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Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro:“Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo:“Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono.Gv 2 Vs 6/8


Titolo: Acqua nelle idrie.


Argomenti: La creatura che ascolta:  la Madonna. Il significato dell’acqua. L’unica ingiustizia è nell’uomo. Il miracolo di Dio sull’offerta dell’uomo. La parola di Dio fa il miracolo. Il maestro di tavola. La fede e i miracoli. La contemplazione. Il mondo interiore e la giustizia.  Quello che c’impedisce di vedere la presenza di Dio. La Parola trasforma. L’offerta dei dono di Dio. L’autorità del mondo.


 

26/settembre/1976


Ricapitoliamo un momento i fatti in modo da portarci nella situazione in cui adesso ci troviamo. Prima di tutto il Vangelo ci presenta un giorno di nozze, le nozze a Cana; in questo giorno di nozze c’è la Madre di Gesù e Gesù è “anche” uno tra gli invitati.

Durante la festa il vino viene a mancare e la Madre di Gesù lo fa notare a Gesù; incomincia il dialogo prima tra Gesù e sua Madre e in questo dialogo Gesù richiama quello che veramente importa: “la sua ora”.

La Madre è chiamata dal pensiero preoccupante del Figlio, allora invita i servi a fare attenzione al Figlio e, a questo punto, i servi sono attenti, ed essendo attenti, siamo nel “tempo di Gesù”, siamo “nell’ora di Gesù”. Qui adesso Gesù parla. Sarà necessario per giungere a questo ascolto di Gesù, e quindi a questo parlare di Gesù, abbiamo detto che il “tempo” del parlare di Dio presuppone nella creatura il “tempo” dell’ascolto. Soltanto quando la creatura è in ascolto, abbiamo il “tempo” in cui il Verbo di Dio parla.

Per giungere a questo “tempo”, fu necessaria una festa nel mondo, fu necessario che il vino venisse a mancare, fu necessario l’intervento della Madre di Gesù, che è Colei che genera l’ascolto in noi, perché Lei è tutta – ascolto.

Infatti abbiamo detto che l’unica parola che, secondo il Vangelo, la Madre di Gesù abbia detto agli uomini, sia questa: “Fate tutto quello che vi dirà”, che è la parola di colui che ascolta, perché l’essere che ascolta non può fare altro che dire a tutti gli altri: “Fate quello che vi dirà”, cioè “Ascoltate!”.

La Madonna è la creatura, la Vergine che ascolta, quindi è la creatura che è tutta aperta all’ascolto; l’unica parola quindi che può dire è il suo esempio, cioè l’invito a fare attenzione, quindi a distogliere da fare attenzione ad altro per fare attenzione a Colui che parla, al Verbo di Dio, al Figlio.

È a questo punto che Gesù dice ai servi: “Riempite d’acqua le idrie”. Qui salta subito fuori un problema ed è questo: perché Gesù, miracolo per miracolo, non abbia subito riempito di vino le idrie, non abbia subito fatto trovare i recipienti pieni di vino e perché abbia invitato i servi a riempire le idrie di acqua.

Teniamo presente che in ogni cosa che Gesù fa ci deve essere una lezione per la nostra vita personale.

Perché Gesù abbia invitato i servi a riempire quei recipienti di acqua, e ad operare poi sull’acqua versata dai servi la conversione in vino, dico, miracolo per miracolo, come ha resuscitato i morti, Gesù poteva benissimo, immediatamente, far trovare quel vino che mancava, cioè far trovare le idrie piene di vino.

Che cosa abbia voluto significare in questo invito rivolto ai servi, cioè a coloro che erano aperti all’ascolto, a riempire le idrie di acqua, è un po’ l’argomento su cui ci dobbiamo soffermare questa sera.

Intanto notiamo che abbiamo diversi passaggi; prima di tutto ci deve essere l’apertura all’ascolto; quando la creatura si apre all’ascolto di Dio, Dio manifesta la sua volontà.

Se la creatura compie la volontà significata da Dio, Dio opera il miracolo, perché in un secondo tempo dirà: “Attingete e portate al capo di tavola”.

Avevano messo acqua e attingeranno vino, lo porteranno al capo di tavola che non ne saprà niente, tutti i commensali non ne sapranno niente, ma i servi lo sanno, perché i servi hanno messo acqua e hanno attinto vino, gli altri constatano soltanto.

Infatti il capo di tavola dirà: “Tutti gli altri durante le feste, danno prima il vino buono e poi, all’ultimo, quando si è brilli, alla fine della festa, danno quello meno buono. Tu adesso hai fatto al rovescio”, quindi siamo sul piano umano.

Per cui, tutti godono del miracolo di Gesù, ma pochi sanno quello che Gesù ha fatto; direi che soltanto i servi sanno, cioè coloro che sono aperti all’ascolto sanno mentre gli altri godono dell’opera di Dio che si diffonde nel mondo per mezzo dei servi.

Questi godono dei doni però non sanno, non vedono il miracolo, perché per vedere il miracolo è necessaria la disponibilità all’ascolto.

Ora, ecco, questo ci fa capire che proprio per vedere il miracolo bisogna fare qualche cosa. Ecco per cui il Signore ci invita a fare qualche cosa.

Come hanno fatto i servi a notare il miracolo? Perché hanno messo l’acqua e hanno attinto vino. Ora, cosa può significare per noi questo “riempire le idrie di acqua” che il Signore dice ai servi?

Siccome però il parlare del Signore, quindi il parlare di Dio, essendo parola di Dio ha un valore universale, non è limitata a certi uomini e non è limitata a certi tempi. Quello che Dio dice lo dice per tutti, quindi deve avere un significato per ogni uomo.

Allora questa parola “Riempite di acqua le idrie”, la dice ad ogni persona, ad ogni uomo, quando questa persona si apre all’ascolto di Dio.

Diciamo che è la prima significazione della volontà di Dio, questo riempire di acqua le idrie. Ora, il concetto di acqua, noi l’abbiamo già visto nell’Antico Testamento, nel capitolo che riguarda il Giovanni Battista col battesimo di acqua.

Cosa significhi quest’acqua nella vita dell’uomo l’abbiamo già visto; nell’acqua è significata la giustizia, il mettere Dio al centro della nostra vita, al centro dei nostri pensieri. Spostando quindi il nostro io dal centro, e mettendo Dio al centro, questo è il battesimo di acqua, questo lavacro che purifica la nostra vita, che lava e che ci prepara al miracolo di Dio.

Al miracolo di Dio che è la vita nuova, infatti Giovanni Battista dice: “Il Regno di Dio si avvicina, fate penitenza!”, per essere preparati all’incontro con Colui che vi introdurrà nel Regno di Dio.

Non è che il Regno di Dio vada e venga, perché tutto è Regno di Dio, però se noi ci incontriamo con Colui che ci rivela il Regno di Dio in cui noi ci troviamo, ecco che il Regno di Dio si fa vicino, cioè noi ci incontriamo quella Persona che ci apre a capire, a vedere le opere di Dio: allora il Regno di Dio è vicino.

Perché noi siamo immersi come pesci nell’acqua, siamo immersi nel Regno di Dio però non lo vediamo, abbiamo gli occhi che non vedono, abbiamo orecchi che non sentono.

Come si avvicina Colui che ci aprirà gli occhi e ci aprirà gli orecchi da vedere e da udire questo Regno di Dio, “Ecco che il Regno di Dio si avvicina…”, però è necessaria questa penitenza, questa giustizia perché in noi si formi la fame, il desiderio di Dio, che ci rende poi gradito il pane che Dio ci presenterà. Allora ecco cosa significa questo “mettere l’acqua”, per cui la volontà significata da Dio riprende la lezione di Giovanni Battista, in preparazione alla rivelazione del Cristo.

Ecco quindi che Gesù ripete, a metà della sua vita, l’azione di Giovanni Battista però dice: “Riempite di acqua le idrie”. Qui abbiamo un concetto nuovo, più profondo, che è questo “riempire”, non dice soltanto “mettete acqua”, come avrebbe potuto dire Giovanni Battista.

Quindi dice di “riempire di acqua le idrie”, cerchiamo di approfondire questo concetto di “riempire”. Ora, cosa possono significare queste idrie in cui l’uomo è invitato da Dio a mettere quest’acqua, se l’acqua significa la giustizia essenziale che bisogna fare, che consiste nel mettere Dio al centro, evidentemente la giustizia non è da fare fuori di noi ma dentro di noi perché noi non siamo chiamati a fare una giustizia fuori di noi poiché tutto avviene per opera di Dio e quindi, essendo tutto opera di Dio, tutto è giusto.

L’unica ingiustizia che ci sia nell’universo, è nel nostro cuore, e perché c’è ingiustizia nel nostro cuore? Perché soltanto nel nostro cuore può esserci il pensiero del nostro io al centro al posto di Dio. Fuori no! Tutto quello che non dipende da noi è tutta opera di Dio e quindi fuori non ci può essere ingiustizia.

L’unica ingiustizia che ci può essere nell’universo si Dio, nel Regno di Dio è nel cuore dell’uomo, nel segreto dell’uomo, perché soltanto nel segreto dell’uomo ci può essere questa ingiustizia in cui l’uomo mette il suo io al centro, incomincia ad essere orgoglioso, ecc..

Allora le idrie, in cui bisogna mettere l’acqua, è la nostra interiorità, è il nostro mondo interiore ed è in questo mondo interiore che Gesù invita gli uomini a riempire di acqua le idrie.

Dobbiamo riempirci, non soltanto mettere dell’acqua, ma riempirci di questa giustizia.

Ora, cosa vuol dire questo “riempire”? Nell’Antico Testamento è detto: “Mi troverete quando mi cercherete con tutto il vostro cuore”, quindi non dice: “Mi troverete quando mi cercherete”, oppure “Mi troverete quando mi cercherete con una parte del vostro cuore”, perché in questo caso il Signore dice: “Non mi troverete…”.

In un altro passo dice: “Mi vengono cercando con i loro pesi, con i loro bagagli, non mi troveranno. Mi troveranno quando mi cercheranno con tutto il loro cuore”. Ecco cosa vuol dire questo “riempire”, vuol dire riempire questo mondo interiore, la nostra mente, il nostro cuore, di questa luce, di questa centralità di Dio, di questo Dio messo al centro che va posto in alto in modo da illuminare tutta la nostra stanza interiore.

Cioè tutto il mondo che portiamo in noi va visto secondo la luce di Dio, nella luce di Dio, questo è quello che è richiesto all’uomo, prima che Dio operi la trasformazione dell’acqua in vino.

Ora l’uomo non fa questo se non si pone in attenzione a Dio; se si pone in attenzione a Dio, Dio lo invita a fare questo. Se l’uomo fa questo, allora un giorno Dio trasformerà quest’opera che ha fatto l’uomo in vino, quest’acqua che ha messo l’uomo in vino.

La differenza tra l’acqua e il vino è che il vino è opera di Dio mentre l’acqua è opera dell’uomo cioè se noi ubbidiamo a Dio e mettiamo quest’acqua, riempiamo la nostra vita interiore di quest’acqua, di questa giustizia di Dio, Dio un giorno ci farà toccare con mano che è stata tutta opera sua, non più opera nostra.

Per cui noi mettiamo acqua e attingeremo vino, la novità. Metteremo giustizia e troveremo l’amore, troveremo la conoscenza di Dio; è ciò che avviene significato nella Messa.

Dio potrebbe ad esempio incarnarsi, rivelarsi sull’altare dicendo: “Questo è il mio corpo”, e invece cosa succede? Che Lui chiede a noi, attraverso l’offertorio, chiede a noi che offriamo, che mettiamo qualche cosa di nostro, rappresentato poi dal pane e dal vino, su questo qualcosa di nostro, che noi mettiamo, Lui dice: “Questo è mio”, “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” e fa suo quello che noi abbiamo offerto.

Noi possiamo dire: “Ma perché Dio chiede a noi qualcosa ed è su questo qualcosa che Lui opera il miracolo; per cui se noi non offriamo niente, Lui non opera nessun miracolo?”.

Tutto è opera sua, anche quello che noi gli offriamo, anche il pane che gli offriamo è dono suo, però Lui questi doni, li mette nelle nostre mani, li chiede a noi.

Su quello che noi gli offriamo, Lui opera il miracolo; ma, come dico, se noi gli offriamo poco, Lui opera poco miracolo; se noi offriamo tanto, Lui opera tanto miracolo, se noi offriamo tutto, Lui dona tutto.

Il miracolo è poi il dono di Sé, ma il dono di Sé è relativo al dono che noi facciamo di quello che abbiamo di nostro. Per cui se diamo niente, otteniamo niente, se diamo poco, otteniamo poco, se diamo molto otteniamo molto, se diamo tutto otteniamo Lui.

È necessario riempire, perché soltanto riempiendo il nostro mondo interiore che constatiamo il miracolo.

Ora, per mondo interiore s’intende tutto quello che portiamo in noi di mondo, di pensieri ed è su questo nostro mondo che noi dobbiamo fare la luce di Dio, dobbiamo mettere al centro Dio.

Ed in questa centralità di Dio, noi dobbiamo raccogliere tutto il nostro mondo nel Pensiero di Dio. Per cui non basta che noi pensiamo Dio, ma bisogna che raccogliamo tutto quello che portiamo con noi, tutta la nostra vita, tutti i nostri pensieri, tutti i nostri giudizi, tutto quanto, lo dobbiamo riferire a Dio.

Questo vuol dire “riempire le idrie di acqua”. Se noi facciamo questo, su questa nostra offerta, perché noi lo facciamo per Dio, lo riferiamo a Dio, lo diamo a Dio, su questa nostra offerta, Dio opera il miracolo, la trasformazione, fa suo quello che era nostro, quello che noi abbiamo fatto lo fa suo.

Ora la meraviglia è lì! Perché noi, proprio in quanto troviamo che Lui fa suo quello che è nostro, che noi ci troviamo pensati da Lui, amati da Lui, conosciuti da Lui. Perché fintanto che operiamo noi da soli, noi non ci sentiamo conosciuti e quindi amati.

Noi ci sentiamo amati quando ci accorgiamo che quello che abbiamo è dell’altro, portiamo qualcosa di suo in noi. Lui allora opera questa trasformazione qui e ci dice, infatti un giorno ce lo farà capire che, quello che abbiamo visto di Natanaele, pensando a Dio, si è scoperto, si è trovato, pensato da Dio.

Ecco, pensando Dio, lui si è trovato pensato da Dio: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto…”. Natanaele vedeva Dio, pensava Dio e trova la conferma che Dio pensava a lui! Per cui, quando noi pensiamo Dio, non siamo noi che pensiamo Dio, noi pensiamo Dio perché Dio ci dice: “Riempi le tue idrie interiori di acqua!” e noi pensiamo Lui, anziché pensare a noi (ecco lì la penitenza!); ma pensando Dio, un giorno troviamo Dio che ci dice: “Ero io che ti pensavo, non eri tu che pensavi a me! Ero io che pensavo a te per cui il tuo pensiero era il mio!”. Ecco, Lui fa Suo e noi constatiamo: “Non lo sapevo!”.

Ecco la scoperta, la verità, il miracolo! È il fatto di giungere un giorno a capire, ad esempio, che il nostro pensiero è il Suo Pensiero, quando il nostro pensiero è pensiero di Dio, è Pensiero di Dio! Allora scopriamo questo, questa Presenza di Dio in noi che è poi una vita nuova: la Presenza di Dio in noi che è viva, che opera.

Mentre prima eravamo noi che riempivamo le idrie di acqua, dopo che il Signore ha detto la sua parola, noi scopriamo che è Lui che pensa in noi, che è Lui che parla in noi, che è Lui che vive in noi.

Ecco la novità per cui ci sentiamo guidati, portati, pensati, amati, conosciuti, non siamo più soli! Altrimenti noi ci sentiamo soli.

A questo punto, ecco c’è la gioia, c’è la sicurezza, c’è quella certezza, quella pace profonda che il mondo non può dare perché tutta la parte del mondo, viene sempre dall’esterno, il mondo non può dare la pace dentro, per cui il mondo mi può dare una casa d’oro, ma non può darmi la pace dentro.

Per cui se io sono angosciato, sono triste interiormente, anche se sono in una casa d’oro, il mondo non mi può togliere questa tristezza, questa angoscia. Non c’è niente dal di fuori che possa modificare l’interno, solo Dio: perché il nostro interno, è in diretto rapporto con Dio. Noi riceviamo i corpi dalle creature, ma l’anima la riceviamo direttamente da Dio, per cui la nostra anima è in mano di Dio.

Allora se la nostra anima è triste o è ferita, solo Dio la può curare, solo Dio! Non c’è nessuna altra creatura, non c’è nessuna altra cosa che possa curarla, solo Dio! Perché la nostra anima appartiene a Dio.

Per cui più noi trascuriamo Dio, e più veniamo a trovarci nella impossibilità di curare i veri nostri mali perché il vero medico della nostra anima è solo Dio! Più invece ci avviciniamo a Dio e più la nostra anima è sana. Per cui anche se siamo in una baita, con tutti i disagi, noi portiamo la gioia e cantiamo nel cuore e l’anima canta perché porta questa pace profonda.

Il fatto che Gesù operi sempre su quello che la creatura offre, noi lo troviamo ad esempio nella pesca miracolosa. Confrontando l'episodio della “Pesca miracolosa” con “Le nozze di Cana”, quando Pietro e compagni si sentono dire da Gesù: “Andate al largo e gettate le reti per la pesca”, ed era mattino, rispondono: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso niente (ecco il vino che viene a mancare), però sulla tua parola getterò le reti”. “Venite e troverete!”, ecco quello che trasforma è la parola, “…sulla tua parola”.

Ora, i discepoli avevano faticato tutta la notte, e tutta la notte Gesù non era con loro; questo avviene per significarci che quando noi ci affatichiamo, magari anche tutta la notte della nostra vita, ma non siamo con Gesù, il risultato è niente. Soffriamo, ci affatichiamo, ci preoccupiamo, e il risultato è niente: abbiamo faticato tanto per prendere niente, non resta niente. Ma se ubbidiamo alla parola di Dio, ecco è la parola che fa il miracolo. Qui è la parola che ha fatto il miracolo, è Dio che parla.

Quando Dio non parla, anche nel pieno della festa, il vino viene meno; la parola di Dio trasforma, però poi invita all’ubbidienza: “Andate al largo e gettate le reti….!”. secondo l’esperienza umana non si pesca al mattino, eppure Pietro dice: “…sulla tua parola getterò le reti”.

Questo si verifica in tante altre occasioni in Gesù potrebbe fare il miracolo ma prima chiede qualcosa alla creatura. Gesù prima di fare il miracolo della moltiplicazione dei pani dice: “Quanti pani avete?”, gli rispondono: “Cinque pani e due pesci”. Gesù dice: “Portateli qua”.

Su quei cinque pani e due pesci Gesù opera la moltiplicazione dei pani, ma prende quei cinque pani e due pesci. Questo per indicarci che Lui opera su ciò che la creatura gli offre, su ciò che la creatura gli mette a disposizione; per cui più la creatura mette a disposizione, e più ottiene. Se la creatura gli offre tutto, la creatura ottiene tutto.

Ottenere significa ricevere la rivelazione della Presenza. Quindi, se fossimo capaci, anche semplicemente in un attimo, ad offrire tutto di noi, del nostro io, scopriremmo immediatamente la Presenza di Dio, perché Lui è presente. Quello che ci impedisce di vedere la Presenza di Dio in noi, è soltanto la pochezza del nostro dono o il niente del nostro dono; allora noi restiamo accecati da quel che ci teniamo.

Ecco perché il Signore ci dice: “Chi cerca di salvare la propria vita la perde, chi invece la perde per amor mio, che la dà, la ottiene”. Per cui: “Guai a voi ricchi che avete ottenuto la vostra soddisfazione”, perché questo ci impedisce di vedere e di trovare.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Giovanni: Le idrie cosa rappresentano?

Luigi: Le idrie rappresentano il nostro mondo interiore, e l’acqua rappresenta la giustizia, il mettere Dio al centro.

È il richiamo dell’acqua di Giovanni Battista che consiste nel togliere il nostro io dal centro per mettere Dio al centro, è la giustizia che dobbiamo fare dentro di noi. Per cui Gesù parlando, ci invita: “Riempite di acqua le idrie”, ubbidendo alla sua parola, allora Lui converte l’acqua in vino. Però ci invita a riempire le nostre idrie anche se Lui avrebbe potuto fare lo stesso il miracolo! Avrebbe potuto far trovare già le idrie piene di vino e dire ai servi che attingessero il vino! Invece no! Dio chiede sempre a noi un dono, un’offerta di qualche cosa, un mettere a sua disposizione qualcosa di nostro, perché Lui opera su quel “qualche cosa di nostro”.

Noi ci accorgiamo del miracolo di Dio soltanto in quanto abbiamo messo qualcosa di nostro; se io metto acqua e ritiro vino, ecco che mi accorgo che c’è stata una trasformazione, altrimenti non me ne accorgo. Bisogna che ci sia da parte nostra un’offerta di qualche cosa, è su questa offerta che Dio opera il miracolo.

Nella Messa è dopo l’offertorio, e l’offertorio avviene da parte degli uomini, che Dio opera il miracolo dicendo: “Questo è mio!”. Ma Dio dice: “Questo è mio” su quello che noi gli diamo, su quello che noi li mettiamo a disposizione. Per cui noi offriamo pane e poi alla comunione mangiamo Dio, significa che c’è stata una trasformazione. È la trasformazione essenziale quella che Lui opera. Su quello che noi gli offriamo, Dio opera il suo miracolo; facendolo suo dice: “Questo è mio” e poi lo dà a noi perché noi lo assimiliamo. Gesù dice: “Attingete …” affinché noi lo beviamo.

La convinzione si forma in quanto mettiamo qualcosa di nostro personale, ma bisogna che ci sia da parte nostra qualcosa di personale perché il rapporto con Dio è personale. Se noi non offriamo niente a Dio, noi non riceviamo niente da Dio; eppure tutto è dono di Dio, ma noi non riceviamo niente perché non offriamo niente.

Anzi, se noi non offriamo niente, tutti i doni di Dio diventano un inferno per noi perché ad un certo momento, i doni di Dio s’impongono: Dio i doni suoi li fa indipendentemente dalla creatura, però se la creatura non ha donato niente di sé, non può ricevere il dono e allora questo diventa un supplizio, diventa un inferno.

Ecco per cui il Signore invita la creatura alla preparazione all’incontro col Cristo, che è la preparazione di tutto l’Antico Testamento affinché l’uomo si formi. E il primo dono è questo, dono che viene richiesto alla creatura: togliere l’io dal centro dei sui pensieri, della sua vita, e mettere Dio al centro, e questo è un dono.

È un dono che la creatura deve fare, un atto di giustizia, un’offerta che deve fare al Signore, che deve fare a Dio; che nessuno però impone alla creatura. Per cui nessuno mi può imporre di togliere il mio io dal centro, di non essere egoista, di non essere orgoglioso, nessuno me lo può imporre, soltanto io lo posso fare perché ognuno di noi è un essere cosciente e in quanto tale può dire: “Io” e mettersi al centro, farsi centro.

Quindi soltanto la creatura, personalmente, quindi ognuno di noi personalmente può offrire questo io, quindi dimenticarsi, superarsi, togliere l’io e mettere Dio al centro, ma è un atto prettamente personale, senza di noi questo non può avvenire, nemmeno Dio lo può fare al posto nostro perché è opera di Dio.

Allora, essenzialmente, quest’acqua da mettere in queste idrie, è quest’azione, quest’offerta che ogni uomo deve fare al Signore.

In un primo tempo abbiamo le creatura che si ubriacano dei vini del mondo, il vino buono arriva all’ultimo. Ora, fintanto che le creature si ubriacano del mondo, dei vini che ci sono nel mondo, Gesù tace, è presente ma non parla, tace perché non è ancora giunta la sua ora. Ma man mano questi vini vengono a mancare, ed è necessario che questi vini vengano a mancare, che si crei una situazione di disagio, di insoddisfazione (“Guai a voi che siete soddisfatti…”), di bisogno da parte della creatura.

Allora è lì, in questa situazione di bisogno, che la Madre, Colei che ascolta Dio, che rappresenta la nostra anima, che ci invita a fare attenzione a Dio perché è solo da Dio che può venire la salvezza e non da altre cosa del mondo. Quindi ci dice: “Cessa di correre dietro alle cose del mondo, cessa di appassionarti per le cose del mondo perché ad un certo momento le cose del mondo non possono più rispondere alle tue esigenze! Guarda Dio!”. Allora se in noi il nostro orecchio si apre all’attenzione, se il nostro cuore si apre a Dio, Dio stesso dice questa parola che ci invita a fare la giustizia dentro di noi, a riempire il nostro mondo interiore. Ho detto che le idrie rappresentano il nostro mondo interiore perché la giustizia non è da fare “fuori”, poiché fuori è già tutto giusto in quanto è “Regno di Dio”, tutto è opera di Dio, la giustizia da fare è là dove c’è l’ingiustizia, l’ingiustizia è soltanto nel cuore dell’uomo perché è nel cuore dell’uomo che l’uomo ha il suo io al centro che è l’ingiustizia.

Quindi quest’acqua che è da mettere nelle idrie, in ubbidienza alla parola di Dio, è da mettere dentro di noi, è da fare dentro di noi e dobbiamo non solo metterla, ma dobbiamo riempire il nostro mondo interiore di Dio perché soltanto riempiendo tutto questo mondo interiore di Dio, si forma in noi quel tanto bisogno che poi, ad un certo momento, riceverà la trasformazione, la rivelazione in vita nuova: la vita nuova secondo Dio.

Eligio: Vorrei fare qualche considerazione sul maestro di tavola che, apparentemente è una figura amorfa, ma che avrà sicuramente un significato spirituale per la nostra anima. Abbiamo la madre di Gesù che è puro ascolto di Dio, i servi che nell’umiltà sono disposti ad accogliere l’invito di Gesù; operato il miracolo, Gesù non lo fa constatare ai servi, come vorrebbe la logica delle cose, ma si rivolge al maestro di tavola che presiede una festa mondana. Il vangelo dice, alla fine dell'episodio, che i suoi discepoli credettero in Lui, non il maestro di tavola a cui il Signore si rivolge per far constatare la meraviglia! Anzi, il maestro di tavola invece di attribuire il miracolo a Gesù lo attribuisce agli sposi!

Luigi: Il maestro di tavola rappresenta l’autorità del mondo. Perché quando Gesù guarisce i dieci lebbrosi dice: “Andate e presentatevi ai sacerdoti”, si tratta dello stesso concetto. I lebbrosi chiedono di essere guariti e Gesù risponde: “Andate e presentatevi ai sacerdoti” non per essere guariti da loro ma perché i sacerdoti erano incaricati di constatare la guarigione e di autorizzare il rientro nella città, poiché fin che erano malati dovevano rimanere in campagna, lontano, separati dagli altri. Quando uno lebbroso riteneva di essere guarito, doveva presentarsi al sacerdote il quale, accertata la guarigione, lo autorizzasse a rientrare in città. Allora Gesù, invitandoli a presentarsi ai sacerdoti, richiede l’atto di fede di essere guariti che consisteva nel sottoporsi all’autorità che aveva il potere di reinserirli nella società, dopo aver accertato la guarigione.

Loro ubbidiscono e mentre vanno constatano di essere guariti, prima di arrivare dai sacerdoti! Tu dici che Gesù non ha fatto constatare il miracolo, in realtà lo ha fatto constatare, ma soltanto dai servi perché sono stati i servi a mettere l’acqua e ad attingere vino: questo certamente loro lo hanno constatato! Se lo avesse fatto un altro allora in quel caso i servi avrebbero potuto avere il dubbio e pensare che nelle idrie ci fosse già del vino! Quindi i servi hanno constatato il miracolo!

Eligio: Il vangelo dice: “….e i suoi discepoli credettero in Lui” , non dice che i servi credettero in Lui.

Luigi: Certo, questa è una cosa diversa. Secondo il testo originale la parola “miracolo” và sostituita con “segno” infatti l’evangelista Giovanni parla sempre di segni, infatti dice che questo è il “…primo segno di Gesù”; ora, quando si parla di segno si intende segno dell’opera che Dio fa.

Eligio: Lasciamo perdere il temine segno o miracolo che è poi la stessa cosa! Ma passiamo piuttosto ai servi che sono simbolo di umiltà, semplicità, disponibilità ad accogliere la parola di Gesù. Non risulta dal vangelo che abbiamo creduto, ma risulta che solo gli apostoli abbiano creduto, come mai?

Luigi: Ma i suoi discepoli hanno creduto perché già credevano e credevano perché sono gli stessi che per primi hanno seguito Gesù! Quindi abbiamo un credere che cresce nei discepoli, e assistendo al miracolo, hanno ricevuto una conferma nella loro fede. Essi erano già stati chiamati, mentre i servi non erano ancora stati chiamati, hanno constatato il miracolo che ha operato Gesù, ma il fatto di constatare un miracolo, un fatto straordinario, è una cosa molto diversa dal credere in Gesù! Quanti miracoli ha operato Gesù per far credere, ma ci vuole qualcos’altro per far credere! Il miracolo è sempre la conseguenza di un atto di fede, infatti Gesù non si è mai prestato a operare un miracolo fine a se stesso, non ha fatto il giocoliere, non ha attirato a sé la gente facendo cose meravigliose. Anzi, ha sempre faticato a fare il miracolo perché ha sempre chiesto la fede; a volte ha addirittura rimproverato chi gli chiedeva il miracolo e rispondeva: “…voi se non vedete i miracoli non credete!”; altre volte per suscitare la fede, rimprovera quando gli chiedono qualche segno per essere creduto e dice: “Nessun segno sarà dato a questa generazione”, quale generazione? Quella generazione che vuole subordinare la fede al miracolo. Gesù si rifiuta di fare il miracolo per essere creduto, la fede deve precedere il miracolo, come l’ubbidienza precede la trasformazione dell’acqua in vino o della guarigione. Prima si chiede l’ubbidienza poi si chiede l’ascolto, l’attenzione, prima per arrivare all’ascolto si richiede la povertà, il vino che è venuto meno, quando si è nel pieno della festa, nessuno fa attenzione a Gesù ed Egli dice: “Non è ancora giunta la mia ora” perché nessuno gli presta attenzione. In mezzo a gente che gozzoviglia e che si ubriaca di mondo, Gesù non ha niente da dire, deve aspettare che il mondo venga meno, che arrivi il punto di crisi, allora lì Lui avrà qualche cosa da dire.

Ma ritornando alla figura del maestro di tavola, egli non constata il miracolo perché non è stato invitato all’ascolto, non ha messo lui l’acqua nelle idrie quindi non ha potuto constatare il miracolo. Però Gesù si rivolge a lui nello stesso modo in cui ha mandato i dieci lebbrosi a presentarsi ai sacerdoti.

Eligio: Eppure avrà pure un significato spirituale per noi….

Luigi: Sì; il capo di tavola rappresenta l’autorità, rappresenta il mondo. Ora ho detto all’inizio che i servi mettono l’acqua e attingono vino e constatano il miracolo. Tutti godono, ecco rappresentata l’autorità, il mondo, godono del miracolo, ma non sanno. Tutti quanti noi godiamo dei doni dei santi che contemplano Dio, dei contemplativi di Dio, di coloro che cercano Dio, ma non ce ne rendiamo conto! Per cui se io oggi godo di buona salute, se oggi vivo un momento di festa, di gioia, è perché qualcuno ha pregato per me ma io non lo so! Quindi tutti quanti noi riceviamo dei benefici per mezzo di coloro che contemplano Dio perché l’unico canale attraverso cui la terra riceve doni è la contemplazione di Dio: la contemplazione è l’unico canale! Per cui se viene meno la contemplazione di Dio la terra trema e muore. Se viene meno il cielo, la terra scompare, non sta su, vero? È necessario che ci sia questo contatto con il Cielo. Tutti i doni gli uomini li ricevono attraverso i canali della contemplazione di Dio, della preghiera, della meditazione, anche se non lo sanno. Lo sa chi riempie di acqua le idrie, questi lo sa, perché mette la sua povertà e riceve ricchezza: questi lo sa mentre gli altri non lo sanno pur godendo dei doni. Un giorno scopriranno che tutti quei doni di cui godevano nella vita, erano offerti dalla preghiera di un’anima, magari di un’anima nascosta, solitaria, lontana erano offerti dai sacrifici di quella persona. Quando si creerà la comunione dei santi allora ognuno sarà riconoscente del sacrificio, della povertà dell’altro, anche se questo lo saprà soltanto se arriverà con la sua povertà a conoscere il Signore, in caso diverso tutti godono ma non sanno di questi doni ma non conoscono, non possono capire.

Il maestro di tavola rappresenta il mondo, l’autorità poiché è colui che presiede alla festa mondana. Il miracolo lui lo attribuisce agli uomini, agli sposi, poiché nel mondo, i doni, le grazie, le gioie, si attribuiscono agli uomini; invece i servi sanno che è opera di un altro, di un tale che è il più ignoto tra tutti i commensali. Il capo di tavola rappresenta colui che presiede la festa, quindi la festa nel mondo che riceve i doni dai servi, non riceve doni dagli sposi, però lui attribuisce il dono agli sposi perché non sono i servi che hanno offerto il vino buono, ma è lo sposo! Quindi noi vediamo quanto sia sbagliato il giudizio del capo di tavola e il giudizio di coloro che festeggiano nel mondo, i quali attribuiscono o fanno dipendere gli avvenimenti, le soluzioni dall’intervento dell’uomo, mentre invece tutto è opera di Dio!

Eligio: Infatti il maestro di tavola dice allo sposo: “…tutti danno il vino migliore all’inizio e poi…” riferendosi però all’ambito della festa mondana!

Luigi: Sì, perché non può uscire da questo cerchio in cui si attribuiscono le cose agli uomini! Per uscire da questo cerchio, dal cerchio in cui si attribuiscono le opere agli uomini, bisogna aver accolto la voce della madre di Gesù, Colei che genera il Verbo, che invita all’ascolto di Gesù: altrimenti Gesù è presente ma tutti lo ignorano e ignorano anche il miracolo che Lui opera.

Poi abbiamo la categoria dei discepoli che invece trovano confermata la loro fede, cioè come dire: “Abbiamo scelto bene nel nostro maestro!”.

Eligio: I miracoli sono la conseguenza di un atto di fede, non tanto per colpire chi la fede non ha!

Luigi: Mentre nel mondo si va di amarezza in amarezza, di delusione in delusione, invece colui che sceglie Dio, che ha fede in Dio, va di conferma in conferma. Per cui i discepoli hanno visto dei segni che confermavano la loro scelta, si sentono confermati mentre nel mondo uno si sente sempre più deluso, non confermato e più va avanti nella vita e più si trova deluso, c’è qualcosa che non funziona! C’è qualcosa di sbagliato perché mi trovo continuamente contraddetto dagli eventi. Con Dio no! Abbiamo tutti gli elementi a nostro favore, tutti gli avvenimenti che testimoniano che quella è la strada giusta, la strada vera!

Eligio: Il maestro di tavola rappresenta noi tutte le volte che prendiamo l’iniziativa nel mondo non tenendo conto di Dio.

Luigi: È quello il fatto! Noi non ci rendiamo conto che tutti i doni che noi utilizziamo nella nostra mente sono doni di Dio, noi crediamo che siano per merito nostro e invece sono doni di Dio! Anche questa è una caratteristica: perché chi constata il miracolo è il servo, la persona più umile, gli altri, quelli che sono invitati alla festa, quelli non constatano niente!

Emma: Lo constata chi ascolta…

Luigi: Lo constata chi ha presente la sua povertà; i poveri sono disponibili per ascoltare la parola di Gesù. Poi i suoi discepoli invece si trovano confermati.

Emma: Che abisso che c’è tra i servi e coloro che non vedono!

Eligio: Il fatto che Gesù invita il maestro di tavola ad assaggiare il vino è un invito per noi ad attribuire le cose a Dio e non agli uomini?

Luigi: È Dio stesso che manda i suoi servi a dire a noi, che ci crediamo a capo della festa, di assaggiare il suo vino. Dice il vangelo: “…finora hanno assaggiato tutti gli altri vini….” E Gesù dice: “….porta un po’ quel mio vino…” e il maestro di tavola constata: “Non ho mai bevuto un vino così buono!” però non si rende conto! Quando scoprirà, il giorno in cui anche lui povero o forse malato, invocherà il Signore, scoprirà che il vero protagonista di tutti gli avvenimenti è Dio, capirà: “Ah, ma quella festa di cui io ero il capo di tavola era opera di Dio! Era Dio la vera Autorità!”, lo constaterà. Come ognuno di noi, quando scoprirà Dio, constaterà che tante cose in cui noi ci credevamo di esserne a capo, in realtà era Dio! Era una lezione sua da capire! Sono tutte lezioni di Dio!

Eligio: Sembra che il Signore dia un avvallo all’autorità sia inviando i lebbrosi dai sacerdoti sia nelle nozze a Cana rivolgendosi al maestro di tavola. Come mai?

Luigi: Gesù dice “Affinché serva a testimonianza per essi”, loro devono constatare! Deve servire come testimonianza per l’autorità il fatto di constatare l’opera che Dio fa: c’è la testimonianza! Perché Gesù cerca di salvare sia il ricco che il povero, sia quello che sta in alto che quello che sta in basso, i suoi messaggi, i suoi richiami più veri li fa arrivare a tutti ma li fa arrivare attraverso i più poveri, i più umili, i suoi servi. Mentre tu quando dai un pranzo invita i più umili perché quelli ti insegneranno qualche cosa di vero, non invitare coloro che ti possono ricambiare perché altrimenti non puoi ricevere la lezione in quanto hai già ricevuto la tua ricompensa! Se tu invece agisci di nascosto in modo che ti veda solo il Padre, allora il Padre ti darà la ricompensa perché tu non hai cercato la ricompensa presso altri. I suoi doni Dio li fa giungere a tutti per salvare tutti, per cui quando il Signore dice: “Guai a voi ricchi…”, Lui lo dice per salvare, non lo dice per maledirli: è un’opera di misericordia. Quando dice: “Beati i poveri…” lo dice con la stessa intenzione di quando dice: “Guai a voi ricchi…”, come opera di misericordia da parte di Dio!

Lui tutto fa affinché tutti si salvino, però l’opera di salvezza verso chi è più in alto, la fa giungere attraverso quelli che sono più in basso; infatti è giusto dire che il povero che si incontra per la strada è Gesù perché è l’opera attraverso la quale Gesù vuole salvare colui che è più in alto del povero. Per cui un giorno, quando scopriremo la verità di Dio, scopriremo come opera Dio nel mondo, come Giovanni Battista ha scoperto la salvezza di Dio attraverso l’umiliazione. Dio si umilia attraverso il povero per salvare il ricco, attraverso un servo per salvare il potente. Per cui ogni potente che si forma nel mondo, ecco che Dio crea un povero o un servo che soffre, che è umiliato, ma questo in funzione di quell’altro, per ogni ricco c’è un povero; per ogni persona che sta bene ce n’è uno ammalato, ma questo è in funzione di quell’altro; poiché Dio avrebbe potuto creare tutti gli uomini sani e ricchi, non avrebbe nessuna difficoltà. Potrebbe creare tutti potenti e perché invece c’è questa differenza? Sulla soglia della casa del ricco ti mette il povero (il povero Lazzaro), come mai? Ma il povero Lazzaro è per salvare quel ricco! È un’offerta ad uscire da se stesso! Proprio da un essere che si chiude nella conchiglia dell’io, dell’egoismo, dell’orgoglio, dell’ambizione, Dio pone un essere che ti invita ad uscire dall’io. È un antidoto per salvarlo.

Eligio: Sì, abbiamo chiarito alcuni concetti come li idrie, l’acqua ecc. ….

Luigi: Bisogna soltanto avere pazienza di approfondire perché ogni pagina di vangelo è bellissima, sono lezioni stupende.

Eligio: È molto chiaro come i discepoli già hanno fatto un atto di fede quando Lui li ha chiamati, quindi ricevono in questo credere una conferma.

Luigi: È un segno che conferma quello che hanno creduto e tutti godono di quest’ora di Gesù, tutti godono anche senza saperlo per cui attribuiscono agli sposi e dicono: “Coma mai hai cambiato le cose? Hai offerto il vino buono all’ultimo…” però non capiscono niente!

Eligio: Intanto capiamo che cosa significano per noi lo sposo, il maestro di tavola che conferma Gesù e nota che Gesù si rivolge proprio a lui, ed è un tentativo di collegamento perché Gesù vuole salvare tutti!

Luigi: Sì, questo capovolgimento della situazione della festa del mondo, le nozze, è una lezione molto chiara per ognuno di noi perché effettivamente nella nostra vita avviene questo fatto: in un primo tempo noi siamo in una festa del mondo e ad un certo momento in questa festa, avviene la crisi, c’è la possibilità di un’apertura, per cui avviene il capovolgimento e il protagonista della festa diventa il Cristo. All’ultimo, anche nella nostra vita, dobbiamo aspettarci all’ultimo il vino buono che non abbiamo ancora mai gustato prima; per cui proprio quando diciamo: “Per me non c’è più niente da fare!”, proprio allora, quando uno arriva al punto di crisi della festa, in cui dobbiamo attenderci la sorpresa, una vita nuova che non ci aspettavamo nemmeno, si spalanca davanti ai nostri occhi.