I discepoli si ricordarono che sta scritto:
“Lo zelo per la tua casa mi divora”. Gv 2 Vs 17
Titolo: La costruzione della
casa di Dio.
Argomenti: Casa di Dio è il
luogo in cui si sperimenta la presenza di Dio. La casa spirituale
che l’uomo si costrtuisce. Le nostre scelte costruiscono la nostra casa. La costruzione
inconscia. L’atto cosciente nel superare l’io. La violenza di Dio.
31/Ottobre/1976
Questa sera fermiamoci su questa frase: “Lo zelo per la tua casa mi ha consumato”.
Teniamo sempre presente
l’ambientazione di questo episodio: cioè siamo nella Pasqua che si avvicina e
Gesù che entra nel tempio di Gerusalemme.
Abbiamo detto che Pasqua significa passaggio dalle cose che
si vedono alle cose che non si vedono; che le cose che non si vedono sono le
cose essenziali per cui noi sospinti dalla vanità che a poco per volta
constatiamo in tutte le cose che si vedono, ci rivolgiamo alla ricerca delle
cose che non si vedono, perché sospinti dall’essenzialità delle cose che non si
vedono.
Il secondo elemento da
tener presente è il tempio; abbiamo
visto che questo tempio significa la nostra anima, la nostra interiorità perché
Dio abita dentro di noi e che ogni uomo è tempio del Dio vivo. Per cui questi mercanti e questi cambiavalute, noi li
dobbiamo trovare, li dobbiamo scoprire nella nostra anima, dentro di noi e non
dobbiamo quindi immedesimarli in fatti esteriori, o in persone esteriori. Per
cui non dobbiamo dire: “Io non sono un mercante, io non sono un
cambiavalute” e quindi metterci fuori dalla lezione di Dio. Ognuno di noi,
ogni volta che trascura Dio, che non ha presente Dio, ha dentro di sé questi
mercanti, questi cambiavalute. Dio entrando nella nostra vita apporta questa purificazione
in questa cacciata. Perché abbiamo detto che il segno nel tempio della venuta
di Dio, della presenza di Dio è questa insopportabilità di fattori estranei.
L’amore di Dio è un amore geloso quindi è un amore che non sopporta, è
inconciliabile, non sopporta compromessi, “…non potete servire due padroni…”,
“…và, vendi tutto quello che hai…”, è un amore unico in cui bisogna
raccogliere tutto.
Tenendo sempre presente
l’ambientazione in cui si svolge l'episodio, cerchiamo di approfondire questa
frase che è scritta nei Salmi e che i discepoli si ricordano vedendo l'episodio
del quale è protagonista il loro maestro: “Lo zelo per la tua casa mi ha
consumato” e intanto, prima di tutto, il concetto di “tua casa”.
Qui evidentemente
presentano la “tua casa”, la confronta con altre case, si parla di “mio” “tuo”, in quanto ha
presente altro.
Allora qui noi abbiamo diversi concetti di casa: possiamo avere una casa
esteriore, come può essere il tempio, possiamo trovarci con la casa di Dio,
possiamo trovare con la casa degli uomini: ognuno ha una sua casa, anche gli
animali, anche i vegetali hanno un loro habitat, ognuno ha il suo ambiente in
cui vive. Ad esempio non possiamo cercare delle stelle alpine in un campo di
grano perché le stelle alpine hanno un loro habitat e il campo di grano ha un
suo habitat. Così ogni animale, così ogni persona ha un luogo in cui vive.
Questo luogo in cui vive, se noi lo approfondiamo, scopriamo che è il luogo in
cui ognuno di noi realizza la sua presenza, cioè un luogo in cui dispone tutte
le cose secondo un suo amore, secondo un suo pensiero, secondo una sua
intenzione, secondo un suo interesse. È un campo in cui esplica la sua vita, un
campo in cui si ritrova, per cui noi nella nostra casa troviamo la nostra pace,
cioè ci troviamo in un luogo in cui tutte le cose sono disposte secondo il
nostro pensiero. Ci riposiamo, non abbiamo altre presenza che possono turbarci,
mentre invece noi altrove siamo turbati in altre case, casa d’altri, da altre
presenze. Allora noi possiamo definire, per capire meglio questa frase, la casa
di ognuno come il luogo in cui si esperimenta una presenza. In casa nostra si
esperimenta la nostra presenza, mentre in casa d’altri si esperimenta la
presenza del padrone, la casa di Dio è il luogo dove si esperimenta la presenza
di Dio.
Ora, a questo punto
dobbiamo tenere presente questo fatto, quello che ci impedisce di esperimentare
la presenza di Dio, siccome Dio è presente dappertutto, allora come mai noi non
esperimentiamo la presenza di Dio? Ora, il Signore dice: “Sono le vostre
colpe che creano divisioni tra voi e Me”, cioè è quello che parte da noi,
sono i nostri prodotti, cioè quello che parte dalla nostra autonomia, dal
pensiero di noi stessi che crea un muro, una distanza tra noi e la presenza di
Dio. Per cui non avvertiamo più la presenza di Dio. Quindi sono i nostri
interessi, sono i nostri pensieri che ci isolano.
Ecco allora basta dire questo, siccome i nostri interessi, i nostri prodotti ci
dividono da Dio, per farci capire che questi, attraverso questi noi ci
costruiamo una nostra casa in cui ci chiudiamo. Diciamo meglio: ognuno di noi
viene ad abitare nella casa che si è edificato. Noi forse, senza nemmeno
renderci conto, ogni giorno, vivendo, edifichiamo una casa e in quella casa noi
abiteremo. Se questa casa che noi abbiamo costruito o che ci costruiamo giorno
per giorno, attraverso le nostre scelte, attraverso i nostri pensieri, i nostri
desideri, le parole che diciamo, i fatti a cui assistiamo, tutti questi
elementi con i quali costruiamo la nostra casa e sono i mattoni, le pietre, in
quanto ogni nostro pensiero è una pietra, ogni nostra parola che diciamo ogni
giorno è una pietra di questa costruzione che noi edifichiamo e nella quale noi
veniamo già ad abitare e nella quale noi abiteremo sempre di più, nella quale
noi abiteremo eternamente.
Se però questi nostri
prodotti, questi nostri pensieri, queste nostre azioni, questi nostri desideri,
queste nostre scelte non sono state secondo Dio, ma sono partite dal mondo o
dal pensiero del nostro io, con queste noi edifichiamo una casa che non ci
viene da Dio, in cui Dio non è presente, Dio è assente.
Non è che Dio sia assente
ma siamo noi che siamo assenti a Dio in quanto questa casa è una casa
spirituale, non si tratta di casa materiale.
Eppure è una casa
spirituale più reale di una casa materiale e che sia più reale noi lo possiamo
constatare, perché quante volte noi sentiamo il bisogno di fuggire da una casa,
che non sopportiamo più, non è più casa
nostra; oppure quante volte si sente dire di ragazzi che scappano di casa
perché non si sopportano più, non si sentono più a casa loro.
Che cosa vuol dire questo?
Che si sono edificati una casa spirituale più reale della casa materiale in cui
sono nati, in cui vive la loro famiglia, che fa sentire loro il bisogno di
fuggire perché non la sentono più come casa propria: vivono in quell’altra
casa.
Quindi la casa che noi ci
edifichiamo giorno per giorno attraverso le nostre scelte, questa diventa una
casa tanto reale da renderci insopportabile ogni altra casa ed è in questa casa
che noi viviamo!
Ecco perché noi ci
costruiamo spiritualmente un luogo in cui realizziamo la nostra presenza, ma in
cui corriamo il rischio di rinchiuderci in una prigione, magari anche
eternamente.
Ecco allora potremo dire
che ogni esistente, ogni essere umano è formato da tre elementi:
·
da un campo di scelta,
·
dal suo io, cioè dalla sua fame,
dai suoi desideri, dai suoi bisogni
·
e da ciò che egli sceglie e a
seconda di ciò che egli sceglie edifica questa casa.
Però ho detto che anche inconsciamente,
anche senza accorgercene noi, giorno dopo giorno, ci costruiamo questa casa e
le pietre, i mattoni che servono a costruire la casa sono tutte le scelte che
noi, giorno dopo giorno, facciamo. Il Signore dice che di ogni parola che
abbiamo detto ci chiederà conto, proprio perché ogni parola è un mattone.
E tutto questo perché
succede?
Perché noi diventiamo figli
delle nostre opere, quindi basta una semplice nostra opera per immediatamente
condizionarci. Ecco è per questo che noi edifichiamo una casa in cui noi
abiteremo. Ora, soltanto se questi mattoni, soltanto se queste pietre, se
queste scelte sono secondo Dio, noi avremo edificato la casa di Dio, allora in
questa casa di Dio troveremo la presenza di Dio perché abbiamo detto che la
casa è il luogo in cui si esperimenta la presenza di un essere. Se noi avremo
fatto delle scelte, quindi se noi avremo pensato secondo Dio, se noi avremo
parlato secondo Dio, avremo agito secondo Dio, tutte queste scelte, questi
pensieri, queste azioni, avranno formato un edificio in cui noi troveremo la
presenza, esperimenteremo la presenza di Dio. Quindi quello che guida, cioè
ogni uomo è guidato nella costruzione di questo edificio, è l’amore che ha
messo sopra di tutto. Chi ha amore per Dio si consuma nell’edificare un
edificio, una casa in cui si esperimenta la presenza di Dio. Chi invece ha un
altro amore, si affatica, si consuma per edificare una casa in cui
esperimentare questo amore. L’amore si conclude sempre, si perfeziona nel
trovarsi con la presenza dell’essere amato. Ecco perché si costruiscono le
case; si costruiscono le case per restare sempre con ciò che noi amiamo; se noi
amiamo il denaro, ci costruiamo un edificio che ci dia la possibilità di
restare sempre con il denaro, cioè che ci assicuri la permanenza del denaro; se
amiamo una creatura noi costruiremo un edificio per poter realizzare sempre la
presenza con quella creatura; se noi amiamo Dio al di sopra di tutto, noi
edifichiamo un edificio in cui esperimentare la presenza di Dio continuamente.
È la fatica dei santi, questo lavoro per poter raccogliere tutto in Dio in modo
da poter esperimentare, trovare sempre la presenza di Dio. Ecco lo zelo che
consuma, l’amore che genera, l’amore per costruire quell’edificio in cui
esperimentare, trovare sempre la presenza di ciò che si ama, per poter trovare
sempre la presenza di Dio. Ed è una consumazione perché Dio stesso è un fuoco
che consuma tutta la terra, tutto l’elemento materiale, cioè tutto quel campo
di scelta lo utilizza per edificare quella casa. Facendo un esempio pratico, se
tu hai a disposizione un campo di pietre, che ha un amore, tenda ad utilizzare
tutte queste pietre per trasformarle tutte in un edificio, un’abitazione in cui
poter sperimentare questa presenza. Più si riesce ad utilizzare il campo di
scelta che si ha e più noi troviamo la nostra felicità e non c’è niente che
vada perduto. Ora, tutto ciò che ci è dato, ci è dato per essere edificato in
tempio di Dio, in casa di Dio perché tutto è opera di Dio, ma quest’opera di
Dio noi non la troviamo se personalmente non lavoriamo a questa costruzione.
Come pensiero guida del nostro dialogo prendiamo questo pensiero dalla lettera
di San Paolo apostolo agli Efesini: “In Cristo ogni costruzione cresce ben
ordinata per essere tempio santo del Signore. In Lui anche voi insieme con gli
altri venite edificati per diventare dimora di Dio”. Cioè per diventare
“luogo”, ecco si tratta di un luogo interiore, di un luogo spirituale, ma un
luogo reale, un luogo in cui noi esperimentiamo la presenza di Dio. Fintanto
che noi abbiamo altri pensieri, questi altri pensieri, questi altri desideri ci
impediscono la sperimentazione della presenza, cioè ci costruiamo una casa in
cui noi non troviamo Dio. Soltanto in Lui la costruzione cresce bene, ordinata.
Ecco perché è necessario liberare il tempio in modo che la presenza di Dio
abbia a rivelarsi, a lasciarsi sperimentare, a rendersi evidente, ma tutto deve
essere rivolto, ordinato a questa presenza e non ci deve essere nessun altro
elemento che turbi. Non so se volete aggiungere qualcosa….
Eligio:
No, perché hai detto molto bene, la costruzione della casa deve essere un fatto
cosciente……..
Luigi: Noi abbiamo detto che senza renderci conto,
anche inconsciamente, noi tutti i giorni, apportiamo delle pietre, dei mattoni
a questo edificio e tutte le volte che noi agiamo autonomamente, staccati da
Dio, noi costruiamo un edificio. E questo per il fatto che noi diventiamo
dipendenti da ciò che facciamo. Anche inconsciamente, certamente noi tutti
giorni eleviamo questo edificio in cui abiteremo, in cui incominciamo ad
abitare già quando è in costruzione, ma in cui finiamo di chiuderci e di
abitarvi per sempre.
Perché noi siamo
condizionati dalle scelte che facciamo, diventiamo figli delle nostre opere,
per cui questo edificio resta.
Eligio:
Sì, c’è un fatto che in induce speranza: questa casa è costruita sulla sabbia,
non sulla roccia, non sul Pensiero di Dio che è stabile, immutabile e quindi
vengono le tempeste, vengono le prove e la casa crolla.
Luigi:
Ecco, il Signore opera per farci prendere coscienza di quello che stiamo
edificando e di quello che dovremmo edificare. Ad esempio l’esperimentare
l’assenza di Dio, già è un richiamo, è una bufera attraverso cui Dio ci invita
a desistere dalla costruzione di questo edificio.
Il primo giorno
dell’incontro con Dio, Dio abbatte, purifica tutto quell’edificio che noi
abbiamo messo su perché Lui deve costruire un altro edificio ed è in Lui, ed è
con Lui che l’edificio viene su bene: è l’edificio in cui si esperimenta la
presenza di Dio.
Soltanto che noi tendiamo
ad esperimentare altre presenze, ad esperimentare la presenza del denaro,
quindi noi costruiamo un edificio in cui possiamo esperimentare la presenza del
denaro. Oppure costruiamo un edificio in cui esperimentiamo la presenza di
un’altra persona, la persona che amiamo. Oppure esperimentiamo la nostra
gloria, ecc. comunque noi tendiamo sempre ad apportare degli elementi per
edificare un edificio che ci assicuri questa presenza. E naturalmente questo ci
porta a lottare per difendere questo nostro luogo. Sentivo proprio oggi in un
documentario televisivo, dell’habitat del pettirosso. Cioè ogni animale si
segna la sua casa, la sua abitazione o il campo di caccia e ogni animale ha un
suo particolare modo di “segnare” i confini: c’è chi lo segna con le corna, chi
con gli escrementi, per cui nessun altro animale può entrarvi, perché
altrimenti sono botte, lo fanno fuori. Il pettirosso lo “segna” con il canto,
attraverso il canto si segna l’area dove trova il cibo, ecc. e guai se un altro
pettirosso entra nella sua area. Gli altri pettirossi, sentendo quel canto,
sanno perfettamente fino a che limite possono arrivare e non vanno oltre. Per
cui se si azzardano ad oltrepassare il limite, poiché non c’è un limite fisico,
palizzate, ostruzioni, niente, c’è soltanto il canto, vengono cacciati. Il
pettirosso si mette su un ramo e fischia ad una particolare modulazione per cui
gli altri sanno che di quell’area, che misura fino a 1500 mq, non ne possono
valicare i limiti invisibili. Se per caso un pettirosso valica il limite, il
primo arriva a far battaglia, per cacciarlo fuori. L’invasore che si accorge di
non essere in un campo suo, generalmente non arrivano mai ad uccidersi, quando
il titolare si rende presente, scappa perché si accorge di non essere nel
proprio territorio.
Per dire come ognuno segna
il proprio habitat, la propria casa, invisibile, però ognuno lo sa, attraverso
una piccola segnalazione.
Così ognuno di noi si
determina attraverso il modo di pensare, di ragionare, un suo edificio in cui
esperimenta il suo amore principale e guai a chi entra perché è limitato.
Ora questo fatto qui, è
lezione per noi, poiché Dio opera e dà sempre delle lezioni personali anche
attraverso la natura, ci significa che ognuno di noi attraverso un suo canto,
un suo amore edifica una sua casa.
L’ideale è quello di
edificare la casa di Dio in cui esperimentare la presenza di Dio.
Ora per esperimentare la
presenza di Dio bisogna fare le cose secondo Dio, coscientemente, perché noi
non possiamo essere uniti a Dio inconsciamente.
Perché inconsciamente noi
siamo uniti al pensiero del nostro io, per natura, vivendo secondo natura, noi
abbiamo al centro il pensiero del nostro io.
Noi inconsciamente non
superiamo noi stessi, l’atto del superamento del nostro io è sempre un atto
conscio, un atto voluto, libero. Allora la costruzione del figlio di Dio è
sempre una costruzione cosciente, consapevole per cui non ci sorprende. Mentre
invece tutte le altre costruzioni essendo inconsapevoli ci sorprendono, cioè
noi i sentiamo chiusi, schiavi, assenti da Dio senza essercene accorti, come
mai? Perché abbiamo costruito inconsciamente, seguendo quello che fanno tutti,
il mondo, mentre la costruzione con Dio avviene consapevolmente in quanto
richiede questo superamento.
Eligio:
Comunque Dio con facilità distrugge le nostre costruzioni….
Luigi:
Sì, Dio non ci lascia soli, è chiaro! Perché Dio lavora con noi, lavora con noi
per farci prendere coscienza, per farci toccare con mano la schiavitù in cui
noi ci troviamo, della distanza in cui noi ci veniamo a trovare lontano da Lui,
sono tutti richiami del Signore. Come noi ai richiami del Signore incominciamo
a fare attenzione a Lui e quindi lasciamo entrare Lui, abbiamo detto che noi
apriamo la porta della nostra anima, del nostro tempo interiore, attraverso il
nostro interesse per -. Quindi se noi ascoltando i richiami di Dio, intendendo
i richiami di Dio, sentendoci lontani da Dio, incominciamo ad impressionarci,
ad interessarci di Dio, allora Dio entra.
Eligio:
Se avverto l’assenza di Dio vuol dire che ho già esperimentato la presenza.
Luigi:
Sì perché avvertire, percepire l’assenza di Dio è già grazia. Dio opera per
farci percepire questa assenza in modo da renderci coscienti, perché noi
inconsciamente andremo dritti all’inferno.
Eligio:
Ad esempio il buon ladrone aveva costruito una ben altra casa….
Luigi:
Noi giudichiamo soltanto l’esterno, era un delinquente ma noi non sappiamo
quanti desideri, quanti sospiri, quanto abbia invocato il Signore affinché lo
liberasse dalla sua situazione. Lo ha trovato solo al momento della sua morte
in croce ma chissà quanto a monte ci sarà stato di sospiro di invocazione a Dio
per essere liberato da questa passione di delinquenza in cui lui era venuto a
trovarsi, e chissà per quali condizioni.
Eligio: Il
modo di operare di Dio è misterioso….
Luigi:
Ho detto che noi naturalmente costruiamo ben altri edifici e poi veniamo a
trovarci soffocati.
Eligio:
Tu dici naturalmente, ma noi riscontriamo in natura dei desideri che non si fermano
davanti ai limiti naturali, noi prolunghiamo all’infinito un desiderio, e
questa è la natura….
Luigi:
Sì, ma è lì proprio il nostro danno, perché se noi ci fermassimo….l’animale
quando ha mangiato per sé, non impedisce agli altri animali di mangiare. Noi
invece quando abbiamo mangiato oggi, impediamo agli altri di mangiare perché
vogliamo tenere quello che abbiamo avanzato per domani, per dopodomani, per
cinquanta anni perché pensiamo che magari a cento anni ne avrò bisogno. È
proprio questa dimensione, che rivela poi il nostro destino, eterna, di
assoluto che portiamo dentro di noi, che ci porta a questa insoddisfazione di
fondo. Per cui io non posso dire che quando avrò raggiunto mille di capitale mi
fermerò, no, perché io non raggiungerò mai quella soddisfazione in quanto ci
sono tanti elementi di incertezza che mi sospingono, per cui io devo
proteggermi all’infinito, devo prolungare la mia passione all’infinito per
arrivare a soddisfare questo mio bisogno di sicurezza. Ma questo bisogno di
sicurezza, che è un inganno sul il piano naturale, può essere soddisfatto solo
in Dio, perché solo Dio è la nostra sicurezza, solo in Dio noi troviamo quella
fortezza, quella certezza di cui noi abbiamo bisogno. E naturalmente, spostando
il nostro orientamento da Dio ad altri beni, ecco che noi ci creiamo un
tormento, una passionalità con un fallimento finale.
Ora se io orientassi la mia
vita ad assicurarmi la mia salute fisica, certamente andrò
verso un fallimento perché certamente morirò: quindi arriverò al fallimento di
tutti i miei sforzi per difendere la mia salute.
Ora parliamo di salute, ma
possiamo parlare anche di tutte le altre sicurezze, dell’onore, della gloria,
della figura, perché noi tendiamo ad assicurarci, ma ad assicurarci a dei
termini assoluti: certamente siamo votati al fallimento, perché noi la vera
sicurezza l’abbiamo solo in Dio. Solo Dio è quel principio che non viene meno
mai mentre tutto il resto passa. Quindi se noi perseguiamo un bene che passa,
certamente andiamo verso il fallimento. Quindi in noi c’è questo bisogno di
assoluto in noi e questo bisogno di assoluto rivela il nostro destino però
questo bisogno di assoluto va sposato all’intelligenza della scelta. Cioè io
posso unire questo bisogno di assoluto a dei beni che non sono Dio e così mi
creo la schiavitù, il Signore dice….
Eligio:
Però Dio me li fa crollare, me li fa perdere questi beni, per cui tutte le
persone sperimento la caducità di questi beni e quindi devono per forza entrare
in crisi….
Luigi:
Sì, ma non è sufficiente l’opera di Dio per liberarmi. E mi
spiego, dunque prima di tutto perché il Signore dice: “È a causa della
mancanza di intelligenza che il mio popolo è stato condotto in schiavitù”,
quindi noi, in quanto non applichiamo l’intelligenza, cadiamo in schiavitù. Dio
opera per liberarci, però siccome la liberazione presuppone da noi il
superamento del pensiero del nostro io, e questo Dio non ce lo può imporre, non
ce lo impone, per cui Lui sempre opera con noi con una proposta, e l’anima
della proposta è sempre il se: “…se vuoi…”. Dio non impone perché è Lui
stesso che ha dato a noi il pensiero del nostro io, questo atto cosciente;
avendo dato a noi questa coscienza, Lui può operare con noi sempre e soltanto
invitandoci a fare degli atti coscienti, non a fare degli atti incoscienti. Per
cui Lui non opera con l’autorità che si può fare verso un animale, perché non
ci può togliere la coscienza. Quindi quando si opera con un essere cosciente si
opera sempre proponendo “se vuoi”, rispettando la volontà dell’altro.
Ecco perché dico che noi superiamo il nostro io soltanto con un atto cosciente,
intelligente di orientamento a Dio…
Eligio:
Rispettando fino ad un certo punto la volontà dell’altro perché quando Dio ti
butta all’aria tutti i tuoi piani, c’è una violenza…
Luigi:
Sì, c’è una violenza in quello che è il campo suo. Lui cacciando i mercanti dal
tempio fa una violenza, nel campo suo Lui fa violenza: ma con tutta questa
violenza io posso maledire Dio. Quando Lui mette alla prova Giobbe usa una
violenza. Ora, Lui usa la stessa violenza perché Giobbe è in ogni uomo, la
stessa violenza la usa con ognuno di noi per salvarci; ora in quanto Dio ci
toglie i beni e i beni sono suoi: gli toglie la casa ma la casa è sua, gli
uccide i figli ma i figli sono suoi, quindi può fare. Quello che non può fare,
per cui io trovandomi distrutto tutto il mio edificio, io posso maledire; non è
che con questo io sia salvo, perché Lui mi ha distrutto tutto, perché io non
sono costretto ad uscire sennò entro in crisi, mi fa soffrire, ma con questo non
è detto che io mi apra. Oppure io mi ripiego su quello che ho perso e vivo
soltanto nella nostalgia di quello che avevo, il desiderio rimane e qui io
resto chiuso. Teniamo presente che la casa, il tempio è invisibile e questa
casa che noi costruiamo non è una casa materiale, non sono beni materiali, è
invisibile, è quel limite del pettirosso che cantando definisce il suo habitat.
Per cui tutti gli altri sanno che oltre quel limite non possono andare. Per noi
è lo stesso, anche noi definiamo quei limiti, ma sono interiori, sono
spirituali perché sono delle scelte che noi facciamo. E facendo queste scelte
le abbiamo sposate al nostro io, Dio distrugge tutto quello che è opera sua ma
il nostro io Lui non lo può distruggere perché Lui stesso lo vuole, che è poi questo
atto cosciente. Quindi soltanto se noi ci apriamo all’amore intendendo, perché
se noi non intendiamo malediciamo, e attribuiamo l’opera di Dio, in quanto non
crediamo, perché pensiamo al nostro io, noi attribuiamo questa disgrazia,
questa rovina agli altri. Come alle nozze di Cana il maestro di tavola
attribuisce la novità del vino allo sposo, così noi attribuiamo le nostre
disgrazie, le nostre rovine, non cogliamo l’intelligenza, il senso delle opere
di Dio ma le attribuiamo alla società, ai delinquenti, non riceviamo la lezione
di Dio e allora non usciamo. Allora cosa succede? È come la persona vecchia che
vive solo più di ricordi, di nostalgia, ed è sempre più una tristezza perché si
è sempre più ripiegati su se stessi nel pensiero di beni che non avrà mai più,
che non potrà avere mai più: ecco la grande tristezza, perché per averli
bisognerebbe che lei superasse il pensiero del suo io e si proiettasse in Dio,
in Dio ritrova tutto. Ma se uno non supera il suo io, si ripiega sempre più sul
suo passato, su quello che aveva e che non ha più.
Comunque certamente noi
giorno per giorno edifichiamo una casa, Dio opera per convincerci, per farci
capire l’errore che noi facciamo, in modo da dare a noi quell’apertura verso di
Lui in modo da lasciarlo entrare nella nostra vita.
Se noi lo lasciamo entrare
nella nostra vita, allora Lui insegna a noi, consapevolmente,
intelligentemente, come va fatta la costruzione.
È l’amore per Dio che ci fa
edificare al casa di Dio perché l’amore tende, desidera di scoprire, di trovare
la presenza di Dio. E chi ama Dio cosa fa? Cerca per trovare la presenza di Dio
in tutto, è lì che ha il desiderio della casa di Dio.
Siccome abbiamo detto che
per casa si intende quel luogo in cui si esperimenta la presenza, ognuno di noi
segna la sua presenza nella sua casa; infatti quando non può più segnare la
presenza nella sua casa, quella non è più la sua casa, la deve evadere, deve
andare da un’altra parte, non è più sua casa.
Quindi la casa è il luogo
in cui si esperimenta la presenza di uno: casa di Dio è il luogo in cui
esperimentiamo la presenza di Dio. Se abbiamo amore per Dio noi desideriamo
esperimentare la presenza di Dio in tutto e quindi ecco la fatica di edificare
la casa di Dio. È questa l’anima, questo desiderio di scoprire la presenza di
Dio in tutto, che è desiderio d’amore. L’amore è soddisfatto quando si trova
con la presenza dell’essere amato.
Pinuccia:
Questa frase è Gesù che la dice?
Luigi:
No, non è stato Lui, sono gli apostoli che si ricordano che è stato scritto: “Lo
zelo per la tua casa mi ha consumato”…
Pinuccia:
Sì, però la applicano a Gesù…..
Luigi:
Sì, perché evidentemente hanno visto l’amore per la casa del Padre, quell’amore
che l’ha fatto diventare violento nel cacciare i mercanti, per purificare in
modo che nella casa di Dio non ci fossero delle macchie, delle ombre, non si
vedesse che unicamente la gloria, la presenza di Dio.
Pinuccia:
Quindi non si può intendere che ogni uomo sia già la casa di Dio di per sé…
Luigi:
Lo è, però noi abbiamo detto che Dio è presente in tutto però come mai non lo
esperimentiamo? Quindi ho detto che ogni uomo è fatto da un campo di scelta, e
in questo campo di scelta c’è Dio, però noi facciamo delle scelte e queste
scelte sono tutte determinate da quello che è il nostro interesse principale.
Per cui nel mio campo di scelta io vado alla ricerca di quelle cose che mi
interessa secondo di quello che ho in cuore. Se ho in cuore Dio io edifico la
casa di Dio. Certo che noi siamo già casa di Dio, ma questa casa di Dio
richiede da noi questa partecipazione personale che se non c’è noi non
esperimentiamo la presenza di Dio. Perché tutto quello che parte da noi crea,
se non parte da Dio, crea un muro che ci divide da Dio, per cui non sentiamo
più, non esperimentiamo più la presenza di Dio. E se non esperimentiamo più la
presenza di Dio non siamo più nella casa di Dio.
Pinuccia:
Ci vuole una vigilanza continua…
Luigi:
Sì, è la vigilanza che è data dall’interesse per Dio, “Ama il Signore Dio
tuo con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutto te stesso”,
cioè Dio va messo al centro. Metterlo al centro vuol dire far dipendere tutto
da Lui, come pensieri. Per cui a cosa pensi? E perché pensi a quello? Chi ama
Dio pensa secondo Dio, pensa a quello che interessa Dio, a quello che vale per
Dio. Anche perché chi ama Dio tende ad esperimentare la presenza di Dio, quindi
si preoccupa di pensare a quelle cose che gli fanno vedere la presenza di Dio.
Ora, siccome la presenza di Dio è profondità, non è superficialità, ecco che
richiede da noi questo tanto pensare per poter penetrare, per poter vedere che
è poi un arrivare a vedere la presenza di Dio nelle cose. Colui che ama Dio
come scopre la presenza di Dio in un fatto, in una persona, in un fiore, in un
avvenimento, è contento e felice perché ha scoperto il segno di Dio, la
presenza di Dio. Mentre invece quando non vede la presenza di Dio è triste
perché è lontano da -. Allora è lo zelo, è questa passione per Dio perché Dio è
passione è un fuoco che consuma, è questa passione per Dio che fa edificare la
casa e che quindi consuma tutto. “Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua
mente…”, cioè consuma tutta la tua mente dietro Dio, consuma tutto il tuo
cuore dietro a Dio, consuma tutta la tua vita dietro a Dio: è un fuoco che
consuma e che quindi spiritualizza, perché tende ad edificare una casa
spirituale che agli occhi degli altri è invisibile, non si vede, ma chi la
esperimenta (come il pettirosso che con il suo canto sperimenta e fa
sperimentare agli altri i limiti della sua casa) sa che è reale.
Perché tutto quello che
parte dal nostro io, anche se il nostro io è unito a Dio, è sposato a Dio, ci
condiziona e costruisce l’edificio in cui noi abiteremo. Se abiteremo nella
casa di Dio vuol dire che avremo costruito la casa di Dio. Se noi avremo costruito
la casa di Dio noi sperimenteremo la presenza di Dio in tutto. “Ad ognuno
sarà dato ciò che avrà voluto avere”.
Pinuccia:
Perché a volte si sperimenta la presenza di Dio e a volte no? Allora non
dipende da noi?
Luigi:
Ma sai, tu capisci che noi siamo in costruzione. Noi magari abbiamo messo su un
piccolo muretto quindi non possiamo…
Pinuccia: È
dono di Dio…
Luigi:
Ma tutto viene da Dio, però è richiesta la nostra partecipazione. Se tu hai
costruito solo un piccolo muro non puoi dire di aver costruito una casa; magari
ci stai dentro però i venti soffiano, arriva la pioggia, non c’è il tetto, non
c’è niente perché bisogna ancora costruire tutto! Bisogna raccogliere tutto
secondo Dio e più noi edifichiamo, più noi esperimentiamo.
Il concetto che volevo
sottolineare questa sera è questo fatto: noi senza renderci conto costruiamo un
edificio ed ognuno di noi abiterà in quell’edificio che si sarà costruito.
Questo è il pensiero principale.
Ines:
Affinché questo edificio diventi casa di Dio, bisogna partire da che cosa?
Luigi:
Bisogna partire da Dio, bisogna aprire la nostra anima a Dio. Ho detto che noi
apriamo le porte della nostra anima e quindi della nostra vita attraverso
l’interesse per -; quando io ho interesse per qualche cosa lascio entrare quel qualche
cosa lì. Se io non ho interesse per il football, anche se io sono bombardato da
notizie sul football non lo lascio entrare, invece se ho interesse, anche senza
rendermene conto, quello mi entra e non me ne libero, perché una volta entrato
io non sono più padrone, per cui quello mi domina dentro.
Pinuccia:
Se noi lasciamo entrare Dio, Lui ci domina, che bello!
Luigi:
Sì, attraverso l’interesse per -; è l’interesse che apre le porte.
Eligio:
Lui ci domina ma non senza la nostra partecipazione..
Luigi:
Con Dio c’è sempre la partecipazione, è lì il fatto bello! Perché con le
creature noi siamo dominati malgrado quando non vorremmo, in quanto le abbiamo
lasciate entrare. Invece con Dio, c’è sempre la nostra partecipazione
consapevole, è Dio che richiede la nostra partecipazione, è sempre
intelligente, è sempre un atto libero.
Eligio:
Bisogna sempre essere in tensione.
Pinuccia:
La lezione che Dio ci vuol dare attraverso il comportamento del pettirosso è
quel rispetto reciproco che bisogna avere l’uno nei confronti dell’altro.
Luigi:
Infatti nell’amore c’è questo rispetto reciproco; come Dio rispetta, è Lui che
d’altronde ci ha costruiti, che ci ha fatti, Lui rispetta il nostro io.
Pinuccia:
Mi fa pensare ad un’autodifesa contro agenti estranei che ci possono impedire
la costruzione dell’edificio…
Eligio:
Però se si parla di casa di Dio non si parla più di nostra costruzione: la casa
di Dio è una casa unica.
Luigi:
Sì, però è una casa personale e invisibile. Mettiamo che domani ci troviamo
tutti e due in cielo: io per andarti a trovare, devo andare in quella casa.
Perché tu hai costruito la casa di Dio, ma con una certa intensità d’amore, con
certi pensieri che possono essere magari diversi da quell’intensità d’amore che
posso aver avuto io. Per cui ognuno, spiritualmente parlando, ha quell’edificio
di pensieri suoi con Dio. Sai che tra la nostra anima e Dio non è interposta
nessun’altra creatura, per cui è un rapporto personale, non c’è nessun altro, è
unico, singolare perché il nome è solo colui che lo riceve, che lo conosce.
Questo amore per Dio ci porta ad un’intensità d’amore, quindi a dei pensieri,
per cui uno ha una profondità della conoscenza di Dio diversa dalla profondità
dell’altro che dipende dalla quantità d’amore. Ora, ognuno ha questa casa che è
spirituale.
Eligio:
Penso che non c’è conflitto tra coloro che costruiscono la casa di Dio…
Luigi:
No!
Pinuccia:
Allora che lezione Dio ci vuol dare nei pettirossi che si difendono?
Eligio:
Quella è una difesa fisica..
Luigi:
Intanto spiritualmente ognuno deve difendere la ricerca di Dio con tutte le
proprie forze, perché il proprio campo va difeso contro tutti. Quando il
Signore dice: “Chi ama suo padre o sua madre più di me,non è degno di me”,
questa è già una difesa perché non bisogna lasciar entrare in questo rapporto
di amore per Dio altri che poi ci portano via quello che abbiamo costruito.
Quando Lui dice che non possiamo amare Dio e il denaro, ci fa capire che noi
dobbiamo mettere fuori dal nostro campo certi interessi, certe passioni e
quindi ci protegge, per cui tu non puoi sposare quella causa, tu non puoi
mettere prima di tutto quell’altro, perché la casa di Dio è un luogo sacro cioè
deve essere tutto riservato per Dio. Ma in questo tutto riservato per Dio
diventa universale perché comprende tutto, anche gli uccelli dell’aria si
riposano in questa casa, all’ombra di questo albero. Perché indubbiamente noi
sappiamo che Dio è presente dappertutto; quindi sapendo che Dio è presente
dappertutto, chi ama Dio desidera vedere la presenza di Dio dappertutto,
sapendolo, desidera vedere, esperimentare questa presenza. Quindi vorrebbe
costruire una casa in cui poter esperimentare questa presenza. Ora Gesù si è
consumato per questa presenza. Perché infatti Lui quando è venuto, cosa ha
detto? “Io voglio che dove sono io siano anche loro affinché vedano”.
Gesù qui ha accennato che lo zelo lo ha consumato, ma attraverso tutto il
vangelo noi vediamo che si è consumato. Abbiamo la croce per cui si è consumato
per coloro che lo uccidono, ma Lui si è consumato per coloro che lo seguono in
quanto, tutto quanto ciò che Lui ha operato e vissuto per portare i discepoli,
coloro che erano con sé, per portarli a vedere a esperimentare la presenza del
Padre in tutto, per essere sempre con Lui. E cosa vuol dire quel essere sempre?
Essere universalmente, cioè vederlo in tutto. Quindi c’è l’amore di Dio che ci
porta lì e c’è l’amore di Dio che parte da Dio, cioè il Verbo, che ci porta lì:
vedi che costruisce l’edificio? In cui si esperimenta la presenza del Padre: “Affinché
dove sono io siano anche loro e vedano la mia gloria…”. Quindi tutta la sua
opera è rivolta a questo fine, a far sperimentare agli uomini questa visione,
questa presenza che è poi soddisfazione d’amore. Perché ho detto che l’amore
tende a questa soddisfazione, ad aver sempre la presenza dell’essere amato.
Quindi vedi che noi abbiamo la coincidenza dell’opera di Dio con il desiderio
della creatura, quando il desiderio della creatura è secondo Dio. È sulla linea
della creazione di Dio, mentre se noi rivolgiamo questa passionalità di
assoluto ad altre cose all’infuori di Dio ecco che allora iniziamo la
sperimentazione del tormento, del conflitto, perché noi tendiamo a far fuori
dalla nostra casa Dio per metterci un altro essere presente. L’altro essere
presente non può essere presente come noi vorremmo in questa casa qui perché la
presenza è di Dio e allora incominciano i conflitti.
Ines: E
quando Dio ci fa saltare i nostri piani…
Luigi:
Lo fa per recuperarci, Dio lo fa per farci capire che il nostro edificio è
sbagliato, non è secondo la verità, non è vero. Se in noi per poco che ci sia
di amore alla giustizia, di fede in Dio, noi allora riceviamo la lezione da
Dio. Ricevendo la lezione da Dio io capisco che c’è qualcosa che non va, Dio mi
sta dando delle lezioni severe e allora cerco di capire dov’è l’orientamento
sbagliato. Se noi cerchiamo di capire certamente Dio ci illumina perché Lui
stesso opera per farcelo capire. Non lo fa per tormentarci, lo fa per salvarci
quindi per farci capire che in noi c’è un centro sfasato in noi, che dobbiamo
mettere un altro al centro. Allora se la nostra porta si apre a questo
interesse, Lui entra e incomincia a distruggere tutto quello che noi abbiamo
edificato male, a liberarci per poter iniziare la costruzione nuova secondo il
suo spirito. Il pensiero guida deve essere questo: in Lui ogni costruzione
cresce bene, ordinata per essere il tempio santo del Signore, cioè per essere
il luogo dove si esperimenta la presenza del Signore. In Lui: ecco che se noi
lo lasciamo entrare, Lui il primo giorno elimina tutto quello che è negativo,
ci libera, ecco diventa il liberatore, poi incomincia con Lui la costruzione di
quella casa che si concluderà con la sperimentazione della presenza del Padre
in tutto.
Giovanni:
La conoscenza di Dio non è paragonabile ai talenti che Dio da ad ognuno?
Luigi:
Questo è dono di Dio ma Dio non guarda, non è rapportato a quel che noi abbiamo
ricevuto è rapportato all’interesse che noi applichiamo con quello che abbiamo
ricevuto, perché è l’interesse che viene premiato, non viene premiato il
talento che ognuno ha ricevuto. Domenica prossima avremo il brano di vangelo in
cui si parla di quella vedovella che offre i due spiccioli nell’offerta del
tempio, e si dice che ha offerto più di tutto. C’era della gente che aveva
offerto delle grandi ricchezze e quella invece due spiccioli e il Signore dice
che in quell’offerta ha dato più di tutti gli altri. Perché? Perché ha dato
tutto quello che lei aveva per la vita, erano due spiccioli, ma ha dato tutto.
Quindi chi dà tutto, riceve Tutto cioè riceve Dio, riceve la presenza di Dio.
Chi dà il superfluo della sua vita, perché noi vivendo diamo anche qualche cosa
al Signore, allora la sua presenza diventa un “anche”, “…c’era anche
Gesù alle nozze…” in mezzo a tutti gli altri: ecco, chi dà il superfluo
riceve il superfluo, chi dà molto riceve molto, chi dà tutto riceve Tutto, il
Tutto è poi Dio. Allora soltanto dando il tutto si riceve il Tutto, che è
simboleggiato dall’offerta di Maria di Magdala che spreca, agli occhi del
mondo, una ricchezza del mondo dietro al Signore. Ed è proprio questa ricchezza
enorme sprecata agli occhi del mondo dietro al Signore che la farà ricordare
per tutti i secoli.
Eligio:
Mi domandavo se è legittima la preghiera al Signore di abbattere la nostra
costruzione e di rifarla secondo la sua volontà.
Luigi:
Tutto bisogna farlo dipendere da Dio perché tutto dipende effettivamente da
Dio, quindi anche la costruzione viene da Dio.
Eligio:
Ma noi siamo giocati da tanti condizionamenti che ci sono stati tramandati con
l’educazione….
Luigi:
Sì ma questi sono già una conseguenza, direi che l’edificio è già stato tirato
molto su con delle scelte precedenti: qui l’edificio è solido.
Eligio:
Appunto per questo che chiedo: è legittima una preghiera del genere?
Luigi:
Io penso che tutto quello che confidiamo nel Signore Lui ce lo fa…
Giovanni:
Quando uno parla così è già edificato. Il problema è quando uno non se ne
accorge…
Luigi:
Sì, il fatto di non accorgercene è peggio.
Eligio: Lo
so che con la morte il mio edificio costruito sulla sabbia cadrà giù, ma
fintanto che non crolla sembra una torre inespugnabile. Quale atteggiamento
deve assumere la creatura di fronte a questa constatazione?
Luigi:
Teniamo presente che il Signore abbatte, parlando sempre di costruzioni
spirituali, quando entra. Perché questa entrata qui nel tempio sembra che,
siccome è un segno fuori, Gesù sia entrato senza chiedere permesso all’uomo;
spiritualmente Dio non entra dentro di noi, nella nostra vita se noi non
apriamo questo interesse per Lui. Ma se noi apriamo questo interesse per Lui,
ad esempio quando lo invochiamo: “Signore fa tu perché io non ne sono
capace”, in quanto noi apriamo la nostra porta per lasciar entrare Lui, Lui
entrando incomincia però a chiederci questo, la famosa fedeltà nelle piccole
cose, incomincia a chiedere a noi. Se noi ci portiamo nel piano dell’agonia
finale allora Lui fa tutto però noi constatiamo soltanto che la nostra vita è
stata un fallimento, per cui chiediamo perdono, speriamo nella misericordia del
Signore. Ma se noi siamo ancora in vita, vuol dire che Dio ha ancora speranza
in noi, perché se non ci fosse speranza sarebbe chiusa la partita, e se ha
fiducia vuol dire che chiede a noi una certa partecipazione. E se chiede a noi
una certa partecipazione significa che in noi abbiamo del tempo per Lui, però
dobbiamo essere attenti in quelle cose in cui noi possiamo essere fedeli. Cioè
in quelle pietre, in quei mattoni che Lui ci chiede di mettere secondo il suo
spirito. Per cui io ho cinque minuti di tempo nella giornata, perché in
ventitré ore e cinquantacinque minuti sono impegnate dal mondo, però il Signore
mi lascia ancora cinque minuti. Vuol dire che in questi cinque minuti il
Signore mi dà, se io ho interesse per Lui, la possibilità di mettere qualche
pietra secondo la sua costruzione. Più noi mettiamo qualche cosa secondo Lui, e
più Lui prolunga questa disponibilità, cioè mi dà il Regno che prima mi aveva
tolto perché io stupidamente avevo trascurato. Allora Lui incomincia a
ridarmelo: ho dieci minuti. Se io sono fedele in quei dieci minuti mi darà un
quarto d’ora e poco per volta allarga e qui mi dà la possibilità di costruire
secondo il suo pensiero. Ma Lui, in quanto noi siamo vivi, vuol dire che Dio dà
a noi la possibilità, e se dà a noi la possibilità chiede a noi un atto di
fedeltà. La fedeltà però ce la misura là dove noi siamo liberi, non dove non
siamo liberi. Dove non siamo liberi è Lui che deve abbattere noi non possiamo
farci niente, non siamo liberi. Capisci che se io non sono libero non posso
farci niente, ma se Dio mi dà cinque minuti di tempo libero, è in questi cinque
minuti di tempo libero che io rivelo ciò che mi sta veramente più a cuore. E se
in quei cinque minuti di tempo libero io rivelo che mi sta a cuore Dio, allora
io metto una pietra secondo Dio. Sarà un pensiero detto secondo Dio, oppure un
pensiero scartato perché non è secondo Dio, oppure può essere una parola che
non dico perché non sarebbe secondo Dio. Bastano questi piccoli atti di fedeltà
per incominciare a costruire qualche cosa: più ne mettiamo più Lui costruisce e
abbatte tutto quello che è negativo. Lo vedremo nella lezione successiva quando
i farisei gli chiedono: “Che segno ci fai per far questo?”, Gesù
risponde: “Distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo ricostruirò”,
non è una sfida questa che Gesù fa dicendo “distruggete ed io in tre giorni
ve lo ricostruisco”, è che gli altri lo intendono materialmente e dicono: “come
ci sono voluti quarantasei anni”. No! È una constatazione cioè: “Voi
uomini distruggete il tempio interiore di Dio, Io lo ricostruisco in tre
giorni”. Cioè il segno della sua presenza è proprio questa ricostruzione
che Lui fa dentro di noi, mentre noi tendiamo a distruggere il tempio di Dio
perché noi tendiamo a fare delle costruzioni in cui non si esperimenta la
presenza di Dio e distruggiamo quindi il tempo di Dio, perché il tempio è il
luogo in cui si esperimenta questa presenza. Quindi è una constatazione che Lui
fa: “Voi distruggete il tempio e io lo ricostruisco in tre giorni”.
Giovanni:
Loro parlano di un tempio umano….
Luigi:
Sì, parlano del tempio di Gerusalemme, perché noi, anche le lezioni del
vangelo, tendiamo sempre ad intenderle materialmente, quindi magari pensiamo: “Ah,
ma io non sono un mercante, questa lezione non mi tocca!”, oppure “Io
non sono un cambiavalute, quindi questa lezione non mi tocca!”. Invece no!
Noi dobbiamo sempre tener presente che tutto ciò che è scritto, tutto ciò che è
fatto da Dio è sempre una lezione personale per ognuno di noi. Allora questi
mercanti li posso trovare dentro di me e se non li trovo vuol dire che non
capisco la lezione. Quindi Dio dà i comandamenti e dà le sue lezioni non perché
abbiamo a giudicare gli altri, ma perché noi abbiamo a modificare noi stessi.
Dio non ci chiama ad essere presidenti di tribunale per giudicare gli altri.
No! Ma tutto Lui lo fa per noi. Ecco l’errore che noi facciamo quando,
interpretando materialmente, applichiamo fuori di noi la lezione di Dio mentre
invece la dobbiamo applicare dentro di noi.
Ines:
Pensavo che due cose contemporaneamente non ci stanno: abbattuto l’edificio
costruito secondo il mio io, non dovrei avere difficoltà nel ricostruire
l’altro…
Luigi:
Sì, l’ideale sarebbe come ha fatto San Francesco: immediatamente c’è la
ricostruzione nuova. “Và, vendi quello che hai…”, ecco la proposta!
Pinuccia:
Uno può fare così?
Luigi:
Tutto è grazia di Dio, ma certo! In nome di Dio si può fare tutto!
Pinuccia:
Se il Signore ci presenta questo esempio, vuol dire che ci dà la grazia per
farlo?
Luigi:
Ah, certo, si può fare! D’altronde è quello che ha fatto con i suoi discepoli: “Và,
và, và…lascia il padre, lascia la pesca…vi farò pescatori di uomini!”. Cioè
siamo noi che prolunghiamo i tempi dell’attesa, i tempi dell’agonia. Noi
facciamo un’agonia lunghissima che dura magari tutta la vita. Più grave è la
situazione di incoscienza, quando io credo che il denaro sia tutto, vivo per il
denaro e non mi rendo nemmeno conto a che cosa valga la vita: scoprirò magari
all’atto di morte che tutta la mia vita è stata un fallimento. E questa è la
situazione più grave. Poi abbiamo una situazione in cui uno avverte “come”,
qual è il valore vero, è invitato ha lasciato entrare, però non riesce a far
fuori. Allora abbiamo la situazione di conflitto, di crisi perché Dio entrando
mette in crisi. Naturalmente se noi non facciamo fuori, prolunghiamo un’agonia.
Quindi il tempo si può molto accorciare, si può restringere in un attimo, ad
esempio, e si può allungare di cinquanta, sessanta anni.
Pinuccia:
Qui i discepoli applicano questa frase a Gesù invece tu l’hai spiegata
applicata a noi..
Luigi:
Però mi pare anche di aver spiegato che tutto lo scopo della vita di Gesù è
stato quello di portarci ad esperimentare la presenza del Padre. Quindi “lo
zelo della casa del Padre lo ha consumato”, cioè l’amore per la casa del
Padre lo ha consumato. “Avendoli amati li amò sino alla fine…”, ecco la
consumazione. Perché ha speso, ha dato tutto se stesso, ha dato tutta la sua
vita per portare coloro che erano con Lui, ad esperimentare la presenza del
Padre. E cos’è questo se non lo zelo per la sua casa? È lo zelo per la casa del
Padre. Questa è l’opera che fa Gesù e quest’opera che fa Gesù trova un
riscontro nella vita di ognuno di noi. Per cui noi esperimentiamo che vivendo
costruiamo un edificio: no siamo destinati a costruire al casa di Dio, quindi
dovremmo costruire la casa di Dio. Però la casa di Dio si costruisce solo con
Dio, con Gesù perché il pensiero guida è “….Con Lui l’edificio viene su
bene”. Ma se non siamo con Lui, noi costruiamo altre case in cui abiteremo
e in cui esperimenteremo l’assenza di Dio anziché la presenza. Sono le due
espressioni della stessa opera: noi siamo chiamati a costruire questo edificio,
però questo edificio si costruisce solo ad una certa condizione. Se noi non
applichiamo questa certa condizione l’edificio lo costruiamo ma sbagliato,
perché l’edificio si costruisce con il Cristo. Infatti noi se costruiremo per
grazia di Dio la casa di Dio nella nostra vita, noi diremo che è stata tutta
grazia di Dio. Infatti è tutta grazia sua perché è Lui che l’ha edificata.
Mentre se noi costruiamo una casa sbagliata, siamo noi che l’abbiamo edificata,
non Dio. Perché noi abbiamo edificato le nostre case sbagliate proprio non
tenendo conto di Lui, perché se avessimo tenuto conto di Lui, tenendo conto di
Lui, avremmo costruito la casa di Dio, allora diciamo: “È per grazia tua
Signore che edifichi la tua casa” perché l’edificio si costruisce solo
tenendo conto di Lui. Se non tengo conto di Lui, se faccio fuori Lui, edifico
una casa che senz’altro sono io che la edifico, non Lui, perché l’ho costruita
per non tener conto di Lui, per far fuori Lui. È chiaro?