il male è trascurare la proposta di Dio – Il positivo è opera di Dio – La pretesa del miracolo – Vivere è crescere – La vera vita è far crescere Dio – La soddisfazzione dell’io – Il centro della sapienza terrena: Giovanni Battista – La convinzione di far diminuire l’io facendo crescere Dio in noi – Budda – L’uomo è desiderio – L’amore fa crescere l’altro -


 

27/Marzo/1977


Riassunti dal v.18 al v.30 e approfondimento del v. 21: “Chi fa la Verità” (13/03/1977)

Luigi: Noi adesso, una volta al mese, facciamo i riassunti degli argomenti svolti nel mese.

Pinuccia: In queste ultime quattro domeniche abbiamo riflettuto sul capitolo terzo di San Giovanni dal versetto 18 al 30.

La domenica del 27 febbraio ci siamo fermati sul versetto 18: “Chi crede in Lui non è giudicato; ma chi non crede è già giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio unico di Dio”. Questa è la conferma del versetto precedente: “Dio non ha mandato nel mondo il suo Figlio per giudicarci ma per salvarci”. Si parla qui di salvezza perché siamo in una situazione di pericolo e di rischio di fallire, di non rinascere, di abortire. Dato che il nostro destino è quello di diventare figli di Dio, cioè tutto pensiero di Dio, la nostra vita principale deve essere il pensiero e l'azione solo un soprappiù, un’espressione di sovrabbondanza. Il nostro lavoro essenziale allora è quello di diventare tutto pensiero che raccoglie tutto in Dio. Questo è l'essenza della preghiera, è quella la vita essenziale, poiché siamo chiamati a diventare una sola cosa con il Verbo di Dio, a diventare tutto pensiero di Dio. Corriamo però il rischio di disperdere il nostro pensiero dietro alle cose del mondo e questo avviene quando non crediamo in Dio, quando cioè non lo facciamo centro della nostra attenzione, perché abbiamo messo il pensiero del nostro io al centro del nostro vivere. E questo è il vero peccato mortale perché ci conduce alla morte: ecco il rischio in cui ci troviamo. Allora il Figlio di Dio giunge a noi per chiamarci a questa vita essenziale e rendercela possibile “Affinché chiunque crede in Lui non perisca”. Il Figlio di Dio è Colui che ci propone Dio come ricerca prima di tutto; proprio perché è Figlio del Padre, parla a noi del Padre. Se noi crediamo in Dio, aderiamo alla proposta del Figlio e lo seguiamo, se no siamo già giudicati perché rimaniamo schiavi di tutto, dispersi e in balia di tutto. Lui viene appunto per liberarci, per raccoglierci, ma solo se crediamo in Dio, aiutandoci e rendendoci possibile la vita secondo Dio che già desideriamo ma non riusciamo a realizzare. Ci aiuta nella misura in cui restiamo nelle sue parole, cioè le capiamo: “Se resterete nelle mie parole, conoscerete la Verità, e la Verità vi farà liberi”. Ce lo promette, ci convince e ce lo rende possibile; perché Gesù non è solo la Verità, ma è anche la strada, cioè quel tratto che ci congiunge la situazione in cui ci troviamo, qualunque essa sia, con la meta, il Padre.

Congiungerci alla meta, vuol dire renderci possibile arrivare, indicandoci passo per passo che cosa dobbiamo fare; non c'è un tratto di strada interrotto, è questa la salvezza che il Verbo di Dio ci porta, congiungerci alla meta. Se invece non crediamo in Lui, siamo già giudicati perché riconosciamo la situazione di morte in cui ci troviamo già. Credere vuol dire aderire ad una proposta; camminare dietro a chi mi offre la possibilità di uscire dalla situazione in cui mi trovo.

Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome del Figlio unico di Dio”. Il Figlio unico di Dio è il Pensiero di Dio, e ci propone di pensare a Dio, di occuparci di Dio prima di tutto perché la nostra vita è lì. Se noi non crediamo nelle sue parole, significa che già non abbiamo Dio nel nostro cuore, abbiamo altri padri; il peccato nostro è già li perché non abbiamo creduto nel nome del Figlio unico.

Il nome è il centro della sua vita, il suo amore principale, il Padre; cioè non abbiamo fatto in noi la giustizia essenziale, quindi siamo già staccati, già giudicati perché non siamo orientati a Dio, ma disorientati, perché riferiamo le cose a noi e concludiamo nella morte.

Siamo già giudicati perché se noi non accettiamo la parola di Dio, e in ogni cosa, in ogni avvenimento c'è il Verbo di Dio, non è che noi rifiutiamo la Parola di Dio, ma Dio stesso che l'ha mandata; rifiutiamo cioè l'argomento di Dio, poiché ogni parola di Dio che giunge a noi, ci propone Dio, ci sollecita a pensare a Dio prima di tutto, ci impegna nel pensiero. Se accettiamo la parola di Dio che giunge a noi, cioè se siamo disponibili per Dio, diventiamo degni di ricevere ciò che desideriamo. Nei momenti difficili, mai staccarci da Gesù che è la strada; Gesù ha sempre per me una parola che mi unisce alla meta, mi raccoglie, mi dà un appiglio a cui afferrarmi. Si arriva alla meta ascoltando le sue parole, non per sforzo nostro di pensiero o di immaginazione.

La partecipazione che ci è chiesta è l'ascolto, è Lui che ci conduce e può farlo, perché pur scendendo al nostro livello, resta in cielo, non si lascia strumentalizzare da noi, non ci appartiene; resta nel seno del Padre, per portarci in cielo, per liberarci dalle nostre schiavitù, per questo se non crediamo in Lui siamo già giudicati, condannati in questa schiavitù.

Anche se manchiamo, mai dubitare della sua pazienza infinita, Lui essendo strada, ci collega sempre. Tutte le parole di Dio, avvenimenti, ecc., giungono a noi per salvarci, perché Dio vuole salvare tutti, e non giungono mai per giudicarci, punirci.

Se rifiutiamo, siamo già giudicati perché abbiamo preferito l'io a Dio, ci scopriamo nudi, cioè non giustificati, perché la nostra vita non è secondo Dio ma è incentrata sull’io.

Credere nelle parole di Dio vuol dire impegnarci nel suo pensiero, tutto ciò che ci arriva è per aiutarci a mantenere il pensiero rivolto a Lui, “Con la pazienza guadagnerete le anime vostre”.

La domenica seguente, il 6 marzo, ci siamo fermati sul versetto 19: “E il giudizio è questo, la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie”. È una conseguenza del versetto precedente: “Chi non crede è già giudicato”. Si parla di salvezza in quanto c'è una situazione di rischio: la chiusura nell’io. La Verità per essere conosciuta, richiede il superamento dell’io, per cui tutta l'opera di Dio è per smuoverci dall’io e portarci a conoscere Lui. Dio non opera per farci conoscere noi stessi, gli uomini, ecc., ma per farci conoscere Lui, perché è Lui la vita.

Ecco perché il Signore non vuole che giudichiamo né noi stessi, né gli altri, perché Lui non opera per giudicare, ma per salvare, e ogni avvenimento va inteso in Lui. Chi giudica, si ferma alle creature. Il giudizio è sempre una classificazione, una definizione, un rapporto, una misura relativa ad un termine fisso; Dio non opera per giudicarci, per definirci, ma per salvarci, cioè per cambiarci; così pure dobbiamo operare noi. Infatti Dio non opera per farci capire quello che l'uomo è, ma quello che Dio è. Sbagliamo non soltanto quando giudichiamo riferendo le cose al nostro io, ma anche quando, pur attribuendole a Dio, giudichiamo gli altri in base ai risultati, considerati come premio o come castigo.

Anche se il giudizio è buono: “Quel tale è buono perché Dio lo ha premiato”, è da evitarsi, perché gli avvenimenti non sono operati da Dio per farci classificare gli uomini, ma per farci conoscere Se stesso. Ogni avvenimento è per salvarci, è un invito di Dio a convertirci, a cambiare, ad avvicinarci a Lui. Ce lo dice Gesù di fronte alla torre di Siloe e alla strage di Pilato: “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”. Se ci rifiutiamo, il giudizio scatta li, perché siamo già in pericolo. E il giudizio sta in questo che: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce”; come mai? Perché scelgono quello che vale di meno, rispetto a ciò che vale di più? Lo dice Gesù: “Perché le loro opere erano malvagie”. Ciò che procede dall’io, bilancia l'attrazione della luce; rifiutiamo la luce perché la luce tende a trasformare, a farci superare le nostre opere. Chi non le supera e resta nel pensiero dell’io, è già giudicato, perché rifiuta la salvezza che gli è offerta. Il richiamo della luce giunge anche nelle tombe, sconfessando la nostra centralità, e mettendoci in conflitto con le nostre opere. Dobbiamo cercare la ragione degli avvenimenti non nelle creature, ma in Dio perché è Dio il protagonista di tutto e ha in Sé la ragione di tutto. E la ragione di tutto è questa: in ogni cosa Dio opera per cambiarci, per farci conoscere la sua Presenza in modo che lo possiamo pensare e ci sentiamo pensati da Lui, per portarci alla sua intimità, per farci capaci di conoscere e di amare l'Infinito. Questa è la luce, il richiamo della luce; chi la rifiuta è già giudicato, perché preferendo le tenebre, rimane nelle tenebre.

- La domenica seguente, il 13 marzo, ci siamo fermati su due versetti, il 20 e il 21.

Versetto 20: “Chiunque infatti fa il male odia la luce e non si mette in luce perché le sue opere non siano conosciute per quello che valgono”. Cioè perché le sue opere non siano rimproverate.

Chiunque infatti fa il male” è tradotto meglio con: “Chiunque opera malamente”.

Perché le sue opere non siano conosciute per quello che valgono” è meglio tradurlo con: “Perché le sue opere non siano rimproverate”.

Concludendo il suo discorso con Nicodemo, Gesù vuole dimostrarci la necessità della rinascita; perché l'uomo che opera malamente, cioè superficialmente, cioè nel pensiero del suo io, si taglia il cammino verso la luce, non può seguire la luce, il cui richiamo giunge ovunque, per cui non può giungere a vedere il Regno di Dio.

Nel versetto precedente aveva già affermato: “Nonostante Dio avesse fatto tutte le cose bene, perché l'uomo fosse attratto dalla luce, e potesse accoglierlo, l'uomo ha rifiutato la luce”; come mai? Gesù dice: “Chiunque opera malamente odia la luce”.

Odiare va inteso come amare meno, cioè pospone la luce ad altro.

Operare malamente vuol dire operare superficialmente cioè nel pensiero dell’io, autonomamente, senza riferire a Dio, senza interrogare Dio. E questo ci condiziona perché ogni pensiero, parola, azione che non parta da Dio è una catena che ci imprigiona per cui siamo costretti a rifiutare la luce perché le opere sono malvagie.

Per questo non si mette in luce; chi opera malamente cioè autonomamente, non desidera vedere le cose secondo Dio, perché vuole già che le cose siano come le vuole lui e non le vuole modificare. Non cerca la luce perché le sue opere sarebbero rimproverate, non approvate dalla luce.

Per questo Dio ci proibisce di mangiare i frutti dell’albero dell’io, albero della scienza del bene e del male, perché dobbiamo solo nutrirci dell’albero della vita, Dio: rapportando tutto a Dio, interrogando sempre Dio.

Dio ci dice: “Non avrai altro Dio al di fuori che Me”, cioè non avrai nessun altro motivo di vita, non avrai nessun altro movente.

·         versetto 20: “Ma colui che attua la Verità si mette in luce, in modo che le sue opere si rivelino come compiute in Dio”.

Chi attua la Verità”, chi fa la Verità. Naturalmente noi non conosciamo la Verità, quindi non possiamo farla, per farla bisogna vederla. Quindi fare la Verità, vuol dire cercare la Verità, desiderare la luce, quindi riferire a Dio, interrogare Dio.

Chi fa la Verità si mette in luce” perché non vuole agire autonomamente, e allora cerca in tutte le cose il pensiero di Dio, perché non vuole fare qualcosa che non sia secondo Dio, ma vuole che tutte le sue opere siano secondo la luce, non che siano magnificate, ma compiute in Dio. partendo da Dio, nascendo da Dio, vediamo le cose nella Verità, facciamo la Verità, e vediamo la luce, il Regno di Dio. Invece nel pensiero dell’io noi non possiamo vedere la Verità; naturalmente vediamo regnare le creature, non Dio; per cui ci comportiamo superficialmente, secondo ciò che appare ai nostri occhi, sentimenti, intuizioni e questo dà luogo a scelte, desideri, giudizi superficiali.

Se invece non ci permettiamo di agire senza Dio, superiamo le apparenze; è Dio che ci fa profondi.

Questo è il pensiero conclusivo per dimostrare a Nicodemo la necessità di rinascere. Non si può far entrare il nostro mondo nel mondo di Dio, col compromesso, col rattoppo bisogna invece dar luogo ad un uomo nuovo, l'uomo che nasce da Dio.

È necessario rinascere perché l'uomo vecchio è fatto da questo uomo che è superficiale, che opera male, che quindi non può arrivare alla luce, a vedere il Regno di Dio; perché le azioni da lui fatte nel pensiero dell’io, lo imprigionano in un posto di blocco.

La rinascita, la vita nuova secondo Dio, richiede penitenza e distacco: non vogliamo più essere mossi da altro ma solo da Dio. La penitenza è possibile solo nel Pensiero di Dio.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Eligio: Non ho capito tanto questo: possedere la Verità, cercare la Verità e fare la Verità si racchiudono in un unico concetto.

Luigi: Noi facciamo la Verità in quanto la cerchiamo cioè noi non facciamo la Verità se ci fermiamo in superficie per cui agiamo per impressione, perché le cose appaiono così, perché le sentiamo così, o perché tutti dicono così. Ecco, allora noi siamo superficiali, non cerchiamo la Verità, non facciamo la Verità.

Eligio: Il cercarla è una cosa, ma il possederla è un’altra.

Luigi: Certo. Gesù dice: “Chi fa la Verità”. Quindi noi facciamo la Verità, non in quanto (perché non possiamo farla se non la conosciamo), ma la facciamo in quanto la cerchiamo, a livello nostro, già in quanto la cerchiamo siamo figli.

Noi siamo figli della luce in quanto cerchiamo la luce: “Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato”; implicitamente, in quanto cerchiamo la Verità, già siamo attratti dalla Verità, siamo mossi dalla Verità, facciamo la Verità. Il fare la Verità, vuol dire avvicinarci ad essa, ma noi ci avviciniamo in quanto siamo mossi da. Tu capisci che se io mi muovo in quanto sono mosso da, io già faccio la volontà dell’Altro, di Colui che mi muove, perché sono mosso; entro già. Però noi possiamo invece lasciarci muovere da altro; tutte le volte che noi ci lasciamo muovere da altro, ci lasciamo muovere in quanto c'è il pensiero del nostro io che controbilancia. Questo perché nella vita, semplice, se noi fossimo bambini, in stato di purezza, noi cercheremmo sempre la Verità, in tutto noi saremmo attratti sempre dalla Verità. Più il nostro io pesa, e più allora noi ci fermiamo in superficialità.

Perché fai questa cosa?”, “Perché mi piace” oppure “Perché ci guadagno” o per il prestigio, per la figura, o perché gli altri….abbiamo dei motivi superficiali, non andiamo più presso Dio.

Ora, come mai noi non andiamo più presso Dio, ma ci fermiamo a questi motivi qui in superficie? Perché c'è il controbilancio del pensiero dell’io: “Mi conviene”, “Il mio io è soddisfatto”. Ecco per cui le opere sono fatte malamente, perché non cerchiamo più la ragione presso Dio, la ragione ce l'abbiamo già in noi.

Quando io dico: “Questa cosa qui io la faccio perché mi piace”, la ragione ce l'ho già in me; e avendola già in me non cerco più la ragione in altro.

Soltanto in quanto noi siamo interessati ad agire secondo l'Altro, allora facciamo la Verità, allora noi cerchiamo la Verità, interroghiamo Dio, cerchiamo quello che vuole Dio; non è che cerchiamo l'approvazione di Dio, ma di quello che vogliamo noi, quindi non è che cerchiamo di strumentalizzare Dio.

Perché noi molte volte riteniamo di pregare Dio non in quanto cerchiamo la sua volontà, ma in quanto vogliamo essere aiutati da Dio a conseguire la nostra volontà; siamo sempre nel pensiero del nostro io.

Quindi in questo caso non facciamo la Verità; fare la Verità vuol dire cercare presso Dio.

Ora, uno non cercherebbe se non fosse attratto; in quanto è attratto è mosso quindi fa, fa l'Altro.

Eligio: Mi sembra che l'azione umana non sia così netta.

Luigi: Più noi ci avviciniamo a Dio, più Dio ci convince, perché Dio opera convincendo. Quindi è quando siamo lontani da Dio che si consuma la tragedia..

Eligio: Cercare la Verità non è fare la Verità.

Nino: Il fatto che tu cerchi la Verità, ti sei messo sul sentiero giusto, è il primo passo.

Luigi: Si, sei mosso da; in quanto uno è mosso, fa la Verità, in quanto sei mosso dalla Verità, la fai. Ad esempio se tu mi trovi in via Roma, dall’altra parte, e mi fai cenno: “Vieni qui!” e io vado da te, non so ancora quello che tu vuoi, però faccio già la tua volontà, mi avvicino a te. Tu mi chiami ed io mi muovo verso. Così è con Dio: Dio ci chiama, noi non sappiamo ancora quello che vuole Lui, non Lo conosciamo ancora, ma in quanto però andiamo verso di Lui, facciamo la sua volontà.

Eligio: L'esempio non calza perché se io ho qualcuno dietro che..

Luigi: D’accordo ma qui l'esempio è relativo ad un movimento materiale, ma nel campo dello Spirito è sempre un interesse di pensiero; io mi muovo spiritualmente, non mi muovo mica materialmente, è logico.

Eligio: All’inizio del cammino il cercare la Verità, non coincide con il fare la Verità, almeno inizialmente….

Luigi: Non so dirti, io in quanto vedo la ricerca, in quanto uno cerca, c'è già un fare. In quanto uno cerca la Verità, c'è un fare. Fare cioè un ubbidire alla volontà di Dio, e in quanto c'è un ubbidire alla volontà di Dio c'è un fare la volontà di Dio.

Si fa la volontà di Dio cercando Dio. Quando il Signore mi dice: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio”, in quanto io cerco prima di tutto il Regno di Dio, io faccio la Verità, perché Lui è la Verità che parla. Lui mi dice: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio”, io lo cerco. È vero che lo posso cercare malamente, tu hai ragione; perché io lo posso cercare dedicandomi tutto, lo posso cercare dedicandomi in parte, posso cercare dedicando il superfluo. È logico questo; però in quanto già mi applico, faccio già qualche cosa nella Verità. Perché dico: nessuno di noi può muoversi autonomamente verso -, se non è attratto da. In quanto uno è attratto, mosso, “Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre”, quell’attrazione abbiamo già visto che vuol dire essere mossi, desiderare di. Il desiderio in noi, siccome andiamo verso una cosa che non conosciamo, noi non possiamo desiderare una cosa che non conosciamo, quindi vuol dire che siamo mossi, mossi da. E quindi in quanto sono mosso da, non conosco ancora, faccio la volontà dell’Altro, cercando. Il guaio nostro è soltanto in quanto noi facciamo la nostra volontà, noi abbiamo per centro il nostro io, e allora ci giustifichiamo, ma la nostra giustificazione non è valida presso Dio e allora non ci siamo, siamo fuori dalla Verità perché ci chiudiamo in una conchiglia e non possiamo più ricevere i messaggi di Dio, perché vediamo soltanto più le cose nel pensiero del nostro io.

Eligio: Anch’io quando sono arrivato ho fatto fatica ad entrare nell’argomento eppure sono venuto all’incontro perché sono attratto…

Luigi: Ecco, li è la penitenza, perché portiamo su di noi il peso di tutte le nostre opere, delle nostre chiacchiere, del nostro parlare, portiamo questo peso qui. Qui ecco questa penitenza per…

Perché non ci dovrebbe essere questa penitenza allo stato puro, allo stato puro c'è solo l'attrazione per la luce; l'attrazione per la luce non è mica una penitenza, anzi è una gioia andare verso, perché Dio è vita, quindi è gioia.

Ora, in quanto io mi carico di altre opere, che hanno per centro il mio io, siccome poi divento figlio delle mie opere, mi crea delle resistenze, per cui non sono più disponibile: allora c'è la penitenza.

Per cui io posso spiritualmente riconoscere che Dio è il massimo dei valori, però porto con me un certo purgatorio, porto con me un carico.

Ecco, allora ho bisogno di penitenza, di questa violenza su me stesso, questo: “Va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri” perché tutto quello che hai, è frutto, è un’aderenza, è frutto di opere nel pensiero del nostro io. Quindi scarica, scarica, scarica, in modo da renderti disponibile per… più noi ci rendiamo disponibili e più abbreviamo i tempi della ricerca; mentre più siamo carichi e più il tempo diventa lungo, e può diventare un tempo eterno. Perché anche l'inferno è fatto di ricerca di Dio, però l'anima si trova nell’impossibilità di comprendere; abbiamo un tempo infinito. Mentre invece più c'è disponibilità, purezza di animo e più il tempo si accorcia. Il tempo è una cosa molto relativa; più il tempo si accorcia fino a diventare eternità di contemplazione di possesso, quindi immediatezza.

Ma quello dipende appunto dal carico che portiamo con noi; certamente qui c'è la confusione e c'è la penitenza.

Quindi più noi siamo lontani, e più facciamo difficoltà ad entrare nell’attrazione di Dio, perché siamo maggiormente distratti.

Chi è tanto distratto, non è che non senta la voce di Dio, perché abbiamo visto che anche i morti sentono la voce di Dio perché Dio è talmente onnipotente, da far sentire la sua voce, anche da coloro che sono nelle tombe, quindi anche a coloro che sono chiusi nel pensiero del loro io; perché anche quando noi pensiamo ai nostri interessi, Dio fa arrivare la sua parola, il suo rimprovero, ci umilia.

Questo vuol dire la onnipotenza, fa arrivare la sua parola; il fatto di sentire la sua parola, non vuol dire seguirla. Però la sua parola arriva, ed è quella che ci giudica se noi non…

Ecco, la sua parola facendoci sentire il richiamo, provoca in noi tutta questa penitenza se noi incominciamo a seguirla in qualche modo, comprendi?

Cina: Mi dà speranza sapere che ci possiamo nutrire dell’albero della vita.

Luigi: Dobbiamo nutrirci dell’albero della vita e non dobbiamo nutrirci dell’altro; sono chiari adesso?

Cina: L'Epistola di oggi è una conferma…; San Paolo che ritiene come spazzatura tutto il resto e che la cosa più importante è la conoscenza..

Luigi: Ecco bisogna arrivare a capire che non è che tutto sia spazzatura! Perché sono tutte opere di Dio, tutte cose buone, perché in quanto sono opere di Dio, portano a noi un riflesso, quindi sono vere, sono buone, sono belle. Le creature sono vere, buone e belle; anche i fatti, gli avvenimenti. Però per questa penitenza è necessario ritenere tutto spazzatura, per conquistare l'essenziale: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio”, è un problema di scelta.

Ieri sera dicevamo: il problema è partire. Ma il partire è una gioia, se non ci fosse il lasciare. Si può partire senza lasciare? No, nella nostra situazione non si può partire senza lasciare.

Il problema di scelta, è sempre il problema di un lasciare: “Va, vendi tutto quello che hai” e qui abbiamo la penitenza perché il nostro problema è quello che noi vorremmo partire ma senza lasciare.

Eligio: Non sono convinto che il cercare e il fare coincidano…

Luigi: Cioè non sei convinto che il cercare la Verità sia già il fare la Verità.

Eligio: Stento a capirlo, perché penso alla notte dei mistici, a San Giovanni della Croce, per esempio. Non capisco se il cercare la Verità sia la stessa cosa del fare la Verità. Poi tutto i resto mi è chiaro…

Pinuccia: Gesù dice: “Chi fa la Verità cerca la luce”, cioè è quasi un sinonimo..

Luigi: No, Gesù dice: “Chi fa la Verità giunge alla luce”, cioè chi fa la Verità arriva alla luce; perché? perché non si accontenta delle apparenze..

Nino: Però non l'ha ancora posseduta…

Luigi: Ah no!

Nino: Secondo me Eligio fa difficoltà a distinguere tra l'andare verso la Verità e il conoscere la Verità; ha difficoltà ad accettare che tutto è grazia di Dio, anche la nostra volontà è grazia di Dio.

Luigi: Cioè la nostra volontà non è grazia di Dio quando ha per centro il pensiero del nostro io…

Eligio: Ma come faccio a fare la Verità, allora?

Nino: Il primo gradino della scala è già

Luigi: È già grazia. Sant’Agostino dice che noi non possiamo muoverci, nemmeno una briciola, nemmeno un minimo pensiero verso Dio, senza la grazia di Dio.

Non siamo noi che abbiamo iniziato il cammino, ma è Dio che ce l'ha fatto fare; per questo diciamo che è Dio che ha fatto. Certamente se io ho fatto un piccolo passo verso Dio, non sono io che l'ho fatto, ma è Dio che mi ha fatto fare questo piccolo passo. Qui la Verità si è fatta. Capito?

Pinuccia: Quindi siamo sempre all’inizio…

Luigi: No, più progrediamo, e più questa Verità qui si fa in noi, ci fa dire: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”. Ecco, c'è un io che deve diminuire, e c'è un Dio che deve crescere in noi. Ora, la crescita incomincia da un seme, e poi a poco per volta si sviluppa…

Eligio: È l'inizio che non comprendo…

Luigi: Però io vorrei sempre insistere su questo: non siamo noi che facciamo ma è Dio che fa. Perché fintanto che io sono orientato ad altro da Dio, cioè sono autonomo, agisco, vivo autonomamente, non è Dio che agisce; nel mio io sono superficiale, agisco malamente, non è Dio che agisce, sono opere malvagie.

Pinuccia: Anche se è Lui che mi fa fare questo…

Luigi: Si, mi fa fare questo ma per altri fuori di me però il male lo faccio io perché non cerco Dio. In quanto non cerco Dio, mi rifiuto, mi ribello a Dio, quindi esco dall’attrazione, resto nel pensiero del mio io, quindi qui non abbiamo Dio che opera, ma è il mio io che opera, come intenzione. Perché in quanto noi non passiamo………..ricordati sempre che noi viviamo in proposte di, siamo immersi nelle proposte di Dio, quindi il male è sempre una diminuzione, un non rispondere alla proposta; è un dimenticarsi questa proposta…

Ora, ogni minima adesione alla proposta, non sono più io che faccio, ma è la grazia che opera, ecco è Dio che ha fatto!

Se noi fossimo capaci a restare in questa grazia, la grazia è talmente operante che ci porta nel possesso della Verità infinita; solo che noi, fatto il primo passo ci voltiamo indietro, desistiamo. Anche se fossimo arrivati a 99 su 100 della Verità ma ci ripiegassimo, crolla tutto, perché la Verità è sempre superamento, mai voltarsi indietro per cercare di recuperare: “Ma ieri io ho gustato questo!”; era dono di Dio.

Ieri ho gustato questo incontro o questo cibo o questo dono e adesso voglio riprovarlo”, voglio che Dio me lo ridia, e allora diventiamo pretesa verso Dio di avere quello che mi ha dato ieri. Ma oggi Dio mi vuol dare magari un dono maggiore, però per avere questa apertura a ricevere questo dono maggiore, io non devo pretendere il miracolo che Lui mi ha fatto ieri.

Per cui tutte le volte che la folla si avvicina a Dio pretendendo il miracolo che ha avuto il giorno prima, si trova il rimprovero da parte di Dio: “Voi mi cercate per il pane che vi ho dato ieri” oppure “… per i miracoli che avete visto a Gerusalemme” e allora li rimprovera. Perché la creatura deve essere aperta. Dio essendo un infinito, ha novità continue, ma noi dobbiamo essere aperti a questa novità continua; il nostro io invece è ricordo di quello che ha gustato, anche con Dio, per cui diventa pretesa verso.

Come la creatura diventa pretesa si chiude all’amore, non riceve più, perché si aspetta solo più quello; quindi non è più disponibile per ricevere altro, perché vuole quello.

Magari l'Altro la inonda di tante altre grazie, di infiniti altri doni superiori a quello, ma lui, chiuso nella sua pretesa, non vede niente e quindi non vede più l'amore, e non cammina più.

Per cui arrivassimo anche a 99 su 100 della Verità di Dio non….. capisci?

Pinuccia: Domenica scorsa, 20 marzo, ci siamo fermati sul brano che va dal versetto 22 al versetto 30.

Dopo queste cose Gesù andò in Giudea; ….. sorse una contestazione con i discepoli di Giovanni. … Giovanni rispose: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”.

Versetto 22: “Dopo queste cose …” cioè dopo queste cose che sono avvenute, e che segnano una tappa nel nostro cammino spirituale:

a Cana, dove Gesù rivelò il primo segno del suo incontro con l'uomo: la novità, il cambio di vita;

poi nel Tempio, quando cacciando i mercanti Gesù rivelò il secondo segno della sua venuta in noi: l'incompatibilità con altri amori e altri interessi;

poi a Gerusalemme dove nel suo discorso con Nicodemo Gesù parlò sulla necessità della rinascita, portandolo a toccare la sua cecità. Concludendo che Dio ha mandato il suo Figlio per salvarci e non per giudicarci. “Chi non crede è già giudicato”.

Dopo tutte queste cose Gesù con i suoi discepoli andò nel paese della Giudea e vi si tratteneva con essi e battezzava”.

Qui Gesù per bocca di Giovanni Battista vuole approfondire con i suoi discepoli il discorso iniziato con Nicodemo.

Come mai Gesù essendo già in Giudea va in Giudea?

Per Giudea bisogna intendere l'ambiente spirituale, l'argomento in cui si sia già compiuta la giustizia essenziale.

Il discorso che Gesù aveva fatto con Nicodemo, che giudicava Gesù con argomenti umani, non era un discorso fatto in Giudea (Giovanni Battista è il centro della vera Giudea).

Versetti 23-24-25-26: “Anche Giovanni battezzava... I suoi discepoli ebbero una contestazione a proposito di tale purificazione…. e gli dissero: Colui che era con te e al quale hai resto testimonianza, battezza e tutti vanno da Lui”.

Gesù conduce i suoi discepoli proprio per far sorgere una contestazione, in modo da far sorgere un problema, una fame, un desiderio e quindi una preparazione degli animi a ricevere una lezione successiva.

Dio ci mette in difficoltà, in apparente contraddizioni, per obbligarci ad approfondire, ad andare avanti, fino a conoscere il Signore come Lui ci conosce.

Giovanni Battista è il segnalatore, e convoglia tutti a Gesù:

·         dopo la sua prima segnalazione: “Ecco l'Agnello di Dio”,

·         dà ora una seconda segnalazione per i discepoli che sono rimasti legati alla sua persona,

·         e ne darà una terza per coloro che rimarranno con Lui quando sarà in prigione, mandandoli da Gesù a nome suo.

Ora, la parola essenziale che Giovanni Battista dice in questa seconda segnalazione è quella che va dal versetto 23 al 30:

L'uomo nulla può prendere se non ciò che gli è stato dato dal cielo;

Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Io non sono il Cristo, ma sono stato mandato innanzi a Lui. …È necessario che Lui cresca e che io diminuisca;

Perché è Lui lo sposo; e lo sposo è colui che ha la sposa (lo Spirito);

Io sono l'amico dello sposo e mi rallegro a vederlo. Egli deve crescere ed io diminuire”.

Tutto ciò che accade, tutto ciò che si ha, è tutto dono di Dio; l'uomo da solo non può autofecondarsi.

Solo se noi vediamo sempre l'opera dell’Altro, stiamo uniti all’Altro, l'Altro ci feconda.

È lo Spirito che ci fa rinascere, se ci afferriamo alla Parola di Dio; la creatura nuova deve crescere in noi, fino alla sua dimensione completa.

Ecco allora la creatura che si dimentica per far crescere l'Altro.

Dopo il tempo della concezione, della gestazione, c'è il tempo della dedizione.

Se facciamo vivere la Parola di Dio che arriva a noi, essa fa vivere noi; più facciamo crescere la Parola, più facciamo crescere la vita in noi e ad un certo momento sparisce l'io e si diventa tutto Pensiero di Dio, cioè figli di Dio e si sperimenta la presenza di Dio, il Regno di Dio.

Questo è il supplemento al discorso con Nicodemo; con Nicodemo Gesù ha trattato della nascita, qui per bocca di Giovanni Battista della crescita di questa vita divina.

Bisogna rinascere dalla Parola di Dio e farla crescere, svilupparla, non solo ricordarla, ma farla diventare tutta vita.

La condizione della crescita è della diminuzione dell’io.

Appendice:

·         Solo accettando il battesimo di giustizia, Dio al centro, poiché Lui solo è l'Essere, il Vivente, si forma in noi il bisogno del Cristo e quindi la possibilità di riconoscerLo; la possibilità di riconoscere Colui che ci salva e che ci rende possibile la realizzazione della vita secondo Dio.

·         Solo accettando questo battesimo di giustizia, è possibile l'incontro con Dio incarnato, realtà fisica in cui parla a noi Dio e che ci libera dal peso delle altre realtà fisiche.

·         Ogni realtà, anche Cristo stesso, nel pensiero dell’io, ci porta via da Dio. Invece se abbiamo Dio al centro, più nulla ci porta via, anzi tutto coopera per mantenerci uniti. Un giorno capiremo che tutto era opera di Dio per salvarci, e noi non abbiamo capito niente.

·         Non è fede se non desidero vedere il volto di Dio; ci vuole la speranza, se no non mi impegno.

·         L'approfondimento della presenza di Dio è il rimedio alla mancanza di carità.

Pinuccia: La volta scorsa avevi accennato che gli altri argomenti di cui parla Giovanni Battista sono una ripetizione degli argomenti già trattati con Nicodemo. Se vuoi illustrarci il collegamento, perché anche se sono gli stessi argomenti, forse sono espressi con parole diverse e non è che se ne veda bene il nesso.

Luigi: Adesso il concetto chiave è quello del crescere. “Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”. L'argomento chiave è questo; ed è l'argomento che aveva accennato Eligio: come mai c'è questa necessità, questo bisogno di far crescere e di far diminuire. C'è qualcosa che deve crescere. Teniamo presente che vivere è sempre un crescere in. Soltanto che noi possiamo sbagliare; infatti noi vivendo facciamo sempre crescere qualche cosa. Possiamo anche metterci ad innaffiare delle pietre, e la pietra non cresce, sbagliamo; però noi ci diamo da fare per, perché vivere è un crescere, facciamo crescere qualche cosa. Ecco, la vera vita sta nel far crescere. Noi corriamo questo rischio qui, questo pericolo, di perdere del tempo a far crescere altro. Fintanto che noi siamo nel pensiero del nostro io, noi tendiamo sempre a far crescere qualche cosa in cui il nostro io trova una certa soddisfazione. Facciamo crescere il denaro, le case, i poderi, facciamo crescere qualche cosa perché il nostro io si sostiene su, non sta su da solo.

La grande saggezza che è ancora terrena, di Giovanni Battista, la grande sapienza, la conclusione di tutto il cammino terreno è di capire quello che bisogna far veramente crescere durante la nostra vita.

E San Giovanni che è la conclusione di tutta la saggezza terrena, “È il più grande tra i nati di donna”. Ora Gesù dicendo “Il più grande tra i nati di donna” non intende mica soltanto il più grande tra i profeti, tra quelli dell’Antico Testamento; nati di donna comprende anche tutti i pagani, tutti i filosofi, tutti i sapienti. Gesù, Parola di Dio, dice: “È il più grande tra i nati di donna”; quindi abbiamo il centro della sapienza terrena. Ora, cosa mi dice questa sapienza terrena? “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca” cioè la nostra vita ci è stata data per far crescere Dio in noi. Ma Dio forse non è infinito? Non ha bisogno di crescere. Perché in noi portiamo tutto un mondo che ha bisogno di…

La Madonna che è poi l'attuazione, che dice: “L'anima mia magnifica il Signore”. L'anima mia fa crescere, fa grandeggiare Dio.

Ora, questa è una frase che noi dobbiamo poter dire tutti i giorni per fare la Verità, per essere sul cammino della Verità; noi dovremmo dire tutti i giorni: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”.

Siccome però noi non siamo soli ma è Lui che fa, ecco che allora, tutte le lezioni che diminuiscono il nostro io o quello che noi abbiamo fatto crescere umanamente, superficialmente, vengono da noi accettate perché “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca”, quindi anche se ci costano le accettiamo perché Lui attraverso questo, diminuisce quello che noi abbiamo fatto crescere umanamente, per far posto alla sua crescita.

Direi che il concetto centrale, l'argomento che dobbiamo approfondire è questo: “Si apra la terra e germini il Salvatore”. Ora, questa apertura della terra, questo è il centro della sapienza, è quello che la terra deve capire. La terra deve capire questo: “È necessario che Lui cresca…” ed è la lezione di Giovanni Battista,

Tutta la sua grandezza sta in questa sua grande umiltà: l'uomo giusto.

Noi tendiamo sempre a far crescere il nostro io e a far diminuire gli altri, perché è il nostro io che deve crescere, qui invece abbiamo il Giovanni Battista che dice: “Lui deve crescere ed io diminuire”.

Ora noi dobbiamo convincerci di questo, perché noi non siamo ancora entrati nella grazia, nel Regno di Dio, ma questa è la premessa per poter entrare, cioè capire che dobbiamo far crescere Dio in noi e far diminuire il nostro io.

Quindi di conseguenza, siccome il nostro io si vale di tutto quello che ha fatto crescere attorno, deve far diminuire tutto.

Nino: Pensavo al Budda che è stato già un grande. Egli ha portato la rinuncia all’io, ma non ha portato la crescita in Dio.

Luigi: Budda sai cosa ti ha detto? Tu hai mal di capo; il mal di capo ti deriva dal fatto che tu hai la testa; tagliati la testa e tu non avrai più mal di capo.

Nino: Quello è un paradosso.

Luigi: È un paradosso ma ha fatto questo. La fonte di tutti i nostri mali…

Nino: Comunque la rinuncia che ti propone Budda è già una rinuncia al tuo io…

Luigi: No, ma scusa un momento, lui dice: la fonte di tutti i mali è il desiderio; l'uomo non deve desiderare più niente, deve imparare a non desiderare più niente. Quindi il rinnegamento è inteso come rifiuto del desiderio. Allora abbiamo il vuoto… invece quello che ci propone Cristo..

Nino: Ma io stavo facendo il confronto tra Budda e Giovanni Battista; Giovanni Battista è più grande in quanto ti porta Dio e invece Budda non ti porta Dio…

Luigi: No, ma vedi Nino, io ho detto che Budda ti propone di tagliarti la testa in quanto togliere il desiderio dall’uomo è togliere l'uomo; l'uomo è essenzialmente desiderio, desiderio di, la vita è desiderare. Ora, se io soffoco il desiderio, soffoco l'uomo, soffoco la vita. No, invece si tratta di orientare il desiderio a quello che è giusto. Quando Cristo ti dice: “Rinnega te stesso” ti impegna a desiderare molto, c'è un desiderio da potenziare, da orientare. Non ti dice mica: “Elimina il desiderio”, no, ti dice: “Devi desiderare questo”, “Devi volere questo” e volerlo con tutte le tue forze perché Cristo ti parla di un amore.

Già nell’Antico Testamento l'amore era inteso come desiderare; desiderare che cosa? L'amore fa vivere l'altro, pensa all’altro e vuole far crescere l’altro. La mamma, quando ama il figlio, cosa fa? Fa crescere il figlio, vive per; vedi che abbiamo qualcuno che fa crescere? Ora, l’amore fa crescere, fa crescere l’altro. È logico che la fonte di tutti i nostri mali è il desiderio, e il desiderio se è incentrato nel nostro io, ma noi non possiamo togliere il desiderio. Come non possiamo non pensare, ad esempio. Se uno ti dicesse: “Non pensare”, si posso fare uno sforzo, ma è sempre un pensiero; sarà fisso sulla punta del mio naso ma è sempre pensiero, a meno che non si uccida l’uomo. Si tratta di orientare il pensiero, si tratta di orientare il desiderio; perché in noi ci sono tanti pensieri, ma c'è anche il Pensiero di Dio tra tutti i pensieri.

Per questo dico che su tutto, ed è tutto dono di Dio, Dio chiede a noi di mettere in alto quello che deve essere messo in alto. Allora, tutto ti è dato, ma tu devi mettere i valori al loro posto; quindi devi mettere prima di tutto Dio, che vale più di tutto, quindi dedicati molto di più a Dio di quello che ti dedichi ad altro. Dedicarsi a, vuol dire far crescere; più Lui cresce e più ti attrae perché più un corpo si avvicina e più diventa attraente, l’attrazione è effetto di vicinanza. Più sono lontano e meno sento l’attrazione. Però per vincere, per fare i passaggi, attraverso cui io mi avvicino, debbo pormi il problema di quello che devo mettere, di quello che devo volere prima di tutto.

Allora, devo mettere Dio prima di tutto; a poco per volta mi avvicino e più mi avvicino e più riconosco la validità, poi dopo incomincio a passare alla bontà, alla bellezza, e uno resta attratto e non lo lascia più.

Mentre più noi cerchiamo le cose del mondo e più noi andiamo verso delusioni; ecco che abbiamo le dimostrazioni pratiche che Dio opera in tutto.

Per cui più noi cerchiamo le cose del mondo, cioè facciamo crescere le cose del mondo e più noi andiamo verso le delusioni; più noi cerchiamo Dio e più andiamo verso conferme, perché Dio conferma la sua Verità.

Pinuccia: Questa crescita sarebbe questa rinascita continua di cui parlavi quando ci commentavi Nicodemo?

Luigi: Si, più noi raccogliamo in Dio, più noi riferiamo a Dio e più Dio cresce perché diventa sempre più vero ai nostri occhi. Ora, ti ricordi quando abbiamo parlato del Tempio? Che il Tempio, o la casa, è il luogo in cui si fa esperienza di una presenza. Ma come si caratterizza il Tempio o la casa? Si caratterizza in quanto tutto è subordinato a colui che è presente. Ora, noi non facciamo esperienza di una presenza, perché noi abbiamo nella nostra casa, tutte le cose che non sono subordinate a Dio; più noi subordiniamo le cose a Dio, più entriamo nella casa di Dio, e li allora facciamo esperienza della presenza di Dio.

Per cui se io sono lontano, e chi è lontano, chi è fuori casa, non fa l’esperienza della presenza, tuttalpiù farà esperienza negativa: è fuori casa.

È soltanto in casa che si fa l’esperienza della presenza di. Ora, perché noi non facciamo l’esperienza della presenza di Dio? Lui è presente, ci viene annunciato, ma noi non facciamo esperienza, come mai? Perché siamo fuori casa. E come mai siamo fuori casa? Perché tutto non è subordinato a Dio.

Ora, dico, la casa si caratterizza in questo, è il luogo in cui tutto è subordinato al padrone, questo è quello che caratterizza la casa. Per cui si vede la presenza del padrone. Quindi entrando nella casa di uno, li si vede la presenza del padrone, anche se il padrone non c'è, tu vedi la presenza del padrone perché tutte le cose sono subordinate a lui.

Allora, come mai uno non esperimenta la presenza? Tutto è di Dio e noi non esperimentiamo la presenza di Dio? perché tutte le cose sono subordinate al pensiero del nostro io, ai nostri interessi, al pensiero del mondo; non sono subordinate a Dio allora siamo fuori casa.

Siamo nella casa, siamo in casa di Dio, però siamo fuori, ecco, spiritualmente siamo fuori casa e li è la rovina.

Appendice:

Nino: Mi puoi dire qual è il tuo pensiero sull’aborto?

Luigi: C'è questo fatto, che sia dal punto di vista religioso, sia sotto il punto di vista scientifico, sia sotto il punto di vista giuridico, il concepito è già persona.

Nino: Su questo non ci sono dubbi, perché per un cattolico..

Luigi: Ma no, anche per un non cattolico; prendiamo in campo giuridico: se il padre muore e la madre ha concepito da una settimana, il figlio eredita, nascerà da qui a nove mesi ma è già erede. Ora in quanto erede, e qui siamo in campo giuridico, in quanto erede è persona,

Nino: Secondo me la Chiesa avrebbe dovuto dire: “Fate quello che volete di questa legge, sappiate che c'è una legge superiore a questa che non potete trasgredire”.

Luigi: Quello lo dice, quello lo dice; forse quello che si digerisce poco e che i cattolici si ritengono cattolici nel far valere una cosa che è anticattolica……………………..

 


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Dopo queste cose Gesù andò nel paese della Giudea e si tratteneva con essi e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Enon, vicino a Salin, perché vi era là molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare.  Giovanni infatti non era ancora stato mandato in prigione. I discepoli di Giovanni ebbero dunque una discussione con un giudeo a proposito di tale purificazione e venuti da Giovanni gli dissero: “Rabbi, Colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso testimonianza, ecco che battezza, e tutti vanno da lui.  Giovanni rispose: “Nessuno può prendere qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui.  Chi ha la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo che gli sta vicino e lo ascolta, è pieno di gioia per la voce dello sposo. Questa è la mia gioia, ed è piena”.Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca”».Gv 3 Vs 22/30


Titolo: Immergersi in Dio


Argomenti: L’invidia e la carità – L’assenza dell’io io Battista – La giustizia sociale – La liberazione dall’egoismo – La torre di Babele – Il superamento dell’io – La Giudea è l’anima che cerca Dio – Adorare è mettere in alto – La salvezza viene dalla conoscenza – Terra sacra – Riferire tutto a Dio – In Giudea tutto convoglia a Cristo – Le regole non salvano – Il furto spirituale – Individuare il Messia – La funzione del Battista – I tempi sono di Dio – La prigione di Giovanni – Il significativo del dolore – Le lezioni di Dio – Dio operatore in tutti gli uomini – La lezione della croce – Commorire con Cristo -


 

10/Aprile/1977


Versetto 22: “Dopo queste cose Gesù con i suoi discepoli andò nel paese della Giudea e vi si tratteneva con essi e battezzava”.

Versetto 23: “Battezzava anche Giovanni Battista perché c'era là molta acqua e la gente vi accorreva e si faceva battezzare”.

Gesù va nel paese della Giudea, cioè nel paese di Giovanni Battista dove c'era molta acqua; l’acqua è il simbolo della sapienza in cui si concludono tutti gli argomenti dell’Antico Testamento, simbolo della Parola di Dio, delle lezioni di Dio.

La gente vi accorreva”. Tutto il mondo va verso Dio; le lezioni della vita sono strade che ci sospingono a Dio verso Colui che Giovanni Battista, che è la sintesi di tutte le lezioni di Dio, ci segnala preparando in noi la fame di verità, di luce.

Si faceva battezzare”. Non si tratta di un semplice rito ma di una conversione, infatti Giovanni Battista gridava: “Fate penitenza”, cioè mettete Dio al centro della vostra vita.

Non si ha vera conversione se non si ha un cambio di interesse: Dio al centro, non abbiate altri idoli, altri interessi; ciò che macchia la nostra anima è l’interesse per altro.

E battezzava”, Gesù battezzava. Bisogna intendere un altro battesimo, il battesimo dello Spirito, battesimo come immersione spirituale in una verità.

Versetto 25: “I discepoli di Giovanni Battista ebbero una contestazione con un giudeo a proposito di tale purificazione”, sorge un conflitto che deriva dal problema della purificazione. Senza accorgercene confondiamo la regola, un modo di essere, la virtù con quello che è la Persona di Cristo.

Abbiamo tre gruppi, tre categorie di discepoli di Giovanni Battista:

·         il primo gruppo ha colto l’anima dell’insegnamento di Giovanni Battista e si staccano quando segnala loro il Cristo.

·         Il secondo gruppo restò legato alla regola di Giovanni Battista, ne fanno la loro vita, cioè fanno consistere la loro vita in questa regola, non compresero che la legge è solo una preparazione, ma che va lasciata dopo aver incontrato il Cristo. Costoro fanno un discorso sulla purificazione: la vita non consiste né in una regola, né in quell’altra, ma nell’incontro con una Persona. L’anima di ogni regola, l’anima della legge è l’introduzione a questo incontro d’amore con una Persona; l’anima di ogni legge è: ama!.

Versetto 27 “Giovanni Battista rispose: l’uomo nulla può prendere se non ciò che gli è stato dato dal cielo”. Giovanni Battista dà questa risposta appunto perché nasce questa contestazione a motivo della purificazione della preparazione al Messia.

Giovanni Battista risponde ai suoi discepoli che hanno avuto questa contestazione cosi: “L’uomo nulla può prendere se non ciò che gli è stato dato dal cielo”. Il primo argomento con cui Giovanni Battista risponde è questo: “Tutto viene da Dio”, quindi dobbiamo cogliere tutto, dobbiamo rispettare tutto; questa è la posizione di fondo che deve sempre orientare la vita in ogni cosa. Gli dicono: “Tutti accorrono a Lui”, Giovanni Battista risponde: “Questo viene da Dio”. Gli altri tendono a suscitare rivolte, invece lui afferma: “Tutto ci viene da Dio”. Questa è la posizione giusta, la condizione per poter iniziare a ragionare sui veri valori. San Paolo ci dice: “Uomo di che ti vanti? Che cos’è che non hai ricevuto?” Tutto ti è stato dato da Dio gratuitamente: volontà, intelligenza, lavoro, anche quello che ci sembra di averci guadagnato da noi stessi, perché poi intanto Dio ci fa toccare con mano che è Lui che fa.

L’uomo nulla può prendere, cioè avere, se non ciò che gli è stato dato dal cielo”, quindi a che gli dice: “Tutti vanno da Lui”, da colui che tu hai segnalato, Giovanni Battista risponde: “Se vanno è perché è Dio che glieli manda”. Giovanni Battista si mette sempre in questa posizione di attenzione e rispetto, l’atteggiamento fondamentale dell’uomo.

La vocazione dell’uomo è essenzialmente vocazione all’attenzione. Dio è Colui che opera, l’uomo colui che ascolta. Come l’uomo si distacca dall’attenzione, ritorna verso il nulla, conflitti, caos, confusione, ecc..

Versetto 28: “Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: io non sono il Cristo, ma sono stato mandato davanti a Lui”. Noi stessi siamo testimoni che tutto dice a noi: noi non siamo Dio, guarda al di sopra di noi. In Giovanni Battista abbiamo la sintesi della voce di tutte le creature di tutto l’Antico Testamento, la creazione, la situazione dell’uomo staccato da Dio nella sua miseria, che dice a noi: “Io non sono il Cristo; io non sono la luce, ma sono venuto per rendere testimonianza alla luce”. Quindi tutto non è luce ma viene ed esiste per rendere testimonianza a noi che la luce esiste, ma che è altrove. Noi stessi per essere sulla linea della verità dobbiamo dire: “Non sono la luce”, nessuno deve farsi luce. Tutte le creature assumono questa voce qui che rivela e testimonia che la luce è altrove. Noi non dovremo aver bisogno di questo se fossimo semplici, ma siccome siamo nella confusione, Dio ci manda Giovanni Battista a ripetercelo, a dircelo chiaramente: nulla è luce, né fatti, né uomo, né creatura, ma noi tendiamo a trasformare le creature in luce, perché subentra l’io che ci fa scambiare i valori.

I legami col versetto precedente sopra è questo: “Colui a cui hai reso testimonianza ecco battezza e tutti vanno a Lui…”, allora dapprima li mette in posizione di giustizia, in tutto ciò che accade c'è la mano di Dio, quindi non parlatemi di conflitti, poi riconoscete che ho detto: “Non sono la luce, ma sono stato mandato innanzi a Lui”; non dice: “Andate dietro a Lui” perché la decisione deve venire dal di dentro, ma educa ai valori, presenta i valori.

Versetto 29: “Chi ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo che gli sta vicino e lo ascolta, prova la gioia più viva per la voce dello sposo. Questa è la mia gioia ed è completa”.

E questa è una parabola per dire che colui che ha la sposa è lo sposo; fa il paragone tra lo sposo e l’amico dello sposo, perché prima i suoi discepoli li avevano portati sul piano della rivalità, come se si trattasse di due sposi. L’amico non deve invidiare quello che non ha, perché quello che uno ha è dono di Dio. Quindi l’amico si rallegra, se invidia non è più amico, ma scende sul piano della rivalità. Sul piano della giustizia invece ci si rallegra perché si ama Dio. Quando c'è l’invidia è perché c'è il problema dell’io; quando invece si è messo Dio al centro, c'è sempre la gioia per tutte le opere di Dio: non si invidia né si soffre perché quel tale è arrivato prima. In cielo non c'è rivalità, perché nessuno pensa a sé. Tutto è dono di Dio e si riceve tutto come dono di Dio e si ammirano le opere di Dio in tutte le creature, se no non si è in cielo ma all’inferno. Chi ama Dio è felice che Dio sia stato cosi generoso nonostante che quel tale abbia sprecato la vita: ormai il pensiero dell’io è superato.

La mia gioia è completa” perché ha visto realizzato un suo sogno; se non lo avesse visto realizzato ci sarebbe stata l’insoddisfazione; cioè ha visto la realizzazione del suo sogno, la glorificazione di Gesù: “Tutti vanno da Lui”.

Giovanni Battista che venne a preparare la via al Messia, vedendo che la gente va, è contento, qui abbiamo la grandezza del Battista, che deve essere quella di ogni uomo, non pensare a sé ma glorificare Dio. Dirà dopo: “È necessario che Lui cresca”.

Chi ha la sposa è lo sposo”; Giovanni Battista tende a spostare l’argomento sul centro della scena, Cristo, per evitare la rivalità tra i due sposi se li si considera entrambi come tali.

Lo sposo ha la sposa; lo sposo è colui che resta con la sposa. La sposa dell’anima è lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. Giovanni Battista aveva visto nel battesimo di Gesù che lo Spirito di Dio scese e rimase su di Lui. La caratteristica del Figlio di Dio sta nell’avere con sé lo Spirito; nella creatura lo spirito va e viene, invece il Figlio rimane nel Padre, nella conoscenza di Lui. In Cristo abbiamo una permanenza, nelle creature abbiamo l’instabilità, ma siamo chiamati a diventare sposi in, permanenti nella verità di Dio; lo sposo è colui che resta con la sposa. Se non fossimo visitati da Dio, non potremmo neppure sognare la verità, ma pur sognandola siamo instabili, non siamo ancora sposi della verità. Solo colui che rimane nello spirito, il Cristo, può dare lo spirito, cioè rendere stabili; solo chi è nel cielo può portarci nel cielo. Noi un giorno siamo tutti spirituali e un giorno tanto materiali, dobbiamo diventare stabili e ci può aiutare solo chi è stabile.

È sbagliata l’interpretazione di questo versetto, che vede nella sposa tutta la gente che corre al Cristo, la Chiesa, perché prima la gente accorreva a Giovanni Battista; la verità si testimonia da sola, non sul piano sperimentato. Infatti distinguiamo lo sposo non con un criterio statistico: va più gente da Lui quindi è lo sposo; ma “Chi viene dal cielo è al di sopra di tutto”.

Versetto 30: la sposa allora va cercata qui. Chi parla delle cose dello spirito ha lo Spirito in sé, la sposa; Cristo viene a parlarci delle cose del cielo: è questo che caratterizza il Messi dagli uomini, nessuno può parlarci come Lui; Lui solo ci fa conoscere il Padre. “Tu solo hai parole di vita eterna”. Ne abbiamo una conferma, di questa interpretazione, al versetto 34: “Quegli che Dio ha inviato, pronuncia parole di Dio, perché Dio non gli dà lo Spirito con misura”, cioè per un certo tempo. Questo versetto chiarisce meglio che la sposa è lo Spirito. Quindi ciò che caratterizza lo sposo, il Messia, è che ci parla cose di Dio: “Quegli che Dio ha inviato pronunzia parole di Dio” e chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Giovanni Battista che è da Dio si rallegra; l’uomo invece “Chi è dalla terra appartiene alla terra e parla della terra” versetto 31, invidia. Come ad esempio i farisei che invidiano la posizione del Cristo “Essendo uomo ti fai Dio”, l’uomo da solo non può fare nulla. Chi è staccato da Dio dice: “È un uomo che parla” e non sa e non può coglierlo da Dio.

Poi c'è il commento al versetto 30 “È necessario che Egli cresca e che io diminuisca” e questo argomento l’ha già spiegato domenica scorsa.

Versetto 31: “Chi è dal cielo è al di sopra di tutti e annuncia ciò che ha visto e udito e nessuno accetta la sua testimonianza. Chi accetta la sua testimonianza con ciò suggella che Dio è verace”. Chi accetta conferma la verità e prova a se stesso che Dio è vero. Questa testimonianza vale anche per gli altri, ma per essere riconosciuta esige sempre una partecipazione personale, cioè che chi la riceve abbia presente il Pensiero di Dio. Abbiamo l’esempio di Cristo, chi più di Lui rese testimonianza a Dio? eppure ci fu chi gli disse “pazzo”, “satana”. Chi ha presente il Pensiero di Dio Lo riconosce; chi non ha presente il Pensiero di Dio vede in Lui solo l’uomo. È sempre l’interno che illumina l’esterno, l’esterno è una breccia che ci porta all’interno, che ci segnala Dio. Suggellare vuol dire mettere il sigillo, confermano, rendono testimonianza. Rendere testimonianza, si suggella, si conferma la verità; si prova a se stesso e agli altri che Dio è verace, ma solo aderendo alla testimonianza di Dio.

Se succede qualcosa che non è gradito, ma riconosco in questo l’opera di Dio, aderendo suggello la verità, rendo testimonianza alla verità di Dio. Il vedere viene dopo, prima devo aderire; la testimonianza a Dio si rende sempre quando lasciamo fare a Dio; quando ci ribelliamo abbiamo la creatura che non rispetta più. Dio prende lo stesso testimonianza dalla sua notte, perché raccoglie testimonianza da tutto. Più la creatura partecipa aderendo, più vive e più aumenta la sua pace, la luce, la stabilità; è una conseguenza del nostro far grandeggiare Dio, ma se non lo facciamo, gli rendiamo gloria lo stesso, ma noi ci carichiamo di angoscia, di confusione, instabilità, ecc..

Tutto fin dal primo giorno della creazione, Dio l’ha fatto per renderci partecipi della sua gloria, ma dipende da noi. Se aderiamo è grazia sua, se rifiutiamo la colpa è nostra.

Versetto 34: “Perché quegli che Dio ha inviato pronunzia parole di Dio, perché Dio non gli dà lo spirito con misura”, ma qui non siamo ancora arrivati….

Luigi: C'è qualcosa da dire su quanto è stato letto? Soprattutto è importante sottolineare che è il concetto di permanenza che distingue il Figlio di Dio dalla creatura.

Nino: Bisognerebbe avere un Vangelo su cui si potessero fare delle annotazioni…

Luigi: Un nostro amico ha disfatto un Vangelo completamente; poi ha introdotto tra ogni pagina un foglio bianco poi lo ha rilegato e cosi poteva inserire le annotazioni.

Cina: Se non c'è l’io si gode sempre del bene dell’altro; non c'è rivalità.

Luigi: C'è invidia, si invidia il bene dell’altro. Per cui in Paradiso, pur essendo diversi, non si invidia nessuno perché non c'è l’io; dove c'è la carità, invece, la carità si sopporta tutto, crea tutto, ama tutto.

Cina: Fa diventare superiore…

Luigi: Perché si glorifica Dio in tutto e per tutto; quindi se Dio ad uno dà cento, si glorifica Dio per il cento; se all’altro dà dieci, glorifica Dio per dieci; se a me dà uno, glorifico Dio per quello che Dio ha voluto fare. È li la grandezza del Battista: “È necessario che Lui cresca e che io diminuisca” c'è l’assenza dell’io. Mentre invece dove c'è il pensiero dell’io, c'è la pretesa. Per quello che dico che tutti i problemi sulla giustizia sociale sono tutti fasulli, perché non si riuscirà mai, fintanto che c'è l’io nell’uomo, non si riuscirà mai a fare la giustizia, perché la giustizia è quella che viene da Dio, raccogliendo tutto nelle mani di Dio. Tutte le altre giustizie sono tutte giustizie sbagliate, che suscitano dei problemi sempre più grossi, perché una persona non potrà mai convincersi che l’altro ha avuto lo stesso perché, sono infinite le sfumature, per cui uno si ritiene sempre diverso dall’altro, o ritiene di aver più diritto dell’altro.

Soltanto scavalcando tutto, e vedendo tutto da Dio, allora si incomincia a lodare, a glorificare Dio. Il principio è quello: tutto è opera di Dio e tutto viene da Dio.

È perfettamente inutile fare tanti problemi sociali, umani, di giustizia; perché le complicazioni, è come la torre di Babilonia: “Vogliamo glorificare la torre di Babilonia per glorificare noi stessi”, ad un certo momento non ci capiamo più a vicenda. Non possiamo, non c'è nessun sistema che possa liberarci dall’egoismo, solo Dio ci può liberare dall’egoismo. Ora, l’egoismo tende sempre a soffocare gli altri, tende sempre a strumentalizzare gli altri, perché pensa a se stesso. Pensando a noi stessi, siccome il nostro io è universale, è un centro di attrazione universale, perché è fatto per contemplare Dio, che è l’Unità massima, quindi se noi pensiamo a noi stessi, noi diventiamo degli accentratori al massimo. Ma come io divento accentratore immediatamente incomincio ad immagazzinare tutto intorno a me e a strumentalizzare tutti gli altri creando lutti, conflitti, gelosie e tutto quanto…. È sempre il nostro io.

Quindi la via è quella: quella del superare noi stessi, ed è l’unica cosa su cui noi dobbiamo puntare, non c'è niente altro su cui bisogna insistere! È questo superamento dell’io per mettere Dio al centro; e siamo nell’Antico Testamento. Se non ci convinciamo di questo, è perfettamente inutile ogni giustizia, ogni lotta, ogni opera sociale, umana.

C'è un umanesimo che agli occhi nostri sembra giusto e invece è delittuoso perché uccide e soffoca completamente l’uomo perché esaspera i problemi umani che sono espressioni dell’io e quindi diventa delittuoso perché distoglie l’uomo dalla ricerca di Dio.

Il fatto che noi presentiamo i fatti come opera di uomo, invece che di opere di Dio, già immediatamente distogliamo, quindi uccidiamo gli uomini perché li distogliamo dalla vera via: quella del superamento di se stessi per arrivare a Dio che è il vero problema ed è l’unico problema. Quello di cui parla Gesù: “Cercate prima di tutto il regno di Dio e tutto il resto…” e Lui si rifiuta di fare la giustizia umana, si rifiuta!

Cina: Anche là dove sarebbe giusto…

Luigi: Anche là dove sarebbe giusto! “Di a mio fratello che divida con me l’eredità!” Gesù risponde: “Guardatevi da ogni avarizia! La vita non sta li!”. La vita non sta nei beni che si posseggono, la vita viene da altrove.

Eligio: Gesù e Giovanni Battista si trovano entrambi in Giudea ed entrambi battezzano. Questo è un segno quindi portiamo tutti dentro di noi una Giudea interiore. Quindi abbiamo Gesù che annuncia la verità e il Battista che si ferma vicino a Gesù perché c'è molta acqua. Ora, riferendo ad ognuno di noi, alla nostra anima, che significato possiamo dare alla permanenza del Battista vicino a Gesù per il fatto che c'è molta acqua; vuol dire molta sapienza?

Però anche Gesù usa l’acqua per il battesimo…..

Luigi: Precisiamo prima di tutto cosa significa Giudea; è chiaro questo?

Eligio: È la regione che è sorgente di questa luce, di questa verità, di questo annuncio che ci segnala il Salvatore…

Luigi: Si, perché noi abbiamo detto che Giudea, “La salvezza viene dalla Giudea” dice Gesù. Quindi Giudea rappresenta l’anima che cerca Dio, che cerca la conoscenza di Dio. Abbiamo visto nel Vangelo: “Voi samaritani adorate quello che non conoscete; i Giudei adorano quello che conoscono”. Quando abbiamo dovuto determinare il termine di adorare abbiamo detto che adorare significa mettere Dio prima di tutto, mettere in alto nella nostra vita, riferire tutto a.

Allora, noi nella nostra vita mettiamo prima di tutto quello che ad esempio non conosciamo, cioè la ricerca di quello che noi non conosciamo; ad esempio abbiamo come prima di tutto il denaro, cioè a noi non preoccupa la conoscenza.

Eligio: Non siamo in Giudea…

Luigi: Non siamo in Giudea; allora noi nella terra del nostro io, non in Giudea, mettiamo prima di tutto non la conoscenza, non la ricerca di Dio ma mettiamo prima di tutto l’ambizione, la figura, l’onore, non la conoscenza. “La salvezza viene da mettere la conoscenza di Dio prima di tutto”, quindi dal cercare Dio prima di tutto. E allora noi siamo in Giudea; al centro del popolo elette, del popolo ebraico noi abbiamo: “Togliti i sandali perché il luogo su cui stai è terra sacra, terra santa, dove Io sono Colui che è”. Al centro di tutto c'è Dio che parla all’uomo e l’uomo che deve considerarsi in terra sacra, tutto è sacro, tutto è adorabile tutto è Parola di Dio, tu ti trovi in questo luogo qui. Allora quando l’uomo riconosce questo entra in Giudea; essendo in Giudea riferisce tutto a Dio quindi mette la ricerca di Dio prima di tutto. In questo territorio qui, abbiamo la grande sintesi del Giovanni Battista che è il segnalatore.

Per cui tutte le opere in Giudea, ci convogliano al Cristo. E direi che il Giovanni Battista è la voce che raccoglie tutte le voci di Giudea in questa unica espressione: “Ecco l’Agnello di Dio” e lo segnala.

Per cui noi abbiamo alla conclusione, sull’orizzonte della Giudea, al vertice della Giudea, noi abbiamo Giovanni Battista che dice: “Ecco…” alla presenza del Cristo perché l’altro potrebbe dire: “Ecco”; quando si dice: “Ecco..” c'è una copresenza.

Eligio: Però dovrebbe scomparire il Giovanni Battista ..

Luigi: E infatti la figura del Battista scompare.

Eligio: Però qui dice che battezzava..

Luigi: Permane perché non era stato ancora messo in prigione, ma come lui termina la sua missione scompare. E abbiamo visto che per concludere la sua missione non sia sufficiente dire: “Ecco” ma è ancora necessario qualche altro argomento affinché alcuni dei suoi discepoli, per motivi loro personali, restano ancora affezionati, motivi umani, al Giovanni Battista.

Eligio: Scusa, questo vorrebbe significare quei motivi umani che sopravvivono in noi, pur incontrando il Cristo? Quei motivi che non riusciamo a superare?

Luigi: Si, ci impediscono però di andare al Cristo, cioè ci impediscono di continuare con il Cristo; per cui noi fraintendiamo il messaggio del Cristo in regola, lo riteniamo regola di vita. Fintanto che noi riteniamo la salvezza in una regola di vita, noi siamo con il Battista, ma per motivi umani; cioè noi siamo con la legge, ma la legge applicata come regola, per cui: “Non rubare”, “Io non rubo quindi sono salvo”. E intanto però ho dimenticato che il non rubare è un comandamento dipendente dal “Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutte le tue forze, con tutto te stesso”. Se io non amo il Signore Dio mio con tutta la mia mente, con tutto il mio cuore, con tutte le mie forze, con tutto me stesso, apparentemente non rubo, ma sostanzialmente io sono ladro, io rubo. Anche se non ne sono cosciente; cioè io ho trasformato la legge della salvezza in una regola, in un modo di essere, in un modo di fare allora resto con il Giovanni Battista. Allora ho bisogno ancora che Giovanni Battista mi solleciti ad andare al Cristo. Per cui non basta che Giovanni Battista mi dica: “Ecco l’Agnello di Dio”, io non ubbidisco a questo perché per me la vita sta in una regola e la mia regola è rappresentata da Giovanni Battista.

Eligio: Scusa, non mi resta ancora chiaro come in questa Giudea interiore possano esistere il Cristo che dovrebbe annullare il Battista, e il Battista stesso; intendendo la Giudea come un fatto emblematico per ogni anima.

Luigi: Sono fatti transitori; il Giovanni Battista non permane, Cristo permane e anche noi non permaniamo per cui l’opera del Battista permane in noi, la segnalazione, permane in noi per un certo tempo. Se poi dopo noi non intendiamo, non passiamo al Cristo, al solo – Cristo, perdiamo tutto: perdiamo il Cristo e perdiamo Giovanni Battista.

D’altronde anche con il Cristo possiamo fraintendere e non continuare con Cristo fino alla Pentecoste, fino al Padre; per cui noi possiamo crederci con il Cristo in quanto imitiamo certi tratti di strada con il Cristo, ma non continuiamo col Cristo oltre certe sue esigenze, oltre certe sue lezioni e allora non arriviamo al Padre.

E ad un certo momento noi ci sentiamo staccati dal Cristo.

Cioè tutto è segnalazione, ma in quanto è segnalazione è passaggio, invito a passare: fare Pasqua.

Stamattina tu stesso hai letto: “Se siete morti con Cristo non occupatevi più delle cose che si vedono, ma passate (Pasqua) alle cose che non si vedono. Non cercate le cose della terra, cercate le cose del cielo dove Cristo è alla destra del Padre”.

Allora vuol dire che se Cristo è alla destra del Padre, Cristo non è più nelle cose della terra, ma è passato; “E se voi siete morti con Cristo: passate; altrimenti siete staccati”.

Per cui noi possiamo crederci ancora con Lui ma non siamo più con Lui.

Eligio: In questo passaggio noi troviamo la figura del Cristo di cui abbiamo una percezione altrimenti non lo seguiremmo e abbiamo la figura del Giovanni Battista quindi abbiamo degli elementi umani fintanto che queste due figure coesistono…

Luigi: Si, queste due figure coesistono in quanto l’Antico Testamento segnala il Nuovo Testamento. L’Antico Testamento, con la voce del Battista dice: “Ecco”. Quindi tu capisce che Giovanni Battista non può dire: “Ecco” se non c'è la copresenza dell’Altro.

Perché noi abbiamo i profeti antichi, già in Giudea, che dicevano: “Verrà” e allora l’anima che riceve le segnalazioni e sospira l’incontro con Colui che dovrà venire, perché tutte le creature mi parlano di Lui però io non lo vedo e nessuna creatura me lo indica con il dito: “È Lui”.

Allora si forma nell’anima la situazione di attesa, l’anima aspetta, invoca, prega, piange, si sente in esilio; ecco abbiamo una segnalazione da lontano: “Verrà il giorno”.

Giovanni Battista è colui che me lo indica con il dito e mi dice: “Ecco”.

Per cui io con lui ho l’individuazione; cioè quando si mette Dio al centro si forma in noi questa fame che dà a noi la possibilità di individuare il Messia; per cui io dico: “È Lui, Colui che io aspettavo!” e passo, se passo.

Se invece in me ci sono i motivi dell’io che per un motivo o per un altro mi legano al Giovanni Battista, la regola, la figura, la pretesa, o altro, per cui io resto legato umanamente al Giovanni Battista. Giovanni Battista che è fedele, troverà il modo, fino alla fine, di convogliarmi al Cristo.

Per cui lui non mi dice: “Va” ma mi presenta i motivi per cui debbo andare.

E all’ultimo di dirà ancora, siccome sono legato al Battista, “Va a mio nome!”; perché se lui mi dicesse: “Va” per conto mio io non voglio andare. Allora mi dice: “Va a mio nome”, perché io mi muovo su Giovanni Battista; “Va a mio nome e chiedigli: Sei tu quello che deve venire? E vedrete cosa vi dice”.

Ma tutta l’opera del Giovanni Battista è quella di convogliare tutto ciò che ha, tutto di sé: “La mia gioia è completa”, tutto di sé all’Altro: “È necessario che Lui cresca” cresca fino a che punto? Tutto!

Abbiamo detto l’altra volta, che il cielo deve crescere fino a far diventare la nostra terra cielo, fino ad assorbire tutta la nostra terra.

Giovanni Battista è la terra che vuol far crescere il cielo fino ad assorbire la terra.

E come fa a farlo crescere? Convogliando tutto.

E lui morendo, come ha convogliato tutto poi muore.

Allora Erode lo prende e lo mette in prigione, succede che Salomè balla e come l’Impero romano che viene mosso nel momento opportuno, col pretesto del censimento, affinché quella coppia deve spostarsi a Betlemme per far nascere Gesù a Betlemme: tutto incomincia a muoversi, perché Dio lo muove. “Va” i tempi è Dio che li determina.

Come la figura del Battista è esaurita, è finita, avviene il delitto, avviene la morte, viene sottratto, ha finito.

Non sono gli uomini che hanno mosso è Dio che ha determinato il tempo.

Cosi Gesù, fintanto che la sua missione non è finita, anche se hanno cercato di lapidarlo dice: “Nessuno può fare niente perché il mio tempo non è ancora giunto”. Quando il suo tempo è giunto, Giuda si agita, vuole tradirlo, il Sinedrio complotta, finché arriva la croce, la morte: ma il tempo lo ha determinato Dio; la missione era compiuta, ed era necessario.

Ecco, tutto è predisposto, capisci?

Cosi anche la nostra morte, non ci sorprende perché arriva quando la nostra missione è finita; quando ormai abbiamo risposto tutto e non possiamo rispondere di più; vivessimo anche mille anni, non rispondiamo di più, e allora è finita; Dio non ci tiene mica un giorno in più. A fare che cosa.

Eligio: Nell’analisi dei segni, è difficile però capire la conclusione del Battista; perché lui ha la funzione di orientare e di segnalare il Cristo ed è una funzione stupenda, meravigliosa, quindi penseresti che, conclusa la sua missione, la sua conclusione sia la gloria (ad esempio come la Madonna), invece lo vediamo in prigione, riceve una ricompensa un po’ meschina.

Luigi: Vedi, ogni figura, siccome qui siamo sempre sulla scena del mondo, ogni figura è un attore, non vive il suo dramma, ma rappresenta…

Nino: Ma noi vediamo quante figure abbiamo che hanno ben meritato ma hanno fatto una brutta fine: guarda Charles de Foucauld o Gandhi………….

Eligio: Sono figure sempre molto lontane dal Battista…

Pinuccia: E Gesù sulla croce?

Nino: A volte mi sono trovato disorientato davanti a persone che hanno ben meritato davanti a Dio che alla fine vengono puniti con la spada….

Luigi: Ma quella non è mica una punizione..

Nino: Adesso lo capisco, ma una volta mi trovavo disorientato davanti a cose del genere. Adesso penso che hanno fatto la fine di Gesù….

Eligio: Che significato può avere la prigione in cui è stato messo Giovanni Battista e la sua decapitazione per noi. Perché Elia viene assunto in cielo e il Battista viene decapitato…

Nino: Nella figura di Giovanni Battista è realizzata la parola di Gesù: “Vi manderanno a morte pensando di rendere gloria a Dio”.

Luigi: “È necessario che il seme caduto in terra muoia per produrre molto frutto”.

Eligio: Ad esempio San Giuseppe ha fatto una morte ben diversa, pur essendo un uomo giusto…

Luigi: Ma non è che tutti i giusti debbano morire in quel modo, non è questo, perché non c'è una regola nell’opera di Dio, capisci? Sono degli spettacoli. Altrimenti io posso pensare: “Se io vivo bene, muoio nel mio letto; se invece vivo male muoio di un tumore. Oppure, se io vivo bene il Signore mi fa vincere alla Sisal; se vivo male Dio mi manda una disgrazia….”. Ognuno ha una sua lezione che deve essere da noi assimilata. Ecco per cui abbiamo tante lezioni e sono tutte diverse perché noi tendiamo sempre a scivolare nella regola. Appena capiamo che Dio tratta in quel modo, immediatamente ci adeguiamo e ci camuffiamo; per cui non è mica che inganniamo Dio, ma inganniamo noi stessi. Per cui: “Se io tocco questo tasto ottengo quel determinato regalo”, noi tendiamo ad associare in quel modo. Tu vedi il popolo eletto con quanta facilità cadeva in questo errore. E tutti quanti noi cadiamo perché non c'è diversità tra noi e il popolo eletto…

Pinuccia: Quindi tu dici che c'è un’intenzione interessata nell’essere buoni, nell’amare Dio?

Luigi: Può venire fuori questo! Perché se Dio ci desse tutte lezioni uguali, ad esempio: “Tutti i giusti vengono portati in cielo, vengono glorificati”, ma noi potremmo intendere e seguire Dio per quella glorificazione li e ci danneremmo in pieno perché lo facciamo nel pensiero dell’io, ci illuderemmo! Perché noi ameremmo Dio non per la sua verità ma per il suo dono, per la sua ricompensa, cioè noi non usciremmo dal pensiero dell’io.

Pinuccia: Però quando ad esempio il Signore ci prova, un dolore, una disgrazia, noi comprendiamo che magari il Signore ce lo manda per richiamarci a Lui, lo interpretiamo come un richiamo, e che magari, ritornando a Lui, quella prova cessa. Allora questo sforzo di cercare Dio è sempre nel pensiero dell’io?

Luigi: No, è intendere che prima di tutto Dio non opera per farci soffrire, questo è logico, Dio opera per salvarci. Però la salvezza passa attraverso questo punto chiave: il superamento di noi stessi, la morte al nostro io.

La conclusione è questa: come mai c'è la croce? Come mai c'è Cristo? Come mai Cristo muore in croce? Per quale motivo è morto? Per quale motivo c'è questa tragedia qui al centro dell’universo? Un uomo crocifisso, che muore in quel modo, perché?

Evidentemente è una lezione che noi dobbiamo assimilare e attraverso cui dobbiamo passare; cioè c'è una morte a noi stessi, al nostro io.

E soltanto se noi commoriamo con Lui siamo salvi. Altrimenti diciamo: “Signore io ti ringrazio che sei morto sulla croce e adesso me ne sto tranquillo e contento”. No, assolutamente no. Quella è una lezione che va capita. Non posso dire: “Signore tu sei morto, io ti ringrazio tanto e adesso me la spasso”, perché tanto Lui è morto per me, mi ha salvato. No! Se tu non intendi la lezione e non commuori con Lui; “Se siete morti con…”, in tutte le lettere di San Paolo c'è sempre quel “con”, “con”.

Quindi intendere il significato di quello che è avvenuto vuol dire assumerci la responsabilità (perché quello ci rende responsabili) di un passaggio, di una morte a noi stessi; capire che cosa ha voluto Dio significarci nel far morire suo Figlio sulla croce. Noi dobbiamo morire a noi stessi per far vivere Dio in noi.

È necessario che Lui cresca” che Dio cresca; quindi dimenticare noi: questa è la grande lezione, è l’anima di tutto.

Allora noi in tutte le lezioni di Dio, in tutte le opere di Dio, abbiamo tante lezioni diverse. Per cui un giorno Dio ci manda un regalo, il giorno dopo invece ci manda una batosta. “Come mai Signore? Non sono stato mica più cattivo di prima!”; è per farci capire che non dobbiamo vivere per quel regalo; perché quel regalo li ha un suo significato.

È logico, Dio non vuole mica vederci soffrire, quindi magari ci manda dei dono buoni, ma noi allora incominciamo a vivere per i doni buoni.

Perché noi dobbiamo sempre intendere il significato dei doni buoni, le opere sono sempre quelle, anche se ci tratta bene, di farci superare il pensiero del nostro io e di imparare a fare la verità, a farla questa verità, quindi a fare Dio, noi siamo chiamati a fare Dio, a partecipare, a generare Dio, perché Lui ci chiama a fare una cosa sola con Lui.

Non saremo mai Dio anche se faremo una cosa sola con Dio, ma non saremo mai Dio perché saremo sempre creature, per cui non potremo mai essere autonomi, è logico perché la verità e Lui. Però siamo chiamati a partecipare e partecipare vuol dire ciò che fa Lui, generare ciò che genera Lui, operare nell’intenzione e nello spirito suo, nella sensibilità dello spirito suo.

Quindi ci vuole quella dimenticanza completa, assoluta perché noi siamo chiamati a diventare tutto pensiero di Dio, e quando dico tutto pensiero di Dio intendo figlio di Dio: il Figlio di Dio è tutto pensiero di Dio.

Ma se dico tutto pensiero di Dio non dico più pensiero dell’io perché il pensiero dell’io è scomparso. Cioè il pensiero dell’io è diventato tutto pensiero di Dio, contemplazione di Dio.

È un errore: tutta la teoria attuale basata su Marx che dice: cessiamo di contemplare la terra, dobbiamo operare e trasformare la terra, quello che vale è trasformare. No! Quello che vale è contemplare, è intendere il significato. Quindi contemplazione della terra è intendere il significato dell’opera di Dio; non intende l’operare e il trasformare. Anzi più noi operiamo per trasformare la terra, arriviamo a distruggere la terra. Quindi sta fermo non muoverti, non operare, cerca di capire le lezioni di Dio.

Allora, se è importante cercare di capire, l’uomo è essenzialmente pensiero, comprendendo, cosa succede? Che l’uomo diventa contemplazione di, cioè diventa pensiero di, chi opera è l’Altro, chi opera è Dio. Noi siamo chiamati a diventare contemplatori dell’opera di Dio ma contemplando facciamo, generiamo il Verbo, diventiamo pensiero di, e parliamo di, e glorifichiamo di, glorifichiamo tutto Dio. Quanto più noi glorifichiamo Dio, tanto più il nostro io scompare, non esiste più perché tutto è opera di Dio; anche la nostra terra, anche le nostre opere sono opere sue; i nostri pensieri sono suoi, le nostre parole sono sue, le nostre azioni sono sue. È tutto Lui, noi diventiamo contemplatori, pensatori di Dio: ecco allora abbiamo il tutto pensiero di Dio. Per entrare qui c'è questa morte a noi stessi, che è la condizione essenziale. Ecco, fintanto che noi non capiamo questo, noi abbiamo bisogno di queste lezioni qui, lezioni di morte, lezioni di croce, lezioni di passaggio, altrimenti noi tendiamo sempre a confondere: “Se io faccio questo poi Dio mi remunera cosi”, a trasformare tutto in regola, per cui tocco questo tasto e mi salta fuori il panino. La nostra vita diventa cosi, per cui se io faccio l’elemosina poi il Signore mi ricompensa dall’altra.

Ad un certo momento tendiamo a trasformare tutto in una regola, io do, cosi ottengo; si tratta solo di capire qual è la regola di Dio e poi dopo io, inserendomi in questa regola di Dio sono a posto. No! Perché si tratta di entrare in un amore personale per, si tratta di amare, si tratta di conoscere; non è una regola di vita.

Ora noi, fintanto che siamo nel pensiero del nostro io, tendiamo sempre, anche nei riguardi di Dio, a fare delle regole: abbiamo le virtù, abbiamo delle regole, abbiamo i nostri programmi, ma non abbiamo invece questa preoccupazione di conoscere Colui che è tra noi, che è presente, che opera in tutto.

Pinuccia: Per liberarci dal pensiero dell’io dobbiamo ascoltare il richiamo però non con il fine di essere liberati da quella prova…

Luigi: Ma il richiamo è un po’ più complesso! Lui nel richiamo non ci dice solo: “Devi conoscere Me, devi cercare Me”, ma ci indica anche la via.

Le sue opere sono segnalazione e sono anche via per arrivare alla meta. Per cui quando Lui mi segnala, mi dice anche: “Guarda che per arrivare là devi anche morire a te stesso”.

Ora, io dico “via” a parole, “devi morire a te stesso”, Lui mi dà le lezioni con i fatti e mi dice: “Devi morire a te stesso”. Quindi mi segnala dove debbo arrivare, quello che devo cercare prima di tutto, e mi dice anche: “Guarda che fintanto che non muori a te stesso, tu sbagli tutto”. Per cui tu ti illudi magari di camminare, ma non cammini mica.

E Lui ha tutto questo programma da svolgere con ognuno di noi, perché ognuno di noi è un caso a sé, per convincerci a questa morte a noi stessi, a piantarla li di pensare a noi.

Tu pensa che noi viviamo quotidianamente immersi nel pensiero dell’io, sempre riferendo tutto a noi, sempre parlando di noi.

Proviamo a dire: “Da questo momento qui non parliamo più di noi stessi”, voglio proprio vedere di cosa parliamo.

Continuamente diciamo: “Io ho fatto questo, io ho fatto quello; sono andato qui, sono andato là, io …. Io … io…” e Dio?

Dobbiamo invece diventare dei contemplatori di Dio come attualmente siamo dei contemplatori di noi stessi: noi contempliamo noi stessi.

Quindi quando incontro una persona, non fa altro che presentare la vetrina di tutto quello che è in quel giorno li; cioè il nostro io è operatore e noi siamo fuori…

Signora: Ma è Dio che ci fa operare…

Luigi: Certo… ma lei capisce che se noi siamo contemplatori di Dio, non facciamo altro che descrivere ciò che Dio fa. Allora devo diventare un descrittore di Dio, non un descrittore di me stesso.

Nino: Anche adesso ma noi stiamo ricercando una regola per arrivare li… mentre la regola è non cercare regole.

Luigi: No, perché noi dobbiamo essere dei contemplatori di questo Essere che fa tutto..

Nino: Dobbiamo rinunciare a tutto, anche alle regole pur di allargare la mente…

Pinuccia: Non so se …

Luigi: Se tu vivessi con una persona che ami infinitamente, cosa faresti tutto il giorno? Non faresti che osservare che quella persona li fa per capirne il pensiero, per capire quello che opera; e con gli altri cosa direbbe? Parlerebbe soltanto di quello che ha fatto quella persona, quello che ha detto quella persona: la glorificazione di..

Se noi vivessimo in continuazione con Dio, Operatore di -, e noi contemplatori suoi, noi non potremo fare a meno di dire: “Dio oggi ha fatto questo, ha fatto quell’altro”, sempre! Perché è Lui! Oppure non siamo convinti che sia Lui, che siano gli uomini, allora parliamo degli uomini. Allora, dobbiamo cessare di parlare degli uomini se siamo convinti che è Dio l’Operatore, che è Lui che opera anche negli uomini, mi spiego? Perché se io sono convinto che Dio è anche l’Operatore di tutti gli uomini, anche attraverso gli uomini, io devo parlare di Dio, non devo parlare dell’uomo.

Perché parlando dell’uomo, prima di tutto, inganno me stesso, ma inganno anche gli altri, perché dico: “Guardate che i tali uomini hanno fatto questo!” e gli altri dicono: “Ah, sono gli uomini che hanno fatto questo!”; “Quel tale è un delinquente!”, “Quel tale invece è un grande”, “Se quel politico avesse queste idee invece di quelle altre chissà come andrebbe meglio…”: e Dio dove lo mettiamo? C'è o non c'è? È Lui il Creatore o no? E se siamo convinti che sia quello, perché parliamo degli uomini? Bisogna parlare di Dio.

Ora, come mai non parliamo di Dio? perché non siamo dei contemplatori di Dio; e allora certo, se io non sono un contemplatore di Dio, non posso parlare di Dio; non lo vedo, e allora parlo di quello che vedo e allora dico: “È il gatto che mi ha portato via la bistecca” non vedo Dio, vedo il gatto; per me l’operatore è il gatto. Oppure è il tempo che fa succedere questo, non mi preoccupo più, mi fermo alle cause seconde, non mi preoccupo più perché non vedo Dio e allora parlo secondo quello che mi appare e mi fermo alle apparenze e ritengo che la realtà sia l’apparenza; ma l’apparenza per me è realtà perché è riferita al mio io, è sotto di me, è il mondo sotto di me, ma allora io ho dimenticato il mondo sopra di me, e questo non mi salva, mi gonfia. Allora tutti gli uomini sono sotto di me e allora parlo degli uomini; questo come dico mi gonfia e non mi salva e non salva nessuno e divento omicida.

Bisogna entrare in quest’ordine di idee: se siamo convinti che Dio è l’Operatore di tutto, che Lui non è soltanto il Creatore ma è Colui che in tutto opera per questo fine ben chiaro, preciso e allora dobbiamo parlare di questo e contemplare questo; se non facciamo questo siamo fuori.

Pinuccia: Forse prima non mi sono spiegata bene perché avete inteso che io ricercassi una regola.

Nino: È un errore che faccio anch’io …

Pinuccia: Io pensavo a queste pagine dell’Antico Testamento dove continuamente, per bocca dei profeti Dio richiama il suo popolo a tornare a Sé. Lo ferisce e poi lo invita a tornare a Lui perché lo curi. Mi pare che l’atteggiamento più giusto non sia tornare a Lui affinché cessi il castigo, la punizione, l’importante è che io torni a Lui disinteressatamente: è cosi la morte a noi stessi.

Dio faccia quello che vuole…

Nino: Tanto succede che Dio fa quello che vuole lo stesso…

Pinuccia: Si, però un conto è tornare disinteressatamente e un conto è illudersi di ritornare …

Luigi: Si, allora Dio interviene con altre lezioni per farci capire. È molto più facile per Lui crearci dal niente che salvarci da tutti i pasticci in cui noi ci mettiamo, che richiamarci dalle strade in cui noi continuamente deviamo. È molto più facile per Lui crearci dal nulla.

Come è molto più facile per noi fare il nostro lavoro che magari aiutare un altro che ha un testone cosi a imparare a farlo; si fa molto più in fretta a farlo..

Nino: È molto più facile fare una dentiera nuova che aggiustarne una sbagliata…

Luigi: Certo, tu pensa che noi continuamente abbiamo dentiere sbagliate e Dio continuamente lavora sulle nostre note sbagliate per cercare di costruire una sinfonia nuova.

Appendice:

Nino: Adesso bisogna far maturare quello che ci hai detto perché …

Luigi: Pasqua …

Nino: Dovremmo poi approfondire questo argomento: Gesù che si carica dei nostri peccati.

Eligio: Certo che i segni sono mal capire… mentre lui parlava del gatto, noi…

Nino: Quante volte abbiamo sentito nelle letture l’invito ad abbandonarsi a Dio; abbandonarsi a Dio vuol dire proprio smettere di cercare delle regole..

Eligio: Siamo tutti d’accordo che la regola non salva…

Nino: Ma quand’è che tu fai proprio l’atto di rinuncia; quando tu sai perdere qualcosa è quando ti accorgi …

Eligio: Io sono convinto che il peccato è quando agisco secondo il mio interesse, non quando cerco la regola…

Luigi: Però ecco, è un istante, tu pensa che dobbiamo imparare a diventare eternità …

Nino: Però è già una finestra che ti fa intravedere qualcosa…

Luigi: Certo….

Eligio: È li che io vedo veramente il peccato, non tanto nella regola, ma l’andare dietro alle cose che mi interessano …

Nino: Perché il Signore si comporta in modo diversissimo uno dall’altro, per portarci tutti alla stessa meta, però ognuno di noi è differente…

Luigi: Ognuno di noi è un suo mondo, la parola è uguale ma poi ognuno ha un suo mondo da convertire, da far entrare..

Eligio: Comunque siamo tutti convinti che senza l’adesione a Dio, la regola è ipocrisia, è fariseismo..

Luigi: Siamo convinti che la meta è che dobbiamo diventare tutto pensiero di Dio?

Eligio: Si ..

Luigi: Allora se noi abbiamo presente questa finalità, io penso che sia facile sempre misurare, fare il punto su noi stessi ..

Eligio: Si, però direi che non dobbiamo neanche farlo il punto su noi stessi; “Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli” ho un punto di riferimento che è inarrivabile, che però mi spinge in continuazione ad superarmi.

Luigi: Certo, ma se io so che devo diventare tutto pensiero di Dio è logico che se mi scopro che penso ad altro, o se penso a me stesso, sono lontano.

Eligio: Se penso a qualunque regola che non sia l’amore di Dio, anche se parla di Dio, la regola è deviante..

Luigi: Si, ma anche lo stesso amore di Dio, perché io posso anche illudermi e dire: “Signore io ti amo”, ma ad un certo punto la creatura mi diventa una regola. Io amo veramente, quindi prego veramente quando non me ne accorgo nemmeno di pregare e amo veramente quando non mi accorgo di amare. Perché altrimenti è una riflessione su me stesso, direi quasi una soddisfazione: “Ah, ma io amo! Io sono capace di amare!”, oppure “Io prego; io sono capace a pregare!” quindi ho la soddisfazione di dire: “Sono diventato buono a pregare” ed è il mio io. Ora, io direi che la vera preghiera è quando non ce ne accorgiamo nemmeno di pregare…

Nino: La vera preghiera noi la stiamo facendo qui, quando in base a quello che ci dice lui, noi stiamo analizzando noi stessi in rapporto a Dio. Siamo ancora grossolani, siamo ancora da fare. Nel momento in cui lui parla, noi in base a quello che dice, analizziamo in nostri comportamenti in rapporto a Dio, quello è preghiera, ed è la preghiera più proficua; perché quando noi siamo soli e cerchiamo di fare della contemplazione, troviamo molto difficile perché arrivano tanti pensieri; invece in questo momento proprio il suo pensiero cosi definito, cosi chiaro, trascina anche il nostro e noi siamo contenti di quest’ora qui proprio perché ci rendiamo conto che c'è qualcosa di guadagnato per noi. Non è un’ora persa, è proprio un’ora guadagnata…

Luigi: Io non c'entro mica niente…

Nino: C'entri si, sei il tramite; è proprio la chiarezza del tuo pensiero che trascina una chiarezza anche nostra; poi la perdiamo di nuovo però …

Emma: Bisogna parlare di Dio non di noi stessi; ma non si può parlare di Dio con gli altri, con chi se ne può parlare?

Luigi: Signora, a fare scena muta, guardi che non ci rimette mica niente? Se non riesce a parlare di Dio è meglio che lei taccia, tanto sono solo tutte parole.

Emma: Quando si incontra la gente, si saluta e si dicono solo stupidate e non si può parlare d’altro…

Comunque ho capito che bisogna esaminare noi stessi…

Nino: No, esaminare noi stessi non basta; esaminando noi stessi in rapporto a Dio…

Pinuccia: Ma non dobbiamo dimenticarci? Se continuiamo a pensare a noi stessi..

Nino: Se noi esaminiamo noi stessi in rapporto a Lui, arriviamo a dimenticarci;

Pinuccia: Se noi pensiamo a Lui non è Lui che ci porta?

Luigi: È l’argomento di cui si parlava prima con Eligio della coopresenza di Giovanni Battista con Gesù ..

Pinuccia: È un momento transitorio..

Luigi: Si, perché fintanto che siamo nel pensiero del nostro io abbiamo bisogno di Giovanni Battista.

Pinuccia: Si, ma dobbiamo arrivare a pensare a Lui non a pensare a noi…

Luigi: Certo, perché la meta è quella di diventare tutto pensiero di Dio perché siamo chiamati a diventare figli di Dio. ha visto il diario di Marmacou: il suo ideale era quello di diventare tutto pensiero di Dio, ed è vero!

Pinuccia: Ieri sera abbiamo sentito alla televisione la testimonianza di Seniaski, uno scrittore russo: dice che bisogna solo parlare di Dio. Diceva che nell’Unione Sovietica non si può trovare un Vangelo, è proibito.

Luigi: L’avevo citato a capo del libro Pensieri su Dio, all’inizio come introduzione.

Pinuccia: Diceva che dobbiamo smetterla di parlare degli uomini. È una figura bellissima, patriarcale. Quando è venuto a Fossano una persona è stata tanto colpita dal fatto che lui non ha mai parlato male, né con risentimento verso l’Unione Sovietica; è li che l’ha convinta.

Nino: Essere carità vuol dire mai parlare male degli altri.

Pinuccia: Lui diceva che in Unione Sovietica non si può trovare un Vangelo perché è proibito, ma nonostante questo bisogna parlare di Dio e solo parlare di Dio perché parliamo troppo di altro. Però parlare di Dio, come si fa? Dev’essere Dio che parla in noi, solo Dio può parlare di Se stesso. La domanda era: come si fa ad arrivare alla fede in un paese cosi?

Nino: Io credo che forse è meno difficile che non qui..

Luigi: È sempre Dio che parla in tutto..

Nino: Per lo meno non è più difficile di qua.., anzi è proprio quando sei nelle persecuzioni che ti chiudi nel segreto della tua stanza..

Luigi: Noi qui ci crediamo religiosi, ci crediamo soltanto: è li il guaio. Il guaio del popolo eletto, dell’essere nati in -; si crede per tradizione e manca l’amore.