Incontri del Sabato ciclo A - B – C

condotti da Luigi Bracco

Gv 17,1-I: «Così parlò Gesù, poi alzando gli occhi al cielo disse: “Padre, l’ora è venuta, glorifica il tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi Te”»

ciclo A (31.10.1981):


"Così parlò Gesù…"

Luigi: Va detto che questa preghiera Gesù la fa per tutti noi, e chiede per noi la sua glorificazione.

Tutto quello che il Signore fa, che Gesù fa, lo fa per ognuno di noi. L'incarnazione è in funzione della creatura, non la fa per Sé. Lui non si è incarnato per Sé. Infatti Lui si definisce Figlio dell'uomo; questo vuol dire che tutto ciò che fa e tutto ciò che dice lo fa e lo dice per noi, lo dobbiamo vedere in funzione nostra. 

Gesù parla e opera per portare noi nella situazione di figli, cioè per farci capire come si vive da figli di Dio. Siccome noi abbiamo perso  la cognizione di come si vive da figli di Dio, e siamo diventati figli del mondo, ecco che solo il Figlio di Dio può insegnare a noi come si vive da figli di Dio. La caratteristica del Figlio è questa: in tutto dipende dal Padre! Tutto riceve dal Padre, tutto attribuisce al Padre, tutto riporta al Padre. Là dove c'è l'autonomia non abbiamo più la figliolanza. Quando noi pensiamo da soli evidentemente non siamo figli di Dio. Quindi quando noi pensiamo in funzione di "questo mi piace, questo non mi piace" e ci lasciamo guidare dai nostri sentimenti, dalle nostre impressioni, oppure da quello che dicono gli altri, evidentemente qui non siamo figli di Dio. Anzi siamo figli del mondo, siamo figli delle creature, magari diventiamo figli di noi stessi, ma certamente non siamo figli di Dio.

Il Figlio di Dio si caratterizza da ciò che dice Gesù: "Il Figlio da solo non può fare nulla se non lo vede fare dal Padre", quindi tutto riceve dal Padre, anche la sua stessa gloria; per questo qui dice: "...glorifica il tuo Figlio"; da solo il Figlio non si glorifica.

Il Figlio esiste e vive nella misura in cui è sottomesso al Padre, perché nasce dal Padre; ma non è una nascita come avviene nel mondo: ad un certo momento nasciamo e poi viviamo, no!

La nascita del Figlio è una nascita continua, è una nascita eterna. E' come l'amore: l'amore è una cosa eterna, perché amare vuol dire mettere qualcuno al di sopra di tutto; ma è un “al di sopra di tutto” che va continuamente messo. Non possiamo dire "ho scelto questo amore e l'ho messo al di sopra di tutto e adesso penso ad altro", così facendo perdiamo l'amore. L'amore è amore in quanto è un atto continuo di scelta, è una scelta continua di qualche cosa prima di tutto, a cui tutto va riferito. Ora, la caratteristica del Figlio è proprio questa: il Figlio di Dio è un essere consapevole di essere Figlio di Dio; è una paternità continua, ed è una nascita continua, eterna; è una paternità, consapevole, quindi continua. Non è una scelta fatta una volta ogni tanto.

Quindi Gesù, Figlio di Dio, non aveva bisogno di incarnarsi per sé; anzi l'incarnazione è l'annullamento di Dio per noi, perché l'Infinito che viene a presentarsi in forma finita si annulla. L'Infinito non ha niente a che fare col finito, tanto è vero che se prendiamo una quantità finita, per quanto la moltiplichiamo, la estendiamo, non avremo mai l'Infinito. L'Infinito è un salto di qualità. E altrettanto non possiamo fare scendere l'Infinito nel finito. Portare l'Infinito nel finito vuol dire annullare l'Infinito; infatti Dio, che è infinito, se si manifesta in forma finita si annulla. Ora, questo annullamento però è soltanto per salvare la creatura. Siccome la creatura è chiusa in una prigione può essere salvata soltanto da uno che entra in prigione. Se noi siamo schiavi del mondo finito, possiamo essere salvati soltanto da uno che entra nel mondo finito. Quindi la funzione del Figlio di Dio è quella di entrare nella nostra prigione (mondo finito) e insegnare a noi come si vive da Figli di Dio, cioè come si vive fuori da questo mondo finito; Egli viene per insegnarci a vivere nel mondo infinito, per insegnarci a vivere nello Spirito di Dio, a far conto solo su Dio, a dipendere in tutto da Dio, per imparare a convivere con Dio. Noi siamo chiamati a convivere con Dio; la Vita Eterna è convivenza con la Verità di Dio, e Dio è Padre, quindi è convivenza con il Padre.

YYYY:: Questa glorificazione è legata a ogni momento?

Luigi: Questa glorificazione prima è Lui stesso; Egli riferendosi al  Padre insegna a noi a cercare la gloria del Figlio. E cos'è la gloria? E' ciò che uno è in Dio.

Pinuccia B.: La glorificazione non è cercare di conoscerlo?

Luigi: Sì, e questa conoscenza del Figlio viene solo dal Padre, perché solo il Padre conosce il Figlio. "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelare". Allora, Egli dice: "finora non avete mai pregato in nome mio... ancora non mi conoscete..."; fintanto che i discepoli (e nei discepoli ci siamo tutti noi, perché quello che è avvenuto è quello che avviene in ognuno di noi) sono soltanto con l'umanità di Cristo, fintanto che camminano con Cristo, non conoscono il  Cristo. Lo conoscono come uno che parla a loro di una cosa che gli interessa. E così noi: magari siamo attratti da Dio, siamo attratti dal Padre, abbiamo capito che occuparci di Dio è l'anima di tutto. Ma capito questo non abbiamo ancora risolto niente, non siamo ancora entrati, anzi abbiamo bisogno di uno che ci aiuti a realizzare il sogno, perché altrimenti Dio resta soltanto un bel sogno "come sarebbe bello se..."; perché ci troviamo in un mondo diverso che ci impegna con i doveri, il lavoro, il mangiare, ecc., ed è tutto questo che ci porta via Dio.

Però se si riconosce che sarebbe bello vivere in tutto secondo Dio, perché è la Verità, qui abbiamo la creatura che è attratta da Dio. Però, anche se è attratta da Dio non sa come fare né per conoscere Dio, né per realizzare l'unione con Dio, né per imparare a vivere secondo Dio. E qui abbiamo la creatura che piange, la creatura che invoca l'aiuto di Dio "Signore aiutami a trovare la strada per giungere a Te". Ecco, il Cristo è la risposta del Cielo a questa invocazione dell'anima.

Ma se l'anima non invoca, anche se incontra il Cristo sulla sua strada, non lo riconosce, o perlomeno lo considera male, anche se si accompagna con Lui; in tal caso però si accompagna con Lui per un amore diverso da Dio, quindi certamente si accompagna male. Noi possiamo amare in un modo sbagliato, noi possiamo amare un essere per ciò che ha o per ciò che è; fintanto che noi amiamo per ciò che un essere ha siamo esposti al tradimento, amiamo male, perché amiamo nel pensiero dell'io. Ora, ciò che uno è, è soltanto in Dio. Quindi soltanto se la nostra anima è attratta da Dio al di sopra di tutto, ha la possibilità di amare le creature, gli esseri per ciò che sono; in caso diverso necessariamente  li ama per ciò che hanno. Quindi li sfrutta, li strumentalizza per ciò che hanno e fintanto che hanno; perché il giorno in cui, se le ama per i soldi, non ci saranno più soldi, non li amerà più.

Se amo una creatura perché fa un certo lavoro, il giorno che non lo fa più io non la posso più amare. Quindi non amo la creatura in sé, ma la amo in quanto serve a me. Il mondo questo lo chiama amore, ma è tradimento.

Soltanto con Dio si può amare una persona per ciò che è; perché le creature di per sé non sono, esse sono per il rapporto che hanno con Dio, solo per questo rapporto. Quindi soltanto conoscendo Dio, cercando Dio, amando Dio, si riesce veramente ad amare tutte le creature per ciò che sono in Dio. Quando noi non abbiamo Dio come centro, come amore principale della nostra vita, necessariamente, non possiamo farne a meno, consideriamo le creature per ciò che hanno; che può essere il vestito, la ricchezza, la bellezza, per il lavoro, e non le consideriamo per quello che sono. E ad un certo momento non possiamo fare a meno di tradire. Allora, per arrivare a incontrare bene il Cristo dobbiamo essere attratti dal Padre. "Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre"; essere attratti vuol dire avere interesse per-, soltanto se quello che ci conduce al Cristo, che ci fa incontrare Cristo è l'interesse per Dio (e questo è un problema di giustizia - dare a Dio quello che è di Dio), incontriamo Cristo nel modo giusto.

YYYY:: Ma si può incontrare Cristo senza avere interesse per Dio?

Luigi: Ma certamente; la maggior parte di noi incontra il Cristo senza avere interesse per Dio; magari lo incontriamo perché apparteniamo a una certa istituzione, a una certa società, perché le nostre famiglie ci hanno condotte qui..., perché "altrimenti gli altri chissà che cosa dicono".

YYYY:: Ma questo non è un incontro vero.

Luigi: Appunto, la maggior parte incontra Cristo, ma non veramente. Io sono convinto che la maggior parte dei cristiani conoscesse Gesù Cristo, scapperebbe lontano mille miglia. Molti amano Cristo perché non lo conoscono.

YYYY:: E' un incontro da parte sua.

Luigi: Lui ci incontra, ma noi non incontriamo Lui; e in questa situazione ad un certo momento bisogna scappare, perché non possiamo sostenere le sue esigenze.

Pinuccia B.: Perché le sue esigenze contrastano con i nostri interessi...

Luigi: Infatti, il più delle volte senti dire: "ma bisogna considerare le sue parole con un certo buon senso...", e praticamente si tradisce mettendo il nostro buon senso, che è una regola umana, una regola del mondo. Cristo non è venuto a insegnarci il buon senso.

Quindi siccome tutto quello che Cristo dice, compresa questa preghiera, lo dice e lo fa per noi, per educare, per insegnare a noi, il vero rapporto con il Padre, a vivere con il Padre, a diventare figli di Dio, perché Lui è venuto per questo. Nel primo capitolo di s. Giovanni troviamo scritto "è venuto a dare, a coloro che credono in Lui, la possibilità di diventare Figli di Dio". Lui che è Figlio di Dio, e solo il Figlio di Dio, può dare agli uomini la possibilità di diventare figli di Dio. Quindi ecco che la sua Gloria, cioè ciò che Egli è, la invoca dal Padre, non perché Lui non la riceve dal Padre, ma per insegnare a noi che dobbiamo cercare nel Padre ciò che il Figlio è. Cioè qui, facendo questa preghiera, consegna, affida tutti coloro che sono stati con Lui al Padre; "finora ero Io con loro, adesso li affido a Te".

Ma cosa vuol dire "li affido a te"? forse non sono tutti figli di Dio?

Lo dice per noi, affinché noi sappiamo che siamo affidati al Padre, e quindi da questo punto in poi noi dobbiamo guardare al Padre, perché è dal Padre che riceviamo la conoscenza del Figlio. C'è una conoscenza del Padre e c'è una conoscenza del Figlio. Quindi dice "Padre glorifica il tuo Figlio" per noi affinché abbiamo a capire che la glorificazione, cioè la conoscenza di quello che il Figlio è, quindi l'incontro di cui parla Gesù "ancora un poco e non mi rivedrete più un altro poco e ci rivedremo", viene dal Padre. Ecco, questa glorificazione è questo "ci rivedremo", ma ci rivedremo nel Padre, cioè mi troverete per quello che veramente sono. E' la Pentecoste, è la scoperta, l'incontro del Padre e del Figlio in noi, la Presenza Spirituale in noi. Quindi Lui qui fa il passaggio dalla presenza fisica alla presenza spirituale. Ora, la presenza fisica non può durare, perché non è una presenza consapevole e conosciuta, mentre la presenza spirituale resta eterna, resta sempre. Infatti Gesù dice "non sempre avrete Me" presenza fisica,  "Verrà il Consolatore che resterà sempre con voi", presenza Spirituale. Quindi abbiamo questo passaggio dalla presenza fisica alla presenza spirituale. La presenza fisica non è per sempre, perché la presenza fisica muta è un segno e i segni finiscono, la Presenza spirituale invece è Vita Eterna. Si capisce che in mezzo c'è la Croce, ma questa gloria di cui Lui parla è proprio la rivelazione della sua presenza spirituale, di ciò che Egli è. La gloria di uno è ciò che uno è in Verità; ma ciò che uno è in Verità è soltanto in Dio. Ecco perché qui Gesù invoca dal Padre, Dio, la rivelazione di ciò che Egli è affinché i suoi discepoli lo possano trovare la sua Presenza Spirituale.

Pinuccia B.: In realtà lo scopo sarebbe la conoscenza del Padre, però dato che noi conosciamo Lui come presenza fisica, per farci conoscere il Padre, Lui se ne deve andare.

Luigi: E' attraverso Gesù che arriviamo al Padre, "Nessuno può arrivare al Padre se non per mezzo di Me",  poi dal Padre conosciamo Lui; perché Cristo ci conduce al Padre senza che noi sappiamo chi Egli sia. Noi siamo uniti al Cristo in quanto Egli risponde al nostro interesse; c'è una fame, io non so cosa sia il pane, però avendo fame incontrando il pane lo mangio, ma di per sé non sappiamo cosa sia. Il Cristo noi non sappiamo chi sia, lo sapremo poi; intanto sappiamo che siamo ciechi, non sappiamo dove andare, abbiamo soltanto il bisogno di arrivare in una casa; ecco, in Gesù, c'è uno che mi dice: "guarda, io la strada la so, vieni con me, ti conduco alla casa dove tu vuoi arrivare; e c'è soltanto quella soluzione". Ora, siccome Lui mi parla proprio di quello che risponde al mio interesse, è questo mio interesse che mi da la possibilità di seguirlo, e seguendolo, arrivando a casa scopro chi Lui era già prima di arrivare. Ma prima non lo posso sapere. Quando saremo arrivati diremo "ah, tu sei...",

YYYY:: Ma se io non riesco a vedere la presenza spirituale del Cristo, perdo anche la presenza fisica?

Luigi: Certo, infatti noi perdiamo tutto.

YYYY:: E non riusciamo più a recuperare.

Luigi: No, perché non serve più.

Pinuccia B.: Quando è passato, è passato.

Luigi: Resta la fotografia, resta il ricordo, ma Lui è passato. Una persona quando è passata, cosa succede? Non la troviamo più, possiamo guardare la fotografia, ma più la guardiamo e più quella diventa lontana. Noi con tutto il nostro darci da fare non riusciamo a fare una presenza. Tu puoi aspettare 50 anni che suoni il telefono, se un altro dall'altra parte non chiama il telefono non suona; perché la realtà è opera di Dio, la creazione è di Dio. Quindi noi con tutto il nostro desiderio, con tutta la nostra fame, con tutto il nostro bisogno non riusciamo a creare un pezzo di pane. La realtà è opera di Dio. Quindi tutto viene a noi da Dio. Ora, naturalmente il Cristo viene a noi, ed è opera di Dio, si incontra con noi e risponde alla fame (se c'è), poi seguendolo Lui ci conduce su un certo orizzonte. Su questo orizzonte l'anima nostra è preparata a guardare il Padre, perché avendo ascoltato tutto quello che Gesù le ha detto ha preparato, ha formato la capacità di elevarsi al Padre. E' dal Padre, che poi dopo, se noi restiamo in quello che Lui ci ha detto "ci rivedremo" (è la promessa di Dio), troveremo la presenza Spirituale del Padre e del Figlio, che è la Pentecoste, che è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è la coscienza della Presenza di Dio in noi.

Ora, indubbiamente se noi non approdiamo qui, non è che il Cristo ritorni tra noi; il Cristo cammina a senso unico, il Cristo non sta con noi, il Cristo è uno che viene con noi, ma cammina e ritorna al Padre. Quindi Lui viene con noi per agganciarsi a noi; faccio sempre l'esempio del bambino che gioca a birille: un adulto per prendere contatto con il bambino che gioca a birille si mette anche lui a giocare a birille, però non vive per giocare a birille; se gioca a birille, gioca esclusivamente per stabilire un contatto con il bambino e poi educare il bambino a diventare adulto e ad un certo momento a lasciare le birille.

Ecco, la funzione del Cristo è questa: Lui viene tra noi per unirsi a noi, in modo da stabilire un contatto e parlare a noi i suoi argomenti. Cristo non viene a parlare i nostri argomenti, Lui non viene a condividere le nostre passioni, i nostri interessi, i nostri problemi. No! Lui, anzi, dice: "accantona tutto, perché c'è altro che t'aspetta; quindi non preoccuparti del mangiare, del vestire, della tua carriera, dei tuoi problemi di giustizia...; accantona tutto, perché io ti presento un'altro mondo. Il Regno di Dio si avvicina, fai penitenza"; questo è il linguaggio del Cristo. Ora, venendo tra noi Lui comincia a camminare verso dove ci vuole condurre; se noi lo seguiamo Lui ci conduce. Ma se noi non lo seguiamo Lui si distanzia e noi lo ritroviamo sempre più lontano, avvertiamo sempre più questa lontananza, e per quanti sforzi facciamo la parola è passata, soprattutto la presenza, c'è il ricordo, ma il ricordo non è efficace. Perché il peccato, che è distanza, non può da noi essere eliminato, pesa su di noi "chi fa il peccato resta schiavo di esso". Il peccato è distanza, cioè è il non tener conto di Dio. Ora, come noi trascuriamo Dio subito si crea la distanza e noi la distanza non possiamo cancellarla, non possiamo eliminarla.

Pinuccia B.: Quand'è che avviene, nella nostra vita personale, questa separazione dalla presenza fisica di Cristo per essere affidati al Padre? Lo constata l'anima?

Luigi: Certamente. E’ il Cristo che parlando tra noi ci impegna su certe cose; in quest’ora la presenza fisica del Cristo non risponde più alle nostre esigenze. C'è bisogno di altro.

Ora, è Lui che parlando fa maturare in noi questo altro. Per cui, magari prima interrogavamo le creature e tutte le creature ci soddisfavano, adesso non ci soddisfano più; per quante parole ci dicono non rispondono più al bisogno della nostra anima, perché oramai la nostra anima ha bisogno di incontrare Altro. Ad un certo momento abbiamo bisogno del Padre. Ora, cosa è successo nella nostra anima da mutare così le esigenze? perchè prima quello che dicevano il tale e il tal altro mi soddisfava e adesso non corrisponde più alle mie esigenze? E’ la parola di Dio che ha operato in noi una certa maturazione e ci ha fatto sentire esigenze superiori. Quindi è un'esigenza che Cristo, parlando a noi, forma in noi. Per cui abbiamo bisogno di una verità molto più vicina all'Assoluto, sempre più Assoluta. Non ci accontentiamo più di ascoltare certe cose. All'inizio può bastare ascoltare chi dice: "cerca di essere buono, fai qualche fioretto...", e noi siamo contenti così, poi poco per volta inizia a parlarci delle parabole, dei misteri di Dio, e noi diciamo “sì è vero, questo è vero...”, e intanto l'anima matura, matura fino a che sente questa esigenza in cui capisce che solo Dio, solo il Padre, può rispondere a questo bisogno. Per cui la presenza fisica di Gesù non dice più, non parla più. Ma le parole sono le parole del Figlio di Dio, presenza spirituale.

La presenza fisica è una cosa, la Persona è un'altra; nel Cristo la persona è una sola, la persona del Figlio di Dio; infatti Lui si presenta a noi come uomo, ma parla sempre come Figlio di Dio, le sue parole sono da Figlio di Dio, infatti "nessun uomo ha mai parlato come Lui"; quindi c'è una persona diversa, non abbiamo un uomo che parla. Noi interroghiamo gli uomini che parlano in un certo modo, interroghiamo Cristo ed Egli parla in un altro modo. Come mai c'è questa diversità? Anche Lui è un uomo, però c'è la Persona divina che parla con l'autorità di Dio. Ora, quando Dio parla, le parole che Lui dice hanno il sigillo della Verità, non possono essere smentite da noi. Noi le possiamo trascurare, possiamo bestemmiare, possiamo fare tutto quello che vogliamo, ma non possiamo smentire la Parola di Dio. La Parola di Dio è superiore a noi. Quando la parola di Dio mi dice "questo è bianco", resta bianco; io posso trascurarla, e più trascuro più mi confondo, più sono nelle tenebre, ma non posso smentire la Parola di Dio. Ora, il Figlio di Dio tra noi, il Cristo tra noi parla Parole di Dio, cioè parole che noi non possiamo smentire; le possiamo trascurare, ma se le trascuriamo il danno è nostro. Le possiamo ascoltare, custodire, meditare, e se noi aderiamo  quelle fanno maturare in noi l'anima.

Cosa vuol dire far maturare in noi l'anima? Far maturare in noi un esigenza di una Verità Assoluta, sempre più da vicino, sempre più in rapporto diretto; le parole di Gesù ci portano in un rapporto diretto col Padre. E' quel famoso esempio della sorgente: all'anima che è assetata il Cristo dice: "Io conosco la sorgente che può rispondere alla tua sete, vieni con Me", l'anima assetata va; ma ad un certo momento, giunta alla sorgente dice: "ecco, questa è la sorgente di cui ti parlavo, attingi, bevi", e Lui si mette da parte affinché la creatura possa, attingendo direttamente alla sorgente, bere tutto quello che vuole "perchè il Padre vi ama".

Pinuccia B.: E questo sarebbe il momento in cui Lui se ne va come presenza fisica. Quindi per una persona che non ha seguito il Cristo fino a quel punto, arriva il momento in cui Cristo se ne va prima che arrivi a quella maturazione?

Luigi: Certo, tutto se ne va, perchè tutti i segni finiscono.

Pinuccia B.: E l'anima lo può percepire questo?

Luigi: L'anima percepisce la fine del mondo.

Pinuccia B.: I segni non gli dicono più niente, neppure il Cristo.

Luigi: Tutti subiscono la tragedia, tutto finisce. Perchè il mondo, tutta la storia, tutta l'umanità essendo tutta opera di Dio, si conclude nel Cristo. Cristo è la pienezza dei tempi. E il Cristo, come incarnazione finisce, perchè fa il passaggio. Tu capisci che se uno anche se incontra il Cristo non lo segue subisce comunque la fine di tutte le cose, la fine dei segni. E dice: "prima vivevo per quella cosa, adesso quella cosa non mi dà più vita; prima vivevo per quella creatura e adesso non sento più niente", è la fine del mondo. Tutte le cose finiscono, tutte le cose in un primo tempo per noi sono motivo di vita, in un secondo tempo non ci dicono più niente.

Pinuccia B.: Non può essere un momento privilegiato quello in cui l'anima capisce che tutto passa?

Luigi: Non basta assistere alla negatività per scoprire la positività.

Punuccia B.: Deve invocare Dio.

Luigi: Certo.

Pinuccia B.: E Dio viene...

Luigi: Cristo, abbiamo Cristo.

Pinuccia B.: Ma se dici che se Cristo è già passato non c'è più niente da fare...

Luigi: Quando Cristo è passato non c'è più niente da fare.

Pinuccia B.: Ma se dici che la partenza fisica di Cristo coincide con il passare del segno un'anima che assiste a questo passare del segno, i segni non gli dicono più niente..., capisce e invoca Dio, ma Cristo è già passato.

Luigi: Un momento: se per quell'anima Cristo è passato non c'è più niente da fare. Il Cristo ha una funzione ben precisa, ed è quella di venire a rispondere al bisogno essenziale della nostra anima per condurla al Padre, ma in quanto l'anima sente il bisogno del Cristo. E come mai sente il bisogno del Cristo? Perchè è attratta da Dio. Ora, il problema dell'attrazione a Dio è un problema di giustizia; cioè, nessun anima sente questa attrazione (la subisce ma non ne è cosciente), è consapevole di questa attrazione se ha fatto il prima atto di giustizia, che è questo: "tu uomo non sei il Creatore, il Creatore è un altro". Dio si annuncia a noi attraverso tutte le cose, i segni, i dati che mette nella nostra vita, in noi stessi dandoci l'esistenza; e i dati sono questi: "tutto è fatto da un Altro". Quindi abbiamo questo elemento essenziale: il Creatore non sei tu, è un altro, cercaLo. Non mettere il tuo io al centro della creazione, non mettere il tuo io al centro della tua vita, perchè tu non sei Dio. Ognuno di noi questo lo sa, perchè l'impotenza nostra la scopriamo in ogni angolo. Tutto per noi è un muro che dice a noi "tu sei creatura, non sei il Creatore". Ora, se tu non sei il Creatore non metterti al centro dei tuoi pensieri, non metterti al centro dei pensieri degli altri. Questa è la giustizia sostanziale, essenziale, altrimenti non c'è nemmeno la fede. Dai a Dio quello che è di Dio, Dio è il Creatore, abbilo come tuo Creatore, Dio è il Principio di tutto, abbilo come tuo principio, quindi metti Lui al centro, riferisci tutto a Lui; quindi accetta tutto da Lui perchè tutto ti viene da Lui, tutto è opera di Dio, e tutto riferiscilo a Lui. Se c'è questa giustizia essenziale questa ci porta nell'attrazione. Non è che l'attrazione di per se ci salvi; l'attrazione è fame e quando uno ha fame non è che abbia già trovato il pane. Il pane è il Cristo. Cristo è il pane che risponde alla fame. Ma noi possiamo incontrare il pane prima di aver fame e lì c'è la tragedia, perchè possiamo incontrare il Cristo senza essere attratti da Dio e trasformiamo il Cristo in regola, in dovere "debbo fare questo perchè sono cattolico; debbo fare quell'altro perchè mi hanno insegnato così, debbo, debbo, debbo...", e trasformiamo la nostra vita in dovere e non ci accorgiamo che distruggiamo l'amore, perchè distruggiamo il rapporto personale con Dio.

Nino: C'è stato un tempo in cui mi avessero chiesto se mi ritenevo cristiano avrei detto di sì anche se ero un cavolo...; però da ragazzino succedeva che ero tenuto dietro a Cristo non per la regola, ma per la paura. Quando avevo paura di qualche cosa, allora mi ricordavo di Cristo. E ho visto che per molti era così.

Luigi: Dio ci raccoglie da tutte le nostre dispersioni e adopera anche questa paura per presentarsi a noi, però poco per volta fa maturare al problema essenziale. E fintanto però che noi non scopriamo questo rapporto tra noi e Dio, questa centralità di Dio, questo atto di giustizia che ognuno di noi deve fare "Dio è il Creatore, abbilo come tuo Creatore; Dio è il centro, abbilo come tuo centro: Dio è Padre, abbilo come tuo Padre", fintanto che noi non sentiamo questo bisogno essenziale dentro di noi, questo bisogno di togliere il pensiero del nostro io dal centro della nostra vita, e mettere Dio non siamo pronti per l'incontro con Cristo. Ho detto molte volte che questo spostamento avviene nel fatto che non ci lasciamo più guidare dai nostri sentimenti, dalle nostre impressioni, da quello che dicono gli altri; e fintanto che questo non avviene è segno che noi abbiamo il pensiero del nostro io al centro della nostra vita. Quindi abbiamo messo il nostro io sull'altare di Dio, ne abbiamo fatto un idolo. Ora, se noi spostiamo, abbattiamo questo idolo e mettiamo Dio al centro, tutte le cose arrivano a noi, ma non ci accontentiamo dell'impressione che lasciano in noi, dei sentimenti che lasciano in noi, della figura, ma cerchiamo sempre presso Dio: "ma Dio cosa mi dice, ma Dio cosa mi significa in questo, ma Dio cosa vuole"; se abbiamo sempre il Pensiero di Dio in alto vuol dire che abbiamo messo Dio al centro della nostra vita, non ci fermiamo più in periferia, all'impressione delle cose, ma cerchiamo di salire presso Dio. Allora qui, con l'atto di giustizia, matura in noi l'attrazione per il Padre, questa attrazione che ci condurrà al Cristo come pane che risponde ad una fame. Naturalmente nutrendoci di questo pane a poco per volta la nostra anima cresce, e cresce fino a quella dimensione tale da diventare capace di attingere alla sorgente.

Prima non era capace di attingere alla sorgente. Prima non c'era Cristo, poi Cristo è venuto, poi Cristo è sparito e allora siamo rimasti al punto di prima. No! C'è una grande diversità. E' come chi dice nasciamo per poi morire, che senso ha?

In realtà avviene qualcosa di meraviglioso nella nostra vita; avviene una partecipazione, cioè in noi matura una certa consapevolezza, una capacità, una possibilità di scoprire Dio, di conoscere Dio, di unirci a Dio, di diventare figli di Dio. Ecco, attraverso il Cristo matura in noi questo. E' vero che può anche non maturare, è logico, possiamo anche mandarlo a morte, possiamo farlo fuori perchè ci interessa il mondo e non Dio, però ne subiamo il danno.

Marco: Non capisco una cosa: se due anni fa, prima di sapere che poteva esistere una fame di Dio, seguivo soltanto le sue regole e le sue leggi (e più o meno magari riuscivo a seguirlo anche se mi sentivo lacerato), adesso che so che in noi deve esistere questa fame di Dio, però non ho questa fame di Dio, non posso inventarmela...

Luigi: Certo, è logico, la fame viene da Dio.

Marco: Posso aspettare che mi faccia il dono di questa fame, al limite...

Luigi: Questa fame viene a noi da un atto di giustizia; la fame è una conseguenza dell'aver messo Dio al suo posto. Quando noi abbiamo messo Dio al suo posto nella nostra vita ne deriva in noi la fame di Dio. Noi non possiamo avere la fame prima; la fame viene dopo che abbiamo fatto questo atto di giustizia. Il che vuol dire che se io non ho fame è perchè sono ancora dominato dal pensiero di me stesso.

Franca: Il fatto che Marco sia qui non è già una fame?

Luigi: Lui può venire per diversi motivi; noi questo non possiamo giudicarlo. Lo sa soltanto lui il motivo per cui viene. Comunque son convinto che se vieni qui è perchè c'è un certo interesse.

Pinuccia B.: L'impegno nostro è fare questa giustizia.

Luigi: Ecco, la base fondamentale è questa giustizia che va fatta in continuazione; non dobbiamo mai fermarci al nostro io, ma cercare presso Dio, non basta che noi ci fidiamo di quello che abbiamo esperimentato, non basta quello che abbiamo capito, non basta quello che abbiamo conosciuto, non basta che ci lasciamo guidare dai nostri sentimenti; il più delle volte noi ci lasciamo guidare da ciò che ci piace o non ci piace, o da ciò che ci fa guadagnare o perdere, però questo ha al centro il pensiero del nostro io. Quindi qui non siamo nella giustizia. La giustizia si fa  sempre quando uno cerca presso Dio; certamente sente la cosa, che può piacere o può far guadagnare, però non si lascia guidare da quella cosa, ma cerca presso Dio, l'intenzione di Dio, la volontà di Dio, di vedere le cose secondo Dio sapendo che ogni cosa arriva a te con un intenzione di Dio. E tu non la devi rivestire con la tua intenzione. Capisci che noi tutti giorni vestiamo tutte le notizie che arrivano a noi, tutte le proposte che arrivano a noi, le vestiamo con le nostre intenzioni?! E giudichiamo tutte le cose in funzione della nostra intenzione.

Tiziana: Chi è presso Dio non viene annullato?!

Luigi: No, non viene annullato; l'uomo è una creatura di Dio; l'uomo non è un essere sbagliato. Tutta la creazione, tutto l'universo, è tutto buono, però è segno e non va considerato come sostanza. E' segno di cui bisogna cercare il significato e il significato va sempre visto secondo l'intenzione di Colui che fa il segno. Non dobbiamo rivestire il segno della nostra intenzione. Se io ti vedo per strada e dico: "Tiziana sta andando a-". senza sapere; la rivesto della mia intenzione; poi magari parlando scopro che invece stai andando tutta da un'altra parte. Cosa è successo? Non sono stato attento ad accogliere l'evento come segno di Dio; ho interpretato il suo camminare secondo la mia intenzione, cioè ho vestito un segno della mia intenzione. Ed è quello che noi facciamo con le opere di Dio tutti i giorni. Tutto è opera di Dio, quindi tutto è segno di Dio. Noi non dobbiamo rivestirlo della nostra intenzione, ma sapendo che tutto è opera di Dio dobbiamo sempre cercare l'intenzione di Dio. Che cosa Dio mi vuol significare attraverso questo? Quale lezione mi vuol dare? Che cosa mi vuol far capire? Perchè tutto è parola sua. L'universo è un'aula scolastica in cui il Maestro è Dio. E' una cosa meravigliosa: Dio si è fatto maestro di ognuno di noi; noi siamo degli allievi di Dio e non ce ne rendiamo conto; ed è un Maestro personale di ognuno di noi, non ci tratta come gruppo, come massa. Quindi noi siamo ammaestrati da Dio. Dio dice a noi: "non avere altri maestri, sono io il tuo Maestro, quindi guarda sempre a Me". Di fronte a un maestro noi come ci comportiamo? Prima di tutto ascoltiamo la lezione e poi cerchiamo di capire secondo l'intenzione del Maestro, cioè cosa ha voluto dirci attraverso quelle parole che ci ha fatto arrivare. Quindi avendo la consapevolezza che ci troviamo in un aula di Dio e che Dio sta parlando a noi, noi dobbiamo sempre preoccuparci di intendere le parole che Lui ci dice secondo la sua intenzione, e non rivestirle delle nostre intenzioni; perchè se le rivestiamo delle nostre intenzioni sbagliamo tutto, ad un certo momento navighiamo nelle tenebre, confusi. Quindi la vera preoccupazione dell'anima è la preoccupazione dell'allievo che guarda il maestro per cercare di capire il significato delle cose che sta dicendo, per arrivare al pensiero. Arrivare al pensiero è: "Padre, glorifica tuo Figlio"; il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio, quindi è la gloria di Cristo, qui le anime scoprono il Pensiero del Padre. Il Pensiero del Padre è Lui.

Marco: Però quello che noi diciamo qui il sabato sera non è lo stretto necessario, è l'optimum del seguire Cristo. Cioè non è il minimo indispensabile. Mi sembra che sia troppo grande.

Luigi: Troppo grande? Ma l'Infinito è infinito in ogni punto, io non posso ridurre l'infinito; non posso dire "in un elefante c'è più infinito e nella formica c'è meno infinito", l'Infinito è infinito in ogni punto; quindi non posso ridurre l'Assoluto al minimo, anche nel minimo c'è l'Assoluto; ogni parola di Dio è un infinito, non possiamo ridurla alla regoletta; ma se vai a cercare la regoletta hai finito.

Pinuccia B.: Vuoi dire che questo è troppo difficile?

Marco: No! E' troppo alto. Spariamo troppo alto.

Luigi: Abbassa il tiro... cosa vuoi che ti dica.

Nino: E' come quando si dice: bisogna prendere le parole di Dio con buon senso. Tu capisci subito che stona con Dio. Ricordo uno ritenuto un gran teologo che davanti a uno dei mie problemi mi disse: "lei vuol essere un assolutista", andai via delusissimo. Perchè non puoi accettare che Dio voglia le cose fifty-fifty.

Piero: Se ti interessa Dio vieni attratto da persone che ti parlano di Dio in modo assoluto.

Nino: E' un bisogno di Verità, perchè c'è una confusione tale nel mondo, in tutte le cose che si arriva a dire "se vado avanti così divento matto". C'è bisogno di chiarezza.

Luigi: Marco, in ogni pagina del Vangelo, in qualunque punto lo apri, tu trovi delle esigenze assolute, dalla prima pagina all'ultima. "Non preoccuparti del mangiare, non preoccuparti del vestire, cerca prima di tutto il Regno di Dio...", eppure ci sono delle esigenze di Assoluto. La Parola di Dio è meravigliosa per questo.

Piero: Magari non arriveremo mai, però...

Luigi: …non importa, la strada magari è lunga 5 km e noi facciamo 2 metri, non importa ma i due metri sono positivi.

Marco: Tutto il giorno dovrei mettere Dio al primo posto?

Pietro: Non preoccuparti di questo, già mentre lo fai esperimenti la bellezza di questo cammino.

Luigi: La cosa più importante è questa: capire che c'è una meta, che dobbiamo arrivare ad un certo punto. Questa è già una felicità di vita; sapere che siamo stati creati per quello, c'è già tutto, che poi arrivi o non arrivi, questo è tutto un altro problema. L'importante è sapere che la mia vita mi è stata data per questo; in tal caso non sono più sbandato. Non importa tribolare, uno può essere dentro la tempesta, non interessa, interesse avere un senso.

Amalia: Hai detto: "arrivare o non arrivare non importa"; a me importa, non per merito mio, ma ci terrei.

Luigi: Ho detto che il grande dono è scoprire il fine a cui tendere, poi ci sarà la preoccupazione di ognuno di noi di arrivare o non arrivare.

Cristo non fa dei complimenti; lo dice: "la strada è stretta, sforzatevi di entrare, perchè molti cercano di entrare e non ci riescono"; Cristo non è uno che suona la gran cassa e che dice: "su, mettiamo d'accordo...". La Verità è una sola, c'è poco da fare.

Pinuccia B.: Una volta passata la porta stretta inizia la vita.

Luigi: Fidati, dai.

YYYY:: Gesù passa e non aspetta; hai detto che le distanze non si possono colmare. Ho sempre avuto l'idea che se tu cadi Gesù si ferma e ti aspetta.

Luigi: Certamente. Dio è amore. Cristo è amore; ma non dobbiamo illuderci, magari dicendo "io me la prendo con comodo tanto Lui c'è". Gesù cammina, Gesù torna al Padre, se io non lo seguo ad un certo momento si crea la distanza. Quante volte noi nella nostra vita quotidiana vediamo che certi giorni siamo su e certi altri siamo giù. Questo cosa vuol dire questo? Vuol dire che si formano delle distanze; quando si è vicini tutto canta di gioia, tutto è bello, quando si è distanti incomincia la tribolazione.

Pinuccia B.: Ma Lui ci aspetta quelle volte.

Luigi: Siamo d'accordo che Lui ci aspetta; Gesù non è lì per dire a noi quando cadiamo: "sei caduta ora non mi vedi più"; Lui è Misericordia, però non dobbiamo illuderci, non dobbiamo credere che Lui sia venuto per condividere la nostra vita qui in terra, e non dice a noi "l'importante è cercare di mangiare, di vestire, fare i propri doveri, ecc.". No! Lui è venuto per portarci ad una meta ben precisa, e se tu non vuoi perdere contatto con Lui seguilo, perchè Lui non sta, Lui è presso il Padre. Quindi la sua incarnazione è transitoria; nella vita di ognuno di noi si ripete l'Antico testamento, si ripete l'incontro con Cristo, si ripete la sua morte e si ripete la sua ascensione al Cielo. Per ognuno di noi il Cristo passa perchè ha la funzione di portarci al Padre. E' grazia di Dio, ma sappi che tu devi camminare; non puoi restare con Lui senza camminare. E' come la fede, non puoi aver la fede se la sotterri nel terreno, e dici "l'importante è che non perda la fede", tu l'hai già persa. La fede è camminare; fede vuol dire desiderio di capire; perchè se io non desidero capire quello che la fede mi dice, al fede lo già persa; e così è lo stesso per Cristo. Quindi dobbiamo sempre capire che tutta la creazione è opera di Dio per condurci a Lui, per farci scoprire la sua Verità, per inserirci in comunione con Lui. Se io frustro questo disegno ovviamente ne subisco il danno, perdo Dio e perdo anche la creazione, non posso farne a meno; e faccio l'uomo vecchio che si volta indietro "prima c'era questo, ora non c'è più...", e abbiamo la nevrosi. La nevrosi è il fallimento della meta; uno non sa più dove andare. Ora, tutte le cose sono segni, segnalazione di-.

Ora, tutte le cose sono segni, segnalazione di-, tutte le cose a noi "vai avanti, cammina"; se noi ci mettiamo ad abbracciare la segnalazione è finita, non abbiamo capito il senso.

Piero: "E' giunta l'ora", l'ora giunge anche per noi.

Luigi: Certo, giunge l'ora, arriva il momento, perchè le cose passano, non restano. Quindi non illuderti, perchè le cose sono come le nubi. Se io cerco di afferrare le nubi ad un certo momento scopro che non ho afferrato niente, la nube si scioglie tra le mani; noi cerchiamo di trattenere il denaro e il denaro si scioglie tra le mani; guarda con l'inflazione, tu pensi di metterlo al sicuro e poi guardi non c'è più niente, si è sciolto da di dentro. Tutte le creature si sciolgono dal di dentro, sono come le nubi. Ci verrà detto "lo sapevi, era una nube, perchè hai creduto che fosse la realtà"; hai abbracciato una nube, ma era un segno per dirti che sta arrivando l'ora. L'ora dello scioglimento di tutte le cose. Dio è eterno, le cose sono dei segni che ti dicono "cammina verso Dio in modo che tu possa essere eterno, che tu possa partecipare all'Eterno". Certo, se io scambio l'Eterno per una nube, ad un certo momento subisco il danno; la nube non c'è più e l'Eterno non l'ho visto. Noi facciamo questo errore.

Amalia: "Glorifica il Figlio tuo..." è conoscere ciò che Cristo è nel Padre; noi siamo figli di Dio quando siamo in quel punto.

Luigi: Se siamo condotti dal Cristo alla scoperta del Figlio, scoprendo il Figlio di Dio scopriamo la nostra comunione col Figlio di Dio, scopriamo di fare una cosa sola, questa “cosa sola” è conseguenza della conoscenza della gloria di Dio. Fintanto che non conosciamo non possiamo fare una cosa sola. Chi ci conduce a questa conoscenza è il Figlio di Dio, Colui che discende dall'Alto. Noi non possiamo salire. E' Colui che discendendo dall'Alto conduce noi in Alto.

Pinuccia B.: Prima ci c'è questa glorificazione poi...

Luigi: ...nella conoscenza del Padre noi troviamo la sua gloria e troviamo anche la nostra gloria, cioè la nostra comunione col Figlio di Dio, scopriamo che facciamo una cosa sola.

Pinuccia B.: La nostra gloria è questa comunione col Figlio.

Luigi Certo.

Amalia: E' giunta l'ora la intendevo proprio come meta. noi viviamo per quell'ora lì.

Luigi: Certamente, è l'ora di passare dalla terra al Cielo. Noi viviamo per quest'ora, per una Pasqua, pasqua vuol dire passaggio; noi viviamo per questo passaggio dalla terra al Cielo. Adamo fin dal primo giorno è stato creato per questo passaggio e tutte le cose convergono per questo punto ben preciso, per questo passaggio.

Pinuccia B.: Quindi ogni momento ci sentiamo dire "è giunta l'ora, tutto passa".

Luigi: Una cosa sono le cose che passano e una cosa è quell'ora che è questa maturità di attingere alla Sorgente che è il Padre.

Pinuccia B.: Quindi non sempre Dio dice a noi "è giunta l'ora".

Luigi. Certo.

Pinuccia B.: E questo "affinché il Figlio glorifichi te", solo quando si arriva alla conoscenza del Figlio siamo in grado di glorificare il Padre. "Tuo figlio glorifichi te..." in noi, cioè è il Figlio in noi che glorifica il Padre, non siamo noi. E questa è la meta.

Luigi: Certo. 

YYYY:: Mi viene da pensare al Cristo come uomo, che ha sofferto, non come Figlio di Dio...

Luigi: Certo, ma questa è ancora una risposta sentimentale al Cristo, non è una risposta vera. Al Cristo si arriva veramente proprio in quanto si attratti da Dio, si ha fame di Dio. E questo richiede come fondamento l’atto di giustizia che è un  atto severo. "Non sono io il Creatore", quindi devo smettere di pensare soltanto a me stesso, di avere il mio io al centro, e di iniziare a mettere Dio al centro della mia vita. Da questa centralità su Dio nasce in me il bisogno di creare dei rapporti autentici con Dio. Non giochiamo a barare con Dio perchè è tutto a nostro danno. Da questa esigenza di rapporti autentici scopriamo il Cristo; perchè Cristo è uno che mi educa ai rapporti autentici con Dio, col Padre. Qui cessa la fase sentimentale; quella fase in cui diciamo "Cristo è morto per me, ha sofferto per me", e c'è sempre il mio io al centro.

Tutto è di Dio quindi riferisci tutto a Dio, riporta tutto a Dio e non fermarti al pensiero del tuo io, non parlare di te, non metterti in vetrina; serve a niente. Metti Dio in vetrina e guarda Dio.

Pietro: E' semplice questo ragionamento su Dio Creatore; le montagne le abbiamo mica fatte noi.

Luigi: E' semplice perchè non possiamo smentirlo.

Pietro: Nonostante questo niente…

Luigi: Un giorno piangeremo, e diremo "io lo sapevo, e sono vissuto stoltamente". E' lì la confusione nostra.

Pinuccia B.: L'altro giorno vedendo una gru muoversi vi è venuto spontaneo pensare che c'era il manovratore da qualche parte, e poi mi son chiesta il perchè non è così spontaneo pensare che c'è qualcuno che manovra la creazione, dal fiore...; finché non arriviamo a quella spontaneità siamo fuori...

Luigi: Tutto, tutto è opera di Dio.

Pietro: Siamo tremendamente insensibili. Viviamo in una casa di un Altro, facciamo tutto quello che vogliamo senza nemmeno chiederci se ne abbiamo diritto, senza chiederci il perchè siamo qui, che sono le domande più semplici che ogni fedele dovrebbe porsi all'inizio del cammino.

Luigi: Certo. Viviamo solo di impressioni; finché ad un certo momento si apre il vuoto sotto di noi, e qui si scopre il fallimento "ma lo sapevi". E noi non possiamo smentire Dio. In ogni istante, tutti i giorni bisogna dire: "E' Dio che mi fa incontrare questa persona; è Dio che al mattino mi sveglia; è Dio che mi conduce qui; è Dio che mi presenta questo avvenimento; è Dio che mi fa giungere questa notizia"; bisogna imparare a ragionare con Dio in tutto. "Signore, che cosa mi vuoi significare, che cosa mi dici di Te", perchè in tutte le cose Lui ci parla di Sè. Bisogna avere questa consapevolezza. E non bisogna fermarci alla gru e non vediamo l'operatore. Tutte le creature sono una gru e c'è l'operatore dietro, guarda l'operatore, cerca l'intenzione dell'operatore. C'è un operatore in tutta la creazione, sappilo riconoscere e sappi quindi intendere tutto quello che lui ti fa tutti i giorni. Non vivere da insensato.

Pensieri conclusivi:

Amalia: Bisogna imparare a ragionare con Dio in tutto.

Piero: Dio non è una cosa difficile, Dio è semplice.

Luigi: I complicati siamo solo noi

Marco: Se si è semplici è più facile seguire Dio.

Paolo: Dio ci invita a camminare per portarci a glorificare in tutto il Padre.

Luigi: Le sue parole sono dei sentieri in cui dobbiamo camminare; non dobbiamo fermarci a ricordarle o a registrarle. Dobbiamo camminare.

YYYY:: "Dio aumenta la nostra fede"

Luigi: Ne basta un briciolino per spostare il mondo. Non aver paura, siamo in buone mani.

Nino: I tempi sono di Dio noi dobbiamo solo stare uniti a Lui.

Ida: L'importante è capire che Lui è il Creatore, perchè in tal modo evitiamo le preoccupazioni...

Luigi: Non hanno senso le paura. Colui che ci ha fatti dal niente ha anche la capacità di proteggerci da tutti i pericoli. Se invece noi facciamo conto su altro sprofondiamo.

Pinuccia B.: Cristo arriva a me non quando ho fatto la giustizia di dare a Dio ciò che è di Dio, ma quando sono convinta che l'ho fatta e sento tutta la mia impotenza per realizzarla e Lui viene per aiutarmi.

Luigi: Lui viene anche senza di me, sia chiaro. Non è che Lui aspetti che io abbia fatto la giustizia, ma può anche sorprendermi e arrivare. Come a Gerusalemme; è venuto, ha bussato la porta e l'hanno crocifisso. La tragedia del popolo ebreo è questa: Lui può arrivare e noi non siamo preparati a riceverlo nel giusto modo.


ciclo B (16.04.1988):

Franco: Questa è l’ora della morte in Croce di Gesù, “se il chicco di frumento non muore non può dare frutto”, quindi per noi significa che deve venire l’ora in cui passiamo attraverso la morte a noi stessi per risorgere nel significato di Dio. E’ per dirci che non arriviamo alla glorificazione del Padre se non attraverso alla morte del nostro io. E questo può avvenire solo se si capisce la lezione di Cristo in Croce.

Luigi: Perché dice: “Glorifica tuo figlio”? Cos’è la gloria?

Franco: Il Figlio è glorificato quando fa la volontà del Padre!?

Luigi: La gloria è rivelazione di quello che uno è. Siccome Dio solo è, la gloria è rivelazione di quello che uno è in rapporto a Dio. Questa rivelazione viene soltanto da Dio, per cui chiede al Padre di glorificarlo. Però mette in rapporto questa gloria che Lui riceve dal Padre, invoca dal Padre con quell’“affinché il Figlio glorifichi Te”, cosa vuol significare per noi. Cioè Lui invoca il Padre in una determinata ora. Cos’è quest’ora. Noi diciamo la sua morte; ma non è così. Se la gloria è ciò che uno è in Dio, la morte può rivelare ciò che uno è? Evidentemente ci fa capire che non basta morire per entrare nella gloria, non è una cosa automatica; questo ci fa capire che la sua morte va intelletta. Gesù può anche morire invano e noi non capire assolutamente niente della sua gloria. Questa intelligenza viene dal Padre, per cui invoca il Padre. Certo, Gesù si offre, però invoca dal Padre la Luce. E’ un po’ come la parabola: la parabola tende ad avvicinarti infinitamente ma non tocca mai. Il segno non si identifica mai con lo Spirito. Chi rivela lo Spirito è il Padre; per cui Lui può morire invano è noi non capire niente. Gesù invoca il Padre per noi, per dire che c’è una cosa da capire e questa cosa da capire dipende soltanto dal Padre. Altrimenti noi vediamo il segno, la sua morte, ma un segno può essere rivestito di tante intenzioni e gli uomini possono anche dire “Abbiamo ragione noi”. ”Se tu sei il Figlio di Dio scendi dalla Croce” , Lui non è sceso ecco che si arriva a dire “abbiamo ragione noi”. Il segno come segno può essere rivestito da tante intenzioni.

Gesù invoca il Padre per indicare a noi che c’è qualche cosa da capire e che possiamo capirla soltanto dal Padre.

Franco: Questo qualche cosa da capire non è sufficiente che lo dica una persona che ci dica il significato della morte di Cristo.

Luigi: Anche se una persona lo sa e lo dice, te lo dice attraverso le parole, allora tu lo sai per sentito dire; ma se vuoi capire le parole devi andare tu personalmente dal Padre, altrimenti Gesù non avrebbe detto al Padre: “glorifica tuo Figlio”, avrebbe detto agli apostoli: “il segno  è questo, andatelo a dire”. Non basta la parola, perché per quanto uno parli, tutte le parole, ti annunciano il mistero ma non te lo danno. Tu puoi credere alle parole, ma non basta credere per capire. Credere è necessario, ma non è sufficiente; quello che ti convince non è la parola, perché la parola è un segno, fintanto che tu non vedi la realtà che corrisponde a quel segno non capisci; tu puoi dire “il tale ha detto quello”, io ci credo per sentito dire, ma la luce non sorge in me fintanto che non vedo la realtà che corrisponde a quel segno. Questa realtà la trovi soltanto nel Padre, da Dio. Però dice quell’“affinché”, “Padre, glorifica tuo Figlio affinché il Figlio glorifichi te” .

Domenico: La seconda volta in cui c’è scritto “Figlio” dovrebbe essere scritto minuscolo?

Luigi: No, tutte due maiuscolo. Perché mette in rapporto quell’“affinché”? Gesù dice: “Nessuno viene al padre se non per mezzo di Me”, però chiede al Padre che glorifichi Lui. Cosa significa questo? Vedi che mette un rapporto?! “Padre glorifica me affinché io, Figlio, glorifichi te”. Sembra quasi un gioco di parole, ma non è un gioco di parole. Evidentemente se lo dice ti annuncia qualche cosa di profondo.

Abbiamo detto che glorificare vuol dire manifestare ciò che un essere è, perché soltanto manifestando ciò che un essere è questo essere ti manifesta il Padre. Glorifica, cioè ti fa conoscere ciò che il Padre è.

Tieni presente che "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me", ad un certo momento noi dobbiamo scoprire chi è questo "Me", perchè soltanto attraverso quella porta si arriva al Padre. ma chi mi rivela questo "Me", l'io del Figlio? E' solo il Padre, per questo invoca dal Padre. Soltanto se il Padre rivela in noi che il suo Pensiero è presente in noi indipendentemente da noi, attraverso questo suo Pensiero che è il Figlio, noi possiamo conoscere il Padre. Tu non arrivi a conoscere il Padre se non attraverso il Figlio; ma questo Pensiero di Dio fintanto che tu ritieni sia pensiero tuo niente da fare. Allora chi ti rivelerà che il Pensiero di Dio in te non è pensiero tuo, ma è Pensiero del Padre? Soltanto il Padre!

Pensiero del Padre, cioè la presenza oggettiva indipendente da te.

Franco: Però questo coincide con Cristo messo in Croce, perchè questa è l'ora di cui parla o è un'altra cosa?

Luigi: E' un altra cosa; la morte è un passaggio, cioè è il segno che tramonta. E' necessario che questo segno tramonti, perchè se il segno non passa "lo Spirito non può venite a voi". Tutte le cose che Gesù dice le dice sempre nel fine, sempre nello Spirito. Quello è un passaggio necessario altrimenti senza la morte del tuo io non puoi arrivare minimamente ad intendere, perchè dirai sempre: "il pensiero di Dio è un pensiero mio"; e fintanto che tu dici che il Pensiero di Dio in te è un pensiero tuo, tu ti trovi nell'impossibilità di arrivare a conoscere il Padre, perchè la condizione per arrivare a conoscere il Padre è questo passaggio al Pensiero di Dio non come pensiero tuo, ma come pensiero del Padre, come pensiero di-; quel famoso di-. Perchè soltanto il Pensiero di- ti fa scoprire ciò che è da-. E' un passaggio obbligato, perchè fintanto che riteniamo che il Pensiero di Dio in noi sia un pensiero nostro, questo ci impedisce nel modo più assoluto di scoprire la Sorgente del Pensiero stesso, perchè la sorgente di quel pensiero è il mio io; quindi l'io al centro mi impedisce di vedere la relazione tra il Pensiero di Dio e Dio, il Padre che genera questo pensiero.

Soltanto morendo a te stesso (...ecco il significato della morte del Cristo) tu non sei il principio di-, ma sei un essere che riceve da-. Perchè quando tu non pensi più a te stesso non dici più "sono io che penso", ma i pensieri che sono in te sono opera di un altro, è Dio che te li presenta, soprattutto il Pensiero di Dio. E' soltanto passando attraverso il tuo nulla che tu scopri il tutto di Dio. Ma fintanto che tu dici: "sono io che amo, sono che penso, sono io che agisco, sono io che opero, sono io che scelgo", tu ti metti in una condizione di impossibilità di poter giungere alla gloria di Dio, cioè di poter vedere la Presenza di Dio. La Presenza di Dio viene da Dio non viene dal nostro io. Se tu hai presente il tuo io, tu dirai sempre "sono io che faccio", e questo ti impedisce di vedere l'Altro che fa. Ora, siccome Dio è Spirito e si trova soltanto nel Pensiero, è proprio nel pensiero che noi possiamo venirci a trovare in una situazione di dubbio e di dubbio eterno; perchè Dio tu non te lo troverai mai davanti a te. Se tu potessi trovare Dio davanti a te Dio non sarebbe più Dio, perchè Dio non è un essere finito. Noi ci vediamo un davanti all'altro perchè siamo esseri finiti, ma Dio non ha un corpo, non ha una presenza locale. Dio è spirito, ma proprio perchè è Spirito lo puoi veramente possedere come Spirito. Ma corriamo il rischio di non uscire dal pensiero del nostro io.

Franco: Quindi come lo Spirito discende da Dio anche questa glorificazione...

Luigi: ...viene dal Padre. La glorificazione è rivelazione di quello che un essere è; quindi il Pensiero di Dio non è pensiero tuo; ma questo soltanto il Padre te lo dice. Ma se tu pensi a te stesso non ricevi niente dal Padre. Devi essere morto a te stesso: è il significato della morte del Cristo. E' soltanto il Padre che ti rivela la presenza oggettiva del suo Pensiero in te; per cui non è più tuo pensiero; scoprendo la presenza del Pensiero di Dio oggettivo in te, come pensiero di Dio e non pensiero tuo, proprio questo Pensiero ti glorifica il Padre.

YYYY:: Qua Gesù, prima di morire in Croce, prega il Padre dicendogli "glorifica il Figlio tuo perchè il Figlio glorifichi te"; l'ho inteso così: poiché il Padre è superiore al Figlio deve essere il Padre che prima glorifica il Figlio affinché il Figlio possa glorificare.

Luigi: Tutto deve venire dal Padre, perchè il Padre è Principio di tutto. Ogni luce viene dal Padre, anche la luce sul Figlio viene dal Padre; per cui se noi non ci rivolgiamo al Padre (e per rivolgerci al Padre dobbiamo mettere a tacere tutto di noi) non possiamo ricevere la Luce sul Figlio, perchè "nessuno conosce il Figlio se non il Padre". Quindi il punto luce sta nel Padre come Principio di tutto, anche del Figlio. Noi non possiamo scoprire ciò che è il Figlio, cioè il Pensiero di Dio in noi, se non guardiamo il Padre, dal Padre. Il Figlio glorificato dal Padre ci farà poi conoscere il Padre; prima è per sentito dire, dopo invece è per constatazione.

Giovanna: Quindi per prima cosa c'è il superamento del pensiero dell'io...

Luigi: Certo, non è che Cristo morendo trasforma tutto in luce. Questa morte è carica di significato, e il fatto che dica queste cose poche ore prima della sua morte ci fa capire che la sua morte è in funzione di questo. Allora questa morte va intelletta; dobbiamo chiederci: "perché muore?". Rappresenta la morte al nostro io per giungere alla glorificazione dal Padre; perché la glorificazione sua è anche la glorificazione nostra, ma viene dal Padre. Ma non è che Gesù morendo automaticamente forma in me la luce salvandomi; non c'è questo automatismo nelle cose dello spirito. Nelle cose dello spirito c'è sempre partecipazione, non c'è automatismo.

Giovanna: Se io mi rivolgo al Padre sarà poi il Padre che mi illumina.

Luigi: Sì, ma mi devo rivolgere in un certo modo; e questo modo è la morte a noi stessi. Ecco perchè ci viene presentato il passaggio della morte del Cristo; deve avvenire questo annullamento di noi, perchè fintanto che noi riferiamo le cose al nostro io, arriviamo al punto da dire sono io che penso Dio, e entriamo in un dubbio eterno da cui non possiamo uscire a causa del quale non possiamo cogliere la realtà: "è Dio che pensa me o sono io che penso Dio?", e non c'è nessuno che mi possa liberare da questo dubbio. Nell'inferno resta questo dubbio.

Giovanna: E' il Padre che mi convince.

Luigi: Certo, ma il Padre mi convince se io supero me stesso; ecco perché c'è il passaggio attraverso la morte del Cristo. Gesù morendo ci dice: "capisci quello che ti ho fatto? io sono morto per te, lo capisci?", ed è per sollecitarci a superare noi stessi, perchè nel pensiero del nostro io siamo in un posto di blocco che ci impedisce di arrivare alla Verità, di arrivare alla luce. Lui muore per sbloccare questa situazione in cui noi siamo venuti a trovarci, e questa situazione si sblocca in quanto supero me stesso e derivo tutte le cose da Dio, dal Padre. Derivando tutte le cose da Dio, essendo tutto è opera di Dio, ad un certo momento scopro che anche il Pensiero di Dio in me è opera di Dio, e che quindi non è pensiero mio. E' questo li punto che poi diventa la porta per entrare nella Realtà dello Spirito 

YYYY:: Mi sembra evidente che l'opera è del Padre...

Luigi: Certo, però il Padre non opera automaticamente, perchè il Padre opera come luce, e la luce non ti illumina senza la tua partecipazione. Ora, tu guardi al Padre come Principio proprio in quanto dimentichi te, per cui in quello che Dio ti ha fatto chiede a te una partecipazione della tua nascita da Lui, soprattutto una nascita in te del suo Pensiero.

YYYY:: E tutto questo non può avvenire se noi non siamo morti a noi stessi, perchè il Figlio guardando il Padre conosce se stesso.

Luigi: E' una nascita nuova da-, e questa nascita nuova non può avvenire fintanto che io dico: "ma io ci sono già". Devo partecipare ad una nascita nuova da-. Il Padre rivela a noi il suo Pensiero come suo Pensiero: "questo è mio"; la scoperta che il Pensiero di Dio in noi è Pensiero di Dio, questa presenza oggettiva indipendente da noi, da a noi la possibilità (perchè soltanto il Pensiero di Dio conosce il suo generante, quindi il Padre) di conoscere il Padre come lo conosce Lui, Pensiero di Dio.

Silvana: Questa nascita, questa scoperta del Pensiero oggettivo di Dio in noi non è ancora la conoscenza del Figlio generato dal Padre con lo Spirito Santo?!

Luigi:No, dopo la scoperta della presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi c'è ancora del cammino da fare. Questo Pensiero oggettivo poi dopo ti glorificherà il Padre, perchè soltanto il Figlio conosce il Padre, nel Vangelo di s.Matteo troviamo "nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" , il che vuol dire che l'apertura per la conoscenza del Padre avviene soltanto attraverso il Figlio  "nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me", ma come trovo il Figlio se soltanto il Padre conosce il Figlio? Ecco perchè Lui invoca il Padre affinché il Padre riveli in noi il Figlio; ma riveli a chi? Non al Figlio, ma a noi, perchè siamo noi i deficienti, siamo noi che manchiamo di luce. Ma cosa è il Figlio? Il Figlio è il Pensiero di Dio, il Pensiero del Padre. Il Pensiero di Dio c'è in noi, però noi corriamo sempre il rischio di dire che è nostro pensiero.

In realtà il Pensiero di Dio in te non è pensiero di Silvana, ma è Pensiero di Dio.

Bisogna arrivare a capire questa distinzione; perchè noi diciamo "io penso Dio", ma se diciamo così affermiamo che il pensiero di Dio è nostro. Ma stiamo attenti perchè il Pensiero di Dio è Pensiero di Dio non è pensiero nostro. Ma allora il Pensiero di Dio è indipendente da te in te, è una presenza oggettiva. Soltanto arrivando a questa scoperta a questa presenza oggettiva, qui hai la porta per conoscere, non per sentito dire, ma per conoscere personalmente il Padre, perchè soltanto il Figlio conosce il Padre.

YYYY:: Ho capito solo che in noi c'è il pensiero dell'io e il Pensiero di Dio che non conosciamo...

Luigi: Sappiamo che c'è questo Pensiero di Dio perchè pensiamo Dio, però lo confondiamo con tutti gli altri pensieri, per noi è come dire "io penso l'albero, io penso la creatura e io penso Dio"; c'è questo pensiero che può pensare anche Dio; in questa situazione quel Pensiero di Dio che noi utilizziamo per pensare Dio non è Pensiero di Dio ma è pensiero nostro e fintanto che è pensiero tuo non è Pensiero di Dio. Invece bisogna arrivare a rendersi conto che il Pensiero di Dio è Pensiero di Dio. C'è una grande diversità tra dire a parole Pensiero di Dio e Pensiero di Dio. Il problema sta nel capire questo di-. Noi a parole diciamo "io penso Dio col Pensiero di Dio”, ma poi affermiamo “sono io che penso”. Invece stiamo attenti che in questa situazione il Pensiero di Dio è pensiero nostro, non è Pensiero di Dio, qui non siamo nella realtà.

YYYY:: Quando ci arriva la Parola di Dio...

Luigi: La parola è segno di una realtà, bisogna cogliere la realtà; se io dico "casa", se dentro di te non hai presente la casa dici: "chissà cosa vuol dire questa parola casa"; fintanto che non vedi la realtà casa la parola non si illumina. E' la realtà che mi illumina la parola, non è la parola che mi illumina la realtà. La parola mi pone l'interrogativo. Io sento la parola straniera, sento la parola, ma la capisco fintanto che non vedo la realtà che corrisponde a quella parola. Allora è la realtà che mi fa capire. Così anche "Pensiero di Dio" è una affermazione, noi lo diciamo ma non ci rendiamo conto fintanto che non cogliamo la realtà che ci fa capire che è Pensiero di Dio, non nostro, ma di Dio. Ma allora il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio.

YYYY:: Arriva a noi la parola "Ama il Signore Dio tuo con tutte le tue forze", ma chi è che parte su queste parole?

Luigi: Se queste parole sono scritte, dunque ce le dice, e se ce le dice è per qualche motivo, ce le dice per farci capire qualche cosa; non basta che noi ripetiamo le parole. Se ripetiamo le parole siamo un disco, un registratore. Dio mi dice delle parole affinché io capisca la realtà che sta dietro alle parole, perchè una parola è parola in quanto ha dietro di sè una realtà e io devo arrivare a questa realtà. Chi mi parla, mi parla per comunicare una realtà, per comunicarmi un pensiero; se io non arrivo al pensiero non capisco la parola. Chi mi illumina la Parola? La parola di per sè è un punto interrogativo, mi sollecita, mi dice che c'è qualche cosa da capire, ma naturalmente non capisci ancora. E fintanto che non arrivo a vedere quel pensiero, quella realtà che corrisponde alla parola, la parola per noi è un punto interrogativo, è un rebus, non sappiamo cosa sia. Quindi se dice queste parole le dice per annunciarci una realtà. Dobbiamo arrivare a constatare questa realtà. Una volta constatata allora diciamo: "ah, ho capito perchè diceva quelle parole". Sotto queste parole c'è una realtà, come è una realtà una casa. Quindi dietro le parole Pensiero di Dio c'è una realtà, ma chissà quando noi arriveremo a renderci conto cos'è questa realtà Pensiero di Dio. 

Domenico: Per me è un sentito dire...

Luigi: Devi passare dal Pensiero di Dio al Pensiero di Dio.

Domenico: Dice "...è giunta l'ora glorifica tuo Figlio affinché il Figlio glorifichi te". La gloria è ciò che Cristo è nel Padre?!

Luigi: Anche nostra. La nostra gloria è ciò che noi siamo in Dio, ed è ciò che realmente siamo. Noi siamo in quanto siamo in Dio e da Dio, nel rapporto che abbiamo con Dio. Io non so chi tu sei e non ti conoscerò fintanto che non saprò in che rapporto sei con Dio. Ognuno nella Verità si conoscerà (e noi ci conosceremo) per quello che siamo in rapporto con Dio, perchè la nostra esistenza, il nostro essere è dato da rapporto con Dio. Dio solo è e noi siamo per quello che siamo in rapporto con Dio; per cui più conosci Dio e più partecipi. Noi conoscendo siamo; riceviamo l'essere dal conoscere, più conosciamo Dio e più partecipiamo a quello che Dio è e più siamo, e lì sta la gloria della creatura.

Domenico: In questo caso, la glorificazione (ciò che Cristo è nel Padre), è il momento in cui il Padre fa vedere a noi la generazione del suo Pensiero, cioè Cristo, Pensiero di Dio da Dio e quindi questa nascita del nuovo io che discende dal Padre?

Luigi: E' il momento della rivelazione che è Pensiero di Dio. E' il Padre che genera il Figlio e quindi soltanto il Padre che conosce il Figlio. Allora qui il Figlio invoca che il Padre riveli chi Lui è. Infatti anche all'ultimo Gesù dice: "finora non mi avete ancora conosciuto" e non potevano conoscerlo. Certo gli apostoli erano convinti di conoscerlo "noi ti conosciamo, siamo stati tre anni con te...". E anche noi facciamo l'esperienza di vivere assieme per tanti anni e non ci conosciamo. Ma come mai non ci conosciamo? Perchè? Perchè la conoscenza ci viene soltanto dal Padre. Allora Gesù ci educa a questa vera conoscenza; ci dice "guardate che il principio di ogni vera conoscenza viene dal Padre". Quindi invita a conoscere chi Lui è dal Padre. Ci orienta lì.

Domenico: Si era detto che la scoperta della Presenza oggettiva del Pensiero di Dio è la seconda grande luce. In questa seconda grande Luce è poi necessario raccogliere tutto nel Pensiero di Dio per ascendere con Cristo al Padre.

Luigi: Certo. Prima di tutto c'è questa luce che si deve formare in noi, perchè fintanto che dico che "sono io che penso e quindi sono anche io che penso Dio" sono al si qua di ogni luce, mi mantengo sempre nel campo dei segni, cioè sono nel campo di chi sente parlare una lingua straniera, ma non arriva mai alla realtà che è sottesa a ogni parola; perchè ogni parola in quanto è segno ha sempre dietro una realtà. Ma è il passaggio da quel segno, da quella parola straniera alla realtà che è difficile; ma perchè è difficile? Perchè è la realtà che mi illumina la parola. Quindi se non trovo uno che parte dalla realtà e mi dice: "guarda che questa realtà nella lingua straniere si dice con questa parola", non posso capire. Ma vista la realtà ogni volta che sento la parola posso collegare; ma non collego perchè ascendo, ma collego perchè discendo. Perchè non posso salire. Io non posso capire la parola house se non conosco l'inglese. Posso ripetere le parole, ma ripetendo le parole non arrivo all'intelligenza; ecco perchè è inutile ripetere tante parole. L'intelligenza non mi viene dalle parole, le parole mi sollecitano all'intelligenza; l'intelligenza mi viene da Dio, la realtà mi viene da Dio. Ecco perchè ad un certo momento devo scavalcare la parola per poter attingere e trovare qualcuno che discenda, che mi dice: "guarda che questa realtà si significa in questo modo", e tutte le volte che vedo quel segno posso salire, ma posso salire perchè uno è disceso.

YYYY:: Quindi uno può passare tutta una vita pensando che è lui che pensa Dio?

Luigi: E già. Ed è essere chiusi fuori. Perchè io posso passare tutta la mia vita a ripetere delle parole e non capire cosa significano quelle parole. Magari a dire anche tante preghiere senza capire cosa stiamo dicendo...

YYYY:: E quindi crediamo che Dio sia nostra creazione?

Luigi: Magari che è effetto della nostra immaginazione. Possiamo passare tutta una vita soltanto a ripetere quello che abbiamo sentito dire; il più delle volte noi non facciamo altro che ripetere i luoghi comuni, ma non pensiamo. Bisogna invece capire che dietro ogni parola c'è una realtà e dobbiamo arrivare a quella realtà; è la realtà che poi mi illumina. Se giungo alla realtà ho in me stesso la ragione della parola che dico, non vivo più di sentito dire; posso dire: "la cosa è così perchè la realtà è quella e la realtà si significa in quel modo".

YYYY:: Però un primo passo verso Dio può nascere dal bisogno dell'uomo.

Luigi: E' Dio stesso che fa nascere il bisogno di Dio. Dio parla, le parole che ci fa arrivare sono un bisogno, perchè sentendo una parola possiamo chiederci "chissà cosa vuol dire". Soprattutto se, per esempio, una persona straniera si rivolge personalmente a me e io non capisco niente; inizio a pensare "l'ha detto proprio a me, chissà cosa vuol dire?". Ecco come nasce il bisogno; il bisogno nasce in quanto l'Altro parla, perchè se l'Altro non parla in me non si forma il bisogno. Quindi il bisogno di conoscere Dio è già dono di Dio; è Dio che ci ha fatto arrivare una parola però... punto interrogativo. Quindi, direi, il nostro vivere spirituale incomincia da questo bisogno. Il bisogno si forma in quanto Dio fa arrivare a me una parola di cui so che significa un realtà ma che non riesco a cogliere; e intanto forma il bisogno, l'interesse. Posso anche dire "devo darmi da fare perchè devo mangiare ecc.", ho sentito il bisogno ma non sono rimasto; c'è invece chi dice "questa è Parola di Dio devo tenerla a cuore perchè è una cosa importante" e allora inizia a invocare "Signore aiutami a capire quello che Tu mi vuoi comunicare, quello che Tu vuoi rendere presente". E allora attraverso questa invocazione si giunge alla luce. Se Dio parla non è per metterci davanti ad un muro.

YYYY:: Maria, che non conosceva nessun altro, anche lei ha dovuto perdere Gesù.

Luigi: Certo.

YYYY:: Eppure lei vedeva che tutto dipendeva da Dio.

Luigi: Maria tutto accettava da Dio, ma tante cose non le capiva. Lei era madre di Gesù, dunque c'era un legame. Ad un certo momento ha dovuto perdere, rinunciare a questo legame per poter arrivare alla luce. Ecco che lì è morta a se stessa; anche lei (tutto è segno per noi), proprio perchè suo figlio era nato da lei si era stabilito un legame, ad un certo momento per superare se stesso ha dovuto offrirlo.

YYYY:: Se no Dio non poteva essere glorificato...

Luigi: ...in lei. E' necessario passare attraverso questo superamento del pensiero del nostro io in tutto, quindi anche di tutto quello che è legato al nostro io, perchè questo ci impedisce di arrivare, anche come pensiero. Perchè bisogna rinascere da Dio, e soltanto rinascendo da Dio in noi si forma la luce. La luce viene da Dio, da Dio.

YYYY:: Il significato del Segno è rivelato da Dio.

Luigi: Certo, come dire che il significato di una parola mi viene dalla realtà. Invece la sola parola mi fa sentire il bisogno, ma non mi fa capire.

YYYY:: Il Figlio non è il Padre...

Luigi: Si capisce, il Figlio non è il Padre, forma una cosa sola col Padre, ha uno stesso col Padre, ma la persona è diversa. Il Padre genera, il Figlio non genera; e se il Figlio non genera non può essere il Padre.

Franca: "Solo il Padre conosce il Figlio" , quindi solo il Padre può rivelare a noi quello che è suo Figlio.

Luigi: Solo il Padre. E questo lo dice per noi, per dire a noi "guarda che solo il Padre ti rivela chi sono io". E dicendomi questo mi dice dove andare, perchè soltanto andando in quel luogo ti diranno chi sono io. Non me lo dirà a parole, ma ci sarà la luce, e diremo: "ah, ho capito chi tu sei"; prima era per sentito dire. Magari diciamo di sapere che Gesù è Cristo e che Cristo è il Figlio di Dio, ma è un sentito dire.

Franca: Ma quando dice "Padre, glorifica tuo Figlio...", non è quando tutto è stato sottomesso al Figlio e il Figlio consegna il regno al Padre? Il Pensiero oggettivo non dovrebbe essere già stato scoperto?

Luigi: non farmi ripetere tutto...

Franca: Questo derivare da Dio è un cammino che ogni anima deve fare?

Luigi: Dio è il Creatore e devo sempre rispettare che Dio è creatore di tutto; se mi muovo di mia iniziativa mi metto fuori e mi rendo impossibile il capire. A quel punto vivo di sentimento: "le cose sono così perchè io le vedo così, perchè io le sento così, perchè io le tocco così" e riferisco tutto al mio io. Evidentemente qui il mio io è tutt'altro che morto, anzi qui diventa il mio punto fisso di riferimento. E una cosa che io non vedo e non tocco ritengo non esista. Nell'io esiste solo quello che vedo e tocco. Qui sono fuori dalla Verità. Il mio io non è certamente la Verità. Non sono io il Creatore.

Rita: Dici spesso che non ci renderemmo mai abbastanza conto del dono enorme che è il Pensiero di Dio e non ci rendiamo nemmeno conto che noi non potremmo pensare Dio se non avessimo il Pensiero di Dio in noi.

Luigi: Certo, è un tesoro immenso, è il punto in cui noi passiamo dal finito all'Infinito.

Rita: E questa richiesta del Figlio mi pare che corrisponda a quando dice: "Padre glorifica tuo Figlio di quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse". 

Luigi: Certo, dobbiamo arrivare a cercare la realtà del Figlio al di là del mondo, perchè noi lo conosciamo come colui che è vissuto 2000 anni fa, in Palestina, nato in quel modo, morto su una Croce, risuscitato...; ma noi dobbiamo cercare quello che Lui è al di là del mondo perchè la realtà trascende il mondo. E fintanto che vedi la realtà in relazione al mondo sei nel campo dei segni.

Pinuccia B.: "Gesù alza gli occhi al Cielo", c'è questo segno esterno per dirci che si rivolge al Padre e poi con la parola Padre ci dice che tutto viene dal Padre. "l'ora è venuta", lo dice perchè noi prendiamo consapevolezza che è giunta l'ora. Tra poche ore Lui morirà, ma questo ci invita a capire che dobbiamo morire a noi stessi.

Luigi: Cos'è quest'ora, è l'ora del passaggio dalla terra al Cielo, dalle cose che si vedono alle cose che non si vedono. Quindi è arrivato il momento in cui devi passare perchè ad un certo momento non capirai più niente perchè "prima ero con te e adesso non ci sono più con te, se tu non ti affretti a passare non capirai più"; quindi invita me a guardare al Padre, perchè adesso la Luce viene dal Padre, invece prima la luce parlava con me, la sua presenza.

Pinuccia B.: Quindi mi invita a chiedere al Padre quello che Lui stesso chiede.

Luigi: Lo chiede per me affinché io lo chieda.

Pinuccia B.: "Padre, glorifica tuo Figlio in me", cioè fammi conoscere chi è tuo Figlio, questa presenza oggettiva, che quando penso Dio e Dio che si fa pensare.

Luigi: Non soltanto, ma noi pensiamo Dio col Pensiero di Dio, il che vuol dire che il nostro pensiero ha la possibilità di unirsi a-. Noi pensiamo a Dio col Pensiero di Dio. Cos'è questo Pensiero di Dio?

Pinuccia B.: Sarà poi nella veglia infinita che ci verrà rivelato.

Luigi: Sì, però qui parlando anticipa, anticipando ti fa sentire il bisogno di capire quello che Lui dice. Ora, questa è la condizione, perchè tu ora, pressata da questo bisogno, tutta la tua mente, tutto il tuo pensiero lo dedichi a quello. E' proprio in questa purezza di dedizione che ti arriva la Luce, perchè quando sei inquinata non ti arriva nessuna luce.

Pinuccia B.: Però prima ancora di capire il rapporto che c'è tra questo Pensiero di Dio e il Padre io devo prima conoscere il Padre, attraverso il Pensiero oggettivo.

Luigi: E' Dio che mi fa capire cos'è il Pensiero di Dio.

Pinuccia B.: Però prima devo capire chi è il Padre. Cioè, il Pensiero oggettivo, attraverso il Me di Cristo, mi porta alla conoscenza del Padre...

Luigi: Si tratta di capire cosa significa Pensiero di Dio. Guarda che si tratta di capire una preposizione semplice semplice; le preposizioni semplici: di, a, da, in, con... Si tratta di capire il di-. Capisci il di- e quel dì sei a posto.

YYYY:: Quando il nostro corpo morirà questo Pensiero di Dio è ciò che rimarrà di noi.

Luigi: Certo, però il Pensiero di Dio per noi  può essere un motivo di condanna, oppure un motivo di salvezza. Dipende dall'armonia che c'è. Perchè, certamente muore il mio corpo, ma non muore l'anima. Ma cos'è quest'anima? L'anima è desiderio di Dio, desiderio dell'Assoluto. Quindi se io ho messo questo desiderio dell'Assoluto al di sopra di tutto allora trovo la salvezza, perchè prima ero disturbato, praticamente il mio corpo mi disturbava, perchè mi  bombardava con sentimenti, pensieri. Invece Dio facendo morire il mio corpo elimina tutti questi disturbi, ma eliminati i disturbi non è eliminata la realtà. E' come se io avessi un tesoro nascosto sotto tanta terra, tanta sabbia; ad un certo momento Dio elimina tutta la terra e la sabbia accumulata sopra il tesoro e viene fuori il tesoro. La realtà è questa; noi già abbiamo presente questo tesoro, il Pensiero di Dio in noi, ma morendo questo viene messo in evidenza. Ora, naturalmente noi possiamo essere in armonia o non sopportare. Faccio un esempio: se io amo una persona, la amo in quanto è in rapporto con me, se un giorno scopro che quella persona ama un altro qui la faccenda si complica. Questo per dire che se sono nel pensiero del mio io non sopporto che le cose dipendano da un Altro e allora devo scappare. Se invece supero il pensiero del mio io e riferisco le cose a Dio, il vedere che tutto dipende da Dio per me diventa un motivo di gioia, perchè era quello che desideravo.  

ciclo C  (25.07.1992):

“Padre, …”

Nino: È la parola che Lui ha sempre avuto prima di tutto; Lui è venuto per orientarci al Padre, perché noi riconoscessimo che tutto a noi viene dal Padre e che tutto deve ritornare al Padre.

Luigi: A chi si dice “padre”?

Nino: A colui che è il fine della mia vita. Gesù diceva ai Farisei: “voi avete come padre il demonio” (Gv 8,44), e questo accade quando non siamo nel Pensiero di Dio; quindi “padre” è ciò per cui uno vive, è il motivo di vita di una persona.

Franca: Cosa intende dire “Così parlò Gesù”?

Luigi: Si riferisce a tutto il Vangelo, a tutto quello che è avvenuto prima; come conclusione, alzando gli occhi al cielo. Ma cosa vuol dire “alzare gli occhi al cielo”?

Franca: Guardare le cose dal punto di vista del Padre.

Luigi: Che cos’è per noi il Padre?

Franca: È il Principio in cui tutte le cose sono giustificate; quindi vuol dire che tutto quello che ha detto lo vede giustificato nel Padre?

Luigi: Lo vede motivato, quindi iniziato dal Padre. Che differenza c’è tra il Figlio di Dio e noi?

Franca: Il Figlio di Dio sta nell’iniziativa di Dio, vede tutto…

Luigi: …nel Padre: “il Figlio non fa nulla se non lo vede fare dal Padre” (Gv 5,19). Ma quando eleva gli occhi al cielo, cosa guarda? Cos’è sto cielo?

Evidentemente dice Padre al Cielo. Ma cos’è il cielo?

Giovanna: Il Cielo è il Padre?!

Luigi: Ma cos’è il Padre? Qui “Padre” è una parola, e noi dobbiamo andare al di là delle parole, cioè dobbiamo trovare la realtà che corrisponde a quella parola. Ora, qual è quella realtà che corrisponde alla parola “Padre”?

Giovanna: Il Padre è Colui che dà la vita, che genera…

Luigi: Il “Padre” è Colui che comunica l’Essere; il padre è ciò da cui uno riceve l’essere. Ma nel campo dello Spirito, come noi riceviamo l’essere?

Per ricevere l’Essere Assoluto bisogna pensarLo.

Giovanna: Ma come facciamo a pensare l’Essere Assoluto?

Luigi: Noi possiamo pensare all’Essere Assoluto perché abbiamo in noi il Pensiero di Dio. Tu non potresti pensare Dio se non avessi il Pensiero di Dio. Tu puoi pensare ad altro, però se tu pensi ad altro,  allora ricevi l’essere da altro. Infatti se tu vivi per le susine, allora ricevi l’essere, la vita dalle susine; cioè, se tu vivi per le susine tu ricevi vita dalle susine. Quindi noi riceviamo l’essere da ciò cui guardiamo con il pensiero. Ecco, noi abbiamo la possibilità di pensare Dio, ma non è detto che pensiamo Dio, perché noi non siamo il Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio pensa Dio, ma noi non siamo il Pensiero di Dio, però abbiamo il Pensiero di Dio; questo vuol dire che abbiamo la possibilità di pensare Dio, ma non è detto che pensiamo Dio. Se pensiamo Dio, l’Essere Assoluto, lo pensiamo col Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio in noi, che guardando l’Essere di cui Lui è Pensiero dice Padre. Lui è Pensiero dell’Essere Assoluto; guardando l’Essere da cui riceve il Pensiero dice: “Padre”.

Se quello che ti fa pensare è altro da Dio, tu dici “padre” a quell’altro che ti fa pensare. “Padre” è ciò che determina in te il pensiero, ma non è detto che sia Dio.

Giovanna: Quindi, perché sia Dio a determinare il mio pensiero, cosa devo fare?

Luigi: Devi avere come Pensiero Dio. Soltanto se tu hai come oggetto del tuo pensiero Dio, il tuo pensiero è Pensiero di Dio. Questo ti fa capire che tu puoi pensare Dio solo col Pensiero di Dio, ma il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio. Allora, quando noi pensiamo Dio, non siamo noi che pensiamo Dio, ma è il Figlio in noi che dice “Padre” a ciò cui noi stiamo pensando; cioè è il Figlio che prega in noi. Non siamo noi che preghiamo in Lui, perché noi pensiamo Dio col Pensiero di Dio; il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio.

A questo punto è il Figlio che dice “Padre”, perché Lui è Pensiero di quell’Essere cui pensa. Lui riceve l’esistenza da ciò cui rivolge il pensiero, e diventa Figlio di Dio, è il Figlio di Dio.

Quando diciamo Pensiero di Dio, vuol dire che è Pensiero di Dio, vuol dire che è generato da Dio, Pensiero di Dio. Quindi se tu pensi alle susine non sei generato da Dio, ma pensando alle susine sono le susine che ti determinano il pensare.

Giovanna: Sì, però che cos’è ciò che mi determina il pensiero, siccome io non sono libera di pensare una cosa o un’altra? È l’interesse?

Luigi: No! Tu hai la possibilità; cioè, Dio ponendo in te il suo Pensiero, che è suo Figlio, significato dal Cristo, Dio tra noi, dà a te la possibilità di pensare a Lui. È una possibilità, ma non è detto che tu pensi, puoi. Quindi se tu pensi a- diventi figlia di-. È pensando che si diventa figlia, perché pensando a- incominci a sentire la passione per-; non fosse altro che per capire, già quello fa scatenare in te un movimento ascensionale verso il raggiungimento di ciò cui stai pensando. Quindi, in quanto Dio ti fa dire “Padre”, già forma in te il desiderio di capire cosa stai dicendo; proprio perché ti fa dire una parola di cui non ti rendi conto. Infatti noi usiamo il termine “padre”, per i nostri rapporti sentimentali, naturali, familiari; e diciamo: padre è colui che mi ha dato l’esistenza, la vita. NO! È Dio che ci ha dato l’esistenza, però per noi, apparentemente nostro padre e nostra madre sono coloro che “naturalmente” ci hanno messi al mondo; però arriva Gesù e dice: “Non dire Padre a nessuno, perché Padre è soltanto quello che è nei cieli” (cf Mt 23,9). Allora, dobbiamo chiederci: cosa vuol dire, dire “Padre” a questo Essere che è nei Cieli?

Non è più un rapporto naturale, sentimentale, apparente. Qui si tratta di capire quand’è che noi diciamo veramente “padre” a-.

Giovanna: Noi diciamo “padre” pensando, a ciò cui dedichiamo il pensiero.

Luigi: Quindi se uno pensa alla propria casa, sta dicendo “padre” alla sua casa; non sta pregando. Ecco, noi diamo il nome di “padre” a ciò che determina in noi il pensiero.

Soltanto il Pensiero di Dio ha come Padre Dio, perché è Pensiero di Dio; per cui soltanto quando noi pensiamo Dio, abbiamo Dio come Padre del nostro pensare. Pensando Dio è Lui che determina in noi il pensare a Lui. Ma se tu pensi altro non è più Lui che determina in te il pensare, cioè Lui non è più tuo “Padre”, anche se a parole tu dici “Padre”.

Giovanna: Quindi in tutte le cose che Lui mi presenta, come per esempio la casa, io devo sempre unirmi al Pensiero di Dio per essere collegata con Dio.

Luigi: Ogni cosa tu la devi vedere da Dio; soltanto guardando le cose da Dio hai Dio che determina in il tuo pensare, per cui è Dio che ti fa pensare. Altrimenti tu hai altro, sei motivata da altro e sei figlia di altro. Se tu pensi ad una creatura, diventi figlia di quella creatura, e subisci le passioni di quella creatura. Infatti noi ci accorgiamo che basta guardare una cosa per essere attratti da quella cosa. Ma cosa vuol dire essere attratti? Vuol dire che si sta subendo quella passione. Il che vuol dire che quella cosa sta già diventando nostro padre.

Giovanna: Può anche essere una cosa che non mi piace, però in quanto mi prende il pensiero…

Luigi: Ecco, in quanto ti prende il pensiero ti determina; magari ti scatena delle paure, però è quello che ti determina; e quindi diventa tuo principio e quindi diventa tuo “padre”.

Giovanna: Perché prima dice: “Così parlò Gesù…”

Luigi: Per far vedere che questa è la conclusione di tutto; cioè la conclusione di tutta l’opera che Dio fa, dal primo momento in cui dice: “sia fatta la luce” (Gen 1,3). Tutta la creazione, tutta la vita, tutti gli esistenti, tutte le creature, tutto questo va verso una conclusione; il tempo passa a senso unico, e se passa a senso unico va verso una conclusione; e quando tutto è stato detto, perché quando tutto è stato detto? È tutta opera creatrice di Dio; ma per che cosa Dio crea tutte le cose? Qual è questa conclusione alla quale il tempo ci sta portando?

Dio crea tutte le cose per formare in te la capacità di alzare gli occhi al Cielo, a Lui per dirgli: “Padre”: questa è la conclusione di tutta l’opera creatrice di Dio.

Giovanna: Quindi per poter alzare gli occhi ho bisogno delle creazione, della Parola.

Luigi: La creazione Dio te la dà per formare in te questa capacità di alzare gli occhi, quindi di pensare Dio e dirgli “Padre”; cioè forma in te questa convinzione, questa conoscenza, che Dio è Padre tuo; per cui tu puoi dirgli “Padre” pensando Lui.

Ripeto: questo poter dire “Padre” è la conclusione di tutto quello che Dio ha detto e ha fatto.

Giovanna: Dio tutto opera per…

Luigi: …farsi pensare da noi, per formare in noi un Pensiero; questo Pensiero è suo Figlio, quindi per dare a noi la possibilità di “generare” suo Figlio; perché è suo Figlio quello che dice “Padre”.

Domenico: Poi “così parlò”, ed è la conclusione di tutti i “prima”; ma allora gli apostoli, quindi chi ascolta il Cristo, in realtà non aveva capito niente.

Luigi: Non importa; il capire verrà. Lui porta a conclusione quello che deve portare a conclusione, e giungendo alla conclusione dice: “Padre”.

Domenico: Ma come glielo dice questo “Padre”? perché dicendo “Padre” uno pensa al proprio padre naturale; quindi ci deve fare capaci di pensare a Colui che è il suo Padre, il suo Principio.

Luigi: Tutta l’opera creatrice è per formare in noi un Pensiero; quel Pensiero che pensa Dio e che pensando Dio riconosce lì l’origine di tutto e del suo stesso pensare.

Franca: Sarebbe quello il compimento; siccome il Figlio è venuto a portare a compimento l’opera del Padre (cf Gv 5,35), è questa l’opera compiuta? Cioè, questo dire “Padre”, è l’opera portata a compimento dal Figlio?

Luigi: Certo, l’opera portata a compimento dal Figlio è dire “Padre” consapevolmente; quindi non a parole, perché parole se ne dicono tante, ma il Figlio compie la sua opera facendoci dire “Padre” consapevolmente.

Fabiola: Noi però siamo figli di una madre, cioè non c’è solo il padre.

Luigi: Sì, nel campo dei segni c’è il padre e la madre; ma siamo nel campo dei segni! Nell’Assoluto, cioè nello Spirito non c’è padre e madre, ma c’è solo il Padre. Cosa significa: campo dei segni? Campo dei segni è quel campo in cui Dio ti significa quello che tu devi fare nel campo dello Spirito; perché nel campo dei segni le cose avvengono senza di te, infatti tu nasci senza di te; invece nel campo dello spirito le cose non avvengono senza di te: tu non nasci senza di te. Allora, tutto quello che avviene nel campo dei segni è parabola per insegnare a te quello che devi fare con Dio, perché ciò che tu vedi nei segni, in Dio non avviene senza di te. Quindi, nel campo dei segni, dall’unione tra  uomo donna, cioè tra due creature, tra due esseri, nasce una creatura nuova; e questo è lezione per noi per farci capire che è dall’unione della nostra anima con Dio  nasce una creatura nuova.

Ecco, la creatura nuova non nasce dallo sforzo di uno; noi, per quanto ci diamo da fare non riusciamo a creare, o a generare un figlio; è sempre l’unione con l’altro che ci permette di avere un figlio. Dall’unione con l’altro nasce un figlio; quindi l’Altro dev’essere  sempre Dio, cioè l’altro con la “a” minuscola deve diventare l’Altro con la “A” maiuscola. Quindi dall’unione con Dio nasce una creatura nuova; cioè quella creatura nuova, spirituale, che si deve formare in noi, nasce soltanto se noi ci uniamo a Dio. Quindi Dio fa la funzione della donna, sotto un certo aspetto. Quindi dall’unione della nostra anima, del nostro pensiero con Dio nasce in noi una creatura nuova, nasce in noi la consapevolezza del Pensiero di Dio che è il Figlio di Dio. Per cui siamo fatti una cosa sola con il Tu di Dio, Pensiero di Dio. Ma questo “io” nuovo nasce soltanto in quanto il nostro pensiero si unisce a Dio, e dall’unione del nostro pensiero con Dio scopriamo, prendiamo consapevolezza di una Realtà nuova. È quella novità che lo Spirito Santo fa di tutte le cose.

Fabiola: Maria, la Madonna fino a che punto ci accompagna?

Luigi: La Madonna è la figura tipica per farci capire come si concepisce Dio. Infatti la Madonna dice: “non conosco uomo” (Lc 1,34), quindi non si è unita all’uomo. Quindi la Madonna rappresenta la nostra anima; la nostra anima non conosce uomo, non deve conoscere uomo; perché la conoscenza dell’uomo, da cui nasce una creatura nuova, è soltanto nel campo dei segni. Ora, qui, con Maria, Dio ti pone davanti una creatura che ti rivela come si nasce spiritualmente, quindi nel campo della sostanza, da Dio; quindi non cercando l’uomo, ma cercando Dio. Ecco, la Madonna è la creatura “prototipo” sia per l’uomo che per la donna, per concepire Dio.

Ora, fintanto che noi cerchiamo le unioni con le creature, non possiamo concepire Dio, perché siamo ancora nel campo dei segni; però questi segni sono lezioni di Dio per dire a noi: “guarda che sei vuoi essere una creatura nuova devi unirti a ciò di cui le creature sono segno”. Per cui i segni, quindi anche tutti i problemi con le creature, uomo-donna, vanno tutti intelletti. Non bisogna fermarsi ai segni; quindi non dobbiamo dire: “se io mi sposo faccio una creatura nuova e mi sistemo”, no! Quella è soltanto lezione, significazione del Dio che parla per indicarti come devi fare per raggiungere lo scopo per cui sei stata creata.

Angelo: Nel primo versetto il Signore mi ha fatto capire che Gesù prega il Creatore nell’ora del sacrificio, e cerca la sua gloria che è la stessa del Padre.

Luigi: Sì, però il problema è quello di capire cosa vuol dire questo alzare gli occhi al cielo, quindi quand’è che noi alziamo gli occhi al Cielo, perché noi generalmente i nostri occhi li rivolgiamo alla terra. Alzando gli occhi al cielo diciamo al cielo “Padre”. Però noi possiamo anche alzare gli occhi al Cielo e dire: “servimi”; cioè tu puoi pregare Dio, alzare gli occhi a Dio, e dire: “per favore servimi, perché ho bisogno di un servizio”; in quel caso non dici “Padre”, ma tratti Dio come servo. No! Il Figlio alza gli occhi al Cielo e dice: “Padre”.

Sandra: Noi balbettiamo, sembriamo dei bambini piccoli che rivolgono a chiunque incontrano questa parola; però poter rivolgere gli occhi al Cielo e dire “Padre” è il massimo.

Luigi: Sì, infatti è la conclusione; dopo aver detto tutto, adesso alzando gli occhi al Cielo dice: “Padre”; cioè ti fa capire che lo scopo di tutta l’opera creatrice di Dio tra noi, nella nostra vita, è formare in noi questa capacità di alzare gli occhi al Cielo e dire al Cielo: “Padre”. Questo ci fa capire che siamo figli del Cielo.

Noi, se guardiamo la televisione diciamo “padre” alla televisione; se guardiamo le creature diciamo “padre” alle creature, cioè a quelli che amiamo; ma questo fintanto che non si è formata in noi questa consapevolezza: “Padre è il Cielo, siamo Figli del Cielo”; solo allora, raggiunta questa consapevolezza, dobbiamo alzare gli occhi al Cielo e dire: “Padre”. Quindi non far servire il Cielo alla terra, ma far servire la terra al Cielo; cioè sottometti tutto di te a questo “Padre”, affinché il Padre diventi il Principio.

Silvana: Quando nella fede si deriva dal Principio, da Dio Creatore, si può già dire che è nostro Padre?

Luigi: Dire “Padre” non sta nel dire delle parole, ma sta nel guardare dal suo punto di vista, quindi sta nel dedurre, nel derivare da-; tu hai Dio come Padre in quanto hai in Lui il principio del tuo pensare, del tuo parlare, del tuo vivere, del tuo dire, del tuo agire.

Ecco, Dio deve diventare il Padre soprattutto dei nostri pensieri, ma deve diventare anche il Padre del nostro parlare, del nostro agire e del nostro vivere; allora Lui è veramente Padre. Ma se noi pensiamo ad altro, siamo determinati da altre intenzioni, abbiamo altri padri; Gesù infatti a chi si vantava di avere Dio come Padre (ed appartenevano al suo popolo) e di non essere figli di prostituzione, dice: “voi avete come vostro Padre il demonio”. Questo ci fa capire che ci si può illudere; cioè, si può ritenere di avere Dio come padre, ma in realtà si ha come padre il demonio. Infatti se siamo determinati dal nostro io, a pensare alle cose che servono a noi, che interessano a noi, al nostro io, alla nostra gloria, alle nostre ambizioni, cercando i nostri interessi, noi abbiamo per padre il nostro io, cioè il demonio; e questo anche se riteniamo di avere Dio come Padre, anche se diciamo il “Padre nostro”.

Dio non ci osserva nelle parole che diciamo, ma ci osserva nell’intenzione che portiamo. Infatti è in ciò che determina il nostro pensare che si rivela ciò che abbiamo come padre.

Silvana: Consapevolmente si potrà dire “Padre” soltanto quando sarà generato.

Luigi: In realtà questa conclusione che dice: “così parlò Gesù” è questa consapevolezza che si forma attraverso tutta l’opera creatrice di Dio, per portarti a dire consapevolmente al Cielo: “Padre”. Al Cielo dei tuoi pensieri, al Cielo Padre, non sicuramente al cielo naturale; questa consapevolezza è riconoscere che hai in Lui il principio del tuo pensare; allora qui Lui è tuo “Padre”. Ma se il principio del tuo pensare è altro, tu hai altro per padre.

Domenico: Quindi questa possibilità di dire “Padre” ci viene dal Padre.

Luigi: Solo dal Padre. Abbiamo tutta l’opera creatrice di Dio che ci orienta verso un fine ben preciso, che è quello di formare in noi questa capacità di-; però è Lui che la forma. Ma questo lo fa indipendentemente da te.

Domenico: Però è necessario che in noi si sia formato quel Pensiero capace di ricevere dal Padre: “Padre”.

Luigi: Ecco, la conclusione di tutta l’opera creatrice di Dio è per formare in te questa capacità di guardare al Padre; ma non è detto che ci sia la risposta positiva da parte della creatura. Quindi l’opera creatrice di Dio ti porta nel punto in cui si è formata questa capacità di alzare gli occhi al Cielo e dire: “Padre”, ma questo sguardo non avviene senza di te; e questo perché presso Dio c’è libertà. Quindi quando Dio ci fa raggiungere quel punto siamo a tu per tu con Dio, e in quel punto c’è libertà, ma non è detto che questo avvenga.

Domenico: Quindi si può far coincidere questa parola Padre con “Questo è mio” (Lc 22,19-20).

Luigi: …un momento; “Questo è mio” te lo dice (e non a parole!” quando tu, opera tutta del Padre, di Dio Creatore, sei diventato Pensiero di Dio, sei diventato “tutto Pensiero di Dio”. Ora, qui il Padre è ancora oggetto del tuo pensiero, cioè a questo punto sei tu “padre” del tuo pensare. Tu non hai ancora preso consapevolezza che Lui è Padre. Quindi tu sei ancora soggetto, “padre” del tuo pensiero, cioè tu sei ancora convito di questo: “sono io che penso Dio”.

Domenico: Allora non posso dire “padre”.

Luigi: Non puoi, cioè puoi dirlo a parole, ma sono soltanto parole.

Domenico: Quindi per dire Padre a Lui bisogna che Lui mi abbia convinto che non sono io il soggetto, ma che è Lui il Soggetto.

Luigi: Appunto.

Domenico: Allora, questo dire Padre coincide con il “Questo è mio”.

Luigi: No, perché quando per opera di Dio Creatore sei stato fatto capace di alzare gli occhi al Cielo e di dire: “Padre”. A quel punto tu sei pensiero di Dio, stai pensando Dio, però tu personalmente ritieni ancora di essere tu a pensare Dio; e non puoi sfuggire di lì. Sei ancora tu a pensare Dio, perché Dio non ti ha detto: “Questo è mio”. Quindi tu stai pensando Dio, ma Dio è l’oggetto del tuo pensiero, cioè tu sei il principio del tuo pensiero, sei tu il soggetto, sei il padre del tuo pensiero. Ecco, tu pur pensando Dio dici: questo pensiero è mio, sono io che penso, quel pensiero è mio. Lui, il Padre, su questo tuo considerare che il pensiero con il quale pensi Dio è tuo, dice: “Questo è mio”; cioè, tu dici: “questo è il mio pensiero” e non puoi dire in modo diverso, Lui su questo Pensiero dice: “Questo è mio”, ma te lo dice con principio di Verità, cioè ti convince. È a questo punto, dopo che Lui ha detto “Questo è mio”, che tu puoi dire “Padre”. Prima sei tu padre.

Franco: Prima pensavo che questo dire “Padre”  fosse l’apice della fede in Dio Creatore.

Luigi: Certo, Cristo è l’opera di Dio tra noi, quindi è il vertice dell’opera di Dio tra noi; il che vuol dire che l’opera del Dio tra noi, attraverso tutti gli anni che ci fa vivere, tende a questo punto: farti elevare la mente a Dio. Però quando tu elevi la mente a Dio sei ancora tu che pensi. Cioè pensi col pensiero di Dio, però non lo sai. Tu dici di essere tu a pensare.

Franco: Quindi tutta la creazione mi porta a dire con Cristo “Padre”, al Padre nella fede.

Luigi: Certo, nella fede! Ma allora sono ancora parole, sentito dire.

Franco: Quindi non dico realmente “Padre”, perché ritengo di essere ancora il soggetto del pensiero.

Luigi: Ecco, invece bisogna passare dalla parola alla Realtà, perché è la Realtà che ti convince, non la parola. Quindi bisogna andare al di là della parola; tu dici “Padre nostro…”, ma lo dici a parole; invece devi arrivare al di là delle parole per trovare la realtà che corrisponde a quelle parole.

Ora, questa Realtà che corrisponde alle parole non è più opera tua, ma è opera di un Altro. Questo perché chi realizza le cose, è Dio Creatore, non sei tu; quindi tu puoi dire a parole: “padre”, e dicendo a parole “padre” non ti rendi conto di quello che dici e ritieni di essere tu a pensare. E allora qui c’è una frattura, un abisso tra le parole che dici e la Realtà. La Realtà si coglie soltanto da Dio, non si coglie da te.

Franco: Qui hai inserito la realizzazione del nostro pensiero; cioè quella che inutilmente noi cerchiamo di realizzare nella realtà esterna.

Luigi: Certo, la realizzazione viene soltanto da Dio, nemmeno dal Figlio, ma soltanto da Dio Creatore, perché è il Padre che realizza, è Dio Creatore che realizza le cose. La Realtà è opera di Dio. La fame è “nostra”, anch’essa per opera di Dio, però con tutta la nostra fame moriamo se Dio non ci fa trovare il pane; e il pane è la Realtà che corrisponde alla fame. Qui abbiamo una parola, e la parola è come la fame. Però la Realtà che corrisponde a questa parola ti viene solo da Dio. Da…

Rita: Si è detto tante volte che l’uomo diventa figlio di ciò cui dedica il pensiero; quindi se penso a qualcosa che non è Dio divento figlia di quella cosa. Se penso Dio a poco a poco divento figlia di Dio; perché ad un certo momento è il Pensiero di Dio in noi che lavora, che ci fa fare tutti i passaggi.

Collegandomi a ciò che c’era nell’alleluia, “Accogliete docilmente la Parola seminata in voi che può salvare la vostra vita” (Gc 1,21), direi che bisogna accogliere la Parola, quindi coltivarla, custodirla, farla crescere in sostanza dentro di noi…

Luigi: …fino ad arrivare alla Realtà della Parola. Ma la Realtà viene soltanto da Dio. Per cui a quel punto uno non è più lui che tende a fare la realtà, ma tende a vederla e a capirla, a riceverla da Dio Padre.

Pinuccia B.: Quindi tutta l’opera di Dio, nei nostri confronti, tende a formare in noi questa capacità di elevare il nostro pensiero a Lui e dire: “Padre”.

Luigi: Tutta l’opera dà a noi, che stiamo vivendo per le cose che si vedono e si toccano e si esperimentano, interessi, notizie, mondo, forma in noi questa capacità e questo desiderio di elevare, di alzare gli occhi dalle cose che si vedono, che si toccano e si esperimentano nella nostra terra, al Cielo. Ma il Cielo cosa rappresenta? Rappresenta le cose che non si vedono, non si toccano, le cose invisibili, le cose eterne. Alzando gli occhi al Cielo, si alzano gli occhi alle cose invisibili, alle cose che si trovano soltanto intendendole; perché il Cielo si trova soltanto intendendolo, e lì dire: “Padre”.

Pinuccia B.: C’è una frase di S. Paolo che dice: “Abbiamo ricevuto lo Spirito per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre” (Rm 8,15; Gal 4,6); noi crediamo di essere noi a dire Padre, invece…

Luigi: ...è tutto l’opera creatrice di Dio, quindi è Dio stesso che forma in noi questa capacità, questa invocazione, per farci prendere consapevolezza.

Pinuccia B.: Hai detto che Dio fa la funzione della donna. Si è sempre detto che è Dio il seminatore, che è la Parola che feconda la nostra anima.

Luigi: Guarda che Papa Giovanni ha detto che Dio è anche donna, è Madre. Noi siamo pieni di preconcetti…; i segni sono ambigui, sono pericolosi! La lezione dell’unione tra uomo e donna è essenziale, perché è il clou della creazione, perché è proprio dall’unione di due che nasce la creatura nuova. Il problema è proprio questo: soltanto dall’unione di due nasce una creatura nuova. Noi stiamo andando verso questa creatura nuova, ma come nasce questa creatura nuova? Nel campo dei segni abbiamo il sesso, nel campo dello Spirito non c’è sesso; ma allora come nasce?

La Realtà è Spirito, non è sesso, non è materia. Ecco la lezione che Dio ci dà attraverso i segni sulla terra: la creatura nuova nasce dall’unione del Pensiero di Dio in noi, il Cristo, con Dio. Quindi da questa unione del Pensiero di Dio con Dio = Spirito Santo, creatura nuova.

“…l’ora è venuta:…”

Nino: Tutta la nostra vita va verso un compimento,…

Luigi: …va verso un’ora ben precisa.

Nino: Ed è l’ora di poter dire “Padre” a Dio; ma noi possiamo fallire tutta la vita, e arrivare alla fine contando i centesimi.

Franco: Quando l’ora è venuta?

Luigi: Quando arrivi a questa conclusione, quando arrivi a capire che tutto dipende da-. Prima c’è Dio e magari preghi Dio che ti aiuti, ecc., ma c’è anche tanta altra realtà attorno te, tanti altri problemi, tante altre questioni (poveri, handicappati, darsi da fare, le aziende, lo Stato, politica,  giustizia, problemi morali, ecc). Ecco, tutte queste problematiche ti fanno cercare Dio, ma per risolvere questi problemi, perché ti accorgi che non c’è soluzione umana possibile. Ad un certo momento Dio, sempre attraverso la sua opera forma in te questa convinzione: “l’unica cosa necessaria è conoscere Dio” (cf Lc 10,42). Quindi, quando Dio ha formato in te questa convinzione: “fammi vedere il tuo Volto e mi basta” (cf Lc 18,34), hai capito che tutto di te dipende dal conoscere Lui. A quel punto tutti gli altri problemi sono numeri; ed essendo numeri sono cose finite, e le cose finite di fronte all’infinito sono annullate. Tu per quanti numeri aggiunga all’infinito tu non modifichi l’infinito. Tu puoi trascurare tutti i numeri, perché non ti modificano l’Infinito. A quel punto Dio ti ha fatto capire che tutti i problemi nostri sono tutti numeri, sono tutte cose finite, e possono essere trascurate tutte quante. L’unico problema è l’Infinito, è Dio; per cui impegnati con Lui. È questa “l’ora”, perché è Dio che ti ha convogliato ad individuare l’unica cosa necessaria. “Una cosa sola è necessaria”; ecco, a questo punto tutti i tuoi sforzi sono impegnati in questa “cosa sola”.

Franca: Gesù dice: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo.”(Gv 16,21). Quest’ora sarebbe l’ora di nascere da Dio.

Luigi: C’è un’ora sola, non ci sono tante ore. La donna, quando partorisce, è segno della creatura che è giunta alla sua ora; è l’ora di dare alla luce una creatura nuova: “è venuto al mondo un uomo”.

Franca: Ma prima hai detto che noi possiamo alzare gli occhi al cielo e dire “Padre”; cioè rivolgere il Pensiero di Dio al Padre…

Luigi: …che attraverso tutta l’opera creatrice di Dio nella tua vita, ha formato in te questa convinzione: “che io possa soltanto vedere il tuo volto Padre, e questo mi basta” (cf Sal 20). A quel punto tu dici “Padre”, stai invocando “l’unica cosa necessaria”; perché quando tu scopri “l’unica cosa necessaria”  vuol dire che tu ormai hai salutato tutte le altre cose.

Franca: Ma avere la convinzione è ancora poco rispetto a quel “Padre” che dice il Figlio.

Luigi: Sì, ma questo tu non lo sai, non lo puoi sapere; lo saprai poi, perché “il Figlio soltanto il Padre lo conosce”(Mt 11,27).

Franca: Ma come si può dire “Padre” prima di aver partecipato alla generazione del Figlio dal Padre?     

Luigi: Non hai sentito quello che ho detto con Domenico? Rivedi quello che ho detto…

Franca: Ma il culmine è quando uno partecipa alla generazione del Figlio dal Padre.

Luigi: no, no, non ci siamo, non hai capito niente!

Giovanna: È il Padre che determina “l’ora”, ma qui è il Figlio.

Luigi: Si capisce, il Padre determina “l’ora” e tu la constati: è una realtà; è come camminassi verso Cuneo, e man mano che vai avanti ad un certo momento arrivi a Cuneo e puoi dire: “oh, sono arrivata”. Tutta la nostra vita è un cammino unidirezionale, a senso unico; stiamo andando tutti verso un punto ben preciso; ad un certo momento arriviamo e diciamo: “oh, è quello, sto arrivando lì”. Stiamo arrivando a tu per tu con Dio.

È Dio che dall’Infinito ti sta chiamando affinché tu sia convocata alla sua Presenza. Ecco, “l’ora è venuta” per affrontare questo problema. Prima pregavi Dio, magari pensavi Dio, però ti “divertivi”, avevi tanti lavori, tanti impegni, tante cose, e poco per volta arriva un certo momento in cui sei a tu per tu con Dio, devi affrontare il problema di Dio. Ed è l’unica cosa da cui dipende tutto.

Giovanna: Quando alzo gli occhi al Cielo?

Luigi: Quando ti ha convinto di questo tu puoi alzare gli occhi al Cielo.

Domenico: Si può dire che “l’ora è venuta”, in realtà è la “mezz’ora” (Ap 8,1)?

Luigi: Ti risponderò quando tu saprai farmi la distinzione tra un’ora e mezz’ora.

Cris: Ma cosa vuol dire per me: “l’ora è venuta”?

Luigi: L’ora è venuta in quanto tu stai camminando verso una meta, e arrivato a tu per tu con questa meta “l’ora è venuta”. Perché quest’ora è il senso di tutto il tuo andare. Tu stai vivendo, la vita è un cammino, ma questo cammino dove sta sfociando?

Sfocia ad un incontro a tu per tu con Dio; tutto ti convoglia ad affrontare il problema di Dio: ci sei o non ci sei?

Prima credevi in Dio per sentito dire, ma arriva un certo momento in cui tu stesso sei impegnato da Dio a dire a Dio: “ci sono” o “non ci sono”. Qui non ci sono né Santi, né chiese, più niente che tenga, perché sei tu lì, a rapporto. È il momento in cui tu devi dire chi Lui è per te. Quella è l’ora. Quest’ora, è l’ora in cui sei tu che devi decidere; è Dio che si mette nelle tue mani proprio perché tu decida il posto da dargli nella tua vita. Cioè, devi decidere se Lui è l’Essere da cui deriva tutto di te, oppure se è un soprammobile; tutto lì.

Cris: Quindi è all’inizio del cammino, non alla fine.

Luigi: È alla fine del cammino; o meglio, all’inizio del cammino spirituale, alla fine del cammino nostro nel mondo. È il punto cruciale perché si formi in te la creatura nuova, cioè la creatura che vive nel Cielo di Dio.

Cris: È l’ora in cui devo dire: “mi impegno o non mi impegno”.

Luigi: Certamente, cioè devi dare un posto, ed è il centro di tutto. In quest’ora Dio si mette nelle tue mani e ti dice: “mettimi dove vuoi”.

Fabiola: È difficile arrivare a “quest’ora”?

Luigi: A quest’ora arriviamo tutti, non fosse altro che in punto di morte; stai tranquilla che tutti quanti arrivano, perché è Dio che opera senza di noi, quindi che ci conduce. È la decisione che diventa difficile; però in quel punto, punto in cui devono decidere, volenti o nolenti, arrivano tutti quanti; non c’è niente da fare. Cioè, il problema di Dio, ad un certo momento si affaccia a tutti, ovunque siano; sapienti, ignoranti, poveri o ricchi; stai pur tranquilla che il problema si presenta a tutti.

Fabiola: Questo momento è determinante, perché è il momento in cui Dio può anche diventare un soprammobile…

Luigi: …Dio può diventare per noi semplicemente una parola.

Fabiola: Però può anche diventare il nostro “prima di tutto”.

Luigi: Certamente; però, perché Dio diventi nostro “Padre” è assolutamente necessario che Egli si metta nelle nostre mani, come un bambino. Infatti se ti vien dato un bimbo appena nato nelle tue mani, devi averne molta cura perché viva; ma se lo trascuri lui muore, deperisce.

Ora, Dio si presenta come un bambino affidato alle nostre mani: dipende da noi. Soltanto che un bambino ci condiziona ventiquattrore su ventiquattro, perché richiede tutto il tuo pensiero. Ecco, Dio ad un certo momento diventa uno che ad un certo momento richiede tutto il tuo pensiero per essere tuo Pensiero, perché in realtà Lui è tuo pensiero.

Dio deve diventare tuo pensiero, ma perché questo sia possibile Egli deve affidarsi tutto a te; quindi Dio si fa oggetto del tuo Pensiero, per farsi scoprire da te.; cioè deve mettersi nelle tue mani per farsi scoprire da te. Fintanto che Lui non si mette tutto nelle tue mani (anche se corri un grande rischio), in modo che dipenda soltanto più da te, tu non lo scopri per quello che Lui è. Sei tu che devi dire: “per me sei tutto”. Ma quando puoi dire: “per me sei tutto”? Solo quando Lui si dà tutto nelle tue mani.

Fabiola: Ma questa preghiera che fa Gesù è prima della sua morte...

Luigi: È la conclusione, Gesù ha sempre parlato di “quest’ora” verso cui sta andando, e per la quale è venuto. Ma tutte le cose che Lui dice, le dice per noi, per farci capire che stiamo andando verso un’ora ben precisa, per la quale siamo stai creati, un’ora in cui noi dobbiamo personalmente, indipendentemente da tutti gli altri, decidere su Dio; perché soltanto lì, Lui può diventare nostro Padre e noi diventare suoi figli.

Sandra: “È giunta l’ora”; quindi c’è…

Luigi: Prima, nella nostra vita Dio ci fa vedere, sul palco del mondo, tanti che recitano, chi bene chi male, chi crede, chi non crede, quindi ci fa ascoltare tutto quello che dicono gli altri; ma arriva un certo momento in cui Lui, ad ognuno di noi, ma uno alla volta, dice: “vieni sul palco, adesso sei tu che devi dire chi è Dio per te, e davanti a tutta la platea”, per cui chi è convocato da Dio si accorge di essere in gioco, personalmente.

Franco: Hai detto prima che fino a questo punto Dio porta ogni uomo, e lì siccome si è liberi davanti a Dio, possiamo non impegnarci in quello che ci chiede. Ecco, questo è quel momento in cui il popolo di Israele non entrò nella terra promessa quando ebbe la possibilità di entrare…

Luigi: E fu costretto ad esaurirsi nel deserto. Per cui, mentre prima stava camminando verso un punto ben preciso, quando sono arrivati in quel punto, non hanno avuto il coraggio di fare il salto. E da quel momento hanno incominciato a vagare nel deserto fino all’esaurimento, al fallimento di tutto (Nm 14,33). Per cui abbiamo queste due fasi nella nostra vita:

1°-    vi è una prima fase in cui si cammina verso un punto, e in quel punto ci vien chiesta una scelta.

2°-  questa scelta può fallire, in tal caso tu continui a vivere, ma all’esaurimento, cioè la tua vita è in un processo di fallimento. Se non fallisce inizia un nuovo cammino.

Franco: Quindi, in quest’ora, ci vien chiesto il coraggio di far conto su Dio, quindi di lasciare tutto il resto per ciò che non si vede; però arrivati a quel punto, il Cristo deve aver formato la capacità di fare questo salto.

Luigi: Certo, per il popolo ebreo la capacità c’era.

Franco: Intendo dire: se la creatura ha vissuto fino a quel momento per Dio, perché gli manca il coraggio di fare il salto se è quello che desidera?

Luigi: Perché deve far conto su Dio, e non deve far conto su se stessa.

Arriva un certo momento in cui tu devi nascere come creatura nuova da Dio. Il che vuol dire che devi far conto su Dio, che devi dipendere da Dio. Se tu ti ripieghi su te stesso non puoi avere il coraggio, non puoi. Il coraggio, quindi anche la capacità di fare quel passaggio ti viene da Dio; per cui tu dirai: “Signore, è stata grazia tua, perché senza di te io: niente!”. Per cui se tu distogli lo sguardo da Dio, non puoi nel modo più assoluto fare quel passaggio, quel salto. Cioè la creatura nuova non nasce, e la creatura vecchia si spegne.

Franco: In quel punto, siccome si riallaccia alle parole di Gesù, “così parlò Gesù, poi alzando gli occhi al Cielo”, fa pensare che in quel punto lì, le parole di Cristo sono messe da parte.

Luigi: Sì, ma tutte le parole di Cristo sono servite per formare in te questa capacità di alzare gli occhi al Cielo e dire: “Padre”.

Franco: Hanno fatto la loro funzione.

Luigi: La loro funzione era questa.

Franco: Ecco, lì c’è il momento di silenzio.

Luigi: Si capisce, tutto tace.

Rita: Quando viene quell’ora si potrebbe dire che il tempo finisce, perché se è un sì, si entra nel Cielo di Dio, nell’eternità; lo siamo già adesso…

Luigi: …ma dobbiamo prendere consapevolezza.

Rita: Come si potrebbe dire che, a quel punto, il Principio si congiunge col Fine. “Non ti dico che tu li tolga dal mondo…”(Gv 17,15)

Luigi: Si capisce, è una vita nuova.

Pinuccia B.: Cercavo una relazione tra come hai spiegato quest’ora, e altre frasi di Gesù che parlano del suo tempo e del nostro tempo; “la mia ora non è ancora giunta, per voi è sempre tempo” (Gv 7,6).

Luigi: A Gerusalemme dice: “Non c’è più tempo” (cf Mt 23,37).

Pinuccia B.: Quando poi maledice il fico perché non gli dà frutti nonostante sia fuori stagione (Mc 11,12-14), lo fa per noi, per dire a noi che è sempre tempo di dare frutti. Per non c’è una stagione specifica. Ecco, c’è poi quest’ora decisiva per noi. Quindi cos’è questo “per voi è sempre tempo”?

Luigi: Tieni presente che il Signore dice anche alla creatura: “Non c’è più tempo”; quindi devi tener presente una cosa e l’altra: “C’è sempre tempo”, e  “Non c’è più tempo”

Pinuccia B.: Quindi quando arriva quest’ora non c’è più tempo.

Luigi: Quando il popolo ebreo ha rinunciato ad entrare nella terra promessa non c’è stato più tempo. Il tempo va verso una meta ben precisa; arrivati a quella meta il tempo è finito. Il tempo è finito! Il tempo è conclusivo. Tu non puoi tornare indietro nel tempo; puoi fare quello che vuoi all’orologio, ma il tempo continua a passare.

Pinuccia B.: Quindi quando Gesù ha detto tutto, quando Dio ha fatto tutto, ha formato in noi la capacità di elevare il nostro sguardo al Padre, lì è giunta l’ora: l’ora di deciderci per Dio.

“…glorifica tuo Figlio…”

Nino: Il Padre glorifica il Figlio…

Luigi: No, è il Figlio che chiede al Padre : “Glorifica tuo Figlio”. Lui chiede al Padre, perché Lui di sua iniziativa non fa niente, quindi la chiede al Padre.

Nino: Il Padre glorifica il Figlio quando ha portato il Figlio a vedere la gloria del Padre in tutte le cose.

Luigi: Glorificare vuol dire rivelare quello che un essere è. Il Figlio chiede al Padre che il Padre riveli quello che il Figlio è.

Franca: “Glorifica tuo Figlio”, chiede al Padre di rivelare, per me, per ognuno di noi, quello che il suo Pensiero è in me.

Luigi: Certo, tu hai il Pensiero di Dio, ma non sai chi è, cos’è questo Pensiero di Dio. È tuo pensiero? È un pensiero che ti ha messo la società? È un pensiero che ti hanno messo gli altri? È Dio? Cos’è questo pensiero? Allora chiedi al Padre che glorifichi, cioè che riveli quello che il questo Pensiero che portiamo in noi.

Franca: Ed è lo stesso Pensiero che ha già fatto tutta questa opera creatrice di Dio, “Così parlò Gesù”; questo pensiero si rivolge al Padre…

Luigi: …chiede al Padre, perché lo deve ricevere dal Padre, l’Essere si riceve dal Padre. A quel punto, la creatura ha capito che l’Essere lo riceve dal Padre; e allora lo chiede al Padre perché gli venga dal Padre; cioè che il Padre realizzi.

Franca: Se questo è il compimento, la realizzazione, la realtà della parola “Padre”, come fa ad essere la fine del cammino dei segni?

Luigi: Ma questa Realtà viene dal Padre, non viene da te. Da te viene l’interrogazione. Dal Padre viene la risposta, cioè la realizzazione.

Franca: Quindi il Figlio, il Pensiero di Dio in me, chiede al Padre, senza ancora sapere che è il Padre; infatti dopo dice: “glorifica…”.

Luigi: Certo, “…affinché il Figlio glorifichi te”.

Giovanna: Hai detto che quest’ora arriva per tutti, però non tutti arrivano a dire: “glorifica il tuo Figlio”.

Luigi: Si capisce, e allora ecco che abbiamo il Figlio che porta a compimento tutte le cose. Il compimento è nel Figlio, non è in noi. Però le porta a compimento per noi, affinché quell’ora non abbia a fallire. Il popolo ebreo è fallito in quell’ora. Quindi affinché non abbiamo a fallire, ecco che abbiamo in Cristo la Salvezza. Per cui se noi teniamo presente Cristo, noi abbiamo il compimento; perché è in Lui che si è compiuta la “cosa”. Ecco l’importanza delle parole del Cristo.

Domenico: Quando Gesù dice: “Nel seno di chi crede in me sgorgheranno fiumi di acqua viva; disse questo dello Spirito Santo che i credenti in Lui dovevano ricevere. Infatti lo Spirito non essendo ancora Gesù  glorificato”(Gv 7,38-39). Quindi questa glorificazione è la premessa per arrivare allo Spirito Santo.

Luigi: Altroché.

Fabiola: Cosa vuol dire che il Figlio porta a compimento?

Luigi: In noi le cose sono incompiute; perché sono incompiute? perché non sono capite. Ora, tutto il parlare delle creature è sempre incompiuto, inconcludente. Ad un certo momento tutte le creature non ti dicono niente, sono inconcludenti, girano a vuoto; cioè t’accorgi che non colgono l’anima del problema. È come se tu portassi un problema, chiedi la soluzione a destra e sinistra, tutti ti danno una medicina, una diversa dall’altra, ma nessuno te lo risolve, sono tutti palliativi. Ecco, tutto il nostro parlare è palliativo perché la soluzione risolutiva c’è l’abbiamo soltanto in Dio e da Dio. Ecco come Dio ci conduce verso quest’ora risolutiva; perché facendoci capire che tutto è vanità, e che il problema non si risolve con nessuno, ci orienta a cercare la soluzione unicamente da Dio. Lì abbiamo il compimento. Il Principio è Dio e il compimento è in Dio. Si va da Dio a Dio. Qui hai la soluzione del problema perché hai la giustificazione delle cose; in Dio finalmente la tua anima trova la pace: “ah, ho capito”. Tu sei in pace, hai avuta la risposta che aspettavi. In Dio c’è la soluzione di tutto, perché in Dio c’è la ragione di tutto; perché Dio essendo Creatore ha in sé la ragione di tutto. Allora, se tu vuoi trovare la giustificazione delle cose, la devi cercare in Dio; soltanto in Dio e da Dio, trovi la giustificazione e quindi  l’anima si riposa. L’anima si riposa soltanto in quanto trova una ragione, una giustificazione delle cose, il significato. Quindi, se tu chiedi al mondo: per che cosa vivere? Ti puoi sentire rispondere: vivi per il denaro, e giri a vuoto; vivi per la gloria, e giri a vuoto; vivi per la politica, e giri a vuoto; vivi per i poveri, e giri a vuoto; vivi per gli altri, e giri a vuoto; fina ad arrivare a dire: “ma tutto questo a che cosa serve se poi intanto dopo si muore”. Ecco, soltanto in Dio e da Dio tu hai la soluzione; ed è una soluzione eterna, che non c’è più nessuna ragione umana, in alto o in basso, che te la possa modificare. Ecco, lì finalmente la tua anima si riposa; hai trovato la giustificazione in Dio e da Dio. Il compimento. Tutto va verso questo compimento.

Fabiola: La differenza tra l’Antico e il Nuovo Testamento, qual è?

Luigi: Ma noi siamo nell’Antico Testamento! Dove credi di essere? Quelli sono segni, hai capito? Noi, nel pensiero del nostro io, diciamo: “quelli erano prima, noi siamo dopo”, no! Nel campo della Verità è tutto diverso. Il “prima” e il “dopo” ha ben altri aspetti; il “prima” è quando tu tendi a-, poi avendo incontrato il Cristo, vedi tutte le cose dal punto di vista di Dio. Allora viene il “dopo”: “Lo Spirito Santo venendo, vi condurrà a vedere la Verità in tutto” (Gv 16,13); questo è il compimento di tutto. Allora il “dopo” viene dopo questo compimento. Nel pensiero del nostro io c’è il tempo, prima e dopo, ma nel campo dello Spirito no, noi possiamo essere a chissà quale tappa. Per cui: la creazione, l’Antico Testamento, il Cristo, il dopo Cristo si ripresenta nella vita di ogni uomo, e ogni uomo deve imparare a capire il tempo in cui si trova. Gesù rimprovera: “perché non capite il tempo in cui vi trovate”  (cf Mt 16,2-3). Sei prima di Cristo? Sei dopo Cristo? Dove sei? A che punto sei nel cammino verso Dio?

Le cose vanno tutte ragionate con Dio.

Amalia: Questa rivelazione che il Figlio chiede al Padre, è ancora una rivelazione per fede?

Luigi; Certo, siamo nel campo della fede; ed è in questo punto che il Figlio chiede al Padre: “dì: “questo è mio” .

Sandra: Il Figlio che dice: “dì “questo è mio””, chiede lo Spirito Santo? O questa preghiera è valida sempre, cioè può essere fatta nell’Antico Testamento, come nel Nuovo.

Luigi: Il Nuovo Testamento è determinato dall’incontro con Cristo. Ora, noi senza Cristo facciamo niente (Gv 15,5), cioè senza di Lui siamo dei grandi pasticcioni. Invece con Cristo, sulla guida di Cristo, siamo impegnati sull’essenziale, “perché Lui ha detto questo” e allora cerchi di capire, cioè con Cristo ci impegniamo in ciò che Lui ha detto. Ma se Lui non avesse parlato come Verbo incarnato, chi si impegnerebbe in queste parole? Chi mai si sognerebbe di dire queste parole. Se Cristo non avesse detto queste parole, chi mai si sognerebbe di pensare a queste parole. Tu attualmente stai meditando su questa parola perché Cristo l’ha detta. Quindi c’è Uno, per primo, che ti impegna.

Sandra: Ma nel momento in cui Dio glorifica il Figlio …

Luigi: Lui riceve tutto dal Padre, perché è Figlio; e insegna a noi, perché le cose le dice per noi, a ricevere tutto dal Padre per capire cos’è questo Pensiero di Dio con cui noi pensiamo al Padre. Cos’è questo Pensiero?

Dobbiamo rivolgerci al Padre, perché solo Lui ci può dire che cos’è questo pensiero con cui noi pensiamo Dio; altrimenti è il nostro pensiero, e fintanto che è il nostro pensiero stiamo freschi.

Franco: Questo “Padre glorifica tuo figlio” prende Luce dalla parte successiva del versetto: “…affinché tuo Figlio glorifichi te”; perché presa senza la seconda parte, siccome la glorificazione è la rivelazione di ciò che un essere è, “solo il Padre conosce il Figlio”, chiederebbe la conoscenza del Padre. Cioè in questa glorificazione del Figlio per noi sarebbe compresa anche la conoscenza del Padre, perché solo dal Padre si può conoscere la glorificazione del Figlio. Se invece siamo nel campo della fede…

Luigi: Siamo nel campo della fede; perché tutto è nel campo della fede; perché sono parole che arrivano a te, cioè parole che arrivando non capisci ancora, ma che ti impegnano a capire. Cioè tu stai credendo in Dio perché c’è Cristo, perché c’è la creazione, perché c’è il mondo, e questo è sempre campo della fede; cioè in quanto ti trovi con dei segni, le parole sono dei segni, e siamo nel campo della fede.

Sandra: Ma quando sarà Realtà è sempre fede?

Luigi: No! La Realtà è Realtà. Quando tu trovi la Realtà non credi più. Tu credi fintanto che non arrivi alla Realtà. Se io ti parlo della montagna tu la conosci per sentito dire, se poi vieni e la vedi dici: “ecco la montagna”, non hai più bisogno di credere.

Franco: Allora non è la piena glorificazione del Figlio, ma è una glorificazione parziale.

Luigi: Gloria vuol dire capire cosa un essere è. Ora, è necessario fare questo salto: dal Pensiero di Dio come mio pensiero “io penso Dio”, al Pensiero di Dio come Pensiero di Dio “è Dio che si fa pensare” e questo lo possiamo soltanto ricevere da Dio. Altrimenti sarà sempre tuo pensiero; e tu vai all’inferno con quel Pensiero di Dio. All’inferno c’è il Pensiero di Dio, anzi è determinato dallo stesso Pensiero di Dio non conosciuto; che è quel pensiero che non ha ricevuto dal Padre la conoscenza di quello che è.

Rita: Gesù chiede questo al Padre per indurre noi a fare la stessa cosa e per ricevere questa consapevolezza.

Luigi: Certo, è tutto per noi, perché tutte le cose che dice non le dice per Sé. Lui è Dio, quindi lo dice per noi.

Pinuccia B.: Questo Pensiero di Dio che è in noi deve trovare il suo Principio in noi.

Luigi: Sì, ma il Principio mi viene dal Principio. Quindi non può venire da me. Tu puoi fare tutti i salti mortali che vuoi, ma non troverai che cos’è questo pensiero, perché il Pensiero viene dal Principio.

Pinuccia B.: Cioè è il Padre che consacra suo Figlio, “questo è mio”. Noi dobbiamo offrirLo…

Luigi: …per riceverlo da-.

Pinuccia B.: È il passaggio obbligato per poter arrivare a conoscere il Padre. Quindi non è ancora la conoscenza del Figlio, ma è solo conoscenza…

Luigi: No, perché il Padre soltanto il Figlio lo conosce.

Pinuccia B.: Però se io non arrivo a questa scoperta del Pensiero Oggettivo in me, che è di Dio e non è mio, non arriverò a conoscere il Padre, perché è la porta obbligata, non c’è...

Luigi: …niente da fare.

Alcuni pensieri conclusivi:

Franca: Il Pensiero del Figlio nell’Inferno è il pensiero che non ha trovato la sua giustificazione nel Principio?

Luigi: Si capisce!

Nino: Il Padre comunica Se stesso, l’Essere, all’uomo convinto di pensare Dio con il pensiero di Dio che porta in sé oggettivamente presente indipendentemente da sé.

Franco: Non basta sapere per sentito che il Pensiero di Dio in noi è di Dio, ma dobbiamo impegnarci per arrivare…

Luigi: …a riceverLo dal Padre, a capire cos’è dal Padre.

Giovanna: La Parola del Cristo è un dono grande, perché se Lui non ci dicesse queste cose….

Luigi: …per carità. “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole”(Gv 8,31), quindi le sue parole sono essenziali. “Le mie parole sono spirito e vita”(Gv 6,63), “senza di Me fate niente”(Gv !5,5). Quindi pensa un po’…

Domenico: Soltanto ricevendo dal Padre la glorificazione del Figlio noi possiamo glorificare il Padre  come lo glorifica il Figlio.

Luigi: Certamente.  

Cris: Bisogna sapere che Dio è Creatore, ma anche nostro Padre.

Fabiola: La nostra vita è determinata dalle scelte…

Luigi: Sì, però chi ci fa scegliere è sempre la Parola di Dio che arriva a noi; la Parola è una proposta, quando tu ricevi una proposta, necessariamente dai una risposta, e lì c’è la scelta.

Riccardo: “Padre l’ora è venuta”.

Angelo: Gesù è la parola del Dio Creatore.

Silvana : Quest’ora è un’ora che ci dà la possibilità di vivere solo per Dio.

Franco: “Se oggi odi la sua voce affrettati ad entrare nella sua pace”(Eb 4,11).

Rita. Quando nella nostra vita arriviamo nel punto in cui si realizza questo versetto siamo verso la conclusione della nostra Messa.

Luigi: Si capisce : “La Messa è finita. Andate ….”

Zina: Cristo ci insegna a dire “Padre”.

Pinuccia B.: La condizione perché tutto questo si realizza è un grande ascolto a Dio che parla in tutto.

Luigi: Viene dal Padre. La realizzazione viene dal Padre.

Pinuccia B.: Però ci deve essere questo ascolto di ciò che dice Gesù : “cosi disse” ; tutto ci deve convogliare in quel punto.

Luigi: Arrivederci.


Incontri del Sabato ciclo A - B – C

condotti da Luigi Bracco

 

Gv 17,1-II: «Così parlò Gesù, poi alzando gli occhi al cielo disse: “Padre, l’ora è venuta, glorifica il tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi Te”»


ciclo A (07.11.1981):

"…l’ora è venuta…"

Pinuccia B.: Vorrei approfondire quest’ora. “Padre l’ora è venuta”. Gesù parla per noi, in questo momento.

Luigi: Gesù parla sempre, non solo in questo momento. Perché Gesù, essendo Verbo incarnato, tutto ciò che fa e tutto ciò che dice, lo fa e lo dice per noi, cioè per educare noi a essere figli di Dio, a diventare figli di Dio.

Pinuccia B.: Allora in tutti i momenti Egli dice per me al Padre “…è giunta l’ora…”? Qual è il significato di quest’ora per me?

Luigi: Tutte le cose camminano verso una meta. L’universo è uni-verso, cioè rivolto verso l’unità. Il tempo della nostra vita va verso un fine, tutto esiste per farci approdare su un certo orizzonte. Tutte le cose vanno verso un compimento. Ora, questo compimento non avviene in sé e per sé, ma avviene nell’uomo, dentro di noi, perché tutta la creazione, tutto l’universo, anche i fatti di ogni giorno, sono fatti da Dio per ognuno di noi. Ma per quale scopo? Sono fatti per un’ora, per condurci a un’ora particolare, per fare maturare in noi un certo pensiero.

Prima di questo momento c’è un’ora che ci aspetta. Ed è l’ora del Verbo di Dio, cioè l’ora in cui il Verbo di Dio in noi manifesta se stesso, quindi manifesta il Padre. E’ il Verbo che manifesta a noi il Padre. “Nessuno può andare al Padre se non per mezzo di Me”. Perché noi siamo creature, e la caratteristica della creatura è proprio quella dell’essere molto dispersa dietro tutte le cose. Tutto ci attrae, tutto ci disperde e tutto ci porta via. Però in tutta questa dispersione noi non siamo soli, Dio non ci abbandona mai.

Dio opera, man mano che la nostra vita passa, per raccoglierci in continuazione dalle nostre dispersioni. E abbiamo tutte le lezioni della vita attraverso cui, a poco per volta, Dio ci convince; una cosa ci delude, l’altra ci stanca, l’altra ci annoia e intanto fa maturare in noi una certa convinzione, e questa convinzione è Dio. Attraverso tutti gli avvenimenti, a poco per volta Dio genera in noi il suo Verbo, genera in noi il suo Pensiero.

A arriva un certo momento in cui, quando si è nell’agonia, quando si è alla fine della vita, l’unico pensiero che rimane è Dio. Cosa è successo? Attraverso la maturità della vita Dio ha annullato tutto quello che ci portava via e ci distraeva e ha fatto maturare in noi la sua Presenza, il suo Pensiero. Quella è l’ora del Verbo di Dio. Ora che è fatta giungere a noi per opera del Padre, del Creatore. Possiamo dire che il Creatore, Dio, attraverso tutte le opere che ci fa incontrare nella nostra vita fa maturare in noi l’ora del suo Figlio, l’ora del Verbo. Il Figlio di Dio è il Pensiero di Dio, in quest’ora noi capiamo, scopriamo la grande importanza che ha in noi il Pensiero di Dio.

Questa è l’ora di Dio, ed è la fine di tutto il nostro mondo, perché tutto il nostro mondo è stato fatto ed è ancora fatto per condurci lì. Il nostro mondo è una conversazione, perché essendo opera di Dio è Parola. Quindi è una conversazione, è Dio che conversa con noi.

Quando si fa una conversazione si tende ad arrivare ad un pensiero; perché la conversazione è conversazione in quanto tende a condurci a scoprire un pensiero, converge verso un pensiero. Universo, converge. Da qui la conversione della creatura, della sua vita, di ognuno di noi, che è una conversione verso un Pensiero. Ma è Dio che conduce le fila, è Dio che conversa.

Noi quando conversiamo il più delle volte pasticciamo, e anziché rivelare un pensiero lo confondiamo; Dio, che è ben altro dalla creatura, quando conversa conduce all’evidenza della sua Verità, del suo Pensiero. Il suo Pensiero è suo Figlio, questa è l’ora del Figlio, è la glorificazione del Figlio.

Invece prima di arrivare a quell’ora il mondo ci fa confondere il Pensiero di Dio, ci distrae dal Pensiero di Dio, per cui noi restiamo dispersi: una cosa ci attrae, l’altra cosa ci diverte, l’altra cosa la vediamo interessante, e il Pensiero di Dio in noi è confuso. Non è annullato, perché noi non possiamo annullarlo, mai! però è incerto, è confuso. Ecco, Dio parlando opera per evidenziare a noi la Verità, la grandezza, l’importanza di questo Pensiero. Che è tutto, perché lì troviamo tutta la nostra vita.  Perché vivere vuol dire comunicare con Dio, partecipare Dio; dunque bisogna imparare a pensare tutto nel Pensiero di Dio. Noi attualmente saltiamo da un pensiero all’altro, siamo continuamente portati via; invece dobbiamo imparare a restare nel Pensiero di Dio, a Pensare ogni cosa nel Pensiero di Dio, cioè a vivere in un amore. Quando si ama veramente si pensa, si opera, si vive tutto in un pensiero, nel pensiero dell’essere amato. Ecco, noi siamo creati per vivere tutto nel Pensiero di un Essere amato, e riceviamo vita da questo Essere amato.

Questa è l’ora, che è effetto di maturità in noi, perché la Verità non è in superficie, la Verità è in profondità. Quindi è un’“ora” particolare perché richiede una grande maturità. Questa maturità noi la possiamo anticipare quanto più meditiamo, ci raccogliamo in Dio. Oppure possiamo aspettarla subendo gli eventi della vita; per cui magari Dio ci conduce sul letto di morte per scoprire questa maturità; e qui diremo “ho sprecato tutta la mia vita in cose che valevano niente”.

Certamente restando nelle cose superficiali noi non possiamo attingere a quest’ora. La Verità non si trova nelle cose superficiali, la Verità è in profondità e richiede profondità.

Dio, man mano che ci fa vivere ci rende sapienti, ci fa andare in profondità; ci fa battere tante volte la testa contro il muro, ci fa sanguinare, e poco per volta impariamo…

Dovremmo imparare molto prima, dovremmo essere intelligenti; se noi riflettessimo, tenessimo sempre presente Dio in tutto, noi anticiperemmo molto i tempi, impareremmo molto prima ed eviteremmo di subire la rovina dello stolto che deve imparare a suo danno.

L’ora è questa maturità.

Pinuccia B.: Quindi è un termine.

Luigi: E’ un termine. Certamente ogni ora richiede molta profondità; se io arrivo al vertice di questa profondità trovo l’ora del Figlio di Dio.

Pinuccia B.: Quindi Gesù me lo dice sempre “è giunta l’ora”, però non giunge senza di me, se non presto tutto il mio ascolto.

Luigi: Certo.

Pinuccia B.: Però un giorno me lo dirà definitivamente.

Luigi: Sì, però può essere un’ora di danno per noi. Perché se noi arriviamo non preparati per accogliere questo pensiero, restiamo giudicati da questo Pensiero. Perché noi diventiamo figli delle nostre opere. Ora, non basta che quell’ora arrivi a me, bisogna che trovi me capace di accogliere quell’ora. Perché ogni fatto, ogni avvenimento richiede sempre una dimensione interiore per essere accolto. Non basta che l’avvenimento mi arrivi. Se uno arriva a me parlando in una lingua straniera e io non mi sono preparato a quella lingua straniera non capisco niente; quindi subisco l’incomprensione. Non basta quindi che l’altro arrivi a me parlando la lingua straniera. Dio può essere uno straniero per noi; quindi non basta che Lui arrivi a noi parlando la lingua straniera. La lingua non è più straniera quando io ce l’ho dentro di me. Ma fintanto che è solo fuori di me sarà sempre straniera, perché il principio di intelligenza è interiore. Quindi nella misura in cui noi abbiamo interiorizzato il linguaggio di Dio il linguaggio di Dio ci diventa famigliare, non più straniero.

L’universo è straniero per noi, noi ci troviamo in terra straniera; ci troviamo con Dio ma in terra straniera, quindi nell’incapacità di capire le cose di Dio e ne subiamo tutte le conseguenze.

Pinuccia B.: Quindi devo intendere questa parola di Gesù “è giunta l’ora” come una sollecitazione, affinché giunga quest’ora?

Luigi: Intanto va intesa come verità: quest’ora giunge, in un modo o nell’altro giunge, perché è l’ora di Dio. L’ora della Verità giunge per ogni uomo. La parabola delle Vergini ci dice che ad un certo momento l’ora dell’incontro arriva per tutti, sia che uno sia intelligente, sia che uno sia stolto. Non si può dire “io sono stolto, quindi l’ora viene rinviata”. La Verità non dipende dall’uomo, la Verità arriva indipendentemente dall’uomo; se l’uomo è preparato allora ha la possibilità di accoglierlo, se l’uomo non è preparato si trova di fronte a una porta chiusa. Ma la Verità non dipende da noi; non siamo noi a farla; la Verità è una grazia che Dio ci dona e che può essere da noi assimilata nella misura in cui in noi è maturata la fede, è maturato il desiderio, è maturata la fame di questa. Ma se tutto ciò non è maturato ci troveremo di fronte a un boccone amaro, a un boccone troppo duro che non siamo capaci di assimilare. Comunque l’ora viene indipendentemente da noi, perché la Verità è indipendente da noi.

Pinuccia B.: E comunque sarà l’ora della glorificazione del Figlio, anche se non sono pronta!?

Luigi: Certamente.

Pinuccia B.: E quando dice “affinché tuo figlio glorifichi te” , questo lo dice anche per noi, perché deve avvenire in noi?

Luigi: Soltanto se in noi c’è il Pensiero di Dio, il Pensiero di Dio da a noi la capacità di conoscere il Padre. Come ho già detto: la capacità di capire la parola che arriva a me dipende da quello che porto dentro di me. Quindi nella misura in cui io ho interiorizzato una lingua sono in grado di capire la lingua.

Pinuccia B.: Non solo di capire, ma di glorificare il Padre.

Luigi: Certo, glorificare vuol dire conoscere, e la Vita Eterna è conoscere.

Marco: Cosa vuol dire “…glorifica il Figlio tuo affinché il Figlio glorifichi te”?

Luigi: Glorificare vuol dire rendere presente; la gloria è ciò che un essere è in Verità, cioè ciò che un essere è in Dio. Dio è Verità, dunque la gloria di un essere è ciò che è in Verità. Noi cerchiamo la gloria falsificandoci; ci vestiamo bene, abbiamo la macchina lunga, ecc.; ma questa non è verità, è apparenza. Ecco, noi generalmente cerchiamo la nostra gloria aumentando il nostro avere, ma più aumentiamo il nostro avere e meno modifichiamo il nostro essere. Mettendoci attorno delle cose non modifichiamo quello che siamo. Quello che veramente modifica il nostro essere è l’amore di Dio, perché Dio è l’Essere. Nella misura in cui noi amiamo Dio, cerchiamo Dio, modifichiamo noi stessi, perché ci dobbiamo adeguare a Lui. Quindi più io cerco Dio e più Dio mi modifica, mi purifica, mi libera, mi fa essere diverso. Invece più accumulo le cose attorno a me e più mi gonfio; divento un pallone gonfiato, ma sono sempre quello che sono, non mi modifico. Chi mi modifica è Dio, nella misura in cui io lo cerco.

L’Essere in sé è Dio, tutte le creature sono in quanto sono in rapporto a Dio; e questa è la gloria. Cioè la gloria di uno è data dall’amore, più o meno grande, che si ha per Dio, da quanto uno cerca Dio, da quanto uno si dedica a Dio, perché è questa dedizione, questa ricerca, questo amore ciò che ci fa essere. Ecco, se noi dobbiamo cercare veramente quello che un essere è, lo dobbiamo cercare in Dio, per l’interesse o meno che ha per Dio. Quindi in quanto quell’essere è capace o meno di pensiero, di fedeltà, di amore; perché Dio è l’essere fedele, Dio è l’Essere intelligente, Dio è l’Essere vivente.

Le creature sono in quanto partecipano. Quindi siccome Lui è l’Essere in Sé, intelligente, sapiente, fedele, ecc., noi diventiamo intelligenti, sapienti, fedeli nella misura in cui partecipiamo. Ma più siamo lontani e più siamo volubili, instabili, incapaci di fedeltà, incapaci di capire, in balia degli avvenimenti, schiavi.

Marco: Andando a scuola nove ore al giorno come si fa ad avere presente Dio per tutte le nove ore?

Luigi: Il problema non è un problema esterno, è un problema d’amore; ora scendo al piano pratico (vedi Ida): quando uno ama veramente non dice “come faccio a pensare a te nove ora di scuola al giorno?”. Non è il tempo che porta via l’amore, non è l’ambiente.

Non è che uno quando ama si metta a pensarlo nove ore l’essere amato, però lo porta dentro, e diventa un punto fisso di riferimento. L’amore è un punto fisso di riferimento; per cui uno si organizza, studia, lavora, ma sempre in vista di una certa meta. Ora, il fine, l’intenzione, per quanto noi facciamo cose diverse, non la perdiamo mai; abbiamo sempre un’intenzione centrale che ci guida. Perché studi nove ore? Perché hai una certa intenzione dentro di te, perché vuoi arrivare a una certa meta, e ritieni che queste nove ore di studio ti servano per avvicinarci a quella meta; se no non le faresti. Quindi c’è sempre un intenzione. Ora, è l’intenzione di Dio l’intenzione fondamentale, che ci deve guidare in tutto. Se noi abbiamo come intenzione il fine vero, cioè Dio, questo fine vero è talmente forte in noi che ovunque siamo non c’è niente al mondo che ci possa portare via; anche fossimo in una casa di prostituzione, se abbiamo come fine Dio, non siamo portati via. 

Tutto è opera di Dio, ed essendo tutto opera di Dio, se uno cerca l’intenzione di Dio in tutto, non c’è niente che lo possa portare via. E’ ovvio che se uno si preoccupa di cercare Dio non va a mettersi in una sala da ballo, dove non ha la possibilità di raccogliersi, perché tutto lo distrae, tutto lo porta via; ma sceglierà quei luoghi che maggiormente lo aiutano per il suo fine. Logico!

Però noi non possiamo mai accusare l’ambiente o gli altri di un difetto d’amore da parte nostra.

Marco: Non riesco a far collimare il fine di amare Dio con tutto il cuore con il fine che io mi prefisso per la mia vita.

Luigi: Certo, se abbiamo due fini diversi non possiamo farli collimare.

Marco: Adesso che sto studiando il mio fine è diventare professore di ginnastica, non è amare Dio con tutto il cuore. E allora come faccio?

Ida: Questo è vero. Anch’io non frequento la scuola per amore di Dio; io mi sono sempre detta “fintanto che faccio questo è perché Dio lo vuole, altrimenti non sarei qui”, però io lo faccio per diventare una brava fisioterapista.

Piero: Anche lavorando, anche avendo la famiglia, che a livello di valori è più importante del lavoro e della scuola, ci deve essere questa ricerca continua di Dio che crea poi l’amore per-

Luigi: La ricerca è già amore.

Piero: Se tu, in quei famosi cinque minuti di tempo libero, li dedichi a Dio, approfondisci la Parola di Dio, Dio ti dà il dono di rendersi presente anche sul lavoro, anche durante le nove ore. E’ quell’interesse nel poco, nel tempo libero, che ci porta a quella presenza che è dono suo. 

Luigi: L’importante è questo: noi magari ci troviamo inseriti in un mondo fatto su misure diverse, sbagliate, però quando noi abbiamo un amore, nel momento in cui quel mondo mi lascia cinque minuti di tempo, in quei cinque minuti di tempo corro là dove ho il mio interesse principale. Man mano che io sono fedele in quel poco, mi accorgo che poco per volta riesco a superare, a vincere tutto l’altro mondo. Ma se io non sono fedele in quel poco, l’altro mondo mi porta via.

Ida: Per me quel mondo non è relativo, è il mio futuro. Mi preoccupo del mio futuro; e mi rendo conto che è stupido perché domani posso morire. Mi accorgo che questo mondo mi delude, però da questa delusione non nasce in me la gioia; questo perché in fondo uno gioisce solo se crede in Dio.

Luigi: Certo, logico. Se uno non crede in Dio cambiamo argomento. L’elemento fondamentale è credere in Dio.

Ida: Allora, se io non gioisco per le delusioni del mondo, vuol dire che non credo?

Luigi: Aver fede in Dio vuol dire riconoscere che Dio è il Creatore. Se Dio è il Creatore tutto avviene secondo il suo disegno, secondo un suo fine, per condurti a una certa meta. Allora tutte le cose devi accoglierle da Dio Creatore; quindi Dio è creatore anche della situazione in cui ti trovi.

Tu puoi aver sbagliato, puoi aver peccato, puoi aver fatto di tutto, ritrovarti in una matassa imbrogliata: è Dio che l’ha voluto, perché Dio è il Creatore, attualmente.

Quindi bisogna sempre accettare tutto da Dio, accettando tutto da Dio bisogna cominciare a ragionare con Dio. Devi sempre partire dalla situazione in cui ti trovi affermando questa verità: è Dio che mi ha posto qui, non so per quale motivo, per quale colpa, però è Dio che mi ha messo in questa difficoltà. Ecco, anche in questa condizione dobbiamo volere mettere Dio al di sopra di tutto, cioè bisogna volere che Dio sia per noi non soltanto il Creatore di tutto, ma anche Creatore in noi, dei nostri pensieri, dei nostro vivere, del nostro parlare e del nostro agire, cioè che sia in noi il Principio di tutto. E questo è un atto di giustizia.

Dal momento che crediamo che Dio è il Creatore, per giustizia, per essere in sintonia con Lui dobbiamo volere che Dio sia il Principio, cioè il Creatore anche del nostro pensare, del nostro agire e del nostro vivere; perché altrimenti usciamo dalla volontà di Dio e creiamo disarmonia.

La disarmonia non la creiamo in Dio, la disarmonia la creiamo dentro di noi; e finiamo di vivere in disaccordo con Uno che abita in casa nostra; in tal caso, naturalmente, tutti i suoi momenti ci urtano, perché Lui la pensa in un modo e noi nell’altro, e siamo giunti al litigio.

Ecco, il problema è questo: Dio non lo posso far fuori, perché è superiore a me, è il mio Creatore, quindi posso soltanto o mettermi in armonia con Lui o creare disarmonia. Ma per mettermi in armonia debbo adeguarmi a quello che Egli è; se Lui è il Creatore lo debbo riconoscere Creatore di tutto, se Lui è il Principio lo debbo riconoscere Principio di tutto, se Dio è Padre lo debbo riconoscere come Padre di tutto.

Marco: Ma allora sono uno schiavo.

Luigi: Non sei uno schiavo.

Marco: Non sono libero.

Luigi: Un momento: quando vai in macchina e incontri una curva sei libero di non tener conto della curva e di andare nel prato?

Marco: Sì, ma allora Lui ha costruito tutto in base a Lui.

Luigi: Certo, tutto è costruito in base a Lui; ma certamente, Lui è la verità, non siamo noi la Verità. Noi siamo liberi proprio in quanto viviamo secondo la Verità e siamo schiavi quando ci muoviamo per altri valori; ed è qui che restiamo delusi e diciamo “se avessi saputo!”. Con Dio abbiamo la possibilità di sapere prima, quindi di evitare di sbagliare. Tutte le volte che non teniamo conto di Dio finiamo sempre con questa frase: “se avessi saputo! Ho fatto questa scelta, guarda dove sono andato a finire: mi sono caricato di catene, mi sono messo in una prigione!”. Quindi quello che ci fa liberi è la conoscenza di Dio, la conoscenza della Verità. La conoscenza di Dio non ci fa schiavi, ci fa liberi. E’ come chi finisce nel burrone a causa della nebbia: “Se avessi saputo che c’era una curva avrei rallentato”; “se avessi saputo…!”. Ora, la Verità è quella che è, noi non possiamo farla a nostro uso e consumo; siamo noi creature che ci dobbiamo adeguare. Non è che l’automobilista andando in macchina possa decidere quando fare la curva, la strada è quella che è, e l’automobilista si deve adeguare. Se si adegua non subisce l’incidente, qui è libero; ma se cade nel fosso non è libero, con le gambe rotte non penso che si possa essere tanto liberi. E questa esperienza la facciamo tutti noi, nello spirito ci rompiamo sempre le gambe, o peggio ancora, perché non teniamo conto della realtà della strada. Ora, noi siamo su una strada. Tener conto di Dio vuol dire essere liberi, vuol dire camminare liberi sulla strada cantando e fischiando, perché si è sicuri di non subire l’incidente.

Tenendo conto di Dio uno è libero perché conosce, sa quale è la Verità. E’ Dio che conduce tutto le cose, non sono io, non sono gli uomini.

Se tengo conto di Dio non ho più paura degli altri, perché gli altri è Dio che li muove; cerco allora di capire il significato di ciò che Dio mi sta facendo, che cosa vuole da me operando in questo modo.

Ecco, se noi incominciamo a ragionare così, in qualunque luogo siamo (possiamo essere nei campi, o a lavorare, in ufficio, nello studio) cominciamo a tener presente che Dio è creatore di tutto, che Dio è Colui che parla a noi in tutto. Dio parla nei campi, nello studio, nell’officina, Dio parla dappertutto e ci da lezioni dappertutto. “Signore, io non capisco niente, però so che sei tu che parli con me”, poco per volta impariamo questa lingua; perché non c’è luogo del nostro mondo, non c’è luogo della vita che non sia parola di Dio.

Ora, il modo migliore per imparare una lingua straniera è quello di buttarsi nel paese straniero; perché in un paese straniero, tutte le cose (un insegna, una frase che senti) sono sempre un linguaggio che entra, e a poco per volta uno impara la lingua straniera. Ora, se tutto è linguaggio di Dio, in qualunque luogo andiamo siamo in un paese straniero, che è il paese di Dio; certo, subito non ci capiamo niente, però essendo il paese di Dio non dobbiamo far altro che fare attenzione a Dio cha parla, e a poco per volta impariamo, cioè interiorizziamo il linguaggio di Dio. Ecco, il suo linguaggio si interiorizza sempre tenendo presente Dio che fa, Dio che opera. E in questa condizione non c’è niente che ci possa portare via.

Il problema non sta nel fare più o meno di nove ore di lavoro al giorno; Dio non fa consistere le nostre ore di lavoro giornaliere per farci entrare nel regno di Dio. Noi possiamo andarci a mettere in una trappa e dannarci. Il problema non sta nell’andare in un posto piuttosto che in un altro, “vi diranno andate qui, andate là; non credeteci”. Dio è una luce che illumina la nostra notte, che illumina la nostra anima. Io posso correre in America, posso correre in Cina, ma non è che modifico me stesso. Il problema del correre per il mondo, di cambiare ambiente è un po’ come il problema di credere di cambiarci modificando quello che abbiamo; “cambio macchina così sono diverso”, se cambi macchina sei sempre tu, con i tuoi problemi, con la tua disperazione o con i tuoi dubbi, perché cambiando macchina non conosci Dio e non conosci nessuna certezza. E cambiare luogo è lo stesso, sono sempre io. Il mio problema cambia soltanto nella misura in cui mi avvicino a Dio, in cui cerco più Dio; qui cambio, prima no!

L’importante è non fare l’errore di spendere tutta la nostra vita cercando delle cose che non ci cambiano. Perché il problema è quello di cambiare noi.

Salvatore: Io credo fermamente a Dio solo che mi viene in mente solo ogni tanto. Il problema è abbastanza grosso.

Luigi: A te Dio viene in mente ogni tanto, invece a Dio sei nella sua mente sempre; Dio ci segue momento per momento, non ci dimentica mai.

Salvatore: Rispetto a un anno fa non mi ponevo neanche il problema, adesso lo penso, ma lo penso troppo poco; e non riesco a capire il perché.

Luigi: Si matura lentamente.

Salvatore: Un altro mio problema è questo: se Dio mi da la possibilità di guadagnare, non vedo perché non debba comprarmi qualche cosa.

Luigi: Chi è che dice che non devi comprare, comprati tutto quello che vuoi.

Piero: La cosa più bella è che con Dio fai le stesse cose che facevi prima, ma con uno spirito diverso.

Luigi: Il problema non sta nel comprare o nel dare via, perché anche se tu dai via tutto quello che guadagni, non trovi Dio, il problema non si risolve.

Salvatore: Hai detto però che certi problemi ce li creiamo noi. Io mi metto in questi problemi perché Dio mi da la possibilità di farlo, ma poi mi trovo male; com’è sta storia?

Luigi: E già, quasi a dire “se tu fossi un po’ più furbo”. Dio ti fa vedere una cosa e se tu subito la vuoi possedere nasce il problema.

Se Dio mi manda un bue non è che io mi debba mangiare un bue; il bue me lo manda dicendomi  “cerca di essere intelligente. Tutte le cose io te le mando affinché tu le intenda secondo la mia intenzione, secondo il mio spirito”. Non basta che la cosa mi arrivi per potermene impossessare.

Dio può mandarti una caramella magari per farti fare un atto d’amore a una persona cara. Quindi alza gli occhi a chi ti ha dato la caramella e cerca di capire l’intenzione con cui te l’ha data. Perché noi tutte le cose le vestiamo della nostra intenzione. Se io ho l’intenzione di arricchire, tutto ciò che il Signore mi presenta, lo utilizzo secondo questa intenzione.

Le cose te le manda Dio, ma te le manda perché tu sia intelligente nell’usarle secondo il suo Spirito; perché tutte le cose, essendo di Dio, devono essere adoperate secondo la sua intenzione; noi siamo amministratori, non siamo noi i padroni delle cose. Tutte le cose che Dio ci manda, non ce le manda perché noi le abbiamo a usare secondo la nostra intenzione. Quindi la prima cosa da fare è quella di rispettare l’intenzione, lo spirito del Padrone, “qual è l’intenzione di Dio? Perché mi manda tutti questi beni? Perché mi fa incontrare queste persone?”.

Salvatore: Questo me lo chiedo. E mi sembra di capire che le abbia mandate per me.

Luigi: Va bene. Nessuno ti proibisce di tenertele.

Salvatore: Ma se mi mettono nei pasticci.

Luigi: Se ti mettono nei pasticci vuol dire che non sei stato sufficientemente intelligente, perché Dio ti manda le cose per liberarti, non per caricarti di catene; vuol dire che non hai intelletto nello Spirito di Dio.

Marco: Ma allora chi crede in Dio non ha mai problemi.

Luigi: No, ha degli altri problemi; ha i problemi della sapienza di Dio, perché bisogna imparare ad amare tutto e tutti secondo lo Spirito di Dio, per restare unito a Dio.

Marco: Quindi non ha nessun problema del mondo.

Piero: Più uno cresce nella conoscenza di Dio e più è libero.

Luigi: Certo, Dio sovrabbonda.

Salvatore: A me sembra di capire “compra la casa”, io la compro, però poi mi trovo inguaiato. Se mi facesse capire di dare qualche cosa a qualcuno io la darei, però non mi mette in quella condizione…

Luigi: L’importante è rendersi conto che tutte le cose che ci arrivano, ci arrivano da Dio e devono essere viste nello Spirito di Dio, non nella nostra intenzione, perché la nostra intenzione tende sempre a essere egoista, orgogliosa, ambiziosa; in tal caso uno sceglie perché magari ci  guadagna di più, l’altro per far bella figura con le donne, ecc.

Noi abbiamo delle nostre intenzione, ma Dio ci dice “accantona tutte queste intenzioni, non sono queste che ti devono determinare nelle scelte”. Quello che ti deve determinare nelle scelte è l’Intenzione di Dio. Dunque se Dio ti manda una casa chiedigli sempre “Signore, perché me la mandi? Cosa ne devo fare? Vuoi che compro la casa? Io la compro!”; se poi ti fa vedere che hai sbagliato chiedigli: “fammi capire dove ho sbagliato”, perché puoi averlo fatto in buona fede, e allora sei altrettanto libero se sbagli. Soltanto se c’è il tuo io ti incateni.

Se non c’è il tuo io al centro anche quando sbagli sei libero; anche se dici una stupidaggine, sei libero di dire “ho detto una stupidaggine”. Quando invece uno vive nel pensiero del proprio io, quando dice una stupidaggine subito dopo ne dice una ancor più grossa per cercare di sostenere la prima.

Ecco, la vera libertà è la libertà dal nostro io. Dio ci offre questa grande libertà.

Non è Dio che ci rende schiavi, ma è il nostro io, la nostra ambizione, il nostro desiderio di figurare davanti agli altri, di presentarci come qualcuno davanti agli altri che ci rende schiavi. “Altrimenti che figura ci faccio…”, ecco la schiavitù.

Marco: Tu hai detto che dobbiamo cercare di capire cosa Dio vuole da noi e cercare di eliminare quello che interessa a noi.

Luigi: Tutte le cose in quanto arrivano da Dio, arrivano con un intenzione, che è l’Intenzione di Dio; noi, se non abbiamo l’intenzione di Dio, le vestiamo sempre con la nostra intenzione, perché noi un intenzione la mettiamo sempre. Ogni fatto che arriva a me, proprio in quanto arriva, arriva chiedendomi “che intenzione mi metti?”; noi tutti i momenti, davanti a una notizia, a un incontro, a una persona, qualunque cosa ci arriva la rivestiamo di un intenzione. Sempre! Non possiamo farne a meno, perché l’uomo è un essere intenzionale. Anche la più stupida sciocchezza noi la diciamo in un intenzione. L’intenzione o è di Dio o è del nostro io. Il nostro io è quello che tende a preoccuparsi della figura, dell’orgoglio, dell’ambizione; se invece c’è il Pensiero di Dio noi cerchiamo sempre l’intenzione di Dio. Per restare nella Verità in tutto dobbiamo sempre preoccuparci di cercare l’intenzione di Dio, e non vestire le cose con la nostra intenzione. Ho fatto molte volte questo esempio: incontro una persona, faccio due parole e poi stabilisco che questa persona vuole una certa cosa; qui sono io che vesto quelle sue parole della mia intenzione, perché magari quello vuol tutt’altro. Se invece cerco di capire la sua intenzione, magari facendo più attenzione a ciò che dice arrivo a scoprire la sua intenzione. Ora, noi siamo sempre troppo precipitosi; di fronte tutti gli avvenimenti non ci accorgiamo che mettiamo loro il vestito nostro; mentre invece le cose devono avere il vestito che Dio vuole per loro, e non il nostro.

Marco: Quindi noi non dobbiamo fare ciò che ci interessa.

Luigi: Ciò che ci interessa deve essere Dio! Questo è il vero interesse. Noi siamo stati creati per Dio; il vero interesse che dobbiamo avere è Dio. Tutte le altre cose devono essere la conseguenza di questo interesse. E lì la vera libertà.

Marco: A me piace andare a sciare, e tra un mese andrò a sciare…

Luigi: Vai dove vuoi...

Pietro: L’altro sabato mi sarebbe piaciuto andare alla città dei ragazzi, perché c’era la giornata degli sposi, però mia moglie non è voluta venire, perché non gli interessa. A me interessa moltissimo, perché avrei trovato qualche cosa di vero. Mi sono interrogato davanti a Dio se era giusto o meno andare; avrei lasciato moglie e figlio a casa da soli tutto il sabato. Mi sono sentito sereno quando ho poi deciso di non andare.

Marco: Tu quello l’hai dialogato in Dio, ma in tutto fai così?

Piero: A me piace giocare a pallone, e continuo a giocare perché ho interi pomeriggi liberi per approfondire la Parola di Dio.

Marco: Ma quello lo fai perché interessa a te, ma non interroghi Dio per poter giocare a calcio. Dovresti interrogare Dio anche per giocare a calcio. E’ così vero?

Luigi: Certo...

Piero: Non penso che Dio attualmente mi chieda anche quei novanta minuti. Lo so che davanti agli occhi di Dio è una cosa abbastanza sciocca, ma a me piace...

Luigi: Nessuno ti proibisce di giocare a calcio.

Piero: La perfezione davanti a Dio sarà quando ventiquattro ore su ventiquattro sei alla Presenza di Dio. Ma noi possiamo benissimo avere…

Luigi: …la presenza di Dio giocando al pallone.

Salvatore: Basta credere per avere questa presenza.

Luigi: In qualunque luogo uno si trovi può pensare Dio, perché Dio è dappertutto. Non è che Dio sia soltanto in chiesa e non sul campo di pallone. E’ l’intenzione che mi guida.

Marco: Sì, ma è un intenzione negativa, perché io prima scelgo il campo da calcio e poi cerco di pensare Dio nel campo da calcio.

Luigi: Siamo d’accordo.

Marco: Tu prima devi pensare Dio e poi fare la scelta secondo Dio e non prima scegliere il campo da calcio.

Luigi: Marco ha ragione.

Piero: Ma io sto camminando; ho in me questa certezza che Dio è più importante del pallone, però sto camminando.

Luigi: Certo, il giorno in cui Piero vedrà il conflitto tra il pallone e Dio lui smetterà di giocare. Fintanto che non lo vede...

Marco: Ma io ho il conflitto con tutto il mondo.

Luigi: Benissimo. Facendoti vedere il conflitto vuol dire che Dio ti ha scelto per qualche cosa di più puro. Avanti, forza, datti da fare.

Salvatore: Non so come fare quando Dio non mi viene in mente.

Pinuccia B.: Apri il vangelo.

Luigi: Agli affari ci pensi soltanto quando ti vengono in mente? O ti dai da fare…

Salvatore: Ma è un errore non darsi da fare.

Luigi: Certo, è un errore non darsi da fare, perché nelle cose che veramente ci stanno a cuore noi ci diamo da fare. E se Dio ci sta veramente a cuore ci diamo molto da fare. D’altronde nei tuoi affari, nel vedere ciò che più ti conviene , sei stato intelligente; perché non sei altrettanto intelligente nelle cose di Dio? Vuol dire che non ti sta tanto a cuore.

Quando una cosa ti sta veramente a cuore hai tempo per quella cosa, sei intelligente per quella cosa. Per cui non sei giustificato, non sei scusato se dici “Signore, tu mi hai dato intelligenza per tutto, ma non per cercare te.”; raccontala giusta. Oppure se dici “Signore, mi hai dato il tempo per le cose che mi piacciono, ma non mi dai tempo per te”, raccontala giusta, perché noi abbiamo sempre tempo per ciò che ci sta a cuore, per quello che amiamo più di tutto. Per ciò che veramente ci interessa abbiamo sempre tempo. Dire “io non ho tempo”, sotto sotto, nel linguaggio vero, con Dio, è come dire “non mi interessa sufficientemente”. Quindi non dire “non ho tempo”, no! Dì piuttosto “Non mi interessi sufficientemente per avere tempo per te!”. Dio vuole questo linguaggio.

Se tu pensi ai tuoi affari non soltanto quando ti saltano in testa (altrimenti perdi le occasioni), altrettanto devi fare con Dio. Se Dio ti sta veramente a cuore devi diventare una parte attiva, perché non vuoi fallire tutta la tua vita. Dobbiamo arrivare a dire con convinzione “A me interessa molto pensare a Dio perché non voglio fallire tutta la vita”.

La vita può diventare tutta un fallimento; possiamo trovarci all’ultimo con un pugno di mosche. Allora, per evitare questo, iniziamo a chiedere “Signore aiutami ad occuparmi sempre più di Te”. Siccome l’aiuto più efficace lo troviamo là dove Dio ha parlato in modo più esplicito, dobbiamo dare del tempo all’approfondimento del Vangelo.

Certamente davanti agli uomini sprechiamo del tempo…

Salvatore: Se io leggo una cosa sul Vangelo dovrei capire quello che c’è scritto, ma non la capisco…

Piero: Proprio per questo veniamo qua, e anche alla Città dei ragazzi, o dove comunque ci sono creature che fanno il nostro cammino e che ci aiutano a capire.

Luigi: Anche durante la giornata certe volte basta una parola, l’importante è avere presente qualche cosa di Dio, una parola sua. Già questo pensiero “…io non capisco”  mi da una grazia. Il poter dire “Signore, mi hai detto quello, ma io non capisco un tubo di quello che mi dici”, è già una povertà e la povertà è già grazia.

La prima cosa che Dio deve fare per salvarci è quella di sgonfiarci. Noi siamo dei palloni gonfiati. E la parola di Dio ci sgonfia; e come ci sgonfia? La prima lezione “vedi che non capisci niente!”. E incomincia a sgonfiarti. Ad un certo momento ritorniamo alla nostra dimensione, torniamo a essere bambini “ se non tornate come bambini non potete entrare”; bisogna ritrovare questa infanzia, questa semplicità di creatura che non capisce niente, che ha bisogno di essere istruita in tutto. Ci vuole questa semplicità. Gesù lo dice chiaro “se non tornate come bambini…”.

Salvatore: Rendersi conto che se sono arrivato lì è perché mi ha portato Dio non è sufficiente?

Luigi: E’ già grazia di Dio capire che tutto quello che è avvenuto nella mia vita è stata tutta opera sua. Qui lo si riconosce come Creatore; adesso, avendo riconosciuto questa verità, incominci a camminare per conoscere qualcosa in più di Lui.

Prima crediamo di essere noi i protagonisti della nostra vita, ma poi capendo che non siamo noi ma che è Dio che ci guida, che ci da tante grazie, tanti beni, che ci mette tutto l’universo a disposizione, scopriamo che Dio c’è. Ma avendo capito che Lui c’è incominciamo a vivere con Lui, cominciamo a imparare a camminare con Lui. E camminare con Dio vuol dire addentrarci nei sentieri dell’intelligenza delle sue cose. Quindi non ci deve bastare il capire che Lui esiste, ma dobbiamo imparare a vivere secondo il suo Spirito e lasciarci guidare in tutto secondo la sua intenzione. Non dobbiamo lasciarci guidare dall’impressione delle cose o dal piacere che provocano, ma in tutte le cose dobbiamo imparare a vivere secondo l’intenzione di Dio, secondo lo Spirito di Dio. Allora diventa una meraviglia, perché si vive nell’amore.

Piero: Nel Vangelo trovi un parlare che non trovi in nessun libro al mondo. Da qui incominci ad avere interesse e oltre la lettura metti del silenzio; inizi con il parlare a Dio chiedendo per poi ascoltare. Se hai interesse per Dio invece di leggere la Stampa apri la Bibbia.

Luigi: Dio ti apre la mente sulle cose essenziali.

Piero: E’ un mondo completamente nuovo, che poi è la realtà di Dio. E’ un modo di parlare che ti interessa talmente tanto che non è fatica, non è schiavitù.

Marco: Quello che non capisco è questo: se tu non hai questo interesse cosa fai?

Piero: Prova a pregare e a chiedere un fede più semplice.

Luigi: Un momento: l’interesse viene in noi per un atto di giustizia; c’è un atto di giustizia fondamentale, che è questo: “Dà a Dio quello che è di Dio. Non sei tu il Creatore, Dio è il Creatore”, riconoscilo come giustizia. Ora, qui nasce la giustizia, ed è una giustizia essenziale, che ognuno di noi deve fare; ed è la giustizia per cui rispettiamo la curva sulla strada, cioè ci adeguiamo. C’è la curva, rallentiamo e facciamo la curva regolare per non finire sul prato. C’è una realtà. La realtà non è come la voglio io, la realtà è di per sé, ed io mi devo adeguare ad essa.

Dio esiste, è il Creatore; non sono io il Creatore, le cose non avvengono come voglio io. Trovo muri dappertutto, quindi è un Altro che mi sta mettendo i muri. Allora per giustizia devo adeguarmi; se mi adeguo dico “Dio è il creatore, devo rispettarlo come Creatore”. E se Dio è il Creatore non mi basta che sia il creatore dell’erba, deve essere anche il creatore del mio vivere, delle mie scelte, del mio pensare, del mio parlare. Per cui io devo parlare non come se fossi io solo a fare le cose, ma prima di tutto devo parlare rispettando Dio Creatore, devo pensare rispettando Dio Creatore. Di lì nasce l’interesse, l’interesse di mettere Dio al suo posto.                

Ora, quando io ho capito che per giustizia debbo togliere il mio dal centro della mia vita e mettere Dio al centro della mia vita, di lì nasce l'interesse. L'interesse nasce dal riconoscimento di un valore; in quanto hai riconosciuto che quella è una cosa importante incominci a interessarti. Tu, Marco, perché hai scelto ginnastica? Ad un certo momento hai fatto una valutazione, e valutando hai detto "se faccio il prof. di ginnastica avrò queste possibilità..."; ecco, hai fatto una scelta e hai ritenuto che quello ti servisse per la tua vita. Quindi tutto l'interesse per lo sport, la ginnastica, ecc., è tutta una conseguenza di una certa valutazione. Tutto sta lì, nella valutazione. Tu come valuti Dio, che posto dai nella tua vita a Dio. Quanto lo stimi? Lo stimi più della tua carriera o meno? Lo stimi più di trenta denari o meno? Lo stimi più della tua figura o meno?

Ecco, abbiamo sempre questa valutazione. Se noi stimiamo Dio per quello che è ci accorgiamo quanto interesse scaturisce da lì.

Te lo sogni di mettere l'interesse di Dio prima di averlo stimato. Devi sceglierlo per quello che vale, per quello che Lui è, e poi ti accorgerai quanto interesse salterà fuori.

Ida: Temo di non avere interesse per Dio...

Luigi: Allora perché vieni qui?

Ida: E' un'altra cosa. Il sabato pomeriggio vengo qui, ma tutti gli altri giorni subisco le cose: la scuola mi delude. Tutte le sere arrivo a casa con dei pugni di sabbia in mano; cosa me ne faccio dei pugni di sabbia?

Luigi: Certo. E come mai hai dei pugni di sabbia in mano? Vuol dire che non credi a quelle cose; perché se tu credessi a quelle cose non vedresti dei pugni di sabbia.

Ida: Ma poi ricomincio da capo.

Luigi: Se la sera constati i pugni di sabbia vuol dire che non credi in quelle cose; perché se ci credessi diresti "finalmente oggi ho ottenuto questo!".

Ida: Ma è perché quelle cose mi deludono...

Luigi: Perché ti deludono? Perché non credi in quelle.

Ida: Non è così; la scuola mi sta deludendo in quanto io do molto alla scuola e la scuola non mi dà tutto quello che io do a lei, non mi prepara sufficientemente.

Luigi: Non te lo darà mai.

Ida: Io però continuo a crederci, fin troppo; invece non dovrei più preoccuparmi.

Marco: Non è vero, devi preoccuparti, perché se vuoi diventare una fisioterapista e non sai fisioterapizzare come fai?

Luigi: Presto o tardi tutte le cose deludono, perché noi siamo fatti per altro. Tutte le cose non sono mai come noi le desideriamo; tutte le cose, anche Marco. Per forza! Noi siamo fatti per Dio, abbiamo in noi la sete dell'Assoluto. Noi vorremmo che tutte le cose fossero perfette come Dio. Ma le cose non possono essere perfette come Dio; le creature ci deluderanno sempre. Noi dobbiamo bilanciarlo questo. Non dobbiamo pretendere che le creature siano perfette, perché Dio solo è perfetto. Io non posso pretendere che una creatura sia fedele come Dio; non sarà fedele come Dio e non devo aspettarmi che sia fedele come Dio, giusta come Dio, buona come Dio, onesta come Dio. Non può! Tutt'al più posso aiutarla ad avvicinarsi a Dio, sapendo che più una creatura si avvicina a Dio è più diventa come Dio. Ma noi non siamo come Dio, noi siamo molto lontani da Dio e quindi non possiamo pretendere. Tutte le cose ci deludono, e proprio il fatto che ci deludono rivela che noi siamo fatti per Dio, che il nostro desiderio è Dio. E fintanto che noi non arriviamo ad orientare la nostra vita a Dio, sperimenteremo sempre queste delusioni.

Ida: Però tutte le mattine riparto da capo, continuo a ricrederci; questo vuol dire che non credo in Dio.

Marco: Ma il fatto che tu voglia essere una persona competente mi sembra giustissimo.

Piero: Però, se tu riesci a percepire la grandezza di Dio l'unica cosa che ti appaga è la ricerca e la conoscenza di Dio. E' così, non c'è lavoro, non c'è macchina, non c'è studio che possa essere così appagante. Anche quando lei sarà la più brava fisioterapista subirà le stesse delusioni. Tutti noi abbiamo avuto le macchine grosse e abbiamo constatato il giorno dopo che tutto era uguale a prima; uno ha comprato la casa, l'altro ha provato a comprare il cavallo, e il giorno dopo uguale al giorno prima. L'unica cosa che da senso alla vita è Dio.

Luigi: Non passerei le mie giornate soltanto per imparare la professione, perché le nostre giornate sono un dono di Dio; può darsi che domani io muoia, quindi non posso sprecare la mia giornata soltanto per una cosa che morendo devo lasciare. Ma metterei nella mia giornata sempre qualche cosa, un passo verso l'Assoluto, verso l'Eterno. La nostra giornata vale per quello che progredisco nella conoscenza di Dio. Il resto va vissuto come il Signore ci dà la possibilità di farlo. Cerco di fare del mio meglio però "so che sono cose relative; l'importante è che conosca qualche cosa in più di te, Signore".

Penso che se iniziamo la nostra giornata col proposito di avanzare nella conoscenza di Dio alla sera non siamo più delusi. Anche se tutto il resto ci delude, lì la nostra giornata è stata valida.

Ida: Mi sono accorta che non è il momento che dedico al Signore che cambia la mia giornata, ma è esattamente il contrario. E' la vita che faccio che determina la mia giornata.

Luigi: Questo è anche vero; più noi siamo unitari e più naturalmente è prezioso quel momento. Però, se io non sono capace di fare in modo diverso, incomincio ad orientare la mia giornata a Dio; saranno cinque minuti di raccoglimento, di studio delle cose di Dio, per conoscere qualche cosa in più di Dio.

Pinuccia B.: Hai detto che la glorificazione è la conoscenza di ciò che uno è in Dio; è hai detto che la nostra gloria è ciò che noi siamo in Dio. Però Gesù dicendo "affinché il Figlio glorifichi Te", non parla della nostra gloria.

Luigi: Volevo sottolineare ciò che è la gloria. Quando dice "glorifica tuo Figlio", essendo il Figlio il Pensiero di Dio, chiede che sia reso evidente il Pensiero di Dio come ciò che è. Quindi soltanto rendendo evidente, valido, importante, il Pensiero di Dio, è data a noi la grazia, la possibilità di fermarci con questo Pensiero di Dio. Perché soltanto fermandoci nel Pensiero di Dio, il Pensiero di Dio glorifica il Padre, fa conoscere il Padre.

Pinuccia B.: La gloria nostra sarà una conseguenza della conoscenza.

Luigi: Noi dobbiamo preoccuparci di glorificare la Verità. Noi non siamo la Verità.

Pinuccia B.: Non ho capito perché hai parlato della nostra gloria.

Luigi: Era per dire che quando ci gonfiamo gli uni con gli altri è sbagliato perché la gloria viene dal nostro rapporto con Dio; quindi soltanto nella misura in cui noi conosciamo Dio sotto un certo aspetto noi glorifichiamo noi stessi, cioè Dio glorifica noi stessi. Perché ci fa essere diversi.

Più penso a me e più divento avaro, egoista, ambizioso, odioso a tutte le creature; perché chi parla dicendo "io ho fatto questo, io ho fatto quell'altro..." non è capace di amare. Più invece mi dimentico per glorificare Dio, per parlare della Verità, più Dio mi fa capace di amare tutto e tutti, anche i nemici. Quindi è Dio che modifica quello che noi siamo; più guardiamo Dio e più Dio ci fa mettere le ali, fino a renderci tutto spirito; invece più noi pensiamo a noi stessi e più ci distruggiamo, più ci scaviamo la tomba.

Pensieri conclusivi:

Piero: Bisogna rendersi conto che senza di Lui non possiamo fare niente. Bisogna abbandonarsi attivamente; se ci rendiamo disponibili tutto il resto lo fa Lui

Luigi: Dio ci pensa anche quando noi non lo pensiamo.

Salvatore: Il Signore mi mette in conflitto con quello che mi da, mi desse un po meno...; per lo meno che mi dia la possibilità di scegliere sempre Lui.

Luigi: Poco per volta, abbi pazienza.

Ida: Le nostre giornate valgono per quello che riceviamo da Dio.

Pinuccia B.: Vorrei fare mia questa preghiera "glorifica in me tuo Figlio affinché in me tuo Figlio glorifichi Te".

Luigi: Se poi ti ignori; la preghiera semplice di Gesù è ancora meglio. Quando c'è il nostro io in mezzo...

Pinuccia B.: Allora la mia partecipazione in che cosa consiste?

Luigi: Nel cercare di capire quello che il Signore dice. Più ti ignori e meglio è.

Appendice:

Luigi: Gesù chiede la glorificazione del Figlio affinché il Figlio glorifichi il Padre. Questa glorificazione del Figlio avviene prima di Pentecoste. Il Figlio chiede al Padre, perché fa dipendere tutto dal Padre, ed è necessario che questa prima glorificazione del Figlio avvenga affinché si giunga alla glorificazione del Padre. Cioè si tratta di due glorificazioni del Figlio: una prima di Pentecoste e un'altra dopo Pentecoste che viene dopo la conoscenza del Padre. E' il Padre che manifesta chi è il Figlio. La glorificazione del Figlio prima di Pentecoste è questo incentramento nel Pensiero del Padre (il Figlio è appunto il Pensiero del Padre) in quei dieci giorni che precedono la Pentecoste, per vedere tutto nel Pensiero del Padre. Vedere tutto nel Pensiero del Padre, che tutto è opera del Padre e che il Padre ha fatto tutto nel suo Pensiero  è appunto la glorificazione del Figlio.      

ciclo C  (01.08.1992):

“…affinché il Figlio glorifichi Te.”

Luigi: Ma perché qui dice: “…affinché il Figlio glorifichi Te”? Dice: “Padre, glorifica il Figlio affinché il Figlio glorifichi Te”, lo dice per noi, non lo dice per Sé, perché Egli è il Verbo incarnato, quindi tutte le cose che dice le dice per noi. Perché abbiamo bisogno di sapere questo?

Nino: Penso che il Figlio, portando a compimento tutta l’opera che il Padre gli ha dato da fare in mezzo a noi, glorifica il Padre.

Luigi: Certo, Lui glorifica solo il Padre; infatti dice: “Io non cerco la mia gloria”(Gv 8,30); “…il mio  giudizio è vero perché non cerco la mia gloria, ma cerco la gloria di Colui che mi ha mandato” (Gv5,30). E questo ci fa anche capire che quando noi pensiamo a noi stessi e cerchiamo la nostra gloria il nostro giudizio non è vero, invece quando cerchiamo la gloria di Dio il nostro giudizio è vero.

Nino: Se Lui è Colui che riesce a glorificare il Padre tra noi, poi il Padre è quello che glorifica il Figlio tra noi…

Luigi: No! Qui inverte il rapporto; dice: “Padre, glorifica tuo Figlio affinché tuo Figlio glorifichi Te”, quel “affinché” è importante.

Franca: Glorificare una persona è…

Luigi: … dire quello che essa è.

Franca: Quindi vuol dire conoscerla; ma per conoscere il Padre bisogna essere tutto Pensiero del Padre. Quindi questo “affinché” lo dice in quanto solo “il Figlio conosce il Padre” (Mt 11,2).

Luigi: D’accordo, ma perché Gesù fa questa preghiera al Padre? Cioè chiede al Padre di essere glorificato affinché Lui possa glorificare il Padre.

Sono parole che dice Dio per noi; evidentemente se sono per noi, sono parole importanti. Quindi ci devono aiutare a giungere a quel fine per il quale siamo stati creati. Noi siamo stati creati per conoscere Dio, la Vita Eterna sta nel conoscere Dio, quindi dobbiamo impegnarci a conoscere Dio.

Allora, il Figlio chiede che il Padre lo glorifichi  affinché…; quindi fa dipendere il fatto che il Figlio glorifichi il Padre dal Padre che glorifica il Figlio.

Giovanna: Non capisco perché il Figlio chiede al Padre di glorificare il Figlio. Che cosa vuol dire che glorifica il Figlio?

Luigi: Dice la condizione perché il Figlio possa glorificare il Padre.

Giovanna: Ma perché dice: “glorifica il Figlio” quando il Figlio ciò che dice lo dice per noi?

Luigi: Sì, ma arriva un certo momento in cui il Padre deve rivelare il Figlio affinché il Figlio possa rivelare il Padre; perché soltanto il Figlio fa conoscere il Padre: “nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”(Gv 14,6). Allora, se Gesù dice: “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”, rivela che Lui stesso, Figlio, è la strada per arrivare a-. Allora, a questo punto, in termini di strada, Egli dice: Padre, fa conoscere la strada affinché coloro che camminano possano giungere da Te”, quindi : “rivela qual è questa strada”; però è soltanto il Padre che fa capire chi è il Figlio.

Si è visto nell’incontro della domenica, il problema dell’opera del Padre, Gesù dice: “Se non faccio le opere del Padre mio, non credete in me, ma se le faccio e non volete credere a me, credete alle opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in Me e Io sono nel Padre”. Quindi vuol dire che noi creature, noi uomini, abbiamo la possibilità di riconoscere se Lui fa le opere o non fa le opere del Padre; altrimenti non avrebbe detto: “se non faccio le opere del Padre non credetemi”. Ma allora chi è che giudica se fa o non fa le opere del Padre? Come facciamo noi a capire se fa o non fa le opere del Padre?

Vuol dire che noi abbiamo la possibilità. Ma da che cosa? È da Dio stesso che possiamo capire se le sue opere sono opere del Padre.

Ora, Lui, poiché è Figlio, fa dipendere tutto dal Padre, anche l’indicazione della strada che conduce al Padre. E questo per farci capire che se noi siamo orientati al Padre, dal Padre noi abbiamo la possibilità di conoscere se Lui fa le opere del Padre o no, se Lui è la strada che conduce al Padre o no. Quindi è dal Padre soltanto che si riconosce la Strada.

Giovanna: Lui prega il Padre.

Luigi: E già, perché Lui essendo Figlio fa dipendere tutto dal Padre, anche la scoperta della Strada che conduce al Padre. Lui è la Strada che conduce al Padre: ”Io sono la Via..”(Gv14,6)

Giovanna: Si intende dire questo, quando si dice: “senza la conoscenza di Dio non possiamo conoscere Dio”.

Luigi: Certo, perché Dio solo è rivelatore di Sé. Ora, se Dio solo è rivelatore di Sé, succede che soltanto se noi abbiamo la possibilità di guardare Dio possiamo ricevere da Dio la conoscenza di Dio. Ma il guardare Dio è il Figlio. È come se dicesse al Padre: “Padre, fa capire questo affinché possano…”.

Giovanna: “Fa capire che sono Io”

Luigi: “Padre, fa capire che quella è la Porta, che è il passaggio obbligato, che è la strada per arrivare a Te”. Perché non dice: “sono Io che lo debbo far capire”. No! Lui è il Figlio quindi fa dipendere tutto dal Padre.

Giovanna: Quindi il capire che le opere che Lui fa sono del Padre, viene dal Padre.

Luigi: …soltanto dal Padre. Perché soltanto il Padre individua il Figlio.

Franca: “Glorifica il Figlio”  vuol dire far capire qual è la strada?

Luigi: Dobbiamo sempre dire delle parole che siano intelligibili; quindi quando diciamo “gloria” dobbiamo capire che cosa voglia dire. Glorifica vuol dire: rivela quello che è.

Franca: Quindi “glorifica il Figlio”  vuol dire “rivela che la strada sono Io affinché possano arrivare a Te”.

Luigi: Perché “…nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me” (Gv 14,6). Ora, se per esempio ci dicono che nessuno può arrivare sulla cima del monte se non attraverso un determinato sentiero, bisogna che quel sentiero sia individuabile.

Franca: Ma questo glorificare il Padre sarebbe “…affinché conoscano Te”.

Luigi: Certo, perché glorificare vuol dire conoscere ciò che un essere è.

Franca: Ma poi dopo, dal Padre, conosco il Padre e poi il Padre mi farà conoscere chi era questa Strada.

Luigi: Ecco, il Padre ti fa conoscere il Figlio, Padre e Figlio ti fanno conoscere lo Spirito Santo; però, come fare per arrivare al Padre?

“Soltanto il Figlio conosce il Padre” (Mt 11,27); allora il Figlio diventa un passaggio obbligato. Tu non sai ancora chi è il Figlio, perché non lo conosci come Figlio, però Lo conosci come passaggio obbligato per arrivare al Padre; perché: “Nessuno ha mai parlato come te(Gv 7,46); cioè “nessuno mai ha parlato parole di Vita Eterna, cioè parole che fanno conoscere Dio come Tu fai conoscere”. Infatti, abbiamo detto che la singolarità del Figlio è quella di collegare tutto con il Padre, tutto con il Principio. Gli uomini invece si distinguono in questo: non collegano mai le cose col Principio; gli uomini attribuiscono sempre le cose ad altri uomini, alla natura, al caso, ma non al Principio; questo perché per collegare le cose al Principio bisogna avere presente il Principio e il contemplare le cose dal Principio. Chi contempla le cose dal Principio è solo il Figlio. Quindi tutti gli uomini sono inferiori, cioè parlano in dimensioni inferiori del Figlio. Il Figlio collega tutto col Principio, col Padre; invece gli uomini collegano tutto con le cause seconde, attribuendo le cose ad uno, all’altro, all’altro, ecc.; e così facendo non possono collegare con Dio. Ecco allora che chi ascolta Cristo arriva a dire “Tu solo hai parole di Vita Eterna (Gv 6,68).

Teresa: Gesù dice: “Fate opere buone perché gli uomini diano gloria a Dio”(Mt 5,16); quindi ci dice di non fare le opere perché gli altri ti diano gloria ma se un’opera è veramente buona deve portare a glorificare Dio. Nessuno come Cristo ha fatto l’opera buona, quindi dà gloria a Dio.

Luigi: No, così pasticciamo. Dobbiamo usare delle parole che siano chiare, che ci aiutino; quando diciamo “buono”, o noi riusciamo a chiarire cosa vuol dire “buono” o altrimenti pasticciamo. C’è il rischio di fermarsi all’opera di carità verso un povero e pensare di essere buoni e di rendere gloria a Dio, e magari invece diamo gloria a noi stessi. Quindi bisogna chiarire bene i termini che usiamo. Quand’è che un’opera è buona?

Gesù parla chiaro, e dicendo: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”, ci fa capire che la sua opera buona è quella di condurci al Padre. Cristo è chiarissimo, non usa dei termini ambigui. Il termine “opera buona”, è come il termine “amore”, come il termine “giustizia”; sono termini ambigui che possono essere applicati in mille modi e quindi creare grande confusione. Bisogna sempre chiarire. Cristo, in quanto dice: “Nessuno viene al Padre…”  fa capire che il problema è di andare al Padre; dicendo: “…se non per mezzo di Me” possiamo capire che l’opera buona  sta lì. Cioè, quand’è che noi diciamo che una strada è buona? Diciamo che una strada è buona in quanto ci conduce nel luogo al quale noi vogliamo arrivare; quindi dobbiamo aver ben chiaro questo fine. Ecco, se noi vogliamo arrivare al Padre, perché sappiamo che siamo stati creati per conoscere il Padre, la strada buona è quella che mi conduce al Padre; e la strada buona è il Cristo.

Grazia: Il Figlio glorifica sempre il Padre.

Luigi: Il Figlio glorifica in tutto il Padre perché è Figlio. Quindi anche la conoscenza che Lui ha del Padre, la riceve dal Padre. Conoscendo il Padre, anche la conoscenza che Lui ha di Sé, la riceve dal Padre. Lui non ha conoscenza di Sé in modo autonomo; e insegna a noi che tutto dobbiamo ricevere dal Padre per diventare figli di Dio; anche la conoscenza di noi stessi. Quindi non bisogna partire dall’uomo per arrivare a Dio; bisogna partire da Dio per conoscere l’uomo.

Grazia: Nella misura in cui il Padre ci fa vedere che glorifica il Figlio noi Lo possiamo riconoscere e quindi riconoscere che il Figlio glorifica il Padre.

Luigi: Si capisce, Dio Padre è il Principio da cui deriva ogni cosa, anche la conoscenza. Soltanto se la conoscenza arriva dal Padre tu hai in te stessa il Principio delle cose, e quindi conosci. Tu conosci una cosa in quanto hai in te il Principio della cosa.

Ora, Dio Padre, che è il Principio anche di suo Figlio, ha in Sé il principio di tutto. Quindi soltanto in quanto noi guardiamo le cose dal punto di vista del Padre abbiamo il Principio e quindi abbiamo la conoscenza; in caso diverso no! Quindi se il problema della Vita Eterna è il problema della conoscenza, evidentemente il problema della Vita Eterna è un problema di conoscenza dal Padre, cioè dal Principio.

Domenico: “…affinché il Figlio glorifichi Te” è l’opera del Figlio glorificare il Padre.

Luigi: Glorificare il Padre è opera del Figlio, però questa possibilità di glorificare il Padre viene dal Padre, perché il Figlio, essendo Figlio riceve tutto dal Padre, anche la possibilità di glorificare il Padre. Quindi se tu hai la possibilità di dire “Padre”, questa possibilità di dire: “Padre” non è possibilità tua, ma ti viene dal Padre; per cui dice: Padre glorifica il tuo Figlio - cioè fa vedere, presenta questa singolarità che sono Io – affinché Io possa – in loro – glorificare Te”; questo perché il “Figlio ha avuto il potere su tutti gli uomini”. È come dire che quello che è la strada singola, quello che è il passaggio obbligato, essendo un passaggio obbligato ha il potere, per tutti, di far giungere alla Meta.

Domenica: Quel passaggio obbligato è a due livelli. Nel Vangelo è detto: «Venne allora una voce dal Cielo “L’ho glorificato e di nuovo Lo glorificherò”» (Gv 12,28). Sono due le glorificazioni?

Luigi: No, glorificazione c’è ne una sola.

Domenica: Il Figlio chiede: “glorifica tuo Figlio”; cioè il Figlio chiede al Padre: «dì “questo è mio”», perché è solo lì che Lui ci dà la via, la strada che conduce al Padre. Però nella glorificazione vera non sta dicendo “questo è mio”, perché quando mi dice “questo è mio” non mi fa ancora conoscere chi è il Figlio, perché “solo il Padre conosce il Figlio”.

Luigi: C’è una differenza forte, però è sempre nello stesso argomento. Intendi dire che lo dice a te o che lo dice al Figlio?

Domenica: Intendo dire che lo dice al Figlio.

Luigi: Se lo dice al Figlio siamo a posto; perché lo dice al Figlio per te. Il Padre eternamente dice, e anche per noi eternamente, se giungeremo alla vita eterna, ascolteremo dal Padre: “tu sei mio figlio, oggi ti ho generato (Sal 2,7), non c’è il tempo quindi è un “oggi” eterno; ed è in quell’“oggi” che in noi si sviluppa questa unione eterna con Dio, dove c’è la Luce su tutto.

Domenico: Avevi detto: è soltanto col Pensiero di Dio, su cui il Padre ha detto “questo è mio” , che noi possiamo sprofondarci per opera del Figlio nella conoscenza del Padre.

Luigi: Si capisce, perché è il passaggio obbligato per arrivare al Padre. Quindi, noi siamo creature, essendo creature abbiamo, a differenza del Figlio di Dio, tanti pensieri. Il Figlio di Dio ha un pensiero unico, e in quel pensiero unico c’è tutto l’universo, tutta la creazione, tutta l’opera di Dio, c’è la Vita Eterna. Noi abbiamo tanti pensieri perché non siamo capaci a restare in un pensiero; noi crediamo, avendo tanti pensieri, di essere più ricchi, ma in realtà siamo più poveri. Avendo molteplicità di pensieri noi dobbiamo fare dei salti mortali da un pensiero all’altro, cioè non riusciamo a unificare. Ecco, là dove tu non puoi unificare tu sei lacerato, cioè è il tuo stesso pensiero che è lacerato. La soluzione terminale e ideale è quella di avere un Pensiero unico e in quel Pensiero poter unificare, quindi contemplare tutte le cose. Questo avviene in Dio; e la Vita Eterna sta nell’unificazione; infatti “chi con me non raccoglie disperde” (Mt 12,30). La Vita Eterna è raccogliere in un Punto solo; ma bisogna averlo questo Punto solo; perché se tu, anziché  quel Punto, hai un altro punto, ti accorgi che non riesci a raccogliere, perché magari riesci a raccogliere qualche cosa e poi il resto non puoi raccoglierlo perché non riesci a farlo rientrare. Soltanto quando tu hai il Padre come punto fisso di riferimento puoi unificare tutto e quindi arrivare ad avere un unico pensiero che è poi il Figlio di Dio in cui tutte le cose sono fatte dal Padre. E lì si contempla. Ora, l’importante è l’individuazione di questo passaggio obbligato per arrivare al Padre, perché Egli continua a dire: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”; quindi è esclusivo questo fatto. In quanto dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me” evidentemente dichiara una esclusività riservata a Lui solo. Allora, per noi creature, la scoperta di questo passaggio obbligato, che è il Cristo è essenziale. Ma che cos’è che te lo fa rivelare? Il Padre, per cui dice: “Padre, rivela questo passaggio obbligato”; infatti il Figlio non dice: “Io sono il passaggio obbligato”, ma chiede al Padre di dirlo, perché soltanto dal Padre c’è la convinzione. Il Padre opera convincendo e non imponendo. Il Padre ti convince.

Domenico: Quando il Figlio dice: «dì: “questo è mio”» è la conclusione di tutto il cammino fatto col Figlio di Dio, col Cristo. Cristo è la strada, certamente; ed è la strada nella fede che ci porta a ricevere dal Padre il “questo è mio”  non più a parole. Cioè, dopo questa rivelazione si è col Pensiero che pensa Dio fatto suo da Dio Padre. Allora è questo Pensiero di Dio fatto suo che mi glorifica il Padre, e non è il Padre che glorifica Sé…

Luigi: Abbi pazienza, ma adesso non parlare più! Continui a insistere sul “questo è mio”, invece Lui ci sta presentando un altro argomento e creiamo confusione per chi ascolta. Restiamo in quell’argomento che Lui ci propone. L’argomento è questo: “Padre, glorifica tuo Figlio affinché il Figlio glorifichi Te”; noi dobbiamo stare in questi termini. Il Figlio che chiede al Padre di essere glorificato, cioè: “Padre, fa conoscere tuo Figlio, fa conoscere questa strada, fa individuare”. E allora il problema è: come poter individuare questa strada, cosa ci deve essere in noi per poter individuare questa strada? Perché Lui dice: “Padre, fai individuare questa strada affinché questa strada  conduca a Te”. Dobbiamo restare fermi qui e approfondire.

Fabiola: Questo fatto del passaggio obbligato è fondamentale perché nella dispersione del mondo sembra che siamo tante le vie che conducono a Dio. Però in che modo il Padre ci dice che è questo il passaggio obbligato?

Luigi: Intanto ha detto: “questo è mio Figlio prediletto ascoltatelo” (Mt 17,5), quindi già la Parola di Dio ci dice: “questo è”; poi tutto l’insieme: concepimento di Maria, nascita, ecc; è tutta una singolarità, per cui mette in evidenza. Ed è tutta una lezione, tutta parola da capire. Perché è nato da una Vergine? È lezione di vita per noi per individuare quella strada che conduce al Padre. La strada che conduce al Padre non è una strada che mi viene dagli uomini; è per questo che Maria non ha concepito attraverso l’uomo; per far capire che soltanto guardando Dio, pensando Dio, da Dio, noi abbiamo la possibilità di individuare la strada. Quindi Dio stesso è il Principio di individuazione della Strada che conduce a Lui. Poi c’è tutta l’opera del Cristo: le sue parole, la sua morte in Croce, la sua Risurrezione, la sua Ascensione; tutto questo insieme ci fa individuare una caratteristica tale che è inconfondibile con ogni altro uomo, con ogni altro esistente. E se noi seguiamo questo, cioè se seguiamo i suoi insegnamenti, a poco per volta siamo condotti a pensare al Padre, perché il Padre solo è rivelatore di Sé. Però per pensare al Padre bisogna che noi abbiamo la possibilità di mettere in alto questo Cristo, questa singolarità, questa strada unica. MetterLa in alto vuol dire distinguerLa da tutte le altre in modo da poterLa seguire. Perché tu inizialmente puoi dire: “tutte le strade sono buone”, oppure davanti a Cristo dire: “si, va bene, però posso seguire anche altro”; però ad un certo momento Lui rivela una singolarità. Egli dice: “NO! Nessuna altra strada; cioè tutto ti aiuta per arrivare a Me, ma poi dopo questa è la Strada unica, non c’è nessun altra strada”.

Lui, Cristo, esprime un singolarità che è insostituibile, che non si può convertirla con altro. Quando Lui mi dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”, quel Me, dal nostro io, non è sostituibile; il tuo io, l’io di Fabiola, non è sostituibile con quello di Cris, eppure siete vicinissimi. Ognuno di noi ha un io che è insostituibile, e quel “Me” di Cristo è insostituibile. Io non posso confonderlo con nessun altro personaggio, per quanto grande sia, per quanto Santo sia. E’ una singolarità, quindi è una Persona. Noi siamo salvati da una Persona, non da una regola; quindi è una Persona la strada, è un Io che è strada, ed è questo Io che ci conduce al Padre. Ora, chi fa luce su questo Io è soltanto il Padre, quindi soltanto se noi pensiamo al Padre e guardiamo dal Padre, soltanto il Padre ci fa capire questa singolarità della strada che conduce a Lui, che è un rapporto personale con Lui.

Per cui quando tu pensi Dio, nel tuo silenzio, tu sei con Cristo, perché chi pensa Dio in te, non sei tu, ma tu pensi Dio col Pensiero di Dio, e il Pensiero di Dio è il Cristo. Tu pensi Dio col Pensiero di Dio, e il Pensiero di Dio è una Persona, ed è in te; e tu non puoi pensare Dio con i tuoi pensieri, ma tu pensi Dio col Pensiero di Dio, esclusivo. Per cui, tu non puoi pensare contemporaneamente a due cose. O pensi Dio o pensi ad altro. E allora, ecco la singolarità del Pensiero di Dio che ti conduce a Dio. Ecco, quando pensi a Dio sei una cosa sola con Dio; tu non lo sai ancora, ma sei già una cosa sola con Dio quando pensi Dio.

Fabiola: Volevo mettere insieme il fatto che è il Pensiero di Dio che pensa in me Dio con il fatto che ognuno di noi ha un rapporto personale con Dio.

Luigi: Il rapporto è personale; il rapporto personale è proprio dato dal Pensiero di Dio. Tu sola puoi pensare Dio, cioè tu sola puoi unirti al Pensiero di Dio che pensa Dio. Tu sola, nel tuo segreto, sai se effettivamente stai pensando Dio o se in preghiera o in silenzio e pensi ad altri. Non c’è nessuno che te lo possa imporre; tu sola.

Ecco perché c’è questa solitudine; il rapporto con Dio diventa solitario, perché diventa personale. Ed è soltanto in quel punto, nel Pensiero di Dio che noi abbiamo la possibilità di accedere a Dio; ed è un punto immacolato, in cui non può entrare né il mondo, né gli altri, né il pensiero del nostro io.

Tu non puoi pensare contemporaneamente a due o tre cose; quando pensi Dio devi escludere tutto il resto, devi pensare soltanto a Dio, altrimenti non pensi Dio.

Fabiola: Io penso che ognuno di noi abbia una relazione particolare con Dio, cioè non è una cosa standard per tutti.

Luigi: La cosa per tutti è che Dio ha un rapporto personale con ognuno di noi, però non tutti hanno un rapporto personale con Dio. Dio parla personalmente con ognuno di noi; Dio è un infinito e conosce perfettamente tutto di noi, quindi ha un rapporto personale con noi. Ad esempio io non conosco tutto di te, quindi non posso avere un rapporto personale con te; io posso conoscere solo quello che tu mi dici attualmente, però non posso avere un rapporto personale con te. Dio invece ha un rapporto personale con te perché conosce tutto di te, tutto. Avendo un rapporto personale con te, dà a te la possibilità di avere un rapporto personale con Lui. Ma non è detto che tu abbia un rapporto personale con Lui; però ti dà la possibilità, perché Lui ti pensa; quindi Lui ti pensa, ma non è detto che tu pensi Lui. E tu non puoi dimostrare che Lui non ti pensi, tu non puoi annullare questo: “Dio ti pensa”; tu sei pensata di Dio, e tu non puoi annullarlo, perché per annullarlo dovresti dimostrare che non è vero; e tu non puoi dimostrare che non è vero. La Verità trascende noi; noi possiamo trascurarLa, cioè noi possiamo non pensare Dio, però non possiamo dimostrare che Dio non pensa a noi.

Allora, soltanto in quanto tu pensi Dio come Dio pensa te, quindi c’è un rapporto personale, sei nella giustizia; perché Lui certamente pensa te. Se tu non pensi a Lui fai una cosa ingiusta; ma se Lui pensa a te e tu pensi a Lui, allora qui stabiliamo un rapporto di sintonia e lì c’è la comunicazione. Quindi la comunicazione avviene in quanto tu pensi Dio come Dio pensa te; allora c’è sintonia, c’è comunicazione e il Pensiero di Dio passa a te. Se invece Dio pensa a te e tu pensi ad altro non c’è comunicazione, si fraintende e la Verità non si comunica. Ecco, Dio convince, ma convince in quanto c’è il passaggio, quindi c’è sintonia, cioè in quanto io penso Dio come Lui pensa a me. Ecco perché il Pensiero di Dio, che è Figlio di Dio, diventa comunicazione, diventa strada.

Silvana: Gesù fa questa preghiera al Padre dopo che i suoi l’hanno seguito.

Luigi: È la preghiera conclusiva, è il fine di tutto, dopo questo non c’è più niente.

Silvana : Quindi c’era già stata una certa individuazione di Lui, l’avevano seguito, avevano già ascoltato le sue parole; ecco, in quest’ora conclusiva c’è la possibilità dell’individuazione che permette di conoscere il Padre.

Luigi: Ecco, nel Fine si individua tutto. Il Fine è un evidenza. Prima perché c’è confusione? Perché quando si è lontani dal Fine c’è questa Strada, ma ci sono anche altre strade, ci sono altri interessi, altre cose. Il tempo che passa è Dio che viene; man mano che il tempo passa, succede che i valori si semplificano, si riducono. Noi ci accorgiamo che vivendo dobbiamo lasciare perdere tante cose, e all’ultimo della vita restiamo con quel valore a cui abbiamo riservato il massimo interesse nella tua vita, e resteremo solo con quello.

La vita è come un naufragio; la nave naufraga, e ognuno si  afferra a ciò a cui più tiene, e si resta soltanto con ciò a cui ci si è afferrati; che può essere salvezza o dannazione. Quindi la nostra vita è essenzialmente selettiva, perché ci obbliga giorno per giorno a fare delle scelte. Già solo se tu apri il giornale, fai una scelta; tutti i giorni fai delle scelte, questo è più importante, quindi lascio il resto; vado con questo piuttosto che con quell’altro. Attraverso queste scelte a poco per volta si forma in noi il massimo valore, quello che ci sta a cuore più di tutto; e questo cosa vuol dire? Vuol dire che tutto il resto l’abbiamo lasciato perdere. Per cui all’ultimo noi ci troveremo a tu per tu con quello che avremo amato, cercato, a cui avremo dedicato il nostro cuore al di sopra di tutto.

È in quel a tu per tu che si scopre la Verità. Infatti Dio è già con noi, ma perché non lo vediamo? Perché ci sono tanti altri con noi; come alle nozze di Cana, c’era Gesù ma c’erano anche tanti altri invitati, (cf Gv 2,2). Ora, fintanto che Dio dentro di noi è uno tra tanti, noi non lo possiamo conoscere; è la molteplicità che impedisce a noi di conoscerLo. Ma man mano che la nostra vita passa, si forma questa selezione, ad un certo momento resta Lui solo.

Ecco, resta  Lui solo di fronte a te; a questo punto non puoi far altro che dire: “ah, sei tu!”. Quindi la nostra vita è selettiva in questo senso: noi restiamo con ciò che abbiamo messo sopra di tutto, e tutto il resto l’abbiamo lasciato perdere. È li che si scopre. Ecco, è la preghiera conclusiva: glorifica tuo Figlio”, “rendi presente”.

Silvana: Quindi per essere discepoli di Cristo, per intraprendere il cammino col Cristo, ci deve già essere una prima individuazione; poi camminando con Lui si forma quella purificazione da poterLo individuare (vedi dispensa n° D-1137 “L’individuazione del Figlio di Dio”).

Luigi: Per cui è una scelta continua di valori. Tu osserva come camminando con Cristo quanti valori sono crollati per i suoi apostoli: Tempio, Sacerdoti, l’autorità, le convenzioni, la Legge, i comandi, le regole, le rinunce, le abitudini…; ad un certo momento arriva a dirti: “una cosa sola è necessaria” (Lc 10,42); quindi togli, togli, togli, togli, togli… e resti tu sola davanti a Dio. Con Cristo si fa questo lavoro. Se tu cammini con Cristo t’accorgi che poco per volta ti dice: lascia perdere questo, lascia perdere quell’altro, cosa vale, a cosa serve, questo passa, ecc. . Cristo è come uno scultore con una grande pietra di marmo: prima toglie a grandi fette, toglie tanta roba, poi poco per volta inizia a lavorare sul fine, fino ad evidenziarti la statua che Lui vuole fare; quindi in un primo tempo nella nostra vita Cristo fa questo lavoro: toglie delle grandi fette (denaro, guadagno, ricchezze, successo, carriera, ecc. ) facendoti capire che tutte quelle cose non servono a niente, e poi poco per volta lavora sul fine, sul pensiero, per scolpirti il suo Volto. Infatti all’ultimo in te c’è Lui stesso. Ecco è Dio che ti sta scolpendo il suo volto in te; come lo scultore di marmo non fa altro che togliere il superfluo, fino ad arrivare alla figura che ha in mente, così Dio toglie fina ad arrivare al suo Volto. È togliendo tutto ciò che è di sovrappiù che viene fuori Dio. Però, chi scolpisce deve avere ben presente quello che deve restare. E quella è opera di Dio, non è opera nostra; infatti noi non ce ne accorgiamo.

Silvana: Quindi quest’ora è la possibilità che si è formata in noi di avere soltanto più presente Lui.

Luigi: Noi con Lui solo, a tu per tu. È il momento in cui tu resti a Tu per Tu, per cui non puoi fare a meno di guardarLo, perché è l’unico valore che ti rimane. Perché Lui è il passaggio obbligato.

Franco B.: A questo punto del versetto, grazie alle parole precedenti, se sono realizzate, si forma un rapporto tra il Pensiero e il Principio di questo Pensiero, cioè del Padre con il Figlio.

Luigi: Certo, perché è soltanto nel Pensiero di Dio che si rivela il Padre, Principio di quel Pensiero. Solo lì tu puoi conoscerLo. Solo lì. Quindi è un fatto essenzialmente personale e segreto; non è di massa, nel modo più assoluto.

Franco B.: Si accede a quella conoscenza di quello che il Padre è in Sé.

Luigi: Certamente.

Franco B.: “affinché il Figlio glorifichi te”; cioè affinché il Figlio ti conosca. Però chi fa conoscere il Padre è Se stesso. Non è il Figlio perché solo il Padre è rivelatore di Sé.

Luigi: È il Padre che rivela Sé; però è il Padre che ti individua questo Pensiero di Dio che tu porti in te in modo oggettivo, non pensiero tuo. Non dice pensiero mio, ma dice che è Pensiero di Dio. È il Padre che ti fa capire l’oggettività di questo Pensiero che esiste in te indipendentemente da Te; per cui può diventare tuo inferno. Il Pensiero di Dio può diventare tuo inferno. Ora, questo Pensiero di Dio è passaggio obbligato, non è Meta; è passaggio obbligato per arrivare al Padre, che è il Padre di questo Pensiero.

Franco B.: Poi ci sarà una glorificazione successiva del Figlio.

Luigi: Ci sarà poi la glorificazione del Figlio come conoscenza di quello che il Figlio è dal Padre; perché “soltanto il Padre conosce il Figlio. Quindi prima è una scoperta del Figlio come strada, perché tu non sai chi è il Figlio, ma sai che è una strada. È come seguire la guida del Monte Bianco: tu non sai chi sia, però tu la segui perché ti interessa andare sul Monte Bianco; ecco, tu non sai di che famiglia sia, quali siano i suoi antenati, però ciò che ti importa è che sia una guida per il Monte Bianco. Il Cristo si presenta a noi come la guida, cioè come Colui che risponde al nostro bisogno di conoscere Dio. È necessario però che questo bisogno di conoscere Dio ci sia, cioè che si sia formato; sarà questo bisogno di conoscere Dio che ti fa individuare il Cristo, che ti fa individuare Colui che parla del problema che ti sta a cuore. Altrimenti tu non puoi individuarlo; tu sentirai parlare del Cristo, della grandezza del Cristo, delle meraviglie del Cristo, i miracoli del Cristo, tutto quello che vuoi, ma non ti dice nulla; e se lo segui Lo segui per convenienza, perché ti fa comodo, perché appartieni a una famiglia, a una società, a una istituzione, però sono cose che non servono.

Soltanto quando in te si forma il bisogno grande, importantissimo, di conoscere Dio (perché tutta la tua vita dipende soltanto da questo) incominci veramente a capire chi è il Cristo; perché non trovi nessun altro che ti parli in quel modo, che ti aiuti a  pensare il Padre come Lui ti aiuta a pensare al Padre, e che ti faccia conoscere il Padre come Lui ti fa conoscere il Padre; non c’è nessun altro. Ecco perché diventa un rapporto essenzialmente personale. Ma quel rapporto personale è condizionato dal bisogno che si è formato in te di conoscere il Padre.

Franco: Prima si è detto che tutto quello che dice il Cristo è per noi; allora anch’io devo arrivare ad avere questa possibilità di glorificare per essere…

Luigi: No! È il Padre che Lo glorifica in te. È il Padre che deve glorificare in te Cristo, che ti deve fare capire l’importanza che ha il Cristo per arrivare a conoscere il Padre. Però in te si deve essere formato il bisogno di conoscere il Padre. È come se in te si fosse formato il bisogno di andare sull’Everest; magari frequentando amici che ti parlano sempre dell’Everest, ad un certo momento in te si forma il bisogno di arrivare sull’Everest…; ma dal momento in cui si forma in te quel bisogno alla realizzazione di questo bisogno, hai voglia…! Ecco, quando si è formato in te il bisogno di conoscere il Padre, che viene dal Padre, puoi riconoscere Colui che ti darà la possibilità di realizzare questo bisogno, di arrivare sulla cima di-. Ecco, Cristo realizza; ma realizza un tuo sogno; quindi bisogna che il sogno ci sia; infatti se il sogno non si è formato, Cristo non realizza proprio niente; anzi ti secca terribilmente, ti disturba.

Franco: Allora, glorifica il Padre quando riesce a realizzare questo sogno?

Luigi: No! “Glorifica il tuo Figlio affinché il Figlio glorifichi te”, cioè affinché il Figlio porti a realizzare; ma non è che in questo si realizzi. Il Figlio glorificato dal Padre, cioè individuato, segnalato, ti dà la possibilità di giungere alla realizzazione. Quindi non è che si realizzi in quanto il Padre ha glorificato il Figlio; No! La glorificazione del Figlio da parte del Padre è l’inizio per incominciare a realizzare.

Rita: Allora è in un altro punto dove dice: “…dà al tuo Figlio la gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”?

Luigi: No! Siamo sempre in questo argomento. Questo chiedere la glorificazione è chiedere al Padre di rendere evidente il passaggio obbligato per arrivare al Padre. Quando dice: “glorifica tuo Figlio di quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse”, chiede al Padre di far conoscere quello che il Figlio è indipendentemente dalle creature, indipendentemente dal mondo, perché la Verità esiste in Sé indipendentemente dalle creature.

Pinuccia B.: Questa preghiera conclusiva di Gesù deve diventare la nostra preghiera, perché Lui lo dice per noi affinché noi abbiamo a sapere che l’individuazione della Strada ci viene dal Padre. Quindi dobbiamo aspettarla dal Padre.

Luigi: È dal Padre, però è sempre soltanto il Figlio, non sei tu; è il Figlio che fa questa preghiera. Non sei tu, l’iniziativa non è tua, non sei tu che puoi pregare, ma è il Figlio in te che prega. Bisogna arrivare a questa convinzione. Quando tu pensi Dio, devi essere convinta di questo: non sei tu che pensi Dio. Dio non è oggetto del tuo pensiero, non devi dire: “sono io che penso”; perché diresti una cavolata. È Dio che si fa pensare da te, è Dio che ti visita. Quando viene uno a visitarci, a trovarci, non diciamo: “sono io che l’ho fatto venire”, no! è lui che è venuto. Ecco, quindi anche nel campo del pensiero siamo sempre noi che pensiamo…; il campo del pensiero è un campo delicatissimo, appunto perché ha questa frangia di soggettività. Per cui se vedo un filo d’erba posso dire con certezza: “non sono io che l’ho fatto”, e se lo dicessi tutti si metterebbero a ridere. Nel campo del pensiero invece tutti noi diciamo: “sono io che penso” e più nessuno ride; è qui che tutti dovrebbero ridere, infatti gli angeli ridono tutti.

Se tu dici che sei tu che fai il filo d’erba, tutte le creature ridono; se invece dici che sei tu che pensi, nessuno ride; invece gli angeli ridono tutti, perché è molto più facile fare un filo d’erba che fare un pensiero; il pensiero è molto più complicato del filo d’erba; eppure noi diciamo “io penso”; ma è come dire: “io faccio il filo d’erba”.

Ecco, dobbiamo riconoscere che non siamo noi, ma che è Dio che ci dà la grazia di poterLo pensare: “Signore, sto pensando a Te, ma sei tu che mi stai visitando. Sei Tu che ti stai facendo pensare!”; è lì la meraviglia; per questo dico che è un dono enorme. Noi rendiamo tutto banale, perché diciamo: “sono io che penso”; magari consideriamo banale pensare Dio, e non ci accorgiamo che è una cosa enorme, perché è Dio che ci sta visitando. Quanto tu pensi Dio è Dio, l’Infinito, l’Eterno, l’Assoluto che sta venendo da te, che ti visita, che bussa alla tua porta.

Pinuccia B.: E quando ci fa questa grazia ci rende partecipi del suo Pensiero; però è Lui che dice questo al Padre, ma con la nostra partecipazione.

Luigi: È richiesto il pensiero; ma siccome richiede il nostro pensiero diciamo: “io penso”; come quando la mamma partorisce dice: “sono io che ho fatto il bambino”; è una sciocchezza, perché non è la mamma che ha fatto il bambino, ma è Dio che ti ha adoperato come mezzo per fare una creatura nuova. In realtà è Dio che ha fatto la creatura; infatti la mamma non è capace di fare nemmeno un capello di quella creatura.

Eppure noi guardiamo con che semplicità si arriva a dire: “questo bambino l’ho fatto io”. Proviamo a farne uno se siamo capaci.

Pinuccia B.: È importante ricevere questa consapevolezza…

Luigi: …quella consapevolezza che parte sempre da: “Dio è il Creatore”, per cui nulla accade che non sia voluto da Lui. Per cui: “se in questo momento io posso pensarti Signore, non sono io che posso pensarti, ma sei tu il Creatore, sei Tu quindi che mi stai visitando, che stai parlando con me…per cui io Ti penso.. ”.

Pinuccia B.: “…e sei Tu che mi fai capire questa stessa preghiera”.

Luigi: Si capisce; tutto arriva a noi, sia quello che capiamo e sia quello che non capiamo; tutta la creazione non la capiamo, però arriva da Dio, e anche quello che capiamo arriva da Dio. Non dobbiamo dire: “attività mia, intelligenza mia, capire mio”, no!

Pinuccia B.: Perché per poco che attribuiamo a noi restiamo fuori.

Franca: Tutto quello che Gesù dice lo dice per ogni uomo; però si è detto che tutta l’opera creatrice di Dio è per formare in noi questa capacità di elevare gli occhi al Cielo, al Padre, e che non è un dire Padre a parole, perché parole c’è ne sono tante, ma consapevolmente. Il Figlio in me che dice “Padre” non lo dice  indipendentemente da me, ma lo dice con me…

Luigi: …Lo dice per te...

Franca: …per farmi vedere come si arriva a dire “Padre”. Ora, il Figlio che dice: “Padre” in me, consapevolmente e non a parole, e dice anche di glorificare il Pensiero di Dio, cioè che renda evidente questo passaggio obbligato? Ma arrivare a dire “Padre” è già aver fatto il passaggio obbligato?

Luigi: Ma non sei tu che lo dici, ma è Lui che lo dice. Lui è Dio.

Franca: Ma lo dice con me.

Luigi: Certo, lo dice con te. Lui è perfettamente consapevole di ciò che dice, tu invece non sei consapevole di ciò che Lui dice in te. Quando uno ti parla, dice delle parole che tu ascolti, ma che non puoi capire e per arrivare a capire… hai voglia, perché devi arrivare al suo livello per capirle.

Franca: Ecco, il Padre deve evidenziare il passaggio obbligato per arrivare a capire le sue parole.

Luigi: Certo, il Padre deve evidenziare il passaggio obbligato per arrivare a capire quelle parole che il Figlio dice in te. Ma le parole che dice in te, sono più grandi di te; e in quanto sono più grandi di te, tu non le puoi capire; cioè capisci che non capisci. Infatti tu quando dici “Padre”, magari pensi a tuo padre, o alla relazione che c’è con tuo padre. In noi il concetto di Padre è un concetto naturale (padri e figli), non abbiamo in noi il concetto di Padre nel campo dello Spirito. Il concetto di Padre nel campo dello Spirito, hai voglia a trovarlo.

Franca: Hai anche detto che nel punto in cui è giunta quell’ora sei convinto che la capacità di dire “Padre”  viene da Lui.

Luigi: Si capisce, e solo da Lui. E la capacità d’intendere quello che Lui dice ti viene solo da Lui; perché tu ascolti delle parole che sono più grandi di te, di cui non ti rendi conto. Ma Lui te le dice per metterti in movimento; è il principio dei vasi comunicanti: un livello superiore e un livello inferiore per portarti in alto. Quando Lui dice: “Io e il Padre siamo uno”(Gv 10.30), capisci qualche cosa? No! Intanto però ti mette in movimento e ti fa capire che non capisci, e ti fa desiderare di capire quello che Lui ti dice. La grazia sta proprio nel suscitare in te un desiderio. Ma come fa a suscitare in te un desiderio? Proprio parlandoti di una cosa che tu ancora non capisci; e ti fa desiderare di capirla, se tu sei onesta. Altrimenti dici: “…io ho altro da fare, ho i buoi, i campi e la moglie” (Lc 14,18-20).   


Incontri del Sabato ciclo A - B – C

condotti da Luigi Bracco

Gv 17,1-III: «Così parlò Gesù, poi alzando gli occhi al cielo disse: “Padre, l’ora è venuta, glorifica il tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi Te”»

ciclo A (07.11.1981):

“Padre … glorifica il tuo Figlio”


Pinuccia B.: Quand’è che può diventare mia questa preghiera di Gesù: “Padre, glorifica tuo Figlio”?

Luigi: Un momento, la preghiera è di Gesù per insegnare a noi qualche cosa, perché Lui parla per educare noi a diventare figli di Dio e questo lo fa per preparare, nel cuore dei discepoli (quindi anche nel nostro cuore, se lo seguiamo), una certa situazione; questa situazione è l’attenzione al Padre, poiché è dal Padre che noi riceviamo tutto. Quindi non è che noi diciamo: “Padre, glorifica me…” no, è il Figlio che dice al Padre: “Padre, glorifica tuo Figlio”. E questo lo dice per noi!

Pinuccia B.: Intendevo chiedere quand'è che possiamo dire: “Padre, glorifica Gesù in me".

Luigi: Noi dobbiamo chiederci quale significato ha questa preghiera che il Figlio di Dio fa al Padre. Restiamo nella realtà. La realtà è questa: Lui che fa questa preghiera. Non mi devo chiedere quando lo faccio io! È Lui che la fa, quindi: perché la fa? Quale lezione, quale significato ha per me questa preghiera che Lui rivolge al Padre per me? per me che sono legato a Lui? perché questa preghiera Lui la fa per coloro che sono con Lui, non la fa per tutti: “Non prego per il mondo...” dirà più avanti “...prego per costoro”. Quindi la fa per costoro che sono rimasti con Lui fino a questo punto. Ecco, tutti coloro che sentono questa preghiera che Lui rivolge al Padre, sentono il Figlio chiedere al Padre la glorificazione di Sé. Abbiamo visto che la gloria è rivelazione di ciò che uno è nella verità; questa glorificazione la chiede al Padre per noi, non per Sé, perché Lui riceve tutto dal Padre. Egli la fa per noi, per portare a compimento la sua opera.

Pinuccia B.: Questa è la glorificazione del Figlio prima di Pentecoste?

Luigi: Ma non è ancora la conoscenza del Figlio! La conoscenza del Figlio la avremo soltanto dal Padre.

Pinuccia B.: Allora cosa chiede Gesù per me dicendo: “Glorifica tuo Figlio”? Che io lo conosca?  Non ancora, perché sarà solo dopo Pentecoste...

Luigi: Chiede per me, che io resti fermo in Lui, Pensiero del Padre; perché per arrivare alla Pentecoste è necessario restare fermi nel Pensiero di Dio.

Pinuccia B.: Queste parole suscitano in me il desiderio di unirmi a questa preghiera, di desiderare la stessa cosa che desidera Lui.

Luigi: La preghiera la fa Lui affinché in noi arrivi qualche cosa; quando uno prega per un altro, perché prega per l’altro? Prega affinché l’altro ottenga un certo dono. Quindi questa preghiera Lui la fa per noi, affinché noi otteniamo un certo dono.

Pinuccia: B.: Intanto me lo fa desiderare questo dono.

Luigi: Lui stesso, in quanto prega per me, mi orienta verso questo bene, però è Lui che ottiene per me questo dono, il dono di poter restare nel Pensiero di Dio, e non più con le creature perché per arrivare a Dio bisogna che in noi si formi quell’intenzione pura, che è poi il Pensiero di Dio, che è il Figlio di Dio, perché soltanto nell’intenzione pura Dio si può rivelare. Abbiamo detto che l’intenzione pura è quando si ama, quando si pensa, quando si desidera uno per ciò che egli è e non per ciò che ha. La condizione per poter conoscere Dio è quella di avere in noi quest’intenzione pura: “Beati i puri di cuore perché questi vedranno Dio”.

Puro di cuore è colui che ama uno per ciò che è, non per ciò che ha. Perché fintanto che amiamo uno per ciò che ha, o per ciò che possiamo ottenere da lui, noi rimaniamo sempre nel pensiero dell’io e nel pensiero del nostro io l’amore è possessivo, è tutt'altro che puro, quindi non è vero amore. E questo ci impedisce di conoscere, di entrare nella conoscenza. La condizione per poter entrare nella conoscenza è di amare uno per ciò che è; allora il nostro desiderio è giustificato da ciò che l’altro è; invece se noi amiamo altro da ciò che l’altro è, il nostro desiderio non è giustificato nell’altro, è giustificato nelle nostre passioni e questo ci impedisce di conoscere e di essere giustificati. Allora, questo Pensiero puro di Dio, che è il Figlio di Dio in noi, è proprio ciò che Cristo invoca dal Padre, affinché la creatura possa avere questa intenzione pura, tutto Pensiero di Dio. Avendo questa intenzione pura, può giungere a conoscere Dio; perché se non c'è questa intenzione pura non si può giungere a conoscere Dio. Ecco perché dico che fintanto che in noi non si forma questa intenzione pura, Dio per noi è sempre ignoto, Dio è sempre nell’altra stanza, anche se parla con noi; si annuncia a noi, però non lo possiamo mai toccare, non lo possiamo mai afferrare. Perché in noi, non è che Lui non si conceda, ma è che in noi non c'è quell’intenzione tale da poterlo toccare, da poterlo conoscere perché “toccare” vuol dire avere due cose con un punto in comune.

Ora, non basta che Dio arrivi a me, per poterlo toccare. Per toccarlo, bisogna che ci sia in me un desiderio che coincida con il desiderio di Dio che si dona; solo qui tocco qualche cosa di Dio, altrimenti non tocco niente, vado avanti nel vuoto. L’esperienza di Dio, la conoscenza di Dio, richiede la conclusione, la sintesi di due termini, di Dio che si dona alla creatura, e della creatura che si dona a Dio; ma che si dona a Dio con quella stessa intenzione con cui Dio è.

Per cui la creatura deve desiderare Dio per ciò che Egli è. Questa è la glorificazione del Figlio che è tutto Pensiero di Dio. Il Cristo, venendo tra noi, opera per purificare in noi; ci prende da uno stato d’animo, da intenzioni che sono terribilmente inquinate, in cui il nostro cuore e la nostra mente sono molto dispersi, molto inquinati da tutte le cose del mondo, in questa condizione noi non siamo padroni di niente. Il Cristo parlando con noi, poco per volta, ci purifica dall’interno, fino a farci diventare intenzione pura di Dio. Attraverso tutte le lezioni che Lui ci dà, poco per volta, forma in noi la convinzione della grande importanza che per noi ha Dio, il conoscere Dio, forma in noi il grande interesse per Dio.

Dio dona a noi i talenti: la creazione, la vita, il tempo, le creature; ma tutti questi talenti hanno unicamente lo scopo di suscitare in noi interesse per Dio. La nostra vita vale non per i talenti che abbiamo ricevuto (perché uno ne ha ricevuti di più, l’altro di meno), la vita vale per l’interesse che sappiamo trarre dai talenti avuti. Per cui, Dio ti ha fatto vedere un albero, ma non è che tu sia più ricco di quell’altro che non ha visto l’albero; perché verrà un momento in cui l’albero passerà, per te e per l’altro. Lo scopo è questo: se hai visto l’albero, quanto interesse hai saputo trarre dall’albero per conoscere Dio? quanto interesse per Dio hai tratto dall’albero che Dio ti ha dato.

Ecco, Dio non premia l’albero che ha dato alla creatura, ma premia l’interesse per Lui che la creatura ha tratto dall’albero.

Dio premia l’interesse. Siccome Cristo è la conclusione di tutta l’opera di Dio, quindi di tutti i talenti, Cristo viene per formare in noi questo interesse. Lo scopo di tutta la creazione, di tutto l’universo, di tutta l’opera di Dio è quella di formare nel nostro animo l’interesse per Dio. Perché l’interesse per Dio è la condizione per poter conoscere Dio e siccome siamo stati creati per conoscere Dio bisogna che in noi Dio operi per formare la fame di Lui; perché la fame è la condizione per poter mangiare il pane. Pportato nel campo dello Spirito, al posto della fame mettiamo l’interesse, più in alto abbiamo l’intenzione pura.

         Quindi:

1       la fame è la condizione per mangiare il pane;

2       l’interesse è la condizione per poter gustare Dio;

3       l’intenzione pura è la condizione per poter conoscere Dio, per poter ricevere Dio.

Senza intenzione pura Dio si dona, ma noi non abbiamo la possibilità di accoglierlo. È la perla: “Non date la vostra perla ai cani” perché dando la perla al cane, il cane non sa che cosa farsene della perla. Al cane dai l’osso, perché dell’osso il cane sa cosa farsene, della perla non sa cosa farsene. E perché il cane sa cosa farsene dell’osso, ma non sa cosa farsene della perla? Perché l’osso lo può mangiare, ha fame dell’osso ma della perla no! Allora che cos’è che gli fa apprezzare l’osso? È la fame! Allora solo se in noi si forma la fame di Dio, noi sapremo apprezzare Dio. Questa fame di Dio, nel campo dello Spirito diventa intenzione pura per Dio.

Pinuccia B.: “Affinché il Figlio glorifichi Te” è questa intenzione pura che ci rende capaci di conoscere suo Figlio e che il Figlio possa portare l’anima a conoscere il Padre.

Luigi: Infatti quando noi pensiamo a Dio, non siamo noi che pensiamo Dio, ma è il Figlio di Dio in noi, che è in noi, che pensa al Padre. Però noi diciamo: “Sono io che penso”, è qui l’errore che facciamo! Noi non ci rendiamo conto che quando pensiamo a Dio, non siamo noi a pensare Dio! ma che è il Figlio di Dio in noi che pensa Dio! Noi nel pensiero dell’io non vediamo, facciamo il blocco, per cui “Sono io che penso!”.

Noi non diciamo: “Sono io che creo il filo d’erba”, perché è evidente che il filo d’erba non lo possiamo fare noi; però diciamo: “Sono io che penso”, vedi l’errore che facciamo? Forse che il nostro pensiero è inferiore al filo d’erba? No! Allora come mai? Il filo d’erba certamente non l’hai fatto tu, quindi se non hai fatto tu il filo d’erba, a maggior ragione non hai fatto il tuo pensiero! il pensiero che è in noi è molto più importante del filo d’erba. Però diciamo: “Il pensiero è mio!”.

Il Pensiero di Dio in te non è tuo, allora è Un Altro. Allora quando pensi Dio non sei tu che pensi Dio! E’ il Figlio di Dio in te che pensa il Padre, che prega il Padre. Non sei tu che preghi ma è il Figlio di Dio in te che prega, è lo Spirito di Dio in te che prega. Però bisogna riuscire a captare questa Presenza di Dio in noi, ...è lì il problema!

Pinuccia B.: Comunque il significato personale di questo versetto è questo: desiderare di diventare tutto Pensiero di Dio perché è questo Pensiero che ci porta a conoscere il Padre; questa è "l’ora".

Luigi: Certo. Il Figlio di Dio opera tra noi perché “Nessuno può salire in alto se non Colui che è disceso dall’alto”, quindi il Figlio di Dio che è disceso dall’alto opera tra noi, per noi, per formare in noi questa intenzione pura, in modo da fare noi capaci di essere là dove Lui è “Affinché vediate la mia gloria!”, “di essere là dove Lui è”; noi non siamo dove Lui è, perché noi siamo sempre in situazione di divertimento.

Lui opera affinché noi possiamo essere là dove Lui è e possiamo vedere il Padre. Per essere là dove Lui è, essendo Lui tutto Pensiero del Padre, si richiede in noi questa intenzione pura.

Pinuccia B.: Questo segno esterno di Gesù che alza gli occhi, significa che si rivolge al Padre? Cosa può significare per noi?

Luigi: Che anche noi dobbiamo alzare gli occhi dell’anima al Padre.

Piero: Cosa significa, in profondità questa intenzione pura?

Luigi: Essere tutto Pensiero di Dio; intenzione pura è desiderare uno per ciò che è mentre l’intenzione impura è quando desidero uno non per ciò che è, ma per ciò che può servire a me; cioè osservo l’altro per quello che posso trarre dall’altro per me. Ad esempio, nel rapporto del figlio verso la madre, per fare un esempio nel campo dell’amore: il figlio ama la madre, ma ama la madre per i servizi che la madre gli fa (la madre lo serve, lo aiuta). Ma qui abbiamo l’intenzione impura perché si ama la madre nel pensiero del proprio io; infatti il giorno in cui la madre diventa vecchia, non può più servire, diventa un peso, e se il figlio la ama soltanto per quello che lei serviva, la manda a morire dai cronici. Qui la creatura si sente offesa, perché era amata per ciò che aveva.

Quando uno ama un altro per la ricchezza che ha, per ciò che può dare, abbiamo un’intenzione che non è pura, in quanto non si ama l’altro per ciò che è; e non è il vero amore: siamo nel pensiero dell’io, l’intenzione è inquinata.

Fintanto che noi amiamo, o pensiamo, o vediamo le cose nel pensiero del nostro io, la nostra intenzione è sempre inquinata, è sempre ambigua, non è mai pura. Qui il nostro tratto, il nostro comportamento è sempre falsato, perché ha due finalità, e abbiamo l’ambiguità.

L’intenzione è pura in quanto si pensa, si desidera, si vuole uno per ciò che è. E' pura in quanto è “giustificata”, giustificata da ciò che l’altro è: "io penso, desidero l’altro per ciò che l’altro è". Quando invece penso l’altro nel pensiero del mio io, introduco un interesse personale al mio io che mi falsifica l’altro. Facciamo l’esempio di uno che ama una persona per la ricchezza; quella persona si sente offesa. Ma perché  si sente offesa? Perché non è amata per ciò che è, è amata per ciò che ha. E qui abbiamo un’intenzione inquinante, perché il giorno in cui quella persona non avrà più la ricchezza, non sarà più amata.

Si ama l’essere per ciò che egli è. Noi generalmente ci interessiamo di Dio perché Dio è il Creatore, ci manda dei beni, ci aiuta nelle disgrazie, ci libera da certi mali; incominciamo ad amare Dio per i doni che ci dà, ma qui abbiamo un’intenzione che è impura perché lo amiamo nel pensiero dell’io. E questo ci impedisce di conoscere Dio per ciò che Dio è.

Attraverso tutto questo lavoro di Gesù, questa operazione, poco per volta Dio ci fa capire qual è il vero amore, e quale la vera intenzione!

L'intenzione pura è quella che viene a noi dal volerlo, dal conoscerlo, dall’amarlo per ciò che è in Sé, non per i doni che ci fa arrivare, non per le caramelle che ci manda. E soltanto questo diventa un amore stabile; perché fintanto che amiamo Uno per i doni che ci dà, il nostro amore è volubile.

Tutto dipende dal desiderio che portiamo in noi, dall’attesa che abbiamo in noi; perché se noi ci aspettiamo un certo dono e l’altro ci manda dei doni di altro tipo, ci sentiamo offesi: ecco l’intenzione inquinante. Per cui i nostri desideri ci impediscono di capire l’intenzione, il dono dell’Altro in Sé; infatti Dio ci inonda di doni, ma noi volendo il nostro dono, ci impediamo di vederli, perché non li possiamo capire, in quanto diversi dal nostro. Questa intenzione inquinata rende ciechi, ci impedisce di vedere.

Piero: Nel rapporto tra Dio e la creatura, si arriva ad un certo punto, per dono di Dio, in cui la creatura non ama più Dio per i doni che riceve, ha la grazia di superare quella fase.

Luigi: Anche se in un primo tempo ama Dio per i doni...

Piero: Superata questa fase, la creatura ama Dio per quello che è...

Luigi: Incomincia a desiderarlo.

Piero: Però ci sono dei momenti nel rapporto con Dio, in cui si manca di profondità. Nel momento in cui stiamo bene con Dio ci sediamo un po’, ma in quel punto l’intenzione è ancora pura? È vero che sto bene con Dio, ma forse ci vuole una progressione…

Luigi: Non è detto, perché la creatura quando ama, sta bene con l’essere amato, e non chiede altro! L’importante è proprio stare bene con Dio! Perché si sta bene con chi si ama? Si sta bene perché è la presenza che riempie, è la presenza che dà vita, non c'è nemmeno bisogno di parlare! Però succede questo: noi possiamo scivolare sul piano del sentimento. Però se siamo attenti a Dio, è Dio stesso che ci sollecita, ci fa arrivare dei segni suoi, delle parole nuove, o degli argomenti capaci  di impegnarci nuovamente a camminare; ma è Lui che ci invita a camminare.

E non è detto che uno debba sempre camminare, ci sono i momenti di sosta, ci sono i momenti di riposo, dei momenti di pace per cui uno si ferma a contemplare Colui che ama, conoscendolo. E man mano che uno attinge qualche cosa di nuovo, si ferma, sosta; come quando si va in montagna: prima si fatica e poi ci si ferma un momento e si osserva, si contempla il cammino fatto, il panorama, è un periodo di riposo. Poi ad un certo momento, magari incomincia a far freddo e allora si continua a camminare.

È Dio che ci sollecita; ma non tira la corda all’infinito in modo che non ce la facciamo più. Con Dio è tutto un cammino progressivo, è una scala, e una scala non è solo diritta, è fatta anche di ripiani; ad ogni gradino c'è un po’ di sosta, così uno riacquista forza. Quindi c'è il momento di sosta, di fermata, di contemplazione; quando uno attinge una luce nuova, lì si ferma. Poi il Signore, magari, incomincia a togliergli la sedia di dietro per dirgli: “Cammina!”; ma i tempi sono di Dio.

E' Dio che parla con la creatura, e parlando propone sempre qualcosa di Sé, perché Dio parlando, operando, non fa altro che annunciarci qualche cosa di Sé. Avendoci annunciato qualcosa di Sé, ha condotto la nostra anima a vedere quello che Lui ci ha annunciato di Sé; qui la nostra anima si riposa, ha trovato della luce.

Poi, per farla camminare, Lui ci annuncia qualche cos’altro di Sé e allora se noi siamo attenti a Lui, ecco che ci mettiamo di nuovo a camminare per cercare di capire che cosa Dio mi vuole dire di Sé in questa nuova parola, in questo fatto che mi ha fatto arrivare. Ma l’anima sempre si interroga: “Che cosa mi dici di Te?”, perché avendo presente lo Spirito di Dio, sente sempre questo bisogno: capisce che in tutte le cose Dio parla di Sé a noi. Allora non cerchiamo nelle cose la lezione che Dio vuol dare a noi circa le nostre virtù, ad esempio: “Guarda che devi essere più buono..” in un primo tempo si cammina così, ma poi arriva un momento in cui l’anima capisce che in tutte le cose Dio non fa altro che rivelare qualche cosa di Sé a noi. E allora in tutte le cose che arrivano, in tutte le parole che arrivano, l’anima chiede: “Signore, che cosa mi vuoi dire di Te?”, “Che cosa mi riveli di Te?” e non si dà pace; ecco, è in movimento, è in ascensione, non si ferma (perché non può fermarsi), fintanto che non arriva a capire che cosa Dio ha voluto dire di Sé in quel segno, in quella parola, in quel fatto. I fatti che arrivano a noi sono soltanto degli annunci che noi non capiamo. Capiamo che sono annunci di Dio, che vengono da Dio, che non siamo noi che li facciamo, o che non sono gli altri che li creano, ma proprio perché sono opera di Dio, e Dio è Colui che è, in tutte le cose, non mi può parlare di altro da Sé. Lui solo è Dio, nessuno è il Creatore, quindi in tutte le cose Lui mi parla di Sé. Allora, se io ho l’intenzione pura, cioè se io ho questo Spirito di Dio, ho questo interesse per Dio, in tutte le cose non mi accontento di capire soltanto sul piano orizzontale, ma cerco di capire che cosa Dio mi vuol dire di Sé. Allora l’anima è inquieta, si mette in movimento verso  il significato. E’ in questo senso che l’anima si purifica sempre più come intenzione fino a diventare capace di accogliere ciò che Dio ha voluto annunciare nei segni.

Luigi: Ida è stanca…

Ida: Sono confusa…

Luigi: Sentiamo questa confusione.

Ida: Ma Dio è una persona?

Luigi: Si, Dio è persona. Noi siamo persone? Ci siamo fatti da soli? No. Quindi a maggior ragione Colui che ci ha fatti deve essere persona.

Ida: Si, però io ho delle idee troppo infantili su Dio. A volte penso al nostro pianeta e penso: “Ma Dio sarà più grande di tutto questo?”, proprio come dimensioni. Forse è una cosa infantile, ma mi chiedo come faccia a contenere tutto questo.

Luigi: Deve essere ben grande.

Ida: A me viene facile pensare a Dio come un papà.

Luigi: E’ così!

Pinuccia B.: Ma te lo immagini con il corpo?

Ida: No, come persona…

Luigi: E la persona non è il corpo; il corpo è soltanto la manifestazione della persona, ma la persona non è il corpo. Non si può confondere la persona con il corpo. Ad esempio noi siamo qui come corpo, ma la nostra persona può essere qui o nella Valle delle Meraviglie? (perché Marco, il suo fidanzato, era in quel luogo). La nostra persona è là dove è il pensiero, noi viviamo là dove siamo col pensiero. Tanto è vero che noi siamo qui in diversi, ma non è che essendo tutti nello stesso luogo, noi abbiamo gli stessi sentimenti, gli stessi pensieri, le stesse impressioni, no! Ognuno di noi vive in suo mondo; c'è chi porta una pena, c'è chi porta una gioia, c'è chi porta un sogno, perché ognuno vive là dove ama! Ma là dove ama non è questa stanza! Noi siamo tutti qui nella stessa stanza, ma il nostro amore dov’è? E noi corriamo col pensiero dietro all’amore. La persona è nell’oggetto del nostro pensiero, nel pensiero di una cosa. Se tu vuoi cogliere la persona, non devi fermarti al corpo, tanto è vero che se incontri una persona che ti dice “Ti voglio tanto bene” a parole, ma il suo pensiero è con un’altra, tu ti senti offesa. Perché ti senti offesa? A parole, col corpo ti ha detto che ti vuol bene, dovrebbe bastare il corpo, la bocca che dice: “Ti voglio bene”, però se sai che ciò che dice non corrisponde al pensiero ne soffri, da questo si deduce che il pensiero è più importante di ciò che si dice con la bocca! Quindi il pensiero è più importante del corpo, la persona non è il corpo. Il corpo è soltanto un vestito attraverso cui la persona può manifestare se stessa, però non sempre manifesta! Infatti per cogliere la persona la guardiamo in faccia e ci facciamo un idea, ma poi dopo averla conosciuta capiamo che magari era tutta diversa.

Ida: Allora io come persona, posso essere o pensiero di me stessa o pensiero di Dio.

Luigi: Certo! Essenzialmente la persona è costituita dal pensiero, dall’oggetto del nostro pensiero. Il nostro vero nome, il nome di persona, è dato dall’oggetto che noi amiamo, da ciò che noi amiamo. È lì che si coglie veramente ciò che uno è. Dio è l’Essere in Sé, Assoluto, noi da soli non siamo proprio niente, noi siamo per il rapporto che abbiamo con Dio; più il nostro rapporto con Dio è stretto, è intimo, è vicino, e più noi partecipiamo. Noi siamo per partecipazione. Per cui noi ci conosciamo soltanto in un rapporto d’amore, di partecipazione con Colui che è. Se noi vogliamo amare una persona per quella che è, dobbiamo sempre cercarla nel suo rapporto con Dio; altrimenti noi non l’amiamo per quello che è, noi l’amiamo nel pensiero del nostro io e da un momento all’altro saremo traditi, ingannati dal nostro rapporto sbagliato perché io l’amavo, ma l’amavo nel pensiero di me stesso. Io amavo l’altro per i soldi che mi dava, per la ricchezza che aveva! Questo pensiero offende l’altro perché sa di essere amato solo per i suoi soldi e il giorno in cui non avrà più i soldi non sarà più amato. È la mamma che è amata solo per i servizi che fa, il giorno che non può più fare i servizi perché malata, la si manda ai cronici. Quello è offensivo! Perché è offensivo? È offensivo come è offensivo quel tale che dice: “Io ti amo” e poi il suo pensiero è con un’altra. Perché dico che è offensivo? Perché non è autentico. Non è autentico perché non coglie la persona. Quindi se noi ci fermiamo soltanto a quello che la persona ha, se amiamo una persona soltanto per il fisico che ha, per la sua bellezza esterna, per la sua bellezza corporea la offendiamo, perché il giorno che quella persona non avrà più quella bellezza per una malattia o per qualche cosa, non la amiamo più e l’altra si sente offesa! Vedi che la persona è qualcosa di diverso? Il vero amore bisogna coglierlo in questo rapporto personale.

Ida: Tu hai detto che la cosa importante nella giornata è scoprire qualche cosa di più di Dio, mi accorgo che nelle mie giornate penso al mio futuro..

Luigi: Pensi a te stessa! E questo non è pensare Dio, è pensare al tuo io.

Ida: Ma il pensare a Dio mi sembra astratto, mentre pensare al mio futuro mi sembra la realtà. Invece il pensare che un giorno risorgeremo…, non riesco a capirlo.

Luigi: Certo, perché la realtà spirituale, per essere colta deve essere approfondita. Noi possiamo identificare la persona col corpo. Però pensando così, ci accorgiamo che ci inganniamo. E diventa difficile scoprire cos’è veramente una persona, diventa terribilmente difficile perché bisogna passare allo spirito. È più facile per noi passare all’apparenza delle cose, fermarci alla presenza del fisico, ma ad un certo punto restiamo delusi, restiamo ingannati: “io ho sempre creduto che fosse così, invece non era così!”. Il problema è che noi andiamo avanti di inganno in inganno proprio perché  crediamo che la realtà sia in un modo e poi vediamo che ci scappa dalle mani, abbracciamo delle nubi che svaniscono. La realtà apparente è soltanto un segno per dirti: “Alza gli occhi! Cerca la realtà che ancora tu non vedi ma che si annuncia a te in tutto!”.

Ida: Ma io per accettare la realtà ci devo credere!

Luigi: Ma certo, è logico! Non credi in Dio?

Ida: Penso di no!

Luigi: Allora prima bisogna riflettere se sia giusto credere o sia meglio non credere; ma bisogna essere onesti, autentici con noi stessi. Perché fintanto che uno non è convinto che Dio esiste, che Dio è il Creatore, certamente noi siamo fuori della fede. “Credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibile e invisibili”, credi tu questo? O no? Se non posso dirlo, devo riflettere, meditare: “Signore, io non credo in Te, aiutami a capire che Tu ci sei”, “Aiutami a capire in modo che io possa credere”; la fede viene a noi da Dio.

Ida: Uno che crede non sa dare spiegazioni ai misteri…

Luigi: No, non lo sa ancora.

Ida: Allora come fa ad essere convinto se ad esempio un mistero non se lo sa spiegare?

Luigi: Ma non è necessario saper spiegare un mistero per poter esserne convinto! Se io vedo un quadro fatto da un autore, anche se non capisco come l’ha fatto, certamente non posso dire di averlo fatto io. Certamente quel quadro è di quell’autore, però io non so come abbia fatto a farlo, ma sono convinto che l’ha fatto lui. Ora, tutta la creazione, a partire dal filo d’erba, non l’ho fatto io. Quindi, noi ci troviamo davanti a delle cose che siamo incapaci di fare; è Qualcun altro che le ha fatte! Ora basta questo fatto qui per convincerci dell’esistenza di Dio. Dio dice: “Ma Io i segni te li do! Tutta la tua giornata è piena di opere mie non fatte da uomo!”. Basta guardare! Basta cogliere questi segni! Se incontro una persona per strada, io non so chi sia quella persona però io sono tenuto a rispettarla, anche se non so chi sia. Posso fare il superbo, però sono io che sono superbo, lo strafottente, ma la colpa è mia! In caso diverso, è logico, io non posso sapere chi sia quella persona! Magari è Dio in persona che scende a parlare con me, ma io non me ne rendo conto. Però sono tenuto a rispettare! Anche se per adesso non capisci: “Lasciati lavare i piedi” dice Gesù a Pietro, “Perché se tu non ti lasci lavare i piedi, non avrai parte con me. capirai poi!”; il capire viene dopo la fede, perché se io voglio subordinare la mia fede al capire, non arriverò mai, assolutamente mai a capire, mai a vedere, perché la condizione per vedere è credere. Il fatto di andare a scuola è tutto un atto di fede che si fa, perché si incomincia ascoltando cose che non si capiscono; però ascoltandole, poco per volta, si giunge a capire. Ma si arriva a capire ascoltando: l’ascolto è un atto di fede! Io credo che quel professore sia preparato per cui anche se non capisco ancora, mi metto all’ascolto; se so che è un ciarlatano, non mi metto all’ascolto. Ma questo è un atto di fede. Ora Dio è un Maestro, è un Professore che sta parlando a noi in tutto, in quest’aula, e l’aula è l’universo in cui sta tenendo lezioni per noi, sta parlando a noi in tutto. E il primo atto che dobbiamo fare è questo atto di fede! Questa attenzione a Lui, ai segni che Lui ci manda, con la speranza di arrivare a capire. Ma ci vuole questa adesione, sapendo che le cose certamente non sono io che le ho fatte; adesso, eliminiamo tutti gli altri uomini, interessa poco, perché anche tutti gli altri uomini sono fili d’erba, la conclusione è sempre quella: ci sono io, c'è questo spettacolo di fili d’erba davanti a me, e certamente i fili d’erba non li ho fatti io. Allora abbiamo questo rapporto: chi li ha fatti? Quindi abbiamo l’Autore dei fili d’erba, il mio io (che sono i fili d’erba), e i fili d’erba. L’unica cosa che io vedo è il filo d’erba, l’Altro non lo vedo; però, certamente, non sono io che ho fatto il filo d’erba, quindi un Altro l’ha fatto. C'è questo rapporto triangolare. “Tu, Sconosciuto, che mi stai presentando il filo d’erba, che cosa mi vuoi dire? Che cosa mi significhi? Che cosa mi annunci?”. Così incomincia il dialogo tra la creatura e questo Essere sconosciuto che mi fa i fili d’erba davanti agli occhi. Inizia lì il processo della fede: la fede è un processo di interrogazione a Dio per capire il significato di quello che Dio mi manda. Man mano che mi interesso di Dio nella mia anima si formano certe convinzioni e maturano certi interessi. Perché fintanto che io vivo nel pensiero del mio io, mi interesso di sport, mi interesso di guadagnare, di carriera, del mio futuro, della casa, della famiglia, ma sempre nel pensiero del mio io: tanti interessi. Tanti interessi mi portano molto lontano da Dio, perché sono vissuti nel pensiero dell’io. Ma se mi apro alla fede, i miei interessi incominciano a cambiare perché Dio diventa molto interessante, e inizio a cercare di capire cosa Dio mi significa in tutte le cose che mi manda. Perché capisco che sto vivendo per delle cose che domani passano, mi scappano dalle mani, perché tutte le cose sono segni, non hanno valore di per sé; hanno valore per me momentaneamente, ma poi mi accorgo la mia vita non ha uno scopo, non ha senso proprio perché sto vivendo per delle cose che passano. Ora, il fatto di vedere che sto vivendo soltanto per delle cose che passano, mentre ho in me questa sete di una vita che non passa, mi proietta ad un altro interesse che mi porta a scoprire Dio, a conoscere Dio, mi porta ad interessarmi di Dio perché è da Dio che incomincio a scoprire la realtà delle cose che sono attorno a me, il vero volto delle cose. Nel pensiero del mio io non vedo il vero volto delle cose, vedo soltanto quello che riguarda il mio io, vedo la facciata, vedo l’apparenza, non vedo la realtà, non vedo lo spirito; allora confondo le persone col loro corpo, oppure con la loro ricchezza, oppure con i doni che mi danno, ma resto ingannato e dico: “Ma Signore, mi hai messo in un mondo che mi inganna!”; e Lui ti risponde: “No, sei tu che non hai guardato a Me! sei tu che ti sei ingannato perché hai voluto pensare soltanto a te stesso! Allora, nel pensiero del tuo io, tutte le cose ti hanno ingannato!”. Se invece di pensare al nostro io, pensiamo Dio, ci accorgiamo che tutte le cose non ci ingannano! Le cose sono fatte bene! Dio non ci prende in giro, siamo noi che ci prendiamo in giro quando pensiamo soltanto a noi stessi perché seminiamo l’inganno in noi; ci fermiamo soltanto all’apparenza delle cose e sfugge a noi la sostanza, il significato, il pensiero, lo spirito. Quando amo una persona e non mi interessa quello che pensa, il suo pensiero, ma mi interessa molto il suo fisico, la figura che mi fa fare, i soldi che mi dà, se mi interessa questo di quella persona, non mi accorgo di quale inganno mi sto caricando; perché arriverà un momento che il pensiero di quella persona, della quale non mi interessava il pensiero ma il suo fisico, diventerà determinante in tutto, e mi renderà incompatibile la vita. E questo perché io non l’avevo amata per il pensiero ma per altro! Soltanto se noi abbiamo questa fede in Dio, cerchiamo i veri rapporti, cerchiamo l’autenticità, cerchiamo il pensiero.

Ida: Quindi diventa incompatibile la vita con qualcuno quando non ci impegniamo a capire il suo pensiero.

Luigi: Certamente, arriverà un momento per noi che quella persona diventerà insopportabile, dovremo scappare. Perché diventa incompatibile? Perché l’ho amato per una cosa ma quell’altro è un “altro”; resto ingannato e non lo sopporto più. Non posso più!

Ida: La risurrezione è quella rinascita che non può avvenire senza di noi?

Luigi: Certo, è rinascita da Dio! bisogna morire a noi stessi per rinascere da Dio. Questa rinascita non dobbiamo associarla alla morte fisica. Tutto questo è lezione di quello che deve avvenire nella mia vita prima che io muoia! Perché la morte, e la morte del Cristo, significa la morte al mio io; sono io che devo morire a me stesso per rinascere (ecco il risorgere) nuovo da Dio; solo allora mi ritrovo come creatura vera, autentica, incomincio a camminare nell’autenticità perché comincio a camminare secondo lo spirito di Dio e non più secondo i miei sentimenti, le mie impressioni, il mio piacere. Tutte cose, queste, che mi deludevano; perché pensando a me stesso mi comporto secondo ciò che mi piace o non mi piace, simpatia, antipatia. E tutto questo mi porta molto lontano dalla verità. Ecco perché ad un certo punto mi trovo in un campo di delusioni continue, di tutte le cose. Bisogna imparare a morire a noi stessi prima di incontrare la vera morte, la morte fisica: bisogna imparare a superarci per trovare quello che noi veramente siamo in Dio e da Dio. Scoprendo questo, abbiamo anche la capacità di scoprire la mente, lo spirito, l’anima delle creature, quello che veramente sono e abbiamo la possibilità di amarle per quello che veramente sono; non soltanto per quello che esse hanno.

Margherita: Cosa si intende per: “Glorifica tuo Figlio”?

Luigi: Glorifica tuo Figlio” vuol dire “rendi presente”. Il Figlio di Dio è il Pensiero di Dio. Gesù chiede che questo Pensiero del Padre, questo Pensiero di Dio, nei discepoli, quindi anche in noi che ascoltiamo, venga messo al “suo posto”, cioè venga posto al di sopra di tutti i nostri pensieri, perché questa è la condizione affinché si formi in noi l’intenzione pura, l’amore vero verso Dio, che ci dà la capacità di ricevere la conoscenza di Dio. Se in noi non si forma questa intenzione pura per Dio, questo pensiero puro di Dio, o meglio, questo interesse per ciò che Dio è non possiamo conoscerlo. Soltanto se noi ci fermiamo a tu per tu con Dio, per cercare di conoscere ciò che Egli è in Sé, abbiamo la possibilità di conoscerlo. Altrimenti noi conosciamo Dio solo per i doni che ci dà, cioè per un rapporto esterno.  C'è un rapporto esterno tra noi e Dio e fintanto che il rapporto è esterno, noi ci fermiamo sempre alla conoscenza di Dio per i doni che ci fa arrivare.

Per noi Dio è buono, Dio è potente, Dio è grande, Dio è paziente, Dio è misericordioso, Dio è severo, lo conosciamo per questi attributi! Ma questi attributi li conosciamo attraverso i doni che Lui ci fa arrivare. Se Dio ci perdona diciamo “Dio mi ha perdonato! Oh Signore come sei misericordioso!”, se Dio ci manda la caramella diciamo “Oh Signore, come sei buono!”. Questi sono esempi di rapporti esterni; ma i rapporti esterni non ci danno la vera conoscenza, perché conosciamo Dio in rapporto a noi stessi. In tal modo noi conosciamo come conosciamo le persone: se una persona è gentile o ci fa dei regali noi diciamo che è buona! Anche qui conosciamo sempre il rapporto, non conosciamo la persona in sè. Però Dio, attraverso tutti questi rapporti, poco per volta, forma in noi questa consapevolezza, l’interesse per conoscere quello che Lui è in Sé.

Dio forma in noi il pensiero, il desiderio di conoscere Dio per quello che Lui è in Sé, forma in noi questa intenzione pura. L’intenzione pura è il desiderio di conoscere Dio per quello che è, non più per i doni che ci dà. Ad un certo punto avviene questo capovolgimento: prima lo amavamo per quello che Lui ci dava, poi non lo amiamo più per quello che Lui ci dà, lo amiamo per quello che Lui è, cerchiamo di capire, di conoscere quello che Lui è. Questo desiderio di capire è pensiero: è la glorificazione del Figlio di Dio in noi. Glorificare vuol dire mettere in alto, al di sopra di tutto. Quando in noi si forma, al di sopra di tutto, questo desiderio di conoscere Dio, di amare Dio per quello che Lui è e non per i doni che Lui ci dà, Dio ha glorificato in noi il suo Pensiero.

Margherita: Qui dice: “Affinché..” significa che se non c'è questo non c'è l’Altro…

Luigi: Si, perché senza questa intenzione pura, non possiamo arrivare a conoscere Dio; senza fame non possiamo arrivare a mangiare il pane. La fame è la condizione per arrivare ad assimilare il mangiare. Questa intenzione pura, questo amore per ciò che Dio è, è la condizione per poter arrivare a conoscere Dio.

Quando arriveremo a conoscere Dio diremo: “E’ questa intenzione pura, questo Pensiero puro in noi che ci ha fatto conoscere Dio”. Ma questa intenzione pura, questo pensiero di Dio in noi è il Figlio di Dio, ma noi non lo sapevamo! È il tanto nostro fermarci nel Pensiero di Dio, che dà a noi la capacità, che forma in noi la capacità di conoscere Dio.

Pinuccia B.: E noi abbiamo la possibilità di fermarci nel Pensiero di Dio per tutto il tempo che vogliamo?

Luigi: Ma no!!! È il Figlio di Dio in noi che fa questo! Non siamo mica noi! quando pensiamo Dio, non siamo noi che Lo pensiamo, è il Figlio di Dio in noi che pensa Dio, e quando noi sentiamo il desiderio, la grazia di fermarci a pensare a ciò che Dio è, non siamo noi. Vedi che noi facciamo sempre questo errore? Sono io! Sei tu, un cavolo! Noi siamo niente.

YYYY::  Il passaggio con cui si arriva a questa intenzione pura, non avviene senza di noi, ma è opera del Figlio. Quindi è solo grazia di Dio.

Luigi: Certo, è solo grazia di Dio perché Lui la chiede al Padre.

YYYY::  Perché noi non potremmo mai passare all’intenzione pura…

Luigi: No, assolutamente mai! Non possiamo passare perché non possiamo superare il pensiero del nostro io. Noi da soli, non possiamo superare il pensiero del nostro io; per superare il pensiero del nostro io, abbiamo bisogno di un Altro. Sostanzialmente, fintanto che io non incontro un’altra persona da amare, necessariamente debbo pensare a me stesso, non posso farne a meno! Posso sentire tutte le creature attorno a me dirmi: “Non pensare a te! Non pensare a te!”, ed io continuo a pensare a me stesso, non posso fare altrimenti! Perché non c'è nessuno che mi possa liberare dal pensiero del mio io. È una grazia il poterci dimenticare! Ma cosa vuol dire: è una grazia? Vuol dire che io devo incontrare una persona da amare! Soltanto incontrando un’altra persona che io possa amare, quella persona mi dà la grazia di dimenticarmi. Ma se io non incontro un Altro, anche se vivessi migliaia di anni, continuerei a girare intorno al pensiero del mio io, non posso liberarmi dal pensiero del mio io, perché noi non siamo liberi!! È l’altro che ci libera! In conclusione è Dio che ci libera nella misura in cui noi lo amiamo, perché forma in noi questa intenzione pura. Il telefono non squilla se dall’altra parte del cavo non c'è una persona che forma questo numero telefonico! Quindi il sentire squillare il telefono è grazia (qualche volta è anche una disgrazia!) perché è intervento di un altro che mi chiama. Soltanto l’altro che viene a me, dà a me la grazia, la possibilità di superarmi, quindi di dimenticarmi, di giungere all’amore stabile. Perché l’amore stabile mi è dato dall’altro; ma l’importante è cogliere questo aspetto: abbiamo bisogno dell’altro per superarci.

Zina: Abbiamo la possibilità di scambiare l’amore instabile con l’amore stabile?

Luigi: Ma certo! Perché l’errore che noi tutti facciamo è quello di cui parlava prima Ida: per noi diventa molto facile amare i corpi, amare le cose che vediamo perché sono immediate; mentre è molto difficile passare al pensiero, passare allo spirito e amare le persone. Noi crediamo che amare i corpi sia amore stabile! Ma è lì che restiamo delusi! Restiamo delusi proprio perché credevamo che fosse un amore stabile! Io credevo di essere su una costruzione ben ferma, invece sotto c'era un terremoto, c'era una frana e ad un certo momento tutto crolla. Come mai? Non te ne eri accorto? Avevi costruito su una frana! (Quante frane ci sono attorno a noi…!).

Zina: Se il passaggio all’amore stabile, cioè quello basato su un’intenzione pura, avviene troppo tardi?

Luigi: Il tempo è di Dio, quindi non possiamo giudicare “il tardi” o “il presto”!

Pinuccia B.: Finché c'è vita c'è speranza.

Luigi: No! Gesù dice: “Gerusalemme, Gerusalemme, adesso è tardi! Quante volte ho cercato di raccogliere i tuoi figli come la gallina fa con i suoi pulcini, e tu non hai voluto! Ma adesso non è più ora!”. Evidentemente c'è un “tardi”. Quando Gesù dice: “Sarà come ai tempi di Noè…!”.

Pinuccia B.: Il pericolo per la creatura è quello di arrivare tardi…

Luigi: Certo, per questo il Signore dice “Vegliate! Vegliate perché voi non sapete l’ora in cui il Signore verrà!”. Stai attento!

Nino: Ho l’impressione che mia moglie abbia chiesto se la grazia dell’intenzione pura è senza di noi. Tu, nella foga del parlare, le hai detto di si.

Luigi: Hai ragione…

Nino: È senza di noi in quanto è tutto dono di Dio, ma non senza la nostra disponibilità. Perché se noi non abbiamo dato la nostra disponibilità, la grazia di Dio non può arrivare a noi. fa parte dei doni che non ci vengono dati senza di noi.

Ida: Io non capisco perché c'è un “tardi”. Se Lui ci vuole bene, qualsiasi momento in cui noi aderiamo alla sua proposta siamo in tempo!

Nino: Siccome noi siamo finiti, non arriveremo mai a dare quella adesione totale di cui parlavo prima, arriva un punto in cui il nostro caso è senza speranza.

Silvana: A me è stata molto utile per capire la parabola delle vergini stolte, le quali tornano e bussano e vogliono entrare…

Luigi: Ma non basta!

Silvana: Ma a me sembra che nel momento in cui si vuole il Signore ci fa entrare!!!

Luigi: Senti, la parabola l’ha detta il Signore o l’ho detta io?

Silvana: Ma è possibile!!

Luigi: Ma l’ha detta Lui o no?

Silvana: Si, ma l’ha detta per non farci sedere. Ma se uno capisce di aver sbagliato e se vuole entrare, pensa se il Signore non lo fa entrare!!

Luigi: Ma quelle non è che si fossero sedute!!! Quelle volevano entrare!! Ma Gesù stesso dice: “Dove Io sono voi non potete venire!”.

Silvana: Ah ecco, nel senso che c'è un’impossibilità in noi!

Luigi: C'è un’impossibilità in noi! “Dove Io sono voi non potete venire!”; cioè noi possiamo andare dove Lui è, soltanto se ci troviamo con Lui e camminiamo con Lui. Ma il giorno in cui noi dovessimo andare senza di Lui, noi ci troveremo con una porta chiusa! Non possiamo entrare! Cioè noi non possiamo superare il pensiero del nostro io da soli. Capisci che per superarti hai bisogno di un Altro? Tu da sola non ti superi! Come per volare non basta fare dei salti: pur saltando cadi sempre a terra! Non è facendo così che metti le ali! Non è dicendo: “Faccio tanti salti e ad un certo punto mi metto a volare!”. Tu puoi fare tanti salti ma non parti mai, ritorni sempre a terra! Quindi non è una questione di allenamento! Abbiamo bisogno di Uno che ci prenda e che ci porti: abbiamo bisogno dell’Altro. “Dove Io sono voi non potete venire!”, perché noi non siamo liberi! Noi crediamo di essere liberi: ma non siamo liberi!! Noi ricadiamo sempre schiavi nel pensiero dell’io! Abbiamo bisogno di un altro Io (ecco L’apertura) che presentandosi a me, mi dia la possibilità di pensarlo; pensando a Lui, supero me stesso e comincio a vivere per Lui, comincio a interessarmi di Lui, ecco che allora comincio a dimenticare me stesso. Questo morire a noi stessi, cosa vuole poi dire? Vuol dire avere interesse per un Altro, vivere per un Altro.

Ida: Ma questa grazia viene una volta nella vita e poi basta!

Luigi: Questa grazia è continua! Perché Dio opera in tutto per salvarci! Però i segni di Dio finiscono! Cioè, il giorno in cui incontriamo Dio, la grazia non finisce più, diventa perenne, eterna. Però noi non ci troviamo con Dio, ma ci troviamo con i segni di Dio, attraverso cui Dio prepara la nostra anima alla vita vera, alla vita eterna, a restare stabili. Noi attualmente abbiamo i segni di Dio! I segni di Dio, non sono Dio!

Ida: Si, ma i segni durano finché Dio lo vuole!

Luigi: Certo, durano, ma essendo segni, passano perché deve venire Lui! I segni, proprio in quanto segni passano. Le parole che uno dice sono segni, e i segni passano; se quando noi ascoltiamo il parlare di un altro non passiamo a capire il pensiero dell’altro, quelle parole sono passate e noi non siamo arrivati al pensiero, perché per arrivare al pensiero dell’altro, avremmo dovuto ascoltare le parole e attraverso le parole arrivare al pensiero. Le parole che ci arrivano sono il mezzo di comunicazione di un pensiero; ma se non arrivo al pensiero dell’Altro, quando questi mi parla, perdo l’occasione e non arriverò mai più al pensiero dell’Altro. Perché i segni finiscono!

Ida: Però questo mi angoscia!

Luigi: Certo, nel pensiero del nostro io, queste parole ci possono angosciare! La realtà ci angoscia nel pensiero dell’io. Ma se noi pensiamo: Dio sta parlando con me, per sollecitarmi a scoprire il suo Pensiero, perché soltanto nel suo Pensiero io diventerò stabile, stabile nella verità, stabile nell’amore, stabile nella fedeltà, è tutta grazia che mi sta arrivando! Dio non sta parlando per angosciarmi, Dio mi sta parlando per farmi arrivare in una casa stabile.

La fede è un mezzo che è destinato a passare proprio perché è un segno; la fede è paragonabile ai fari della macchina: accendi i fari della macchina quando è notte per viaggiare. Ma se li accendi per stare ferma, si scarica la batteria e la macchina non parte più. Così succede per la fede; così succede per tutti i segni. I segni ci sono dati per farci camminare, come i fari della macchina. Ma se noi ci accontentiamo dei segni senza camminare nello spirito, è come se accendessimo i fari della macchina e restassimo fermi; ad un certo momento tutto si scarica e non parte più niente, ed è la situazione in cui restiamo scarichi di tutto: non più fede, non più amore, non più vita, noia di tutto, angoscia. Perché? Batteria scarica! E come mai la batteria si è scaricata? Perché quando Dio mi ha mandato i suoi doni, io non ne ho approfittato per camminare; come quando accendo i fari della macchina per arrivare ad un certo luogo! Allora i fari ti servono, ti fanno vedere la strada, cammini e arrivi là. Tutti i doni di Dio sono paragonabili a questo esempio: sono fari che Dio ci accende affinché noi abbiamo ad avanzare; e non affinché  ci accontentiamo di dire: “Ah guarda, si accende, si spegne!”, oppure ci accontentiamo di avere la macchina ferma. Se tu stai fermo, tutto si scarica! Dobbiamo renderci conto di questo: tutti i giorni del nostro vivere, della nostra vita, sono mezzi che Dio ci mette per farci camminare, andare avanti per arrivare là dove le cose sono stabili, per formare in noi questa luce, per portarci in questo pascolo dove noi tocchiamo la stabilità di tutte le cose. Allora le cose lì non si perdono più.

Certo è che se abbraccio la nube, la nube domani mattina non ci sarà più; e cosa ho abbracciato? Niente, il vuoto, l’aria; ma l’errore è stato mio che ho confuso la nube come realtà e quindi le batterie si sono scaricate! Quindi devo capire il senso delle cose, la vita mi è stata data per arrivare in un certo luogo! Quindi non debbo perdere tempo in altre cose perché un giorno mi troverò con la macchina ferma, che non si muove più.

Ida: Però il portone Dio lo chiude quando non si ha più speranza.

Luigi: Il portone lo chiude quando uno è stolto, quando è stupido, quando è sciocco, Dio non sa cosa farsene delle anime che sono sciocche. E sai quando le anime sono sciocche? Quando credono che la lampada dell’anima stia accesa senza bisogno dell’olio! La lampada per stare accesa ha bisogno dell’olio! Sii intelligente! Bisogna essere intelligenti! Bisogna essere intelligenti nelle cose di Dio!!

Ida: E poi perché le vergini sagge non danno l’olio a quelle stolte?

Luigi: “Affinché non manchi né a voi né a noi!”, quelle erano sagge mica per niente! Sapevano bene fare i calcoli!

Piero: E’ una parabola anche un po’ cruda ma proprio per farci capire che…

Luigi:Dio non fa dei complimenti, la Verità è quella che è.

Piero: Dio non ti fa dei complimenti ma ti dà anche tutti gli strumenti per camminare. Ad un certo punto non è Dio che non ti chiama più, il fatto è che la creatura è talmente incrostata del pensiero di sé che non ti agganci più. Il fatto che Ida dica che pensa al suo futuro non è sbagliato! Ad esempio se vai a fare la spesa non è sbagliato fare la spesa, è sbagliato farne il fine, anche perché devo mangiare e Dio vuole che il corpo stia bene come l’anima.

Luigi: Si, ma la mia giornata non serve per fare la spesa, la mia giornata non deve servire per comprarmi la macchina. La giornata nostra vale non per il lavoro che facciamo, non per il guadagno che otteniamo, non per quello che spendiamo, non per il mangiare che facciamo, vale per quanto abbiamo progredito verso il Signore, perché Dio ci ha creati per questo, il nostro destino è questo! Altrimenti siamo stupidi.

Se io sono convinto che sono stato creato per andare a Torino e poi continuamente vado sulla strada di Cuneo, quella è stupidità.

Ida: Ma allora vuol dire che io non ho ancora capito, perché io ci ho provato questa settimana, ero angosciata per le cose che mi succedevano poi alla sera mi dicevo: “Ma perché me la devo prendere se so che la vita va orientata a conoscere Dio?”. Allora vuol dire che non ho ancora capito!

Luigi: Ma l’hai orientata sta giornata a Dio oppure no?

Ida: Ma io ci ho provato!

Luigi: Al mattino, sei orientata a Dio? Hai capito che quella giornata che si apriva era una strada che il Signore ti offriva per avanzare verso di Lui? Allora, dal momento che Dio ti dà questa giornata, devi cercare di capire in tutte le cose che ti arrivano, quale significato Dio ti annuncia di Sé; quindi non devi fermarti alle impressioni, ai sentimenti che provi, ma devi cercare sempre il significato: “Signore che cosa mi dici di Te in questo fatto, in questo avvenimento, in questo fastidio? A me interessa che cosa mi dici di Te. Perché la giornata vale per questo! In caso diverso cade nel niente, resta sprecata, non è servita a niente, perché non cercato Te!”.

Silvana: Si può anche volere ma non riuscirci!

Luigi: Si può volere e non riuscirci, l’importante è sentire questo bisogno e avere questo interesse, il riuscirci è dono di Dio, è una cosa diversa. Però so che in tutte le cose Dio mi parla di Sé, per farmi crescere in questa sua conoscenza, in questa sua amicizia, per farmi scoprire la Sua Presenza in tutto. “Signore io non capisco niente di quello che mi succede, sono come in un paese straniero, però aiutami. So che Tu mi parli per farti conoscere e che la mia giornata vale per quanto mi interesso di Te!”. A poco per volta ricomincerò a valutare le cose in funzione di questo, non mi fermerò più; io sono angosciato in quanto mi fermo orizzontalmente nel rapporto tra l’avvenimento e il mio io. “Io mi aspettavo questo e invece mi trovo con quell’altro”, e sono angosciato perché resto deluso da una mia attesa sbagliata! Io mi devo aspettare da Dio qualcosa che mi faccia avanzare nella conoscenza di Dio: la mia giornata vale per questo! Non vale per gli studi che fai, non vale per i soldi che guadagni, non vale per le persone che incontri, perché questi sono tutti segni, tutte cose che finiscono. Quindi in tutte le cose interrogati sempre: “Signore che cosa mi dici di Te perché so che la giornata Tu me la dai per questo”. Bisogna avere questa pazienza, tutti i giorni, tutte le mattine, ed essere orientati in questo modo: “Signore Tu mi stai parlando e io non capisco, mi sta arrivando un tuo Pensiero e io non ci arrivo” ; e intanto sono a questa scuola.

Nino: Bisogna programmare il nostro futuro con Dio.

Luigi: Quello è il vero futuro a cui dobbiamo pensare, altrimenti diventiamo stolti e viviamo solo nell’apparenza delle cose restando poi delusi e ingannati.

Alcuni pensieri conclusivi:

Silvana: La giornata vale per quanto abbiamo camminato in Dio.

Margherita: La nostra giornata è una strada per avanzare verso la conoscenza di Dio.

Luigi: La nostra giornata è una strada e tutti i segni sono dei sentieri su questa strada;, tutte le cose che ci arrivano sono sollecitazioni a camminare.

Piero: Fermarci davanti a Dio su ogni piccolo dubbio, interrogarci davanti a Lui prima di pretendere di camminare. Fermati davanti a Dio per sapere se è giusto quello che stai chiedendo.

Luigi: Dobbiamo essere riconoscenti a Ida che ci fa partecipe dei suoi dubbi.

Ida: La giornata vale per quanto abbiamo conosciuto del Signore.

Luigi: O per lo meno, per quanto ci interroghiamo su quello che Dio ci vuol dire, ci vuole comunicare di Sé; ed essere, prima di tutto, convinti che in tutte le cose, Lui ci vuole comunicare qualcosa di Sé, perché attraverso la comunicazione si arriva alla comunione e quindi alla conoscenza; ma se l’Altro non parla io sono separato. È Lui che parlandomi di Sé mi unisce a Sé, se io ho interesse per Lui. Quindi la comunicazione è una grazia, perché attraverso la comunicazione si arriva alla comunione, quindi alla vita con-.

Zina: In tutti i segni che Dio ci manda bisogna cercare di capire il significato.

Luigi: E il significato è ciò che Lui rivela a noi di Sé; perché noi possiamo intendere il significato come un invito ad essere paziente, un invito ad un modo di essere nostro. No! Dobbiamo capire che il significato è Lui Stesso. Il significato delle cose è Lui Stesso. Lui attraverso tutte le cose ci parla di qualche cosa di Sé. Da questa comunicazione si arriva la comunione, la conoscenza.

Nino: Noi non facciamo niente senza intenzione, continuamente siamo motivati da un’intenzione. Allora dobbiamo chiedere a Dio di farci capire se agiamo secondo la nostra intenzione o la sua intenzione.

Luigi: E’ Lui che purifica la nostra intenzione; nella misura in cui guardiamo Lui, Lui purifica la nostra intenzione.

Pinuccia B.: Chiedere al Padre che ascolti la preghiera di suo Figlio per me, che glorifichi veramente il Figlio.

Luigi: Che formi in noi questa intenzione pura.

Pinuccia B.: Non basta mettere suo Figlio al suo posto, in alto?!

Luigi: Ma metterlo in alto cosa vuol dire?

Pinuccia: Che si diventa tutto Pensiero di Dio.

Luigi: Questo vuol dire metterlo in alto; quando metti una cosa in alto la fai oggetto del tuo pensiero.

Pinuccia B.: Cioè si vede tutta la luce di Lui.

Luigi: Certo, diventa l’interesse principale.

Pinuccia: Questa è l’opera del Figlio, la purificazione dell’intenzione in noi che non avviene però senza di noi. Il diventare tutto pensiero di Dio sarebbe l’inizio della “fedeltà nel molto”.

Luigi: Certo.