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Detto questo Gesù andò coi Suoi discepoli oltre il torrente Cedron, dove c’era un giardino,  e vi entrò con i Suoi discepoli. Gv 18 Vs 1


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19/ Giugno /1993


1° tema: “Detto questo”

Luigi: Ci fa capire che esiste una continuità con quanto ha detto nel capitolo 17; dunque, quel che succede adesso sta in relazione con esso, ne è la conseguenza.

Domenico: All’inizio del cap.17 troviamo: “Così parlo Gesù”.

Luigi: Sì, fa un discorso continuativo, per condurre ad una meta ben precisa; in questo cammino il cap.18 ha un suo significato.

Osvaldo: Questa separazione in capitoli è stata fatta da Giovanni?

Luigi: No, è avvenuta in seguito. Una volta non si metteva neppure lo spazio tra una parola e l’altra; pensa che l’alfabeto ebraico non aveva le vocali! La divisione in versetti è opera dei monaci del Medioevo.

Giovanna: Ma la preghiera di affidamento del cap.17  Lui la fa quando loro non capiscono ancora.

Luigi: Gesù la dice per affidare al Padre, la dice perché ha preparato gli animi ad essere affidati al Padre;  Lui non dice questa preghiera all’inizio della sua vita. A questo punto, loro sanno di cosa  Lui parla.

L’opera conclusiva del Cristo è quella di affidare al Padre, in modo che si possa ricevere dal Padre quanto  Lui stesso dal Padre riceve, di modo che “siano tutti una cosa sola”. Questo “essere una cosa sola” non dipende dalla nostra volontà, ma è una conseguenza della conoscenza dello Spirito che viene dal Padre e dal Figlio.

È Dio, che ci fa uno; nel pensiero del nostro io, invece, creiamo divisioni su divisioni.

Ora, Gesù che esce e va oltre il Cedron, è un fatto conseguente delle parole che  Lui ha detto prima; cioè, l’azione diventa la conseguenza di un certo parlare, diviene una “realizzazione del parlare”.

L’inizio del cap.17 era: “così parlò Gesù”, cioè abbiamo l’opera attraverso cui Gesù prepara la nostra anima all’affidamento al Padre, Poi avviene l’affidamento. Dopo compie quell’opera predetta.

Giovanna: Ecco perché  Lui fa questo affidamento quando ancora non siamo morti a noi stessi…

Luigi: Gesù, con la Parola, anticipa; poi, con l’azione dà la possibilità di realizzare: Prima ti spiega come si nuota, e poi ti butta in mare! Perché tu non puoi imparare a nuotare per corrispondenza!

Dico:ti butta in mare in quanto  Lui se ne va; con la Parola, dunque Egli anticipa la cosa.

Se tu hai creduto, e hai capito, sei preparata: però la realtà è sempre Lui, a farla. Adesso, mettendoti nella Realtà. Ti dà la possibilità di sopportarla.

Pinuccia A.: Gesù parla con logica, dunque anche questo quindi anche il “detto questo” è un condurci passo per passo.

Luigi: Sì, è conseguenziale. Anche la realtà fa parte della logica; se noi sapessimo leggere vedremmo la logicità della realtà nella quale siamo immersi. Nel pensiero dell’io invece vediamo tutto “a pezzi”.

Ora, attraverso il Suo parlare Dio ci conduce a vedere il Suo Pensiero in tutto: lì abbiamo la chiave con cui poter aprire e vedere la logica perfetta che c’è in ogni avvenimento. Tutto l’universo è fondato su una razionalità stupenda, infatti è matematico.

E come c’è questa logica nelle leggi universali, a molto maggior ragione essa c’è negli avvenimenti della nostra vita personale.

C’è questa logica assoluta, nella vita di ognuno di noi, ed è in relazione alla nostra mentalità, perché Dio la tiene presente:  Lui è in continuo colloquio con noi.

Pinuccia: All’inizio del cap.17 dopo “così parlò Gesù”, Cristo parla al Padre,

Luigi: Sì, il discorso che ha fatto prima si conclude con questa preghiera: tutte le Sue Parole concludono lì. Gli avvenimenti successivi presuppongono queste parole conclusive: inizia la realizzazione di quanto ha detto.

2° Tema: Gesù uscì con i Suoi discepoli.

Luigi: Ogni parola richiede una partenza, un uscire dal nostro mondo: da quel mondo in cui la parola è arrivata; solo se partiamo la parola si realizza, cioè solo se partiamo arriviamo a vedere la realtà che corrisponde alla parola.

Delfina: Gesù esce “con i Suoi discepoli”…

Luigi: Certo, è per noi che fa queste cose; ci conduce fuori dal nostro mondo, dal luogo in cui ci troviamo; la Parola di Dio è così potente da farsi sentire in qualsiasi pensiero noi ci troviamo…certo, magari noi la scambiamo per ‘coscienza’, ‘rimorso’, ma in realtà è Dio che interviene.  Siamo in un pensiero, e ci accorgiamo di non essere soli.

In termini estremi: la Parola arriva là dove tu sei, ma tu, per vedere la realizzazione di questa Parola, devi essere condotto a vederla dal Padre, perché è il luogo in cui si trova il Figlio.

Lui entra nel nostro mondo annunciandoci cose diverse  da ciò che noi abbiamo presente: fa questo per condurci a vedere la realtà corrispondente agli annunci…sostanzialmente: per condurci a vedere la realtà che corrisponde alla Parola generata dal Padre,

La realtà in cui ci troviamo è creazione di Dio, ma noi non la vediamo tale: e infatti noi non intendiamo la Realtà.  Ora, si vive veramente solo in quanto si trova la Realtà, non in quanto si trovano delle parole: le parole non danno vita.

Lui viene nella nostra realtà sentimentale per inserirci in quella Realtà che è intellettuale, spirituale, dove si vive di conoscenza.

Fabiola: Qual è il significato di questo passaggio?

Luigi: Sulla terra si trovano le cose in quanto si sentono, ma nel campo dello Spirito  si trovano perché si conoscono. Nel campo del sentimento si incontrano le cose ma non  si sa cosa siano; solo da Dio, conoscendole da Dio, si sa cosa siano.

Silvana: I Suoi discepoli lo seguono, cioè continuano a seguire il Suo parlare.

Luigi: Si entra nel Regno della Verità ascoltando. Anche l’azione di Dio è il discorso che continua. Chi fa tutto è Dio: noi dobbiamo solo ascoltare, seguire, capire.

Pinuccia A.: Questo passaggio al Regno di Dio è la nascita spirituale?

Luigi: Certo, si nasce per effetto di luce. Conoscendo sei cambiata.

3° Tema: “Oltre il torrente Cedron”

Franca: Il torrente è qualcosa che porta via…

Luigi: Era il torrente che separava Gerusalemme dal Monte degli Ulivi…è la separazione tra la Città di Dio e il luogo del tradimento.

Domenico: Alla fine del cap.X li aveva portati oltre il Giordano, in terra pagana…

Luigi: Cosa troviamo oltre il Giordano? Un giardino. All’inizio della creazione abbiamo un giardino, e lo ritroviamo anche qui, alla conclusione della creazione: il “tutto compiuto” avviene con la Morte di Cristo. Tieni presente che “agonia” significa “conflitto”, e conflitto è discussione. C’è questa “discussione”, questa lotta che si forma dentro ognuno di noi: è la lotta tra la nostra realtà e la Sua Realtà.

Ora, la durata dell’agonia è relativa al nostro grado di purezza, al livello della nostra dedizione a Dio,

Ecco: il tempo dell’agonia si prolunga perché in noi c’è questa difficoltà a passare al campo del pensiero…è che le nostre passionalità ci trattengono: ma più opponiamo resistenza, più l’agonia si fa dura.

Osvaldo: Gesù è l’incarnazione di Dio nel campo dei segni…torrente, giardino, tutto ha un suo significato.

Luigi: Sì, tutto è segno. Gesù li sta portando in un luogo di agonia, cioè porta l’uomo a lottare tra la sua (dell’uomo) realtà e la Realtà Divina, in modo che possa sottometterla ad Essa.

Infatti la conclusione dell’agonia è: “Se è possibile passi da Me questo calice, ma non la Mia bensì la Tua volontà sia fatta”.

Ecco, rivela che l’essenza dell’agonia di ogni uomo è un conflitto di volontà.

Giovanna: Non ho ancora ben capito questo torrente Cedron.

Luigi: Rappresenta la divisione tra la Città di Dio (dove, cioè, Dio ti fa arrivare la Sua proposta) e il luogo dell’agonia; diciamo che è il luogo in cui l’uomo rivela sé stesso, dove rivela il valore che dà alla proposta di Dio, è che lì deve superare tutto il suo mondo.

Certo, può anche non superarlo, ma resta il pensiero di quella proposta che non ha accettato.

Cris: È un annuncio…

Luigi: Annuncio e proposta che deve portarti ad una scelta personale e quindi ad un conflitto, perché tu scegli in quanto lasci…e lasciare costa!

4° tema: Là dove era un giardino

Franca: Adamo ed Eva nell’Eden riportavano tutto a Dio, poi quando non riportarono il loro io cominciò la lotta…

Luigi: Ora qui abbiamo la ricostruzione di quel giardino; si ritorna alla lotta iniziale, ma qui non abbiamo più l’iniziale stato d’innocenza: qui c’è sangue sparso, perché tu sei attaccata a tante cose.

Osvaldo: Cosa ci dice Dio con il giardino?

Luigi: Il giardino è un luogo di fioritura, di vita; infatti nel Paradiso Terrestre c’erano alberi che servivano, con i frutti, all’alimentazione.

Lì non si mangiava carne. Non c’era il problema di uccidere per vivere. Il giardino è dunque il luogo della vita. C’era l’albero della vita, cioè della Conoscenza di Dio, C’era anche l’albero del bene e del male, cioè del nostro io, il quale di per sé non è certo male, l’importante è che non ci nutriamo dei suoi frutti, perché la vita consiste nel mangiare i frutti dell’albero della vita.

Franco: È la morte di Cristo che dà significato anche al giardino.

Luigi: Si capisce, l’anima di tutto è sempre il Pensiero di Dio; in quel giardino non entriamo da soli, ma con Lui; e la Passione la subisce Lui, noi ne siamo solo spettatori…ma domani saremo  noi, a subirla.   Lui l’ha subita per primo in modo da darci la possibilità di sopportarla quando avverrà a noi.

Giovanna: Il giardino è segno di vita, però anche di conflitto…

Luigi: All’inizio era segno di vita, poi diventa segno di conflitto, certo, ma perché? perché la vita diventa così, diventa conflitto.

Fabiola: In che senso domani la passione la subiremo noi?

Luigi: Il conflitto è un passaggio necessario, perché la vita richiede una scelta; la vita è amore e amare vuol dire mettere prima di tutto qualcosa e lasciare il resto. Il problema si determina in quanto noi vorremmo scegliere senza lasciare!

Pinuccia A.: Tutti devono proprio affrontare questo conflitto?

Luigi: Tutti coloro che vogliono entrare nella Conoscenza.

Pinuccia A.: Ma c’è qualcuno che ha messo Dio prima di tutto fin dall’inizio?

Luigi: Se ci fosse non ci sarebbe stato bisogno della morte di Cristo; invece Gesù è morto per tutti.

5° tema: E vi entrò con i Suoi discepoli

Franca: Gesù ci porta nel luogo dove deve avvenire il passaggio.

Luigi: Sì, Gesù non ci lascia soli durante il conflitto…per cui, tu dai una valutazione, certo, ma la dai con Lui. Cioè, tu dai una valutazione tra questo e quello, però la scelta è giustificata nel Pensiero di Dio…cioè, in un dato c’è il pensiero del tuo io, nell’altro c’è il Pensiero di Dio,

Franco: Non siamo mai soli.

Luigi: Se restiamo con Lui; però possiamo lasciarlo.

Giovanna: Nel conflitto  Lui c’è.

Luigi: È  Lui stesso, che ci butta lì; noi dobbiamo tenerlo presente, perché in caso contrario vediamo solo ciò che perdiamo.

Fabiola: Adamo ed Eva erano favoriti perché erano in relazione diretta con Dio,

Luigi: No; loro sono rivelazione di ciò che noi siamo e facciamo, perché anche ognuno di noi è in questa relazione diretta.

Silvana: Il conflitto nasce perché arriva la proposta; se poi la rifiutiamo, il conflitto resta.

Luigi: In quel caso si inizia ad esperimentare la morte, il non significato di tutto.

Se accogli la proposta, invece, tramite il conflitto entri nel campo del significato delle cose.


Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. Gv 18 Vs 2


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26/ Giugno /1993


1° Tema: Anche Giuda conosceva il posto

Franca: Prima diceva “vi entrò coi Suoi discepoli”; anche Giuda era un discepolo.

Luigi: Ma Giuda non c’era.

Franca: L’altra volta hai detto che nessuno si può scusare di non conoscere, quindi anche Giuda…

Luigi: Anche Giuda conosce il luogo; ci fa capire che quel luogo è conosciuto sia da coloro che amano Dio, sia da chi pensa a sé stesso.

Franca: Ecco, nessuno potrà dire: “Io non sapevo dove trovarlo”.

Luigi: Certo; vediamo infatti che quando Giuseppe e Maria cercano Gesù, si vedono da Lui rimproverati: “non sapevate che…”; implicito: “dovevate saperlo”.

Ragion per cui, se tu non cerchi nel luogo giusto, sei in colpa…tutti cercano Dio, ma lo fanno nel luogo sbagliato.

Franco: Per tradire bisogna conoscere, se no non ci può essere tradimento; qui è evidentissima la relazione tra  conoscenza e tradimento.

Luigi: Cosa significa “tradire”?

Franco: Deriva dal latino “tradere: “consegnare”.

Luigi: E consegnare cosa significa?

Franco: Nel campo dei segni è evidente il tradimento di Giuda: ha consegnato Giuda alle autorità.

Luigi: E spiritualmente?

Franco: Che pur avendo riconosciuto che la verità è quella di Cristo…

Luigi: …tu la consegni all’autorità! vai a cercare cosa ne dice l’autorità.

E invece bisogna assumersene la responsabilità, personalmente.

In caso contrario la si consegna ad un principio inferiore rispetto a ciò che Dio è.

Dio giura su Sé stesso: io non devo sottometterlo ad altro!

La Verità ha un Suo proprio criterio; tradire vuol dunque dire sottomettere ciò che è superiore a qualcosa che è inferiore.

Osvaldo: Giuda è stato tradito dalla passionalità; nella passionalità dunque non si ragiona, si può dire?

Luigi:  Certo; l’uomo dominato dalla passione non è in grado di ragionare: resta, appunto, ossessionato/dominato da_, non capisce altri argomenti: soprattutto, non capisce il ragionamento della Verità.

È come se tu avessi una spina in un piede: ti possono fare tutti i ragionamenti di questo mondo, ma non puoi pensare ad altro che alla spina!

Giovanna: Anche Giuda conosce il luogo del conflitto.

Luigi: E già: lo conoscono tutti, ma non tutti reagiscono allo stesso modo: c’è chi sottomette tutto a Dio, e chi invece preferisce altro, altro a Dio…e allora dovrà, a un certo punto, tradire: inevitabilmente.

Ognuno di noi ha questa guerra dentro, perché ad ognuno di noi arrivano i sentimenti, le impressioni del mondo.

Ora, quando tu non hai un pensiero al di sopra di tutto, finisce che tutto ciò che vedi e tocchi diviene tua intenzione.

Noi siamo inevitabilmente effetto di ciò che vediamo, a meno che abbiamo un’intenzione superiore, che allora assorbe ciò che vediamo e ci mantiene così liberi.

Si tratta cioè di avere l’intenzione di Dio prima di tutto: in questo caso continui a vedere le cose, ma non ne diventi succube: la cosa, in te, non diventa desiderio, appunto perché porti un desiderio superiore.

Quindi, il conflitto è tra le cose che vediamo e tocchiamo ed il Pensiero di Dio che non possiamo annullare.

Ora, se non metti Dio prima di tutto, tu dici: “non vorrei…”, ma resti costretta a farlo; ciò che ti arriva dal mondo diventa più forte, ti domina.

Giovanna: Anche Giuda aveva sentito la preghiera di affidamento, poi Gesù entra nel luogo del conflitto.

Luigi: No, Giuda è andato via prima, durante l’ultima cena: i capitoli dal 13 al 17 si svolgono senza di lui.

Giovanna: Il tradire è sempre un vendere ciò che vale di più a ciò che vale meno.

Luigi: Sì, è un capovolgimento di valori; Dio è il massimo valore, ragion per cui la Sua Verità non va sottomessa ad alcun altro criterio.

Pinuccia A.: Tutti conoscono il conflitto, ma tutti conoscono anche il luogo in cui trovare Cristo?

Luigi:  Lui si trova proprio in quel conflitto lì.

Pinuccia A.: Allora quando ci troviamo nel conflitto Lo incontriamo.

Luigi: No: il Cristo sta nel conflitto perché del conflitto Egli è l’elemento determinante…il motivo per cui tu ti trovi nel conflitto è proprio determinato dal fatto che c’è una Presenza diversa, due amori; a questo punto bisogna vedere come tu ti comporti, in quel luogo lì.

Pinuccia A.: Però non si può dire, a chi non approfondisce: “voi dovete sapere dove si trova il Cristo”, perché ti rispondono: “è fantasia”.

Luigi: Se tu vuoi comunicare che l’uomo è una passione di assoluto, devi prima aver ben interiorizzato la cosa; anche per quanto riguarda il luogo, devi dare elementi che l’altro possa verificare, in modo che possa dire: “è vero”.

Pinuccia A.: Ma nessuno lo sa!

Luigi: Il sapere viene da Dio, perché tu la cosa la subisci; che ci si trovi nel luogo del conflitto, tutti lo verificano: ma nessuno sa spiegarlo.

Ci vuole uno che faccia la diagnosi: “guarda che questo conflitto è determinato da questa causa”.

Ti deve venir fatto constatare, in modo che tu possa dire: “è proprio così”.

Se no ti limiti a subirne gli effetti, senza minimamente comprendere che è determinato dalla Presenza ; se te lo dicono puoi approfondire e scoprire che è vero.

Pinuccia: Definire il Getzemani “orto dell’agonìa” e “orto del conflitto”…l’aspetto del conflitto è l’agonìa?

Luigi: In ebraico Getzemani vuol dire “luogo del torchio”.

Pinuccia: Entrare nel conflitto con Gesù significa poterlo leggere.

Luigi: Tutti, entrano in quel luogo, ma non tutti ne escono allo stesso modo: c’è chi ne esce tradendo, chi amando, chi fuggendo.

2° Tema Perché Gesù vi era stato sovente.

Luigi: Gesù era stato sovente nel luogo del conflitto. Per noi ciò cosa significa?

Franca: Che ci ha dato la possibilità di conoscerlo.

Luigi: Vuol dire che ha provocato sovente, nei discepoli, questo conflitto; il Suo parlare li conduceva spesso in quel conflitto.

Franca: Infatti dice il Vangelo che sovente i discepoli non capivano, e non osavano chiedere.

Delfina: In tanti posti si vede Gesù che istruisce i discepoli.

Luigi: I luoghi sono dei segni; se Lui, parlando, ti conduce nel Getzemani, non è che ti conduca tanto in quel luogo lì, ma è che ti porta nel significato di esso, nel suo significato spirituale.

Guarda il discorso che  Lui fa al giovane ricco…lo porta in un conflitto: “vendi ciò che hai e seguimi”; ecco, il giovane ricco è nel Getzemani, e come ne esce? Rinunciando: se ne va.

Franco: C’è differenza tra questo conflitto e i precedenti, quando era presente anche Giuda.

Luigi: Giuda era stato condotto varie volte, in quel conflitto, e anche Lui ha dovuto dare delle risposte, inevitabilmente: quando si entra in un conflitto è infatti perché qualcuno ci fa una proposta diversa da ciò per cui viviamo.

Franco: Questo è l’ultimo conflitto.

Luigi: Certo: ti fa capire che tutto è preparato.

Osvaldo: Quando li portava nel Getzemani diceva ai discepoli che aveva questo significato spirituale? Perché dice: “a voi che siete dentro è dato capire i Misteri del Regno di Dio”.

Luigi: No, infatti alla fine dice: “vi ho sempre parlato in parabole”; vuol dire che anche quando le spiegava, ancora parlava in parabole.

Vediamo nell’episodio di Lazzaro: in un primo tempo: inizialmente afferma che “Lazzaro dorme”…era una parabola; poi afferma apertamente: “è morto”…ed è ancora parabola; ecco, la stessa morte è ancora una parabola.

Solo quando verrà lo Spirito di Verità…dice infatti: “viene l’ora in cui vi parlerò apertamente del Padre”.

Osvaldo: Perché Tommaso, nell’episodio che abbiamo visto domenica scorsa (Gv 11,16) non manifesta apertamente la propria paura?

Luigi: Da parte di Gesù, Lui non aveva certo bisogno che glielo dicesse, perché lo sapesse: Lui sapeva benissimo che Tommaso, e tutti gli altri, avevano paura!

Poi, non pretendere che chi ha paura lo manifesti apertamente…Tommaso cerca di velare la sua paura sotto dei paraventi: “se dorme guarirà, mica è il caso che andiamo là”.

È che noi ci vergogniamo, delle nostre paure; per dialogare ci vuole molta fiducia, bisogna superare il pensiero del proprio io; nel pensiero dell’io tu tendi a nasconderti.

Nel Paradiso terrestre, appena salta fuori il pensiero dell’io, Adamo ed Eva corrono a nascondersi…per dialogare occorre avere un’enorme fiducia nell’Altro…di per sé il nostro io è menzognero.

Giovanna: “Giuda conosceva quel luogo”; per ognuno di noi c’è questo momento: arriviamo in quel luogo.

Luigi: È Dio che ci conduce nel conflitto: esso è determinato proprio dalla presenza di due volontà contrastanti; quante volte verifichiamo di trovarci in questa situazione!

Noi non lo vorremmo, ma Qualcuno ci conduce lì…quante volte tu stessa mi dici: “quale sarà la volontà di Dio, questa o quella?”.

Dio ti porta nel conflitto; come dico, il modo di uscirne, poi, varia da uno all’altro.

Il punto è questo: il conflitto è una proposta, e se ne esce con una certa risposta.

Giovanna: I conflitti sono molti…

Luigi: Ma non sono mai uguali, perché Dio non si ripete mai; un problema che tu non hai risolto si ripresenta sotto forma più grave, non uguale a prima.

Il tempo passa a senso unico: non ti puoi bagnare nella stessa acqua per due volte…ogni avvenimento è assolutamente unico, così è la risposta che tu gli dai: unica.

Silvana:  Quindi i conflitti sono molti, e quand’anche si superassero…

Luigi: Il conflitto stesso è la dimostrazione che Dio è in te; se tu fossi sola a vivere, non subiresti/sentiresti i conflitti; invece succede che tu vuoi una cosa e poi ti accorgi che devi farne un’altra; ecco, c’è un’altra Volontà che entra nella tua esistenza.

Tu non vorresti che il tempo passasse, ma esso scorre…dico: noi facciamo un errore grosso quando crediamo che le cose dipendano dalla nostra volontà, dalle nostre scelte; no, bisogna sempre tenere presente (è la prima cosa) la Volontà che opera nella nostra vita…perché la realtà è che noi non siamo altro che “risposta a questa volontà”.

Silvana:  Se i conflitti, si superano ogni volta, con Cristo…

Luigi: …si entra sempre più nella pace, perché si crea, progressivamente, accordo ed armonia.

Ogni conflitto superato ti offre una situazione di riposo e pace; ma finché non si giunge alla Meta definitiva (Pentecoste) Dio presenta sempre zone di conflittualità: per sollecitarci a camminare.

Attraverso la contraddizione Dio ci sollecita all’approfondimento: perché la Vita eterna, la pace eterna, è in profondità.

Si dice “pace eterna” proprio perché in Essa si trova l’armonìa di tutto…perché lì c’è in tutto il Pensiero di Dio.

Rina: Questi conflitti sono dunque proprio indispensabili.

Luigi: Sono testimonianza della Presenza di Dio in noi: quindi, sono “luogo di Dio”.

Se fossimo capaci di analizzare il conflitto troveremmo Dio.

Pinuccia:  Analizzarlo vuol dire individuarne la causa?

Luigi: Esatto: comprenderne il significato, cosa è che lo determina.

E la causa scatenante è proprio la Presenza di Dio in noi.

Pinuccia:  Questa Presenza è rivelata da una volontà diversa dalla nostra, ragion per cui o io sottometto la mia volontà all’altra, o finisco nella guerra.

Luigi: Certo, se no cerchi do sottomettere l’altro a te; in un marito arrabbiato, andando a fondo, trovi la moglie…noi siamo fatti per l’armonìa, per cui, se questa non c’è, sei triste.

3° tema In compagnia dei suoi discepoli.

Nino: Gesù è venuto apposta per rimanere in nostra compagnìa, per farci vedere ciò che, da soli non potremmo proprio vedere.

Franca: “Discepolo” è colui che ha interesse per ciò di cui parla Gesù; chi ha interesse è portato in questo conflitto.

Luigi: Lo porta cioè ad una selezione, ad un “prima di tutto”: perché è proprio lì che avviene la Rivelazione; ora, per condurti a quel prima di tutto ben determinato, il Signore deve portarti ad operare delle scelte.

Il tempo stesso, abbiamo detto, ti porta nel conflitto: perché ti costringe a scegliere; tu constati che non riesci a portarti dietro tutto, devi per forza fare delle preferenze.

Ecco, Dio ti costringe progressivamente a porre qualcosa prima di tutto, fino ad avere prima di tutto  Lui stesso.

Naturalmente, allora, ogni passo che percorri in questa direzione  è preceduto da una qualche forma di conflittualità: perché, mentre Dio ti propone di mettere prima di tutto LUI, tu sei in una situazione in cui porti dentro tutto un altro mondo, e questo mondo tu lo vorresti trattenere!

Franca: È molto importante la precisazione “con i Suoi discepolo”.

Luigi: Gesù è il Verbo Incarnato; allora,  Lui non cammina da solo,  Lui viene a prendere gli argomenti/interessi dei Suoi discepoli.

Franco: I non discepoli non possono entrare lì.

Luigi: Certo: “nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre”.

Se non sei attratto da Dio i conflitti li avrai ugualmente, ma col mondo.

Franco: Troveranno poi il conflitto finale.

Domenico: La presenza di Dio che causa il conflitto è la stessa che determina l’esperienza della Sua assenza?

Luigi: Certo; la Sua stessa assenza è una proposta.

Osvaldo: Quindi, ogni volta che sperimentiamo un qualsiasi conflitto…

Luigi: …è perché Dio sta entrando nella nostra vita, obbligandoci così a mettere in evidenza qualche valore.

Giovanna: Prima di condurci in questo conflitto Gesù ci affida al Padre, e ci fa esperimentare momenti molto ricchi della Sua presenza.

Luigi: Dicendo che “sovente li conduceva in quel luogo” ci fa capire che è avvenuto anche prima, della Preghiera sacerdotale.

Questo è l’ultimo conflitto prima della Passione e Morte; tutto procede verso la conclusione, quindi tutto procede verso un conflitto estremo, che è poi proprio questa “guerra” tra il nostro io e Dio.

Giovanna: Prima Dio opera la proposta, poi avviene il conflitto; ma il tempo in cui propone, è quello in cui Dio parla.

Luigi: Si tratta di espressione di volontà: la proposta è una volontà.

Necessariamente una risposta tu la dai; il conflitto avviene prima di essa, quando tu hai due pesi sulla bilancia.

Cris: Anche Gesù ha subito il conflitto.

Luigi: È tutto per noi, anche le tentazioni;  Lui ti fa vedere come se ne esce: “se possibile passi da Me questo calice, ma non la Mia volontà sia fatta, ma la Tua”.

Cioè, se ne esce sottomettendosi a Dio.

Questa è l’Incarnazione: Dio che si riveste della situazione in cui ci troviamo.

Fabiola: Questa Presenza di Dio va vista anche fuori dei nostri pensieri?

Luigi: In tutto: “Chi fa l’esterno è lo stesso che fa l’interno”; Dio parla con te sia dentro che fuori: Uno solo è il Creatore; anche l’esterno è opera di Dio.

Ad esempio, tu sei in preghiera e qualcuno bussa alla tua porta; allora, non è che, per il fatto di essere in preghiera, tu sia autorizzata a prendere a calci colui che ha bussato…perché è Dio, che sta bussando alla tua porta, e un giorno te lo dimostrerà.

Ecco, dobbiamo sempre tenere attuale che Dio è presente in tutto, per cui dialoga con noi in tutto; solo se tieni presente Dio in tutto, tu ti comporti bene.

Pinuccia A.: Dio entra nella mia vita quando mi fa fare esperienza di conflitto.

Luigi: Dio scende nella tua vita; quando ti accorgi che c’è un conflitto con_, ti rendi conto che è presente una volontà diversa, che ti contrasta, che ti pone in difficoltà, e allora dici, come Paolo quando è stato buttato giù da cavallo: “chi sei?”

Gesù ci esprime questo conflitto, con la sua soluzione, quando dice: “se è possibile passi da Me questo calice, ma non la mia volontà sia fatta, ma la Tua”; cioè:  sottomette.

Di solito noi, invece, strumentalizziamo; ad esempio diciamo: “Signore, non berrò più caffè se Tu in cambio mi fai questo favore”; tendiamo cioè a sottomettere Dio alla nostra volontà, dandogli in cambio un qualche sacrificio, una qualche rinuncia.

Bisogna invece riconoscere con intelligenza (e non per violenza o furbizia) la Verità: è giusto che  Lui sia al di sopra di tutto, perché  Lui è il Creatore ; non dobbiamo cercare di barare al gioco, perché facciamo soltanto il nostro danno.

Pinuccia:   Lui entra con i Suoi discepoli per far vedere come si esce dal conflitto.

Luigi: È la funzione dell’incarnazione; è come se tu fossi in un cinema, e scoppiasse un incendio, col conseguente panico;  Lui incarnato cosa fa? Viene vicino a te e ti dice: “vieni, Io ti conduco all’uscita di sicurezza”.


Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gv 18 Vs 3


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26/ Giugno /1993


1° tema: Giuda.

Luigi: Prima Giuda era “con”; adesso diventa una singolarità.

Delfina:  Gesù ha portato tutti gli altri meno che lui.

Luigi: L’ha portato altre volte; tu guarda durante l’ultima cena in che razza di conflitto lo ha portato!

Franco: Qui abbiamo la risposta di Giuda al conflitto.

Luigi: Sì, ormai Lui dal conflitto è uscito: nel senso che ha operato una scelta.

Osvaldo: Giuda è stato tradito dalla passionalità, però Giovanni lo qualifica come ladro…

Luigi: Tieni conto che anche Giovanni aveva le sue pecche; poiché il conflitto, in Giuda,  era determinato proprio dall’invidia verso Giovanni, si può anche capire come Giovanni approfittasse della sua situazione di privilegio (“il discepolo che Gesù amava”) per mettere Giuda in cattiva luce.

Giovanna: Giuda è una singolarità che tradisce.

Luigi: Sì: non è “massa”, non è “gruppo”; Dio è la massima singolarità, ma anche ognuno di noi è una singolarità…ora, il più delle volte noi, questa singolarità, la sottomettiamo a ciò che dicono gli altri, alla moda, all’autorità.

E invece Dio tende a farla sprizzare, a metterla in evidenza; noi tendiamo a nasconderci dietro a quello che fanno tutti: proprio per non impegnarci personalmente ad amare.

E  allora, Dio opera per stanarci: “dì apertamente quello che pensi”…perché solo lì si diviene (veramente) singolarità.

E prima o poi, sicuramente, questo rapporto personale salta fuori; come dico, si entra nel Regno di Dio come persona singola, non come massa!

Pinuccia A.: Perché noi, che siamo delle singolarità, abbiamo bisogno di appoggiarci ad altre creature?

Luigi: Perché non ci appoggiamo sufficientemente in Dio; se lo facessimo, certamente non avremmo bisogno  delle creature; ma dobbiamo imparare ad appoggiarci solo a Dio: arriva infatti il momento in cui le creature si ritirano da noi: si muore soli…e questo cosa ci dice? Che le creature ci sono date solo come appoggio durante il cammino, data la nostra debolezza.

La nostra debolezza è proprio la nostra incapacità a rimanere con Dio, di appoggiarci a Lui.

Certo, rimanere con Dio è difficile in quanto non Lo vediamo, né Lo tocchiamo, mentre le creature sì; si capisce che poi dopo ne subiamo i danni, ma comunque anche attraverso il nostro errore/debolezza Dio opera per condurci a far conto soltanto su di Lui.

Arriva il momento in cui Dio ci toglie ogni appoggio, e noi restiamo soli, a tu per tu con Lui; è il: “ti condurrò nel deserto e lì parlerò al tuo cuore”.

Ecco, la singolarità è proprio determinata da questo rapporto a tu per tu; si tratta dunque di essere intelligenti, e cioè: usa pure gli appoggi, ma fa in fretta a scoprire Colui sul quale devi (unicamente) appoggiarti.

Rina: Giuda rappresenta ogni uomo che, trovandosi nel conflitto impostogli e propostogli da Dio, rifiuta di sottomettersi alla Volontà Divina.

Luigi: Sì, nel senso che resta dominato dal pensiero del proprio io, per cui non accetta che Dio ami un altro come lui…è l’io, a scatenare la gelosìa.

Ma nel Cielo di Dio non si è assolutamente gelosi, e perché? Perché non si pensa sé stessi…ci si dimentica completamente, contemplando in tutto l’opera di Dio.

Pinuccia: Ciò che ci fa singolarità è proprio il modo in cui superiamo il conflitto; il conflitto è grazia, da parte di Dio,  per far sprizzare il meglio di noi stessi.

Luigi: Certo; si capisce che è una cosa molto difficile, in quanto bisogna dimenticare completamente sé stessi: e ciò è realizzabile solamente con una grandissima grazia di Dio.

Dio viene a morire in te proprio per darti la possibilità di morire a te stessa…se superi il momento del conflitto (tra il tuo io e il Pensiero di Dio) allora inizi a navigare!

Ma finché si pensa a sé stessi, inevitabilmente si soffre.

Domenico: Fintanto che non partecipiamo alla nascita del nostro io (nuovo) da Dio, il nostro io vecchio, benché superato, è ancòra sempre disturbato da tutto ciò che non è ancora compreso dal punto di vista di Dio.

Luigi: Il nostro io ci acceca.

Fabiola: Quand’è che preferiamo essere soli?

Luigi: Quando ti trovi in un terreno di contrasto, quando cioè nessuno ti comprende; la presenza di un altro costituisce un supplemento di anima…per cui, non trovando alcuno che ti comprenda, tu devi scappare, mentre, se qualcuno ti capisce, tu ricevi una carica.

E Dio ci attrae, infatti, proprio così: comprendendoci.

2° Tema Giuda pertanto, presa la coorte

Luigi: Cosa può significare per noi questa coorte che Giuda prende per andare ad arrestare il Signore?

Nino: Anzitutto, Giuda rappresenta una lezione per noi, per farci capire cosa succede quando cediamo ai sentimenti.

Franca: La coorte rappresenta tutte le ragioni su cui si regge Giuda.

Luigi: Sì, con queste ragioni Giuda si rafforza per opporsi a-; sono cioè gli argomenti che noi opponiamo a Dio…per farlo necessitiamo di sostenerci a delle ragioni, ad un’apparenza di ragioni: per cercare di giustificarci.

Franca: Sono ragioni che abbiamo sempre a nostra disposizione?

Luigi: No, arriva un momento in cui ci vengono portate via; direi: arriva l‘istante in cui si rivoltano addirittura contro di noi!

Franca: C’è però un tempo in cui ci gloriamo di esse.

Luigi: Si capisce: i buoi, i campi, la moglie.

Delfina:  Giuda abbandona il Pensiero di Dio per abbracciare il mondo.

Luigi: E per farlo si vale di quelle forze che il mondo gli pone a disposizione; cioè, quando tu abbandoni DIO, trovi il mondo che ti dà ragione, ti batte le mani.

Giovanna: Giuda è una singolarità, ma ha bisogno di qualcosa.

Luigi: Ogni creatura è una singolarità, perché lo è Dio, Però, da sola la creatura non sta su; succede allora che il nostro io si riveste di qualcosa che gli dia un’apparenza di sostegno.

Di solito ci rivestiamo/giustifichiamo col prossimo, l’istituzione…tutti argomenti diversi dalla Parola di Dio,

In sostanza, allora, il nostro io autonomo diventa opposizione a Dio; c’è niente da fare: poiché Dio è il Creatore, tutto deve adeguarsi a Lui; quando invece tu pensi a te stesso, già implicitamente crei un’opposizione al Signore.

Solo Dio può dire “Io”; noi dovremmo glorificare Dio; ma succede che, pensando a noi stessi, il nostro io vede anche le Parole di Dio in opposizione a sé.

Ora, il principe di questo mondo è un io (staccato da Dio), non Dio stesso…ecco allora che, quando dici “io” trovi il mondo pronto a darti ragione.

Giovanna: Se quindi vivo per le creature vado contro Dio mentre, se vivo per Dio, non vado contro le creature.

Luigi: Esatto; perché Dio comprende tutto…vivendo dunque per Lui, tu tendi a comprendere tutte le creature, il che non significa tendere a piacere ad esse…tu tendi a piacere a Dio, ma in questo modo le comprendi veramente.

3° Tema E dai capi dei sacerdoti e dei farisei alcune guardie.

Luigi: Cosa si intende per “capi dei sacerdoti”?

Franca: Nello spirito l’autorità maggiore è il nostro io?

Luigi: L’autorità maggiore è la Verità, e tu non la devi consegnare a valori inferiori.

Franca: Non ho mai capito bene la differenza tra scribi e farisei.

Luigi: Gli scribi erano gli studiosi della Legge; i farisei erano un corpo legislativo (un po’ come il nostro parlamento).

Le guardie erano le forze addette a far mettere in pratica le leggi che essi emanavano…cioè: il mondo ti dà dei mezzi per difendere le sue ragioni.

Delfina:  Il capo è qualcuno che si sente più forte di noi.

Luigi:  Lui è più forte solo se tu ti sottometti a lui; ora, c’è la colpa in chi fa il superbo, e c’è la colpa in chi si sottomette ed ubbidisce al superbo: può anche convenirgli.

Anche l’ubbidienza è una colpa.

Domenico: La corte rappresenta i buoi, i campi, la moglie, e le guardie rappresentano le giustificazioni religiose che noi andiamo a cercare per avere un sostegno al nostro disinteresse per Dio.

Giovanna: Questo andare a cercare le guardie significa  cercare di sottrarsi alla responsabilità?

Luigi: Tu da sola non puoi fare niente, né materialmente né spiritualmente; in ogni caso necessiti di mezzi, di strumenti: per viaggiare hai bisogno dell’auto, per vivere hai bisogno di mangiare…e tutto (naturalmente) è segno: abbiamo bisogno di Dio.

Man mano che saliamo nella scala, arriviamo a questi livelli; e allora, anche per arrestare Gesù abbiamo bisogno di determinati mezzi.

Giovanna: Nel positivo, invece, per seguire Gesù non abbiamo bisogno di nulla.

Luigi: Anche lì hai bisogno di aiuti, in continuazione; la realtà è opera di Dio; ora, se tu Lo metti prima di tutto, necessiti che  Lui faccia la realtà secondo questo fine  cui hai deciso di dedicare la tua esistenza: se Dio ti contraddicesse in tutto, tu moriresti!

Tu hai bisogno di capire, ma da sola non ci puoi arrivare; se metti Dio prima di tutto, Dio ti illumina su ciò che hai bisogno di capire: “qualunque cosa chiederete nel Mio Nome…”.

Ecco, bisogna chiedere la luce, perché la nostra vita sta lì; vedi quindi che per vivere, per camminare, hai bisogno della Luce; devi allora mettere Dio prima di tutto ed aspettare poi il Suo aiuto…devi poter constatare che Dio corrisponde…direi di più: devi constatare che la tua stessa volontà è determinata dal Signore.

Devi arrivare a vedere che è Dio ad averti fatto desiderare di metterLo prima di tutto.

Giovanna:  Lui è il fine, ma è anche il mezzo, è la meta ed è anche la strada.

Luigi: Proprio così; gli aiuti, quando metti Dio prima di tutto, ti giungono; magari non arrivano come desidereresti tu, ma comunque arrivano; tu devi stare attenta a ciò che  Lui ti manda, cercandone il significato.

L’importante è che tu non pretenda di ricevere gli aiuti come li vorresti tu, perché allora ci sarebbe di mezzo una tua volontà; ma avendo come volontà l’intenzione di Dio, tu accogli tutto da Lui, e cerchi di camminare con quanto Dio ti manda: è Dio, che realizza la tua vita.

Osvaldo: Perché il Verbo incarnato viene arrestato dalle gerarchie religiose?

Luigi: Ci significa il rischio che corre ogni uomo: di cedere l’impegno con la Verità a quanto afferma una qualche autorità.

In ogni tempo c’è un’autorità che tende ad appropriarsi della verità, per cui: “questo è vero perché lo dico io”.

Un’affermazione del genere rappresenta un’implicita offesa alla Verità…ed un’offesa alle creature, perché impedisci loro di accedere alla Verità con un rapporto diretto.

I Padri antichi dicevano: “guardati sempre da quei luoghi in cui la verità è fatta dipendere dall’autorità”.

E Gesù dice: “nel mondo si esercita l’autorità così, ma tra voi, invece, l’autorità deve servire”.

Nel mondo, le persone stanno a servizio dell’istituzione, ma è assurdo: dovrebbe essere il contrario, perché alla Verità arrivano le persone, mica le istituzioni!

È la persona singola che conosce ed entra nella Vita Eterna.

Franco: Colpisce che Giuda non sia andato da Pilato.

Luigi: Pilato se ne fregava altamente; ci fa capire  che il tradimento avviene sempre, essenzialmente, a livello religioso; poi si estende al piano civile, a tutto il mondo.

Alberto: Le ragioni del mondo finiscono con il prevalere.

Luigi: Non prevalgono “di per sé”: se prevalgono è perché tu ti sottometti…è nella tua sottomissione, che avviene il delitto; se tu dai importanza ad altro da Dio, questo “altro da Dio” finisce poi con l’approfittarne.

Pinuccia: Quando si tradisce se ne ha la consapevolezza?

Luigi: No, bisognerebbe conoscere la verità, essere nella luce. Giuda se ne è accorto tardi.

Pinuccia: Allora non siamo responsabili?

Luigi: La responsabilità c’è: ad un livello inferiore; avviene in precedenza, quando rifiuti di interessarti di conoscere Dio; lì non ti rendi conto del male che ti fai, non sei consapevole delle conseguenze che ne deriveranno; è proprio questo il motivo per cui Gesù supplica il Padre: “perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Franca: La consapevolezza che avrà Giuda dopo il tradimento è conseguenza di quello che ha fatto o è luce che viene da Dio?

Luigi: Gli avvenimenti sono opera di Dio; a un certo momento ti accorgi che, per una parola che hai detto, per un’azione che hai compiuto, ti crolla il mondo addosso: “cosa ho fatto!”.

Ecco, tu non potevi renderti conto della portata di una certa scelta.

4° tema: Andò con lanterne, torcie e armi.

Franco: Va nel conflitto, cercando di illuminarlo con le sue ragioni.

Luigi: Sì, con le nostre ragioni, con le nostre scienze…Gesù è lì, nel conflitto, e noi vogliamo illuminarlo,  Lui  che la Luce!

È quanto facciamo tutti; tante volte mi sento dire: “ma io appartengo ad un ordine che non è contemplativo, quindi non sono tenuto a cercare di conoscere Dio”.

È assurdo; e allora tiriamo fuori le nostre ragioni, le nostre regole.

Giovanna: Cosa sono le armi?

Luigi: Rappresentano le ragioni con le quali offendiamo ed imprigioniamo; Dio si mette nelle nostre mani, ragion per cui noi possiamo usare su di  Lui delle potenze; Lo uccidiamo, e  Lui resta morto dentro di noi.

Come può accadere che, a un certo momento, l’uomo possa avere delle armi per uccidere in sé la verità di Dio?

Dio è Colui che parla in tutto, che opera in tutto…e a un certo punto diventa morto, silente, e non ci intralcia più, e non parla più con noi…né risponde, né contende: L’hai ucciso!

È come la parabola dei vignaioli: “questo è l’erede, facciamolo fuori, così ci appropriamo dell’eredità”.

Ora,  Lui (l’erede) è la Somma potenza, e come possiamo dunque, noi, farlo fuori?!

Ecco, abbiamo delle armi,  con le quali Lo mettiamo a tacere; cioè, Dio trova il modo di farci sperimentare il Suo silenzio.

Si uccide Dio non tenendone conto; Lo si uccide tramite  Lui stesso, e siccome Dio è la nostra vita,  noi facciamo esperienza di morte.

Osvaldo: Perché i farisei avevano una scorta armata?

Luigi: Perché il genitore, al bambino che chiede continuamente, a un certo momento gli dà uno schiaffo, pur di zittirlo?

Osvaldo: Perché non sa rispondere.

Luigi: Ecco; quando si è incapaci di rispondere si usa la violenza; l’anima che viene ferita, allora, si chiude, non interroga più….e i genitori sono perduti, perché essi erano salvati proprio dall’interrogazione del bambino.

Quando in noi viene meno la capacità di comprendere quanto ci presenta il Signore, passiamo alla violenza; se restiamo con Dio (se possiamo farlo), invece, cerchiamo sempre di comprendere, e non diveniamo violenti.

Solo con la comprensione si conquistano le creature.

Osvaldo: Tutti siamo ciechi.

Luigi: Solo chi crede in Dio diventa un povero di spirito: allora chiede a Dio la luce su ciò che non riesce a capire.

Franco: Giuda arriva nel conflitto con tanti argomenti: è la tazza piena che non può ricevere; nell’io non si può conoscere.

Luigi: Sì; chi è dalla Verità ritiene molto preziose quelle cose che non capisce, proprio perché lo impegnano tanto, ed dunque in esse trova vita.

Chi invece non è dalla verità tende a cancellare ciò che non comprende.

Sandra: Tutto è un Getzemani.

Luigi: Sì, perché siamo tutti in questa zona di scelta/conflittualità.

Tu non puoi dire: “questo o quello per me pari sono”; no: o questo, o quello!

Dall’”e – e” iniziale arriviamo all’”o – o”; alla fine c’è solo più: il nostro io o Dio!

Alberto: Giuda non aveva ascoltato gli ultimi discorsi, ma era comunque stato 3 anni con Gesù.

Luigi: Sì, ma una cosa è ascoltare delle parole, un’altra rendersi conto della loro importanza.

Ora, la presa di coscienza dell’importanza di una parola deriva dalla profondità con cui ami la Verità; se pensi a te stessa, anche ascoltando parole di verità non ne percepisci l’importanza…appunto perché è dall’interno, che si valorizza ciò che si sente.

Nel pensiero del tuo io, le parole che ti arrivano tu le scegli in base al pensiero principale che porti dentro.

Pinuccia: Lanterne ed armi sono espressione del nostro io che necessita di appoggi esterni, mentre invece la Verità si giustifica di per Sé.

Luigi: Possono essere simbolo di tante cose…più tu sei debole, più devi porti attorno un apparato di quel che dice uno o l’altro.

Con la Verità, invece, non hai bisogno di queste cose; Gesù infatti afferma: “Io non ho bisogno degli uomini”.

Quando vai a cercare giustificazioni in giro, significa che sei debole rispetto alla Verità…vuol dire che non hai messo la Verità prima di tutto; Dio giura su Se stesso.

Pinuccia: Giuda filtrava le parole di Gesù nel suo io.

Luigi: Esatto; anche gli altri apostoli, nell’episodio di Lazzaro, filtrano le parole del Signore; loro intendono: “andiamo anche noi a morire con Lui”.

E lì c’era già l’annuncio della Resurrezione, c’era cioè una grandissima speranza, ma loro, intendendo la cosa nel pensiero dell’io, vanno in depressione!


Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?».Gv 18 Vs 4


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10/ Luglio /1993


1° Tema La consapevolezza.

Luigi: C’è la consapevolezza di Gesù, e c’è la nostra inconsapevolezza…

Franca: Gesù sa le cose nel Padre;  Lui è sempre nel Padre, dunque è consapevole.

Luigi: E perché noi siamo inconsapevoli?

Franca: Noi siamo figli di ciò per cui viviamo.

Luigi: Perché nella passionalità siamo inconsapevoli?

Alberto: Perché siamo dominati dai sentimenti.

Luigi: La maggior  parte delle nostre scelte è determinata dai sentimenti, ragion per cui siamo pressoché sempre incoscienti.

Dove sta, dunque, la responsabilità? Consiste nel non tener conto di Dio; da lì ne consegue che restiamo dominati dai sentimenti, i quali, a loro volta, ci provocano tutte le conseguenze che sappiamo…finiscono col farci fare cose che non vorremmo fare.

Giovanna: Dividendoci dal Principio diventiamo inevitabilmente dominati dalle passioni.

Luigi: Restiamo cioè dominati da cose di cui non ci rendiamo conto; perché, invece, il Figlio di Dio si rende conto? Perché  Lui non è dominati dalla passionalità? Dio è Amore…allora diciamo che l’amore di Dio non è passione.

Giovanna: Ma Gesù non patisce?

Luigi: Come Dio Incarnato, patisce per noi; quando tu ami una persona, patisci per essa: subisci  una passione.

Dio no: Egli non è condizionato dalle creature, né da nient’altro.

Giovanna: Però qui parla di Gesù…

Luigi: Stiamo appunto riflettendo su cosa voglia dire a noi il Signore con questo pensiero: “Gesù era consapevole”; dicendo questo lo raffronta, evidentemente, con altri che consapevoli non sono; e allora ci chiediamo da cosa dipenda la consapevolezza di Gesù e l’inconsapevolezza nostra…come dico, noi siamo sempre inconsapevoli: se pensiamo una volta o due nella nostra vita è tanto!

Giovanna: La consapevolezza non è data dalla conoscenza?

Luigi: Certo, ma la conoscenza da che cosa è data? È data dall’avere in noi stessi il Principio.

Dio ha in Sé stesso il Principio di Sé; noi, creature, abbiamo in Dio il principio di noi stessi: ma dobbiamo tenerLo presente, se no non abbiamo in noi il principio né di noi stessi, né delle cose che ci arrivano…siamo inconsapevoli; la responsabilità (la colpa) sta nel non tenere presente Colui che non possiamo ignorare, Dio Creatore.

Osvaldo: Dobbiamo collegare sempre tutto.

Luigi: Certo; e perché? Pensare vuol dire collegare/unificare: se non colleghiamo, trascuriamo qualcosa che non possiamo ignorare; collegare vuol dire cercare il significato di ciò che ci arriva; non basta accettare tutto da Dio, bisogna cercare il significato: questo è pregare.

Si prega in quanto si eleva la mente a Dio per capire da  Lui il significato di quanto  Lui ci fa giungere.

Il pensiero di Dio non può esserti comunicato se non elevi la tua mente a Dio.

Franco: “Stava per accadergli”: è futuro; ecco, come uomo anche Gesù è immerso nel tempo; ma siccome è Dio, contempla anche il futuro.

Luigi: Per noi, è contemplato passato, presente e futuro.

In Dio tutto è presente: anche il passato e anche il futuro; Dio è tutto presente; in noi, al contrario, manca sempre il presente!

Attualmente siamo qui, tutti presenti, eppure ciò che in realtà vediamo è già tutto passato!

Ecco, il presente, a noi sfugge: noi viviamo di passato e di futuro; solo in Dio tutto è presente, perché nel  Creatore tutto è ordinato ad un fine.

Franco: Però è presente come qualcosa che ancòra deve creare…

Luigi: È presente come sviluppo di_; poiché Dio crea tutto in un fine (quindi in un Suo pensiero), tutte le cose sono presenti in questo pensiero; allora, quanto noi definiamo “futuro”, non è altro che sviluppo di un pensiero.

Noi siamo un punto di questa retta che è il Pensiero di Dio; ora, per noi, in questa retta, c’è un prima ed un dopo, una parte precedente ed una seguente: ma questo, dico, per noi!

In Dio no: in Dio è presente tutta la retta.

Franco: Per cui, tutto ciò che ci arriva…

Luigi: …dobbiamo cercare di vederlo nel tutto, nel Principio e nel Fine.

Diciamo: Principio: Pensiero di Dio; Fine:  Pensiero di Dio.

“Noi vediamo per parti”, afferma San Paolo.

La nostra è una visione parziale, ma essa deve venire inserita nel tutto; è come una tessera di un mosaico…se non la inserisci nel disegno generale, essa ti confonde…ti disperde: ti conduce alla morte.

Man mano che unifichi le cose nel Fine, tu entri nel Presente, nella Vita Eterna; se ti fermi invece alla parte, resti immerso nel tempo.

Franco: D’altronde, la vita è comunione con il Pensiero di Dio.

Luigi: Sì, ma tu puoi fare comunione con un pensiero in quanto e per quanto unifichi in esso; una semplice cosa che non sia unificata ti fa perdere quel pensiero: resti con la cosa, ma perdi il pensiero.

Cris: Gesù sapeva ciò che stava per accadergli, e ciononostante si lascia catturare…

Luigi: Più che “sapeva” diciamo: “voleva”, perché  Lui, a determinare gli avvenimenti.

Dio ha in Sé stesso la ragione di quello che avviene; tutto è voluto da Dio: il problema è capirne il significato.

Noi siamo spettatoti di un’opera che sta facendo Dio.

Il nostro sbaglio è che, da spettatori, vogliamo diventare attori!

Silvana: Se teniamo presente il fine, arriviamo anche noi a conoscere tutto quanto sta per accaderci?

Luigi: Certamente, perché il fine in cui tutto è fatto Dio lo vuole comunicare; Dio non tiene nascosto il proprio pensiero: lo rivela.

Ora, quando si conosce il pensiero di qualcuno, si sa dove aspettarlo.

Pinuccia A.: Poiché in Dio tutto è presente, di fronte ad una mia scelta sbagliata,  Lui la conosce già; e allora, perché mi fa scegliere male?

Luigi: È un po’ come dire: “perché mi manda all’inferno?”.

Ora, la volontà di Dio è “che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità”; allora diciamo: perché c’è il rischio che non tutti si salvino?

Eh, Dio vuole che tutti si salvino, eppure c’è il rischio che non tutti si salvino…dove sta il punto?

Il fatto è che  Lui sa che non possiamo arrivare a conoscere la verità “senza di noi”; cioè,  Lui non ci può salvare senza la nostra partecipazione.

Se fossi una macchina potrei dire: “la colpa è sua, ha fatto una macchina difettosa”; ma, come dico, nessuno di noi è una macchina.

Ecco, è questione di pensiero; per conoscere la verità bisogna essere consapevoli…ed essere consapevoli cosa comporta?

Comporta avere la possibilità di bestemmiare, di poter dire: “io sono”.

Ciò costituisce una bestemmia perché (in realtà) solo Dio è.

Il Suo Nome è: “Io sono Colui che è”.

Dio solo è, e come mai, allora, io creatura, che ieri non ero e domani non sarò più, posso farneticare: “io sono”?!

Dico: si tratta di una bestemmia, perché significa attribuirsi il Nome di Dio.

Pinuccia A.: Ma vuol dire che Dio ha presente la mia situazione sia che io dica “io sono”, sia che glorifichi Lui?

Luigi: Altroché! Dio ha presente la possibilità che ti dà, perché sa che è quella la condizione affinché tu possa entrare nella Verità.

Se  però tu non dimentichi te stessa per partire da Dio, non entri nella salvezza.

Pinuccia A.: Ma prendiamo il caso di Giuda: Lui doveva tradire, quindi non era contemplata la possibilità che non tradisse!

Luigi: Giuda è stato fatto appositamente da Dio per noi: per evitarci di essere dei traditori; cioè, il vero Giuda non è mica lui: è (può essere) il mio io; affinché il mio io non fosse Giuda (perché il problema non si risolve mica esteriormente, sulla scena del teatro, ma dentro di noi), Dio ha fatto recitare, sulla scena esterna,  la parte di Giuda; ma questo affinché, come dico, gli spettatori non diventassero essi stessi dei Giuda.

Quindi Giuda, incontrato Gesù nel Regno Eterno,  trova Uno che gli dice: “questo te l’ho fatto fare Io”; e Giuda canta di gioia!

Pinuccia A.: Se faccio qualcosa di male debbo allora dire: “è Dio che lo vuole”.

Luigi: Mah, il concetto di “male” in cosa consiste? Nel fatto di attribuire ciò che è di Dio ad altri, a noi stessi, ad altre cause.

Il “male” è il disunire l’opera di Dio da Dio; ecco, il male è nella mia mente, non fuori: fuori è tutto opera di Dio.

Pinuccia A.: È difficile restare uniti a Dio…gli avvenimenti ci portano via…

Luigi: Ne restiamo coinvolti perché? Perché abbiamo pensato tanto al nostro io, per cui, quando vorremmo farlo tacere, abbiamo difficoltà.

Pinuccia A.: Ma chi è che impedisce al mo io di unirmi a Dio?

Luigi: Sei tu!

Pinuccia A.: Allora è Dio che vuole che il mio io rimanga disunito! Se tutto viene da Dio…

Luigi: Tutto viene da Dio, anche questa possibilità; quando ricevi l’invito a pranzo da parte di Dio, se accetti è per grazia di Dio, ma se rifiuti, il rifiuto è espressamente tuo, e le conseguenze di questo rifiuto ricadranno su di te.

Rina: Gesù sapeva perché il Padre comunica tutto al Figlio. Anche noi dobbiamo sempre cercare la volontà del Padre,

Luigi: Solo in quanto noi partecipiamo dell’intenzione di Dio (per cui noi stessi vogliamo la Sua intenzione) siamo in sintonia con Lui, e solo lì, allora, sappiamo!

Se abbiamo invece un’altra intenzione, ovviamente non sappiamo, perché ad operare è l’Intenzione Divina.

Pinuccia: Noi possiamo conoscere lo Spirito che opera e come opera, ma proprio conoscere esattamente come avverranno le cose…ci sarà sempre un aspetto di sorpresa, nei segni, vero?

Luigi: Dio dice di non voler tenere nulla di nascosto.

Pinuccia: E Gesù che dice che “l’ora, né il Figlio né gli Angeli la conoscono”?

Luigi: Ma quello è proprio per arrivare lì.

Pinuccia: Consapevolezza deriva da “con-sapere”: è più del sapere per sentito dire…significa l’avere in sé stessi la ragione della cosa?

Luigi: Tu sai assieme a Dio, sai con Dio; il tuo sapere procede da Dio, per cui lì hai in te stessa la ragione medesima di Dio; ma finchè avrai la vanità di sapere, non saprai mai.

Pinuccia: Solo un essere consapevole può conoscere Dio, per cui Dio ci ha dato questo io che è consapevole di sé.

Luigi: Questo io non è consapevole proprio di nulla; ha questa possibilità, di dire “io sono”, cioè di affermare una stupidaggine.

Ma noi abbiano la consapevolezza dell’altro, non del nostro io.

Il bambino conosce la madre, non conosce sé stesso, e “se non tornate come bambini”…ecco, noi abbiamo presente l’altro, il diverso da noi: e l’Altro da noi (A maiuscola) è Dio,

Dobbiamo tenere presente quello per vivere in quello, evitando di dire “io sono” perché, se lo diciamo, non facciamo altro che confonderci, ed  annullarci.

Pinuccia: Tutto è voluto da Dio, dunque, tranne il separare le cose da Lui.

Luigi:  Certo, perché  Lui è la Verità: la nostra vita sta in Lui.

                                                            2° tema L’avvicinarsi di Dio.

Franca: L’iniziativa è sempre di Dio.

Luigi: Cosa significa “andare incontro”?

Franca: In questo caso, che Gesù viene a farci un favore.

Luigi: No, Gesù non cerca di piacere agli uomini; come fa scrivere a San Paolo: “se io cercassi di piacere agli uomini non potrei appartenere a Cristo”.

“Venire incontro”, quindi, non vuol dire cercare di far piacere alla creatura; quand’è che Dio va incontro alla creatura? Non “contro”, ma “incontro”.

Franca: Quando va verso il suo vero bisogno.

Luigi: Ecco, quando ne comprende il vero bisogno; noi non conosciamo il nostro bisogno vero, e allora, di fronte a Dio che si avvicina a noi, noi ci offendiamo: “mi sta portando via qualcosa a cui tengo molto”, e creiamo così antagonismo rispetto a Dio.

In realtà, quel “portare via” rappresenta proprio un venire incontro.

Alberto: Noi subiamo le cose perché abbiamo interessi diversi dalla conoscenza di Dio.

Luigi: Si capisce, proprio per questo gli avvenimenti ci piombano addosso; noi dobbiamo sposare l’intenzione di Dio, e non dobbiamo cercare di sottometterlo alla nostra!

Alberto: Si può dire che Gesù ci anticipa.

Luigi: Sì:  Lui sa certamente dove noi domani andremo, e ci aspetta proprio là.

Lui ci precede, non si fa mica aspettare; quando tu conosci qualcuno che ha una determinata passione, sai esattamene dove attenderlo.

Giovanna:  Lui ci viene incontro per il nostro bene,   ma per noi può risultare un disastro…

Luigi: Sì, per noi può essere la morte, eppure si tratta di Lui, la Vita, che vi viene incontro…anzi, la morte è proprio  Lui che ci viene incontro, è  Lui che ci porge la mano per farci fare il passaggio nella Luce.

Il tempo che passa è Dio che viene.

Giovanna: Se dunque ne fossimo consapevoli, la morte non sarebbe necessaria.

Luigi: Certo: “chi viene dietro a Me non gusta la morte”.

Osvaldo: Gesù anticipa.

Luigi: Sì, perché nell’amore conta l’anticipo. Quando uno è veramente intelligente anticipa; le vergini stolte erano tali proprio perché non anticipavano: per cui sono rimaste chiuse fuori.

Osvaldo: Ecco, Gesù non si limita ad aspettare il traditore.

Luigi: Se tu vuoi tradirlo, Lui ti viene incontro; “ciò che devi fare, fallo presto”: ti dà la possibilità di realizzare la tua intenzione.

Osvaldo: È Dio a fare gli avvenimenti.

Luigi: Sì, ma tenendo conto del tuo pensiero: sempre per salvarti;  Lui fa gli eventi, ma in essi ci sei anche tu; l’evento è un dialogo di Dio con te.

Osvaldo: Gesù è il Figlio, ma gli avvenimenti li fa il Padre, si può dire?

Luigi: Sì, Gesù è il Pensiero in cui il Padre opera tutto; per cui Egli partecipa, fa una cosa sola col Padre,

Quando tu fai qualcosa, lo fai in un pensiero, e perciò hai presente cosa stai facendo: il pensiero ha presente ciò che stai facendo.

Se potessi scorporare il pensiero da te stesso, vedresti che in esso c’è tutto quanto stai facendo.

Se infatti vuoi capire qualcosa di qualcuno, devi penetrare nel suo pensiero.

Anna: Come uomo, Gesù aderisce a quanto sta accadendo.

Luigi:  Lui sottomette la volontà umana alla Volontà Divina; in Cristo abbiamo una Persona unica, ma con due volontà; in Cristo è presente (anche) la natura umana, ragion per cui c’è anche una volontà umana.

La volontà è il desiderio di affermare sé stessi; allora, la volontà umana ha un suo desiderio: “Padre, se possibile passi da me questo calice”; ma Gesù non si ferma lì, e sottomette: “ma sia fatta la Tua Volontà”.

Ci insegna così a superare la volontà umana, il come la si supera.

Domenico: La volontà del Cristo Incarnato dipende dalla natura? Ne è l’effetto?

Luigi: Ho detto: la volontà è la natura che tende ad affermarsi…la natura non vuole essere annullata.

Abbiamo la volontà vegetale, quella animale,   e quella umana.

Domenico: Nell’uomo c’è la natura umana con la sua volontà, e poi…

Luigi: ...poi c’è il Pensiero di Dio; l’uomo è portatore del Pensiero dell’Assoluto, e ad Esso deve sottomettere la sua volontà umana.

Domenico: L’uomo dee guardare dal punto di vista si un Altro, “Altro” che è il Pensiero di Dio; ora poiché il Pensiero di Dio è diverso dalla volontà e dalla natura, ed è oggettivo, con quale pensiero Lui pensa?

Luigi: Col Pensiero di Dio, il quale, però, contrasta con la tua volontà perché, come dico, essa tende ad affermare sé stessa, tende a vivere.

Domenico: Ma l’uomo, con la volontà, non guarda mica dal pensiero di un altro!

Luigi: Ma la volontà non è altro che il campo di applicazione di valori, per cui subisce la passione di_: tu subisci la passione di tutto ciò che vedi di bello; ogni cosa ha una sua intenzione, ma tu devi controllar il sentimento, devi sottometterlo al Pensiero di Dio.

Franco: È proprio Dono Suo il nostro potergli andare incontro.

Luigi: Sì; quando uno ti rivela il suo pensiero ti fa partecipe, ti fa addirittura una cosa sola con lui; ma nessuno può obbligare Dio a darti il Suo Pensiero: noi non possiamo pretendere nulla, nei Suoi confronti; Dio è libero, e dobbiamo dunque essere consapevoli che trattiamo con una Persona libera.

Nella Vita Eterna si entra per dono di Dio: finché facciamo conto su noi stessi, dunque, restiamo fuori.

Entreremo solo quando potremo dire con convinzione: “Signore, è stato tutto dono Tuo!”.

È un dono assolutamente gratuito, per cui è puro amore.

Franco: È un dono che inizia in un punto, poi Cristo ci vuol condurre a formare una cosa sola.

Luigi: Cristo non dice a noi di fare una cosa sola, perché ciò sarebbe assurdo: è Dio, a farci una cosa sola con Sé.

Carla: Non c’è il rischio di non riconoscerlo quando ci viene incontro?

Luigi: Noi corriamo questo rischio, ma  Lui ci aspetta e ci riconosce!

Prendi la Samaritana: Lui l’ha saputa aspettare, e come l’ha affrontata! Lei cercava di sgattaiolare, mica Lo aveva riconosciuto…ma  Lui sapeva ciò di cui essa aveva bisogno.

3° tema L’interrogazione di Dio.

Franca: Noi non siamo consapevoli in quanto non abbiamo in noi stessi il principio di ciò che siamo; Gesù parla per renderci consapevoli.

Luigi:  Lui ti interroga: “cosa stai cercando? Per cosa stai vivendo? In cosa stai consumando la tua giornata?”.

Dio è Uno che ci interroga continuamente.

Alberto: In qualunque cosa  noi viviamo, stiamo in realtà cercando Dio.

Luigi: Sì, in tutto noi cerchiamo l’Assoluto: ma sbagliamo luogo.

Giovanna: In ogni cosa  Lui ci pone questa domanda.

Luigi: Ci chiede “chi” e ci chiede “dove”; e noi cosa Gli rispondiamo? Che stiamo cercando mele su un larice! Noi cerchiamo l’assoluto nelle creature, nel denaro, nelle cose che passano: è la nostra assurdità.

Anna: Se io mi domandassi cosa sto cercando e mi rispondessi correttamente, piano piano mi orienterei sempre meglio.

Luigi: Certo, ma dì così: “se Dio mi domandasse”…togli l’io, perché l’iniziativa è sempre di Dio.

Pinuccia A.: È così difficile cercare Dio…siamo pecore senza pastore.

Luigi: È difficile, però Dio è Colui che nessuno può ignorare, ed io sono tenuto a sapere che Dio Lo ritrova solamente in Dio stesso; noi non siamo assolutamente giustificati dal cercarLo in luoghi sbagliati!

Egli non può certamente trovarsi nelle cose relative, né posso farLo dipendere dal mio pensare…Dio è il principio di tutto, lo è dunque anche (soprattutto) della Conoscenza di Sè.

Poiché tu non ti sei di sicuro fatta da sola, da sola non puoi certamente conoscere alcunché!

Dio non lo puoi ignorare, questo è certo: raccogliti allora in  Lui per ottenere da  Lui la Sua Conoscenza.

Pinuccia A.: Ma chi ha tante preoccupazioni ed impegni è sfavorito rispetto a chi ha più tempo da dedicargli…

Luigi: Se tu hai un interesse al di sopra di tutto, nessuna preoccupazione è in grado di dominarti del tutto, appunto perché il tuo pensiero è lì…l’affanno subentra quando si trascura Dio

Allora, in qualunque situazione si sia, bisogna cominciare a pensarLo…bisogna aprirsi a questo sogno!

È sufficiente riconoscere la noia che si ha della vita, per cominciare a sognare!

Dio è attento alla nostra fedeltà; ora,  Lui ti mette in una situazione in cui puoi dire una parola inutile o una parola secondo lo Spirito…se sei fedele (se cioè parli secondo Verità), Dio osserva e tiene conto di questa tua fedeltà “nel poco”, e allora ti ricompensa; la ricompensa consiste nel darti la possibilità/capacità di restare  sempre più nel Suo Pensiero.

Pinuccia: Già all’inizio del vangelo di Giovanni Gesù chiede ai discepoli del Battista: “chi cercate?”.

Luigi: Dall’inizio alla fine  Lui opera per renderci consapevoli.


Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Gv 18 Vs 5


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17/ Luglio /1993


1° tema: Risposero: Gesù Nazareno

Nino: Qui c’è certamente un errore, poiché essi non cercano certamente Gesù per ciò che Egli è.

Luigi: O forse cercavano veramente Gesù… profondamente è così, lo stesso Giuda, se andiamo a fondo, vediamo che stava cercando davvero  Gesù di Nazareth.

Qui abbiamo uomini che sono interrogati da Dio: “chi cercate?”; ed essi rispondono: “Gesù di Nazareth”!

Domenico: “Gesù” significa “salvezza di Dio”; ogni uomo è alla ricerca della salvezza, in qualche modo; ma quando Gesù ci rivolge questa domanda noi possiamo anche essere nella posizione di traditori…

Luigi: Sì, qui Lo cercano per arrestarlo; Giuda Lo cerca per tradirlo…ma comunque, tutti Lo cercano, amici e nemici; chi è dunque questo Gesù di Nazareth cercato da tutti?

Domenico: È Colui che risponde alla passione di assoluto che tutti portano in sé.

Franca: Cercare Gesù (la salvezza) nel luogo di conflitto non è sbagliato…

Luigi: Eh, ma loro mica cercano la salvezza! E tuttavia cercano Gesù di Nazareth…teniamo presente  che anche quando gli uomini cercano Gesù per tradirlo ed ucciderlo, Dio fa dire loro delle grandi verità!

Franca: Tutti cercano l’assoluto, la salvezza.

Luigi: No, tutti cercano l’assoluto e basta! E sbagliano luogo.

Qui viene però precisato che l’assoluto diventa Gesù di Nazareth: com’è possibile? Dico: Gesù è un uomo ben definito!

Franca: Loro sanno quello che vogliono.

Luigi: Sì, mentre invece chi cerca l’assoluto non sa ciò che vuole, e lo confonde con la ricchezza, con le creature, ecc.

Franca: Dunque non capisco chi siano costoro che cercano Gesù ma non per la loro salvezza.

Luigi: Teniamo presente che ogni avvenimento è pilotato da Dio; anche le parole che gli uomini dicono  rivelano, in profondità, la Verità…appunto perché è sempre Dio che parla in  tutto e in tutti; nei Suoi stessi nemici, è Dio che parla!

Anche lì, dunque, Dio rivela qualcosa di Sé stesso.

Ora, la prima domanda che, nel Vangelo, Gesù pone agli uomini, è: “chi cercate?”.

Qui siamo alla fine, e ancòra si presenta questa domanda: “chi cercate?”; con ciò ci dice che, attraverso tutte le vicende della nostra vita, noi giungiamo ad un certo momento a definire l’oggetto della nostra ricerca.

Franca: Qui lo domanda a tutti.

Luigi: Sì; all’inizio lo chiedeva a chi aveva ricevuto la segnalazione del Battista, alla fine lo domanda a tutti: per dirci che tutti quanti, profondamente, cercano Lui.

Cosa è dunque questa energia che convoglia tutti a Lui?

Giovanna: È la passione di assoluto; poi però possiamo trovarci davanti a  Lui o per aderirvi o per arrestarLo.

Luigi: Giusto; ci troveremo tutti davanti a Lui, ma a sinistra o a destra…ma certamente tutti attorno a Lui, e perché?

Perché tutto il resto viene meno.

Giovanna: Di solito però noi cerchiamo di tenere il piede in due scarpe.

Luigi: Sì, finché hai tante creature tu oscilli da una all’altra ma già lì, in fondo, stai cercando l’assoluto.

Franco: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a Me”; c’è il doppio significato: c’è chi Lo innalza perché Lo mette prima di tutto, e chi Lo innalza per crocifiggerLo.

Luigi: Tutti gli avvenimenti Lo innalzano da terra, e  Lui diviene il centro di tutto.

Tutti gli avvenimenti confluiscono lì; da qualsiasi punto della circonferenza si parta, si approda sempre lì; e il centro…cos’è il centro?

Franco: La Morte di Cristo.

Luigi: E quindi, il cerchio è Gesù stesso.

Silvana: Qui cercano Colui che li disturba…

Luigi: E già: tu capisci, amore e odio confluiscono su uno stesso punto; destra e sinistra, amore e odio….in quanto determina conflitto, significa che c’è un interesse: non si entra in discussione con qualcuno che non suscita alcun interesse!

Pinuccia A.: Tutti gli uomini cercano Gesù perché subiscono la passione dell’assoluto, e Gesù è l’unico che li porta là (?)

Luigi: I primi discepoli chiedono: “dove abiti?”; cercavano qualcuno che rispondesse al loro problema principale; ora, noi siamo alla continua ricerca dell’assoluto, ma continuamente ci troviamo a sbattere contro un muro, perché troviamo soltanto relativo: è una continua delusione.

Rina: Ogni ginocchio si piegherà davanti a Gesù: ma costoro sono davanti a  Lui nel pensiero del loro io.

Luigi: Qui ci troviamo con uomini che subiscono una passione; questa passione è significata dal roveto ardente che brucia e non consuma; al suo centro c’è Jahvé, l’Assoluto.

Ogni uomo è questo roveto che brucia, è questa passione; e cos’è questa passione che lo fa bruciare?

È Gesù di Nazareth.

Tosca: Qui Lo cercavano perché ne avevano sentito parlare.

Luigi: No, non giustificherebbe la cosa; se tu ti interessi di qualcuno di cui hai sentito parlare, è perché quel qualcuno, dentro di te, corrisponde a qualcosa.

Pinuccia: Con questa domanda Gesù tende a renderli consapevoli di cosa stiano cercando.

Luigi: A noi non interessa tanto sapere se siano o meno consapevoli…noi dobbiamo cercare di capire cosa Dio ci voglia rivelare facendo affermare all’uomo (addirittura all’uomo/nemico): “sto cercando Gesù di Nazareth”.

Pinuccia: Gesù corrisponde alla passione di assoluto.

Luigi: Ecco: tu, uomo, sei alla ricerca di qualcuno che ti parli dell’Assoluto; e che te ne parli partendo dal livello tuo.

Pinuccia: Noi non intenderemmo il Suo parlarci dell’Assoluto se non avessimo la preparazione dell’Antico Testamento.

Luigi: Noi non Lo intenderemmo se già non Lo portassimo in noi (se fossimo animali).

La preparazione dell’Antico Testamento ha la funzione di formare in noi l’amore per-, ma la passione d’assoluto quella c’è, volenti o nolenti.

2° Tema Egli rispose “Sono Io”.

Osvaldo: Siamo costituiti da questo “Io sono” di Cristo.

Luigi: Certo; essere fatti dal Suo Tu significa questo, che come passione noi siamo fatti da ciò che cerchiamo; però noi non sappiamo ciò che cerchiamo perché, appunto, la passione la subiamo.

Per sapere, noi dovremmo conoscere il principio di ciò che subiamo, nel qual caso…non lo patiremmo più!

Dove non abbiamo la ragione di ciò che ci arriva, subiamo la passione.

Allora, Gesù ci rivela: “l’oggetto della tua passione sono Io”; quel “Tu” che ti costituisce è  Lui stesso; tu subisci la Presenza di Uno che non conosci;  Lui ti rivela di essere quella Presenza: “sono Io!”.

Alberto: L’Assoluto, in quanto tale, non è relativo a noi.

Luigi:  Lui non è relativo a noi; noi subiamo la passione, quindi noi siamo relativi a Lui.

Dio esiste indipendentemente a noi, noi non possiamo esistere senza di Lui; Dio non è fatto da noi, mentre noi siamo fatti da Lui.

Ora, finché noi non giungiamo ad identificare l’oggetto della nostra passione con Lui, con  Lui che viene dal Padre, inevitabilmente continuiamo a prendere delle cantonate.

Domenico: L’oggetto della nostra passione diventa poi il soggetto di essa: noi subiamo il tempo per la presenza dell’Eterno, e così, facciamo esperienza dell’assenza per via della Presenza.

Luigi: Certo, ma per arrivare lì…noi ci troviamo nella notte, ed in essa subiamo la passione di qualcosa che non sappiamo identificare; cosa dunque succede?

Eh, succede che, poiché non sappiamo definire esattamente Colui che aspettiamo, facilmente Lo confondiamo con tutti coloro che incontriamo; e allora, “forse è questo, forse è quest’altro”, e rischiamo di consumare tutta la nostra vita lì!

Franca: Tutti cercano Lui…tutti sono portatori di questo tormento.

Luigi: Se gli uomini fossero intelligenti (consapevoli) si renderebbero conto che, in qualsiasi situazione essi si trovino, non stanno facendo altro che cercare Dio…fossero pure in una discoteca, stanno cercando Gesù.

Il problema è che l’uomo si trova in un’ignoranza tremenda, e quindi non riesce a dire consapevolmente ciò di cui ha bisogno.

Deve magari arrivare sul letto di morte per prendere coscienza che ciò che Lui cercava in discoteca, sulle spiagge, ecc., non era altri che Lui, Gesù di Nazareth.

Franca: Con questo “sono Io” ci dice che  Lui è Presente in tutto?

Luigi: Affermando “sono Io” ti dice che  Lui è l’Essere della tua passione, la “sostanza” di essa.

Giovanna:  Lui dice: “sono Io” anche a chi lo cerca in modo sbagliato?

Luigi: Si capisce;  Lui fa toccare con mano a tutti che  Lui è ciò che determina la loro passione.

Giovanna: Ma prima di arrivare a capire che la mia passione è determinata da Lui…

Luigi: Sta tranquilla che al più tardi sul letto di morte tutto il resto sparisce, e si verifica questa “vicinanza terribile”, questo a tu per tu.

È un pò come, non so, tu stessi sognano un uomo; a un certo punto lo incontri, e non è come te lo aspettavi: crolla tutto.

Non fosse altro che in punto di morte si determina questa vicinanza terribile, che ti rivela: “sono Io; hai trovato Colui che hai sempre cercato”.

Tu Lo cercavi sempre, perché se no, evidentemente, non avresti detto agli altri: “non sei tu”!

Franco: Gesù dice al cieco guarito: “sono Io Colui che tu hai veduto”; cioè: “sono il Principio del tuo stesso bisogno”.

Luigi: Sì, è proprio quel “sono Io che parlo con te”; noi crediamo siano le creature, ma invece è Dio, e a un certo punto questa meraviglia salta fuori: “era Dio!”.

Apparentemente sono le creature, e questo perché noi identifichiamo le persone con i loro corpi, ma in realtà è il Signore che usa le creature per parlare con noi.

Silvana: Sia alla Samaritana che al cieco nato Gesù dice: “sono Io”, ma non è maturato in entrambi il medesimo interesse.

Luigi: D’accordo, comunque si tratta sempre dello stesso “sono Io”: poi, è logico, ci sono i diversi terreni.

Ma Dio è Uno solo.

Pinuccia: È la stessa voce che proviene dal roveto ardente: “Io sono Colui che è”; Dio non può dire che quello.

Luigi: Certo, ma tu capisci che fintanto che  Lui dice quello rimane un abisso, tra  Lui e noi?

Rimane un abisso, cioè, tra  Lui e ciò che noi patiamo.

Ora, il compito del Cristo è proprio quello di collegare la nostra passione con “Colui che è”.

3° Tema. Anche Giuda il traditore stava con loro.

Franca: Tutti cercano Dio e fra questi c’è anche uno che Lo tradisce!

Luigi: Sì, nella nostra passione di assoluto c’è anche un pensiero di tradimento.

Franca: Rivela ciò che noi siamo.

Luigi: Qui  Lui dice, in sostanza: “guarda che nel desiderio di_ è compreso il tradimento”; tutti hanno la passione di assoluto: quand’è che in essa si verifica il tradimento?

Franco: Si verifica in coloro che odiano; tra gli Apostoli c’era anche un amore possessivo.

Luigi: Sì, ma qui siamo arrivati al fatto che questa passione di assoluto è presente in tutti, amici e nemici…per cui, in questa passione (che è passione di ricerca di Gesù, di Colui che questa passione giustifica), c’è anche un traditore…anche tra gli Apostoli c’è un traditore.

E si tratta proprio dell’amore possessivo:

Franco: Anche tra chi odia?

Luigi: No: tra chi ha la passione di assoluto; è in essa che c’è il traditore: e il traditore è la pretesa, è l’amore possessivo; ecco cosa ha scatenato il tradimento di Giuda; è l’amore per sé stessi, il dominio dell’io: l’io subisce la passione d’assoluto.

Silvana: Gesù rivela che  Lui è l’Essere della nostra passione.

Luigi: Questo è molto importante; noi stiamo subendo una passione; sotto un certo aspetto essa è orfana, perché non ne vediamo il Padre: Cristo ci rivela questo Padre,

Silvana: Lì ci dà la possibilità di uscire dal tradimento.

Luigi: Sì, però io esco dal tradimento solo in quanto non pretendo

la cosa per me: perché la cosa deve appartenere a Dio.

Silvana: Ne esco se questa mia passione la oriento a Lui.

Luigi: Diciamo così: la cosa deve avere la propria giustificazione in  Lui e non in me, in me come pretesa.

Pinuccia A.: Uno può accorgersi che tutto lo delude, e ciononostante continuare a subirne la passione…come mai?

Luigi: Tu puoi constatare che la droga ti fa male, ma ciò non basta a liberartene…ciò che libera è il positivo; è solo quando, per grazia di Dio, metti  Lui prima di tutto, che diventi libera dal negativo; e devi metterlo prima di tutto anche se  Lui non si concede a te.

Rina: Questa passione di assoluto in noi scatena o l’amore o l’odio,

Luigi: Prima scatena sempre l’amore: l’odio è, dell’amore, un secondo aspetto.

Quando vedi che l’altro non risponde alla tua pretesa, passi all’odio: l’odio è questa proiezione della tua pretesa.

Ecco il traditore: c’è questo amore di fondo, ma quando esso non viene corrisposto, se il tuo desiderio viene frustrato, salta fuori l’ostilità; l’odio non è altro che amore che non è stato corrisposto.

Pinuccia: Adesso mi è chiaro il senso di Giuda che “conduce”.

Luigi: E già: chi va a prendere Gesù è condotto da questa anima dominata dalla pretesa.

Franco: Ed è un’anima che ha conosciuto qualcosa.

Luigi: Certo; Giuda è rimasto tre anni, con Gesù.

Pinuccia: Mettendo Dio prima di tutto Giuda avrebbe potuto superare questa passione di pretesa.

Luigi: Si capisce; in Paradiso, dove Dio è messo prima di tutto, non esiste la gelosìa: lì si è felicissimi che Dio voglia bene all’altro come a te, e ciò in quanto in Paradiso si contempla, non si pensa a sé stessi.

È il pensiero dell’io che fa fare confronti, fregandoci.

Pinuccia: Se tenessimo presente che le creature sono fatte personalmente per ognuno di noi, potremmo godere di ciò che è dato anche agli altri.

Luigi: Sì, perché in sostanza ciò che è dato agli altri è dato anche a te; se superi il pensiero dell’io ti rendi conto di questo, per cui godi di ciò che è dato agli altri.

Giovanna: Chi mi libera dal sentimento della pretesa?

Luigi: Il riportarlo a Dio; perché lì diventa conoscenza, e quindi liberazione; è ciò che non riconduciamo a Dio, a dominarci.


Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Gv 18 Vs 6


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24/ Luglio /1993


1° Tema: “Sono Io”

Luigi: Teniamo presente questo: Dio parla sempre, e perché, dunque, qui dice “appena”…?

“appena” rappresenta un momento nel tempo, e ciò rappresenta dunque una contraddizione con il fatto di Lui che parla sempre…

Franco: “Appena” è, forse, quando la creatura comprende che Dio parla in tutto; Lui ci dice “Io sono” quando ci fa capire che Lui è il principio del nostro stesso pensare.

Luigi: Ma Lui ci dice sempre “Io sono”.

Franco: Ma noi lo capiamo nel momento in cui in noi si è formato il desiderio di capire; tutto è in relazione al fatto che  qui gli rispondono: “cerchiamo Gesù il nazareno”.

Luigi: Sì, il punto è determinato dalla creatura che esprime la propria intenzione, il proprio desiderio: l’”Io sono” si rivela nel desiderio della creatura: il punto d’incontro è l’eterno che tocca l’intenzione della creatura.

lì abbiamo il momento nel tempo, perché la creatura non parla sempre, ma soltanto quando Dio la interroga.

è proprio lì che si verifica questo “appena”.

Franco: Nella creatura deve proprio essersi formata la domanda.

Luigi: E questa domanda non si può formare se Dio non interroga; dunque, l’appena si realizza solamente quando avviene questa significazione, come risposta da parte della creatura.(?)

Franco: È l’invito a pranzo.

Luigi: No, nella fase dell’invito a pranzo non abbiamo ancòra quel momento….perchè lì Dio ti invita, ma tu non prendi consapevolezza della cosa, e infatti ti giustifichi: “ho i buoi, i campi, la moglie”….riveli sì la tua intenzione, ma su di essa Dio non ti dice ancòra “sono io”; ora, l’”appena” si verifica, invece, quando, sulla tua intenzione, Dio rivela l’essere.

Paola: Ma se Dio parla sempre…

Luigi: Ma, parlando, non chiede all’uomo la sua intenzione; in tutto Lui non fa altro che predicare sé stesso, ragion per cui in tutto Lui dice “io sono”; ora però, se la creatura non formula la sua intenzione nei confronti di dio, l’io sono di dio, per lei, scompare.

per percepire una cosa tu  in qualche modo devi esserti manifestata…è su ciò che parte da te che Lui dice “io sono”: se da te non parte nulla, non puoi assolutamente percepire la realtà; la realtà c’è, ma tu non la percepisci.

Tu hai bisogno che Dio riveli il suo essere su ciò che parte da te.

Domenico:  Pensavo al “quid est veritas?” Dio forma la passione di capire, nella creatura.

Luigi: Il desiderio parte dalla creatura; è opera di dio, ma parte dalla creatura; può pure  essere un desiderio malvagio, ma deve partire dalla creatura; a questo punto Dio fa prendere consapevolezza che Lui è l’essere.

2° Tema: l’indietreggiamento

Nino: C’è chi si apre e chi indietreggia…dipende dall’intenzione che uno porta dentro; si indietreggia quando la propria intenzione non coincide con quella di Dio,

Luigi: No, qui la coincidenza c’è: “chi cercate?”; “Gesù”; “sono Io”.

piuttosto, cosa vuol dire spiritualmente “indietreggiare”?

Loro dovrebbero saltargli al collo: stanno cercando proprio lui!

Franco: Non sono preparati per restare.

Luigi: E in cosa consiste, l’impreparazione?

Carlo: Qui abbiamo la vicinanza terribile.

Luigi: Certo; è come quando Pietro compie la pesca miracolosa…dice: “signore, allontanati da me che sono un peccatore”.

Cerchiamo di comprendere perché si verifichino certe distanze.

Franco: È il senso di quella parabola indiana: “ l’anima indietreggia per poter sopportare la luce.

Luigi: Certo…il popolo ebreo aveva timore di pronunciare “Jahvè”, perché era un popolo estremamente logico, al contrario nostro, che trangugiamo tutto: infatti siamo estremamente illogici.

cioè, loro erano coscienti che “se pronunciamo Jahvè, colui che è, cosa mai noi siamo?!”.

Franco: Nel pensiero dell’io non possiamo giustificare questo oggetto del pensiero che è Dio,

Luigi: Diciamo così: non possiamo giustificare l’essere del nostro pensiero.

Perché il nostro pensiero, o nasce dall’Essere (e allora è giustificato), o tende a giustificare l’Essere in sé (e allora è privo di giustificazione).

Franco: Ma qui, dicendo “sono Io”, non ha rivelato loro di essere il principio dei loro pensieri?

Luigi: Ha rivelato di essere l’oggetto della loro ricerca.

Franco: In sostanza dice: “Io sono Colui che è”, e come può dunque anche essere l’essere del nostro pensiero? Per cui essi non possono che indietreggiare.

Luigi: E già! Rivela che il loro pensiero non nasceva da essi…Lui era l’oggetto del loro pensiero, non il soggetto…adesso rivela di esserne il soggetto: insopportabile!

Silvana: Questa intenzione di ricerca di Dio che si è formata per opera/interrogazione di Dio è un’intenzione che ha lo scopo di far fuori Dio,

Luigi: L’importante è questo: partiva da loro.

Silvana: Ma deve, partire da loro.

Luigi: No: se parte da loro, non possono poi sopportare che parta da un altro; qui infatti non possono sopportare l’essere della loro interrogazione, e ciò proprio in quanto l’iniziativa era loro.

Silvana: Ma era Dio, ad aver formato questa interrogazione.

Luigi: Ma questo, loro, non possono saperlo; loro tendono anzi ad impossessarsi: la cosa, dunque, parte dal loro io.

Silvana: Come forma Dio l’interrogazione?

Luigi: Quando interroga: “cosa stai cercando?”; l’uomo, sostanzialmente, ha due possibilità di ricerca: o nasce da ciò che ha presente, o nasce dal suo io.

Nel primo caso il suo desiderio è giustificato in ciò che ha presente, cioè nasce da-.

Nel secondo caso, parte dal suo io per affermarlo sulla realtà che ha presente, e qui non è ovviamente giustificato.

Silvana: Questa intenzione, quindi, partiva da loro, però Dio manifesta Se stesso come essere.

Luigi: Certo, ed è proprio per questo che essi non possono sopportare la cosa; salta fuori la loro contraddizione.

Il loro desiderio nasce dal loro io, per cui non possono accogliere che, invece, principio del loro desiderio sia l’altro.

Ora, la nostra intenzione deve nascere dall’essere, da Dio: solo così resta con Dio,

presso Dio c’è sempre il suo pensiero, perché il pensiero di Dio nasce da dio, trovando dunque in Dio stesso la conferma di sé.

Ecco qual è, dunque,  la condizione per restare: si può rimanere in quanto e per quanto si nasce da una causa.

Paola: La morte è segno della vita; come si può vedere questo fatto in questa situazione?

Luigi: Qui si verifica un processo di morte; per la creatura che non nasce da lui, Dio è morte.

La morte da cosa nasce? Dal peccato originale, cioè dall’io autonomo, dal desiderio che nasce dall’io anziché da Dio.

Il desiderio che nasce dall’io è ingiustificabile, ed è dunque morte, perché si vive in quanto si riesce a giustificarsi.

Per un po’ ci giustifichiamo con buoi, campi e moglie, ma  a un certo punto non ci riusciamo più: restiamo nudi.

Il grande problema del protestantesimo è stato proprio quello della giustificazione in cielo…perché è la giustificazione ciò che ti dà la possibilità di restare con-.

Dove non puoi giustificare, scappi.

Domenico: In questa situazione si può anche vedere la frase di Gesù: “nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre”; e cioè: “nessuno può sopportare l’io sono del Figlio se non ha, come intenzione, quella di conoscere il Padre”.

Luigi: Sì, la condizione per poter sopportare è che il desiderio che è in te nasca da-.

Succede invece che noi facciamo di Dio l’oggetto del nostro pensiero, cioè lo facciamo nascere dal nostro io; questo ci conduce in una contraddizione insanabile, in un assurdo insopportabile.

Yyyy: Fino a che il mio desiderio non nasce da dio, Dio mi risulta insopportabile.

Luigi: Certo, perché allora non si può sopportare Dio come principio del nostro desiderio, appunto perché c’è una contraddizione, la quale è insopportabile, dall’uomo.

Succede dunque che la rivelazione di Dio come principio del mio desiderio determina la mia lontananza da lui.

Franca: Hai detto che il loro desiderio nasceva dal loro io; eppure, Dio è la sostanza di questo loro desiderio…

Luigi: Diciamo così: tu puoi rivolgerti a Dio con un tuo desiderio: “Signore, aiutami a capire”.

È un desiderio che nasce da te.

Può invece anche darsi che, guardando a Dio, tu veda da Dio il desiderio di Dio, la sua volontà, e che tu la sposi.

E siccome Dio vuole questo, tu vuoi questo.

In questo caso la tua intenzione nasce da Dio:  e allora sei giustificata, e quando Lui ti dice: “sono Io l’essere del tuo pensiero”, tu puoi restare, anzi, batti le mani e dici: “è proprio così”.

3° Tema: Il cadere a terra

Franca: Cadiamo là dove non abbiamo un punto fisso di riferimento, là dove ci siamo appoggiati.

Luigi: Il che può diventare un inferno.

Giovanna: A questo punto non si è più come prima…

Luigi: Mai, si è “come prima”; vedi un cane per la strada: lo hai visto, ne resti modificata: non sei più come prima!

Giovanna: Ma questo incontro con Gesù non è così banale come l’incontrare un cane…

Luigi: Non c’è nulla di banale; tutto ciò che ti arriva è una proposta di Dio, proposta che ti rende dunque responsabile davanti a Dio; con ogni risposta che dai ti qualifichi, e diventi più persona.

Giovanna: Allora non ho capito bene il primo giro; Dio parla in tutto…

Luigi: Dio parla in tutto, certamente, ma tu non percepisci la sua parola: per te un cane è un cane, un albero è un albero, ecc.

Per arrivare a vedere la parola di Dio, si richiede che da noi parta una certa intenzione; perché tu vedi il mondo in base all’intenzione che porti dentro: la tua intenzione è il radar che ti fa esplorare il mondo; lo fa, appunto, con la lunghezza d’onda con cui parte, per cui ritorna con ciò che ha incontrato, prima no.

Giovanna: Ma noi sempre, abbiamo una qualche intenzione.

Luigi: Una cosa è la tua intenzione, altro è che sia Dio a domandarti quale intenzione tu hai; qui abbiamo l’interrogazione di Dio: “chi cercate?”.

Giovanna: L’intenzione che si forma in noi è dunque una conseguenza della domanda che Lui ha fatto.

Luigi: No, l’intenzione tu già la porti in te; si richiede però che tu la possa esprimere, perché solo così ne prendi coscienza.

Per esempio, tu provi odio per una certa persona, ma non te ne rendi conto se non arrivi ad esternarlo.

Franco: Indietreggiano nel loro punto di riferimento, che è la terra; è un po’ quando ci accorgiamo di arrivare vicini  al Tu di Dio, ma di non riuscire a fare il passaggio…

Luigi: E già, perché il passaggio te lo fa fare (solo) Dio, e te lo fa fare proprio in quanto nasci da-.

Se no, ti accorgi che, anche pensando Dio, c’è sempre un diaframma, tra te e Lui.

Sembra magari che manchi poco, ma…e già, perché Dio non si identificherà mai col segno in sé, perché il segno deve nascere dall’essere.

Franco: Ma qui c’è stata la rivelazione di Dio: “sono Io il principio del tuo desiderio”.

Luigi: D’accordo, ma la rivelazione risulta insopportabile, perché il desiderio nasce dal mio io.

Franco: Ma Lui mi sta dicendo che nasce da Lui stesso…

Luigi: Ma io non sopporto, questo, perché per me è una contraddizione!

Io sto cercando Lui per possederlo (per ucciderlo): significa che il mio desiderio nasce da me stesso, e ciò lo comprendo benissimo…capisco perfettamente che non nasce da Dio!

Ora, Dio mi mette nell’inferno proprio così, rivelandomi che Lui è il principio del mio desiderio.

Franco: Ma io non so che Lui è il principio del mio desiderio, dunque è indispensabile che Lui mi riveli la cosa; se poi, però, non appena me lo rivela, io non lo posso sopportare…

Luigi: Ma perché non lo sopporti? Siccome tu parti dal tuo io (sono io che faccio, sono io che penso, ecc.), tu non sopporti che un altro ti dica: “guarda che quella cosa sono io che te la faccio fare, che te la faccio pensare”.

Non puoi cioè sopportare la Verità.; solo se tu nasci dalla Verità, sei in grado di sopportare la sua rivelazione; in caso contrario, la stessa rivelazione della Verità ti pone nell’inferno.

È Gesù che dice: “ho tante cose da dirvi, ma per ora non le potete sopportare”.

Qual è  l’elemento che ci dà la capacità di sopportare?

È la conoscenza di Dio: essa ci fa intendere il desiderio che viene da Dio, così ci rende sopportabile Dio stesso.

Domenico: Tutto questo avviene nella fede?

Luigi: C’è un processo di fede che ti rende possibile una certa conoscenza, la quale ti rende sopportabile la verità, poiché ti dà la possibilità di avere la stessa intenzione di Dio, l’intenzione che da Dio nasce.

Se invece l’intenzione nasce da te, quand’anche fosse rivolta nei confronti di Dio, essa ti butta nell’inferno.

Franco: Dunque questa rivelazione qui non è il “questo è mio”; quest’ultimo, infatti, è sopportabile…è addirittura un qualcosa che fa entrare.

Luigi: Se tu cerchi la conoscenza di Dio, da Lui tu arrivi a comprendere quanto Egli vuole, la sua volontà: appunto perché deriva da-.

Noi siamo salvati da ciò che viene da Dio,

Ecco ciò che forma in te la capacità di-: è quanto tu conosci di- “derivato da-”.

Allora, se quello che viene da Dio diventa il tuo desiderio/intenzione, se cioè diventa il tuo pensiero, tu ti ritrovi con un pensiero giustificato in Dio; giustificato, hai la possibilità di restare, perché a questo punto non subisci contraddizione.

Ecco: si può restare solo là dove si è sempre (in tutto) giustificati.

Franco: Ecco, si tratta di 2 rivelazioni distinte; questa qui non è quella che fa entrare.

Luigi: Questa ti butta in terra, perché in te non deriva da Dio…tu sai di avere un’intenzione che nasce da te, che non è un albero piantato da Dio,

Domenico: Questo “Io sono” pronunciato da Cristo è per noi l’occasione per ripassare dalla terra al cielo, ma deve in noi maturare l’intenzione giusta, se no siamo spediti all’inferno.

Luigi: Si capisce; davanti a Lui, infatti, Egli dice ad alcuni: “via da Me”, mentre ad altri dice: “entrate con Me”.

Cioè, il tuo nome può essere scritto in cielo oppure in terra.

Come dico, solo se la tua intenzione nasce da-, risulta legittimata in-.

Pinuccia: Qui abbiamo proprio la “vicinanza terribile”: uno deve assorbire l’altro, in due non si può stare…o mi lascio assorbire da Dio, o scappo, e scappare equivale all’inferno.

Luigi: E Già, perché…dove vai?! Ovunque tu vada, non fai altro che trovare Dio !

Il Signore definisce infatti il demonio come un essere che non ha luogo in cui fermarsi; il demonio fugge da Dio ma ovunque vada trova un segno di Dio, per cui….se invece hai maturato la conoscenza di Dio, godi ad ogni istante, perché continuamente vedi Dio,

Pinuccia: Tutto sta nell’aver dedotto il nostro io da Dio…il nostro io deve nascere da Lui.

Luigi:  Sì, ma non sei tu che deduci…la cosa non dipende da te.

È Dio, il principio, e deve esserlo sempre, per te.

Con Dio non si può barare: “adesso deduco io”; inganneresti te stessa.

È contemplando Dio che vedi ciò che egli opera.


Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gv 18 Vs 7


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24/ Luglio /1993


1° Tema: La ripetizione della domanda

Franco: Ripete la domanda per non lasciarli a terra. Gesù non ci abbandona.

Giovanna: Dopo ogni parola di Dio non siamo più come prima; ma anche se non rispondiamo,  Lui continua ad interrogarci…

Luigi: Eternamente  Lui ci dice: “Io sono”.

Franco: Chissà cosa si è formato, nella creatura, tra le due domande…

Luigi: E già: perché Dio, sicuramente, non si ripete mai.

Franco: La prima domanda è per formare una certa maturazione; cadendo a terra, la creatura fa un’esperienza.

Luigi: Diciamo così: scappando da_, si fa esperienza di morte; e nell’esperienza di morte, avviene il massimo avvicinamento alla vita; atterrato, tu fai esperienza di impotenza e, l’impotenza, equivale a: tutto viene da Dio.

Non è proprio l’identificazione, non è proprio la stessa cosa, ma è certamente la massima vicinanza, la massima facilitazione.

Evidentemente, quindi, tra le due domande c’è un abisso.

Silvana: Prima, quindi, Dio ci interroga, dandoci così la possibilità di prendere consapevolezza dell’intenzione che portiamo in noi.

Luigi: Ci interroga perché si manifesti la nostra intenzione, poi ce ne fa constatare le conseguenze: le conseguenze sono la morte; l’intenzione che non procede da Dio conduce inevitabilmente alla morte, all’impotenza.

Nel fine abbiamo il massimo avvicinamento al Principio; ed è proprio dopo questo massimo avvicinamento che  Lui ti ripete la domanda; ed ovviamente non si tratta di una semplice ripetizione…

Pinuccia A.: Dio non ci abbandona mai nella nostra situazione di morte.

Luigi: Si capisce: Dio non è soggetto a mutamento, dunque non si sposta, dunque è sempre con noi.

Pinuccia A.: Ma se cadiamo a terra è colpa nostra.

Luigi: Sì, ma comunque  Lui è sempre con noi, anche all’inferno.

L’inferno è infatti costituito dalla Sua stessa Presenza; si tratta di una Presenza insopportabile, certo, ma pur sempre Presenza.

Domenico: Gesù ci chiede chi stiamo cercando, e noi rispondiamo: “l’Assoluto!”;  Lui ci dice allora: “l’Assoluto sono Io”, ma noi Gli rispondiamo: “no, sono buoi, campi e moglie”.

E allora  Lui ci fa fare esperienza di assenza, poi si ripresenta per farci capire dove sta la vera Presenza.

Luigi: Sì.

Pinuccia: Non automaticamente nell’esperienza di morte si scopre la vita: ci sono sempre quindici stadi…

Luigi: Il segno/morte non si identifica con la vita: la morte è morte, e la vita è vita! Però, ho detto, si tratta della massima vicinanza possibile.

Pinuccia: È il massimo aiuto che può darci Dio.

Luigi: Certo; ma non è automatico il trovare la vita.

Massima vicinanza significa che si richiede ancora un passaggio dal segno allo Spirito, in modo da vedere il segno stesso dal punto di vista dello Spirito.

Perché quello che parte da Dio è il pensiero  del segno.

Pinuccia A.: E fare questo passaggio dipende da noi?

Luigi: Dipende da Dio, ma tu devi aderire alla Sua Opera; se si identificasse, la cosa sarebbe automatica.

Ora, tu senti una parola: essa non si identifica (mai) col pensiero…resta sempre una certa distanza.

Ecco, è per far capire che tra il dire che Dio è Colui che è ed il  comprenderlo veramente c’è un salto…la Realtà non viene mai dalla parola, Essa procede da Dio, perché Dio ne è il Principio.

Allora, se non fai il passaggio a vedere il segno da Dio, resti sempre nel segno.

Nino: Direi che siamo ancòra al Deuteronomio: Dio ci pone di fronte la vita e la morte, dicendoci di scegliere la vita; ma noi, nel pensiero dell’io, scegliamo la morte.

Luigi: Il fatto è che noi, nel pensiero dell’io, scambiamo la morte per vita! Abbracciamo la morte credendola vita.

Carla: Allora io sono desiderio di Dio!

Luigi: Magari! se, per esempio, tu vedi un fiore, e te lo porti a casa perché ti piace, il tuo desiderio da chi è nato?

Carla: Da Dio.

Luigi: No, dal fiore! Se nascesse da Dio, tu non strapperesti il fiore, a meno che Dio stesso non te lo ordinasse specificatamente.

Ma, dico, se tu hai desiderio di Dio, non ci pensi proprio a strappare il fiore, ma pensi a cercare di capire cosa Dio voglia dirti attraverso il fiore.

2° Tema: Chi cercate?

Agata: Cadono a terra in quanto non sopportano la Verità di Dio.

Luigi: Certo, perché la capacità di sopportare deriva dall’aver messo Dio prima di tutto; è il Pensiero di Dio ciò che ti dà la possibilità di sopportare…qualsiasi altro pensiero ti rende impossibile il sopportare.

Domenico: La prima domanda che Dio fa alla creatura è per farle prendere consapevolezza della morte che porta in sé.

Luigi: Lì non può sostenere l’Io sono di Dio.

Domenico: E nella seconda interrogazione offre alla creatura la possibilità di fare il passaggio fino al Suo “Io sono”.

Franco: Qui Gesù ci viene incontro facendoci fare esperienza del nulla.

Luigi: Sì, della relatività di tutto ciò per cui viviamo; noi che siamo fatti per l’Assoluto, ci riduciamo a vivere per le cose che passano.

Nella passione d’assoluto, esperimentando cose che passano, si resta delusi.

Franco: Nella prima domanda non c’è ancora la rivelazione del fallimento.

Luigi: No, loro avevano presente: “cerchiamo Gesù di Nazareth”.

Franco: Rivelavano cioè che tutti gli uomini cercano l’assoluto.

Luigi: Sì, ma quando Gesù dice loro: “Io sono”, essi cadono a terra, rivelando con ciò che la giustificazione della loro ricerca era terrena.

Franco: Hai detto che se Dio ci venisse incontro nel nostro desiderio della caramella, in realtà non ci verrebbe incontro.

Luigi: Certo;  Lui ci viene incontro in quanto ci fa toccare con mano la relatività dei nostri motivi.

Franca: Nel pensiero del nostro io, presto o tardi noi cadiamo a terra.

Luigi: Sì, perché lì tu non sei giustificata da Lui, ma hai la tua giustificazione in altro.

Franca: In quel modo si rivela la nostra intenzione.

Luigi: Sì; per sostenere un’intenzione bisogna che questa derivi da quella causa; se la tua intenzione deriva da Dio (se cioè tu desideri ciò che vuole Dio stesso), di fronte alla rivelazione di Dio tu ti sostieni.

Se hai invece un’altra intenzione, un’altra giustificazione, non puoi rimanere a quella Presenza, perché  Lui non ti giustifica.

Franca: E questa esperienza di morte, di indietreggiamento e caduta a terra, la facciamo proprio tutti.

Luigi: Sì, quando Dio ci interroga sul motivo che portiamo in noi; se non ci interroga, noi restiamo illusi, fino alla fine!

Magari cerchiamo sempre Dio, ma se  Lui non ci rivela la Sua intenzione noi restiamo illusi.

Silvana: Interrogandoci, Dio non ci lascia in pace: non si sopporta il Suo “Io sono” e, nello stesso tempo,  non si sta bene nel luogo in cui ci si trova.

Luigi:  Lui ci fa prendere consapevolezza  di ciò per cui veramente stiamo vivendo: mette a nudo il nostro io.

Giovanna: Tutti noi cerchiamo Dio, ma Lo cerchiamo in cose terrene.

Luigi: Noi confondiamo Dio col denaro, con le creature…il tuo vero Dio è ciò per cui vivi.

Giovanna: In un primo tempo Dio si concede in queste cose.

Luigi: Si concede e ti interroga, per far venire fuori cosa ci sia a fondo della tua ricerca; in questo modo svela a te stessa la vera ragione del tuo vivere

Pinuccia:  Se leggiamo ogni fallimento come una parola  di Dio che mi dice “cosa cerchi?”, anche ogni fallimento diviene costruttivo.

Luigi: Dio opera sempre per salvarci; tutto ciò che  Lui fa, lo fa per rinsavirci, per farci prendere consapevolezza.

3° Tema: Essi risposero: Gesù di Nazareth.

Osvaldo: Qual è il rapporto tra il fatto storico e la lettura spirituale? È giusto, ad esempio, chiedersi come li abbia fatti cadere a terra materialmente?

Luigi: No; tutto ciò che è avvenuto con Gesù è significazione della nostra vita personale con Dio, A noi, dunque, non interessa tanto “come”  Lui abbia fatto a farli cadere per terra, quanto l’avvenimento, la scena.

Noi dobbiamo cercare di capire: “Signore, si tratta di una Tua Parola; cosa vuoi dunque dire a me, che vivo 2000 anni dopo questo fatto?”.

Ora, Gesù è Dio; qui abbiamo allora uomini che stanno entrando in contatto con Dio: evidentemente ci troviamo davanti ad uno specchio per ognuno di noi.

Se Gesù fosse stato soltanto un uomo, ci troveremmo di fronte ad una semplice informazione storica; ma, come dico, qui c’è Dio!

Tutto questo riguarda dunque me, personalmente me: il Cristo storico è rivelazione della Presenza di Dio in noi, ed il Vangelo è rivelatore dei nostri rapporti col Dio di cui siamo portatori.

Agata: Costoro che rispondono “Gesù di Nazareth” sono arrivati alla Presenza del Cristo.

Luigi: No, perché essi sono alla ricerca di Gesù per motivi esclusivamente terreni, per cui è segno che non hanno conosciuto il Cristo.

Loro hanno solo conosciuto Uno che dà loro tanto fastidio…si vengono quindi a trovare a tu per tu con la loro intenzione.

Lo stanno cioè cercando non in quanto Egli è Dio, ma perché per loro è un seccatore, Uno che disturba le loro ragioni terrene.

Siamo in sostanza alla parabola dei vignaioli: “facciamolo fuori, così l’eredità sarà nostra”.

Evidentemente c’è una conflittualità di interessi, un conflitto tra le esigenze di Dio e le pretese della creatura.

Succede così che la creatura veda Dio come un proprio nemico.

Domenico: In questa seconda domanda la creatura che risponde “cerco Gesù di Nazareth” ha fatto il passaggio al desiderio che nasce da Dio?

Luigi: Assolutamente no: infatti ribadiscono apertamente che stanno cercandoLo motivati unicamente da motivi terreni, e questo corrisponde all’uccidere Dio! Perché non si può calare Dio nel nostro motivo terreno…così facendo si uccide lo Spirito.

Domenico: Allora cosa vuol dici il Signore con questa seconda domanda?

Luigi: Dopo averti fatto toccare con mano che hai come movente la terra,  il relativo,  Lui ti offre adesso la possibilità di rinsavire: “adesso che hai fatto esperienza di morte, cosa cerchi? Cerchi la vita?”.

E invece no; qui la  creatura cerca di sopprimere la vita nella morte.

Domenico: Dunque anche nell’esperienza di impotenza la creatura può mandare a morte Colui che le fa fare esperienza di impotenza.

Luigi: Si capisce.

Alberto: Questa seconda risposta equivale al mandare a morte il Cristo.

Luigi: Sì.

Alberto: Loro quindi non riconoscono che il loro desiderio viene da Dio.

Luigi: Tutt’altro; in un primo tempo potevano anche essere illusi circa il motivo per cui cercavano Gesù, ma dopo aver toccato con mano che il movente è terreno, che il loro nome è scritto in terra, vogliono calare sulla terra quello che è scritto in cielo; direi, vogliono classificare il Divino nell’umano.

Ma Gesù dà loro la possibilità di cercare finalmente Dio anziché il loro io.

Franco: Qui non c’è conversione perché  non c’è la giustizia, l’attrazione verso il Padre,

Luigi: Sì, qui la creatura si indurisce nel proprio delitto, per cui, per lei, sarà necessaria la Morte del Cristo; quando la creatura si indurisce nella sua intenzione (“io ho ragione”), non può più essere salvata che dalla Morte del Cristo, cioè dall’esperienza dell’assenza, dell’abbandono.

Franco: Questa risposta è quindi un andare incontro a Gesù in modo errato.

Luigi: “Chi non è attratto dal Padre non può venire a Me”; allora, se il tuo movente non è quello di conoscere Dio, tu ti avvicini a Gesù per ucciderLo, non ci sono altre soluzioni.

Dopo averti dimostrato che il tuo movente è terreno,  Lui ti chiede di nuovo chi tu cerchi, e tu rispondi: “cerco me stesso”…a questo punto Lo uccidi.

Pinuccia A.: Loro però non dicono espressamente: “cerchiamo noi stessi”…

Luigi: Tra le due domande c’è la caduta a terra; è una cosa fondamentale, è rivelatrice del fatto che si cerca Dio nel pensiero dell’io.

Al centro della terra c’è il pensiero del mio io, lì dunque si cerca Dio per ucciderLo.

“Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”: essere attratto dal Padre significa avere il proprio nome scritto in Cielo…bisogna cioè avere l’intenzione di conoscere Dio

Solo in questo caso si cerca Dio per essere aiutati a conoscerLo.

Se no, si è come Erode che, quando nasce Gesù, fa uccidere tutti i bambini nel tentativo di uccidere Gesù: perché sta cercando sé stesso.

Pinuccia: La seconda domanda ha lo scopo di correggere l’intenzione: se avesse funzionato, questi qui cosa avrebbero risposto?

Luigi: Riconoscendo la loro situazione di morte, avrebbero messo l’interesse per conoscere Dio al di sopra di tutto.

Il fatto è che uno può illudersi di essere santo…arriva Dio e ti fa toccare con mano, che sei un demonio…ed è proprio lì che ti dà la possibilità di morire a te stessa.


Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Gv 18 Vs 8


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31/ Luglio /1993


Osvaldo: Poiché persistiamo nel nostro errore, è indispensabile la Sua Morte.

Luigi:  Lui offre Sé stesso e così libera gli uomini; nel processo vedremo che verrà mandato a morte  Lui e verrà liberato Barabba; “Barabba” significa “Figlio del Padre”.

Osvaldo: Quindi è proprio inutile la seconda domanda: siccome è necessario arrivare al delitto…

Luigi: Bisogna giungere al delitto, ma il fatto è questo: una cosa è arrivarvi con una certa consapevolezza, e un’altra cosa è giungervi senza la minima preparazione.

Qui Lui ti prepara di modo che, quando avverrà il delitto, avrai con te un certo sottofondo, e così avrai la possibilità di rinsavire.

È come per il Figliol prodigo: era necessario che se ne andasse di casa a sperperare tutto il denaro del Padre; doveva passare attraverso quella prova.

Ma la possibilità di ritornare dal Padre è stata data dalla preparazione che il Padre stesso aveva seminato in lui.

Allo stesso modo, anche qui Gesù sta seminando, in coloro, che lo uccideranno,  una certa preparazione: è l’opera che fa Dio con ogni uomo.

Alberto: Si inizia a prendere consapevolezza di una cosa solo dopo che la si è attuata.

Luigi: Sì; prima sei dominata dal desiderio di realizzarla, sei soggiogata dalla passionalità; è solo quando hai realizzato il tuo desiderio che ti si aprono gli occhi.

Loro cercavano Gesù di Nazareth, ma con quale intenzione?...ora, se tu non puoi realizzare la tua intenzione, te la porti fino alla vita eterna; realizzandola, invece, resti “sgonfiata” della tua stessa intenzionalità.

Franco: All’inizio Gesù cerca di correggere un’intenzione errata; quando invece l’uomo continua ad affermare la propria intenzione, non può far altro che concedersi; è l’ira di Dio: Dio che ci lascia fare ciò che vogliamo.

Luigi: Sì; l’unico modo per sgonfiarci è quello di darci la possibilità di realizzarci.

Franco: Però…c’è chi desidera i miliardi e fa una vita da povero…

Luigi: Ma il problema non è tanto in ogni intenzione realizzata, materializzata, perché tutte le intenzioni si concentrano poi in un’unica intenzione: io o Dio.

Franco: In qualche modo che noi magari non vediamo Dio lascia affermare l’io.

Luigi: Certo, non fosse altro che per il fatto che tu, nel pensiero del tuo io, puoi affermare: “Dio non esiste”.

Tu puoi non tener conto di  Dio, e Dio lascia parlare il tuo io, ti lascia bestemmiare…ti concede la possibilità di affermare la menzogna: è lì, che vince il  tuo io.

Il tuo io è universalizzante al punto tale da poter dire: “ci sono soltanto io”.

Franca: Perché Gesù dice “lasciate andare costoro”? la coorte non aveva mica detto di volerli prendere.

Luigi: È per far capire che  Lui si offre per liberarci.

Pinuccia A.:  Lui muore per tutti, ma salva solo coloro che sono con Lui.

Luigi: Logico: “non ho perso nessuno di coloro che Mi hai dato”, cioè quelli che l’attrazione per il Padre ha portato a Lui.

Giovanna: Cosa significa, per me, “lasciate andare costoro”?

Luigi: Che se tu sei con Dio,  Lui ti libera dai nemici; si offre al tuo posto e ti lascia libera.

Rina: Il secondo “sono Io”  è ben diverso dal primo.

Luigi: Il secondo è: “sono Io l’oggetto della vostra intenzione”; nel primo, invece, si rivelava come il soggetto di essa.

Pinuccia: Ma fino a quando deve avvenire il delitto?

Luigi: Avviene una volta sola: il delitto è delitto!

Pinuccia: Allora è già avvenuto: deve solo succedere qualcosa che me ne faccia prendere consapevolezza.

Luigi: Una cosa è lèggere del delitto, della pugnalata nella schiena, ed un’altra è trovare uno che veramente uccidi…devi toccare con mano.

Pinuccia: Ma il delitto l’ho già compiuto o no?

Luigi: Questo lo sai tu.

Nino: Quanta gente si ritrova a dire: “questo l’ho fatto io?!”.

Luigi: Eh, si resta dominati dalla propria intenzione: noi non siamo liberi.

Fabiola: Se cerchiamo l’intenzione di Dio spiritualizziamo tutto.

Luigi: Sì; e, al contrario, se cerchiamo la nostra intenzione noi materializziamo tutto, anche Dio; anche lo Spirito Lo facciamo rientrare  nella materia.

Finiamo col dire: “il mio pensiero dipende dal mio cervello”; facciamo dipendere tutto dalla materia.


Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Gv 18 Vs 9


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7/ Agosto /1993


1° Tema: Affinchè si adempisse la Parola.

Domenico: Lui parla senza eccezione in anticipo

Luigi: È da tenere ben presente il “se cercate Me, lasciate andare costoro, affinché si compia la Parola”.

Domenico: Gesù si offre per liberare noi uomini; vediamo nel cap. 11 che Gli dicono; “perché vuoi tornare là dove vogliono lapidarti?; dove non c’è fede, si fanno dipendere le cose dagli uomini; qui vediamo che Gesù si offre per liberare gli Apostoli; ma non sono mica gli uomini che Lo possono catturare, tantomeno gli Apostoli.

Luigi: Evidentemente è necessario che  Lui si offra, per liberare gli altri.

Domenico: Ma qui c’è un altro significato.

Luigi: Presso Dio c’è un solo significato:  cerca l’Uno.

Evidentemente, in quanto il Vangelo dice: “si compisse”,  fa dedurre che la Scrittura sia un incompiuto.

Alberto: Il compimento avviene in quanto l’uomo riporta a Dio ciò che è Suo.

Luigi: Qui è Gesù (non l’uomo) a riportare a compimento.

LUI parla ed opera in questo modo “affinché si compia la Scrittura”…in modo, cioè, che noi vediamo  il compimento di Essa.

Giovanna: Sembra che faccia dipendere il compimento dal “lasciare andare costoro”…

Luigi: No, la Parola aveva annunciato questo avvenimento; l’annuncio non equivale alla realizzazione.

Era stato annunciato che il Salvatore doveva nascere a Betlemme; quando effettivamente Egli è nato a Betlemme, l’annuncio si è compiuto.

Ecco, la Parola ti viene annunciata, ma se tu la recepisci Essa rimane incompiuta; si capisce che da parte di Dio c’è il compimento…Lui porta  a compimento le cose indipendentemente da noi, ma noi possiamo venirci a trovare nella situazione di non vederle compiute…si richiede che partiamo per andare a vedere, se no restiamo nel dubbio, nell’inquietudine.

La Parola si compie in Cristo: se dunque non giungi al Cristo, non ne  vedi il compimento.

Domenico: Dice: “Non ho perduto nessuno di coloro che Mi hai dato”.

Luigi: Ti fa capire che tutto l’universo è fatto di parole, perché tutto è opera di Dio: e l’opera di Dio è parola.

Ora, quand’è che si passa dall’avvenimento alla parola?

Quando scopriamo che nell’avvenimento c’è un pensiero…perché ciò che costituisce la parola è il pensiero.

Tutta l’opera di Dio, che è continua, è portatrice di un pensiero, perché tutto è fatto nel Verbo: “in Principio era il Verbo”, “tutto è fatto per mezzo di Lui”.

L’opera di Dio è dunque parola che ti annuncia un pensiero…ma non è detto che tu giunga a vederlo.

Franca: Si richiede la dedizione del nostro pensiero.

Luigi: Sì, una dedizione molto intensa…può richiedere il vendere tutto.

Franca: Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità.

Luigi: Da parte di Dio, sì;  Lui opera per non perdere nessuno, ma bisogna che noi ci dedichiamo.

Franco: Isaia parla già del servo sofferente che prende su di sé il male del mondo.

Luigi: Sì, siamo sempre lì: chi fa il peccato ne resta schiavo.

L’Agnello di Dio prende allora su di Sé questa colpa, e lascia liberi gli uomini.

Franco: Storicamente la cosa è realizzata in Cristo, poi deve realizzarsi in ognuno di noi.

Luigi: Nella creatura la cosa va intelletta, quindi è solo attraverso la conoscenza che può avvenire la partecipazione.

Silvana: Si entra se si cerca di comprendere l’annuncio.

Luigi: Tutto è Parola di Dio…anche questa Parola, oggi come oggi, è dunque profezia, segno di una realtà.

In Dio, questa realtà è tutta compiuta; ma per passare dal segno alla realtà tu devi dedicartici; è la prima parabola: “dedicare la mente”.

Dedicarla a cosa? Al segno!

Si tratta di portarlo “a contatto” col Pensiero di Dio; in questa vicinanza, tu capisci di non capire.

Ecco la tribolazione che ti deve condurre a vedere la cosa di Dio da Dio; solo lì tu la vedi compiuta per come essa è.

Dico: certamente il mondo è già tutto compiuto; esso non è fatto nel tempo; il tempo, però, è un segno dell’Eterno.

Dio fa tutto in un fine ben preciso, ma noi  possiamo non parteciparvi, rimanendo fuori.

Si partecipa in quanto e per quanto si giunge a vedere questo Disegno di Dio nel Suo Principio, nel Suo Verbo.

Silvana: Qui la Parola annuncia l necessità della morte del Figlio di Dio.

Luigi: Ti fa capire che la creatura ha bisogno che qualcuno prenda su di sé la sua situazione di colpa, perché lei ne è prigioniera, ne è ossessionata, ed è così impedita a camminare, ad arrivare a vedere il pensiero di Dio; la creatura ha bisogno di Uno che prenda su di Sé questa situazione, dicendo: “questo è Mio”.

Pinuccia A.: Fintanto che la creatura non vede il pensiero di Dio, è desiderio di conoscere.

Luigi: Questo desiderio, che è fame,  può portarti a morire di fame…bisogna trovare il pane.

Pinuccia A.: Cercando Dio si è in situazione di “sospensione”…

Luigi: C’è una situazione di desiderio che è tragica, per l’uomo, perché Lui desidera ma non trova; eviti la tragedia quando sai dove trovare il pane corrispondente alla tua fame.

Gesù che ti fa conoscere Dio è il pane a disposizione…basta rivolgersi a Lui: “qualunque cosa chiederete ci sarà data”.

Osvaldo: Il Vangelo è rivelazione di tutto quello che avviene nella nostra vita…

Luigi: …e quindi bisogna vedere cosa voglia dire nella nostra vita questa frase di Gesù.

Ora, il mondo aspetta solo che qualcuno manchi per condannarlo, mentre Gesù, al contrario, aspetta questo momento per dirti: la colpa è mia.

Osvaldo: Ci fa capire cosa succede a non tener conto di Lui.

Luigi: Il fatto è che, nel pensiero del tuo io, tu attribuisci le cose a te stesso; allora, affermando cose contrarie a Dio, entri in situazione di colpa e di conseguente schiavitù; e Gesù viene proprio a liberarti da coloro che vorrebbero confermarti nella tua colpa; la gioia  di Dio è invece proprio quella di perdonare.

Solo Dio può liberarti da quello che credi di aver fatto tu, perché  Lui solo può dimostrarti che è  Lui che opera in tutto ciò che fai.

Ecco perché senza di  Lui tu resti paralizzata nella tua colpa, rimanendo così un corpo estraneo nel Regno di Dio: il Regno di Dio ti butta fuori.

Tutto è segno: una cosa estranea non è sopportata dal nostro corpo.

Ci sono persone anziane che rigettano qualsiasi parola diversa da ciò che esse portano dentro: non sono più aperte a nulla; è la chiusura: si diventa corpi estranei al Regno di Dio.

2° Tema:“…che aveva detto…”

Carla: Dio necessita della partecipazione dell’uomo affinché questa Parola si manifesti.

Luigi: No, la Parola giunge a noi indipendentemente da noi; ciò vuol dire che tu sei già portatrice di tutta la Parola di Dio.

La Parola di Dio arriva in anticipo, prima che tu la capisca e prima che essa si realizzi.

Ciò ti fa capire che tu sei fatta per qualcosa di diverso da ciò che trovi nel mondo.

Allora, quella che noi chiamiamo “fede” è appunto questa dedizione alla Parola che porti in te; “fede” è aderire alla Parola già presente in te.

Giovanna: In sé, questa Parola di cui siamo portatori, è già realizzata.

Luigi: È già realizzata in Dio; la Parola ti annuncia qualcosa: “il seminatore uscì a seminare”, sono parole/annunci.

Si tratta di parole che a te possono fare fresco, se non le trasferisci nella tua vita personale; devi fare un’opera di traduzione da una lingua all’altra: da quella dei segni a quella dello Spirito: è una traduzione che non avviene senza di te.

Franca: Come evitare il rischio di chiudersi in ciò che già si sa di Dio?

Luigi: Non fare mai la teologa.

Essere con Dio vuol dire essere sempre aperti a cercare il Pensiero di Dio sempre,  in tutto.

Tieni presente la lezione del Vangelo: chi ha mandato  a morte il Cristo? La religiosità di allora, irrigidita; erano davanti a Dio Incarnato e Gli obiettavano: “sei un bestemmiatore, sei un demonio”.

Franco: “Che aveva detto” fa intuire come in tutto ci sia un messaggio personale del Verbo di Dio.

Luigi: Certo, ma anche adesso tutto è profezia; le profezie di allora sono unicamente per dirti che tutto, è profezia.

Tutta la Scrittura di Dio, quindi, in quanto tale, è detta a te.

Il tuo problema è dunque quello di saperlo leggere: gli avvenimenti che giungono a te sono quel libro sigillato che deve essere interpretato.

Silvana: Quando ci è detta la parola?

Luigi: Sempre.  In quanto esisti, tu incarni  in continuazione parole di Dio; ed in ogni segno c’è già tutto; in un granello di sabbia c’è già tutto l’universo…manchi solo tu!

Cioè, manchi nel capire che nel granello di sabbia c’è già tutto l’universo.

Osvaldo: Tutto ciò che Dio ci fa arrivare è profezia.

Luigi:  Sì, perché Lui sta parlando di Sé con te.

Rina: Bisogna assimilare questo libro scritto dentro e fuori.

Luigi: Il fatto è che noi, di fronte a questo libro, possiamo anche obiettare: ma io ho altro da fare, abbimi per giustificato.

Pinuccia: Prima ci dice delle parole, poi ci fa desiderare vederne il compimento.

Luigi: Sì, la parola è un anticipo; è come chi ti manda un campione di merce, per fartela desiderare.

Pinuccia: Serve a renderci capaci a ricevere quello che Dio vuole darci.

Luigi: Certo.

3° Tema:“Non ho perduto nessuno di coloro che tu mi hai dato”

Alberto: È l’interesse per conoscere che determina l’appartenenza.

Luigi: Sì; senza l’interesse per la conoscenza ti chiudi in un mondo di regole, in qualche studio che hai compiuto…e inizi a giudicare tutto in base a quello!

Alberto: Poichè l’uomo è un campo d’assoluto, corre il rischio di assolutizzare anche la parola di Cristo.

Luigi: Si capisce.

Carla: In questa frase vedo il buon pastore.

Luigi: Sì, c’è la pecora di Dio perduta nel mondo; Lui non viene a raccogliere quelle che sono perdute nel cielo…perché ci sono anche pecore del mondo perdute negli argomenti del cielo di Dio,

Carla: “Quelli che tu mi hai dato” sono coloro che sono attratti.

Luigi: Attratti da Dio e smarriti nelle cose del mondo.

Lui non viene a raccogliere chi nel mondo ci sta bene.

Sandra: È una parola per ognuno di noi.

Luigi: Dio vuole che nessuno vada perduto….che neppure un tuo pensiero, vada perduto.

Dio vuole valorizzare tutto.

Direi: Dio vuole che neppure un tuo solo peccato, vada perduto, perché anch’esso deve servire ad inserirti nella verità.

Dio vuole  salvare  tutto,  di  te.

Franca: In Dio nulla va perduto, eppure la creatura può perdersi…

Luigi: Tu puoi restare fuori; Dio è verità, dunque si partecipa a  Lui conoscendo…e non è detto che tu giunga a conoscere.

Franca: Ma se io non conosco manca qualcosa, allora in Dio qualcosa non si realizza.

Luigi: Dio fa tutto per-, ma non è detto che-…

Franca: ecco, se anche io rimango fuori, a Dio non manca nulla.

Luigi: E già! se tu fossi una rotella, saresti inserita nel macchinario, ma con Dio si è persone, e la persona è tale in quanto partecipa consapevolmente, quindi attraverso la conoscenza.

Franco: Mi sembra ci sia una contraddizione: come segno qui è valido, perché effettivamente non muore nessuno, muore solo Lui.

Ma se anche fossero andati a morire con  Lui non sarebbero andati perduti…anzi, in quel momento si sono persi proprio perché sono scappati!

Luigi: Bisogna vedere la cosa come segno, non bisogna giudicare loro.

L’opera che Cristo svolge con gli apostoli   è lezione/scena per ognuno di noi.

Franco: Ma gli apostoli non avrebbero dovuto affermare il loro essere discepoli di Gesù, accettandone anche le conseguenze”…solo così non sarebbero andati perduti.

Luigi: Stai giudicando: noi dobbiamo stare alla realtà; ciò che è avvenuto è opera di Dio…Gesù si offre ad essere sacrificato  e Lui vuole che le cose vadano proprio così.

Lui non ha mica detto: “difendetemi”…anzi, dice: “il Padre potrebbe mandare legioni di angeli”.

Fa capire che è Lui che vuole così: non sono gli uomini a mandarlo a morte.

Per gli stessi apostoli la lezione della sua morte voluta da Lui stesso è per loro salvezza.

È proprio in quel ”Lui che vuole morire” la chiave della salvezza.

È lì che si resta liberi dalla colpa di aver ucciso e tradito.

Come dico, tutto è scena e noi dobbiamo cercare di capire la scena che ci viene presentata.

Il problema è capire cosa ci vuol dire tramite gli apostoli, non il pensare alla loro coscienza.

Paola: Quando sono pecora di Dio perduta nel mondo, come vengo recuperata?

Luigi: Dio viene a cercarti dove sei, dove sei persa.

Siccome appartieni a Lui, tu nel mondo non ti trovi bene;  Lui allora ti illumina la situazione in cui ti trovi: con il suo pensiero.

Tu sei smarrita dietro tante cose: non sai dove andare…il Cristo ti fa capire il senso della tua situazione.

Paola: mi fa capire il perché mi trovo in quella certa situazione?

Luigi: No, perché se lo facesse ti condannerebbe.

Lui ti fa capire la parola di Dio che c’è nella situazione in cui ti trovi in modo da farti vedere la via d’uscita, l’aspetto positivo.

Tu sei in un cinema che si incendia: Gesù ti accompagna all’uscita di sicurezza.

Pinuccia: per poco che uno creda in dio, questa frase è una bomba, un punto su cui far leva per una liberazione infinita…se sono attratta da dio, sono certa che Lui non mi perde.

Luigi: Certo.


Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gv 18 Vs 10


Titolo:


Argomenti:


14/ Agosto /1993


1° Tema Simon Pietro sguainò la spada

Franca: Ognuno tira fuori ciò che ha a disposizione; anche se qui Pietro fa questo non per sé, ma per Gesù.

Luigi: Gesù stesso aveva raccomandato di comprarsi una spada perché “fino adesso vi difendevo IO, ma adesso IO me ne vado”…ma certamente non intendeva spade materiali!

Franca: Quando non si va allo spirito delle cose, si compiono questi errori.

Luigi: Quali errori?

Franca: L’errore di affermare lo Spirito con ciò che vediamo e tocchiamo; è un errore, perché lo Spirito è al di sopra della materia.

Luigi: Sì, non puoi permetterti di combattere argomenti spirituali con argomenti materiali; in altre parole, non puoi passare dai segni allo Spirito.

Lo Spirito Lo si trova solo per mezzo dello Spirito e Lo si difende, dunque, solo per mezzo dello Spirito.

Non puoi opporre allo Spirito l’apparenza…non potrai mai interpretare il Cielo tramite le cose della terra; un segno (qualunque segno) può sempre essere rivestito di mille intenzioni, mentre lo Spirito, essendo singolarità, no.

Ecco: tu non puoi passare da ciò che è ambiguo a ciò che è singolare.

Alberto: Qui Pietro agisce passionalmente.

Luigi: Sì, Lui pensa di opporsi allo Spirito per mezzo di argomenti umani, con la violenza, ma ci troviamo su due piani completamente diversi; se tu uccidi una persona, non uccidi certamente l’”idea” di essa.

Domenico: Pietro era già incorso in questo errore: “io impedirò che ti succeda questo”, e Gesù lo aveva rimproverato di ragionare umanamente.

Luigi: Sì, opponeva allo Spirito argomenti umani; è un po’ come se uno ti parlasse in russo e tu gli rispondessi in cinese.

Domenico: Ma che segno questo Pietro che è lì con Gesù armato di spada? È un po’ come se noi venissimo all’incontro armati di pistola!

Luigi: Eh, uno può anche armarsi di pistola, ma fa violenza e basta: gli argomenti dello Spirito si sostengono (o si contraddicono) solo con argomenti dello Spirito.

Comunque, la spada di Pietro è da considerarsi una cosa abbastanza naturale: era un pescatore.

Carla: Cosa può essere passato nella testa di Pietro?

Luigi: Pietro era un estroverso, un po’ in alto, un po’ in basso…il tipico uomo d’azione.

Franco: Il Cristo non si impone, viene come Colui che serve.

Luigi: La Verità opera convincendo; dove c’è imposizione, c’è fuga dalla Verità, c’è impossibilità di intelligenza di Essa.

Alla Verità si giunge solo tramite l’intelletto, dunque con adesione libera e convinta.

Giovanna: Emotivamente sembra una bella cosa, quella che fa Pietro, ma noi non dobbiamo agire: Dio non ha bisogno di noi, è anzi vero il contrario!

Luigi: Infatti dopo scappano tutti; dopo  Lui dirà a Pietro: “rimetti la spada nel fodero”; ecco, non è così che si difende la Verità.

Dio non attira suonando la grancassa, facendo propaganda…Egli opera anzi nel silenzio, nel raccoglimento.

Giovanna: Questo agire di Pietro avviene nel pensiero dell’io.

Luigi: Sì; è il “sono io che cambio gli altri, che cambio il mondo”: tutte sciocchezze! Ognuno di noi non deve preoccuparsi di cambiare il mondo, bensì deve imparare da esso.  

Il mondo lo fa Dio come lezione personale per ognuno di noi.

Giovanna: Ma come va dunque inteso il “compratevi le spade” di Gesù?

Luigi: Significa: “d’ora in poi dovrete avere in voi stessi gli argomenti di difesa, dovrete prendervi la responsabilità personale della cosa”.

C’è nella lettura di oggi: “Dio è un Dio difficile”…perché è un Dio che ti mette alla prova, e lo fa perché vuole che tu abbia in te stessa la ragione.

Se tu sei superficiale non puoi rimanere con la Verità.

Giovanna: Se ho a cuore la Verità, non mi accontento di quello che dicono gli altri

Luigi: Certo; si tratta di avere in te stesso la radice della cosa; una pianta, soprattutto in montagna,  deve possedere delle profonde radici per sostenere le bufere, la neve…lo stesso è per noi; finché abbiamo in altri la ragione per cui crediamo, per cui amiamo, per cui viviamo, siamo superficiali, e allora basta che gli altri cambino perchè mutiamo pure noi!

Giovanna: Per passare dal sentito dire alla responsabilità personale ci vuole la Croce.

Luigi: Naturalmente; perché, dovendo avere in te stesso la ragione, devi superare tutto il mondo, tutto ciò che il mondo dice…e allora c’è il conflitto.

Silvana: Quella di Pietro è una reazione istintiva.

Luigi: Ed è uno sbaglio: alla Verità non si arriva col sentimento.

Rina: Non si può difendere il Pensiero di Dio in noi con la spada.

Luigi: Certo: la Verità ha in Sé stessa la ragione di Sé, per cui si difende da sola.

Gesù stesso dice che non ha bisogno degli uomini: “Io non ricevo testimonianza dagli uomini”.

Pinuccia: È quando siamo fuori dal Pensiero di Dio che noi cadiamo in questo errore.

Luigi: Sì, perché lì facciamo conto su noi stessi, e allora andiamo a cercare i nostri mezzi, tiriamo fuori i muscoli.

Pinuccia: L’atteggiamento giusto sarebbe quello di assistere, non fuggendo…

Luigi: Assistere e cercare di capire, perché ciò che accade è per me; questa reazione di Pietro, dopo 3 anni passati con Gesù, ci fa capire quanto sia difficile il cammino; il problema della Verità è arduo…prima di giungere a vedere le cose completamente dal punto di vista di Dio, dimenticando del tutto noi stessi…hai voglia!

Franca: La Pasqua è un passaggio dall’esterno all’interno, cioè dal segno allo Spirito; però si dice sempre che non si può passare dal segno allo Spirito!

Luigi: Il passaggio della Pasqua è il passare dal fatto/avvenimento allo Spirito, al guardare le cose dal punto di vista dello Spirito.

Tu dicevi prima che la frase di Gesù “compratevi due spade” è oscura, che Gesù avrebbe potuto esprimersi meglio…ecco, significa che non hai fatto Pasqua; così tu pretendi di passare dalla spada allo Spirito, ma non puoi, appunto perché non hai fatto Pasqua.

Solo nella misura in cui sei discesa dal Cielo alla terra tu puoi salire dalla terra al  cielo.

Chi guarda dallo Spirito, allora, capisce i segni…se no si lavora di fantasìa.

2° Tema...e colpì il servo del sommo sacerdote

Alberto: Chi non vede le cose dal punto di vista di Dio è violento.

Luigi: Si è accecati, ma si crede di vedere.

Franco: Forse non poteva arrivare a colpire il sommo sacerdote, e allora si accontenta di colpire il servo…hai messo l’accento su “il” servo; qual è la differenza rispetto ad “un” servo?

Luigi: “Un” sarebbe generico; il nome di Dio, in Aramaico, era “El”, cioè “Il”; ogni volta che noi diciamo “il”, affermiamo Dio, diciamo: “è Dio”.

“Il” è il segno della singolarità, e la singolarità massima è Dio stesso.

Franco: Allora per Pietro il servo era Dio?!

Luigi: “Il” servo è questa singolarità….Pietro colpisce la singolarità; come hai detto tu, Lui non poteva colpire il sommo sacerdote, e allora ne colpisce il servo.

Giovanna: Non capisco il senso di questa situazione in cui Pietro fa valere la propria intenzione.

Luigi: È un po’ come un uomo che, tornando a casa dopo aver ricevuto torti sul lavoro, si metta per compensazione a picchiare la moglie.

Silvana: Il servo può anche essere visto come segno dell’innocente che soffre…

Luigi: Diciamo così: abbiamo l’autorità, e abbiamo il servo di essa; essendo un sottomesso, tu sul servo puoi far valere qualcosa; in quanto “dipendente da altri”, un essere è esposto a subire.

Ora, solo se si è in collegamento con Dio, non si è esposti a subire da nessuno…ma se tu non sei in collegamento con Dio, necessariamente ti fai succube di qualcuno e poi, quindi, ne subisci le conseguenze.

Gesù dice infatti di non dare a nessuno il nome di maestro; se tu dai il nome di Maestro a Dio solo, resti libera.

Pinuccia A.: Ci  si sottomette nel pensiero dell’io.

Luigi: Certo; ci si sottomette perché c’è una qualche convenienza; ecco perché diciamo sempre che gli errori sono di due tipi: c’è l’errore di chi si impone  e c’è quello di chi si sottomette: sono entrambi in colpa.

Giovanna: Ma in qualche modo io dipendo dall’ambiente in cui mi vengo a trovare.

Luigi: Un momento: se mi parli di situazione fisiologica, corporale, ambientale, è un conto…ma nel campo dello Spirito, tu non devi dare a nessuno il nome di maestro, perché sei tenuta a riferire sempre ogni cosa a Dio, ad avere un rapporto personale con Dio…tu sei tenuta a dipendere sempre da Dio; se dipendi da altri sei in colpa, appunto perché la Parola stessa di Dio ti  ordina di non dipendere che da Dio.

Ora, se tu dipendi da qualcuno che non è Dio è perché cerchi di piacergli; il servo cerca di piacere al proprio  padrone, e così facendo è in colpa, perché la creatura deve cercare di piacere unicamente a Dio.

Se tu cerchi di piacere agli uomini, ti adegui alla loro mentalità.

Ora, sicuramente tu hai delle dipendenze legate al corpo: il corpo è una povertà, perché richiede di mangiare, di vestire, di dormire, ecc.

Però, come spirito, tu non sei “corpo”, e non devi dunque vivere in funzione di esso; il corpo non deve cioè essere il tuo padrone.

In quanto è creato da Dio, anche il corpo ha un suo senso ben preciso: ed è quello di farti scoprire il tuo niente.

Pinuccia: Colpendo il servo, Pietro colpisce l’autorità; il Vangelo fa capire che il suo colpo è stato intenzionale: infatti colpisce proprio “il” servo, l’unico.

Luigi: Sì, Pietro voleva colpire il mandante.

3° tema: ...e gli tagliò l’orecchio destro

Luigi: Viene specificato: “l’orecchio destro”.

Franca: Ancora una singolarità; l’orecchio colpito…colpisce ciò da cui noi dipendiamo.

Luigi: E già: l’orecchio è ciò che serve per l’ascolto…l’ha ferito proprio lì.

Si dipende sempre da coloro che si ascolta; è l’interesse per-, ciò che ti apre all’ascolto.

Alberto: Colpendo il servo Pietro voleva colpire il mandante?

Luigi: Il servo era il mandato, il mandato dall’autorità; ora, se tu rifiuti un messaggero, stai sostanzialmente rifiutando colui che lo invia.

Carla: Tutta questa azione di Pietro è opera di Dio;  ma Pietro ne è consapevole, nel momento in cui agisce?

Luigi: Noooo…ci troviamo davanti a lezioni di Dio; Dio adopera gli uomini per dare determinate lezioni ad ognuno di essi; tutto ciò che noi facciamo è inserito in un disegno superiore.

Franco: Con la violenza mutiliamo la possibilità di  ascoltare Dio.

Luigi: Certo; si offende…la violenza ferisce.

Franco: Con la violenza ci si chiude all’ascolto.

Luigi: No, si ferisce; la chiusura all’ascolto è qualcosa di diverso; se tu sei aperto all’ascolto e sei ferito, sei combattuto da argomenti interiori; non è che, con questo, tu sia danneggiato…direi anzi che ne risulti potenziato, potenziato ad approfondire maggiormente gli argomenti dello Spirito.

Nel campo della servitù certamente  no, ma nel campo spirituale le ferite hanno lo scopo di spingere ad un maggior approfondimento,  e quindi rappresentano una fonte di potenziamento: in sostanza, non ti lasci più smuovere da argomenti inferiori.

Franco: È il “beati voi quando vi perseguiteranno”.

Luigi: Esatto; ma a volte succede che la persona ferita non parla più, si allontana; qui però non siamo più in rapporto con la Verità….ed è una lezione per colui che ferisce: attraverso la violenza si perde il fratello.

Il fratello lo si conquista comprendendo, non certo ferendo.

Giovanna: Pietro ferisce il servo nella dipendenza dal sommo sacerdote?

Luigi: Sì; Dio opera anche tramite i nostri errori.

Qui Pietro compie un errore (infatti Gesù poi lo rimprovera), ma anche attraverso questo errore Dio opera per liberare un servo.

Pinuccia: Questo Fa proprio capire come il nostro rapporto diretto sia con Dio, non con le creature; ad esempio, al servo non deve interessare l’intenzione che aveva Pietro nel ferirlo, ma deve dialogare questa ferita con Dio.

Luigi: Dio opera per salvare gli uni e gli altri, e adopera gli errori degli uni e degli altri; in effetti, noi non dovremmo avere paura neppure degli errori che fanno gli uomini….se noi siamo in collegamento con Dio, anch’essi avvengono a nostro beneficio.

IV Tema. Quel servo si chiamava Malco.

Franca: Prima si è visto “il” servo, la singolarità…e adesso giunge pure il nome!

Luigi: Sì, singolarità confermata; il disegno di Dio è personale; gli uomini, invece, agiscono in modo opposto.

Una volta i carcerati avevano un numero, ma anche adesso i cittadini lo hanno…ed è la più grande offesa,  che si possa fare: ridurre la persona  a numero!

Il mondo tende cioè a squalificarti, mentre Dio cerca invece di qualificarti come persona.

Alberto:  La singolarità è persona.

Luigi: Dio è la massima singolarità, quindi Egli è Persona.

La singolarità possiede la caratteristica di non poter essere conosciuta da nessun altro, solo da sé stessa, per mezzo di sé stessa.

La Verità non ha intermediari;  tu non puoi partire dai segni come intermediari per arrivare alla singolarità.

Alberto: Dio ha in Sé la ragione di Sé.

Luigi: Dio è Persona e dà a noi la possibilità, rendendoci partecipi di ciò che Egli è, di diventare persone.

È Dio che ci nobilita; più infatti noi ci allontaniamo da Dio, più diventiamo dei luoghi comuni.

Alberto: Non capisco come possa l’uomo dare un senso alla propria vita senza raccogliere in Dio.

Luigi: Può darle un senso falso; l’uomo può falsificare…ma arriva certamente il momento in cui si ritrova contraddetto: contraddetto da tutte le opere di Dio.

L’uomo crede di giustificarsi, ma avendo in sé una ragione diversa da Dio è in situazione di colpa, poiché Lui non può ignorare Dio.

Ecco, noi non facciamo il filo d’erba, e però abbiamo la possibilità di affermare il contrario; possiamo cioè affermare la menzogna…ma Dio provvede a smentirci.

Ora, la possibilità di affermare la menzogna rivela che siamo portatori di questo principio universalizzante; cioè, noi siamo persone non in quanto abbiamo un corpo, ma perché abbiamo la possibilità di dire “io sono” a tutti e a tutto.

Il tuo essere sta nel pensiero, ed il pensiero che cos’è?

Il pensiero è la possibilità di poter affermare una verità su tutto quanto.

Dunque tu sei universale, capisci?!

Sei più dell’universo.

Domenico: È chiedere troppo il voler conoscere il significato di “Malco”? Perché tutt’ora un suo significato…

Luigi: È chiedere troppo.

Giovanna: Più ci allontaniamo da Dio, più diventiamo comuni, ma continuiamo a rimanere singolarità.

Luigi: Per Dio certamente; Dio non ti dirà mai: “tu sei un numero”.

Giovanna: Spiritualmente parlando cosa vuol dire “perdere la singolarità”?

Luigi: Si tratta del massimo avvilimento che si possa esperimentare: se tu vai in un luogo in cui nessuno ti conosce, ti senti avvilita.

Dio ti conosce essenzialmente come persona; noi compiamo un errore esiziale a scappare da Dio, ad averne paura, perché in questo modo cadiamo preda delle autorità del mondo, le quali ti trattano come un numero.

Pinuccia: Ognuno di noi è unico, davanti a Dio; il nome  che  Lui ci dà è la pietra bianca dell’Apocalisse

E quando diciamo a una creatura (o ad un animale) “il”, sostanzialmente lo divinizziamo; sarà un “il” minuscolo, perché la vera singolarità è Lui…si tratta di singolarità relative; non si può dire ad una persona “un”!

Luigi: Vedi, Dio ha dato ad Adamo tutte le creature, e Adamo ha dato ad esse il nome alla presenza dl Signore.

“Alla presenza” cosa significa?

Che “il” era Dio e le creature segni Suoi; segni singolari certamente, perché, essendo Dio singolarità, singolari sono i segni che Egli fa.

“Singolare” vuol dire che non si ripete: infatti non esiste un filo d’erba uguale ad un altro!

In ogni cosa c’è una parola singola.

Noi sbagliamo, dunque, dicendo: “il tale ha fatto (detto) questo”…è sbagliato, perché così facendo consideriamo il tale come Dio; no, è Dio Creatore che utilizza quel tale per compiere la Sua Volontà.

Pinuccia: Ecco, non disunire mai le tante singolarità dalla Unica Singolarità.

Luigi: Per concludere, “Malco” vuol dire “Re”.


Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?». Gv 18 Vs 11


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21/ Agosto /1993


1° Tema: Gesù disse a Pietro: rimetti la spada nel fodero.

Alberto: Le nostre ragioni materiali non servono a sostenere lo Spirito.

Luigi: Infatti noi realizziamo la pace nel trovare le ragioni dello Spirito, non quando stiamo nelle nostre ragioni che tentano di giustificare lo Spirito; finché stiamo nelle nostre ragioni siamo nell’inquietudine: perché le nostre ragioni non ci giustificano, non ci soddisfano.

Giovanna: Credo che qui Gesù intenda dire che dobbiamo asservire allo Spirito i nostri argomenti umani.

Luigi: Dice: “riponi”, e cioè: “metti a tacere”; c’è qualcosa di noi che non deve uscire, che deve essere sottomesso…se lo lasciamo uscire, evidentemente siamo in colpa.

C’è qualcosa che tu avverti, però lo devi tenère a freno; sono i sentimenti: se anche hai delle ragioni, non farle valere, ma cercale presso Dio, perché tutte le ragioni con cui credi di giustificarti, in realtà non fanno altro che confonderti.

Giovanna: E questo, sia nei riguardi di Dio che degli uomini.

Luigi: Certo, perché in realtà chi opera sempre tutto è Dio; chi governa è Uno solo…la Verità opera in tutto quindi tu, trovandoti  sempre nel campo della Verità, non devi far trionfare altre ragioni; se lo fai, come dico, esse a un certo momento ti confonderanno.

La ragione delle cose la devi sempre cercare presso Dio.

Giovanna: Anche nel campo del pensiero.

Luigi:  Soprattutto lì.

È il Vangelo di oggi: “non date e nessuno il nome di Padre e di maestro”…il che vuol anche dire: “non dare a nessun’altra ragione (all’infuori di Dio) il nome di Padre”; non far cioè valere le tue ragioni su argomenti che non vedi in Dio e da Dio.

Franco: È un invito a superare il pensiero dell’io.

Luigi: Sì, a superare tutte quelle ragioni che lo hanno come punto fisso di riferimento…tutte le ragioni fondate su esperienze del mondo, dei sensi, dei sentimenti.

Tutte le nostre scienze sono basate su questo tipo di esperienze; noi dobbiamo superarle tutte, mai accontentarci di esse.

Bisogna sempre cercare la vera ragione in Dio, presso Dio, perché solo essa sostiene davvero.

Perché la ragione di Dio è la ragione che sostiene tutto: “Padre, sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in terra”.

In Cielo, tutto ha come punto fisso di riferimento Dio; e anche in terra così deve avvenire.

Franca: Gesù non dice di gettare la spada, ma di “rimetterla nel fodero”; è come dire che, tenuto al suo posto, il nostro io sta bene.

Luigi: Il nostro io ha una funzione molto importante; l’essenziale è che non parli.

Franca: Non si deve parlare, però si può farlo…perché?!

Luigi: Perché è necessario che tu possa tirar fuori la spada dal fodero; ma non è detto che una cosa che si può fare la si debba fare!

Il campo di possibilità esiste per darti la possibilità di dialogare le cose dal punto di vista di Dio.

Ad esempio: ti arriva in testa un certa parola; tu, prima di pronunciarla, devi tener conto di Dio…in questo modo finisce magari che poi non la dici!

Si entra cioè nel campo della delle scelte, della partecipazione personale.

La spada è proprio la lingua…non c’è  guaio più grande di quello determinato dalla parola. Ma se cerchiamo le ragioni presso Dio, non ci sbagliamo mai.

Silvana: È fondamentale muoversi sempre solo nell’iniziativa di Dio.

Luigi: Avessi anche tutte le ragioni di questo mondo, se non hai però la ragione divina, sei in un terreno minato!

Silvana: Ed è possibile rimanere sempre nell’iniziativa di Dio, a qualunque livello ci si trovi?

Luigi: Sì, perché lo Spirito di Dio è presente in tutti; come scrive San Paolo, “i figli di Dio si caratterizzano per il lasciarsi guidare  in tutto dallo Spirito di Dio”.

Ecco: non si lasciano guidare dai sentimenti, da quello che dicono tutti.

Domenico: Con queste  parole Cristo ci prepara a capire la Sua Morte in Croce;  ci fa capire che bisogna mettere a tacere tutto di noi, per poter guardare da un altro punto di vista.

Luigi: Sì, perché la condizione per essere con Dio “come Dio è con noi” è proprio questo “guardare da-“.

In caso contrario la Presenza di Dio sfugge, e restiamo così dominati dalle altre presenze.

Osvaldo: Qui Pietro si lascia dominare dal sentimento.

Luigi: Sì, ripete l’errore che aveva già fatto quando aveva detto: “no, non succederà mai che Tu sia perseguitato” (quando Gesù predice la Sua Passione).

Già allora Gesù lo aveva avvisato: “sei un demonio, perché ragioni umanamente”.

Osvaldo: Siamo sempre avvisati…

Luigi: La Parola di Dio arriva sempre in anticipo, dandoti così la capacità di affrontare ogni situazione; ecco, se tu tieni presente Dio, non ti ritrovi mai sprovveduto.

Rina: Nel pensiero dell’io ciò che fa Pietro sembra bello, ma non è così.

Luigi: Tutto ciò che succede è voluto da Dio, quindi non bisogna lasciarsi dominare da: “questo mi dà fastidio, allora lo tolgo di mezzo”.

No, noi non siamo autorizzati a togliere di mezzo un bel niente, perché in tutto si trova la Volontà di Dio, che va quindi rispettata.

Se la cosa ti dà fastidio, tu sopporta…e sopporta fino a quando non arriverai a capire.

Pinuccia: Pietro non era arrivato allo Spirito Santo, ma aveva incamerato tante parole di Gesù contro la violenza…

Luigi: Ma non è che ci sia la teoria della non violenza…  Gesù stesso, in alcuni momenti, è stato violento…la regola generale non è la non violenza…il fatto è che, quando Gesù preannuncia la propria Passione, Pietro in buona fede dice: “questo non ti succederà mai”.

E Gesù gli dice: “va via da me, satana, perché ragioni secondo gli uomini”; lo ha cioè posto di fronte ad un bivio: ragionare umanamente o ragionare secondo Dio.

Pietro non ha capito, e adesso, allora, arriva la realtà; la realtà preannunciata si realizza.

Se Pietro avesse capito non sarebbe arrivato a questo punto.

Dio opera così: prima Egli ti istruisce teoricamente, e se tu metti amore alla Verità, la teoria ti evita la necessità del “fare”;  è come uno che ti dica: “non fumare perché ti ammali”; se tu capisci la lezione smetti di fumare, se no la malattia preannunciata arriva: sempre per salvarti, però.

Qui, con Pietro, la cosa è chiarissima; Gesù gli ha detto apertamente che se ragionava umanamente era un demonio; Lui non ha custodito la cosa per cui arriva all’atto pratico.

Pinuccia: È come quando gli dice: “tu Mi tradirai”; se Pietro avesse colto, probabilmente il tradimento non sarebbe avvenuto.

Luigi: Dio parla in anticipo proprio perché vuole evitarci la cosa: “vi dico le cose prima che avvengano in modo che sia fatti capaci di scamparvi”; di solito noi trascuriamo le parole/avvertimenti di Dio, per cui poi, ovviamente, le prove si verificano.

La prova, cioè, non è altro che l’appendice della Parola.

Rina: Pietro non si è ricordato delle parole di Gesù.

Luigi: E perché non se ne è ricordato? Perché non vi aveva dato sufficiente importanza…per cui, a un certo momento, crede di fare bene mentre sta invece andando contro la volontà di Dio!

Pinuccia: Dunque qui Gesù gli sta dicendo: “metti a tacere il tuo io”.

Luigi: Certo.

Pinuccia: E questo fodero cosa rappresenta?

Luigi: La bocca: “tieni chiusa la bocca”.

Franca: Pietro continua a ragionare “secondo gli uomini”.

Luigi: Sì, si tratta sempre della medesima scena; qui Pietro giunge all’atto pratico perché Gesù, dopo averlo preannunciato, si ritrova effettivamente in mezzo ai nemici; è qui, in questo “atto pratico”, che Pietro avrebbe dovuto ricordarsi delle parole dette in precedenza da Gesù, e comportarsi secondo esse!

È tutto scena per noi, per farci comprendere che “si è veri discepoli (solo) se si resta nelle Sue Parole”.

Se non si resta nelle Sue Parole, quando il mondo costringe a fare delle scelte, le facciamo inevitabilmente errate; solo se si ha presente la Parola Divina, si resta preservati dall’errore.

Se no, dico, si sbaglia credendo magari di fare il giusto!

2° Tema: Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?

Alberto: È proprio necessario…

Luigi: Fa capire che c’è un disegno, un disegno superiore; “Io devo bere il calice che il Padre Mi ha dato” rientra nel disegno di dare all’uomo la salvezza.

Ora, “naturalmente” l’uomo non capisce, e allora ritiene di fare bene se “difende”…e non si accorge che, così facendo, rompe il Disegno Divino.

Giovanna: Non bisogna porre le mani in niente, nemmeno in noi stessi.

Luigi: Dobbiamo vivere nella consapevolezza che tutto è opera di Dio;  Lui dice: “Io ho incominciato l’opera ed Io la conduco a compimento; tu cerca di agitarti il meno possibile: cerca solo di capire quanto Io sto facendo anche in te”.

Abbiamo visto domenica scorsa che certissimamente Dio è con noi; tutto il difetto, allora, è da parte nostra: noi non siamo con Dio “come” Dio è con noi.

E cosa ci manca? Ci manca il comprendere “come” Dio è con noi.

Ecco: ci manca il capire, non certo l’agire.

Giovanna: Tutto quello che Dio sta facendo è necessario, anche la guerra.

Luigi: Certamente, e un giorno capiremo il senso di tutto questo…il primo compito di una madre non è quello di fare il Figlio come desidererebbe lei, ma di comprendere perché il Figlio è come è…perché è Dio che lo sta facendo così.

Di solito noi vogliamo invece fare gli altri secondo quanto abbiamo noi in testa, ed in questo modo roviniamo tutto; a un certo momento Dio ci deve togliere di mezzo, perché Gli stiamo rovinando tutto!

Franco: Ognuno di noi deve bere questo calice, deve cioè capire ciò che Dio sta facendo in sè.

Luigi: Sì, ma come dico, il calice da bere è proprio il capire perché le cose sono come sono; solo se cerchi di capire, tu entri.

Certo, la realtà può anche non farti comodo, puoi dire: “se possibile passi da me questo calice”, però sottometti tutto quanto.

Franca: Se però vedo uno che cade a terra, cerco di capire ma contemporaneamente lo aiuto a rialzarsi…si può capire anche facendo qualcosa.

Luigi: No, si capisce pensando in Dio e da Dio; certo se un affamato ti chiede  da mangiare tu gli dai da mangiare, la risposta è immediata…ma l’essenziale è cercare di capire perché Dio ha creato questa scena.

Se ti metti a trafficare in un motore di cui nulla comprendi, cosa combini?! E l’animo umano è infinitamente più delicato di un motore, di una cosa meccanica…eppure noi siamo sempre lì che vogliamo metterci le mani! Si tratta della più grande stupidaggine che possiamo fare.

Domenico: La Morte di Cristo è la massima ingiustizia…e poi ci stupiamo/scandalizziamo di quello che succede in Jugoslavia!

Luigi: Tutto rientra nel Disegno Divino; in tutto questo mondo di innocenza che muore noi dobbiamo vederci la continuazione della Passione del Cristo; dovremmo sempre chiedere: “Signore, perché? Cosa stiamo combinando che Tu debba prolungare la Tua Passione in modo così spettacolare?”.

Domenico: Non cercando la volontà di Dio si arriva all’assurdità che dice il Papa, che vorrebbe imporre la pace con la forza.

Luigi: A questo punto non c’è nessuna differenza tra Pietro ed il Papa: l’uomo è sempre quello, che sia il Papa o che sia un mendicante.

Attualmente c’è più nessuno che cerchi di capire il significato di quanto Dio manda, mentre nell’antichità c’era proprio questo continuo riferire: “Signore, perché?”.

Osvaldo: Bisogna anche capire perché, in questo momento, nessuno cerca Dio.

Luigi: È anche questo una lezione: come mai ci siamo così tanto allontanati da Dio? Crediamo che a fare tutto sia l’uomo, e di conseguenza passiamo il tempo ad esortare l’uomo…il che sarebbe come esortare il gatto a non rubare la bistecca!

Osvaldo: Senza Dio Creatore di tutto, non è possibile alcuna etica.

Luigi: Si capisce, il disegno è unitario, in Cielo come in terra…il disegno è uno solo.

Osvaldo: Comunque Pietro, che qui “mette le mani nel motore” senza capirne niente, verrà poi recuperato.

Luigi: Certo, Dio ci istruisce anche tramite i nostri errori; ma quando porti la macchina dal meccanico dopo aver provato tu ad aggiustarla Lui ti dice: “era meglio se non toccavi niente”!

Rina: Arriva prima o poi per tutti il momento di dover bere questo calice; ci viene detta la cosa in anticipo, per prepararci.

Luigi: Il guaio è che quando dovrai berlo, nessuno ti comprenderà…tutti ti esorteranno anzi a non berlo!

Pinuccia: Gesù dice anche: “se possibile passi da Me questo calice”.

Luigi: Puoi dialogare tutto, Dio, ma l’importante è sottomettere.


Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono. Gv 18 Vs 12


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21/ Agosto /1993


Luigi: Dice “quindi”…

Nino: Si vede che è arrivato il momento in cui l’uomo può impadronirsi di Dio.

Luigi: Sì, è arrivato il momento; Gesù ha rivelato che  Lui deve bere quel calice; avendo detto questo ecco il “quindi”: quindi possono; prima non potevano: non erano autorizzati.

Alberto: In precedenza infatti le guardie non hanno potuto prenderLo.

Luigi: Addirittura, non appena  Lui dice “Io sono”, sono dovute indietreggiare e sono cadute a terra.

Fa capire come tutto sia determinato da Dio; si dice nel Vangelo che “dopo che…” (dopo un certo fatto) “il Sinedrio si radunò e decise di uccidere Gesù, affinché si compissero le Scritture”.

Fa capire che è Dio che raduna il Sinedrio e fa decidere questo, affinché si adempissero le Scritture.

Ecco lì,  crediamo di essere noi a fare, a decidere, mentre in realtà compiamo sempre e soltanto ciò che vuole il Signore.

Carla: Quante persone si muovono per legare Gesù! La coorte, il tribuno, le guardie...

Luigi: E insieme dobbiamo metterci anche il sole, le stelle, l'intero universo, cioè, noi possiamo muovere un dito solamente se si muove contemporaneamente tutto l'universo!

Giovanna: Si può dire che era necessario che Pietro facesse questa azione in modo che, in conseguenza, Gesù manifestasse la propria volontà.

Luigi: Sì, tutto coopera; mentre Dio corregge gli uni, rivela la propria volontà agli altri.

Giovanna: Tutto questo, comunque, lo devo vedere per me.

Luigi: Certo, perchè sei proprio tu che, attualmente, sei spettatrice di questa scena...quindi, questa scena è per te, e dunque tu  la devi applicare a

te stessa.

Franco: L’io in qualche modo deve potersi manifestare.

Luigi: Il nostro io deve avere la possibilità di uccidere Dio in modo da poterne sperimentare l’assenza…per poterLo capire.

Dobbiamo sperimentare la perdita di una cosa per poterla comprendere.

Franca: Dio si concede all’uomo.

Luigi: Solo uccidendo Dio l’uomo esperimenta e capisce cosa voglia dire vivere senza di Lui,  può comprenderne l’importanza…solo così, perché l’uomo non è intelligente.

Non arrivandoci per la via dell’intelligenza, gli resta aperta solo quella dell’esperienza, dell’esperienza dell’assenza.

Franca: Questa scena esterna è rivelazione di ciò che facciamo interiormente al Pensiero di Dio che Dio dona a noi.

Luigi: Sì, ed è necessario questo affinché noi comprendiamo l’importanza del pensare a Dio.

Silvana: Interiormente Dio ci dà la possibilità di mandare a morte il Pensiero di Dio in quanto  Lui fa prevalere tutto il resto, tutto ciò che non è Lui.

Luigi: Esatto; è la meraviglia del Suo disegno: mentre tu fai esperienza del Dio morto, del Dio che non ti risponde, mentre esperimenti di essere sola, sola nel decidere, in ogni scelta, ecco  che contemporaneamente non puoi convincerti  che intellettualmente  Lui non ci sia.

Una parte di te ne sperimenta l’assenza, ed una parte è convinta della Sua Presenza.

Ecco che Dio morto opera ancora per salvarti.

Pinuccia: La creatura che si impadronisce del suo Creatore è il colmo dell’assurdo…eppure Dio si mette proprio nelle nostre mani; ci dà cioè l’impressione di essere noi a fare; si fa oggetto del nostro pensiero...cosa vuol dire che si fa legàre?

Luigi: Che noi leghiamo la Verità, la leghiamo ad esempio ad un’autorità, ad una istituzione… mentre le istituzioni sono, invece, al servizio della Verità.

La Verità, nel pensiero dell’io, noi la facciamo dipendere da qualcos’altro; ecco come la leghiamo.

Franca: La dicotomìa tra esperienza sentimentale di assenza di Dio e ragionamento intellettuale (in cui c’è la Presenza), come si elimina?

Luigi: Mettendo Dio prima di tutto, morendo cioè a te stessa, perché è proprio il tuo io che determina questa divisione.

Domenico: Questa affermazione negativa che Dio ha fatto dire a Pietro (e che oggi fa dire al Papa) Dio la comprende subito in un disegno superiore in cui la cosa stessa diventa positiva.

Luigi: Certo.


E lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno. Gv 18 Vs 13


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21/ Agosto /1993


Franca: Si sta realizzando la profezia: “Il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani degli uomini, che ne faranno ciò che vorranno”.

Luigi: È necessario, perché se Dio non si desse nelle mani dell’uomo, l'uomo non potrebbe sperimentarne l'assenza e, di conseguenza, non arriverebbe a comprenderne il valore.

Alberto:  L’uomo è convinto di essere Lui a condurre gli avvenimenti, invece…

Luigi: In realtà fa solo ciò che vuole Dio; ma proprio credendo di essere Lui a fare, a dire, finisce con lo sperimentare che la pèrdita di Dio è causata da lui.

Domenico: Dio ci dice certe cose  e noi andiamo subito a misurarle con quanto dice il sommo sacerdote, anzi, col suocero del sommo sacerdote!

Franco: “Prima da Hanna” è strano, perché l’autorità massima era il sommo sacerdote.

Luigi: Evidentemente il suocero possedeva un’autorità maggiore del sommo sacerdote!

Franco: La moglie aveva più autorità, quindi.

Luigi: Evidentemente.

Franco: E adesso che il Papa non è sposato?...

Luigi: Il problema non è giudicare il Papa, o Caifa: tutto è per noi.

Franco: Quindi vuol dire che per ognuno  di noi c’è una massima autorità?

Luigi: Sì, nel campo del sentimento.

Giovanna: Questa “consegna di Dio” avviene dentro di noi: Lo consegniamo a ciò che più ci interessa.

Luigi: Tradire Dio significa affidarlo ad un’altra autorità; Gesù è chiarissimo”: perché non riconoscete da voi stessi ciò che è giusto?”.

Cioè, se si ama veramente ci si assume la responsabilità dell’amore; evidentemente, se tu sottometti quell’amore a  qualcosa ‘altro, a qualcun altro, stai tradendo quell’amore.

L’etimologìa di “tradire” è proprio “consegnare a”.

Ecco, la tua vita diviene autentica in quanto e per quanto ti assumi la responsabilità di ciò per cui vivi; se no, inevitabilmente, diventa falsa, si sdoppia…appunto perché ti ritrovi a non avere in te la ragione di ciò per cui vivi.

Giovanna: Posso però assumermi la responsabilità di una cosa solo quando la conosco.

Luigi: Certo; e infatti la Verità di Dio, quando ti parla, possiede un sigillo ; tu, cioè, non puoi affermare: “non è vero”.

La Verità ha in Sé stessa la garanzìa; quando Dio ti dice: “cerca prima di tutto Me”, tu non puoi mica scappare, eh!

Quando ti arriva la proposta, tu rispondi direttamente a Lui.

Agata: Proponendosi, Dio ci fa capire tante cose.

Luigi: Non è che “faccia capire”…Lui propone Sé stesso; non può proporre altro, perché  Lui solo è; l’aut aut che ti propone è dunque tra ciò che è Dio e ciò che non lo è.

Agata: Da sempre noi siamo in un posizione di difetto, verso Dio.

Luigi: Cioè: noi non possiamo ignorare Dio e non possiamo ignorare che  Lui ci fa delle proposte; le Sue proposte si riassumono poi sempre, sostanzialmente, in: “mettimi prima di tutto”.

E davanti a questa proposta noi siamo obbligati a dare una risposta, con la quale ci giochiamo tutta la nostra vita.

Tutto è determinata dalla nostra risposta alla Sua proposta.

L’iniziativa è Sua, la risposta è nostra.

Silvana: Quando ci arriva la Sua proposta, noi la riconosciamo vera, ma se non la approfondiamo non giungiamo a possederla, e cadiamo nel dubbio.

Luigi:  Il fatto è questo: nella tua vita Dio ha posto due amori; proprio in quanto sono due, prima o poi ti mettono in crisi.

Tutta la complessità della nostra vita ha questa origine; si tratta dunque di mettere una cosa sola (Dio) al di sopra di tutto il resto: lì la nostra vita diviene semplice.

Silvana:  Nel dubbio andiamo a cercare qualcuno che di dica: “stai in pace, hai ragione”.

Luigi: Lì è perché, profondamente, già abbiamo tradito.

Pinuccia A.: Non ho capito cosa voglia dire questo consegnare Gesù ad un’autorità superiore al Sommo Sacerdote.

Luigi: Ci fa capire che, nel campo umano, ogni autorità (anche quelle religiose) sono dipendenti da-.

Qui capiamo che la figlia di Hanna aveva una notevole influenza sul marito; profondamente, ciò significa che noi sottomettiamo i Valori Divini a quelli umani.

Gesù dice: “Io non ricevo testimonianza dagli uomini”; ecco, la Verità va amata “per Sé stessa”.

Pinuccia: Il suocero era il punto di riferimento delle guardie.

Luigi: Sì; fa capire che il sommo sacerdote non ubbidiva a Dio, ma ad un’altra autorità (la moglie).

Pinuccia: Questa coorte era comunque inviata dal sommo sacerdote.

Luigi: Certo, il primo giudizio è stato quello religioso.


Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: « È meglio che un uomo solo muoia per il popolo». Gv 18 Vs 14


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28/ Agosto /1993


Nino:  Caifa dice una cosa vera, ma la afferma nel  pensiero del suo io.

Luigi: Sì, Lui vuole giustificare l’uccisione di Gesù…ogni cosa va sempre giustificata, motivata, ed egli tenta dunque di rendere accettabile questa morte.

Franca: È Dio che lo fa parlare così.

Luigi: Infatti, quando dice questo, Giovanni commenta: “non disse ciò d a sé stesso, ma perché era Sommo Sacerdote”; Dio gli fa dire queste parole proprio in quanto Lui era sommo sacerdote.

Franca: E per quel che riguarda questo “uno che muore che vale per tutti”…

Luigi: Non è che “valga” per tutti…dice  che è meglio che muoia uno solo anziché l’intero popolo, e difatti Gesù è morto non soltanto per la nazione ebraica, ma per tutte le genti.

Alberto: Tutto ciò che non è Dio tende ad affermarsi.

Luigi: Se si esclude Dio, immediatamente acquista  autorità la creatura.

Se si perde consapevolezza del fine da raggiungere, acquistano su di te valore le cose che incontri per strada.

Terersa: Poiché è stato ispirato da Dio, va bene ciò che ha detto Caifa.

Luigi: No, non va bene per niente! Perché bisogna tener presente l’intenzione, con cui ha detto quello che ha detto.

Certo, quanto Lui dice è vero: Gesù muore effettivamente per salvare tutti, ma Caifa afferma questo in quanto sta andando alla ricerca di un pretesto (i Romani che sarebbero venuti a sterminare la nazione ebraica)  per giustificare l’uccisione del Cristo.

Il fatto è questo: ogni persona, anche quando bestemmia, rende gloria a Dio; magari nolente, ma rende comunque sempre gloria a Dio!  Dio trae gloria da tutto e da tutti; certo, se tu sei consapevole di questo, ; ma se non hai messo Dio prima di tutto,  glorifichi Dio inconsciamente

Giovanna: Cosa significa per noi questo fatto che Gesù viene giudicato prima dall’autorità religiosa e poi da quella civile?

Luigi: Il primo giudizio avviene sempre nel campo religioso, nel campo dello Spirito, cioè dentro di noi.

Una donna che tradisce il marito, può magari dire: “si è presentata l’occasione”, ma in realtà la cosa è avvenuta perché in precedenza lei, dentro di sé (il campo religioso), ha preferito altro da suo marito.

Poi nel campo esterno (il campo civile) arriva l’occasione (ed è Dio a presentarla) ma questa non è altro che una conseguenza di quanto è avvenuto nel campo religioso/interiore.

Nell’interno ci sei tu con Dio, per cui non si deve mai attribuire le cose alle creature, al caso, agli avvenimenti, perché tutte queste cose sono soltanto cause seconde.

Tutto ciò che avviene all’esterno è soltanto una conseguenza di quanto è avvenuto dentro di te, tra te e Dio.

Giovanna: Quand’è che noi diciamo: “è meglio che Dio muoia”?

Luigi: Quando affermiamo che è meglio trascurare Dio per i buoi, i campi, la moglie.

È proprio in questo campo di scelta che uccidiamo Dio dentro di noi.

Nel prima di tutto si opera una certa scelta, nella quale si tratta di perdere qualche cosa...è logico, se no che scelta sarebbe?!

Noi, generalmente, vorremmo giungere a Dio senza pèrdere il resto…ecco come ci complichiamo la vita.

Giovanna: Noi facciamo l’errore di porre come “prima di tutto” altro da Dio.

Luigi: Certo, ed in questo modo facciamo esperienza di assenza, di morte, di solitudine; noi cerchiamo di salvaguardare il  resto, ma proprio non mettendo Dio prima di tutto, lo perdiamo.

Se invece siamo disposti a perdere tutto il resto per Dio, otteniamo anche esso, otteniamo anche tutte le creature.

Tutto si decide nel momento in cui si è disposti (o no) a mettere Dio prima di tutto.

Giovanna: Mi è difficile capire come si mette Dio prima di tutto nel pensiero; lo capisco meglio nel campo materiale.

Luigi: Tieni conto che si può pensare una cosa sola per volta; pensando ad una cosa, dunque, stai già lasciando il resto.

Ora, la vera realtà è il pensiero, per cui, quello cui tu pensi, che metti cioè prima di tutto, determina tutta la tua vita.

Silvana: Da parte di Dio, Cristo muore per salvare.

Luigi: Sì,  Lui non si mette nelle nostre mani, non si lascia uccidere da noi col fine di condannarci…lo fa per farci esperimentare la Sua assenza, per farci capire la Sua importanza.

È necessario questo in quanto noi non siamo intelligenti; la persona intelligente dice: “non vado lì perché so cosa mi succederebbe”; usa cioè il pensiero per anticipare; ma quando invece intelligenti non si è,  si necessita di passare attraverso l’esperienza della perdita

Nella perdita ti ricordi: come era bello stare con Lui”; compreso questo, quando  Lui si fa ritrovare, tu non sei più come prima; hai espresso una valutazione: “Lui per me è importante”.

Pinuccia A.: Qui Caifa pronuncia una verità: effettivamente Cristo muore per tutti.

Luigi: Sì,  Lui muore affinché la morte sia evitata ad altri;  Lui viene a morire nella nostra vita per evitarci la morte.

Pinuccia A.: Noi dobbiamo però capire.

Luigi: Certo: “capisci ciò che (ti) ho fatto?”.

Mi viene detto che  Lui muore affinché non muoia io…evidentemente si tratta di un invito a capire; dunque la stessa esperienza di assenza di Dio che io esperimento è una Parola Sua da intendere nella Sua Intenzione; dunque è Parola di salvezza.

Osvaldo: Se fossimo intelligenti non esperimenteremmo la Sua assenza.

Luigi: Certo; infatti all’inizio Dio non creò la morte, nemmeno la morte di Sé come esperienza umana…Adamo non doveva passare attraverso la morte di Dio per arrivare a capire chi Dio è: doveva giungere a conoscerLo per intelligenza.

Osvaldo: Cosa significa essere intelligenti?

Luigi: Vedere le cose dal (nel) loro  principio.

La prima lezione che dà in tutto Dio è quella di farci capire di non essere noi il principio delle cose; ora, “non intelligenza” è il limitarsi agli effetti che le cose provocano su di noi; è sbagliato: non essendo noi il principio delle cose, dobbiamo andare oltre gli effetti che esse provocano, perché se no facciamo noi stessi punto  fisso di riferimento.

Si tratta dunque di cercare sempre il principio e l’intelligenza di Colui che le cose le crea; solo lì c’è intelligenza, per cui diciamo che la nostra intelligenza è Dio stesso.

Tolto il riferire tutto a Dio, si ragiona in tèrmini di: mi piace/non mi piace.

Il che è poi esattamente il criterio che ha mandato a morte Cristo: “è Uno che disturba la nostra autorità, facciamoLo fuori”.

È l’errore determinato dall’avere l’io al centro.

Osvaldo: Perché Gesù viene sottoposto prima al giudizio religioso?

Luigi: Significa che ogni cosa che ti arriva, è anzitutto giudicata, da te, dentro di te, e questo giudizio tu lo dai alla Presenza di Dio, perché Dio è presente dentro di te; anche se, di solito, questo avviene inconsciamente.

Ogni cosa che ti giunge, tu la poni in rapporto  a Dio, o al pensiero del tuo io; poi magari la vai a misurare con quanto affermano gli altri, ma anzitutto giudichi dentro di te.

Quando apri il giornale, dai una valutazione su ogni singolo articolo che leggi (o che decidi di non lèggere), e il criterio è dato dall’interesse principale che porti dentro di te; se ami lo sport, vai subito a cercare la pagina sportiva.

Rina: Caifa è un attore che recita per noi.

Luigi: Sì; in noi c’è Hanna, c’è Caifa, c’è Pietro…c’è tutto, ci sono tutti.

Ognuno di noi è la sintesi di tutto il mondo precedente; ecco perché, giudicando e condannando gli altri, giudichiamo e condanniamo noi stessi.

Pinuccia: Anche la morte di Gesù…

Luigi: La morte di Gesù si presta all’ambiguità; se non si arriva a vedere da Dio il senso della Croce, si rimane schiavi di quel delitto.

Pinuccia: Perché credo di averlo fatto io…

Luigi: E già; nel pensiero del nostro io la Morte di Cristo diviene per noi motivo di dannazione.

Lui  muore per farci morire a noi  stessi, per farci realizzare che, pensando a noi stessi, uccidiamo il Pensiero di Dio presente oggettivamente in noi: ecco la Sua lezione; ma se non superiamo l’io, questo non lo capiamo, e restiamo dannati dalla Sua stessa opera di salvezza.



Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; Gv 18 Vs 15


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4/ Settembre /1993


1° Tema: Intanto Pietro aveva seguito Gesù.

Luigi: Come mai avviene questa frattura? Pietro può seguire Gesù per poi, però, tradirlo…quasi  a farci capire che c’è un’apparenza che tradisce, c’è un “seguire” che illude.

Domenico: Si può seguire Gesù per sentimento o perché si è attratti dal Padre.

Luigi: Ma perché c’è questo conflitto tra sentimento ed intelletto?

Domenico: Perché non si supera il pensiero dell’io.

Luigi: Il fatto è che noi possiamo illuderci di stare seguendo Gesù; magari ci chiudiamo in convento, facciamo i voti,  e con ciò ci autoconvinciamo di essere con Lui!

Domenico: È l’insidia al calcagno!

Franca: “Frattanto” significa “contemporaneamente”?

Luigi: Sì: mentre succede questo, succede quest’altro.

Franca: Si può dire che questa duplicità (seguire e tradire) deriva dal fatto che noi restiamo attaccati alle presenze che vediamo e tocchiamo anziché operare il salto alla Vera Presenza.

Luigi: Certo; c’è una presenza che t’inganna.

Franca: È inevitabile questo seguire Gesù per poi tradirLo, per arrivare a seguirLo in modo corretto?

Luigi: Il fatto è che noi, tante volte, ci illudiamo, e ciò in quanto non abbiamo ancora identificato cosa sia la vita dello Spirito e riteniamo allora che cercare Dio, servirlo, voglia dire comportarsi in un determinato modo…e invece no, perché Dio è Spirito, e vuole dunque adoratori in spirito e verità.

Seguire Gesù significa dunque impegnarsi a conoscere il Padre, e la conoscenza del Padre  non la si ottiene certamente correndo qui o là.

La difficoltà è data dal fatto che la nostra (prima) mentalità si forma sul mondo…la nostra realtà è il mondo, e allora finisce che corriamo a convertire gli infedeli, corriamo a cambiare gli altri; riteniamo essere questa la Volontà di Dio, e ciò in conseguenza, appunto, del fatto che riteniamo che il mondo sia la realtà.

Poi arriva il momento in cui Dio ci fa capire che la realtà è Lui, non il mondo esterno.

Ci fa capire che il mondo esterno è solo una Sua Parola da capire, non da modificare.

Seguire  Lui diventa allora portarsi nel campo dello Spirito per cercare di conoscere ciò che  Lui vuole farci conoscere.

Franca: Data la nostra stupidità, è inevitabile che passiamo tramite l’esperienza dell’assenza.

Luigi:  Sì; il mondo esterno passa necessariamente attraverso la crisi dell’assenza.

Quella realtà per la quale tu vivi deve a un certo punto dimostrarti che non è realtà assoluta, e allora lì essa, da presenza, si trasforma in assenza.

La morte è proprio questa esperienza di assenza che è passaggio indispensabile per giungere a scoprire poi dopo la Presenza Spirituale, la Vera Presenza.

Lì, allora, si realizza la vita dello spirito.

Franca: Si tratta di comprendere la Morte di Cristo i Croce.

Luigi: La Morte di Cristo in Croce riassume tutte le esperienze di morte che noi facciamo sulla terra dove viviamo per-, e arriviamo a toccare con mano che il nostro fine ci delude, non c’è proprio, muore, scompare…ecco come si entra nella crisi.

Ora, tutta questa morte che c’è nel mondo si ricapitola nella Morte del Signore Gesù.

Cristo che muore in Croce rivela che Dio muore in te, per cui è una realtà che ti scompare…e tu non trai più vita, perché tu hai vita in quanto hai una presenza.

A questo punto entri nel campo del pensiero, perché la realtà che sparisce dalla percezione dei tuoi sensi tu inizi a pensarla.

Quando una persona cara muore si inizia a pensarla tantissimo.

Franca: E quando la si pensa si è nel rapporto giusto?

Luigi: Ti rimane sempre il dubbio: “sono solo io che la penso? Esiste ancòra veramente?...”.

Finché ritieni di essere  tu a pensarla, resti nel dubbio, e allora non trovi la realtà ; il pensiero del nostro io non ci dà mai la garanzìa della realtà...solo se vedi tua madre da Dio (da Dio come Soggetto), solo così la vedi nella Realtà, solo così puoi trovarla in quella realtà che ti dà vita.

Dio come soggetto è  Lui stesso che te la fa pensare, perchè Dio è il principio del tuo pensare.

Giovanna: Pietro aveva lasciato tutto per seguire Gesù, ma non era sufficiente.

Luigi: Non basta; vediamo infatti quanta conflittualità si trovi ancora tra gli Apostoli: chi era il primo, chi era il più amato da Gesù...il pensiero del loro io era, cioè, ancòra dominante; vediamo proprio Pietro: un pò si esalta, un pò si deprime, e con ciò ci rivela che ciò che egli ha lasciato è ancora marginale, è ancora cornice, mentre c'è ancora tutto un mondo interiore da abbandonare...un mondo molto più difficile, da lasciare, che non magari quello materiale.

Giovanna: Anche se Lui dice: sono disposto a morire, per te.

Luigi: Eh, presi dall'entusiasmo se ne dicono, di cose...appena hai mangiato dici: adesso digiuno 3 giorni; ma aspetta stasera!

Sandra: Noi seguiamo sempre qualcuno.

Luigi: Sì, non siamo liberi, siamo condizionati; in quanto tali, seguiamo.

Sandra: Seguiamo ciò che ci sembra meglio.

Luigi: Generalmente seguiamo ciò che ci piace, e scappiamo da ciò che ci disturba; senza Dio, non possiamo che agire in questo modo.

Sandra: Perché invece si segue Gesù?

Luigi: In un primo tempo, magari, perché si trova in  Lui una certa corrispondenza tra ciò che  Lui ti dice e i tuoi  problemi; è Dio che forma in noi, attraverso una vita di sentimenti, l’esigenza di capire quale sia il significato della vita.

Sandra: Pietro Lo segue, ma poi ancora Lo tradisce.

Luigi: Il vero seguire è partecipare alla parte spirituale di colui che si segue; e ciò richiede, naturalmente, il superamento del pensiero dell’io.

Tu inizi a seguire Cristo perché  Lui ti comprende, ma arriva il momento in cui devi superarti per ascoltare i Suoi, problemi.

Franco: Guardando da Dio si può fare esperienza oggettiva di chi è morto?

Luigi: Si capisce.

Franco: Anche mentre si è ancora in cammino?

Luigi: Nella fede si inizia a scoprire che la persona non è il corpo, cominci a non cercare più la sua identità nei dati fisici, perché sai che questi ti deludono.

Franco: L’altro giorno stavo pensando a mia nipotina; suona il telefono, era proprio lei, dalle Canarie; ora la persona non è il fisico, ma c’è stato bisogno della voce per il collegamento; poco prima la pensavo, ma lei non era presente oggettivamente, nel mio pensiero.

Luigi: Era presente, invece, solo che non lo sapevi; se la pensavi, era perché Dio te la faceva pensare, o meglio ancora, perché lei stessa ti stava pensando: visto che stava per telefonarti, c’era una certa affinità di pensiero.

Tu credevi di essere il soggetto pensante,  ed eri, invece, un “pensato”.

Franco: Guardando quindi da Dio quel pensiero che  Lui mi ha mandato, per fede dovrei scoprire: “è presente”.

Luigi: Tu arrivi a dire “è presente” solo in quanto comprendi cosa è la persona; e lo puoi comprendere esclusivamente partendo da Dio…solo da Dio, allora, capisci che tua nipote non era alle Canarie.

Certo, il suo corpo era là, ma poichè la persona è universale…ti porti dunque a cercarla in questa universalità.

Proprio la faccenda della ricerca dell’identità ti conduce poi alla questione di come noi si possa identificare il Cristo.

Franco: Dio è più facile da identificare, perché non ha corpo; Cristo è più facile individuarLo come Persona, al di là del corpo.

Luigi: Ma è solo comprendendo chi è Dio come persona, che puoi, poi dopo, giungere a capire (anche) le creature.

Anche lì Dio è il Principio della conoscenza di Sé e delle Sue opere; ecco, se credi di conoscere le creature trascurando Dio, vai incontro a solenni cantonate!

Silvana: Pietro Lo segue “mentre Lo conducono via”: finché non moriamo a noi stessi, Cristo può esserci portato via; magari Lo seguiamo, ma Lo tradiamo…

Luigi: Sì, proprio seguendoLo tu sei costretta a tradire; nel pensiero dell’io, quando inizi a dover pagare di persona, tu tradisci, inevitabile!

Silvana: Questa esperienza mi fa però constatare in cosa consista lo Spirito.

Luigi: Certo; tu segui Gesù in un certo modo, e trovi tanti che ti battono le mani…ma quando, invece, cominciano a deriderti…ma si tratta di un crogiolo indispensabile, per far emergere l’autenticità di intenzione; perché, come dico, il seguire Gesù può essere molto ambiguo.

Pinuccia A.: Guardando da Dio Lo scopro come il principio del mio pensare.

Luigi: Sì; in caso contrario sei sempre “tu che pensi”…e non puoi uscire da questa convinzione.

Pinuccia A.: Guardo dal punto di vista di un altro quando ne ho la stessa opinione?

Luigi: No, prima guardi dal suo punto di vista, poi scopri se coincide o meno.

Per guardare dal punto di vista dell’altro devi dimenticare te stessa.

Pinuccia A.: Non è detto che penso a mio marito io guardi dal suo punto di vista.

Luigi: Logico, tu puoi anche pensare a Lui per cercare di strumentalizzarlo al tuo punto di vista: in questa caso non superi te stessa.

Solo se guardi dal punto di vista dell’altro giungi a fare unità con lui: è il medesimo punto di vista che ti fa “uno con”.

Pur rimanendo persone distinte, ti fa un essere unico.

2° Tema“…insieme ad un altro discepolo”

Delfina:  Uno tradisce Gesù, l’altro no: perché le situazioni sono personali

Luigi: Intanto ci segnala la debolezza implicita di Pietro, che segue e si accompagna con-; è la debolezza che lo porterà a tradire.

Teresa) Non è mica sbagliato, aiutarsi l’un l’altro.

Luigi: Certamente no: è semplicemente un indice di debolezza; da solo uno non sta su, non riesce ad assumersi la responsabilità di un pensiero, di una verità; d’altronde, gli altri sono opera di Dio, mica sono un inganno.

Dico: questo appoggiarsi agli altri è espressione di debolezza nel cammino: non c’è ancora quella maturità tale da avere in noi stessi la ragione di-.

Domenico: far conto su uno, o far conto su un gruppo, è la stessa cosa.

Luigi: Perché Dio fa la creazione? Si tratta di un compagno: ogni creatura è compagno che ci sostiene…o che ci fa tradire, certo, infatti noi tradiamo Dio proprio per le creature, ma non è che, di per sé, esse siano peccato, siano colpa.

Franco: Pietro non aveva dunque ancora in sé la ragione del suo seguire Gesù.

Luigi: Ecco; e finché non abbiamo  in noi la ragione di-,  non siamo persone nel senso completo, nel senso realizzato.

Dio vuole realizzarci come persone; vuole infatti che abbiamo in noi stessi la ragione…solo lì abbiamo la radice in noi stessi, senza la quale siamo inevitabilmente superficiali.

E allora “secchiamo” alla prima difficoltà.

Quando non siamo capaci a sostenerci di fronte alla Presenza di Dio, abbiamo bisogni di qualcun altro..

D’altronde si può rimanere con Dio solo partecipando della generazione di Suo Figlio; lì ti rendi conto della nostra debolezza nel pensare: non riusciamo a stare in un pensiero manco un minuto!

Giovanna: Per cui devo sempre vedere la creatura come segno di Dio che parla con me.

Luigi: Se la separi da Dio, ogni creatura, da aiuto, si trasforma in inciampo.

Sandra: La creazione diventa per noi vita eterna?

Luigi: No: Dio, diventa vita eterna.

La creazione è soggetta al tempo, perché non è un Essere, ma solo segno di un Essere; ragion per cui, a un certo momento la creazione svanisce, e la creatura diventa tutto pensiero, tutto significato.

Ecco, mentre la cosa passa, bisogna approdare al pensiero: il pensiero, infatti, resta.

Io sto parlando, ma le parole che dico passano tutte; se però si arriva al pensiero che le parole comunicano, ci siamo.

Franco: Per fede noi sappiamo che la persona non è il corpo, ma ne abbiamo bisogno…sappiamo che vita non viene dal mangiare, però mangiamo!

Luigi: Soltanto quando penetri nello Spirito, tu non hai più bisogno di-.

Noi viviamo di presenze; dunque se non siamo capaci a restare alla Presenza Divina, dobbiamo trovarne altre: se no moriamo!

Ecco: o si è capaci di mangiare il pane transustanziale, o ci si deve accostare a quello materiale; perché si sta su solo in quanto e per quanto si è in comunione con-: da soli noi “non siamo”, dunque esistiamo solo in quanto partecipiamo a-.

Quindi, o partecipi di Dio o partecipi della creatura; ma poiché la creatura passa, devi affrettarti a maturare alla vera comunione.

Di solito invece si fa l’errore di farsi un magazzino di pane materiale, di pane che passa; ci illudiamo di sistemarci…poi Dio ci manda una malattia che ci impedisce di nutrircene, e buonanotte!

Silvana: Tutte le creature ci sono compagne fino all’incontro con Cristo.

Luigi: Tutto è fatto molto bene. Nulla è da demonizzare; il problema è che noi facciamo l’idolo…separiamo da Dio e diciamo: la vita è questa.

Silvana: Da parte di Dio le creature hanno lo scopo di condurci al Cristo; poi Cristo ci accompagna al Padre.

Luigi: C’è tutto un cammino da fare, da intendere; non dobbiamo fermarci ad una qualche tappa, che sia una creatura o che sia, anche, Cristo stesso: Gesù Bambino, Cristo lavoratore, Cristo nel Getzemani, l’imitazione di Cristo…no, si tratta di giungere al fine, se no ci si scolla:  Lui torna al Padre e noi restiamo qui!

Pinuccia A.: Nei rapporti con Dio siamo sempre malati.

Luigi: Infatti le creature cosa sono? Dio che spezza il pane alla nostra capacità di mangiare.

Osvaldo: Giovanni rappresenta l’intelligenza, e Pietro il sentimento; perché sono proprio loro due a seguire Gesù?

Luigi: Sono un po’ la sintesi di tutta l’umanità; alla fin fine, l’umanità si concentra tutta lì: sentimento o pensiero.

Entrambi seguono, ma chi tradisce è il sentimento; ecco, è solo la conocenza intelletuale che ti permette di restare fedele, perché soltanto essa pone in te le radici della cosa; non possedendo radici, il sentimento ti costringe invece alla volubilità, ti costringe a rimanere in balìa degli eventi.

Franca: È sicuro che il sentimento prevalga sempre?

Luigi: Siamo tutti responsabili della morte del Cristo. Anche il tradimento rappresenta un momento di maturazione, di maturazione all’intelletto…ti fa scoprire che la vita vera risiede nel pensiero.

Pinuccia A.: Il sentimento non ha radici, ma l’amore di una madre per i propri figli è per sempre.

Luigi: No, scherzi?! Si tratta esclusivamente di una proiezione dell’io, il quale è del tutto privo di radici, privo di qualsiasi sostegno, perchè solo Dio ha la ragione in sé, ma il nostro io no!

Di per sé l’amore della madre è soltanto poesia… sentimento, appunto.

3° Tema: Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote, ed entrò nel cortile con Gesù.

Luigi: Spiega come sia potuto entrare anche Giovanni.

Domenico: Giovanni farà entrare Pietro…l’intelligenza fa “entrare” il sentimento.

Luigi: Però poi il sentimento tradisce.

Domenico: Sarebbe allora stato meglio che Pietro fosse rimasto fuori?

Luigi: È certamente la conoscenza, che fa entrare;  Gesù stesso dice: “sforzatevi di entrare”; ma è proprio (soltanto) la conoscenza, a farmi entrare.

Delfina:  Da solo Pietro non avrebbe potuto entrare.

Luigi: No, non era conosciuto; comunque, poi non è stato in grado di sopportare: si può entrare pur non potendo avere l’abito per rimanere, l’abito delle nozze…

Giovanna: Cos’è per noi questo “entrare”?

Luigi: Significa “conoscere”; la parabola dell’invitato che entra ma è senza l’abito delle nozze è per farci capire che ci si può illudere.

L’abito che ti concede la capacità di rimanere è l’interesse per conoscere.

È che noi possiamo anche entrare “per amicizia”, ma allora non possiamo restare.

Giovanna: Dio dà a tutti in parti uguali sentimento e intelligenza?

Luigi: No, ognuno è diverso dall’altro.

Giovanna: Per qualcuno è dunque più difficile che per un altro, entrare…

Luigi: No, da parte di Dio non esistono preferenze; la difficoltà sorge unicamente dal pensiero dell’io; c’è la persona molto intelligente che può diventare orgogliosa…perché la vera intelligenza consiste nel dimenticare sé stessi per guardare ogni cosa dal punto di vista di Dio.

Quando fa ancora parte del pensiero dell’io l’intelletto sbaglia; la nostra intelligenza deve essere Dio stesso.

Osvaldo: È vero che Giovanni non tradisce, però è anche vero che Lui non trova una persona che gli punta il dito: “tu eri uno di loro”…

Luigi: Giusto; ma in precedenza anche Lui era lì a discutere con gli altri su chi fosse il primo: con ciò, aveva già tradito anche lui.

Nessuno è immune dal tradimento.

Osvaldo: L’intelligenza di Giovanni era il riconoscere che era Dio a fargli fare la parte dell’intelligente?

Luigi: Sì; essendo il discepolo più amato, aveva più possibilità di amare; non era merito suo.


Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro. Gv 18 Vs 16


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11/ Settembre /1993


1° Tema…Mentre Pietro se ne stava alla porta

Franca: Anche Pietro voleva entrare.

Luigi: Il desiderio, però, non basta: “Mi cercherete e non Mi troverete”, “verrà il giorno in cui vorrete vedere anche un solo giorno del Figlio dell’uomo, e non lo potrete”.

Franca: Queste parole, però, sembrerebbero non dirette a Giovanni…

Luigi: Sono per far capire che non dipende dalla nostra volontà.

Osvaldo: Pietro rappresenta il sentimento…cosa avrebbe dovuto fare?

Luigi: Niente; col sentimento non puoi fare assolutamente nulla.

Qui si evidenzia nettamente come sia  la conoscenza, a far entrare; alle vergini stolte il Signore dice: “non vi conosco”…e restano chiuse fuori.

Giovanna: La conoscenza è propria dei contemplativi.

Luigi: Conoscere vuol dire vedere le cose dal principio.

Giovanna: Si tratta di lavorare con l’intelletto.

Luigi: L’intelletto non è sufficiente…cioè, il tuo intelletto deve essere Dio stesso; di per sé, da sé stessa, la nostra intelligenza serve proprio a un fico secco!

Giovanna: Come lezione per noi, qui Pietro non entra in quanto il suo desiderio non è puro.

Luigi: Ma se anche fosse puro…dico, non basta desiderare, per entrare, così come non basta aver fame, per poter mangiare!

Franco: Col sentimento non è possibile conoscere “come Dio ci conosce”.

Luigi: Il sentimento è sì un principio di conoscenza, ma riferito al tuo io; lì tu giustifichi le cose dicendo: “io sento così”; evidentemente non è un principio valido; pensa un pò insegnare il teorema di Pitagora affermando: “è così perché io sento così”…tutti si metterebbero a ridere!

Silvana: È comunque essenziale desiderare di entrare.

Luigi: Certo, ma la possibilità di entrare ti viene comunque (sempre) solo dall’Alto.

Pinuccia A.: Pietro si lascia guidare dal sentimento pur essendo un discepolo: aveva lasciato tutto, era in posizione avvantaggiata…

Luigi: Certo; lo conferma Gesù stesso: “chi avrà lasciato tutto a causa Mia, riceverà 100 volte tanto”; ma,  comunque,  non è sufficiente.

Rina: Solo Dio può far entrare.

Luigi: “Senza di Me fate niente”.

Rina: Più avanti proprio Pietro chiede a Gesù, a riguardo di Giovanni: “e lui?”, e Gesù gli risponde: “non preoccuparti di lui; tu vieni e seguimi”.

Luigi: Fa capire come le cose siano essenzialmente personali: tu non puoi proiettare te stesso sull’altro.

Pinuccia: Vista da Dio, anche una scena ordinaria come questa rivela cose profondissime.

Luigi: Certo.

Pinuccia: La grande lezione è che col sentimento non si entra.

Luigi: Il sentimento non è una chiave valida per penetrare nello Spirito.

Con quello che senti non giustifichi nulla…le cose eterne le trovi unicamente attraverso la conoscenza.

2° Tema: Allora l’altro discepolo, che era conosciuto, uscì e parlò alla portinaia

Franca: È la conoscenza che fa entrare, ma qui fa entrare una portinaia.

Luigi: No, è Giovanni; evidentemente, possedeva una certa autorità, infatti la donna gli ubbidisce… Giovanni doveva essere molto amico, del sommo sacerdote.

Domenico: Giovanni veniva dal lago di Tiberiade, forse aveva avuto modo di legare col sommo sacerdote durante i viaggi di Gesù a Gerusalemme.

Luigi: Magari era suo parente, chi lo sa? Certamente non era un amico qualunque.

Franca: La contemplazione entra e fa entrare; è quel che si dice sempre:  chi cerca la verità aiuta tutti.

Luigi: Sì, lavora per tutti; qui però, pur facendo entrare Pietro, non assicura a Pietro la possibilità di restare…Pietro non ha l’abito delle nozze, ed infatti la paga cara!

Giovanna: Non è bastato, a Pietro, avere l’interesse per entrare.

Luigi: E già; teniamo presente che la portinaia è a servizio del padrone; lei ubbidisce a Giovanni perché sa di fare così, evidentemente, la volontà del padrone; anche un ladro avrebbe interesse ad entrare, ma al ladro la portinaia non aprirebbe.

È ciò che è da Dio (secondo Dio) che fa entrare; la portinaia apre solamente ad una volontà che sia in accordo con quella del  suo padrone.

È per dire: solo ciò che discende dall’alto ti dà la possibilità di entrare.

Giovanna: Qui la portinaia fa da tramite: potrebbe rappresentare il Cristo?

Luigi: Sì.

Franco: Anche Giovanni potrebbe rappresentare il Cristo, perché è portatore di questa convinzione: che solo discendendo dall’alto si può entrare.

Luigi: Solo la volontà del padrone apre e chiude.

Franco: Ma come scatta la volontà del padrone? Qui ci viene presentata una persona (Giovanni) che è entrata.

Luigi: Giovanni entra in quanto è amico; in quanto, cioè, è “secondo la volontà del padrone”.

La portinaia apre in quanto sa di fare così la volontà del padrone.

Franco: “Chi entra per Me sarà al sicuro; entrerà, uscirà e troverà da pascolare”; cioè, una volta entrati si ha poi la possibilità di uscire a vedere tutta l’Opera di Dio nella Luce Sua; è il potere delle chiavi: la possibilità di convincere.

Luigi: Il potere delle chiavi viene dato a chi discende dall’alto, perché porta con sé la Luce di Dio: solo la Luce apre o chiude.

Nessun argomento mondano ha la possibilità di aprirti la porta, perché sarà sempre privo di convinzione…solo chi ha in sé stesso il principio può aprirti, convincerti e farti entrare.

Franco: È questo il significato dell’amicizia col padrone; qui però, Giovanni è amico del Sommo Sacerdote, che si appresta a mandare a morte Gesù…

Luigi: Si capisce, qui siamo mica nella Casa del Padre…qui ci troviamo nella tana del lupo! Ma tutto questo va “trasportato” nel campo dello Spirito.

Silvana: La portinaia che apre, in noi, rappresenta forse l’interesse maturato per Dio.

Luigi: Certo; il fatto, però, è che se anche tu puoi entrare perché l’altro ti fa entrare, puoi però venirti a trovare nell’impossibilità di rimanere: perché sei senza l’abito giusto; è esattamente ciò che capita a Pietro.

Rina: È meglio entrare con l’abito giusto!

Luigi: Già, ma l’abito giusto, a un certo punto, richiede magari che tu sia un eroe, perché devi magari affrontare la morte!

Dico: se non sei vestita di questo abito, inevitabilmente devi tradire.

Pinuccia: Non capisco bene questo sdoppiamento: l’amicizia è col Sommo sacerdote, il tradimento è verso Gesù.

Luigi: Dico: qui siamo nella tana del lupo, mentre si sta parlando di (come) entrare nella Casa di Dio…dobbiamo sempre mantenerci nella lezione dello Spirito, in cosa Dio ci voglia comunicare presentandoci questa scena; Pietro vuole entrare per restare con Gesù, il suo legame è con Gesù, mica gli interessa il Sommo Sacerdote e la sua casa!

Ma si trova con la porta sbarrata, il che rivela che non era in grado di superarla; cioè, non aveva l’abito.

Ecco, tante volte noi desideriamo entrare, e Dio non ci fa entrare…evidentemente è perché non siamo ancora preparati.

3° Tema…e fece entrare Pietro

Franca: Giovanni fa entrare Pietro, ma poi c’è sempre la responsabilità personale.

Luigi:  Si capisce; infatti, nel mezzo della vera prova, Pietro non potrà mica far parlare Giovanni al posto suo! La prova è sempre personale.

Questa scena fa capire come, forzando i tempi, si resti bruciati…appunto perché non si è ancora preparati.

Franca: L’abito è il guardare da Dio.

Luigi: Perché Pietro ha tremato? Evidentemente perché ha pensato a sé stesso: era nel pensiero dell’io.

D’altronde è il suo carattere…è il solito Pietro entusiasta: “Signore, se sei Tu dimmi di venire a Te, e anch’io camminerò sulle acque”; “vieni”: Lui va, e poi sprofonda!

Cioè: si lascia muovere dal sentimento, credendo che sia un metro valido.

Franca: Siamo al sicuro solo con Dio.

Luigi: Ma sei con Dio solo se dimentichi te stessa; tu non risorgi se prima non muori a te stessa, se cioè  non pensi più a te stessa, nel modo più assoluto…per guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Franca: Solo chi è dentro, tradisce.

Luigi: Chi è fuori cosa vuoi che tradisca?!

Osvaldo: Visto che Giovanni (l’intelligenza) fa entrare Pietro nella situazione più assurda immaginabile (là dove le creature giudicano e decidono di uccidere il loro Creatore), è per dirci che anche nell’assurdo vince l’intelligenza?

Luigi: Considerando che è l’intelligenza che fa entrare, sì.

Però il punto fondamentale è questo: tu puoi anche entrare, ma se non hai l’abito non puoi restare.

Logico, la Verità ha delle condizioni ben precise…ad esempio, non puoi desiderare qualcosa che non conosci, così come non puoi comunicare qualcosa che non capisci; ecco, ci sono degli sbarramenti ben determinati.

Alberto: Anche Giovanni ha sbagliato? Se avesse guardato da Dio avrebbe compreso che non aveva l’abito…

Luigi: Tieni presente quel che Gesù aveva predetto a Pietro; cioè, a determinare gli avvenimenti non sono né Giovanni, né Pietro: è Dio.

Poi, certo, c’è la lezione che anche il contemplativo, colui che entra, può cedere al sentimento; è quanto succede anche a Maria Maddalena.

Alberto: I tempi sono di Dio.

Luigi: Infatti Gesù aveva predetto tutto.

Che Pietro non fosse preparato è evidente già durante l’Ultima Cena, quando dice: “se anche tutti ti tradissero, io no”.

Lì era già bruciato, aveva già tradito…non si entra nel Regno di Dio dicendo “io”!

Giovanna: Dunque lo sbaglio di Giovanni era necessario.

Luigi: Sì, tutto era preordinato; era necessario far passare Pietro attraverso quella prova, appunto perché doveva rimangiarsi quell’”io mai!”.

Infatti Gesù Risorto dirà a Pietro tre volte: “Mi ami tu più di tutti?”.

E glielo dice finché Pietro crolla.

Giovanna: Di solito giudichiamo superficialmente, mentre il significato delle cose è sempre più a monte.

Luigi: Certo.

Franca: Dopo aver detto “io no”, Pietro deve pagare fino all’ultimo spicciolo.

Luigi: Sì, si paga tutto, ma attenzione: non è che Dio voglia farci pagare gli sbagli uno per uno…è semplicemente che fino a che non li abbiamo “pagati”, essi ci impediscono di entrare.

Ecco: da parte Sua, Dio ci ha già perdonato tutto…siamo noi,  ad aver bisogno di “pagare”.

Silvana: Si può anche forzare qualcuno ad entrare.

Luigi: Qui Pietro desiderava entrare; non è stato forzato a farlo.    Giovanni gli ha solo fatto un piacere, ha cioè accondisceso ad un suo sentimento.

Questo ci fa capire che molte volte noi possiamo trovarci dentro per amicizia, per sentimento, e non possiamo poi restare.

Pinuccia A.: “Pagherete fino all’ultimo spicciolo”; se mi accorgo che in passato ho fatto certi sbagli, che posso fare al momento attuale?

Luigi: Capire; Dio ti libera facendoti capire.

Si sbaglia in quanto si separa da Dio; separando da Dio, affermi qualcosa che non capisci, per cui affermi cose assurde.

Il Signore dice: “vi sarà chiesto conto di ogni parola inutile che avrete detto”; ma non è che  Lui stia lì col taccuino in mano pronto a segnare ogni nostro minimo errore!

È che ogni nostra parola inutile (cioè separata da Dio), macchia la nostra anima.

E ogni macchia indebolisce la nostra capacità di attingere a Dio; restiamo disturbati da ogni parola non detta secondo Dio.

E siamo noi ad aver scatenato questo disturbo: per cui, la parola sbagliata finisce con il comandarci.

Allora, Dio ci libera facendoci comprendere l’errore che abbiamo fatto.

È essenziale che ci faccia capire: se ci liberasse senza prima averci fatto capire, il giorno dopo ripeteremmo l’errore, perché noi siamo ripetitivi.

Rina: Dio fa fare il tradimento a Pietro per fargli prendere consapevolezza che non ha l’abito giusto.

Luigi: Sì, qui è Dio che sta prendendo su di Sè l’errore di Pietro: glielo realizza, lo fa creazione Sua: proprio affinché Pietro possa toccare con mano.

Ora, per toccare con mano, io devo trovare qualcosa: ma lo trovo solo se Dio lo fa, perché  Lui è il Creatore.

Per trovare qualcosa, dico, io devo trovare Dio che prende su di Sé il mio errore: che me lo realizzi fuori di me…così io lo vedo e lo tocco.

Pinuccia: È lì creatura comprende che è proprio Dio che fa tutto.

Luigi: Se Gesù non avesse detto: “questa notte stessa…”, noi resteremmo sorpresi dagli avvenimenti; invece, è tutto collegato con ciò che  Lui ha detto in precedenza.

E quindi Pietro resta fulminato non appena sente il gallo, dopo il terzo rinnegamento.

Pinuccia: Se la creatura potesse prevedere, sarebbe lei la protagonista delle cose, e non sarebbe sorpresa.

Luigi: Invece la creatura patisce; patisce il tempo, la realtà, tutto.



E la giovane portinaia disse a Pietro: «Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Gv 18 Vs 17


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11/ Settembre /1993


Franca: Si può dire che tutto ciò che mi càpita, Dio me lo dice in precedenza?

Luigi: L a parola è sempre una profezia; se noi fossimo attenti alle parole (se le custodissimo), non saremmo mai sorpresi dagli avvenimenti; se tu credi alla parola resti preparata all’avvenimento.

Dio ci dà la possibilità di capire, perché  Lui “ama i Suoi figli e dimostra loro tutto quello che sta per fare”.

Franca: Pietro ha già tradito quando dice “io mai”, ma non ne è consapevole.

Luigi: Certo, perché una cosa che porti come pensiero non ti si rende evidente.

Franca: Ma nel momento del tradimento esteriore Lui prende coscienza di aver già tradito interiormente?

Luigi: Non so; certamente, il fatto che pianga significa che qualcosa ha capito.

Alberto: Senza la conoscenza della Verità si resta dominati dagli eventi.

Luigi: Sì, si resta schiavi di eventi che ci conducono “là dove tu non vorresti”.

Giovanna: Qui Pietro comincia a tremare.

Luigi: Il terreno si fa minato.

Franco: Mi faceva pensare alla Samaritana che dice a Gesù: “come mai tu, che sei Giudeo, parli a me che sono Samaritana?”; nel senso che si fa la domanda avendo già la risposta.

Qui Gesù fa dire questo ad una donna per farci capire il rischio che corriamo quando ci facciamo guidare dal sentimento anziché dalla retta intenzione.

Luigi: Sì, è la donna che vuole entrare nel tuo mondo: la Samaritana vuole entrare nel mondo di Gesù, qui la portinaia vuole entrare nel mondo di Pietro.

Domenico: Rientra tutto nel piano di Dio; l’errore dell’uomo sta nel dire “no” alla proposta di Dio: da lì in avanti, la portinaia  e tutto il resto…è solo più opera di Dio per farci prendere consapevolezza dell’ errore iniziale.

Bisogna dunque vedere Dio Creatore in tutti questi fatti.

Luigi: Vedendo tutto in quel disegno, ti accorgi che ogni cosa assume un aspetto essenzialmente  personale.

Qui è proprio Pietro che è giocato personalmente; non sono gli avvenimenti a contare “di per sé”, ma è che un certo momento questi avvenimenti hanno un nome e un cognome!  Hanno una firma.

Franca: Gesù che dice a Pietro: “quand’eri giovane…quando sarai vecchio…”: è una profezia.

Luigi: Si capisce.

Franca: Ma se Pietro si fosse fermato a meditare su ciò che Gesù gli voleva dire, non si sarebbe mosso, e allora non avrebbe realizzato cosa Dio voleva fargli realizzare!

Luigi: Chi si ferma ancora a pensare nel mondo frenetico di oggi?

Pinuccia: “Se si fosse fermato a pensare” equivale alla minaccia agli abitanti di Ninive: loro si sono convertiti e la minaccia non si è realizzata.

Luigi: Proprio così.

Le rispose: non lo sono.

Giovanna: Sembra quasi incredibile questo rinnegamento di Pietro, dopo che aveva detto: “se anche tutti ti tradissero, io mai!”.

Luigi: Come mai il nostro io è sorgente di menzogna; di per sé la menzogna non esiste!

Giovanna: C’è menzogna quando si disunisce da Dio.

Luigi: Come mai qui Pietro ha detto una menzogna?

Giovanna: Perché aveva paura.

Luigi: E aveva paura perché era nel pensiero del suo io.

Agata: Aveva posto prima di tutto il suo io.

Luigi: Sì: è ciò che mettiamo prima di tutto a determinare le nostre scelte.

Silvana: La creatura non può mai essere sicura di non tradire.

Luigi: Poco ma sicuro.

Silvana: Perché è solo se fa conto su Dio, che non corre questo rischio.

Luigi: La creatura che guarda da Dio sa che, per poco che Dio le tolga la mano, ne combina di tutti i colori; anziché dire “io mai, allora, si addossa invece tutte le colpe, anche le colpe di ciò che non ha fatto, perché è consapevole che se non ha fatto certe cose è solo perché Dio glielo ha impedito.

Pinuccia A.: Quand’è che l’attrazione per Dio è così forte da renderci impossibile il tradimento?

Luigi: Quando è così forte da farci dimenticare noi stessi; l’attrazione è un rapporto d’amore, per cui, a un certo momento, l’unico che ti interessa è l’altro.

Avviene questo trasferimento: amare vuole infatti dire “pensare all’altro”, vedere tutto dal punto di vista dell’altro.

Quando tu pensi molto all’altro, il suo pensiero diviene superiore al pensiero di te stessa…lì non t’interessa più cosa càpita a te.

Dio fa appunto tutto per portarci ad un rapporto con  Lui tale che   Lui assorba completamente il nostro io…perché la salvezza sta proprio in questo superamento/trasferimento.

Si è veramente liberi solo quando si è liberi dal pensiero del proprio io.

Pinuccia A.: Il giorno in cui sono liberata dal pensiero del mio io, Dio mi mantiene unita a Sé?

Luigi: Sì;  perché è proprio il pensare a te stessa che ti impedisce di  rimanere unita a Dio; libera dal pensiero del tuo io, cominci davvero a vivere, perché Dio costituisce la tua vita.

Massimo: La prima cosa indispensabile, per essere veramente discepoli di Cristo, è abbracciare la Croce.

Luigi: Sì, ma questa Croce deriva dall’unione con la Verità; la Verità è fonte di gioia…ma è contemporaneamente fonte di conflittualità con il mondo; bisogna avere il coraggio di superar questo conflitto…proprio così si offre la salvezza al mondo; se tu, invece, concedi al mondo, il mondo ti approva, perché si sente confermato…ma così facendo non gli offri la salvezza.

Pinuccia: È davvero fragile il nostro legame con Dio; basta poco per romperlo.

Luigi: Basta un pensiero.

Pinuccia: Pensavo questo: avendo Gesù preannunciato a Pietro il suo tradimento, gli ha dato la possibilità di non sentirsi condannato, perché si scopre conosciuto.

Luigi: Non basta; non è sufficiente renderti conto che la cosa ti è stata preannunciata.

Pinuccia: E per noi personalmente: quand’è che tradiamo?

Luigi:  Quando non riassumiamo la responsabilità della Verità.

Pinuccia: Deve necessariamente essere una prova davanti agli altri, o può essere una

prova personale?

Luigi: Ma gli altri fanno parte di te; Dio determina la prova per suscitare in te la risposta giusta; Dio provoca il conflitto per rafforzare l’amore.

La conoscenza inizia con un atto di fede che è un focherello debolissimo; Dio inizia a soffiare su questo fuoco per alimentare la fiamma...proprio lì comincia il rischio.

Lui ti fa incontrare delle contraddizioni, delle difficoltà: se tu pensi a te stessa crolli, non riesci a sostenere.

Ci troviamo con un ambiente che non ci approva, che ci provoca con un”sei anche tu uno di quelli?”…e se rispondiamo “io no”, è finita.

Poi seguiranno tutte le conseguenze di questo “no”.

Ma quella domanda, quell’insinuazione, da parte di Dio ha l’unico scopo di farti crescere fino alla libertà totale.

Il problema non  mica quello di affrontare gli altri; il fatto è che Dio opera per formare in noi elle radici così profonde da avere in noi stessi la ragione delle cose esattamente come l’ha Lui; in modo, cioè, da avere in noi Dio stesso



Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Gv 18 Vs 18


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18/ Settembre /1993


1° Tema: I servi e le guardie avevano fatto un fuoco

Nino: Mi fa pensare a quando sento notizie tremende al telegiornale, mentre sono tranquillo in poltrona; è un po’ la medesima indifferenza di queste persone, così vicine al colossale dramma della Morte di Cristo; in realtà sono in parte responsabile del fatto di cui vengo a conoscenza.

Luigi: Certo; in quanto accade ed in quanto te ne giunge la notizia, poco o tanto ti coinvolge.

Franca: Accendiamo un fuoco fuori, e dentro tradiamo Dio.

Luigi: Abbiamo bisogno di accendere i nostri fuochi per non morire di freddo.

Alberto: Se non teniamo conto delle Parole che Dio ci fa arrivare…

Luigi: …cominciamo a morire di freddo.

Giovanna: Sotto la Croce c’è questa umanità indifferente o ostile…

Luigi: Queste guardie accendono un fuoco perché senza Dio si muore di freddo; senza Dio ognuno vive pensando a sé stesso, e allora muore di freddo; si accendono così i fuochi, i nostri fuochi, per tentare di riscaldarci.

Giovanna: Ma che differenza c’è tra Pietro, consapevole di mentire, e costoro che, invece,  non si rendono conto…non si capisce bene cosa rappresentino.

Luigi: Rappresentano il mondo; finché Dio non ti tocca, fintanto che Egli non entra nella tua vita, tu fai questa esperienza: muori di freddo; e allora cerchi qualcosa per scaldarti: uno sguardo, un pensiero, qualcuno che ti ami.

Giovanna: Dunque qui Pietro è più responsabile, perché già era stato toccato da Dio.

Luigi: Certo.

Agata: La lezione che ci dà Pietro è quella di avere ben paura, quando crediamo che non tradiremo mai Dio!

Luigi: Non deve esserci sicurezza, in noi, perché noi dobbiamo far conto solo su Dio; certo, quando le cose vanno bene sembra tutto facile, ma quando la cosa si fa pericolosa…

Silvana: “Fuoco di brace”, cioè fuoco non vivo…

Luigi: Ecco, è un fuoco artificiale, fatto dall’uomo…non si tratta di un fuoco di provenienza divina, che venga dallo Spirito.

Sì, l’uomo può accendere dei fuochi…l’uomo, essenzialmente, è un mendicante, perché  da solo non sta su.

Ora, tutte le creature in quanto sono segno di Dio, hanno la possibilità di comunicare qualcosa; uno che ti incontra e ti saluta, ti dà qualcosa…e se non ti saluta, di qualcosa ti priva, e lì, nel pensiero dell’io, tu ti senti sminuita.

È segno del fatto che siamo fatti per il Vero Rapporto, il rapporto con l’Essere assoluto.

Poiché non siamo capaci a rimanere sempre in questo rapporto,  Lui ci fa incontrare delle creature: per sostenerci nel cammino.

Dobbiamo però affrettarci a cercare lo sguardo di Dio, perché lo sguardo delle creature muta…e presto svanirà, e allora noi subiremo il crollo.

Marisa: C’è un’indifferenza, diciamo così, da parte di queste persone che stanno, diciamo così, attorno al fuoco.

2° Tema…Perché  faceva freddo, e lì si scaldavano.

Franca: Questa scena rispecchia la realtà nella quale siamo immersi.

Luigi: Sì, c’è Dio e c’è chi, bene o male, cerca di rapportarsi a Lui, di interessarsi a Lui…e poi c’è tutta una massa (il mondo) che pensa a sé stessa.

Franca: È anche un tal mistero che ci sovrasta…

Luigi: No,  Lui ci sovrasta solo nel momento in cui non lo mettiamo al di sopra di tutto;  Lui trascende, ma la Sua trascendenza determina in noi la Sua immanenza.

Delfina:  Senza la Presenza di Dio si muore di freddo, perché le presenze umane non sono sufficienti.

Luigi: C’è la solitudine…freddo e solitudine; nessuno che pensi a te.

Delfina:  C’è una mancanza di fiducia.

Luigi: Una mancanza di conoscenza; si ignora che la realtà è Dio.

Nel pensiero del nostro io esperimentiamo la solitudine.

Alberto: Ho letto che l’inferno può anche venire rappresentato come un luogo in cui si muore di freddo.

Luigi: Agli eschimesi non puoi parlare dell’inferno come un luogo in cui c’è il fuoco, perché per loro è inconcepibile che il fuoco faccia male ( E perché? Non si rendono conto che se mettono una mano sul fuoco la mano brucia?!)

Giovanna: Il freddo è solitudine.

Luigi: Mentre il caldo è comunicazione; quando il sole tramonta e viene il gelo, tutto si ferma.

Amalia: Uno può andare a scaldarsi così, per vedere cosa succede, senza assumersi la responsabilità.

Luigi: Tutto ciò che succede è Dio che ce lo presenta, e dunque, in un modo o nell’altro, ci coinvolge: è per noi.

Ecco, non possiamo mai dire: “questo avvenimento è lontano nel tempo e nello spazio, dunque non mi riguarda”.

No, tutto accade per te personalmente.

Pinuccia A.: Visto che il calore è comunicazione, perché si parla di fuoco dell’inferno?

Luigi: Giusto; è che anche ciò che è segno di vita ti può bruciare; se non sei in grado di sopportare, ti bruci.

Ecco perché Dio tiene nascosta la Sua Verità…perché è in attesa che in noi si formi la capacità di portarLa.

“Ho ancora molte cose da dirci, ma per ora non le potete portare”; cioè: se ce le dice ne restiamo bruciati.

Il fuoco dell’inferno è costituito da Dio stesso: ma la creatura è impossibilitata a capirLo.

Ecco perché dobbiamo affrettarci a capire.

Valeria: Pensando a noi stessi moriamo di freddo.

Luigi: Sì, perché lì constatiamo che nessuno ci guarda.

Scopriamo che anche tutte le creature  Lui le fa servire a noi.

Da Lui ci scopriamo conosciuti e pensati in tutto.

Il nostro vero grande bisogno non è tanto quello di evitare le sofferenze, quanto quello di trovare qualcuno che ci pensi.

3° Tema Anche Pietro stava con loro, e si scaldava.

Delfina:  Se gli apostoli si fossero riuniti avrebbero forse compreso quanto stava succedendo.

Luigi: Eh ma qui è un pò come quando succede un terremoto: mica si sta a studiare razionalmente la situazione…perdi la testa e scappi.

Domenico: Questo scaldarsi di Pietro è un po’ l’andare ad attaccarsi agli argomenti degli altri.

Luigi: Certo.

Alberto: Abbiamo bisogno di consolarci.

Luigi: Se non ci consola la Verità, andiamo a cercare delle menzogne…tanta è la nostra povertà.

Giovanna: Qui Pietro è in un momento davvero tragico!

Luigi: Sì, è tutto specchio per noi: una cosa è trovarsi in un ambiente dove si parla di Dio, dove Dio è al primo posto, un’altra è essere dove avviene l’esatto contrario! Su di noi influisce la mentalità e l’ambiente in cui ci troviamo.

Giovanna: Qui non viene detto, ma probabilmente Pietro sentiva il rimorso.

Luigi: Eh, pensa un po’: proprio lui, che aveva detto: “io non Ti tradirò mai”, adesso si ritrova a dire: “io quello non lo conosco”!...

Adesso sta solo più aspettando che canti il gallo.

Agata: Cadiamo settanta volte al giorno…l’unica cosa è confidare in Lui.

Luigi: E proprio confidando in  Lui non si ha neppure più la paura di sbagliare, perché se anche sbagli: “sei Tu che me lo fai fare”.

Agata: Anche i sensi di colpa diventano interessanti, sapendo che sono opera di Dio.

Luigi: Fanno capire che nella tua vita c’è la presenza di Dio e che, quindi, non sei mai sola.

Agata: Tuttavia non bisogna mai riposarsi, mai dire “sarò sempre con Dio”; perché?

Luigi: Perché con Dio si cammina con timore e tremore…non dobbiamo mai essere sicuri; ogni cosa va sempre riportata a Dio, vista dal Suo punto di vista…e questo non avviene senza di noi.

Agata: Quando avverto il timor di Dio non mi piace…vorrei non avere paura di Dio

Luigi: Infatti Dio non vuole che abbiamo paura di Lui.

Per “timore” va allora intesa quell’attenzione costante verso di Lui, attenzione indispensabile perché senza di  Lui sbagliamo tutto, nel pensare, nel parlare, nell’agire…diventa un progressivo accumularsi di errori su errori.

Ecco, si tratta di guardare a Dio non per paura, ma per consapevolezza che  Lui è il Principio della nostra intelligenza, è il Principio della Luce e della Verità.

E noi, dunque, in tutto ci dobbiamo sempre lasciar guidare dallo Spirito di Dio…ecco, il vero legame che ci mantiene uniti a Dio è proprio un legame di verità.

Pinuccia A.: Bisogna aver paura del giudizio sì o no?!

Luigi: “Chi viene dietro di Me non è sottoposto a giudizio”; cioè: il giudizio c’è solo quando non si segue Lui; se non lo seguiamo, siamo giudicati tutti i giorni, ogni istante.

Come dico, non appena non tengo conto di Dio, subito penso male, agisco male: ecco il giudizio.

“Il mondo è già giudicato”, dice Gesù.

Ma chi cerca Dio prima di tutto, non subisce questo giudizio; al contrario, procede di luce in luce.

Per principio Dio è luce e comprensione, è perdòno.

Dio perdona (sempre) tutto: siamo noi a venirci a mettere in situazioni di “giudizio”…perché lo trascuriamo; il bambino che non vuole tener conto della mamma e si mette a camminare da solo, cade: è il giudizio.

È cioè Dio che dice: “vedi? Se non Mi dai la mano non riesci a camminare”.

È cioè misericordia.

Chi cerca Dio trova misericordia in tutto, perché vede in tutto Dio che lo sta pensando….anche quando sbaglia.

Non è che, se non Lo tengo presente, Dio mi dimentica…no,  Lui mi aiuta, mi aiuta proprio con quello che io chiamo “giudizio”, che è in sostanza una Sua misericordia.

Dico: è il pensiero del nostro io che ci fa temere il giudizio; ecco perché dobbiamo superarlo.

Marisa: Uccidere Cristo è il più grosso errore, diciamo così, che l’uomo possa fare; ci sono degli errori irreparabili, diciamo così.

Luigi: Cristo non muore per condannarci, ma per salvarci; tutto avviene in questa intenzione.

Pinuccia: Per poco che ci scostiamo da Dio Lo tradiamo, anche se magari non diciamo proprio esplicitamente come Pietro: “non Lo conosco”.

Luigi: Il non tradire Dio è Grazia Sua, non è certo opera nostra.



Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gv 18 Vs 19


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25/ Settembre /1993


1° Tema: Il sommo sacerdote.

Luigi: Cosa rappresenta questo sommo sacerdote che interroga Gesù?

Franca: Interrogare significa stabilire un rapporto.

Luigi: Sì; e cosa vuol dire stabilire un rapporto?

Franca: La creatura ha bisogno di sapere, di giustificare.

Luigi: Ecco, si interroga per giustificare la cosa; e quand’è che si vede la cosa giustificata?

Franca: Quando la si vede nel principio.

Luigi: In un principio, in un punto fisso di riferimento; qual è dunque questa massima autorità che, in noi, interroga Gesù?

La persona interroga perchè vuole riportare tutto nell’unità, nel proprio punto fisso di riferimento…quando constata che qualcosa sfugge al suo punto fisso di riferimento, essa è costretta ad interrogare…che sia per scartare o per unificare, essa è comunque costretta ad interrogare: perché è persona.

Delfina:  Il sommo sacerdote non era interessato a sapere, stava solo cercando dei pretesti per condannare Gesù.

Luigi: Certo; qui c’è un ben strano processo: si decide di condannare prima di avere dei motivi per farlo.

Ed è esattamente ciò che avviene in ognuno di noi: prima condanniamo, poi andiamo a cercare le giustificazioni.

Domenico: S.Agostino che chiede al Figlio (Adeodato) perché interroga…non ricordo cosa avesse risposto Adeodato.

Luigi: Che si interroga per insegnare; cosa vuole dunque insegnare a Gesù il sommo sacerdote?

Domenico: Che “Tu che sei uomo ti fai Dio”?

Luigi: No, non lo accusa di bestemmia.

Domenico: Vuole insegnargli che deve sottostare all’autorità?

Luigi: Proprio quello.

Franco: Caifa rappresenta quell’autorità religiosa che vuole sottomettere tutto non a Dio ma ad una regola, ad una teologia.

Luigi: Certo.

Franco: La vera interrogazione è insegnare all’altro che non si sa.

Luigi: Si dovrebbe cioè insegnare che si ha bisogno di unificare, perché c’è qualcosa che non entra nel proprio punto fisso di riferimento.

Qui evidentemente qualcosa non entrava, nel  punto fisso di Caifa, e dunque gli dava fastidio, perché lo contraddiceva.

Franco: È la passione di assoluto, che provoca tutto questo.

Luigi: Sì, conduce lì, ma essa assume tanti volti…in noi tende ad acquistare una certa autorità.

Qui vediamo che questa passione di assoluto si fa autorità; logicamente, non essendo amore per la Verità, non è intelligente.

Se fosse intelligente cercherebbe il punto fisso di riferimento, mentre invece cerca di imporre.

Franco: Quindi è il vissuto, lo sperimentato ad ergersi ad autorità.

La vera autorità è invece il Pensiero di Dio in noi.

Luigi: Ma bisogna essere aperti!

Guarda un po’ se negli uomini la vera autorità è il Pensiero di Dio!...nel mondo la vera autorità è il pensiero dell’io.

Giovanna: Gesù dà proprio fastidio.

Luigi: Non possono coesistere due autorità, dentro di noi; si tratta di vedere cosa (chi) mettiamo prima di tutto.

Silvana: Questo sommo sacerdote rappresenta proprio il nostro interesse principale, al quale rapportiamo tutto.

Luigi: Sì, il nostro interesse principale.

Silvana: Se non è Dio è il nostro io.

Luigi: Per essere Dio si richiede che il nostro interesse sia  Lui al di sopra di tutto.

Pinuccia A.: Se ho l’io al centro, i punti di riferimento sono tanti.

Luigi: No, le tante cose che fai rientrano tutte, in quel caso lì, nell’unico punto di riferimento: il tuo io.

Osvaldo: Questo sommo sacerdote che, in noi, si pone in opposizione a Gesù…è il non riconoscere la verità?

Luigi: Sì; e perché alcuni non riconoscono la verità? Perché tanti hanno così tanta difficoltà a riconoscerla? Non dovremmo essere tutti attratti dalla verità?

Osvaldo: È che sottomettersi alla verità costa.

Luigi: Ecco.

Rina: Amare vuol dire scegliere.

Luigi: È il tempo stesso a costringerti a scegliere…il tempo è, per sua natura,  selettivo.

Rina: Ciò che metto in me prima di tutto, diviene il mio sommo sacerdote.

Luigi: Esatto; ed è poi ciò che determina tutto, ciò che fa ragionare, giudicare, scegliere…

Pinuccia: Dio opera tutto per farci interrogare…la funzione della parabola è proprio questa; l’assurdo sta nel legare “prima” la verità, per poi interrogarla!

Luigi: Interrogare vuol dire insegnare: insegnare ciò che, per noi, vale più di tutto.

Chi interroga ha già un suo punto fisso di riferimento, e cerca di sottomettere tutto ad esso.

Pinuccia: Tutti interrogano per sapere.

Luigi: Sì, ma quel “volere sapere” è determinato dalla presenza di qualcosa che dà fastidio, che non rientra, e che, dunque, si è costretti ad odiare.

L’odio, come l’amore, è una passione di unità.

Ecco perché il mondo deve odiare chi mette Dio prima di tutto.

Sarebbe assurdo che “amasse”!

Pinuccia: Non capisco.

Luigi: E capire cosa vuol dire? Far entrare. 

2° Tema: Interrogò Gesù.

Luigi: Qui ci fa capire che in noi, insieme al sommo sacerdote che interroga, c’è anche Gesù.

Se il sommo sacerdote interroga, significa che ha davanti una realtà che contraddice la sua somma autorità.

Si tratta dunque di stabilire quale sia questa realtà che, contraddicendomi, mi costringe ad interrogare.

Franco: È il Pensiero di Dio in noi, a cui noi non vogliamo sottometterci.

Luigi:  Sì; in noi c’è questo Tempio di Dio; è una Realtà…noi non sappiamo cosa essa sia, ma c’è…e, di solito, non collima con i nostri interessi!

È per questo che scatta l’interrogazione, il giudizio.

Franca: Cerchiamo cioè di comprendere l’Infinito con le nostre misure umane.

Luigi: Sì, cerchiamo di far entrare il mare nel secchiello.

Ora, o noi facciamo di Gesù la nostra autorità, o altrimenti, necessariamente, dobbiamo cercare di farLo fuori.

Ma, come dico, mentre è possibile gettare il secchiello nel mare, non è sicuramente possibile fare il contrario…ma se per me il secchiello è più importante del mare, cerco di fare proprio questo!

Domenico: Gesù dà fastidio solo quando viene a propormi qualcosa.

Luigi: Gesù è il Pensiero di Dio, ed abita dentro di te.

Domenico: Ma finchè non mi fa arrivare la Sua proposta…

Luigi: La Sua presenza in te è come la presenza di una persona nella tua stessa stanza, nella stanza dove ti trovi; non è necessario che questa persona ti interroghi:  ti dà fastidio con la Sua sola presenza.

Tu puoi anche far finta che questo Pensiero in te non ci sia, ma ugualmente  Lui c’è, e dunque ti determina un problema…fino  a quando non Lo sottometti tutto a te (ma questo, evidentemente, è impossibile), o fino a quando non sottometti tutto di te a Lui.

La problematica tra creature, tra marito e moglie, sta proprio lì: uno crea fastidio all’altro, per cui ognuno cerca di sottomettere l’altro.

Franco: In noi c’è la presenza di un’altra Persona.

Luigi: Sì.

Franco: Hai detto che il sommo sacerdote interroga per far sapere che Lui ha un altro punto fisso di riferimento…

Luigi: Prendiamo marito e moglie: il marito tenta di sottomettere la moglie; secondo tentativo, la moglie cerca di sottomettere il marito…falliscono entrambi; l’unica possibilità è che ci sia per ambedue, come somma autorità, Dio.

Solo lì c’è possibilità di comunicazione.

D’altronde è logico: poiché il tuo punto fisso di riferimento non è universale, non può far entrare tutto.

Franco: Se l’uomo fosse completamente aperto al pensiero di Dio non avrebbe neppure bisogno di interrogare, di far sapere che ha un altro punto fisso di riferimento.

Luigi:  Con Dio si dialoga sempre; si unifica proprio dialogando.

Giovanna: Perché l’uomo fa questo errore di voler far entrare il mare nel secchiello?

Luigi: Perché ha un suo punto fisso di riferimento. Tu compri questo registratore, e questo registratore diventa “tuo”, e se un altro te lo porta via dici che te l’ha rubato.

Ogni cosa che tocchiamo viene cioè macchiata dal pensiero del nostro io...tendiamo a porre su tutto il sigillo del possesso; senza Dio è così, macchiamo tutto.

Giovanna: Ma è Dio a darci questa possibilità di “macchiare”…

Luigi: Dio ci crea persone: in quanto tali, rischiamo di dire: “questa cosa l’ho guardata io per primo, dunque è mia”; ed è finita…l’altro non ha più diritto di guardarla, capisci? Resta tutto impostato lì sopra: tutta l’economìa è basata sull’io che possiede.

Ecco, se non si accetta da Dio e non si riporta a Dio, “naturalmente” scatta questo rapporto tra la cosa ed il tuo io…non puoi più ignorare che in quella cosa hai messo le mani.

Giovanna: Perché si dice che ciò avviene “naturalmente”?

Luigi: Perché Dio è soprannaturale; tu vedi e tocchi le cose, non Dio; dico, se pianti un fiore e qualcuno te lo pesta, “naturalmente” ti senti offesa; cioè, tutto ciò che vedi e tocchi “naturalmente” lo leghi a te.

Dio, invece, è soprannaturale: ecco perché c’è una natura che va superata.

Gesù parla di “strada larga che conduce alla perdizione”; ci dice cioè che, se viviamo secondo i sentimenti, non giungiamo alla Conoscenza di Dio.

Dio non è “natura”; è trascendente e dunque richiede, per conoscerLo, la dedizione del pensiero.

Giovanna: Se riporto il fiore a Dio non resto offesa se qualcuno me lo pesta.

Luigi: E già, perché domandi al Signore perché (Lui) ti ha mandato qualcuno a rovinare quel fiore che (Lui) ti aveva fatto piantare.

Cerchi cioè il Pensiero di Dio.

Pinuccia A.: Si diceva tempo fa che se ci vedessimo ai raggi x vedremmo solo il nostro scheletro…

Luigi: …e allora non ci innamoreremmo di nessuno!

Pinuccia A.: Però Dio ci presenta l’aspetto esteriore!

Luigi: È proprio lì la fregatura.

Pinuccia A.: Ma perché tutto questo?! Prima ci dà una natura e poi ci chiede di non vivere per essa…

Luigi: Dio fa le cose belle buone e vere; il vero è ciò che viene prima di tutto: bellezza e bontà sono  una conseguenza della verità.

La Verità va posta prima di tutto, perché, se no, nel bello e nel buono c’è il pensiero del tuo io.

Più ti allontani dalla verità, più cresce il pensiero del tuo io; ma nella Verità il pensiero del tuo io non entra; il problema è che il bello piace, ma se provi a ragionare col piacere, stai fresca!

Pinuccia A.: Ma perché non ci ha presentato soltanto il vero, allora?

Luigi: Siccome Dio è Vero, Bello e Buono, le Sue opere sono anch’esse così.

Lui solo è, e in tutte le Sue Opere Egli non può dunque far altro che significare Sé stesso; la fregatura  salta fuori in quanto si trascura la verità…e allora si resta solo più con bellezza e bontà, restandone giocati.

Osvaldo: Solo dedicando molto pensiero si scopre l’oggettività del Pensiero di Dio  presente in noi.

Luigi: Certo: di per sé, non puoi dimostrare che non ci sia, e dunque non puoi ignorarLo; potrai dubitarne ma mai dimostrarne l’assenza.

Pinuccia: Anche se Lo trascuriamo, ne subiamo però gli effetti.

Luigi: Certo.

Pinuccia: Poiché ogni nostro problema  dipende da  Lui (da  Lui trascurato), i nostri stessi problemi ci portano ad interrogare, ma non partendo da Dio cerchiamo di legare la Verità; a questo punto interrogare Dio significa tentare di annullarLo?

Luigi:  Tieni presente che, cioè affermare un proprio punto fisso di riferimento.

Franca: È inevitabile voler far fuori Gesù, perché siamo una passione di assoluto.

Luigi: Inevitabile un cavolo: lo devi far fuori solo se hai un altro punto fisso di riferimento.

3° Tema...circa i suoi discepoli ed il suo insegnamento

Nino: È una curiosità ipocrita…qui Gesù è già stato condannato.

Luigi: Sì, Caifa sta andando alla ricerca di pretesti per condannarLo,…per darsi ragione.

Franca: Il sommo sacerdote “in me” interroga  il Pensiero di Dio che è “in me”: cosa significa?

Luigi: Si interroga riguardo a tutto quello che può dipendere da Lui.

Franca: Ma cosa vuol dire a livello personale, per me?

Luigi: Prova a sposarti: Dio ha fatto il matrimonio perché è una scuola stupenda (per la maturità dell’anima); eh, lì impari cosa voglia dire interrogare l’altro circa le cose che fa, che dice, ecc.

Franca: Qui si vede chiarissimamente il preconcetto.

Luigi: È proprio il capovolgimento che si determina quando non c’è l’amore per la Verità; si giunge ad essere disposti alla falsificazione di tutto pur di darsi ragione…ecco dove/come nasce la menzogna.

Franco: “Se anche vedessero resuscitare un morto non crederebbero”;

Luigi:  Certo.

Giovanna: È proprio questo bisogno di unità: potrei anche fregarmene, degli altri, ed invece voglio che tutto rientri…

Luigi: Se ti sposi e vedi che il marito ti dà fastidio, vorresti anche,magari, fregartene, ma non puoi, non ci riesci.

Giovanna: Vedi uno che fa qualcosa che non ti piace e subito ti arrabbi…

Luigi: È così in tutte le cose, anche minime…perché è soltanto con Dio che si è fatti capaci di comprendere tutto, e quindi di sopportare tutto, ogni diversità.

Giovanna: In Dio rientra tutto.

Luigi: Sì, in Dio puoi unificare ogni diversità.

Silvana: Il Pensiero di Dio in noi ci fa arrivare una certa parola, la quale ci pone in conflitto col nostro punto fisso di riferimento.

Luigi: Sono le opere di questa Presenza che, non condendo con le nostre opere, ci danno fastidio, provocano il fastidio,

Silvana: Questa scena rappresenta quando in qualche modo dobbiamo giustificare di non accettare…

Luigi: Sì.

Pinuccia A.: Ma quando cerco delle ragioni per giustificare il mio preconcetto, so benissimo, dentro di me, di stare barando.

Luigi: Sì, tu stessa ti dai torto marcio ma non molli; tolto Dio c’è dentro di noi una forza che ci impedisce di accogliere la Verità…è proprio un legàme enorme che, come dico, tolta la verità ci porta a sbagliare/falsificare tutto.

Osvaldo: Bariamo sapendo di barare.

Luigi: Perché vogliono far fuori Gesù? Perché dà fastidio,

Il problema  è sempre quello: cercare di eliminare ciò che dà fastidio,

Solo se si è con Dio la questione diviene quella di cercare di capire, e non più di cercare di modificare.

E siccome solo il comprendere è vita, solo con Dio c’è vita...noi non ce ne rendiamo conto, ma proprio togliendo ciò che ci è contrario, ci suicidiamo.

Osvaldo: Ma come fanno a mandare a morte Gesù sapendo di essere in torto?

Luigi: È un po’ come quando, in tempo di guerra, si fucilano i disertori.

Ci si giustifica con l’autorità: “io sono il sommo sacerdote, chiuso!”.

Con Dio, invece, l’autorità è al servizio, è “un servizio”.

Tolto Dio, l’autorità diviene imposizione.


Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Gv 18 Vs 20


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2/ Ottobre /1993


1° Tema: Gesù gli rispose: “Io ho parlato apertamente al mondo”

Nino: “Mondo" è dove regna l'uomo; o meglio, dove l'uomo "crede" di regnare.

Luigi: In un altro punto Gesù dice: “A voi che siete dentro tutto è detto apertamente” (Mc 4,11); ecco, dove sta questo “parlare aperto al mondo”?

“Come”  Lui ha parlato apertamente al mondo? Se c’è un parlare “aperto” implica che ci possa essere un parlare “velato”…

Domenico: Qui dice che ha parlato apertamente al mondo, quindi non opera più alcuna distinzione tra chi è dentro e chi, essendo fuori, riceve il Suo parlare in parabole.

Luigi: Sì; andiamo dunque alla ricerca di cosa sia questo “parlare aperto”.

Domenico: È quando rivela la Sua intenzione.

Luigi: Proprio così: uno parla apertamente quando ti rivela la sua intenzione; quand’è, allora, che uno parla “velato”? quando  mantiene nascosta la propria intenzione.

Giovanna: C'è un parlare ambiguo.

Luigi: Certo; io posso volere una cosa, però non te lo dico, ci giro     intorno; notare bene questo: l'intenzione è propria della persona; anche la Persona Divina ha dunque una Sua intenzione.

Giovanna: Però anche Gesù, abbiamo visto, ha un parlare ambiguo, rispetto a Lazzaro morto/Lazzaro dorme…

Luigi: Le parabole sono tutte un parlare ambiguo, però  Lui ha avuto, verso il mondo, un parlare aperto, nel senso che ha detto apertamente ciò che vuole, quello che vuole che l’uomo ponga prima di tutto.

Le parabole riguardo al Regno di Dio sono invece un parlare schermato.

Franco: Quando il Vangelo dice: “disse allora apertamente: Lazzaro è morto”, ci dice che passa dal parlare velato a quello aperto…lì non si può più non capire.

Luigi: Lì siamo ancòra comunque sempre in un parlare velato; per Gesù la morte è un parlare velato.

Franco: Tutta la pubblicità usa un parlare velato.

Luigi: Certo: vogliono i tuoi soldi, ma dicono che vogliono farti un piacere.

Silvana: Tutti possono capire che Gesù ci dice di mettere Dio prima di tutto.

Luigi: Sì, possono capire che questa è la Sua intenzione; abbiamo visto in questi giorni che il Regno di Cristo è il Regno della Sua intenzione (“la settima tromba dell’apocalisse per Marta”, 26 settembre).

Pinuccia A.: Però noi non diamo spazio a questa intenzione…

Luigi: Questa è un’altra faccenda, la risposta nostra è un altro discorso…se uno mi dice: “và a lavorare nella mia vigna”, si tratta di un parlare aperto; ora, che poi dopo io ci vada o meno, è un’altra cosa, capisci?

Però, ecco, ciò che EGLI vuole lo ha affermato apertamente al mondo, a tutti.

Osvaldo: Marco scrive che Gesù proponeva agli Apostoli la Parola secondo quanto essi erano in grado di capire (Mc 4,33).

Luigi: E a seconda della nostra risposta,  Lui ci fa conoscere il Padre,

Pinuccia: Gesù non ha mai parlato a doppio senso.

Luigi: In realtà ha sempre parlato a doppio senso!

È soltanto nella comunicazione della Sua intenzione che  Lui ha parlato apertamente.

Pinuccia: In ciò è sempre stato chiarissimo: “cercate prima di tutto il Regno di Dio”.

Luigi: Sì, questa è la Sua intenzione…perché l’uomo non vede il Regno di Dio, pur essendovi immerso, e dunque necessita che Dio gli dica di cercarLo, di impegnarsi in Esso, “perché c’è!”.

È questa la Sua intenzione, il Suo invito a pranzo.

2° Tema“…ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio”.

Nino: “Sinagoga” è il luogo dove regna la Legge, mentre “Tempio” è il luogo dell’anima.

Luigi: La sinagoga era il luogo in cui si meditava la Scrittura.

Nino: Ma prima di Gesù vi si privilegiava la Legge.

Luigi: Cristo entra in questo mondo della legge e della Scrittura.

Franca: Questo Suo insegnare riguarda chi ha interesse.

Luigi: SI tratta di luoghi privilegiati. Cosa vuol dire insegnare?

Franca: Aiutare a vedere tutto dal principio.

Luigi: Sì: insegnare a vedere.

Delfina: Il tempio è la casa del Padre però Gesù insegnava anche fuori di esso.

Luigi: Certo.

Domenico: Non capisco la differenza tra tempio e sinagoga.

Luigi:  Il tempio era uno solo, ed era in Gerusalemme, mentre le sinagoghe erano in ogni città.

Giovanna: Dopo aver detto che  Lui ha sempre comunicato apertamente la propria intenzione, dice che ha sempre insegnato…perché?

Luigi: Una cosa è comunicare l’intenzione, altra l’insegnare, cioè il condurre a vedere/constatare;  Lui insegna a coloro che rispondono alla Sua intenzione, a coloro che rivelano interesse.

Chi ha interesse viene a trovarsi nelle sinagoghe e nel tempio, e lì, allora,  Lui continua il Suo discorso.

Il Regno di Cristo è proprio il Regno dell’intenzione del Padre,

Franco: Perché dice “sempre”?...Cristo non è nel “sempre”: “non sempre avrete Me”.

Luigi: Ci rivela che il Figlio di Dio insegna sempre.

Franco: Non solo in quel momento storico.

Luigi: Logico; là dove c’è una “sinagoga” (“sin” vuol dire “insieme”), dove ci si unisce per imparare,  Lui c’è sempre.

Franco: “Dove due o tre sono riuniti nel Mio Nome”…

Luigi: Ecco, lì  Lui risponde alla fame.

Silvana: Manifestano la Sua intenzione ci rende possibile conoscerLo: è perché così ci fa capire che è possibile conoscerLo?

Luigi: Se  Lui non parla non abbiamo la possibilità: è il dono della Parola; si tratta di capire, allora, in cosa consista questa possibilità

Silvana: Può seguire la Sua intenzione solo chi ha messo Dio prima di tutto.

Luigi: Ma anche questa giustizia essenziale non la si può fare se non per dono/grazia di Dio…se, cioè, Dio non parla.

L’uomo è un essere dominato da ciò che ha presente…se dunque Dio non ti fa giungere la Sua Parola, tu non puoi che vivere per ciò che vedi e tocchi; è inevitabile…perché per te la realtà è questa e dunque essa ti condiziona, ti determina.

La nostra volontà non è per niente libera…essa non è altro che desiderio di ciò che si presenta; è determinata da-, dunque non puoi volere altro.

Silvana: Quindi la Parola entra in questo campo.

ti fa vedere un’altra Realtà

Luigi: Sì; evidentemente tu devi avere, dentro di te, la Presenza di Dio; se parli di Dio ad un cane, esso non riceve nulla…evidentemente la Parola ti collega ad una Presenza che abita in te; siccome però tu non ne sei consapevole, la Parola ti fa da ponte con ciò che vedi e tocchi; ecco, collegandoti alla Presenza di cui sei portatrice, ti fa acquisire una nuova possibilità.

Evidentemente la Grazia è di Dio: con la Sua Parola Egli ti convoca.

Pinuccia A.: “Nelle sinagoghe e nel tempio”, cioè “nel vostro mondo interiore.

Luigi: Certo.

Osvaldo: La rivelazione che il Figlio di Dio parla sempre avviene solo quando si fa esperienza di morte?

Luigi: Sì, perché in punto di morte si forma in te un grande bisogno di trovare la vita, ragion per cui lì la rivelazione dell’intenzione si rivela lì molto efficace.

Fintanto, invece, che tu trovi vita in altro, la comunicazione di Dio è relativa.

Ma quando sei davanti al fallimento/annullamento di tutto, sei pronto alla (vera) scoperta del vero valore.

Pinuccia: Poiché sinagoghe e tempio sono i luoghi dove Dio è messo al centro, solo chi ha questo interesse può ricevere questo insegnamento.

Luigi:  Lui insegna “dentro”.

3° Tema Dove si radunano tutti i Giudei.

Delfina:  È la necessità di trovarsi tutti con un’unica intenzione.

Luigi: Con quel determinato interesse prima di tutto.

Giovanna: Dio parla sempre, ma si è anche detto che “se Dio non parla non abbiamo la possibilità di”…

Luigi: Tutta la creazione è una parola, però non è un’intenzione; nelle cose tu non vedi l’intenzione di Dio, bensì vedi ciò che esse suscitano in te, i desideri che suscitano in te.

Giovanna: Siamo fatti così.

Luigi: La tua volontà non è altro che forza di attrazione di ciò che hai presente.

Giovanna: Ma perché non sempre si aderisce alle Parole del Cristo che ci parlano del Padre?

Luigi: Perché Dio non lo vedi presente così come, invece, vedi presente un Suo segno…ecco, Dio ti presenta la Sua Realtà, ma essa è interiore, mentre fuori, per te, c’è sempre un qualcosa di “concreto”.

C’è cioè l’invito di Dio, ma c’è anche sempre la nostra possibilità di rispondere: “ho i buoi, i campi”, ecc.

All’invito di Dio tu puoi opporre la realtà materiale; si tratta di superare quest’ultima, e questo costa: è il prezzo da pagare; se lo paghi, scatta il valore, il prima di tutto.

Franco: Oggi è la festa degli Angeli Custodi; gli Angeli dei bambini, che vedono sempre il Volto del Padre, non necessitano della Parola che renda loro presente il Padre.

Luigi: Anch’essi necessitano della Parola, tant’è vero che chiedono questa Parola all’adulto, cioè interrogano.

Franco: Avere presente il Volto del Padre non è dunque sufficiente?

Luigi: No; certamente i pensieri del bambino vedono molto di più la Realtà/Padre che non la realtà esterna, ma sono comunque davanti ad un divario che non possono colmare, e allora essi domandano: “Perché?”.

Il più delle volte ricevono risposta di uomo, anziché Parola di Dio, e allora subiscono lo scandalo; il bambino è fatto per salvare l’adulto, ma spesso dall’adulto viene tradito.

Franco: Gli angeli dell’adulto il volto del Padre non Lo vedono?

Luigi: No.

Franco: Però l’Angelo, di per sé…

Luigi: “Angelo” è l’annuncio, è ciò che “parte da-“; ora, mentre ciò che parte dal bambino vede il Volto del Padre, quanto parte dall’adulto non Lo vede.

Franco: Ciò che parte da- è l’Angelo?!

Luigi: Esattamente: il messaggio che parte.

Ci sono messaggi che partono da Dio, ed altri che partono dall’uomo.

Franco: L’adulto può essere inondato di annunci di Angeli di Dio, ma non accorgersene minimamente.

Luigi: Perché l’adulto àltera.

Pinuccia A.: Se l’angelo è un annuncio che parte da me che senso ha pregare l’angelo custode?!

Luigi: L’Angelo di Dio è una cosa, il tuo Angelo altra cosa.

Pinuccia A.: Eh?

Luigi: Gli Angeli dei bambini contemplano il Volto del Padre; e questi “angeli dei bambini” si concretizzano in desiderio di-; ora, il desiderio del bambino procede dal Volto del Padre, non così il desiderio dell’adulto.

Pinuccia A.: Ma esiste o no questo angelo custode?

Luigi: Ma tutto esiste, tutto realtà, tutto è persona!

Angelo di Dio è l’angelo che ci annuncia Dio.

Pinuccia A.: Se il bambino che interroga riceve parola di uomo…è colpa di Dio! È Dio che deve far arrivare le Sue Parole, poiché il bambino è innocente.

Luigi: Il bambino riceve parole di uomo in quanto si rivolge all’adulto (e non può fare diversamente).

È da tenere ben presente che i bambini sono per salvare gli adulti; Dio pone davanti all’adulto una situazione innocente, di puro rapporto con Sé: lo fa per salvare l’adulto, per provocarlo ad un rapporto puro con Lui.

Se l’adulto non ascolta la sollecitazione divina, scandalizza il bambino, perché lo devia su cause seconde…Dio ha operato, l’uomo non ha accolto; e il bambino che subisce scandalo è ancora (anch’esso) segno di Dio per l’adulto, specchio del suo male, del suo errore.

Nel bambino si spegne il sogno dell’assoluto, e l’adulto ha una lezione anche da questo fatto.

Pinuccia A.: Non c’è via d’uscita!

Luigi: Un momento: Dio è in tutto ed opera in tutto; se fa toccare con mano all’adulto la rovina che crea, lo fa ancora per salvarlo.

Pinuccia: “Dove si radunano i Giudei”; cioè dove si raccolgono i nostri pensieri.

Luigi: Certo: i nostri pensieri sono fatti per Dio, e a un certo momento si trovano tutti lì.

4° Tema: E non ho detto nulla in segreto.

Luigi: Gesù ci propone una contraddizione, perché altrove ha affermato esplicitamente di non dire tutto, che c’è una parte segreta riservata solo a chi ha interesse (“A voi che siete dentro…” LC 8,10).

Nino: Non ha detto nulla in segreto perché  Lui comunica tutto al pensiero di Dio in noi; noi però possiamo soffocare tutto questo…

Luigi: Teniamo ben presente questo: nel Suo Pensiero “non c’è nulla di nascosto che non debba essere rivelato”.

Domenico: Il Suo parlare è segreto o meno in relazione a chi ascolta; finchè si guarda a-, il Suo è un parlare “segreto”; se si guarda da-, il Suo è un parlare aperto.

Luigi: Certo.

Giovanna:  Lui ha comunicato a tutti la propria intenzione.

Luigi: E già!

Franco: Tutto quello che Gesù ha detto è completo nella Sua essenza.

Luigi: Sì, tutto è rivelato nella Sua intenzione, ma tu devi aderire ad essa.

Franco: “Vi ho fatto conoscere tutto”, dice Gesù.

Luigi: Sì, ma questo è vero solamente nel Suo Pensiero; fuori da esso, non capisci nulla.

Nel Pensiero di Dio si ha tutto, ma non è detto che si sia, in questo Pensiero.

Osvaldo: Si può anche leggere il Vangelo nel pensiero dell’io, fraintendendo tutto.

Luigi: Certamente.

Pinuccia: La sua intenzione  l’ha detta apertamente: ha detto che nel Suo Pensiero c’è tutto, ma per noi è segreto; dunque Gesù ci dice di chiuderci nel segreto della stanza in modo da riunire i nostri pensieri nel Pensiero di Dio

Luigi: Sì.

Pinuccia: Conclusione: non c’è nulla di segreto, però tutto è segreto!

Il parlare aperto del Figlio di Dio lo comprendiamo soltanto nel segreto della nostra stanza.