Detto questo Gesù
andò coi Suoi discepoli oltre il torrente Cedron, dove c’era un giardino, e vi entrò con i Suoi discepoli. Gv 18 Vs 1
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19/ Giugno /1993
1° tema: “Detto questo”
Luigi: Ci fa capire che esiste una continuità con quanto ha detto
nel capitolo 17; dunque, quel che succede adesso sta in relazione con esso, ne
è la conseguenza.
Domenico: All’inizio del cap.17 troviamo: “Così parlo Gesù”.
Luigi: Sì, fa un discorso continuativo, per condurre ad una meta
ben precisa; in questo cammino il cap.18 ha un suo significato.
Osvaldo: Questa separazione in capitoli è stata fatta da
Giovanni?
Luigi: No, è avvenuta in seguito. Una volta non si metteva
neppure lo spazio tra una parola e l’altra; pensa che l’alfabeto ebraico non
aveva le vocali! La divisione in versetti è opera dei monaci del Medioevo.
Giovanna: Ma la preghiera di affidamento del cap.17 Lui la fa quando loro non capiscono ancora.
Luigi: Gesù la dice per affidare al Padre, la dice perché ha
preparato gli animi ad essere affidati al Padre; Lui non dice questa preghiera all’inizio
della sua vita. A questo punto, loro sanno di cosa Lui parla.
L’opera conclusiva del Cristo è quella di affidare al
Padre, in modo che si possa ricevere dal Padre quanto Lui stesso dal Padre riceve, di modo che
“siano tutti una cosa sola”. Questo “essere una cosa sola” non dipende dalla
nostra volontà, ma è una conseguenza della conoscenza dello Spirito che viene
dal Padre e dal Figlio.
È Dio, che ci fa uno; nel pensiero del nostro io, invece,
creiamo divisioni su divisioni.
Ora, Gesù che esce e va oltre il Cedron, è un fatto
conseguente delle parole che Lui ha
detto prima; cioè, l’azione diventa la conseguenza di un certo parlare, diviene
una “realizzazione del parlare”.
L’inizio del cap.17 era: “così parlò Gesù”, cioè abbiamo
l’opera attraverso cui Gesù prepara la nostra anima all’affidamento al Padre,
Poi avviene l’affidamento. Dopo compie quell’opera predetta.
Giovanna: Ecco perché Lui
fa questo affidamento quando ancora non siamo morti a noi stessi…
Luigi: Gesù, con la Parola, anticipa; poi, con l’azione dà la
possibilità di realizzare: Prima ti spiega come si nuota, e poi ti butta in
mare! Perché tu non puoi imparare a nuotare per corrispondenza!
Dico:ti butta in mare in quanto Lui se ne va; con la Parola, dunque Egli
anticipa la cosa.
Se tu hai creduto, e hai capito, sei preparata: però la
realtà è sempre Lui, a farla. Adesso, mettendoti nella Realtà. Ti dà la
possibilità di sopportarla.
Pinuccia A.: Gesù parla con logica, dunque anche questo
quindi anche il “detto questo” è un condurci passo per passo.
Luigi: Sì, è conseguenziale. Anche la realtà fa parte della
logica; se noi sapessimo leggere vedremmo la logicità della realtà nella quale
siamo immersi. Nel pensiero dell’io invece vediamo tutto “a pezzi”.
Ora, attraverso il Suo parlare Dio ci conduce a vedere il
Suo Pensiero in tutto: lì abbiamo la chiave con cui poter aprire e vedere la
logica perfetta che c’è in ogni avvenimento. Tutto l’universo è fondato su una
razionalità stupenda, infatti è matematico.
E come c’è questa logica nelle leggi universali, a molto
maggior ragione essa c’è negli avvenimenti della nostra vita personale.
C’è questa logica assoluta, nella vita di ognuno di noi,
ed è in relazione alla nostra mentalità, perché Dio la tiene presente: Lui è in continuo colloquio con noi.
Pinuccia: All’inizio del cap.17 dopo “così parlò Gesù”, Cristo
parla al Padre,
Luigi: Sì, il discorso che ha fatto prima si conclude con
questa preghiera: tutte le Sue Parole concludono lì. Gli avvenimenti successivi
presuppongono queste parole conclusive: inizia la realizzazione di quanto ha
detto.
2° Tema: Gesù uscì con i
Suoi discepoli.
Luigi: Ogni parola richiede una partenza, un uscire dal nostro
mondo: da quel mondo in cui la parola è arrivata; solo se partiamo la parola si
realizza, cioè solo se partiamo arriviamo a vedere la realtà che corrisponde
alla parola.
Delfina: Gesù esce “con i Suoi discepoli”…
Luigi: Certo, è per noi che fa queste cose; ci conduce fuori
dal nostro mondo, dal luogo in cui ci troviamo; la Parola di Dio è così potente
da farsi sentire in qualsiasi pensiero noi ci troviamo…certo, magari noi la
scambiamo per ‘coscienza’, ‘rimorso’, ma in realtà è Dio che interviene. Siamo in un pensiero, e ci accorgiamo di non
essere soli.
In termini estremi: la Parola arriva là dove tu sei, ma
tu, per vedere la realizzazione di questa Parola, devi essere condotto a
vederla dal Padre, perché è il luogo in cui si trova il Figlio.
Lui entra nel nostro mondo annunciandoci cose
diverse da ciò che noi abbiamo presente:
fa questo per condurci a vedere la realtà corrispondente agli
annunci…sostanzialmente: per condurci a vedere la realtà che corrisponde alla
Parola generata dal Padre,
La realtà in cui ci troviamo è creazione di Dio, ma noi
non la vediamo tale: e infatti noi non intendiamo la Realtà. Ora, si vive veramente solo in quanto si
trova la Realtà, non in quanto si trovano delle parole: le parole non danno
vita.
Lui viene nella nostra realtà sentimentale per inserirci
in quella Realtà che è intellettuale, spirituale, dove si vive di conoscenza.
Fabiola: Qual è il significato di questo passaggio?
Luigi: Sulla terra si trovano le cose in quanto si sentono, ma
nel campo dello Spirito si trovano
perché si conoscono. Nel campo del sentimento si incontrano le cose ma non si sa cosa siano; solo da Dio, conoscendole
da Dio, si sa cosa siano.
Silvana: I Suoi discepoli lo seguono, cioè continuano a seguire
il Suo parlare.
Luigi: Si entra nel Regno della Verità ascoltando. Anche
l’azione di Dio è il discorso che continua. Chi fa tutto è Dio: noi dobbiamo
solo ascoltare, seguire, capire.
Pinuccia A.: Questo passaggio al Regno di Dio è la nascita
spirituale?
Luigi: Certo, si nasce per effetto di luce. Conoscendo sei
cambiata.
3° Tema: “Oltre il torrente
Cedron”
Franca: Il torrente è qualcosa che porta via…
Luigi: Era il torrente che separava Gerusalemme dal Monte degli
Ulivi…è la separazione tra la Città di Dio e il luogo del tradimento.
Domenico: Alla fine del cap.X li aveva portati oltre il Giordano,
in terra pagana…
Luigi: Cosa troviamo oltre il Giordano? Un giardino. All’inizio
della creazione abbiamo un giardino, e lo ritroviamo anche qui, alla
conclusione della creazione: il “tutto compiuto” avviene con la Morte di
Cristo. Tieni presente che “agonia” significa “conflitto”, e conflitto è
discussione. C’è questa “discussione”, questa lotta che si forma dentro ognuno
di noi: è la lotta tra la nostra realtà e la Sua Realtà.
Ora, la durata dell’agonia è relativa al nostro grado di
purezza, al livello della nostra dedizione a Dio,
Ecco: il tempo dell’agonia si prolunga perché in noi c’è
questa difficoltà a passare al campo del pensiero…è che le nostre passionalità
ci trattengono: ma più opponiamo resistenza, più l’agonia si fa dura.
Osvaldo: Gesù è l’incarnazione di Dio nel campo dei
segni…torrente, giardino, tutto ha un suo significato.
Luigi: Sì, tutto è segno. Gesù li sta portando in un luogo di
agonia, cioè porta l’uomo a lottare tra la sua (dell’uomo) realtà e la Realtà
Divina, in modo che possa sottometterla ad Essa.
Infatti la conclusione dell’agonia è: “Se è possibile
passi da Me questo calice, ma non la Mia bensì la Tua volontà sia fatta”.
Ecco, rivela che l’essenza dell’agonia di ogni uomo è un
conflitto di volontà.
Giovanna: Non ho ancora ben capito questo torrente Cedron.
Luigi: Rappresenta la divisione tra la Città di Dio (dove,
cioè, Dio ti fa arrivare la Sua proposta) e il luogo dell’agonia; diciamo che è
il luogo in cui l’uomo rivela sé stesso, dove rivela il valore che dà alla
proposta di Dio, è che lì deve superare tutto il suo mondo.
Certo, può anche non superarlo, ma resta il pensiero di
quella proposta che non ha accettato.
Cris: È un annuncio…
Luigi: Annuncio e proposta che deve portarti ad una scelta
personale e quindi ad un conflitto, perché tu scegli in quanto lasci…e lasciare
costa!
4° tema: Là dove era un giardino
Franca: Adamo ed Eva nell’Eden riportavano tutto a Dio, poi quando
non riportarono il loro io cominciò la lotta…
Luigi: Ora qui abbiamo la ricostruzione di quel giardino; si
ritorna alla lotta iniziale, ma qui non abbiamo più l’iniziale stato
d’innocenza: qui c’è sangue sparso, perché tu sei attaccata a tante cose.
Osvaldo: Cosa ci dice Dio con il giardino?
Luigi: Il giardino è un luogo di fioritura, di vita; infatti
nel Paradiso Terrestre c’erano alberi che servivano, con i frutti,
all’alimentazione.
Lì non si mangiava carne. Non c’era il problema di uccidere
per vivere. Il giardino è dunque il luogo della vita. C’era l’albero della
vita, cioè della Conoscenza di Dio, C’era anche l’albero del bene e del male,
cioè del nostro io, il quale di per sé non è certo male, l’importante è che non
ci nutriamo dei suoi frutti, perché la vita consiste nel mangiare i frutti
dell’albero della vita.
Franco: È la morte di Cristo che dà significato anche al
giardino.
Luigi: Si capisce, l’anima di tutto è sempre il Pensiero di
Dio; in quel giardino non entriamo da soli, ma con Lui; e la Passione la
subisce Lui, noi ne siamo solo spettatori…ma domani saremo noi, a subirla. Lui l’ha subita per primo in modo da darci
la possibilità di sopportarla quando avverrà a noi.
Giovanna: Il giardino è segno di vita, però anche di conflitto…
Luigi: All’inizio era segno di vita, poi diventa segno di
conflitto, certo, ma perché? perché la vita diventa così, diventa conflitto.
Fabiola: In che senso domani la passione la subiremo noi?
Luigi: Il conflitto è un passaggio necessario, perché la vita
richiede una scelta; la vita è amore e amare vuol dire mettere prima di tutto
qualcosa e lasciare il resto. Il problema si determina in quanto noi vorremmo
scegliere senza lasciare!
Pinuccia A.: Tutti devono proprio affrontare questo
conflitto?
Luigi: Tutti coloro che vogliono entrare nella Conoscenza.
Pinuccia A.: Ma c’è qualcuno che ha messo Dio prima di
tutto fin dall’inizio?
Luigi: Se ci fosse non ci sarebbe stato bisogno della morte di
Cristo; invece Gesù è morto per tutti.
5° tema: E vi entrò con i Suoi discepoli
Franca: Gesù ci porta nel luogo dove deve avvenire il passaggio.
Luigi: Sì, Gesù non ci lascia soli durante il conflitto…per
cui, tu dai una valutazione, certo, ma la dai con Lui. Cioè, tu dai una
valutazione tra questo e quello, però la scelta è giustificata nel Pensiero di
Dio…cioè, in un dato c’è il pensiero del tuo io, nell’altro c’è il Pensiero di
Dio,
Franco: Non siamo mai soli.
Luigi: Se restiamo con Lui; però possiamo lasciarlo.
Giovanna: Nel conflitto Lui
c’è.
Luigi: È Lui stesso, che
ci butta lì; noi dobbiamo tenerlo presente, perché in caso contrario vediamo
solo ciò che perdiamo.
Fabiola: Adamo ed Eva erano favoriti perché erano in relazione
diretta con Dio,
Luigi: No; loro sono rivelazione di ciò che noi siamo e
facciamo, perché anche ognuno di noi è in questa relazione diretta.
Silvana: Il conflitto nasce perché arriva la proposta; se poi la
rifiutiamo, il conflitto resta.
Luigi: In quel caso si inizia ad esperimentare la morte, il non
significato di tutto.
Se accogli la proposta, invece, tramite il conflitto
entri nel campo del significato delle cose.
Anche Giuda,
il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava
spesso con i suoi discepoli. Gv 18
Vs 2
Titolo:
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26/ Giugno /1993
1° Tema: Anche Giuda conosceva il posto
Franca: Prima diceva “vi entrò coi Suoi discepoli”; anche Giuda
era un discepolo.
Luigi: Ma Giuda non c’era.
Franca: L’altra volta hai detto che nessuno si può scusare di
non conoscere, quindi anche Giuda…
Luigi: Anche Giuda conosce il luogo; ci fa capire che quel
luogo è conosciuto sia da coloro che amano Dio, sia da chi pensa a sé stesso.
Franca: Ecco, nessuno potrà dire: “Io non sapevo dove trovarlo”.
Luigi: Certo; vediamo infatti che quando Giuseppe e Maria
cercano Gesù, si vedono da Lui rimproverati: “non sapevate che…”; implicito:
“dovevate saperlo”.
Ragion per cui, se tu non cerchi nel luogo giusto, sei in
colpa…tutti cercano Dio, ma lo fanno nel luogo sbagliato.
Franco: Per tradire bisogna conoscere, se no non ci può essere
tradimento; qui è evidentissima la relazione tra conoscenza e tradimento.
Luigi: Cosa significa “tradire”?
Franco: Deriva dal latino “tradere: “consegnare”.
Luigi: E consegnare cosa significa?
Franco: Nel campo dei segni è evidente il tradimento di Giuda:
ha consegnato Giuda alle autorità.
Luigi: E spiritualmente?
Franco: Che pur avendo riconosciuto che la verità è quella di
Cristo…
Luigi: …tu la consegni all’autorità! vai a cercare cosa ne dice
l’autorità.
E invece bisogna assumersene la responsabilità,
personalmente.
In caso contrario la si consegna ad un principio
inferiore rispetto a ciò che Dio è.
Dio giura su Sé stesso: io non devo sottometterlo ad
altro!
La Verità ha un Suo proprio criterio; tradire vuol dunque
dire sottomettere ciò che è superiore a qualcosa che è inferiore.
Osvaldo: Giuda è stato tradito dalla passionalità; nella
passionalità dunque non si ragiona, si può dire?
Luigi: Certo; l’uomo
dominato dalla passione non è in grado di ragionare: resta, appunto,
ossessionato/dominato da_, non capisce altri argomenti: soprattutto, non
capisce il ragionamento della Verità.
È come se tu avessi una spina in un piede: ti possono
fare tutti i ragionamenti di questo mondo, ma non puoi pensare ad altro che
alla spina!
Giovanna: Anche Giuda conosce il luogo del conflitto.
Luigi: E già: lo conoscono tutti, ma non tutti reagiscono allo
stesso modo: c’è chi sottomette tutto a Dio, e chi invece preferisce altro,
altro a Dio…e allora dovrà, a un certo punto, tradire: inevitabilmente.
Ognuno di noi ha questa guerra dentro, perché ad ognuno
di noi arrivano i sentimenti, le impressioni del mondo.
Ora, quando tu non hai un pensiero al di sopra di tutto,
finisce che tutto ciò che vedi e tocchi diviene tua intenzione.
Noi siamo inevitabilmente effetto di ciò che vediamo, a
meno che abbiamo un’intenzione superiore, che allora assorbe ciò che vediamo e
ci mantiene così liberi.
Si tratta cioè di avere l’intenzione di Dio prima di
tutto: in questo caso continui a vedere le cose, ma non ne diventi succube: la
cosa, in te, non diventa desiderio, appunto perché porti un desiderio
superiore.
Quindi, il conflitto è tra le cose che vediamo e
tocchiamo ed il Pensiero di Dio che non possiamo annullare.
Ora, se non metti Dio prima di tutto, tu dici: “non vorrei…”,
ma resti costretta a farlo; ciò che ti arriva dal mondo diventa più forte, ti
domina.
Giovanna: Anche Giuda aveva sentito la preghiera di affidamento,
poi Gesù entra nel luogo del conflitto.
Luigi: No, Giuda è andato via prima, durante l’ultima cena: i
capitoli dal 13 al 17 si svolgono senza di lui.
Giovanna: Il tradire è sempre un vendere ciò che vale di più a ciò
che vale meno.
Luigi: Sì, è un capovolgimento di valori; Dio è il massimo
valore, ragion per cui la Sua Verità non va sottomessa ad alcun altro criterio.
Pinuccia A.: Tutti conoscono il conflitto, ma tutti
conoscono anche il luogo in cui trovare Cristo?
Luigi: Lui si trova
proprio in quel conflitto lì.
Pinuccia A.: Allora quando ci troviamo nel conflitto Lo
incontriamo.
Luigi: No: il Cristo sta nel conflitto perché del conflitto
Egli è l’elemento determinante…il motivo per cui tu ti trovi nel conflitto è
proprio determinato dal fatto che c’è una Presenza diversa, due amori; a questo
punto bisogna vedere come tu ti comporti, in quel luogo lì.
Pinuccia A.: Però non si può dire, a chi non
approfondisce: “voi dovete sapere dove si trova il Cristo”, perché ti
rispondono: “è fantasia”.
Luigi: Se tu vuoi comunicare che l’uomo è una passione di
assoluto, devi prima aver ben interiorizzato la cosa; anche per quanto riguarda
il luogo, devi dare elementi che l’altro possa verificare, in modo che possa
dire: “è vero”.
Pinuccia A.: Ma nessuno lo sa!
Luigi: Il sapere viene da Dio, perché tu la cosa la subisci;
che ci si trovi nel luogo del conflitto, tutti lo verificano: ma nessuno sa
spiegarlo.
Ci vuole uno che faccia la diagnosi: “guarda che questo
conflitto è determinato da questa causa”.
Ti deve venir fatto constatare, in modo che tu possa
dire: “è proprio così”.
Se no ti limiti a subirne gli effetti, senza minimamente
comprendere che è determinato dalla Presenza ; se te lo dicono puoi
approfondire e scoprire che è vero.
Pinuccia: Definire il Getzemani “orto dell’agonìa” e “orto del
conflitto”…l’aspetto del conflitto è l’agonìa?
Luigi: In ebraico Getzemani vuol dire “luogo del torchio”.
Pinuccia: Entrare nel conflitto con Gesù significa poterlo
leggere.
Luigi: Tutti, entrano in quel luogo, ma non tutti ne escono
allo stesso modo: c’è chi ne esce tradendo, chi amando, chi fuggendo.
2° Tema Perché Gesù vi era stato sovente.
Luigi: Gesù era stato sovente nel luogo del conflitto. Per noi
ciò cosa significa?
Franca: Che ci ha dato la possibilità di conoscerlo.
Luigi: Vuol dire che ha provocato sovente, nei discepoli, questo
conflitto; il Suo parlare li conduceva spesso in quel conflitto.
Franca: Infatti dice il Vangelo che sovente i discepoli non
capivano, e non osavano chiedere.
Delfina: In tanti posti si vede Gesù che istruisce i discepoli.
Luigi: I luoghi sono dei segni; se Lui, parlando, ti conduce
nel Getzemani, non è che ti conduca tanto in quel luogo lì, ma è che ti porta
nel significato di esso, nel suo significato spirituale.
Guarda il discorso che
Lui fa al giovane ricco…lo porta in un conflitto: “vendi ciò che hai e
seguimi”; ecco, il giovane ricco è nel Getzemani, e come ne esce? Rinunciando:
se ne va.
Franco: C’è differenza tra questo conflitto e i precedenti,
quando era presente anche Giuda.
Luigi: Giuda era stato condotto varie volte, in quel conflitto,
e anche Lui ha dovuto dare delle risposte, inevitabilmente: quando si entra in
un conflitto è infatti perché qualcuno ci fa una proposta diversa da ciò per
cui viviamo.
Franco: Questo è l’ultimo conflitto.
Luigi: Certo: ti fa capire che tutto è preparato.
Osvaldo: Quando li portava nel Getzemani diceva ai discepoli che
aveva questo significato spirituale? Perché dice: “a voi che siete dentro è
dato capire i Misteri del Regno di Dio”.
Luigi: No, infatti alla fine dice: “vi ho sempre parlato in
parabole”; vuol dire che anche quando le spiegava, ancora parlava in parabole.
Vediamo nell’episodio di Lazzaro: in un primo tempo:
inizialmente afferma che “Lazzaro dorme”…era una parabola; poi afferma
apertamente: “è morto”…ed è ancora parabola; ecco, la stessa morte è ancora una
parabola.
Solo quando verrà lo Spirito di Verità…dice infatti:
“viene l’ora in cui vi parlerò apertamente del Padre”.
Osvaldo: Perché Tommaso, nell’episodio che abbiamo visto domenica
scorsa (Gv 11,16) non manifesta apertamente la propria paura?
Luigi: Da parte di Gesù, Lui non aveva certo bisogno che glielo
dicesse, perché lo sapesse: Lui sapeva benissimo che Tommaso, e tutti gli
altri, avevano paura!
Poi, non pretendere che chi ha paura lo manifesti
apertamente…Tommaso cerca di velare la sua paura sotto dei paraventi: “se dorme
guarirà, mica è il caso che andiamo là”.
È che noi ci vergogniamo, delle nostre paure; per
dialogare ci vuole molta fiducia, bisogna superare il pensiero del proprio io;
nel pensiero dell’io tu tendi a nasconderti.
Nel Paradiso terrestre, appena salta fuori il pensiero
dell’io, Adamo ed Eva corrono a nascondersi…per dialogare occorre avere
un’enorme fiducia nell’Altro…di per sé il nostro io è menzognero.
Giovanna: “Giuda conosceva quel luogo”; per ognuno di noi c’è
questo momento: arriviamo in quel luogo.
Luigi: È Dio che ci conduce nel conflitto: esso è determinato
proprio dalla presenza di due volontà contrastanti; quante volte verifichiamo
di trovarci in questa situazione!
Noi non lo vorremmo, ma Qualcuno ci conduce lì…quante
volte tu stessa mi dici: “quale sarà la volontà di Dio, questa o quella?”.
Dio ti porta nel conflitto; come dico, il modo di
uscirne, poi, varia da uno all’altro.
Il punto è questo: il conflitto è una proposta, e se ne
esce con una certa risposta.
Giovanna: I conflitti sono molti…
Luigi: Ma non sono mai uguali, perché Dio non si ripete mai; un
problema che tu non hai risolto si ripresenta sotto forma più grave, non uguale
a prima.
Il tempo passa a senso unico: non ti puoi bagnare nella
stessa acqua per due volte…ogni avvenimento è assolutamente unico, così è la
risposta che tu gli dai: unica.
Silvana: Quindi i
conflitti sono molti, e quand’anche si superassero…
Luigi: Il conflitto stesso è la dimostrazione che Dio è in te; se
tu fossi sola a vivere, non subiresti/sentiresti i conflitti; invece succede
che tu vuoi una cosa e poi ti accorgi che devi farne un’altra; ecco, c’è
un’altra Volontà che entra nella tua esistenza.
Tu non vorresti che il tempo passasse, ma esso scorre…dico:
noi facciamo un errore grosso quando crediamo che le cose dipendano dalla
nostra volontà, dalle nostre scelte; no, bisogna sempre tenere presente (è la
prima cosa) la Volontà che opera nella nostra vita…perché la realtà è che noi
non siamo altro che “risposta a questa volontà”.
Silvana: Se i
conflitti, si superano ogni volta, con Cristo…
Luigi: …si entra sempre più nella pace, perché si crea,
progressivamente, accordo ed armonia.
Ogni conflitto superato ti offre una situazione di riposo
e pace; ma finché non si giunge alla Meta definitiva (Pentecoste) Dio presenta
sempre zone di conflittualità: per sollecitarci a camminare.
Attraverso la contraddizione Dio ci sollecita
all’approfondimento: perché la Vita eterna, la pace eterna, è in profondità.
Si dice “pace eterna” proprio perché in Essa si trova
l’armonìa di tutto…perché lì c’è in tutto il Pensiero di Dio.
Rina: Questi conflitti sono dunque proprio indispensabili.
Luigi: Sono testimonianza della Presenza di Dio in noi: quindi,
sono “luogo di Dio”.
Se fossimo capaci di analizzare il conflitto troveremmo
Dio.
Pinuccia: Analizzarlo vuol
dire individuarne la causa?
Luigi: Esatto: comprenderne il significato, cosa è che lo
determina.
E la causa scatenante è proprio la Presenza di Dio in
noi.
Pinuccia: Questa Presenza è
rivelata da una volontà diversa dalla nostra, ragion per cui o io sottometto la
mia volontà all’altra, o finisco nella guerra.
Luigi: Certo, se no cerchi do sottomettere l’altro a te; in un
marito arrabbiato, andando a fondo, trovi la moglie…noi siamo fatti per
l’armonìa, per cui, se questa non c’è, sei triste.
3° tema In compagnia dei suoi discepoli.
Nino: Gesù è venuto apposta per rimanere in nostra compagnìa,
per farci vedere ciò che, da soli non potremmo proprio vedere.
Franca: “Discepolo” è colui che ha interesse per ciò di cui
parla Gesù; chi ha interesse è portato in questo conflitto.
Luigi: Lo porta cioè ad una selezione, ad un “prima di tutto”:
perché è proprio lì che avviene la Rivelazione; ora, per condurti a quel prima
di tutto ben determinato, il Signore deve portarti ad operare delle scelte.
Il tempo stesso, abbiamo detto, ti porta nel conflitto:
perché ti costringe a scegliere; tu constati che non riesci a portarti dietro
tutto, devi per forza fare delle preferenze.
Ecco, Dio ti costringe progressivamente a porre qualcosa
prima di tutto, fino ad avere prima di tutto
Lui stesso.
Naturalmente, allora, ogni passo che percorri in questa
direzione è preceduto da una qualche
forma di conflittualità: perché, mentre Dio ti propone di mettere prima di
tutto LUI, tu sei in una situazione in cui porti dentro tutto un altro mondo, e
questo mondo tu lo vorresti trattenere!
Franca: È molto importante la precisazione “con i Suoi
discepolo”.
Luigi: Gesù è il Verbo Incarnato; allora, Lui non cammina da solo, Lui viene a prendere gli argomenti/interessi
dei Suoi discepoli.
Franco: I non discepoli non possono entrare lì.
Luigi: Certo: “nessuno può venire a Me se non è attratto dal
Padre”.
Se non sei attratto da Dio i conflitti li avrai ugualmente,
ma col mondo.
Franco: Troveranno poi il conflitto finale.
Domenico: La presenza di Dio che causa il conflitto è la stessa
che determina l’esperienza della Sua assenza?
Luigi: Certo; la Sua stessa assenza è una proposta.
Osvaldo: Quindi, ogni volta che sperimentiamo un qualsiasi
conflitto…
Luigi: …è perché Dio sta entrando nella nostra vita,
obbligandoci così a mettere in evidenza qualche valore.
Giovanna: Prima di condurci in questo conflitto Gesù ci affida al
Padre, e ci fa esperimentare momenti molto ricchi della Sua presenza.
Luigi: Dicendo che “sovente li conduceva in quel luogo” ci fa
capire che è avvenuto anche prima, della Preghiera sacerdotale.
Questo è l’ultimo conflitto prima della Passione e Morte;
tutto procede verso la conclusione, quindi tutto procede verso un conflitto
estremo, che è poi proprio questa “guerra” tra il nostro io e Dio.
Giovanna: Prima Dio opera la proposta, poi avviene il conflitto;
ma il tempo in cui propone, è quello in cui Dio parla.
Luigi: Si tratta di espressione di volontà: la proposta è una
volontà.
Necessariamente una risposta tu la dai; il conflitto
avviene prima di essa, quando tu hai due pesi sulla bilancia.
Cris: Anche Gesù ha subito il conflitto.
Luigi: È tutto per noi, anche le tentazioni; Lui ti fa vedere come se ne esce: “se
possibile passi da Me questo calice, ma non la Mia volontà sia fatta, ma la
Tua”.
Cioè, se ne esce sottomettendosi a Dio.
Questa è l’Incarnazione: Dio che si riveste della
situazione in cui ci troviamo.
Fabiola: Questa Presenza di Dio va vista anche fuori dei nostri
pensieri?
Luigi: In tutto: “Chi fa l’esterno è lo stesso che fa
l’interno”; Dio parla con te sia dentro che fuori: Uno solo è il Creatore;
anche l’esterno è opera di Dio.
Ad esempio, tu sei in preghiera e qualcuno bussa alla tua
porta; allora, non è che, per il fatto di essere in preghiera, tu sia
autorizzata a prendere a calci colui che ha bussato…perché è Dio, che sta
bussando alla tua porta, e un giorno te lo dimostrerà.
Ecco, dobbiamo sempre tenere attuale che Dio è presente
in tutto, per cui dialoga con noi in tutto; solo se tieni presente Dio in
tutto, tu ti comporti bene.
Pinuccia A.: Dio entra nella mia vita quando mi fa fare
esperienza di conflitto.
Luigi: Dio scende nella tua vita; quando ti accorgi che c’è un
conflitto con_, ti rendi conto che è presente una volontà diversa, che ti
contrasta, che ti pone in difficoltà, e allora dici, come Paolo quando è stato
buttato giù da cavallo: “chi sei?”
Gesù ci esprime questo conflitto, con la sua soluzione,
quando dice: “se è possibile passi da Me questo calice, ma non la mia volontà
sia fatta, ma la Tua”; cioè: sottomette.
Di solito noi, invece, strumentalizziamo; ad esempio
diciamo: “Signore, non berrò più caffè se Tu in cambio mi fai questo favore”;
tendiamo cioè a sottomettere Dio alla nostra volontà, dandogli in cambio un
qualche sacrificio, una qualche rinuncia.
Bisogna invece riconoscere con intelligenza (e non per
violenza o furbizia) la Verità: è giusto che
Lui sia al di sopra di tutto, perché
Lui è il Creatore ; non dobbiamo cercare di barare al gioco, perché
facciamo soltanto il nostro danno.
Pinuccia: Lui entra con i
Suoi discepoli per far vedere come si esce dal conflitto.
Luigi: È la funzione dell’incarnazione; è come se tu fossi in
un cinema, e scoppiasse un incendio, col conseguente panico; Lui incarnato cosa fa? Viene vicino a te e ti
dice: “vieni, Io ti conduco all’uscita di sicurezza”.
Giuda dunque,
preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai
sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gv 18 Vs 3
Titolo:
Argomenti:
26/ Giugno /1993
1° tema: Giuda.
Luigi: Prima Giuda era “con”; adesso diventa una singolarità.
Delfina: Gesù ha portato
tutti gli altri meno che lui.
Luigi: L’ha portato altre volte; tu guarda durante l’ultima
cena in che razza di conflitto lo ha portato!
Franco: Qui abbiamo la risposta di Giuda al conflitto.
Luigi: Sì, ormai Lui dal conflitto è uscito: nel senso che ha
operato una scelta.
Osvaldo: Giuda è stato tradito dalla passionalità, però Giovanni
lo qualifica come ladro…
Luigi: Tieni conto che anche Giovanni aveva le sue pecche;
poiché il conflitto, in Giuda, era
determinato proprio dall’invidia verso Giovanni, si può anche capire come
Giovanni approfittasse della sua situazione di privilegio (“il discepolo che
Gesù amava”) per mettere Giuda in cattiva luce.
Giovanna: Giuda è una singolarità che tradisce.
Luigi: Sì: non è “massa”, non è “gruppo”; Dio è la massima
singolarità, ma anche ognuno di noi è una singolarità…ora, il più delle volte
noi, questa singolarità, la sottomettiamo a ciò che dicono gli altri, alla
moda, all’autorità.
E invece Dio tende a farla sprizzare, a metterla in
evidenza; noi tendiamo a nasconderci dietro a quello che fanno tutti: proprio
per non impegnarci personalmente ad amare.
E allora, Dio
opera per stanarci: “dì apertamente quello che pensi”…perché solo lì si diviene
(veramente) singolarità.
E prima o poi, sicuramente, questo rapporto personale
salta fuori; come dico, si entra nel Regno di Dio come persona singola, non
come massa!
Pinuccia A.: Perché noi, che siamo delle singolarità,
abbiamo bisogno di appoggiarci ad altre creature?
Luigi: Perché non ci appoggiamo sufficientemente in Dio; se lo
facessimo, certamente non avremmo bisogno
delle creature; ma dobbiamo imparare ad appoggiarci solo a Dio: arriva
infatti il momento in cui le creature si ritirano da noi: si muore soli…e
questo cosa ci dice? Che le creature ci sono date solo come appoggio durante il
cammino, data la nostra debolezza.
La nostra debolezza è proprio la nostra incapacità a
rimanere con Dio, di appoggiarci a Lui.
Certo, rimanere con Dio è difficile in quanto non Lo
vediamo, né Lo tocchiamo, mentre le creature sì; si capisce che poi dopo ne
subiamo i danni, ma comunque anche attraverso il nostro errore/debolezza Dio
opera per condurci a far conto soltanto su di Lui.
Arriva il momento in cui Dio ci toglie ogni appoggio, e
noi restiamo soli, a tu per tu con Lui; è il: “ti condurrò nel deserto e lì
parlerò al tuo cuore”.
Ecco, la singolarità è proprio determinata da questo
rapporto a tu per tu; si tratta dunque di essere intelligenti, e cioè: usa pure
gli appoggi, ma fa in fretta a scoprire Colui sul quale devi (unicamente)
appoggiarti.
Rina: Giuda rappresenta ogni uomo che, trovandosi nel
conflitto impostogli e propostogli da Dio, rifiuta di sottomettersi alla
Volontà Divina.
Luigi: Sì, nel senso che resta dominato dal pensiero del
proprio io, per cui non accetta che Dio ami un altro come lui…è l’io, a
scatenare la gelosìa.
Ma nel Cielo di Dio non si è assolutamente gelosi, e
perché? Perché non si pensa sé stessi…ci si dimentica completamente,
contemplando in tutto l’opera di Dio.
Pinuccia: Ciò che ci fa singolarità è proprio il modo in cui superiamo
il conflitto; il conflitto è grazia, da parte di Dio, per far sprizzare il meglio di noi stessi.
Luigi: Certo; si capisce che è una cosa molto difficile, in
quanto bisogna dimenticare completamente sé stessi: e ciò è realizzabile
solamente con una grandissima grazia di Dio.
Dio viene a morire in te proprio per darti la possibilità
di morire a te stessa…se superi il momento del conflitto (tra il tuo io e il
Pensiero di Dio) allora inizi a navigare!
Ma finché si pensa a sé stessi, inevitabilmente si
soffre.
Domenico: Fintanto che non partecipiamo alla nascita del nostro io
(nuovo) da Dio, il nostro io vecchio, benché superato, è ancòra sempre
disturbato da tutto ciò che non è ancora compreso dal punto di vista di Dio.
Luigi: Il nostro io ci acceca.
Fabiola: Quand’è che preferiamo essere soli?
Luigi: Quando ti trovi in un terreno di contrasto, quando cioè
nessuno ti comprende; la presenza di un altro costituisce un supplemento di
anima…per cui, non trovando alcuno che ti comprenda, tu devi scappare, mentre,
se qualcuno ti capisce, tu ricevi una carica.
E Dio ci attrae, infatti, proprio così: comprendendoci.
2° Tema Giuda pertanto, presa la coorte
Luigi: Cosa può significare per noi questa coorte che Giuda
prende per andare ad arrestare il Signore?
Nino: Anzitutto, Giuda rappresenta una lezione per noi, per
farci capire cosa succede quando cediamo ai sentimenti.
Franca: La coorte rappresenta tutte le ragioni su cui si regge
Giuda.
Luigi: Sì, con queste ragioni Giuda si rafforza per opporsi a-;
sono cioè gli argomenti che noi opponiamo a Dio…per farlo necessitiamo di
sostenerci a delle ragioni, ad un’apparenza di ragioni: per cercare di
giustificarci.
Franca: Sono ragioni che abbiamo sempre a nostra disposizione?
Luigi: No, arriva un momento in cui ci vengono portate via;
direi: arriva l‘istante in cui si rivoltano addirittura contro di noi!
Franca: C’è però un tempo in cui ci gloriamo di esse.
Luigi: Si capisce: i buoi, i campi, la moglie.
Delfina: Giuda abbandona
il Pensiero di Dio per abbracciare il mondo.
Luigi: E per farlo si vale di quelle forze che il mondo gli
pone a disposizione; cioè, quando tu abbandoni DIO, trovi il mondo che ti dà
ragione, ti batte le mani.
Giovanna: Giuda è una singolarità, ma ha bisogno di qualcosa.
Luigi: Ogni creatura è una singolarità, perché lo è Dio, Però,
da sola la creatura non sta su; succede allora che il nostro io si riveste di
qualcosa che gli dia un’apparenza di sostegno.
Di solito ci rivestiamo/giustifichiamo col prossimo,
l’istituzione…tutti argomenti diversi dalla Parola di Dio,
In sostanza, allora, il nostro io autonomo diventa
opposizione a Dio; c’è niente da fare: poiché Dio è il Creatore, tutto deve
adeguarsi a Lui; quando invece tu pensi a te stesso, già implicitamente crei
un’opposizione al Signore.
Solo Dio può dire “Io”; noi dovremmo glorificare Dio; ma
succede che, pensando a noi stessi, il nostro io vede anche le Parole di Dio in
opposizione a sé.
Ora, il principe di questo mondo è un io (staccato da
Dio), non Dio stesso…ecco allora che, quando dici “io” trovi il mondo pronto a
darti ragione.
Giovanna: Se quindi vivo per le creature vado contro Dio mentre,
se vivo per Dio, non vado contro le creature.
Luigi: Esatto; perché Dio comprende tutto…vivendo dunque per Lui,
tu tendi a comprendere tutte le creature, il che non significa tendere a
piacere ad esse…tu tendi a piacere a Dio, ma in questo modo le comprendi
veramente.
3° Tema E dai capi dei sacerdoti e dei farisei alcune
guardie.
Luigi: Cosa si intende per “capi dei sacerdoti”?
Franca: Nello spirito l’autorità maggiore è il nostro io?
Luigi: L’autorità maggiore è la Verità, e tu non la devi
consegnare a valori inferiori.
Franca: Non ho mai capito bene la differenza tra scribi e
farisei.
Luigi: Gli scribi erano gli studiosi della Legge; i farisei
erano un corpo legislativo (un po’ come il nostro parlamento).
Le guardie erano le forze addette a far mettere in
pratica le leggi che essi emanavano…cioè: il mondo ti dà dei mezzi per
difendere le sue ragioni.
Delfina: Il capo è
qualcuno che si sente più forte di noi.
Luigi: Lui è più forte
solo se tu ti sottometti a lui; ora, c’è la colpa in chi fa il superbo, e c’è
la colpa in chi si sottomette ed ubbidisce al superbo: può anche convenirgli.
Anche l’ubbidienza è una colpa.
Domenico: La corte rappresenta i buoi, i campi, la moglie, e le
guardie rappresentano le giustificazioni religiose che noi andiamo a cercare
per avere un sostegno al nostro disinteresse per Dio.
Giovanna: Questo andare a cercare le guardie significa cercare di sottrarsi alla responsabilità?
Luigi: Tu da sola non puoi fare niente, né materialmente né
spiritualmente; in ogni caso necessiti di mezzi, di strumenti: per viaggiare
hai bisogno dell’auto, per vivere hai bisogno di mangiare…e tutto (naturalmente)
è segno: abbiamo bisogno di Dio.
Man mano che saliamo nella scala, arriviamo a questi
livelli; e allora, anche per arrestare Gesù abbiamo bisogno di determinati
mezzi.
Giovanna: Nel positivo, invece, per seguire Gesù non abbiamo
bisogno di nulla.
Luigi: Anche lì hai bisogno di aiuti, in continuazione; la
realtà è opera di Dio; ora, se tu Lo metti prima di tutto, necessiti che Lui faccia la realtà secondo questo fine cui hai deciso di dedicare la tua esistenza:
se Dio ti contraddicesse in tutto, tu moriresti!
Tu hai bisogno di capire, ma da sola non ci puoi
arrivare; se metti Dio prima di tutto, Dio ti illumina su ciò che hai bisogno
di capire: “qualunque cosa chiederete nel Mio Nome…”.
Ecco, bisogna chiedere la luce, perché la nostra vita sta
lì; vedi quindi che per vivere, per camminare, hai bisogno della Luce; devi
allora mettere Dio prima di tutto ed aspettare poi il Suo aiuto…devi poter
constatare che Dio corrisponde…direi di più: devi constatare che la tua stessa
volontà è determinata dal Signore.
Devi arrivare a vedere che è Dio ad averti fatto
desiderare di metterLo prima di tutto.
Giovanna: Lui è il fine, ma
è anche il mezzo, è la meta ed è anche la strada.
Luigi: Proprio così; gli aiuti, quando metti Dio prima di
tutto, ti giungono; magari non arrivano come desidereresti tu, ma comunque
arrivano; tu devi stare attenta a ciò che
Lui ti manda, cercandone il significato.
L’importante è che tu non pretenda di ricevere gli aiuti
come li vorresti tu, perché allora ci sarebbe di mezzo una tua volontà; ma
avendo come volontà l’intenzione di Dio, tu accogli tutto da Lui, e cerchi di
camminare con quanto Dio ti manda: è Dio, che realizza la tua vita.
Osvaldo: Perché il Verbo incarnato viene arrestato dalle
gerarchie religiose?
Luigi: Ci significa il rischio che corre ogni uomo: di cedere
l’impegno con la Verità a quanto afferma una qualche autorità.
In ogni tempo c’è un’autorità che tende ad appropriarsi
della verità, per cui: “questo è vero perché lo dico io”.
Un’affermazione del genere rappresenta un’implicita
offesa alla Verità…ed un’offesa alle creature, perché impedisci loro di
accedere alla Verità con un rapporto diretto.
I Padri antichi dicevano: “guardati sempre da quei luoghi
in cui la verità è fatta dipendere dall’autorità”.
E Gesù dice: “nel mondo si esercita l’autorità così, ma
tra voi, invece, l’autorità deve servire”.
Nel mondo, le persone stanno a servizio dell’istituzione,
ma è assurdo: dovrebbe essere il contrario, perché alla Verità arrivano le
persone, mica le istituzioni!
È la persona singola che conosce ed entra nella Vita
Eterna.
Franco: Colpisce che Giuda non sia andato da Pilato.
Luigi: Pilato se ne fregava altamente; ci fa capire che il tradimento avviene sempre,
essenzialmente, a livello religioso; poi si estende al piano civile, a tutto il
mondo.
Alberto: Le ragioni del mondo finiscono con il prevalere.
Luigi: Non prevalgono “di per sé”: se prevalgono è perché tu ti
sottometti…è nella tua sottomissione, che avviene il delitto; se tu dai
importanza ad altro da Dio, questo “altro da Dio” finisce poi con
l’approfittarne.
Pinuccia: Quando si tradisce se ne ha la consapevolezza?
Luigi: No, bisognerebbe conoscere la verità, essere nella luce.
Giuda se ne è accorto tardi.
Pinuccia: Allora non siamo responsabili?
Luigi: La responsabilità c’è: ad un livello inferiore; avviene
in precedenza, quando rifiuti di interessarti di conoscere Dio; lì non ti rendi
conto del male che ti fai, non sei consapevole delle conseguenze che ne
deriveranno; è proprio questo il motivo per cui Gesù supplica il Padre:
“perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Franca: La consapevolezza che avrà Giuda dopo il tradimento è
conseguenza di quello che ha fatto o è luce che viene da Dio?
Luigi: Gli avvenimenti sono opera di Dio; a un certo momento ti
accorgi che, per una parola che hai detto, per un’azione che hai compiuto, ti
crolla il mondo addosso: “cosa ho fatto!”.
Ecco, tu non potevi renderti conto della portata di una
certa scelta.
4° tema: Andò con lanterne, torcie e armi.
Franco: Va nel conflitto, cercando di illuminarlo con le sue
ragioni.
Luigi: Sì, con le nostre ragioni, con le nostre scienze…Gesù è
lì, nel conflitto, e noi vogliamo illuminarlo,
Lui che la Luce!
È quanto facciamo tutti; tante volte mi sento dire: “ma
io appartengo ad un ordine che non è contemplativo, quindi non sono tenuto a
cercare di conoscere Dio”.
È assurdo; e allora tiriamo fuori le nostre ragioni, le
nostre regole.
Giovanna: Cosa sono le armi?
Luigi: Rappresentano le ragioni con le quali offendiamo ed
imprigioniamo; Dio si mette nelle nostre mani, ragion per cui noi possiamo
usare su di Lui delle potenze; Lo
uccidiamo, e Lui resta morto dentro di
noi.
Come può accadere che, a un certo momento, l’uomo possa
avere delle armi per uccidere in sé la verità di Dio?
Dio è Colui che parla in tutto, che opera in tutto…e a un
certo punto diventa morto, silente, e non ci intralcia più, e non parla più con
noi…né risponde, né contende: L’hai ucciso!
È come la parabola dei vignaioli: “questo è l’erede,
facciamolo fuori, così ci appropriamo dell’eredità”.
Ora, Lui (l’erede)
è la Somma potenza, e come possiamo dunque, noi, farlo fuori?!
Ecco, abbiamo delle armi,
con le quali Lo mettiamo a tacere; cioè, Dio trova il modo di farci
sperimentare il Suo silenzio.
Si uccide Dio non tenendone conto; Lo si uccide
tramite Lui stesso, e siccome Dio è la
nostra vita, noi facciamo esperienza di
morte.
Osvaldo: Perché i farisei avevano una scorta armata?
Luigi: Perché il genitore, al bambino che chiede continuamente,
a un certo momento gli dà uno schiaffo, pur di zittirlo?
Osvaldo: Perché non sa rispondere.
Luigi: Ecco; quando si è incapaci di rispondere si usa la
violenza; l’anima che viene ferita, allora, si chiude, non interroga più….e i
genitori sono perduti, perché essi erano salvati proprio dall’interrogazione
del bambino.
Quando in noi viene meno la capacità di comprendere
quanto ci presenta il Signore, passiamo alla violenza; se restiamo con Dio (se
possiamo farlo), invece, cerchiamo sempre di comprendere, e non diveniamo
violenti.
Solo con la comprensione si conquistano le creature.
Osvaldo: Tutti siamo ciechi.
Luigi: Solo chi crede in Dio diventa un povero di spirito:
allora chiede a Dio la luce su ciò che non riesce a capire.
Franco: Giuda arriva nel conflitto con tanti argomenti: è la
tazza piena che non può ricevere; nell’io non si può conoscere.
Luigi: Sì; chi è dalla Verità ritiene molto preziose quelle
cose che non capisce, proprio perché lo impegnano tanto, ed dunque in esse
trova vita.
Chi invece non è dalla verità tende a cancellare ciò che
non comprende.
Sandra: Tutto è un Getzemani.
Luigi: Sì, perché siamo tutti in questa zona di
scelta/conflittualità.
Tu non puoi dire: “questo o quello per me pari sono”; no:
o questo, o quello!
Dall’”e – e” iniziale arriviamo all’”o – o”; alla fine
c’è solo più: il nostro io o Dio!
Alberto: Giuda non aveva ascoltato gli ultimi discorsi, ma era
comunque stato 3 anni con Gesù.
Luigi: Sì, ma una cosa è ascoltare delle parole, un’altra
rendersi conto della loro importanza.
Ora, la presa di coscienza dell’importanza di una parola
deriva dalla profondità con cui ami la Verità; se pensi a te stessa, anche
ascoltando parole di verità non ne percepisci l’importanza…appunto perché è
dall’interno, che si valorizza ciò che si sente.
Nel pensiero del tuo io, le parole che ti arrivano tu le
scegli in base al pensiero principale che porti dentro.
Pinuccia: Lanterne ed armi sono espressione del nostro io che
necessita di appoggi esterni, mentre invece la Verità si giustifica di per Sé.
Luigi: Possono essere simbolo di tante cose…più tu sei debole,
più devi porti attorno un apparato di quel che dice uno o l’altro.
Con la Verità, invece, non hai bisogno di queste cose;
Gesù infatti afferma: “Io non ho bisogno degli uomini”.
Quando vai a cercare giustificazioni in giro, significa
che sei debole rispetto alla Verità…vuol dire che non hai messo la Verità prima
di tutto; Dio giura su Se stesso.
Pinuccia: Giuda filtrava le parole di Gesù nel suo io.
Luigi: Esatto; anche gli altri apostoli, nell’episodio di
Lazzaro, filtrano le parole del Signore; loro intendono: “andiamo anche noi a
morire con Lui”.
E lì c’era già l’annuncio della Resurrezione, c’era cioè
una grandissima speranza, ma loro, intendendo la cosa nel pensiero dell’io,
vanno in depressione!
Gesù allora,
conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece
innanzi e disse loro: «Chi cercate?».Gv 18 Vs 4
Titolo:
Argomenti:
10/ Luglio /1993
1° Tema La consapevolezza.
Luigi: C’è la consapevolezza di Gesù, e c’è la nostra
inconsapevolezza…
Franca: Gesù sa le cose nel Padre; Lui è sempre nel Padre, dunque è consapevole.
Luigi: E perché noi siamo inconsapevoli?
Franca: Noi siamo figli di ciò per cui viviamo.
Luigi: Perché nella passionalità siamo inconsapevoli?
Alberto: Perché siamo dominati dai sentimenti.
Luigi: La maggior parte
delle nostre scelte è determinata dai sentimenti, ragion per cui siamo
pressoché sempre incoscienti.
Dove sta, dunque, la responsabilità? Consiste nel non
tener conto di Dio; da lì ne consegue che restiamo dominati dai sentimenti, i
quali, a loro volta, ci provocano tutte le conseguenze che sappiamo…finiscono
col farci fare cose che non vorremmo fare.
Giovanna: Dividendoci dal Principio diventiamo inevitabilmente
dominati dalle passioni.
Luigi: Restiamo cioè dominati da cose di cui non ci rendiamo
conto; perché, invece, il Figlio di Dio si rende conto? Perché Lui non è dominati dalla passionalità? Dio è
Amore…allora diciamo che l’amore di Dio non è passione.
Giovanna: Ma Gesù non patisce?
Luigi: Come Dio Incarnato, patisce per noi; quando tu ami una
persona, patisci per essa: subisci una
passione.
Dio no: Egli non è condizionato dalle creature, né da
nient’altro.
Giovanna: Però qui parla di Gesù…
Luigi: Stiamo appunto riflettendo su cosa voglia dire a noi il
Signore con questo pensiero: “Gesù era consapevole”; dicendo questo lo
raffronta, evidentemente, con altri che consapevoli non sono; e allora ci
chiediamo da cosa dipenda la consapevolezza di Gesù e l’inconsapevolezza
nostra…come dico, noi siamo sempre inconsapevoli: se pensiamo una volta o due
nella nostra vita è tanto!
Giovanna: La consapevolezza non è data dalla conoscenza?
Luigi: Certo, ma la conoscenza da che cosa è data? È data
dall’avere in noi stessi il Principio.
Dio ha in Sé stesso il Principio di Sé; noi, creature,
abbiamo in Dio il principio di noi stessi: ma dobbiamo tenerLo presente, se no
non abbiamo in noi il principio né di noi stessi, né delle cose che ci
arrivano…siamo inconsapevoli; la responsabilità (la colpa) sta nel non tenere
presente Colui che non possiamo ignorare, Dio Creatore.
Osvaldo: Dobbiamo collegare sempre tutto.
Luigi: Certo; e perché? Pensare vuol dire collegare/unificare:
se non colleghiamo, trascuriamo qualcosa che non possiamo ignorare; collegare
vuol dire cercare il significato di ciò che ci arriva; non basta accettare
tutto da Dio, bisogna cercare il significato: questo è pregare.
Si prega in quanto si eleva la mente a Dio per capire
da Lui il significato di quanto Lui ci fa giungere.
Il pensiero di Dio non può esserti comunicato se non
elevi la tua mente a Dio.
Franco: “Stava per accadergli”: è futuro; ecco, come uomo anche
Gesù è immerso nel tempo; ma siccome è Dio, contempla anche il futuro.
Luigi: Per noi, è contemplato passato, presente e futuro.
In Dio tutto è presente: anche il passato e anche il
futuro; Dio è tutto presente; in noi, al contrario, manca sempre il presente!
Attualmente siamo qui, tutti presenti, eppure ciò che in
realtà vediamo è già tutto passato!
Ecco, il presente, a noi sfugge: noi viviamo di passato e
di futuro; solo in Dio tutto è presente, perché nel Creatore tutto è ordinato ad un fine.
Franco: Però è presente come qualcosa che ancòra deve creare…
Luigi: È presente come sviluppo di_; poiché Dio crea tutto in
un fine (quindi in un Suo pensiero), tutte le cose sono presenti in questo
pensiero; allora, quanto noi definiamo “futuro”, non è altro che sviluppo di un
pensiero.
Noi siamo un punto di questa retta che è il Pensiero di
Dio; ora, per noi, in questa retta, c’è un prima ed un dopo, una parte
precedente ed una seguente: ma questo, dico, per noi!
In Dio no: in Dio è presente tutta la retta.
Franco: Per cui, tutto ciò che ci arriva…
Luigi: …dobbiamo cercare di vederlo nel tutto, nel Principio e
nel Fine.
Diciamo: Principio: Pensiero di Dio; Fine: Pensiero di Dio.
“Noi vediamo per parti”, afferma San Paolo.
La nostra è una visione parziale, ma essa deve venire
inserita nel tutto; è come una tessera di un mosaico…se non la inserisci nel
disegno generale, essa ti confonde…ti disperde: ti conduce alla morte.
Man mano che unifichi le cose nel Fine, tu entri nel
Presente, nella Vita Eterna; se ti fermi invece alla parte, resti immerso nel
tempo.
Franco: D’altronde, la vita è comunione con il Pensiero di Dio.
Luigi: Sì, ma tu puoi fare comunione con un pensiero in quanto
e per quanto unifichi in esso; una semplice cosa che non sia unificata ti fa
perdere quel pensiero: resti con la cosa, ma perdi il pensiero.
Cris: Gesù sapeva ciò che stava per accadergli, e
ciononostante si lascia catturare…
Luigi: Più che “sapeva” diciamo: “voleva”, perché Lui, a determinare gli avvenimenti.
Dio ha in Sé stesso la ragione di quello che avviene;
tutto è voluto da Dio: il problema è capirne il significato.
Noi siamo spettatoti di un’opera che sta facendo Dio.
Il nostro sbaglio è che, da spettatori, vogliamo
diventare attori!
Silvana: Se teniamo presente il fine, arriviamo anche noi a
conoscere tutto quanto sta per accaderci?
Luigi: Certamente, perché il fine in cui tutto è fatto Dio lo
vuole comunicare; Dio non tiene nascosto il proprio pensiero: lo rivela.
Ora, quando si conosce il pensiero di qualcuno, si sa
dove aspettarlo.
Pinuccia A.: Poiché in Dio tutto è presente, di fronte ad
una mia scelta sbagliata, Lui la conosce
già; e allora, perché mi fa scegliere male?
Luigi: È un po’ come dire: “perché mi manda all’inferno?”.
Ora, la volontà di Dio è “che tutti si salvino e giungano
a conoscere la Verità”; allora diciamo: perché c’è il rischio che non tutti si
salvino?
Eh, Dio vuole che tutti si salvino, eppure c’è il rischio
che non tutti si salvino…dove sta il punto?
Il fatto è che Lui
sa che non possiamo arrivare a conoscere la verità “senza di noi”; cioè, Lui non ci può salvare senza la nostra
partecipazione.
Se fossi una macchina potrei dire: “la colpa è sua, ha
fatto una macchina difettosa”; ma, come dico, nessuno di noi è una macchina.
Ecco, è questione di pensiero; per conoscere la verità
bisogna essere consapevoli…ed essere consapevoli cosa comporta?
Comporta avere la possibilità di bestemmiare, di poter
dire: “io sono”.
Ciò costituisce una bestemmia perché (in realtà) solo Dio
è.
Il Suo Nome è: “Io sono Colui che è”.
Dio solo è, e come mai, allora, io creatura, che ieri non
ero e domani non sarò più, posso farneticare: “io sono”?!
Dico: si tratta di una bestemmia, perché significa
attribuirsi il Nome di Dio.
Pinuccia A.: Ma vuol dire che Dio ha presente la mia
situazione sia che io dica “io sono”, sia che glorifichi Lui?
Luigi: Altroché! Dio ha presente la possibilità che ti dà,
perché sa che è quella la condizione affinché tu possa entrare nella Verità.
Se però tu non
dimentichi te stessa per partire da Dio, non entri nella salvezza.
Pinuccia A.: Ma prendiamo il caso di Giuda: Lui doveva
tradire, quindi non era contemplata la possibilità che non tradisse!
Luigi: Giuda è stato fatto appositamente da Dio per noi: per
evitarci di essere dei traditori; cioè, il vero Giuda non è mica lui: è (può
essere) il mio io; affinché il mio io non fosse Giuda (perché il problema non
si risolve mica esteriormente, sulla scena del teatro, ma dentro di noi), Dio
ha fatto recitare, sulla scena esterna,
la parte di Giuda; ma questo affinché, come dico, gli spettatori non diventassero
essi stessi dei Giuda.
Quindi Giuda, incontrato Gesù nel Regno Eterno, trova Uno che gli dice: “questo te l’ho fatto
fare Io”; e Giuda canta di gioia!
Pinuccia A.: Se faccio qualcosa di male debbo allora dire:
“è Dio che lo vuole”.
Luigi: Mah, il concetto di “male” in cosa consiste? Nel fatto
di attribuire ciò che è di Dio ad altri, a noi stessi, ad altre cause.
Il “male” è il disunire l’opera di Dio da Dio; ecco, il
male è nella mia mente, non fuori: fuori è tutto opera di Dio.
Pinuccia A.: È difficile restare uniti a Dio…gli
avvenimenti ci portano via…
Luigi: Ne restiamo coinvolti perché? Perché abbiamo pensato
tanto al nostro io, per cui, quando vorremmo farlo tacere, abbiamo difficoltà.
Pinuccia A.: Ma chi è che impedisce al mo io di unirmi a
Dio?
Luigi: Sei tu!
Pinuccia A.: Allora è Dio che vuole che il mio io rimanga
disunito! Se tutto viene da Dio…
Luigi: Tutto viene da Dio, anche questa possibilità; quando
ricevi l’invito a pranzo da parte di Dio, se accetti è per grazia di Dio, ma se
rifiuti, il rifiuto è espressamente tuo, e le conseguenze di questo rifiuto
ricadranno su di te.
Rina: Gesù sapeva perché il Padre comunica tutto al Figlio.
Anche noi dobbiamo sempre cercare la volontà del Padre,
Luigi: Solo in quanto noi partecipiamo dell’intenzione di Dio
(per cui noi stessi vogliamo la Sua intenzione) siamo in sintonia con Lui, e
solo lì, allora, sappiamo!
Se abbiamo invece un’altra intenzione, ovviamente non
sappiamo, perché ad operare è l’Intenzione Divina.
Pinuccia: Noi possiamo conoscere lo Spirito che opera e come
opera, ma proprio conoscere esattamente come avverranno le cose…ci sarà sempre
un aspetto di sorpresa, nei segni, vero?
Luigi: Dio dice di non voler tenere nulla di nascosto.
Pinuccia: E Gesù che dice che “l’ora, né il Figlio né gli Angeli
la conoscono”?
Luigi: Ma quello è proprio per arrivare lì.
Pinuccia: Consapevolezza deriva da “con-sapere”: è più del sapere
per sentito dire…significa l’avere in sé stessi la ragione della cosa?
Luigi: Tu sai assieme a Dio, sai con Dio; il tuo sapere procede
da Dio, per cui lì hai in te stessa la ragione medesima di Dio; ma finchè avrai
la vanità di sapere, non saprai mai.
Pinuccia: Solo un essere consapevole può conoscere Dio, per cui
Dio ci ha dato questo io che è consapevole di sé.
Luigi: Questo io non è consapevole proprio di nulla; ha questa
possibilità, di dire “io sono”, cioè di affermare una stupidaggine.
Ma noi abbiano la consapevolezza dell’altro, non del
nostro io.
Il bambino conosce la madre, non conosce sé stesso, e “se
non tornate come bambini”…ecco, noi abbiamo presente l’altro, il diverso da
noi: e l’Altro da noi (A maiuscola) è Dio,
Dobbiamo tenere presente quello per vivere in quello,
evitando di dire “io sono” perché, se lo diciamo, non facciamo altro che
confonderci, ed annullarci.
Pinuccia: Tutto è voluto da Dio, dunque, tranne il separare le
cose da Lui.
Luigi: Certo,
perché Lui è la Verità: la nostra vita
sta in Lui.
2°
tema L’avvicinarsi di Dio.
Franca: L’iniziativa è sempre di Dio.
Luigi: Cosa significa “andare incontro”?
Franca: In questo caso, che Gesù viene a farci un favore.
Luigi: No, Gesù non cerca di piacere agli uomini; come fa
scrivere a San Paolo: “se io cercassi di piacere agli uomini non potrei
appartenere a Cristo”.
“Venire incontro”, quindi, non vuol dire cercare di far
piacere alla creatura; quand’è che Dio va incontro alla creatura? Non “contro”,
ma “incontro”.
Franca: Quando va verso il suo vero bisogno.
Luigi: Ecco, quando ne comprende il vero bisogno; noi non
conosciamo il nostro bisogno vero, e allora, di fronte a Dio che si avvicina a
noi, noi ci offendiamo: “mi sta portando via qualcosa a cui tengo molto”, e
creiamo così antagonismo rispetto a Dio.
In realtà, quel “portare via” rappresenta proprio un
venire incontro.
Alberto: Noi subiamo le cose perché abbiamo interessi diversi
dalla conoscenza di Dio.
Luigi: Si capisce, proprio per questo gli avvenimenti ci
piombano addosso; noi dobbiamo sposare l’intenzione di Dio, e non dobbiamo
cercare di sottometterlo alla nostra!
Alberto: Si può dire che Gesù ci anticipa.
Luigi: Sì: Lui sa
certamente dove noi domani andremo, e ci aspetta proprio là.
Lui ci precede, non si fa mica aspettare; quando tu
conosci qualcuno che ha una determinata passione, sai esattamene dove
attenderlo.
Giovanna: Lui ci viene
incontro per il nostro bene, ma per noi
può risultare un disastro…
Luigi: Sì, per noi può essere la morte, eppure si tratta di
Lui, la Vita, che vi viene incontro…anzi, la morte è proprio Lui che ci viene incontro, è Lui che ci porge la mano per farci fare il
passaggio nella Luce.
Il tempo che passa è Dio che viene.
Giovanna: Se dunque ne fossimo consapevoli, la morte non sarebbe
necessaria.
Luigi: Certo: “chi viene dietro a Me non gusta la morte”.
Osvaldo: Gesù anticipa.
Luigi: Sì, perché nell’amore conta l’anticipo. Quando uno è
veramente intelligente anticipa; le vergini stolte erano tali proprio perché
non anticipavano: per cui sono rimaste chiuse fuori.
Osvaldo: Ecco, Gesù non si limita ad aspettare il traditore.
Luigi: Se tu vuoi tradirlo, Lui ti viene incontro; “ciò che
devi fare, fallo presto”: ti dà la possibilità di realizzare la tua intenzione.
Osvaldo: È Dio a fare gli avvenimenti.
Luigi: Sì, ma tenendo conto del tuo pensiero: sempre per
salvarti; Lui fa gli eventi, ma in essi
ci sei anche tu; l’evento è un dialogo di Dio con te.
Osvaldo: Gesù è il Figlio, ma gli avvenimenti li fa il Padre, si
può dire?
Luigi: Sì, Gesù è il Pensiero in cui il Padre opera tutto; per
cui Egli partecipa, fa una cosa sola col Padre,
Quando tu fai qualcosa, lo fai in un pensiero, e perciò
hai presente cosa stai facendo: il pensiero ha presente ciò che stai facendo.
Se potessi scorporare il pensiero da te stesso, vedresti
che in esso c’è tutto quanto stai facendo.
Se infatti vuoi capire qualcosa di qualcuno, devi
penetrare nel suo pensiero.
Anna: Come uomo, Gesù aderisce a quanto sta accadendo.
Luigi: Lui sottomette la
volontà umana alla Volontà Divina; in Cristo abbiamo una Persona unica, ma con
due volontà; in Cristo è presente (anche) la natura umana, ragion per cui c’è
anche una volontà umana.
La volontà è il desiderio di affermare sé stessi; allora,
la volontà umana ha un suo desiderio: “Padre, se possibile passi da me questo
calice”; ma Gesù non si ferma lì, e sottomette: “ma sia fatta la Tua Volontà”.
Ci insegna così a superare la volontà umana, il come la
si supera.
Domenico: La volontà del Cristo Incarnato dipende dalla natura? Ne
è l’effetto?
Luigi: Ho detto: la volontà è la natura che tende ad
affermarsi…la natura non vuole essere annullata.
Abbiamo la volontà vegetale, quella animale, e quella umana.
Domenico: Nell’uomo c’è la natura umana con la sua volontà, e poi…
Luigi: ...poi c’è il Pensiero di Dio; l’uomo è portatore del
Pensiero dell’Assoluto, e ad Esso deve sottomettere la sua volontà umana.
Domenico: L’uomo dee guardare dal punto di vista si un Altro,
“Altro” che è il Pensiero di Dio; ora poiché il Pensiero di Dio è diverso dalla
volontà e dalla natura, ed è oggettivo, con quale pensiero Lui pensa?
Luigi: Col Pensiero di Dio, il quale, però, contrasta con la
tua volontà perché, come dico, essa tende ad affermare sé stessa, tende a
vivere.
Domenico: Ma l’uomo, con la volontà, non guarda mica dal pensiero
di un altro!
Luigi: Ma la volontà non è altro che il campo di applicazione
di valori, per cui subisce la passione di_: tu subisci la passione di tutto ciò
che vedi di bello; ogni cosa ha una sua intenzione, ma tu devi controllar il
sentimento, devi sottometterlo al Pensiero di Dio.
Franco: È proprio Dono Suo il nostro potergli andare incontro.
Luigi: Sì; quando uno ti rivela il suo pensiero ti fa
partecipe, ti fa addirittura una cosa sola con lui; ma nessuno può obbligare
Dio a darti il Suo Pensiero: noi non possiamo pretendere nulla, nei Suoi
confronti; Dio è libero, e dobbiamo dunque essere consapevoli che trattiamo con
una Persona libera.
Nella Vita Eterna si entra per dono di Dio: finché
facciamo conto su noi stessi, dunque, restiamo fuori.
Entreremo solo quando potremo dire con convinzione: “Signore,
è stato tutto dono Tuo!”.
È un dono assolutamente gratuito, per cui è puro amore.
Franco: È un dono che inizia in un punto, poi Cristo ci vuol
condurre a formare una cosa sola.
Luigi: Cristo non dice a noi di fare una cosa sola, perché ciò
sarebbe assurdo: è Dio, a farci una cosa sola con Sé.
Carla: Non c’è il rischio di non riconoscerlo quando ci viene
incontro?
Luigi: Noi corriamo questo rischio, ma Lui ci aspetta e ci riconosce!
Prendi la Samaritana: Lui l’ha saputa aspettare, e come
l’ha affrontata! Lei cercava di sgattaiolare, mica Lo aveva
riconosciuto…ma Lui sapeva ciò di cui
essa aveva bisogno.
3° tema L’interrogazione di Dio.
Franca: Noi non siamo consapevoli in quanto non abbiamo in noi
stessi il principio di ciò che siamo; Gesù parla per renderci consapevoli.
Luigi: Lui ti interroga:
“cosa stai cercando? Per cosa stai vivendo? In cosa stai consumando la tua
giornata?”.
Dio è Uno che ci interroga continuamente.
Alberto: In qualunque cosa
noi viviamo, stiamo in realtà cercando Dio.
Luigi: Sì, in tutto noi cerchiamo l’Assoluto: ma sbagliamo
luogo.
Giovanna: In ogni cosa Lui
ci pone questa domanda.
Luigi: Ci chiede “chi” e ci chiede “dove”; e noi cosa Gli
rispondiamo? Che stiamo cercando mele su un larice! Noi cerchiamo l’assoluto nelle
creature, nel denaro, nelle cose che passano: è la nostra assurdità.
Anna: Se io mi domandassi cosa sto cercando e mi rispondessi
correttamente, piano piano mi orienterei sempre meglio.
Luigi: Certo, ma dì così: “se Dio mi domandasse”…togli l’io,
perché l’iniziativa è sempre di Dio.
Pinuccia A.: È così difficile cercare Dio…siamo pecore
senza pastore.
Luigi: È difficile, però Dio è Colui che nessuno può ignorare,
ed io sono tenuto a sapere che Dio Lo ritrova solamente in Dio stesso; noi non
siamo assolutamente giustificati dal cercarLo in luoghi sbagliati!
Egli non può certamente trovarsi nelle cose relative, né
posso farLo dipendere dal mio pensare…Dio è il principio di tutto, lo è dunque
anche (soprattutto) della Conoscenza di Sè.
Poiché tu non ti sei di sicuro fatta da sola, da sola non
puoi certamente conoscere alcunché!
Dio non lo puoi ignorare, questo è certo: raccogliti
allora in Lui per ottenere da Lui la Sua Conoscenza.
Pinuccia A.: Ma chi ha tante preoccupazioni ed impegni è
sfavorito rispetto a chi ha più tempo da dedicargli…
Luigi: Se tu hai un interesse al di sopra di tutto, nessuna
preoccupazione è in grado di dominarti del tutto, appunto perché il tuo
pensiero è lì…l’affanno subentra quando si trascura Dio
Allora, in qualunque situazione si sia, bisogna
cominciare a pensarLo…bisogna aprirsi a questo sogno!
È sufficiente riconoscere la noia che si ha della vita,
per cominciare a sognare!
Dio è attento alla nostra fedeltà; ora, Lui ti mette in una situazione in cui puoi
dire una parola inutile o una parola secondo lo Spirito…se sei fedele (se cioè
parli secondo Verità), Dio osserva e tiene conto di questa tua fedeltà “nel
poco”, e allora ti ricompensa; la ricompensa consiste nel darti la
possibilità/capacità di restare sempre
più nel Suo Pensiero.
Pinuccia: Già all’inizio del vangelo di Giovanni Gesù chiede ai
discepoli del Battista: “chi cercate?”.
Luigi: Dall’inizio alla fine
Lui opera per renderci consapevoli.
Gli risposero:
«Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con
loro anche Giuda, il traditore. Gv 18 Vs 5
Titolo:
Argomenti:
17/ Luglio /1993
1° tema: Risposero: Gesù Nazareno
Nino: Qui c’è certamente un errore, poiché essi
non cercano certamente Gesù per ciò che Egli è.
Luigi: O forse cercavano veramente Gesù…
profondamente è così, lo stesso Giuda, se andiamo a fondo, vediamo che stava
cercando davvero Gesù di Nazareth.
Qui abbiamo uomini che sono interrogati da
Dio: “chi cercate?”; ed essi rispondono: “Gesù di Nazareth”!
Domenico: “Gesù” significa “salvezza di Dio”; ogni
uomo è alla ricerca della salvezza, in qualche modo; ma quando Gesù ci rivolge
questa domanda noi possiamo anche essere nella posizione di traditori…
Luigi: Sì, qui Lo cercano per arrestarlo; Giuda Lo
cerca per tradirlo…ma comunque, tutti Lo cercano, amici e nemici; chi è dunque
questo Gesù di Nazareth cercato da tutti?
Domenico: È Colui
che risponde alla passione di assoluto che tutti portano in sé.
Franca: Cercare Gesù (la salvezza) nel luogo di
conflitto non è sbagliato…
Luigi: Eh, ma loro mica cercano la salvezza! E
tuttavia cercano Gesù di Nazareth…teniamo presente che anche quando gli uomini cercano Gesù per
tradirlo ed ucciderlo, Dio fa dire loro delle grandi verità!
Franca: Tutti cercano l’assoluto, la salvezza.
Luigi: No, tutti cercano l’assoluto e basta! E
sbagliano luogo.
Qui viene però precisato che l’assoluto
diventa Gesù di Nazareth: com’è possibile? Dico: Gesù è un uomo ben definito!
Franca: Loro sanno quello che vogliono.
Luigi: Sì, mentre invece chi cerca l’assoluto non
sa ciò che vuole, e lo confonde con la ricchezza, con le creature, ecc.
Franca: Dunque non capisco chi siano costoro che
cercano Gesù ma non per la loro salvezza.
Luigi: Teniamo presente che ogni avvenimento è
pilotato da Dio; anche le parole che gli uomini dicono rivelano, in profondità, la Verità…appunto
perché è sempre Dio che parla in tutto e
in tutti; nei Suoi stessi nemici, è Dio che parla!
Anche lì, dunque, Dio rivela qualcosa di Sé
stesso.
Ora, la prima domanda che, nel Vangelo, Gesù
pone agli uomini, è: “chi cercate?”.
Qui siamo alla fine, e ancòra si presenta
questa domanda: “chi cercate?”; con ciò ci dice che, attraverso tutte le
vicende della nostra vita, noi giungiamo ad un certo momento a definire l’oggetto
della nostra ricerca.
Franca: Qui lo domanda a tutti.
Luigi: Sì; all’inizio lo chiedeva a chi aveva
ricevuto la segnalazione del Battista, alla fine lo domanda a tutti: per dirci
che tutti quanti, profondamente, cercano Lui.
Cosa è dunque questa energia che convoglia
tutti a Lui?
Giovanna: È la
passione di assoluto; poi però possiamo trovarci davanti a Lui o per aderirvi o per arrestarLo.
Luigi: Giusto; ci troveremo tutti davanti a Lui, ma
a sinistra o a destra…ma certamente tutti attorno a Lui, e perché?
Perché tutto il resto viene meno.
Giovanna: Di solito però noi cerchiamo di tenere il
piede in due scarpe.
Luigi: Sì, finché hai tante creature tu oscilli da
una all’altra ma già lì, in fondo, stai cercando l’assoluto.
Franco: “Quando sarò innalzato da terra attirerò
tutti a Me”; c’è il doppio significato: c’è chi Lo innalza perché Lo mette
prima di tutto, e chi Lo innalza per crocifiggerLo.
Luigi: Tutti gli avvenimenti Lo innalzano da terra,
e Lui diviene il centro di tutto.
Tutti gli avvenimenti confluiscono lì; da
qualsiasi punto della circonferenza si parta, si approda sempre lì; e il
centro…cos’è il centro?
Franco: La Morte di Cristo.
Luigi: E quindi, il cerchio è Gesù stesso.
Silvana: Qui cercano Colui che li disturba…
Luigi: E già: tu capisci, amore e odio confluiscono
su uno stesso punto; destra e sinistra, amore e odio….in quanto determina
conflitto, significa che c’è un interesse: non si entra in discussione con
qualcuno che non suscita alcun interesse!
Pinuccia A.: Tutti gli uomini cercano Gesù
perché subiscono la passione dell’assoluto, e Gesù è l’unico che li porta là
(?)
Luigi: I primi discepoli chiedono: “dove abiti?”;
cercavano qualcuno che rispondesse al loro problema principale; ora, noi siamo
alla continua ricerca dell’assoluto, ma continuamente ci troviamo a sbattere
contro un muro, perché troviamo soltanto relativo: è una continua delusione.
Rina: Ogni ginocchio si piegherà davanti a Gesù:
ma costoro sono davanti a Lui nel
pensiero del loro io.
Luigi: Qui ci troviamo con uomini che subiscono una
passione; questa passione è significata dal roveto ardente che brucia e non
consuma; al suo centro c’è Jahvé, l’Assoluto.
Ogni uomo è questo roveto che brucia, è
questa passione; e cos’è questa passione che lo fa bruciare?
È Gesù di Nazareth.
Tosca: Qui Lo cercavano perché ne avevano sentito
parlare.
Luigi: No, non giustificherebbe la cosa; se tu ti
interessi di qualcuno di cui hai sentito parlare, è perché quel qualcuno,
dentro di te, corrisponde a qualcosa.
Pinuccia: Con questa domanda Gesù tende a renderli
consapevoli di cosa stiano cercando.
Luigi: A noi non interessa tanto sapere se siano o
meno consapevoli…noi dobbiamo cercare di capire cosa Dio ci voglia rivelare
facendo affermare all’uomo (addirittura all’uomo/nemico): “sto cercando Gesù di
Nazareth”.
Pinuccia: Gesù corrisponde alla passione di assoluto.
Luigi: Ecco: tu, uomo, sei alla ricerca di qualcuno
che ti parli dell’Assoluto; e che te ne parli partendo dal livello tuo.
Pinuccia: Noi non intenderemmo il Suo parlarci dell’Assoluto
se non avessimo la preparazione dell’Antico Testamento.
Luigi: Noi non Lo intenderemmo se già non Lo
portassimo in noi (se fossimo animali).
La preparazione dell’Antico Testamento ha la funzione
di formare in noi l’amore per-, ma la passione d’assoluto quella c’è, volenti o
nolenti.
2° Tema Egli rispose “Sono Io”.
Osvaldo: Siamo costituiti da questo “Io sono” di
Cristo.
Luigi: Certo; essere fatti dal Suo Tu significa
questo, che come passione noi siamo fatti da ciò che cerchiamo; però noi non
sappiamo ciò che cerchiamo perché, appunto, la passione la subiamo.
Per sapere, noi dovremmo conoscere il
principio di ciò che subiamo, nel qual caso…non lo patiremmo più!
Dove non abbiamo la ragione di ciò che ci
arriva, subiamo la passione.
Allora, Gesù ci rivela: “l’oggetto della tua
passione sono Io”; quel “Tu” che ti costituisce è Lui stesso; tu subisci la Presenza di Uno che
non conosci; Lui ti rivela di essere
quella Presenza: “sono Io!”.
Alberto: L’Assoluto, in quanto tale, non è relativo a
noi.
Luigi: Lui
non è relativo a noi; noi subiamo la passione, quindi noi siamo relativi a Lui.
Dio esiste indipendentemente a noi, noi non
possiamo esistere senza di Lui; Dio non è fatto da noi, mentre noi siamo fatti
da Lui.
Ora, finché noi non giungiamo ad identificare
l’oggetto della nostra passione con Lui, con
Lui che viene dal Padre, inevitabilmente continuiamo a prendere delle
cantonate.
Domenico: L’oggetto della nostra passione diventa poi
il soggetto di essa: noi subiamo il tempo per la presenza dell’Eterno, e così,
facciamo esperienza dell’assenza per via della Presenza.
Luigi: Certo, ma per arrivare lì…noi ci troviamo
nella notte, ed in essa subiamo la passione di qualcosa che non sappiamo identificare;
cosa dunque succede?
Eh, succede che, poiché non sappiamo definire
esattamente Colui che aspettiamo, facilmente Lo confondiamo con tutti coloro
che incontriamo; e allora, “forse è questo, forse è quest’altro”, e rischiamo
di consumare tutta la nostra vita lì!
Franca: Tutti cercano Lui…tutti sono portatori di
questo tormento.
Luigi: Se gli uomini fossero intelligenti
(consapevoli) si renderebbero conto che, in qualsiasi situazione essi si
trovino, non stanno facendo altro che cercare Dio…fossero pure in una
discoteca, stanno cercando Gesù.
Il problema è che l’uomo si trova in
un’ignoranza tremenda, e quindi non riesce a dire consapevolmente ciò di cui ha
bisogno.
Deve magari arrivare sul letto di morte per
prendere coscienza che ciò che Lui cercava in discoteca, sulle spiagge, ecc.,
non era altri che Lui, Gesù di Nazareth.
Franca: Con questo “sono Io” ci dice che Lui è Presente in tutto?
Luigi: Affermando “sono Io” ti dice che Lui è l’Essere della tua passione, la
“sostanza” di essa.
Giovanna: Lui
dice: “sono Io” anche a chi lo cerca in modo sbagliato?
Luigi: Si capisce;
Lui fa toccare con mano a tutti che
Lui è ciò che determina la loro passione.
Giovanna: Ma prima di arrivare a capire che la mia
passione è determinata da Lui…
Luigi: Sta tranquilla che al più tardi sul letto di
morte tutto il resto sparisce, e si verifica questa “vicinanza terribile”,
questo a tu per tu.
È un pò come, non so, tu stessi
sognano un uomo; a un certo punto lo incontri, e non è come te lo aspettavi:
crolla tutto.
Non fosse altro che in punto di morte si
determina questa vicinanza terribile, che ti rivela: “sono Io; hai trovato
Colui che hai sempre cercato”.
Tu Lo cercavi sempre, perché se no,
evidentemente, non avresti detto agli altri: “non sei tu”!
Franco: Gesù dice al cieco guarito: “sono Io Colui
che tu hai veduto”; cioè: “sono il Principio del tuo stesso bisogno”.
Luigi: Sì, è proprio quel “sono Io che parlo con
te”; noi crediamo siano le creature, ma invece è Dio, e a un certo punto questa
meraviglia salta fuori: “era Dio!”.
Apparentemente sono le creature, e questo
perché noi identifichiamo le persone con i loro corpi, ma in realtà è il
Signore che usa le creature per parlare con noi.
Silvana: Sia alla Samaritana che al cieco nato Gesù
dice: “sono Io”, ma non è maturato in entrambi il medesimo interesse.
Luigi: D’accordo, comunque si tratta sempre dello
stesso “sono Io”: poi, è logico, ci sono i diversi terreni.
Ma Dio è Uno solo.
Pinuccia: È la
stessa voce che proviene dal roveto ardente: “Io sono Colui che è”; Dio non può
dire che quello.
Luigi: Certo, ma tu capisci che fintanto che Lui dice quello rimane un abisso, tra Lui e noi?
Rimane un abisso, cioè, tra Lui e ciò che noi patiamo.
Ora, il compito del Cristo è proprio quello
di collegare la nostra passione con “Colui che è”.
3° Tema. Anche Giuda il traditore stava con
loro.
Franca: Tutti cercano Dio e fra questi c’è anche uno
che Lo tradisce!
Luigi: Sì, nella nostra passione di assoluto c’è
anche un pensiero di tradimento.
Franca: Rivela ciò che noi siamo.
Luigi: Qui
Lui dice, in sostanza: “guarda che nel desiderio di_ è compreso il
tradimento”; tutti hanno la passione di assoluto: quand’è che in essa si
verifica il tradimento?
Franco: Si verifica in coloro che odiano; tra gli
Apostoli c’era anche un amore possessivo.
Luigi: Sì, ma qui siamo arrivati al fatto che
questa passione di assoluto è presente in tutti, amici e nemici…per cui, in
questa passione (che è passione di ricerca di Gesù, di Colui che questa
passione giustifica), c’è anche un traditore…anche tra gli Apostoli c’è un
traditore.
E si tratta proprio dell’amore possessivo:
Franco: Anche tra chi odia?
Luigi: No: tra chi ha la passione di assoluto; è in
essa che c’è il traditore: e il traditore è la pretesa, è l’amore possessivo;
ecco cosa ha scatenato il tradimento di Giuda; è l’amore per sé stessi, il
dominio dell’io: l’io subisce la passione d’assoluto.
Silvana: Gesù rivela che Lui è l’Essere della nostra passione.
Luigi: Questo è molto importante; noi stiamo subendo
una passione; sotto un certo aspetto essa è orfana, perché non ne vediamo il
Padre: Cristo ci rivela questo Padre,
Silvana: Lì ci dà la possibilità di uscire dal
tradimento.
Luigi: Sì, però io esco dal tradimento solo in
quanto non pretendo
la cosa per me: perché la cosa deve
appartenere a Dio.
Silvana: Ne esco se questa mia passione la oriento a
Lui.
Luigi: Diciamo così: la cosa deve avere la propria
giustificazione in Lui e non in me, in
me come pretesa.
Pinuccia A.: Uno può accorgersi che tutto lo
delude, e ciononostante continuare a subirne la passione…come mai?
Luigi: Tu puoi constatare che la droga ti fa male,
ma ciò non basta a liberartene…ciò che libera è il positivo; è solo quando, per
grazia di Dio, metti Lui prima di tutto,
che diventi libera dal negativo; e devi metterlo prima di tutto anche se Lui non si concede a te.
Rina: Questa passione di assoluto in noi scatena o
l’amore o l’odio,
Luigi: Prima scatena sempre l’amore: l’odio è,
dell’amore, un secondo aspetto.
Quando vedi che l’altro non risponde alla tua
pretesa, passi all’odio: l’odio è questa proiezione della tua pretesa.
Ecco il traditore: c’è questo amore di fondo,
ma quando esso non viene corrisposto, se il tuo desiderio viene frustrato,
salta fuori l’ostilità; l’odio non è altro che amore che non è stato
corrisposto.
Pinuccia: Adesso mi è chiaro il senso di Giuda che
“conduce”.
Luigi: E già: chi va a prendere Gesù è condotto da
questa anima dominata dalla pretesa.
Franco: Ed è un’anima che ha conosciuto qualcosa.
Luigi: Certo; Giuda è rimasto tre anni, con Gesù.
Pinuccia: Mettendo Dio prima di tutto Giuda avrebbe
potuto superare questa passione di pretesa.
Luigi: Si capisce; in Paradiso, dove Dio è messo
prima di tutto, non esiste la gelosìa: lì si è felicissimi che Dio voglia bene
all’altro come a te, e ciò in quanto in Paradiso si contempla, non si pensa a
sé stessi.
È il pensiero dell’io che fa
fare confronti, fregandoci.
Pinuccia: Se tenessimo presente che le creature sono
fatte personalmente per ognuno di noi, potremmo godere di ciò che è dato anche
agli altri.
Luigi: Sì, perché in sostanza ciò che è dato agli
altri è dato anche a te; se superi il pensiero dell’io ti rendi conto di
questo, per cui godi di ciò che è dato agli altri.
Giovanna: Chi mi libera dal sentimento della pretesa?
Luigi: Il riportarlo a Dio; perché lì diventa
conoscenza, e quindi liberazione; è ciò che non riconduciamo a Dio, a
dominarci.
Appena disse
«Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Gv 18 Vs 6
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24/ Luglio /1993
1° Tema: “Sono Io”
Luigi: Teniamo presente questo: Dio parla sempre, e
perché, dunque, qui dice “appena”…?
“appena” rappresenta un momento nel tempo, e
ciò rappresenta dunque una contraddizione con il fatto di Lui che parla sempre…
Franco: “Appena” è, forse, quando la creatura
comprende che Dio parla in tutto; Lui ci dice “Io sono” quando ci fa capire che
Lui è il principio del nostro stesso pensare.
Luigi: Ma Lui ci dice sempre “Io sono”.
Franco: Ma noi lo capiamo nel momento in cui in noi
si è formato il desiderio di capire; tutto è in relazione al fatto che qui gli rispondono: “cerchiamo Gesù il
nazareno”.
Luigi: Sì, il punto è determinato dalla creatura
che esprime la propria intenzione, il proprio desiderio: l’”Io sono” si rivela
nel desiderio della creatura: il punto d’incontro è l’eterno che tocca
l’intenzione della creatura.
lì abbiamo il momento nel tempo, perché la
creatura non parla sempre, ma soltanto quando Dio la interroga.
è proprio lì che si verifica questo “appena”.
Franco: Nella creatura deve proprio essersi formata
la domanda.
Luigi: E questa domanda non si può formare se Dio
non interroga; dunque, l’appena si realizza solamente quando avviene questa
significazione, come risposta da parte della creatura.(?)
Franco: È
l’invito a pranzo.
Luigi: No, nella fase dell’invito a pranzo non
abbiamo ancòra quel momento….perchè lì Dio ti invita, ma tu non prendi
consapevolezza della cosa, e infatti ti giustifichi: “ho i buoi, i campi, la
moglie”….riveli sì la tua intenzione, ma su di essa Dio non ti dice ancòra
“sono io”; ora, l’”appena” si verifica, invece, quando, sulla tua intenzione,
Dio rivela l’essere.
Paola: Ma se Dio parla sempre…
Luigi: Ma, parlando, non chiede all’uomo la sua
intenzione; in tutto Lui non fa altro che predicare sé stesso, ragion per cui
in tutto Lui dice “io sono”; ora però, se la creatura non formula la sua
intenzione nei confronti di dio, l’io sono di dio, per lei, scompare.
per percepire una cosa tu in qualche modo devi esserti manifestata…è su
ciò che parte da te che Lui dice “io sono”: se da te non parte nulla, non puoi
assolutamente percepire la realtà; la realtà c’è, ma tu non la percepisci.
Tu hai bisogno che Dio riveli il suo essere
su ciò che parte da te.
Domenico:
Pensavo al “quid est veritas?” Dio forma la passione di capire, nella
creatura.
Luigi: Il desiderio parte dalla creatura; è opera
di dio, ma parte dalla creatura; può pure
essere un desiderio malvagio, ma deve partire dalla creatura; a questo
punto Dio fa prendere consapevolezza che Lui è l’essere.
2° Tema: l’indietreggiamento
Nino: C’è chi si apre e chi indietreggia…dipende
dall’intenzione che uno porta dentro; si indietreggia quando la propria
intenzione non coincide con quella di Dio,
Luigi: No, qui la coincidenza c’è: “chi cercate?”;
“Gesù”; “sono Io”.
piuttosto, cosa vuol dire spiritualmente
“indietreggiare”?
Loro dovrebbero saltargli al collo: stanno
cercando proprio lui!
Franco: Non sono preparati per restare.
Luigi: E in cosa consiste, l’impreparazione?
Carlo: Qui abbiamo la vicinanza terribile.
Luigi: Certo; è come quando Pietro compie la pesca
miracolosa…dice: “signore, allontanati da me che sono un peccatore”.
Cerchiamo di comprendere perché si
verifichino certe distanze.
Franco: È il
senso di quella parabola indiana: “ l’anima indietreggia per poter sopportare
la luce.
Luigi: Certo…il popolo ebreo aveva timore di
pronunciare “Jahvè”, perché era un popolo estremamente logico, al contrario
nostro, che trangugiamo tutto: infatti siamo estremamente illogici.
cioè, loro erano coscienti che “se
pronunciamo Jahvè, colui che è, cosa mai noi siamo?!”.
Franco: Nel pensiero dell’io non possiamo
giustificare questo oggetto del pensiero che è Dio,
Luigi: Diciamo così: non possiamo giustificare
l’essere del nostro pensiero.
Perché il nostro pensiero, o nasce
dall’Essere (e allora è giustificato), o tende a giustificare l’Essere in sé (e
allora è privo di giustificazione).
Franco: Ma qui, dicendo “sono Io”, non ha rivelato
loro di essere il principio dei loro pensieri?
Luigi: Ha rivelato di essere l’oggetto della loro
ricerca.
Franco: In sostanza dice: “Io sono Colui che è”, e
come può dunque anche essere l’essere del nostro pensiero? Per cui essi non
possono che indietreggiare.
Luigi: E già! Rivela che il loro pensiero non
nasceva da essi…Lui era l’oggetto del loro pensiero, non il soggetto…adesso
rivela di esserne il soggetto: insopportabile!
Silvana: Questa intenzione di ricerca di Dio che si è
formata per opera/interrogazione di Dio è un’intenzione che ha lo scopo di far
fuori Dio,
Luigi: L’importante è questo: partiva da loro.
Silvana: Ma deve, partire da loro.
Luigi: No: se parte da loro, non possono poi
sopportare che parta da un altro; qui infatti non possono sopportare l’essere
della loro interrogazione, e ciò proprio in quanto l’iniziativa era loro.
Silvana: Ma era Dio, ad aver formato questa
interrogazione.
Luigi: Ma questo, loro, non possono saperlo; loro
tendono anzi ad impossessarsi: la cosa, dunque, parte dal loro io.
Silvana: Come forma Dio l’interrogazione?
Luigi: Quando interroga: “cosa stai cercando?”;
l’uomo, sostanzialmente, ha due possibilità di ricerca: o nasce da ciò che ha
presente, o nasce dal suo io.
Nel primo caso il suo desiderio è
giustificato in ciò che ha presente, cioè nasce da-.
Nel secondo caso, parte dal suo io per
affermarlo sulla realtà che ha presente, e qui non è ovviamente giustificato.
Silvana: Questa intenzione, quindi, partiva da loro,
però Dio manifesta Se stesso come essere.
Luigi: Certo, ed è proprio per questo che essi non
possono sopportare la cosa; salta fuori la loro contraddizione.
Il loro desiderio nasce dal loro io, per cui
non possono accogliere che, invece, principio del loro desiderio sia l’altro.
Ora, la nostra intenzione deve nascere
dall’essere, da Dio: solo così resta con Dio,
presso Dio c’è sempre il suo pensiero, perché
il pensiero di Dio nasce da dio, trovando dunque in Dio stesso la conferma di
sé.
Ecco qual è, dunque, la condizione per restare: si può rimanere in
quanto e per quanto si nasce da una causa.
Paola: La morte è segno della vita; come si può
vedere questo fatto in questa situazione?
Luigi: Qui si verifica un processo di morte; per la
creatura che non nasce da lui, Dio è morte.
La morte da cosa nasce? Dal peccato
originale, cioè dall’io autonomo, dal desiderio che nasce dall’io anziché da
Dio.
Il desiderio che nasce dall’io è
ingiustificabile, ed è dunque morte, perché si vive in quanto si riesce a
giustificarsi.
Per un po’ ci giustifichiamo con buoi, campi
e moglie, ma a un certo punto non ci
riusciamo più: restiamo nudi.
Il grande problema del protestantesimo è
stato proprio quello della giustificazione in cielo…perché è la giustificazione
ciò che ti dà la possibilità di restare con-.
Dove non puoi giustificare, scappi.
Domenico: In questa situazione si può anche vedere la
frase di Gesù: “nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre”; e cioè:
“nessuno può sopportare l’io sono del Figlio se non ha, come intenzione, quella
di conoscere il Padre”.
Luigi: Sì, la condizione per poter sopportare è che
il desiderio che è in te nasca da-.
Succede invece che noi facciamo di Dio
l’oggetto del nostro pensiero, cioè lo facciamo nascere dal nostro io; questo
ci conduce in una contraddizione insanabile, in un assurdo insopportabile.
Yyyy: Fino a che il mio desiderio non nasce da
dio, Dio mi risulta insopportabile.
Luigi: Certo, perché allora non si può sopportare
Dio come principio del nostro desiderio, appunto perché c’è una contraddizione,
la quale è insopportabile, dall’uomo.
Succede dunque che la rivelazione di Dio come
principio del mio desiderio determina la mia lontananza da lui.
Franca: Hai detto che il loro desiderio nasceva dal
loro io; eppure, Dio è la sostanza di questo loro desiderio…
Luigi: Diciamo così: tu puoi rivolgerti a Dio con
un tuo desiderio: “Signore, aiutami a capire”.
È un desiderio che nasce da te.
Può invece anche darsi che, guardando a Dio,
tu veda da Dio il desiderio di Dio, la sua volontà, e che tu la sposi.
E siccome Dio vuole questo, tu vuoi questo.
In questo caso la tua intenzione nasce da
Dio: e allora sei giustificata, e quando
Lui ti dice: “sono Io l’essere del tuo pensiero”, tu puoi restare, anzi, batti
le mani e dici: “è proprio così”.
3° Tema: Il cadere a terra
Franca: Cadiamo là dove non abbiamo un punto fisso
di riferimento, là dove ci siamo appoggiati.
Luigi: Il che può diventare un inferno.
Giovanna: A questo punto non si è più come prima…
Luigi: Mai, si è “come prima”; vedi un cane per la strada:
lo hai visto, ne resti modificata: non sei più come prima!
Giovanna: Ma questo incontro con Gesù non è così
banale come l’incontrare un cane…
Luigi: Non c’è nulla di banale; tutto ciò che ti
arriva è una proposta di Dio, proposta che ti rende dunque responsabile davanti
a Dio; con ogni risposta che dai ti qualifichi, e diventi più persona.
Giovanna: Allora non ho capito bene il primo giro; Dio
parla in tutto…
Luigi: Dio parla in tutto, certamente, ma tu non
percepisci la sua parola: per te un cane è un cane, un albero è un albero, ecc.
Per arrivare a vedere la parola di Dio, si
richiede che da noi parta una certa intenzione; perché tu vedi il mondo in base
all’intenzione che porti dentro: la tua intenzione è il radar che ti fa
esplorare il mondo; lo fa, appunto, con la lunghezza d’onda con cui parte, per
cui ritorna con ciò che ha incontrato, prima no.
Giovanna: Ma noi sempre, abbiamo una qualche
intenzione.
Luigi: Una cosa è la tua intenzione, altro è che
sia Dio a domandarti quale intenzione tu hai; qui abbiamo l’interrogazione di
Dio: “chi cercate?”.
Giovanna: L’intenzione che si forma in noi è dunque
una conseguenza della domanda che Lui ha fatto.
Luigi: No, l’intenzione tu già la porti in te; si
richiede però che tu la possa esprimere, perché solo così ne prendi coscienza.
Per esempio, tu provi odio per una certa
persona, ma non te ne rendi conto se non arrivi ad esternarlo.
Franco: Indietreggiano nel loro punto di
riferimento, che è la terra; è un po’ quando ci accorgiamo di arrivare
vicini al Tu di Dio, ma di non riuscire
a fare il passaggio…
Luigi: E già, perché il passaggio te lo fa fare
(solo) Dio, e te lo fa fare proprio in quanto nasci da-.
Se no, ti accorgi che, anche pensando Dio,
c’è sempre un diaframma, tra te e Lui.
Sembra magari che manchi poco, ma…e già,
perché Dio non si identificherà mai col segno in sé, perché il segno deve
nascere dall’essere.
Franco: Ma qui c’è stata la rivelazione di Dio:
“sono Io il principio del tuo desiderio”.
Luigi: D’accordo, ma la rivelazione risulta insopportabile,
perché il desiderio nasce dal mio io.
Franco: Ma Lui mi sta dicendo che nasce da Lui
stesso…
Luigi: Ma io non sopporto, questo, perché per me è
una contraddizione!
Io sto cercando Lui per possederlo (per
ucciderlo): significa che il mio desiderio nasce da me stesso, e ciò lo
comprendo benissimo…capisco perfettamente che non nasce da Dio!
Ora, Dio mi mette nell’inferno proprio così,
rivelandomi che Lui è il principio del mio desiderio.
Franco: Ma io non so che Lui è il principio del mio
desiderio, dunque è indispensabile che Lui mi riveli la cosa; se poi, però, non
appena me lo rivela, io non lo posso sopportare…
Luigi: Ma perché non lo sopporti? Siccome tu parti
dal tuo io (sono io che faccio, sono io che penso, ecc.), tu non sopporti che
un altro ti dica: “guarda che quella cosa sono io che te la faccio fare, che te
la faccio pensare”.
Non puoi cioè sopportare la Verità.; solo se
tu nasci dalla Verità, sei in grado di sopportare la sua rivelazione; in caso
contrario, la stessa rivelazione della Verità ti pone nell’inferno.
È Gesù che dice: “ho tante
cose da dirvi, ma per ora non le potete sopportare”.
Qual è
l’elemento che ci dà la capacità di sopportare?
È la conoscenza di Dio: essa ci
fa intendere il desiderio che viene da Dio, così ci rende sopportabile Dio
stesso.
Domenico: Tutto questo avviene nella fede?
Luigi: C’è un processo di fede che ti rende
possibile una certa conoscenza, la quale ti rende sopportabile la verità,
poiché ti dà la possibilità di avere la stessa intenzione di Dio, l’intenzione
che da Dio nasce.
Se invece l’intenzione nasce da te,
quand’anche fosse rivolta nei confronti di Dio, essa ti butta nell’inferno.
Franco: Dunque questa rivelazione qui non è il
“questo è mio”; quest’ultimo, infatti, è sopportabile…è addirittura un qualcosa
che fa entrare.
Luigi: Se tu cerchi la conoscenza di Dio, da Lui tu
arrivi a comprendere quanto Egli vuole, la sua volontà: appunto perché deriva
da-.
Noi siamo salvati da ciò che viene da Dio,
Ecco ciò che forma in te la capacità di-: è
quanto tu conosci di- “derivato da-”.
Allora, se quello che viene da Dio diventa il
tuo desiderio/intenzione, se cioè diventa il tuo pensiero, tu ti ritrovi con un
pensiero giustificato in Dio; giustificato, hai la possibilità di restare,
perché a questo punto non subisci contraddizione.
Ecco: si può restare solo là dove si è sempre
(in tutto) giustificati.
Franco: Ecco, si tratta di 2 rivelazioni distinte;
questa qui non è quella che fa entrare.
Luigi: Questa ti butta in terra, perché in te non
deriva da Dio…tu sai di avere un’intenzione che nasce da te, che non è un
albero piantato da Dio,
Domenico: Questo “Io sono” pronunciato da Cristo è per
noi l’occasione per ripassare dalla terra al cielo, ma deve in noi maturare
l’intenzione giusta, se no siamo spediti all’inferno.
Luigi: Si capisce; davanti a Lui, infatti, Egli
dice ad alcuni: “via da Me”, mentre ad altri dice: “entrate con Me”.
Cioè, il tuo nome può essere scritto in cielo
oppure in terra.
Come dico, solo se la tua intenzione nasce da-,
risulta legittimata in-.
Pinuccia: Qui abbiamo proprio la “vicinanza
terribile”: uno deve assorbire l’altro, in due non si può stare…o mi lascio
assorbire da Dio, o scappo, e scappare equivale all’inferno.
Luigi: E Già, perché…dove vai?! Ovunque tu vada,
non fai altro che trovare Dio !
Il Signore definisce infatti il demonio come
un essere che non ha luogo in cui fermarsi; il demonio fugge da Dio ma ovunque
vada trova un segno di Dio, per cui….se invece hai maturato la conoscenza di
Dio, godi ad ogni istante, perché continuamente vedi Dio,
Pinuccia: Tutto sta nell’aver dedotto il nostro io da
Dio…il nostro io deve nascere da Lui.
Luigi: Sì,
ma non sei tu che deduci…la cosa non dipende da te.
È Dio, il principio, e deve
esserlo sempre, per te.
Con Dio non si può barare: “adesso deduco
io”; inganneresti te stessa.
È contemplando Dio che vedi ciò
che egli opera.
Domandò loro
di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gv 18 Vs 7
Titolo:
Argomenti:
24/ Luglio /1993
1° Tema: La ripetizione
della domanda
Franco: Ripete la domanda per non lasciarli a terra. Gesù non ci
abbandona.
Giovanna: Dopo ogni parola di Dio non siamo più come prima; ma
anche se non rispondiamo, Lui continua
ad interrogarci…
Luigi: Eternamente Lui
ci dice: “Io sono”.
Franco: Chissà cosa si è formato, nella creatura, tra le due
domande…
Luigi: E già: perché Dio, sicuramente, non si ripete mai.
Franco: La prima domanda è per formare una certa maturazione;
cadendo a terra, la creatura fa un’esperienza.
Luigi: Diciamo così: scappando da_, si fa esperienza di morte;
e nell’esperienza di morte, avviene il massimo avvicinamento alla vita;
atterrato, tu fai esperienza di impotenza e, l’impotenza, equivale a: tutto
viene da Dio.
Non è proprio l’identificazione, non è proprio la stessa
cosa, ma è certamente la massima vicinanza, la massima facilitazione.
Evidentemente, quindi, tra le due domande c’è un abisso.
Silvana: Prima, quindi, Dio ci interroga, dandoci così la
possibilità di prendere consapevolezza dell’intenzione che portiamo in noi.
Luigi: Ci interroga perché si manifesti la nostra intenzione,
poi ce ne fa constatare le conseguenze: le conseguenze sono la morte;
l’intenzione che non procede da Dio conduce inevitabilmente alla morte,
all’impotenza.
Nel fine abbiamo il massimo avvicinamento al Principio;
ed è proprio dopo questo massimo avvicinamento che Lui ti ripete la domanda; ed ovviamente non
si tratta di una semplice ripetizione…
Pinuccia A.: Dio non ci abbandona mai nella nostra
situazione di morte.
Luigi: Si capisce: Dio non è soggetto a mutamento, dunque non
si sposta, dunque è sempre con noi.
Pinuccia A.: Ma se cadiamo a terra è colpa nostra.
Luigi: Sì, ma comunque
Lui è sempre con noi, anche all’inferno.
L’inferno è infatti costituito dalla Sua stessa Presenza;
si tratta di una Presenza insopportabile, certo, ma pur sempre Presenza.
Domenico: Gesù ci chiede chi stiamo cercando, e noi rispondiamo:
“l’Assoluto!”; Lui ci dice allora:
“l’Assoluto sono Io”, ma noi Gli rispondiamo: “no, sono buoi, campi e moglie”.
E allora Lui ci fa
fare esperienza di assenza, poi si ripresenta per farci capire dove sta la vera
Presenza.
Luigi: Sì.
Pinuccia: Non automaticamente nell’esperienza di morte si scopre
la vita: ci sono sempre quindici stadi…
Luigi: Il segno/morte non si identifica con la vita: la morte è
morte, e la vita è vita! Però, ho detto, si tratta della massima vicinanza
possibile.
Pinuccia: È il massimo aiuto che può darci Dio.
Luigi: Certo; ma non è automatico il trovare la vita.
Massima vicinanza significa che si richiede ancora un
passaggio dal segno allo Spirito, in modo da vedere il segno stesso dal punto
di vista dello Spirito.
Perché quello che parte da Dio è il pensiero del segno.
Pinuccia A.: E fare questo passaggio dipende da noi?
Luigi: Dipende da Dio, ma tu devi aderire alla Sua Opera; se si
identificasse, la cosa sarebbe automatica.
Ora, tu senti una parola: essa non si identifica (mai)
col pensiero…resta sempre una certa distanza.
Ecco, è per far capire che tra il dire che Dio è Colui
che è ed il comprenderlo veramente c’è
un salto…la Realtà non viene mai dalla parola, Essa procede da Dio, perché Dio
ne è il Principio.
Allora, se non fai il passaggio a vedere il segno da Dio,
resti sempre nel segno.
Nino: Direi che siamo ancòra al Deuteronomio: Dio ci pone di
fronte la vita e la morte, dicendoci di scegliere la vita; ma noi, nel pensiero
dell’io, scegliamo la morte.
Luigi: Il fatto è che noi, nel pensiero dell’io, scambiamo la
morte per vita! Abbracciamo la morte credendola vita.
Carla: Allora io sono desiderio di Dio!
Luigi: Magari! se, per esempio, tu vedi un fiore, e te lo porti
a casa perché ti piace, il tuo desiderio da chi è nato?
Carla: Da Dio.
Luigi: No, dal fiore! Se nascesse da Dio, tu non strapperesti
il fiore, a meno che Dio stesso non te lo ordinasse specificatamente.
Ma, dico, se tu hai desiderio di Dio, non ci pensi
proprio a strappare il fiore, ma pensi a cercare di capire cosa Dio voglia
dirti attraverso il fiore.
2° Tema: Chi cercate?
Agata: Cadono a terra in quanto non sopportano la Verità di
Dio.
Luigi: Certo, perché la capacità di sopportare deriva dall’aver
messo Dio prima di tutto; è il Pensiero di Dio ciò che ti dà la possibilità di
sopportare…qualsiasi altro pensiero ti rende impossibile il sopportare.
Domenico: La prima domanda che Dio fa alla creatura è per farle
prendere consapevolezza della morte che porta in sé.
Luigi: Lì non può sostenere l’Io sono di Dio.
Domenico: E nella seconda interrogazione offre alla creatura la
possibilità di fare il passaggio fino al Suo “Io sono”.
Franco: Qui Gesù ci viene incontro facendoci fare esperienza del
nulla.
Luigi: Sì, della relatività di tutto ciò per cui viviamo; noi
che siamo fatti per l’Assoluto, ci riduciamo a vivere per le cose che passano.
Nella passione d’assoluto, esperimentando cose che
passano, si resta delusi.
Franco: Nella prima domanda non c’è ancora la rivelazione del
fallimento.
Luigi: No, loro avevano presente: “cerchiamo Gesù di Nazareth”.
Franco: Rivelavano cioè che tutti gli uomini cercano l’assoluto.
Luigi: Sì, ma quando Gesù dice loro: “Io sono”, essi cadono a
terra, rivelando con ciò che la giustificazione della loro ricerca era terrena.
Franco: Hai detto che se Dio ci venisse incontro nel nostro
desiderio della caramella, in realtà non ci verrebbe incontro.
Luigi: Certo; Lui ci
viene incontro in quanto ci fa toccare con mano la relatività dei nostri
motivi.
Franca: Nel pensiero del nostro io, presto o tardi noi cadiamo a
terra.
Luigi: Sì, perché lì tu non sei giustificata da Lui, ma hai la
tua giustificazione in altro.
Franca: In quel modo si rivela la nostra intenzione.
Luigi: Sì; per sostenere un’intenzione bisogna che questa derivi
da quella causa; se la tua intenzione deriva da Dio (se cioè tu desideri ciò
che vuole Dio stesso), di fronte alla rivelazione di Dio tu ti sostieni.
Se hai invece un’altra intenzione, un’altra
giustificazione, non puoi rimanere a quella Presenza, perché Lui non ti giustifica.
Franca: E questa esperienza di morte, di indietreggiamento e
caduta a terra, la facciamo proprio tutti.
Luigi: Sì, quando Dio ci interroga sul motivo che portiamo in
noi; se non ci interroga, noi restiamo illusi, fino alla fine!
Magari cerchiamo sempre Dio, ma se Lui non ci rivela la Sua intenzione noi
restiamo illusi.
Silvana: Interrogandoci, Dio non ci lascia in pace: non si
sopporta il Suo “Io sono” e, nello stesso tempo, non si sta bene nel luogo in cui ci si trova.
Luigi: Lui ci fa
prendere consapevolezza di ciò per cui
veramente stiamo vivendo: mette a nudo il nostro io.
Giovanna: Tutti noi cerchiamo Dio, ma Lo cerchiamo in cose
terrene.
Luigi: Noi confondiamo Dio col denaro, con le creature…il tuo vero
Dio è ciò per cui vivi.
Giovanna: In un primo tempo Dio si concede in queste cose.
Luigi: Si concede e ti interroga, per far venire fuori cosa ci
sia a fondo della tua ricerca; in questo modo svela a te stessa la vera ragione
del tuo vivere
Pinuccia: Se leggiamo ogni
fallimento come una parola di Dio che mi
dice “cosa cerchi?”, anche ogni fallimento diviene costruttivo.
Luigi: Dio opera sempre per salvarci; tutto ciò che Lui fa, lo fa per rinsavirci, per farci
prendere consapevolezza.
3° Tema: Essi risposero:
Gesù di Nazareth.
Osvaldo: Qual è il rapporto tra il fatto storico e la lettura
spirituale? È giusto, ad esempio, chiedersi come li abbia fatti cadere a terra
materialmente?
Luigi: No; tutto ciò che è avvenuto con Gesù è significazione
della nostra vita personale con Dio, A noi, dunque, non interessa tanto
“come” Lui abbia fatto a farli cadere
per terra, quanto l’avvenimento, la scena.
Noi dobbiamo cercare di capire: “Signore, si tratta di
una Tua Parola; cosa vuoi dunque dire a me, che vivo 2000 anni dopo questo
fatto?”.
Ora, Gesù è Dio; qui abbiamo allora uomini che stanno
entrando in contatto con Dio: evidentemente ci troviamo davanti ad uno specchio
per ognuno di noi.
Se Gesù fosse stato soltanto un uomo, ci troveremmo di
fronte ad una semplice informazione storica; ma, come dico, qui c’è Dio!
Tutto questo riguarda dunque me, personalmente me: il
Cristo storico è rivelazione della Presenza di Dio in noi, ed il Vangelo è
rivelatore dei nostri rapporti col Dio di cui siamo portatori.
Agata: Costoro che rispondono “Gesù di Nazareth” sono arrivati
alla Presenza del Cristo.
Luigi: No, perché essi sono alla ricerca di Gesù per motivi
esclusivamente terreni, per cui è segno che non hanno conosciuto il Cristo.
Loro hanno solo conosciuto Uno che dà loro tanto
fastidio…si vengono quindi a trovare a tu per tu con la loro intenzione.
Lo stanno cioè cercando non in quanto Egli è Dio, ma
perché per loro è un seccatore, Uno che disturba le loro ragioni terrene.
Siamo in sostanza alla parabola dei vignaioli: “facciamolo
fuori, così l’eredità sarà nostra”.
Evidentemente c’è una conflittualità di interessi, un
conflitto tra le esigenze di Dio e le pretese della creatura.
Succede così che la creatura veda Dio come un proprio
nemico.
Domenico: In questa seconda domanda la creatura che risponde
“cerco Gesù di Nazareth” ha fatto il passaggio al desiderio che nasce da Dio?
Luigi: Assolutamente no: infatti ribadiscono apertamente che
stanno cercandoLo motivati unicamente da motivi terreni, e questo corrisponde
all’uccidere Dio! Perché non si può calare Dio nel nostro motivo terreno…così
facendo si uccide lo Spirito.
Domenico: Allora cosa vuol dici il Signore con questa seconda
domanda?
Luigi: Dopo averti fatto toccare con mano che hai come movente
la terra, il relativo, Lui ti offre adesso la possibilità di
rinsavire: “adesso che hai fatto esperienza di morte, cosa cerchi? Cerchi la
vita?”.
E invece no; qui la
creatura cerca di sopprimere la vita nella morte.
Domenico: Dunque anche nell’esperienza di impotenza la creatura
può mandare a morte Colui che le fa fare esperienza di impotenza.
Luigi: Si capisce.
Alberto: Questa seconda risposta equivale al mandare a morte il
Cristo.
Luigi: Sì.
Alberto: Loro quindi non riconoscono che il loro desiderio viene
da Dio.
Luigi: Tutt’altro; in un primo tempo potevano anche essere
illusi circa il motivo per cui cercavano Gesù, ma dopo aver toccato con mano
che il movente è terreno, che il loro nome è scritto in terra, vogliono calare
sulla terra quello che è scritto in cielo; direi, vogliono classificare il
Divino nell’umano.
Ma Gesù dà loro la possibilità di cercare finalmente Dio
anziché il loro io.
Franco: Qui non c’è conversione perché non c’è la giustizia, l’attrazione verso il
Padre,
Luigi: Sì, qui la creatura si indurisce nel proprio delitto,
per cui, per lei, sarà necessaria la Morte del Cristo; quando la creatura si
indurisce nella sua intenzione (“io ho ragione”), non può più essere salvata
che dalla Morte del Cristo, cioè dall’esperienza dell’assenza, dell’abbandono.
Franco: Questa risposta è quindi un andare incontro a Gesù in
modo errato.
Luigi: “Chi non è attratto dal Padre non può venire a Me”;
allora, se il tuo movente non è quello di conoscere Dio, tu ti avvicini a Gesù
per ucciderLo, non ci sono altre soluzioni.
Dopo averti dimostrato che il tuo movente è terreno, Lui ti chiede di nuovo chi tu cerchi, e tu
rispondi: “cerco me stesso”…a questo punto Lo uccidi.
Pinuccia A.: Loro però non dicono espressamente:
“cerchiamo noi stessi”…
Luigi: Tra le due domande c’è la caduta a terra; è una cosa
fondamentale, è rivelatrice del fatto che si cerca Dio nel pensiero dell’io.
Al centro della terra c’è il pensiero del mio io, lì
dunque si cerca Dio per ucciderLo.
“Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”: essere
attratto dal Padre significa avere il proprio nome scritto in Cielo…bisogna
cioè avere l’intenzione di conoscere Dio
Solo in questo caso si cerca Dio per essere aiutati a
conoscerLo.
Se no, si è come Erode che, quando nasce Gesù, fa uccidere
tutti i bambini nel tentativo di uccidere Gesù: perché sta cercando sé stesso.
Pinuccia: La seconda domanda ha lo scopo di correggere
l’intenzione: se avesse funzionato, questi qui cosa avrebbero risposto?
Luigi: Riconoscendo la loro situazione di morte, avrebbero
messo l’interesse per conoscere Dio al di sopra di tutto.
Il fatto è che uno può illudersi di essere santo…arriva
Dio e ti fa toccare con mano, che sei un demonio…ed è proprio lì che ti dà la
possibilità di morire a te stessa.
Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi
se ne vadano». Gv 18 Vs 8
Titolo:
Argomenti:
31/ Luglio /1993
Osvaldo: Poiché persistiamo nel nostro errore, è
indispensabile la Sua Morte.
Luigi: Lui
offre Sé stesso e così libera gli uomini; nel processo vedremo che verrà
mandato a morte Lui e verrà liberato
Barabba; “Barabba” significa “Figlio del Padre”.
Osvaldo: Quindi è proprio inutile la seconda domanda:
siccome è necessario arrivare al delitto…
Luigi: Bisogna giungere al delitto, ma il fatto è
questo: una cosa è arrivarvi con una certa consapevolezza, e un’altra cosa è
giungervi senza la minima preparazione.
Qui Lui ti prepara di modo che, quando
avverrà il delitto, avrai con te un certo sottofondo, e così avrai la
possibilità di rinsavire.
È come per il Figliol prodigo:
era necessario che se ne andasse di casa a sperperare tutto il denaro del
Padre; doveva passare attraverso quella prova.
Ma la possibilità di ritornare dal Padre è
stata data dalla preparazione che il Padre stesso aveva seminato in lui.
Allo stesso modo, anche qui Gesù sta
seminando, in coloro, che lo uccideranno,
una certa preparazione: è l’opera che fa Dio con ogni uomo.
Alberto: Si inizia a prendere consapevolezza di una
cosa solo dopo che la si è attuata.
Luigi: Sì; prima sei dominata dal desiderio di
realizzarla, sei soggiogata dalla passionalità; è solo quando hai realizzato il
tuo desiderio che ti si aprono gli occhi.
Loro cercavano Gesù di Nazareth, ma con quale
intenzione?...ora, se tu non puoi realizzare la tua intenzione, te la porti
fino alla vita eterna; realizzandola, invece, resti “sgonfiata” della tua
stessa intenzionalità.
Franco: All’inizio Gesù cerca di correggere un’intenzione
errata; quando invece l’uomo continua ad affermare la propria intenzione, non
può far altro che concedersi; è l’ira di Dio: Dio che ci lascia fare ciò che
vogliamo.
Luigi: Sì; l’unico modo per sgonfiarci è quello di
darci la possibilità di realizzarci.
Franco: Però…c’è chi desidera i miliardi e fa una
vita da povero…
Luigi: Ma il problema non è tanto in ogni
intenzione realizzata, materializzata, perché tutte le intenzioni si
concentrano poi in un’unica intenzione: io o Dio.
Franco: In qualche modo che noi magari non vediamo
Dio lascia affermare l’io.
Luigi: Certo, non fosse altro che per il fatto che
tu, nel pensiero del tuo io, puoi affermare: “Dio non esiste”.
Tu puoi non tener conto di Dio, e Dio lascia parlare il tuo io, ti
lascia bestemmiare…ti concede la possibilità di affermare la menzogna: è lì,
che vince il tuo io.
Il tuo io è universalizzante al punto tale da
poter dire: “ci sono soltanto io”.
Franca: Perché Gesù dice “lasciate andare costoro”?
la coorte non aveva mica detto di volerli prendere.
Luigi: È per
far capire che Lui si offre per
liberarci.
Pinuccia A.:
Lui muore per tutti, ma salva solo coloro che sono con Lui.
Luigi: Logico: “non ho perso nessuno di coloro che
Mi hai dato”, cioè quelli che l’attrazione per il Padre ha portato a Lui.
Giovanna: Cosa significa, per me, “lasciate andare
costoro”?
Luigi: Che se tu sei con Dio, Lui ti libera dai nemici; si offre al tuo
posto e ti lascia libera.
Rina: Il secondo “sono Io” è ben diverso dal primo.
Luigi: Il secondo è: “sono Io l’oggetto della
vostra intenzione”; nel primo, invece, si rivelava come il soggetto di essa.
Pinuccia: Ma fino a quando deve avvenire il delitto?
Luigi: Avviene una volta sola: il delitto è
delitto!
Pinuccia: Allora è già avvenuto: deve solo succedere
qualcosa che me ne faccia prendere consapevolezza.
Luigi: Una cosa è lèggere del delitto, della
pugnalata nella schiena, ed un’altra è trovare uno che veramente uccidi…devi
toccare con mano.
Pinuccia: Ma il delitto l’ho già compiuto o no?
Luigi: Questo lo sai tu.
Nino: Quanta gente si ritrova a dire: “questo l’ho
fatto io?!”.
Luigi: Eh, si resta dominati dalla propria
intenzione: noi non siamo liberi.
Fabiola: Se cerchiamo l’intenzione di Dio
spiritualizziamo tutto.
Luigi: Sì; e, al contrario, se cerchiamo la nostra
intenzione noi materializziamo tutto, anche Dio; anche lo Spirito Lo facciamo
rientrare nella materia.
Finiamo col dire: “il mio pensiero dipende
dal mio cervello”; facciamo dipendere tutto dalla materia.
Perché
s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai
dato». Gv 18 Vs 9
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7/ Agosto /1993
1° Tema: Affinchè si adempisse la Parola.
Domenico: Lui parla senza eccezione in anticipo
Luigi: È da tenere ben presente il “se cercate Me, lasciate
andare costoro, affinché si compia la Parola”.
Domenico: Gesù si offre per liberare noi uomini; vediamo nel cap.
11 che Gli dicono; “perché vuoi tornare là dove vogliono lapidarti?; dove non
c’è fede, si fanno dipendere le cose dagli uomini; qui vediamo che Gesù si
offre per liberare gli Apostoli; ma non sono mica gli uomini che Lo possono
catturare, tantomeno gli Apostoli.
Luigi: Evidentemente è necessario che Lui si offra, per liberare gli altri.
Domenico: Ma qui c’è un altro significato.
Luigi: Presso Dio c’è un solo significato: cerca l’Uno.
Evidentemente, in quanto il Vangelo dice: “si
compisse”, fa dedurre che la Scrittura
sia un incompiuto.
Alberto: Il compimento avviene in quanto l’uomo riporta a Dio ciò
che è Suo.
Luigi: Qui è Gesù (non l’uomo) a riportare a compimento.
LUI parla ed opera in questo modo “affinché si compia la
Scrittura”…in modo, cioè, che noi vediamo
il compimento di Essa.
Giovanna: Sembra che faccia dipendere il compimento dal “lasciare
andare costoro”…
Luigi: No, la Parola aveva annunciato questo avvenimento;
l’annuncio non equivale alla realizzazione.
Era stato annunciato che il Salvatore doveva nascere a
Betlemme; quando effettivamente Egli è nato a Betlemme, l’annuncio si è
compiuto.
Ecco, la Parola ti viene annunciata, ma se tu la
recepisci Essa rimane incompiuta; si capisce che da parte di Dio c’è il
compimento…Lui porta a compimento le
cose indipendentemente da noi, ma noi possiamo venirci a trovare nella
situazione di non vederle compiute…si richiede che partiamo per andare a
vedere, se no restiamo nel dubbio, nell’inquietudine.
La Parola si compie in Cristo: se dunque non giungi al
Cristo, non ne vedi il compimento.
Domenico: Dice: “Non ho perduto nessuno di coloro che Mi hai
dato”.
Luigi: Ti fa capire che tutto l’universo è fatto di parole,
perché tutto è opera di Dio: e l’opera di Dio è parola.
Ora, quand’è che si passa dall’avvenimento alla parola?
Quando scopriamo che nell’avvenimento c’è un
pensiero…perché ciò che costituisce la parola è il pensiero.
Tutta l’opera di Dio, che è continua, è portatrice di un
pensiero, perché tutto è fatto nel Verbo: “in Principio era il Verbo”, “tutto è
fatto per mezzo di Lui”.
L’opera di Dio è dunque parola che ti annuncia un pensiero…ma
non è detto che tu giunga a vederlo.
Franca: Si richiede la dedizione del nostro pensiero.
Luigi: Sì, una dedizione molto intensa…può richiedere il
vendere tutto.
Franca: Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la
Verità.
Luigi: Da parte di Dio, sì;
Lui opera per non perdere nessuno, ma bisogna che noi ci dedichiamo.
Franco: Isaia parla già del servo sofferente che prende su di sé
il male del mondo.
Luigi: Sì, siamo sempre lì: chi fa il peccato ne resta schiavo.
L’Agnello di Dio prende allora su di Sé questa colpa, e
lascia liberi gli uomini.
Franco: Storicamente la cosa è realizzata in Cristo, poi deve
realizzarsi in ognuno di noi.
Luigi: Nella creatura la cosa va intelletta, quindi è solo
attraverso la conoscenza che può avvenire la partecipazione.
Silvana: Si entra se si cerca di comprendere l’annuncio.
Luigi: Tutto è Parola di Dio…anche questa Parola, oggi come
oggi, è dunque profezia, segno di una realtà.
In Dio, questa realtà è tutta compiuta; ma per passare dal
segno alla realtà tu devi dedicartici; è la prima parabola: “dedicare la
mente”.
Dedicarla a cosa? Al segno!
Si tratta di portarlo “a contatto” col Pensiero di Dio;
in questa vicinanza, tu capisci di non capire.
Ecco la tribolazione che ti deve condurre a vedere la
cosa di Dio da Dio; solo lì tu la vedi compiuta per come essa è.
Dico: certamente il mondo è già tutto compiuto; esso non
è fatto nel tempo; il tempo, però, è un segno dell’Eterno.
Dio fa tutto in un fine ben preciso, ma noi possiamo non parteciparvi, rimanendo fuori.
Si partecipa in quanto e per quanto si giunge a vedere
questo Disegno di Dio nel Suo Principio, nel Suo Verbo.
Silvana: Qui la Parola annuncia l necessità della morte del
Figlio di Dio.
Luigi: Ti fa capire che la creatura ha bisogno che qualcuno
prenda su di sé la sua situazione di colpa, perché lei ne è prigioniera, ne è
ossessionata, ed è così impedita a camminare, ad arrivare a vedere il pensiero
di Dio; la creatura ha bisogno di Uno che prenda su di Sé questa situazione,
dicendo: “questo è Mio”.
Pinuccia A.: Fintanto che la creatura non vede il pensiero
di Dio, è desiderio di conoscere.
Luigi: Questo desiderio, che è fame, può portarti a morire di fame…bisogna trovare
il pane.
Pinuccia A.: Cercando Dio si è in situazione di
“sospensione”…
Luigi: C’è una situazione di desiderio che è tragica, per
l’uomo, perché Lui desidera ma non trova; eviti la tragedia quando sai dove
trovare il pane corrispondente alla tua fame.
Gesù che ti fa conoscere Dio è il pane a
disposizione…basta rivolgersi a Lui: “qualunque cosa chiederete ci sarà data”.
Osvaldo: Il Vangelo è rivelazione di tutto quello che avviene
nella nostra vita…
Luigi: …e quindi bisogna vedere cosa voglia dire nella nostra
vita questa frase di Gesù.
Ora, il mondo aspetta solo che qualcuno manchi per
condannarlo, mentre Gesù, al contrario, aspetta questo momento per dirti: la
colpa è mia.
Osvaldo: Ci fa capire cosa succede a non tener conto di Lui.
Luigi: Il fatto è che, nel pensiero del tuo io, tu attribuisci
le cose a te stesso; allora, affermando cose contrarie a Dio, entri in
situazione di colpa e di conseguente schiavitù; e Gesù viene proprio a
liberarti da coloro che vorrebbero confermarti nella tua colpa; la gioia di Dio è invece proprio quella di perdonare.
Solo Dio può liberarti da quello che credi di aver fatto
tu, perché Lui solo può dimostrarti che
è Lui che opera in tutto ciò che fai.
Ecco perché senza di
Lui tu resti paralizzata nella tua colpa, rimanendo così un corpo
estraneo nel Regno di Dio: il Regno di Dio ti butta fuori.
Tutto è segno: una cosa estranea non è sopportata dal
nostro corpo.
Ci sono persone anziane che rigettano qualsiasi parola
diversa da ciò che esse portano dentro: non sono più aperte a nulla; è la
chiusura: si diventa corpi estranei al Regno di Dio.
2° Tema:“…che aveva detto…”
Carla: Dio necessita della partecipazione dell’uomo affinché
questa Parola si manifesti.
Luigi: No, la Parola giunge a noi indipendentemente da noi; ciò
vuol dire che tu sei già portatrice di tutta la Parola di Dio.
La Parola di Dio arriva in anticipo, prima che tu la
capisca e prima che essa si realizzi.
Ciò ti fa capire che tu sei fatta per qualcosa di diverso
da ciò che trovi nel mondo.
Allora, quella che noi chiamiamo “fede” è appunto questa
dedizione alla Parola che porti in te; “fede” è aderire alla Parola già
presente in te.
Giovanna: In sé, questa Parola di cui siamo portatori, è già
realizzata.
Luigi: È già realizzata in Dio; la Parola ti annuncia qualcosa:
“il seminatore uscì a seminare”, sono parole/annunci.
Si tratta di parole che a te possono fare fresco, se non
le trasferisci nella tua vita personale; devi fare un’opera di traduzione da
una lingua all’altra: da quella dei segni a quella dello Spirito: è una
traduzione che non avviene senza di te.
Franca: Come evitare il rischio di chiudersi in ciò che già si
sa di Dio?
Luigi: Non fare mai la teologa.
Essere con Dio vuol dire essere sempre aperti a cercare
il Pensiero di Dio sempre, in tutto.
Tieni presente la lezione del Vangelo: chi ha
mandato a morte il Cristo? La
religiosità di allora, irrigidita; erano davanti a Dio Incarnato e Gli
obiettavano: “sei un bestemmiatore, sei un demonio”.
Franco: “Che aveva detto” fa intuire come in tutto ci sia un messaggio
personale del Verbo di Dio.
Luigi: Certo, ma anche adesso tutto è profezia; le profezie di
allora sono unicamente per dirti che tutto, è profezia.
Tutta la Scrittura di Dio, quindi, in quanto tale, è
detta a te.
Il tuo problema è dunque quello di saperlo leggere: gli
avvenimenti che giungono a te sono quel libro sigillato che deve essere
interpretato.
Silvana: Quando ci è detta la parola?
Luigi: Sempre. In quanto
esisti, tu incarni in continuazione
parole di Dio; ed in ogni segno c’è già tutto; in un granello di sabbia c’è già
tutto l’universo…manchi solo tu!
Cioè, manchi nel capire che nel granello di sabbia c’è
già tutto l’universo.
Osvaldo: Tutto ciò che Dio ci fa arrivare è profezia.
Luigi: Sì, perché Lui
sta parlando di Sé con te.
Rina: Bisogna assimilare questo libro scritto dentro e fuori.
Luigi: Il fatto è che noi, di fronte a questo libro, possiamo
anche obiettare: ma io ho altro da fare, abbimi per giustificato.
Pinuccia: Prima ci dice delle parole, poi ci fa desiderare vederne
il compimento.
Luigi: Sì, la parola è un anticipo; è come chi ti manda un
campione di merce, per fartela desiderare.
Pinuccia: Serve a renderci capaci a ricevere quello che Dio vuole
darci.
Luigi: Certo.
3° Tema:“Non ho perduto
nessuno di coloro che tu mi hai dato”
Alberto: È l’interesse per conoscere che determina l’appartenenza.
Luigi: Sì; senza l’interesse per la conoscenza ti chiudi in un
mondo di regole, in qualche studio che hai compiuto…e inizi a giudicare tutto
in base a quello!
Alberto: Poichè l’uomo è un campo d’assoluto, corre il rischio di
assolutizzare anche la parola di Cristo.
Luigi: Si capisce.
Carla: In questa frase vedo il buon pastore.
Luigi: Sì, c’è la pecora di Dio perduta nel mondo; Lui non
viene a raccogliere quelle che sono perdute nel cielo…perché ci sono anche
pecore del mondo perdute negli argomenti del cielo di Dio,
Carla: “Quelli che tu mi hai dato” sono coloro che sono
attratti.
Luigi: Attratti da Dio e smarriti nelle cose del mondo.
Lui non viene a raccogliere chi nel mondo ci sta bene.
Sandra: È una parola per ognuno di noi.
Luigi: Dio vuole che nessuno vada perduto….che neppure un tuo
pensiero, vada perduto.
Dio vuole valorizzare tutto.
Direi: Dio vuole che neppure un tuo solo peccato, vada perduto,
perché anch’esso deve servire ad inserirti nella verità.
Dio vuole
salvare tutto, di te.
Franca: In Dio nulla va perduto, eppure la creatura può
perdersi…
Luigi: Tu puoi restare fuori; Dio è verità, dunque si partecipa
a Lui conoscendo…e non è detto che tu
giunga a conoscere.
Franca: Ma se io non conosco manca qualcosa, allora in Dio
qualcosa non si realizza.
Luigi: Dio fa tutto per-, ma non è detto che-…
Franca: ecco, se anche io rimango fuori, a Dio non manca nulla.
Luigi: E già! se tu fossi una rotella, saresti inserita nel
macchinario, ma con Dio si è persone, e la persona è tale in quanto partecipa
consapevolmente, quindi attraverso la conoscenza.
Franco: Mi sembra ci sia una contraddizione: come segno qui è
valido, perché effettivamente non muore nessuno, muore solo Lui.
Ma se anche fossero andati a morire con Lui non sarebbero andati perduti…anzi, in
quel momento si sono persi proprio perché sono scappati!
Luigi: Bisogna vedere la cosa come segno, non bisogna giudicare
loro.
L’opera che Cristo svolge con gli apostoli è lezione/scena per ognuno di noi.
Franco: Ma gli apostoli non avrebbero dovuto affermare il loro
essere discepoli di Gesù, accettandone anche le conseguenze”…solo così non
sarebbero andati perduti.
Luigi: Stai giudicando: noi dobbiamo stare alla realtà; ciò che
è avvenuto è opera di Dio…Gesù si offre ad
essere sacrificato e Lui vuole che le
cose vadano proprio così.
Lui non ha mica detto: “difendetemi”…anzi, dice: “il
Padre potrebbe mandare legioni di angeli”.
Fa capire che è Lui che vuole così: non sono gli uomini a
mandarlo a morte.
Per gli stessi apostoli la lezione della sua morte voluta
da Lui stesso è per loro salvezza.
È proprio in quel ”Lui che vuole morire” la chiave della
salvezza.
È lì che si resta liberi dalla colpa di aver ucciso e
tradito.
Come dico, tutto è scena e noi dobbiamo cercare di capire
la scena che ci viene presentata.
Il problema è capire cosa ci vuol dire tramite gli
apostoli, non il pensare alla loro coscienza.
Paola: Quando sono pecora di Dio perduta nel mondo, come vengo
recuperata?
Luigi: Dio viene a cercarti dove sei, dove sei persa.
Siccome appartieni a Lui, tu nel mondo non ti trovi
bene; Lui allora ti illumina la
situazione in cui ti trovi: con il suo pensiero.
Tu sei smarrita dietro tante cose: non sai dove andare…il
Cristo ti fa capire il senso della tua situazione.
Paola: mi fa capire il perché mi trovo in quella certa
situazione?
Luigi: No, perché se lo facesse ti condannerebbe.
Lui ti fa capire la parola di Dio che c’è nella
situazione in cui ti trovi in modo da farti vedere la via d’uscita, l’aspetto
positivo.
Tu sei in un cinema che si incendia: Gesù ti accompagna
all’uscita di sicurezza.
Pinuccia: per poco che uno creda in dio, questa frase è una bomba,
un punto su cui far leva per una liberazione infinita…se sono attratta da dio,
sono certa che Lui non mi perde.
Luigi: Certo.
Allora Simon
Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo
del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si
chiamava Malco. Gv 18 Vs 10
Titolo:
Argomenti:
14/ Agosto /1993
1° Tema Simon Pietro sguainò la spada
Franca: Ognuno tira fuori ciò che ha a disposizione;
anche se qui Pietro fa questo non per sé, ma per Gesù.
Luigi: Gesù stesso aveva raccomandato di comprarsi
una spada perché “fino adesso vi difendevo IO, ma adesso IO me ne vado”…ma
certamente non intendeva spade materiali!
Franca: Quando non si va allo spirito delle cose, si
compiono questi errori.
Luigi: Quali errori?
Franca: L’errore di affermare lo Spirito con ciò che
vediamo e tocchiamo; è un errore, perché lo Spirito è al di sopra della
materia.
Luigi: Sì, non puoi permetterti di combattere
argomenti spirituali con argomenti materiali; in altre parole, non puoi passare
dai segni allo Spirito.
Lo Spirito Lo si trova solo per mezzo dello
Spirito e Lo si difende, dunque, solo per mezzo dello Spirito.
Non puoi opporre allo Spirito l’apparenza…non
potrai mai interpretare il Cielo tramite le cose della terra; un segno
(qualunque segno) può sempre essere rivestito di mille intenzioni, mentre lo
Spirito, essendo singolarità, no.
Ecco: tu non puoi passare da ciò che è
ambiguo a ciò che è singolare.
Alberto: Qui Pietro agisce passionalmente.
Luigi: Sì, Lui pensa di opporsi allo Spirito per
mezzo di argomenti umani, con la violenza, ma ci troviamo su due piani
completamente diversi; se tu uccidi una persona, non uccidi certamente l’”idea”
di essa.
Domenico: Pietro era già incorso in questo errore: “io
impedirò che ti succeda questo”, e Gesù lo aveva rimproverato di ragionare
umanamente.
Luigi: Sì, opponeva allo Spirito argomenti umani; è
un po’ come se uno ti parlasse in russo e tu gli rispondessi in cinese.
Domenico: Ma che segno questo Pietro che è lì con Gesù
armato di spada? È un po’ come se noi venissimo
all’incontro armati di pistola!
Luigi: Eh, uno può anche armarsi di pistola, ma fa
violenza e basta: gli argomenti dello Spirito si sostengono (o si
contraddicono) solo con argomenti dello Spirito.
Comunque, la spada di Pietro è da
considerarsi una cosa abbastanza naturale: era un pescatore.
Carla: Cosa può essere passato nella testa di
Pietro?
Luigi: Pietro era un estroverso, un po’ in alto, un
po’ in basso…il tipico uomo d’azione.
Franco: Il Cristo non si impone, viene come Colui
che serve.
Luigi: La Verità opera convincendo; dove c’è
imposizione, c’è fuga dalla Verità, c’è impossibilità di intelligenza di Essa.
Alla Verità si giunge solo tramite
l’intelletto, dunque con adesione libera e convinta.
Giovanna: Emotivamente sembra una bella cosa, quella
che fa Pietro, ma noi non dobbiamo agire: Dio non ha bisogno di noi, è anzi
vero il contrario!
Luigi: Infatti dopo scappano tutti; dopo Lui dirà a Pietro: “rimetti la spada nel
fodero”; ecco, non è così che si difende la Verità.
Dio non attira suonando la grancassa, facendo
propaganda…Egli opera anzi nel silenzio, nel raccoglimento.
Giovanna: Questo agire di Pietro avviene nel pensiero
dell’io.
Luigi: Sì; è il “sono io che cambio gli altri, che cambio
il mondo”: tutte sciocchezze! Ognuno di noi non deve preoccuparsi di cambiare
il mondo, bensì deve imparare da esso.
Il mondo lo fa Dio come lezione personale per
ognuno di noi.
Giovanna: Ma come va dunque inteso il “compratevi le
spade” di Gesù?
Luigi: Significa: “d’ora in poi dovrete avere in
voi stessi gli argomenti di difesa, dovrete prendervi la responsabilità
personale della cosa”.
C’è nella
lettura di oggi: “Dio è un Dio difficile”…perché è un Dio che ti mette alla
prova, e lo fa perché vuole che tu abbia in te stessa la ragione.
Se tu sei superficiale non puoi rimanere con
la Verità.
Giovanna: Se ho a cuore la Verità, non mi accontento
di quello che dicono gli altri
Luigi: Certo; si tratta di avere in te stesso la
radice della cosa; una pianta, soprattutto in montagna, deve possedere delle profonde radici per
sostenere le bufere, la neve…lo stesso è per noi; finché abbiamo in altri la
ragione per cui crediamo, per cui amiamo, per cui viviamo, siamo superficiali,
e allora basta che gli altri cambino perchè mutiamo pure noi!
Giovanna: Per passare dal sentito dire alla
responsabilità personale ci vuole la Croce.
Luigi: Naturalmente; perché, dovendo avere in te
stesso la ragione, devi superare tutto il mondo, tutto ciò che il mondo dice…e
allora c’è il conflitto.
Silvana: Quella di Pietro è una reazione istintiva.
Luigi: Ed è uno sbaglio: alla Verità non si arriva
col sentimento.
Rina: Non si può difendere il Pensiero di Dio in
noi con la spada.
Luigi: Certo: la Verità ha in Sé stessa la ragione di
Sé, per cui si difende da sola.
Gesù stesso dice che non ha bisogno degli
uomini: “Io non ricevo testimonianza dagli uomini”.
Pinuccia: È quando
siamo fuori dal Pensiero di Dio che noi cadiamo in questo errore.
Luigi: Sì, perché lì facciamo conto su noi stessi,
e allora andiamo a cercare i nostri mezzi, tiriamo fuori i muscoli.
Pinuccia: L’atteggiamento giusto sarebbe quello di
assistere, non fuggendo…
Luigi: Assistere e cercare di capire, perché ciò
che accade è per me; questa reazione di Pietro, dopo 3 anni passati con Gesù,
ci fa capire quanto sia difficile il cammino; il problema della Verità è
arduo…prima di giungere a vedere le cose completamente dal punto di vista di
Dio, dimenticando del tutto noi stessi…hai voglia!
Franca: La Pasqua è un passaggio dall’esterno
all’interno, cioè dal segno allo Spirito; però si dice sempre che non si può
passare dal segno allo Spirito!
Luigi: Il passaggio della Pasqua è il passare dal
fatto/avvenimento allo Spirito, al guardare le cose dal punto di vista dello
Spirito.
Tu dicevi prima che la frase di Gesù
“compratevi due spade” è oscura, che Gesù avrebbe potuto esprimersi
meglio…ecco, significa che non hai fatto Pasqua; così tu pretendi di passare
dalla spada allo Spirito, ma non puoi, appunto perché non hai fatto Pasqua.
Solo nella misura in cui sei discesa dal
Cielo alla terra tu puoi salire dalla terra al
cielo.
Chi guarda dallo Spirito, allora, capisce i
segni…se no si lavora di fantasìa.
2° Tema...e
colpì il servo del sommo sacerdote
Alberto: Chi non vede le cose dal punto di vista di
Dio è violento.
Luigi: Si è accecati, ma si crede di vedere.
Franco: Forse non poteva arrivare a colpire il sommo
sacerdote, e allora si accontenta di colpire il servo…hai messo l’accento su
“il” servo; qual è la differenza rispetto ad “un” servo?
Luigi: “Un” sarebbe generico; il nome di Dio, in
Aramaico, era “El”, cioè “Il”; ogni volta che noi diciamo “il”, affermiamo Dio,
diciamo: “è Dio”.
“Il” è il segno della singolarità, e la
singolarità massima è Dio stesso.
Franco: Allora per Pietro il servo era Dio?!
Luigi: “Il” servo è questa singolarità….Pietro
colpisce la singolarità; come hai detto tu, Lui non poteva colpire il sommo
sacerdote, e allora ne colpisce il servo.
Giovanna: Non capisco il senso di questa situazione in
cui Pietro fa valere la propria intenzione.
Luigi: È un po’
come un uomo che, tornando a casa dopo aver ricevuto torti sul lavoro, si metta
per compensazione a picchiare la moglie.
Silvana: Il servo può anche essere visto come segno
dell’innocente che soffre…
Luigi: Diciamo così: abbiamo l’autorità, e abbiamo
il servo di essa; essendo un sottomesso, tu sul servo puoi far valere qualcosa;
in quanto “dipendente da altri”, un essere è esposto a subire.
Ora, solo se si è in collegamento con Dio,
non si è esposti a subire da nessuno…ma se tu non sei in collegamento con Dio,
necessariamente ti fai succube di qualcuno e poi, quindi, ne subisci le
conseguenze.
Gesù dice infatti di non dare a nessuno il
nome di maestro; se tu dai il nome di Maestro a Dio solo, resti libera.
Pinuccia A.: Ci si sottomette nel pensiero dell’io.
Luigi: Certo; ci si sottomette perché c’è una
qualche convenienza; ecco perché diciamo sempre che gli errori sono di due
tipi: c’è l’errore di chi si impone e
c’è quello di chi si sottomette: sono entrambi in colpa.
Giovanna: Ma in qualche modo io dipendo dall’ambiente
in cui mi vengo a trovare.
Luigi: Un momento: se mi parli di situazione
fisiologica, corporale, ambientale, è un conto…ma nel campo dello Spirito, tu
non devi dare a nessuno il nome di maestro, perché sei tenuta a riferire sempre
ogni cosa a Dio, ad avere un rapporto personale con Dio…tu sei tenuta a
dipendere sempre da Dio; se dipendi da altri sei in colpa, appunto perché la
Parola stessa di Dio ti ordina di non
dipendere che da Dio.
Ora, se tu dipendi da qualcuno che non è Dio
è perché cerchi di piacergli; il servo cerca di piacere al proprio padrone, e così facendo è in colpa, perché la
creatura deve cercare di piacere unicamente a Dio.
Se tu cerchi di piacere agli uomini, ti
adegui alla loro mentalità.
Ora, sicuramente tu hai delle dipendenze
legate al corpo: il corpo è una povertà, perché richiede di mangiare, di
vestire, di dormire, ecc.
Però, come spirito, tu non sei “corpo”, e non
devi dunque vivere in funzione di esso; il corpo non deve cioè essere il tuo
padrone.
In quanto è creato da Dio, anche il corpo ha
un suo senso ben preciso: ed è quello di farti scoprire il tuo niente.
Pinuccia: Colpendo il servo, Pietro colpisce l’autorità;
il Vangelo fa capire che il suo colpo è stato intenzionale: infatti colpisce
proprio “il” servo, l’unico.
Luigi: Sì, Pietro voleva colpire il mandante.
3° tema: ...e
gli tagliò l’orecchio destro
Luigi: Viene specificato: “l’orecchio destro”.
Franca: Ancora una singolarità; l’orecchio
colpito…colpisce ciò da cui noi dipendiamo.
Luigi: E già: l’orecchio è ciò che serve per
l’ascolto…l’ha ferito proprio lì.
Si dipende sempre da coloro che si ascolta; è
l’interesse per-, ciò che ti apre all’ascolto.
Alberto: Colpendo il servo Pietro voleva colpire il
mandante?
Luigi: Il servo era il mandato, il mandato
dall’autorità; ora, se tu rifiuti un messaggero, stai sostanzialmente
rifiutando colui che lo invia.
Carla: Tutta questa azione di Pietro è opera di Dio; ma Pietro ne è consapevole, nel momento in
cui agisce?
Luigi: Noooo…ci troviamo davanti a lezioni di Dio;
Dio adopera gli uomini per dare determinate lezioni ad ognuno di essi; tutto
ciò che noi facciamo è inserito in un disegno superiore.
Franco: Con la violenza mutiliamo la possibilità
di ascoltare Dio.
Luigi: Certo; si offende…la violenza ferisce.
Franco: Con la violenza ci si chiude all’ascolto.
Luigi: No, si ferisce; la chiusura all’ascolto è
qualcosa di diverso; se tu sei aperto all’ascolto e sei ferito, sei combattuto
da argomenti interiori; non è che, con questo, tu sia danneggiato…direi anzi
che ne risulti potenziato, potenziato ad approfondire maggiormente gli
argomenti dello Spirito.
Nel campo della servitù certamente no, ma nel campo spirituale le ferite hanno
lo scopo di spingere ad un maggior approfondimento, e quindi rappresentano una fonte di
potenziamento: in sostanza, non ti lasci più smuovere da argomenti inferiori.
Franco: È il
“beati voi quando vi perseguiteranno”.
Luigi: Esatto; ma a volte succede che la persona
ferita non parla più, si allontana; qui però non siamo più in rapporto con la
Verità….ed è una lezione per colui che ferisce: attraverso la violenza si perde
il fratello.
Il fratello lo si conquista comprendendo, non
certo ferendo.
Giovanna: Pietro ferisce il servo nella dipendenza dal
sommo sacerdote?
Luigi: Sì; Dio opera anche tramite i nostri errori.
Qui Pietro compie un errore (infatti Gesù poi
lo rimprovera), ma anche attraverso questo errore Dio opera per liberare un servo.
Pinuccia: Questo Fa proprio capire come il nostro
rapporto diretto sia con Dio, non con le creature; ad esempio, al servo non
deve interessare l’intenzione che aveva Pietro nel ferirlo, ma deve dialogare
questa ferita con Dio.
Luigi: Dio opera per salvare gli uni e gli altri, e
adopera gli errori degli uni e degli altri; in effetti, noi non dovremmo avere
paura neppure degli errori che fanno gli uomini….se noi siamo in collegamento
con Dio, anch’essi avvengono a nostro beneficio.
IV Tema. Quel servo si chiamava Malco.
Franca: Prima si è visto “il” servo, la
singolarità…e adesso giunge pure il nome!
Luigi: Sì, singolarità confermata; il disegno di
Dio è personale; gli uomini, invece, agiscono in modo opposto.
Una volta i carcerati avevano un numero, ma
anche adesso i cittadini lo hanno…ed è la più grande offesa, che si possa fare: ridurre la persona a numero!
Il mondo tende cioè a squalificarti, mentre
Dio cerca invece di qualificarti come persona.
Alberto: La
singolarità è persona.
Luigi: Dio è la massima singolarità, quindi Egli è
Persona.
La singolarità possiede la caratteristica di
non poter essere conosciuta da nessun altro, solo da sé stessa, per mezzo di sé
stessa.
La Verità non ha intermediari; tu non puoi partire dai segni come intermediari
per arrivare alla singolarità.
Alberto: Dio ha in Sé la ragione di Sé.
Luigi: Dio è Persona e dà a noi la possibilità,
rendendoci partecipi di ciò che Egli è, di diventare persone.
È Dio che ci nobilita; più
infatti noi ci allontaniamo da Dio, più diventiamo dei luoghi comuni.
Alberto: Non capisco come possa l’uomo dare un senso
alla propria vita senza raccogliere in Dio.
Luigi: Può darle un senso falso; l’uomo può
falsificare…ma arriva certamente il momento in cui si ritrova contraddetto:
contraddetto da tutte le opere di Dio.
L’uomo crede di giustificarsi, ma avendo in
sé una ragione diversa da Dio è in situazione di colpa, poiché Lui non può
ignorare Dio.
Ecco, noi non facciamo il filo d’erba, e però
abbiamo la possibilità di affermare il contrario; possiamo cioè affermare la
menzogna…ma Dio provvede a smentirci.
Ora, la possibilità di affermare la menzogna
rivela che siamo portatori di questo principio universalizzante; cioè, noi
siamo persone non in quanto abbiamo un corpo, ma perché abbiamo la possibilità
di dire “io sono” a tutti e a tutto.
Il tuo essere sta nel pensiero, ed il
pensiero che cos’è?
Il pensiero è la possibilità di poter
affermare una verità su tutto quanto.
Dunque tu sei universale, capisci?!
Sei più dell’universo.
Domenico: È chiedere
troppo il voler conoscere il significato di “Malco”? Perché tutt’ora un suo
significato…
Luigi: È
chiedere troppo.
Giovanna: Più ci allontaniamo da Dio, più diventiamo
comuni, ma continuiamo a rimanere singolarità.
Luigi: Per Dio certamente; Dio non ti dirà mai: “tu
sei un numero”.
Giovanna: Spiritualmente parlando cosa vuol dire
“perdere la singolarità”?
Luigi: Si tratta del massimo avvilimento che si
possa esperimentare: se tu vai in un luogo in cui nessuno ti conosce, ti senti
avvilita.
Dio ti conosce essenzialmente come persona;
noi compiamo un errore esiziale a scappare da Dio, ad averne paura, perché in
questo modo cadiamo preda delle autorità del mondo, le quali ti trattano come
un numero.
Pinuccia: Ognuno di noi è unico, davanti a Dio; il nome che
Lui ci dà è la pietra bianca dell’Apocalisse
E quando diciamo a una creatura (o ad un
animale) “il”, sostanzialmente lo divinizziamo; sarà un “il” minuscolo, perché
la vera singolarità è Lui…si tratta di singolarità relative; non si può dire ad
una persona “un”!
Luigi: Vedi, Dio ha dato ad Adamo tutte le
creature, e Adamo ha dato ad esse il nome alla presenza dl Signore.
“Alla presenza” cosa significa?
Che “il” era Dio e le creature segni Suoi;
segni singolari certamente, perché, essendo Dio singolarità, singolari sono i
segni che Egli fa.
“Singolare” vuol dire che non si ripete:
infatti non esiste un filo d’erba uguale ad un altro!
In ogni cosa c’è una parola singola.
Noi sbagliamo, dunque, dicendo: “il tale ha fatto
(detto) questo”…è sbagliato, perché così facendo consideriamo il tale come Dio;
no, è Dio Creatore che utilizza quel tale per compiere la Sua Volontà.
Pinuccia: Ecco, non disunire mai le tante singolarità
dalla Unica Singolarità.
Luigi: Per concludere, “Malco” vuol dire “Re”.
Gesù allora
disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo
forse bere il calice che il Padre mi ha dato?». Gv 18 Vs 11
Titolo:
Argomenti:
21/ Agosto /1993
1° Tema: Gesù disse
a Pietro: rimetti la spada nel fodero.
Alberto: Le nostre ragioni materiali non servono a
sostenere lo Spirito.
Luigi: Infatti noi realizziamo la pace nel trovare
le ragioni dello Spirito, non quando stiamo nelle nostre ragioni che tentano di
giustificare lo Spirito; finché stiamo nelle nostre ragioni siamo
nell’inquietudine: perché le nostre ragioni non ci giustificano, non ci
soddisfano.
Giovanna: Credo che qui Gesù intenda dire che dobbiamo
asservire allo Spirito i nostri argomenti umani.
Luigi: Dice: “riponi”, e cioè: “metti a tacere”;
c’è qualcosa di noi che non deve uscire, che deve essere sottomesso…se lo
lasciamo uscire, evidentemente siamo in colpa.
C’è qualcosa che tu avverti, però lo devi
tenère a freno; sono i sentimenti: se anche hai delle ragioni, non farle
valere, ma cercale presso Dio, perché tutte le ragioni con cui credi di
giustificarti, in realtà non fanno altro che confonderti.
Giovanna: E questo, sia nei riguardi di Dio che degli
uomini.
Luigi: Certo, perché in realtà chi opera sempre
tutto è Dio; chi governa è Uno solo…la Verità opera in tutto quindi tu,
trovandoti sempre nel campo della
Verità, non devi far trionfare altre ragioni; se lo fai, come dico, esse a un
certo momento ti confonderanno.
La ragione delle cose la devi sempre cercare
presso Dio.
Giovanna: Anche nel campo del pensiero.
Luigi:
Soprattutto lì.
È il Vangelo di oggi: “non date
e nessuno il nome di Padre e di maestro”…il che vuol anche dire: “non dare a
nessun’altra ragione (all’infuori di Dio) il nome di Padre”; non far cioè
valere le tue ragioni su argomenti che non vedi in Dio e da Dio.
Franco: È un
invito a superare il pensiero dell’io.
Luigi: Sì, a superare tutte quelle ragioni che lo
hanno come punto fisso di riferimento…tutte le ragioni fondate su esperienze
del mondo, dei sensi, dei sentimenti.
Tutte le nostre scienze sono basate su questo
tipo di esperienze; noi dobbiamo superarle tutte, mai accontentarci di esse.
Bisogna sempre cercare la vera ragione in
Dio, presso Dio, perché solo essa sostiene davvero.
Perché la ragione di Dio è la ragione che
sostiene tutto: “Padre, sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in terra”.
In Cielo, tutto ha come punto fisso di
riferimento Dio; e anche in terra così deve avvenire.
Franca: Gesù non dice di gettare la spada, ma di
“rimetterla nel fodero”; è come dire che, tenuto al suo posto, il nostro io sta
bene.
Luigi: Il nostro io ha una funzione molto
importante; l’essenziale è che non parli.
Franca: Non si deve parlare, però si può
farlo…perché?!
Luigi: Perché è necessario che tu possa tirar fuori
la spada dal fodero; ma non è detto che una cosa che si può fare la si debba
fare!
Il campo di possibilità esiste per darti la
possibilità di dialogare le cose dal punto di vista di Dio.
Ad esempio: ti arriva in testa un certa
parola; tu, prima di pronunciarla, devi tener conto di Dio…in questo modo
finisce magari che poi non la dici!
Si entra cioè nel campo della delle scelte,
della partecipazione personale.
La spada è proprio la lingua…non c’è guaio più grande di quello determinato dalla
parola. Ma se cerchiamo le ragioni presso Dio, non ci sbagliamo mai.
Silvana: È
fondamentale muoversi sempre solo nell’iniziativa di Dio.
Luigi: Avessi anche tutte le ragioni di questo
mondo, se non hai però la ragione divina, sei in un terreno minato!
Silvana: Ed è possibile rimanere sempre
nell’iniziativa di Dio, a qualunque livello ci si trovi?
Luigi: Sì, perché lo Spirito di Dio è presente in
tutti; come scrive San Paolo, “i figli di Dio si caratterizzano per il
lasciarsi guidare in tutto dallo Spirito
di Dio”.
Ecco: non si lasciano guidare dai sentimenti,
da quello che dicono tutti.
Domenico: Con queste
parole Cristo ci prepara a capire la Sua Morte in Croce; ci fa capire che bisogna mettere a tacere
tutto di noi, per poter guardare da un altro punto di vista.
Luigi: Sì, perché la condizione per essere con Dio
“come Dio è con noi” è proprio questo “guardare da-“.
In caso contrario la Presenza di Dio sfugge,
e restiamo così dominati dalle altre presenze.
Osvaldo: Qui Pietro si lascia dominare dal
sentimento.
Luigi: Sì, ripete l’errore che aveva già fatto
quando aveva detto: “no, non succederà mai che Tu sia perseguitato” (quando
Gesù predice la Sua Passione).
Già allora Gesù lo aveva avvisato: “sei un
demonio, perché ragioni umanamente”.
Osvaldo: Siamo sempre avvisati…
Luigi: La Parola di Dio arriva sempre in anticipo,
dandoti così la capacità di affrontare ogni situazione; ecco, se tu tieni
presente Dio, non ti ritrovi mai sprovveduto.
Rina: Nel pensiero dell’io ciò che fa Pietro sembra
bello, ma non è così.
Luigi: Tutto ciò che succede è voluto da Dio,
quindi non bisogna lasciarsi dominare da: “questo mi dà fastidio, allora lo
tolgo di mezzo”.
No, noi non siamo autorizzati a togliere di
mezzo un bel niente, perché in tutto si trova la Volontà di Dio, che va quindi
rispettata.
Se la cosa ti dà fastidio, tu sopporta…e
sopporta fino a quando non arriverai a capire.
Pinuccia: Pietro non era arrivato allo Spirito Santo,
ma aveva incamerato tante parole di Gesù contro la violenza…
Luigi: Ma non è che ci sia la teoria della non
violenza… Gesù stesso, in alcuni
momenti, è stato violento…la regola generale non è la non violenza…il fatto è
che, quando Gesù preannuncia la propria Passione, Pietro in buona fede dice:
“questo non ti succederà mai”.
E Gesù gli dice: “va via da me, satana,
perché ragioni secondo gli uomini”; lo ha cioè posto di fronte ad un bivio:
ragionare umanamente o ragionare secondo Dio.
Pietro non ha capito, e adesso, allora,
arriva la realtà; la realtà preannunciata si realizza.
Se Pietro avesse capito non sarebbe arrivato
a questo punto.
Dio opera così: prima Egli ti istruisce
teoricamente, e se tu metti amore alla Verità, la teoria ti evita la necessità
del “fare”; è come uno che ti dica: “non
fumare perché ti ammali”; se tu capisci la lezione smetti di fumare, se no la
malattia preannunciata arriva: sempre per salvarti, però.
Qui, con Pietro, la cosa è chiarissima; Gesù
gli ha detto apertamente che se ragionava umanamente era un demonio; Lui non ha
custodito la cosa per cui arriva all’atto pratico.
Pinuccia: È come
quando gli dice: “tu Mi tradirai”; se Pietro avesse colto, probabilmente il
tradimento non sarebbe avvenuto.
Luigi: Dio parla in anticipo proprio perché vuole
evitarci la cosa: “vi dico le cose prima che avvengano in modo che sia fatti
capaci di scamparvi”; di solito noi trascuriamo le parole/avvertimenti di Dio,
per cui poi, ovviamente, le prove si verificano.
La prova, cioè, non è altro che l’appendice
della Parola.
Rina: Pietro non si è ricordato delle parole di
Gesù.
Luigi: E perché non se ne è ricordato? Perché non
vi aveva dato sufficiente importanza…per cui, a un certo momento, crede di fare
bene mentre sta invece andando contro la volontà di Dio!
Pinuccia: Dunque qui Gesù gli sta dicendo: “metti a
tacere il tuo io”.
Luigi: Certo.
Pinuccia: E questo fodero cosa rappresenta?
Luigi: La bocca: “tieni chiusa la bocca”.
Franca: Pietro continua a ragionare “secondo gli
uomini”.
Luigi: Sì, si tratta sempre della medesima scena;
qui Pietro giunge all’atto pratico perché Gesù, dopo averlo preannunciato, si
ritrova effettivamente in mezzo ai nemici; è qui, in questo “atto pratico”, che
Pietro avrebbe dovuto ricordarsi delle parole dette in precedenza da Gesù, e
comportarsi secondo esse!
È tutto scena per noi, per
farci comprendere che “si è veri discepoli (solo) se si resta nelle Sue
Parole”.
Se non si resta nelle Sue Parole, quando il
mondo costringe a fare delle scelte, le facciamo inevitabilmente errate; solo
se si ha presente la Parola Divina, si resta preservati dall’errore.
Se no, dico, si sbaglia credendo magari di
fare il giusto!
2° Tema: Non
devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?
Alberto: È
proprio necessario…
Luigi: Fa capire che c’è un disegno, un disegno
superiore; “Io devo bere il calice che il Padre Mi ha dato” rientra nel disegno
di dare all’uomo la salvezza.
Ora, “naturalmente” l’uomo non capisce, e
allora ritiene di fare bene se “difende”…e non si accorge che, così facendo,
rompe il Disegno Divino.
Giovanna: Non bisogna porre le mani in niente, nemmeno
in noi stessi.
Luigi: Dobbiamo vivere nella consapevolezza che
tutto è opera di Dio; Lui dice: “Io ho
incominciato l’opera ed Io la conduco a compimento; tu cerca di agitarti il
meno possibile: cerca solo di capire quanto Io sto facendo anche in te”.
Abbiamo visto domenica scorsa che
certissimamente Dio è con noi; tutto il difetto, allora, è da parte nostra: noi
non siamo con Dio “come” Dio è con noi.
E cosa ci manca? Ci manca il comprendere
“come” Dio è con noi.
Ecco: ci manca il capire, non certo l’agire.
Giovanna: Tutto quello che Dio sta facendo è
necessario, anche la guerra.
Luigi: Certamente, e un giorno capiremo il senso di
tutto questo…il primo compito di una madre non è quello di fare il Figlio come
desidererebbe lei, ma di comprendere perché il Figlio è come è…perché è Dio che
lo sta facendo così.
Di solito noi vogliamo invece fare gli altri
secondo quanto abbiamo noi in testa, ed in questo modo roviniamo tutto; a un
certo momento Dio ci deve togliere di mezzo, perché Gli stiamo rovinando tutto!
Franco: Ognuno di noi deve bere questo calice, deve
cioè capire ciò che Dio sta facendo in sè.
Luigi: Sì, ma come dico, il calice da bere è
proprio il capire perché le cose sono come sono; solo se cerchi di capire, tu
entri.
Certo, la realtà può anche non farti comodo,
puoi dire: “se possibile passi da me questo calice”, però sottometti tutto
quanto.
Franca: Se però vedo uno che cade a terra, cerco di
capire ma contemporaneamente lo aiuto a rialzarsi…si può capire anche facendo
qualcosa.
Luigi: No, si capisce pensando in Dio e da Dio;
certo se un affamato ti chiede da
mangiare tu gli dai da mangiare, la risposta è immediata…ma l’essenziale è
cercare di capire perché Dio ha creato questa scena.
Se ti metti a trafficare in un motore di cui
nulla comprendi, cosa combini?! E l’animo umano è infinitamente più delicato di
un motore, di una cosa meccanica…eppure noi siamo sempre lì che vogliamo
metterci le mani! Si tratta della più grande stupidaggine che possiamo fare.
Domenico: La Morte di Cristo è la massima
ingiustizia…e poi ci stupiamo/scandalizziamo di quello che succede in
Jugoslavia!
Luigi: Tutto rientra nel Disegno Divino; in tutto
questo mondo di innocenza che muore noi dobbiamo vederci la continuazione della
Passione del Cristo; dovremmo sempre chiedere: “Signore, perché? Cosa stiamo
combinando che Tu debba prolungare la Tua Passione in modo così spettacolare?”.
Domenico: Non cercando la volontà di Dio si arriva
all’assurdità che dice il Papa, che vorrebbe imporre la pace con la forza.
Luigi: A questo punto non c’è nessuna differenza
tra Pietro ed il Papa: l’uomo è sempre quello, che sia il Papa o che sia un
mendicante.
Attualmente c’è più nessuno che cerchi di
capire il significato di quanto Dio manda, mentre nell’antichità c’era proprio
questo continuo riferire: “Signore, perché?”.
Osvaldo: Bisogna anche capire perché, in questo
momento, nessuno cerca Dio.
Luigi: È anche
questo una lezione: come mai ci siamo così tanto allontanati da Dio? Crediamo
che a fare tutto sia l’uomo, e di conseguenza passiamo il tempo ad esortare
l’uomo…il che sarebbe come esortare il gatto a non rubare la bistecca!
Osvaldo: Senza Dio Creatore di tutto, non è possibile
alcuna etica.
Luigi: Si capisce, il disegno è unitario, in Cielo
come in terra…il disegno è uno solo.
Osvaldo: Comunque Pietro, che qui “mette le mani nel
motore” senza capirne niente, verrà poi recuperato.
Luigi: Certo, Dio ci istruisce anche tramite i
nostri errori; ma quando porti la macchina dal meccanico dopo aver provato tu
ad aggiustarla Lui ti dice: “era meglio se non toccavi niente”!
Rina: Arriva prima o poi per tutti il momento di
dover bere questo calice; ci viene detta la cosa in anticipo, per prepararci.
Luigi: Il guaio è che quando dovrai berlo, nessuno
ti comprenderà…tutti ti esorteranno anzi a non berlo!
Pinuccia: Gesù dice anche: “se possibile passi da Me
questo calice”.
Luigi: Puoi dialogare tutto, Dio, ma l’importante è
sottomettere.
Allora il
distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei
afferrarono Gesù, lo legarono. Gv 18 Vs 12
Titolo:
Argomenti:
21/ Agosto /1993
Luigi: Dice “quindi”…
Nino: Si vede che è arrivato il momento in cui l’uomo può
impadronirsi di Dio.
Luigi: Sì, è arrivato il momento; Gesù ha rivelato che Lui deve bere quel calice; avendo detto
questo ecco il “quindi”: quindi possono; prima non potevano: non erano
autorizzati.
Alberto: In precedenza infatti le guardie
non hanno potuto prenderLo.
Luigi: Addirittura, non appena
Lui dice “Io sono”, sono dovute indietreggiare e sono cadute a terra.
Fa capire come tutto sia determinato da Dio; si dice nel
Vangelo che “dopo che…” (dopo un certo fatto) “il Sinedrio si radunò e decise
di uccidere Gesù, affinché si compissero le Scritture”.
Fa capire che è Dio che raduna il Sinedrio e fa decidere
questo, affinché si adempissero le Scritture.
Ecco lì, crediamo
di essere noi a fare, a decidere, mentre in realtà compiamo sempre e soltanto
ciò che vuole il Signore.
Carla: Quante persone si muovono per legare Gesù! La coorte, il
tribuno, le guardie...
Luigi: E insieme dobbiamo metterci anche il sole, le stelle,
l'intero universo, cioè, noi
possiamo muovere un dito solamente se si muove contemporaneamente tutto
l'universo!
Giovanna: Si può dire che era necessario che Pietro facesse questa
azione in modo che, in conseguenza, Gesù manifestasse la propria volontà.
Luigi: Sì, tutto coopera; mentre Dio corregge gli uni, rivela
la propria volontà agli altri.
Giovanna: Tutto questo, comunque, lo devo vedere per me.
Luigi: Certo, perchè sei proprio tu che, attualmente, sei
spettatrice di questa scena...quindi, questa scena è per te, e dunque tu la devi applicare a
te stessa.
Franco: L’io in qualche modo deve potersi manifestare.
Luigi: Il nostro io deve avere la possibilità di uccidere Dio
in modo da poterne sperimentare l’assenza…per poterLo capire.
Dobbiamo sperimentare la perdita di una cosa per poterla
comprendere.
Franca: Dio si concede all’uomo.
Luigi: Solo uccidendo Dio l’uomo esperimenta e capisce cosa
voglia dire vivere senza di Lui, può
comprenderne l’importanza…solo così, perché l’uomo non è intelligente.
Non arrivandoci per la via dell’intelligenza, gli resta
aperta solo quella dell’esperienza, dell’esperienza dell’assenza.
Franca: Questa scena esterna è rivelazione di ciò che facciamo
interiormente al Pensiero di Dio che Dio dona a noi.
Luigi: Sì, ed è necessario questo affinché noi comprendiamo
l’importanza del pensare a Dio.
Silvana: Interiormente Dio ci dà la possibilità di mandare a
morte il Pensiero di Dio in quanto Lui
fa prevalere tutto il resto, tutto ciò che non è Lui.
Luigi: Esatto; è la meraviglia del Suo disegno: mentre tu fai
esperienza del Dio morto, del Dio che non ti risponde, mentre esperimenti di
essere sola, sola nel decidere, in ogni scelta, ecco che contemporaneamente non puoi
convincerti che intellettualmente
Lui non ci sia.
Una parte di te ne sperimenta l’assenza, ed una parte è
convinta della Sua Presenza.
Ecco che Dio morto opera ancora per salvarti.
Pinuccia: La creatura che si impadronisce del suo Creatore è il
colmo dell’assurdo…eppure Dio si mette proprio nelle nostre mani; ci dà cioè
l’impressione di essere noi a fare; si fa oggetto del nostro pensiero...cosa
vuol dire che si fa legàre?
Luigi: Che noi leghiamo la Verità, la leghiamo ad esempio ad
un’autorità, ad una istituzione… mentre le istituzioni sono, invece, al
servizio della Verità.
La Verità, nel pensiero dell’io, noi la facciamo
dipendere da qualcos’altro; ecco come la leghiamo.
Franca: La dicotomìa tra esperienza sentimentale di assenza di
Dio e ragionamento intellettuale (in cui c’è la Presenza), come si elimina?
Luigi: Mettendo Dio prima di tutto, morendo cioè a te stessa,
perché è proprio il tuo io che determina questa divisione.
Domenico: Questa affermazione negativa che Dio ha fatto dire a
Pietro (e che oggi fa dire al Papa) Dio la comprende subito in un disegno
superiore in cui la cosa stessa diventa positiva.
Luigi: Certo.
E lo
condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa,
che era sommo sacerdote in quell'anno. Gv 18 Vs 13
Titolo:
Argomenti:
21/ Agosto /1993
Franca: Si sta realizzando la profezia: “Il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani
degli uomini, che ne faranno ciò che vorranno”.
Luigi: È necessario,
perché se Dio non si desse nelle mani dell’uomo, l'uomo non potrebbe
sperimentarne l'assenza e, di conseguenza, non
arriverebbe a comprenderne il valore.
Alberto: L’uomo è convinto di essere Lui a condurre gli
avvenimenti, invece…
Luigi: In realtà fa solo ciò che vuole Dio; ma proprio credendo
di essere Lui a fare, a dire, finisce con lo sperimentare che la pèrdita di Dio
è causata da lui.
Domenico: Dio ci dice certe cose
e noi andiamo subito a misurarle con quanto dice il sommo sacerdote, anzi,
col suocero del sommo sacerdote!
Franco: “Prima da Hanna” è strano, perché l’autorità massima era
il sommo sacerdote.
Luigi: Evidentemente il suocero possedeva un’autorità maggiore
del sommo sacerdote!
Franco: La moglie aveva più autorità, quindi.
Luigi: Evidentemente.
Franco: E adesso che il Papa non è sposato?...
Luigi: Il problema non è giudicare il Papa, o Caifa: tutto è
per noi.
Franco: Quindi vuol dire che per ognuno di noi c’è una massima autorità?
Luigi: Sì, nel campo del sentimento.
Giovanna: Questa “consegna di Dio” avviene dentro di noi: Lo
consegniamo a ciò che più ci interessa.
Luigi: Tradire Dio significa affidarlo ad un’altra autorità;
Gesù è chiarissimo”: perché non riconoscete da voi stessi ciò che è giusto?”.
Cioè, se si ama veramente ci si assume la responsabilità
dell’amore; evidentemente, se tu sottometti quell’amore a qualcosa ‘altro, a qualcun altro, stai
tradendo quell’amore.
L’etimologìa di “tradire” è proprio “consegnare a”.
Ecco, la tua vita diviene autentica in quanto e per
quanto ti assumi la responsabilità di ciò per cui vivi; se no, inevitabilmente,
diventa falsa, si sdoppia…appunto perché ti ritrovi a non avere in te la
ragione di ciò per cui vivi.
Giovanna: Posso però assumermi la responsabilità di una cosa solo
quando la conosco.
Luigi: Certo; e infatti la Verità di Dio, quando ti parla,
possiede un sigillo ; tu, cioè,
non puoi affermare: “non è vero”.
La Verità ha in Sé stessa la garanzìa; quando Dio ti dice:
“cerca prima di tutto Me”, tu non puoi mica scappare, eh!
Quando ti arriva la proposta, tu rispondi direttamente a
Lui.
Agata: Proponendosi, Dio ci fa capire tante cose.
Luigi: Non è che “faccia capire”…Lui propone Sé stesso; non può
proporre altro, perché Lui solo è; l’aut
aut che ti propone è dunque tra ciò che è Dio e ciò che non lo è.
Agata: Da sempre noi siamo in un posizione di difetto, verso
Dio.
Luigi: Cioè: noi non possiamo ignorare Dio e non possiamo
ignorare che Lui ci fa delle proposte;
le Sue proposte si riassumono poi sempre, sostanzialmente, in: “mettimi prima
di tutto”.
E davanti a questa proposta noi siamo obbligati a dare
una risposta, con la quale ci giochiamo tutta la nostra vita.
Tutto è determinata dalla nostra risposta alla Sua proposta.
L’iniziativa è Sua, la risposta è nostra.
Silvana: Quando ci arriva la Sua proposta, noi la riconosciamo
vera, ma se non la approfondiamo non giungiamo a possederla, e cadiamo nel
dubbio.
Luigi: Il fatto è
questo: nella tua vita Dio ha posto due amori; proprio in quanto sono due, prima o poi ti mettono in crisi.
Tutta la complessità della nostra vita ha questa origine;
si tratta dunque di mettere una cosa sola (Dio) al di sopra di tutto il resto:
lì la nostra vita diviene semplice.
Silvana: Nel dubbio
andiamo a cercare qualcuno che di dica: “stai in pace, hai ragione”.
Luigi: Lì è perché, profondamente, già abbiamo tradito.
Pinuccia A.: Non ho capito cosa voglia dire questo
consegnare Gesù ad un’autorità superiore al Sommo Sacerdote.
Luigi: Ci fa capire che, nel campo umano, ogni autorità (anche
quelle religiose) sono dipendenti da-.
Qui capiamo che la figlia di Hanna aveva una notevole
influenza sul marito; profondamente, ciò significa che noi sottomettiamo i
Valori Divini a quelli umani.
Gesù dice: “Io non ricevo testimonianza dagli uomini”;
ecco, la Verità va amata “per Sé stessa”.
Pinuccia: Il suocero era il punto di riferimento delle guardie.
Luigi: Sì; fa capire che il sommo sacerdote non ubbidiva a Dio,
ma ad un’altra autorità (la moglie).
Pinuccia: Questa coorte era comunque inviata dal sommo sacerdote.
Luigi: Certo, il primo giudizio è stato quello religioso.
Caifa poi era
quello che aveva consigliato ai Giudei: « È meglio che
un uomo solo muoia per il popolo». Gv 18 Vs 14
Titolo:
Argomenti:
28/ Agosto /1993
Nino: Caifa dice una cosa vera, ma la afferma
nel pensiero del suo io.
Luigi: Sì, Lui vuole giustificare l’uccisione di
Gesù…ogni cosa va sempre giustificata, motivata, ed egli tenta dunque di rendere
accettabile questa morte.
Franca: È Dio
che lo fa parlare così.
Luigi: Infatti, quando dice questo, Giovanni
commenta: “non disse ciò d a sé stesso, ma perché era Sommo Sacerdote”; Dio gli
fa dire queste parole proprio in quanto Lui era sommo sacerdote.
Franca: E per quel che riguarda questo “uno che
muore che vale per tutti”…
Luigi: Non è che “valga” per tutti…dice che è meglio che muoia uno solo anziché
l’intero popolo, e difatti Gesù è morto non soltanto per la nazione ebraica, ma
per tutte le genti.
Alberto: Tutto ciò che non è Dio tende ad affermarsi.
Luigi: Se si esclude Dio, immediatamente
acquista autorità la creatura.
Se si perde consapevolezza del fine da
raggiungere, acquistano su di te valore le cose che incontri per strada.
Terersa: Poiché è stato ispirato da Dio, va bene ciò
che ha detto Caifa.
Luigi: No, non va bene per niente! Perché bisogna
tener presente l’intenzione, con cui ha detto quello che ha detto.
Certo, quanto Lui dice è vero: Gesù muore
effettivamente per salvare tutti, ma Caifa afferma questo in quanto sta andando
alla ricerca di un pretesto (i Romani che sarebbero venuti a sterminare la
nazione ebraica) per giustificare
l’uccisione del Cristo.
Il fatto è questo: ogni persona, anche quando
bestemmia, rende gloria a Dio; magari nolente, ma rende comunque sempre gloria
a Dio! Dio trae gloria da tutto e da
tutti; certo, se tu sei consapevole di questo, ; ma se non hai messo Dio prima di
tutto, glorifichi Dio inconsciamente
Giovanna: Cosa significa per noi questo fatto che Gesù
viene giudicato prima dall’autorità religiosa e poi da quella civile?
Luigi: Il primo giudizio avviene sempre nel campo
religioso, nel campo dello Spirito, cioè dentro di noi.
Una donna che tradisce il marito, può magari
dire: “si è presentata l’occasione”, ma in realtà la cosa è avvenuta perché in
precedenza lei, dentro di sé (il campo religioso), ha preferito altro da suo
marito.
Poi nel campo esterno (il campo civile)
arriva l’occasione (ed è Dio a presentarla) ma questa non è altro che una
conseguenza di quanto è avvenuto nel campo religioso/interiore.
Nell’interno ci sei tu con Dio, per cui non
si deve mai attribuire le cose alle creature, al caso, agli avvenimenti, perché
tutte queste cose sono soltanto cause seconde.
Tutto ciò che avviene all’esterno è soltanto
una conseguenza di quanto è avvenuto dentro di te, tra te e Dio.
Giovanna: Quand’è che noi diciamo: “è meglio che Dio
muoia”?
Luigi: Quando affermiamo che è meglio trascurare
Dio per i buoi, i campi, la moglie.
È proprio in questo campo di
scelta che uccidiamo Dio dentro di noi.
Nel prima di tutto si opera una certa scelta,
nella quale si tratta di perdere qualche cosa...è logico, se no che scelta
sarebbe?!
Noi, generalmente, vorremmo giungere a Dio
senza pèrdere il resto…ecco come ci complichiamo la vita.
Giovanna: Noi facciamo l’errore di porre come “prima
di tutto” altro da Dio.
Luigi: Certo, ed in questo modo facciamo esperienza
di assenza, di morte, di solitudine; noi cerchiamo di salvaguardare il resto, ma proprio non mettendo Dio prima di
tutto, lo perdiamo.
Se invece siamo disposti a perdere tutto il
resto per Dio, otteniamo anche esso, otteniamo anche tutte le creature.
Tutto si decide nel momento in cui si è
disposti (o no) a mettere Dio prima di tutto.
Giovanna: Mi è difficile capire come si mette Dio
prima di tutto nel pensiero; lo capisco meglio nel campo materiale.
Luigi: Tieni conto che si può pensare una cosa sola
per volta; pensando ad una cosa, dunque, stai già lasciando il resto.
Ora, la vera realtà è il pensiero, per cui,
quello cui tu pensi, che metti cioè prima di tutto, determina tutta la tua
vita.
Silvana: Da parte di Dio, Cristo muore per salvare.
Luigi: Sì,
Lui non si mette nelle nostre mani, non si lascia uccidere da noi col
fine di condannarci…lo fa per farci esperimentare la Sua assenza, per farci
capire la Sua importanza.
È necessario questo in quanto
noi non siamo intelligenti; la persona intelligente dice: “non vado lì perché
so cosa mi succederebbe”; usa cioè il pensiero per anticipare; ma quando invece
intelligenti non si è, si necessita di
passare attraverso l’esperienza della perdita
Nella perdita ti ricordi: come era bello
stare con Lui”; compreso questo, quando
Lui si fa ritrovare, tu non sei più come prima; hai espresso una valutazione:
“Lui per me è importante”.
Pinuccia A.: Qui Caifa pronuncia una verità:
effettivamente Cristo muore per tutti.
Luigi: Sì,
Lui muore affinché la morte sia evitata ad altri; Lui viene a morire nella nostra vita per
evitarci la morte.
Pinuccia A.: Noi dobbiamo però capire.
Luigi: Certo: “capisci ciò che (ti) ho fatto?”.
Mi viene detto che Lui muore affinché non muoia io…evidentemente
si tratta di un invito a capire; dunque la stessa esperienza di assenza di Dio che
io esperimento è una Parola Sua da intendere nella Sua Intenzione; dunque è
Parola di salvezza.
Osvaldo: Se fossimo intelligenti non esperimenteremmo
la Sua assenza.
Luigi: Certo; infatti all’inizio Dio non creò la morte,
nemmeno la morte di Sé come esperienza umana…Adamo non doveva passare
attraverso la morte di Dio per arrivare a capire chi Dio è: doveva giungere a
conoscerLo per intelligenza.
Osvaldo: Cosa significa essere intelligenti?
Luigi: Vedere le cose dal (nel) loro principio.
La prima lezione che dà in tutto Dio è quella
di farci capire di non essere noi il principio delle cose; ora, “non
intelligenza” è il limitarsi agli effetti che le cose provocano su di noi; è
sbagliato: non essendo noi il principio delle cose, dobbiamo andare oltre gli
effetti che esse provocano, perché se no facciamo noi stessi punto fisso di riferimento.
Si tratta dunque di cercare sempre il
principio e l’intelligenza di Colui che le cose le crea; solo lì c’è
intelligenza, per cui diciamo che la nostra intelligenza è Dio stesso.
Tolto il riferire tutto a Dio, si ragiona in
tèrmini di: mi piace/non mi piace.
Il che è poi esattamente il criterio che ha
mandato a morte Cristo: “è Uno che disturba la nostra autorità, facciamoLo
fuori”.
È l’errore determinato
dall’avere l’io al centro.
Osvaldo: Perché Gesù viene sottoposto prima al
giudizio religioso?
Luigi: Significa che ogni cosa che ti arriva, è
anzitutto giudicata, da te, dentro di te, e questo giudizio tu lo dai alla
Presenza di Dio, perché Dio è presente dentro di te; anche se, di solito,
questo avviene inconsciamente.
Ogni cosa che ti giunge, tu la poni in
rapporto a Dio, o al pensiero del tuo
io; poi magari la vai a misurare con quanto affermano gli altri, ma anzitutto
giudichi dentro di te.
Quando apri il giornale, dai una valutazione
su ogni singolo articolo che leggi (o che decidi di non lèggere), e il criterio
è dato dall’interesse principale che porti dentro di te; se ami lo sport, vai
subito a cercare la pagina sportiva.
Rina: Caifa è un attore che recita per noi.
Luigi: Sì; in noi c’è Hanna, c’è Caifa, c’è
Pietro…c’è tutto, ci sono tutti.
Ognuno di noi è la sintesi di tutto il mondo
precedente; ecco perché, giudicando e condannando gli altri, giudichiamo e
condanniamo noi stessi.
Pinuccia: Anche la morte di Gesù…
Luigi: La morte di Gesù si presta all’ambiguità; se
non si arriva a vedere da Dio il senso della Croce, si rimane schiavi di quel
delitto.
Pinuccia: Perché credo di averlo fatto io…
Luigi: E già; nel pensiero del nostro io la Morte
di Cristo diviene per noi motivo di dannazione.
Lui
muore per farci morire a noi
stessi, per farci realizzare che, pensando a noi stessi, uccidiamo il
Pensiero di Dio presente oggettivamente in noi: ecco la Sua lezione; ma se non
superiamo l’io, questo non lo capiamo, e restiamo dannati dalla Sua stessa
opera di salvezza.
Intanto Simon
Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo
discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel
cortile del sommo sacerdote; Gv 18 Vs 15
Titolo:
Argomenti:
4/ Settembre /1993
1° Tema:
Intanto Pietro aveva seguito Gesù.
Luigi: Come mai avviene questa frattura? Pietro può
seguire Gesù per poi, però, tradirlo…quasi
a farci capire che c’è un’apparenza che tradisce, c’è un “seguire” che
illude.
Domenico: Si può seguire Gesù per sentimento o perché
si è attratti dal Padre.
Luigi: Ma perché c’è questo conflitto tra
sentimento ed intelletto?
Domenico: Perché non si supera il pensiero dell’io.
Luigi: Il fatto è che noi possiamo illuderci di
stare seguendo Gesù; magari ci chiudiamo in convento, facciamo i voti, e con ciò ci autoconvinciamo di essere con
Lui!
Domenico: È
l’insidia al calcagno!
Franca: “Frattanto” significa “contemporaneamente”?
Luigi: Sì: mentre succede questo, succede
quest’altro.
Franca: Si può dire che questa duplicità (seguire e
tradire) deriva dal fatto che noi restiamo attaccati alle presenze che vediamo
e tocchiamo anziché operare il salto alla Vera Presenza.
Luigi: Certo; c’è una presenza che t’inganna.
Franca: È
inevitabile questo seguire Gesù per poi tradirLo, per arrivare a seguirLo in
modo corretto?
Luigi: Il fatto è che noi, tante volte, ci
illudiamo, e ciò in quanto non abbiamo ancora identificato cosa sia la vita
dello Spirito e riteniamo allora che cercare Dio, servirlo, voglia dire
comportarsi in un determinato modo…e invece no, perché Dio è Spirito, e vuole
dunque adoratori in spirito e verità.
Seguire Gesù significa dunque impegnarsi a
conoscere il Padre, e la conoscenza del Padre
non la si ottiene certamente correndo qui o là.
La difficoltà è data dal fatto che la nostra
(prima) mentalità si forma sul mondo…la nostra realtà è il mondo, e allora
finisce che corriamo a convertire gli infedeli, corriamo a cambiare gli altri;
riteniamo essere questa la Volontà di Dio, e ciò in conseguenza, appunto, del
fatto che riteniamo che il mondo sia la realtà.
Poi arriva il momento in cui Dio ci fa capire
che la realtà è Lui, non il mondo esterno.
Ci fa capire che il mondo esterno è solo una
Sua Parola da capire, non da modificare.
Seguire
Lui diventa allora portarsi nel campo dello Spirito per cercare di
conoscere ciò che Lui vuole farci
conoscere.
Franca: Data la nostra stupidità, è inevitabile che
passiamo tramite l’esperienza dell’assenza.
Luigi: Sì;
il mondo esterno passa necessariamente attraverso la crisi dell’assenza.
Quella realtà per la quale tu vivi deve a un
certo punto dimostrarti che non è realtà assoluta, e allora lì essa, da
presenza, si trasforma in assenza.
La morte è proprio questa esperienza di
assenza che è passaggio indispensabile per giungere a scoprire poi dopo la
Presenza Spirituale, la Vera Presenza.
Lì, allora, si realizza la vita dello
spirito.
Franca: Si tratta di comprendere la Morte di Cristo
i Croce.
Luigi: La Morte di Cristo in Croce riassume tutte
le esperienze di morte che noi facciamo sulla terra dove viviamo per-, e
arriviamo a toccare con mano che il nostro fine ci delude, non c’è proprio,
muore, scompare…ecco come si entra nella crisi.
Ora, tutta questa morte che c’è nel mondo si
ricapitola nella Morte del Signore Gesù.
Cristo che muore in Croce rivela che Dio
muore in te, per cui è una realtà che ti scompare…e tu non trai più vita,
perché tu hai vita in quanto hai una presenza.
A questo punto entri nel campo del pensiero,
perché la realtà che sparisce dalla percezione dei tuoi sensi tu inizi a
pensarla.
Quando una persona cara muore si inizia a
pensarla tantissimo.
Franca: E quando la si pensa si è nel rapporto
giusto?
Luigi: Ti rimane sempre il dubbio: “sono solo io
che la penso? Esiste ancòra veramente?...”.
Finché ritieni di essere tu a pensarla, resti nel dubbio, e allora non
trovi la realtà ; il pensiero del nostro io non ci dà mai la garanzìa della
realtà...solo se vedi tua madre da Dio (da Dio come Soggetto), solo così la
vedi nella Realtà, solo così puoi trovarla in quella realtà che ti dà vita.
Dio come soggetto è Lui stesso che te la fa pensare, perchè Dio è
il principio del tuo pensare.
Giovanna: Pietro aveva lasciato tutto per seguire
Gesù, ma non era sufficiente.
Luigi: Non basta; vediamo infatti quanta
conflittualità si trovi ancora tra gli Apostoli: chi era il primo, chi era il
più amato da Gesù...il pensiero del loro io era, cioè, ancòra dominante;
vediamo proprio Pietro: un pò si esalta, un pò si deprime, e con ciò ci rivela
che ciò che egli ha lasciato è ancora marginale, è ancora cornice, mentre c'è
ancora tutto un mondo interiore da abbandonare...un mondo molto più difficile,
da lasciare, che non magari quello materiale.
Giovanna: Anche se Lui dice: sono disposto a morire,
per te.
Luigi: Eh, presi dall'entusiasmo se ne dicono, di
cose...appena hai mangiato dici: adesso digiuno 3 giorni; ma aspetta stasera!
Sandra: Noi seguiamo sempre qualcuno.
Luigi: Sì, non siamo liberi, siamo condizionati; in
quanto tali, seguiamo.
Sandra: Seguiamo ciò che ci sembra meglio.
Luigi: Generalmente seguiamo ciò che ci piace, e
scappiamo da ciò che ci disturba; senza Dio, non possiamo che agire in questo
modo.
Sandra: Perché invece si segue Gesù?
Luigi: In un primo tempo, magari, perché si trova
in Lui una certa corrispondenza tra ciò
che Lui ti dice e i tuoi problemi; è Dio che forma in noi, attraverso
una vita di sentimenti, l’esigenza di capire quale sia il significato della vita.
Sandra: Pietro Lo segue, ma poi ancora Lo tradisce.
Luigi: Il vero seguire è partecipare alla parte
spirituale di colui che si segue; e ciò richiede, naturalmente, il superamento
del pensiero dell’io.
Tu inizi a seguire Cristo perché Lui ti comprende, ma arriva il momento in cui
devi superarti per ascoltare i Suoi, problemi.
Franco: Guardando da Dio si può fare esperienza
oggettiva di chi è morto?
Luigi: Si capisce.
Franco: Anche mentre si è ancora in cammino?
Luigi: Nella fede si inizia a scoprire che la
persona non è il corpo, cominci a non cercare più la sua identità nei dati
fisici, perché sai che questi ti deludono.
Franco: L’altro giorno stavo pensando a mia
nipotina; suona il telefono, era proprio lei, dalle Canarie; ora la persona non
è il fisico, ma c’è stato bisogno della voce per il collegamento; poco prima la
pensavo, ma lei non era presente oggettivamente, nel mio pensiero.
Luigi: Era presente, invece, solo che non lo
sapevi; se la pensavi, era perché Dio te la faceva pensare, o meglio ancora,
perché lei stessa ti stava pensando: visto che stava per telefonarti, c’era una
certa affinità di pensiero.
Tu credevi di essere il soggetto
pensante, ed eri, invece, un “pensato”.
Franco: Guardando quindi da Dio quel pensiero
che Lui mi ha mandato, per fede dovrei
scoprire: “è presente”.
Luigi: Tu arrivi a dire “è presente” solo in quanto
comprendi cosa è la persona; e lo puoi comprendere esclusivamente partendo da
Dio…solo da Dio, allora, capisci che tua nipote non era alle Canarie.
Certo, il suo corpo era là, ma poichè la
persona è universale…ti porti dunque a cercarla in questa universalità.
Proprio la faccenda della ricerca
dell’identità ti conduce poi alla questione di come noi si possa identificare
il Cristo.
Franco: Dio è più facile da identificare, perché non
ha corpo; Cristo è più facile individuarLo come Persona, al di là del corpo.
Luigi: Ma è solo comprendendo chi è Dio come
persona, che puoi, poi dopo, giungere a capire (anche) le creature.
Anche lì Dio è il Principio della conoscenza
di Sé e delle Sue opere; ecco, se credi di conoscere le creature trascurando
Dio, vai incontro a solenni cantonate!
Silvana: Pietro Lo segue “mentre Lo conducono via”:
finché non moriamo a noi stessi, Cristo può esserci portato via; magari Lo
seguiamo, ma Lo tradiamo…
Luigi: Sì, proprio seguendoLo tu sei costretta a
tradire; nel pensiero dell’io, quando inizi a dover pagare di persona, tu
tradisci, inevitabile!
Silvana: Questa esperienza mi fa però constatare in
cosa consista lo Spirito.
Luigi: Certo; tu segui Gesù in un certo modo, e
trovi tanti che ti battono le mani…ma quando, invece, cominciano a deriderti…ma
si tratta di un crogiolo indispensabile, per far emergere l’autenticità di
intenzione; perché, come dico, il seguire Gesù può essere molto ambiguo.
Pinuccia A.: Guardando da Dio Lo scopro come
il principio del mio pensare.
Luigi: Sì; in caso contrario sei sempre “tu che
pensi”…e non puoi uscire da questa convinzione.
Pinuccia A.: Guardo dal punto di vista di un
altro quando ne ho la stessa opinione?
Luigi: No, prima guardi dal suo punto di vista, poi
scopri se coincide o meno.
Per guardare dal punto di vista dell’altro
devi dimenticare te stessa.
Pinuccia A.: Non è detto che penso a mio
marito io guardi dal suo punto di vista.
Luigi: Logico, tu puoi anche pensare a Lui per
cercare di strumentalizzarlo al tuo punto di vista: in questa caso non superi
te stessa.
Solo se guardi dal punto di vista dell’altro
giungi a fare unità con lui: è il medesimo punto di vista che ti fa “uno con”.
Pur rimanendo persone distinte, ti fa un
essere unico.
2°
Tema“…insieme ad un altro discepolo”
Delfina: Uno tradisce Gesù, l’altro no: perché le
situazioni sono personali
Luigi: Intanto ci segnala la debolezza implicita di
Pietro, che segue e si accompagna con-; è la debolezza che lo porterà a
tradire.
Teresa) Non è mica sbagliato, aiutarsi l’un
l’altro.
Luigi: Certamente no: è semplicemente un indice di
debolezza; da solo uno non sta su, non riesce ad assumersi la responsabilità di
un pensiero, di una verità; d’altronde, gli altri sono opera di Dio, mica sono
un inganno.
Dico: questo appoggiarsi agli altri è
espressione di debolezza nel cammino: non c’è ancora quella maturità tale da
avere in noi stessi la ragione di-.
Domenico: far conto su uno, o far conto su un gruppo,
è la stessa cosa.
Luigi: Perché Dio fa la creazione? Si tratta di un
compagno: ogni creatura è compagno che ci sostiene…o che ci fa tradire, certo,
infatti noi tradiamo Dio proprio per le creature, ma non è che, di per sé, esse
siano peccato, siano colpa.
Franco: Pietro non aveva dunque ancora in sé la
ragione del suo seguire Gesù.
Luigi: Ecco; e finché non abbiamo in noi la ragione di-, non siamo persone nel senso completo, nel
senso realizzato.
Dio vuole realizzarci come persone; vuole
infatti che abbiamo in noi stessi la ragione…solo lì abbiamo la radice in noi
stessi, senza la quale siamo inevitabilmente superficiali.
E allora “secchiamo” alla prima difficoltà.
Quando non siamo capaci a sostenerci di
fronte alla Presenza di Dio, abbiamo bisogni di qualcun altro..
D’altronde si può rimanere con Dio solo
partecipando della generazione di Suo Figlio; lì ti rendi conto della nostra
debolezza nel pensare: non riusciamo a stare in un pensiero manco un minuto!
Giovanna: Per cui devo sempre vedere la creatura come
segno di Dio che parla con me.
Luigi: Se la separi da Dio, ogni creatura, da
aiuto, si trasforma in inciampo.
Sandra: La creazione diventa per noi vita eterna?
Luigi: No: Dio, diventa vita eterna.
La creazione è soggetta al tempo, perché non
è un Essere, ma solo segno di un Essere; ragion per cui, a un certo momento la
creazione svanisce, e la creatura diventa tutto pensiero, tutto significato.
Ecco, mentre la cosa passa, bisogna approdare
al pensiero: il pensiero, infatti, resta.
Io sto parlando, ma le parole che dico
passano tutte; se però si arriva al pensiero che le parole comunicano, ci
siamo.
Franco: Per fede noi sappiamo che la persona non è
il corpo, ma ne abbiamo bisogno…sappiamo che vita non viene dal mangiare, però
mangiamo!
Luigi: Soltanto quando penetri nello Spirito, tu
non hai più bisogno di-.
Noi viviamo di presenze; dunque se non siamo
capaci a restare alla Presenza Divina, dobbiamo trovarne altre: se no moriamo!
Ecco: o si è capaci di mangiare il pane
transustanziale, o ci si deve accostare a quello materiale; perché si sta su
solo in quanto e per quanto si è in comunione con-: da soli noi “non siamo”,
dunque esistiamo solo in quanto partecipiamo a-.
Quindi, o partecipi di Dio o partecipi della
creatura; ma poiché la creatura passa, devi affrettarti a maturare alla vera
comunione.
Di solito invece si fa l’errore di farsi un
magazzino di pane materiale, di pane che passa; ci illudiamo di sistemarci…poi
Dio ci manda una malattia che ci impedisce di nutrircene, e buonanotte!
Silvana: Tutte le creature ci sono compagne fino
all’incontro con Cristo.
Luigi: Tutto è fatto molto bene. Nulla è da
demonizzare; il problema è che noi facciamo l’idolo…separiamo da Dio e diciamo:
la vita è questa.
Silvana: Da parte di Dio le creature hanno lo scopo
di condurci al Cristo; poi Cristo ci accompagna al Padre.
Luigi: C’è tutto un cammino da fare, da intendere;
non dobbiamo fermarci ad una qualche tappa, che sia una creatura o che sia, anche,
Cristo stesso: Gesù Bambino, Cristo lavoratore, Cristo nel Getzemani,
l’imitazione di Cristo…no, si tratta di giungere al fine, se no ci si
scolla: Lui torna al Padre e noi
restiamo qui!
Pinuccia A.: Nei rapporti con Dio siamo sempre
malati.
Luigi: Infatti le creature cosa sono? Dio che
spezza il pane alla nostra capacità di mangiare.
Osvaldo: Giovanni rappresenta l’intelligenza, e
Pietro il sentimento; perché sono proprio loro due a seguire Gesù?
Luigi: Sono un po’ la sintesi di tutta l’umanità;
alla fin fine, l’umanità si concentra tutta lì: sentimento o pensiero.
Entrambi seguono, ma chi tradisce è il
sentimento; ecco, è solo la conocenza intelletuale che ti permette di restare
fedele, perché soltanto essa pone in te le radici della cosa; non possedendo
radici, il sentimento ti costringe invece alla volubilità, ti costringe a
rimanere in balìa degli eventi.
Franca: È sicuro
che il sentimento prevalga sempre?
Luigi: Siamo tutti responsabili della morte del
Cristo. Anche il tradimento rappresenta un momento di maturazione, di
maturazione all’intelletto…ti fa scoprire che la vita vera risiede nel
pensiero.
Pinuccia A.: Il sentimento non ha radici, ma
l’amore di una madre per i propri figli è per sempre.
Luigi: No, scherzi?! Si tratta esclusivamente di una
proiezione dell’io, il quale è del tutto privo di radici, privo di qualsiasi
sostegno, perchè solo Dio ha la ragione in sé, ma il nostro io no!
Di per sé l’amore della madre è soltanto
poesia… sentimento, appunto.
3° Tema: Questo
discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote, ed entrò nel cortile con Gesù.
Luigi: Spiega come sia potuto entrare anche
Giovanni.
Domenico: Giovanni farà entrare Pietro…l’intelligenza
fa “entrare” il sentimento.
Luigi: Però poi il sentimento tradisce.
Domenico: Sarebbe allora stato meglio che Pietro fosse
rimasto fuori?
Luigi: È
certamente la conoscenza, che fa entrare;
Gesù stesso dice: “sforzatevi di entrare”; ma è proprio (soltanto) la
conoscenza, a farmi entrare.
Delfina: Da solo Pietro non avrebbe potuto entrare.
Luigi: No, non era conosciuto; comunque, poi non è
stato in grado di sopportare: si può entrare pur non potendo avere l’abito per
rimanere, l’abito delle nozze…
Giovanna: Cos’è per noi questo “entrare”?
Luigi: Significa “conoscere”; la parabola
dell’invitato che entra ma è senza l’abito delle nozze è per farci capire che
ci si può illudere.
L’abito che ti concede la capacità di
rimanere è l’interesse per conoscere.
È che noi possiamo anche
entrare “per amicizia”, ma allora non possiamo restare.
Giovanna: Dio dà a tutti in parti uguali sentimento e
intelligenza?
Luigi: No, ognuno è diverso dall’altro.
Giovanna: Per qualcuno è dunque più difficile che per
un altro, entrare…
Luigi: No, da parte di Dio non esistono preferenze;
la difficoltà sorge unicamente dal pensiero dell’io; c’è la persona molto
intelligente che può diventare orgogliosa…perché la vera intelligenza consiste
nel dimenticare sé stessi per guardare ogni cosa dal punto di vista di Dio.
Quando fa ancora parte del pensiero dell’io
l’intelletto sbaglia; la nostra intelligenza deve essere Dio stesso.
Osvaldo: È vero
che Giovanni non tradisce, però è anche vero che Lui non trova una persona che
gli punta il dito: “tu eri uno di loro”…
Luigi: Giusto; ma in precedenza anche Lui era lì a
discutere con gli altri su chi fosse il primo: con ciò, aveva già tradito anche
lui.
Nessuno è immune dal tradimento.
Osvaldo: L’intelligenza di Giovanni era il
riconoscere che era Dio a fargli fare la parte dell’intelligente?
Luigi: Sì; essendo il discepolo più amato, aveva più
possibilità di amare; non era merito suo.
Pietro invece
si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro
discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece
entrare anche Pietro. Gv 18 Vs 16
Titolo:
Argomenti:
11/ Settembre /1993
1° Tema…Mentre
Pietro se ne stava alla porta
Franca: Anche Pietro voleva entrare.
Luigi: Il desiderio, però, non basta: “Mi
cercherete e non Mi troverete”, “verrà il giorno in cui vorrete vedere anche un
solo giorno del Figlio dell’uomo, e non lo potrete”.
Franca: Queste parole, però, sembrerebbero non
dirette a Giovanni…
Luigi: Sono per far capire che non dipende dalla
nostra volontà.
Osvaldo: Pietro rappresenta il sentimento…cosa
avrebbe dovuto fare?
Luigi: Niente; col sentimento non puoi fare
assolutamente nulla.
Qui si evidenzia nettamente come sia la conoscenza, a far entrare; alle vergini
stolte il Signore dice: “non vi conosco”…e restano chiuse fuori.
Giovanna: La conoscenza è propria dei contemplativi.
Luigi: Conoscere vuol dire vedere le cose dal
principio.
Giovanna: Si tratta di lavorare con l’intelletto.
Luigi: L’intelletto non è sufficiente…cioè, il tuo
intelletto deve essere Dio stesso; di per sé, da sé stessa, la nostra
intelligenza serve proprio a un fico secco!
Giovanna: Come lezione per noi, qui Pietro non entra
in quanto il suo desiderio non è puro.
Luigi: Ma se anche fosse puro…dico, non basta
desiderare, per entrare, così come non basta aver fame, per poter mangiare!
Franco: Col sentimento non è possibile conoscere “come
Dio ci conosce”.
Luigi: Il sentimento è sì un principio di
conoscenza, ma riferito al tuo io; lì tu giustifichi le cose dicendo: “io sento
così”; evidentemente non è un principio valido; pensa un pò insegnare il
teorema di Pitagora affermando: “è così perché io sento così”…tutti si
metterebbero a ridere!
Silvana: È
comunque essenziale desiderare di entrare.
Luigi: Certo, ma la possibilità di entrare ti viene
comunque (sempre) solo dall’Alto.
Pinuccia A.: Pietro si lascia guidare dal sentimento
pur essendo un discepolo: aveva lasciato tutto, era in posizione avvantaggiata…
Luigi: Certo; lo conferma Gesù stesso: “chi avrà
lasciato tutto a causa Mia, riceverà 100 volte tanto”; ma, comunque,
non è sufficiente.
Rina: Solo Dio può far entrare.
Luigi: “Senza di Me fate niente”.
Rina: Più avanti proprio Pietro chiede a Gesù, a
riguardo di Giovanni: “e lui?”, e Gesù gli risponde: “non preoccuparti di lui;
tu vieni e seguimi”.
Luigi: Fa capire come le cose siano essenzialmente personali:
tu non puoi proiettare te stesso sull’altro.
Pinuccia: Vista da Dio, anche una scena ordinaria come
questa rivela cose profondissime.
Luigi: Certo.
Pinuccia: La grande lezione è che col sentimento non
si entra.
Luigi: Il sentimento non è una chiave valida per
penetrare nello Spirito.
Con quello che senti non giustifichi nulla…le
cose eterne le trovi unicamente attraverso la conoscenza.
2° Tema: Allora
l’altro discepolo, che era conosciuto, uscì e parlò alla portinaia
Franca: È la
conoscenza che fa entrare, ma qui fa entrare una portinaia.
Luigi: No, è Giovanni; evidentemente, possedeva una
certa autorità, infatti la donna gli ubbidisce… Giovanni doveva essere molto
amico, del sommo sacerdote.
Domenico: Giovanni veniva dal lago di Tiberiade, forse
aveva avuto modo di legare col sommo sacerdote durante i viaggi di Gesù a
Gerusalemme.
Luigi: Magari era suo parente, chi lo sa?
Certamente non era un amico qualunque.
Franca: La contemplazione entra e fa entrare; è quel
che si dice sempre: chi cerca la verità
aiuta tutti.
Luigi: Sì, lavora per tutti; qui però, pur facendo
entrare Pietro, non assicura a Pietro la possibilità di restare…Pietro non ha
l’abito delle nozze, ed infatti la paga cara!
Giovanna: Non è bastato, a Pietro, avere l’interesse
per entrare.
Luigi: E già; teniamo presente che la portinaia è a
servizio del padrone; lei ubbidisce a Giovanni perché sa di fare così,
evidentemente, la volontà del padrone; anche un ladro avrebbe interesse ad
entrare, ma al ladro la portinaia non aprirebbe.
È ciò che è da Dio (secondo
Dio) che fa entrare; la portinaia apre solamente ad una volontà che sia in
accordo con quella del suo padrone.
È per dire: solo ciò che
discende dall’alto ti dà la possibilità di entrare.
Giovanna: Qui la portinaia fa da tramite: potrebbe
rappresentare il Cristo?
Luigi: Sì.
Franco: Anche Giovanni potrebbe rappresentare il
Cristo, perché è portatore di questa convinzione: che solo discendendo
dall’alto si può entrare.
Luigi: Solo la volontà del padrone apre e chiude.
Franco: Ma come scatta la volontà del padrone? Qui
ci viene presentata una persona (Giovanni) che è entrata.
Luigi: Giovanni entra in quanto è amico; in quanto,
cioè, è “secondo la volontà del padrone”.
La portinaia apre in quanto sa di fare così
la volontà del padrone.
Franco: “Chi entra per Me sarà al sicuro; entrerà,
uscirà e troverà da pascolare”; cioè, una volta entrati si ha poi la
possibilità di uscire a vedere tutta l’Opera di Dio nella Luce Sua; è il potere
delle chiavi: la possibilità di convincere.
Luigi: Il potere delle chiavi viene dato a chi
discende dall’alto, perché porta con sé la Luce di Dio: solo la Luce apre o
chiude.
Nessun argomento mondano ha la possibilità di
aprirti la porta, perché sarà sempre privo di convinzione…solo chi ha in sé
stesso il principio può aprirti, convincerti e farti entrare.
Franco: È questo
il significato dell’amicizia col padrone; qui però, Giovanni è amico del Sommo
Sacerdote, che si appresta a mandare a morte Gesù…
Luigi: Si capisce, qui siamo mica nella Casa del Padre…qui
ci troviamo nella tana del lupo! Ma tutto questo va “trasportato” nel campo
dello Spirito.
Silvana: La portinaia che apre, in noi, rappresenta
forse l’interesse maturato per Dio.
Luigi: Certo; il fatto, però, è che se anche tu
puoi entrare perché l’altro ti fa entrare, puoi però venirti a trovare
nell’impossibilità di rimanere: perché sei senza l’abito giusto; è esattamente
ciò che capita a Pietro.
Rina: È meglio
entrare con l’abito giusto!
Luigi: Già, ma l’abito giusto, a un certo punto,
richiede magari che tu sia un eroe, perché devi magari affrontare la morte!
Dico: se non sei vestita di questo abito,
inevitabilmente devi tradire.
Pinuccia: Non capisco bene questo sdoppiamento:
l’amicizia è col Sommo sacerdote, il tradimento è verso Gesù.
Luigi: Dico: qui siamo nella tana del lupo, mentre
si sta parlando di (come) entrare nella Casa di Dio…dobbiamo sempre mantenerci
nella lezione dello Spirito, in cosa Dio ci voglia comunicare presentandoci
questa scena; Pietro vuole entrare per restare con Gesù, il suo legame è con
Gesù, mica gli interessa il Sommo Sacerdote e la sua casa!
Ma si trova con la porta sbarrata, il che
rivela che non era in grado di superarla; cioè, non aveva l’abito.
Ecco, tante volte noi desideriamo entrare, e
Dio non ci fa entrare…evidentemente è perché non siamo ancora preparati.
3° Tema…e fece
entrare Pietro
Franca: Giovanni fa entrare Pietro, ma poi c’è
sempre la responsabilità personale.
Luigi: Si
capisce; infatti, nel mezzo della vera prova, Pietro non potrà mica far parlare
Giovanni al posto suo! La prova è sempre personale.
Questa scena fa capire come, forzando i
tempi, si resti bruciati…appunto perché non si è ancora preparati.
Franca: L’abito è il guardare da Dio.
Luigi: Perché Pietro ha tremato? Evidentemente
perché ha pensato a sé stesso: era nel pensiero dell’io.
D’altronde è il suo carattere…è il solito
Pietro entusiasta: “Signore, se sei Tu dimmi di venire a Te, e anch’io
camminerò sulle acque”; “vieni”: Lui va, e poi sprofonda!
Cioè: si lascia muovere dal sentimento, credendo
che sia un metro valido.
Franca: Siamo al sicuro solo con Dio.
Luigi: Ma sei con Dio solo se dimentichi te stessa;
tu non risorgi se prima non muori a te stessa, se cioè non pensi più a te stessa, nel modo più
assoluto…per guardare le cose dal punto di vista di Dio.
Franca: Solo chi è dentro, tradisce.
Luigi: Chi è fuori cosa vuoi che tradisca?!
Osvaldo: Visto che Giovanni (l’intelligenza) fa
entrare Pietro nella situazione più assurda immaginabile (là dove le creature
giudicano e decidono di uccidere il loro Creatore), è per dirci che anche
nell’assurdo vince l’intelligenza?
Luigi: Considerando che è l’intelligenza che fa
entrare, sì.
Però il punto fondamentale è questo: tu puoi
anche entrare, ma se non hai l’abito non puoi restare.
Logico, la Verità ha delle condizioni ben
precise…ad esempio, non puoi desiderare qualcosa che non conosci, così come non
puoi comunicare qualcosa che non capisci; ecco, ci sono degli sbarramenti ben
determinati.
Alberto: Anche Giovanni ha sbagliato? Se avesse
guardato da Dio avrebbe compreso che non aveva l’abito…
Luigi: Tieni presente quel che Gesù aveva predetto
a Pietro; cioè, a determinare gli avvenimenti non sono né Giovanni, né Pietro:
è Dio.
Poi, certo, c’è la lezione che anche il contemplativo,
colui che entra, può cedere al sentimento; è quanto succede anche a Maria
Maddalena.
Alberto: I tempi sono di Dio.
Luigi: Infatti Gesù aveva predetto tutto.
Che Pietro non fosse preparato è evidente già
durante l’Ultima Cena, quando dice: “se anche tutti ti tradissero, io no”.
Lì era già bruciato, aveva già tradito…non si
entra nel Regno di Dio dicendo “io”!
Giovanna: Dunque lo sbaglio di Giovanni era
necessario.
Luigi: Sì, tutto era preordinato; era necessario
far passare Pietro attraverso quella prova, appunto perché doveva rimangiarsi
quell’”io mai!”.
Infatti Gesù Risorto dirà a Pietro tre volte:
“Mi ami tu più di tutti?”.
E glielo dice finché Pietro crolla.
Giovanna: Di solito giudichiamo superficialmente,
mentre il significato delle cose è sempre più a monte.
Luigi: Certo.
Franca: Dopo aver detto “io no”, Pietro deve pagare
fino all’ultimo spicciolo.
Luigi: Sì, si paga tutto, ma attenzione: non è che
Dio voglia farci pagare gli sbagli uno per uno…è semplicemente che fino a che
non li abbiamo “pagati”, essi ci impediscono di entrare.
Ecco: da parte Sua, Dio ci ha già perdonato
tutto…siamo noi, ad aver bisogno di
“pagare”.
Silvana: Si può anche forzare qualcuno ad entrare.
Luigi: Qui Pietro desiderava entrare; non è stato
forzato a farlo. Giovanni gli ha solo fatto un piacere, ha
cioè accondisceso ad un suo sentimento.
Questo ci fa capire che molte volte noi
possiamo trovarci dentro per amicizia, per sentimento, e non possiamo poi
restare.
Pinuccia A.: “Pagherete fino all’ultimo
spicciolo”; se mi accorgo che in passato ho fatto certi sbagli, che posso fare
al momento attuale?
Luigi: Capire; Dio ti libera facendoti capire.
Si sbaglia in quanto si separa da Dio;
separando da Dio, affermi qualcosa che non capisci, per cui affermi cose assurde.
Il Signore dice: “vi sarà chiesto conto di
ogni parola inutile che avrete detto”; ma non è che Lui stia lì col taccuino in mano pronto a
segnare ogni nostro minimo errore!
È che ogni nostra parola inutile
(cioè separata da Dio), macchia la nostra anima.
E ogni macchia indebolisce la nostra capacità
di attingere a Dio; restiamo disturbati da ogni parola non detta secondo Dio.
E siamo noi ad aver scatenato questo
disturbo: per cui, la parola sbagliata finisce con il comandarci.
Allora, Dio ci libera facendoci comprendere
l’errore che abbiamo fatto.
È essenziale che ci faccia
capire: se ci liberasse senza prima averci fatto capire, il giorno dopo
ripeteremmo l’errore, perché noi siamo ripetitivi.
Rina: Dio fa fare il tradimento a Pietro per
fargli prendere consapevolezza che non ha l’abito giusto.
Luigi: Sì, qui è Dio che sta prendendo su di Sè
l’errore di Pietro: glielo realizza, lo fa creazione Sua: proprio affinché
Pietro possa toccare con mano.
Ora, per toccare con mano, io devo trovare
qualcosa: ma lo trovo solo se Dio lo fa, perché
Lui è il Creatore.
Per trovare qualcosa, dico, io devo trovare
Dio che prende su di Sé il mio errore: che me lo realizzi fuori di me…così io
lo vedo e lo tocco.
Pinuccia: È lì
creatura comprende che è proprio Dio che fa tutto.
Luigi: Se Gesù non avesse detto: “questa notte
stessa…”, noi resteremmo sorpresi dagli avvenimenti; invece, è tutto collegato
con ciò che Lui ha detto in precedenza.
E quindi Pietro resta fulminato non appena
sente il gallo, dopo il terzo rinnegamento.
Pinuccia: Se la creatura potesse prevedere, sarebbe
lei la protagonista delle cose, e non sarebbe sorpresa.
Luigi: Invece la creatura patisce; patisce il
tempo, la realtà, tutto.
E la giovane
portinaia disse a Pietro: «Forse anche tu sei dei
discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Gv 18 Vs 17
Titolo:
Argomenti:
11/ Settembre /1993
Franca: Si può dire che tutto ciò che mi càpita, Dio
me lo dice in precedenza?
Luigi: L a parola è sempre una profezia; se noi
fossimo attenti alle parole (se le custodissimo), non saremmo mai sorpresi
dagli avvenimenti; se tu credi alla parola resti preparata all’avvenimento.
Dio ci dà la possibilità di capire,
perché Lui “ama i Suoi figli e dimostra
loro tutto quello che sta per fare”.
Franca: Pietro ha già tradito quando dice “io mai”,
ma non ne è consapevole.
Luigi: Certo, perché una cosa che porti come
pensiero non ti si rende evidente.
Franca: Ma nel momento del tradimento esteriore Lui
prende coscienza di aver già tradito interiormente?
Luigi: Non so; certamente, il fatto che pianga
significa che qualcosa ha capito.
Alberto: Senza la conoscenza della Verità si resta
dominati dagli eventi.
Luigi: Sì, si resta schiavi di eventi che ci conducono
“là dove tu non vorresti”.
Giovanna: Qui Pietro comincia a tremare.
Luigi: Il terreno si fa minato.
Franco: Mi faceva pensare alla Samaritana che dice a
Gesù: “come mai tu, che sei Giudeo, parli a me che sono Samaritana?”; nel senso
che si fa la domanda avendo già la risposta.
Qui Gesù fa dire questo ad una donna per
farci capire il rischio che corriamo quando ci facciamo guidare dal sentimento
anziché dalla retta intenzione.
Luigi: Sì, è la donna che vuole entrare nel tuo mondo:
la Samaritana vuole entrare nel mondo di Gesù, qui la portinaia vuole entrare
nel mondo di Pietro.
Domenico: Rientra tutto nel piano di Dio; l’errore
dell’uomo sta nel dire “no” alla proposta di Dio: da lì in avanti, la
portinaia e tutto il resto…è solo più
opera di Dio per farci prendere consapevolezza dell’ errore iniziale.
Bisogna dunque vedere Dio Creatore in tutti
questi fatti.
Luigi: Vedendo tutto in quel disegno, ti accorgi
che ogni cosa assume un aspetto essenzialmente
personale.
Qui è proprio Pietro che è giocato
personalmente; non sono gli avvenimenti a contare “di per sé”, ma è che un
certo momento questi avvenimenti hanno un nome e un cognome! Hanno una firma.
Franca: Gesù che dice a Pietro: “quand’eri
giovane…quando sarai vecchio…”: è una profezia.
Luigi: Si capisce.
Franca: Ma se Pietro si fosse fermato a meditare su
ciò che Gesù gli voleva dire, non si sarebbe mosso, e allora non avrebbe
realizzato cosa Dio voleva fargli realizzare!
Luigi: Chi si ferma ancora a pensare nel mondo
frenetico di oggi?
Pinuccia: “Se si fosse fermato a pensare” equivale
alla minaccia agli abitanti di Ninive: loro si sono convertiti e la minaccia
non si è realizzata.
Luigi: Proprio così.
Le rispose: non
lo sono.
Giovanna: Sembra quasi incredibile questo rinnegamento
di Pietro, dopo che aveva detto: “se anche tutti ti tradissero, io mai!”.
Luigi: Come mai il nostro io è sorgente di
menzogna; di per sé la menzogna non esiste!
Giovanna: C’è menzogna quando si disunisce da Dio.
Luigi: Come mai qui Pietro ha detto una menzogna?
Giovanna: Perché aveva paura.
Luigi: E aveva paura perché era nel pensiero del
suo io.
Agata: Aveva posto prima di tutto il suo io.
Luigi: Sì: è ciò che mettiamo prima di tutto a
determinare le nostre scelte.
Silvana: La creatura non può mai essere sicura di non
tradire.
Luigi: Poco ma sicuro.
Silvana: Perché è solo se fa conto su Dio, che non
corre questo rischio.
Luigi: La creatura che guarda da Dio sa che, per
poco che Dio le tolga la mano, ne combina di tutti i colori; anziché dire “io
mai, allora, si addossa invece tutte le colpe, anche le colpe di ciò che non ha
fatto, perché è consapevole che se non ha fatto certe cose è solo perché Dio
glielo ha impedito.
Pinuccia A.: Quand’è che l’attrazione per Dio
è così forte da renderci impossibile il tradimento?
Luigi: Quando è così forte da farci dimenticare noi
stessi; l’attrazione è un rapporto d’amore, per cui, a un certo momento,
l’unico che ti interessa è l’altro.
Avviene questo trasferimento: amare vuole
infatti dire “pensare all’altro”, vedere tutto dal punto di vista dell’altro.
Quando tu pensi molto all’altro, il suo
pensiero diviene superiore al pensiero di te stessa…lì non t’interessa più cosa
càpita a te.
Dio fa appunto tutto per portarci ad un
rapporto con Lui tale che Lui assorba completamente il nostro
io…perché la salvezza sta proprio in questo superamento/trasferimento.
Si è veramente liberi solo quando si è liberi
dal pensiero del proprio io.
Pinuccia A.: Il giorno in cui sono liberata
dal pensiero del mio io, Dio mi mantiene unita a Sé?
Luigi: Sì;
perché è proprio il pensare a te stessa che ti impedisce di rimanere unita a Dio; libera dal pensiero del
tuo io, cominci davvero a vivere, perché Dio costituisce la tua vita.
Massimo: La prima cosa indispensabile, per essere
veramente discepoli di Cristo, è abbracciare la Croce.
Luigi: Sì, ma questa Croce deriva dall’unione con
la Verità; la Verità è fonte di gioia…ma è contemporaneamente fonte di
conflittualità con il mondo; bisogna avere il coraggio di superar questo conflitto…proprio
così si offre la salvezza al mondo; se tu, invece, concedi al mondo, il mondo
ti approva, perché si sente confermato…ma così facendo non gli offri la
salvezza.
Pinuccia: È
davvero fragile il nostro legame con Dio; basta poco per romperlo.
Luigi: Basta un pensiero.
Pinuccia: Pensavo questo: avendo Gesù preannunciato a
Pietro il suo tradimento, gli ha dato la possibilità di non sentirsi
condannato, perché si scopre conosciuto.
Luigi: Non basta; non è sufficiente renderti conto
che la cosa ti è stata preannunciata.
Pinuccia: E per noi personalmente: quand’è che
tradiamo?
Luigi:
Quando non riassumiamo la responsabilità della Verità.
Pinuccia: Deve necessariamente essere una prova
davanti agli altri, o può essere una
prova personale?
Luigi: Ma gli altri fanno parte di te; Dio
determina la prova per suscitare in te la risposta giusta; Dio provoca il
conflitto per rafforzare l’amore.
La conoscenza inizia con un atto di fede che
è un focherello debolissimo; Dio inizia a soffiare su questo fuoco per alimentare
la fiamma...proprio lì comincia il rischio.
Lui ti fa incontrare delle contraddizioni,
delle difficoltà: se tu pensi a te stessa crolli, non riesci a sostenere.
Ci troviamo con un ambiente che non ci
approva, che ci provoca con un”sei anche tu uno di quelli?”…e se rispondiamo
“io no”, è finita.
Poi seguiranno tutte le conseguenze di questo
“no”.
Ma quella domanda, quell’insinuazione, da
parte di Dio ha l’unico scopo di farti crescere fino alla libertà totale.
Il problema non mica quello di affrontare gli altri; il fatto
è che Dio opera per formare in noi elle radici così profonde da avere in noi
stessi la ragione delle cose esattamente come l’ha Lui; in modo, cioè, da avere
in noi Dio stesso
Intanto i
servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva
freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Gv 18 Vs 18
Titolo:
Argomenti:
18/ Settembre /1993
1°
Tema: I servi e le guardie avevano fatto un fuoco
Nino: Mi fa pensare a quando sento notizie tremende
al telegiornale, mentre sono tranquillo in poltrona; è un po’ la medesima
indifferenza di queste persone, così vicine al colossale dramma della Morte di
Cristo; in realtà sono in parte responsabile del fatto di cui vengo a
conoscenza.
Luigi: Certo; in quanto accade ed in quanto te ne
giunge la notizia, poco o tanto ti coinvolge.
Franca: Accendiamo un fuoco fuori, e dentro tradiamo
Dio.
Luigi: Abbiamo bisogno di accendere i nostri fuochi
per non morire di freddo.
Alberto: Se non teniamo conto delle Parole che Dio ci
fa arrivare…
Luigi: …cominciamo a morire di freddo.
Giovanna: Sotto la Croce c’è questa umanità
indifferente o ostile…
Luigi: Queste guardie accendono un fuoco perché
senza Dio si muore di freddo; senza Dio ognuno vive pensando a sé stesso, e
allora muore di freddo; si accendono così i fuochi, i nostri fuochi, per
tentare di riscaldarci.
Giovanna: Ma che differenza c’è tra Pietro,
consapevole di mentire, e costoro che, invece,
non si rendono conto…non si capisce bene cosa rappresentino.
Luigi: Rappresentano il mondo; finché Dio non ti
tocca, fintanto che Egli non entra nella tua vita, tu fai questa esperienza:
muori di freddo; e allora cerchi qualcosa per scaldarti: uno sguardo, un
pensiero, qualcuno che ti ami.
Giovanna: Dunque qui Pietro è più responsabile, perché
già era stato toccato da Dio.
Luigi: Certo.
Agata: La lezione che ci dà Pietro è quella di
avere ben paura, quando crediamo che non tradiremo mai Dio!
Luigi: Non deve esserci sicurezza, in noi, perché noi
dobbiamo far conto solo su Dio; certo, quando le cose vanno bene sembra tutto
facile, ma quando la cosa si fa pericolosa…
Silvana: “Fuoco di brace”, cioè fuoco non vivo…
Luigi: Ecco, è un fuoco artificiale, fatto
dall’uomo…non si tratta di un fuoco di provenienza divina, che venga dallo
Spirito.
Sì, l’uomo può accendere dei fuochi…l’uomo,
essenzialmente, è un mendicante, perché
da solo non sta su.
Ora, tutte le creature in quanto sono segno
di Dio, hanno la possibilità di comunicare qualcosa; uno che ti incontra e ti
saluta, ti dà qualcosa…e se non ti saluta, di qualcosa ti priva, e lì, nel
pensiero dell’io, tu ti senti sminuita.
È segno del fatto che siamo
fatti per il Vero Rapporto, il rapporto con l’Essere assoluto.
Poiché non siamo capaci a rimanere sempre in
questo rapporto, Lui ci fa incontrare
delle creature: per sostenerci nel cammino.
Dobbiamo però affrettarci a cercare lo
sguardo di Dio, perché lo sguardo delle creature muta…e presto svanirà, e
allora noi subiremo il crollo.
Marisa: C’è un’indifferenza,
diciamo così, da parte di queste persone che stanno,
diciamo così, attorno al fuoco.
2°
Tema…Perché faceva freddo, e lì si
scaldavano.
Franca: Questa scena rispecchia la realtà nella
quale siamo immersi.
Luigi: Sì, c’è Dio e c’è chi, bene o male, cerca di
rapportarsi a Lui, di interessarsi a Lui…e poi c’è tutta una massa (il mondo)
che pensa a sé stessa.
Franca: È anche
un tal mistero che ci sovrasta…
Luigi: No,
Lui ci sovrasta solo nel momento in cui non lo mettiamo al di sopra di
tutto; Lui trascende, ma la Sua
trascendenza determina in noi la Sua immanenza.
Delfina: Senza la Presenza di Dio si muore di freddo,
perché le presenze umane non sono sufficienti.
Luigi: C’è la solitudine…freddo e solitudine;
nessuno che pensi a te.
Delfina: C’è una mancanza di fiducia.
Luigi: Una mancanza di conoscenza; si ignora che la
realtà è Dio.
Nel pensiero del nostro io esperimentiamo la
solitudine.
Alberto: Ho letto che l’inferno può anche venire
rappresentato come un luogo in cui si muore di freddo.
Luigi: Agli eschimesi non puoi parlare dell’inferno
come un luogo in cui c’è il fuoco, perché per loro è inconcepibile che il fuoco
faccia male ( E perché? Non si rendono conto che se mettono una mano sul fuoco
la mano brucia?!)
Giovanna: Il freddo è solitudine.
Luigi: Mentre il caldo è comunicazione; quando il
sole tramonta e viene il gelo, tutto si ferma.
Amalia: Uno può andare a scaldarsi così, per vedere
cosa succede, senza assumersi la responsabilità.
Luigi: Tutto ciò che succede è Dio che ce lo
presenta, e dunque, in un modo o nell’altro, ci coinvolge: è per noi.
Ecco, non possiamo mai dire: “questo
avvenimento è lontano nel tempo e nello spazio, dunque non mi riguarda”.
No, tutto accade per te personalmente.
Pinuccia A.: Visto che il calore è
comunicazione, perché si parla di fuoco dell’inferno?
Luigi: Giusto; è che anche ciò che è segno di vita
ti può bruciare; se non sei in grado di sopportare, ti bruci.
Ecco perché Dio tiene nascosta la Sua
Verità…perché è in attesa che in noi si formi la capacità di portarLa.
“Ho ancora molte cose da dirci, ma per ora
non le potete portare”; cioè: se ce le dice ne restiamo bruciati.
Il fuoco dell’inferno è costituito da Dio
stesso: ma la creatura è impossibilitata a capirLo.
Ecco perché dobbiamo affrettarci a capire.
Valeria: Pensando a noi stessi moriamo di freddo.
Luigi: Sì, perché lì constatiamo che nessuno ci
guarda.
Scopriamo che anche tutte le creature Lui le fa servire a noi.
Da Lui ci scopriamo conosciuti e pensati in
tutto.
Il nostro vero grande bisogno non è tanto
quello di evitare le sofferenze, quanto quello di trovare qualcuno che ci
pensi.
3° Tema Anche
Pietro stava con loro, e si scaldava.
Delfina: Se gli apostoli si fossero riuniti avrebbero forse
compreso quanto stava succedendo.
Luigi: Eh ma qui è un pò come quando succede un
terremoto: mica si sta a studiare razionalmente la situazione…perdi la testa e
scappi.
Domenico: Questo scaldarsi di Pietro è un po’ l’andare
ad attaccarsi agli argomenti degli altri.
Luigi: Certo.
Alberto: Abbiamo bisogno di consolarci.
Luigi: Se non ci consola la Verità, andiamo a
cercare delle menzogne…tanta è la nostra povertà.
Giovanna: Qui Pietro è in un momento davvero tragico!
Luigi: Sì, è tutto specchio per noi: una cosa è
trovarsi in un ambiente dove si parla di Dio, dove Dio è al primo posto,
un’altra è essere dove avviene l’esatto contrario! Su di noi influisce la
mentalità e l’ambiente in cui ci troviamo.
Giovanna: Qui non viene detto, ma probabilmente Pietro
sentiva il rimorso.
Luigi: Eh, pensa un po’: proprio lui, che aveva
detto: “io non Ti tradirò mai”, adesso si ritrova a dire: “io quello non lo
conosco”!...
Adesso sta solo più aspettando che canti il
gallo.
Agata: Cadiamo settanta volte al giorno…l’unica
cosa è confidare in Lui.
Luigi: E proprio confidando in Lui non si ha neppure più la paura di
sbagliare, perché se anche sbagli: “sei Tu che me lo fai fare”.
Agata: Anche i sensi di colpa diventano
interessanti, sapendo che sono opera di Dio.
Luigi: Fanno capire che nella tua vita c’è la
presenza di Dio e che, quindi, non sei mai sola.
Agata: Tuttavia non bisogna mai riposarsi, mai dire
“sarò sempre con Dio”; perché?
Luigi: Perché con Dio si cammina con timore e
tremore…non dobbiamo mai essere sicuri; ogni cosa va sempre riportata a Dio,
vista dal Suo punto di vista…e questo non avviene senza di noi.
Agata: Quando avverto il timor di Dio non mi
piace…vorrei non avere paura di Dio
Luigi: Infatti Dio non vuole che abbiamo paura di
Lui.
Per “timore” va allora intesa
quell’attenzione costante verso di Lui, attenzione indispensabile perché senza
di Lui sbagliamo tutto, nel pensare, nel
parlare, nell’agire…diventa un progressivo accumularsi di errori su errori.
Ecco, si tratta di guardare a Dio non per
paura, ma per consapevolezza che Lui è
il Principio della nostra intelligenza, è il Principio della Luce e della
Verità.
E noi, dunque, in tutto ci dobbiamo sempre
lasciar guidare dallo Spirito di Dio…ecco, il vero legame che ci mantiene uniti
a Dio è proprio un legame di verità.
Pinuccia A.: Bisogna aver paura del giudizio
sì o no?!
Luigi: “Chi viene dietro di Me non è sottoposto a
giudizio”; cioè: il giudizio c’è solo quando non si segue Lui; se non lo
seguiamo, siamo giudicati tutti i giorni, ogni istante.
Come dico, non appena non tengo conto di Dio,
subito penso male, agisco male: ecco il giudizio.
“Il mondo è già giudicato”, dice Gesù.
Ma chi cerca Dio prima di tutto, non subisce
questo giudizio; al contrario, procede di luce in luce.
Per principio Dio è luce e comprensione, è
perdòno.
Dio perdona (sempre) tutto: siamo noi a
venirci a mettere in situazioni di “giudizio”…perché lo trascuriamo; il bambino
che non vuole tener conto della mamma e si mette a camminare da solo, cade: è
il giudizio.
È cioè Dio che dice: “vedi? Se
non Mi dai la mano non riesci a camminare”.
È cioè misericordia.
Chi cerca Dio trova misericordia in tutto,
perché vede in tutto Dio che lo sta pensando….anche quando sbaglia.
Non è che, se non Lo tengo presente, Dio mi
dimentica…no, Lui mi aiuta, mi aiuta
proprio con quello che io chiamo “giudizio”, che è in sostanza una Sua
misericordia.
Dico: è il pensiero del nostro io che ci fa
temere il giudizio; ecco perché dobbiamo superarlo.
Marisa: Uccidere Cristo è il più grosso errore,
diciamo così, che l’uomo possa fare; ci sono degli errori irreparabili, diciamo
così.
Luigi: Cristo non muore per condannarci, ma per
salvarci; tutto avviene in questa intenzione.
Pinuccia: Per poco che ci scostiamo da Dio Lo tradiamo,
anche se magari non diciamo proprio esplicitamente come Pietro: “non Lo
conosco”.
Luigi: Il non tradire Dio è Grazia Sua, non è certo
opera nostra.
Allora il
sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi
discepoli e alla sua dottrina. Gv 18 Vs 19
Titolo:
Argomenti:
25/ Settembre /1993
1° Tema: Il
sommo sacerdote.
Luigi: Cosa rappresenta questo sommo sacerdote che
interroga Gesù?
Franca: Interrogare significa stabilire un rapporto.
Luigi: Sì; e cosa vuol dire stabilire un rapporto?
Franca: La creatura ha bisogno di sapere, di
giustificare.
Luigi: Ecco, si interroga per giustificare la cosa;
e quand’è che si vede la cosa giustificata?
Franca: Quando la si vede nel principio.
Luigi: In un principio, in un punto fisso di riferimento;
qual è dunque questa massima autorità che, in noi, interroga Gesù?
La persona interroga perchè vuole riportare
tutto nell’unità, nel proprio punto fisso di riferimento…quando constata che
qualcosa sfugge al suo punto fisso di riferimento, essa è costretta ad
interrogare…che sia per scartare o per unificare, essa è comunque costretta ad
interrogare: perché è persona.
Delfina: Il sommo sacerdote non era interessato a
sapere, stava solo cercando dei pretesti per condannare Gesù.
Luigi: Certo; qui c’è un ben strano processo: si
decide di condannare prima di avere dei motivi per farlo.
Ed è esattamente ciò che avviene in ognuno di
noi: prima condanniamo, poi andiamo a cercare le giustificazioni.
Domenico: S.Agostino che chiede al Figlio (Adeodato) perché
interroga…non ricordo cosa avesse risposto Adeodato.
Luigi: Che si interroga per insegnare; cosa vuole
dunque insegnare a Gesù il sommo sacerdote?
Domenico: Che “Tu che sei uomo ti fai Dio”?
Luigi: No, non lo accusa di bestemmia.
Domenico: Vuole insegnargli che deve sottostare
all’autorità?
Luigi: Proprio quello.
Franco: Caifa rappresenta quell’autorità religiosa
che vuole sottomettere tutto non a Dio ma ad una regola, ad una teologia.
Luigi: Certo.
Franco: La vera interrogazione è insegnare all’altro
che non si sa.
Luigi: Si dovrebbe cioè insegnare che si ha bisogno
di unificare, perché c’è qualcosa che non entra nel proprio punto fisso di
riferimento.
Qui evidentemente qualcosa non entrava,
nel punto fisso di Caifa, e dunque gli
dava fastidio, perché lo contraddiceva.
Franco: È la
passione di assoluto, che provoca tutto questo.
Luigi: Sì, conduce lì, ma essa assume tanti
volti…in noi tende ad acquistare una certa autorità.
Qui vediamo che questa passione di assoluto
si fa autorità; logicamente, non essendo amore per la Verità, non è
intelligente.
Se fosse intelligente cercherebbe il punto
fisso di riferimento, mentre invece cerca di imporre.
Franco: Quindi è il vissuto, lo sperimentato ad ergersi ad autorità.
La vera autorità è invece il Pensiero di Dio
in noi.
Luigi: Ma bisogna essere aperti!
Guarda un po’ se negli uomini la vera
autorità è il Pensiero di Dio!...nel mondo la vera autorità è il pensiero
dell’io.
Giovanna: Gesù dà proprio fastidio.
Luigi: Non possono coesistere due autorità, dentro
di noi; si tratta di vedere cosa (chi) mettiamo prima di tutto.
Silvana: Questo sommo sacerdote rappresenta proprio
il nostro interesse principale, al quale rapportiamo tutto.
Luigi: Sì, il nostro interesse principale.
Silvana: Se non è Dio è il nostro io.
Luigi: Per essere Dio si richiede che il nostro
interesse sia Lui al di sopra di tutto.
Pinuccia A.: Se ho l’io al centro, i punti di
riferimento sono tanti.
Luigi: No, le tante cose che fai rientrano tutte, in
quel caso lì, nell’unico punto di riferimento: il tuo io.
Osvaldo: Questo sommo sacerdote che, in noi, si pone
in opposizione a Gesù…è il non riconoscere la verità?
Luigi: Sì; e perché alcuni non riconoscono la
verità? Perché tanti hanno così tanta difficoltà a riconoscerla? Non dovremmo
essere tutti attratti dalla verità?
Osvaldo: È che
sottomettersi alla verità costa.
Luigi: Ecco.
Rina: Amare vuol dire scegliere.
Luigi: È il
tempo stesso a costringerti a scegliere…il tempo è, per sua natura, selettivo.
Rina: Ciò che metto in me prima di tutto, diviene
il mio sommo sacerdote.
Luigi: Esatto; ed è poi ciò che determina tutto,
ciò che fa ragionare, giudicare, scegliere…
Pinuccia: Dio opera tutto per farci interrogare…la funzione
della parabola è proprio questa; l’assurdo sta nel legare “prima” la verità,
per poi interrogarla!
Luigi: Interrogare vuol dire insegnare: insegnare
ciò che, per noi, vale più di tutto.
Chi interroga ha già un suo punto fisso di
riferimento, e cerca di sottomettere tutto ad esso.
Pinuccia: Tutti interrogano per sapere.
Luigi: Sì, ma quel “volere sapere” è determinato
dalla presenza di qualcosa che dà fastidio, che non rientra, e che, dunque, si
è costretti ad odiare.
L’odio, come l’amore, è una passione di
unità.
Ecco perché il mondo deve odiare chi mette
Dio prima di tutto.
Sarebbe assurdo che “amasse”!
Pinuccia: Non capisco.
Luigi: E capire cosa vuol dire? Far entrare.
2° Tema:
Interrogò Gesù.
Luigi: Qui ci fa capire che in noi, insieme al
sommo sacerdote che interroga, c’è anche Gesù.
Se il sommo sacerdote interroga, significa
che ha davanti una realtà che contraddice la sua somma autorità.
Si tratta dunque di stabilire quale sia
questa realtà che, contraddicendomi, mi costringe ad interrogare.
Franco: È il
Pensiero di Dio in noi, a cui noi non vogliamo sottometterci.
Luigi: Sì;
in noi c’è questo Tempio di Dio; è una Realtà…noi non sappiamo cosa essa sia,
ma c’è…e, di solito, non collima con i nostri interessi!
È per questo che scatta
l’interrogazione, il giudizio.
Franca: Cerchiamo cioè di comprendere l’Infinito con
le nostre misure umane.
Luigi: Sì, cerchiamo di far entrare il mare nel
secchiello.
Ora, o noi facciamo di Gesù la nostra autorità,
o altrimenti, necessariamente, dobbiamo cercare di farLo fuori.
Ma, come dico, mentre è possibile gettare il
secchiello nel mare, non è sicuramente possibile fare il contrario…ma se per me
il secchiello è più importante del mare, cerco di fare proprio questo!
Domenico: Gesù dà fastidio solo quando viene a
propormi qualcosa.
Luigi: Gesù è il Pensiero di Dio, ed abita dentro
di te.
Domenico: Ma finchè non mi fa arrivare la Sua
proposta…
Luigi: La Sua presenza in te è come la presenza di
una persona nella tua stessa stanza, nella stanza dove ti trovi; non è
necessario che questa persona ti interroghi:
ti dà fastidio con la Sua sola presenza.
Tu puoi anche far finta che questo Pensiero
in te non ci sia, ma ugualmente Lui c’è,
e dunque ti determina un problema…fino a
quando non Lo sottometti tutto a te (ma questo, evidentemente, è impossibile),
o fino a quando non sottometti tutto di te a Lui.
La problematica tra creature, tra marito e
moglie, sta proprio lì: uno crea fastidio all’altro, per cui ognuno cerca di
sottomettere l’altro.
Franco: In noi c’è la presenza di un’altra Persona.
Luigi: Sì.
Franco: Hai detto che il sommo sacerdote interroga
per far sapere che Lui ha un altro punto fisso di riferimento…
Luigi: Prendiamo marito e moglie: il marito tenta
di sottomettere la moglie; secondo tentativo, la moglie cerca di sottomettere
il marito…falliscono entrambi; l’unica possibilità è che ci sia per ambedue,
come somma autorità, Dio.
Solo lì c’è possibilità di comunicazione.
D’altronde è logico: poiché il tuo punto
fisso di riferimento non è universale, non può far entrare tutto.
Franco: Se l’uomo fosse completamente aperto al
pensiero di Dio non avrebbe neppure bisogno di interrogare, di far sapere che
ha un altro punto fisso di riferimento.
Luigi: Con
Dio si dialoga sempre; si unifica proprio dialogando.
Giovanna: Perché l’uomo fa questo errore di voler far
entrare il mare nel secchiello?
Luigi: Perché ha un suo punto fisso di riferimento.
Tu compri questo registratore, e questo registratore diventa “tuo”, e se un
altro te lo porta via dici che te l’ha rubato.
Ogni cosa che tocchiamo viene cioè macchiata
dal pensiero del nostro io...tendiamo a porre su tutto il sigillo del possesso;
senza Dio è così, macchiamo tutto.
Giovanna: Ma è Dio a darci questa possibilità di
“macchiare”…
Luigi: Dio ci crea persone: in quanto tali,
rischiamo di dire: “questa cosa l’ho guardata io per primo, dunque è mia”; ed è
finita…l’altro non ha più diritto di guardarla, capisci? Resta tutto impostato
lì sopra: tutta l’economìa è basata sull’io che possiede.
Ecco, se non si accetta da Dio e non si
riporta a Dio, “naturalmente” scatta questo rapporto tra la cosa ed il tuo
io…non puoi più ignorare che in quella cosa hai messo le mani.
Giovanna: Perché si dice che ciò avviene “naturalmente”?
Luigi: Perché Dio è soprannaturale; tu vedi e
tocchi le cose, non Dio; dico, se pianti un fiore e qualcuno te lo pesta,
“naturalmente” ti senti offesa; cioè, tutto ciò che vedi e tocchi
“naturalmente” lo leghi a te.
Dio, invece, è soprannaturale: ecco perché
c’è una natura che va superata.
Gesù parla di “strada larga che conduce alla
perdizione”; ci dice cioè che, se viviamo secondo i sentimenti, non giungiamo
alla Conoscenza di Dio.
Dio non è “natura”; è trascendente e dunque
richiede, per conoscerLo, la dedizione del pensiero.
Giovanna: Se riporto il fiore a Dio non resto offesa
se qualcuno me lo pesta.
Luigi: E già, perché domandi al Signore perché (Lui)
ti ha mandato qualcuno a rovinare quel fiore che (Lui) ti aveva fatto piantare.
Cerchi cioè il Pensiero di Dio.
Pinuccia A.: Si diceva tempo fa che se ci
vedessimo ai raggi x vedremmo solo il nostro scheletro…
Luigi: …e allora non ci innamoreremmo di nessuno!
Pinuccia A.: Però Dio ci presenta l’aspetto
esteriore!
Luigi: È
proprio lì la fregatura.
Pinuccia A.: Ma perché tutto questo?! Prima ci
dà una natura e poi ci chiede di non vivere per essa…
Luigi: Dio fa le cose belle buone e vere; il vero è
ciò che viene prima di tutto: bellezza e bontà sono una conseguenza della verità.
La Verità va posta prima di tutto, perché, se
no, nel bello e nel buono c’è il pensiero del tuo io.
Più ti allontani dalla verità, più cresce il
pensiero del tuo io; ma nella Verità il pensiero del tuo io non entra; il
problema è che il bello piace, ma se provi a ragionare col piacere, stai
fresca!
Pinuccia A.: Ma perché non ci ha presentato
soltanto il vero, allora?
Luigi: Siccome Dio è Vero, Bello e Buono, le Sue
opere sono anch’esse così.
Lui solo è, e in tutte le Sue Opere Egli non
può dunque far altro che significare Sé stesso; la fregatura salta fuori in quanto si trascura la verità…e
allora si resta solo più con bellezza e bontà, restandone giocati.
Osvaldo: Solo dedicando molto pensiero si scopre
l’oggettività del Pensiero di Dio
presente in noi.
Luigi: Certo: di per sé, non puoi dimostrare che
non ci sia, e dunque non puoi ignorarLo; potrai dubitarne ma mai dimostrarne
l’assenza.
Pinuccia: Anche se Lo trascuriamo, ne subiamo però gli
effetti.
Luigi: Certo.
Pinuccia: Poiché ogni nostro problema dipende da
Lui (da Lui trascurato), i nostri
stessi problemi ci portano ad interrogare, ma non partendo da Dio cerchiamo di
legare la Verità; a questo punto interrogare Dio significa tentare di
annullarLo?
Luigi: Tieni
presente che, cioè
affermare un proprio punto fisso di riferimento.
Franca: È
inevitabile voler far fuori Gesù, perché siamo una passione di assoluto.
Luigi: Inevitabile un cavolo: lo devi far fuori
solo se hai un altro punto fisso di riferimento.
3° Tema...circa
i suoi discepoli ed il suo insegnamento
Nino: È una
curiosità ipocrita…qui Gesù è già stato condannato.
Luigi: Sì, Caifa sta andando alla ricerca di
pretesti per condannarLo,…per darsi ragione.
Franca: Il sommo sacerdote “in me” interroga il Pensiero di Dio che è “in me”: cosa
significa?
Luigi: Si interroga riguardo a tutto quello che può
dipendere da Lui.
Franca: Ma cosa vuol dire a livello personale, per
me?
Luigi: Prova a sposarti: Dio ha fatto il matrimonio
perché è una scuola stupenda (per la maturità dell’anima); eh, lì impari cosa
voglia dire interrogare l’altro circa le cose che fa, che dice, ecc.
Franca: Qui si vede chiarissimamente il preconcetto.
Luigi: È proprio
il capovolgimento che si determina quando non c’è l’amore per la Verità; si
giunge ad essere disposti alla falsificazione di tutto pur di darsi
ragione…ecco dove/come nasce la menzogna.
Franco: “Se anche vedessero resuscitare un morto non
crederebbero”;
Luigi:
Certo.
Giovanna: È
proprio questo bisogno di unità: potrei anche fregarmene, degli altri, ed
invece voglio che tutto rientri…
Luigi: Se ti sposi e vedi che il marito ti dà
fastidio, vorresti anche,magari, fregartene, ma non puoi, non ci riesci.
Giovanna: Vedi uno che fa qualcosa che non ti piace e
subito ti arrabbi…
Luigi: È così
in tutte le cose, anche minime…perché è soltanto con Dio che si è fatti capaci
di comprendere tutto, e quindi di sopportare tutto, ogni diversità.
Giovanna: In Dio rientra tutto.
Luigi: Sì, in Dio puoi unificare ogni diversità.
Silvana: Il Pensiero di Dio in noi ci fa arrivare una
certa parola, la quale ci pone in conflitto col nostro punto fisso di
riferimento.
Luigi: Sono le opere di questa Presenza che, non
condendo con le nostre opere, ci danno fastidio, provocano il fastidio,
Silvana: Questa scena rappresenta quando in qualche
modo dobbiamo giustificare di non accettare…
Luigi: Sì.
Pinuccia A.: Ma quando cerco delle ragioni per
giustificare il mio preconcetto, so benissimo, dentro di me, di stare barando.
Luigi: Sì, tu stessa ti dai torto marcio ma non
molli; tolto Dio c’è dentro di noi una forza che ci impedisce di accogliere la
Verità…è proprio un legàme enorme che, come dico, tolta la verità ci porta a
sbagliare/falsificare tutto.
Osvaldo: Bariamo sapendo di barare.
Luigi: Perché vogliono far fuori Gesù? Perché dà
fastidio,
Il problema
è sempre quello: cercare di eliminare ciò che dà fastidio,
Solo se si è con Dio la questione diviene
quella di cercare di capire, e non più di cercare di modificare.
E siccome solo il comprendere è vita, solo
con Dio c’è vita...noi non ce ne rendiamo conto, ma proprio togliendo ciò che
ci è contrario, ci suicidiamo.
Osvaldo: Ma come fanno a mandare a morte Gesù sapendo
di essere in torto?
Luigi: È un po’
come quando, in tempo di guerra, si fucilano i disertori.
Ci si giustifica con l’autorità: “io sono il
sommo sacerdote, chiuso!”.
Con Dio, invece, l’autorità è al servizio, è
“un servizio”.
Tolto Dio, l’autorità diviene imposizione.
Gesù gli
rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre
insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non
ho mai detto nulla di nascosto. Gv 18 Vs 20
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2/ Ottobre /1993
1° Tema: Gesù
gli rispose: “Io ho parlato apertamente al mondo”
Nino: “Mondo" è dove regna l'uomo; o meglio,
dove l'uomo "crede" di regnare.
Luigi: In un altro punto Gesù dice: “A voi che
siete dentro tutto è detto apertamente” (Mc 4,11); ecco, dove sta questo
“parlare aperto al mondo”?
“Come”
Lui ha parlato apertamente al mondo? Se c’è un parlare “aperto” implica
che ci possa essere un parlare “velato”…
Domenico: Qui dice che ha parlato apertamente al
mondo, quindi non opera più alcuna distinzione tra chi è dentro e chi, essendo
fuori, riceve il Suo parlare in parabole.
Luigi: Sì; andiamo dunque alla ricerca di cosa sia
questo “parlare aperto”.
Domenico: È quando
rivela la Sua intenzione.
Luigi: Proprio così: uno parla apertamente quando
ti rivela la sua intenzione; quand’è, allora, che uno parla “velato”?
quando mantiene nascosta la propria
intenzione.
Giovanna: C'è un parlare ambiguo.
Luigi: Certo; io posso volere una cosa, però non te
lo dico, ci giro intorno; notare bene
questo: l'intenzione è propria della persona; anche la Persona Divina ha dunque
una Sua intenzione.
Giovanna: Però anche Gesù, abbiamo visto, ha un
parlare ambiguo, rispetto a Lazzaro morto/Lazzaro dorme…
Luigi: Le parabole sono tutte un parlare ambiguo,
però Lui ha avuto, verso il mondo, un
parlare aperto, nel senso che ha detto apertamente ciò che vuole, quello che
vuole che l’uomo ponga prima di tutto.
Le parabole riguardo al Regno di Dio sono
invece un parlare schermato.
Franco: Quando il Vangelo dice: “disse allora
apertamente: Lazzaro è morto”, ci dice che passa dal parlare velato a quello
aperto…lì non si può più non capire.
Luigi: Lì siamo ancòra comunque sempre in un
parlare velato; per Gesù la morte è un parlare velato.
Franco: Tutta la pubblicità usa un parlare velato.
Luigi: Certo: vogliono i tuoi soldi, ma dicono che
vogliono farti un piacere.
Silvana: Tutti possono capire che Gesù ci dice di
mettere Dio prima di tutto.
Luigi: Sì, possono capire che questa è la Sua
intenzione; abbiamo visto in questi giorni che il Regno di Cristo è il Regno
della Sua intenzione (“la settima tromba dell’apocalisse per Marta”, 26
settembre).
Pinuccia A.: Però noi non diamo spazio a
questa intenzione…
Luigi: Questa è un’altra faccenda, la risposta
nostra è un altro discorso…se uno mi dice: “và a lavorare nella mia vigna”, si
tratta di un parlare aperto; ora, che poi dopo io ci vada o meno, è un’altra
cosa, capisci?
Però, ecco, ciò che EGLI vuole lo ha
affermato apertamente al mondo, a tutti.
Osvaldo: Marco scrive che Gesù proponeva agli Apostoli
la Parola secondo quanto essi erano in grado di capire (Mc 4,33).
Luigi: E a seconda della nostra risposta, Lui ci fa conoscere il Padre,
Pinuccia: Gesù non ha mai parlato a doppio senso.
Luigi: In realtà ha sempre parlato a doppio senso!
È soltanto nella comunicazione
della Sua intenzione che Lui ha parlato
apertamente.
Pinuccia: In ciò è sempre stato chiarissimo: “cercate
prima di tutto il Regno di Dio”.
Luigi: Sì, questa è la Sua intenzione…perché l’uomo
non vede il Regno di Dio, pur essendovi immerso, e dunque necessita che Dio gli
dica di cercarLo, di impegnarsi in Esso, “perché c’è!”.
È questa la Sua intenzione, il
Suo invito a pranzo.
2° Tema“…ho
sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio”.
Nino: “Sinagoga” è il luogo dove regna la Legge,
mentre “Tempio” è il luogo dell’anima.
Luigi: La sinagoga era il luogo in cui si meditava
la Scrittura.
Nino: Ma prima di Gesù vi si privilegiava la
Legge.
Luigi: Cristo entra in questo mondo della legge e
della Scrittura.
Franca: Questo Suo insegnare riguarda chi ha
interesse.
Luigi: SI tratta di luoghi privilegiati. Cosa vuol
dire insegnare?
Franca: Aiutare a vedere tutto dal principio.
Luigi: Sì: insegnare a vedere.
Delfina: Il tempio è la casa del Padre però Gesù
insegnava anche fuori di esso.
Luigi: Certo.
Domenico: Non capisco la differenza tra tempio e
sinagoga.
Luigi: Il
tempio era uno solo, ed era in Gerusalemme, mentre le sinagoghe erano in ogni
città.
Giovanna: Dopo aver detto che Lui ha sempre comunicato apertamente la
propria intenzione, dice che ha sempre insegnato…perché?
Luigi: Una cosa è comunicare l’intenzione, altra
l’insegnare, cioè il condurre a vedere/constatare; Lui insegna a coloro che rispondono alla Sua
intenzione, a coloro che rivelano interesse.
Chi ha interesse viene a trovarsi nelle
sinagoghe e nel tempio, e lì, allora,
Lui continua il Suo discorso.
Il Regno di Cristo è proprio il Regno
dell’intenzione del Padre,
Franco: Perché dice “sempre”?...Cristo non è nel
“sempre”: “non sempre avrete Me”.
Luigi: Ci rivela che il Figlio di Dio insegna
sempre.
Franco: Non solo in quel momento storico.
Luigi: Logico; là dove c’è una “sinagoga” (“sin”
vuol dire “insieme”), dove ci si unisce per imparare, Lui c’è sempre.
Franco: “Dove due o tre sono riuniti nel Mio Nome”…
Luigi: Ecco, lì
Lui risponde alla fame.
Silvana: Manifestano la Sua intenzione ci rende
possibile conoscerLo: è perché così ci fa capire che è possibile conoscerLo?
Luigi: Se
Lui non parla non abbiamo la possibilità: è il dono della Parola; si
tratta di capire, allora, in cosa consista questa possibilità
Silvana: Può seguire la Sua intenzione solo chi ha
messo Dio prima di tutto.
Luigi: Ma anche questa giustizia essenziale non la
si può fare se non per dono/grazia di Dio…se, cioè, Dio non parla.
L’uomo è un essere dominato da ciò che ha
presente…se dunque Dio non ti fa giungere la Sua Parola, tu non puoi che vivere
per ciò che vedi e tocchi; è inevitabile…perché per te la realtà è questa e
dunque essa ti condiziona, ti determina.
La nostra volontà non è per niente
libera…essa non è altro che desiderio di ciò che si presenta; è determinata
da-, dunque non puoi volere altro.
Silvana: Quindi la Parola entra in questo campo.
ti fa vedere un’altra Realtà
Luigi: Sì; evidentemente tu devi avere, dentro di
te, la Presenza di Dio; se parli di Dio ad un cane, esso non riceve
nulla…evidentemente la Parola ti collega ad una Presenza che abita in te;
siccome però tu non ne sei consapevole, la Parola ti fa da ponte con ciò che
vedi e tocchi; ecco, collegandoti alla Presenza di cui sei portatrice, ti fa
acquisire una nuova possibilità.
Evidentemente la Grazia è di Dio: con la Sua
Parola Egli ti convoca.
Pinuccia A.: “Nelle sinagoghe e nel tempio”,
cioè “nel vostro mondo interiore.
Luigi: Certo.
Osvaldo: La rivelazione che il Figlio di Dio parla
sempre avviene solo quando si fa esperienza di morte?
Luigi: Sì, perché in punto di morte si forma in te
un grande bisogno di trovare la vita, ragion per cui lì la rivelazione
dell’intenzione si rivela lì molto efficace.
Fintanto, invece, che tu trovi vita in altro,
la comunicazione di Dio è relativa.
Ma quando sei davanti al
fallimento/annullamento di tutto, sei pronto alla (vera) scoperta del vero
valore.
Pinuccia: Poiché sinagoghe e tempio sono i luoghi dove
Dio è messo al centro, solo chi ha questo interesse può ricevere questo
insegnamento.
Luigi: Lui
insegna “dentro”.
3° Tema Dove si radunano tutti i Giudei.
Delfina: È la
necessità di trovarsi tutti con un’unica intenzione.
Luigi: Con quel determinato interesse prima di
tutto.
Giovanna: Dio parla sempre, ma si è anche detto che
“se Dio non parla non abbiamo la possibilità di”…
Luigi: Tutta la creazione è una parola, però non è
un’intenzione; nelle cose tu non vedi l’intenzione di Dio, bensì vedi ciò che
esse suscitano in te, i desideri che suscitano in te.
Giovanna: Siamo fatti così.
Luigi: La tua volontà non è altro che forza di
attrazione di ciò che hai presente.
Giovanna: Ma perché non sempre si aderisce alle Parole
del Cristo che ci parlano del Padre?
Luigi: Perché Dio non lo vedi presente così come,
invece, vedi presente un Suo segno…ecco, Dio ti presenta la Sua Realtà, ma essa
è interiore, mentre fuori, per te, c’è sempre un qualcosa di “concreto”.
C’è cioè l’invito di Dio, ma c’è anche sempre
la nostra possibilità di rispondere: “ho i buoi, i campi”, ecc.
All’invito di Dio tu puoi opporre la realtà
materiale; si tratta di superare quest’ultima, e questo costa: è il prezzo da
pagare; se lo paghi, scatta il valore, il prima di tutto.
Franco: Oggi è la festa degli Angeli Custodi; gli
Angeli dei bambini, che vedono sempre il Volto del Padre, non necessitano della
Parola che renda loro presente il Padre.
Luigi: Anch’essi necessitano della Parola, tant’è
vero che chiedono questa Parola all’adulto, cioè interrogano.
Franco: Avere presente il Volto del Padre non è
dunque sufficiente?
Luigi: No; certamente i pensieri del bambino vedono
molto di più la Realtà/Padre che non la realtà esterna, ma sono comunque
davanti ad un divario che non possono colmare, e allora essi domandano:
“Perché?”.
Il più delle volte ricevono risposta di uomo,
anziché Parola di Dio, e allora subiscono lo scandalo; il bambino è fatto per
salvare l’adulto, ma spesso dall’adulto viene tradito.
Franco: Gli angeli dell’adulto il volto del Padre
non Lo vedono?
Luigi: No.
Franco: Però l’Angelo, di per sé…
Luigi: “Angelo” è l’annuncio, è ciò che “parte
da-“; ora, mentre ciò che parte dal bambino vede il Volto del Padre, quanto
parte dall’adulto non Lo vede.
Franco: Ciò che parte da- è l’Angelo?!
Luigi: Esattamente: il messaggio che parte.
Ci sono messaggi che partono da Dio, ed altri
che partono dall’uomo.
Franco: L’adulto può essere inondato di annunci di
Angeli di Dio, ma non accorgersene minimamente.
Luigi: Perché l’adulto àltera.
Pinuccia A.: Se l’angelo è un annuncio che
parte da me che senso ha pregare l’angelo custode?!
Luigi: L’Angelo di Dio è una cosa, il tuo Angelo
altra cosa.
Pinuccia A.: Eh?
Luigi: Gli Angeli dei bambini contemplano il Volto
del Padre; e questi “angeli dei bambini” si concretizzano in desiderio di-;
ora, il desiderio del bambino procede dal Volto del Padre, non così il
desiderio dell’adulto.
Pinuccia A.: Ma esiste o no questo angelo
custode?
Luigi: Ma tutto esiste, tutto realtà, tutto è
persona!
Angelo di Dio è l’angelo che ci annuncia Dio.
Pinuccia A.: Se il bambino che interroga
riceve parola di uomo…è colpa di Dio! È
Dio che deve far arrivare le Sue Parole, poiché il bambino è innocente.
Luigi: Il bambino riceve parole di uomo in quanto
si rivolge all’adulto (e non può fare diversamente).
È da tenere ben presente che i
bambini sono per salvare gli adulti; Dio pone davanti all’adulto una situazione
innocente, di puro rapporto con Sé: lo fa per salvare l’adulto, per provocarlo
ad un rapporto puro con Lui.
Se l’adulto non ascolta la sollecitazione
divina, scandalizza il bambino, perché lo devia su cause seconde…Dio ha
operato, l’uomo non ha accolto; e il bambino che subisce scandalo è ancora
(anch’esso) segno di Dio per l’adulto, specchio del suo male, del suo errore.
Nel bambino si spegne il sogno dell’assoluto,
e l’adulto ha una lezione anche da questo fatto.
Pinuccia A.: Non c’è via d’uscita!
Luigi: Un momento: Dio è in tutto ed opera in
tutto; se fa toccare con mano all’adulto la rovina che crea, lo fa ancora per
salvarlo.
Pinuccia: “Dove si radunano i Giudei”; cioè dove si
raccolgono i nostri pensieri.
Luigi: Certo: i nostri pensieri sono fatti per Dio,
e a un certo momento si trovano tutti lì.
4° Tema: E non
ho detto nulla in segreto.
Luigi: Gesù ci propone una contraddizione, perché
altrove ha affermato esplicitamente di non dire tutto, che c’è una parte
segreta riservata solo a chi ha interesse (“A voi che siete dentro…” LC 8,10).
Nino: Non ha detto nulla in segreto perché Lui comunica tutto al pensiero di Dio in noi;
noi però possiamo soffocare tutto questo…
Luigi: Teniamo ben presente questo: nel Suo
Pensiero “non c’è nulla di nascosto che non debba essere rivelato”.
Domenico: Il Suo parlare è segreto o meno in relazione
a chi ascolta; finchè si guarda a-, il Suo è un parlare “segreto”; se si guarda
da-, il Suo è un parlare aperto.
Luigi: Certo.
Giovanna: Lui
ha comunicato a tutti la propria intenzione.
Luigi: E già!
Franco: Tutto quello che Gesù ha detto è completo
nella Sua essenza.
Luigi: Sì, tutto è rivelato nella Sua intenzione,
ma tu devi aderire ad essa.
Franco: “Vi ho fatto conoscere tutto”, dice Gesù.
Luigi: Sì, ma questo è vero solamente nel Suo
Pensiero; fuori da esso, non capisci nulla.
Nel Pensiero di Dio si ha tutto, ma non è
detto che si sia, in questo Pensiero.
Osvaldo: Si può anche leggere il Vangelo nel pensiero
dell’io, fraintendendo tutto.
Luigi: Certamente.
Pinuccia: La sua intenzione l’ha detta apertamente: ha detto che nel Suo
Pensiero c’è tutto, ma per noi è segreto; dunque Gesù ci dice di chiuderci nel
segreto della stanza in modo da riunire i nostri pensieri nel Pensiero di Dio
Luigi: Sì.
Pinuccia: Conclusione: non c’è nulla di segreto, però
tutto è segreto!
Il parlare aperto del Figlio di Dio lo
comprendiamo soltanto nel segreto della nostra stanza.